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Uria di Mikala
Uria di Mikala
Uria di Mikala
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Uria di Mikala

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About this ebook

Anno 2075. La terra è vittima di una guerra postatomica causata dalla bramosia di potere dei Vidianici. Le popolazioni cadono in un abisso di degrado e violenza perdendo la fede in Dio. Quale situazione migliore per Satana per tessere le sue trame? Lui ha uno scopo solo: ritornare in paradiso e dominarlo. Ma per far ciò necessità della sacra reliquia di Longino e dell’unica discendente della stirpe di Maddalena.

Il male è potente, sembra non avere freni, ma a contrastare il maligno Dio invia sulla terra il nuovo messia, l'erede di suo figlio, Uria di Mikala.

Satana non vuole ostacoli sul suo cammino e decide di sguinzagliare i suoi fedeli, i quattro cavalieri dell’apocalisse. Ma Uria è il prediletto degli Antichi, entità millenarie ordinate da Dio. Iniziato all'età di sei anni alle arti marziali del “Soffio Vitale” il giovane ragazzo si trasformerà in un combattente freddo e spietato.

Il mondo devastato e in balia di qualsiasi tentazione diventerà campo da battaglia per l'eterna lotta tra il bene e il male.

LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateMay 31, 2016
ISBN9788867825301
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    Uria di Mikala - Marco Armici

    Marco Armici

    Uria di Mikala

    EDITRICE GDS

    Marco Armici

    Uria di Mikala

    © Editrice GDS

    Via G.Matteotti 23

    20069 Vaprio d’Adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose, luoghi o persone sono da ritenersi del tutto casuali.

    Prologo

    Debolezza Umana

    La stanza era buia, raggelata dagli spifferi che filtravano dalle finestre rotte. Non c’era calore, se non quello del tenue fuoco che ardeva al centro della sala.

    Certamente non lo irradiavano i piccoli termosifoni addossati alle pareti, questi erano spenti da parecchi anni, da quando la guerra era giunta e aveva devastato tutto.

    A pochi metri dalle braci scoppiettanti, accovacciato a terra, poggiato con le spalle a una trave di sostegno, si intravedeva un individuo misterioso. Una figura ombrosa, nera, di cui non si percepiva del tutto l’aspetto fisico nella luce che illuminava a stento l’ambiente. Indossava un lungo mantello logoro che gli nascondeva il capo, da cui spuntavano soltanto i piedi, chiusi in anfibi sudici di fango, e le mani, sfiorite dall’incedere del tempo. Queste sorreggevano faticosamente qualcosa simile a un libro, che emanava un chiarore intermittente, una luce azzurrognola.

    Era un elaboratore elettronico.

    Un Sony Vaio, uno di quei portatili di vecchia generazione, così malandato che il solo pensiero di accenderlo metteva i brividi. Lo sguardo dell'uomo cadde sulla gamba destra. La mano accarezzò il tessuto all'altezza del ginocchio evidenziando parti meccaniche.

    Il puntatore a clessidra nel mezzo dello schermo palpitava come un allarme, quasi contrassegnasse qualche conto alla rovescia per chissà quale evento catastrofico.

    L’incedere alternato di quella luce tecnologica illuminava a scatti la lunga barba ispida che ricopriva il mento dello sconosciuto, mettendo in risalto i tratti sintomatici di un anziano.  

    La pelle era raggrinzita e coperta da ecchimosi viola, segno di malattia, confermata dal continuo tossire. Un suono secco, come carta vetrata che raschia il legno. Gli zigomi scarni e sporgenti contrastavano con i profondi occhi castano scuro, concentrati sulle frasi, in carattere Garamond, annotate sul monitor fluorescente.

    Leggeva.

    13 Gennaio 2151

    La linea del tempo non è sempre regolare, alcune volte assume curvature inaspettate. I disordini e i conflitti  che ne conseguono sconvolgono le epoche, creando gorghi indelebili che marchiano l’esistenza dell’uomo. Esempi lampanti: la prima e la seconda guerra mondiale. Eppure queste flessioni temporali sono state riassorbite grazie al sacrificio di molte vite.

    Ma quando la linea viene incurvata da entità maligne, per non dire da Lucifero in persona, come può l’uomo ovviare a questa situazione?

    Ebbene, ve lo spiegherò io.

    Il mio nome non ha importanza, ma sono testimone della venuta del nuovo messia.

    Sono nato alcuni anni prima dello scoppio della terza guerra mondiale.

    Correva l’anno 2075. Le popolazioni della terra erano cadute in un irrimediabile declino economico, creato dalla Banca Mondiale, nonché dalla globalizzazione delle maggiori multinazionali. Un declino così drastico che portò le grandi potenze del globo a un conflitto universale di smisurate proporzioni, nel tentativo di monopolizzare, in seguito alla crescente miseria, le ultime riserve di cibo rimaste sul pianeta.

    Il principale indiziato della rovina umana, l’inizio della fine, la causa che tutt’oggi ha ridotto in un cumulo di macerie il mondo, fu la bramosia di potere da parte dei Vidianici.

    Una super potenza militare, costituita da uomini subdoli. Ritenutisi superiori alle altre razze, progettarono un modello di potere assoluto, costituito da violenza. Un modello che richiedeva lo sfruttamento intensivo delle risorse, al fine di ottenere lo scopo designato.

    Mentre la fame iniziava a farsi strada dilagando negli stati in declino, l’impero dei Vidianici ampliò i suoi confini, aumentando la forza bellica e fabbricando bombe chimiche.

    La terza guerra mondiale.

    Le bombe caddero dai cieli come pioggia. Pioggia che non irrigò i campi ma li inaridì, consumando il pianeta e lasciandolo marcire fino alla sua morte.

    L’uomo venne quasi sterminato.

    Il mondo che conoscevamo fu devastato in un attimo, distrutto, raso al suolo, e le piaghe che Satana riversò sulla terra furono patite dai pochi sopravvissuti alla guerra. Me compreso.

    Catapultati in una nuova realtà di vita, iniziammo un moderno processo di sopravvivenza, cercando di contrastare la linea del tempo incurvata da Lucifero.

    L’esistenza fu difficile, richiedendo atti che andavano contro la morale umana. Ma, inaspettatamente, un barlume di luce filtrò attraverso l’oscurità. La speranza di un futuro migliore fu riposta nelle mani di un uomo solo, giunto ad annunciare la fine dei soprusi e l’inizio di una nuova rinascita.

    Il suo nome…Uria di Mikala.

    Per Assurdo

    E se il paradiso non esistesse?

    E se angeli, arcangeli e tutte le creature celesti fossero solamente un’ideazione dell’onnipotente per soggiogare la mente di noi uomini? Se tutto quello che vi hanno insegnato sin da piccoli, riguardo al creato, fosse infondato?

    Nella preferibile delle ipotesi, la vostra vita continuerebbe come in questo momento, sui soliti binari, linee parallele che mai s’incontreranno e mai causeranno discrepanza nel vissuto quotidiano.

    Considerate invece l’ipotesi opposta.

    Se quanto dichiarato fosse effettivamente vero.

    Allora le ideologie attinenti la realtà vacillerebbero, mettendo in discussione la fede stessa.

    La vostra istruzione religiosa non sarebbe servita a niente, e nulla potreste contro il dubbio che assillerà la vostra ragione.

    Tuttavia, la cosa certa è che un posto chiamato inferno esiste.

    Non il luogo profetico che voi immaginate.

    Scordate fiamme, fumi di zolfo, diavoli e anime vaganti.

    Il deleterio circolo, chiamato inferno, altro non è che un abominio di supplizi. Un abisso di nulla, dove anche il nulla è immorale. Un luogo dove esseri incomprensibili bramano il potere assoluto su tutto l’universo. Un luogo dove i pensieri più depravati prendono forma. Un piano astrale dove il male insano sfocia liberamente, senza controllo.

    Ciononostante, qualcuno a difesa dell’equilibrio c’è. Egli non permetterà d’infrangere l’esile stabilità che sussiste. Dio ci ama, e mai lascerà le sue creature in balia del male.

    Se questo dovesse accadere, solamente il destino, con il suo incedere eterno, sarà in grado di determinarne l’esito.

    –Tezzin,

    Lezione ai novizi.

    Capitolo Primo

    Uria di Mikala

    Le rovine attorno tacevano. I neri muri del villaggio maledetto si sgretolavano come sabbia sotto le vigorose raffiche di vento.

    Lo straniero camminava lento, l'incedere paragonabile a un movimento snodato. Una combinazione tra il ciondolare di un lebbroso e l’enigmatica movenza di chi vuol celare la sua identità.

    Trascinava i piedi sudici di fango a fatica. I sandali logori avvolgevano a malapena le caviglie martoriate da pustole. Era una figura indecifrabile, insolubile. Le mani si assicuravano che il volto fosse al riparo da ogni sguardo indiscreto.

    Avanzò lungo la strada principale, fissando lo sguardo sulla piazza centrale, nel fulcro della comunità. Non c’era nessuno. Nel luogo dove la gente si incontrava durante tutta la giornata non si udiva nemmeno un chiacchiericcio.

    Qualcosa non andava. La sua percezione divina si allertò, avvertendo qualcosa di demoniaco.

    Si arrestò come una scultura di marmo al limitare della piazza.

    Con il viso semicoperto dal logoro cappuccio, scrutò in ogni direzione. La mascella dura e spigolosa come roccia, dove una timida peluria faceva da contorno, si irrigidì, accentuando il digrignare nervoso dei denti per la tensione.

    Un tremore inatteso attivò dentro di lui la soprannaturale predisposizione del suo corpo, che lo innalzò a un livello superiore, incrementandone i sensi oltre misura.

    Profondi graffi e spruzzi di sangue rappresi segnavano le pareti della chiesa, proprio di fronte a lui, esattamente al lato opposto della piazza. Dove il suo sguardo era inchiodato.

      All'improvvisomani artigliate sbucarono dal terreno e gli afferrarono le caviglie per pochi secondi. Subito si ritrassero, lasciando nuove lacerazioni sulla pelle.

    Uria non si lasciò impressionare, attese, senza rilasciare un gemito. Ascoltò l’ululato selvaggio del vento, un lamento funebre che preannunciava la venuta delle bestie notturne.

    Il battito accelerato del cuore rimbombava nelle orecchie. Un suono rapido che lo aiutò a svuotare la mente da ogni pensiero. Con lentezza la mano scivolò sulla stoffa grezza del saio.

    Andò a colpo sicuro, un gesto abitudinario.

    Premendo delicatamente le dita sulla stoffa descrisse un manufatto quadrato. Era lì, sorretto con fermezza dal grosso rosario che gli cingeva la vita. Rinfrancato dal contatto col tomo, se lo fece scivolare fuori dalle vesti, tra le mani nodose.

    Era un manoscritto diverso dai soliti libri.

    Per pochi secondi lo osservò, onorandolo.

    Anche se rovinato, sgualcito e persino bruciato negli angoli, Uria lo reggeva tra i palmi delle mani tremando lievemente, come se il tomo ardesse di vita propria, permeato dalla forza delle parole che vi erano contenute. Per la prima volta ne avvertì la vera potenza.

    Fece scivolare i polpastrelli sul basso rilievo di cuoio marchiato a fuoco. Tastò le parole come se fosse un cieco, come se la scritta riportata sopra fosse braille. Ma lui sapeva benissimo quale frase vi era impressa. La lesse con la mente.

    La Bibbia… e Dio disse.

    Un grido agghiacciante esplose dal nulla spaccando l’immoto silenzio che aleggiava nel villaggio. Uria non vacillò. Era preparato a tutto questo. Al contrario delle persone normali lui della paura se ne nutriva. Quel diniego tagliente non era altro che uno stimolò per lo spirito, un impulso determinante che infondeva al suo corpo il coraggio per affrontare il male. Per redimere chi oltrepassava la soglia del livello inferiore.

    Prese il segnalibro d’oro con la mano destra e aprì la Bibbia. Era posto esattamente nella pagina voluta, quella più usurata.

    Appoggiò il dito indice sulla carta ruvida e iniziò a leggere le parole sacre:

    Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli,sulla terra e sotto terra;

    e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.

    Le prime parole della preghiera agitarono il vento, ma non solo. Tra le macerie di una buca, vicino alla chiesa diroccata, si udì nuovamente un grido isterico, seguito da uno smuovere di sassi, un raspare convulso.

    Uria osservò.

    I primi calcinacci si mossero e dall’oscurità della buca emersero due mani bianche e artigliate, che si aggrapparono al bordo frastagliato del terreno. Di seguito sbucò una testa dai capelli bianchi, sporchi di polvere, e un volto pallido dove occhi neri roteavano come trottole. La bambina, se così la si poteva chiamare, si issò fuori dalla buca senza alcuno sforzo.

    Il monaco serrò lo sguardo, scrutando la figura.

    Non aveva nulla che ricordasse gli atteggiamenti innocenti delle ragazze. Forse prima di essere posseduta dal demone lo era stata, ma ora aveva movenze nevrotiche. Trascinando dietro di sé un corpo martoriato, sporco di pietrisco e sangue, si erse davanti all’entrata della chiesa.

    Lo teneva per un braccio, e con una forza inaudita per i suoi esili arti lo scagliò ai piedi del pellegrino mostrando un sadico ghigno di soddisfazione.

    Ecco ciò che rimane di questo villaggio! Ringhiò.

    Uria fissò il corpo mutilato riverso di fronte a lui. Un adolescente. Inorridito, spostò lo sguardo severo sulla figura demoniaca.

    Tu meriti di morire come lui, tra le atroci torture! Si umettò le labbra invocando in suo aiuto il potere divino.

    Dio mio onnipotente, io ti supplico. Dammi la forza necessaria per deportare il maligno negli inferi. Redimi l’anima dannata e strappala da questo luogo. Guarda il tuo umile servo che si prostra dinanzi alla potenza celeste. Ti prego, Dio, accompagnami in questo arduo compito! Chiuse gli occhi e iniziò a salmodiare in silenzio.

    La terra tremò. Una forza impetuosa filtrò attraverso le piaghe del terreno. Le montagne ruggirono diffondendo un brontolio sordo, il vento furioso s’inasprì, come se avesse origine dalle bocche dell’oltretomba e il cielo si incupì.

    Tuttavia la ragazzina demoniaca non si scompose, divertita da quella dimostrazione di forza. La risata gutturale sovrastò rabbiosa l’ululare del vento.

    Povero monaco lo beffeggiò, puntandogli un dito artigliato contro. Come sei patetico. Invoca pure il tuo dio, non riuscirai a ostacolare la mia ascesa dal regno dei morti.

    Qualcosa stava cambiando in lei. A ogni passo verso Uria il suo corpo risucchiava luce. Il monaco mantenne la calma, chino, impassibile, raccolto nelle sue preghiere.

    Cosa ti aspetti che accada con la tua invocazione? chiese il demone.

    Nulla, te lo dico io. Questo posto, e le anime che vi ho imprigionato, sono solo mie. Nessuno potrà portarmele via!

    Il volto mutò, la pelle iniziò a incresparsi e lacerarsi, mostrando profondi tagli putridi. La bocca si stracciò come un lembo di stoffa, ingrandendosi a dismisura fino ai lobi degli orecchi. Gengive e muscoli furono squarciati. File di denti acuminati simili a quelli di uno squalo spuntarono dalla mascella prominente, riversando sangue a fiotti giù per il collo e imbrattando la vestina già sporca di polvere. 

    L’aria si fece gelida. Lo sguardo del demone non lasciava dubbi, Uria lo sapeva. Bramava la sua vita.

    Il mostro gli si gettò contro. Gli occhi del monaco lo seguirono a malapena, sorpresi dalla velocità inumana. Alzò le braccia in difesa, ma la creatura non era più davanti a lui. Spasmodica si era portata al limitare della piazza, balzando di nuovo con le gambe agili per superarlo e metterlo fra sé e la chiesa. Del sangue colava dalle fauci, frammista a saliva fetida. Un altro balzo, poi un altro ancora, accompagnando i movimenti fulminei con urla e risa di scherno.

    Il demone era proprio sopra il corpo di Uria, un secondo e lo avrebbe azzannato al collo, lacerando come carne da macello i suoi tessuti. Un morso rapido e avrebbe messo la parola fine alla sua esistenza, tranciando di netto la giugulare.

    Ma non era così semplice abbattere Uria.

    Amen! Concluse il monaco, quando ormai il demone era a pochi palmi da lui.

    Il sacro libro, richiuso con forza tra le mani, prese fuoco producendo una fiamma di luce che accarezzò incolume la sua pelle chiara, ma che investì in pieno petto il demone, arroventandolo.

    Come un proiettile di carne, la creatura fu scagliata con violenza contro la parete della chiesa. Il corpo inchiodato come il Cristo a barre di ferro che sporgevano dal muro degradato. La pelle bruciava, emanando fumi nauseabondi. Per lui, la morte fu solo questione di attimi. Le ferite erano estese, il sangue scivolò viscido sul muro. Facendo appello alle ultime forze rimaste cercò disperatamente di liberarsi dalla croce. Sogghignando a fatica sputò un liquido nero e vischioso sulle macerie, poi biascicò qualche parola storpiata.

    Il cammino del male è solo agli inizi. Non esultare troppo per questa vittoria monaco, Lucifero vuole rinascere, conquistare le chiavi del dominio. E ce la farà, puoi starne certo, rifiuto umano. Sono solo il primo, monaco, solo il primo sputò ancora. Soffrirai per ciò che mi hai fatto. Comincia a pregare, il fuoco dell’inferno è il tuo destino.

    Uria non gli concesse nemmeno una risposta,  lasciò quelle parole a sperdersi nel vento. Si avvicinò al demone lentamente, fermandosi ad alcuni passi da lui. Si inginocchiò.

    Con religiosa devozione adagiò la sacra Bibbia a terra, mentre ancora sprigionava qualche bagliore di luce, e sciolse il grosso rosario che gli cingeva la vita.

    Degnò la misericordia di uno sguardo al mostro.

    Che il tuo dio invii tutti i demoni che vuole, io sarò sempre pronto a combatterli e a restituirli all’oblio.

    Spiccò un vigoroso salto nel vento che lo portò all’altezza del demone. Il rosario impugnato si arroventò, evidenziando scritte latine su ogni grano. Con un movimento circolare che fendette l’aria, fece vorticare la corona carica di potere. La sua percezione divina distinse il proprio volto assottigliarsi, e la sua vista perdere i colori. Immaginò gli occhi marroni divenire vitrei, come quelli di un cieco.

    Che la luce redentrice ti liberi dalle tenebre, purificando il tuo spirito.

    Il rosario tremò di potere. I movimenti di Uria rallentarono di colpo, escluso dal normale continuum spazio-tempo. Batté gli occhi: era solo una sensazione.

    La luce che lo avvolgeva si convogliò nel braccio levato, che rapido si abbatté sul collo del demone. La corona di grani penetrò nelle carni putride, lacerando strati di pelle e tendini come burro. Il corpo della creatura si contorse, i bulbi oculari gli strabuzzarono fuori dalle orbite, mentre urla disumane si levarono nel vento, sperdendosi nei vicoli tetri del villaggio. Poche gocce di sangue stillarono dalla ferita, uniche salve dal calore intenso del rosario. Crepitando, continuò la sua inesorabile corsa, penetrando nelle carni per tutta la lunghezza del collo, squarciandolo del tutto. Era durato pochi attimi, il tempo di un balzo. Appena Uria ritoccò terra, come da una statua di marmo la testa del mostro si staccò dal corpo, concludendo la sua corsa nelle macerie alla base della chiesa.

    La mano di Dio aveva trionfato, la spada dell’Arcangelo Michele era calata, e la corona di Uria aveva sradicato il demonio dalle carni. La battaglia era finita, il monaco poté infine sospirare di sollievo. Gli occhi sbarrati del demone segnarono l’ennesima sconfitta per Lucifero.

    Il rosario si raffreddò e Uria se lo allacciò nuovamente alla vita. Raccolse la sacra bibbia e liberò l’anima della ragazzina rinchiusa in quel corpo mefistofelico.

    Che la tua anima riposi in pace recitò.

    Una bruma lattea avvolse il corpo torturato, dissipandolo fino a svanire. Il segno della croce accompagnò l’ascesa della sua innocenza verso i cieli.

    Stoico, Uria si voltò. Il compito era finito. Non c’era altro per lui lì, nulla se non la tristezza, il dolore. Doveva ricacciare quei sentimenti e volgere lo sguardo altrove, all’orizzonte. Come era giunto,

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