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Francesco Lamendola

Ma esiste ancora, luomo? O il mondo popolato di ex uomini, degenerati e schiavi del Nulla?
Ma esiste ancora, luomo? Oppure il mondo gi entrato nella fase della tecnocrazia, ed popolato da ex esseri umani, degenerati e maturi per ogni forma di schiavit fisica e morale? Questi erano i tremendi interrogativi che si poneva, oltre un secolo fa, uno scrittore polacco geniale, ribelle e anarcoide: Stanislaw Ignacy Witkiewicz (Varsavia, 1885 Jeziory, Volinia, 1939), una delle figure pi emblematiche (e meno conosciute dal grande pubblico) della cultura europea del XX secolo, e della generale crisi di valori e di certezze della civilt moderna. Nel romanzo I calzolai, rivolgendosi ai giovani apprendisti, scriveva significativamente (cit. in Stanislaw I. Witkiewicz, Insaziabilit (titolo originale: Nienasycenie, traduzione italiana a cura di De Donato Editore, 1970; poi Garzanti, Milano, 1973, Introduzione): Gli uomini, oggi, non siete che voi. Ma soltanto perch state sullaltra sponda: nellistante stesso in cui avrete attraversato questo filo che ci divide, sarete tali e quali a noi. E daltra parte, per, non credo neppure in quel nuovo genere di vita che intendete creare voi. Egli era persuaso che la civilt o, per lo meno, la civilt europea fosse giunta alla fine. E riteneva che lannuncio della fine sarebbe venuto da una nuova invasione dei Mongoli, che avrebbe spazzato via ogni traccia di un mondo ormai marcio e decadente. Richiamato alle armi nel 1939, mentre la tempesta della seconda guerra mondiale si andava avvicinando alla sua patria e allEuropa intera, disse allamico Plomienski: Sta per infrangersi sotto i nostri occhi lultimo baluardo del mondo che tu ed io conoscevamo, e questagonia, che io avevo prefigurato nei miei drammi e nei miei romanzi, nessuna forza al mondo in grado di evitarla. Il devastante, rosso orrore del panmongolismo (dal titolo di una sua poesia) sembra concretizzarsi allorquando, il 17 settembre, i Russi invadono la Polonia da est, mentre gi i Tedeschi lavevano invasa da est e avevano ridotto Varsavia a un cumulo di rovine. Questa volta le orde asiatiche, che ne Il deserto dei Tartari di Buzzati non compaiono mai allorizzonte, sembrano venire avanti ed annunciare realmente la fine di una civilt; e Witkiewicz, il giorno dopo aver appreso quella notizia, conclude disperato la sua disperata esistenza di scrittore allucinato e di profeta inascoltato: con il suicidio. Ha scritto di lui Odoardo Bertani (Op. e loc. cit.): La triste biografia di uno che cerca in supporti sterni la forza di vivere non deve adombrare il ritratto dun testimone del tempo, duna voce disperata, ma resa leggera dal filtro duna follia eroicamente inventata, che proclamava la crisi del mondo, la dissoluzione della societ. La logica 1

scardinata della sua opera lo specchio duna realt ideologica, politica, artistica, che va in frantumi sotto gli scossoni duna violenta contestazione. () Il nostro Witkacy va accettato cos, nella sua geniale sregolatezza, nella sua rancorosa solitudine, nel suo ghignante rivoluzionarismo letterario, nel suo frenetico accumulare trovate, nella sua incontinenza verbale, nel suo smontare e rimontare i personaggi, nel suo mescolare frantumi di sentenze ineccepibili in un contesto allucinato, nel predisporre dentro ogni suo dramma lordigno che dovr, alla fine, distruggerlo. Come se anche la sua opera demolitrice attraverso il riso , irritante e demistificatoria, non fosse altro che un vagone carico di tutta la rigatteria e il putridume di tutta una civilt, e gli si dovesse quindi dare una spinta, perch scivolasse nel baratro. Amaro, cinico, disperato: molti tratti della personalit artistica di Witkiewicz richiamano quelle di due altri notevoli scrittori dellarea decadentista, dei quali abbiamo gi avuto occasione di occuparci: il francese Alfred Jarry e lamericano Ambrose Bierce (cfr. F. Lamendola, Il teatro di Alfred Jarry fra paradosso e rivolta e La foresta insanguinata. Letture e riflessioni sullopera di Ambrose Bierce, entrambi consultabili sul sito di Arianna Editrice). Non molti lo sanno, fuori della sua patria; ma Witkiewicz stato - oltre che compagno di viaggi, nelle lontane isole dellOceania, delletnologo Bronislaw Malinowski; pittore; impresario teatrale a Zakopane e figura trainante dellavanguardia artistica polacca - anche un pensatore, e un pensatore che rispecchia nel modo pi caratteristico le tortuose antinomie di una modernit stravolta e allucinata. Il suo pensiero filosofico affidato al saggio Concetti e tesi implicate dal concetto di esistenza, del 1935. In esso egli sostiene che, nella societ di massa, lindividuo finisce per perdere la propria identit e per trasformarsi in un passivo consumatore sia di beni materiali, sia di prodotti pseudoculturali (per tutta la vita, Witkiewicz aveva combattuto una strenua battaglia contro il conformismo del pubblico e la demagogia degli intellettuali).Inoltre, sono venuti meno le tre colonne che, in precedenza, conferivano un significato alla vita umana: la religione, la filosofia e la cultura, travolte e sommerse dallondata avanzante di consumismo. Lessere umano, di conseguenza, ha perduto qualunque spazio di effettiva libert, e si ridotto al livello di relitto, di ex uomo, che la marea consumista e tecnologica trascina inesorabilmente verso unesistenza priva di emozioni e di valori spirituali. Illuminante linterpretazione della figura e dellopera di Witkiewicz tracciata da un altro grande scrittore polacco, Wiltold Gombrowicz, che stato fra quanti ne hanno subito linflusso e riconosciuto la potenza drammatica e profetica (Op. e loc. cit.): Witkiewicz manda in frantumi la forma del romanzo, e con una mancanza di riguardi che va ben oltre quella di Virginia Woolf, di James Joyce o di Franz Kafka. Tuttavia, per me queste sue acquisizioni sono meno importanti. Devo aggiungere che non mi colpiscono particolarmente nemmeno le altre profezie e intuizioni: per esempio, in campo politico, quella Cina che emerge dalla sfondo di Insaziabilit come uscendo dal grembo della storia stessa, la stessa Cina che oggi riempie le prime pagine dei giornali. Non credo che queste siano state le cose pi importanti di Witkiewicz. Ma allora, che cosa lo rende cos familiare al nostro presente? Secondo me, il demonismo. Witkiewicz ha portato al calor bianco alcune caratteristiche delluomo che stava per venire. Soprattutto il gelo dellintelletto. In Insaziabilit lintelletto ricorda un medico in camice bianco che operi con fredda arte: sembra addirittura di sentire il taglio acuto dello scalpello, lodore delletere, il fruscio del bisturi, e di vedere le maschere sui volti umani,. Ma questo inumano oggettivismo si trasforma subito, in lui, in qualcosa di scandalosamente umano: il cinismo. Questo cinismo diventa, nella sua ulteriore metamorfosi, cinismo maschile. La brutalit oggettiva si fa allora brutalit sessuale. Nelle opere di Witkiewicz il sesso ha una parte gigantesca, e quello

maschile, in fondo, ancor pi di quello femminile. Witkacy molto virile, ma per odia luomo in s, e desidera oltraggiarlo, renderlo ridicolo, abbassarlo, immergerlo nella mostruosit. A queste due mostruosit (il cinismo dellintelletto e la brutalit del sesso) bisogna aggiungerne una terza: la mostruosit dellassurdo. Impotente di fronte allinsensatezza del mondo, egli porta in s lassurdit al punto da diventare egli stesso un assurdo. Infine, una quarta mostruosit, quella della metafisica. il vero tema di Insaziabilit, e in genere di tutta la sua arte. Arrivare al brivido metafisico che ci strappa dal quotidiano e porta la natura umana in contato col suo insondabile mistero: ecco a cosa mirano le grottesche stravaganze di Genezyp, lemersione cupa e quasi onirica non si sa da dove, forse dagli angoli pi bui, dalle misteriose e clandestine trame russo-cinesi. Ma questa metafisica non eleva luomo, anzi lo sfigura. Effettivamente, tutto questo satanismo alo stato puro. Wtikiewicz, come e pi di altri artisti e scrittori (pensiamo ad H. P. Lovecraft, per esempio), ha testimoniato non solo la perdita di ogni distinzione fra bene e male nella societ contemporanea, al punto da popolare i suoi romanzi c i sinistri fantasmi della pazzia e del sadismo - ma ha annunciato la Nemesi finale, compiacendosi morbosamente del cima di decomposizione morale da lui lucidamente percepito. Era talmente ossessionato dai suoi fantasmi, da non distinguere pi fra i macabri rituali dei suoi personaggi romanzeschi (omicidi brutali, sevizie dogni genere, inverosimili resurrezioni) e la vita reale. Ai suoi visitatori mostrava, con puerile orgoglio, il suo personale museo degli orrori, nel quale figuravano - fra le altre cose - una lingua essiccata di neonato e un capello appartenuto ad un ebreo ingiustamente condannato a morte. Vengono in mente gli odierni, demenziali giochi di ruolo nei quali individui dalla personalit fragile, specialmente adolescenti, si immedesimano interamente in personaggi fittizi, al punto di confondere completamente la loro esistenza virtuale con quella reale di tutti i giorni. In questo senso, Witkiewicz stato il testimone eloquente e sventurato di una crisi spirituale profonda, di cui un chiaro sintomo proprio labdicazione dellintellettuale a svolgere qualsiasi ruolo positivo, a farsi guida spirituale della societ o, almeno, mediatore responsabile fra essa e i fantasmi di distruzione che ne minacciano lequilibrio e, forse, la stessa sopravvivenza. In un mondo votato alle forze del Nulla, ci si aspetterebbe che lintellettuale, in virt della sua preveggenza, della sua cultura e della sua capacit critica, svolga una funzione attiva, che non si limiti ad amministrare lesistente - sia pure con lazzi e ghigni che ne testimoniano lintima sofferenza - ma tenti, se non altro, di suggerire vie per oltrepassare la crisi e uscire dalla buia notte, in cerca della luce. Quando, invece, lintellettuale si limita a descrivere lorrore della notte popolata di mostruose presenze, soffermandosi a evocarne langoscia, senza mai tentare di indicare una possibile via duscita, bisogna concludere che egli caduto in potere di quelle forze del Nulla che ha bens saputo vedere e riconoscere prima e meglio dei suoi contemporanei, ma delle quali ha subito il fascino sinistro, fino ai limiti (e, talvolta, oltre) dellautodistruzione. Tale il caso di Stanislaw Witkiewicz. Follia eretta a sistema, cinismo e sadismo sono i tratti peculiari della sua narrativa, dalla quale non emerge mai, non diciamo un raggio di speranza, ma neppure una vera aspirazione a trovare o costruire motivi di speranza. E, quando uno scrittore si fa cantore della radicale mancanza di speranza, diviene, pi o meno consapevolmente - come il Leopardi dellInno ad Arimane (il dio persiano delle tenebre) n pi n meno che un satanista. Le forze del Nulla, infatti, non sono neutrali: esse adombrano il principio del non-essere, che - dal punto di vista dellumano - il Male radicale. Per la coscienza morale delluomo, infatti, lEssere il Bene, il non-essere il Male; il Nulla, quindi, il Male, in quanto privazione e assoluta negazione dellEssere.

E ce ne sono gi tanti, di cantori del Nulla, che disperdono ai quattro venti il loro messaggio velenoso, capace di inquinare le sorgenti stesse della vita (specialmente nei giovani): a cominciare da un certo tipo di musica leggera - leggera, si fa per dire! -, che imperversa oggi a tutto campo, diffondendo germi di odio, negativit e violenza. Perci, signori intellettuali, una domanda. Volete unirvi anche voi a questo coro di cattivi e pessimi maestri, spargendo fra i giovani il bacillo di una autentica pestilenza morale? Volete contribuire alla morte della speranza nella nostra societ, alla resa alle forze del Nulla, cavalcando leffimero consenso che - oggi - gratifica coloro che si uniscono a quel cattivo coro, deridendo e ridicolizzando tutto ci che buono, franco e onesto? Siete chiamati a fare una scelta: ora pi che mai. E ad assumervi le vostre responsabilit, senza nascondervi dietro comode scusanti, come quella di dire che voi avete offerto al vostro pubblico soltanto ci che esso desiderava ricevere. No, troppo comodo: non potete eludere cos il dovere insito nella vostra stessa chiamata. Se siete stati chiamati, lo siete stati per qualcosa: a voi decidere quale contenuto dare a questo qualcosa. A voi decidere se farne un messaggio di apertura, di amore, di vita, o se farvi voi pure cantori del Nulla, aprendo la porta alle forze incombenti del Male.

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