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PUGNA/PUGNETTA LA STANZA DI MONTANELLI

(Corsera 9 giugno 2000)

I mille metodi di Marinetti per sopravvivere Caro Montanelli, Volgeva al termine l'anno scolastico 1940-41. Un giorno il preside del liceo ci riun nell' Aula Magna per farci ascoltare una prolusione di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo. Il monologo dur a lungo e, a distanza di 60 anni, lo ricordo ancora come del tutto incomprensibile. Sicuramente egli voleva liberare

l'espressione letteraria dall'osservanza delle regole grammaticali e sintattiche. Chiuse il suo intervento declamando una poesia: una rassegna di espressioni vocali rutilanti e rumorose per ottenere l' effetto dello sparo, dei cannoni e dello scoppio delle granate. Lei ha avuto occasione di conoscerlo, anche se vi dividevano una trentina d' anni d' et e una collocazione caratteriale diametralmente opposta? Lorenzo Milanesi, Milano Caro Milanesi, Di questo suo ricordo di Marinetti l'unica cosa che un po' mi sorprende la data. Ma come, ancora nel ' 41 il vecchio leone del Futurismo andava nelle scuole a ruggire versi

rumorosi e vuoti, quali erano un po' tutti quelli della sua scuderia? Mi sembra di ricordare che quell' anno ci fu un foglio d' ordini del partito che mobilitava tutti gl' intellettuali del regime, accademici in testa, a stimolare slanci guerrieri nei giovani, e forse anche Marinetti dovette acconciarvisi. Ma, se lo fece, credo di poterle assicurare che lo fece controvoglia perch a quegli slanci da un pezzo aveva smesso di partecipare, almeno da quando lo avevo conosciuto io, del tutto casualmente. Fu in Abissinia, poche settimane dopo lo scoppio della guerra, quindi sulla fine del ' 35. Comandavo un piccolo reparto indigeno che, come tutti gli altri di

quella truppa, veniva mandato in territorio nemico per occuparvi dei capisaldi in attesa che arrivasse il grosso. Spesso ci lasciavano settimane senza ordini n rifornimenti (era l' epoca dell' allegro comando De Bono): dovevamo arrangiarci da soli, ma lo facevamo in allegria, perch quell' avventura ci piaceva. Un giorno in cui cacciavo le anatre in un uadi, vidi sbucare dalla boscaglia un Maggiore in groppa a un mulo trascinato per la cavezza da un attendente ascari. Tenente - mi grid ancora di lontano -, mi vuol dire dove sono?. Non lo so, signor Maggiore - risposi -, posso solo dirle il nome di quell' amba a cui devo montare la

guardia. Ah - fece lui -, la solita guerra all' italiana, dove nessuno sa dov' n cosa deve fare. Ma intanto si era avvicinato, e lo avevo riconosciuto: era Marinetti che, sebbene gi sulla settantina, era venuto, come tutti i gerarchi del regime (ai quali il solito Monelli aveva dedicato il distico: Quando la pugna diventa pugnetta / tutti i gerarchi arrivano in fretta), a fare atto di presenza l dove si stava costruendo l' Impero. Marinetti rimase con me tre giorni in attesa che dal Comando di Brigata qualcuno venisse a cercarlo e a riportarlo indietro. E debbo dire che mi ripag molto bene l' ospitalit, raccontandomi un sacco di cose sul

Futurismo e sui suoi rapporti col fascismo (di cui il Futurismo era stato una componente fondamentale), dandomi l'impressione di non credere pi n all' uno n all' altro. Una volta mi disse: Lei non pu immaginare che cattivo affare sia scommettere sul futuro. Il futuro invecchia molto, ma molto pi rapidamente del passato che non invecchia mai. Nei tre giorni in cui stemmo insieme concepii un affetto quasi filiale per Marinetti, un affetto che da allora ha sempre condizionato anche le mie opinioni sul Futurismo. Intendiamoci: seguito a non capire in che cosa consistesse. Ma in quei tre giorni capii che sul piano

culturale era stato l' unico prodotto italiano che avesse trovato un mercato e suscitato riflessi mondiali. Tutta la cosiddetta intellighenzia europea, ma specialmente quelle russa e tedesca, prima di cadere nelle spire del marxismo e del nazismo era stata svegliata e messa a soqquadro dal Futurismo. Non ne me chieda il perch. Ma non posso non constatare il fatto. Il regime fascista si era sdebitato con Marinetti (che aveva dato un impulso decisivo all' interventismo del ' 14-15 e poi una patina di intellettualit allo squadrismo) facendolo Accademico d' Italia e cos costringendolo a rinnegarsi: nulla poteva essere pi antimarinettiano

di quella istituzione. Ma Marinetti se ne rese conto, se vero che al momento di schierarsi con la Repubblica di Sal disse ad alcuni amici: Ecco da che parte mi tocca morire: da quella del mio boia. Per fortuna, riusc a farlo nel proprio letto. ---oOo--da Ascari K7 1935/1936 di Paolo Caccia Dominioni . Molti giornalisti appaiono cogitabondi di fronte al fenomeno delle decorazioni che vedono affluire come grandine in determinate direzioni. Sembra che una pagina

del bollettino ufficiale sia fuggevolmente comparsa in una mensa, fissata con una semplice puntina alla porta. I quattro quinti della pagina riportavano la motivazione duna medaglia dargento (questa parola, medaglia, non compare quasi mai nelle presenti cronache, tanto si fatta vuota di significato) concessa sul campo a un alto personaggio di formazione politica; e il riconoscimento del suo eroismo veniva espresso senza risparmio di aggettivi, con iperboliche esagerazioni, per lui che non aveva riportato neppure una scalfittura. In fondo alla pagina, in due righe e mezzo, la motivazione di unaltra

medaglia dargento, concessa alla memoria del capitano Giovanni Rinaldi, del XV eritreo, che s visto morire a met novembre nel Tembien. Diceva, la motivazione, che aveva condotto i suoi ascari allassalto di Amba Bethem e che era morto da valoroso. Tutto qui. Nessun commento in margine al foglio, neppure un punto esclamativo, non ce nera bisogno, e del resto il documento fu fatto subito scomparire. Allora i giornalisti hanno creato una parodia dellinno di Garibaldi. Benissimo, i giornalisti: ma di solito in queste cose lautore uno solo. Laccusato principale Paolo Monelli, perch lo stile del testo gli somiglia:

Si scopron le tombe, si levano i morti, i nostri gerarchi son tutti risorti. Finch noi pugnammo fiorivan negli orti, ma or che la pugna diventa pugnetta i nostri gerarchi accorrono in fretta.

Se spira il pi lieve sussurro di vento domandan e ottengon medaglia dargento. Persino Ciccillo, di tutti il pi stronzo, rimedia anche lui medaglia di bronzo. Vien fuori medaglia, vien fuori ch lora, vien fuori medaglia, medaglia al valor!

La feroce parodia allude pure alla lunga stasi operativa che ha seguito la disgrazia di De Bono, ovviamente silurato perch voleva agire con una prudenza che il successore ha fatto propria, ritardando chiss a quando il secondo balzo. Neppure in Somalia, dove il debutto era stato cos brillante, Graziani avanza: e Paolo Monelli, che tra tutti i giornalisti ha la freddura pi pronta e corrosiva, ha chiesto: Sapete chi il pi balbuziente tra i nostri generali? Ma Rodolfo Graziani! In pi di tre mesi non ancora arrivato a Dire Daua ...

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