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Giuliano da Sangallo
Giuliano da Sangallo
Giuliano Giamberti da Sangallo (Firenze, 1445 Firenze, 1516) stato un architetto, ingegnere e scultore italiano. Tra i migliori continuatori di Brunelleschi ed Alberti nella seconda met del XV secolo, fu architetto prediletto di Lorenzo il Magnifico, pioniere nello studio delle antichit classiche, progettista di opere assunte come modello nelle linee di ricerca dell'architettura rinascimentale, innovatore nell'ingegneria militare.
Ritratto di Giuliano eseguito dall'amico Piero di Cosimo. Fa parte di un doppio ritratto ed infatti completato dal ritratto del padre
La vita
La formazione
Figlio primogenito di Francesco Giamberti di Bartolo, intagliatore di mobili (anche per i Medici) e probabilmente anche capomastro e capostipite di un'importante famiglia di architetti ed artisti toscani. Giuliano fu infatti fratello di Antonio da Sangallo il Vecchio, zio di Antonio da Sangallo il Giovane e di Bastiano da Sangallo, padre dello scultore Francesco da Sangallo. Giuliano come anche il fratello minore Antonio, si form in un ambiente di artigiani e artisti nella Firenze della seconda met del Quattrocento. Fu allievo del Francione, scultore in legno, ebanista ma anche mastro d'ascia e ingegnere di fortificazioni[1] Durante un giovanile soggiorno romano tra il 1465 e il 1473, studi e disegn le antichit[2] come continuer in seguito facendone un elemento fondamentale della propria ricerca architettonica e forse la base per la progettata realizzazione di un trattato di architettura.[3]
Giuliano da Sangallo Tornato a Firenze si dedic inizialmente, insieme al fratello Antonio, alla scultura in legno, come da tradizione di famiglia: un'opera di questo periodo il crocefisso ligneo conservato nella basilica della Santissima Annunziata, scolpito insieme al fratello. Contemporaneamente si impegn, inizialmente in collaborazione con il maestro Francione alla progettazione di opere di ingegneria militare, grazie alle quali entr in contatto con i Medici[4], che in quel momento erano impegnati in una vasta opera di rinnovo del sistema difensivo del territorio, in un periodo politicamente sempre pi teso. Partecip insieme alla bottega del Francione al rafforzamento delle mura di Colle di Val dElsa (1479) e di San Gimignano.
Al servizio di Lorenzo
A partire dagli anni settanta, lavor come architetto a Firenze, in collaborazione con il fratello, costruendo soprattutto palazzi per importanti famiglie. Negli stessi anni si trov in concorrenza con l'antico maestro Francione nella progettazione di fortificazioni, per esempio per la fortezza di Sarzanello che fu il capolavoro del vecchio artigiano. Divenne in breve larchitetto prediletto da Lorenzo il Magnifico, che nel 1480 gli commission la villa di Poggio a Caiano, prototipo della villa rinascimentale italiana. Per Lorenzo progett anche il scomparso convento presso la Porta San Gallo a Firenze, che gli valse, forse, il soprannome che diverr il nome di famiglia, la Sagrestia di Santo Spirito e forse la Chiesa di San Salvatore al Monte[5]. Erede e interprete della tradizione brunelleschiana, partecip attivamente alla cultura del suo tempo elaborando, attraverso lattento studio delle forme dellantichit, soluzioni innovatrici, dando un importante contributo allelaborazione delle forme architettoniche a pianta centrale con la chiesa di Santa Maria delle Carceri a Prato, anchessa voluta da Lorenzo. Nel 1488 Lorenzo, che perseguiva i suoi scopi politici anche attraverso una accorta politica di rapporti culturali attraverso il prestigio dei suoi artisti, invi Giuliano a Napoli, dal re Ferrante, con un modello di palazzo (non realizzato). Il re ricambi inviando, tramite Giuliano, statue antiche a Lorenzo[6]. Del fertile periodo lorenziano sono anche i progetti per la Basilica della Madonna dell'Umilt a Pistoia e quello per il palazzo in via Laura, non realizzato. Lorenzo incaric Giuliano anche di varie opere militari, in un piano complessivo di rafforzamento delle difese territoriali di Firenze. A lui affid il progetto della nuova Fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi (1488-1511) con i suoi innovativi bastioni poligonali.[7]
Giuliano da Sangallo
Roma
Ai primi del Cinquecento, dopo l'elevazione al soglio pontificio di Giulio II, si stabil a Roma lavorando per la corte pontificia. Intorno al 1505, elabor e propose progetti per la basilica di San Pietro in Vaticano che influenzarono il progetto bramantesco ma non ebbe quei prestigiosi incarichi in cui sperava, sorpassato dal Bramante. Ritornato momentaneamente a Firenze, dove fu nominato capomastro dell'Opera del Duomo, ritorn a Roma dopo l'elezione di Leone X dei Medici (1513) e per un periodo, fino al 1515, fu capomastro del cantiere di San Pietro, insieme a Raffaello, ma con scarso successo per i suoi progetti per la basilica. Restando fedele al linguaggio del primo Rinascimento anche nellet di Raffaello e Bramante, si trovo in una posizione culturale sorpassata. Tornato a Firenze nel 1515, vi mor lanno seguente. Il suo ultimo progetto pu essere considerato quello per la facciata della Chiesa di San Lorenzo elaborato per il concorso indetto nel 1516 da Leone X tra i maggiori artisti dell'epoca.
Uno dei progetti per la basilica di San Pietro, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe, 7A
Opere
I palazzi fiorentini
A Firenze Giuliano realizz numerosi palazzi a Firenze in cui vengono reinterpreti i modelli di Brunelleschi, Alberti e Michelozzo. A Giuliano sono attribuiti: il Palazzo della Gherardesca, il Palazzo Cocchi Serristori in piazza Santa Croce, gi ritenuto di Baccio d'Agnolo), il Palazzo Gondi (1490-1501) sul modello di palazzo Medici. Giuliano dovette avere anche un ruolo nel progetto del Palazzo Strozzi per il quale prepar un modello, ma non sappiamo se corrispondente al progetto realizzato, in quanto il Sangallo non partecip al cantiere.
Giuliano da Sangallo
Poggio a Caiano
Il suo lavoro pi conosciuto la Villa Medicea di Poggio a Caiano, prototipo della villa rinascimentale italiana; commissionata da Lorenzo nel 1480, la villa incarna il prestigio economico, politico e sociale del proprietario. L'edificio non sar visto completato n da Lorenzo n da Giuliano. Il nitido volume squadrato della costruzione, a due piani con la pianta a forma di H inscritta in un quadrato, si innalza su un ampio porticato che lo circonda su ogni lato. Fondamentale per l'originalit della soluzione il riferimento all'architettura classica, evidente nell'elegante fronte di tempio ionico posto al centro della facciata. L'allusione al tempio ulteriormente rafforzata dalla presenza nell'architrave di un fregio in terracotta invetriata che illustra, mediante una serie di simboli e allegorie tratti dalla mitologia antica, il tema dell'ineluttabile scorrere del tempo e il ritorno all'et delloro, con allusione esplicita alla pace e al benessere arrecati a Firenze dal governo di Lorenzo il Magnifico. Per questi elementi la villa Poggio a Caiano rappresenta unassoluta novit nella storia di questa tipologia architettonica, costituendo un diretto precedente della villa-tempio palladiana. A Poggio a Caiano esiste un'altra opera attribuita a Giuliano da Sangallo[12], all'interno della grande tenuta dipendente dalla villa, ma posta sull'altra sponda del fiume Ombrone. Si tratta di un grande edificio con una corte quadrangolare, circondato da un fossato, comunemente denominato Cascine e che rappresentata il centro delle varie attivit agricole presenti nel vasto possedimento messo insieme da Lorenzo il Magnifico e poi ampliato e arricchito dai granduchi di casa Medici[13].
quadrato che regge, sopra un tamburo, la copertura della cupola e la lanterna. L'esterno rivestito in marmo con riferimenti romani soprattutto per le finestre e porte con timpano, paraste accoppiate e un timpano anche
Giuliano da Sangallo sullingresso L'interno segue modelli brunelleschiani con paraste, trabeazione, fregio e cappelle.
Altre opere
Il palazzo Della Rovere (1495-1497) a Savona progettato per Giulio II, all'epoca ancora cardinale Della Rovere. La cupola della Basilica di Loreto; realizzata in soli nove mesi tra il 1499 ed il 1500, dimostra la grande perizia tecnica di Giuliano, visto che la cupola all'epoca era seconda solo a quella fiorentina. Il chiostro della Basilica di San Pietro in Vincoli (attribuzione di Vasari) La Cappella del cardinale ungherese Tams Bakcz a Esztergom, a croce greca con cupola e volte a botte sui bracci laterali (attribuita a Giuliano oppure ad un suo eventuale allievo)[14].
Ingegneria militare
Fu anche uno dei pi attivi ingegneri militari del suo tempo, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo della fortificazione alla moderna in collaborazione con il fratello Antonio, tanto che a volte risulta difficile distinguere l'apporto progettuale di ognuno. Il ruolo innovativo dei due fu particolarmente importante nella definizione del fronte bastionato e nella forma stessa del bastione che lentamente nel corso del loro lungo operare passo dalla torrione circolare al puntone poligonale fino al bastione vero e proprio con fianchi rientranti, come si pu vedere in numerose cittadelle e fortificazioni, molte ancora esistenti, progettate per vari committenti:
Fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi (1488-1511) commissionata da Lorenzo il Magnifico. Forte di Sansepolcro (1500) Grottaferrata Sarzana Fortificazione di Colle Val d'Elsa Fortezza Medicea di Arezzo, progettata nel 1502 con il fratello Antonio. Fortezza di Nettuno, dal 1501; nel progetto di questa fortificazione nota come Forte Sangallo stato ipotizzato un suo ruolo nel progetto, eseguito per da Antonio. La Fortezza dei fiorentini a Pisa, la cui realizzazione fu eseguita con la supervisione di Niccol Machiavelli[15]. L'attribuzione della rocca di Ostia fatta da Vasari generalmente ritenuta superata[16].
Giuliano da Sangallo
Note
[1] G. Vasari, Le vite de' pi eccellenti pittori, scultori e architettori,1550 [2] Testimonia tale studio, che fu costante per tutta la sua vita, l'ampio corpus di disegni di Giuliano contenuti nel Codice Barberiniano della Biblioteca Vaticana e nel piccolo Taccuino senese conservato presso la Biblioteca degli intronati a Siena. vd.: Stefano Borsi, Giuliano da Sangallo: i disegni di architettura e dell'antico, 1985 [3] Marcello Scalzo, La misura dell'architettura nei disegni di Giuliano da Sangallo, in "Matematica e architettura. Metodi analitici, metodi geometrici e rappresentazioni in architettura", pag.83, Editore Alinea Editrice, 2001. [4] secondo Vasari, il giovane Giuliano partecip direttamente ad un episodio bellico, organizzando le postazioni ed il fuoco delle artiglierie dalle mura assediate di Castellina: G. Vasari, Op. cit., 1550 [5] Cristina Acidini Luchinat, Storia, arte, fede nelle chiese di Firenze, 2001 [6] Ingeborg Walter, Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, 2005. [7] D. Taddei, Giuliano e Antonio da Sangallo in "Larchitettura militare nellet di Leonardo" Atti del Convegno, 2007, pp. 231-253. [8] Giuseppe Marchini, Giuliano da Sangallo, 1942 [9] M. Rossi, Disegno storico dell'arte lombarda, 2005 [10] Giuseppe Marchini, Op. cit., 1942 [11] L.Castelfranchi Vegas, L'arte del Quattrocento in Italia e in Europa [12] Foster Philip Ellis, La Villa di Lorenzo de' Medici a Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Poggio a Caiano 1992. [13] Luciano Agriesti, Memoria, paesaggio, progetto: le Cascine di Tavola e la Villa medicea di Poggio a Caiano dall'analisi storica all'uso delle risorse, Roma 1982. [14] L.Rotondi Secchi Tarugi, Rapporti e scambi tra umanesimo italiano ed umanesimo europeo, 2001 [15] F.P. Fiore, Le difese fortificate nello Stato della Chiesa in et alessandrina, in "Le rocche alessandrine e la rocca di civita castellana", Atti del convegno, 2003 [16] G. Severini, Architetture militari di Giuliano da Sangallo, Pisa 1970, p. 18,
Bibliografia
Giuseppe Marchini, Giuliano da Sangallo, 1942. Stefano Borsi, Giuliano da Sangallo: i disegni di architettura e dell'antico, 1985. Philip Ellis Foster, La Villa di Lorenzo de' Medici a Poggio a Caiano, 1992, Comune di Poggio a Caiano. Bardazzi Silvestro, La Villa Medicea di Poggio a Caiano, Cassa di risparmi e depositi di Prato, Prato 1981.
Voci correlate
Michelozzo Fortezza di Poggio Imperiale Antonio da Sangallo il Vecchio
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Approfondimenti (http://www.palazzo-medici.it/mediateca/it/Scheda_Giuliano_da_Sangallo)
Biografia
Formazione e prima attivit
Figlio di Francesco Giamberti, gi legnaiuolo e architetto di Cosimo de' Medici, cominci la sua attivit imparando l'arte di famiglia dell'intagliare il legno insieme al fratello Giuliano da Sangallo alla scuola dello scultore Francione la cui bottega era specializzata nell'intaglio del legno e nell'intarsio,[1] ma anche nei lavori di carpenteria dei cosiddetti "maestri d'ascia". Tra i suoi lavori in legno viene ricordato il crocifisso per la basilica della Santissima Annunziata di Firenze eseguito nel 1482, con il fratello. Anche per l'attivit di architetto inizi collaborando, prima con la bottega del Francione e poi con il fratello maggiore Giuliano. Nel 1482 prese parte, insieme al La Fortezza Vecchia di Livorno maestro Francione, alla riattazione della fortificazione di Sarzana, iniziando ad operare in un settore, quello della "fortificazione alla moderna", che segner tutta la sua carriera e di cui, insieme con il fratello, sar considerato tra i maggiori specialisti, ed uno dei pi importanti innovatori. Infatti i due Sangallo furono impegnati sulla fine del secolo, in numerose opere di fortificazione decise dai Medici per rafforzare le difese territoriali di Firenze.[2] La personalit che generalmente si ritiene pi importante tra i due quella del pi famoso Giuliano, tuttavia per le opere di architettura militare difficile distinguere gli apporti di Giuliano rispetto a quelli di Antonio, anche se una diffusa consuetudine attribuisce il disegno a Giuliano e la realizzazione ad Antonio, che invece oper anche autonomamente, complet, dopo la morte di Giuliano nel 1516, le opere iniziate insieme ed anche in seguito lasci opere importanti come la Fortezza Vecchia di Livorno o le opere di difesa per lassedio di Firenze del 1529.[3] Nel 1488, con Giuliano, partecip al rinnovamento del Coro ligneo della basilica di San Pietro a Perugia.
San Biagio a Montepulciano
Al servizio di Alessandro VI
Nell'ultimo decennio del XV secolo Antonio si spost a Roma, prima al seguito del fratello, poi cominciando ad operare autonomamente. Nel 1490, collabor alla realizzazione del Chiostro di San Pietro in Vincoli a Roma. Nel 1492, sempre a Roma, sotto papa Alessandro VI Borgia, gli venne affidata la risistemazione della fortificazione di Castel Sant'Angelo. A questo scopo Antonio rafforz le strutture, costru ai quattro angoli altrettanti baluardi poligonali che vennero ad inglobare le preesistenti torri rotonde, e realizz un torrione circolare, con funzione di rivellino, alla testata del ponte, poi distrutta da papa Urbano VIII. Inoltre scav un fossato intorno all'intero perimetro dell'edificio demolendo i preesistenti corpi di fabbrica circostanti per sgombrare il campo al tiro delle artiglierie della fortezza. Dal 1499 al 1503, sempre per il papa Borgia, si occup della rocca di Nepi e della massiccia fortificazione di Civita Castellana, pentagonale, con quattro bastioni e un torrione, una delle pi significative della sua attivit. Nel 1496, si dedic anche alla costruzione della Fortezza Medicea di Poggio Imperiale a Poggibonsi voluta da Lorenzo de' Medici e disegnata, probabilmente, da suo fratello Giuliano che non se ne poteva occupare. Nel 1501, ancora per la famiglia Borgia e pi precisamente per il figlio di Alessandro VI, Cesare, diede inizio alla costruzione della Fortezza a difesa del borgo medievale di Nettuno, quadrangolare con piccoli baluardi ad "orecchione" arrotondato, forse basato su progetti messigli a disposizione dal fratello Giuliano, ma che Antonio rielabor magistralmente, realizzando un'opera miliare nella storia dell'architettura militare.
Castel Sant'Angelo nel XVII secolo con i bassi bastioni
La prima importante realizzazione sacra risale anch'essa al 1495, quando il Giamberti realizz la chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli a Roma, da alcuni attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane, ed in seguito alterata, ma i cui progetti depositati presso gli Uffizi permettono di ricostruire l'originalit dell'opera di Antonio, che immagin una chiesa ad aula precorrendo il classicismo cinquecentesco.
Ritorno in Toscana
I contatti e le occasioni lavorative a Firenze non si erano interrotte completamente e cos nel 1503 Antonio da Sangallo ritorn definitivamente in Toscana. Prest la propria opera di progettista di fortificazione per le autorit fiorentine che continuavano il disegno complessivo di rafforzare i confini territoriali: progett tra l'altro, la Fortezza di Castrocaro (dal 1504), la Fortezza Medicea di Arezzo (dal 1506), la Fortezza Vecchia di Livorno (dal 1519). A queste seguono la Rocca di Montefiascone, i lavori di fortificazione della Val d'Ambra ed il restauro del Castello di Ripafratta. Nel 1508 venne nominato anche capomastro del Duomo di Firenze e architetto del Comune compiendo nel 1512 un sopralluogo completo a tutte le fortificazioni del territorio. Dopo un nuovo viaggio a Roma, nel 1515 cura alcuni allestimenti effimeri per l'arrivo a Firenze di Leone X. Progetto anche la chiesa della Santissima Annunziata ad Arezzo.
La Fortezza di Nettuno
A Montepulciano
Tuttavia, nonostante la sua specializzazione, il capolavoro di Antonio Giamberti costituito dalla chiesa di San Biagio presso Montepulciano (1516-1518) che rappresenta una delle pi interessanti espressioni dell'architettura rinascimentale. Nella realizzazione di questo gioiello Antonio si richiama alla basilica di San Pietro disegnata dal Bramante, utilizzando la pianta a croce greca con cupola centrale e due torri (di cui solo una realizzata per intero) tra i bracci della croce. A differenza dell'opera bramantesca, per, San Biagio "non un organismo di corpi curvi, ma un incastro di volumi squadrati" (Giulio Carlo Argan). A Montepulciano, dove, dal 1518, stabil il centro della propria attivit, il Sangallo progett forse anche il Palazzo Nobili-Tarugi sulla piazza Grande, anche se studi recenti attribuiscono tale palazzo al Vignola. Sono invece attribuiti a lui con maggiore certezza il Palazzo Dal Monte (oggi Palazzo Contucci) e il Palazzo Cocconi, dove l'architetto si ispir alle forme del classicismo contemporaneo. Suo anche il Pozzo dei Grifi e dei Leoni nella Piazza Grande di Montepulciano (1520) Sempre in Toscana realizz opere di particolare pregio come il Palazzo del cardinale Del Monte a Monte San Savino e la chiesa dell'Annunziata ad Arezzo. Sulla base di suoi disegni fu trasformata la chiesa di Sant'Agostino a Colle Val d'Elsa.
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Opere principali
Fortificazione di Castel Sant'Angelo in Roma a partire dal 1495.[5] Forte Sangallo a Civita Castellana, rappresenta un momento importante nella carriera del Sangallo e rappresenta uno dei suoi capolavori. L'architetto documentato in cantiere dal 1499 fino alla morte del papa nel 1503 con numerosi collaboratori. Altri lavori verranno compiti sotto il papato di Giulo II. In essa vengono applicate le pi moderne concezioni della fortificazione alla moderna, con un perimetro pentagonale, bastioni rientranti e con il vertice arrotondato, assenza di beccatelli in aggetto per la difesa piombante. La rocca ha comunque anche funzioni rappresentative e residenziali, contenendo all'interno lappartamento del papa ed un cortile con un doppio ordine di paraste doriche e ioniche che inquadrano archi e che rappresenta uno dei primissimi esempi di questa soluzione tipica del primo cinquecento e ripresa dell'architettura romana.[6] Rinnovo della Rocca di Nepi (1499-1504). Fortezza di Sansepolcro (dal 1500). Da alcuni attribuita a Giuliano. Forte Sangallo (Nettuno) (1501-1503). Il cui progetto, seppure in mancanza di una chiara documentazione, attribuito ad Antonio anche se non mancano dubbi ed stato fatto anche il nome di Giuliano.[7] Fortezza di Castrocaro dal 1504. Posta su un colle dominante una valle di comunicazione tra Romagna e Toscana, fu realizzata ristrutturando preesistenze medievali ed costituita da un complesso in mattoni costituito da tre perimetri murari con un originale mastio poligonale, bastioni circolari e varie soluzioni innovative per quanto riguarda il posizionamento delle "troniere" coperte a volta, con grosse artiglierie. Fortezza Medicea di Arezzo (dal 1502), attribuita da Vasari a Giuliano, ma generalmente attribuita ad Antonio. Loggiato dei Servi, in Piazza Santissima Annunziata a Firenze. Rocca di Montefiascone. Fortezza Vecchia di Livorno. Chiesa di San Biagio (Montepulciano). Palazzo Nobili-Tarugi a Montepulciano (attribuzione incerta). Palazzo Del Monte a Monte San Savino. Chiesa di Sant'Agostino (Colle Val d'Elsa). Rinnovo della Fortezza di Ripafratta (o Lipafratta), il cui progetto da alcuni attribuito al fratello. Lavori di ristrutturazione alla Fortezza di Verruca (1509), con realizzazione di due bastioni poligonali.
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Note
[1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] Giorgio Vasari, Le vite de' pi eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, 1568 D. Taddei, Giuliano e Antonio da Sangallo in "Larchitettura militare nellet di Leonardo" Atti del Convegno, 2007, pp. 231-253. D. Taddei, Op. cit. in "Larchitettura militare nellet di Leonardo" Atti del Convegno, 2007, pp. 231-253. P. Zampa, Antonio da Sangallo: l'impiego del fregio storico nei disegni e nell'opera, in "Annali di architettura", n.15, 2003 M. Chiab, M. Gargano (a cura di), Le Rocche alessandrine e la rocca di Civita Castellana, 2003. M. Chiab, M. Gargano (a cura di), Op. cit., 2003. M. Chiab, M. Gargano (a cura di), Op. cit., 2003.
Bibliografia
Giorgio Vasari, Le vite, Roma, Newton Compton Editori, 1991. Castelli d'Italia, Ed. Touring Club Italiano, 1995. Gian Maria Tabarelli, Castelli Rocche e Mura d'Italia, Busto Arsizio, Bramante, 1983. Giulio Carlo Argan, Storia dell'Arte Italiana, Firenze, Sansoni, 1968. GDE XVIII Salt-Sos, Utet, 1990 quarta edizione
Voci correlate
Fortificazione alla moderna Architettura rinascimentale Antonio da Sangallo il Giovane
Biografia
Nel 1503, molto giovane, si rec a Roma con lo zio Giuliano e dopo un breve periodo di apprendistato divenne aiuto di Bramante, architetto del cantiere di san Pietro, del cui stile fu in seguito uno stretto seguace. Il suo primo lavoro autonomo fu quello per il palazzo Baldassini.
Visse e lavor a Roma durante la maggior parte della vita e lavor quasi esclusivamente al servizio di diversi papi. Infatti alla morte del Bramante, succedendo allo zio Giuliano, dal 1516 fu coadiutore di Raffaello al cantiere della Basilica di San Pietro e nel 1520, alla morte di questi, fu nominato primo architetto della fabbrica, con coadiutore Baldassarre Peruzzi: fu l'inizio di un lungo predominio culturale a Roma.[2] Fu nominato da papa Paolo III architetto
Antonio da Sangallo il Giovane di tutte le fabbriche pontificie nel 1536. Quindi alla fine degli anni trenta, morti Bramante, Raffaello e Peruzzi, allontanati da Roma molti artisti come Serlio, Sansovino, Sanmicheli, Giulio Romano, anche a seguito del sacco del 1527, Sangallo si ritrov protagonista assoluto dell'architettura romana, a capo di una bottega o addirittura di una "setta" come i contemporanei definirono gli artisti del suo seguito[3], capofila di una generazione in cui si assopirono le sperimentazioni e si impose un classicismo ormai collaudato. Mor a Terni mentre dirigeva i lavori di ristrutturazione del taglio del lago del Velino con la Cascata delle Marmore nel 1546. Fra le opere pi interessanti va annoverata la chiesa, in mattone e travertino, di Santa Maria di Loreto, nei pressi della Colonna Traiana: costruzione notevole per l'effetto monumentale della composizione accentrata, completata sopra il basamento cubizzante da un imponente tamburo a pianta ottagonale su cui si leva una cupola nervata coronata da una elaboratissima lanterna, singolare opera tardomanieristica del siciliano Giacomo Del Duca, allievo del rivale Michelangelo.
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Antonio inoltre complet la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini alta e ben progettata, che era stata iniziata da Jacopo Sansovino. L'estremit orientale di questa chiesa si innalza maestosa dalla riva del Tevere, vicino a Ponte Sant'Angelo; l'estremit occidentale stata alterata con l'aggiunta di una facciata successiva, ma l'interno un bell'esempio di stile nobilmente austero in qualche modo semplice. La costruzione di questa chiesa rivelava grande abilit, in quanto l'edificio poggia in parte sulla solida terra della riva ed in parte sulla sabbia pi instabile delle rive del fiume. Antonio inoltre edific la Cappella Paolina, la Sala Regia dei Palazzi Vaticani ed altre costruzioni in Vaticano. Come architetto di tutte le fabbriche pontificie nel 1536, ampli e riorganizz le fortificazioni della Citt Leonina e provvide alla modernizzazione delle Mura Aureliane; ancora visibile, sopra Porta Cavalleggeri, un "Bastione Sangallo", mentre un altro esempio di questa architettura militare - pi fruibile perch meno assediato dal traffico e isolato da altre costruzioni - il Bastione Ardeatino, detto anch'esso "Bastione Sangallo", recentemente restaurato. Dopo il sacco di Roma, Antonio lavor come architetto militare anche fuori Roma, operando con genialit sul paesaggio urbano italiano. Sue sono infatti tre poderosi esempi di fortificazioni "alla moderna", ossia con fronte bastionato: la Cittadella di Ancona, con cinque bastioni, la Rocca Paolina di Perugia, la Fortezza da Basso di Firenze. Queste opere ancor oggi sono fulcri urbanistici fondamentali delle citt in cui sorgono. Nelle tre fortezze Antonio elabora un'importante innovazione al fronte bastionato: contrariamente al disegno tradizionale, i fianchi del bastione sono perpendicolari alle linee di tiro.
Progetto di vasto respiro fu quello per la dimora principesca per la famiglia del pontefice regnante Paolo III: Palazzo Farnese. Di quest'opera, completata da Michelangelo nella parte superiore, un'ammirevole ripresa di motivi imperiali romani il sistema compositivo del vasto cortile interno, ispirato al motivo delle arcate su pilastri inquadrate dall'ordine architettonico del Colosseo. I prospetti esterni a tre livelli (conclusi dal sontuoso cornicione michelangiolesco) sono elaborati con nobile austerit dalle membrature in travertino sui piani levigati delle cortine murarie alla romana (sulle quali sono riemersi di recente convenzionali geometrismi ornamentali di losanghe
Antonio da Sangallo il Giovane disegnate semplicemente da mattoni di tono differente da quello di fondo): catene di bugne con lesene sui due ordini superiori, fascioni lapidei marcapiano-marcadavanzali con lastre dei parapetti in risalto, finestre ferrate inginocchiate al pianterreno, a edicola le altre. un'opera nello stesso tempo sobria, elegante e serena. Esiste ancora, inoltre il palazzo in via Giulia che l'architetto costru per s stesso, oggi noto come Palazzo Sacchetti, molto alterato, tuttavia, in epoche successive, particolarmente severo nell'immagine esteriore. Antonio inoltre costru il pozzo di San Patrizio a Orvieto, molto profondo ed ingegnosamente scavato nella roccia, con una doppia scala a spirale, come il Pozzo del Saladino nella cittadella de Il Cairo.
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Opere principali
Le opere sono riportate in ordine cronologico. Chiesa di Santa Maria di Loreto a Roma (1507) Palazzo Farnese a Roma (1512) Il palazzo fu compiuto, dopo la sua morte, da Michelangelo Palazzo Spada a Terni Rocca di Caprarola (1515), poi trasformata dal Vignola in palazzo Farnese Palazzo Baldassini a Roma (1510-1515) Forte di Civitavecchia (1515) Villa Madama a Roma (dal 1518) Chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli a Roma (dal 1518) Mura bastionate a merli curvi binati di Loreto (1518-22) Palazzo del Banco di Santo Spirito (ca. 1520) Pozzo di San Patrizio ad Orvieto (1527-1537) Cittadella di Ancona (1532) Fortezza da Basso a Firenze (1534) Chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma 1538-1545 Forte Malatesta ad Ascoli Piceno, (1540-1543) Rocca Paolina di Perugia (1540) Cappella Paolina in Vaticano (1534-1540) Palazzo Sacchetti a Roma (dal 1542) Si ricorda inoltre che Antonio da Sangallo il giovane fu architetto capo della Basilica di San Pietro in Vaticano dal 1520 in poi, subentrando a Raffaello. Nell'ambito di Palazzo Farnese a Roma tale incarico esegu nel 1536 un noto plastico ligneo, di proporzioni grandiose, per illustrare il suo progetto per la basilica vaticana; ancor oggi il plastico conservato nei locali sovrastanti la basilica.
Progetto per la Basilica di San Pietro in Vaticano
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Altre opere
Scavo della cava Paolina in localit Marmore sul fiume Velino. Opera di ingegneria idraulica iniziata nel 1545 e completata nel 1547 dopo la morte di Sangallo Palazzo Farnese a Gradoli in provincia di Viterbo Chiesa di Santa Maria Portae Paradisi (Roma) Chiesa di Santo Egidio (Cellere - VT) Castello di Montalera (Panicale - PG) Palazzo Crispo Marsciano (Orvieto - TR) Palazzo Azzolino (Fermo) Palazzo Piacentini (Collevecchio - RI) Palazzo Cervini (Montepulciano - SI)
Note
[1] S. BENEDETTI, Fuori dal classicismo [2] Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la citt, 2003. [3] Arnaldo Bruschi, Oltre il Rinascimento: archittura, citt, territorio nel secondo Cinquecento, 2000.
Bibliografia
Giorgio Vasari, Vita d'Antonio da Sangallo Architettore Fiorentino, in Delle vite de' pi eccellenti Pittori Scultori et Architettori scritte da M. Giorgio Vasari Pittore et Architetto Aretino. Primo Volume della Terza Parte, In Fiorenza, Appresso i Giunti, 1568 (I ed. ivi 1550), pp. 313-323 (ritratto a p. 312). Testo dall'originale su books.google.it (http://books.google.it/books?id=vtuqslm9HisC&pg=PT165&dq=Vasari+"Antonio+da+ Sangallo"&as_brr=1&ei=TcRbSZGCKaTmyATQ7-GgCg#PPT165,M1) Gustave Clausse, Les San Gallo: architectes, peintres, sculpteurs, medailleurs XVe et XVIe sicles, vol. 2, Antonio da san Gallo le Jeune, Paris, E. Leroux, 1901. Gustavo Giovannoni, Antonio da sangallo il Giovane, a cura del Centro Studi di Storia dell'Architettura e della Facolt di Architettura dell'Universit di Roma, Roma, Tipografia Regionale, s.a. [1959], 2 voll.
Antonio da Sangallo il Giovane Antonio da Sangallo il Giovane: la vita e l'opera, Atti del XXII Congresso di Storia dell'Architettura, Roma, 19-21 febbraio 1986, a cura di Gianfranco Spagnesi, Roma, Centro Studi per la Storia dell'Architettura, 1986. The architectural drawings of Antonio da Sangallo the Younger and his circle, a cura di Christoph L. Frommel e Nicholas Adams, New York, The Architectural History Foundation, Cambridge (Mass.), The MIT Press, 1994, 2 voll. Roberto Marta, Antonio da Sangallo il Giovane: architetto, urbanista, archeologo, ingegnere, Roma, Edizioni Kappa, 2007. Giulio Zavatta, 1526 : Antonio da Sangallo il Giovane in Romagna ; rilievi di fortificazioni e monumenti antichi romagnoli di Antonio da Sangallo il Giovane e della sua cerchia al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Imola, Angelini Editore, 2008.
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Voci correlate
Antonio Labacco Architettura rinascimentale
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Collegamenti esterni
Il bastione del Sangallo a Porta Ardeatina, a Roma (http://www.comune.roma.it/was/wps/portal/!ut/p/_s. 7_0_A/7_0_21L?menuPage=/&targetPage=/Homepage/Ultime_Notizie_Homepage/info1670544779.jsp)
Giuliano da Maiano
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Giuliano da Maiano
Giuliano da Maiano (Maiano, 1432 Napoli, 1490) stato uno scultore, architetto e intarsiatore italiano, fratello maggiore di Benedetto da Maiano.
Biografia
Nato a Maiano, vicino Fiesole, dove suo padre aveva una bottega da scalpellino, Giuliano venne educato dapprima come scultore e successivamente da architetto. La sua formazione avvenne, insieme al fratello, nella bottega di Francione, intagliatore, intarsiatore ed architetto militare. Come architetto inoltre sub l'influenza delle opere di Brunelleschi. Il suo primo incarico fu quello di decorare la sagrestia del Duomo di Firenze insieme al fratello, inoltre a Firenze realizz delle sculture e delle decorazioni a Palazzo Vecchio, Palazzo Pazzi e Palazzo Antinori. Nel 1480 fin il tabernacolo del Duomo di Prato sempre in collaborazione col fratello, e realizz nel corso della sua vita numorose opere architettoniche e scultoree a San Gimignano, Roma, Loreto, Siena, Faenza e Recanati. Fu il progettista anche di opere di fortificazione come la Rocca di Montepoggiolo, costruita tra il 1482 e il 1490, con pianta a losanga ed un grande bastione rotondo su uno degli spigoli.[1] Oltre Firenze, Giuliano lavor per molto tempo a Napoli per volont degli Aragonesi: eresse una villa per il Duca di Calabria, il futuro Alfonso II d'Aragona a Poggioreale in classico stile rinascimentale, a pianta quadrata con cortile ed era Palazzo Antinori, progettato da Giuliano scandita da colonne e lesene corinzie, ma oggi da Maiano della villa non ci sono pi tracce, salvo la denominazione Poggioreale della localit. Altre opere nella capitale del Regno furono la realizzazione di Porta Capuana e di Porta Nolana, la Cappella Tolosa nella chiesa di Sant'Anna dei Lombardi, l'attribuzione del Palazzo Como e probabilmente l'Arco di Trionfo al Castel Nuovo (da alcuni invece riferito alla produzione di Luciano Laurana). Mori a Napoli nel 1490, al suo funerale il re Alfonso II di Napoli mand cinquanta uomini vestiti di nero ad assistere alle esequie.
Giuliano da Maiano Tra i suoi discepoli ci furono i pittori e architetti fiorentini Pietro e Ippolito del Donzello che compirono le fabbriche lasciate incompiute a Napoli del loro maestro.
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Note
[1] D. Taddei, Giuliano e Antonio da Sangallo in "Larchitettura militare nellet di Leonardo" Atti del Convegno, 2007, pp. 231-253.
Voci correlate
Arte del Rinascimento Architettura rinascimentale Le vite de' pi eccellenti pittori, scultori e architettori
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Jacopo Sansovino
Jacopo Sansovino al secolo Jacopo Tatti detto il Sansovino (Firenze, 2 luglio 1486 Venezia, 27 novembre 1570) stato un architetto e scultore italiano. Fu il Proto (massimo architetto) della Repubblica di Venezia dal 1529 fino alla morte.
Biografia
Firenze e Roma 1486-1527
Inizi il suo apprendistato artistico nella bottega di Andrea Contucci, detto Il Sansovino, dal quale eredit anche il soprannome, verso il 1506 a Roma, accompagnato da Giuliano da Sangallo il Giovane; le se sue Jacopo Sansovino prime opere autonome e autografe sono documentate solo a partire dal successivo rientro a Firenze, dal 1511 al 1518, menstre assai probabile l'esecuzione da parte sua dell'ultima delle sculture (verso sinistra) nel coro di Santa Maria del Popolo, dove Andrea Sansovino stava lavorando ai 2 monumenti funebri Ascanio Sforza e Girolamo della Rovere sotto la direzione di Donato Bramante. Per esempio il Bacco al Bargello, commissionato da Giovanni Bartolini, che di poco posteriore all'analogo Bacco di Michelangelo, dal quale si discosta per volontariamente per via della diversissima personalit dello scultore, con una diversa impostazione espressiva pi vicina all'arte classica. Seguono altre opere legate allo stile del suo maestro Andrea come il San Jacopo Apostolo (1511, Duomo di Firenze) o il San Jacopo di Compostela (1518, chiesa di Santa Maria di Monserrato, Roma), seppur con qualche dettaglio che rivela di nuovo un'influenza michelangiolesca, come la torsione delle figure. Sempre a Firenze partecip al concorso per la realizzazione del Mercato Nuovo senza vincerlo. Migliore esito ebbe invece il concorso per la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma, bandito da Leone X nel 1514, al quale parteciparono anche Raffaello, Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi. Il suo progetto fu scelto, ma in seguito a difficolt tecniche, abbandon il cantiere poco dopo l'inizio delegando Antonio da Sangallo.
Jacopo Sansovino Nel 1515 partecipa al concorso per la facciata della basilica di San Lorenzo a Firenze, dove viene in contatto diretto con Michelangelo, che vinse il concorso anche se l'opera resta tutt'oggi incompiuta, dal quale attinse irrobustendo i volumi delle sue successive opere architettoniche, con maggiori effetti di chiaroscuro dato dal contrasto tra spazi pieni e vuoti. Il suo secondo periodo romano (1516-1527) caratterizzato da uno sviluppo del suo stile verso una maggiore grandiosit, come nella Madonna del Parto nella basilica di Sant'Agostino (1521), il Sant'Antonio oggi per San Petronio a Bologna e i monumenti funebri al Cardinale Sant'Angelo e a Antonio Urso nella chiesa di San Marcello al Corso, insieme a Andrea Sansovino, e quello al Cardinale Quignone in Santa Croce in Gerusalemme, indipendentemente. Come architetto ristruttur le cappelle (e forse anche altri elementi architettonici) nella gi citata San Marcello al Corso, che era stata distrutta da un incendio nel 1519 e venne terminata in gran parte nel 1527, e cre il Palazzo Lante, che segna la prima opera dove il suo stile derivato dalla scansione degli spazi di Bramante, inizia ad essere evidente.
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Venezia 1527-1570
Fugg da Roma in seguito al Sacco del 1527, riparando a Venezia, dove avrebbe voluto solo passare in direzione della Francia. Fu invece trattenuto in citt dopo essere stato presentato al doge Andrea Gritti dal cardinale Grimani, dopo aver ricevuto un'immediata commissione per il restauro delle cupole della basilica di San Marco. A Venezia si stabil definitivamente e lasci la citt lagunare solo per un viaggio nella sua citt natale nel 1540. Come premessa dell'architettura del Sansovino, si deve ricordare che la citt di Venezia grazie alla sua particolare politica e alla sua posizione geografica, La loggetta del Campanile di San Marco, Venezia presenta delle caratteristiche degli edifici diverse rispetto alle altre grandi citt dell'epoca. Il sorgere dei palazzi non stato influenzato da strutture belliche, come bastioni o fortezze, cos da permettere ad artisti come il Sansovino di lavorare alla realizzazione o alla costruzione di edifici pensando esclusivamente all'aspetto estetico. Fu il primo architetto nella citt dei canali ad introdurre lo stile monumentale del rinascimento maturo, sebbene adattato alle caratteristiche architettoniche della citt, fino ad allora dominata dallo stile ornato e minuzioso di Codussi e dei Lombardo. Partecip probabilmente alla ricostruzione delle Procuratie Vecchie, nella fase conclusiva dei lavori, e da questo intervento prese forma il progetto di ristrutturazione completa di Piazza San Marco, comprendente l'edificazione della Libreria di San Marco (fino al 1546), della Loggia del Campanile (1537-1540 per la quale scolp anche i rilievi e le statue nelle nicchie), e infine delle Procuratie nuove, costruzione cui attesero, a causa della sua morte, Vincenzo Scamozzi e Baldassare Longhena, il primo dei quali modific l'originale progetto del Tatti, aggiungendo all'edificio un ulteriore piano, e dunque innalzandolo rispetto alla Libreria Marciana. Sansovino fu nominato Proto della Repubblica, cio massimo architetto, nel 1529, prestigiosa carica che mantenne fino alla morte. All'epoca della ristrutturazione della piazza il Sansovino era stato anche autore della chiesa di San Geminiano, capolavoro distrutto per volont di Napoleone, che vi fece costruire l'attuale Ala Napoleonica. Un'altra opera distrutta in seguito alle soppressioni napoleoniche la chiesa di Santo Spirito sull'isola omonima della Laguna, di cui oggi rimangono solo parti dei muri perimetrali. Altre opere veneziane sono l'interno della Chiesa di Santa Maria della Misericordia, la Zecca (1536-1540), il Palazzo Corner sul Canal Grande (dal 1537), la chiesa di San Francesco alla Vigna (1534, poi completata dal Palladio), la
Jacopo Sansovino Tribuna del Duomo (1538), la chiesa di San Martino (1540), l'altare dell'Assunta di Tiziano nel Duomo di Verona (1543), la Scala d'oro nel Palazzo Ducale (1554). In terraferma un'opera di notevole importanza Villa Garzoni a Pontecasale di Candiana, nella bassa padovana. Per quanto riguarda la sua attivit di scultore a Venezia, numerose furono le commissione per marmi e bronzi, come la Madonna con Bambino per l'Arsenale di Venezia (1534), il Miracolo del fanciullo Parrasio e la Guarigione della giovane Carilla per la Basilica di Sant'Antonio da Padova (1535-36), le sculture, la cancellata del presbiterio e la porta bronzea della Sacrestia di San Marco (1537-1546), il Battista per la chiesa dei Frari (1540-1550). Grazie all'amicizia con Pietro Aretino e Tiziano fu ammesso nel patriziato veneziano. Alla sua morte fu celebrato come uno dei pi notevoli e influenti architetti della Repubblica. Gli succedette alla carica di Proto Andrea Palladio, che inoltre nel 1549 realizz, su progetto di Sansovino, la copertura superiore di Palazzo della Loggia a Brescia. Le sue ceneri sono ora conservate nel Battistero della Basilica di San Marco. Suo figlio Francesco Sansovino fu un importante letterato e critico d'arte.
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Bibliografia
Utet, Enciclopedia, 1954.
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Bartolomeo Ammannati
Bartolomeo Ammannati (Settignano, 18 giugno 1511 Firenze, 13 aprile 1592) stato uno scultore e architetto italiano.
Biografia
Nato a Settignano (Firenze) nel 1511, formatosi a Firenze con Baccio Bandinelli, intorno al 1530 si rec a Venezia, dove collabor con Jacopo Sansovino alla decorazione della Libreria di San Marco (1537). Nel 1550 spos la poetessa Laura Battiferri e si trasfer a Roma ove tra l'altro esegu in San Pietro in Montorio la statuaria della cappella di Antonio e Fabiano del Monte, il cui disegno architettonico dato a Vasari.
Con lo stesso Vasari e per papa Giulio III del Monte lavor poi al ninfeo di Villa Giulia, costruendo fontane e grotte a tre livelli che costituiscono l'elemento "sorpresa" del cortile, secondo un gusto tipico del Manierismo. Ritornato a Firenze nel 1555, venne pi tardi nominato artista ufficiale della corte di Cosimo I de' Medici contribuendo alla vivace stagione artistica sviluppata intorno alla corte medicea e finalizzata alla celebrazione del potere di Cosimo I. Da quell'anno pose mano
Bartolomeo Ammannati
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alla "bella fantasia" (Michelangelo) della fontana di Giunone per Sala Grande, poi salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, che non fu mai posta in opera nel luogo per cui fu disegnata, nel frattempo rialzato di circa 7 metri da Vasari. La fonte, in un primo tempo portata nel Parco di Pratolino, quindi nel Giardino di Boboli prima di essere smembrata, stata da ultimo raccolta nel Bargello ove, in occasione della mostra del Cinquecentenario di Ammannati, stata ora riunita e resa di nuovo leggibile nella sua interezza attraverso una attenta ricostruzione basata su studi storico-artistici verificati dalle nuove tecnologie laser-scanner 3d. Avendo Michelangelo lasciata Firenze nel 1534 e fino alla morte (1564), Ammannati (in parallelo con Vasari, che complet la Sacrestia Nuova), fu chiamato a lavorare al cantiere michelangiolesco della Biblioteca Laurenziana, che complet grazie ad un fitto dialogo con Michelangelo e con la committenza. Nel 1559 auspice Eleonora di Toledo Bartolomeo vinse il concorso per la fontana del Nettuno in Collegio Romano piazza della Signoria, e scolp quindi anche il gigante (cosiddetto "Biancone") che la sormonta, terzo in ordine cronologico tra i giganti ammannatiani, dopo quello (perduto) per la Marciana a Venezia e quello per il giardino di Marco Mantova Benavides, a Padova. Nel 1563 Cosimo I de' Medici fond l'Accademia e Compagnia dell'Arte del Disegno di cui Ammannati fu eletto membro. E fu sempre Cosimo I a commissionargli lavori di ampliamento di Palazzo Pitti di cui disegn la vasta corte con ordine tripartito e l'ampliamento dei giardini retrostanti. Artista fra i pi notevoli e inquieti del secolo, Ammannati fu un tipico interprete dell'intellettualismo manieristico e dell'amore per la "bella maniera" italiana, anche se, da ultimo, giunse a condannare egli stesso queste posizioni sulla base di pressanti istanze religiose e moralistiche.[1] Sua opera romana tarda la realizzazione del Collegio Romano per la Compagnia di Ges, cui Ammannati si era spiritualmente legato. sepolto nella chiesa di San Giovannino degli Scolopi a Firenze. Talvolta criticato in vita, anche aspramente, non piaceva di lui il suo anti-classicismo. Benvenuto Cellini, nella Vita, lo descrisse come il degno seguace dell'odiato Baccio Bandinelli. Oggi la sua opera di scultore, che fonde elementi di Michelangelo con dolcezze di matrice veneta, stata rivalutata ed ormai considerato come uno degli artisti pi importanti del manierismo toscano. La produzione architettonica di Ammannati, notevolissima per qualit ed impegno, tuttora oggetto di studio prevalentemente per addetti.
Altre immagini
Bartolomeo Ammannati
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Note
[1] Si veda al riguardo la sua Lettera agli Accademici del 22 agosto 1582 ( www.memofonte.it (http:/ / www. memofonte. it/ home/ files/ pdf/ scritti_ammannati. pdf))
Bibliografia
Apparati della Vita di Benvenuto Cellini, edizione a cura di Ettore Camesasca, Classici Bur, Milano 2007, prima edizione 1985. ISBN 978-88-17-16532-7
Voci correlate
Architettura manierista Accademia delle arti del disegno Palazzo Borromeo Villa Giulia
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Collegamenti esterni
Gallerie delle opere su Thais (http://www.thais.it/scultura/ammannat.htm) Gallerie delle opere su WGA (http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/a/ammanati/index.html) Gallerie delle opere su La Scultura Italiana (http://www.scultura-italiana.com/Biografie/Ammannati.htm) Dizionario biografico Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/bartolomeo-ammannati/) Recensione della mostra L'acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore (http://mostreemusei.sns. it/index.php?page=_layout_mostra&id=880&lang=it) (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 11 maggio - 18 settembre 2011) il video ufficiale del Polo Museale Fiorentino per la mostra L'acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore (http://www.youtube.com/watch?v=L_iYCB8sXIU&feature=endscreen&NR=1) (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 11 maggio - 18 settembre 2011) un video dalla mostra L'acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore (http://www.youtube.com/ watch?v=_3qCLbuNGuw) (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 11 maggio - 18 settembre 2011)
Giorgio Vasari
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Giorgio Vasari
Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 Firenze, 27 giugno 1574) stato un pittore, architetto e storico dell'arte italiano. Fu fortemente influenzato da Michelangelo e da Andrea del Sarto. La sua formazione artistica fu composita, basata sul primo manierismo, su Michelangelo, su Raffaello e sulla cultura veneta. Come architetto fu la figura chiave delle iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, contribuendo, grazie anche alla protezione di Sforza Almeni, a grandi cantieri a Firenze e in Toscana, tra cui spiccano la costruzione degli Uffizi, la ristrutturazione di Palazzo Vecchio e molto altro.
Le Vite
La fama maggiore del Vasari oggi legata al trattato delle Vite de' pi eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568. L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto di partenza tutt'oggi imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei pi di 160 artisti descritti. La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al granduca Cosimo I de' Medici, includeva un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu in parte riscritto e arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici. La prima edizione si presentava pi corposa e pi artistica della seconda edizione giuntina. Quest'ultima, con l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta pi piatta, ma anche quella che ha riscosso pi successo e diffusione, con le sue 18 edizioni italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da Cimabue in poi, sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dal buio del Medioevo, talvolta esponendo idee per partito preso. Si pu comunque dire che Vasari con quest'opera stato l'iniziatore della critica artistica e molti artisti toscani devono la loro celebrit internazionale all'opera di valorizzazione e divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole, seppur altrettanto importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura
Giorgio Vasari dell'Italia settentrionale del Quattro e Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al pubblico non specializzato. Come primo storico dell'arte italiana inizi il genere, tuttora in voga, dell'enciclopedia di biografie artistiche. Vasari coni il termine "Rinascita", sebbene una consapevolezza del fenomeno artistico che stava avvenendo era gi nell'aria sin dai tempi di Leon Battista Alberti.
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Pittore
Come pittore la sua formazione inizi ad Arezzo nella bottega di Guglielmo di Marcillat, pittore di vetrate francese di buon talento, in seguito, grazie al cardinale Silvio Passerini, forse intorno al 1524, si trasfer giovanissimo a Firenze, dove ebbe modo di frequentare Michelangelo e in seguito Andrea del Sarto e Baccio Bandinelli, che gli fornirono strumenti essenziali, quali la perizia disegnativa e la capacit di composizione prospettica. Le esperienze si arricchirono per il giovane artista, frequentando il Rosso Fiorentino ad Arezzo e a Firenze con Francesco Salviati, con il quale cre un sodalizio artistico e col quale fu a Roma nel 1531-1536 per studiare le antichit e le opere di Raffaello e Michelangelo. L'incontro con il Rosso fu fecondo di nuove esperienze pittoriche soprattutto nel colorismo drammatico e nella capacit di composizione che si rivelano nel Cristo portato al Sepolcro del 1532, oggi nella Collezione di Casa Vasari, che dipende dalla Deposizione del Rosso (1528) a S. Sepolcro. Cos ebbe importanza la capacit disegnativa nel fare le figure del Bandinelli e del Salviati. Seppure di qualche capacit inventiva e di grande erudizione, la sua pittura non particolarmente originale o di eccelsa qualit: denota prestezza nel fare (gli venne rimproverata anche da Michelangelo negli affreschi della Sala dei Cento Giorni alla Cancelleria, terminata nel 46), tendenza alla ripetizione di figure, gesti, posizioni, carattere scenografico nelle architetture, complicazione di significati, tendenza pi alla narrazione che all'espressione, ma senza particolare pathos o inventiva. Pu essere considerato fra i maggiori manieristi tosco-romani e in questo ebbe particolare influenza a Venezia, dove si rec nel 1541 per realizzare l'allestimento teatrale della Talanta di Pietro Aretino. In questa attivit di scenografo e architetto teatrale oper intensamente a Firenze dal 1536 al 1565; un'esperienza particolarmente importante che ha tracce nella sua pittura (ad esempio a Roma nella Sala dei Cento Giorni del 1542-46 e nella Sala Regia in Vaticano nel 1572), ma anche in quella dei suoi collaboratori, come Livio Agresti. Fra le sue opere di maggior pregio su tavola va considerata la Cena di S. Gregorio del 1540 nella Pinacoteca Nazionale di Bologna per il Refettorio di S. Michele in Bosco della citt. Caratteristica del suo essere artista il fare cortigiano e imprenditoriale che lo port ad avere grandi commissioni a Firenze, Roma, Napoli, Bologna, Venezia. Fra i suoi collaboratori, molto attivo e di un qualche talento fu Cristofano Gherardi.
Giorgio Vasari
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Architetto
Gli Uffizi
Come in una strada monumentale colonnata di citt ellenistica (sto), la singolare ed aulica piazza oblunga definita da due corpi di fabbrica paralleli porticati e da uno pi piccolo ortogonale in testata, aperto verso l'Arno da un portale a serliana, composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da aperture architravate. L'edificio costruito in pietra di fossato (una roccia, che si estraeva presso Firenze, di maggiore consistenza rispetto alla pietra serena), intonacato nelle parti non in aggetto. Composto da un piano terreno porticato, da un finto mezzanino e da due piani superiori: quello superiore era un loggiato chiuso successivamente. L'edificio modulare, con i blocchi divisi da paraste racchiudenti lo spazio tra tre aperture. Costruito per esigenze amministrative, era anche una parte di un passaggio sopraelevato, detto corridoio Vasariano, che collegava Palazzo Vecchio con Palazzo Pitti, come via di fuga per la famiglia de' Medici. All'interno dell'edificio si trovavano le 13 Magistrature del Granducato di Toscana (i ministeri), da cui il nome Uffizi. Inoltre vi era un teatro, ad uso della famiglia granducale, poi smantellato per essere utilizzato a fine Settecento come spazio espositivo e archivio.
Giorgio Vasari
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Artista dell'effimero
Al pari di non pochi artisti della sua epoca, anche Vasari si occup attivamente di spettacolo, un'attivit molto gradita dal pubblico e piuttosto redditizia, che faceva parte delle comuni commissioni di bottega e che Vasari apprese in quelle di Guglielmo di Marcillat ad Arezzo e di Andrea del Sarto a Firenze. Il suo esordio nel campo dell'effimero precocissimo: a soli 19 anni, a Bologna, nel 1530, in occasione dell'incoronazione di Carlo V, partecipa alla decorazione di un grande arco trionfale progettato da Amico Aspertini. Nel 1536, a Firenze, protetto da Ottaviano de' Medici e ben voluto dal duca, dirige vari apparati urbani in occasione del matrimonio fra Alessandro de' Medici e la figlia di Carlo V. Nel 1541 chiamato a Venezia dal suo compatriota Pietro Aretino per l'allestimento dell'apparato della Talanta, la commedia scritta dallo scrittore per la Compagnia della Calza dei Sempiterni, che la recitarono in un salone della Ca' Gonnella in Cannaregio nel carnevale del 1542. La scenografia allegorica totale, espressa nel linguaggio figurativo manierista tosco-romano, se non ebbe particolari effetti sul tradizionale allestimento festivo veneziano pur suscitando grande ammirazione, forn suggestioni figurative ai giovani Tintoretto, Paolo Veronese e Paris Bordone. Ma solo nel 1565 quando a Firenze, seguendo le indicazioni dell'intellettuale mediceo Raffaello Borghini,che Vasari diventa il regista di una serie di grandi eventi spettacolari in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio fra Francesco I de' Medici e Giovanna d'Austria. In questa occasione, riprendendo l'esperienza veneziana, suggestioni vitruviane e scenografico-prospettiche oramai mature, realizza un grande allestimento nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, costituendo il primo prototipo di teatro da sala che verr poi perfezionato nel Teatro Mediceo degli Uffizi, dal suo allievo Bernardo Buontalenti, al quale lascer in eredit il suo immenso sapere di grande artista dello spettacolo.
Dipinti
Deposizione di Cristo, 1532, olio su tavola, 144 113cm, Arezzo, Casa Vasari. Ritratto di Lorenzo il Magnifico, 1534 circa, olio su tavola, 90 72cm, Firenze, Galleria degli Uffizi. Ritratto di Alessandro de' Medici, 1534 circa, olio su tavola, 157 114cm, Firenze, Galleria degli Uffizi. Cristo in casa di Marta e Maria, 1539-1540, olio su tavola, 404 250,6cm, Bologna, Pinacoteca Nazionale. Deposizione dalla croce, 1540 circa, olio su tela, 311 210cm, Camaldoli, Chiesa dei Santi Donato e Ilariano. Cena di san Gregorio Magno, 1540, olio su tavola, 403 255cm, Bologna, Pinacoteca Nazionale. Allegoria dell'Immacolata Concezione, 1541, olio su tavola, 58 39cm, Firenze, Galleria degli Uffizi. La tentazione di san Gerolamo, 1541 circa, olio su tavola, 169 123cm, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina. Sacra Famiglia con san Francesco, 1542, olio su tela, 184 125cm, Los Angeles, County Museum of Art. La Giustizia, 1542, olio su tela, Venezia, Gallerie dell'Accademia. Allegoria della Giustizia, della Verit e dei Vizi, 1543, olio su tavola, 353 252cm, Napoli, Museo di Capodimonte.
Autoritratto di Giorgio Vasari
Giorgio Vasari Venere e Cupido, 1543 circa, olio su tavola, 131 199cm, Windsor, Royal Collection. Papa Paolo III Farnese dirige la costruzione di San Pietro, 1544 circa, affresco, Roma, Palazzo della Cancelleria. Crocifissione, 1545, olio su tela, Napoli, chiesa di San Giovanni a Carbonara. Resurrezione di Cristo, 1545, olio su tavola, 117 73cm, Napoli, Museo di Capodimonte. Nativit, 1546 circa, olio su tela, Roma, Galleria Borghese. "Adorazione dei Magi", 1547 circa, olio su tavola di pioppo, Rimini, chiesa di San Fortunato. Battesimo di Cristo e predica di S, Giovanni Battista, 1549, olio su tela, 128 190cm, Arezzo, Museo Diocesano. Sacra Famiglia, sant'Anna e san Giovannino, 1546 circa, olio su tela, 82 60,5cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum. Giuditta decapita Oloferne, 1554 circa, olio su tavola, 108 79cm, St. Louis, Art Museum. La toilette di Venere, 1558, olio su tela, Stoccarda, Staatsgalerie. Lapidazione di santo Stefano, 1560 circa, olio su tela, 300 163cm, Citt del Vaticano, Pinacoteca Vaticana. Piet con i Santi Cosimo e Damiano, 1560, olio su tela, Poggio a Caiano, cappella della Villa medicea. L'incoronazione della Vergine, 1563 circa, olio su tavola Citt di Castello, Chiesa di San Francesco Salone dei Cinquecento, 1565, affreschi, Firenze, Palazzo Vecchio. San Luca dipinge la Vergine, 1565 circa, affresco, Firenze, Chiesa della Santissima Annunziata. Autoritratto, 1566-1568 circa, olio su tavola, 100,5 80cm, Firenze, Galleria degli Uffizi. Tavole dell'altare maggiore[1567] e Adorazione dei Magi, [1566-67,olio su tavola, cm 260 x 205] Bosco Marengo - Alessandria, chiesa conventuale di Santa Croce. Cristo nell'orto del Gestsemani, 1570 circa, olio su tavola, 143,5 127cm, Tokyo, National Museum of Western Art. Adorazione dei pastori, 1570-1571, olio su tavola, 131 69cm, Chazen Museum of Art Perseo e Andromeda, 1570-1572, olio su tela, 117 100cm, Firenze, Palazzo Vecchio. Lapidazione di santo Stefano, 1571, Pisa, chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri Incoronazione della Vergine, 1571 circa, olio su tavola, Livorno, chiesa di Santa Caterina. Incredulit di Tommaso, 1572, olio su tavola, Firenze, Basilica di Santa Croce. Ritratto di Gentiluomo Fiorentino, Genova, Palazzo Bianco.
Incoronazione della Vergine, chiesa di Santa Caterina, Livorno
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Giorgio Vasari
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References
[1] http:/ / biblio. signum. sns. it/ vasari/ consultazione/ Vasari/ indice. html [2] http:/ / www. google. com/ search?tbm=bks& tbo=1& hl=it& q=giorgio+ vasari& btnG=Cerca+ nei+ libri
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Questa voce riguarda la zona di: Piazza Santissima Annunziata e via dei Servi Voci principali La basilica Chiostrino dei Voti
Loggia dei Servi di Maria Statua equestre di Ferdinando I Fontane dei mostri marini Palazzo Budini Gattai Palazzo Durazzo Via Alfani Palazzo Baldi Facolt di Lettere e Filosofia Santa Maria degli Angeli Chiostro degli Angeli
Rotonda del Brunelleschi Casa del Mutilato Palazzo Giugni Palazzo Guidi Raggio Palazzo Niccolini Palazzo di Sforza Almeni Palazzo Buontalenti Palazzo Pasqui Palazzo Pucci
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Lo Spedale degli Innocenti ("Ospedale dei bambini abbandonati") si trova in piazza Santissima Annunziata a Firenze. Fu il primo brefotrofio specializzato d'Europa e una delle prime architetture rinascimentali, forse la prima in assoluto, su progetto iniziale di Filippo Brunelleschi. Il nome si ispir all'episodio biblico della Strage degli Innocenti. Tuttora, nella tradizione di assistenza all'infanzia, ospita due asili nido, una scuola materna, tre case famiglia destinate all'accoglienza di bambini in affido familiare e madri in difficolt, ed alcuni uffici di ricerca dell'Unicef. Inoltre, con la legge 451/97, l'Istituto divenuto Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sull'Infanzia e l'Adolescenza, punto di riferimento nazionale ed europeo per la promozione della cura dei diritti dell'infanzia.
Storia
L'edificio fu edificato su un orto situato accanto alla chiesa della Santissima Annunziata, ceduto a un prezzo di favore da Rinaldo degli Albizi. L'istituzione venne creata nell'ambito di un vasto programma di centri benessere, promosse dall'oligarchia al potere per migliorare la vita della cittadinanza, assicurando una migliore assistenza sociale e sanitaria. Il progetto venne affidato a un membro dell'arte stessa, l'orafo Filippo Brunelleschi, che elabor un progetto della planimetria generale, con un cortile ottagonale al centro e un portico in facciata, che riprendeva la tradizione di altri ospedali, come quello di San Matteo (della fine del XIV secolo). L'Arte della Seta venne nominata, per delibera del Comune, nel 1421 patrona dall'ospedale Stemma dell'Arte della Seta, sulla facciata esterna dello Spedale in quanto gi impegnata dal 1419 nei lavori di edificazione. La costruzione era stata infatti avviata il 19 agosto 1419 e nel gennaio del 1421 veniva innalzata la prima colonna del portico, rifacendosi dalla zona antistante la chiesa. I pagamenti documentano la presenza di Brunelleschi al cantiere fino dal 1427, dopo di che subentr probabilmente Francesco della Luna. Nel 1429 erano completati il portico trasverso (senza la parte inferiore della facciata), la chiesa e due lati dell'edificio sul cortile, dove ebbe poi sede il dormitorio dei fanciulli. Il 25 gennaio 1445, sebbene i lavori non fossero ancora conclusi, l'ospedale divenne funzionale. Aggiunte e modifiche al progetto originario di Brunelleschi sono oggi di controversa identificazione, ma sicuramente ci furono e furono rilevanti, come testimonia Antonio Manetti riportando nella biografia di Brunelleschi la notizia che il maestro aveva mosso critiche alle proporzioni ed all'aggiunta di elementi decorativi. Per esempio si sa che critic la mancata prosecuzione delle paraste al secondo piano, che sottolineasse la partizione tra il portico e le strutture laterali e colmasse il vuoto maggiorato nella distanza tra le finestre in quel punto.
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Architettura
Il portico
Il portico esterno fu sicuramente opera di Brunelleschi. Esso lungo 71 metri e composto da nove campate con volte a vela e archi a tutto sesto poggianti su colonne in pietra serena. Rispetto alla piazza rialzato da una gradinata ed alle estremit affiancato da due corpi pieni, delimitati da paraste scanalate e con un portale ciascuno. La parte superiore composta da una serie di finestre, sottolineate da una cornice marcapiano e con copertura a falda inclinata del tetto con grondaia sporgente. La scelta dei materiali e del modulo Una serie di elementi scelti per contenere i costi fu alla base di una delle pi felici realizzazioni architettoniche, che ebbe uno straordinario influsso sull'architettura successiva, anche se reinterpretato in infiniti modi. Innanzitutto vennero scelti dei materiali a basso costo come la pietra serena, fino ad allora poco usata in architettura per via della sua fragilit agli agenti atmosferici, e l'intonaco bianco, che crearono quell'equilibrata accoppiata di grigio e bianco che divenne un tratto caratteristico dell'architettura fiorentina e rinascimentale in generale. Inoltre, sempre per risparmiare, venne scelta della Dettaglio della decorazione esterna manodopera poco esperta, che rese necessaria un semplificazione delle tecniche di misurazione e costruttive. Per esempio il modulo tra colonna e colonna, che si ripete proporzionalmente in tutto l'edificio, non veniva calcolato tra gli assi centrali delle colonne, ma pi semplicemente tra i punti esterni delle basi. Questo modulo (10 braccia fiorentine, circa 5, 84 metri) definisce anche l'altezza dalla base della colonna al pulvino compreso, la larghezza del portico, il diametro degli archi, l'altezza del piano superiore misurata oltre il cornicione; mezzo modulo il raggio delle volte e l'altezza delle finestre; il doppio del modulo l'altezza dal piano del calpestio del portico al davanzale delle finestre. Il risultato, forse inaspettato per lo stesso Brunelleschi, fu quello di un'architettura estremamente nitida, dove si pu cogliere spontaneamente il ritmo semplice ma efficace delle membrature architettoniche, percependo ad esempio sotto il portico la successione ideale di cubi sormontati da semisfere inscrivibili nel cubo stesso. Il modulo calcolato in maniera tradizionale, tra i centri delle colonne, d la misura di undici braccia, che venne usato nel corpo centrale dell'ospedale e in altre architetture di Brunelleschi come San Lorenzo e Santo Spirito.
Spedale degli Innocenti Gli elementi decorativi La trabeazione ha delle semplici modanature digradanti e le colonne sono coronate da capitelli corinzi con pulvino, secondo la tipologia preferita da Brunelleschi che si ispir forse agli ornamenti romanici di San Pier Scheraggio o di Santi Apostoli. Anche l'uso dell'arco a tutto sesto venne ripreso dal passato recente dell'architettura cittadina, come la Loggia della Signoria, mentre le finestre con timpano triangolare assomigliano da vicino a quelle del Battistero di San Giovanni. Un altro elemento che divenne ricorrente nell'architettura di Brunelleschi furono gli oculi nei pennacchi tra arco e arco, come si trovano ad esempio Il capitello corinzio con pulvino nella Sagrestia Vecchia o nell'affresco della Trinit di Masaccio, il cui schema prospettico si sospetta che fosse stato fornito da Brunelleschi stesso. I rilievi in terracotta invetriata bianca e azzurra con i celebri putti non sono per coevi all'epoca di Filippo: vennero aggiunti solo nel 1487 da Andrea della Robbia. Essi sono caratterizzati dalla presenza all'interno del tondo della figura di un neonato in fasce, divenuto poi il simbolo dello Spedale stesso. Il piano superiore Il piano superiore, che risale solo a dopo il 1435, decorato solo dal marcadavanzale dove si trova una finestra rettangolare con timpano in corrispondenza di ciascun arco. Forse questo piano non faceva parte del progetto originale e senza di esso si sarebbero visti dalla piazza i corpi di fabbrica attorno al cortile, in perfetta convergenza prospettiva col loggiato. Esiste una documentazione iconografica di come l'ospedale doveva apparire senza il piano superiore nella lunetta con le Esequie di sant'Agostino di Benozzo Gozzoli (1464-1465) nella chiesa di Sant'Agostino di San Gimignano. Affreschi del portico Il loggiato decorato da alcune lunette ad affresco: la pi antica, risalente al 1459, quella sulla porta d'accesso alla chiesa, dipinta da Giovanni di Francesco e raffigurante il Padre Eterno con i santi Martiri Innocenti, mentre le due lunette alle estremit e la volta che fronteggia la porta principale sono opera di Bernardino Poccetti (inizio del XVII secolo); quella sopra la porta di destra, dipinta da Gasparo Martellini con Ges e i fanciulli, risale invece al 1843.
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I chiostri
Gli spazi interni vennero razionalizzati con grande cura e furono da modello per tutte le costruzioni ospedaliere successive: un'area per uomini ed una per donne che erano indipendenti. Nel lungo chiostro delle donne Brunelleschi us esili colonnine in stile ionico, lo stile "femminile" per eccellenza. Molti erano gli artifici e gli accorgimenti tecnici, come la presenza di cavature nelle colonne d'angolo che fungessero da grondaia. La costruzione prosegu sotto la direzione di Francesco Della Luna, che si occup degli spazi destinati alle donne, compreso il loro chiostro. L'ospedale fu consacrato l'11 aprile 1451 dal vescovo Sant'Antonino Pierozzi.
La chiesa
La chiesa dell'ospedale, alla quale si accede dal porticato quasi a fianco della ruota, fu intitolata a Santa Maria degli Innocenti. Fu rimodernata internamente nel 1786 da Bernardo Fallani e da Sante Pacini, che affresc la volta con Mos salvato dalle acque. L'altare maggiore, proveniente dalla distrutta chiesa di San Pier Maggiore, fu realizzato nel Seicento in pietre dure, ed ornato da un'Annunciazione di Mariotto Albertinelli e di Giovanni Antonio Sogliani. L'altare inquadrato da un arco con due colonne e una balaustrata in marmo. Ai lati ci sono due cantorie; l'organo di quella di sinistra coperto da un velario con Rachele che piange i figli; su quello di destra Il sogno di Giuseppe, due pitture di Sante Pacini, il quale ha decorato anche il soffitto, mentre Giovacchino Masselli decor le altre pareti. Oltre al fonte battesimale della fine del Trecento o degli inizi del Quattrocento, la chiesa conserva anche una tela seicentesca di Matteo Rosselli, raffigurante la Vergine in gloria fra i Santi Martino e Gallo. Questa tela fu eseguita a spese dello "spedalingo" Pieri, il quale volle rammentare con esso la riunione dei tre Ospedali degli Innocenti, di San Gallo e di San Martino alla Scala.
Il museo
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Il complesso degli Innocenti, oltre a un ricco Archivio storico, custodisce anche la Pinacoteca dello Spedale, allestita nel salone soprastante il loggiato brunelleschiano. In questa zona fu predisposto nell'Ottocento uno sciagurato lavoro di realizzazione di un attico sopra la facciata per ingrandire i locali a disposizione dell'Istituto, dopo la decurtazione di altri ambienti. Per finanziare tali lavori fu venduta una parte rilevante delle oltre 300 opere d'arte dell'Istituto (secondo l'inventario del 1840), che andarono disperse per il mondo. Rimasero solo 77 opere, che cinquant'anni dopo furono raccolte in uno spazio attiguo nell'antico refettorio delle donne. In seguito ai danni dell'alluvione del 1966 fu predisposto un restauro complessivo della struttura, ripristinando l'aspetto originario dell'edificio, con la demolizione dell'attico e la reintegrazione del grande salone (1971) dove oggi sistemata la collezione di dipinti, sculture, oggetti d'arte pertinenti allo Spedale, o provenienti da altre istituzioni religiose soppresse. La collezione piccola ma vanta alcune opere di grandissimo pregio. Fra queste Bambino ferito, dettaglio dalla pala dell'Adorazione dei lo stendardo processionale dello Spedale raffigurante la Madonna Magi del Ghirlandaio con i piccoli Innocenti, con il loggiato brunelleschiano sullo sfondo, eseguito nel 1445 da Domenico di Michelino e poi restaurato agli inizi del Cinquecento dalla bottega di Francesco Granacci. Proveniente dall'altar maggiore della chiesa dello Spedale la grande pala raffigurante l'Adorazione dei Magi, uno dei capolavori di Domenico Ghirlandaio su tavola, dipinta dal 1485 al 1488 in collaborazione con Bartolomeo di Giovanni, autore dei sette pannelli della predella. Nella grande pala, curata nei minimi dettagli, figurano i Magi riccamente vestiti che presentano due bambini feriti alla Madonna, chiaro riferimento agli scopi assistenziali dello Spedale. Sullo sfondo infatti rappresentata la strage degli innocenti, accanto ad un magnifico paesaggio con una citt portuale che testimonia lo studio da parte del Ghirlandaio delle opere di scuola fiamminga. A sinistra raffigurato san Giovanni Battista in ginocchio davanti a un giovane Magio vestito di giallo che offre una coppa; alle spalle di quest'ultimo il pittore avrebbe raffigurato se stesso accanto al committente dell'opera, il responsabile dell'Istituto, vestito di nero. Sulla destra compaiono riccamente vestiti i membri dell'Arte della Seta, patroni dello Spedale, mentre dietro alla Madonna sono raffigurati due personaggi simbolo dell'impegno di laici e religiosi nella opera assistenziale. Chiudono in alto un coro di angeli in atto di cantare il Gloria, del quale sorreggono entro un cartiglio la partitura musicale, e un arco rinascimentale che riporta la data di completamento dell'opera.
Spedale degli Innocenti Bellissima anche la brillante terracotta invetriata raffigurante la Madonna col Bambino, eseguita da Luca della Robbia nel 1448, di uno smagliante bianco, colorato solo negli occhi e nel basamento di blu. Di notevole interesse la Madonna col Bambino, angeli e santi di Piero di Cosimo (1490 circa) e la Madonna col Bambino e un angelo di Sandro Botticelli, opera giovanile ispirata a un'analoga Madonna di Filippino Lippi agli Uffizi. Interessante documentazione della vita all'interno dello Spedale l'affresco di Bernardino Poccetti, nell'ex refettorio delle donne, raffigurante la Strage degli Innocenti e scene della vita dei neonati.
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Luca della Robbia, Madonna col Bambino che mostra un cartiglio, 1446-1449
Vita nell'ospedale
L'Arte della Seta finanziava lo Spedale tramite il versamento obbligatorio di un contributo da parte dei suoi iscritti. Per la gestione era eletto uno "spedalingo", affiancato da tre "operai". Inizialmente i fanciulli abbandonati potevano essere deposti in una pila, una sorta di conca simile a un'acquasantiera, situata sotto il porticato, sostituita successivamente da una "finestra ferrata". Nel 1660 la finestrella attraverso la quale venivano introdotti i piccoli abbandonati venne spostata all'estrema sinistra. Le madri disperate potevano cos appoggiare i loro figli (i gittatelli), e suonare la campanella, facendoli entrare al riparo senza essere viste. Spesso lasciavano delle lettere o dei "segnali" di riconoscimento insieme ai neonati. Molto frequentemente si trattava di medaglie spezzate a met, con le quali si sperava, presentando l'altra met, di ottenere un ricongiungimento con i figli in tempi migliori. La notte del 3 giugno 1875 la ruota venne definitivamente murata.
La ruota
35 Nel 1448, a tre anni dall'apertura, i registri riportano 260 piccoli ospiti; nel 1560 erano diventati 1320 e nel 1681 pi di tremila. Per garantire un sufficiente allattamento, gli spedalinghi ricorrevano spesso alla prestazione di donne di campagna, che ricevevano i bambini in fasce in balia. Gi nel 1577 venne predisposto l'allattamento artificiale tramite l'acquisto di una vacca dalla Romagna, che produceva quattro fiaschi di latte al giorno, somministrato ai bambini tramite "certi bicchierini fatti apposta col pippio".
I bambini potevano essere adottati, ma pi di frequente venivano dati a famiglie affidatarie che li Bernardino Poccetti, Strage degli innocenti (dettaglio), 1610 riconsegnavano all'et di sette anni. I maschi venivano istruiti con gli studi essenziali e poi erano mandati nelle botteghe a imparare un mestiere. Le femmine, invece, venivano spesso tenute nell'ospedale per curarne il funzionamento e per lavorare per l'Arte della Seta. Fino a 25 anni le ragazze vestivano di bianco, poi di azzurro e, al compiere dei 45, di nero. Grande timore destavano le epidemie, che si cercava di evitare lavando i bambini con "aceti forti". Nel 1756 fu effettuato nell'ospedale il primo esperimento in Italia di vaccinazione contro il vaiolo. Uno spaccato della vita quotidiana nell'ospedale testimoniato dall'affresco della Strage degli Innocenti di Bernardino Poccetti che in vecchiaia, dal 1610, si stabil nell'ospedale con la moglie in cambio della decorazione ad affresco di alcuni locali. Nella parte destra di tale affresco, conservato nel vecchio refettorio, si vede uno spaccato dell'edificio, con una donna, in fuga dalla strage, che sembra dirigersi per abbandonare il proprio figlio avvicinandosi al portico; all'interno si vedono i preparativi per il pranzo, la scuola e la preghiera davanti all'altare prima di coricarsi; in primo piano si vedono le balie che allattano i trovatelli sorvegliate da un'anziana piora, mentre all'estrema destra alcune bambine rendono omaggio al granduca Cosimo II venuto in visita, condotto dal priore Roberto Antinori e da tre dignitari tra i quali lo stesso Poccetti, in secondo piano.
Influenza nell'architettura
L'architettura dello Spedale degli Innocenti ebbe una lunga influenza sull'architettura successiva. La tipologia di loggiato sopraelevato ed affacciato su una piazza cittadina fu ripresa fedelmente nell'Ospedale di San Paolo, sempre a Firenze, o nell'Ospedale del Ceppo a Pistoia. Ma soprattutto in piazza della Lo Spedale degli Innocenti in piazza Santissima Annunziata Santissima Annunziata la facciata determin la conformazione urbana di tutti gli edifici adiacenti: dalla met del XV secolo Michelozzo e poi Leon Battista Alberti ristrutturarono la basilica della Santissima Annunziata, aggiungendo un vestibolo porticato sulla facciata, e dal 1516 Antonio da Sangallo il Vecchio e Baccio d'Agnolo edificarono sul lato opposto della piazza un loggiato gemello, la loggia dei Servi di Maria; nel 1601 infine venne completato da Giovanni Battista Caccini il portico su tutto il lato nord, creando nella piazza un continuum prospettico che si coglieva specialmente provenendo da piazza del Duomo, percorrendo via dei
Spedale degli Innocenti Servi sulle orme della tradizionale processione che aveva luogo ogni capodanno fiorentino, il 25 marzo. Prese invece le distanze dal loggiato brunelleschiano Leon Battista Alberti, che al posto dell'austera regolarit prefer una pi ricca varietas elegante ed armoniosa. Sulle colonne infatti preferiva porre le architravi, mentre come base degli archi scelse soprattutto i pilastri, rifacendosi all'architettura imperiale romana.
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Curiosit
A Firenze i cognomi "Innocenti" o "Degl'Innocenti" o "Nocentini", ancora molto diffusi, sono un retaggio del cognome dato anticamente ai trovatelli. A partire dal XIX secolo invece i trovatelli ebbero, sistematicamente, cognomi di fantasia - dati da parroci, ufficiali di stato civile o dallo scrivano degli Innocenti - per evitare che ne fosse palesata l'origine.
Bibliografia
Filippo Baldinucci, Vita di Filippo di ser Brunellesco architetto fiorentino, edizione di Niccol Carli, Firenze 1812. Elena Capretti, Brunelleschi, Giunti Editore, Firenze 2003. ISBN 88-09-03315-9 Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0 Eugenio Battisti, Filippo Brunelleschi, Electa Editrice, Milano 1976. Giovanni Fanelli, Brunelleschi, Karl Robert Langewiesche Verlag 1988. ISBN 3-7845-6162-4 Heinrich Klotz, Filippo Brunelleschi: The Early Works and the Medieval Tradition, Rizzoli Intl Pubns 1990. ISBN 0-8478-1211-1 Lucia Sandri (a cura di), Gli Innocenti e Firenze nei secoli. un ospedale, un archivio, una citt, Firenze Spes, 1996. Stefano Filipponi, Eleonora Mazzocchi, Ludovica Sebregondi (a cura di), Il mercante, l'ospedale, i fanciulli. Santa Maria Nuova e la fondazione degli Innocenti, Nardini Editore, Firenze 2010. Gli Innocenti e la citt. L'ospedale dalle origini al Granducato mediceo, "Quaderni del Mudi/2", Istituto degli Innocenti, Firenze 2008. Il Rinascimento dei bambini. Gli Innocenti e l'accoglienza dei fanciulli tra Quattrocento e Cinquecento, Quaderni del Mudi/1", Istituto degli Innocenti, Firenze 2007. Stefano Filipponi, Eleonora Mazzocchi (a cura di), Madri, figlie, balie. Il Coretto della chiesa e la comunit femminile degli Innocenti, "Quaderni del Nudi/3", Nardini Editore, 2010. G. Di Bello, L'identit inventata. Cognomi e nomi dei bambini abbandonati a Firenze nell'Ottocento, CET, Firenze, 1993.
Voci correlate
Adorazione dei Magi degli Innocenti Orfano Orfanotrofio Trovatelli Musei di Firenze Piazza della Santissima Annunziata
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Altri progetti
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Collegamenti esterni
Sito ufficiale [3] I Luoghi della Fede a cura della Regione Toscana [4]
References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Spedale_degli_Innocenti& language=it& params=43_46_34. 71_N_11_15_40. 37_E_type:landmark [2] http:/ / www. istitutodeglinnocenti. it/ mudi/ index. htm [3] http:/ / www. istitutodeglinnocenti. it/ [4] http:/ / web. rete. toscana. it
Facciata e campanile Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lombardia Mantova Cristiana Cattolica di Rito romano Diocesi di Mantova
Stile architettonico gotico, rinascimentale, barocco, neoclassico Inizio costruzione Completamento 1472 1732
La basilica concattedrale di Sant'Andrea la pi grande chiesa di Mantova. Opera fondamentale di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modalit non sempre conformi ai progetti originali.
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Storia
Edificata nel Medioevo in luogo di un monastero benedettino (i cui unici resti sono il campanile gotico e un lato del chiostro), l'edificio venne ricostruito a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, commissionato dal signore di Mantova, Ludovico III Gonzaga (e dal figlio Francesco, cardinale) che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla citt e del prestigio della casata. Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il "Preziosissimo Sangue di Cristo" portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della citt il Venerd Santo, oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica. I lavori iniziarono nel 1472, lo stesso anno della morte di Alberti. La costruzione prosegu a fasi alterne e rimase a lungo incompiuta, tanto che per il completamento si dovette aspettare fino al XVIII secolo[1]. Tuttavia le cappelle risultavano compiute nel 1482 e la facciata risultava completata nel 1488. Questioni storiografiche molto dibattute sono, pertanto, sia la ricostruzione del progetto originario di Alberti, sia la fedelt a tale progetto di quanto realizzato. Alcuni studiosi attribuiscono ad Alberti lo schema generale e la facciata ma non la definizione dei particolari, mentre altri affermano che quanto costruito nel XV secolo e in particolare fino alla morte del committente nel 1478, corrisponda al progetto albertiano[2]. Il tecnico incaricato di seguire i lavori durante la prima fase costruttiva fu Luca Fancelli che disponeva un modello ligneo fornito da Alberti e che serv in fase di realizzazione. Fancelli, che seguiva anche i lavori per la chiesa di San Sebastiano e che aveva conosciuto Alberti a Roma, era probabilmente in grado di seguirne le intenzioni progettuali,[3] anche se non risultano documentati disegni di dettaglio forniti da Alberti.[4]. I lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola fu aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispir a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte. L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche (La2, Do#3, Mi3, Fa#3, La3), delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona.
Architettura
L'Alberti cre il suo progetto ... pi capace pi eterno pi degno pi lieto ... ispirandosi al modello del tempio etrusco descritto da Vitruvio, un edificio cio con pronao anteriore a colonne ben distaccate e senza peristasi.[5] Quello di Alberti and a contrapporsi e sostituire ad un precedente progetto di Antonio Manetti, probabilmente a tre navate , simile alle chiese brunelleschiane. Innanzitutto mut l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al T[6].
La cupola
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La facciata
La facciata concepita sullo schema di un arco trionfale romano a un solo fornice tra setti murari, ispirato a modelli antichi come l'arco di Traiano ad Ancona e ancora pi monumentale del precedente lavoro albertiano sulla facciata del Tempio Malatestiano. Lo schema dell'arco di trionfo inserito o soprapposto al tema formale del tempio classico che forma una sorta di avancorpo avanzato, rispetto al resto dell'edificio.[7] Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di filtraggio tra interno ed esterno[6]. L'ampio arco centrale inquadrato da paraste corinzie che estendendosi per tutta l'altezza della facciata, che costituisce uno dei primi monumenti rinascimentali per cui venne adottata questa soluzione che sar denominata ordine gigante. Sui setti murari si trovano archetti sovrapposti tra lesene corinzie sopra i due portali laterali. La facciata inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico. Grande enfasi poi data da un secondo arco superiore, oltre il timpano, e arretrato rispetto all'avancorpo della facciata. Tale elemento architettonico definito "ombrellone", in realt un tratto di volta a botte e venne ritenuto, nel XIX secolo, estraneo al progetto di Alberti rischiando la demolizione.[8]. L'"ombrellone" segna l'altezza della navata, enfatizza la solennit dell'arco di trionfo e il suo moto ascensionale e permette l'illuminazione della navata, grazie ad un'apertura posta verso l'interno della controfacciata che forse doveva servire anche per l'ostensione delle reliquie.[9].
L'interno
L'interno a croce latina, con navata unica coperta a botte con lacunari, e con cappelle laterali a base rettangolare, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, che riprende quello della facciata. Tre cappelle pi piccole, ricavate nel setto murario dei pilastri, si alternano a quelle maggiori e la loro alternanza venne definita dall'Alberti come tipologia di "chiesa a pilastri". L'impianto ad aula della chiesa fu dovuto probabilmente all'esigenza di un spazio ampio in cui la massa dei fedeli e dei pellegrini potessero assistere all'ostensione dell'importante reliquia.[10] Il prospetto interno della navata dunque scandito da due ordini gerarchizzati di cui in minore sostiene gli archi ed inquadrato sotto la trabeazione di quello maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di un interasse largo tra due stretti, chiamato travata ritmica e trova un parallelo con il disegno della facciata. Dopo Alberti che il primo ad utilizzarlo diventer un elemento linguistico molto diffuso con Bramante e gli architetti manieristi.[11]
Interno
La crociera tra navata e transetto coperta con una cupola, su pilastri raccordati con quattro pennacchi, che si dubitato facesse parte del progetto albertiano. Tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca.[12] Dietro laltare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata.
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Alla fine del XVI secolo fu realizzata una cripta con un colonnato ottagonale, destinata ad accogliere la reliquia del "Preziosissimo sangue", posta in un altare al centro, e le sepolture dei Gonzaga, che non vennero realizzate.
L'organo
Sulla cantoria destra del presbiterio collocato l'organo a canne, costruito nel 1850 dalla Fabbrica Nazionale Privilegiata d'Organi Fratelli Serassi di Bergamo[13]. Lo strumento ha due tastiere di 73 Altare nel cui interno sono conservati i Sacri Vasi nella tasti (Do-1 - Do6) ed una pedaliera dritta di 27 note (Do-Re); la cripta divisione bassi/soprani delle tastiere e a Si2/Do3. L'organo, che a trasmissione integralmente meccanica, inserito all'interno della ricca cassa dorata scolpita, opera in stile neoclassico di Paolo Pozzo; la facciata costituita da tre cuspidi del registro di Principale. Di seguito la disposizione fonica dell'organo in base alla posizione dei pomelli che comandano i vari registri nelle due colonne alla destra delle tastiere e nella colonna alla sua sinistra:
Colonna alla sinistra della consolle - Positivo Espressivo Principale Principale Ottava Ottava Quintadecima Quintadecima Decimanona Vigesimaseconda Vigesimasesta e Vigesimanona Cornetto Viola Flauto a camino Flutta in ottava Fagotto Tromba Clarone Violoncello Oboe Voce umana Voci corali Bassi Boprani Bassi Soprani Soprani Bassi Bassi Soprani Bassi Soprani Bassi Soprani
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Colonna di sinistra della registriera - Concerto Terza mano Principale IV Corni dolci Cornetto I Cornetto II Fagotto Trombe Clarone Clarino Trombe Corno inglese Violone Viola Flutta Reale Flutta Alemanna Flauto in VIII Flauto in VIII Ottavino Voce umana Violone Bombarda Trombone Timballi al Pedale al Pedale al Pedale Bassi Soprani Soprani Bassi Soprani Bassi Bassi 16' Soprani Soprani Bassi Bassi Soprani Soprani
Colonna di destra della registriera - Ripieno Principale Principale Principale I Principale I Principale II Principale II Ottava I Ottava I Ottava II Quintadecima I Quintadecima II Decimanona Vigesimaseconda 16' Bassi 16' Soprani Bassi Soprani Bassi Soprani Bassi Soprani
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Decimanona e Vigesimaseconda Vigesimasesta e Nona Trigesimaterza e Sesta Quadragesima e Quadragesimaterza Contrabbassi con rinforzi Contrabbassi con ottave Bassi armonici Ripieno al Pedale al Pedale al Pedale al Pedale
Opere
La prima cappella a sinistra che ospita la tomba di Andrea Mantegna, fu decorata ad opera del Correggio sulla base di disegni dello stesso Mantegna. Del maestro rimangono comunque il Battesimo di Cristo sulla parete di destra, completato dal figlio Francesco, e la Sacra Famiglia e famiglia del Battista, sull'altare.
Tra le altre opere d'arte si segnalano una grande pala d'altare, la Madonna col Bambino in trono tra i santi Sebastiano, Silvestro, Agostino, Paolo, Elisabetta, Giovannino e Rocco, di Lorenzo Costa il Vecchio e gli affreschi della cappella di San Longino (sesta a destra), su disegno di Giulio Romano. Dall'atrio provengono i quattro medaglioni con Ascensione (scuola di Mantegna, con sinopia del maestro), i Santi Andrea e Longino (scuola di Mantegna), la Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovannino (Correggio) e la Deposizione (Correggio), oggi nel Museo diocesano.
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Note
[1] M. Bulgarelli, Alberti a Mantova, in "Annali di architettura" n.15, 2003, pag.10 [2] M. Bulgarelli, op. cit., 2003 [3] Fancelli era in contatto epistolare con Alberti ed aveva eccellenti rapporti di lavoro con lui: Howard Burns, Leon Battista Alberti in "Storia dell'architettura italiana - Il Quattrocento", a cura di Francesco Paolo Fiore, 1998, pag.143 [4] M. Bulgarelli, op. cit., 2003 [5] Howard Burns, op. cit., 1998, pag.150 [6] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 104 [7] Rudolf Wittkower, Principi architettonici nell'et dell'umanesimo 1964, pag.55 [8] M. Bulgarelli, op. cit., 2003, pag.16 [9] M. Bulgarelli, op. cit., 2003, pag.17 [10] Howard Burns, op. cit., 1998, pag.150 [11] Leonardo Benevolo, L'architettura del Rinascimento,1984 [12] Howard Burns, op. cit., 1998, pag.150 [13] L'organo (http:/ / www. voxorganalis. it/ index. php?option=com_content& view=article& id=66:mantova-basilica-disandrea& catid=36:schede-organi& Itemid=1)
Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
Voci correlate
Cappella funeraria di Andrea Mantegna Leon Battista Alberti Rinascimento mantovano Architettura rinascimentale Ordine gigante
Altri progetti
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Palazzo Medici Riccardi, veduta da Via Cavour Tipo Indirizzo Sito arte, archeologia via Cavour 3 - Firenze Sito ufficiale [2]
Questa voce riguarda la zona di: Via Cavour e via de' Martelli Voci principali Casino Mediceo di San Marco Teatro Standish Chiostro dello Scalzo Palazzina della Livia Ex convento di Santa Caterina Biblioteca Marucelliana Palazzo Dardinelli-Fenzi Casa di Giovanni Spadolini Palazzo di Bernardetto de' Medici Palazzo Vettori Palazzo Bartolommei Palazzo Bastogi Teatro della Compagnia Palazzo Capponi-Covoni Caff Michelangiolo Palazzo Ginori-Conti Palazzo Panciatichi Palazzo Medici Riccardi Cappella dei Magi Galleria di Luca Giordano
Via del Traditore San Giovannino degli Scolopi Via de' Martelli Collegio degli Scolopi Palazzo Testa Visita il Portale di Firenze
Palazzo Medici Riccardi si trova a Firenze in quella che per la sua ampiezza si chiamava Via Larga, oggi via Cavour, al numero 3 ed l'attuale sede del Consiglio provinciale.
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Architettura
Il palazzo era ed situato in un luogo strategico all'incrocio fra la Via Larga (l'attuale via Cavour) e via de' Gori, vicinissimo alle chiese protette dalla famiglia (San Lorenzo e San Marco) ed al Duomo. Tutta la zone viene per questo chiamata "Quartiere mediceo". Michelozzo attinse dal rigore classico di Brunelleschi per depurare ed arricchire la tradizione di stampo gotico fiorentina. La forma del palazzo originario era pressoch cubica, con un cortile centrale dal quale un portale permetteva l'accesso al giardino, circondato da alte mura. Facciata La sua facciata un capolavoro di sobriet ed eleganza, sebbene presenti caratteri "eccezionali" come l'uso del bugnato, che nel medioevo era riservato normalmente ai palazzi pubblici dove aveva sede un governo cittadino. L'esterno quindi diviso in tre ordini, separati da cornici con dentelli dalla sporgenza crescente verso i piani superiori. Al contrario il bugnato graduato in modo da essere molto sporgente al pian terreno, pi appiattito al primo piano e caratterizzato da lastre lisce ed appena listate al secondo, mettendo cos in rilievo l'alleggerimento dei volumi verso l'alto e sottolineando un andamento orizzontale dei volumi.
Finestra del piano nobile
Palazzo Medici Riccardi All'ultimo piano esisteva una loggia (oggi murata) e al posto del cornicione a mensole scolpite erano presenti dei merli che ne accentuavano il carattere militare. Lungo i lati est e sud corre una panca di via, un alto zoccolo in pietra, che serviva per ragioni pratiche e estetiche. Le bifore scandiscono regolarmente la facciata incorniciate da una ghiera a tutto sesto con un medaglione al centro con l'arme dei Medici e rosoncini. Le finestre sono leggermente differenziate tra piano e piano, con cornici pi larghe in alto in modo da bilanciare la minore altezza del piano. L'effetto comunque quello di dare maggior risalto al piano nobile. Cortile Un notevole studio sull'armonia e la variet decorativa si ritrova anche nel cortile, impostato in modo da suggerire un effetto di simmetria che di fatto non esiste. Il primo ordine composto da un portico con colonne e capitelli corinzi ed concluso da un alto fregio con medaglioni che contengono stemmi medicei di varia foggia e raffigurazioni mitologiche (attribuite a Bertoldo di Giovanni),le quali sono raccordate da affreschi di festoni (oggi frutto di ridipinture), ad opera di Maso di Bartolomeo. Il secondo ordine, a muratura piena, caratterizzato dalle bifore in asse con gli archi del portico, che riprendono la foggia di quelle esterne, con in alto un fregio graffito, mentre l'ultimo piano presenta una loggetta trabeata che non in asse col portico.
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La decorazione, nel complesso, tratta dal repertorio classico e composta con fantasia e secondo un gusto per la contaminazione. Un raffinato gioco prospettico si ha nelle colonne angolari, dove si ha il maggior carico strutturale, che sono leggermente pi sottili delle altre. Il conflitto angolare per fa s che le finestre ai lati siano pi vicine delle altre, un'irregolarit che altri architetti successivi cercheranno di risolvere diversamente.
Decorazione interna
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All'interno del Palazzo si realizzarono nel tempo numerose decorazioni. Una delle prime fu la Cappella dei Magi, capolavoro ad affresco del fiorentino Benozzo Gozzoli, allievo di Beato Angelico, su commissione di Piero il Gottoso che segu direttamente la progettazione e lo sviluppo dei lavori. Questo piccolo spazio era la cappella privata di famiglia e fu realizzata nel 1459. Nelle tre pareti maggiori raffigurata la Cavalcata dei Magi, un soggetto religioso che fa da pretesto per rappresentare tutta una serie di ritratti di famiglia e di personaggi politici del tempo venuti ufficialmente a Firenze su invito dei Medici, Cappella dei Magi, parete est: il corteo e guidato da Lorenzo il Magnifico, seguito da sua padre Piero e suo nonno Cosimo il ritratti a celebrazione delle conquiste politiche della Vecchio; dietro di loro il corteo di fiorentini illustri famiglia. Fra i personaggi raffigurati ci sono un giovane Lorenzo il Magnifico, suo padre Piero il Gottoso ed il capofamiglia Cosimo il Vecchio. Sull'altare oggi troviamo una copia di fine del Quattrocento dell'originale Nativit di Filippo Lippi, oggi conservata a Berlino.
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Il Cinquecento
Con la morte di Lorenzo nel 1492 si concluse un'epoca per tutta la citt. I fiorentini, infuriati dalle prediche del Savonarola, che tuonava contro i costumi lascivi, ostentatamente sforzosi e neopagani della citt, furono istigati alla sommossa e saccheggiaro il palazzo nel 1494, confiscando in nome della Repubblica fiorentina il tesoro mediceo, fatto di ori, gioielli ed inestimabili opere d'arte. L'occasione era nata dal vile comportamento del figlio di Lorenzo, Piero, rispetto al passaggio dell'esercito del Re francese Carlo VIII, al quale aveva spalancato le porte dei territori fiorentini e, secondo i cronisti pi ostili ai Medici, aveva addirittura baciato le pantofole in segno di sottomissione. in quest'occasione della cosiddetta seconda cacciata dei Medici (dopo il primo ostracismo di Cosimo il Vecchio) che la scultura bronzea della Giuditta e Oloferne di Donatello, ornamento di una fontana del giardino del palazzo, fu ricollocata in Piazza della Signoria, a simboleggiare la sconfitta della tirannia da parte del popolo. Analoga sorte tocc al David, sempre di Donatello, che Stemma dei Medici fin a Palazzo Vecchio (oggi si trova al Bargello). Una sorte peggiore tocc ad alcuni beni che furono messi all'incanto in Orsanmichele, comunque in larga parte il tesoro rimase fortunatamente a Firenze e fu per lo pi ricomposto dai successori della casata. Tre anni dopo infatti rientrava a Firenze grazie all'aiuto delle truppe spagnole il Cardinale Giovanni (poi papa Leone X), anche lui figlio di Lorenzo il Magnifico, e il Cardinale Giulio (poi papa Clemente VII), figlio del fratello di Lorenzo, quel Giuliano assassinato durante la Congiura dei Pazzi. Fra i rinnovamenti al palazzo di questo periodo si contano le grandi finestre al pian terreno, quando fu eliminata l'originaria loggia a ridosso della strada, guadagnando sia in spazio che in sicurezza della dimora. Dotate di timpano triangolare e di un ripiano d'appoggio posto su mensole molto accentuate, per cui, a causa della loro forma sono chiamate inginocchiate e sono attribuite a Michelangelo (1517) e rappresentano il prototipo per tantissime altre realizzazioni. Nel cortile fu posta la scultura dell'Orfeo di Baccio Bandinelli che si ammira ancora oggi. La notizia del sacco di Roma, che aveva messo in ginocchio la figura allora predominante dei Medici, Papa Clemente VII (Giulio de' Medici) port all'ultima cacciata della casata dalla citt e ad un nuovo saccheggio del palazzo (1527). Segu la ripresa della citt con il famoso Assedio di Firenze del 1530, al termine del quale gli ultimi discendenti del ramo principale della famiglia fecero ritorno nel palazzo. Ma l'assassinio incrociato del duca Alessandro de' Medici e del cugino Lorenzino (detto Lorenzaccio), portarono al potere un ramo fino ad allora secondario della famiglia quello dei cosiddetti popolani, con la salita al titolo Ducale di Cosimo I, il quale si trasfer con la moglie Eleonora di Toledo a Palazzo Vecchio (1540), abbandonando il Palazzo Medici di Via Larga, ormai privo di qualsiasi funzione di rappresentanza, a discendenti cadetti della famiglia.
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I Riccardi
Dopo vari passaggi di propriet all'interno dei componenti della famiglia dei Medici, a met del Seicento il Palazzo torn al granduca Ferdinando II, il quale ormai residente nello sfarzoso Palazzo Pitti, decise di vendere il desueto e vetusto palazzo di famiglia ad una ricca famiglia di banchieri, i Riccardi, i quali avevano reso importanti servizi politici al Granduca e, per questo, erano stati da lui fregiati del titolo di marchesi. Il fedele Marchese Gabriello Riccardi acquist cos per la somma di quarantamila scudi il palazzo che da allora cambi nome (1659). Fino a tutto il Settecento, i Riccardi compirono La Galleria di Luca Giordano o Galleria degli Specchi numerose trasformazioni, conservando per esternamente la morfologia e lo stile quattrocenteschi, come forma di rispetto verso il progetto di Michelozzo, nonch verso gli autorevoli ex proprietari. Il palazzo fu raddoppiato in dimensione, perdendo l'originaria forma cubica e, sulla nuova facciata di Via Larga, fu mantenuto lo stile della parte antica. Partendo dal pian terreno, si entra nel loggiato che venne decorato dall'Andreozzi, con putti in stucco, un materiale che in questi anni a Firenze era molto in voga e che caratterizz il Barocco fiorentino. La Galleria al primo piano fu realizzata nel 1685, la quale, pur nelle dimensioni non eccezionali, uno dei risultati pi significativi ed attraenti del Barocco fiorentino. Decorata da stucchi dorati e da specchiere dipinte e provvista di ampie e luminose finestre al lato sud, famosa soprattutto per la grande volta dipinta, eseguita da Luca Giordano. Il pittore napoletano, soprannominato Luca fa presto per la sua rapidit di esecuzione si trovava in citt per gli affreschi della Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine e ricevette presto la nuova commissione. Nella volta della galleria rappresentata l'Apologia della Famiglia Medici, protettori e benefattori dei Riccardi. Lo spettatore, in questo caso, colpito dai giochi di prospettiva e dalle raffinate sfumature di luminosit, coerenti con il punto di vista e con la luce della galleria in pieno giorno, che danno straordinari effetti illusionistici. Nella Galleria terrena dello stesso palazzo sono visibili dei racemi che vennero ripresi dalle volte del Cortona in Palazzo Pitti nella Sala dei Pianeti e del Volterrano per la Camera di Violante della Rovere; in questi racemi Foggini inser conchiglie e fogliami, che poi si ritroveranno nella Biblioteca attigua, nel Camerino di Violante a Pitti e nella
Palazzo Medici Riccardi Cappella Feroni nella basilica della Santissima Annunziata. Fu inoltre creata la Biblioteca Riccardiana, come sede delle preziose raccolte librarie della famiglia nell'ala nuova, anche questa affrescata sul soffitto della sala principale da Luca Giordano. Furono inoltre riorganizzati gli ambienti interni, rialzando i soffitti e decorando le stanze. Fu creato lo scalone di rappresentanza (su progetto di Giovan Battista Foggini), che dal cortile originario michelozziano porta alla Cappella dei Magi (scantonata nell'occasione, pur di salvarla dalla demolizione) ed alle abitazioni private del primo piano. Una parte della collezione di antichit dei Riccardi (statue, busti, rilievi e frammenti di iscrizioni in pietra), furono posti in estrose cornici barocche nel cortile. Nel giardino, addossata alla parete di fondo, si nota, incorniciata da un grande arco, una fontana costituita da una statua marmorea, che sovrasta una vasca semicircolare. A tale antica scultura acefala - forse Ercole - durante i lavori di rinnovamento del palazzo, venne innestata la testa del marchese Francesco Riccardi, lasciandone cos ai posteri le sembianze immortalate in quelle assai pi imponenti del famoso eroe della mitologia greca. Molto interessante la Stanza oggi chiamata del Prefetto (chiusa al pubblico), che fu l'ultima ad essere decorata a fine Settecento con vedute di capricci architettonici e affreschi a grottesche. La famiglia dei Riccardi visse nel palazzo per circa due secoli, rinomata per essere una delle famiglie pi ricche ed influenti della Firenze dell'epoca. Una curiosit del palazzo la piccola stanza segreta del XVII secolo, posta nel mezzanino fra il primo e secondo piano, non accessibile al pubblico, rimessa in luce solo nel corso della campagna per i rilievi metrici del palazzo realizzata nel 1988/1989 e interamente affrescata con elementi architettonici in trompe d'oeil. Si trova nella parte vecchia e fu creata sopra all'unico soffitto non rialzato delle sale di rappresentanza del primo piano e, per ragioni ignote, fu dimenticata per almeno 170 anni, da quando cio il palazzo fu venduto dai Riccardi.
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Sandro Botticelli, Primavera, oggi agli Uffizi Filippo Lippi, Adorazione del Bambino di palazzo Medici, oggi nella Gemldegalerie di Berlino Filippo Lippi, San Girolamo penitente, oggi nel Lindenau Museum di Altenburg
Palazzo Medici Riccardi Filippo Lippi, Annunciazione, oggi nella National Gallery di Londra Filippo Lippi, Sette Santi, oggi nella National Gallery di Londra Paolo Uccello, Battaglia di San Romano, tre pannelli oggi agli Uffizi, al Louvre e alla National Gallery di Londra Domenico Veneziano, Adorazione dei Magi, oggi nella Gemldegalerie di Berlino
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Curiosit
Se si osservano attentamente i bugni esterni al piano terreno detti alla rustica, si nota che molti hanno inciso un piccolo cerchietto, che si dice apposto direttamente da Michelozzo alle cave d'Oltrarno, quale suggello d'idoneit.
Bibliografia
Cristina Acidini, Il giardino di Palazzo Medici in via Larga, in C. Acidini Luchinat (a cura di), Giardini Medicei. Giardini di palazzo e di villa nella Firenze del Quattrocento, Federico Motta, Milano 1986. Giovanni Cherubini e Giovanni Fanelli (a cura di), Il Palazzo Medici Riccardi di Firenze, Giunti, Firenze 1990. AA.VV., Palazzo Medici Riccardi e la Cappella Benozzo Gozzoli, Biblioteca de "Lo Studiolo", Becocci/ Scala, Firenze 2000. AA.VV. (diretta da Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano), Storia dell'Arte Italiana, Volumi 2 e 3, Electa / Bruno Mondadori, Milano 1991.
Bugnato segnato da cerchi scolpiti
Catling Christopher, Firenze e la Toscana, le Guide Mondadori, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998. Claudio Paolini, Vincenzo Vaccaro, Via Cavour. Una strada per Firenze Capitale, Edizioni Polistampa, Firenze 2011.
Voci correlate
Musei di Firenze Palazzi di Firenze Architettura rinascimentale Biblioteca Moreniana Biblioteca Riccardiana
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Altri progetti
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Collegamenti esterni
Il sito ufficiale [2] Palazzo Medici Riccardi, Provincia di Firenze [3] Scheda in Repertorio delle Architetture civili di Firenze [4] Progetto Giardini di Toscana, il Giardino di Palazzo Medici Riccardi, Regione Toscana [5] Palazzo Medici Riccardi, scheda dell'Istituto e museo di Storia della Scienza [6]
References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Medici_Riccardi& language=it& params=43. 775200_N_11. 255429_E_type:landmark [2] http:/ / www. palazzo-medici. it/ index. php [3] http:/ / www. provincia. fi. it/ palazzo-medici-riccardi/ [4] http:/ / www. palazzospinelli. org/ architetture/ scheda. asp?denominazione=medici& ubicazione=& button=& proprieta=& architetti_ingegneri=& pittori_scultori=& note_storiche=& uomini_illustri=& ID=5771 [5] http:/ / www. cultura. toscana. it/ architetture/ giardini/ firenze/ palazzo_medici_riccardi. shtml [6] http:/ / brunelleschi. imss. fi. it/ ist/ luogo/ palazzomediciriccardi. html
Palazzo Rucellai
Coordinate geografiche: 434616.65N 111458.30E43.7712917N 11.249528E
Questa voce riguarda la zona di: Via della Vigna Nuova Voci principali Palazzo Dudley Palazzo Rucellai Loggia Rucellai San Pancrazio Tempietto del Santo Sepolcro Museo Marino Marini [1]
Via della Spada Via del Sole Tabernacolo di San Sisto papa Palazzo Farinola Palazzo Da Magnale Piazza Goldoni Palazzo Ricasoli Via dei Fossi Via del Moro Via delle Belle Donne Croce al Trebbio Lungarno Corsini Palazzo Corsini Palazzi Gianfigliazzi
Palazzo Rucellai
Ponte alla Carraia Visita il Portale di Firenze
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Il palazzo Rucellai uno dei migliori esempi di architettura quattrocentesca a Firenze, posto in via della Vigna Nuova 18. La sua facciata venne progettata da Leon Battista Alberti e fu il primo di una serie di importanti interventi architettonici che l'architetto e teorico del Rinascimento esegu per la famiglia Rucellai.
Storia
Il palazzo, commissionato dal ricco mercante Giovanni Rucellai, fu costruito tra il 1446 e il 1451 da Bernardo Rossellino, su disegno di Leon Battista Alberti, che era legato al Rucellai da amicizia e da affinit culturale. L'Alberti cur solo un intervento parziale, con gli ambienti interni composti da edifici diversi e irregolari, che richiesero una concentrazione, anzich sul volume, sulla facciata, completata verso il 1465. L'Alberti stesso sminu benevolmente il suo intervento definendolo come "decoro parietale"[2]. Alberti realizz un capolavoro di stile e sobriet, e si dice che progett questo palazzo quasi come illustrazione del suo manuale De Re Aedificatoria (Sull'architettura) del 1452, dove si spiega che l'architettura deve imporsi pi per il prestigio delle proporzioni che per la dimostrazione di bellezza e fasto: in questo senso il Palazzo pu essere considerato come il primo esempio di tentativo coerente nel sintetizzare norme pratiche e teoriche, come evidente nell'uso dei tre ordini classici sulla facciata. Il Rossellino non si limit a mettere in opera i lavori, ma apport un aumento delle dimensioni originarie. Il palazzo appartiene tuttora alla famiglia Rucellai. Negli anni novanta ha ospitato il Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari.
Palazzo Rucellai
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Architettura
La facciata
La facciata, di un bugnato di pietraforte uniforme e piatto, organizzata come una griglia, scandita da elementi orizzontali (le cornici marcapiano e la panca di via) e verticali (le paraste lisce), entro la quale si inseriscono le aperture. Al pianterreno lesene di ordine tuscanico dividono la superficie in spazi dove si aprono i due portali (in origine era uno solo, ma fu raddoppiato simmetricamente quando venne raddoppiato il palazzo e la facciata). Al piano nobile si trovano numerosi elementi classici (i portali, gli ordini architettonici dei capitelli) fusi sapientemente con elementi della tradizione medievale locale, quali il bugnato e le bifore, e con elementi celebrativi dei committenti, come lo stemma e le imprese dei Rucellai, inseriti nei fregi e nei blasoni sopra i portali. Il piano terra, pi alto dei piani superiori, ha i capitelli decorati da una reinterpretazione dell'ordine dorico e due portali rettangolari classicheggianti (in epoca gotica tutti i portali erano ad arco o con L'ordine architettonico del piano nobile e stemma arco e architrave). Vi corre davanti una "panca di via", un elemento oltre che di utilit pratica per i passanti, che creava una sorta di piano base per il palazzo, come se si trattasse di uno stilobate. Lo schienale della panca riproduce il motivo dell'opus reticulatum romano. Al primo piano (piano nobile) le paraste sono di tipo ionico e vi si aprono delle ampie bifore a tutto sesto, con cornice bugnata, colonnina e oculo al centro. All'ultimo piano si hanno paraste di tipo corinzio, alterante a bifore dello stesso tipo. La sovrapposizione degli ordini come teorizzato da Vitruvio[3], di origine classica ed un chiaro riferimento al Colosseo, il quale suggerisce l'uso dell'ordine dorico senza il relativo fregio a metope e triglifi. Anche il bugnato a conci levigati si ispira all'architettura romana, come nel motivo del basamento a imitazione dell'opus reticolatum. Le paraste decrescono progressivamente verso i piani pi alti, dando un effetto prospettico di maggior slanciatezza del palazzo rispetto alla sua vera altezza. In alto il palazzo coronato da un cornicione poco sporgente, sostenuto da mensole, oltre il quale nascosta una loggetta ornata da pitture a monocromo del XV secolo, da alcuni attribuite alla cerchia di Paolo Uccello: l'elemento della loggia un'ulteriore riprova della rottura con la tradizione medievale e di apertura verso la grande stagione del Rinascimento. Il fregio del piano terra contiene le insegne della famiglia Rucellai: tre piume in un anello, le vele gonfiate dal vento e lo stemma familiare, che compare anche sui blasoni sopra i portali. A destra si vede bene come la facciata sia incompleta, infatti non finisce in maniera netta, ma frastagliata perch era prevista la continuazione con un terzo portale. L'effetto generale vario ed elegante, per il vibrare della luce tra le zone chiare e lisce (lesene) e quelle scure (aperture, solchi del bugnato)[2]. Nel trattato Alberto scrisse infatti "La casa del signore sar ornata leggiadramente, di aspetto piuttosto dilettevole che superbo". Lo stile del palazzo costitu un punto di partenza per tutta l'architettura di residenza civile del Rinascimento, venendo citato quasi alla lettera dal suo allievo Bernardo Rossellino per il Palazzo Piccolomini a Pienza.
Palazzo Rucellai
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Interno
All'interno del palazzo di rilievo il cortile rinascimentale, anche se oggi su due lati le arcate sono state murate. Ampie arcate a tutto sesto sono sostenute da colonne con capitelli corinzi molto elaborati, che ricordano quelli delle colonne sopra il portale del Battistero di San Giovanni. Alcune stanze vennero decorate con affreschi di Gian Domenico Ferretti, di Lorenzo del Moro e di Pietro Anderlini.
Monumenti correlati
Sul retro del palazzo presente la ex chiesa di San Pancrazio che contiene un altro capolavoro dell'Alberti, il tempietto del Santo Sepolcro, all'interno della ex navata sinistra, l'unico spazio ancora consacrato di questa struttura, che oggi ospita il Museo Marino Marini. Davanti al palazzo sempre Leon Battista Alberti realizz la Loggia Rucellai. Anche la facciata della vicina basilica di Santa Maria Novella fu disegnata dall'Alberti su incarico sempre di Giovanni Rucellai.
Altre immagini
Il fregio
Il cortile
Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Rucellai& language=it& params=43_46_16. 65_N_11_14_58. 30_E_type:landmark [2] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 75. [3] De re aedificatoria
Bibliografia
Toscana Esclusiva XII edizione, Associazione Dimore Storiche Italiane 2007. Mariella Zoppi e Cristina Donati, Guida ai chiostri e cortili di Firenze, bilingue, Alinea Editrice, Firenze 1997. Sandra Carlini, Lara Mercanti, Giovanni Straffi, I Palazzi parte prima. Arte e storia degli edifici civili di Firenze, Alinea, Firenze 2001. Marcello Vannucci, Splendidi palazzi di Firenze, Le Lettere, Firenze 1995 ISBN 88-7166-230-X Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0 Vedi anche la bibliografia su Firenze.
Palazzo Rucellai
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Voci correlate
Loggia Rucellai Architettura rinascimentale
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La famiglia Rucellai a Firenze
Leon Battista Alberti | Palazzo Rucellai | Santa Maria Novella | Cappella Rucellai | Loggia Rucellai | San Pancrazio | Tempietto del Santo Sepolcro | Orti Oricellari | Palazzo degli Orti Oricellari | Villa di Poggio a Caiano | Villa Lo Specchio | Villa Rucellai
Palazzo Caprini
Il Palazzo Caprini era un importante edificio rinascimentale di Roma.
Storia
Il palazzo Caprini fu un edificio progettato da Bramante intorno al 1510 (o forse prima[1]) per il protonotario apostolico viterbese Adriano de Caprinis. Si trovava a Roma nel quartiere del Borgo, in angolo tra piazza Scossacavalli e via Alessandrina, tracciata in occasione del giubileo del 1500.[2] Era chiamato anche Palazzo di Raffaello (o Casa di Raffaello) perch l'artista nel 1517 lo aveva acquistato[3] e vi aveva dimorato fino alla morte. Alla fine del XVI secolo l'edificio venne poi inglobato nel Palazzo dei Convertendi e poi definitivamente demolito nel XVII sec. Nonostante questo fu un prototipo fondativo dell'architettura civile rinascimentale e del classicismo in genere.
Conosciamo le caratteristiche del monumento scomparso solo da un'incisione di Antonio Lefreri (Antoine Lafrry) e da uno schizzo con parziale veduta dangolo, gi attribuita a Palladio.
Palazzo Caprini
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Caratteri stilistici
L'edificio rappresent una nuova tipologia di palazzo, ripresa nei decenni successivi dai suoi allievi e continuatori a Roma (palazzo Branconio dell'Aquila di Raffaello e Palazzo Vidoni Caffarelli di un allievo di Raffaello) e diventando un modello ripreso da vari architetti del '500 (palazzo Porto di Palladio, Palazzo Uguccioni a Firenze) e nelle epoche artistiche successive. L'edificio era caratterizzato da una facciata su due livelli e cinque campate, trattata con un possente bugnato al piano inferiore come alto basamento dellordine dorico; il piano superiore era infatti scandito da un ordine gigante di colonne binate sormontate da una trabeazione completa. Il palazzo era costituito da un piano terreno destinato a botteghe e da un ammezzato compresi nel basamento bugnato, da un piano nobile occupato da un grande appartamento illuminato da finestre a timpano con balaustra, poste nelle campate dell'ordine ed un piano sottotetto di servizio le cui finestrelle si aprivano nel fregio dorico della trabeazione. Dalle tecniche costruttive antiche Bramante recupera la tecnica della realizzazione del finto bugnato a stucco, o meglio mediante il getto di malta in casse forme di legno facendole assumere la consistenza visiva della pietra bugnata ma probabilmente anche della pietra liscia delle colonne binate. Questa tecnica avr un rapido successo a Roma (per esempio Palazzo Massimo alle colonne ed il suo uso continuer fino al XX secolo.
Note
[1] A.Bruschi, Edifici privati di Bramante a Roma, in "Palladio", a.II n.4, 1989 [2] Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la citt, 2003 [3] A.Bruschi, Bramante architetto, 1969
Vista frontale
Ubicazione Indirizzo Citt Paese Piazza Farnese Roma Italia
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Informazioni Stato Costruzione Uso In uso 1541-1580 ca Ambasciata di Francia Realizzazione Architetto Sangallo il Giovane Michelangelo Stato italiano
Proprietario
Palazzo Farnese un edificio di Roma. Di propriet dello Stato Italiano[2], concesso dal 1936 al governo francese, che ivi ha la sede della propria ambasciata in Italia, per un periodo di 99 anni. Esempio della corrente sintetista sangallesca nell'architettura rinascimentale cinquecentesca, sorge nell'omonima piazza, nel rione Regola.
Storia
Il progetto originario del palazzo si deve ad Antonio da Sangallo il Giovane, per incarico del cardinale Alessandro Farnese (futuro papa Paolo III), che tra il 1495 e il 1512 aveva acquistato il palazzo Ferriz e altri edifici che sorgevano nell'area. I lavori, iniziati nel 1514, si interruppero per il sacco di Roma nel 1527 e furono ripresi nel 1541, dopo l'ascesa al papato del cardinal Farnese, con modifiche al progetto originario e ad opera dello stesso Sangallo. In particolare venne creata la piazza antistante. Dopo la morte del Sangallo nel 1546, i lavori furono proseguiti sotto la direzione di Michelangelo: a lui sembra doversi il cornicione che delimita superiormente la facciata, il balcone sopra il portale centrale con il grande stemma e il completamento di gran parte del cortile interno. La morte del papa interruppe nuovamente i lavori nel 1549. Altri lavori furono effettuati ad opera di Ruggero nipote del papa, tra il 1565 e la sua morte nel 1575, diretti dal Vignola. Infine a Giacomo della Porta, chiamato dal secondo cardinale Alessandro Farnese, altro nipote del Incisione di Giuseppe Vasi papa, si deve la parte posteriore con la facciata verso il Tevere, completata nel 1589 e che avrebbe dovuto essere collegata con un ponte, mai realizzato, alla Villa Chigi (o "Farnesina"), acquistata nel 1580 sulla riva opposta. Per la sua mole e forma il palazzo era chiamato il dado dei Farnese ed era considerato una delle "Quattro meraviglie di Roma", insieme a Il cembalo dei Borghese, a la Scala dei Caetani e a il Portone dei Carboniani. Nel XVIII secolo Giuseppe Vasi lo denominava sulla sua stampa come "Palazzo Regio Farnese", essendo all'epoca di propriet del re Carlo VII di Napoli, della famiglia dei Borbone di Spagna, figlio dell'ultima discendente della famiglia, Elisabetta Farnese. Nel 1860 vi risiedette Francesco II di Napoli, dopo la perdita del regno, e in questa occasione furono condotti lavori ad opera dell'architetto Antonio Cipolla ed eseguiti alcuni affreschi. Dal 1874 il palazzo sede dell'ambasciata francese. Acquisito dalla Francia nel 1911 fu successivamente riacquistato dallo stato italiano nel 1936, ma riaffittato per 99 anni alla Francia per una cifra simbolica. Il palazzo ospita inoltre la biblioteca dell'cole franaise (la scuola archeologica francese di Roma).
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Descrizione
Il palazzo prospetta su una piazza ornata di fontane, che riutilizzano bacini in granito provenienti dalle Terme di Augusto. La facciata, in mattoni con cantonale in travertino (56 m di lato), si articola su tre piani. Le 13 finestre di ciascun piano presentano differenti decorazioni, e quelle del piano nobile sono coronate da frontoncini alternativamente curvilinei e triangolari. Un recente restauro ha riportato in luce una decorazione ottenuta con l'uso di mattoni albasi (poco cotti, di colore giallo e particolarmente porosi) e ferraioli (molto cotti, di colore rosso e molto resistenti) in alcune parti della facciata. Tali decorazioni tuttavia seguono logiche diverse nella parte destra e in quella sinistra della facciata. Quest'ultima presenta una decorazione geometricamente definita a losanghe, Inoltre nei timpani delle finestre del piano nobile sono presenti degli intarsi floreali, sempre realizzati con mattoni bicromi. Tali mattoni bicromi sono utilizzati anche per l'ammorsatura delle finestre, che presenta una caratteristica apparecchiatura dentellata, presumibilmente per motivi strutturali. Queste decorazioni hanno lasciato supporre nel corso degli anni che la facciata in cortina splendidamente apparecchiata, tagliata e arrotata in opera, fosse fatta per essere lasciata a vista. La parte destra della facciata molto meno curata, le losanghe ben definite sono poche e buona parte dei ferraioli sono posti alla rinfusa nella parte alta del piano nobile, nei pressi del cantonale. Questa difformit sulla facciata di quello che presumibilmente il palazzo gentilizio pi importante della Roma rinascimentale ha invece suffragato l'ipotesi che la cortina andasse rivestita e che l'apparecchiatura perfettamente liscia e quasi monolitica avesse lo scopo di minimizzare lo spessore dell'intonaco in stucco di travertino, riducendolo a due o tre mani di scialbo in latte di calce. Quest'ipotesi suffragata dal ritrovamento di tracce di scialbatura su altre importanti architetture dell'epoca, come ad esempio il Palazzo dei Conservatori di Michelangelo nel complesso del Campidoglio[3]. Si passa all'interno tramite un vestibolo a tre navate coperte da volta a botte e separate da colonne di ordine dorico in granito rosso. La decorazione interna particolarmente raffinata. La "Camera del Cardinale" era stata affrescata gi nel 1547 da Daniele da Volterra (fregio superiore), mentre la "sala dei Fasti Farnesiani" fu dipinta da Francesco Salviati tra il 1552 ed il 1556 e completata da Taddeo Zuccari a partire dal 1563. Ad Annibale Carracci si devono gli affreschi nel "Camerino", realizzati nel 1595 e nella "Galleria" (20 m di lunghezza e 6 m di larghezza), con stucchi e dipinti mitologici realizzati insieme al fratello Agostino, tra il 1597 e il 1605: al centro della volta campeggia "Il trionfo di Bacco e Arianna". Nella "sala di Ercole" era conservata la statua dell'"Ercole Farnese", attualmente passata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli insieme a numerose altre sculture della collezione Farnese. Vi erano inoltre conservate le statue della "Piet" e dell'"Abbondanza", opera di Giacomo della Porta e destinate inizialmente alla tomba di Paolo III.
Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Farnese_%28Roma%29& language=it& params=41. 895282_N_12. 471021_E_scale:5000 [2] Breve storia del Palazzo Farnese (http:/ / www. mostrapalazzofarnese. it/ pdf/ Breve_storia_del_Palazzo_Farnese. pdf) (PDF).URL consultato in data 19-5-2011. [3] E. Pallottino, Architettura del Cinquecento a Roma. Una lettura dei rivestimenti originari.
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Collegamenti esterni
Palazzo Farnese (http://www.romaviva.com/Piazza-Navona/palazzo_farnese.htm) Testo su Palazzo Farnese in una guida seicentesca di Giovan Pietro Bellori (http://biblio.cribecu.sns.it/cgi-bin/ bellori/blrCGI?cmd=1&pg=024&w=15) sul sito del Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali della Scuola Normale di Pisa (dalla "Nota delli musei, librerie, galerie et ornamenti di statue e pitture ne' palazzi, nelle case e ne' giardini di Roma, in Roma appresso Biagio Deversin e Felice Cesaretti, nella stamperia del Falco, 1664). Palazzi di Roma (http://www.palazzidiroma.it/palazzo Farnese.htm) Roman Bookshelf - Palazzo Farnese, vedute del XVIII e XIX Secolo (http://romanbookshelf.com/prints/ Farnese Palace/Farnese.html) (EN) An illustrated architectural guide. (http://www.italycyberguide.com/Geography/cities/rome2000/H15a. htm) (EN) Raccolta di stampe e fotografie di dettaglio (http://www2.siba.fi/~kkoskim/rooma/pages/PFARNESE. HTM) sul sito della Sibelius Academy, universit musicale di Helsinki. (EN) Immagini della Galleria dei Carracci (http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/c/carracci/annibale/ farnese/) sul sito di Web Gallery of Art. Visite a Palazzo Farnese (http://www.france-italia.it/index.php?menu=332&lingua=it&citta=Roma) sul sito dell'Ambasciata di Francia in Italia. Recensione della mostra Palazzo Farnse. Dalle collezioni rinascimentali ad ambasciata di Francia (http:// mostreemusei.sns.it/index.php?page=_layout_mostra&id=813&lang=it) (Roma, Palazzo Farnese, 17 dicembre 2010 - 27 aprile 2011)
Palazzo Valmarana
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Palazzo Valmarana
Palazzo Valmarana un palazzo costruito dall'architetto Andrea Palladio nel 1565 e situato a Vicenza, in corso Fogazzaro.
Storia
La medaglia di fondazione delledificio porta incisi la data 1566 e il profilo di Isabella Nogarola Valmarana, ed questultima a firmare i contratti per la costruzione coi muratori nel dicembre del 1565. Tuttavia non vi dubbio sul ruolo avuto dal suo defunto marito Giovanni Alvise (morto nel 1558) nella scelta di Palladio come progettista del palazzo di famiglia. Con Girolamo Chiericati, e naturalmente Giangiorgio Trissino, nel 1549 il Valmarana aveva sostenuto pubblicamente il progetto di Palladio per le Logge della Basilica, evidentemente sulla base di una stima nata sei anni prima, quando Giovanni Busto di Isabella Nogarola Valmarana, Alvise sovrintese alla realizzazione degli apparati effimeri in onore nel salone del piano nobile dellingresso a Vicenza del vescovo Niccol Ridolfi (1543), ideati da Palladio con la regia del Trissino. E uno spazio palladiano la cappella Valmarana nella chiesa di Santa Corona ospiter le spoglie mortali di Giovanni Alvise e di Isabella, su commissione del figlio Leonardo. Sul sito poi occupato dal nuovo palazzo cinquecentesco, la famiglia Valmarana deteneva propriet edilizie sin dalla fine del Quattrocento, che progressivamente furono accorpate sino a costituire loggetto della ristrutturazione palladiana. Lirregolarit planimetrica degli ambienti discende senza dubbio dallandamento sghembo della facciata e dei muri preesistenti. In questo senso appare evidente quanto lolimpica regolarit della planimetria del palazzo
Palazzo Valmarana presentato nei Quattro libri dell'architettura (Venezia, 1570) sia frutto della consueta teorica astrazione palladiana, tanto pi che lestensione del palazzo oltre il cortile quadrato non solo non fu mai realizzata, ma a quanto pare neppure ricercata da Leonardo Valmarana, che risulta acquisire immobili confinanti piuttosto che proseguire nella costruzione del palazzo di famiglia. Durante la seconda guerra mondiale, il 18 marzo 1945, il palazzo sub pesantissimi danni a causa di un bombardamento alleato che distrusse la copertura, parte dell'attico e gran parte del salone principale al piano nobile. La facciata rimase invece intatta e costituisce tuttora uno dei pochi esempi che conservano il proprio rivestimento di intonaci e marmorine originali. Nel 1960 il palazzo in rovina fu ceduto dalla famiglia Valmarana a Vittor Luigi Braga Rosa, che condusse estesi restauri, ricostruendo le parti demolite in guerra e arricchendo il palazzo con decorazioni e opere d'arte provenienti da altri palazzi distrutti, tra cui spicca la collezione di tele seicentesche di Giulio Carpioni a soggetto mitologico.
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Descrizione
La facciata di palazzo Valmarana una delle realizzazioni palladiane pi straordinarie e insieme singolari. Per la prima volta in un palazzo, un ordine gigante abbraccia lintero sviluppo verticale delledificio: si tratta evidentemente di una soluzione che prende origine dalle sperimentazioni palladiane sui prospetti di edifici religiosi, come la pressoch contemporanea facciata di San Francesco della Vigna. Come nella chiesa veneziana le navate maggiore e minore si proiettano su uno stesso piano, cos sulla facciata di palazzo Valmarana appare Sezione (Ottavio Bertotti Scamozzi, 1776) evidente la stratificazione di due sistemi: lordine gigante delle sei paraste composite sembra sovrapporsi allordine minore di paraste corinzie, in modo tanto pi evidente ai margini dove la mancanza della parasta finale rivela il sistema sottostante, che sostiene il bassorilievo di un soldato con le insegne Valmarana. Piuttosto che da astratte costruzioni geometriche, la logica compositiva di queste facciate civili e religiose deriva dalla familiarit di Palladio con le tecniche di disegno, in particolare le rappresentazioni ortogonali con cui visualizza i progetti e restituisce i rilievi degli edifici antichi, e che per altro gli consentono un controllo puntuale dei rapporti fra interno ed esterno delledificio.
Il retro del palazzo con la loggia d'ingresso, visto dalla corte posteriore.
Dettaglio dei capitelli ionici della loggia al piano terreno, visti dal cortile.
Palazzo Valmarana
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Salone al piano nobile: dettaglio dell'unica sezione di pavimentazione originale sopravvissuta alla distruzione del bombardamento del 1945.
Bibliografia
(IT,EN) Scheda su Palazzo Valmarana [1] con bibliografia [2] del CISA - Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio (fonte per la prima revisione di questa voce)
Voci correlate
Cappella Valmarana Villa Valmarana (Lisiera)
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Collegamenti esterni
Sito ufficiale [3]
References
[1] http:/ / www. cisapalladio. org/ veneto/ scheda. php?architettura=63 [2] http:/ / www. cisapalladio. org/ veneto/ scheda. php?architettura=63& modo=biblio [3] http:/ / www. palazzovalmaranabraga. it/
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La Villa Medicea di Poggio a Caiano, chiamata anche Ambra, una delle ville medicee pi famose e si trova nel comune di Poggio a Caiano (PO). Oggi di propriet statale ed ospita un museo. La villa forse il migliore esempio di architettura commissionata da Lorenzo il Magnifico, in questo caso a Giuliano da Sangallo verso il 1480. Non a caso si tratta di un edificio privato, in cui sono presenti elementi che fecero poi da modello per gli sviluppi futuri della tipologia delle ville: compenetrazione tra interno ed esterno mediante filtri La villa come le logge, distribuzione simmetrica degli ambienti attorno a una salone centrale (spazio "centrifugo"), posizione dominante nel paesaggio, recupero consapevole di elementi architettonici classici (come la volta a botte e il frontone di tempio ionico in facciata)[2].
Storia
Quattrocento
La villa situata al centro di un poggio, ultima propaggine del Montalbano, in una posizione strategica protesa a promontorio verso l'Ombrone e la piana e dominante anche verso la strada tra Firenze e Pistoia che deve scavalcare la piccola altura. Fu fatta edificare da Lorenzo de' Medici, dopo aver comprato un podere con mansione rustica da Giovanni Rucellai, il quale a sua volta aveva acquistato quello che allora era un semplice fortilizio da Palla di Noferi Strozzi, costruito dalla famiglia dei Cancellieri di Pistoia dai primi del Quattrocento. Dopo un periodo di intensi acquisti fondiari da parte della famiglia Medici, nell'area di Poggio a Caiano ed anche sull'altra sponda del fiume, presso Tavola, tra il 1470 e il 1474 Lorenzo incaric Giuliano da Sangallo di realizzare una villa che divenne il prototipo della dimora signorile di campagna nei secoli successivi. Lorenzo infatti, tramite il suo architetto preferito, fu tra i primi a concepire uno spazio agreste in cui il territorio venisse ordinato e plasmato secondo le esigenze dell'armonia; iniziava infatti in quell'epoca a tramontare l'idea della villa-fortezza (come la villa di Careggi, pi simile a un castello, realizzata solo trent'anni prima da Michelozzo per Cosimo il Vecchio, il nonno di Lorenzo), e questa nuova attitudine era dovuta sia a questioni politiche, grazie al periodo di pace e stabilit raggiunto dalla politica di Lorenzo, sia filosofiche, secondo gli umanisti che vedevano l'uomo come plasmatore del paesaggio a suo favore, in qualit di "demiurgo" platonico. Tra le innovazioni originali per l'epoca, si registrarono il porticato al pian terreno (quasi una zona di interconfine tra il paesaggio circostanze e la villa), il portico e il frontone classicheggiante al piano nobile e la mancanza di un cortile centrale. Gradualmente la villa si arricch di opere in un continuum tra architettura, pittura e scultura: risalgono a questo periodo l'affresco di Filippino Lippi sotto la loggia al primo piano e, forse, il frontone in maiolica invetriata di
Villa medicea di Poggio a Caiano Andrea Sansovino (che alcuni storici riferiscono ad una seconda fase costruttiva). A Giuliano da Sangallo attribuito anche un altro edificio all'interno della grande tenuta; si tratta di una struttura quadrata e bastionata, a corte centrale, denominato Cascine che si trova sull'altra sponda dell'Ombrone e che, come centro delle attivit agricole,costruito prima della stessa villa, era il suo ideale contrappeso nel complessivo disegno territoriale. Con la morte di Lorenzo nel 1492 i lavori alla villa erano ancora in gran parte incompiuti e subirono un vero e proprio arresto tra il 1495 e il 1513, a causa dell'esilio dei Medici da Firenze. La villa era completa solo per un terzo, il basamento con il portico gi completi e le murature del piano primo giunte al piano d'imposta della volta che doveva coprire il salone centrale.
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Cinquecento
Tra il 1513 e il 1521, dopo il rientro dei Medici, i lavori vennero portati a termine su iniziativa del figlio di Lorenzo, Giovanni, nel frattempo diventato Papa Leone X. Giuliano da Sangallo, ormai anziano pot seguire i lavori solo saltuariamente e fino al 1516, anno della sua morte. I lavori proseguirono per secondo il ,suo progetto, documentato molto prababilmente anche da un modello ligneo. Venne realizzata la volta del salone centrale al primo piano con lo stemma papale (che da allora fu detto Salone di Leone X), sotto la direzione di Andrea di Cosimo Feltrini e il Franciabigio. La grande copertura a botte aveva preoccupato, fin dall'inizio, i committenti, che per la sua grandezza temevano un crollo, ma fu testata dal Sangallo nel suo stesso palazzo fiorentino che stava costruendo, secondo un aneddoto raccontato dal Vasari; inoltre la stessa volta del portico al primo piano della villa, terminata tra il 1492 e il 1494, fece da ulteriore prototipo. Sempre all'epoca di Leone X vennero iniziati gli affreschi del salone dai pi grandi maestri fiorentini dell'epoca, i cosiddetti "manieristi": Pontormo, Andrea del Sarto e il Franciabigio stesso. Le pitture vennero concluse circa cinquant'anni dopo da Alessandro Allori, non senza manomissioni al progetto originale. La villa di Poggio a Caiano rimase sempre la residenza estiva dei Medici e, oltre ad ospitare numerose personalit, fu teatro di importanti avvenimenti della loro storia dinastica. In particolare alla villa venivano accolte prima di giungere a Firenze le spose straniere dei membri della famiglia, che qui ricevevano qui l'omaggio della nobilt fiorentina: il caso di Giovanna Il corteo di Eleonora di Toledo entra a Poggio a Caiano, affresco di Giovanni Stradano in Palazzo Vecchio d'Austria, prima moglie di Francesco I e di Cristina di Lorena, moglie di Ferdinando I. Si celebrarono qui, tra gli altri, i matrimoni tra Alessandro de' Medici e Margherita d'Austria (1536), tra Cosimo I ed Eleonora da Toledo
La villa nel 1599, Lunetta di Giusto Utens, conservata al Museo di Firenze com'era, Firenze
Villa medicea di Poggio a Caiano (1539) e Francesco I e Bianca Cappello gi sua amante (1579). Proprio Bianca e Francesco in questa villa trovarono anche la morte per avvelenamento a distanza di poche ore l'uno dall'altra dopo undici giorni di agonia.
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Seicento e Settecento
Nel 1661 giunse a Firenze Margherita Luisa d'Orlans, cugina di Luigi XIV e sposa di Cosimo III. La principessa, profondamente diversa per carattere dal cupo e ultra-religioso Cosimo e soprattutto sopraffatta dalla Granduchessa madre Vittoria della Rovere, venne di fatto relegata a Poggio a Caiano. Per alleviare la "prigionia", oltre al seguito di circa centocinquanta persone, fece costruire il teatro al piano terra, prima di tornare definitivamente in Francia nel 1675. La Villa fu la residenza preferita del figlio di Cosimo III, il principe Ferdinando, grande amante delle arti prematuramente scomparso, che ne fece un attivissimo centro culturale. Vi si rappresentavano spesso commedie nel teatrino e qui egli aveva radunato una singolarissima collezione che chiamava il Gabinetto delle opere in piccolo di tutti i pi celebri pittori. Si trattava di una pinacoteca disposta in un'unica stanza della villa, che conteneva 174 quadri di altrettanti pittori diversi, il pi grande dei quali misurava 1x0,75 m, e che contava opere di importantissimi autori tra i quali Drer, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Rubens ecc. Oggi non pi ammirabile perch venne smembrata nel 1773 dagli Asburgo-Lorena. La sala del Gabinetto era affrescata da Sebastiano Ricci con un'Allegoria delle arti, ma anche quest'opera andata perduta nelle ristrutturazioni successive. Il monumentale organo, ancora esistente, frutto di un desiderio di Ferdinando. Alla morte di Giangastone (1737), fratello di Ferdinando ed ultimo discendente dei Medici, la Villa pass ai nuovi Granduchi toscani, gli Asburgo-Lorena, che continuarono ad utilizzarla come residenza estiva o come punto di sosta durante i loro viaggi verso Prato o Pistoia. Furono approntati i necessari lavori di manutenzione e restauro periodici, anche se, secondo la loro strategia economica, essi intesero ridimensionare i possedimenti agresti: cominciarono a non usare pi alcune ville (come l'Ambrogiana e Lappeggi), facendone confluire gli arredi confluirono a Palazzo Pitti e alle residenze superstiti. Poggio a Caiano non sub questa sorte, e testimoniano quel periodo solo alcuni arredi, come i piccoli cassettoni in legno pregiato con intarsi raffiguranti vedute e paesaggi. Gli architetti Giuseppe e Giovan Battista Ruggeri curarono un generale restauro, con il rinnovo del teatro e l'apposizione di un orologio sulla facciata. All'epoca di Ferdinando III di Toscana in parco antistante alla villa fu dotato di alcune singolari strutture per il divertimento: un "arcolaio volante", un'altalena, una "giostra degli asini" e una "giostra di cavalli", che sono ancora conservate in un ambiente di deposito.
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Ottocento
Con la conquista napoleonica, la Toscana entr nella sfera di influenza francese, prima come regno d'Etruria e poi come parte dello stesso Impero francese. La Villa sub modifiche interne ed esterne (soprattutto ad opera di Pasquale Poccianti) su iniziativa della reggente Maria Luigia d'Etruria e successivamente di Elisa Baciocchi Bonaparte, sorella di Napoleone, dal 1804 principessa di Lucca e Piombino e dal 1809 granduchessa di Toscana. La Villa di Poggio divenne una delle sue residenze preferite e pare che proprio qui si sia consumata una presunta relazione amorosa tra lei e il celebre violinista Niccol Paganini, che tenne nel La villa all'inizio dell' 800, prima delle modifiche di Poccianti. teatro della villa numerosi concerti. Vi si esibirono, tra Incisione contenura nel Viaggio pittorico della Toscana Francesco gli altri, anche Giovanni Paisello, Etienne Nicolas Fontani Mhul e Gaspare Spontini. Risalgono a quest'epoca gli affreschi in stile neoclassico del pratese Luigi Catani nella sala d'ingresso al primo piano e in ben diciassette sale della villa, ai quali collaborarono vari artisti guidati sempre dal Catani. Sempre su commissione di Elisa Baciocchi, nel 1811 Giuseppe Manetti progett nuovi giardini all'inglese, prevedendo viali irregolari, un laghetto, ed piccoli padiglioni neoclassici come una ghiacciaia a cono ed un tempietto di Diana. Il progetto fu realizzato solo in seguito e parzialmente. Con la restaurazione (1819) proseguirono le riparazioni e i lavori di riordino (soprattutto nel giardino, dove fu costruita la limonaia, solenne opera di Pasquale Poccianti, e fu realizzato il parco all'inglese). Quando Firenze divenne capitale, Vittorio Emanuele II, amante dei cavalli e della caccia, fece risistemare la Villa: furono costruite nuove scuderie ed alcune sale al piano terra vennero ridecorate, come la sala da biliardo al pian terreno o la Sala dei Pranzi, su progetto dell'architetto Antonio Sailer. Con Vittorio giunse al Poggio anche la "bella Rosina", ossia Rosa Vercellana, una popolana torinese e amante del re e poi sua moglie morganatica. Testimonianza di questa ennesima storia d'amore che ha avuto come teatro la Villa sono due belle camere da letto, visitabili al primo piano. Nel 1828 furono sistemate le meridiane sui lati dell'edificio, mentre l'interno della villa veniva aggiornato con arredi pregiati provenienti dai palazzi reali di Modena, di Piacenza, Parma, Torino, Lucca e Bologna, confluiti nel patrimonio del nuovo regno unitario.
Villa medicea di Poggio a Caiano Nella villa e nei giardini sono state ambientate scene del film Darling del 1965 diretto da John Schlesinger. Il riordino si potuto dire concluso solo nel 2007, con l'apertura al pubblico del secondo piano, dove stato sistemato il Museo della natura morta, con i grandi dipinti di Bartolomeo Bimbi, oltre ad altre opere provenienti dalle ville medicee di Castello, della Topaia, dell'Ambrogiana e da altri depositi della soprintendenza.
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Descrizione
La Villa Medicea di Poggio a Caiano il primo esempio di architettura rinascimentale che fonde la lezione dei classici (in particolare Vitruvio) con elementi caratteristici dell'architettura signorile rurale toscana e altre caratteristiche innovative. Evidente la lezione dell'Alberti, a partire dalla scelta del luogo su cui la Villa sorge, fino a giungere alla simmetria e all'armonia delle proporzioni. L'introduzione di una basis villae (la piattaforma sorretta da archi su cui posa l'edificio) ripresa invece da modelli classici come il Tempio di Giove Anxur a Terracina.
Esterno
L'esterno della Villa ha mantenuto abbastanza intatto l'originale progetto rinascimentale del Sangallo, se si eccettuano le due scalinate gemelle che conducono al terrazzo, erette nei primi del 1800 in sostituzione di quelle originarie diritte e perpendicolari al corpo della Villa, ben visibili nella famosa lunetta di Giusto Utens. A progettarle, nel 1807, fu Pasquale Poccianti che ide "una scala esterna con comodo di transito per le carrozze al coperto" (cio con una loggia centrale abbastanza profonda da poter, al contrario del loggiato esistente, permettere l'accesso alle carrozze al riparo delle intemperie), realizzata poi negli anni seguenti da Giuseppe La loggia tra i due bracci della scalinata Cacialli. Anche il tetto stato modificato, quando nel 1575 Alfonso Parigi sostitu la gronda, dove esisteva un camminamento e un coronamento con ringhiera con comignoli, con un aggetto del tetto pi sporgente, ottenendo inoltre un rialzamento del prospetto che altera in modo rilevante le proporzioni del progetto iniziale del Sangallo. Furono modificate anche le finestre che inizialmente erano crociate, cio spartite in quattro parti con una sorta di croce centrale in pietra, secondo un modello tardo-quattrocentesco inventato da Baccio d'Agnolo. Nel Seicento invece fu aggiunta la torretta con l'orologio, in asse con il frontone centrale originario. Il corpo dell'edificio circondato da una terrazza porticata. Alla sommit delle scale si trova una loggia sormontata da un timpano e da una volta a botte finemente decorata a rilievo. Sulla parete destra della loggia si trova un decoro a fresco raffigurante il Sacrificio di Laocoonte di Filippino Lippi.
Villa medicea di Poggio a Caiano Fregio Il fregio in terracotta invetriata in tricromia (bianco, blu e verde)che si vede oggi sull'architrave del timpano sulla facciata principale della villa una copia eseguita nel 1986 dalla manifattura Richard-Ginori, mentre l'originale si trova in una sala al primo piano della villa. Quest'opera lunga 14 metri e 22, alta 85 centimetri ed di attribuzione e datazione incerta. Principalmente viene ascritta ad Andrea Sansovino relativamente alla fase di costruzione di Lorenzo il Magnifico, alla quale rimanda il tema del ritorno all'Et dell'oro, oppure eseguito da Giuliano da Sangallo o da Bertoldo o ancora risalente a due fasi, la seconda delle quali terminata al tempo di Leone X. Il tema raffinato e emblematico potrebbe anche rappresentare la scelta delle anime secondo il mito platonico. In ogni caso chiara la natura di espressione del complesso clima iniziatico, relativo al circolo filosofico di Lorenzo, attraverso una serie di figure allegoriche, di evocativo classicismo.
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Interno
L'interno della Villa ha subito nel corso degli anni diverse trasformazioni che ne hanno modificato l'aspetto originale. Piano terreno Da dietro alla scalinata, sotto al loggiato che circonda la villa, dove sono collocati quattro sarcofagi romani, si accede agli appartamenti al piano terreno. Questo piano nel Cinquecento era considerato ancora secondario rispetto al piano nobile, per cui la valorizzazione di questi ambienti risale per lo pi ai secoli successivi, con l'esclusione degli appartamenti di Bianca Cappello. La sala d'ingresso intonacata in un colore giallo chiaro e riporta alcune iscrizioni su Vittorio Emanuele II e sul plebiscito che un la Toscana al nascente Regno d'Italia. Successivamente si entra nel Teatrino, ideato da Marguerite-Louise d'Orleans la sposa poco apprezzata di Cosimo III. Essa era di fatto relegata a Poggio a Caiano, e per alleviare la sua vita da reclusa pens a far realizzare un teatro, del quale abbiamo la prima menzione nel 1697 come Teatrino delle Commedie. L'uso del teatro divenne pi frequente con il principe Fernando, che mor prematuramente e non fu mai granduca. Segue la sala dei Biliardi in stile sabaudo, con la volta affrescata come un pergolato dal quale si affacciano putti e amorini, mentre su un drappo dipinto sono riportate le insegne reali dei Savoia. Nella sala successiva sono ospitati due dipinti a soggetto biblico attribuiti a Paolo Veronese: Mos e il roveto ardente e Il passaggio del Mar Rosso.
Villa medicea di Poggio a Caiano Appartamento di Bianca Cappello A destra si accede quindi agli appartamenti di Bianca Cappello, dove possibile percepire pi nitidamente che altrove l'aspetto rinascimentale della Villa. Bianca Cappello era una nobildonna veneziana molto colta e raffinata, che ebbe una relazione con il Granduca Francesco I. Questa relazione segreta che coinvolgeva il sovrano della citt, gi sposato con Giovanna d'Austria e con una donna a sua volta gi sposata, fu uno dei pi grandi scandali del Rinascimento e una delle pagine pi romanzesche della saga dei Medici: anche se i due amanti fecero di tutto per restare al coperto, la loro storia fu argomento di dicerie e maldicenze sin dall'inizio. A Poggio a Caiano la loro storia visse alcuni dei La scala di Bianca Cappello momenti pi importanti, infatti qui venne relegata la donna, odiata dalla famiglia e la corte medicea tutta schierata con la sposa legittima, strategicamente allontanata da Firenze. All'inizio fu confinata in una villa secondaria sulle alture di Poggio a Caiano chiamata Il Cerretino, e in tale occasione nacquero alcune fantasie popolari, come l'esistenza di un corridoio sotterraneo tra le due ville che permettesse ai due amanti di incontrarsi segretamente. Con la morte del marito di Bianca e di Giovanna d'Austria i due amanti poterono finalmente sposarsi e trascorsero a Poggio a Caiano alcuni dei momenti pi belli della loro vita coniugale. Gli appartamenti di Bianca Cappello al piano terreno ancora testimoniano questo legame con la villa. Nella villa i due trovarono anche fatalmente la morte nell'ottobre 1587, l'una a un giorno di distanza dall'altro: solo uno studio scientifico dal 2004 al 2006 ha permesso di appurare che essi furono veramente avvelenati con l'arsenico e non, come descrivevano le cronache ufficiali, uccisi dalla febbre terzana. A tale scopo sono state effettuate ricerche all'interno della chiesa di Santa Maria Assunta a Bonistallo presso Poggio a Caiano, dove erano state deposte, dopo l'autopsia, le viscere dei due sovrani, mentre i corpi venivano trasportati a Firenze. L'esame dei resti ritrovati ha confermato tracce di arsenico. Oggi visitabile solo la stanza del Camino degli appartamenti di Bianca Cappello. La stanza, sebbene restaurata ecletticamente nell'Ottocento, conserva ancora il bel camino in marmo bianco, con il pianale sorretto da due telamoni scolpiti on notevole forza plastica. La paternit dell'opera non ancora stata chiarita, ma l'ambito di realizzazione sicuramente vicino a Bernardo Buontalenti, come si evince dalla poderosit dei torsi e dalle teste fantasiosamente corrucciate. Forse sono ascrivibili alla permanenza di Alfonso Parigi il vecchio nella villa nel 1575, che era impegnato nello stesso periodo con il Buontalenti alla villa medicea di Cerreto Guidi. Dello stesso autore forse anche lo scalone in pietra serena che collega due aperture nella stessa stanza, con la quale si raggiungeva la camera da letto della duchessa Bianca, rivestita di cuoio impresso e mobili neorinascimentali, frutto di un completo rifacimenti in stile del 1865 circa.
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Villa medicea di Poggio a Caiano Piano nobile Al primo piano si trova l'ambiente pi interessante della Villa: il salone Leone X, posto al centro dell'edificio e terminato intorno al 1513. Secondo il Vasari la decorazione della volta appartiene solo in parte al Sangallo il resto sarebbe opera del Franciabigio e di Cosimo Feltrini. La decorazione ad affresco uno dei cicli pittorici pi importanti del periodo del manierismo. Sempre al primo piano visitabile la sala d'ingresso (con pitture monocrome del primo ottocento, opera di Luigi Catani, riproducenti temi celebrativi che si riferiscono alla fondazione della Villa: le scene raffigurate sono Lorenzo il Magnifico che riceve il modello della villa da Giuliano da Sangallo e Agnolo Poliziano che incorona con l'alloro il busto di Omero. Sul soffitto della cosiddetta Sala da pranzo si trova un grande affresco, opera di Anton Domenico Gabbiani, raffigurante l'opera di pacificazione di Cosimo il Vecchio, padre della patria. Il dipinto risale al 1698 e fu commissionato dal principe Ferdinando de' Medici. Questa sala era anche conosciuta come Salone degli stucchi, ma gli stucchi in questione, con ritratti dei Medici entro medaglioni e altre decorazioni, vennero asportati nel 1812 perch considerati troppo ridondanti. Solo in alcuni periodo dell'anno viene decorata la tavola con la carpita da tavola con disegni alla moresca ideati da Agnolo Bronzino tra il 1533 e il 1548, magnificamente intessuta con seta e filamenti di oro e argento. Completano il primo piano l'appartamento di Vittorio Emanuele II, con quattro stanze: Guardaroba, Studio, Sala da Ricevere e camera da letto, e quello della Contessa di Mirafiori (la "Bella Rosina") composto da tre stanze con mobilio antico. La stanza della Bella Rosina in particolare decorata con un letto a baldacchino e pareti interamente rivestiti di seta rosa con motivi floreali (1865), drappeggiata a raggiera in modo da lasciar vedere al centro un preesistente affresco neoclassico. Il bagno alla francese, opera dell'architetto di corte Giuseppe Cacialli, fu voluto da Elisa Bonaparte Baciocchi e comport la demolizione di alcune stanze pi antiche. Oggi si ben conservato, con la vasca in marmo con intagli e una scultura di Venere e Amore in una nicchia, oltre al mobilio da toeletta originale. I due affreschi a tema mitologico raffigurano Achille immerso nel fiume Lete e Teti assiste alla partenza di Achille. Nel 1807 il Poccianti progett, oltre alle scale esterne, lo scalone interno che collega il piano terreno ai restanti piani dell'edificio inoltre fu incaricato di alcuni lavori di restauro al piano superiore della Villa. Allo stesso periodo risalgono anche le pitture a affresco in alcuni salottini, di stile prettamente neoclassico, con soggetti tratti dalla mitologia antica.
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Villa medicea di Poggio a Caiano Alessandro Allori quindi fu colui che integr complet il programma decorativo del Salone, e vi lavor tra il 1578 e il 1582, pi di cinquant'anni dopo l'inizio dei lavori di decorazione degli altri pittori, su incarico di Francesco I de' Medici, che soprattutto nella villa visse la sua relazione con la nobildonna veneziana Bianca Cappello. Oltre ad ampliare i pannelli esistenti, ne realizz due ex novo: Siface di Numidia che riceve Scipione, dove si allude al viaggio che Lorenzo iol Magnifico comp a Napoli presso Ferdinando II d'Aragona; il Console Flaminio parla al consiglio degli Achei, in cui si sottintende all'intervento di Lorenzo il Magnifico nella Dieta di Cremona. Inoltre affresc, con numerosi aiuti, i due riquadri sopra i portali, la seconda lunetta con il Giardino delle Esperidi e lo spazio tra le lunette e le finestre e le lunette. Le elaborate e fantastiche composizioni con figure floreali, zoomorfe e antropomorfe sono tipiche del gusto per il capriccio tipico dell'epoca. L'Allori ide quindi una fastosa architettura in tutta la sala, che entra quasi in contrasto con l'architettura reale, con figure che paiono scolpite nei loro colori forti e cristallini tipici del manierismo, creando una scenografia fastosa e virtuosistica. Completavano la decorazione pittorica una superba serie di arazzi voluti da Cosimo I e da suo figlio Francesco, su disegno dello Stradano prima, e dell'Allori poi. Vi erano raffigurate numerose scene di caccia, ideate prendendo spunto dalle vere battute che si tenevano nell'enorme parco attorno alla villa (molto pi grande di quello odierno). Non possibile per ammirarli nel loro insieme perch la collezione oggi dispersa tra alcuni musei fiorentini, depositi e ambasciate all'estero.
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Secondo piano
Nel secondo piano allestito il Museo della Natura Morta, unico nel suo genere e che espone circa 200 dipinti, databili dal tardo Cinquecento alla met del Settecento e provenienti dalle collezioni dei Medici. Molti di questi quadri, fino all'apertura del Museo, si trovavano nei depositi del Polo Museale Fiorentino e di altri enti pubblici e quindi in gran parte visibili al largo pubblico per la prima volta. In una stanza si trovano dei papiers peints di manifattura francese, con un tema esotico dei primi dell'Ottocento. Le vedute raffigurate sono di ampio respiro con una linea dell'orizzonte bassa e piccoli personaggi che raffigurano Les sauvages de la Mer Pacifique (1804).
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Le scuderie
Acquistate alla fine degli anni settanta dal Comune di Poggio a Caiano, sono poste subito fuori del muro di cinta della Villa, lungo la strada per Prato. L'edificio organizzato al piano terra su sei navate voltate a crociera (suddivise in due corsie di tre navate ciascuna) che servivano per la rimessa dei cavalli e dei muli; su di un lato, ampi locali per accogliere i cani da caccia; sulla testata sud un ampio locale con volta unghiata, accoglieva le carrozze; al piano primo una lunga galleria centrale, illuminata alle estremit da due ampi finestroni crociati, distribuiva sui due lati gli alloggi per il personale di servizio della Villa. L'edificio ha dimensioni L'ampio interno delle scuderie medicee imponenti tali da farlo sembrare una sorta di basilica laica e trascendere la funzione a cui era destinato. Dopo un periodo di abbandono e degrado oggi in atto un progetto complessivo di recupero e valorizzazione dell'architetto Franco Purini. Attualmente il piano terra, sede di un centro mostre e congressi, con biblioteca e ufficio informazioni turistiche al piano terra. In attesa di un completo recupero il piano primo.
I giardini
Di grande interesse sono i giardini che circondano la Villa, e risalgono soprattutto all'Ottocento. Fino al Seicento infatti il giardino della villa era piuttosto semplice se paragonato a quelli di Castello o della Petraia: aree sterrate e aree boschive ordinate, con un giardino all'italiana a destra, il tutto privo di fontane e di decorazioni scultoree, come appare dalla lunetta di Giusto Utens. Nel Settecento furono risistemate alcune aree del giardino, ampliando il bosco dove si praticava la caccia, la cosiddetta fagianaia. Nella zona del giardino all'italiana viene sistemata una fontana al centro al posto di un boschetto di alberi, alimentata da una nuova cisterna idrica. I giardini furono ridisegnati dopo il 1811, ma senza seguire del tutto l'originario progetto elaborato dall'ingegnere Giuseppe Manetti, su commissione di Elisa Baciocchi. Louis Martin Berthauld nel 1813 annot la desolazione del piazzale antistante la villa e si propose di rimediare al fatto che i vari luoghi di delizia del parco, che sarebbe vastissimo, sono in realt isolati gli uni dagli altri: la villa e il bosco retrostante sono attigui, ma il giardino all'italiana tagliato dalla via per Prato e il Barco mediceo di Bonistallo (da non confondersi con il ben pi grande Barco Reale posto sul crinale del Montalbano), un bosco destinato alla caccia che ancora oggi sale sulla collina antistante la villa verso la chiesa di San Francesco, dalla strada per Pistoia; le Pavoniere, oltre le Cascine e ancora esistenti, sono invece separate dal fiume Ombrone. Per porre rimedio a questi svantaggi a diverse riprese vennero prese delle iniziative: fu deviata la strada per Prato, abbattuti i numerosi muri che separano le zone della tenuta e unificati in un'unica recinzione, mentre sul piazzale della villa furono realizzati alcuni vialetti serpentini con varia decorazione vegetale; venne raddrizzato il corso dell'Ombrone e realizzato un nuovo ponte in ferro cavalcabile per collegarsi con le Cascine di Tavola e le Pavoniere. Il parco arriv cos ad acquistare una forma irregolare, che sar sfruttata nella realizzazione di un giardino all'inglese, con la creazione di un laghetto e di tempio dedicato a Diana e con ulteriori interventi in chiave romantica. Le cucine, la conserva d'acqua e la cappella vennero nascoste da nuovi gruppi di alberi. Attualmente solo la parte dei giardini che si estende oltre la facciata posteriore della Villa, verso l'Ombrone, si presenta come un giardino all'inglese, con viali ombreggiati ed angoli caratteristici. Sul lato destro della Villa essi hanno invece mantenuto l'aspetto di un giardino all'italiana, con una vasca centrale e numerosi vasi di limoni. Il giardino qui recinto su tre lati e chiuso sul quarto dalla gi citata limonaia-stanzone del Poccianti. I giardini sono
Villa medicea di Poggio a Caiano arricchiti da rare specie vegetali e da alcune statue, come quella in terracotta raffigurante la cattura della ninfa Ambra da parte di Ombrone descritta da Lorenzo de' Medici nel suo poemetto Ambra. Oggi il parco visitabile, nonostante problemi di carente manutenzione, essendosi notevolmente ridotto per limitatezza di fondi l'impiego di giardinieri alla villa. La parte pi curata resta il bel giardino all'italiana davanti alla limonaia, con aiuole geometriche che ritagliano vialetti, dipanandosi da una fontana dal grosso invaso circolare.
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Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Villa_medicea_di_Poggio_a_Caiano& language=it& params=43_49_2. 86_N_11_3_22. 80_E_type:landmark [2] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 137. [3] su questo periodo: M. Attucci, L. Corsetti, S. Gelli, P. Gennai (a cura di), Giornate del tempo di guerra (Poggio a Caiano, giugno-ottobre 1944) Diario di Ermanno Cecchi, Comune di Poggio a Caiano, 2005. [4] recenti studi hanno smentito l'attribuzione del progetto delle scuderie all'architetto Nanni di Baccio Bigio, attribuendo a Tribolo sia il progetto che l'esecuzione del grandioso edificio. Cfr. Elisabetta Pieri e Luigi Zangheri, a cura di, Niccol detto il Tribolo tra arte, architettura e paesaggio, Atti del convegno per il centenario della nascita, Comune di Poggio a Caiano, 2001
Bibliografia
Lapi Bini Isabella, Le ville medicee. Guida Completa, Giunti 2003 Giardini di Toscana, a cura della Regione Toscana, Edifir, Firenze 2001 La Villa medicea di Poggio a Caiano. The Medici Villa at Poggio a Caiano, Sillabe, Livorno 2000. Mignani Daniela, Le Ville Medicee di Giusto Utens, Arnaud, 1993 Medri Litta Maria, Il mito di Lorenzo il Magnifico nelle decorazioni della Villa di Poggio a Caiano, Edizioni Medicea, Firenze 1992. Foster Philip Ellis, La Villa di Lorenzo de' Medici a Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Poggio a Caiano 1992. Marchi Annalisa, a cura di, Itinerari laurenziani : dalla Villa di Cafaggiolo alla Villa di Poggio a Caiano attraverso l'area pratese, Giunti, Prato, 1992. La villa di Poggio a Caiano, biblioteca de "Lo Studiolo", Becossi editore, Firenze 1986. Agriesti Luciano, Memoria, paesaggio, progetto: le Cascine di Tavola e la Villa medicea di Poggio a Caiano dall'analisi storica all'uso delle risorse, Trevi, Roma 1982. Bardazzi Silvestro, La Villa Medicea di Poggio a Caiano, Cassa di risparmi e depositi di Prato, Prato 1981. Gurrieri Francesco, Le scuderie della Villa Medicea di Poggio a Caiano, Azienda autonoma di turismo, Prato 1980. Borea Evelina, a cura di, La Quadreria di Don Lorenzo de'Medici : villa Medicea di Poggio a Caiano, Centro Di, Firenze 1977. Elisabetta Pieri, Luigi Zangheri, a cura di, Niccol detto il tribolo tra arte, architettura e paesaggio, Atti del convegno di studi per il centenario della nascita, Comune di Poggio a Caiano, 2000. Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
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Voci correlate
Poggio a Caiano Musei di Firenze Barco reale Cascine di Tavola Medici Rinascimento fiorentino Papa Leone X Francesco I de' Medici Bella Rosina
Soffitto della volta al primo piano
Altri progetti
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Collegamenti esterni
la Villa di Poggio a Caiano, polo museale fiorentino, con orari e costi della visita (http://www.polomuseale. firenze.it/musei/poggiocaiano/) Comune di Poggio a Caiano, la Villa, dal quale tratta una parte del testo, gentilmente concessa in licenza GDFL (http://www.comune.poggio-a-caiano.po.it/villa/home.htm) Pro Loco di Poggio a Caiano - La villa (http://www.prolocopoggioacaiano.it/lavilla.htm) La villa tra i Giardini di Toscana (http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/prato/villa_medicea. shtml) Prato arte e storia - La Villa Medicea "Ambra" (http://www.pratoartestoria.it/id230.htm) L'amore tra Francesco I e Bianca Cappello (http://www.coopfirenze.it/info/art_2723.htm) Il ritrovamento dei resti di Bianca Cappello apre la possibilit a un'autopsia che chiarisca le vere ragioni del decesso (http://www.toscanaoggi.it/news.asp?IDNews=5633&IDCategoria=205)
La famiglia Rucellai a Firenze
Leon Battista Alberti | Palazzo Rucellai | Santa Maria Novella | Cappella Rucellai | Loggia Rucellai | San Pancrazio | Tempietto del Santo Sepolcro | Orti Oricellari | Palazzo degli Orti Oricellari | Villa di Poggio a Caiano | Villa Lo Specchio | Villa Rucellai
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Architettonico C (i) (ii) Nessuna indicazione 1994 [2] (EN) Scheda [3] (FR) Scheda
Villa Almerico Capra detta La Rotonda (conosciuta anche come Villa Capra o Villa Capra Valmarana) una villa veneta a pianta centrale situata a ridosso della citt di Vicenza. Fatta costruire da Paolo Almerico, che la commission ad Andrea Palladio a partire dal 1566, fu completata dai due fratelli Capra che acquisirono l'edificio nel 1591. La Rotonda, come divenne nota pi tardi, uno dei pi celebrati edifici della storia dell'architettura dell'epoca moderna. Fa parte dei patrimoni dell'umanit dell'UNESCO[4] ed senza dubbio la villa pi famosa del Palladio[5] e, probabilmente, di tutte le ville venete.
Ispirazione
Nel 1565 il canonico e conte Paolo Almerico, ritiratosi dalla curia romana dopo essere stato referendario apostolico sotto i papi Pio IV e Pio V[6], decise di tornare alla sua citt natale Vicenza e costruirsi una residenza di campagna. La villa che commission all'architetto Andrea Palladio sarebbe divenuta uno dei prototipi architettonici pi studiati e imitati per i successivi cinque secoli. Nel corso della sua vita, infatti, Palladio progett circa trenta ville in terra veneta, ma questa residenza, senza dubbio ispirata al Pantheon di Roma, che divenuta una delle sue pi celebri eredit al mondo dell'architettura, divenendo in seguito fonte di ispirazione per migliaia di edifici. Con l'uso della cupola, applicata per la prima volta ad un edificio di abitazione, Palladio affront il tema della pianta centrale, riservata fino a quel momento all'architettura religiosa. Malgrado vi fossero gi stati alcuni esempi di un edificio residenziale a pianta centrale (dai progetti di Francesco di Giorgio Martini ispirati a villa Adriana o dallo "studio di Varrone", alla casa del Mantegna a Mantova - o la sua illusionistica "Camera degli Sposi" in Palazzo Ducale -, sino al progetto di Raffaello per villa Madama)[5], la Rotonda resta un unicum nell'architettura di ogni tempo, come se, costruendo una villa perfettamente corrispondente a se stessa, Palladio avesse voluto costruire un modello ideale della propria architettura.[5]
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Progetto
Il sito prescelto fu la cima tondeggiante di un piccolo colle appena fuori le mura di Vicenza. A quel tempo il fascino per i valori arcadici iniziava a spingere molti nobili possidenti a misurarsi con le gioie della vita semplice, malgrado gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura rimanessero ancora in secondo piano rispetto alla scelta, tutta economica, di orientare gli investimenti verso un'agricoltura di tipo intensivo. Essendo celibe, il prelato Almerico non aveva bisogno di un vasto palazzo (vendette anzi quello che la sua famiglia aveva in centro citt) ma desiderava una villa sofisticata, e fu esattamente questo che Palladio ide per lui: una residenza suburbana[5] con funzioni di rappresentanza, ma anche tranquillo rifugio di meditazione e studio. Isolata sulla cima del colle, questa sorta di originale "villa-tempio" in origine era priva di annessi agricoli.[5] L'architetto la incluse significativamente nell'elenco dei palazzi, e non tra le ville, nei suoi Quattro libri dell'architettura pubblicati a Venezia nel 1570.[5][6]
La costruzione, iniziata nel 1566 circa, consisteva di un edificio quadrato, completamente simmetrico ed inscrivibile in un cerchio perfetto (vedi figura a lato). Descrivere la villa come "rotonda" tuttavia tecnicamente inesatto, dato che la pianta dell'edificio non circolare ma rappresenta piuttosto l'intersezione di un quadrato con una croce greca. Ognuna delle quattro facciate era dotata di un avancorpo con una loggia che si poteva raggiungere salendo una gradinata; ciascuno dei quattro ingressi principali conduceva, attraverso un breve vestibolo o corridoio, alla sala centrale sormontata da una cupola. L'aula centrale e tutte le altre stanze erano proporzionate con precisione matematica in base alle regole proprie dell'architettura di La pianta con evidenziate le proporzioni Palladio, che egli elabor nei suoi Quattro libri.[6] Proprio la sala geometriche centrale rotonda il centro nevralgico della composizione, alla quale il Palladio impresse slancio centrifugo allargandola verso l'esterno, nei quattro pronai ionici e nelle scalinate. La villa risulta cos un'architettura aperta, che guarda la citt e la campagna. Il progetto riflette gli ideali umanistici dell'architettura del Rinascimento. Per consentire ad ogni stanza un'analoga esposizione al sole, la pianta fu ruotata di 45 gradi rispetto ai punti cardinali.[5] Ognuna delle quattro logge presentava un pronao con il frontone ornato di statue di divinit dell'antichit classica. Ciascuno dei frontoni era sorretto da sei colonne ioniche (esastilo ionico). Ogni loggia era fiancheggiata da una singola finestra. Tutte le stanze principali erano poste sul piano nobile.
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Completamento e modifiche
N Andrea Palladio n il proprietario Paolo Almerico videro il completamento dell'edificio, malgrado questo fosse gi abitabile nel 1569. Palladio mor nel 1580 e fu cos un secondo importante architetto, il vicentino Vincenzo Scamozzi,[5] ad essere ingaggiato dai proprietari per sovrintendere ai lavori di completamento, che si conclusero nel 1585, limitatamente al corpo principale, con la costruzione della cupola sormontata dalla lanterna. Palladio intendeva coprire la sala centrale con una volta semisferica, ma Scamozzi, ispirandosi al Pantheon, adott invece una volta pi bassa con un oculo (che doveva essere a cielo aperto) ed apport altre limitate modifiche al progetto,[5] come il taglio alla scalinata che permetteva un accesso diretto dall'esterno ai locali di servizio posti al pianterreno. La scalinata fu nuovamente modificata nel XVIII secolo da Ottavio Bertotti Scamozzi che la riport alla forma originale e il piano attico fu suddiviso in stanze da Francesco Muttoni, che modific i mezzanini (1725-1740). Alla morte del committente Almerico, nel 1589, la villa fin in eredit al figlio naturale Virginio Bartolomeo il quale, a causa della disastrosa gestione economica, fu costretto a venderla due anni dopo, nel 1591, ai fratelli Odorico e Mario Capra. Furono questi ultimi a portare infine a termine il cantiere[5] trent'anni dopo, nel 1620, con la decorazione interna ad affresco. Lo Scamozzi aggiunse gli annessi rustici esterni (la barchessa, staccata dal corpo principale) per le funzioni agricole, non previste nel progetto originario. Al complesso fu aggiunta infine la cappella gentilizia, costruita da Girolamo Albanese per volont del conte Marzio Capra tra il 1645 ed il 1663. "[...] La soluzione palladiana esaltando, nell'isolamento, la centralit crea, s, un'abitazione, ma intesa quale sede adatta, si direbbe, pi che alla vita quotidiana, all'altezza dell'intellettuale speculazione: dimora, invero, pi che degli uomini, degli dei". [7]
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Interno e decorazione
L'interno avrebbe dovuto essere splendido non meno dell'esterno; le statue sono interventi di Lorenzo Rubini e Giovanni Battista Albanese; la decorazione plastica e dei soffitti opera di Agostino Rubini, Ottavio Ridolfi, Ruggero Bascap, Domenico Fontana e forse Alessandro Vittoria; gli apparati pittorici in affresco sono di Anselmo Canera, Bernardino India, Alessandro Maganza e pi tardi del francese Louis Dorigny.[5] Le decorazioni della villa sono state realizzate durante un lungo periodo di tempo e di alcune l'attribuzione non certa. Tra i quattro principali saloni del piano nobile vi sono la sala ovest, decorata con affreschi di tema religioso, e il salone est, che ospita un'allegoria della vita del primo proprietario conte Paolo Almerico, con le sue numerose ed ammirevoli qualit ritratte in affresco. Il luogo pi notevole dello spazio interno senza dubbio la sala centrale circolare, dotata di balconate, che si sviluppa a tutt'altezza fino alla cupola. Il soffitto semisferico decorato da affreschi di Alessandro Maganza: anche qui troviamo allegorie legate alla vita religiosa ed alle Virt ad essa collegate, dove sono raffigurate accanto alla Fama la Religione, la Benignit, la Temperanza e la Castit. La parte inferiore della sala, alle pareti, invece adornata con finte colonne dipinte in trompe-l'il e gigantesche figure di dei della mitologia greca, opera successiva del Dorigny.
Come nell'architettura di Palladio, pensata per un uomo di chiesa, anche nell'apparato decorativo vengono inseriti elementi formali destinati a suggerire un senso di sacralit, in sintonia con tale programma celebrativo. La quantit di affreschi richiama Decorazione della cupola maggiormente l'atmosfera di una cattedrale che non quella d'una residenza di campagna. Goethe, che fece pi volte visita alla villa, disse che Palladio aveva reso un tempio greco adatto ad abitarvi.[8]
Villa Almerico Capra La loggia settentrionale inserita nella collina come termine di una strada carrabile che corre dal cancello principale. Questo percorso un viale tra i blocchi dei servizi, costruito dai fratelli Capra che acquistarono la villa nel 1591, commissionando a Vincenzo Scamozzi di completare l'edificio e costruire le stalle e gli edifici ad uso rurale. Quando ci si avvicina alla villa da questa parte, si riceve l'impressione deliberata che sia stia ascendendo dal basso ad un tempio sulla sommit. Allo stesso modo, in senso inverso, dalla villa si nota il santuario (all'epoca una piccola chiesa) sulla citt dalla cima di Monte Berico, che unifica cos la villa e la citt.
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La villa oggi
La villa appartenuta alla famiglia Valmarana dall'inizio del XX secolo; l'ultimo proprietario noto stato Mario Valmarana ( 2010), professore di architettura presso l'Universit della Virginia,[9] che ne ha curato i continui interventi manutentivi per preservare la Rotonda all'apprezzamento e meraviglia delle future generazioni. La villa stata inserita nel dicembre 1994, assieme alle altre architetture di Vicenza "citt del Palladio", nell'elenco dei Patrimoni dell'umanit dell'UNESCO.[4]
Chiswick House (Londra, 1725), di Lord Burlington e William Kent; uno dei pi celebri esempi di neopalladianesimo britannico, creazione intensamente eclettica e personale di Lord Burlington.
Monticello (Charlottesville, Virginia, 1768-1809), di Thomas Jefferson; la sola casa negli Stati Uniti d'America dichiarata patrimonio dell'umanit dall'UNESCO; Mereworth Castle a Mereworth nel Kent, edificato nel 1723 da Colen Campbell[10] su commissione di Lord Westmorland; Foots Cray Place, Philip Street, Bexley, Londra (demolito); Henbury Hall nel Cheshire, disegnata da Julian Bicknel; Nuthall Temple nel Nottinghamshire (demolito).
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Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Villa_Almerico_Capra& language=it& params=45. 5315_N_11. 5600_E_scale:1000 [2] http:/ / whc. unesco. org/ en/ list/ 712 [3] http:/ / whc. unesco. org/ fr/ list/ 712 [4] Nel 1996 il patrimonio dell'umanit "Vicenza, City of Palladio" stato esteso e ribattezzato "City of Vicenza and the Palladian Villas of the Veneto". Vedi la scheda nel sito dell'UNESCO (http:/ / whc. unesco. org/ en/ list/ 712/ multiple=1& unique_number=843) (IT,EN) Scheda su Villa Almerico Capra (http:/ / www. cisapalladio. org/ veneto/ scheda. php?architettura=67) con bibliografia (http:/ / www. cisapalladio. org/ veneto/ scheda. php?architettura=67& modo=biblio) del CISA - Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio [6] A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, Venezia, 1570, libro II, p. 18 ( vedi (http:/ / www. sentieridelbarocco. it/ BAROCCO/ palladio/ LIBRODUE/ LIBRODUE_parte1. htm)) [7] Franco Barbieri, Renato Cevese, Vicenza, Ritratto di una citt, ed. Angelo Colla, pag. 91. [8] (DE) Goethe, Palladio und die Villa "La Rotonda" bei Vicenza (http:/ / www. reise-nach-italien. de/ palladio-goethe. html) [9] UVA Today. In Memoriam: Mario di Valmarana (http:/ / www. virginia. edu/ uvatoday/ newsRelease. php?id=13163). 14 ottobre 2010.URL consultato in data 16 maggio 2011. [10] Confronto tra Mereworth Castle e la Rotonda (http:/ / www. architecture. com/ LibraryDrawingsAndPhotographs/ Palladio/ PalladianBritain/ VillasInBritain/ VillaRotondasInfluence/ Mereworth. aspx)
Bibliografia
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La Rotonda tra la neve La Rotonda
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Voci correlate
Palladianesimo Villa veneta Ville palladiane
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Basilica di San Pietro Paese Localit Religione Diocesi Citt del Vaticano Roma Cristiana Cattolica di Rito Romano Roma (Vicariato Generale dello Stato della Citt del Vaticano)
Anno consacrazione 1626 (basilica attuale) Stile architettonico Inizio costruzione Completamento Sito web architettura rinascimentale e architettura barocca 1506 (basilica attuale) 1626 Sito ufficiale [2]
La basilica di San Pietro in Vaticano (nome esatto completo Papale Arcibasilica Patriarcale Maggiore Arcipretale di S. Pietro in Vaticano) una basilica cattolica della Citt del Vaticano, cui fa da coronamento la monumentale Piazza San Pietro. la pi grande delle basiliche papali di Roma[3], spesso descritta come la pi grande chiesa del mondo[4] e centro del cattolicesimo. Non tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi romana poich tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano che anche la prima per dignit essendo Madre e Capo di tutte le Chiese dell'Urbe e del Mondo. In quanto Cappella Pontificia, posta in adiacenza del Palazzo Apostolico, la basilica di San Pietro la sede delle principali manifestazioni del culto cattolico ed perci in solenne funzione in occasione delle celebrazioni papali, ad esempio per il Natale, la Pasqua, i riti della Settimana Santa, la proclamazione dei nuovi papi e le esequie di quelli defunti, l'apertura e la chiusura dei giubilei e le canonizzazioni dei nuovi Santi. Sotto il pontificato di Pio IX ospit le sedute del Concilio Vaticano I e sotto papa Giovanni XXIII e Paolo VI quelle del Concilio Vaticano II.
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Storia
La costruzione della basilica
La costruzione dell'attuale basilica di San Pietro fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667. Si tratta tuttavia di una ricostruzione, dato che nello stesso sito, prima dell'odierna basilica, ne sorgeva un'altra risalente al IV secolo, fatta costruire dall'imperatore romano Costantino I sull'area del circo di Nerone e di una contigua necropoli dove la tradizione vuole che san Pietro, il primo degli apostoli di Ges, fosse stato sepolto dopo la sua crocifissione. Oggi possibile solo immaginare l'imponenza di questo edificio, immortalata solo in alcune raffigurazioni artistiche: l'impianto, arricchito nel corso dei secoli con preziose opere d'arte, era suddiviso in cinque navate con copertura lignea e presentava analogie con quello della basilica di San Paolo fuori le mura, aveva 120 altari di cui 27 dedicati alla Madonna.[5] Il coro del Rossellino Sotto papa Niccol V (1447-1455), la basilica costantiniana, sopravvissuta ai saccheggi e agli incendi subiti dalla citt dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, fu interessata da un progetto di sostanziale trasformazione, affidato a Bernardo Rossellino, che prevedeva il mantenimento del corpo longitudinale a cinque navate coprendolo con volte a crociera sui pilastri che dovevano inglobare le vecchie colonne, mentre veniva rinnovata la parte absidale con l'ampliamento del transetto, l'aggiunta di un coro, che fosse la Il progetto di Rossellino ricostruito prosecuzione logica della navata e di un vano coperto a cupola in un disegno del XVII secolo di all'incrocio tra transetto e coro. Questa configurazione forse influ in Martino Ferrabosco qualche modo sul successivo progetto di Bramante per un rinnovamento totale dell'edificio, che infatti inizialmente conserv quanto gi costruito.[6] I lavori iniziarono intorno al 1450, ma con la morte del papa non ebbero ulteriore sviluppo, e furono sostanzialmente fermi durante i pontificati successivi. Una parziale ripresa dei lavori si ebbe tra il 1470 ed il 1471 sotto la direzione di Giuliano da Sangallo, che prepar un progetto di ristrutturazione complessiva per Paolo II, ma senza ulteriore seguito.[7] Nel 1505 le fondazioni e le murature del coro absidale erano alzate fino ad un'altezza di 1,75m circa.
Basilica di San Pietro in Vaticano I progetti di Bramante Il cantiere fu riaperto da Giulio II che probabilmente intendeva proseguire i lavori intrapresi da Niccol V. Tuttavia nel 1505, forse dietro consiglio di Michelangelo, al probabile fine di dare un grandioso contorno al mastodontico mausoleo che aveva concepito per la propria sepoltura, e comunque all'interno di un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica. Il pontefice consult i maggiori artisti del tempo, tra cui fr Giovanni Giocondo che invi da Venezia un progetto a cinque cupole ispirato alla basilica di San Marco. I lavori furono affidati a Donato Bramante, da qualche Uno dei progetti di Bramante anno giunto a Roma da Milano, che super il confronto con l'architetto di fiducia del pontefice, Giuliano da Sangallo, affermandosi come il pi importante architetto dell'epoca, tanto che a lui fu commissionato anche il disegno del vicino Cortile del Belvedere. Il dibattito, non privo di polemiche e rivalit, che si svolse nel corso del 1505, si imperniava sull'idea di costruire un edificio a perfetta pianta centrale, condivisa dagli architetti e dagli intellettuali della Curia, tra cui il neoplatonico Egidio da Viterbo. Bramante non lasci un unico progetto definitivo della basilica, ma opinione comune che le sue idee originarie prevedessero un rivoluzionario impianto a croce greca (ideale richiamo ai primi martyrium della cristianit), caratterizzato da una grande cupola emisferica posta al centro del complesso.[8] Tale configurazione si pu desumere, in parte,[9] dall'immagine impressa su una medaglia del Caradosso coniata per commemorare la posa della prima pietra del tempio, il 18 aprile 1506, e soprattutto da un disegno ritenuto autografo, detto "piano pergamena" in cui la ricerca del perfetto equilibrio tra le parti port lo stesso architetto ad omettere persino l'indicazione dell'altare maggiore, segno evidente che gli ideali del Rinascimento erano maturati anche all'interno della Chiesa. Tale progetto rappresenta un momento cruciale nell'evoluzione dell'architettura rinascimentale, ponendosi come conclusione di varie esperienze progettuali ed intellettuali e confluenza di molteplici riferimenti. La grande cupola era ispirata a quella del Pantheon e doveva essere realizzata in conglomerato cementizio; in generale tutto il progetto riferimento all'architettura romana antica nella caratteristica di avere le pareti murarie come masse plastiche capaci di articolare lo spazio in senso dinamico. I richiami all'architettura romana erano presenti anche nelle grandi volte a botte dei bracci della croce.
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Il cantiere con il coro rosselliano completato, i piloni e gli arconi di sostegno della cupola in costruzione e l'antica basilica ancora in piedi (circa 1524)
La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la pi grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio Martini, Filarete e soprattutto Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, le cui elaborazioni sono chiaramente ispirate alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze.[10] Altri riferimenti vengono dall'architettura rinascimentale fiorentina, ed in particolare con Giuliano da Sangallo che aveva utilizzato la pianta a croce greca ed aveva gi proposto un progetto a pianta centrale per la basilica di San Pietro.[11] Tuttavia non tutti i disegni di Bramante indicano una soluzione di pianta centrale perfetta, segno forse che la configurazione finale della chiesa era ancora questione aperta al momento di iniziare il cantiere.
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Il cantiere dal 1505 al 1514 Nei lavori in cantiere, infatti, fu mantenuto quanto costruito dal Rossellino per il coro absidale, anzi proseguendo i lavori della muratura perimetrale con lesene doriche, in contrasto con il progetto del "piano pergamena" a cui quindi nel 1506 Bramante e Giulio II avevano in qualche modo rinunciato. La sola certezza sulle ultime intenzioni di Bramante e Giulio II la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova basilica.[12] Per poter eseguire tali lavori Bramante fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell'antica e veneranda basilica, suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa[13], a cui presero parte anche Michelangelo che critic la distruzione delle colonne[14] e persino Erasmo da Rotterdam. Bramante fu soprannominato "maestro ruinante" e fu dileggiato nel dialogo satirico Simia ("Scimmia") di Andrea Guarna, pubblicato a Milano nel 1517, che racconta come l'architetto, presentandosi da morto davanti a san Pietro, venga da questi rampognato per la demolizione, rispondendo con la proposta di ricostruire l'intero Paradiso.[15] La forte polemica per il gigantismo del progetto, per la distruzione delle pi antiche testimonianze della chiesa e per lo scandalo delle indulgenze che fin dal 1507 Giulio II aveva accordato a coloro che avessero offerto elemosine per la costruzione della basilica, continu anche dopo la morte del papa ed ebbe un ruolo nella nascita della Riforma protestante di Lutero, che vide i lavori in corso nel suo viaggio a Roma alla fine del 1510. La morte di papa Giulio II (1513), alla quale fece seguito quella dell'architetto (1514), caus forti rallentamenti al cantiere.
Basilica di San Pietro in Vaticano Il cantiere dal 1514 al 1546 Dal 1514, quale successore di Bramante fu chiamato Raffaello Sanzio con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo. Dopo la morte di Raffaello, dal 1520 subentr come primo architetto Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi. Tutti gli architetti sopra riportati approntarono progetti per completare la basilica; si cre pertanto un largo dibattito che di fatto rallent il cantiere. La maggior parte delle soluzioni proposte per il completamento dell'edificio, compresa quella di Raffaello prevedevano il ritorno ad un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a tre navate, mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione a pianta centrale. Dopo una ripresa del ritmo dei lavori nel 1525, che permise di terminare la tribuna e portare avanti decisivamente il braccio meridionale (come appare nelle vedute di Maarten van Heemskerck), il Sacco di Roma (1527) ferm il concretizzarsi di questi progetti. Fu solo sotto papa Paolo III, intorno al 1538, che i lavori furono ripresi da Antonio da Sangallo il Giovane, il quale, intuendo che non avrebbe potuto vedere la fine dei lavori per limiti di et, appront un grandioso e costoso modello ligneo (oggi conservato nelle cosiddette sale ottagonali che si aprono tra le volte ed il sottotetto della basilica) sul quale lavor dal 1539 al 1546, avvalendosi dell'aiuto di Antonio Labacco, per illustrare nei minimi dettagli il suo disegno, che si poneva come una sintesi dei precedenti. All'impianto centrale caldeggiato dal Peruzzi si innestava infatti un avancorpo affiancato da due altissime torri campanarie; anche la cupola si allontanava dall'ideale classico del Bramante, elevandosi con una volta a base circolare con sesto rialzato mitigata da un doppio tamburo classicheggiante.
Progetto di Raffaello
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Durante il periodo dal 1538 al 1546, in cui fu responsabile del cantiere, Antonio da Sangallo copr la volta del braccio orientale, inizi le fondazioni del braccio nord, rinforz i pilastri della cupola murando le nicchie previste da Bramante e rialz la quota di progetto del pavimento[16] creando cos le condizioni per la realizzazione delle Grotte Vaticane. Ancora sopravviveva una parte della navata della vecchia basilica costantiniana, ormai come un'appendice della nuova struttura, dalla quale fu separata nel 1538 da una parete divisoria ("muro farnesiano"), probabilmente per ripararla dal rumore e dalle polveri del cantiere. Sangallo fu anche incaricato del rifacimento del coronamento del campanile medievale che affiancava l'antica facciata, segno forse che non era stato ancora decisa definitivamente la completa demolizione delle preesistenze.[17]
Basilica di San Pietro in Vaticano Il progetto di Michelangelo Dopo Sangallo, deceduto nel 1546, alla direzione dei lavori subentr Michelangelo Buonarroti, all'epoca ormai settantenne. La storia del progetto michelangiolesco documentata da una serie di documenti di cantiere, lettere, disegni dello stesso Buonarroti e di altri artisti, affreschi e testimonianze dei contemporanei, come Giorgio Vasari. Malgrado ci, le informazioni ricavabili spesso sono in contraddizione tra loro. Il motivo principale risiede nel fatto che Michelangelo non redasse mai un progetto definitivo per la basilica vaticana, preferendo procedere per parti.[18] Tuttavia, dopo la morte di Michelangelo, furono stampate diverse incisioni nel tentativo di restituire una visione complessiva del disegno concepito dall'artista toscano, tra cui quelle di Stefano Duprac, che subito si imposero come le pi diffuse e accettate.[19]
Progetto di Michelangelo
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Pertanto, Michelangelo torn alla pianta centrale del progetto originario, cos da sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, ma annullando la perfetta simmetria studiata da Bramante con la previsione di un pronao. Questa scelta port allo scarto dell'idea di Antonio da Sangallo e del suo costosissimo progetto che Michelangelo considerava troppo poco luminoso e stilisticamente scadente. Non mancarono le critiche, sostenute con forza dai sostenitori del modello di Sangallo, primo fra tutti Nanni di Baccio Bigio (a sua volta aspirante alla direzione dei lavori), secondo le quali Michelangelo avrebbe speso Sezione del progetto di Michelangelo pi in demolizioni che in costruzioni. Al fine di prevenire il rischio che nell'incisione di Duprac dopo la sua morte qualcuno alterasse il suo disegno, Michelangelo avvi il cantiere in diversi punti della basilica (ad esclusione della facciata, dove sorgevano ancora i resti della basilica paleocristiana), cos da obbligare i suoi successori a continuare la costruzione secondo la sua concezione. Quindi, all'equilibrio rinascimentale egli contrappose la forza e la drammaticit che derivavano dal suo genio: innanzitutto, sul lato orientale disegn una facciata porticata sormontata da un attico, dando quindi una direzione principale all'intero edificio; poi, dopo aver demolito parti gi realizzate dai suoi predecessori (come il deambulatorio previsto dal Sangallo all'estremit delle absidi), rafforz ancora le strutture portanti a sostegno della cupola, allontanandole dalle delicate proporzioni bramantesche. Alla pianta di Bramante, con una croce maggiore affiancata da quattro croci minori, Michelangelo sostitu una croce centrata su un ambulacro quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno. In questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola, ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. Ciononostante, i sostenitori del progetto di Sangallo avanzarono ancora critiche sull'operato di Michelangelo, senza perdere occasione per mettere in cattiva luce il maestro. Nel 1551 un crollo dovuto ad un errore tecnico del capomastro di fiducia di Michelangelo non fece altro che gettare benzina sul fuoco (c' chi pensa ad un complotto), ed i lavori subirono un'interruzione. Michelangelo present le sue dimissioni nel 1562, allorquando il suo rivale Nanni di Baccio divenne, invischiato com'era nelle speculazioni relative al cantiere, consulente della commissione.
Basilica di San Pietro in Vaticano Nel 1564, alla morte dell'artista, la cupola non era stata ancora terminata ed i lavori erano giunti all'altezza del tamburo: fu Giacomo Della Porta (1533 - 1602) ad eseguirne il completamento (1588 - 1590), conferendole un aspetto a sesto rialzato per ridurre le spinte laterali della calotta. All'epoca del Della Porta risalgono anche le cupole minori, prive di funzione strutturale, poste intorno a quella maggiore, la cui concezione fu presumibilmente opera di Jacopo Barozzi da Vignola e Pirro Ligorio. Secondo alcuni studiosi non sarebbe da escludere l'attribuzione allo stesso Ligorio dell'attico che corre alla sommit della basilica, che forse era stato pensato da Michelangelo solo come una semplice superficie liscia.[20] Uno studio sul riuso di colonne antiche all'interno della basilica, recuperate durante la direzione di Michelangelo, ha mostrato che con ogni probabilit alcune tra le colonne di granito grigio presenti nel transetto e nell'abside di fondo provengono dal Tempio di Venere e Roma.[21] Il completamento della basilica Dopo il 1602, papa Clemente VIII affid la direzione della fabbrica a Carlo Maderno, che fu incaricato di completare la basilica con l'aggiunta di un corpo longitudinale costituito da tre campate e da un portico in facciata. L'opera mutava radicalmente il progetto di Michelangelo e, seguendo le rigide direttive della Controriforma, faceva assumere alla basilica una pianta a croce latina, capace di ospitare un maggior numero di fedeli, ma trasformando la chiesa in uno "strumento di culto di massa"[22] e attenuando anche l'impatto della cupola sulla piazza antistante. Le campate trasformarono il corpo longitudinale della chiesa in un organismo a tre navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali. Le navate laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate nel corpo della basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne, che avrebbero dovuto essere celate, alla sommit del tetto, per mezzo di numerose cupole ornamentali a pianta ottagonale, non realizzate. Subito dopo la navata, Maderno realizz anche la facciata secondo un progetto scelto nel 1607 con un concorso a cui parteciparono anche Domenico e Giovanni Fontana, Girolamo Rainaldi, Giovanni Antonio Dosio e Ludovico Cigoli.[23] Maderno ripropose il prospetto con l'ordine gigante, previsto da Michelangelo per un organismo edilizio sostanzialmente diverso, reinterpretandolo su un unico piano prospettico, senza l'avanzamento del pronao centrale.
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La facciata in travertino, iniziata nel 1608, non fu esente da critiche per l'eccessiva larghezza in rapporto all'altezza e apparve subito sproporzionata e piatta[24], malgrado il tentativo, tipicamente barocco, di rafforzarne la plasticit in corrispondenza dell'asse centrale mediante un uso graduale di pilastri, colonne e avancorpi aggettanti. Dopo che La facciata con i campanili, in un dipinto di era sostanzialmente finita si decise, anche per correggere le sue Viviano Codazzi proporzioni, di costruire anche due campanili affiancati alla facciata. La loro costruzione si interruppe nel 1622 e le due torri rimaste incomplete al primo ordine, finiranno per aumentare le dimensioni orizzontali della facciata,[25] Successivamente anche Gian Lorenzo Bernini prov a delimitare la facciata con due campanili, per dare un maggior rilievo assiale all'edificio. Tuttavia, approvato il progetto e dato inizio ai lavori, si manifestarono preoccupanti
Basilica di San Pietro in Vaticano problemi statici alle fondazioni che decretarono la sospensione dei lavori e l'abbattimento di quanto eseguito fino ad allora. Le colonne dell'unico campanile in parte realizzato vennero per reimpiegate per le facciate delle chiese di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Montesanto di piazza del Popolo. Nel tentativo di dare slancio al severo prospetto, Gian Lorenzo Bernini, autore della piazza antistante alla basilica, esegu una serie di trasformazioni: limit alla sola parte centrale la scalinata d'ingresso alla chiesa e, davanti ai due archi che avrebbero dovuto sostenere i suddetti campanili, scav il terreno sottostante, portando il nuovo piano di calpestio quanto pi possibile vicino al livello della piazza. Frattanto, nel 1611 fu data per la prima volta la benedizione papale dalla nuova loggia, mentre nel 1615 la navata poteva dirsi compiuta; la basilica fu consacrata da papa Urbano VIII nel 1626.
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dal 1514 Raffaello, con la collaborazione di Giuliano da Sangallo (dal 1515 sostituito dal nipote Antonio da Sangallo il Giovane) e Fr Giocondo fino alla sua morte nel 1515. dal 1520 Antonio da Sangallo il Giovane, con collaboratore Baldassarre Peruzzi fino al 1527 dal 1546 Michelangelo dal 1564 Pirro Ligorio e Jacopo Barozzi da Vignola dal 1573 Giacomo Della Porta con Domenico Fontana dal 1603 Carlo Maderno dal 1629 Gian Lorenzo Bernini
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Descrizione
La basilica di San Pietro uno dei pi grandi edifici del mondo: lunga ben 218 metri[27] e alta fino alla cupola 133,30 metri[28], la superficie totale di circa 23.000 metri quadrati. L'edificio interamente percorribile lungo il suo perimetro, bench sia collegato ai Palazzi Vaticani mediante un corridoio sopraelevato disposto lungo la navata destra e dalla Scala Regia a margine della facciata su Piazza San Pietro; due corridoi invece lo uniscono all'adiacente Sacrestia. Nonostante questo aspetto tradisca l'idea di una costruzione isolata al centro di una vasta piazza, come probabilmente l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti, la presenza di passaggi sopraelevati, che non interferiscono con il perimetro della basilica, permette ugualmente di cogliere la complessa articolazione del tempio. L'esterno, in travertino, caratterizzato dall'uso di un ordine gigante oltre il quale impostato l'attico. Questa configurazione si deve sostanzialmente a Michelangelo Buonarroti e fu mantenuta anche nel corpo longitudinale aggiunto da Carlo Maderno. Invece, lungo le navate, presso i 45 altari e nelle 11 cappelle che si aprono all'interno della basilica, sono ospitati diversi capolavori di inestimabile valore storico ed artistico, come diverse opere di Gian Lorenzo Bernini ed altre provenienti dalla chiesa paleocristiana, come la statua bronzea di San Pietro (n. 89), attribuita ad Arnolfo di Cambio.
La facciata
Larga circa 114,69 metri e alta 45,44 metri, venne innalzata da Carlo Maderno fra il 1607 ed il 1614, ed articolata mediante l'uso di colonne d'ordine gigante che inquadrano gli ingressi e la Loggia delle Benedizioni, il luogo dove viene annunziata ai fedeli l'elezione del nuovo papa; al di sotto si trova un altorilievo di Ambrogio Buonvicino, intitolato Consegna delle Chiavi, del 1614 circa. Nella trabeazione, al di sotto del frontone centrale, impressa l'iscrizione
La facciata
(LA)
(IT)
La facciata preceduta da due statue raffiguranti san Pietro e san Paolo, scolpite rispettivamente da Giuseppe De Fabris e Adamo Tadolini nel 1847 per sostituire quelle precedenti, compiute da Paolo Taccone e Mino del Reame nel 1461. Sulla sommit sono disposte le statue, alte anche oltre 5,7m, di Ges, Giovanni Battista e di undici dei dodici apostoli (manca san Pietro). Ai lati della medesima sono collocati due orologi realizzati nel 1785 da Giuseppe Valadier; sotto l'orologio di sinistra si trova una grande campana di 7,50m di circonferenza e oltre 9 tonnellate di peso. La facciata stata restaurata in occasione del giubileo del 2000, e riportata ai colori originariamente voluti da Maderno.
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Il portico
Varcato il cancello centrale, si accede ad un portico che si estende per tutta la larghezza della facciata e sul quale si aprono i cinque accessi alla basilica. L'atrio fiancheggiato da due statue equestri: Carlo Magno, a sinistra, di Agostino Cornacchini (1725, n. 2) e, sul lato opposto, Costantino, creata dal Bernini nel 1670 e che sottolinea l'ingresso ai Palazzi Vaticani attraverso la Scala Regia (n. 8). Alcuni stucchi arricchiscono tutta la volta sovrastante, ideati da Martino Ferrabosco ma realizzati da Ambrogio Buonvicino, a cui appartengono anche le trentadue statue di papi collocate ai lati delle lunette. Sulla parete sopra l'accesso principale alla basilica riportato un importante frammento del mosaico della Navicella degli Apostoli, eseguito da Giotto per la primitiva basilica e collocato nell'attuale sede solo nel 1674 (n. 1).
Le porte
Per entrare nella basilica, oltrepassata la facciata principale, vi sono cinque porte. La porta all'estrema sinistra stata realizzata da Giacomo Manz nel 1964, ed nota come Porta della Morte (n. 3): venne commissionata da Giovanni XXIII e prende questo nome poich da questa porta escono i cortei funebri dei Pontefici.[29] strutturata in quattro riquadri; nel principale vi la raffigurazione della deposizione di Cristo e della assunzione al cielo di Maria. Nel secondo sono rappresentati i simboli della Eucarestia: pane e vino, richiamati simbolicamente da tralci di vite e da spighe tagliate. Nel terzo riquadro viene richiamato il tema della morte. Sono raffigurati l'uccisione di Abele, la morte di Giuseppe, il martirio di san Pietro, la morte dello stesso Giovanni XXIII che non visse abbastanza per vederla (in un angolo richiamata l'enciclica "Pacem in Terris"), la morte in esilio di Gregorio VII e sei animali nell'atto della morte. Dal lato interno alla basilica vi l'impronta della mano dello scultore e un momento del Concilio Vaticano II, quello in cui il cardinale Rugambwa, primo
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Segue la Porta del Bene e del Male (n. 4), opera di Luciano Minguzzi che vi ha lavorato dal 1970 al 1977. La Porta Centrale, o Porta del Filarete (n. 5), fu ordinata da papa Eugenio IV ad Antonio Averulino detto appunto il Filarete e venne eseguita tra il 1439 e il 1445 per l'accesso alla basilica costantiniana. realizzata in due battenti di bronzo e ogni battente diviso in tre riquadri sovrapposti. Nei riquadri in alto sono rappresentati a sinistra Cristo in trono a destra Madonna in trono; nei riquadri centrali sono rappresentati san Pietro e san Paolo, il primo mentre consegna le chiavi a papa Eugenio IV, il secondo rappresentato con la spada e un vaso di fiori. I riquadri inferiori rappresentano il martirio dei due santi. A sinistra la decapitazione di san Paolo, a destra la crocifissione capovolta di san Pietro. I riquadri sono incorniciati da girali animati con profili di imperatori e nell'intercapedine fra questi vi sono fregi con episodi del pontificato di Eugenio IV. Dal lato interno vi la insolita firma dell'artista. Questo ha rappresentato i suoi allievi al seguito di un mulo che lui stesso cavalca.
La Porta Santa A destra rispetto alla precedente si trova la Porta dei Sacramenti (n. 6). stata realizzata da Venanzo Crocetti ed inaugurata da papa Paolo VI il 12 settembre 1965. Sulla porta rappresentato un angelo che annuncia i sette sacramenti[30].
La porta pi a destra la Porta Santa (n. 7) realizzata in bronzo da Vico Consorti nel 1950 e donata a papa Pio XII. Nelle sedici formelle che la costituiscono si pu vedere lo stesso Pio XII e la bolla di Bonifacio VIII che indisse il primo Giubileo nel 1300. Al di sopra sono presenti alcune iscrizioni: PAVLVS V PONT MAX ANNO XIII, mentre quella appena sopra la porta recita GREGORIVS XIII PONT MAX. In mezzo a queste due scritte sono presenti alcune lastre che commemorano le recenti aperture.
IOANNES PAVLVS II P.M. PORTAM SANCTAM ANNO IVBILAEI MCMLXXVI A PAVLO PP VI RESERVATAM ET CLAVSAM APERVIT ET CLAVSIT ANNO IVB HVMANE REDEMP MCMLXXXIII MCMLXXXIV Nel giubileo dell'anno 1983 - 1984 dall'umana redenzione, Giovanni Paolo II, Pontefice Massimo, apr e chiuse la porta santa, chiusa e sigillata da papa Paolo VI nel 1976. IOANNES PAVLVS II P.M. ITERVM PORTAM SANCTAM APERVIT ET CLAVSIT ANNO MAGNI IVBILAEI AB INCARNATIONE DOMINI MM-MMI PAVLVS VI PONT MAX HVIVS PATRIARCALIS VATICANAE BASILICAE PORTAM SANCTAM APERVIT ET CLAVSIT ANNO IVBILAEI MCMLXXV
Giovanni Paolo II, Pontefice Massimo, nuovamente apr e chiuse la porta santa nell'anno del Grande Giubileo dall'incarnazione del Signore 2000 - 2001.
Paolo VI, Pontefice Massimo, apr e chiuse la porta santa di questa basilica patriarcale vaticana nell'anno del Giubileo del 1975.
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La navata principale
L'immenso spazio interno, lungo 187,36 metri (la scritta all'ingresso riporta 837 P.R. che sta per palmi romani), articolato in tre navate per mezzo di robusti pilastri sui quali si aprono grandi archi a tutto sesto, alti 23 metri e larghi 13. La superficie calpestabile di 15.160 metri quadrati. La navata centrale lunga 90 metri (dalla controfacciata ai primi pilastri della cupola), larga 26 metri e alta circa 45 metri e da sola copre circa 2.500 metri quadrati di superficie. coperta da un'ampia volta a botte e culmina, dietro al colossale Baldacchino di San Pietro, nella monumentale Cattedra.
La navata centrale della basilica arricchita con decorazioni di Gian Lorenzo Bernini e aiuti
Particolarmente ricercato il disegno del pavimento marmoreo, in cui sono presenti elementi provenienti dalla precedente basilica, come il disco in porfido rosso egiziano sul quale si inginocchi Carlo Magno il giorno della sua incoronazione. Diecimila metri quadrati di mosaici rivestono poi le superfici interne e si devono all'opera di numerosi artisti che operarono soprattutto tra il Seicento e il Settecento, come Pietro da Cortona, Giovanni De Vecchi, Cavalier d'Arpino e Francesco Trevisani. Fino all'intersezione col transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri posti sulla destra dell'ingresso, si trovano le statue di: Santa Teresa di Ges (1754), Santa Maddalena Sofia Barat (1934), San Vincenzo de' Paoli (di Pietro Bracci, 1754), San Giovanni Eudes (1932), San Filippo Neri (1737), San Giovanni Battista de La Salle (1904), l'antica statua bronzea di San Pietro (Arnolfo di Cambio) e San Giovanni Bosco (1936). Sui pilastri di sinistra: San Pietro d'Alcntara (1713), Santa Lucia Filippini (1949), San Camillo de Lellis (1753), San Luigi Maria Grignion de Montfort (1948), Sant'Ignazio di Loyola (1733, di Camillo Rusconi), Sant'Antonio Maria Zaccaria (1909), San Francesco di Paola (1732) e San Pietro Fourier (1899).
Planimetria
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La navata destra
Nella prima cappella a destra (n. 9) collocata la celebre Piet di Michelangelo, opera degli anni giovanili del maestro (1499) e che colpisce per l'armonia e il candore delle superfici; la scultura protetta da una teca di cristallo a seguito dei danneggiamenti subiti nel 1972, quando un folle vi si avvent contro, colpendola in pi punti con un martello. Oltrepassati il monumento a Leone XII (1835-36) e il seicentesco monumento a Cristina di Svezia, rispettivamente di Giuseppe de Fabris e Carlo Fontana (n. 10, 11), segue quindi la Cappella di San Sebastiano (n. 13), ove collocato il grande mosaico del Martirio di San Sebastiano, realizzato sulla base di un dipinto del Domenichino da Pier Paolo Cristofari; nella cappella, coperta da una volta decorata con La Piet di Michelangelo mosaici di Pietro da Cortona, sono conservati anche i monumenti realizzati nel corso del Novecento per Pio XI e Pio XII (n. 12, 14). Nell'altare della cappella collocata la tomba del beato Giovanni Paolo II, ivi posta dopo l'esposizione in occasione della Beatificazione. Procedendo oltre, si trovano i monumenti a Innocenzo XII (di Filippo della Valle, 1746, n. 15) e a Matilde di Canossa (di Gian Lorenzo Bernini, 1633-37, n. 16), che precedono l'ingresso alla Cappella del Santissimo Sacramento (n. 17), schermata da una cancellata ideata da Francesco Borromini. La cappella fu progettata da Carlo Maderno per raccordare la basilica michelangiolesca con il corpo longitudinale seicentesco. All'interno si trova il tabernacolo del Santissimo Sacramento, realizzato in bronzo dorato da Gian Lorenzo Bernini nel 1674, prendendo a modello il tempietto bramantesco di San Pietro in Montorio. La pala d'altare, raffigurante la Trinit, opera di Pietro da Cortona. All'esterno, la cappella, caratterizzata da un soffitto pi basso rispetto al corpo della basilica, chiusa da un alto attico, cos da celare, ad una vista dal basso, la differenza di quota della copertura. Due monumenti, rispettivamente a Gregorio XIII (Camillo Rusconi, 1723, n. 18) e a Gregorio XIV (n. 19), chiudono la navata destra prima dell'ambulacro che corre intorno alla cupola.
La navata sinistra
La navata si apre con la Cappella del Battesimo (n. 71), progetta da Carlo Fontana e decorata con mosaici del Baciccio completati poi da Francesco Trevisani; il mosaico che troneggia dietro l'altare fu composto ad imitazione di un dipinto di Carlo Maratta, ora collocato nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Subito oltre situata la tomba di Maria Clementina Sobieski (Pietro Bracci, 1742, n. 70) e quindi il Monumento agli Stuart (Antonio Canova, 1829, n. 69). Nell'adiacente Cappella della Presentazione (n. 67) conservato il corpo di Pio X, mentre lungo le pareti sono sistemati i monumenti a Giovanni XXIII e Benedetto XV, realizzati nel corso del XX secolo (rispettivamente n. 66 e 68).
Nello spazio delimitato dal pilastro della navata si trovano quindi il monumento a Pio X (1923, n. 65) e la tomba di Innocenzo VIII (n. 64), eseguita da Antonio Pollaiolo (XV secolo). Un'altra cancellata del Borromini delimita la Cappella del Coro (n. 63), speculare proprio a quella del Santissimo Sacramento, di cui riprende anche la suddetta configurazione esterna. In corrispondenza dell'ultimo pilastro che precede l'ambulacro sono situati i monumenti a Leone XI (Alessandro Algardi, 1644, n. 61) e a papa Innocenzo XI
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L'ambulacro
L'ambulacro, ovvero lo spazio che circonda i quattro pilastri che sorreggono la cupola, introduce verso il cuore della basilica cos come l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti. Sul pilastro posto in corrispondenza con la navata destra si erge l'altare di San Girolamo (n. 20), con la tomba di papa Giovanni XXIII posta alla base di un grande mosaico riproducente un dipinto del Domenichino. La cappella compresa tra quella del Santissimo Sacramento e il transetto quella Gregoriana (n. 21). Essa chiusa da una cupola incastonata all'interno della cortina muraria della basilica, ma all'esterno sormontata da una delle due cupole ornamentali che circondano quella maggiore. Qui situata la tomba di Gregorio XVI Bertel Thorvaldsen, monumento a Pio VII (Luigi Amici, 1848-57, n. 22). La parete nord delimitata dall'altare della Madonna del Soccorso (n. 23), accanto al quale si trovano la tomba di Benedetto XIV (n. 25) e l'altare di San Basilio (n. 24), impreziosito da un mosaico settecentesco. Oltrepassando il transetto si trova il monumento a Clemente XIII (Antonio Canova (1787-92, n. 31), di fronte al quale posto l'altare della Navicella (n. 32). Seguono gli altari di San Michele Arcangelo (n. 33), Santa Petronilla (n. 34) e San Pietro che risuscita Tabita (n. 36); la parete ovest ospita il monumento a Clemente X, opera tardoseicentesca di Mattia de Rossi (n. 35). Il lato sud dell'ambulacro caratterizzato da una riproduzione in mosaico della celebre Trasfigurazione di Raffaello Sanzio, collocata sul pilastro posto a chiusura della navata sinistra (n. 59). L'adiacente cappella, analoga alla Gregoriana, detta Clementina (n. 58), e qui riposano i resti di Gregorio Magno (n. 56) e Pio VII (n. 57, di Bertel Thorvaldsen, 1831, unico artista non cattolico ad aver lavorato per la basilica). L'altare della Bugia (n. 55), ornato ancora con un mosaico settecentesco, si trova dinnanzi al monumento a Pio VIII (Pietro Tenerani, 1866, n. 54); da qui, un corridoio conduce alla grande Sacrestia della basilica vaticana, posta all'esterno della chiesa stessa.
Invece, oltrepassato il transetto meridionale, si osserva il monumento a papa Alessandro VII, notevole opera di Gian Lorenzo Bernini (n. 47), in cui il papa mostrato assorto in preghiera, con la morte, raffigurata da uno scheletro che sorregge una clessidra, che precede una porta, il simbolico passaggio verso all'aldil. Seguono l'altare del Sacro Cuore di Ges (n. 48, con il suo mosaico risalente solo agli anni trenta del XX secolo) e quindi la Cappella della Vergine della Colonna (n. 44), ove si trovano l'omonimo altare e quello dedicato a san Leone Magno (n. 45), con una grandiosa pala d'altare marmorea di Alessandro Algardi (1645-53) L'ambulacro si chiude con il settecentesco altare di San Pietro che guarisce un paralitico (n. 43) e il monumento a papa Alessandro VII (n. 42).
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Il transetto
Il transetto settentrionale, verso i Palazzi Vaticani, fu costruito su progetto di Michelangelo Buonarroti, che elimin il deambulatorio previsto dai suoi predecessori, murando gli accessi al corridoio esterno, non realizzato, e ricavandovi alcune nicchie sormontate da ampi finestroni rettangolari. Le nicchie ospitano tre altari, dedicati a san Venceslao (n. 27), sant'Erasmo (n. 29) e, al centro, ai santi Processo e Martiniano (n. 28). Il transetto meridionale, analogo al precedente, caratterizzato da altrettanti altari, intitolati a san Giuseppe (al centro, n. 51), alla crocefissione di Pietro (n. 52) e a san Tommaso (n. 50). Lungo il transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri, sono collocate statue di santi; nel transetto destro: San Bonfiglio Monaldi (1906), San Giuseppe Calasanzio (1755), San Paolo della Croce (1876) e San Bruno (1744); nel transetto sinistro: San Guglielmo da Vercelli (1878), San Norberto (1767), Sant'Angela Merici (1866) e Santa Giuliana Falconieri (1740).
La cupola
Con oltre 133 metri di altezza, 41,50 metri di diametro (di poco inferiore per a quello del Pantheon di Roma) e 537 scalini dalla base dell'edificio fino alla lanterna, la cupola l'emblema della stessa basilica e uno dei simboli dell'intera citt di Roma.[31]
Poggia su un alto tamburo (costruito sotto la direzione di Michelangelo), definito all'esterno da una teoria di colonne binate e aperto da sedici finestroni rettangolari, separati da altrettanti costoloni. Quattro immensi pilastri, di 71 metri di perimetro, sorreggono l'intera struttura, il cui peso stimato in 14.000 tonnellate. Come detto, la cupola fu costruita in soli due anni da Giacomo Della Porta, seguendo i disegni di Michelangelo, il quale per forse aveva previsto una cupola perfettamente sferica, almeno secondo quanto attestato dalle incisioni di Stefano Duprac pubblicate poco dopo la morte dell'artista. Neanche il modello ligneo della cupola, conservato all'interno della basilica, aiuta a rivelare le vere intenzioni di Michelangelo. Il modello fu realizzato tra il 1558 ed 1561, quando i lavori del tamburo erano gi stati cominciati, ma fu successivamente modificato e presenta alcune sostanziali differenze nella concezione della calotta e degli altri dettagli ornamentali. Del resto, Michelangelo si era riservato per s il diritto di apportare modifiche alla struttura dell'intera basilica, per la quale non giunto sino a noi nessun progetto definitivo, quindi la presenza di un modello non era da considerarsi
Basilica di San Pietro in Vaticano strettamente vincolante ai fini della realizzazione dell'opera.[32] Lo dimostrano, ad esempio, i timpani dei sedici finestroni che segnano il perimetro del tamburo: nel modello sono tutti di forma triangolare, mentre nella cupola vera e propria presentano forme curve e triangolari alternate. In ogni caso, l'attuale configurazione della cupola si deve a Della Porta, che per prevenire dissesti strutturali, la realizz, tra il 1588 e il 1593, a sesto rialzato, circa 7 metri pi alta rispetto a quella michelangiolesca, e cinse la base con catene di ferro. Ci nonostante, nel corso dei secoli, a causa del manifestarsi di pericolose lesioni, soprattutto nel tamburo, si resero necessari altri interventi di consolidamento, ad opera dell'ingegnere Giovanni Poleni, con l'inserimento nella struttura del tamburo e della cupola di altre catene. Dal punto di vista strutturale costituita da due calotte sovrapposte, secondo quanto gi realizzato a Firenze dal Brunelleschi: la calotta interna, pi spessa, quella portante, mentre quella esterna, rivestita in lastre di piombo ed esposta agli agenti atmosferici, di protezione alla prima. Ottocento uomini lavorarono al completamento della cupola che, nel 1593, fu chiusa con la svettante lanterna dotata di colonne binate. Secondo l'incisione di Duprac, altre quattro cupole minori, puramente ornamentali, avrebbero dovuto sorgere attorno alla maggiore per esaltarne la centralit, tuttavia furono portate a termine solo quelle sovrastanti le cappelle Gregoriana e Clementina. La decorazione interna fu realizzata secondo la tecnica del mosaico, come la maggior parte delle raffigurazioni presenti in basilica: eseguita dai citati Cavalier d'Arpino e Giovanni De Vecchi per volont di papa Clemente VIII, presenta scene col Cristo, gli apostoli e busti di papi e santi. La scalinata che permette di salire in cima alla cupola ha un particolare disegno a listoni a sbalzo ed realizzata in cotto ferentinate.
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L'altare papale
Lo spazio sottostante la cupola segnato dal monumentale Baldacchino di San Pietro (n. 82), ideato dal genio di Gian Lorenzo Bernini e innalzato tra il 1624 ed il 1633. Realizzato col bronzo Il Baldacchino di San Pietro di G.L. Bernini prelevato dal Pantheon, alto quasi 30 metri ed sorretto da quattro colonne tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della vecchia basilica costantiniana, le cui colonne erano state recuperate ed inserite come ornamento nei pilastri della cupola michelangiolesca. Al centro, all'ombra del Baldacchino, avvolto dall'immenso spazio della cupola, sorge l'Altare papale, detto di Clemente VIII (che lo consacr nel 1594), collocato sulla verticale esatta del Sepolcro di San Pietro. Lungo i quattro immensi pilastri che circondano l'invaso della cupola si trovano le sculture ordinate da Urbano VIII: sono San Longino (n. 88) di Gian Lorenzo Bernini (1639), Sant'Elena (n. 84) realizzata da Andrea Bolgi nel 1646, Santa Veronica (n. 80) del 1632 ed appartenente a Francesco Mochi, ed infine Sant'Andrea (n. 76) di Franois Duquesnoy (1640).
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Il coro
La struttura del coro analoga a quella del transetto ed dominata, al centro della parete che chiude la basilica, la Cattedra di San Pietro (n. 39), un monumentale reliquiario opera di Gian Lorenzo Bernini e contenente la cattedra dell'epoca paleocristiana, sorretta dalle statue dei quattro Padri della Chiesa e illuminata dalla sfolgorante apparizione della colomba. A sinistra della cattedra si trova il monumento a Paolo III, realizzato da Giacomo Della Porta (n. 40). Alla destra invece sorge il Sepolcro di Urbano VIII (n. 38), eseguito ancora dal Bernini, che vi lavor a partire dal 1627: il complesso dominato dalla statua del papa in atto di benedire, con ai lati del sarcofago le figure allegoriche della Carit e della Giustizia. Al centro uno scheletro scrive l'epitaffio.
Sui pilastri sono collocate le statue di San Domenico (1706), San Francesco Caracciolo (1834), San Francesco d'Assisi (1727) e Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1839).
Basilica di San Pietro in Vaticano Il papa Pio XII, appena eletto (1939), promosse la ricerca archeologica con i nuovi scavi, che nell'arco di dieci anni, dapprima, riportarono alla luce il pavimento dell'antica basilica costantiniana e, successivamente, i resti di una necropoli romana, che occupava il pendio del colle Vaticano, e che fu interrata (come solo limperatore poteva ordinare) dai costruttori della prima basilica. La presenza di questo spazio cimiteriale confermerebbe cos la convinzione che il luogo di sepoltura di San Pietro si trovasse proprio nel luogo in cui gli fu eretto dapprima un sepolcro e poi la basilica. A seguito della campagna di scavi, nel 1953 furono rinvenute alcune ossa avvolte in un prezioso panno di porpora; esse provenivano con attendibilit da un loculo della stessa necropoli in cui si riconosceva una scritta incompleta in greco con il nome di Pietro.[35] Questo ritrovamento dette al papa Paolo VI la convinzione che doveva trattarsi con ogni probabilit dei resti del corpo di san Pietro;[36] i resti furono quindi ricollocati nella posizione sotterranea originaria, la quale corrisponde esattamente alla verticale dei tre successivi altari papali, del baldacchino bronzeo che li sovrasta, e della cupola che tutti li avvolge.[37]
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Gli organi
L'organo maggiore della basilica, che trova posto tra il baldacchino e la Cattedra di San Pietro, stato costruito da Tamburini nel 1962.[38] I corpi d'organo sono due, situati nei transetti di coro della Basilica rispettivamente in Cornu Epistulae ed in Cornu Evangelii, e corrispondono ai due organi costruiti all'inizio del XX secolo dagli organari Carlo Vegezzi-Bossi e Walcker. Il primo corpo d'organo comprende i registri della seconda e terza tastiera, il secondo quelli della prima e della quarta. I registri di pedale sono ripartiti nei due corpi come da necessit foniche. La consolle posta accanto al corpo d'organo di sinistra all'interno degli stalli destinati alle cantorie. Un'altra consolle, utilizzata per le celebrazioni che si svolgono in Piazza San Pietro, stata costruita nel 1999 dall'organaro Mascioni. La trasmissione elettrica. Attualmente (2012), gli organisti attivi nella basilica sono James Edward Goettsche (Organista Titolare della Basilica Vaticana), Juan Paradell Sol (Organista della Pontificia Cappella Musicale "Sistina") e Gianluca Libertucci (Organista del Vicariato della Citt del Vaticano). La disposizione fonica rivela che si tratta di un normale, e neppur tanto grande, organo sinfonico tipico dell'epoca in cui stato concepito. Nella basilica, oltre a questo strumento, ce ne sono altri tre: l'organo Morettini della Cappella del Coro (1887), a due tastiere e pedaliera; l'organo Tamburini della Cappella del Coro (1974), a due tastiere e pedaliera; l'organo Morettini della Cappella del Santissimo Sacramento (1914), ad unica tastiera e pedaliera, con cassa riccamente intagliata di Giacomo della Porta.
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Le campane
La basilica possiede un concerto di sei campane fuse in epoche differenti e installate su un castello in legno risalente alla fine del XVIII sec.: La maggiore il Campanone realizzato dall'orafo Luigi Valadier e completato dal figlio Giuseppe nel 1785, posto sotto l'orologio in facciata: la sua nota il Mi basso crescente +5/16 di semitono (MI2), ha un diametro di 231,6cm e un peso stimato di 8.950 chilogrammi. Segue il Campanoncino, fuso nel 1725 da Innocenzo Casini. Si trova subito dietro al campanone. Ha un diametro di 177,2cm e un peso di 3640kg: la sua nota il Si bemolle Basso calante -6/16 di semitono.
Gruppo delle campane sul lato sinistro del prospetto principale
La III campana la Rota, la decana del gruppo: il suo compito in origine era quello di chiamare a raccolta gli Uditori del Tribunale della Rota Romana. Si trova dietro al campanoncino. Il suo diametro di 136,1cm , il suo peso di 1.815kg e la sua nota il Re Naturale calante -6/16 di semitono ed stata fusa da Guidotto Pisano nel XIII secolo. La IV campana detta Predica, fusa nel 1909 da Giovanbattista Lucenti. Posta ad un livello superiore alla Rota. Ha un diametro di 108,7cm e un peso di 830kg; la sua nota il Fa Naturale calante -8/16 di semitono. Poi c' la V, detta Ave Maria, rifusa nel 1932 da Daciano Colbachini. Ha un diametro di 75,4cm per 250kg di peso; la sua nota il Si naturale calante -5/16. Infine, chiude il gruppo la Campanella, fusa nel 1825 da Luigi Lucenti. Ha un diametro di 73,9cm e un peso di 235kg: la sua nota il Do acuto calante -3/16 di semitono. Le due campane minori si trovano ai lati del campanone. Dal conclave del 2005 le campane di San Pietro hanno un importante ruolo: il loro suono il segnale definitivo dell'esito positivo del conclave. Questo provvedimento stato attuato per fugare ogni dubbio sul colore della fumata che precede l'Habemus Papam. Suono Festivo: suonano a slancio le 4 campane minori, ossia: Do4, Si3, Fa3, Re3 Suono delle Solennit Liturgiche: suonano a slancio le 5 campane minori, ossia: Do4, Si3, Fa3, Re3, Si b2 Il "plenum", cio il suono a slancio di tutte e 6 le campane compreso il campanone, avviene per la maggiori solennit dell'Anno Liturgico: Pasqua, Natale e per la festa dei patroni di Roma Santi Pietro e Paolo il 29 giugno.
La Sacrestia
Originariamente la sacrestia era situata presso la Rotonda di Sant'Andrea, un edificio a pianta centrale posto sul lato sud della basilica; esso era sorto come mausoleo funebre d'epoca imperiale e sopravvisse fino al XVIII secolo. Il concorso per la costruzione della nuova sacrestia fu indetto intorno al 1715 e tra i vari partecipanti primeggi il progetto di Filippo Juvara, che present un modello ligneo oggi conservato presso i depositi della basilica. Tuttavia, i costi elevati dell'opera ne impedirono la realizzazione.
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Solo nel 1776, papa Pio VI commission a Carlo Marchionni l'attuale edificio, i cui lavori furono conclusi nel 1784. La Sacrestia disegnata da Marchionni si inserisce tra le principali architetture romane di fine Settecento, ma non risulta particolarmente innovativa, tentando di armonizzarsi con lo stile della basilica. All'epoca della costruzione essa fu criticata persino dallo studioso Francesco Milizia (1725 - 1798), che per questo fu costretto ad abbandonare la citt.[39] Si tratta di un edificio esterno alla basilica, posto sulla sinistra della medesima; due corridoi sostenuti da arcate a sesto ribassato, la collegano alla navata di San Pietro, in corrispondenza della tomba di Pio VIII e della Cappella del Coro. All'interno di questo articolato volume, che in pianta ed in alzato si presenta come l'aggregazione di diversi corpi di fabbrica, si apre la sala ottagonale della sacrestia comune, coperta da una grande cupola e affiancata dalle sacrestie dei Canonici e dei Beneficiati, dalla Sala del Capitolo e da quella del Tesoro, dove sono conservati numerosi oggetti sacri. Nella sacrestia dei Beneficiati si trovava il Tabernacolo del Sacramento di Donatello e Michelozzo (1432-1433), ora esposto nel Museo del Tesoro.
Tabernacolo di Donatello
All'insieme delle opere necessarie per la sua realizzazione edile ed artistica, fu preposto un ente, la Reverenda Fabrica Sancti Petri, del quale recentemente il Vaticano ha aperto gli archivi agli studiosi: fra i preziosi documenti catalogati vi sono migliaia di note, progetti, contratti, ricevute, corrispondenze (ad esempio fra Michelangelo e la Curia), che costituiscono una documentazione del tutto sui generis sulla quotidianit pratica degli artisti coinvolti. L'ente tuttora operante[40] per la gestione del complesso. da segnalare che l'immenso cantiere della basilica non pass inosservato alla cultura popolare romana: per far passare i materiali per il cantiere alle dogane senza che essi pagassero il dazio si incideva su ogni singolo collo l'acronimo A.U.FA. (Ad Usum FAbricae: [destinato] ad essere utilizzato nella fabbrica [di San Pietro]). Nella tradizione popolare romana nacque subito la forma verbale "auffo" o "auffa", tuttora utilizzata a Roma, per indicare qualcuno che vuole ottenere servigi o beni in modo gratuito. Sempre a Roma, ancora oggi, quando si parla di un lavoro perennemente in cantiere si soliti paragonarlo alla Fabbrica di San Pietro.
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Lunghezza massima esterna : 218 m Lunghezza interna : 186,36 m Lunghezza dell'atrio : 71 m Altezza delle volte: circa 45 m Altezza della cupola: 133,30 m Altezza del baldacchino : 28 m Altezza della facciata : 45,44 m (48 m con le statue) Altezza dell'atrio : 19 m Larghezza della navata centrale: 26 m Larghezza del tamburo della cupola : 41,50 m Larghezza dell facciata : 114,69 m Superficie dell'edificio : 23.000 m (di cui calpestabili 15.160) Numero gradini alla salita della cupola : 537 [44]
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Collegamenti
raggiungibile mediante bus, metropolitana e linee ferroviarie.
Bus
Molte linee bus fermano o passano presso la basilica; LINEE BUS FERIALI: 64 E 40 EXPRESS TERMINI-SAN PIETRO.
Metropolitana
La basilica raggiungibile dalla fermata "Ottaviano - San Pietro - Musei Vaticani" della Linea A.
Ferrovie
La stazione di Roma San Pietro la pi vicina alla basilica, essendo situata a circa 900 metri a sud della basilica. La stazione ferroviaria, situata dentro le mura della Citt del Vaticano, non disponibile al pubblico. Si pu raggiungere la stazione tramite FR 3 e FR 5. La linea FR3 corre da Roma Ostiense e da Viterbo, Bracciano, Cesano. La linea FR5 corre da Roma Termini e da Civitavecchia.
Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Basilica_di_San_Pietro_in_Vaticano& language=it& params=41_54_8_N_12_27_12_E_type:landmark [2] http:/ / www. vatican. va/ various/ basiliche/ san_pietro/ index_it. htm [3] www.romecity.it. Chiese di Roma (http:/ / www. romecity. it/ Chiesediroma. htm).URL consultato in data 28-05-2007. [4] Cardinale P. Poupard, Guida alla citt del Giubileo, Bergamo, 2000. [5] Danilo Mazzoleni, San Pietro in Le Basiliche Maggiori, meta obbligata del pellegrino a Roma, Libreria Editrice Vaticana, p. 10. ISBN 88-209-46257 [6] Christof Thoenes, San Pietro: la fortuna di un modello nel Cinquecento, in "Barnabiti studi" n 19, 2002. [7] Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la citt, 2003, pp. 53-54. [8] P. Murray, L'architettura del Rinascimento italiano, Bari 2007, p. 148. [9] La medaglia mostra la cupola dalla parte absidale ed inquadrata da due campanili e non da informazioni definitive circa lo schema a pianta centrale: Gianfranco Spagnesi, Op. cit., 2003, p. 57. [10] Leonardo da Vinci, intorno al 1490, esegue alcuni studi sulle chiese a pianta centrale: quasi sempre questi organismi si espandono dal nucleo centrale, sormontato da una cupola ottagonale, simile a quella del Brunelleschi, alla quale si affiancano le cupole minori delle cappelle laterali. Si veda in proposito R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Roma-Bari, 1999, p. 199. [11] Gianfranco Spagnesi, Op. cit., 2003, pag. 61. [12] Gianfranco Spagnesi, Op. cit., 2003, pp. 57-61. [13] Romeo De Maio, Riforme e miti nella Chiesa del Cinquecento, 1992. [14] Andrea Pane, L'antico e le preesistenze, in "Verso una storia del restauro: dall'et classica al primo Ottocento", 2008, pag.113,ISBN 88-6055-276-1 [15] Federico Patetta, La figura del Bramante nel "Simia" d'Andrea Guarna, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 1943. [16] Gianfranco Spagnesi, Op. cit., 2003, p. 62. [17] Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la citt, 2003.
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Voci correlate
Citt del Vaticano Piazza San Pietro Tomba di Pietro Palazzi Vaticani Chiese di Roma Basilica di San Pietro in Vincoli Chiesa di San Pietro in Montorio Chiesa dei Santi Pietro e Paolo all'EUR. Basilica di Nostra Signora della Pace
Via Francigena
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Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Saint Peter's Basilica
Collegamenti esterni
Sito ufficiale della basilica, con visita virtuale (http://www.vatican.va/various/basiliche/san_pietro/index_it. htm) Visita virtuale della basilica di San Pietro, da Virtualsweden (http://www.virtualsweden.se/projects/peters/) San Pietro scheda di approfondimento (http://www.activitaly.it/monument/san_pietro_roma.htm) Vista a volo d'uccello sulla basilica di San Pietro con Live Search (http://local.live.com/default.aspx?v=2& cp=qzhbc0j14183&style=o&lvl=1&tilt=-90&dir=0&alt=-1000&scene=7471257&encType=1) Galleria fotografica di basilica di San Pietro in Vaticano (http://kordics.zenfolio.com/p1001999511/) Immagini di Stevan Kordic
separatore
Itinerario di Sigerico
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Facciata Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Toscana Firenze Cristiana cattolica di rito romano Arcidiocesi di Firenze
Anno consacrazione 1420 Stile architettonico Inizio costruzione Completamento gotico, rinascimentale 1279 XIV secolo
Questa voce riguarda la zona di: Santa Maria Novella Voci principali Piazza Santa Maria Novella Basilica di Santa Maria Novella Opere
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Nella venerabile chiesa di Santa Maria Novella, un marted mattina, non essendovi quasi alcuna altra persona, [...] si ritrovarono sette giovani donne...
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Prima giornata, introduzione)
La basilica di Santa Maria Novella una delle pi importanti chiese di Firenze e sorge sull'omonima piazza. Se Santa Croce era ed un centro antichissimo di cultura francescana e Santo Spirito ospitava l'ordine agostiniano, Santa Maria Novella era per Firenze il punto di riferimento per un altro importante ordine mendicante, i domenicani.
Storia
Nel 1219, dodici domenicani arrivarono a Firenze da Bologna, guidati da Fra' Giovanni da Salerno. Nel 1221, ottennero la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, cos chiamata per i terreni agricoli che la circondavano (all'epoca fuori dalle mura). Questa chiesetta, di propriet dei canonici del Duomo, era stata consacrata nel 1049 o, secondo altre fonti, nel 1094, anche se questa seconda ipotesi pi probabile, poich nell'Archivio Capitolare della cattedrale fiorentina conservato un documento che menziona questa data. Ad ogni modo, della chiesetta antica sono stati trovati alcuni resti sotto l'attuale sagrestia, in particolare le basi di alcuni pilastri romanici. Nel 1242 la comunit domenicana fiorentina decise di iniziare i lavori per un nuovo e pi ampio edificio, ottenendo dal papa la concessione di indulgenze per chi avesse contribuito economicamente ai lavori gi a partire dal 1246. Il 18 ottobre 1279, durante la festa di San Luca, venne celebrata nella Cappella Gaddi la cerimonia della Posa della Prima Pietra con la benedizione del cardinale Latino Malabranca Orsini, anche se di fatto i lavori erano gi da tempo iniziati. La nuova chiesa aveva la facciata orientata verso sud. La costruzione fu completata alla met del XIV secolo. Il progetto, secondo fonti documentarie molto controverse, si deve a due frati domenicani, fra' Sisto da Firenze e fra' Ristoro da Campi, ma partecip all'edificazione anche fra' Jacopo Passavanti, mentre il campanile e buona parte del convento si deve all'intervento immediatamente successivo di fra' Jacopo Talenti. La chiesa, sebbene gi conclusa verso la met del Trecento con la costruzione dell'adiacente convento, fu tuttavia ufficialmente consacrata solo nel 1420 da papa Martino V che risiedeva in citt. Su commissione della famiglia Rucellai, Leon Battista Alberti disegn il grande portale centrale, la trabeazione e il completamento superiore della facciata, in marmo bianco e verde scuro, terminata nel 1470. Dopo il Concilio di Trento, tra il 1565 e il 1571 la chiesa fu rimaneggiata ad opera di Giorgio Vasari, con la rimozione del recinto del coro e la ricostruzione degli altari laterali, che comport l'accorciamento delle finestre gotiche. Tra il 1575 e il 1577 fu costruita da Giovanni Antonio Dosio la cappella Gaddi. Un ulteriore rimaneggiamento si ebbe tra il 1858 e il 1860
Basilica di Santa Maria Novella ad opera dell'architetto Enrico Romoli. Un importante restauro stato effettuato nel 1999 con i fondi del giubileo, mentre un successivo restauro della facciata stato eseguito dall'aprile 2006 al marzo 2008. Da marzo 2001 per la visita richiesto un pagamento di un biglietto d'ingresso.
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La facciata
Le preesistenze gotiche
La facciata marmorea di Santa Maria Novella fra le opere pi importanti del Rinascimento fiorentino, pur essendo stata iniziata in periodi precedenti e completata definitivamente solo nel 1920. Il primo intervento si ebbe verso il 1350, quando il registro inferiore fu ricoperto di marmi bianchi e verdi grazie ai fondi da un tale Turino del Baldese deceduto due anni prima. In quella circostanza furono fatti i sei avelli o arche tombali, i due portali laterali gotici e, forse, anche l'ornamentazione marmorea a riquadri e archetti ciechi a tutto sesto fino al primo cornicione, che assomigliano a quelli del Battistero di San Giovanni. L'oculo pi in alto risulta aperto dal 1367. I lavori in seguito si interruppero e durante il Concilio di Firenze, che si tenne anche nel convento dal 1439, venne ribadita la necessit di provvedere al completamento della facciata. Solo un ventennio dopo si offr il ricco mercante Giovanni di Paolo Rucellai, che ne affid il progetto al suo architetto di fiducia, Leon Battista Alberti.
L'intervento dell'Alberti
Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte restante di marmi policromi, armonizzando con la parte gi esistente. La parte inferiore venne lasciata pressoch intatta nel suo assetto medievale, aggiungendo solo il portale classicheggiante, ispirato a quello del Pantheon, incorniciato dal motivo colonna-pilastro, che ricorre, seppure con un rapporto diverso, anche alle estremit sui lati. Oltre una trabeazione classicheggiante si trova un'ampia fascia decorata a tarsie quadrate, ispirata agli attici dell'architettura antica, che separa e raccorda la zona inferiore e quella superiore. La parte superiore venne influenzata dalla preesistenza del grande oculo, attorno al quale Alberti install, in posizione sfasata, un grande rettangolo tripartito, legato da rapporti geometrici di multipli e sottomultipli con il resto degli elementi della facciata. Esso sormontato da un timpano con al centro il volto di Ges Bambino inserito nel disco solare fiammeggiante, emblema del Quartiere di Santa Maria Novella. Le due volute capovolte ai lati, dalle tarsie finissime, hanno funzione di raccordo con la parte inferiore e mascherano il dislivello tra la navata centrale e quelle laterali, notevolmente pi basse. Si tratta del primo esempio di questo motivo architettonico nella storia dell'arte, successivamente ampiamente sfruttato. La voluta di destra fu rivestita di marmi solo nel 1920.
Dettaglio della facciata
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Sull'architrave superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico anno di completamento, il 1470:
IOHA(N) NES ORICELLARIUS PAV(LI) F(ILIUS) AN(NO) SAL(VTIS)
(Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, anno 1470). L'elegante fregio marmoreo centrale con le "vele con le sartie al vento" altro non che l'emblema araldico di Giovanni di Paolo Rucellai. Lo stesso simbolo, che si pu vedere sulla facciata del palazzo e della loggia Rucellai, nonch sul tempietto del Santo Sepolcro in San Pancrazio, compare anche sui pilastri angolari, che in alto portano anche lo stemma familiare Rucellai.
MCCCCLXX
L'intervento dell'Alberti si innest quindi sulle strutture gotiche precedenti, ma seppe unificare la parte nuova e quella antica tramite il ricorso alla tarsia marmorea, derivata dal Romanico fiorentino (Battistero di San Giovanni, San Miniato al Monte, Badia Fiesolana). Questo retaggio tradizionale venne rielaborato secondo la lezione classica e i principi della geometria modulare, valorizzando la storia dell'edificio e il contesto locale. Lo schema comunque mitigato da alcune leggere asimmetrie, forse programmate dall'Alberti, forse dovute alla manodopera locale. Lo schema preimpostato anteriormente non era infatti modulato su corrispondenze matematiche, per cui probabile che Alberti dovette mascherare la mancata corrispondenza tra gli elementi verticali della parte inferiore e superiore, proprio con l'aggiunta della fascia-attico, le cui tarsie non sono allineate agli altri elementi. Alcuni dei rapporti modulari principali: La linea di base della chiesa uguale all'altezza della facciata, con la quale forma un quadrato; Se la parte inferiore esattamente la met della superficie di questo quadrato, quella superiore, riguardo al quadrato tra le volute, equivale a un quarto; Dividendo ancora questa superficie in quattro si ottengono dei sedicesimi di superficie che inscrivono con precisione le volute laterali; Il portale centrale alto una volta e mezzo la sua larghezza (rapporto di 2/3); L'altezza della fascia centrale a cerniera uguale alla larghezza dei portali laterali e degli avelli, ed sette volte l'altezza dell'ordine inferiore; I lati dei quadrati intarsiati sulla fascia centrale sono un terzo dell'altezza della fascia stessa ed il doppio del diametro delle colonne della parte inferiore. Il Sol Invictus rappresentato sul timpano lo stemma del quartiere di Santa Maria Novella, ma anche un simbolo di forza e ragione; il diametro del tondo del Sole esattamente la met del diametro del rosone (compresa la cornice) ed uguale a quello dei cerchi nelle volute.
La sfera armillare
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I portali
Le lunette sopra le porte furono dipinte da Ulisse Ciocchi tra il 1616 e il 1618. Quella centrale rappresenta San Tommaso d'Aquino in preghiera davanti al crocifisso (sullo sfondo lo stemma Rucellai e la processione del Corpus Domini che ebbe inizio in Santa Maria Novella). Quelle laterali ritraggono due personaggi del Vecchio Testamento tradizionalmente legati all'allegoria eucaristica: Aronne con la manna, a destra, e Melchisedech con i pani, a sinistra.
La navata centrale
Un grande tramezzo separava anticamente il presbiterio, l'area riservata ai religiosi, dalle navate longitudinali dove prendevano posto i fedeli, ma venne demolito tra il 1565 e il 1571, quando vi lavor Vasari su commissione di Cosimo I. Nello stesso periodo vennero accorciate le monofore lungo la navata, in modo da lasciare in basso lo spazio per nuovi altari laterali. Il pavimento ospitava anticamente numerosissime lapidi funebri, che vennero selezionate nel restauro del 1857-1861 e in parte poste tra i pilastri laterali. Sempre nell'Ottocento, venne ricostruito l'altare centrale, in stile neogotico, e vennero ricomposte le finestre e gli altari laterali, dando alla chiesa l'aspetto attuale. In fondo alla navata principale, ad un'altezza di 45 metri, stato ricollocato dal 2001 il Crocifisso di Giotto (databile verso il 1290), dopo dodici anni di restauro, nella posizione dove verosimilmente doveva trovarsi fino al 1421. Leggermente inclinato in avanti, sorretto da una struttura metallica sospesa, ancorata ad un argano che ne consente l'abbassamento fino a terra.
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Le vetrate
Le vetrate furono eseguite tra il XIV e il XV secolo e fra esse spiccano per esempio la Madonna con Bambino o San Giovanni e San Filippo entrambe disegnate da Filippino Lippi, poste nella Cappella Strozzi. Il rosone che si apre sulla facciata, che raffigura l'Incoronazione della Vergine con schiere d'angeli danzanti e una cornice di Profeti, fu realizzato su cartone attribuito ad Andrea di Bonaiuto, tra il 1365 e il 1367. Nella scena raffigurato anche il committente, Tebaldino de' Ricci.
La controfacciata
Interno di Santa Maria Novella, dipinto di Fabio Borbottoni (1820-1902) Nella controfacciata interessante la lunetta del portale centrale, con una Nativit, affresco staccato di Sandro Botticelli. In quella del portale di sinistra si trova un'Annunciazione su tela, l'ultima opera di Santi di Tito. In quella di destra infine si trova un affresco trecentesco di autore ignoto, con un'Annunciazione che sormonta la Nativit, Adorazione dei Magi e Battesimo di Cristo.
Basilica di Santa Maria Novella Il quinto altare presenta una pala cinquecentesca con le Storie di Santa Caterina di Bernardino Poccetti, che fa da cornice ad una statua moderna della santa, mentre il sesto altare decorato dal San Giacinto e altri santi di Alessandro Allori (1596). All'angolo con il transetto si trova un'acquasantiera della scuola di Benvenuto Cellini.
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Il transetto
Il transetto attraversato da una breve scalinata che porta agli altari ed alle cappelle posteriori e che sostituisce il tramezzo del presbiterio dalla ristrutturazione vasariana del 1565-1571. composto da tre campate a base quadrata, una grande cappella centrale, grande quasi come l'intera campata centrale, e due coppie di cappelle posteriori di ampiezza dimezzata. Inoltre vi sono due cappelle sopraelevate alle estremit, dalle quali si accede anche alla sagrestia (a sinistra) ed alla Cappella Della Pura (a destra). Nelle chiavi di volta delle crociere si trovano figure simboliche in pietra, scolpite e dorate nel Trecento. Nel lato destro si trovano tre sepolture parietali di notevole interesse: La tomba di Tedice Aliotti, vescovo di Fiesole morto nel 1336, attribuita a Maso di Banco (in alto). La tomba di fra' Aldobrando Cavalcanti, vescovo di Orvieto morto a Firenze nel 1279 (a sinistra). La tomba di Giuseppe, patriarca di Costantinopoli morto a Firenze durante il concilio nel 1440, con una pittura murale di autore fiorentino anonimo raffigurante il defunto fra due angeli (in basso). Vicino alla gradinata per la Cappella Rucellai si trova la lastra tombale di Corrado della Penna, vescovo di Fiesole morto nel 1312, opera della cerchia di Arnolfo di Cambio.
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Cappella di Filippo Strozzi, affreschi di Filippino Lippi, San Filippo scaccia il dragone dal tempio di Hierapolis
La Cappella Rucellai si trova in posizione rialzata in fondo al braccio destro del transetto e risale al Trecento. Vi conservata una statua marmorea di Madonna con bambino di Nino Pisano, della met del XIV secolo. Gli affreschi sono molto danneggiati e rimangono solo dei frammenti attribuiti al Maestro della Santa Cecilia (restaurati nel 1989). Il pannello sulla parete di sinistra (Martirio di Santa Caterina d'Alessandria) fu dipinto da Giuliano Bugiardini tra il 1530 e il 1540, mentre il monumento funebre in bronzo al centro del pavimento fu realizzato da Lorenzo Ghiberti nel 1425. Un tempo vi era collocata la Madonna Rucellai, oggi agli Uffizi, che infatti prende il nome da questa cappella, anche se questa non era la sua collocazione originaria.
Basilica di Santa Maria Novella Cappelle di sinistra A sinistra della cappella maggiore si trova la Cappella Gondi, disegnata da Giuliano da Sangallo (1503), dove conservato il Crocifisso di Filippo Brunelleschi, l'unica scultura lignea conosciuta del grande architetto fiorentino. Secondo una storia riportata dal Vasari, il Brunelleschi lo avrebbe scolpito in risposta al Crocifisso di Donatello conservato in Santa Croce e da lui definito primitivo. Le volte contengono serie di affreschi fra i pi antichi della chiesa, del Trecento, attribuiti a maestranze greco-bizantine. La vetrata recente e risale al secolo scorso. Segue la Cappella Gaddi, di Giovanni Antonio Dosio (1575-1577), ammirata dai contemporanei come la prima cappella fiorentina incrostata a commesso di marmi e pietre dure. Vi si trovano dipinti e affreschi del Bronzino e del suo allievo Alessandro Allori, oltre a bassorilievi di Giovanni Bandini. In fondo al braccio sinistro del transetto, in posizione rialzata simmetricamente alla Cappella Rucellai, si trova la Cappella Il Crocifisso di Brunelleschi (fuori sede) Strozzi di Mantova, per distinguerla da quella di Filippo Strozzi. Anche questa coperta di affreschi pregevoli, che risalgono al 1350-57, fra le migliori opere di Nardo di Cione (fratello di Andrea Orcagna), e rappresentano i regni dei cieli strutturati secondo la Divina Commedia di Dante: sulla parete di fondo il Giudizio Universale, dove si trova anche un ritratto di Dante, a destra l'Inferno e a sinistra il Paradiso. Sull'altare maggiore Il Redentore con Madonna e santi dell'Orcagna. Nardo di Cione prepar anche il cartone per la vetrata della cappella. Sulla parete esterna della cappella si trova un orologio affrescato, dove si pu leggere anche un distico di Agnolo Poliziano. Poco distante si apre a destra la cappella del Campanile, con resti di decorazioni ad affresco trecentesche, un'Incoronazione di Maria all'esterno e un San Cristoforo all'interno. Sulla parete sinistra del transetto, sopra le due porte, un elegante vano progettato da Fabrizio Boschi nel 1616 ospita un sepolcro Cavalcanti.
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Organi a canne
Organo maggiore Nella prima met del XIV secolo, vengono costruiti due piccoli organi positivi da fra' Simone de' Saltarelli per accompagnare il canto dei religiosi nel corso delle funzioni. Il primo grande organo a canne venne costruito nel 1457 da fra' Giovanni Tedesco sopra un'apposita cantoria situata nella penultima campata della navata laterale sinistra. Lo strumento viene sostituito nel 1532 un nuovo organo e una nuova cantoria al posto dei precedenti. Lo strumento, la cui cassa fu affidata a Baccio d'Agnolo, mentre la parte fonica fu affidata a fra' Bernardo d'Argenta, riutilizzava alcune canne dell'organo precedente ed era dell'ordine dei 12'. L'organo, rimasto quasi inalterato per pi di due secoli, viene sensibilmente ampliato e modificato nel 1821 da Giosu Agati e ricostruito da Michelangelo Paoli in occasione del Natale 1839. In previsione dei lavori di rifacimento della chiesa condotti da Gaetano Baccani, l'organo viene smontato nel 1855 e non viene reinstallato che nel 1868. Lo strumento attuale (2012) frutto del rifacimento del 1920 ad opera di Daniele Paoli e non pi ospitato nelle antiche cassa e cantoria cinquecentesche, vendute nel 1856 per avere i fondi necessari per costruire la nuova cantoria in stile neogotico. Esso a trasmissione pneumatica ed ha due tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera di 30, e non funzionante. La sua disposizione fonica la seguente:
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Prima tastiera - Grand'Organo Principale Principale Flauto Ottava Duodecima Flauto in XV Decimaquinta Ripieno grave Ripieno acuto Voce Umana Tromba 16' 8' 8' 4' 2.2/3' 2' 2' 4 file 2 file 8' 8'
Seconda tastiera - Espressivo Principalino Bordone Flauto Flauto in XII Oboe Tremolo 8' 8' 4' 2.2/3' 8'
Organo della cappella della Pura Nella cappella della Pura si trova un organo positivo processionale costruito nel 1772 da Luigi Tronci. A trasmissione meccanica, ha un'unica tastiera di 45 note con prima ottava scavezza e una pedaliera scavezza di 9 costantemente unita al manuale e priva di registri propri. La sua disposizione fonica la seguente:
Manuale Principale Ottava Decimaquinta Decimanona-Vigesimaseconda Flauto in XII Tiratutti [8']
La sagrestia
La Sagrestia si apre nella parete sinistra del transetto sinistro e inizialmente fu costruita verso il 1380 come Cappella dell'Annunciazione in onore di Mainardo Cavalcanti. Venne ristrutturata in larga parte dal Cinquecento al Settecento. Risale all'impianto pi antico la struttura gotica con le volte a crociera (anche se la loro decorazione risale in larga parte a rifacimenti ottocenteschi) e le vetrate nella trifora eseguite da Leonardo di Simone su disegno di Niccol di Pietro Gerini (1386-1390). Il lavabo in marmo e terracotta invetriata posto in controfacciata a sinistra un'opera di Giovanni della Robbia del 1498-1499, mentre quello posto simmetricamente a destra, in marmi policromi, opera dell'artista della scuola del Foggini, Gioacchino Fortini. Gli armadi con sportelli nella parete di fondo furono disegnati da Bernardo Buontalenti e realizzati da Maestro Lessandro di Luca Bracci da Pelago nel 1582-1584, con le tele seicentesche di Gabriele, l'Annunziata e i Santi Domenico e Tommaso d'Aquino. In controfacciata, sopra l'entrata troviamo un Crocifisso ligneo, opera di Maso di Bartolomeo (1425-1450).
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Gli avelli erano veri e propri luoghi di sepoltura, per cui, non essendo interrati, a volte dalle fessure delle tombe si sprigionavano afrori, per i quali la via degli Avelli era malamente nota: esiste il Il cimitero detto toscano che dice "puzzare come un avello". La strada originariamente era molto stretta e solo con le opere di Risanamento nel 1867 assunse il tracciato odierno, lastronato e pedonalizzato poi negli anni novanta del XX secolo. Il piccolo cimitero, con i cipressi che sono stati piantati solo nell'Ottocento, si apre a sinistra della basilica, in un terreno usato come luogo di sepoltura fino alla fine del XIX secolo (a entrata libera). Nel recinto interno si ritrova il motivo degli avelli con stemmi scolpiti, anche se qui le lastre usate sono in pietraforte e in condizioni meno buone che nelle arche all'esterno.
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Il campanile
Lo slanciato campanile si vede bene da piazza della Stazione. Fu eretto tra il 1332 e il 1333 da Jacopo Talenti, usando per le fondazioni pi antiche, della met del XIII secolo. Lo stile tipicamente romanico, con trifore a tutto sesto ed archetti pensili, anche se la ripidissima copertura cuspidata un elemento gotico. Raggiunge un'altezza di oltre 68 metri.
Il convento
Annessi alla chiesa si trovano gli edifici del convento, con tre chiostri monumentali. Chiostro Verde, Cappellone degli Spagnoli e refettorio oggi fanno parte del Museo di Santa Maria Novella. Nella cappella interna del convento, si trova l'interessante tavola delle Effigie domenicane, opera di un maestro anonimo della prima met del XIV secolo[2].
Il Chiostro Verde
Il Chiostro verde (parte del Museo) costruito dopo il 1350 da fra' Jacopo Talenti con gli affreschi di Paolo Uccello "a terra verde", da cui il nome del chiostro, nella prima met del XV secolo: su tre pareti affreschi con "Storie della Genesi" di Paolo Uccello e la sua cerchia (lato orientale, di particolare pregio artistico le scene del Diluvio universale e dell'Ebbrezza di No, con un uso innaturale della prospettiva e del colore) e altri artisti (Storie di Abramo sul lato meridionale e Storie di Giacobbe sul lato occidentale, del 1440-1450); restaurato nel 1859, fu danneggiato e parzialmente restaurato dopo l'alluvione del 1966.
Il Chiostro Verde
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Il refettorio
Dal Chiostro Verde si accede a un andito, che viene detto delle quattro porte, perch presenta una porta per lato: oltre alla porta verso il Chiostro Verde, ne ha una per il chiostro Grande, una per i piani superiori in fondo a una scaletta e una per l'antirefettorio. Il vano dell'antirefettorio pressoch a pianta quadrata e presenta un'architettura trecentesca. Vi sono conservati varie opere d'arte: una sinopia degli affreschi di Paolo Uccello, 35 figure di Profeti della bottega dell'Orcagna, inseriti un tempo lungo i pilastri della Cappella Tornabuoni, il polittico di Bernardo Daddi, gi nel Cappellone degli Spagnoli, e vari oggetti Veduta del refettorio preziosi contenuti in vetrine, quali busti reliquiari di scuole senese del Trecento (tra i quali quello di Sant'Orsola e di una delle sue compagne vergini) e il Paliotto del'Assunta, un prezioso tessuto ricamato in velluto broccato su fondo di teletta d'oro, con quattordici Storie della Vergine, realizzate su disegno forse di Paolo Schiavo (1446-1466). L'ambiente successivo il refettorio vero e proprio, costruito con quattro campate di volte a crociera costolonate da Jacopo Talenti verso il 1353. Curioso la presenza dell'affresco della Madonna in Trono di Andrea Bonaiuti circondata da una rutilante teoria di personaggi in inequivocabile stile manierista (Miracoli dell'Esodo), opera di Alessandro Allori del 1597. In realt l'Allori aveva dipinto l'affresco come cornice ad una sua tavola con l'Ultima Cena (1584), esposta sulla parete vicina, che aveva coperto l'affresco del Boaniuti preservandolo. Altre opere qui conservate sono le due tele con i Miracoli di San Domenico di Ranieri Del Pace del 1716 e, nelle vetrine, paramenti sacri, abiti liturgici, oreficerie sacre e reliquiari, tra i quali spiccano i busti delle Sante Anastasia e Maddalena, della bottega del lucchese Civitali. Importante il parato di San Domenico (1859-1860), esposto qui in una piccola parte, un'enorme quantit di tessuto bianco ricamato usato per coprire le pareti interne della chiesa per la festa del santo,l'8 agosto.
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Dossale
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Il Chiostro Grande
Il Chiostro grande, il pi ampio della citt, rimaneggiato negli anni 1562-1592 dall'architetto Giulio Parigi su committenza di Eleonora da Toledo, fu affrescato da artisti fiorentini del XVI e XVII secolo (il Poccetti, Santi di Tito, il Cigoli, Alessandro Allori, ecc.) con Storie di Cristo e di santi domenicani; oggi sede della Scuola Marescialli e Brigadieri Carabinieri. Vi si aprono l'antica Biblioteca, gli ex-appartamenti papali, dei quali resta solo la Cappella dei Papi, e il maestoso ex-dormitorio, con tre lunghe navate sorrette da pilastri monolitici.
Il chiostro grande
Al primo piano del chiostro grande esistevano gli appartamenti usati dai pontefici in visita a Firenze. Vi risiedettero per esempio Eugenio IV durante il Concilio di Firenze, oppure Leone X. Proprio su impulso di quest'ultimo fu realizzato l'unico ambiente superstite del complesso papale, la Cappella dei Papi, affrescata da Ridolfo del Ghirlandaio (Assunzione della Vergine) e dal giovane Pontormo (1515), il quale realizz una eloquente figura della Veronica che solleva il drappo con il volto di Cristo, con una composizione ed un uso del colore che gi sono tipicamente manieristi. Inoltre il soffitto dipinto con originalissimi motivi a grottesche su sfondo scuro, con nove quadri dove sono ritratti angeli, altre figure e blasoni medicei.
Altri ambienti
Dal lato sud del chiostro si entrava nell'antica Officina di profumeria e farmaceutica detta Farmacia di Santa Maria Novella, che ancora oggi esiste ma alla quale si accede ora da via della Scala. la pi antica farmacia d'Europa, aperta ininterrottamente sin dal Seicento. Dallo stesso chiostro si accede anche alla Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas, sodalizio fondato nel 1877, che dal 1880 trov spazio per i suoi ginnasti nell'ex refettorio del convento. La sua prima sede era stata l'ex complesso di San Firenze, poi trasformato in Regia Corte di Assise.
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Basilica di Santa Maria Novella dall'arca, sacrificio di No, ebbrezza di No. Gli affreschi della seconda e terza campata sono attribuibili ad un pittore della sua cerchia (Dello Delli o Francesco d'Antonio), mentre quelli delle campate quinta e sesta sono oggi quasi interamente perduti. Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano Monumento alla Beata Villana (1451), nella navata destra. Baccio d'Agnolo - coro ligneo e leggio (ora nella cappella Maggiore), rimaneggiati dal Vasari. Domenico Ghirlandaio - affreschi della cappella Affreschi di Domenico Ghirlandaio nella Cappella Tornabuoni Maggiore, su commissione di Giovanni Tornabuoni (1485-1490) sulle pareti (Storie di Maria sulla parete sinistra, Storie di San Giovanni Battista sulla parete destra, San Domenico brucia i libri eretici, Uccisione di S.Pietro Martire, Annunciazione e Andata di S.Giovanni nel deserto con i committenti sulla parete di fondo) e sulla volta (Evangelisti). Filippino Lippi - affreschi nella cappella di Filippo Strozzi (1497-1502): sulla volta sono raffigurati Adamo, No, Abramo e Giacobbe; sulla parete destra San Filippo Apostolo fa uscire di sotto il tempio di Marte in Jerapoli un mostro e Crocifissione di San Filippo nella lunetta; sulla parete sinistra San Giovanni Evangelista resuscita Drusiana e Martirio del santo nella lunetta; parete di fondo con decorazione architettonica e figure a chiaroscuro). Cartone per le vetrate della cappella, con Madonna con il Bambino e i santi Giovanni e Filippo. Benedetto da Maiano - Tomba di Filippo Strozzi (1491-1493) con tondo con Madonna e Bambino sorretto da quattro angeli e sarcofago in basalto. Il busto ora al Museo del Louvre. Ridolfo del Ghirlandaio - affreschi della cappella dei Papi (1515 lunetta con l'Assunzione della Vergine e decorazione della volta) Pontormo - affreschi della cappella dei Papi (1515 lunetta con la Veronica, riquadri nella volta). Giorgio Vasari - Madonna del Rosario (1568) Bronzino - il Miracolo di Ges Giambologna - Crocifisso in bronzo sull'altare maggiore. Alessandro Allori - Ultima cena nel refettorio (1592) Artisti che affrescarono il Chiostro Grande (1580-1585): Alessandro Allori, Santi di Tito, Bernardino Poccetti, Ludovico Cigoli, Ludovico Buti, Cosimo Gamberucci, Benedetto Veli, Lorenzo Sciorina, Giovanni Maria Butteri, Mauro Soderini, ecc.
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Monumenti vicini
Nella piazza retrostante la chiesa ha sede l'omonima stazione ferroviaria, una delle pi importanri opere del Razionalismo italiano degli anni trenta (Michelucci ed altri). L'edificio, per la sua dislocazione dietro l'abside della chiesa, suscit all'epoca polemiche per il suo stile moderno, ma invece, rappresenta un caso di esemplare integrazione tra nuovo ed antico, a partire per esempio dalla scelta di impiegare lo stesso materiale esterno, la pietraforte.
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Voci correlate
Piazza Santa Maria Novella Monumenti di Firenze Gotico italiano
Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Basilica_di_Santa_Maria_Novella& language=it& params=43_46_28. 62_N_11_14_57. 87_E_type:landmark [2] EMILIO PANELLA: Effigi domenicane, o meglio Tavola del beato Maurizio d'Ungheria (http:/ / www. smn. it/ arte/ effigi. htm)
Bibliografia
Vincenzo Fineschi, Memorie sopra il Cimitero antico di S. Maria Novella di Firenze, Firenze 1787. Vincenzo Fineschi, Il Forestiero Istruito in S. Maria Novella, Firenze 1790. Giuseppe Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, divise nei suoi quartieri, 1754-1762. Roberto Lunardi, Arte e storia in Santa Maria Novella, Firenze 1983. Santa Maria Novella e i suoi Chiostri Monumentali, Becocci Editore, Firenze 2004. Guida d'Italia, Firenze e provincia ("Guida Rossa"), Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2007.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Opera per Santa Maria Novella - Sito ufficiale (http://www.chiesasantamarianovella.it) Sito ufficiale del chiostro e dei musei di Santa Maria Novella (http://giubileo.comune.fi.it/musei/smnovella/ welcome.html) Le vetrate di Santa Maria Novella (http://www.icvbc.cnr.it/bivi/regioni/toscana/firenze.htm#C.di S.Maria Novella) Visita virtuale (http://www.compart-multimedia.com/virtuale/us/florence/church_santa_maria_novella.htm) Gli organi dal sito La pagina dell'organo (http://xoomer.virgilio.it/fborsari/arretra/organi/italia30.html)
La famiglia Rucellai a Firenze
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Leon Battista Alberti | Palazzo Rucellai | Santa Maria Novella | Cappella Rucellai | Loggia Rucellai | San Pancrazio | Tempietto del Santo Sepolcro | Orti Oricellari | Palazzo degli Orti Oricellari | Villa di Poggio a Caiano | Villa Lo Specchio | Villa Rucellai
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