2007/08 Classe 3a
L’AUTORITRATTO
L’AUTORITRATTO PITTORICO
Apertura all’immaginario coadiuvata dall’ingresso nel mondo dell’arte.
Tecnica della classe de rêvé, prima in un ipotetico museo, poi dentro al quadro.
Nascono nella conversazione le prime osservazioni sulle espressioni del volto e sugli stati
d’animo.
Osservazione del viso allo specchio per descrivere il volto come farebbe un fotografo con le
immagini.
Stesura collettiva di tavole lessicali adeguate per arricchire il patrimonio linguistico.
Ampliamento del testo alla ricerca di nuovi termini e di nuove aggettivazioni, sino mimi e contrari.
La descrizione del proprio viso e di quella di un familiare in modo oggettivo sia soggettivo.
IL RITRATTO PITTORICO:
L’INTERIORITA’ COME SPECCHIO DELL’ANIMA
Tecnica della classe de rêvé, prima in un ipotetico museo, poi dentro al quadro.
IL RITRATTO PITTORICO
Si osserva il ritratto di “ Madame Devaucay” di Ingres (1827) e il ritratto della “ Monomane
alienata con al monomania del gioco” di Gericault, (1823) e si cerca nella discussione collettiva
di leggere nell’immagine, oltre alla descrizione oggettiva della persona ritratta, la sua interiorità e
qui inizia il cammino alla ricerca degli stati d’animo delle persone ritratte.
Ricerca delle aggettivazioni più appropriate, sinonimi e contrari.
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Circolo Didattico di Vinci – a.s. 2007/08 Classe 3a
Si propone di lavorare sull’animazione dei personaggi presenti nel quadro e questi diventano attori
di una storia narrata (in prima o in terza persona).
I criteri generali dei testi narrativi: i personaggi, le azioni, il luogo o l’ambiente, l’apertura
all’immaginario con invenzioni di storie, con scelta di personaggi, ambientazione.
Utilizzo dello schema descrittivo sulla persona elaborato precedentemente, per attività di
ampliamento a livello collettivo.
La riflessione linguistica in questa fase rafforza e consolida gli apprendimenti morfologici: nella
descrizione, l’aggettivo qualificativo.
Sono esercitate la coesione e la coerenza espositive, riflessione sulla sintassi della frase semplice e
complessa.
IL RITRATTO LETTERARIO
“ GUARDIAMOCI DENTRO
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Circolo Didattico di Vinci – a.s. 2007/08 Classe 3a
C’era una volta una bambina molto carina. Si chiamava Berta ed era straordinariamente buona. Era
ubbidiente, non mentiva mai, mangiava il semolino, faceva tutti i compiti ed era sempre gentile e
cortese. Era tanto buona che vinse parecchie medaglie e le portava sempre appuntate sul
vestito. Aveva una medaglia per l’obbedienza, un’altra per la sincerità ed una terza per la buona
condotta. Erano grandi medaglie di metallo che tintinnavano urtandosi mentre lei camminava:
nessun altro bambino, né bambina aveva tre medaglie come lei, perciò tutti sapevano che ella
doveva essere una bambina orribilmente buona. Tutti parlavano della sua bontà ed il Sindaco della
città, sentendone parlare, disse che se Berta era tanto buona le avrebbe permesso di andare una volta
la settimana a passeggiare nel parco situato alle porte della città. Era un parco bellissimo e non era
stato mai permesso a nessun bambino di andarvi a passeggiare. Un simile permesso fu un grande
onore per Berta. Nel parco vi era una gran quantità di porcellini che correvano di qua e di là, ma
Berta si rattristò quando si accorse che non vi erano fiori. Aveva le lacrime agli occhi, perché
avendo promesso alle sue zie che non avrebbe colto nemmeno uno dei fiori del parco e volendo
mantenere la sua promessa, si sentiva un po’ sciocca nel vedere che non c’erano fiori da cogliere: i
porcellini, infatti, li avevano mangiati tutti. I giardinieri, dal canto loro, avevano fatto presente al
Sindaco che non poteva tenere i fiori e porcellini nel parco, ma il Sindaco aveva deciso di
tenere lo sesso i porcellini. Nel parco v’erano stagni con pesci azzurri, verdi e rossi, ed alberi pieni
di uccelli variopinti e cinguettanti…
Berta passeggiava avanti e indietro divertendosi immensamente e tra sé pensava:
“Se non fossi così straordinariamente buona non sarei qui, in questo bellissimo parco a godere d
tutte queste bellissime cose”. Mentre camminava le tre medaglie tintinnavano l’una contro l’altra e
la riempivano d’orgoglio, ricordandole quanto era migliore rispetto agli altri bambini. Proprio in
quel momento un enorme lupo capitò nel parco in cerca di qualche bel porcellino grasso per la sua
cena. La prima cosa che vide nel parco fu però Berta; il suo grembiulino era infatti così pulito che
poteva essere visto da grande distanza. Anche Berta vide il lupo e prese a correre più rapidamente
che poteva e il lupo la inseguì con enormi salti. Berta raggiunse un bosco di mirti e si nascose nel
più folto dei cespugli. Il lupo arrivò e si mise a fiutare tra i rami; la lingua nera gli ciondolava dalla
bocca e i suoi pallidi occhi grigi ardevano di rabbia. Berta aveva una paura terribile, ma l’odore
del mirto era così forte che il fiuto del lupo non riuscì a scoprire dove lei si nascondesse e i cespugli
erano così fitti che egli poté frugarvi a lungo nel mezzo, senza riuscire a trovare una bambina. Dopo
un bel po’ il lupo pensò bene di lasciar perdere ed accontentarsi di un tenero porcello. Berta tremava
nel sentire il lupo girare e fiutare così vicino a lei e, mentre ella tremava, le medaglie battevano le
une contro le altre. Il lupo stava per andarsene quando udì il loro tintinnio e si fermò in ascolto: le
medaglie tentennarono di nuovo in un cespuglio vicino ed il lupo vi si scagliò dentro. I suoi occhi
sfavillavano di collera e di trionfo; trascinò fuori Berta e la divorò fino all’ultimo boccone. Di lei
non lasciò che le scarpe, brandelli di vestiti e le tre medaglie per la bontà.