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Anche io voglio raccontarvi la mia storia: sono un tuareg dellErg, pi comunemente conosciuto come Sahara, ed in questo deserto si consuma

la mia esistenza. Discendo da un gruppo di uomini che da secoli difendono le carovane che trasportano le mercanzie da Douz, citt che nella mia lingua significa porte del deserto, fino agli accampamenti nomadi della mia gente. Durante queste traversate, che possono durare anche dei mesi, veniamo che, messi continuamente ingaggiando continui alle strette dai combattimenti predoni

attraverso imboscate repentine, tentano di sottrarci le fonti del nostro sostentamento e le nostre donne. Come avrete intuito la nostra vita allinsegna della semplicit e del vivere come se ogni giorno fosse lultimo, infatti, ogni qual volta il sole nasconde il suo volto raggiante dietro le aride dune, noi ringraziamo il nostro dio per le ore passate incolumi. Avendo ricevuto uneducazione volta al rispetto dei pi deboli e alla lotta al sopruso, dedichiamo la nostra vita agli altri con disciplina, rispetto e sacrificio, cos come ci insegna il sacro Corano; sono proprio questi i punti fermi del nostro vivere. Io, per, non decisi fin da piccolo di intraprendere questa strada, non ero affatto convinto, anzi non credevo proprio che si potesse spendere la propria esistenza vivendo in gruppi di cinque, sei uomini, al completo servizio del proprio popolo, ma fu unesperienza

fortissima quella che segn il mio essere, tanto da farmi stravolgere ogni mio progetto futuro. In uno dei soliti viaggi insieme ai miei cari e al resto della mia trib, da Douz a Marrakech, ci imbattemmo in quello che per tutti i bambini della mia et -a quel tempo avevo quasi sei anni- era il terrore pi grande, il Ghibli, la tempesta di sabbia che miete migliaia di vittime fra i nomadi dellErg. Questa la situazione ideale per i predoni, perch vengono favoriti dalla dispersione disorientata dei membri della carovana; infatti, mentre il vento ridisegna violentemente il paesaggio come fosse un artista furente, i mal capitati cadono accecati in balia delle loro affilate jumpie. E fu cos... ancora dopo 28 anni, quando chiudo gli occhi rivedo i suoi; gli occhi neri e profondi del tuareg che intercett con il suo petto il fendente destinato a mio padre che mi stava innanzi a proteggermi. E l capii, una volta in fuga i predoni, che in questi uomini vestiti di scuro blu, luccica qualcosa in pi del rubino sullimpugnatura della loro scimitarra luccica una luce particolare, la luce di chi serve senza pretendere nulla in cambio. Fu grazie a questo che decisi, in quel momento e in seguito al sacrificio di quelluomo, di lasciare la mia gente e di partire con i suoi compagni per divenire uno di loro. Ancora oggi rivedo lo sguardo fiero e soddisfatto che quelluomo rivolse alla morte; lo rivedo ogni volta che

impugno la sua scimitarra, ogni volta che sento sulla mia arida pelle il rammendo grezzo dello squarcio letale sul suo abito, ogni volta che scorgo il sole spegnere il suo furente calore sul profilo delle dune rinfrescate dalla nascente luna.

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