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Ideeperunarilettura

Lacomunitcheviene
GiorgioAgamben BollatiBoringhieri,Torino2001
Lessere che viene lessere qualunque1. Lincipit del libro di Giorgio Agamben ha ben poco a che vedere con i favoleggianti moniti di Guglielmo Giannini degli anni 40 e 50 del secolo scorso. Elitario e vagamente popolar intellettuale il secondo, tanto quanto Agamben dedito alla riflessione filosoficopolitica che cerca (anche attraverso luso e lo specchio di un linguaggio di tradizione filologica di matrice heideggeriana) un paradigma della collettivit. Che cos che ci caratterizza come societ, come insieme viventeepulsantedirelazioni?LarispostadiAgambennon (e non pu essere) lindividuo concetto di derivazione innanzitutto hegeliana in senso di comunit storica, poi ripreso da Marx in chiave di comunit di classe e infine approdato al capitalismo e alla sua parcellizzazione olistica del tutto. N pu essere la persona, concetto stavolta cristiano, in unepoca che ha vissuto la morte di Dio e sta vivendo ancora i postumi del tempo della povert di cui ammoniva Hlderlin nella famosa lirica di inizio 800 Pane e vino. Secondo Agamben il quid che caratterizza la nostra epoca, che sembra aver lasciato alle spalle definitivamente la modernit perentrareinunospazioincuiiltemposirimodulatoecompressoversolimmediatezza,il Qualunque.ScriveAgamben:
Il Qualunque che qui in questione non prende, infatti, la singolarit nella sua indifferenza rispetto a una propriet comune (a un concetto, per esempio: lessere rosso, francese, musulmano), ma solo nel suo esseretalequal.Conci,lasingolaritsisciogliedalfalsodilemmacheobbligalaconoscenzaascegliere fralineffabilitdellindividuoelintelligibilitdelluniversale2.

Al di l del linguaggio (spesso ostico, quasi intriso di misterismo), il filosofo romano, che dal 2003 insegna presso lIstituto Universitario di Architettura(IUAV) diVenezia, ci informa della malattia del secolo a venire: non lindifferenza del singolo verso lAltro, ma il singolo che diventa genericamente uguale annegando se stessonel mare della impropriet e quindi della povert: qualunque una somiglianza senza archetipo, cio unIdea3. E poco pi avanti Agamben aggiunge: L'essere che viene: n individuale n universale, ma qualunque.
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GiorgioAgamben,Lacomunitcheviene,BollatiBoringhieriTorino,p.9. Ibidem. 3 Op.cit.p.42.

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Humana.MenteIssue7October2008

Singolare,masenzaidentit.Definito,masolonellospaziovuotodell'esempio.E,tuttavia,non genericonindifferente4. LincipitsopraricordatosisaldaconlaPostillachechiudeloscritto(aggiuntanel2001,mentre il libro del 1990). qui che si comprende lautentico messaggio dellintero scritto; un messaggio che interamente filosofico. Anzi, che riguarda la stessa sopravvivenza della filosofiaintesacomeavventuraintellettuale. L'autoresostieneche
non soltanto la possibilit di scuotere lesistenza storica di un popolo svanita da un pezzo, ma che perfino lidea stessa di una chiamata, di un popolo o di un compito storico assegnabile di una klesis o di 5 unaclassedovrebbeessereripensatadacimaafondo .

A essere in discussione innanzitutto la filosofia, non come forma mentis, ma come quellanelito che soffia nel cuore della societ e la plasma. Un potere che a noi uomini del Terzo Millennio sembra avere lodore acre della polvere delle biblioteche. Eppure c stato un tempo in cui filosofare non era un mestiere, un combattere giorno per giorno per affermarsi sul mercato delle idee. In una parola: non era il Qualunque. Ma se la nostra epoca, questa la domanda finale di Agamben, sottomessa proprio al Qualunque, come possibile, come sar possibile la filosofia, ovvero quellarte che trae la propria origine e la propria forza dal domandare e quindi, di per s, dalla distinzione? Nellindistinto mare della collettivit di oggi, tramonta la filosofia. In questo senso la democrazia diventa potere del numero, la politica meraamministrazione,lavitaciecobiosassoggettatoallatechne,leticaunbanaleautaut.Ma nonostanteloscenariodisegnato,Agambentienefermoiltimonesenzaeccedere(ocadere)in facili commiserazioni: per lautore la condizione di sopravvissuto non autorizza comunque n cinismondisperazione. Se lassenza di opera, la singolarit qualunque da ipotesi iniziale invece diventata realt, lirreparabile non ancora giunto. Una filosofia e una politica, unetica, in fondo, ancora possibile.Dadoveripartire,dunque,perlariformulazionediunetica?
Il fatto da cui deve partire ogni discorso sulletica che luomo non n ha da essere o da realizzare alcuna essenza, alcuna vocazione storica o spirituale, alcun destino biologico. Solo per questo come unetica pu esistere: poich chiaro che se luomo fosse o avesse da essere questa o quella sostanza, questo o quel destino, non vi sarebbe alcuna esperienza possibile vi sarebbero solo compiti da 6 realizzare .

Allora luomo consegnato nelle mani del nulla e/o del fato? Affatto. Ci che luomo ha da essere, scrive Agamben, il semplice fatto della propria esistenza come possibilit o potenza7. Da notare che il filosofo usa sempre lespressione ha da essere e mai ha il compito di, ulteriore prova del fatto che lumanit non porta con s nessuna consegna particolare (o qualunque, come direbbe Agamben) riguardo a un metafisico, n tanto meno
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Op.cit.p.56. Op.cit.p.91. 6 Op.cit.p.39. 7 Ibdem.

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terreno, destino. Il singolo pu scegliere soltanto la propria esistenza: il fare delluomo tutto compreso in questa aristotelica potenza (il richiamo ad Heidegger e a Nietzsche qui fin troppo evidente). Il riconoscimento di tale condizione rende evidente e fa emergere anche il problemadellanegazionedellapotenzacheripieganellimpotenza:ilmale. ScriveAgamaben:
Il male unicamente la nostra inadeguata reazione di fronte a questo elemento demonico, il nostro ritrarci impauritidavantialuiperesercitarefondandociinquestafugaunqualunquepoterediessere. Solo in questo senso secondario limpotenza o potenza di non essere la radice del male. Fuggendo davanti alla nostra stessa impotenza, ovvero cercando di servirci di essa come di unarma, costruiamo il maligno potere col quale opprimiamo coloro che ci mostrano la loro debolezza; e mancando alla nostra 8 intimapossibilitdinonessere,decadiamodacicherendepossibilelamore .

Per Agamben luomo un oscillare continuo in questo essere e nonessere; e in tale oscillamento,infindeiconti,diventaconesserecomedestinocomune,comepotenzaescelta che tutti condividiamo con tutti. Ovvero in questo luogo che lascia essere una contingenza perquellache,chedicesallapropriaesistenzaeaisuoilimiti,chediventiamounacomunit. MicheleMorandi

Op.cit,p.32.

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