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VIAGGI STRAORDINARI

GIULIO VERNE


I VIAGGIATORI
DEL SECOLO XIX
CON 74 ILLUSTRAZIONI

Titolo originale
Decouverte de la Terre-Les Voyageurs du XIX Sicle
(1880)




CASA EDITRICE SONZOGNO MILANO

1896.







INDICE
PARTE PRIMA____________________________________ 4
CAPITOLO I. _______________________________________ 4
L'aurora d'un secolo di scoperte. _____________________________ 4
CAPITOLO II. _____________________________________ 97
L'esplorazione e la colonizzazione dell' Africa. ________________ 97
PARTE SECONDA_______________________________ 245
CAPITOLO I. _____________________________________ 245
I circumnavigatori stranieri._______________________________ 245
CAPITOLO II. ____________________________________ 308
I circumnavigatori francesi. _______________________________ 308
CAPITOLO III. ___________________________________ 442
Le spedizioni polari._____________________________________ 442

PARTE PRIMA
CAPITOLO I.
L'AURORA D'UN SECOLO DI SCOPERTE.
Diminuzione delle scoperte durante le lotte della Repubblica e
dell'Impero francese. Viaggi di Seetzen in Siria ed in Palestina.
L'Huran ed il periplo del mar Morto. La Decapoli. Viaggio in Arabia.
Burckhardt in Siria. Corse nella Nubia sulla due rive del Nilo.
Pellegrinaggio alla Mecca e a Medina. Gli Inglesi nell'India. Weeb
alle sorgenti del Gange. Relazioni d'un viaggio nel Penjab. Cnristie e
Pottinger nel Sindhy. Quesiti stessi esploratori attraverso il Belutchistan
fino in Persia. Elfinstone nell'Afganistan. La Persia secondo
Gardanne. Ad. Duprj Morier, Macdonald-Kinneir, Price e Ouseley.
Guldenstsed e Klaproth nel Caucaso. Lewis e Clarke nelle montagne
Rocciose. Raffles a Sumatra e a Giava.

La fine del secolo XVIII ed il principio del XIX non
possono davvero vantare delle grandi scoperte geografiche.
Abbiamo visto la Repubblica francese allestire la
spedizione alla ricerca di La Prouse, e riportante crociera del
capitano Baudin sulle coste dell'Australia. Sono queste le sole
testimonianze d'interesse che le passioni scatenate e le lotte
fratricide permisero al governo di dare a questa scienza, che
pure tanto apprezzata in Francia, la geografia.
Pi tardi, in Egitto, Bonaparte si circond di scienziati e di
artisti eletti. Allora furono raccolti i materiali di quella grande e
bell'opera che per la prima diede un'idea esatta, bench
incompleta, dell'antica civilt della terra dei Faraoni. Ma
Napoleone, sacrificando tutto alla sua detestabile passione, la
guerra, non volle pi intendere parlare di esplorazioni, di
viaggi, di scoperte da fare. Erano denaro ed uomini che gli
sarebbero stati rapiti. Il consumo che ne faceva era troppo
grande per permettergli questa stupida spesa. La cosa apparve
chiara quando egli cedette agli Stati Uniti per pochi milioni
l'ultimo avanzo del nostro impero coloniale in America.
Fortunatamente gli altri popoli non erano oppressi da
questa mano di ferro. Bench assorbiti dalla lotta contro la
Francia, essi trovarono ancora dei volonterosi che estendevano
il campo delle conoscenze geografiche, costituivano
l'archeologia sovra basi veramente scientifiche, e procedevano
alle prime ricerche linguistiche ed etnografiche.
Il dotto geografo Malte-Brun, in un articolo ch'egli
pubblic nel 1817 sul principio dei Nuovi Annali dei Viaggi,
segnala minuziosamente e con molta precisione lo stato delle
nostre conoscenze geografiche al principio del secolo XIX, e i
molti desiderata della scienza. Egli nota i progressi gi
compiuti della navigazione, dell'astronomia, della linguistica.
Anzich nascondere te sue scoperte come aveva fatto per
gelosia la Compagnia della Baia d'Hudson, la Compagnia delle
Indie fonda accademie, pubblica memorie, incoraggia i
viaggiatori.
La stessa guerra utilizzata, e l'esercito francese raccoglie
in Egitto i materiali d'un'immensa opera. Come si vedr fra
poco, una nobile emulazione sorta in tutti i popoli.
Vi ha per altro un paese che inaugura, fin dal principio di
questo secolo, le grandi scoperte che i suoi viaggiatori
dovevano fare, ed la Germania. I suoi primi esploratori
procedono con tante cure, sono dotati d'una volont cos ferrea
e d'un istinto cos sicuro, che non lasciano ai loro successori se
non l'ufficio di accertare e completare le loro scoperte.
Il primo cronologicamente Ulrico Gaspare Seetzen. Nato
nel 1767 nell'Oostfrisia, Seetzen, dopo d'aver compiuti i suoi
studi a Gottinga, cominci col pubblicare alcuni saggi sulla
statistica e sulle scienze naturali, per le quali egli si sentiva
inclinato. Queste pubblicazioni fermarono su di lui l'attenzione
del Governo che lo nomin consigliere aulico nella provincia
di Tever.
Il sogno di Seetzen, come fu pi tardi quello di
Burckhardt, un viaggio nell'Africa centrale; ma egli vuole
prepararvisi con una esplorazione della Palestina e della Siria,
paesi sui quali la Palestine association, fondata a Londra nel
1805, doveva fermare l'attenzione. Seetzen non aspett questo
tempo, e munito di molte raccomandazioni part, nel 1802, per
Costantinopoli.
Bench un gran numero di pellegrini e di viaggiatori si
fossero succeduti nella Terra Santa e nella Siria, non si
avevano ancora se non nozioni molto incerte su queste
contrade. La geografia fisica non era sufficientemente stabilita,
le osservazioni mancavano, e certe regioni, come il Libano ed
il mar Morto, non erano mai state esplorate. Quanto alla
geografia comparata, non esisteva ancora. Ci vollero gli studi
assidui dell'Associazione inglese, e la scienza dei suoi
viaggiatori per costituirla. Seetzen, che aveva spinti i suoi studi
da diversi lati, si trov dunque meravigliosamente preparato
per esplorare questo paese, che, sebbene tante volte visitato, era
in verit un paese nuovo.
Dopo d'aver attraversato tutta l'Anatolia, Seetzen giunse ad
Aleppo nel mese di maggio del 1804, vi rimase quasi un anno
dandosi allo studio pratico della lingua araba, facendo dei sunti
delle opere degli storici e dei geografi dell'Oriente, verificando
la posizione astronomica di Aleppo, attendendo a ricerche di
storia naturale, raccogliendo manoscritti, traducendo un gran
numero di quei canti popolari e di quelle leggende, che sono
cos preziose per la conoscenza intima di una nazione.
Da Aleppo, Seetzen part nell'aprile 1805 per Damasco. La
sua prima corsa lo condusse attraverso i cantoni di Hauran e di
Djolan, situati al sud-est di questa citt. Fino allora nessun
viaggiatore aveva visitato queste due Provincie, abitate da
popolazioni, che durante la dominazione romana ebbero una
parte abbastanza importante nella storia degli ebrei, sotto il
nome di Auraniti e di Gauloniti. Seetzen fu il primo a dare
un'idea della loro geografia.
Il Libano e Baalbeck furono riconosciuti dall'ardito
viaggiatore, il quale spinse le sue corse al sud della
Damascena, discese in Giudea, esplor la parte orientale
dell'Hermon, del Giordano e del mar Morto. Era la sede di quei
popoli ben conosciuti nella storia ebrea, gli Ammoniti, i
Moabiti, i Galaditi, i Batanei, eco. La parte meridionale di
questa contrada portava al tempo della conquista romana il
nome di Permea, ed l che si trovava la celebre Decapoli o
Lega delle dieci citt. Nessun viaggiatore moderno aveva
visitato questa regione, e fu per Seetzen un motivo di
cominciarvi le sue ricerche.
I suoi amici di Damasco si provarono a dissuaderlo da
questo viaggio, dimostrandogli le difficolt e i pericoli d'una
via frequentata dai Beduini; ma nulla pot arrestarlo. Pure,
prima di visitare la Decapoli e di riconoscere lo stato delle sue
rovine, percorse un piccolo territorio, il Ladscha, che aveva
triste riputazione a Damasco, in causa dei Beduini che
l'occupavano, ma che si diceva contenesse notevoli antichit.
Partito da Damasco il 12 dicembre 1805 con una guida
armena che lo fece smarrire fino dal prima giorno, Seetzen,
prudentemente munito d'un passaporto del pasci, si fece
accompagnare di villaggio in villaggio da un cavaliere armato.
La parte del Ladscha che ho veduto, dice il viaggiatore in
una relazione riprodotta negli antichi Annali dei Viaggi, non
offre come l'Hawaii che basalto, sovente porosissimo, che
forma in molti luoghi ampi deserti di sassi. I villaggi, per la
maggior parte distrutti, sono sul fianco delle rupi. Il color nero
dei basalti, le case, le chiese e le torri crollate, la mancanza
assoluta di alberi e di verzura, tutto d a queste contrade un
aspetto tenebroso e melanconico, che riempie l'animo di un
certo terrore. Quasi ogni villaggio offre o iscrizioni greche o
colonne, od altre reliquie dell'antichit. (Io ho copiato, fra le
altre, un'iscrizione dell'imperatore Marco Aurelio.) I battenti
delle porte sono qui, come nell'Hawaii, di basalto.
Appena Seetzen giunse nel villaggio di Gerata, mentre si
riposava alcuni istanti, una decina di uomini a cavallo gli
annunciarono che essi erano venuti per arrestarlo a nome del
vice governatore dell'Hauran. Il loro signore Omar-Aga avendo
appreso che il Viaggiatore era gi stato veduto l'anno
precedente nel paese, e supponendo che i suoi passaporti
fossero falsi, aveva loro prescritto di condurlo alla sua
presenza.
Era impossibile opporsi. Senza commuoversi per questo
incidente ch'egli considerava come un semplice contrattempo,
Seetzen si avanz di una giornata e mezza nell'Hauran, in cui
incontr Omar-Aga sulla via della carovana della Mecca.
Benissimo accolto, il viaggiatore ripart il domani, ma
rincontro ch'egli fece per via di molte frotte di Arabi, ai quali
egli s'impose col suo contegno, gli lasci la certezza che Omar-
Aga avesse voluto farlo spogliare.
Tornato da Damasco, Seetzen stent molto a trovare una
guida che consentisse ad accompagnarlo nel suo viaggio lungo
la riva orientale del Giordano e attorno al mar Morto. Pure un
certo Yusuf-al-Mlky, di religione greca, che aveva fatto per
una trentina d'anni commercio colle trib arabe e percorsi i
cantoni che Seetzen voleva visitare, acconsent ad
accompagnarlo.
Fu il 19 gennaio 1806 che i due viaggiatori lasciarono
Damasco. Seetzen non portava per tutto bagaglio che pochi
cenci, i libri indispensabili, della carta per disseccare le piante e
l'assortimento di droghe necessario al supposto suo carattere di
medico. Egli aveva vestito il costume di sceicco di seconda
classe.
I due distretti di Rajscheia e d'Hasbeia, situati a piede del
monte Hermon, la cui vetta spariva allora sotto uno strato di
neve, furono quelli che Seetzen esplor per primi, perch erano
i meno conosciuti della Siria.
Dall'altra parte della montagna il viaggiatore visit
successivamente Achha, villaggio abitato dai Drusi; Rscheia,
residenza dell'emiro; Hasbeia, dove egli alloggi in casa del
dotto vescovo greco de Szur o Szeida, pel quale aveva una
lettera di raccomandazione. L'oggetto che attrasse pi
particolarmente l'attenzione del viaggiatore in questo paese
montuoso fu una miniera d'asfalto, materia che qui viene
adoperata per difendere le viti dagli insetti.
Da Hasbeia, Seetzen se ne and poi a Baniass, l'antica
Coesarea Philippi, oggi miserabile villaggio composto d'una
ventina di casali. Se si potevano ancora ritrovare le traccie
delle sue mura di cinta, non era cos degli avanzi del tempio
magnifico che fu innalzato da Erode in onore di Augusto.
Il fiume di Baniass era creduto dagli antichi la sorgente del
Giordano; ma il fiume d'Hasbeny che, formando il ramo pi
lungo del Giordano, deve meritare questo nome. Seetzen lo
riconobbe, come pure il lago Meron o Samachonitis
dell'antichit.
In quel punto fu abbandonato ad un tempo dai suoi
mulattieri che per nulla al mondo avrebbero voluto
accompagnarlo fino al ponte di Dschir-Behat-J akub, e dalla sua
guida Yusuf ch'egli dovette mandare per la strada maestra ad
aspettarlo a Tiberiade, mentre egli stesso si avanzava a piedi
verso quel ponte cos temuto, seguito da un solo arabo.
Ma a Dschir-Behat-J akub, Seetzen non pot trovare
nessuno che volesse accompagnarlo sulla riva orientale del
Giordano, quando un indigeno, apprendendo la sua qualit di
medico, lo preg di andar a visitare il suo sceicco affetto da
oftalmia, che abitava sulla riva orientale del lago Tiberiade.
Seetzen non rifiut questa occasione e fece bene, giacch
osserv a sua bell'agio il mare di Tiberiade ed il fiume Wady-
Szemmak, non senza aver arrischiato di essere spogliato ed
assassinato dalla sua guida. Egli pot finalmente giungere a
Tiberiade, la Tabaria degli Arabi, dove Yusuf l'aspettava da
molti giorni.
La citt di Tiberiade, dice Seetzen, situata
immediatamente sulle sponde del lago di questo nome, e dal
lato della terra essa circondata da un buon numero di pietre
da taglio di basalto; ci non ostante essa merita appena il nome
di borgo. Non vi si trova nessuna traccia del suo antico
splendore; ma si riconoscono le rovine dell'antica citt che si
stendono fino ai bagni caldi situati ad una lega verso Test. Il
famoso Djezar-pasci ha fatto costruire una sala da bagni al
disopra della sorgente principale. Se questi bagni fossero stati
in Europa, avrebbero probabilmente ottenuta la preferenza
sopra tutti i bagni conosciuti. La vallata nella quale si trova il
lago, favorisce colla concentrazione del calore la vegetazione
dei datteri, dei cedri, degli aranci e dell'indaco, mentre il
terreno pi elevato potrebbe dare i prodotti dei climi
temperati.
All'ovest della punta meridionale del lago giacciono gli
avanzi dell'antica citt di Tarichoea. l che comincia la bella
pianura EI-Ghor, fra due catene di montagne, pianura poco
coltivata percorsa dagli Arabi nomadi.
Seetzen continu il suo viaggio attraverso la Decapoli
senza incidenti notevoli, salvo che dovette travestirsi da
mendicante per sottrarsi alla rapacit degli indigeni.
Misi sulla mia camicia, dice egli, un vecchio kambas o
veste da camera, e sopra una vecchia camicia azzurra e
stracciata da donna; mi copersi il capo con alcuni cenci, e i
piedi con ciabatte. Un vecchio abbaje a brandelli gettato sulle
mie spalle mi difendeva dal freddo e dalla pioggia, ed un ramo
d'albero mi serviva di bastone. La mia guida, cristiano greco, si
vest press'a poco al medesimo modo, ed in tale stato
percorremmo il paese per tre giorni, sovente arrestati da
pioggie fredde che ci bagnarono fino alla pelle. Io anzi fui
costretto a camminare tutta una giornata a piedi nudi, nel
fango, perch mi era impossibile di servirmi delle mie ciabatte
su quella terra grassa e tutta intrisa d'acqua.
Draa, che si incontra un po' pi lontano, non pi che un
ammasso di rovine deserte, e non vi si trova nessun avanzo dei
monumenti che un tempo la rendevano celebre. Il distretto d'El-
Botthin, che viene poi, contiene molte migliaia di caverne
scavate nella rupe, nelle quali dimoravano i suoi antichi
abitanti. Cos era press'a poco ancora al tempo del passaggio di
Seetzen.
Mks era un tempo una citt ricca e importante, come lo
provano i numerosissimi avanzi di colonne e i suoi sarcofaghi.
Seetzen l'identifica con Gadara, una delle citt secondarie della
Decapolitania.
Poche leghe pi oltre si trovano le rovine d'Abil, l'Abila
degli antichi. Seetzen non pot determinare la sua guida Aoser
a recarvisi, perch spaventato dalle dicerie che correvano circa
gli Arabi Beni-Szahar: egli dovette perci andarvi solo.
Essa completamente rovinata ed abbandonata, dice il
viaggiatore; non v' pi un solo edificio in piedi, ma le rovine e
le reliquie fanno testimonianza dei suo splendore passato. Vi si
trovano bellissimi avanzi dell'antica cinta, ed una quantit di
archi e di colonne di marmo, di basalto e di granito grigio.
Oltre questa cinta, trovai un gran numero di colonne, due delle
quali d'una grandezza straordinaria. Ne argomentai che vi fosse
stato un tempio importante.
Uscendo dal distretto d'El-Botthin, Seetzen entr in quello
d'Edschlun. Egli non tard a scoprire le importanti rovine di
Dscherrasch, che possono essere paragonate a quelle di Palmira
e di Baalbek.
Non si saprebbe spiegare, dice Seetzen, come questa
citt, un tempo cos celebre, abbia potuto sfuggire finora
all'attenzione degli amatori delle antichit. Essa posta in una
pianura aperta, abbastanza fertile ed attraversata da un fiume.
Prima di entrarci trovai molti sarcofaghi con bellissimi
bassorilievi, fra i quali ne notai uno da un lato della via con
un'iscrizione greca. Le mura della citt sono assolutamente
crollate; ma si riconosce ancora tutta la loro estensione, che
pu essere stata di tre quarti di lega, forse anche una lega.
Queste mura erano interamente costrutte di marmo. Lo spazio
interno ineguale e si abbassa verso il fiume. Nessuna casa
privata stata conservata; in compenso notai molti edifici
pubblici che si distinguevano per una bellissima architettura.
Vi trovai due superbi anfiteatri costrutti solidamente in marmo
con colonne, nicchie, ecc., il tutto ben conservato; alcuni
palazzi e tre templi, uno dei quali aveva un peristilio di dodici
grandi colonne d'ordine corintio, undici delle quali sono ancora
ritte. In un altro di questi templi vidi una colonna rovesciata,
del pi bel granito egiziano lisciato. Ho trovato anche una bella
porta di citt, ben conservata, formata di tre arcate ed ornata di
pilastri, Il pi bel monumento che vi rinvenni una via lunga,
tagliata da un'altra ed ornata dai due lati di una fila di colonne
di marmo d'ordine corintio; una delle estremit di queste vie
terminava in un luogo semicircolare circondato da settanta
colonne d'ordine ionico Al punto in cui le due vie si
incrociano, in ciascuno dei quattro angoli si vede un gran
piedestallo di pietra da taglio che un tempo portava
evidentemente delle statue Si riconosceva ancora una parte
del pavimento costrutto di grandi pietre. In generale io contai
circa duecento colonne, ancora ritte, ma il numero di quelle che
sono rovesciate infinitamente maggiore, giacch io non vidi
che met la citt, e probabilmente nell'altra met al di l dei
fiume si trover ancora un gran numero di curiosit notevoli.
Secondo Seetzen, Dscherrasch non pu essere che l'antica
Gerasa, citt che fino allora era stata collocata erroneamente
sopra tutte le carte.
Il viaggiatore attravers ben presto la Serka, il J abok degli
storici ebrei, che formava il limite settentrionale del paese degli
Ammoniti; penetr nel distretto d'El-Belka, paese un tempo
fiorente, ma allora assolutamente incolto e deserto, dove non si
trova che un solo borgo, Szalt, l'antica Amatusa. Seetzen visit
poi Amman, celebre sotto il nome di Filadelfia fra le citt
decapolitane, in cui si trovano ancora delle belle antichit;
Eleale, antica citt degli Amoriti; Madaba, che al tempo di
Mos portava il nome di Madba; il monte Nebo, da cui Mos
salut la Terra promessa senza che gli fosse dato di mettervi
piede; Diban, il paese di Karrak, patria dei Moabiti: le rovine di
Robba (Rabbatti), residenza degli antichi re del paese, e giunse
dopo molte fatiche attraverso un paese montuoso, nella regione
situata all'estremit meridionale del mar Morto e chiamata Gor-
es-Szofia.
Il caldo era intenso, e bisognava attraversare grandi
pianure di sale non bagnate da alcun corso d'acqua. Fu il 6
aprile che Seetzen giunse a Betlemme, e poco dopo a
Gerusalemme, non senza aver patito orribilmente la sete, ma
col raro diletto di attraversare contrade assai curiose, che
nessun viaggiatore moderno aveva percorso prima di lui.
Nel medesimo tempo egli aveva raccolte preziose
informazioni sulla natura delle acque dei mar Morto, rifiutate
molte favole grossolane, corretti molti errori delle carte pi
precise, contribuito all'identificazione di molte citt antiche
della Perea, e accertata l'esistenza di numerose rovine che
facevano testimonianza del grado di prosperit raggiunto da
quella regione sotto la dominazione romana. Il 25 giugno 1806
Seetzen lasciava Gerusalemme e rientrava per mare a San
Giovanni d'Acri.
Questa traversata era stata un vero viaggio di scoperte
dice il signor Vivien di Saint-Martin in un articolo della Revue
Germanique del 1858.
Ma queste scoperte Seetzen non volle lasciarle incompiute.
Dieci mesi pi tardi egli faceva una seconda volta il giro del
lago Asfaltile, e con questo nuovo viaggio aumentava di molto
le sue prime osservazioni.
Il viaggiatore se ne and poi al Cairo, dove soggiorn due
anni intieri. L egli comper la maggior parte dei manoscritti
orientali, che formano la ricchezza della biblioteca di Gotha,
raccolse tutte le notizie possibili sui paesi dell'interno, ma
guidato da un istinto sicurissimo, e non accettando se non
quelle che sembravano rivestire i caratteri di una certezza quasi
assoluta.
Questo riposo relativo, bench cos lontano dall'ozio, non
poteva convenire per molto tempo alla sete insaziabile di
scoperte di Seetzen. Nel mese di aprile 1809 egli lasciava
definitivamente la capitale dell'Egitto, dirigendosi verso Suez e
la penisola del Sinai che egli contava di rivisitare prima di
penetrare nell'Arabia. Paese pochissimo noto, l'Arabia non era
stata visitata che da negozianti maluini, venuti l per comperare
la fava di Moka. Fino a Niebuhr, nessuna spedizione
scientifica era stata ordinata per studiare la geografia del paese
ed i costumi degli abitanti.
Si deve al professore Michlis, a cui mancavano certe
notizie per chiarire alcuni passi della Bibbia, questa spedizione,
le cui spese furono fatte dalla munificenza del re di Danimarca,
Federico V.
Comporta del matematico von Haven, del naturalista
Forskaal, del medico Cramer, del pittore Braurenfeind e
dell'ufficiale del genio Niebuhr, questa accolta di uomini seri e
dotti rispose mirabilmente a quanto si aspettava da essa.
Dal 1762 al 1764 essi visitarono l'Egitto, il monte Sinai,
Djedda, sbarcarono a Loheia e penetrarono nell'interno
dell'Arabia Felice, esplorando il paese ciascuno secondo la sua
attitudine. Ma le fatiche e le malattie vinsero quegli intrepidi
viaggiatori, e poco stante Niebuhr rimase solo per utilizzare le
osservazioni raccolte da lui stesso e dai suoi compagni. La sua
opera una miniera inesauribile, che oggi ancora si pu
consultare con profitto.
Si vede che Seetzen procurava in ogni guisa di superare il
viaggio di chi lo aveva preceduto. Per ottenere questo scopo
us i mezzi pi ingegnosi. Il 31 luglio, dopo aver fatto
professione pubblica di islamismo, s'imbarcava a Suez per la
Mecca, e contava di penetrare in questa citt in abito di
pellegrino. Tor e Djedda furono le due tappe che precedettero
l'entrata di Seetzen nella citt santa. Egli fu del resto
singolarmente colpito dall'affluenza dei fedeli e dal carattere
cos stranamente particolare di questa citt, che vive del culto e
per il culto.
Tutto questo assieme, dice il viaggiatore, fece nascere in
me una viva emozione che non provai mai in nessun altro
luogo.
inutile insistere su questa parte del viaggio, come anche
sull'escursione a Medina. Meglio ricorrere al racconto preciso e
veridico di Burchkardt per la descrizione di questi luoghi santi.
Del resto noi, dei lavori di Seetzen non abbiamo posseduto a
lungo altro che gli estratti pubblicati negli Annali di Viaggi e
nella Corrispondenza del barone di Zach. Fu solo nel 1858 che
i giornali di viaggio di Seetzen furono pubblicati in tedesco, ma
in un modo molto incompleto.
Da Medina il viaggiatore torn alla Mecca, dove si diede
allo studio segreto della citt, delle cerimonie del culto, e ad
alcune osservazioni astronomiche che servirono a determinare
la posizione di questa capitale dell'islamismo.
Il 23 marzo 1810 Seetzen era rientrato a Djedda, poi
s'imbarcava coll'arabo che gli aveva servito d'istitutore alla
Mecca per Hodeida, uno dei principali porti del Yemen. Dopo
esser passato per Berth-el-Fakih, il cantone montuoso in cui si
coltiva il caff, dopo essere stato trattenuto quasi un mese a
Doran dalla malattia, Seetzen entr il 2 giugno in Saana, la
capitale del Yemen, egli chiama la pi bella citt dell'Oriente.
Il 22 luglio egli discendeva fino ad Aden, e in novembre era a
Moka, da dove sono datate le ultime lettere che si ricevettero di
lui. Rientrato nel Yemen, egli fu, come Niebuhr, spogliato
delle sue collezioni e de'suoi bagagli col pretesto che faceva
raccolta di animali per comporne un filtro destinato ad
avvelenare le sorgenti.
Ma Seetzen non volle lasciarsi spogliare senza dir nulla.
Egli part immediatamente per Saana, dove contava di esporre
a queir iman i suoi reclami. Era il mese di dicembre 1811.
Alcuni giorni pi tardi si sparse la voce della sua morte
improvvisa a Taes e non tard a venire a cognizione degli
europei che frequentavano i porti arabi.
A chi si deve attribuire la responsabilit di questa morte?
All'iman od a coloro che avevano spogliato l'esploratore? Oggi
poco ci importa; ma deplorevole che un viaggiatore cos bene
costituito, gi informato degli usi e dei costumi arabi, non
abbia potuto spingere pi lontano le sue esplorazioni, e che la
maggior parte dei suoi giornali e delle sue osservazioni sia
andata perduta per sempre.
Seetzen, dice Vivien de Saint-Martin, , dopo Lodovico
Barthema (1503), il primo viaggiatore che sia penetrato nella
Mecca, e nessun europeo prima di lui aveva veduto la citt
santa di Medina, consacrata dalla tomba del Profeta.
Si comprende da ci tutto il valore che avrebbe avuto la
relazione di questo viaggiatore disinteressato, ben informato e
veridico.
Nel momento in cui una morte inaspettata metteva fine alla
missione che si era prefissa Seetzen, Burckhardt si slanci sulle
sue traccie, e, al pari di lui, si preparava, con delle corse in
Siria, a una lunga e minuziosa esplorazione dell'Arabia.
cosa poco comune nella storia della scienza, dice
Vivien de Saint-Martin, vedere due uomini di cos grande
vaglia succedersi o meglio continuarsi cos nella stessa
impresa. Burckhardt infatti doveva seguire in molti punti la
traccia che Seetzen aveva indicata, ed egli, bene assecondato
da circostanze favorevoli che gli permisero di moltiplicare le
sue corse esploratrici, ha potuto aggiungere molto alle scoperte
fatte dal suo predecessore.
Bench Gian Luigi Burckhardt non sia inglese, essendo
nato a Losanna, deve nondimeno essere posto fra i viaggiatori
della Gran Bretagna. Fu infatti merc le sue relazioni con sir
Giuseppe Banks, il naturalista, compagno di Cook, con
Hamilton, segretario dell'Associazione Africana, ed il valido
concorso ch'essi gli prestarono, che Burckhardt fu messo in
grado di viaggiare utilmente.
Dotato di un'estesa istruzione, di cui aveva attinti i primi
elementi alle universit di Lipsia, di Gottinga, dove segu i
corsi di Blumenbaeh, e pi tardi di Cambridge, dove apprese
l'arabo, Burckhardt si imbarc, nel 1809, per l'Oriente. Per
prepararsi ai disagi della vita del viaggiatore, egli si era
volontariamente sottoposto a lunghi digiuni, al supplizio della
sete, ed aveva scelto per origliere il lastricato delle vie di
Londra, e per letto la polvere delle strade.
Ma codeste prove, comunque assai dure, riuscirono molto
inferiori agli stenti dell'apostolato scientifico.
Partito da Londra per la Siria, dove doveva perfezionarsi
nella lingua araba, Burckhardt aveva progettato di recarsi in
seguito al Cairo e di portarsi nel Fezzan per la strada gi
percorsa da Hornemann. Una volta giunto in questo paese, le
circostanze gli indicherebbero quale via gli converrebbe
seguire.
Dopo d'aver preso il nome di Ibrahim-Ibn-Abdallah,
Burckhardt si fece passare per un indiano mussulmano. Il
viaggiatore dovette ricorrere a pi d'un inganno per far credere
al suo travestimento. Una notizia necrologica, apparsa negli
Annali dei Viaggi, racconta che allorquando era pregato di
parlar indiano, Burckhardt non mancava di esprimersi in
tedesco. Un interprete italiano, che sospettava ch'egli fosse un
giaurro, giunse fino a tirargli la barba, il pi grave insulto che
si possa fare ad un musulmano. Burckhardt si era tanto
investito della parte del personaggio, che rispose
immediatamente con un pugno magistrale, che mandando il
povero interprete a rotolare a dieci passi, amic al viaggiatore
quelli che ne ridevano, e li convinse della sua sincerit.
Dal settembre 1809 al febbraio 1812 Burckhardt rimase ad
leppo,. non interrompendo i suoi studi sulla lingua e sui
costumi della Siria che per un'escursione di sei mesi a
Damasco, a Palmira e nel Hauran
,
paese che Seetzen solo aveva
visitato prima di lui.
Si narra che durante una corsa da lui fatta nello Zor,
cantone situato al nord-est di Aleppo, sulle rive dell'Eufrate,
Burckhardt fu spogliato del suo bagaglio e delle sue vesti da
una banda di predoni. Non gli rimanevano pi che i suoi
calzoni, quando la moglie di un capo che non aveva avuto la
sua parte di bottino, volle togliergli anche questa necessario
indumento.
Queste cose, dice la Reme Germnique, ci valsero una
notevole quantit di notizie su paesi di cui non si avevano fino
allora che poche notizie per mezzo delle comunicazioni ancora
incomplete di Seetzen. Anche nei cantoni gi frequentemente
visitati, lo spinto osservatore di Burckhardt sapeva raccogliere
un gran numero di fatti interessanti, che il pi dei viaggiatori
avevano trascurati Questi preziosi materiali furono
pubblicati dal colonnello Martino Guglielmo Leake, esso pure
viaggiatore distinto, dotto geografo e profondo erudita
Burckhardt aveva veduto Palmira e Baalbek, le colline del
Libano e la vallata dell'Oronte, il lago Hhuleh e le sorgenti del
Giordano. Egli aveva segnalato per la prima volta un gran
numero di paesi antichi. Furono specialmente le sue indicazioni
che ci condussero con certezza sul luogo della celebre Apamea,
quantunque egli stesso ed il suo dotto editore si siano ingannati
nell'applicazione di questi dati. Infine le sue corse
nell'Auranitis, bench fatte dopo quelle di Seetzen, sono
egualmente ricche di notizie geografiche ed archeologiche, che
fanno conoscere il paese nel suo stato attuale, e gettano vivi
sprazzi di luce sulla geografia comparata di tutte le epoche.
Nel 1812 Burckhardt lascia Damasco, visita il mar Morto,
la vallata d'Acaba, ed il vecchio porto d'Aziongaber, regioni
oggigiorno percorse da frotte d'inglesi, col Murray, il Cook od
il Baedeker alla mano; ma che allora non si potevano
percorrere se non con pericolo della vita. in una vallata
laterale che il viaggiatore trov le imponenti rovine di Petra,
l'antica capitale dell'Arabia Petrea.
Alla fine dell'anno, Burckhardt era al Cairo. Non
giudicando conveniente di unirsi alla carovana che partiva pel
Fezzan, egli si sent attratto particolarmente dalla Nubia,
regione molto pi curiosa per lo storico, il geografo e
l'archeologo. Culla della civilt egiziana, nessuno l'aveva
visitata, dopo il portoghese Alvars, tranne i francesi Poncet e
Lenoir Duroule, alla fine del secolo XVII, e al principio del
secolo XVIII, Bruce, il cui racconto era stato tante volte messo
in dubbio, e Norden che non era andato pi in l di Derr.
Nel 1813 Burckhardt esplor la Nubia propriamente detta,
il paese del Kennur ed il Mohass. Questa escursione non gli
cost che quarantanove franchi, somma ben modica, se la si
confronta a ci che si spende oggid pel minimo tentativo di
viaggio in Africa. per vero che Burckhardt sapeva
accontentarsi d'una manata di durra (miglio) per il pranzo, e
che tutto il suo seguito si componeva di due dromedari.
Contemporaneamente a lui, due inglesi, i signori Legh e
Smelt, percorrevano il paese spargendo l'oro e i doni sui loro
passi e rendendo cos molto costosa l'opera dei loro successori.
Burckhardt super le cateratte del Nilo.
Un po' pi lungi, dice l relazione, vicino ad un luogo
chiamato Djebel-Lamule, le guide arabe hanno Fuso di esigere
un regalo straordinario da colui che accompagnano. Ecco come
vi riescono: si fermano, mettono piede a terra, e formano un
piccolo mucchio di sabbia e di ciottoli come quello che i
Nubiani mettono sulle loro sepolture; ci viene chiamato da
essi: scavare la fossa del viaggiatore. Questa manifestazione
seguita da una domanda imperiosa. Burckhardt, avendo veduto
la guida cominciare questa operazione, si pose tranquillamente
ad imitarla; poi le disse: Ecco la tua tomba; giacch siamo
fratelli, giusto che siamo assieme seppelliti. L'arabo non
pot trattenersi dal ridere; entrambi distrussero i sinistri lavori,
e risalirono sui camelli, buoni amici come prima. L'arabo cit il
versetto del Corano che dice: Nessun mortale conosce il
cantuccio di terra in cui sar scavata la sua fossa.
Burckhardt avrebbe ben voluto penetrare nel Dongolah,
ma dovette accontentarsi di raccogliere delle informazioni, del
resto interessanti, sul paese e sui Mamalucchi, che vi si erano
rifugiati dopo il massacro di questa potente milizia, ordinato
dal pasci d'Egitto ed eseguito dai suoi Arnauti.
Ad ogni momento il viaggiatore veniva arrestato da rovine
di templi e di citt; nulla di pi curioso di quelle d'Ibsambul.
Il tempio, dice la relazione, situato immediatamente sulle
rive del fiume (Nilo) ha davanti sei statue colossali ritte, che
dal suolo fino ai ginocchi misurano sei piedi e mezzo: esse
rappresentano Iside ed Osiride in diverse posizioni Tutte le
muraglie e i capitelli delle colonne sono coperti di pitture o di
sculture geroglifiche, nelle quali Burckhardt credette di
riconoscere lo stile d'un'antichit molto remota. Tutto ci
tagliato nella viva roccia. Le statue sembra siano state dipinte
in giallo ed i capelli in nero. A duecento jarde da questo
tempio, si vedono gli avanzi d'un monumento ancor pi
colossale; sono quattro statue immense quasi sepolte nelle
sabbie, in modo che non si pu determinare se siano in piedi o
sedute
Ma a che scopo soffermarsi alla descrizione di monumenti
oramai conosciuti, disegnati, fotografati? Le narrazioni dei
viaggiatori di quell'epoca non hanno altro interesse che di
indicarci lo stato delle rovine, e di farci vedere il danno
immenso prodotto dalle depredazioni degli Arabi.
Il tratto percorso da Burckhardt in questa prima escursione
non comprende che le rive del Nilo, regione molto stretta, che
fa seguito a piccole valli, che vanno a metter capo al fiume.
Egli stima la popolazione della contrada a centomila individui,
sparsi sopra una lingua di terra, coltivabile, di
quattrocentocinquanta miglia di lunghezza.
Gli uomini sono generalmente ben fatti, forti e muscolosi,
un po' inferiori agli Egiziani per la statura; ed hanno poca barba
e punti baffi, ma solo un pizzo di barba sotto il mento. Sono
dotati di una fisionomia simpatica, e superano gli Egiziani
tanto per coraggio che per intelligenza. Sono curiosi, fanno
molte domande e non hanno il vitto di rubare. Qualche volta
vanno in Egitto a raggranellare, a furia di lavoro, una piccola
fortuna; ma non hanno lo spirito di commercio. Le donne
condividono le stesse doti fisiche; ve ne sono di belle, e tutte
son ben fatte; sui loro volti dipinta la dolcezza, ed esse vi
uniscono un grande sentimento di pudore. Il signor Denon ha
giudicato troppo male i Nubiani, ma bisogna dire che il loro
fisico varia da cantone a cantone; dove il terreno coltivabile
grandissimo, essi sono ben fatti; dove il terreno fertile non
che un lembo stretto, pare che anche gli abitanti diminuiscano
di forza e qualche volta sembrano scheletri ambulanti.
Il paese gemeva sotto il giogo dispotico dei Kachefs,
discendenti dei comandanti dei Bosniaci, i quali non pagavano
che un tenue tributo annuo all'Egitto. Nondimeno ci bastava
ad essi come un pretesto per opprimere il disgraziato fellah.
Burckhardt cita un esempio abbastanza curioso
dell'indifferenza insolente colla quale i Kachefs eseguiscono le
loro razze.
Hassan-Kacbef, dice egli, aveva bisogno di orzo pei suoi
cavalli; egli va pei campi, seguito da un gran numero di
schiavi; presso un bel campo di orzo incontra il paesano che ne
era il padrone. Voi coltivate male le vostre terre, esclama;
seminate dell'orzo in questo campo in cui avreste potuto
raccogliere degli eccellenti cocomeri che varrebbero il doppio.
Via, ecco della semente di cocomeri (e ne diede una manata al
paesano), seminatene il vostro campo, e voi, schiavi, strappate
questo brutto orzo e portatelo a casa mia.
Nel mese di marzo 1814, dopo d'aver riposato alquanto,
Burckhardt intraprese una nuova esplorazione, questa volta non
pi sulle rive del Nilo, ma sibbene nel deserto di Nubia.
Stimando che la salvaguardia pi efficace sia la povert, il
prudente viaggiatore rimand il suo domestico, vendette il suo
camello, e accontentandosi di un solo asino, raggiunse una
carovana di poveri mercanti.
La carovana part da Darau, villaggio abitato met dai
Fellahs, met dagli Ababds. Il viaggiatore ebbe a lamentarsi
molto dei primi, non perch vedessero in lui un europeo, ma
perch lo credevano un turco di Siria, venuto coll'intenzione di
impadronirsi d'una parte del commercio degli schiavi, di cui
essi avevano il monopolio.
inutile ricordare qui il nome dei pozzi, delle colline e
delle vallate di questo deserto. Preferiamo riassumere l'aspetto
fisico della contrada da quanto ne dice il viaggiatore.
Brace, che l'aveva percorsa, la dipinge sotto colori troppo
tetri, ed esagera, per farsene un merito, le difficolt della
strada. Se si crede a Burckhardt, questa sarebbe meno arida
della strada da Aleppo a Bagdad, o da Damasco a Medina. Il
deserto nubiano non una pianura di sabbia senza limiti, di cui
nessun accidente rompa la desolante monotona. Esso
seminato di rocoie, delle quali alcune non hanno meno di due a
trecento piedi di altezza, e sono ombreggiate qua e l da enormi
macchie di dum e da acacie. La vegetazione brulla di questi
alberi non che un riparo ingannevole contro i raggi verticali
del sole. Epper il proverbio arabo dice: Conta sulla
protezione di un grande e sull'ombra dell'acacia.
Fu ad Ankheyre o Uadi-Berber che la carovana giunse al
Nilo, dopo di essere passata per Schiggre, dove esiste una
delle, migliori sorgenti in mezzo alle montagne. Insomma,
l'unico pericolo che presenta la traversata di questo deserto di
trovare asciutto il pozzo di Nedjeym, ed a meno di sbagliare la
strada, il che difficile con buone guide, non si incontrano seri
ostacoli.
La descrizione dei patimenti sofferti da Bruce in questo
luogo deve dunque essere singolarmente modificata,
quantunque la narrazione del viaggiatore scozzese sia il pi
delle volte veritiera.
Gli abitanti del paese di Berber pare siano i Barbarmi di
Bruce, il Barabrar di d'Anville ed i Barauras di Poncet. Le loro,
forme sono belle, i lineamenti affatto diversi da quelli dei
Negri. Essi conservano questa purezza del sangue non
pigliando per mogli legittime che figlie della loro trib o di
qualche altra popolazione araba.
La pittura che Burckhardt fa del carattere e dei costumi di
questa trib, quantunque molto curiosa, non ha per nulla di
edificante. Sarebbe difficile dare un'idea della corruzione e
dell'avvilimento degli abitanti di Berber. Luogo di commercio,
ritrovo di carovane, deposito di schiavi, questa piccola citt ha
tutto quanto abbisogna per essere un vero rifugio di banditi.
I commercianti di Darau, sulla protezione dei quali
Burckhardt aveva fino allora contato molto a torto, giacch essi
cercavano tutti i mezzi di sfruttarlo, lo cacciarono dalla loro
compagnia uscendo da Berber, ed il viaggiatore dovette cercare
protezione presso alcune guide, che lo accolsero volontieri.
Il 10 aprile la carovana fu posta a riscatto dal Mek di
Damar, un po' al sud del confluente del Mogren (il Mareb di
Bruce). un villaggio di fakiri, pulito e ben tenuto, che
contrasta piacevolmente con la sporcizia e le rovine di Berber.
Questi fakiri si danno a tutte le pratiche della stregoneria e
della magia od al ciarlatanismo pi sfrontato. Uno di essi, si
dice, aveva perfino fatto belare un agnello nello stomaco
dell'uomo che l'aveva rubato e mangiato. Queste popolazioni
ignoranti prestano intera fede a questi prodigi, e bisogna
confessare a malincuore che ci contribuisce singolarmente al
buon ordine, alla quiete della citt ed alla prosperit del paese.
Da Damer, Burckhardt and a Schendy, ove rimase tutto
un mese senza che nessuno sospettasse la sua qualit di
infedele. Schendy, poco importante al tempo del viaggio di
Bruce, possedeva allora un migliaio di case. Vi si fa un
notevole commercio, specie di durra, di schiavi e di cammelli.
Gli articoli pi offerti sono la gomma, l'avorio, l'oro in verghe e
le penne di struzzo.
Il numero di schiavi venduti annualmente a Schendy si
eleverebbe, secondo Burckhardt, a cinquemila, dei quali
duemilacinquecento per l'Arabia, quattrocento per l'Egitto,
mille per Dongola e per il litorale del mar Rosso.
Il viaggiatore approfitt del suo soggiorno alla frontiera
del Sennaar per raccogliere alcune informazioni su questo
regno. Fra le altre particolarit curiose gli fu raccontato che un
giorno avendo il re invitato l'ambasciatore di Mehemet-Al ad
una rivista della sua cavalleria ch'egli credeva formidabile,
l'inviato gli chiese il permesso di farlo assistere agli esercizi
dell'artiglieria turca. Alla prima scarica di due piccoli pezzi di
campagna montati sopra cammelli, la fanteria, la cavalleria, i
curiosi, la corte ed il re stesso fuggirono spaventati.
Burckhardt vendette il suo poco bagaglio; poi, stanco delle
persecuzioni dei mercanti egiziani, suoi compagni di viaggio,
raggiunse la carovana di Suakim allo scopo di percorrere il
paese, assolutamente sconosciuto, che separa quest'ultima citt
da Schendy. A Suakim il viaggiatore contava d'imbarcarsi per
la Mecca, sperando che l'Hadji gli fosse pi utile per realizzare
i suoi ulteriori progetti.
Gli Hadjis, dice lui, formano un corpo, e nessuno osa
toccarne un membro, per paura di vederselo venire tutto
addosso.
La carovana alla quale si era unito Burckhardt era forte di
centocinquanta mercanti e trecento schiavi. Duecento camelli
portavano pesanti carichi di tabacco e di dammur, stoffa
fabbricata al Sennaar.
Ci che interess maggiormente il nostro viaggiatore fu
l'Atbara, sulle cui rive, fiancheggiate da grandi alberi,
riposavano piacevolmente gli occhi affaticati dagli aridi deserti
percorsi fino allora.
Il corso del fiume fu seguito fino alla fertile contrada di
Taka. La pelle bianca dello sceicco Ibrahim si sa che tale
era il nome preso da Burckhardt eccitava in parecchi
villaggi le grida d'orrore del sesso femminile poco abituato a
vedere degli Arabi.
Un giorno, racconta il viaggiatore, una giovanetta di
campagna, dalla quale avevo comperate delle cipolle, mi disse
che me ne avrebbe date di pi se avessi voluto scoprirmi e
mostrarle la mia testa. Io ne volli otto, ch'essa mi diede subito.
Quando essa vide la mia testa bianca ed affatto rasa,
indietreggi inorridita, ed avendole io domandato per ischerzo
se essa vorrebbe un marito che avesse una testa simile, espresse
pi grande disgusto, e giur che avrebbe preferito il pi laido
degli schiavi condotti dal Darfur..
Poco oltre Goz-Radjeb, Burckhardt vide un monumento
che gli fu detto essere una chiesa od un tempio, giacch la
parola usata ha i due significati. Egli si precipitava verso quella
parte, quando i suoi compagni lo richiamarono, gridandogli:
Tutti i dintorni sono pieni di briganti, tu non puoi fare
cento passi senza essere assalito.
Era un tempio egiziano? o non era piuttosto un
monumento dell'impero d'Axum? ci che il viaggiatore non
pot decidere.
La carovana giunse finalmente nel paese di Taka, o El-
Gasch, grande pianura inondata dal giugno al luglio, dalla
piena di piccoli fiumi, il cui limo d'una fertilit meravigliosa.
Epper vi ricercato il durra che vi cresce, e si vende a
Djeddah al veriti per cento di pi del miglio d'Egitto.
Gli abitanti, chiamati Hadendoa, sono traditori, ladri,
sanguinari, e le loro donne sono corrotte quasi tanto come
quelle di Schendy e di Berber.
Quando si lascia Taka per andare a Suakim ed alla
spiaggia del mar Rosso, bisogna attraversare una catena di
montagne di calcare, in cui non si trova il granito come a
Schinterab. Questa catena non presenta alcuna difficolt.
Epper il viaggiatore arriv senza ostacoli a Suakim il 26
maggio.
Ma disagi che Burckhardt doveva soffrire non erano
terminati. L'emiro e l'aga si erano messi d'accordo per
depredarlo, ed egli era trattato come l'ultimo degli schiavi,
quando la vista dei firmani, che egli aveva da Mehemet-Al e
da Ibrahim-pasci, mut completamente la scena. Anzich
andare in prigione, come ne era minacciato, il viaggiatore fu
condotto dall'aga, che volle ospitarlo e fargli dono di una
giovine schiava.
Questa traversata di venti a venticinque giorni, dice il
signor Vivien di Saint-Martin, fra il Nilo e il mar Rosso, era la
prima che un europeo avesse effettuato. Essa valse all'Europa
le prime informazioni precise intorno le trib, in parte nomadi,
in parte sedentarie, di quei cantoni. Le osservazioni di
Burckhardt sono di un grande interesse. Noi conosciamo poche
letture pi sostanzialmente istruttive, e nondimeno pi
attraenti.
Burckhardt pot imbarcarsi, il 7 luglio, sopra un battello
del paese e giungere undici giorni pi tardi a Djedda, che
come il porto della Mecca.
Djedda costruita sulla riva del mare e circondata da mura
impotenti contro l'artiglieria, ma che bastano perfettamente a
difenderla dai Wahabiti. Questi, che furono detti i puritani
dell'islamismo, costituiscono una setta dissidente, che
pretendeva di ricondurre il maomettismo alla semplicit
primitiva.
Una batteria, dice Burckhardt, difende l'ingresso dal lato
del mare e domina tutto il porto. Sul suo affusto si vede un
enorme pezzo di artiglieria che porta una palla di cinquecento
libbre, e che tanto celebre per tutto il golfo arabico, che la sua
sola riputazione una protezione per Djedda.
Uno dei grandi difetti di questa citt la mancanza d'acqua
dolce, che bisogna andare ad attingere dai pozzi posti a quasi
due miglia di l. Senza giardini, senza vegetali, senza datteri,
Djedda, non ostante la sua popolazione di dodici a quindicimila
abitanti, cifra che si raddoppia nella stagione del
pellegrinaggio presenta un aspetto assolutamente originale.
La sua popolazione non autoctona, ma si compone di indigeni
dell'Hadramazt, dell'Yemen, o d'Indiani di aurate e di Bombay,
di Malesi, che, venuti in pellegrinaggio, si sono fermati nella
citt.
Fra i particolari minuziosissimi sui costumi, il modo di
vivere, il prezzo delle derrate, il numero dei mercanti, nel
racconto di Burckhardt si trovano parecchi aneddoti
interessanti.
Parlando degli usi strani degli abitanti di Djedda, il
viaggiatore dice: Quasi tutti hanno l'abitudine di ingoiare ogni
mattina una tazza di caff piena di ghi o burro fuso. Poi
bevono il caff, che considerato come un tonico potente, e
quegli uomini si sono tanto abituati fino dalla loro pi tenera
giovinezza, che si sentirebbero molto male se ne smettessero
l'uso. Le persone delle alte classi si accontentano di bere la
tazza di burro, ma quelle delle classi inferiori vi aggiungono
un'altra mezza tazza che aspirano dalle narici, supponendo cos
d'impedire all'aria cattiva d'entrare nei loro corpi per queste
aperture.
Il 24 agosto, il viaggiatore lasci Djedda per Taif. La via
attraversa una catena di montagne e di vallate, dai paesaggi
romantici e d'una verdura lussureggiante che si sorpresi di
trovare. Burckhardt fu preso per una spia inglese e gelosamente
sorvegliato. Malgrado l'apparente? buona accoglienza del
pasci, egli non ebbe nessuna libert di movimenti, e non pot
accontentare i suoi gusti di osservatore.
Taif rinomata, pare, per la bellezza dei suoi giardini; le
sue rose e le sue uve sono trasportate in tutti i cantoni
dell'Hedjaz. Questa citt faceva un commercio notevole ed
aveva raggiunto una grande prosperit.
La sorveglianza di cui Burckhardt era oggetto, affrett la
sua partenza, ed il 7 settembre egli pigliava la strada della
Mecca. Versatissimo nello studio del Corano, conoscendo a
meraviglia le pratiche bell'islamismo, Burckhardt era in grado
di fare egregiamente la sua parte di pellegrino. La prima
precauzione ch'egli prese fu di indossare, come prescrive la
legge per ogni fedele che entra alla Mecca, l'ihram, pezzi di
calic senza cucitura, di cui uno circonda le reni, e l'altro viene
gettato sul collo e sulle spalle.
Il primo dovere del pellegrino di andare al tempio, prima
ancora di pensare a procurarsi un alloggio. Burckhardt non
manc a questa prescrizione, non meno che all'osservanza dei
riti e delle cerimonie ordinati in simil caso; tutte cose di un
interesse speciale, ma, per ci stesso, troppo limitate perch noi
ce ne intratteniamo.
La Mecca, dice Burckhardt, pu essere detta una bella
citt dell'Oriente. Le sue case sono alte e costruite di pietra; le
finestre numerose, che si aprono sulle strade, danno loro un'aria
pi gaia e pi europea che a quelle d'Egitto o di Siria, le cui
abitazioni non presentano all'esterno che un piccolo numero di
finestre Ogni casa ha la sua terrazza, il cui pavimento,
coperto di calce, leggermente inclinato, per modo che l'acqua
scola col mezzo di grondaie nelle strade. Queste piattaforme
sono nascoste da muricciuoli a guisa di parapetti; giacch in
tutto l'Oriente non decenza per un uomo di mostrarvisi e lo si
accuserebbe di spiarvi le donne che passano una gran parte del
loro tempo sulla terrazza della loro casa a farvi seccare il
grano, a stendere la biancheria, e per attendere ad altre
occupazioni domestiche. La sola piazza pubblica della citt
l'ampia corte della Grande Moschea. Pochi alberi; non un
giardino che ricrei la vista, e la scena non animata che
durante il pellegrinaggio da una moltitudine di botteghe ben
fornite, che s'incontrano dappertutto. Tranne quattro o cinque
case spaziose, appartenenti allo sceriffo, due medress, o
collegi, ora convertiti in magazzini di grano, e la moschea, con
alcune costruzioni e delle scuole che vi sono unite, la Mecca
non pu vantare nessun edificio pubblico, ed a questo riguardo,
forse, essa inferiore alle altre citt dell'Oriente della stessa
grandezza.
Le vie non sono punto selciate, e siccome le fogne sono
sconosciute, vi si formano delle pozze d'acqua ed un fango di
cui nulla pu dare un'idea.
Quanto all'acqua, non si deve contare che su quella del
cielo, che viene raccolta in cisterne, giacch quella che
forniscono i pozzi cos salmastra, che impossibile
utilizzarla.
Nel luogo in cui la vallata si allarga di pi, nell'interno
della citt, sorge la moschea chiamata Beithu'llah o El-Haram,
edilizio rimarchevole soltanto per la Kaaba che contiene,
giacch nelle altre citt dell'Oriente vi sono delle moschee
quasi grandi altrettanto, e ben pi belle.
Questa moschea situata sopra una piazza oblunga,
circondata da un colonnato di quattro file all'est, e di tre lungo
gli altri lati: le colonne sono unite fra di loro da arcate ogivali;
ogni quattro sopportano una piccola cupola intonacata di calce
e imbiancata al di fuori. Alcune di queste colonne sono in
marmo bianco, di granito o di porfido, ma la maggior parte
sono di pietra ordinaria delle montagne della Mecca.
Quanto alla Kaaba, stata cos sovente rovinata e riparata,
che non visi incontrano tracce d'un'antichit remota. Essa
esisteva prima della moschea che la contiene oggigiorno.
La Kaaba, dice il viaggiatore, collocata sopra una base
alta due piedi e presentante un piano fortemente inclinato.
Siccome il suo tetto piatto, essa ad una certa distanza ha
l'aspetto di un vero cubo. L'unica porta per la quale vi si entra,
e che non si apre che due o tre volte all'anno, al nord e a sette
piedi al di sopra del suolo; per ci non vi si pu entrare che con
una scala di legno All'angolo nordest della Kaaba, vicino alla
porta, incassata la famosa pietra nera che forma una parte
dell'angolo dell'edificio, a quattro o cinque piedi al di sopra del
suolo della corte difficilissimo determinare con esattezza
la natura di questa pietra, la cui superficie stata logorata e
ridotta al suo stato attuale dai baci e dai toccamenti di molti
milioni di pellegrini. La Kaaba al di fuori coperta da un
paramento di seta nera che ne circonda i lati e lascia allo
scoperto il tetto. Questo velo o cortina, detta kesua, viene
rinnovato tutti gli anni ai tempo del pellegrinaggio e portato dal
Cairo, dove fabbricato a spese del gran signore.
Fino allora non si aveva avuto una descrizione cos
particolareggiata della Mecca e del suo santuario. per questo
che fummo indotti a dare alcuni brani della relazione originale,
brani che si potrebbero moltiplicare, giacch essa contiene le
notizie pi circostanziate sul pozzo sacro chiamato Zemzun, la
cui acqua considerata come un rimedio infallibile per tutte le
malattie, sulla Porta della Salute, sul Makam-Ibrahim,
monumento che contiene la pietra su cui si sedeva Abramo
quando faceva costruire la Kaaba, e che conserva il segno dei
suoi ginocchi, come pure su tutti gli edifici racchiusi nel
recinto del tempio.
Dopo la descrizione cos precisa e cos completa di
Burckhardt, questi luoghi hanno conservato il medesimo
aspetto. La stessa affluenza di pellegrini vi intona i medesimi
canti. Gli uomini solo hanno cangiato.
La descrizione delle feste del pellegrinaggio e del santo
entusiasmo dei fedeli seguita, nel racconto di Burckhardt, da
una relazione, che ci fa considerare le vicende di queste grandi
riunioni di uomini, venuti da tutte le parti del mondo, sotto i
pi tristi colori.
La fine del pellegrinaggio, diss'egli, d un aspetto affatto
diverso alla moschea; le malattie e la mortalit che succedono
alle fatiche sopportate durante il viaggio, sono prociotte dallo
scarso ricovero che loro procura l'Ihram, dagli alloggi insalubri
della Mecca, dal cattivo nutrimento, e qualche volta dalla
mancanza assoluta di viveri. C' l'uso di riempire il tempio di
cadaveri, che ivi sono portati, perch ricevano le preghiere
dell'iman, loro sacerdote; oppure sono ivi dei malati che si
fanno condurre col, perch, quando si avvicina la loro ultima
ora, vogliono essere trasportati al colonnato, affine d'essere
guariti merc la vista della Kaaba, o almeno, per avere la
consolazione di spirare nel recinto sacro. Si vedono dei poveri
pellegrini, spossati dalle malattie e dalla fame, trascinare i loro
corpi sfiniti lungo il colonnato, e, allorch non hanno pi la
forza di tendere la mano per domandare l'elemosina ai passanti,
si gettano su una stuoia, vicino alla quale posta una catinella
per ricevere ci che accorda loro la piet dei passanti. Allorch
sentono avvicinarsi il loro ultimo momento, si coprono dei loro
vestiti a brandelli, e spesso passa un giorno intero prima che ci
si accorga che sono morti.
Terminiamo ci che abbiamo tolto dal racconto di
Burckhardt sulla Mecca, col giudizio ch'egli fa degli abitanti di
questo paese.
Se i Mecchesi hanno delle buone qualit, se essi sono
affabili, ospitalieri, di carattere gaio e fiero, trasgrediscono
per pubblicamente le prescrizioni del Corano, bevendo,
giuocando, o fumando. Gli inganni e gli spergiuri hanno
cessato di essere crimini presso i Mecche; essi non ignorano
di quali scandali siano cagione questi vizi; ciascuno di essi
impreca contro la corruzione dei costumi
Il 18 gennaio 1815, Burckhardt part dalla Mecca con una
piccola carovana di pellegrini, che andavano a visitare la tomba
del Profeta. Il viaggio sino a Medina, come pure quello fra la
Mecca e Djedda, fatto di notte, ci che lo rende meno
proficuo all'osservatore, e d'inverno meno comodo che
facendolo in pieno giorno. Bisogna attraversare una vallata,
coperta da cespugli e da datteri, della quale l'estremit orientale
ben coltivata; porta essa il nome di Uadi-Fatm, ma pi
conosciuta sotto quello pi semplice di Uadi.
Un po' pi lontano la vallata di Es-Ssafra, rinomata per le
sue estese piantagioni di datteri, e attraversata da tutte le trib
vicine.
Le boscaglie di datteri, scrive il viaggiatore, hanno
un'estensione di quattro miglia all'incirca; essi appartengono
agli abitanti di Ssafra e ai beduini dei dintorni, che pagano dei
lavoratori per inaffiare il terreno, e vengono essi stessi in questi
luoghi al tempo della raccolta. I datteri passano da una persona
ad un'altra nel corso del commercio; quindi si vendono al
minuto Il prezzo pagato dal padre di una figlia che si marita,
consiste spesso in tre palmizi. Essi sono profondamente
piantati nella sabbia, che si raccoglie nel mezzo della vallata e
che si ammucchia intorno alle loro radici; essa deve essere
rinnovata tutti gli anni, e ordinariamente le correnti d'acque
impetuose la trasportano altrove. Ogni orticello circondato da
un muro fatto di terra o di pietra; i coltivatori abitano in
parecchie capanne, o in casolari isolati, sparsi fra gli alberi.
Il principale ruscello scaturisce da un bosco vicino al
mercato: una piccola moschea si eleva vicino ad esso. Diversi
castagni la ombreggiano. Io non ne ho pi visti nel Hedjas
Burckhardt dovette viaggiare ancora tre giorni per arrivare
a Medina. Questo viaggio fu abbastanza lungo, ma non riusc
infruttuoso per lui; egli raccolse dei numerosi documenti
riguardanti gli Arabi e i Wahabiti. Come alla Mecca, il primo
dovere del pellegrino di andare a visitare la tomba e la
moschea di Maometto. Nullameno, le cerimonie sono molto
pi semplici e pi brevi, e basta un quarto d'ora al viaggiatore
per adempierle.
Il soggiorno della Mecca era stato nocivo a Burckhardt; a
Medina fu preso dalle febbri intermittenti, che divennero ben
presto quotidiane; poi si cambiarono in febbri terzane,
accompagnate da vomiti, che lo ridussero ben presto a non
potersi pi levare dal tappeto senza l'aiuto del suo schiavo,
povero diavolo, che per la sua natura e le sue abitudini sapeva
meglio curare un camello che non il suo padrone, indebolito e
abbattuto.
Costretto a restare per tre mesi a Medina da una febbre
dovuta al cattivo clima, alla qualit detestabile dell'acqua e al
gran numero dei malati che vi erano, Burckhardt dovette
rinunciare al progetto che egli aveva formato, di attraversare il
deserto fino ad Akaba per arrivare al pi presto a Yambo, dove
egli avrebbe potuto imbarcarsi per l'Egitto.
Medina dopo Aleppo, scrive egli, la citt meglio
costruita che io abbia veduto in Oriente. Essa tutta in pietra;
le case hanno generalmente due piani e i tetti sono orizzontali.
Non essendo esse imbiancate e la pietra di colore oscuro, le
strade hanno un colore triste e sono per la pi parte strettissime,
spesso non pi larghe di due o tre piedi. Ora Medina ha un
aspetto desolato, le case sono lasciate rovinare. I loro
proprietari, che in altri tempi traevano un grande profitto
dall'affluenza dei pellegrini, vedono le loro rendite diminuire
(causa la proibizione fatta dai Wahabiti di visitare la tomba di
Maometto, che essi considerano come un semplice mortale). Il
prezioso monumento di Medina, che le d un'importanza da
pareggiarla alla Mecca, la grande moschea in cui la tomba
di Maometto Questa citt pi piccola della Mecca Del
resto lamoschea fabbricata con la medesima configurazione
dell'altra: un vasto cortile quadrato, circondato da tutti i lati
da gallerie coperte e avente nel centro un piccolo edilizio
presso all'angolo sud-est che si trova il sepolcro famoso Una
griglia di ferro dipinta in verde circonda la tomba. un bel
lavoro, imitante la filograna, ed attraversata da iscrizioni in
cuoio. Si entra in questo recinto da quattro porte, di cui tre
restano sempre chiuse. Il permesso di entrarvi accordato
gratis alle persone distinte; le altre possono comperarlo dai
principali eunuchi, al prezzo di una quindicina di piastre. Si
distingue nell'interno un arazzo che circonda la tomba e che
non lontano da essa che di qualche passo
Secondo lo storiografo di Medina, questo arazzo copre un
edifizio quadrato di pietre nere sostenuto da due colonne,
nell'interno del quale sono le sepolture di Maometto e dei suoi
pi antichi discepoli, Abu-Bekr e Omar. Egli dice anche che
questi sepolcri sono fosse profonde e che il feretro, il quale
rinchiude le ceneri di Maometto, ricoperto d'argento, chiuso
da un marmo con questa iscrizione: O Dio, accordagli la tua
misericordia.
Le notizie altre volte sparse in Europa intorno alla tomba
del Profeta, che dicevasi sospesa in aria, sono sconosciute nel
Hedjaz.
Il tesoro della Moschea fu in gran parte saccheggiato dai
Wahabiti, ma giova credere che questi fossero stati preceduti
pi volte in questo saccheggio dai guardiani della tomba.
Nella relazione di Burckhardt si trovano ancora molti
interessanti particolari su Medina e i suoi abitanti, sui dintorni
e sui luoghi comuni del pellegrinaggio. Noi abbiamo fatto delle
note molto importanti al racconto di Burckhardt, perch il
lettore, desideroso di conoscere pi a fondo i costumi e le
usanze degli Arabi, che non hanno cambiato, sia dispensato dal
ricorrere al testo medesimo.

Il 21 aprile 1815, Burckhardt si un ad una carovana che lo
condusse al porto di Yambo, ove si era sviluppata la peste. Il
viaggiatore non tard ad ammalare. Divenne cos debole che
gli fu impossibile di rifugiarsi alla campagna. Quanto
all'imbarcarsi, non poteva neppur pensarci, tutti i bastimenti
pronti a salpare essendo carichi di soldati ammalati. Burckhardt
fu dunque forzato di restare diciotto giorni in questa citt
insalubre, prima di poter imbarcarsi su un piccolo bastimento
che lo conducesse a Cosseir e di l in Egitto.
Al suo ritorno al Cairo, Burckhardt seppe della morte di
suo padre. La costituzione del viaggiatore ebbe molto a soffrire
in conseguenza della malattia; cosicch egli non pot che nel
1816 fare l'ascensione al Sinai. Lo studio della storia naturale,
la redazione dei suoi giornali di viaggio, gli impegni della sua
corrispondenza l'occuparono sino alla fine del 1817, epoca
nella quale egli contava unirsi alla carovana di Fezzan. Ma,
preso subitamente da una febbre violenta, egli vi soccombette
in capo a qualche giorno, dicendo: Scrivete a mia madre che il
mio ultimo pensiero stato per lei.
Burckhardt era un viaggiatore nel vero senso della parola:
istruito, preciso fino alla pedanteria, coraggioso e paziente,
dotato di un carattere astuto ed energico, egli ha lasciato degli
scritti molto preziosi. La relazione del suo viaggio in Arabia, di
cui egli non pot disgraziatamente visitare l'interno, cos
completa, precisa, che, merc sua, si conosceva meglio allora
questo paese di alcune contrade di Europa.
Giammai, scriveva egli in una lettera indirizzata dal Cairo
a suo padre, il 13 marzo 1813, giammai io dissi una parola su
ci che ho veduto o incontrato, che la mia coscienza non
giustifichi pienamente, perch non stato per scrivere un
romanzo che io mi sono esposto a tanti pericoli
Gli esploratori che si sono succeduti nei paesi visitati da
Burckhardt sono unanimi nel testificare l'esattezza delle sue
parole, la sua erudizione e la sua sagacia.
Pochi viaggiatori, dice la Revue Germanique, hanno
avuto nel medesimo grado questa facolt di fina e rapida
osservazione, che un dono di natura raro come tutte le qualit
eminenti. In lui vi come una specie di intuizione che gli fa
discernere il vero, anche indipendentemente dalla sua
osservazione personale; cos le sue relazioni orali hanno in
generale un valore che raramente presenta questa specie di
relazioni. La sua robusta intelligenza matur avanti l'et, per la
riflessione e lo studio (Burckhardt, quando la morte lo ha
colpito, aveva solamente 33 anni); coglie nel vero e si arresta al
punto giusto; la sua narrazione sempre sobria racchiude, si pu
dire, pi cose che parole, e per questo essa viene letta con
molto piacere; in essa lo scrittore si fa amare non meno del
sapiente osservatore.
Intanto che le terre bibliche erano l'oggetto delle ricerche
di Seetzen e di Burckhardt, l'India, donde ebbero origine la pi
parte delle lingue europee, stava per diventare il centro di
moltissimi studi, cio: la linguistica, la letteratura, la religione e
insieme la geografia.
Noi non ci occuperemo per il momento che delle ricerche
che hanno relazione coi numerosi problemi di geografia fisica,
notando che le conquiste e gli studi fatti dalla Compagnia delle
Indie dovevano procurare a poco a poco una maggiore
conoscenza del paese.
Noi abbiamo raccontato in un volume precedente come la
dominazione portoghese si fosse stabilita nelle Indie. L'unione
del Portogallo con la Spagna nel 1580 aveva prodotto la perdita
delle colonie portoghesi, che caddero nelle mani dell'Olanda e
dell'Inghilterra.
Quest'ultima non tard ad accordare il monopolio del
commercio delle Indie a una Compagnia, che doveva avere una
parte importante nella storia.
A quest'epoca, il grande imperatore mongolo Akbar, il
sublime discendente di Timur-Leng, aveva stabilito un vasto
impero nell'Indostan e nel Bengala sulle rovine degli Stati
radjput. Questo impero, merc le qualit personali di Akbar,
che gli avevano valso il soprannome di benefattore degli
uomini, era all'apogeo del suo splendore. Shap-Djahan
continu la tradizione del padre, ma Aureng-Zeb, nipote
d'Akbar, grande ambizioso, assassin i suoi fratelli, fece
prigioniero suo padre e s'impadron del potere. Mentre l'impero
mongolo godeva di una pace assoluta, un avventuriero di
genio, Servadji, gettava le fondamenta dell'impero anahraste.
L'intolleranza religiosa di Aureng-Zeb, la sua politica, la sua
astuzia, portarono la sollevazione dei Radjput, e per ci una
lotta che, consumando le migliori risorse dell'impero, ne scosse
la potenza. Cos la sua decadenza segu la morte di questo
grande usurpatore.
Fin allora la Compagnia delle Indie non aveva potuto
estendere la piccola parte di terra ch'essa possedeva intorno ai
porti, ma essa profittava abilmente delle suppliche che loro
rivolgevano i ndbb e rajah dell'Indostan. E dopo la presa di
Madras per opera di La Bourdonnais nel 1746, l'influenza e il
dominio della Compagnia inglese si estesero rapidamente.
Grazie all'astuta politica sleale e cinica dei governatori
inglesi Clive e Hastings, che adoperando alternativamente la
forza, la perfidia o la corruzione, hanno fondato sulle rovine
del proprio onore la grandezza della loro patria, la Compagnia
possedeva, alla fine del secolo scorso, un immenso territorio,
popolato da 60 milioni di individui. Erano il Bengala, il Behar,
le Provincie di Benares, di Madras e dei territori nel nord. Il
sultano di Mysore, Tippo-Sab, solo lotta con energia contro
gli Inglesi, ma egli non pu tener testa alla coalizione che il
colonnello Wellesley, ha saputo riunire contro di lui. Non
avendo pi un nemico pericoloso, la Compagnia vince con
denaro alcune velleit di resistenza, e sotto pretesto di
protezione, impone agli ultimi rajah indipendenti una
guarnigione inglese che essi devono mantenere a loro spese.
Si potrebbe credere che la dominazione inglese non avesse
saputo che farsi odiare niente affatto. La Compagnia, volendo
rispettare i diritti degli individui, non aveva cangiato nulla della
religione, delle leggi, dei costumi.
Quindi non bisogna stupirai se i viaggiatori, anche quando
si avventuravano nelle regioni non appartenenti alla Gran
Bretagna, non correvano che poco pericolo. Infatti, appena
scemate le preoccupazioni politiche e assestate nel miglior
modo le cose, la Compagnia delle Indie aveva incoraggiato gli
esploratori nei suoi vasti domini. In pari tempo essa dirigeva
nei paesi limitrofi alcuni viaggiatori incaricati di dare
informazioni. Sono queste differenti esplorazioni che noi
passeremo in rivista. Una delle pi curiose e delle pi antiche
quella di Webb alle sorgenti del Gange.
Le nozioni che si avevano fino allora su questo fiume
erano molto incerte e contraddittorie. Epper il governo del
Bengala, comprendendo di quanta importanza fosse per lo
sviluppo del commercio la ricognizione di questa grande
arteria, nel. 1807 organizz una spedizione composta dei
signori Webb, Raper e Hearsay, che dovevano essere
accompagnati da cipay, da interpreti e da servi indigeni.
La spedizione giunse, il 1 aprile 1808, a Herduar, citt
poco considerevole della riva sinistra del fiume, che per la sua
situazione all'ingresso della ricca pianura dell'Indostan,
divenuta un luogo di pellegrinaggio molto frequentato. Quivi
nella stagione calda si fanno le purificazioni nell'acqua del
fiume sacro.
Siccome non v' pellegrinaggio senza esposizione n
vendita di reliquie, Herduar la sede d'un mercato importante,
in cui si trovano cavalli, camelli, antimonio, assa fetida, frutti
secchi, scialli, frecce, mussoline, tessuti di cotone o di drappo,
produzioni del Pendjab, del Gabulistan e del Cachemire.
Bisogna soggiungere che si vendevano degli schiavi, dai tre ai
trent'anni, dalle dieci alle cinquanta rupie. un curioso
spettacolo quello di questa fiera in cui si incontrano tante
fisionomie, tante lingue, tanti costumi diversi.
Il 12 aprile la missione inglese, partita per Gangautri, segu
una via piantata di gelsi bianchi e fichi fino a Guruduar. Un po'
pi lungi giravano molini ad acqua d'una costruzione
semplicissima, su ruscelli fiancheggiati di salici e di rovi. Il
suolo era fertile, ma la tirannia dei governo impediva agli
abitanti di trarne un partito conveniente. Il paese diviene
bentosto montuoso senza cessare di nutrire delle piante di
pesche, di albicocche, di noci e d'altri arbusti europei. Poi
bisogn internarsi nel mezzo di montagne che parevano
congiungersi coll'Himalaya.
Ben presto, al basso di un colle, si vide il Baghirati, che
pi lungi prende il nome di Gange. A sinistra, il fiume era
fiancheggiato da alte montagne molto aride; a destra si
stendeva una fertile vallata. Al villaggio di Tchivali si coltiva
in grande il papavero per l'estrazione dell'oppio: i paesani,
senza dubbio a causa dell'acqua, avevano tutti il gozzo.
A Djosvara si pass un ponte di corda chiamato djula,
costruzione singolare e pericolosa.
Da ciascun lato del fiume, dice Webb, si conficcano in
terra due pali fortissimi a tre piedi di distanza l'uno dall'altro, e
si pone trasversalmente un altro pezzo di legno; vi si attaccano
una dozzina o pi di grosse corde che sa fissano in terra per
mezzo di grandi mucchi di legna. Esse sono divise in due fasci,
lontani un piede l'uno dall'altro; al disotto tesa una scala di
corda annodata alle corde anzidette, che fanno da parapetto. Il
pavimento del ponte formato da piccoli rami di albero posti a
due piedi e mezzo di distanza e a tre piedi gli uni dagli altri.
Generalmente sottilissimi, pare che debbano spezzarsi ad ogni
momento il che naturalmente fa s che il viaggiatore conti
sull'aiuto delle corde che servono da parapetto, e le tenga
continuamente sotto il braccio. Il primo passo che si arrischia
sopra una macchina cos vacillante molto adatto a dare il
capogiro, giacch camminando le si imprime un movimento
che la fa dondolare da tutte le parti, ed il fracasso del torrente al
disopra del quale si sospesi non tale da rassicurare l'animo.
Il passaggio poi cos stretto, che se due persone si incontrano,
bisogna che una si faccia da un lato per dar posto all'altra.
La missione in seguito attravers la citt di Baharat, ove la
maggior parte delle case non era stata ricostruita dopo il
terremoto del 1803. Il mercato che si tiene in questa citt, la
difficolt di procurarsi, i viveri nei villaggi posti pi su, la sua
posizione centrale l vanno a metter capo le vie di
Djemacchi, Kedar-Nath e Srinagar hanno dovuto contribuire
a dare in ogni tempo, a questa localit, una certa importanza.
A partire da Batheri la strada divenne cos cattiva che si
dovettero lasciare i bagagli: e siccome ben presto non si trov
che un sentiero che costeggiava dei precipizi, in mezzo ad
ammassi di ciottoli e di rocce, si dovette rinunciare ad andar
oltre.
Devaprayaga situata al confluente del Baghirati e
dell'Alcananda. Il primo di questi corsi d'acqua, che viene dal
nord, scorre impetuoso e con fracasso; il secondo pi quieto,
pi profondo e pi largo, e nella stagione delle pioggie non si
alza a meno di quarantasei piedi al disopra del suo livello
ordinario. Dal congiungimento di questi due fiumi si forma il
Gange.
quello un luogo santo e venerato da cui i bramini hanno
saputo trarre un eccellente partito, stabilendo delle specie di
piscine, in cui, mediante un contributo, i pellegrini possono
fare le loro abluzioni, senza correre pericolo di essere trascinati
dalla corrente.
L'Alcananda fu passata sopra un ponte scorrevole o
dindla.
Questo ponte, dice la relazione, consiste in tre o quattro
grosse corde fissate alle due rive, ed alle quali si sospende, per
mezzo di anelli posti a ciascuna delle sue estremit una piccola
cassa di diciotto pollici quadrati. Il viaggiatore vi si siede e lo
si fa passare da una riva all'altra per mezzo di una corda tirata
da un uomo situato sulla riva opposta.
Il 13 maggio la spedizione entrava a Srinagar. La curiosit
degli abitanti era cos sovreccitata, che i magistrati mandarono
un messo agli Inglesi per pregarli di passeggiare per la citt.
Gi visitata nel 1796 dal colonnello Hardwick, Srinagar
era stata demolita quasi intieramente dal terremoto del 1803, e,
di pi, conquistata lo stesso anno dai Gorkhalis. in questa
citt che Webb fu raggiunto dagli emissari ch'egli aveva
mandati a Gargautri sulla via che lui stesso aveva potuto
seguire. Essi avevano visitato le sorgenti del Gange.
Una gran rupe, dice egli, dai due lati della quale scorre
l'acqua pochissimo profonda, offre una grossolana
rassomiglianza col corpo e la bocca di una giovenca. in un
foro situato ad un'estremit della sua superficie che
l'immaginazione vedeva Gamolchi; o la bocca della giovenca,
che secondo la leggenda, popolare vomita l'acqua del fiume
sacro. Un po' pi lungi, impossibile andare innanzi; gli
Indiani avevano dinanzi una montagna irta come un muro;
sembrava che il Gange uscisse di sotto la neve che vi era al
piede; la vallata terminava in quel luogo Nessuno mai
andato pi oltre.
Per ritornare, la missione non segu lo stesso itinerario.
Essa vide i confluenti del Gange, e del Kels-Ganga o
Mandacui, gran fiume uscito dal Kerdar; incontr sulla sua
strada frotte immense di capre e di montoni carichi di grano,
attravers un gran numero di gole, pass per te citt di
Badrinath, di Manah, infine arriv con un freddo intenso e
sotto una neve fitta alla cascata di Barsu.
Qui, dice Webb, finiscono le devozioni dei pellegrini.
Alcuni vi vengono per farsi bagnare dalla pioggia d'acqua santa
della cascata. In questo luogo si vede il corso dell'Alcananda
fino all'estremit della vallata al sud ovest, ma il suo letto
interamente nascosto sotto mucchi di neve che vi sono
probabilmente accumulati da secoli.
Webb ci d pure alcuni particolari sulle donne di Manah.
Esse avevano al collo, alle orecchie, al naso, delle collane e
degli ornamenti d'oro e d'argento che non si accordavano
menomamente col loro modo di vestire grossolano. Alcuni
fanciulli portavano alle braccia ed al colto degli anelli e delle
collane d'argento pel valore di seicento rupie.
Nell'inverno, questa citt, che fa un gran commercio col
Tibet, completamente seppellita sotto la neve. Epper gli
abitanti si rifugiano nelle citt vicine.
A Badrinath, la missione visit il tempio rinomato per la
sua santit. La sua costruzione e la sua apparenza tanto esterna
che interna, non danno nessun'idea delle somme immense che
costa il suo mantenimento. uno dei santuari pi antichi e pi
venerati dell'India. Le abluzioni vi si fanno in bacini alimentati
da un'acqua solforosa caldissima.
Si conta un gran numero di sorgenti calde, dice la
relazione, che hanno, ciascuna, il loro nome e la loro virt
particolare, e di cui, senza dubbio, i bramini sanno trarre buon
partito. cos che il povero pellegrino, praticando
successivamente le volute abluzioni, vede impicciolire la sua
borsa, del pari che il numero dei suoi peccati, e i molti pedaggi
che gli vengon chiesti su questa strada del paradiso, possono
fargli pensare che la via stretta non la meno costosa.
Questo tempio possiede settecento villaggi concessi dal
governo, dati in garanzia di prestiti o di compere da semplici
particolari che ne hanno fatta offerta.
La missione era a Djosimah il 1 giugno. L, il bramino
che gli serviva di guida ricevette dal governo del Nepal l'ordine
di ricondurre al pi presto i viaggiatori sulle terre della
Compagnia. Questo comprendeva, un po' tardi, bisogna
convenirne, che la ricognizione compiuta dagli Inglesi aveva
uno scopo, non solo geografico, ma anche politico.
Un mese dopo Webb ed i suoi compagni rientravano a
Delhi, dopo d'aver determinato definitivamente l'alto corso del
Gange e riconosciute le sorgenti del Baghirati e dell'Alcananda,
vale a dire, dopo di aver completamente raggiunto lo scopo che
la Compagnia si era proposto.
Nel 1808, il governo inglese risolvette di mandare una
nuova missione nel Pendjab, allora posto sotto la dominazione
di Rendjcid-Singh. La relazione anonima che ne fu pubblicata
negli Annales des Voyages contiene alcuni particolari
interessanti. Epper ne toglieremo alcuni brani.
Il 6 aprile 1808, l'ufficiale inglese incaricato della missione
giunse a Herduar, citt ch'egli descrive come il convegno d'un
milione di individui al momento della sua fiera annuale. A
Boria, situata fra la J umna ed il Seteedje, il viaggiatore fu
esposto alla curiosit indiscreta delle dame, che gli chiesero il
permesso di andare a vederlo.
I loro sguardi e i loro gesti, dice la relazione,
esprimevano il loro stupore. Esse mi si avvicinarono ridendo di
tutto cuore; la tinta della mia faccia suscitava la loro allegrezza.
Mi indirizzarono una quantit di domande, mi chiesero se non
portavo cappello, se esponevo la mia faccia al sole, se stavo
sempre rinchiuso, o se non uscivo che sotto un riparo, o se
dormivo sulla tavola collocata nella mia tenda; il mio letto per
vi era vicino, ma le cortine erano chiuse. Poi esse mi
esaminarono minutamente, e lo stesso fecero della tela della
mia tenda e di tutto quanto vi si atteneva. Avevano tutte delle
faccie graziose; i loro lineamenti erano dolci e regolari; il loro
colorito era olivastro e formava un contrasto piacevole coi
denti bianchi e ben allineati, particolarit che distingue tutti gli
abitanti del Pendjab.
Mustafabad, Mulana ed Umballa furono successivamente
visitate dall'ufficiale inglese. Il paese ch'egli attraversava
abitato dai Sikhs, il cui carattere fondato sulla beneficenza,
l'ospitalit e l'amore del vero. la miglior specie d'uomini
dell'India, dice l'autore. Patiata, Makeuara, Fegonara,
Udamitta, in cui lord Lake era entrato nel 1805 inseguendo un
capo mahratto, e infine Umritsar, furono tappe facilmente
superate.
Umritsar meglio costrutta che le principali citt
dell'Indostan. il maggior mercato del commercio degli scialli
e dello zafferano, del pari che d'altre mercanzie del Dekkan.
Il 14, avendo calzato delle scarpe bianche, dice il
viaggiatore, ho visitato colle dovute cerimonie l'Amretsir, o la
fontana che dona l'immortalit, donde la citt ha preso il suo
nome. un bacino di circa centotrentacinque passi quadrati,
costrutto in mattoni cotti, in mezzo al quale si innalza un bel
tempio dedicato a Gurugovind-Singh. Vi conduce una spianata;
esso elegantemente decorato tanto dentro che fuori, ed il
rajah vi aggiunge spesso nuovi ornamenti a sue spese. In
questo luogo sacro si conserva, sotto un baldacchino di seta, il
libro delle leggi scritto da Guru in caratteri guron-mukhtis. Il
tempio si chiama Hermendel o la dimora di Dio. Circa seicento
akali o sacerdoti sono addetti al suo servizio: essi si sono
costrutte delle case comode col frutto delle contribuzioni
volontarie dei devoti che vanno a visitare il tempio.
Quantunque i sacerdoti siano grandemente rispettati, pure non
sono assolutamente esenti da vizi. Appena hanno del danaro, lo
spendono colla stessa facilit con cui l'hanno guadagnato. Il
concorso di belle donne, che vanno tutte le mattine al tempio,
davvero meraviglioso: quelle che compongono questi gruppi di
bellezze, superano di gran lunga, per la eleganza della persona,
le belle proporzioni delle forme e i lineamenti dei volti, le
donne delle classi inferiori dell'Indostan: l'artista pu trovare
qui dei tipi.
Dopo Umritsar, l'ufficiale visit Lahore. abbastanza
interessante di sapere cosa restava di questa grande citt al
principio del nostro secolo. Le mura, altissime, dice egli, sono
ornate al di fuori con tutto il lusso del gusto orientale, ma
cadono in rovina, del pari che le moschee e le case della citt.
Il tempo aggrava su questa citt la sua mano distruttiva, come a
Delhi e ad Agra. Le rovine di Lahore sono gi tanto vaste
quanto quelle di queste antiche capitali. Il viaggiatore fu
ricevuto tre giorni dopo il suo arrivo da Rendjeit-Singh, che
l'accolse cortesemente e s'intrattenne con lui principalmente
sull'arte militare. La sua fisionomia sarebbe stata simpatica se il
vaiuolo non l'avesse privato d'un occhio; le sue maniere erano
semplici, affabili, e si sentiva in lui il sovrano. Dopo d'aver
visitata la tomba di Schah Djahan, lo Schalamar e gli altri
monumenti di Labore, l'ufficiale ritorn a Delhi ed ai
possedimenti dela Compagnia. Si deve a lui se si conosce un
po' meglio una regione interessante, che non doveva tardare a
svegliare l'insaziabile avidit del governo inglese.
L'anno seguente (1809), la Compagnia aveva mandato
verso gli emiri del Sindhy un'ambasciata composta dei signori
Niccol Hankey Smith, Enrico Ellis, Roberto Taylor, ed Enrico
Pottinger. La scorta era comandata dal capitano Carlo Christie.
Un bastimento trasport la missione a Keratchi. Il
governatore di questo forte non volle permettere lo sbarco
dell'ambasciata prima di aver ricevuto le sue istruzioni dagli
emiri. Ne segu uno scambio di corrispondenze, in seguito alle
quali, l'inviato Smith, rilev alcune impropriet relative al
titolo ed al rango rispettivo del governatore generale e degli
emiri. Il governatore se ne scus adducendo la sua ignoranza
della lingua persiana e disse che, non volendo lasciar sussistere
nessuna traccia di malinteso, era pronto a far uccidere od
acciecare, a scelta dell'inviato, la persona che aveva scritto la
lettera. Questa dichiarazione parve sufficiente agli Inglesi che
si opposero all'esecuzione del colpevole.
Nelle loro lettere, gli emiri affettavano un tono di
superiorit sprezzante; in pari tempo facevano avvicinare un
corpo di ottomila uomini e mettevano tutti gli ostacoli
immaginabili ai tentativi degli Inglesi di procurarsi le pi
piccole notizie. Dopo lunghi negoziati in cui l'orgoglio
britannico fu pi d'una volta umiliato, l'ambasciata ricevette il
permesso di partire per Hayderabad.
Al di l di Keratchi, il porto principale d'esportazione del
Sindhy, si estende una vasta pianura priva di vegetazione,
lungo il mare. Si dovette attraversarla in cinque giorni per
arrivare a Tatah, antica capitale del Sindhy, allora deserta e
rovinata. Un tempo alcuni canali la mettevano in
comunicazione col Sindh o Indo, fiume immenso, vero braccio
di mare alla sua foce, sui quale Pottinger diede i particolari pi
precisi, pi completi e pi utili che sino allora si fossero
raccolti.
Era stato precedentemente convenuto che l'ambasciata, con
un pretesto plausibile, si dividerebbe e andrebbe ad
Hayderabad per due vie diverse, onde procacciarsi pi nozioni
geografiche che fosse possibile sul paese. Essa non tard ad
arrivarvi, e si dovettero rinnovare le stesse difficili
negoziazioni pel ricevimento dell'ambasciata che si rifiut di
aderire alle umilianti pretese degli emiri.
Le rovine sulle quali riposa la facciata orientale della
fortezza d'Hayderabad, dice Pottinger, i tetti delle case ed
anche le fortificazioni, tutto era gremito da una moltitudine di
persone dei due sessi, che colle acclamazioni e cogli applausi
facevano testimonianza delle buone disposizioni verso di noi.
Giunti nel palazzo, nel luogo in cui dovevano metter
piede a terra, gli Inglesi furono ricevuti da Uli-Mohammed-
Khan e da molti altri ufficiali d'un grado eminente; essi
camminarono innanzi a noi verso un'ampia, piattaforma aperta,
all' estremit della quale erano seduti gli emiri. Essendo questa
piattaforma coperta dei pi ricchi tappeti di Persia, noi ci
levammo le scarpe. Dal momento in cui l'inviato fece il primo
passo verso i principi, essi si levarono tutti e tre, e rimasero in
piedi fino a che egli giunse al posto che gli era stato assegnato;
un drappo ricamato lo ricopriva, molto pi ricco di quello delle
altre persone dell'ambasciata. I principi ci rivolsero ciascuno
delle domande gentilissime sulla nostra salute. Del resto,
siccome era una udienza di pura cerimonia, tutto si limit a
complimenti e ad espressioni di convenienza Gli emiri
portavano una grande quantit di pietre preziose, oltre quelle
che ornavano le impugnature e i foderi delle loro spade e dei
loro pugnali, e si vedevano brillar alle loro cinture smeraldi e
rubini d'una grossezza straordinaria. Essi erano seduti in ordine
d'et, il maggiore in mezzo, il secondo alla sua destra, il pi
giovane a mancina. Un tappeto di feltro leggiero copriva tutto
il circolo: al di sopra vi era un materasso di seta dello spessore
d'un pollice all'incirca, e grande esattamente abbastanza perch
i tre principi vi pigliassero posto.
La relazione termina con una descrizione d'Hayderabad
fortezza che durerebbe fatica a resistere agli assalti d'un nemico
europeo e con diverse considerazioni sulla natura
dell'ambasciata, che aveva in parte per scopo di chiudere ai
Francesi l'ingresso del Sindhy. Appena il trattato fu conchiuso,
gli Inglesi tornarono a Bombay.
Per mezzo di questo viaggio, la Compagnia conosceva
meglio uno dei suoi paesi limitrofi, e radunava dei documenti
preziosi sulle risorse e sulle produzioni d'una regione
attraversata da un fiume immenso, l'Indus degli antichi, che
avendo la sua sorgente nell'Himalaya, poteva facilmente servire
ai trasporti lungo una zona immensa di territorio. Lo scopo
raggiunto era pi mercantile che geografico, ma la scienza
approfittava, anche questa volta, delle necessit della politica.
Il poco che si sapeva fino allora sul tratto compreso fra il
Cabulistan, l'India, la Persia ed il mare delle Indie era
incompleto e difettoso.
La Compagnia, molto soddisfatta del modo con cui il
capitano Christie ed il luogotenente Pottinger avevano
compiuto la loro ambasciata, risolvette di affidar loro una
missione ben altrimenti delicata e difficile: raggiungere per
terra, attraverso il Belutchistan, il generale Malcolm,
ambasciatore in Persia, e raccogliere su quest'ampia distesa di
paese dei dati pi completi e pi precisi di quelli cine si
possedevano allora.
Non bisognava pensare ad attraversare col costume
europeo il Belutchistan, la cui popolazione era fanatica. Epper
Christie e Pottinger si rivolsero ad un negoziante indiano, che
forniva cavalli ai governi di Madras e di Bombay, e questi li
accredit come suoi agenti per Kelat, la capitale del
Belutchistan.
Il 2 gennaio 1810 i due ufficiali s'imbarcarono a Bombay
per Sonminy, solo porto di mare della provincia di Lhossa,
dove essi arrivarono dopo d'aver riposato a Porebender, sulla
costa di Guzarate.
Tutto il paese che, i viaggiatori attraversarono prima di
giungere a Bela non che un'immensa palude salata, invasa
dalle jungle. Il Djam o governatore di questa citt era
intelligente. Egli fece agli Inglesi moltissime domande, che
dinotavano il suo desiderio di istruirsi, ed affid al capo della
trib dei Bezendjo, che sono Belutchi, l'incarico di condurre i
viaggiatori a Kelat.
Lasciando Bombay la temperatura si era molto mutata.
Pottinger e Ghristie ebbero a soffrire sulle montagne un freddo
eccessivamente vivo, che giunse fino a gelar l'acqua nelle otri.
Kelat, scrive Pottinger, la capitale di tutto il Belutchistan,
il che le ha valso il suo nome di Kelat, o la citt, posta sopra
un'altura all'occidente d'un declivio o valle, ben coltivata, lunga
circa otto miglia e larga tre. La maggior parte di questa distesa
tenuta a giardini. La citt forma un quadrato. Tre lati sono
cinti da un muro di terra alto una ventina di piedi,
fiancheggiato ad intervalli di duecentocinquanta passi da
bastioni che, al pari delle mura, presentano un gran numero di
feritoie per la moschetteria Non ho avuto occasione di
visitare l'interno del palazzo, ma esso non che un ammasso
confuso di costruzioni comuni di terra con tetti piatti in forma
di terrazzo: il tutto difeso da mura basse munite di parapetti e
feritoie. Nella citt si contano circa 2500 case, ma ve n' quasi
un'altra met nei sobborghi; esse sono di mattoni mezzo cotti e
di legno, il tutto intonacato da calce di terra; le strade in
generale sono pi larghe di quelle delle citt abitate dagli
Asiatici. La maggior parte hanno, da ciascun lato, dei
marciapiedi rialzati per i pedoni; nel mezzo vi un colatoio
coperto che molto incomodo per la grande quantit di lordura
e immondizie che vi si gettano e per l'acqua piovana stagnante
che vi si ferma, giacch nessun regolamento preciso obbliga a
pulirlo. Un altro grande ostacolo che impedisce alla citt di
essere pulita e piacevole, dipende dall'uso di far sporgere al
disopra delle vie i piani superiori delle case, il che rende la
parte sottostante oscura e umida Il bazar di Kelat vasto e
ben fornito di mercanzie d'ogni specie.
Tutti i giorni esso fa provvista di carni, di erbe e di ogni
specie di derrate, che si comprano a buon prezzo.
La popolazione, secondo Pottinger, divisa in due classi
ben distinte, i Belatela e i Brahui, e ciascuna d'esse suddivisa
in gran numero di trib. La prima ha un po' del persiano
moderno per il suo aspetto e la sua lingua; il Brahui conserva al
contrario un gran numero di vecchie parole indiane. Numerose
unioni fra le due classi hanno dato origine a una terza.
I Belutchi, usciti dalle montagne del Mekhran, sono
Sunniti, considerano i quattro primi imani come i successori
legittimi di Maometto. Popolo pastore, essi ne hanno le qualit
e i difetti; sono ospitalieri, ma indolenti, e passano il loro
tempo a giuocare e fumare. Si limitano generalmente a
possedere una o due donne, che essi sono meno gelosi degli
altri musulmani di lasciar vedere agli stranieri. Hanno un gran
numero di schiavi dei due sessi, che trattano con bont.
Eccellenti tiratori, sono appassionati amatori della caccia,
d'un'abilit a tutta prova; e si divertono a far delle razzie, che
portano presso di essi il nome di tchpaos. Queste spedizioni
sono, ordinariamente, opera dei Nherui, i pi selvaggi e i pi
saccheggiatori dei Belutchi.
I Brahui poi spingono ancora pi lontano le loro abitudini
erranti. Pochi uomini sono pi attivi e pi forti, per sostenere il
freddo glaciale delle montagne e il calore bruciante delle
pianure. Generalmente piccoli, bravi e abili tiratori, e fedeli alla
loro parola come i Belutchi, essi hanno un gusto meno
pronunciato per la rapina.
Io non ho visto nessun altro popolo asiatico, dice
Pottinger, al quale essi rassomiglino, perch molti di loro
hanno la barba e i capelli bruni.
Dopo un brevissimo soggiorno a Relat, i due viaggiatori,
che continuavano a farsi credere mercanti di cavalli,
giudicarono opportuno di riprendere il loro viaggio; ma, invece
di seguire la grande via di Candahar, essi traversarono un paese
triste e sterile, pochissimo popolato, bagnato dal Caisser, fiume
che, durante l'estate, senz'acqua. Essi arrivarono alla frontiera
dell'Afganistan, in una piccola citt chiamata Noschky o
Nuchky.
In questo luogo alcuni belutchi, che sembravano prendersi
a cuore la loro spedizione, indicarono loro le difficolt di
raggiungere il Khorassan e Herat, sua capitale, per la via di
Sedjistan.
Andate a Karman, si diceva loro, passando per Kedje e
Benpur oppure per Serhed, villaggio della frontiera occidentale
del Belutchistan, e di l entrate nel Nermanchir.
L'idea di seguire due strade, arrise subito a Christie e
Pottinger. Questa risoluzione era per contraria alle loro
istruzioni, ma noi trovammo la nostra scusa, dice Pottinger, nel
vantaggio incontestabile che ne risulterebbe, procurando sulle
regioni, che eravamo incaricati di esplorare, delle cognizioni
geografiche e statistiche pi estese di quelle che si poteva
sperare di raccogliere viaggiando insieme.
Christie part il primo per la via di Duchak; noi lo
seguiremo pi tardi.
Qualche giorno dopo, Pottinger ricevette a Nuschky, dal
suo corrispondente d Kelat, delle lettere che gli dicevano come
dei messi degli emiri del Sindhy erano sulle sue tracce, perch
essi erano stati riconosciuti, e che per la sua sicurezza doveva
partire al pi presto possibile.
Il 25 marzo, il luogotenente inglese prese dunque la via di
Serawan, piccolissima citt posta presso alla frontiera afgana.
Prima di giungervi, Pottinger aveva incontrato sul suo
cammino dei monumenti singolare, sepolcri od altari, la di cui
costruzione era attribuita ai Guebri, adoratori del fuoco, che
portano anche il nome di Parsi.
Serawan a sei miglia dai monti Serawani, in mezzo ad
una contrada sterile e nuda. Questa citt non deve la sua
fondazione che alla provvigione costante e considerevole
d'acqua che le fornisce il Beli, vantaggio incalcolabile in una
contrada continuamente esposta alla siccit e alla carestia.
Pottinger visit in seguito il distretto di Kharan, rinomato
per la forza e l'agilit dei suoi camelli, e travers il deserto che
forma l'estremit meridionale dell'Afganistan.
In esso la sabbia eccessivamente fine, le sue particelle
sono quasi impalpabili; forma sotto l'azione del vento dei
monticelli di dieci a venti piedi di altezza, separati da piccole
valli. Anche nei tempi in cui l'aria calma, un gran numero di
particelle agitano nell'aria, dando luogo a una specie particolare
di miraggio; e penetrando negli occhi, nella bocca e nelle
narici, cagionano una irritazione eccessiva, ed insieme una sete
inestinguibile.
Inoltrandosi nel territorio di Hekhran, Pottinger dovette
prendere il carattere d'un pyrzadeh o santo; perch la
popolazione essenzialmente predatrice e la sua qualit
apparente di commerciante non avrebbe mancato di attirare su
lui le avventure pi sgradevoli.
Al villaggio di Gul, nel distretto di Daizuk, succedono il
borgo rumato d'Asmanabad, quello di Hefter e la citt di Purah,
ove Pottinger fu obbligato di confessare la sua qualit di
frangui, con gran scandalo della guida, che, da due mesi ch'essi
vivevano insieme, non aveva concepito alcun dubbio in
proposito.
Infine, spossato dalla fatica, privo di mezzi, Pottinger
raggiunse Benpur, localit visitata, nel 1809, da un capitano di
fanteria cipaja del Bengala, il signor Grant. Forte della buona
memoria che questo ufficiale ha lasciato, il viaggiatore si reca
dal Serdar. Ma questi invece di mettere a sua disposizione i
soccorsi necessari alla continuazione del suo viaggio, invece di
contentarsi del piccolo dono che Pottinger gli aveva fatto, trov
ancora modo di estorcergli un paio di pistole che gli sarebbero
state molto utili nelle sue peregrinazioni.
Basman l'ultimo luogo di abitazione stabile del
Belutchistan. Si visita in questo luogo una sorgente d'acqua
bollente solforosa che i Belutchi riguardano come un eccellente
specifico nelle malattie cutanee.
Le frontiere della Persia sono ben lungi dall'avere un
confine segnato in modo scientifico. Cos c' una larga striscia
di territorio che non neutro, ma soggetto a contestazioni, e
teatro ordinario di sanguinosi combattimenti.
La piccola citt di Regan, nel Nermanchir, molto bella.
un forte o piuttosto un villaggio fortificato, circondato da arte
muraglie ben tenute e munito di baluardi.
Pi lontano, nella Persia stessa, si incontra Bemm, citt
altre volte molto importante, come ne fanno testimonianza le
estese rovine di cui circondata. Pottinger vi fu ricevuto con
molta cordialit dal governatore.
Quando fu vicino al luogo ove io mi trovavo, scrive il
viaggiatore, si volse verso un suo ufficiale e gli domand ove
era il frangui. Mi si design; mi fece caino con la mano di
seguirlo e nel medesimo tempo il suo sguardo fisso, che mi
squadrava dalla testa ai piedi, esprimeva la meraviglia che gli
cagionava il mio modo di vestire; esso era veramente
abbastanza strano per scusare la sconvenienza del suo
guardare. Io avevo una grossa camicia all'uso dei Belutchi e dei
pantaloni che un tempo erano stati bianchi; ma, dopo sei
settimane che io li portavo, il bianco si era cangiato in color
bruno ed erano quasi a brandelli; aggiungete un turbante
azzurro, un pezzo di corda per cintura e nella mia mano un
grosso bastone che mi aveva reso dei grandi servizi per
aiutarmi a camminare e a difendermi contro i cani.
Nonostante lo stato miserabile del personaggio cencioso
che si presentava davanti a lui, il governatore ricevette
Pottinger con tanta cordialit, quanta se ne pu aspettare da un
musulmano, e gli diede una guida per andare a Kerman.
Il 3 maggio il viaggiatore entr in questa citt con la
persuasione d'aver compiuto quanto vi ora di pi difficile nel
suo viaggio e di essere quasi in salvo.
Kerman la capitale dell'antica Keramania; era una citt
fiorente sotto la dominazione afgana, e vi si annovera una
fabbrica di scialli che rivaleggiano con quelli del Cachemire.
In questo luogo, Pottinger fu testimonio d'uno spettacolo
frequente in questi paesi, ove si tien poco conto della vita di un
uomo, ma che sempre cagiona a un europeo un'impressione
d'orrore e di disgusto.
Il governatore di questa citt era nello stesso tempo genero
e nipote dello shah e figlio della sua moglie.
Il 15 maggio, il principe stesso, dice il viaggiatore,
giudic delle persone accusate d'aver ucciso uno dei loro
domestici difficile farsi un'idea dello stato d'incertezza e
d'ansiet in cui rimasero gli abitanti tutta la giornata. Le porte
della citt vennero chiuse onde impedire che si potesse uscirne.
Gli ufficiali del governo non si occuparono d'alcun affare.
Alcuni furono mandati come testimoni, senza avvertirli prima.
Io ne vidi due o tre condotti al supplizio. Verso le tre dopo
mezzogiorno, il principe pronunzi la sentenza contro gli
accusati ch'erano stati giudicati colpevoli. Gli uni furono
acciecati, ad altri fu tagliata la lingua. A questi si tagliarono te
orecchie, il naso, le labbra; a quelli le due mani, le dita o i
pollici dei piedi. Seppi che durante tutto il supplizio di questi
miserabili che venivano mutilati, il principe era seduto alla
stessa finestra ove io lo avevo veduto, dando i suoi ordini senza
il menomo segno di compassione o d'orrore per la scena che
succedeva davanti a lui.
Da Kerman, Pottinger giunse a Gher-Bebig, citt posta a
eguale distanza da Yezd, da Chiraz e da Kerman, poi ad
Ispahan, ove ebbe il piaceri di ritrovarvi il suo compagno
Christie, e infine a Meragha, ove incontr il generale Malcolm.
Erano passaci sette mesi dacch i viaggiatori avevano
lasciato Bombay. Christie aveva percorso
duemiladuecentocinquanta miglia, e Pottinger
duemilaquattrocentododici.
Ma ora necessario tornare indietro e vedere come
Christie seppe superare i pericoli del viaggio che aveva
intrapreso; molto meglio e pi felicemente di quanto egli stesso
sperava.
Egli aveva lasciato Noschky il 22 marzo, aveva
attraversato i monti Vachuty e un paese incolto, pressoch
deserto fino alle rive dell'Helmend, fiume che si getta nel lago
di Hamun.
L'Helmend, scrive Christie nel suo rapporto alla
Compagnia, dopo aver passato vicino a Candahar, scorre a sud-
ovest e ad ovest, poi entra nel Sedjistan a circa quattro giorni di
cammino da Duchak; descrive un circuito alla base delle
montagne, poi forma un lago. A Pellalek, ove noi eravamo,
esso presso a poco largo centododici piedi e profondo tre; la
sua acqua molto buona. Alla distanza di un mezzo miglia da
ciascuna costa, il paese coltivato merc le irrigazioni,
comincia poi il deserto, e si eleva in altre spiaggie
perpendicolari. Le sponde del fiume abbondano di tamarischi,
mentre forniscono pure la pastura al bestiame.
Il Sedjistan, regione che si estende lungo le rive di questo
fiume, non che di cinquecento miglia quadrate. Le parti
abitate sono le rive dell'Helmend, il cui letto si abbassa tutti gli
anni.
A Elomdar, Christie mand a cercare un indiano, al quale
era raccomandato. Questi gli consigli di rimandare i suoi
Belutchi e di prendere il carattere di pellegrino. Qualche giorno
dopo penetr a Duchak, che porta anche il nome di
Djellahabad.
Le rovine dell'antica citt coprono un terreno vasto
almeno come quello d'Ispahan, scrive il viaggiatore. Essa
stata costrutta, come tutte le citt del Sedjistan, con mattoni a
mezza cottura, le case sono a due piani e hanno dei tetti a volta.
La citt moderna di Djellahabad bella, tenuta con propriet, e
in uno stato di accrescimento; essa rinchiude presso a poco
duemila case e un bazar passabile.
Da Duchak e Herat, Christie fece la via abbastanza
facilmente, non avendo a prendere che qualche precauzione per
sostenere il suo personaggio.
Herat posta in una vallata, circondata da molte montagne
e bagnata da un fiume, e intorno non si vedono che orti e
giardini. La citt occupa uno spazio di quattro miglia quadrate,
ed circondata da un muro fortificato con torri e cinta da
fossati pieni d'acqua.
Dei grandi bazar, con numerose botteghe, la Meched-
Djuma o Moschea di Venerd, sono i principali monumenti di
questa citt. Nessun'altra citt posta in un territorio pi fertile
e ha una popolazione pi agglomerata. Christie crede che
giunga a centomila abitanti. Questa forse, di tutta l'Asia
sottomessa a principi indigeni, la citt pi commerciante.
Magazzino di traffico tra Cabul, Candahar, l'Indostan, il
Cachemire e la Persia, Herat produce delle mercanzie ricercate:
le sete, lo zafferano, i cavalli e l'assa fetida.
Questa pianta, disse Christie, cresce all'altezza di due o
tre piedi; il fusto ha due pollici di diametro; essa ha
all'estremit come una pannocchia che, quando matura,
gialla e rassomiglia ad un cavolo fiore. Gli Indiani e i Belutchi
l'amano moltissimo; la mangiano, dopo aver fatto cuocere il
gambo sulla cenere e la pannocchia nella stufa, come le altre
piante mangiereccie; conserva nullameno il suo sapore e odore
nauseante.
Come molte altre citt orientali, Herat possiede dei bei
giardini pubblici, ma allora questi non erano tenuti con cura se
non per le loro produzioni, che venivano vendute al bazar.
Dopo un mese di soggiorno a Herat, sotto il travestimento
di mercante di cavalli, Christie lascia la citt, avendo prima
destramente fatto circolare la notizia del suo prossimo ritorno,
dopo il pellegrinaggio ch'egli contava di fare a Meched. Egli si
dirige verso Yezd, attraverso un paese saccheggiato dagli
Uzbeck, che hanno distrutti i serbatoi destinati a ricevere
l'acqua piovana.
Yezd una citt molto grande, popolata, posta sul limitare
di un deserto di sabbia. Le si d il nome di Dar-ul-Ebadet o
la Sede dell'Adorazione. Essa rinomata per la sicurezza che vi
si gode, ci che ha contribuito potentemente allo sviluppo del
suo commercio coll'Indostan, il Khorassan, la Persia e Bagdad.
Il bazar, dice Christie, vasto e ben fornito di mercanzie.
Questa citt contiene ventimila case, indipendentemente da
quelle dei Guebri. Il numero di questi ultimi si stima a
quattromila. un popolo attivo e laborioso, quantunque
crudelmente oppresso.
Da Yezd a Ispahan, ove egli discese al palazzo dell'emiro
Ud-Daul, Christie aveva percorso una distanza di
centosettanta miglia sopra una buona strada. Egli ebbe il
piacere d'incontrare in quest'ultima citt, come abbiamo detto,
il suo compagno Pottinger; i due ufficiali non ebbero che a
felicitarsi reciprocamente d'avere cos bene compita la loro
missione, d'essere sfuggiti a tutti i pericoli d'una gi molto
lunga, attraverso paesi di fanatici.
Come si potr forse giudicare dal riassunto che noi abbiam
fatto il racconto di Pottinger sommamente curioso. Molto pi
esatto della maggior parte dei suoi predecessori, egli fece
conoscere gran copia di fatti storici, d'aneddoti, di
apprezzamenti e di descrizioni geografiche che hanno il pi
vivo interesse.
Dopo la met del XVIII secolo il Cabulistan non aveva
cessato di essere il teatro di guerre civili accanite. I
competitori, che si attribuivano pi o meno diritti al trono,
avevano portato dappertutto il ferro e il fuoco, e questa regione,
altre volte ricca e florida, fu da essi ridotta un deserto, ove le
ruine di citt scomparse sembravano gli ultimi testimoni d'una
prosperit che si poteva credere estinta per sempre.
Verso il 1808, il principe Shujau-ul-Mulk regnava a Gabul.
L'Inghilterra, pi inquieta che non paresse pei progetti formati
da Napoleone di assalirla nell'India e pei tentativi d'alleanza
ch'egli aveva fatti presso lo sci di Persia, servendosi di un
accorto negoziatore, il generale Gardane, risolvette di mandare
un'ambasciata al re di Cabul, che si trattava di rendere
favorevole agli interessi della Compagnia.
L'ambasciatore scelto fu Muntstuart Elphinstone, che ci ha
lasciato un'interessantissima narrazione della sua missione. Si
devono a lui delle informazioni assolutamente nuove su tutta
questa regione e sulle trib che la popolano. Oggi il suo libro
ha ancora un'apparenza di attualit, e si leggono con interesse
le pagine consacrate ai Kyberiani ed alle altre popolazioni
montanare, che fecero or ora parlare di s il mondo.
Partito da Delhi nel mese di ottobre 1808, Elphinstone
and a Canund, dove comincia un deserto di sabbia mobile, poi
entr nel Shekhawutte, cantone abitato dai Radjput. Alla fine
d'ottobre l'ambasciata raggiunse Singauna, bella citt, il cui
rajah era un arrabbiato fumatore d'oppio.
Figuratevi, dice il viaggiatore, un ometto i cui grossi
occhi erano infiammati per l'uso dell'oppio. La sua barba,
rialzata da ciascun lato verso le orecchie, gli dava un aspetto
selvaggio e tenibile.
Djunjunha, i cui giardini fanno un'impressione di
freschezza in mezzo a quei deserti, non dipende ancora dal
rajah di Bikanir, i cui redditi non sorpassano 1.250.000 franchi.
Come mai questo principe pu ancora percepire delle rendite
tanto considerevoli con un territorio arido e deserto, percorso in
tutti i sensi da milioni di sorci, orde di gazzelle e d'asini
selvatici?
Il sentiero, attraverso le montagne di sabbia, era molto
stretto, dice Elphinstone descrivendo la marcia della sua
carovana, e due camelli di fronte vi potevano appena passare.
Per poco che uno di questi animali deviasse, si approfondava
nella sabbia come nella neve, di guisa che il minimo ostacolo
alla testa della colonna arrestava tutta la carovana.
L'avanguardia non poteva pi camminare quando la coda era
ferma, e per paura che la divisione separata dalle sue guide si
perdesse fra le colonne di sabbia, il suono del tamburo e della
tromba serviva di segnale per impedire qualunque
separazione.
Non si direbbe questa la marcia d'un corpo di truppa?
Questi suoni guerrieri, il. luccichio delle uniformi e delle armi,
tutto ci poteva forse dar l'idea di un'ambasciata pacifica? Non
si potrebbe applicare all'India il motto cos conosciuto, che
dinota in Ispagna le idee e le costumanze che sono a noi
estranee, e dire Cosas de India, come si dice Cosas de Espana?
La scarsezza dell'acqua, narra ancora l'ambasciatore, e la
cattiva qualit di quella che noi bevevamo, era insopportabile
ai nostri soldati ed ai nostri servi. Se l'abbondanza dei cocomeri
acquietava la loro sete, ci non era senza molesti effetti per la
loro salute. La maggior parte degli indigeni indiani che ci
accompagnavano furono presi da febbre lenta o da dissenteria.
Quaranta persone morirono nella prima settimana di fermata a
Bikanir.
Si pu dire di Bikanir ci che La Fontaine disse dei bastoni
galleggianti:

De loin c'est quelque chose, et de prs ce n'est rien.

L'aspetto esterno della citt buono, ma essa invece non
che un ammasso senz'ordine di capanne con muraglie di terra e
stoppia.
In quel momento il paese era invaso da cinque eserciti, e i
due belligeranti spedivano messi sopra messi all'ambasciatore
inglese, per cercar d'ottenere, se non un soccorso materiale,
almeno un appoggio morale.
Elphinstone fu ricevuto dal rajah di Bikanir.
Quella corte, scrive, molto diversa da tutte quelle che
avevo visto nell'India. Gli uomini sono pi bianchi degli
Indiani, rassomigliano agli ebrei per la configurazione dei
lineamenti, portano dei turbanti magnifici Il rajah ed i suoi
parenti avevano dei berretti di molti colori, ornati di gemme. Il
rajah si appoggiava sopra uno scudo d'acciaio, il cui centro
rialzato ed il contorno erano incrostati di rubini e di diamanti.
Alcuni momenti dopo il nostro ingresso il rajah ci propose di
sottrarci al caldo ed all'importunit della folla Noi ci
sedemmo a terra, giusta l'usanza indiana, ed il rajah pronunci
un 'discorso, nel quale ci disse ch'egli era il vassallo del
sovrano di Delhi, e che Delhi essendo in potere degli Inglesi,
egli si affrettava a riconoscere nella mia persona la sovranit
del mio governo. Egli fece portare le chiavi del forte e me le
offerse, ma io le rifiutai, non avendo nessun potere a questo
proposito. Dopo molte istanze, il rajah acconsent a conservare
le sue chiavi. Qualche tempo dopo, entr una schiera di
bajadere; Le danze e i canti non cessarono che alla nostra
partenza.
Uscendo da Bikanir, si attraversa di nuovo il deserto, in
mezzo al quale sorgono le citt di Mujghur e di Bahawulpore,
in cui una folla compatta aspettava l'ambasciata. L'Hyfase,
fiume sul quale navig la flotta di Alessandro, non corrispose
all'idea che un tal ricordo evocava. Il domani arrivava
Bahaweel-khan, governatore di una delle Provincie orientali
del Cabulistan. Egli portava dei magnifici doni all'ambasciatore
inglese, ch'egli condusse lungo la riva destra dell'Hyfase fino a
Multan, citt famosa per le sue seterie. Il governatore di questa
citt era stato preso da terrore apprendendo l'arrivo degli
Inglesi, e deliber quale attitudine converrebbe di tenere se
questi assalissero la citt per sorpresa o se esigessero la sua
cessione.
Questo allarme si acquiet e il colloquio fu dei pi
cordiali. La descrizione che ne d l'Elphinstone, quantunque
sembri un po' esagerata, per interessante.
Il governatore, dice egli, Salut il signor Strachey (il
segretario dell'ambasciata) all'uso persiano. Essi
s'incamminarono insieme verso la tenda, ed il disordine non
fece che aumentare. Qui si battevano a pugni; l i cavalieri
passavano da parte a parte i pedoni. Il cavallo del signor
Strachey fu quasi gettato a terra, ed il segretario dur molta
fatica a riprendere l'equilibrio. Avvicinandosi alla tenda, il
khan ed il suo seguito sbagliarono la strada, e precipitarono
sulla cavalleria con tanto impeto, che questa ebbe appena il
tempo di voltarsi per lasciarli passare.
Le truppe in disordine ripiegarono verso la tenda, i servi
del khan presero la fuga; i paraventi furono strappati, le corde
stesse della tenda furono rotte, e poco manc che la tela non ci
cadesse sul capo. L'interno fu in un momento pieno di gente, e
in una completa oscurit. Il governatore e dieci persone del suo
seguito si sedettero, gli altri rimasero sotto le armi. Questa
visita dur poco; il governatore non sapeva che recitare il suo
rosario con fervore e dirmi in fretta: Voi siete il benvenuto!
voi siete il benvenuto! Infine, pretestando il timore ch'io fossi
disturbato dalla folla, si ritir.
Il racconto divertente; ma sar poi vero in tutti i suoi
particolari?
Il 31 dicembre l'ambasciata passava l'Indo e penetrava in
un paese coltivato con cura e con metodo, che non ricordava in
nulla l'Indostan. La gente del paese non aveva mai sentito
parlare degli Inglesi, che essi prendevano per Mongoli, Afgani
od Indiani. Epper le voci pi strane correvano fra questa
popolazione amante del meraviglioso.
Si dovette fermarsi un mese a Dera per aspettare un
mehmandar, specie di introduttore degli, ambasciatori. Due
persone della missione ne approfittarono per far la salita del
picco di Tukhte-Soleiman, o Trono di Solimano, sul quale,
secondo la leggenda, si sarebbe fermata l'arca di No, dopo il
diluvio.
Il 7 febbraio ebbe luogo la partenza da Dera, e da quel
punto l'ambasciata ebbe i piacere di attraversare delle contrade
deliziose fino a Pesehawer, ove si recava anche il re, perch
questa citt non residenza ordinaria della corte.
Il giorno del nostro arrivo; dice la relazione, il pranzo ci
fu fornito dalla cucina del re. Le vivande erano eccellenti. In
seguito noi le facemmo cucinare a nostro modo; ma il re
continu a fornirci la colazione, il pranzo e la merenda, pi le
provvigioni per duemila persone, duecento cavalli e un gran
numero d'elefanti. Peccato che il nostro seguito non fosse
anche pi numeroso, e tuttavia non senza fatica, alla fine del
mese, si ottenne da Sua Maest qualche diminuzione di questa
inutile profusione.
Come si poteva prevedere, i negoziati per le presentazioni
alla corte furono lunghi e difficili. Tuttavia si fin per
accomodar tutto e i ricevimenti furono cordiali quanto lo
permettevano le usanze diplomatiche. Il re era adorno di
diamanti e di gemme; egli portava una bellissima corona, e
sopra uno dei suoi braccialetti scintillava il cohinur, il pi
gran diamante che esista e del quale si trova un disegno nei
Voyages di Tavemier.
Devo dichiarare, scrive Elphinstone, che se alcune cose e
sopratutto la ricchezza dell'abbigliamento regale suscitarono il
mio stupore, io ne trovai molte altre al disotto della mia
aspettazione. Tutto sommato, pi presto che gli indizi di
prosperit di uno Stato possente, si potevano ravvisare i
sintomi della decadenza di una monarchia poco prima
fiorente.
In seguito, l'ambasciatore nota la rapacit colla quale gli
ufficiali del re si disputavano i doni degli Inglesi, e alcuni altri
particolari che gli fecero cattiva impressione. Un secondo
abboccamento col re produsse su Elphinstone una impressione
pi favorevole.
Si creder difficilmente, scrive egli, che un monarca
orientale possa avere della disinvoltura e conservare la propria
dignit nel medesimo tempo ch'egli si sforza di piacere.
La pianura di Peschawer, circondata, tranne all'est, da alte
montagne, bagnata da tre rami del fiume Cabul, che ivi si
congiungono, e da vari piccoli ruscelli. Sicch questa
campagna straordinariamente fertile. Pruni, peschi, peri,
melacotegne, melagrane, datteri vi si incontravano ad ogni
passo. La popolazione, cos rada nelle contrade aride che
l'ambasciata aveva attraversate, qui piuttosto densa; e da
un'altura il luogotenente Macartney non cont meno di
trentacinque villaggi.
Quanto a Peschawer, vi constat la presenza di centomila
abitanti, che abitavano in case fatte di mattoni, a tre piani.
Molte moschee, la cui costruzione per non ha nulla di
notevole, un bell'ospizio per le carovane e il ballahissor,
castello fortificato nel quale il re ricevette l'ambasciata, tali i
monumenti pi importanti di Peschawer. Il concorso d'abitanti
di razze diverse, dai costumi differenti, presenta un quadro
sempre cangiante, vero caleidoscopio umano, che reca
grandissimo diletto allo straniero. Persiani, Afgani, Kyberiani,
Hazauri, Duranei, ecc., cavalli, dromedari e camelli della
Bactriana, bipedi e quadrupedi, il naturalista ha di che
osservare e descrivere.
Ma ci che forma l'incanto di questa citt, come di molta
parte dell'India, la lussureggiante vegetazione; circondata
da una larga zona di giardini, ed rinomata per l'abbondanza e
il profumo de'suoi fiori, e sopratutto delle rose.
Frattanto, se la situazione del re era difficile, suo fratello,
ch'egli aveva detronizzato in seguito ad una sommossa
popolare, aveva ripreso le armi e tentava impadronirsi del
Cabul. Un pi lungo soggiorno per l'ambasciata era
impossibile. Essa dovette dunque riprendere il cammino
dell'India, pass per Attock e la vallata d'Hussun-AJ bdul,
celebre per la sua bellezza. Quivi Elphinstone dovette arrestarsi
fino a che la sorte delle armi non avesse deciso del trono di
Cabul, ma egli aveva ricevuto delle lettere di richiamo. Da quel
momento la fortuna fu contraria a Sjuhau, che dopo essere stato
completamente battuto, aveva dovuto cercare la sua salvezza
nella fuga.
La missione continu dunque la sua via e attravers il
paese dei Sikh, montanari grossolani, mezzo nudi e semi-
barbari.
I Sikh che dopo qualche anno fecero cos terribilmente
parlare di s sono uomini alti, dice Elphinstone, magri e
nello stesso tempo molto forti. Essi non portano altre
vestimenta che dei calzoni, che discendono soltanto fino alla
met delle coscie. Sovente essi portano dei grandi mantelli di
pelle, legati trascuratamente sulla spalla. I loro turbanti non
sono larghi, ma molto alti e piatti davanti. Le forbici non
toccano mai n la l'oro barba, n i loro capelli. Le loro armi
sono l'arco e il moschetto. Le persone distinte portano degli
archi molto eleganti, e non fanno punte visite senza essere
armati in questo modo. Quasi tutto il Pendjab appartiene a
Rendjet-Sing, che nel 1805 non era che uno dei numerosi capi
del suo paese. All'epoca del nostro viaggio egli aveva
acquistata la sovranit di tutta la contrada occupata dai Sikh ed
aveva preso il titolo di re.
Nessun incidente degno di attenzione avvenne net ritorno
dell'ambasciata a Delhi. Essa portava seco, oltre il racconto
degli avvenimenti svoltisi sotto i suoi occhi, i documenti pi
preziosi sulla geografia dell'Afganistan e del Cabulistan, sul
clima, le produzioni animali, vegetali e minerali di questa
immensa estensione di paese.
L'origine, la storia, il governo, la legislazione, la
condizione delle donne, la religione, la lingua, il commercio,
formano soggetto d' altrettanti capitoli, molto interessanti, della
relazione di Elphinstone, di cui i giornalisti meglio informati si
sono serviti allorch stata decisa la recente spedizione inglese
nell'Afganistan.
Infine la relazione si chiude con uno studio molto
particolareggiato sulle trib che formano la popolazione
dell'Afganistan e con un insieme di documenti inestimabili per
l'epoca sulle contrade vicine.
Riassumendo, la relazione di Elphinstone curiosa,
interessante, preziosa sotto molti aspetti, e pu essere ancora
ali giorno d'oggi consultata con frutto.
Lo zelo della Compagnia era infaticabile. Una missione
non era appena di ritorno, che un'altra partiva per un'altra
direzione, con delle istruzioni differenti. Si trattava di
conoscere il terreno intorno a s, d'essere di continua informati
di quella politica asiatica sempre cos mutevole, e d'impedire
una coalizione di queste trib di nazionalit diverse contro gli
usurpatori stranieri. Nei 1812, un'altra idea per dire il vero
pi pacifica determin il viaggio di Moorcroft e del capitano
Hearsay ai lago Mansarovar, situato nella provincia dell'Undes,
che fa parte del Piccolo Tibet.
Questa volta si trattava di impadronirsi di un branca di
capre del Cachemire, le quali hanno un lungo pelo che serve
alla fabbricazione di quegli scialli famosi in tutto il mondo.
Inoltre la missione si proponeva di distruggere la nota
asserzione degli Indiani, che il Gange ha la sua sorgenti al di l
dell'Himalaya, nel lago Mansarovar.
Missione difficile e perigliosa! Bisognava prima penetrare
nel Nepal, di cui il governo rendeva l'accesso molto difficile, e
in seguito penetrare in un paese, da cui erano esclusi gli
abitanti del Nepal e a maggior ragione gli Inglesi. Questo paese
l'Undes.
Gli esploratori si travestirono dunque da pellegrini indiani.
Essi avevano un seguito di venticinque persone, e, cosa
singolare, uno di questi servitori si era impegnato a marciare
continuamente facendo dei passi di quattro piedi: mezzo molto
approssimativo per misurare Il cammino percorso.
I signori Moorcroft e Hearsay passarono da Bereily e
seguirono la via di Webb fino a Djosimath, che essi lasciarono
il 26 maggio 1812. Bentosto dovettero superare l'ultimo
contrafforte dell'Himalaya, lottando contro difficolt sempre
rinnovali tisi, scarsit di villaggi, e quindi anche di ricoveri e di
portatori, cattivo stato di strade, poste a una grande altezza,
sopra il livello del mare.
Essi nondimeno videro Daba, ove si trova una
importantissima lameria, Gortope, Maisar, e, a un quarto di
miglio da Tirtapuri, delle singolari sorgenti d'acqua calda.
L'acqua, dice la relazione originale riprodotta negli
Annales des Voyages, scaturisce per due imboccature di sei
pollici di diametro da uno strato calcareo di tre miglia di
estensione, ed elevato quasi dappertutto da dieci a dodici piedi
al disopra della pianura che lo circonda. Esso venne formato
dai depositi terrosi lasciati dall'acqua, raffreddandosi. L'acqua
si eleva a quattro pollici sul livello di questa stratificazione.
Essa molto chiara e cos calda da non potervi tenere la mano
che qualche second. All'ingiro si vede una grossa nuvola di
fumo. L'acqua, scorrendo su una superficie quasi orizzontale,
scava dei bacini di diverse grandezze che, a forza di ricevere
dei depositi terrosi, si restringono; i fondi si alzano, e l'acqua
scava un nuovo serbatoio che si riempie a sua volta. Essa
scorre cos fin quando arriva nel piano. Il deposito terroso
ch'essa lascia, da una parte vicino alle aperture, bianco come
lo stucco pi puro; un po' pi lontano, giallo pallido, e pi
lontano ancora giallo carico. L'altra sorgente ha dapprima un
color rosa, poi rosso carico. Queste diverse tinte si ritrovano
nello strato calcareo, che deve essere opera dei secoli.
Tirtapuri, residenza d'un lama, e, dalla pi remota
antichit, il ritrovo pi frequentato dei fedeli, come lo prova un
muro di pi di quattrocento piedi di lunghezza, formato da
pietre sopra le quali sono scritte delle preghiere.
I viaggiatori partirono da questo luogo il 1. agosto affine
di giungere al l'ago Mansarovar, e lasciarono alla loro destra il
lago Ravahnard, che si credeva comunemente desse origine al
principale ramo del Setledje.
Il lago Mansarovar scavato al piede d'immense praterie
in pendo, dominate, al sud, da montagne gigantesche. Di tutti i
luoghi venerati dagli Indiani, questo il pi sacro. Ci dipende
senza dubbio dalla sua lontananza dall'Indostan, dalle fatiche e
dai pericoli della strada, e fors'anche dalla necessit di portare
con s danaro e provvigioni.
I geografi indiani fanno uscire da questo interessante lago
il Gange, il Setledje e il Kali. Moorcroft non aveva nessun
dubbio sulla falsit della prima di queste asserzioni. Risoluto a
verificare le due altre, egli percorse le rive ripide e rotte da
profondi scoscendimenti di questo lago, vide un gran numero
di corsi d'acqua che vi si gettano; non ne vide uno solo uscire.
possibile che prima del terremoto che rovin Srinagar, il
Mansarovar abbia avuto un emissario, ma Moorcroft non ne
trov traccia. Situato fra l'Himalaya e la catena del Cailas, di
forma oblunga, irregolare, questo lago ha cinque leghe di
lunghezza sopra quattro di larghezza.
Lo scopo della escursione essendo compiuta Moorcroft e
Hearsay ritornarono verso l'India, passarono a Gangli e videro
Ravahnrad; ma Moorcroft era troppo debole per farne il giro;
riguadagn Tirtapuri, poi Daba, ed ebbe molto a soffrire nel
traversare il Ghat, o passaggio che separa l'Indostn dal Tibet,
Il vento che viene dalle montagne del Buthan, coperte di
neve, dice la relazione, freddo e penetrante, la salita lunga e
penosa, la discesa rapida e sdrucciolevole, ed esige delle
precauzioni. In generale abbiamo molto sofferto. I nostri
cavalli, per la negligenza dei conduttori, si erano allontanati
dalia strada e si erano arrampicati sulla riva di un precipizio
all'altezza di. cinquecento piedi. Un montanaro li ricondusse da
quel luogo pericoloso; essi tentarono discendere percorrendo
un pendo molto ripido. Gli ultimi smuovevano i sassi che,
cadendo con violenza, minacciavano di colpire quelli che si
trovavano all'avanguardia; era una cosa curiosa il vedere con
quale abilit, continuando, a correre, i cavalli scansavano i
colpi delle pietre.
Bentosto i Gorkhali, che fino allora si erano limitati a
porre ostacoli al cammino dei viaggiatori, li strinsero davvicino
e tentarono arrestarli. La fermezza degli Inglesi contenne per
lungo tempo questi selvaggi fanatici, ma infine attinsero
coraggio dal numero e sa precipitarono sopra i viaggiatori.
Venti uomini si precipitarono su di me, scrive Moorcroft,
uno mi prese per il collo, e appuntandomi un ginocchio contro
le reni tent di strangolarmi stringendomi la cravatta: un altro
attacc una corda ad una delle mie gambe e mi tir indietro:
ero sul punto di perdere i sensi. Il fucile sul quale mi
appoggiavo mi sfugg e caddi; mi tirarono pei piedi come se
fossi legato. Nulla potrebbe eguagliare la gioia feroce che si
dipinse sul viso di quei selvaggi quando mi rialzai. Temendo
che riuscissi a mettermi in salvo, due soldati mi tenevano per
l'estremit di una corda, dandomi di quando in quando un buon
colpo, senza dubbio per ricordarmi la mia posizione. Sembrava
che Hearsay non prevedesse un attacco cos immediato e
violento; egli si risciacquava la bocca quando cominci il
chiasso, e non intese le mie grida che lo chiamavano in
soccorso. I nostri domestici non si trovavano vicini alle poche
armi di cui eravamo forniti; alcuni fuggirono non so come; gli
altri vennero arrestati come Hearsay. Non lo legarono come
me, si accontentarono di tenerlo per le braccia.
Il capo di questa banda disse ai due inglesi che essi erano
stati riconosciuti e arrestati per aver attraversato il paese
travestiti da pellegrini indiani. Un fakiro, che Moorcroft aveva
preso seco come capraio, pervenne nullameno a fuggire e a
portare due lettere alle autorit inglesi. Le pratiche furono
subito avviate, e il primo novembre gli esploratori venivano
lasciati liberi. Non sodamente si fecero loro delle scuse, ma si
restitu il mal tolto, e il rajah del Nepal permise loro di lasciare
il paese. Tutto bene ci che finisce bene.
Rimane a ricordare, per essere precisi, la corsa del signor
Fraser nell'Himalaya e l'esplorazione di Hodgson alle sorgenti
del Gange nel 1817.
Il capitano Webb aveva, per proprio conto, come abbiamo
detto, scoperto il corso di questo fiume dopo la valle di Dhun
fino a Cadjani, presso Reital. Il capitano Hodgson part il 28
maggio 1817, e pervenne tre giorni dopo alla sorgente del
Gange, al di l di Gangautri. Egli vide il fiume uscire da una
volta bassa nel mezzo d'una massa enorme di neve ghiacciata,
che aveva pi di trecento piedi di altezza perpendicolare. Il
fiume era gi importante, avendo una larghezza media di
ventisette piedi e diciotto pollici di profondit.
Secondo tutte le probabilit, in questo luogo che il Gange
esce primamente alla luce. Qual la sua lunghezza sotto la
neve agghiacciata? prodotto il fiume dallo sgelo delle nevi
medesime? Scaturisce dalla terra? Ecco i quesiti che il capitano
Hodgson desiderava di risolvere; ma avendo voluto rimontare
pi alto che le guide non consentissero, l'esploratore affond
nella neve quasi fino ai collo e fu forzato di retrocedere non
senza fatica.
Il luogo, dal quale esce il Gange, situato a
dodicimilanovecentoquattordici piedi al disopra del livello del
mare, nell'Himalaya stesso.
Hodgson fece anche delle ricerche sulla sorgente della
J umna.
A Djemautri la massa di neve, da cui il fiume sfugge, non
ha meno di centottanta piedi di larghezza e pi di quaranta
piedi di spessore, fra due muraglie perpendicolari di granito.
Questa sorgente situata sul versante sud-est dell'Himalaya.
Se la dominazione degli Inglesi nell'India aveva preso una
estensione considerevole, non meno vero che appunto da ci
proveniva un continuo pericolo. Tutte queste popolazioni di
razze diverse, di cui la maggior parte poteva insuperbire di un
passato glorioso, non erano state sottomesse che grazie al
principio politico molto conosciuto, che consiste nei dividere
per regnare. Ma non potevano esse un giorno imporre silenzio
alle loro rivalit e alle loro inimicizie per volgersi contro lo
straniero?
Considerata freddamente dalla Compagnia questa
prospettiva, tutte le sue azioni dovevano tendere
all'applicazione del sistema ch'era cos ben riuscito fino allora.
Alcuni stati vicini, ancora abbastanza possenti per dar ombra
alla potenza britannica, potevano servire di rifugio ai
malcontenti e diventare il focolare d'intrighi pericolosi. Ora, di
tutti questi imperi vicini, quello che doveva essere pi
strettamente sorvegliato, era la Persia, sia per la vicinanza della
Russia, sia perch Napoleone aveva avuto una grande idea, che
le guerre in Europa non gli permisero di mettere in
esecuzione.
Alla met di febbraio del 1807, il generale Gardane, che
aveva guadagnati i suoi gradi durante le guerre della
Repubblica, e si era distinto ad Austerlitz, a J ena, a Eylau, fu
nominato ministro plenipotenziario in Persia, colla missione di
allearsi allo shah Feth-Al contro l'Inghilterra e la Russia. La
scelta era felice, perch uno degli antenati del generale
Gardane aveva compita una simile missione alla corte dello
shah. Gardane attravers l'Ungheria, raggiunse Costantinopoli
e l'Asia Minore; ma quando arriv in Persia, Abbas Mirza era
successo a suo padre Feth-Al.
Il nuovo shah ricevette l'ambasciatore francese con
distinzione, lo colm di doni, concesse qualche privilegio ai
cattolici ed ai negozianti francesi. Se non che fu questo il solo
risultato della missione che fu ostacolata dal generale inglese
Malcolm, la cui influenza era allora preponderante. L'anno
seguente, Gardane, scoraggiato vedendo tutti i suoi tentativi
andati a vuoto e che non poteva sperare alcun buon risultato,
rientr in Francia.
Suo fratello, Angelo Gardane, che gli aveva servito da
segretario, offre una breve relazione del viaggio lavoro che
contiene qualche particolare curioso sulle antichit della Persia,
ma che stava per essere di molto sorpassato dai lavori inglesi.
Bisogna pure aggiungere alla missione di Gardane la
relazione di un console francese, Adriano Dupr, che era stato
associato a quest'ambasciata. Esso l'ha pubblicata sotto il titolo
di Viaggio nella Persia, compiuto dal 1807 al 1809,
attraversando l'Anatolia, la Mesopotamia, da Costantinopoli
all'estremit del golfo Persico, e di l a Irwan, seguito da
particolari sui costumi, gli usi e il commercio dei Persiani,
sulla corte di Teheran e da una notizia intorno le trib della
Persia. L'opera soddisfa in gran parte le promesse del titolo, e
giova non poco alla geografia e all'etnografia della Persia.
Gli Inglesi, che fecero in questo paese un pi lungo
soggiorno dei Francesi, erano perci appunto pi atti a riunire
dei materiali senza paragone pi abbondanti ed a fare una
scelta giudiziosa delle informazioni ricevute.
Due opere sopratutto ebbero lungo tempo autorit; queste
sono dapprima le due illazioni di Giacomo Morier; i momenti
d'ozio che gli lasciavano la sua posizione di segretario
d'ambasciata, li mise a profitto per studiare i particolari dei
costumi dei Persiani; e, di ritorn in Inghilterra, egli pubblic
diversi romanzi orientali, ai quali la variet dei quadri, la
fedelt minuziosa delle pitture, la novit, per cos dire, della
cornice, procurarono non poco successo.
In secondo luogo, c' il voluminoso lavoro geografico in
4, di Giovanni Macdonal-Kinneir, sull'impero della Persia.
Questo lavoro, cha ha fatto epoca e che supera di molto tutto
ci che era stato pubblicato fino allora, non ci d solamente le
informazioni pi precise sui confini del paese, le sue montagne,
i suoi fiumi e il suo clima, come il suo, titolo ce lo farebbe
credere, ma racchiude i documenti pi esatti sul governo, sulla
costituzione, sulle forze militari, il commercio, le produzioni
animali, vegetali e minerali, suite, popolazione e sui redditi del
paese.
Dopo aver descritto, in un vasto e luminoso quadro
complessivo, le forze materiali e morali dell' impero della
Persia, Kinneir passa alla descrizione delle diverse provincie,
sulle quali egli aveva accumulato gran copia di documenti
importanti, che hanno fatto della sua opera, fino a questi ultimi
tempi, il lavoro pi completo e pi imparziale sull'argomento.
E invero, dal 1808 al 1814, Kinneir percorse e studi in
direzioni molteplici l'Asia Minore, l'Armenia e il Kurdistan. Le
diverse posizioni ch'egli aveva occupate, le missioni di cui egli
era stato incaricato, l'avevano messo in grado di vedere bene e
bene imparare. Ch'egli fosse capitano al servizio della
Compagnia, o agente politico presso il nabab di Carnatic, o
semplice viaggiatore, lo spirito critico di Kinneir era sempre
sull'avviso, e avvenimenti o rivoluzioni, le cui cause erano
sfuggite a molti altri esploratori, non ebbero segreti per lui, a
motivo della conoscenza ch'egli aveva acquistato dei costumi,
delle abitudini e del carattere degli Orientali.
Alla medesima epoca, un altro capitano al servizio della
Compagnia delle Indie, Guglielmo Price, che era stato mandato
nel 1810 come interprete e segretario aggiunto presso
l'ambasciata di sir Gore Ouseley, in Persia, aveva diretto i suoi
studi a decifrare i caratteri cuneiformi. Ben altri avevano
tentato, ma erano venuti ai risultati pi bizzarri e pi fantastici.
Come tutte quelle dei suoi contemporanei, le vedute di Price
erano arrischiate, e le sue applicazioni pochissimo
soddisfacenti; ma egli ebbe il merito di volgere parecchi dotti
alla ricerca di questo difficile problema, nel medesimo tempo
ch'egli continuava la tradizione di Niebuhr e degli altri
orientalisti.
Dobbiamo a lui il racconto del viaggio dell'ambasciata
inglese alla corte di Persia, racconto a cui sono aggiunte due
memorie sulle antichit di Persepoli e di Babilonia.
A sua volta, il fratello di sir Gore Ouseley, Guglielmo
Ouseley, che lo aveva accompagnato in qualit di segretario,
aveva approfittato del suo soggiorno alla corte di Teheran per
studiare la Persia. Solamente i suoi studi non riguardarono n
la geografia, n l'economia politica; egli li restrinse alle
iscrizioni, alle medaglie, ai manoscritti, alla letteratura, in una
parola a tutto ci che aveva relazione con la storia intellettuale
o materiale del paese. E cos noi dobbiamo a lui una edizione
di Firdusi e molte altre opere, le quali, aggiunte alle precedenti
di cui si parlato, vennero molto opportunamente a completare
le cognizioni di gi raccolte sul paese degli shah.
Ma vi un'altra contrada, mezzo asiatica,. mezzo europea
che si cominci a conoscere meglio. Noi vogliamo parlare della
regione caucasea.
Fino dall'ultima met del XVIII secolo, un medico russo,
Giovanni Antonio Guldenstaedt, aveva visitato Astrakan,
Kislar sul fiume Terek all'estrema frontiera dei possessi russi;
egli era entrato nella Georgia, ove lo czar Eraclio l'aveva
accolto con bont; aveva veduto Tiflis e il paese dei
Truchmeni, ed era pervenuto in Imerizia. L'anno seguente,
1773, aveva visitato la grande Kabardia, la Kumania orientale,
aveva esplorate le rovine di Madjary, raggiunto Tscherkask,
Azow, riconosciute le bocche del Don, e si era proposto di
terminare quella vasta esplorazione con lo studio della Crimea,
allorch fu richiamato a Pietroburgo.
I viaggi di Guldenstaedt non sono stati tradotti in francese;
pubblicati incompletamente dal loro autore che la morte
sorprese mentre ne aveva scritta appena una met, essi ebbero
per editori, a Pietroburgo, un giovane prussiano, Enrico Giulio
Klaproth, che doveva esplorare te medesime contrade.
Nato a Berlino l'11 ottobre 1783, Klaproth mostr in et
giovanissima delle disposizioni meravigliose per lo studio delle
lingue orientali. A quindici anni, egli impar da solo il chinese,
e appena ebbe terminati i suoi studi alle universit di Halle e di
Dresda, egli cominci la pubblicazione del suo giornale Il
Magazzino Asiatico. Chiamato in Russia dal conte Potocki, egli
fu tosto nominato membro aggiunto per le lingue orientali
dell'Accademia di Pietroburgo.
Klaproth non appartiene a quella classe stimata di
scienziati da camera che si contentano di vegliare su dei libri.
Egli comprendeva la scienza in una maniera pi vasta. Per lui
non vi era modo pi certo d'arrivare a una conoscenza perfetta
delle lingue dell'Asia e dei costumi e delle abitudini
dell'Oriente, che studiarli sul posto.
Klaproth domand dunque l'autorizzazione
d'accompagnare l'ambasciatore Golowkin, che per recarsi in
China doveva attraversare l'Asia. Dacch egli ebbe ottenuto il
permesso necessario, l'erudito Viaggiatore part solo per la
Siberia, arrestandosi qualche tempo presso i Samojedi, i
Tongusi, i Bashkiri, i J akuti, i Kirghisi, altre popolazioni
finniche o tartare, che vivono in quegl'immensi deserti. Poi egli
arriv a J akutsk, ove fu bentosto raggiunto dall'ambasciatore
Golowkin. Dopo una fermata a Kiatka, si pass la frontiera
chinese il 1 gennaio 1806.
Ma il vicer della Mongolia volle sottomettere
l'ambasciatore a delle cerimonie che questi consider come
umilianti. Ora, n l'uno n l'altro, non volendo in nulla
diminuire le loro pretese, l'ambasciatore dovette riprendere il
cammino di Pietroburgo. Klaproth, poco desideroso di rifare la
via gi percorsa, e preferendo di visitare delle popolazioni
nuove per lui, travers il sud della Siberia, e fece, durante
questo lungo viaggio di venti mesi, una collezione importante
di libri chinesi, manci, tibetani e mongoli, ch'egli utilizz nel
suo grande lavoro che porta il nome d'Asia poliglotta.
Nominato, al suo ritorno a Pietroburgo, accademico
straordinario, egli fu, poco dopo, incaricato, dietro la proposta
del conte Potocki, d'una missione storica, archeologica e
geografica nel Caucaso. Klaproth pass un anno intero in
corse, spesso pericolose, in mezzo a delle popolazioni
predatrici, attraverso contrade ancora sconosciute, visit il
paese che aveva percorso Guldenstaedt alla fine del secolo
precedente.
Tiflis, dice Klaproth e la sua descrizione curiosa,
allorch la confrontiamo con quella degli autori contemporanei
Tiflis, cos chiamata in causa delle sue acque termali, si
divide in tre parti: Tiflis propriamente detta o l'antica citt,
Kala o la fortezza, e il sobborgo d'Isni. Bagnata dal Kur, questa
citt non offriva, nella met del suo recinto, che delle mine. Le
sue vie erano cos strette che anche nelle meno anguste
un'arba, una di quelle carrozze alte, coperte da una specie di
baldacchino, che si osservano sovente nelle vedute dell'Oriente,
non vi poteva facilmente passare; quanto alle altre, un cavaliere
vi trovava un passaggio appena sufficiente. Le case mal
costruite in ciottoli, o di mattoni tenuti insieme dal fango, non
duravano che una quindicina di anni. Tiflis aveva due mercati,
ma tutto vi era estremamente caro, e gli scialli come le stoffe di
seta, che sono il prodotto delle manifatture asiatiche vicine,
hanno dei prezzi pi elevati che a Pietroburgo.
Parlare di Tiflis senza dire qualche cosa delle sue acque
calde, impossibile. Noi citeremo dunque questo passo di
Klaproth:
I famosi bagni caldi furono un tempo magnifici, ma ora
cadono in rovina; tuttavia se ne vedono parecchi, nei quali le
pareti e il soffitto sono ricoperti di marmo. L'acqua contiene un
po' di zolfo. L'uso ne molto salutare; gl'indigeni, e sopratutto
le donne, ne fanno uso eccessivamente; queste vi restano delle
giornate intere, e vi portano i loro pasti.
La base dell'alimentazione, almeno nei distretti montuosi,
il furi, un certo pane molto duro e d'un gusto
disaggradevole, la cui preparazione singolare ripugna alle
nostre idee sibarite.
Quando la pasta sufficientemente impastata, dice la
relazione, fanno con della legna ben secca un fuoco chiaro e
vivo in vasi di terra altri quattro piedi, larghi due e
approfondati nel suolo. Quando il fuoco bene ardente, i
Georgiani vi scuotono entro le loro camicie e le loro brache di
seta rossa per far cadere nelle fiamme i pidocchi, pulci, cimici,
che infestano le loro vestimenta. Non che dopo questa
operazione che si getta nei vasi la pasta divisa in pezzi della
grossezza di due pugni; si tura tosto l'apertura con un coperchio
e lo si copre con dei cenci, affine che non si perda nulla del
calore, e che il pane si cuccia bene. Questo furi nondimeno
sempre mal cotto e difficile a digerirsi.
Dopo aver descritto ci che forma la base di tutti i
banchetti presso i poveri montanari, assistiamo ora con
Klaproth a un desinare principesco.
Si pose davanti a noi, egli dice, una lunga tovaglia rigata,
larga un'auna e mezza e molto sudicia; si mise dinanzi a
ciascun convitato un pane di frumento ovale, lungo tre palmi,
largo due e dello spessore di due dita appena. Portarono in
seguito un gran numero di piattelli d'ottone riempiti di carne di
montone e di riso al brodo, dei polli arrosto e del formaggio
tagliato a fette. Fu servito al principe e ai Georgiani del salame
fumante con degli erbaggi verdi e crudi, perch era giorno di
digiuno. In Georgia non si sa che cosa siano cucchiai,
forchette, coltelli, si beve la zuppa con lo stesso piattello, si
prende la carne con le mani e si rompe con le dita in pezzi,
della grossezza di un boccone. Quando una persona ha
molt'amicizia per qualcuno, gli getta un buon pezzo. Si
pongono i cibi sulla tovaglia. Al termine di questo pasto si
serv dell'uva e della frutta secca. Intanto che si mangiava, si
vers in giro con abbondanza del buon vino rosso del paese,
che si chiama traktir in tartaro e ghwino in georgiano; lo si
beve in una catinella d'argento d'una forma molto piatta
somigliante ad una sottocoppa.
Se questo quadro dei costumi vivo, il modo col quale
Klaproth racconta i diversi incidenti del suo viaggio ha pure
molto interesse. Ascoltate piuttosto questo racconto
dell'escursione del viaggiatore alle sorgenti del Terek, di cui
Guldenstaedt aveva abbastanza esattamente indicato il luogo,
ma ch'egli non aveva vedute:
Io partii dal villaggio di Utsfars-Kan, il 17 marzo, in una
mattinata bella ma fredda. Quindici Osseti mi
accompagnarono. Dopo una mezz'ora, di cammino, noi
abbiamo cominciato ad arrampicarci, per una via ripida e
difficile, fino al punto ove l'Utsfars-Don si getta nel Terek.
Inseguito, durante un'intera lega, si dovette percorrere un
cammino ancor pi cattivo lungo la riva destra di questo fiume,
che ha qui appena dieci passi di larghzza, quantunque fosse in
quei giorni gonfio per io scioglimento delle nevi. Questa parte
delle sue rive inabitata. Ad ogni modo si continu a salire, e
abbiamo raggiunto il piede del Khoki, chiamato anche Istir-
Khoki. Siamo infine arrivati a un luogo ove delle grosse pietre
ammucchiate nel fiume ne facilitavano il passaggio per entrare
nel villaggio di Tsiwratt-Kan, ove abbiamo fatto colazione;
l che si riuniscono i piccoli corsi d'acqua che formano il
Terek. Soddisfatto d'essere giunto alla meta del mio viaggio, io
versai un bicchiere di vino d'Ungheria nell'acqua del fiume e
feci una seconda libazione al genio della montagna ove il Terek
ha la sua sorgente. Gli Osseti, i quali credevano ch'io compissi
un dovere religioso, mi contemplavano con raccoglimento. Io
feci tracciare in color rosso, sopra un enorme masso schistoso, i
cui lembi erano lisci, la data del mio viaggio, pi il mio nome e
quello dei miei compagni; quindi salii ancora un poco fino al
villaggio di Ressi.
In seguito a questo interessante racconto, di cui noi
potremmo moltiplicare le citazioni, Klaproth riassume le
informazioni ch'egli ha raccolte suite popolazioni dei Caucaso
insiste particolarmente sulle rassomiglianze spiccate che
presentano i differenti dialetti georgiani con le lingue dei Finni
e dei Woguli. Vi qui un riavvicinamento nuovo e fecondo.
Parlando dei Lesghiani, che occupano il Caucaso orientale
e il cui territorio porta il nome di Daghestan o Lezghistan,
Klaproth osserva che si deve servirsi del nome Lesghiani
come quello degli Sciti o dei Tartari si adoperava altra volta
per designare gli Asiajici del nord; poi, egli aggiunge ch'essi
non formano una stessa fazione, come lo indica il numero dei
dialetti parlati, che, tuttavia, sembra derivino da una sorgente
comune, quantunque il tempo li abbia considerevolmente
alterati. Vi ha in ci una contraddizione singolare; sia che i
Lesghiani, parlanti la stessa lingua, formino una stessa nazione,
oppure non la formino, essi non dovrebbero parlare dei dialetti,
la cui origine la stessa.
Secondo Klaproth, le parole lesghiane presentano molti
rapporti con le altre lingue del Caucaso e con quelle dell'Asia
settentrionale, sopratutto con i dialetti samojedi e finnici della
Siberia.
A ovest e a nord-ovest dei Lesghiani, si trovano i
Metzdjeghi o Tchetchentsi, che sono probabilmente i pi
antichi abitanti del Caucaso. Questo non , nullameno, il parere
di Pallas, che vide in essi una trib separata dagli Alani. La
lingua dei Tchetchentsi ha molta rassomiglianza e analogia col
samojedo, il wogulo e altre lingue siberiane e anche con i
dialetti slavi.
I Tcherkessi o Circassi sono i Sykhi dei Greci. Essi
abitavano altre volte il Caucaso orientale e la penisola di
Crimea, ma hanno spesso cambiato di dimora. La loro lingua
differisce molto dagli altri idiomi caucasi, bench i Tcherkessi
appartengano come i Woguli e gli Ostiaki fu gi detto che
il lesghiano e la lingua dei Tchetchentsi rassomigliano a questi
idiomi siberiani a un medesimo ceppo, che in'un'epoca
molto lontana si diviso in pi rami, di cui uno era formato
verisimilmente dagli Unni. La lingua dei Tcherkessi ima
delle pi difficili a pronunciarsi; certe consonanti devono
essere articolate da un colpo di gola cos forte, che nessun
europeo ha potuto renderne i suoni.
Si trovano ancora, nel Caucaso, gli Abazi, che non hanno
mai abbandonate le rive del mar Nero, ove sono stabiliti da
tempi antichi, e gli Osseti o As, che appartengono al ceppo
delle nazioni indo-germaniche. Essi chiamano il loro paese
Ironistan e si fanno chiamare col nome d'Iron.!!!
Klaproth vide in essi dei Sarmati Medi, non soltanto in
causa di questo nome che s'avvicina all'Iran, ma per la natura
stessa della lingua, che prova ancor meglio dei documenti
storici, e davvero in un modo incontrastabile, ch'essi
appartengono allo stesso ceppo dei Medi e dei Persiani.
Questa opinione pare a noi del tutto ipotetica, perch si
conosceva troppo poco all'epoca di Klaproth la lingua dei Medi
il deciframento delle iscrizioni cuneiformi era ancora
soggetto di studio per poter giudicare della sua
rassomiglianza coll'idioma che parlano gli Osseti.
Ci nonostante, continu Klaproth, dopo aver ravvisato
fra questi popoli i Sarmati Medi degli antichi, ancora pi
sorprendente riconoscervi anche gli Alani, che occuparono la
contrada al nord del Caucaso.
E pi oltre:
Risulta evidentemente da tutto ci che precede, che gli
Osseti, che si chiamavano essi stessi Iron, sono i Medi, che si
davano essi stessi il nome d'Iran e che Erodoto designa col
nome di Arioi. Essi sono ancora i Sarmati Medi degli antichi e
appartengono i alla colonia medica stabilita nel Caucaso dagli
Sciti. Sono gli As o Alani del medioevo; sono infine gli J assi
dei cronisti russi, dai quali una parte della massa del Caucaso
fu chiamata Monti Iassichi.
Non qui il luogo di discutere queste identificazioni, che
sono argomento di critica. Accontentiamoci di aggiungere
questa riflessione di Klaproth sopra la lingua osseta, cio che la
sua pronuncia rassomiglia molto a quella dei bassi dialetti
alemanni e slavi.
In quanto ai Georgiani, essi differiscono essenzialmente
dagli abitanti delle nazioni vicine, tanto per la lingua che per le
qualit fisiche e morali. Si dividono in quattro trib principali: i
Karthuli, i Mingreli, i Suani, abitanti delle Alpi meridionali del
Caucaso, e i Lazi, trib selvaggia e dedita al brigantaggio.
Come si vede, le informazioni raccolte da Klaproth sono
molto curiose e gettano una luce inattesa sulle migrazioni degli
antichi popoli. La penetrazione e la sagacit del viaggiatore
erano straordinarie, la sua memoria prodigiosa. Quindi lo
scienziato berlinese rese dei segnalati servigi alla linguistica.
doloroso che le qualit dell'uomo, la sua delicatezza, la
dolcezza del suo carattere non sono state all'altezza della
scienza e della perspicacia del professore.
Bisogna adesso lasciare l'antico mondo per il nuovo e
raccontare le esplorazioni della giovine repubblica degli Stati
Uniti.
Dacch il governo federale usc dagli imbarazzi della
guerra, dacch la sua esistenza fu riconosciuta e fu veramente
costituita, l'attenzione pubblica si trasport verso quei paesi
delle pellicce, che avevano alternativamente attirato gli Inglesi,
gli Spagnuoli e i Francesi.
La baia di Nootka e te coste vicine, che il grande Cook e
gli avveduti Quadra, Vancouver e Marchand avevano
riconosciuti, non appartenevano che all'America. Fin da quel
tempo la dottrina di Monroe, che doveva pi tardi far tanto
rumore, era in germe nello spirito degli uomini di stato di
quell'epoca.
Merc una proposta fatta al Congresso, il capitano
Meryweather Lewis e il luogotenente Guglielmo Clarke furono
incaricati di riconoscere il Missuri, dalla sua foce nel
Mississippi fino alla sua sorgente, di attraversare le montagne
Rocciose percorrendo la via pi breve e pi facile per mettere
in comunicazione il golfo del Messico coll'oceano Pacifico.
Questi ufficiali dovevano inoltre entrare in relazioni
commerciali cogli Indiani che avrebbero incontrato lungo il
viaggio.
La spedizione si compose di truppe regolari e di volontari,
il cui numero, compresi i capi, formava un totale di quarantatre
uomini. Un battello e due piroghe completavano l'armamento.
Fu il 14 maggio 1804 che gli Americani lasciarono la
Wood-river, che si getta nel Mississippi, per entrare nel
Missuri. Giusta le riflessioni inserite nel giornale pubblicato da
Gass, i membri di questa missione credevano d'incontrare i pi
grandi pericoli naturali, e di dover lottare contro dei selvaggi
d'una statura gigantesca, il cui accanimento contro la razza
bianca era invincibile.
Durante i primi giorni di questo immenso viaggio in
canotto, che poteva solo paragonarsi a quelli d'Orellana e di La
Condamine sull'Amazzone, gli Americani ebbero la buona
fortuna di incontrare, in una torma di Siux, un vecchio
francese, uno di quei pionieri dei boschi canadiani, che parlano
la lingua della maggior parte delle nazioni vicine al Missuri, il
quale consent ad accompagnarli come interprete.
In seguito, essi passarono i confluenti dell'Osage, del
Kansas, della Plata o Shaltow-river e del fiume Bianco. Essi
avevano incontrate delle numerose torme d'Indiani, d'Osagi, di
Siux o Mahas, che si trovavano in uno stato di decadenza
completa. Di questi ultimi, una trib aveva talmente sofferto
per il vaiuolo, che i superstiti, presi da una specie di rabbia e
come colpiti da pazzia, avevano uccise le loro donne, uccisi i
ragazzi risparmiati dalla malattia, ed erano fuggiti da questo
territorio infetto.
Un po' pi in l incontrarono i Ricari o Rees, considerati
dapprima come i pi probi, i pi affabili e i pi industriosi che
si fossero trovati. Ma qualche furto venne ben tosto ad
affievolire l'idea che si era fatta del loro carattere. Cosa
singolare, questa popolazione non era esclusivamente dedita
alla caccia; coltivava grano, piselli e tabacco.
Lo stesso non si pu dire dei Mandan, pi fortemente
costituiti dei loro congeneri. Si trova presso di loro un costume
singolare della Polinesia, quello di non sotterrare i morti, ma di
esporli sopra un palco.
La relazione di Clarke ci fornisce qualche particolare su
questa curiosa trib. I Mandan non riconoscono nell'Essere
divino che il potere di sanare. Essi riconoscono, in
conseguenza, due divinit, ch'essi chiamano il Gran Medico e il
Genio. Bisogna credere che per essi la vita abbia tale
importanza, che adorano tutto ci che la pu prolungare.
La loro origine non , a quanto dicono, meno singolare.
Essi abitavano originariamente un grande villaggio
sotterraneo, scavato sotto il suolo, alla riva di un lago. Ma una
vite avendo messe le sue radici tanto profonde che discesero
fino ad essi, qualcuno dei Mandan, servendosi di questa scala
improvvisata, pervenne fino alla superficie del suolo. Dietro
l'entusiastica descrizione ch'essi facevano dei terreni da caccia,
della quantit di selvaggina e di frotta, la nazione, sedotta,
risolse subito di conquistare un paese cos ricco. Gi la met
della trib era arrivata alla superficie del suolo, allorch la vite,
piegando sotto il peso di una grossa donna, cedette e rese
impossibile l'ascensione al resto dei Mandan. Dopo morti essi
credono di ritornare nella loro antica patria sotterranea; ma non
potranno entrarvi se non quelli la cui coscienza sar senza
macchia; gli altri saranno precipitati in un lago immenso.
Appunto presso questo popolo che il 1 novembre gli
esploratori presero il loro quartiere d'inverno. Si costruirono
delle capanne comode quanto lo permettevano i mezzi di cui
potevano disporre, e si abbandonarono quasi tutto l'inverno,
malgrado una temperatura abbastanza rigida, ai piaceri della
caccia, che non tard a divenire per essi una necessit.
Appena il Missuri fu sgelato, gli esploratori pensarono di
continuare il loro viaggio. Ma siccome essi avevano spedito a
San Luigi il battello con una quantit di pelli e di pellicce che
avevano potuto riunire, erano ridotti a circa una trentina
d'uomini coraggiosi, pronti a tutto sopportare per raggiungere
lo scopo.
I viaggiatori non tardarono a oltrepassare la foce della
Yellowstone (fiume della pietra gialla), quasi importante
quanto il Missuri, e i terreni vicini abbondanti di selvaggina.
Grande fu il toro imbarazzo allorch arrivarono a un
biforcamento di strade. Quale dei due fiumi, presso a poco
eguali in volume, era il Missuri? Il capitano Lewis, alla testa
d'una truppa di esploratori, rimont il braccio meridionale e
non tard a scorgere le montagne Rocciose completamente
coperte di neve. Guidato da un fracasso spaventevole, egli vide
bentosto il Missuri precipitarsi su un pendo di una roccia, poi
formare per pi miglia un seguito non interrotto di rapide.
La comitiva segu dunque questo ramo profondamente
interrato in mezzo alle montagne, il quale per un tratto di tre o
quattro miglia si precipita fra due muraglie perpendicolari di
roccie. La corrente infine si divide in tre rami che presero il
nome di J efferson, Madison e Galatin.
Bentosto gli ultimi bracci furono sorpassati, e la
spedizione discese il versante verso l'oceano Pacifico. Gli
Americani avevano condotto seco una donna, Sohsonee, tolta
nella sua giovinezza agli Indiani dell'est; non soltanto essa
serv loro come interprete fedele, ma, nel capo d'una trib che
manifestava delle intenzioni ostili, essa riconobbe suo fratello,
e da quel giorno gli stranieri furono trattati con una grande
benevolenza. Per disgrazia, il paese era povero, gli abitanti non
si nutrivano che di bacche selvaggie, della corteccia di alberi e
di animali quando potevano procurarsene, ci che era difficile.
Gli Americani, poco abituati a questo nutrimento frugale,
dovettero, per sostentarsi, mangiare i loro cavalli, quantunque
ben dimagriti, e comperare tutti i cani che gli Indiani vollero
vender loro. Essi ebbero perci il soprannome di Mangiatori
di cani.
Con la temperatura, la natura degli abitanti si addolciva; i
viveri divennero pi abbondanti, e, allorch discesero l'Oregon,
che porta anche il nome di Colombia, la pesca dei salmoni
giov moltissimo come supplemento per vivere. Quando la
Colombia, che ha un corso pericoloso, si avvicina al mare,
forma un estuario molto vasto, nel quale le onde, venute dal
largo, lottano contro la corrente del fiume. Gli Americani, col
loro fragile canotto, corsero il rischio d'essere inghiottiti pi
d'una volta, prima di aver raggiunto il litorale dell'Oceano.
Felici d'aver raggiunto lo scopo della loro missione,
stettero l'inverno in questo luogo, e, allorch ritornarono i bei
giorni, ripresero il cammino di San Luigi, ove arrivarono al
mese di maggio 1806 dopo un'assenza di due anni, quattro mesi
e dieci giorni. Essi avevano calcolato di non aver fatto meno di
1378 leghe da San Luigi alla foce dell'Oregon.
L'impulso era dato. Ben presto le spedizioni per
riconoscere il paese vanno succedendosi nell'interno del nuovo
continente e prendono, un po' pi tardi, un carattere del tutto
scientifico particolare, s da meritare un posto a parie nella
storia delle scoperte.
Qualche anno dopo, uno dei pi grandi colonizzatori di cui
pu onorarsi l'Inghilterra, sir Stamford Raffles, l'organizzatore
della spedizione che s'impadron delle colonie olandesi, era
stato nominato luogotenente governatore di J ava. Durante
un'amministrazione di cinque anni, Raffles fece delle riforme
considerevoli e abol la schiavit.
Ma questi lavori, quantunque l'occupassero molto, non gli
impedirono di riunire i materiali necessari per la redazione dei
due enormi in 4, che sono molto interessanti e molto curiosi.
Essi contengono, oltre la storia di J ava, una quantit di
particolari sulle popolazioni dell'interno, fino allora poco
conosciute, i ragguagli pi minuziosi sulla geologia e la storia
naturale. Non dobbiamo quindi sorprenderci se il nome di
Rafflesia, in onore di colui che fece cos bene conoscere
questa grande isola, stato dato a un fiore enorme, che misura
qualche volta un metro di diametro e pesa fino a cinque
chilogrammi.
Raffles fu anche il primo che penetr nell'interno di
Sumatra, di cui si conosceva solo il litorale, ora visitando i
cantoni occupati dai Passumah, atletici coltivatori, ora
penetrando al nord fino a Me-mang-Kabu, celebre capitale
dell'impero malese ora attraversando tutta l'isola da Benculen a
Palimbang.
Ma ci che costituisce la gloria pi durevole di Tomaso
Stamford Raffles d'aver indicata al governo dell'India la
posizione eccezionale di Singapur, e di averne fatto un porto
franco, che non doveva tardare a prendere uno sviluppo
considerevole.
CAPITOLO II.
L'ESPLORAZIONE E LA COLONIZZAZIONE DELL' AFRICA.
I.
Peddie e Campbell nel Sudan. Richtie e Lyon nel Fezzan.
Denham, Oudney e Clapperton al Fezzan, nel paese dei Tibbu. Il lago
Tchad e i suoi affluenti. Kula e le principali citt del Burnu. Il Mandara.
Una razzia presso i Felatah. Sconfitta degli Arabi e morte di Bu-
Khalum. Il Loggun. Morte di Toole. In cammino per Kano.
Morte del dottor Oudney. Kano. Sackatu. Il sultano Bello.
Ritorno in Europa.

Appena crollata la potenza di Napoleone I, e con essa la
preponderanza della Francia, appena terminate quelle lotte
gigantesche per L'ambizione d'un solo uomo, che arrestarono lo
sviluppo scientifico dell'umanit, da tutte le parti si
risvegliarono le nobili aspirazioni e ricominciarono le imprese
scientifiche o commerciali. Un'era nuova si iniziata.
Fra le prime potenze che incoraggiano ed organizzano dei
viaggi di scoperte, bisogna, come sempre, annoverare
l'Inghilterra. Essa porta la sua attivit sull'Africa centrale, su
questi paesi di cui le ricognizioni di Hornemann e di
Burckhardt avevano fatto intravedere la prodigiosa ricchezza.
Dapprima, nel 1816, parte il maggiore Peddie, che staccasi
dal Senegal e si dirige verso Kakondy, situata sul Rio-Nunez.
Appena giunto in questa citt, Peddie soccombe alle fatiche del
cammino ed all'insalubrit del clima.
Il maggiore Campbell gli succede nel comando della
spedizione e attraversa le alte montagne del Fotau-Djallon, ma
egli perde in pochi giorni una parte degli animali da soma e
molti uomini.
Giunto sulle terre dell'almany titolo portato dalla
maggior parte dei sovrani di questa parte dell'Africa la
spedizione trattenuta in questo regno, e non ottiene il
permesso di far ritorno che dopo d'aver pagato un tributo
considerevole.
Questa ritirata fu disastrosa; bisogn, non solo attraversare
di nuovo i fiumi cos a stento gi passati, ma sopportare
vessazioni, persecuzioni ed esazioni tali che per farle cessare il
maggiore Campbell fu costretto ad abbruciare le sue
mercanzie, a rompere i suoi fucili ed a bagnare la polvere.
Il maggiore Campbell non pot resistere a tante fatiche,
alla rovina delle sue speranze, al completo insuccesso del suo
tentativo, e mor con molti dei suoi ufficiali, nel luogo
medesimo in cui aveva soggiaciuto il maggiore Peddie. I
superstiti della spedizione tornarono a stento a Sierra-Leone.
Un po' pi tardi Richtie ed il capitano Giorgio Francesco
Lyon, approfittando del prestigio dato alla bandiera britannica
dal bombardamento di Algeri, e delle relazioni che il console
inglese di Tripoli aveva saputo avviare fra i personaggi
importanti della Reggenza, impresero a seguire la via tracciata
da Hornemann con lo scopo di penetrare fino nel centro stesso
dell'Africa.
Il 25 marzo 1819 questi viaggiatori partono da Tripoli con
Mohammed-el-Mukni, bey del Fezzan, che sul suo territorio
prende il titolo di sultano. Grazie a questa potente scorta,
Richtie e Lyon giungono senza ostacoli fino a Murzuk. Ma
quivi, sono tanto spossati dalle fatiche del viaggio attraverso al
deserto, e dalle privazioni, che Richtie muore il 20 novembre.
Lyon ammalato per molto tempo, e ristabilitosi riesce appena
a sventare le perfide intenzioni del sultano, il quale, speculando
gi sulla morte dei viaggiatori, cerca impadronirsi dei loro
bagagli.
Perci Lyon non pu spingersi al di l delle frontiere
meridionali del Fezzan; ma tuttavia gli rimane il tempo di
raccogliere preziose informazioni sulle principali citt di
questo stato e sulla lingua degli abitanti. Si devono parimenti a
lui le prime notizie autentiche relative ai Tuarighi, questi
selvaggi abitanti del gran deserto, sulla loro religione, sui loro
costumi, sulla loro lingua e sulla foggia singolare del loro
abbigliamento.
La relazione del capitano Lyon ricca di particolari non
mai osservati, ma scelti con cura sul Rornu, sul Wadai e sul
Sudan in generale.
I risultati ottenuti non erano tali da soddisfare l'avidit
inglese che voleva aprire ai suoi negozianti i ricchi mercati
dell'interno. Epper furono accolte favorevolmente le proposte
fatte al Governo da uno scozzese, il dottor Walter Oudney, che
era stato eccitato dai racconti di Mungo-Park. Egli aveva per
amico un luogotenente di vascello, maggiore di lui di tre anni,
Ugo Clapperton, il quale si era distinto sui laghi del Canada e
in molte circostanze, ma che dopo la pace del 1815 si trovava
in ozio forzato, del quale, a motivo della nativa forza di
carattere e del bisogno di agire, era del tutto insofferente.
La confidenza che il dottor Oudney fece a Clapperton del
suo progetto di viaggio lo decise subito a far parte di
quest'avventurosa spedizione. Il dottor Oudney chiese al
Ministero T'aiuto di questo ufficiale intraprendente, le cui
speciali cognizioni gli dovevano essere di grandissimo
vantaggio. Lord Bathurst non oppose alcuna difficolt; e i due
amici, dopo d'aver ricevute istruzioni particolareggiate,
s'imbarcarono per Tripoli, dove appresero tosto che dovevano
avere per capo il maggiore Dixon Denham.
Nato a Londra il 31 dicembre 1785, Denham era stato
dapprima commesso presso un amministratore di grandi
propriet rurali. Entr poi nello studio d'un avvocato, ma la sua
poca attitudine per gli affari, il suo carattere audace, in cerca
d'avventure, lo spinsero ben tosto ad arruolarsi in un
reggimento che partiva per la Spagna. Egli si batt fino al
1815, poi approfitt dei suoi ozi per visitare la Francia e l'Italia.
Amante della gloria, Denham voleva scegliere la carriera
che potesse procurargli rapidamente, anche col pericolo della
vita, le soddisfazioni ch'egli ambiva, e si determin per quella
di esploratore; In lui l'azione seguiva immediatamente il
pensiero. Egli propose al Ministero di recarsi a Timbuct per la
via che doveva seguire pi tardi Laing. Quando apprese qual
missione era stata affidata al luogotenente Clapperton ed al
dottor Oudney, chiese di essere unito a loro.
Senza indugio, munito degli oggetti ch'egli credette
necessari alla sua spedizione, dopo essersi procurato un abile
carpentiere, chiamato Guglielmo Hillman, Denham s'imbarca
per Malta e raggiunge i suoi futuri compagni di viaggio a
Tripoli, il 21 novembre 1821. Il nome inglese aveva in
quell'epoca un grandissimo prestigio negli Stati barbareschi,
non solo per il recente bombardamento d'Algeri, ma anche
perch il console della Gran Bretagna a Tripoli aveva saputo
con un'accorta politica mantenersi in buoni rapporti col
governo della reggenza.
Questa influenza non aveva anzi tardato ad irradiarsi fuori
di questa stretta cerchia. La nazionalit di alcuni viaggiatori, la
protezione che l'Inghilterra aveva accordata alla Portarla fama
delle sue lotte e delle sue vittorie nell'India, tutto ci era
vagamente penetrato nell'interno dell'Africa, ed il nome
inglese, senza che se ne avesse una idea precisa, era ormai
conosciuto. La strada da Tripoli al Bornu, al dire del console
britannico, era sicura quanto quella da Londra a Edimburgo.
Era dunque il momento di approfittare di una condizione che
non si sarebbe forse pi presentata per molto tempo.
I tre viaggiatori, dopo una benevola accoglienza del bey
che mise i suoi servi a loro disposizione, s'affrettarono a
lasciare Tripoli. Merc la scorta data dal bey, essi poterono
giungere facilmente a Murzuk, la capitale del Fezzan, l'8 aprile
1822.
In alcuni luoghi erano stati accolti con benevolenza, quasi
con entusiasmo.
A Sockna, racconta Denham, il governatore venne a
riceverci e ci incontr nella pianura. Egli era accompagnato dai
principali abitanti e da molte centinaia di paesani che
circondavano i nostri cavalli, ci baciavano le mani con tutta
l'apparenza della franchezza e del piacere. Entrammo cos nella
citt. La folla ripeteva le parole: Inglesi! Inglesi! e
quest'accoglienza ci era tanto pi gradita in quanto che noi
eravamo i primi europei che non si fossero travestiti, e sono
persuaso che l'accoglienza sarebbe stata molto meno
amichevole se avessimo voluto farci credere maomettani,
abbassandoci alla parte di impostori.
Ma, a Murzuk, dovevano rinnovarsi tutte le vessazioni che
avevano impacciato Hornemann. Nondimeno le circostanze
erano mutate al pari degli uomini. Senza lasciarsi affascinare
dai grandi onori che il sultano rendeva loro, gli Inglesi
miravano al serio, quindi chiesero la scorta necessaria per
andare al Bornu.
Si rispondeva loro che era impossibile partire prima della
primavera successiva, per la difficolt di riunire la khafila o
carovana, e le truppe che dovevano accompagnarla attraverso
regioni deserte.
Tuttavia un ricco mercante di nome Bu-Baker-Bu-Khalum,
amico intimo del pasci, fece capire agli Inglesi che se gli
avessero fatto qualche dono, egli s'impegnava di appianare le
difficolt; s'incaric anzi di accompagnarli nel Bornu, paese in
cui desiderava egli pure di recarsi se il pasci di Tripoli glielo
avesse permesso.
Denham, persuaso della veracit di Bu-Khalum, comprese
che bisognava ottenere questo permesso e and a Tripoli. Non
ricevendo risposte evasive, egli minacci di imbarcarsi per
l'Inghilterra, dove, diceva, avrebbe riferiti gli ostacoli che il
pasci frapponeva al compimento della missione di cui egli era
incaricato.
Siccome queste minaccie non produce vano effetto,
Denham salp e stava per sbarcare a Marsiglia quando
ricevette un messaggio del bey che lo richiamava e gli dava
soddisfazione, autorizzando Bu-Khalum ad accompagnare i tre
viaggiatori.
Il 30 ottobre, Denham rientrava a Murzuk, dove trovava i
suoi compagni presi da violentissime febbri e minacciati dalla
disastrosa influenza del clima.
Convinto che il cambiamento d'aria ristabilirebbe la salute
compromessa, Denham li fece partire e viaggiare a piccole
giornate. Egli stesso lasci Murzuk il 29 novembre con una
carovana composta di mercanti di Mesurata, di Tripoli, di
Sockna e d Murzuk, che era accompagnata da una scorta di
duecentodieci arabi, comandati da Bu-Khalum, guerrieri scelti
fra le trib pi intelligenti e pi sottomesse.
La spedizione segu la via che aveva gi percorso il
luogotenente Lyon e raggiunse ben presto Tegherhy, la citt
pi meridionale del Fezzan, e l'ultima che s'incontra prima di
entrare nel deserto di Bilma. Mi riusc tutto cos bene, dice
Denham, che disegnai la veduta del castello di Tegherhy, presa
dalla riva meridionale d'uno stagno salato attiguo a questa citt.
Si entra in Tegherhy per un passaggio stretto, basso ed a volta,
poi si trova una seconda muraglia ed una porta; il muro forato
da feritoie che renderebbero difficilissima l'entrata per quello
stretto passaggio. Al disopra della seconda porta vi anche
un'apertura da cui si potrebbero lanciare sugli assalitori le
frecce e i tizzoni ardenti di cui un tempo gli Arabi facevano un
grande uso. All'interno vi sono dei pozzi la cui acqua
abbastanza buona. Epper io credo che se questa citt fosse
difesa, avendo munizioni e viveri, potrebbe opporre una grande
resistenza. La situazione di Tegherhy, veramente bella. Tutto
all'intorno crescono i datteri e l'acqua vi eccellente. Una
catena di colline basse si prolunga all'est. I beccaccini, le anitre
e le oche selvatiche frequentano gli stagni salati che si trovano
vicini alla citt.
I viaggiatori lasciando questa citt penetravano in un
deserto di sabbia, attraverso il quale non sarebbe stato facile
dirigersi, se la via non fosse stata segnata da scheletri d'animali
e da uomini che si incontravano specialmente vicino ai pozzi.
Uno degli scheletri che noi vedemmo oggi, narra
Denham, sembrava ancora fresco; la barba era ancora attaccata
al mento, e si distinguevano i lineamenti. Uno dei mercanti
della khafila esclam ad un tratto: Era il mio schiavo! Lo
lasciai qui vicino or sono quattro mesi. Presto, presto,
mettilo al mercato, esclam un altro faceto mercante di schiavi,
prima che un altro non lo reclami!
Attraverso il deserto vi sono alcune tappe segnate dalle
oasi, in mezzo alle quali s'inalzano delle citt pi o meno
importanti. Kishi uno dei ritrovi pi frequentati dalle
carovane. Quivi si paga il diritto di passaggio attraverso il
paese. Il sultano di questa citt, si vedr che pi di uno di
questi principi minuscoli prendono il titolo di comandante dei
credenti il sultano di Kishi, se si deve credere a Denham, si
distingueva per la mancanza assoluta di pulizia, e la sua corte
non offriva certo un aspetto piacevole.
Egli venne, dice il viaggiatore, nella tenda di Bu-Khalum
accompagnato da una mezza dozzina di tibbu, alcuni dei quali
erano veramente orrbili. Avevano i denti giallo-scuri, giacch
ad essi piace tanto il tabacco in polvere, che lo prendono pel
naso e per la bocca. Il loro naso somiglia ad un pezzetto
rotondo di carne appiccicata sulla faccia; le narici sono cos
grandi che le dita possono penetrarvi tanto quanto vogliono. La
vista del mio orologio, della mia bussola, della mia tabacchiera
a musica, poco li stup. Erano veri bruti con faccia umana.La
citt di Kirby, che si incontra un po' pi lontano nelle vicinanze
d'una catena di colline, le pi alte delle quali non oltrepassano i
quattrocento piedi, situata in un uady, fra due laghi salati,
che secondo ogni apparenza si formarono merc gli scavi fatti
per estrarre la terra necessaria alle costruzioni. In mezzo a
questi laghi emerge, come un isolotto, un ammasso di muriato
e di carbonato di soda. Questo sale, che viene fornito dagli
uady molto numerosi in quel paese, l'oggetto d'un
importante commercio col Bornu e con tutto il Sudan.
Quanto a Kirby, impossibile vedere una citt pi
miserabile. Nelle case non c' nulla, neppure una stuoia. E
come potrebbe essere altrimenti, mentre questo paese esposto
alle incessanti razze dei Tuarighi?
La carovana traversava allora il paese dei Tibbu, popolo
ospitaliero e socievole, al quale le carovane pagano una tassa di
passaggio come guardiano dei pozzi e delle cisterne scavate nel
deserto. La maggior parte dei Tibbu, pieni di vita e di attivit,
monta cavalli molto agili, e maneggia con destrezza singolare
la lancia, che i pi vigorosi guerrieri gettano fino a
duecentoquaranta piedi. Bilma la loro capitale e la residenza
del loro sultano.
Questi, dice la relazione, si presenta agli stranieri con un
numeroso corteggio d'uomini e di donne. Queste ultime erano
molto migliori di quelle della piccola citt; alcune avevano dei
lineamenti molto simpatici, i loro denti bianchi e ben disposti
contrastavano mirabilmente nel nero spiccato della pelle, e le
trecce unte d'olio cadevano con grazia da ciascuna parte del
viso; dei pendenti di corallo al naso e delle grandi collane
d'ambra le rendevano molto seducenti. Talune avevvano un
cheiche o ventaglio, fatto di erbette o di crine, per cacciare le
mosche; altre dei ramoscelli, altre dei ventagli di piume di
struzzo; altre ancora un mazzo di chiavi; tutte tenevano qualche
cosa in mano e l'agitavano al disopra della testa camminando.
Un pezzo di stoffa del Sudan, attaccato sopra la spalla sinistra,
che lasciava la parte destra scoperta, componeva il loro
abbigliamento; un altro, pi piccolo, girava intorno alla testa e
discendeva sulle spalle, o meglio era gettato indietro. Bench
esse sembrassero pochissimo vestite, non v'era nulla di meno
immodesto nei loro modi e nel loro contegno.
A un miglio da Bilma, al di l di una limpida sorgente che
sembrava essere stata posta col dalla natura per invitare i
viaggiatori a provvedersi d'acqua, comincia un deserto, la di
cui traversata non esige meno di dieci giorni. Un tempo, senza
dubbio, qui si estendeva un immenso lago salato.
Il 4 febbraio 1828 la carovana raggiunse Lari, citt situata
sulla riviera settentrionale di Bornu, a 44 40' di latitudine
nord.
Gli abitanti, spaventati dalla carovana, fuggirono, colpiti
da terrore.
Ma la tristezza che questo spettacolo ci caus, disse
Denheim, si cangi subito in una sensazione del tutto
differente, allorch noi scorgemmo pi lontano, alla distanza
minore d'un miglio dal luogo dove noi eravamo, il grande lago
Tchad che rifletteva i raggi del sole. Questa vista, cos
interessante per noi, produsse una soddisfazione ed una
emozione che nessuna parola sarebbe abbastanza energica per
esprimerne la forza e la vivacit.
A partire da Lari, l'aspetto del paese cangiava
completamente. Ai deserti sabbiosi succedeva una terra
argillosa, coperta di erbuccia, seminata di acacie e d'alberi di
specie diverse, in mezzo ai quali si scorgevano dei branchi di
gazzelle, mentre le galline della Guinea e le tortorelle della
Barberia facevano luccicare le loro piume, attraversando quella
verzura. Invce di villaggi composti di capanne, ce avevano la
forma di campane coperte con la paglia di d'unta adesso
s'incontrano delle citt.
I viaggiatori continuarono ad avanzare verso il sud,
girando intorno al lago Tchad, di cui essi avevano raggiunto la
punta settentrionale. Presso la sponda di questo gran bacino, il
terreno era fangoso, nero e sodo. L'acqua si eleva molto nella
stagione invernale, proporzionatamente bassa Testate; acqua
dolce, abbonda di pesci, ed anche popolata d'ippopotami e
d'uccelli acquatici. Quasi in mezzo al lago, verso sud-est, vi
sono delle isole abitate dai Biddomah, popolo abituato a vivere
di bottino.
Gli stranieri avevano inviato un corriere allo sceicco El-
Khanemi, per domandargli l'autorizzazione di recarsi alla sua
capitale. Un inviato raggiunse bentosto la carovana, invitando
Bu-Khalum e i suoi compagni a dirigersi verso Kuka.
Lungo la via, gli stranieri passarono a Beurwha, citt
fortificata che fino allora aveva sfidati gli assalti dei Tuarighi, e
attraversarono l'Yeu, fiume la cui larghezza in alcuni punti
misura pi di centocinquanta piedi. Questo, affluente del Tchad
viene dal Sudan. Sopra la riva meridionale di questo fiume si
inalza una bella citt fortificata chiamata ugualmente Yeu e
grande la met di Beurwha.
La khafila arriv finalmente alle porte di Kuka, e fu
ricevuta il 17 febbraio, dopo due mesi e mezzo di cammino, da
un corpo d'armata di quattromila uomini, che manovravano con
un insieme perfetto. Fra questa truppa si trovava un corpo di
negri formanti la guardia particolare dello sceicco, la cui
armatura rammentava quella degli antichi j cavalieri.
Essi portavano, disse Denham, delle cotte di maglia fatte
d'anelli di ferro che coprivano il petto fino al collo, si riunivano
al disopra della testa e discendevano separatamente davanti e di
dietro fino a cascare sui fianchi del cavallo e a coprire le coscie
del cavaliere. Essi avevano delle specie di caschetti o cuffie di
ferro, fermati da turbanti gialli, rossi o bianchi, accomodati
sotto il mento. Le teste dei cavalli erano egualmente difese da
piastre col medesimo metallo. Le loro selle erano piccole e
leggiere; le staffe di stagno. Non vi si pu passare che la punta
del piede, che ricoperta da un sandalo di cuoio, ornato di
pelle di coccodrillo. Stavano tutti molto bene a cavallo e
correvano verso noi a gran galoppo, e non si arrestarono che a
qualche passo da noi, agitando le loro lance abbassate dalla
parte di Bu-Khalum, gridando: Barca! Barca! Benvenuto!
Benvenuto!
Circondati da questo corteo brillante, gli Inglesi e gli Arabi
penetrarono nella citt, ove un eguale apparato militare era
stato spiegato in loro onore.
Essi furono bentosto ammessi alla presenza dello sceicco
El-Khanemi. Questo personaggio sembrava essere sui
quarantacinque anni. La fisionomia preveniva in suo favore;
essa era ridente, spiritosa e benevola. Gli Inglesi gli rimisero le
lettere del pasci. Allorch lo sceicco ne ebbe terminata la
lettura, domand a Denham ci ch'egli e i suoi compagni
venivano a fare nel Bornu.
Unicamente per vedere il paese, rispose Denham, e
procurarci delle notizie sopra i suoi abitanti, la sua natura e le
sue produzioni.
Siate i benvenuti, replic lo sceicco. Il mostrarvi ciascuna
cosa sar un piacere per me. Ho ordinato che si costruiscano
delle case per voi nella citt; andate a vederle con uno dei miei,
e se vi ha qualche cosa di difettoso, non abbiate timore a dirlo.
I viaggiatori ricevettero bentosto l'autorizzazione di
raccogliere le spoglie di animali e di uccelli che paressero loro
interessanti, e di prendere delle note sopra tutto ci ch'essi
potessero osservare. E cos raccolsero una quantit di notizie
sopra le citt vicine a Kuka.
Kuka, allora capitale del Bornu, possedeva un mercato,
ove si vendevano schiavi, montoni, torelli, frumento, riso,
arachidi, fagiuoli, indaco e molti altri prodotti della contrada.
Un grande movimento non cessava di regnare nelle vie di
questa citt, che non contava meno di quindicimila abitanti.
Angornu pure una citt cinta di mura, che non contava
meno di trentamila anime. Era l'antica capitale del paese. Il suo
mercato era importantissimo; vi si videro persino centomila
individui disputarsi con offerta di contanti il pesce, la
selvaggina e la carne, che vi si vendono crudi o cotti, l'ottone, il
rame, l'ambra e il cornilo. La tela di lino era a cos basso
prezzo in questa provincia, che la maggior parte degli uomini
portavano camicia e pantaloni. Anche i mendicanti hanno una
singolare maniera d'eccitare la compassione; si mettono
all'entrata del mercato, e, tenendo in mano i pezzi d'un vecchio
pantalone, prendono un'aria pietosa, e dicono ai passanti:
Guardate, io non ho calzoni. La novit della trovata, la
domanda di questa parte del vestiario, pi necessario ai loro
occhi che il nutrimento, fece scoppiare dalle rsa i viaggiatori,
allorch ne furono per la prima volta testimoni.
Fino allora gli Inglesi non avevano avuto rapporti se non
con lo sceicco che si accontentava d'un potere effettivo,
abbandonando la potenza nominale al sultano.
Singolare personaggio questo sovrano, che non si lascia
vedere, come un animale curioso e nocivo, che attraverso le
sbarre d'una gabbia di canne vicino alla porta del suo giardino!
Modi bizzarri che regnavano a questa Corte, ove ogni elegante
doveva avere un grosso ventre e procurarsi artisticamente una
obesit che pur si considera generalmente molto incomoda.
Certi raffinati galanti, allorch erano a cavallo, avevano un
ventre cos grosso e prominente che sembrava pendere per di
sopra al pomo della sella. Per essi l'eleganza esigeva che
avessero un turbante di una mole e d'un peso tale, che
obbligava sovente chi lo portava a tenere la testa piegata da una
parte.
Queste fantasticherie barocche rammentavano quelle dei
Turchi del ballo mascherato. Anche i viaggiatori facevano una
gran fatica a conservare la loro gravit in faccia a cose cos
grottesche.
Ma, vicino a cotesta rivista cos solennemente divertente,
quante nuove osservazioni, quante notizie interessanti da
raccogliere, quanti desideri da soddisfare!
Denham avrebbe voluto inoltrare subito verso il sud. Ora
lo sceicco si rifiut a mettere in pericolo dei viaggiatori che il
bey di Tripoli gli aveva confidati. Dacch essi erano entrati nel
territorio di Bornu, la responsabilit di Bu-Khalum era finita,
mentre era impegnata quella dello sceicco.
Frattanto erario s vive le istanze di Denham, ch'egli
ottenne da El-Khanemi l'autorizzazione di accompagnare Bu-
Khalum in una ghrazzie o razza che pensava di fare contro i
Raffili o infedeli.
La truppa dello sceicco e la truppa degli Arabi
attraversarono prima Yeddie, grande citt fortificata a venti
miglia da Angornu, poi Affa-gay e molte altre citt, costruite
sopra un suolo d'alluvione, che presenta un aspetto argilloso di
color oscuro.
A Delow gli Arabi penetrarono nel Mandara, il cui sultano
venne incontro alla testa di cinquanta cavalieri.
Mohammed-Becker era di piccola statura, scrisse
Denham, e dell'et di circa cinquant'anni, la sua barba era tinta
del pi bel colore azzurro.
Le presentazioni si fecero, e il sultano avendo osservato il
maggiore Denham, domand tosto chi egli fosse, donde
venisse, ci che egli desiderava, infine s'egli era musulmano.
Alla risposta imbarazzata di Bu-Khalum, il sultano volse
altrove gli occhi, dicendo: Il pasci ha dunque dei Raffili per
amici?
Questo incidente produsse una gran cattiva impressione e
Denham non fu pi ammesso d'allora in poi alla presenza del
sultano.
I nemici del pasci di Bornu e del sultano di Mandara
portavano il nome di Felatah. Le loro numerosissime trib si
estendevano fino al di l di Timbuct. Sono begli uomini il cui
colorito ricorda il colore del bronzo oscuro, ci che li distingue
dai negri e ne forma una razza a parte. Professano l'islamismo e
raramente si mescolano coi negri.
Del resto, avremo occasione di ritornare pi tardi sui
Felatah, Fulah, Peul o Fan, come li chiamano in tutto il Sudan.
Al sud della citt di Mora si eleva una catena di monti, le
di cui cime pi alte non oltrepassano i duemilacinquecento
piedi e si estende, al dire degli indigeni, per un tratto di pi di
due mesi di cammino.
La descrizione che Denham fa di questo paese troppo
curiosa, per non riprodurne i tratti pi salienti.
Da tutte le parti, dice egli, la veduta era limitata dalia
catena di montagne della quale non si scorgeva la fine.
Quantunque per le dimensioni gigantesche e la selvaggia
magnificenza esse non possano esser paragonate n alle Alpi,
n agli Appennini, n al Giura e neppure alla Sierra-Morena,
tuttavia esse sostengono il confronto sotto il rapporto
pittoresco. Le cime di Valmy Savah, Djogghiday, Vayah,
Moyung e Memay, i cui fianchi pietrosi sono coperti di gruppi
di villaggi, si slanciavano all'est e all'ovest; Horza, che
superava tutte le altre in altezza e belt, si mostrava davanti a
noi verso il sud coi suoi burroni e i suoi precipizi.
Derkolla, una delle principali citt dei Felatah, fu ridotta in
cenere dagli invasori. Questi non tardarono a prendere
posizione davanti Mosfeia, la cui situazione era, molto forte, e
che era difesa da palizzate custodite da numerosi arcieri. Il
viaggiatore inglese dovette assistere a questa operazione. Il
primo urto degli Arabi fu irresistibile. Le detonazioni delle
armi da fuoco, la reputazione di valore e di crudelt di Bu-
Khalum e dei suoi accoliti, gettarono un momento di panico nei
Felatah. Certamente se i Mandarani e i Bornuesi avessero
allora dato con energia l'assalto alla collina potevano prendere
la citt.
Ma gli assediati, avvertendo l'esitazione dei loro avversari,
presero a loro volta l'offensiva e riordinarono i loro arcieri, le
cui frecce avvelenate non tardarono a fare negli Arabi delle
numerose vittime. In questo momento i contingenti di Bornu e
di Mandara fuggirono. Barca Gama, il generale che comandava
i primi, ebbe tre cavalli uccisi sotto di lui, Bu-Khalum era
ferito come il suo cavallo; quello di Denham lo era egualmente;
egli stesso aveva avuto il viso ferito leggermente da una
freccia, e due altre erano ficcate nel suo mantello.
La ritirata degenera ben tosto in fuga disordinata. Il cavallo
di Denham cade, e il cavaliere appena rialzato che viene
circondato dai Felatah. Due s'infuriano alla vista delle pistole
con cui l'inglese li minaccia; un terzo riceve la scarica nella
spalla.
Denham si considerava come salvo, allorch il suo cavallo
cadde una seconda volta con tale violenza, ch'egli fu gettato
lontano contro un albero.
Allorch il maggiore si rialz, il suo cavallo era sparito ed
egli era senz'armi. Subito contornato da nemici, Denham ferito
alle mani ed alla parte dritta, in parte spogliato, e solo la
paura di sciupargli le ricche vesti impedirono ai Felatah di
finirlo.
Una disputa cominci a proposito di queste spoglie. Il
maggiore ne approfitt per svignarsela su un cavallo e disparve
frammezzo a delle macchie, nudo, insanguinato; dopo una
corsa sfrenata arriv all'orlo di un burrone, in fondo al quale
scorreva un torrente.
Le mie forze mi avevano quasi abbandonato, scrive egli,
io mi ero afferrato a dei giovani rami che si erano sviluppati su
un vecchio tronco d'albero sospeso al di sopra del burrone,
avendo il progetto di lasciarmi sdrucciolare fino all'acqua,
perch le rive avevano un pendo abbastanza dolce. Di gi i
rami cedevano al peso del mio corpo, allorch sotto alla mia
mano un grande uffa, il serpente pi velenoso di questi paesi,
usc dal suo buco come per venirmi a mordere. L'orrore di cui
io fui preso sconvolse le mie idee. I rami sfuggirono alla mia
mano, e io capitombolai nell'acqua. Ci nonostante quest'urto
mi rianim, e tre movimenti delle mie braccia mi portarono alla
riva opposta che raggiunsi con difficolt. Allora, per la prima
volta, io ero al riparo dalla persecuzione dei Felatah
Per fortuna, Denham scorse un gruppo di cavalieri, da cui
pervenne, ad onta del grido dei nemici, a farsi intendere. Egli
non percorse meno di trentasette miglia senza altre vestimenta
che una cattiva coltre sparsa di pidocchi, pulci, cimici, sopra la
nera groppa di un magro cavallo. Quali sofferenze con un
calore di trentasei gradi, che inasprivano le sue ferite!
Trentacinque arabi uccisi, con essi il capo Bu-Khalum,
quasi tutti gli altri feriti, i cavalli morti o perduti; tali furono i
risultati d'una spedizione che doveva fruttare un grande bottino
e procurare molti schiavi. In sei giorni furono percorse le
centottanta miglia che separano Mora da Muka. Denham in
quest'ultima citt ricevette un'accoglienza benefica dallo
sceicco El-Khanemy, che gli invi, in ricambio dei suoi abiti
perduti, un abbigliamento alla moda del paese.
Non appena il maggiore si fu rimesso dalle ferite e dalle
fatiche, prendeva parte ad una nuova spedizione che lo sceicco
invi nel Monga, paese situato all'ovest del lago Tchad, i cui
abitanti non avevano mai riconosciuto la sua supremazia e
rifiutavano di pagare tributo.
Denham e il dottore Oudney partirono da Kuka il 22
maggio, traversarono l'Yeu, fiume quasi asciutto in questa
stagione, ma molto grosso al momento delle pioggie; visitarono
Birnie e le rovine della vecchia Birnie, l'antica capitale del
paese, che poteva contenere presso a poco duecentomila
individui. Poco dopo visitarono gli avanzi di Gambaru, dagli
edifizi magnifici, residenza favorita dell'antico sultano,
distrutta dai Felatah, poi Kabchary, Bassecur, Bately e tante
altre citt o villaggi, la cui numerosa popolazione si sottomise
senza resistenza al sultano di Bornu.
L'inverno non fu favorevole ai membri della missione.
Clapperton aveva una febbre terribile. Lo stato del dottore
Oudney, gi ammalato d'una affezione di petto alla partenza
dell'Inghilterra, peggiorava tutti i giorni. Il carpentiere Kilman
era in uno stato disperato. Solo Denham resisteva ancora.
Dacch la stagione delle piogge volgeva al termine, il 14
dicembre Clapperton part col dottore Oudney per Kano. Noi li
seguiremo bentosto in questa parte s interessante del viaggio.
Sette giorni dopo, un messo chiamato Toole arriv a Kuka,
non avendo impiegato che 3 mesi e 14 giorni per venire da
Tripoli
Nel mese di febbraio 1824, Denham e Toole fecero una
corsa nel Loggun, all'estremit meridionale del lago Tchad.
Tutta la parte vicina al lago e al suo affluente, lo Chary,
paludosa e inondata durante la stagione delle pioggie. Il clima
eccessivamente malsano di questa regione fu fatale al giovane
Toole, che mor il 26 febbraio ad Angala; egli non aveva
ancora ventidue anni. Perseverante, intrepido, gaio,
riconoscente, dotato di sangue freddo e di prudenza, Toole
possedeva le qualit che distinguono il vero viaggiatore.
Il Loggun era allora un paese pochissimo conosciuto, non
attraversato da carovane, e la cui capitale, Kernok, non contava
meno di quindicimila abitanti, un popolo pi bello, pi
intelligente dei Bornusi ci vero, sopratutto riguardo alle
donne, laboriosissimo, che fabbrica delle tele molto belle e
dei tessuti molto fitti.
La presentazione d'obbligo al sultano ebbe fine con uno
scambio di parole cortesi e l'accettazione di ricchi doni;
aggiungi questa offerta singolare da parte di un sultano a un
viaggiatore: Se tu sei venuto per comperare delle donne
schiave, non vale la pena che tu vada pi lontano: io te le
vender a buon mercato comunque sia. Denham ebbe una
gran fatica a far comprendere a questo sovrano industriale che
ci non era lo scopo del suo viaggio, e che il solo amore della
scienza aveva diretto i suoi passi.
Il 2 marzo Denham era di ritorno a Kuka e il 20 maggio
egli vedeva arrivare il luogotenente Tyrwhit, che, portando dei
ricchi doni per lo sceicco, doveva restare a Bornu in qualit di
console. Dopo un'ultima spedizione verso Manu, la capitale del
Kanem, e presso i Dogganah, che abitavano in altri tempi nelle
vicinanze del lago Fitri, il 16 agosto il maggiore riprendeva con
Clapperton la strada del Fezzan, e rientrava a Tripoli dopo un
lungo e penoso viaggio, i cui risultati geografici, gi numerosi,
erano stati singolarmente aumentati da Clapperton.
tempo ormai di raccontare gli incidenti di viaggio e le
scoperte di questo ufficiale. Partito il 14 dicembre 1823, col
dottore Oudney per Kano, grande citt dei Felatah, situata,
all'ovest dei Tchad, Clapperton aveva seguito l'Yeu fino a
Damasak e visitato il vecchio Birnie, Bera, situata alle sponde
d'un superbo lago, formato dagli straripamenti dell'Yeu,
Dogamu, Bekidarfi, che formano quasi tutte parte dell'Haussa.
Gli abitanti di queste province, che erano molto numerosi!
prima dell'invasione dei Felatah, sono armati d'archi e di
frecce, e fanno commercio di tabacco, di noci, di droghe, di
antimonio, di pelli di capre da conciare, di tela di cotone in
pezza, di abiti.
La carovana abbandon bentosto il corso dell'Yeu o
Gambaron, per avanzarsi in una contrada boscosa, che doveva
essere completamente inondata durante la stagione delle
piogge.
I viaggiatori entrarono in seguito nella provinciali
Katagum, il cui governatore li ricevette con molta affabilit,
assicurandoli che il loro arrivo era per lui una vera lesta, come
lo sarebbe stato del pari per il sultano dei Felatah, che non
aveva mai visto Inglesi. Nel medesimo tempo li assicur che
avrebbero trovato presso di lui, come a Kuka, tutto ci che
sarebbe stato loro necessario.
La sola cosa che lo meravigli profondamente fu quella di
sapere che i viaggiatori non volevano n schiavi, n cavalli, n
denaro; che essi chiedevano solo, grazie la sua amicizia, il
permesso di cogliere dei fiori, delle pianticelle, e
Vautorizzazione di visitare il paese.
Katagum situata a 12 17' 11" di longitudine e presso a
poco a 12 di latitudine, secondo le osservazioni di Clapperton.
Questa provincia formava la frontiera del Bornu, prima della
conquista dei Felatah. Essa pu mettere in armi quattromila
uomini di cavalleria e duemila fanti armati d'archi, di spade e di
lance. Produce del grano e dei buoi, che sono, cogli schiavi, i
principali articoli di commercio. Quanto alla citt stessa, era la
pi forte che gli Inglesi avessero veduta dopo Tripoli. Essa
aveva delle porte che venivano chiuse tutte le sere; era difesa
da due mura parallele e da tre fossi asciutti, uno interno, un
altro esterno, e un terzo scavato fra le due muraglie, alte circa
venti piedi e larghe dieci circa alla base. Del resto, nessun altro
monumento che una moschea in ruina; le case di terra possono
contenere da sette a ottomila abitanti.
l che per la prima volta gli Inglesi videro le
conchigliette, i cauri, servire da monete. Fino allora la tela
del paese e qualche altro articolo erano stati i soli mezzi di
scambio.
Al sud della provincia di Katagum situato il paese di
Yacoba, che i musulmani designano sotto il nome di Muchy.
Secondo i rapporti che Clapperton ricevette, gli abitanti di
questa provincia, attraversata da montagne calcaree, sarebbero
antropofaghi. Ci nonostante, i musulmani, che hanno un
invincibile orrore per i Kaffiri, non danno altre prove a
quest'accusa, che l'avere visto delle teste e dalle membra
umane pendenti dai muri delle loro abitazioni.
nel Yacoba che avrebbe la sua sorgente il Yeu, fiume
completamente asciutto durante l'estate, ma le cui acque,
durante la stagione delle piogge, al dire degli abitanti, crescono
e diminuiscono alternativamente ogni giorno;
L'11 gennaio, dice Clapperton, noi continuammo il nostro
viaggio; ma, a mezzogiorno, bisogn fermarsi a Murmur. Il
dottore era in uno stato tale di debolezza e di sfinimento, ch'io
non sperai che egli potesse resistere un giorno di pi. Dopo la
nostra partenza dalle montagne di Obarri, nel Fezzan, dove era
stato preso da infiammazione al petto per essersi esposto a una
corrente d'aria mentre era in traspirazione, egli deperiva
giornalmente.
12 gennaio. Il dottore prese allo spuntare del giorno
una tazza di caff, e, secondo il suo desiderio, feci caricare i
camelli. Lo aiutai in seguito a vestirsi, e sostenuto dal suo
domestico, usc dalla tenda. Ma nel momento in cui si stava per
collocarlo sul camello, scorsi in tutti i suoi lineamenti
T'impronta spaventosa della morte. Lo feci tosto rientrare, mi
collocai vicino a lui, e con un dolore che non cercher di
esprimere, lo vidi spirare senza proferire un lamento, senza
soffrire. Mandai a domandare al governatore il permesso di
seppellirlo, ci che mi fu accordato subito. Feci scavare una
fossa presso una pianta di mimosa, vicino a una delle porte
della citt. Dopo che il corpo fu lavato secondo l'usanza del
paese, lo feci ricoprire con degli scialli che portavamo per
farne dei doni. I nostri domestici lo portarono, e prima di
confidarlo alla terra, lessi l'orazione funebre della chiesa
inglese. Feci in seguito contornare la modesta tomba d'un muro
di terra per preservarlo dagli animali carnivori, e feci
ammazzare due montoni, che distribuii ai poveri.
Cos si estinse miseramente il dottore Oudney, chirurgo di
marina, abbastanza istruito in storia naturale. La terribile
malattia, il cui germe aveva portato fino dall'Inghilterra, non gli
aveva permesso di rendere alla spedizione tutti quei servizi che
il Governo si riprometteva da lui; e nullameno egli non
risparmiava le sue forze, dicendo che si sentiva meno male in
viaggio che in riposo. Sentendo che la sua costituzione
indebolita non gli permetteva un lavoro assiduo, giammai egli
volle mettere un ostacolo allo zelo dei suoi compagni.
Dopo questa triste cerimonia, Clapperton riprese la via
verso Kano. Digu, citt situata in mezzo a un paese ben
coltivato e che nutre delle numerose mandre; Katungua, che
non pi nella provincia dei Katagum; Zangeja, situata vicino
all'estremit della catena delle colline Duchi e che deve essere
stata considerevole, a giudicare dalla estensione delle sue
muraglie ancora in piedi; Girkua, il cui mercato pi bello di
quello di Tripoli; Sochwa circondata da un'alta bastita di
argilla, tali furono le principali tappe del viaggiatore prima
della sua entrata a Kano, ov'egli giunse il 20 gennaio.
Kano, la Chano di Edrisi e degli altri geografi arabi, il
grande ritrovo del reame di Haussa.
Non appena io ebbi passate le porte, disse Chapperton,
fui stranamente deluso nella mia aspettativa. Dopo la brillante
descrizione che me ne avevano fatta gli Arabi, io m'aspettavo
di vedere una citt d'una notevole estensione. Le case erano a
un quarto di miglio dalle mura, e in alcuni quartieri riuniti in
piccoli gruppi, separati da larghi pantani d'acqua stagnante.
Avrei potuto dispensarmi dal fare delle spese per la mia
toeletta (egli portava l'uniforme d'ufficiale di marina); tutti
gli abitanti, occupati nei loro affari, mi lasciarono passare
tranquillamente senza notarmi e senza volgere gli occhi verso
me.
Kano, la capitale della provincia del medesimo nome,
%

una delle principali citt del Sudan, situata fra 12 0' 19" di
latitudine nord e 9 20' di longitudine est.
Questa citt pu avere da trenta a quarantamila abitanti,
dei quali pi della met sono schiavi.
Il mercato, che circondato all'est e all'ovest da grandi
paludi, o piuttosto canneti, il ritrovo di numerose bande di
anitre, di cicogne e di avvoltoi, che servono di difesa alla citt.
In questo mercato, fornito di tutte le provvigioni d'uso in
Africa, si vede della carne di bue, di montone, di capra e
qualche volta di camello.
I macellai del paese, racconta il viaggiatore, sono accorti
come i nostri: essi fanno qualche taglio per mettere in evidenza
la grassa, qualche volta uniscono un pezzo di pelle di montone
a una coscia di capra.
Della carta per scrivere, prodotte dalle manifatture
francesi, delle forbici e dei coltelli di fabbricazione indigena,
dell'antimonio, dello stagno, della seta rossa, dei braccialetti di
rame, dei grani di contera, di corallo, di ambra, degli anelli di
stagno, qualche gingillo in argento, degli scialli per turbanti;
della tela di cotone, di calcot, degli abbigliamenti moreschi e
molti altri oggetti: ecco ci che si trova in abbondanza sul
mercato di Kano.
Clapperton vi comper, per tre. piastre, un ombrello
inglese di cotone, venuto da Gadams. Egli visit altres il
mercato degli schiavi, ove questi infelici sono esaminati
minutissimamente e con la medesima attenzione con la quale i
medici visitano i volontari che entrano nella marina.
La citt molto malsana; le paludi che la dividono press'a
poco per il mezzo e le buche che si scavano nel terreno, per
procurarsi la terra necessaria alle costruzioni, ne rendono
costantemente l'aria cattiva.
A Kano gran moda di tingersi i denti e le labbra coi fiori
di gurgi e di tabacco, che li colorano d'un rosso sanguigno.
Si mastica la noce di guoro, e la si prende anche mischiata
con del trona, uso che non particolare a Haussa, perch si
ritrova egualmente nel Bornu, ove nullameno interdetto alle
donne. Infine gli Haussani fumano un tabacco originario del
paese.
Il 23 febbraio, Clapperton part per Sockatu. Egli
attravers un paese pittoresco e ben coltivato, al quale dei
boschetti sparsi sulle colline davano qualche somiglianza con
un parco inglese. Delle mandrie bellissime, buoi bianchi o d'un
grigio cinereo, animavano il paesaggio.
Le localit pi importanti che Clapperton incontr lungo la
via, sono: Gardania, citt pochissimo popolataci di cui abitanti
erano stati venduti come schiavi dai Felatah, Doncami, Zinnie,
capitale del Zambra; Kagaria, Kuara e i pozzi di Kamun ove lo
raggiunse una scorta inviata dal sultano.
Sockatu era la citt pi popolata che il viaggiatore avesse
veduto in Africa. Le sue case, ben costruite, formavano delle
vie regolari, invece d'essere riunite in gruppi, come nelle altre
citt di Haussa. Contornata da una muraglia alta dai venti ai
trenta piedi, con dodici porte che si chiudevano regolarmente al
calare del sole, Sockatu possedeva due grandi moschee, un
mercato spazioso e una grande piazza davanti la casa del
sultano.
Gli abitanti, che per la pi parte sono Felatah, hanno molti
schiavi, dei quali, coloro che non sono occupati nei lavori
domestici, esercitano qualche mestiere per conto dei padroni;
sono tessitori, muratori, fabbri, calzolai o coltivatori.
Per fare onore a questi ospiti, per dar loro un'alta idea della
potenza e della ricchezza dell'Inghilterra, Clapperton non volle
comparire davanti al sultano Bello che in un abbigliamento
abbagliante. Egli vest il suo uniforme dai galloni d'oro, mise
dei pantaloni bianchi e delle calze di seta; poi, per completare il
suo costume da festa, si copr il capo con un turbante e i piedi
con babbucce turche.
Il sultano Bello lo ricevette seduto sopra un tappeto, fra
due colonne che sorreggevano il tetto di stoppia d'una capanna
che rassomigliava molto a un villino inglese. Questo sultano
era un bell'uomo di circa cinquantacinque anni; portava un
tob di cotone azzurro e un turbante bianco, di cui lo scialle
gli nascondeva il naso e la bocca secondo la moda turca.
Bello accett con gioia infantile i doni che gli portava il
viaggiatore. Ci che gli fece maggior piacere fu l'orologio, il
telescopio, il termometro, ch'egli chiamava ingegnosamente
orologio del calore. Ma di tutti questi oggetti curiosi, quello
ch'egli trovava pi meraviglioso, fu il viaggiatore stesso. Egli
non pot tralasciare d'interrogarlo sui costumi, sulle abitudini e
sul commercio dell'Inghilterra. Pi volte, Bello manifest il
desiderio d'entrare in relazione commerciale con questa
potenza; egli avrebbe voluto che un console e un medico
inglese risiedessero in un porto ch'egli chiam Raka; infine
domandava che certi oggetti di produzione della Gran Bretagna
gli fossero spediti alla costa marittima ov'egli possedeva una
citt molto commerciale chiamata Funda. Dopo molti discorsi
sui diversi culti d'Europa e sopra altre materie, Bello restitu a
Clapperton i libri, i giornali e le vesti che erano stati presi a
Denham, al tempo della malaugurata spedizione, nella quale
Bu-Khalum perdette la vita.
Il 3 maggio il viaggiatore prese congedo dal sultano.
Dopo molti giri e rigiri, disse Clapperton, io fui infine
ammesso alla presenza di Bello, che era solo e che mi rimise
subito una lettera per il re d'Inghilterra, assicurandomi dei suoi
sentimenti di amicizia per la nostra nazione. Egli espresse
nuovamente il suo ardente desiderio di tenere relazione con noi
e mi preg di scrivergli l'epoca nella quale la spedizione
inglese (di cui Clapperton gli aveva promesso l'invio) sarebbe
sbarcata in Africa per avviarsi aula volta del suo Stato.
Clapperton riprese la via ch'egli aveva seguito venendo, e
rientr l'8 luglio a Kuka, ove ritrov il maggiore Denham. Egli
portava seco un manoscritto arabo, contenente un quadro
storico e geografico del reame di Takrur, governato da
Mohammed Bello di Haussa, compilazione del medesimo
principe. Lui stesso aveva raccolto non solo delle preziose e
numerose informazioni sopra la zoologia e la botanica di Bornu
e di Haussa, ma aveva anche compilato un vocabolario delle
lingue di Bgharmi, di Mandara, di Bornu, di Haussa e di
Timbuct.
I risultati di questa spedizione erano dunque ragguardevoli
Era la prima volta che si sentiva parlare dei Feiatah, e la loro
identit coi Fan doveva essere dimostrata nel secondo viaggio
di Clapperton. Si sapeva ch'essi avevano creato nel centro e
nell'ovest dell'Africa un immenso impero, si sapeva altres che
questi popoli non appartenevano alla razza nera. Lo studio del
loro linguaggio e dei rapporti ch'esso presenta con certi idiomi
non africani, doveva gettare una luce del tutto nuova nella
storia dell'emigrazione dei popoli.
Infine, si conosceva il lago Tchad, se non per intero,
almeno nella sua parte pi ampia; si conoscevano due dei suoi
affluenti: Pieu, il cui corso attraversa una regione montuosa e
la sorgente era indicata dai rapporti degli indigeni, e lo Chary
la cui parte inferiore la foce erano state visitate con cura da
Denham. In quanto al Niger, le informazioni che Clapperton
aveva raccolte dalla bocca degli indigeni erano ancora molto
confuse, ma dal loro insieme si poteva inferire ch'esso s
gettasse nel golfo di Benin. Del resto Clapperton intendeva, di
ritornare in Africa, dopo un breve riposo in Inghilterra, e
partendo dalla costa dell'Atlantico, di rimontare il Kuara o
Djoliba, il Niger come lo si chiamava in diversi tratti del suo
corso, di mettere fine alla questione da s lungo tempo
sollevata, facendo di questo fiume un corso d'acqua differente
da quello del Nilo, di unire le sue nuove scoperte con quelle di
Denham, e infine compire la traversata dell'Africa, seguendo
una diagonale da Tripoli al golfo di Benin.
II.
Secondo viaggio di Clapperton. Arrivo a Badagry. Il Yurriba e
la sua capitale Katunga. Bussa. Tentativi per ottenere una narrazione
fedele della morte di Mungo-Park. Il Nyff, il Guari e lo Zegzeg.
Arrivo a Kano. Fastidi. Morte di Clapperton. Ritorno di Lander
alla costa. Tuckey al Congo. Bowdich presso gli Ascianti. Mollien
alle sorgenti del Senegal e della Gambia. Il maggiore Gray. Cailli a
Timbuct. Laing alle sorgenti del Niger. Richardet e J ohn Lander agli
sbocchi del Niger. Cailliaud e Letorzec in Egitto, in Nuba e nell'oasi di
Sivah.

Quando Clapperton ritorn in Inghilterra, fu sollecito di
sottomettere a lord Bathurst il progetto ch'egli aveva formato di
ritornare a Kuka partendo da Benin, ossia seguendo il cammino
pi breve cammino che nessuno dei suoi predecessori aveva
percorso e rimontando il Niger, dalla sua foce fino a
Timbuct.
Tre persone furono aggiunte a Clapperton per questa
spedizione, della quale egli aveva il comando: il chirurgo
Dickson, il capitano di vascello Pearce, eccellente disegnatore,
e il chirurgo di marina Morrison, molto erudito in tutti i rami
della storia naturale.
La spedizione arriv, il 26 novembre 1825, nel golfo di
Benin. Dickson avendo domandato, non si sa per quale motivo,
di viaggiare solo per raggiungere Sockatu, sbarc a J uidah. Un
portoghese chiamato Suza l'accompagn fino a Dahomey con
Columbus, ch'era stato domestico di Denham. A diciassette
giornate da questa citt, Dickson tocc Char, poi Yuri, e
nessuno intese pi parlare di lui.
Gli altri esploratori avevano raggiunto il fiume Benin,
allorch un negoziante inglese, di nome Hutson, consigli loro
di non continuare, perch il re del paese nutriva un odio
profondo contro gli Inglesi, che ponevano ostacolo al suo
commercio pi lucroso, la tratta degli schiavi.
Era meglio, egli disse, andare a Badagry, luogo pure vicino
a Sockatu e il cui capo, ben disposto per i viaggiatori,
fornirebbe loro senza dubbio una scolta fino alla frontiera del
reame del Yurriba.
Hutson aiutava il paese da pi anni; ne conosceva i
costumi e la lingua; Clapperton giudic dunque utile di tenerlo
seco fino a Eyes o Katunga. capitate del Yurriba.
La spedizione sbarc, il 29 novembre 1825, a Badagry,
rimont un braccio del fiume Lagos, poi, per circa due miglia,
il seno di Gazie. che s'addentra in una parte del Dahomey. e
discendendo sulla riva sinistra, avanz nel paese. Questo ora a
volte paludoso, a volte mirabilmente coltivato e piantato di
dioscoree; tutto spirava abbondanza. Perci i negri si
mostravano renitenti al lavoro. Dire a quanti interminabili
chiacchierate si dovette ricorrere, quali trattative fu necessario
condurre, quali estorsioni si dovettero sopportare per procurarsi
dei portatori, sarebbe cosa molto lunga.
Gli esploratori, in mezzo a queste difficolt, raggiunsero
intanto Djannah, a sessanta miglia dalla costa.
Noi abbiamo veduto qui, dice Clapperton, parecchi telai
da tessitore in moto. Ve n'erano otto o dieci in una casa; era
realmente una fabbrica in regola Gli abitanti fabbricano
anche terraglie, ma preferiscono quelle che vengono
dall'Europa, quantunque essi non facciano sempre un uso
appropriato dei diversi oggetti. Il vaso nel quale il cabocir
(capo) ei offr dell'acqua da bere, fu riconosciuto dal signor
Hutson. per un bel vaso da notte ch'egli aveva venduto l'anno
prima a Badagry.
Tutti i membri della spedizione erano gravemente colpiti
dalle febbri, causate dal calore umido e malsano della regione.
Pearce e Morrison morirono nel dicembre, l'uno vicino a
Clapperton, l'altro a Djannah, prima di aver raggiunto la costa.
In tutte le citt che Clapperton attraversava, a Assudo, che
non conta meno di diecimila abitanti, a Daffu, che ne contiene
cinquemila di pi, una fama singolare sembrava l'avesse
preceduto. Dappertutto si diceva ch'egli veniva a ristabilire la
pace nei paesi ove regnava la guerra e a portare del bene alle
regioni da lui esplorate.
A Tchow, la carovana incontr il messo che il re di
Yurriba le inviava con un seguito numeroso, ed entr bentosto
a Katunga.
Questa citt circondata e sparsa di folti alberi
descriventi un circuito attorno alla base d'una montagna
rocciosa, composta di granito e lunga circa tre miglia; uno
degli spettacoli pi belli che si possano vedere.
Clapperton soggiorn in questa citt dal 24 gennaio al 7
marzo 1826. Fu ricevuto con molta affabilit dal sultano, al
quale egli domand il permesso di entrare nel Niff o Toppa,
affine di giungere per quella via al fiume Hussa o Bornu. Il
Niff era desolato in conseguenza della guerra civile, e uno dei
pretendenti al trono aveva chiamato in suo soccorso i Felatah,
rispose il sultano. Non sar dunque prudenza prendere quella
via; meglio sarebbe passare per la provincia di Yuri.
Comunque, Clapperton dovette sottomettersi.
Ma egli aveva approfittato del suo soggiorno a Katunga
per fare delle interessanti osservazioni. Questa citt non ha
meno di sette mercati differenti, nei quali si vendono piante di
dioscoree, grano, banane, fichi, burro vegetale, grani di
coloquintida, capre, polli, montoni, agnelli, tela e strumenti
aratori.
Le case del re e delle sue donne sono contornate da due
grandi parchi. Le porte e i pali che sostengono le verande
sono ornati di sculture rappresentanti o un boa che uccide una
gazzella, o un porco, o truppe di guerrieri con
accompagnamento musicale, sculture discretamente eseguite.
L'aspetto generale degli Yurribani, dice il viaggiatore,
pareva offrire meno tratti caratteristici di negri, che quelli di
qualunque altro popolo da me veduto; le labbra hanno meno
grosse, il naso si avvicina pi alla forma aquilina che a quella
dei negri in generale. Gli uomini sono ben fatti e hanno una
scioltezza che deve fermare l'attenzione. Le donne hanno quasi
tutte un'aria pi volgare degli uomini, la qual cosa pu
provenire dall'essere esposte al sole, e dalle fatiche che sono
obbligate a sopportare; tutti i lavori della terra toccano ad esse
Qualche tempo dopo essere uscito da Katunga, Clapperton
travers il fiume di Mussa, affluente del Kuara, ed entr in
Riama, una delle citt per le quali passa la carovana che, da
Haussa e da Borgu, va a Gaudja, sulle frontiere dell'Ashantie.
Essa non contiene meno di trentamila abitanti, che son tenuti in
conto dei pi grandi ladri di tutta l'Africa. Per designare
qualcuno nativo di Borgu, basta chiamarlo ladro ed assassino.
All'escire da Kiama, il viaggiatore incontr la carovana di
Haussa.
Buoi, asini, cavalli, donne e uomini, in numero d'un
migliaio, camminavano gli uni dietro gli altri, formando una
linea interminabile, che offriva all'occhio un insieme
singolarissimo e bizzarro. Quale strano miscuglio, da queste
giovinette nude e questi uomini curvi sotto il carico, a questi
mercanti girovaghi, vestiti in modo fantastico e ridicolo nello
stesso tempo, che cavalcavano cavalli storpie zoppicanti!
Clapperton dirigeva ora la sua marcia verso Bussa, luogo
ove Mungo-Park era perito sul Niger. Prima di giungervi gli fu
necessario attraversare l'Oli, affluente del Kuara, e passare per
Uaua, capitale d'una provincia del Borgu, il cui recinto
quadrato pu contenere diciottomila abitanti.
una delle citt pi civili e meglio fabbricate che si
incontra dopo Badagry. Le vie sono tenute con propriet,
larghe, e le case circolari hanno un tetto conico di stoppia. Ma
impossibile? in tutto quanto l'universo, immaginare una citt
dove l'ubbriachezza sia pi generale. Governatore, preti, laici,
uomini, donne, bevono eccessivamente vino di palma, rhum
che viene dalla costa, e buza. Quest'ultimo liquore un
miscuglio di durra, di miele, di pepe del Chili e della radice
d'un'erba grossolana che serve al pascolo del bestiame; il tutto
misto con una certa quantit d'acqua.
Gli Uauani, dice Glapperton, hanno una grande
riputazione di probit. Essi sono gai, benevoli e ospitali. Io non
ho visto popolo in Africa che fosse cos disposto a dare dei
ragguagli sopra il paese da essi abitato, e, ci che
straordinario, non ho scorto tra loro un solo mendicante. Essi
rinnegano gli originari, del Borgu e dicono ch'essi sono usciti
dai Haussani e dai Nyffeni. La loro lingua un dialetto
derivato da quella degli Yurribani, ma le donne della citt di
Uaua sono belle e le Yurribane no; gli uomini sono vigorosi e
ben fatti, hanno l'aria di essere dissoluti. La loro religione un
misto d'islamismo un po' corrotto e di paganesimo.
Dopo la costa, Glapperton e questa osservazione
preziosa aveva incontrato delle trib di Felatah, ancora
pagani, parlanti la medesima lingua, aventi le medesime
fattezze e il medesimo colore dei Felatah musulmani. Essi
erano evidentemente della medesima razza.
Bussa, che il viaggiatore finalmente raggiunse, non una
citt regolare; essa composta di gruppi di case sparse su
un'isola di Kuara fra 10 14' di latitudine nord e 6 11' di
longitudine all'est del meridiano di Greenwich. La provincia, di
cui essa capitale, la pi popolosa del Borgu. Gli abitanti
sono pagani come il sultano, quantunque il suo nome sia
Mohammed. Si nutrono di scimie, di cani, di gatti, di topi, di
pesci, di buoi e di montoni.
Intanto ch'io mi trovavo col sultano, scrive Clapperton,
gli portarono la colazione; io fui invitato a prendervi parte; essa
consisteva in un grosso topo d'acqua arrostito e ancora rivestito
della sua pelle, un bel piatto di riso bollito, un piatto di pesce
secco accomodato in istufato coll'olio di palma; delle uova
d'alligatore fritte e allo stufato, e infine dell'acqua fresca di
Kuara. Io mangiai del pesce allo stufato e del riso, e il sultano
intanto si divertiva assai perch io non volli assaggiare n del
topo, n delle uova d'alligatore.
Il sultano ricevette il viaggiatore con affabilit e gli fece
sapere che quello d'Yuri teneva, da sette giorni, dei battelli
pronti, affine di rimontare il fiume fino a questa citt.
Clapperton rispose che la guerra avendo chiuse tutte le uscite
entro il Bornu e l'Yuri, preferiva avanzarsi per il Kulfa e il
Nyff. Tu hai ragione, disse il sultano, tu hai fatto bene a
venirmi a vedere, tu piglierai quella strada che tu vorrai.
In un'udienza successiva, il viaggiatore si inform degli
Europei che, una ventina d'anni prima, erano periti sul Kuara.
Questa domanda turb visibilmente il sultano, che non gli
rispose francamente. Era allora, diss'egli, troppo giovane per
rammentarsi esattamente di ci che era successo.
Io non ho bisogno, rispose Clapperton, che d'avere i libri
e le carte che loro appartennero, e di vedere il luogo ove sono
periti.
Io non ho nulla di ci che ha loro appartenuto, rispose il
sultano. Quanto al luogo della loro morte, non ci andare! un
luogo molto pericoloso.
M'hanno detto che vi si pu vedere ancora una parte del
battello che li portava. vero ci? domand Clapperton.
No, no, ti hanno fatto un falso racconto, riprese il sultano.
da molto tempo che le grandi acque hanno portato con s ci
che era restato fra le rocce.
A una nuova domanda relativa alle carte e ai giornali di
Mungo-Park, il sultano rispose che non possedeva nulla, che
queste carte erano state fra le mani di qualche dotto, ma che,
poich ci stava tanto a cuore a Clapperton, le farebbe cercare.
Dopo avere ringraziato, il; viaggiatore domand il permesso di
interrogare i vecchi della citt, dei quali parecchi dovevano
essere stati testimoni dell'avvenimento. A queste parole,
l'imbarazzo si dipinse sul viso del sultano, il quale non rispose.
Era dunque inutile fargli ancora delle domande.
Fu un colpo mortale per le mie ricerche ulteriori, dice
Clapperton, perch ognuno mostrava dell'imbarazzo quando io
domandavo dei particolari, e dicevano: L'incidente avvenuto
prima che io ci potessi pensare, o meglio, io non ne sono stato
testimonio. Mi si indic il luogo ove il battello s'era arrestato e
ove il suo disgraziato equipaggio era perito, ma non lo fecero
che con precauzione e quasi furtivamente.
Qualche giorno dopo, Clapperton venne a sapere che
l'ultimo sacerdote della loro religione, che era felatah, aveva
avuto in suo possesso i libri e le carte di Mungo-Park.
Sfortunatamente, questo sacerdote lasciava Bussa dopo qualche
tempo. Infine, a Kulfa il viaggiatore raccolse delle notizie, che
non gli permisero pi di dubitare che Mungo-Park fosse stato
ucciso.
Al momento di lasciare Borgu, Clapperton non pu
trattenersi di rimarcare come sia falsa la cattiva riputazione di
questi abitanti, dappertutto ritenuti come ladri e banditi. Per
conto suo, egli aveva attraversato tutto il loro paese, aveva
viaggiato e camminato solo con essi, e non ebbe mai a far loro
il menomo rimprovero.
Il viaggiatore tenta ora di arrivare a Kano, traversando il
Kuara e passando per il Guari e lo Zegzeg. Egli arriva bentosto
a Tabra, sul May-Yarrow, ove risiede la regina-madre di Nyff;
poi va a vedere il re al suo campo, poco lontano dalla citt. Egli
era, al dire di Clapperton, il birbante pi sfrontato, pi abietto e
pi avido che gli fu possibile d'incontrare, domandando tutto
ci ch'egli vedeva, e non disgustandosi per alcun rifiuto.
Diede occasione, dice il viaggiatore, alla ruina del proprio
paese per la sua ambizione, e per aver chiamati i Felatah, che
sono venuti in suo soccorso, e che si sbarazzeranno di lui
quando non sar pi buono a nulla. E avvenne che la maggior
parte della popolazione industriale di Nyff stata uccisa o
venduta come schiava, oppure costretta a fuggire dalla propria
patria.'
Clapperton fu costretto a trattenersi, pi che non l'avrebbe
voluto, a Kulfa, citt commerciale sulla riva settentrionale di
May-Yarrow, che contiene ,dai dodici ai quindicimila abitanti.
Da pi di vent'anni esposta alle escursioni dei Felatah questa
citt era stata bruciata due volte in sei anni. Clapperton vi fu
testimonio della celebrazione della festa per la luna nuova.
Quel giorno, ciascuno fa e riceve delle visite. Le donne hanno
la lana della loro capigliatura raccolta in trecce e tinte d'indaco,
come le sopracciglia. Le loro ciglia sono dipinte di khol, le
loro labbra in giallo, i loro denti in rosso, le loro mani e i loro
piedi sono colorati di henn. Esse mettono, per questa
circostanza, i loro abiti pi belli a colori i pi vivaci, e portano
i loro gingilli, i loro braccialetti e i loro anelli di cuoio,
d'argento, di stagno o di ottone. Esse approfittano di questa
festa per bere del buza come gli uomini, per mischiarsi ai
loro canti e alle loro danze.
Il viaggiatore penetr bentosto nella provincia di Guari,
dopo aver lasciata quella di Kotong-Kora. Conquistato col
resto di Haussa dai Felatah, il Guari era insorto alla morte di
Bello I, e da quell'epoca aveva saputo, malgrado i tentativi dei
Felatah, conservare la propria indipendenza. La capitale di
questa provincia, che porta pure il nome di Guari, situata a
10 54' di latitudine nord e a 8 1' di longitudine est, da
Greenwich.
A Fatika, Clapperton entr nello Zegzeg, territorio
sottomesso ai Felatah; poi visit Zariyah, singolare citt ove si
vedevano estensioni di terra coltivate a campi e orti,
piantagioni d'alberi a bosco, paludi e praterie; c'erano anche
delle case, La popolazione ritenuta pi numerosa che non a
Kano, ed era presso a poco di quaranta a cinquantamila
abitanti, quasi tutti Felatah.
Il 19 settembre, dopo tanti faticosi viaggi, Clapperton
arriv a Kano. Dal primo giorno egli s'accorse che si sarebbe
preferito vederlo arrivare dall'est, perch la guerra col Bornu
aveva intercettato tutte le comunicazioni con Fezzan e Tripoli.
Lasciando il proprio domestico Lander alla cura dei bauli,
Clapperton si mise tosto alla ricerca del sultano Bello, che si
trovava, dicevasi, nei dintorni di Soekatu. Questo viaggio fu
molto penoso, Clapperton vi perdette i suoi camelli, i suoi
cavalli, e non pot procurarsi, per portare quel poco che aveva
seco, che un bue malato di rogna, di modo che egli stesso e i
suoi servitori dovettero portare una parte del carico.
Bello accolse Clapperton con bont e gli invi delle
provvigioni e dei camelli. Ma siccome il sultano stava cercando
di sottomettere la provincia di Guber che s'era rivoltata contro
di lui, non pot subito accordare un'udienza al viaggiatore, per
intrattenersi sui molteplici interessi di cui il governo inglese
aveva incaricato Clapperton di trattare.
Alla testa di cinquanta o sessantamila soldati, i di cui nove
decimi erano a piedi e coperti d'armature imbottite, Bello
attacc Cunia, capitale del Guber.
Fu questo il combattimento pi misero che si possa
immaginare, e la guerra ebbe fine dopo questo tentativo
abortito. Ci nullameno, Clapperton, la cui salute s'era di molto
alterata, guadagn Sockatu, poi Magoria, ove vide il sultano.
Dacch ebbe ricevuti i doni che gli erano destinati, Bello
non dimostr pi modi tanto amichevoli. Anzi egli voleva far
credere di aver ricevuto dallo sceicco El-Khanemi una lettera
in cui questi lo incaricava di sbarazzarsi del viaggiatore, che
non era che una spia, e a diffidare degli Inglesi, i cui progetti
erano, dopo le ricerche sulle risorse del paese, di stabilirvisi e
di crearvi dei partigiani, e profittare in seguito delle turbolenze
che si sarebbero suscitate, per impadronirsi del Haussa come
avevano fatto dell'India.
Fra le pi gravi difficolt accampate da Bello, risultava
assai chiaramente ch'egli desiderava sopratutto di impossessarsi
dei regali destinati al sultano di Bornu. Perci gli bisognava un
pretesto; credette d'averlo trovato facendo spargere la voce che
il viaggiatore portava dei cannoni e delle munizioni a Kuka.
Coscienziosamente, Bello non poteva permettere, diceva
egli che uno straniero attraversasse i suoi stati per porre il suo
irreconciliabile nemico in istato di muovergli guerra. E di pi
Bello voleva forzare Clapperton a leggergli la lettera di lord
Bathurst al sultano di Bornu.
Tu la puoi prendere, se vuoi, rispose il viaggiatore, ma io
non te la dar. Tutto ti possibile perch hai la forza, ma, ci
facendo, tu ti disonorerai. Per me, aprire questa lettera sarebbe
fare pi di quello che la mia volont non mi permetta. Io sono
venuto a te con una lettera e dei doni per parte del re
d'Inghilterra, dopo la confidenza che gli ha ispirato la tua
lettera dell'anno scorso. Io spero che non tradirai la tua parola e
la tua promessa per vedere ci che contiene questa lettera.
Il sultano fece allora un gesto con la mano per congedare il
viaggiatore che si ritir.
Tuttavia questo tentativo non fu l'ultimo e le cose
andarono benanche assai pi lontano. Qualche giorno dopo si
mand ancora a domandare a Clapperton di consegnare i doni
destinati a Ed-Khanemi. Dietro il suo rifiuto, gli furono tolti a
viva forza.
Voi vi conducete verso me come ladri, esclam
Clapperton. Voi mancate alla fede giurata. Nessun popolo al
mondo si condurrebbe cos. Fareste meglio a troncarmi la testa,
invece di fare una cosa simile, ma suppongo che raggiungerete
il vostro scopo Quando mi avrete tutto rapito.
Ancor pi; si volle prendergli le sue armi e le sue
munizioni. Clapperton vi si oppose con un'energia estrema. I
suoi domestici, spaventati, l'abbandonarono, ma non tardarono
a ritornare, pronti a sottomettersi agli stessi pericoli del loro
padrone, per il quale avevano la pi viva affezione.
A questo difficile momento si arresta il giornale di
Clapperton. Era pi di sei mesi ch'egli si trovava a Sockatu,
senza aver potuto fare alcuna esplorazione, senza essere
riuscito a condurre a buon fine l'affare per il quale era venuto
dal continente. La noia, le fatiche, le malattie non gli avevano
dato riposo e il suo stato era divenuto, a un tratto, molto
allarmante. Il suo domestico, Richard Lander, che l'aveva
raggiunto a Sockatu, gli prodig invano tutte le sue cure.
Il 12 marzo 1827, Clapperton fu colpito da una dissenteria
che nulla poteva arrestare e che non tard a indebolirlo.
Siccome ricorreva il rhamadan Lander non poteva ottenere
alcun servizio, neppure dai domestici. E intanto la malattia
faceva rapidi progressi in causa del gran calore eccessivo.
Durante venti giorni, Clapperton rest nel medesimo stato di
debolezza e di sfinimento; poi, sentendo avvicinarsi la sua fine,
diede le ultime istruzioni a Richard Lander, fedele servitore,
nelle cui braccia mor l'11 aprile.
Feci avvertire il stallano Bello, dice Lander, della perdita
crudele che io avevo fatta, domandandogli il permesso di
seppellire il padrone all'usanza del mio paese, e pregandolo di
indicarmi il luogo ove io avrei potuto deporre la sua spoglia
mortale. Il mio inviato ritorn ben presto col permesso del
sultano e io stesso d, a mezzogiorno mi furono mandati quattro
schiavi da parte di Bello, per scavare la fossa. Proponendomi
essi che l'avrebbero accompagnato alla sepoltura, lo feci
collocare sul dorso del mio camello e lo coprii con la bandiera
della Gran Bretagna. La nostra marcia fu lenta; ci arrestammo a
Djungari, piccolo villaggio posto sopra un'eminenza, a cinque
miglia a sudest di Sockatu. Il cadavere fu tolto dal camello e
posto sotto una tettoia intanto che gli schiavi scavavano la
fossa; poi ve lo trasportarono vicino, allorch fu terminata. Io
apersi allora un libro di preghiere, e, con voce interrotta dai
singhiozzi, lessi l'uffizio dei morti. Nessuno prest attenzione a
questa triste lettura e non alleviarono il mio dolore,
partecipandovi. Gli schiavi si tenevano a qualche distanza; essi,
per mostrare il loro dolore, si lamentavano, facendo un gran
fracasso. Quando la cerimonia religiosa fu terminata, la
bandiera venne levata e il corpo deposto dolcemente nella terra.
Ed io, allora, piansi amaramente sopra la spoglia inanimata del
migliore, del pi intrepido e del pi degno dei padroni.
Il calore, la fatica e il dolore colpirono tanto il povero
Lander, che per pi di sei giorni fu nell'impossibilit di lasciare
la sua capanna.
Bello s'inform pi volte dello stato di salute dell'infelice
domestico; ma questi non s'ingann sulle dimostrazioni del
sultano: esse non erano ispirate che dal desiderio di
impossessarsi delle casse e dei bauli del viaggiatore, che
credeva pieni d'oro e d'argento. Lo stupore di Bello giunse al
colmo nel constatare che Lander non possedeva neppure la
somma necessaria per il suo viaggio fino alla costa. Ma ci che
il sultano non seppe mai, fu che Lander teneva con se un
orologio d'oro, che aveva avuto la precauzione di nascondere,
orologio che gli era rimasto con quelli dei capitani Pearce e
Clapperton.
Tuttavia Lander comprendeva che era necessario
raggiungere al pi presto possibile e a tutti i costi la costa. Con
doni abilmente distribuiti, Lander si guadagn vari consiglieri
del sultano, i quali gli fecero capire che, se Lander fosse morto,
non si mancherebbe di spargere la voce ch'egli stesso, il
sultano, l'avesse fatto assassinare come il suo padrone. Bench
Clapperton avesse consigliato a Lander di unirsi alle carovane
arabe che andavano al Fezzan, Lander, temendo che le carte e i
giornali della spedizione gli venissero rubati, si determin di
raggiungere il litorale.
Il 3 maggio finalmente part da Sockatu, dirigendosi verso
Kano. Durante la prima parte di questo viaggio, Lander
credette dover morire di sete, ma la seconda fu meno penosa,
perch il re di Djaooba, che ebbe per compagno durante la via,
lo tratt con affabilit invitandolo anche a visitare il suo paese.
Gli raccont che aveva per vicini dei popoli chiamati Nyam-
Nyam, ch'erano stati suoi alleati contro il sultano di Bornu, e
che, in seguito ad un combattimento, questi Nyam-Nyam, dopo
aver involati i cadaveri dei loro nemici, li avevano arrostiti e
mangiati. Noi crediamo sia questa, dopo Hornemann, la prima
volta che si parla, in una relazione di viaggio, con siffatta
riputazione d'antropofaga, di questo popolo che doveva essere
il soggetto di tante favole ridicole.
Lander entr il 25 maggio in Kano, e non facendovi che un
breve soggiorno, prese la via per Funda, sulla riva del Niger
via che egli intendeva seguire fino a Benin. Il viaggiatore,
tenendo questa direzione, vi trovava inoltre parecchi vantaggi.
Se il cammino era pi sicuro, era nel tempo stesso nuovo, e
Lander poteva aggiungere notizie alle scoperte
precedentemente fatte dal suo padrone.
Kanfu, Cariffo, Gowgie, Gatas furono visitate
successivamente da Lander, che not come gli abitanti di
questa citt appartengano alla razza di Haussa, e paghino tributi
ai Felatah. Egli vide anche Damoy, Drammalik, Gudonia;
incontr un gran fiume che scorreva verso il Kuara, visit
Kottop, importante mercato di buoi e di schiavi, Cudgi e
Dunrora, le quali sono vicine ad una l'unga catena di alte
montagne che si estendono all'est.
A Dunrora, proprio nel momento in cui Lander faceva
caricare le sue bestie, da soma, quattro cavalieri coi cavalli
coperti di spuma corsero a panciaterra dal loro capo, e di
concerto con lui forzarono il viaggiatore a ritornare sul suo
cammino per andare a trovare il re del Zegzeg che aveva,
dicevano essi, un grande desiderio di vederlo. Il che non era
affatto nelle viste di Lander, il quale invece voleva raggiungere
il Niger, da cui non era molto lontano, e dal quale contava
scendere al mare. Tuttavia bisogn cedere alla forza. Le guide
di Lander non seguirono, per venire a Dunrora la stessa strada,
ci che permise al viaggiatore di vedere la citt di Eggebi,
governata da uno dei principali guerrieri del sovrano di Zegzeg.
Il 22 luglio, Lander entr in Zegzeg. Egli fu tosto ricevuto
dal re, che gli dichiar non averlo fatto ritornare se non per la
sola ragione che la guerra essendo scoppiata fra Bello e il re di
Funda, quest'ultimo non avrebbe mancato di farlo uccidere
allorch venisse a sapere ch'egli aveva portato dei doni al
sultano dei Felatah. Lander finse di prestar fede a questa prova
di benevolenza, ma cap perfettamente che soltanto la curiosit
e il desiderio d'ottenere qualche regalo movevano l'animo del
re di Zegzeg. Egli, pertanto, si scus della povert dei suoi
doni, narrando d'essere stato derubato delle sue mercanzie, ed
ottenne tosto il permesso di ripartire.
Uari, Uomba, Kulfa, Bussa e Uaua segnano le tappe del
suo viaggio di ritorno a Badagry, ove entr il 22 novembre
1827. Dopo due mesi egli s'imbarcava per l'Inghilterra.
Se lo scopo commerciale, principale motivo del viaggio di
Clapperton, non era proprio riuscito, a cagione della gelosia
degli Arabi che avevano mutate le disposizioni di Bello, perch
l'apertura di una nuova via avrebbe rovinato il loro commercio,
la scienza per lo meno fu arricchita di molto per i lavori e le
fatiche dell'esploratore inglese. Nella sua storia dei viaggi,
Desborugh Cooley apprezza nel modo seguente i risultati
ottenuti, a quell'epoca, dai viaggiatori dei quali abbiam detto
pi sopra:
Le scoperte fatte nell'interno dell'Africa dal capitano
Clapperton, oltrepassano di molto, dal doppio punto di vista del
loro studio e della loro importanza, quelle di tutti i suoi
predecessori. Il 24 di latitudine era l'estremo limite raggiunto
nel mezzogiorno dal capitano Lyon; ma il maggiore Denham,
nella sua spedizione al Mandara, pervenne sino a 9 15' di
latitudine, aggiungendo cos 14 3/4, o novecento miglia, ai
paesi scoperti dagli Europei. Vero che Hornemann aveva di
gi attraversato il deserto, e si era avanzato nel mezzogiorno
fino a Nyff, a 10 1/2 di latitudine; ma non possediamo alcuna
relazione del suo viaggio. Nella sua prima spedizione Park
raggiunse Siila a 1 34' di longitudine ovest, lontano
centoundici miglia dalla foce del Gamba. Per ultimo, Denham
e Clapperton dopo la costa orientale del lago Tchad (17
longitudine) fino a Sockatu (3 1/2 longitudine), esplorarono
cinquecento miglia dall'est all'ovest dell'Africa; di modo che
soltanto quattrocento miglia restavano ancora sconosciute fra
Siila e Sockatu; ma nel suo secondo viaggio, il capitano
Clapperton ottenne dei risultati dieci volte pi importanti. Egli
scopr infatti la via pi breve e pi comoda per ritornare nelle
regioni cos popolose dell' Africa centrale, e pu vantarsi
d'essere stato il primo viaggiatore che completasse un itinerario
del continente africano sino a Benin.
A queste riflessioni cos ragionate, a questi apprezzamenti
cos giusti, c' ben poco da aggiungere.
Le informazioni dei geografi arabi, ed in ispecie quelle di
Leone l'africano, erano verificate e si aveva una conoscenza
approssimativa d'una parte considerevole del Sudan. Se la
soluzione del problema che agitava da s lungo tempo i dotti
il corso del Niger e che aveva decisa la spedizione di cui noi
abbiamo parlato, non era ancora completamente trovata, si
poteva almeno intravederla. Infatti si capiva adesso che il
Niger, o Kuara o Djoliba, qualunque sia il nome con cui
l'hanno voluto chiamare, e il Nilo, erano due fiumi diversi, dai
bacini completamente distinti.
Nel 1816, si chiedeva ancora se il fiume conosciuto sotto il
nome di Congo non sarebbe la foce del Niger. Per questa
ricognizione fu incaricato un ufficiale di marina, che aveva
dato numerose prove d'intelligenza e di coraggio. Fatto
prigioniero nel 1805, Giacomo Kingston Tuekey non era stato
liberato che nel 1814. Quando egli seppe che si organizzava
una spedizione per esplorare il Zaira, domand di farne parte, e
gliene fu affidato il comando. Vi si aggiunsero ufficiali di
merito e diversi dotti.
Tuckey part dall'Inghilterra il 19 marzo 1816, avendo
sotto i suoi ordini il Congo e la Dorotea, bastimenti-trasporto.
Il 20 giugno, gett l'ancora a Malemb, sulla costa del Congo, a
4 39' di latitudine sud. Il re del paese, a quanto sembra, fu
scandalizzato quando seppe che gli Inglesi non venivano a
comperare degli schiavi, e si sfog in ingiurie contro questi
Europei che rumavano il suo commercio.
Il 18 luglio, Tuckey rimont il vasto estuario del Zaira col
Congo; poi, quando l'altezza delle rive del fiume non gli
permisero pi d'inoltrarsi con la vela, egli s'imbarc con una
parte della sua gente nelle sue scialuppe e nei suoi canotti. Il 10
agosto la rapidit della corrente, le enormi rocce di cui era
coperto il letto del fiume, lo determinarono ad avanzarsi ora
per la via di terra ed ora per acqua. Dieci giorni dopo i canotti
si arrestavano definitivamente davanti ad una cascata
insormontabile. Fu dunque mestiere progredire per la via di
terra. Ma le difficolt divenivano di giorno in giorno pi
grandi, i negri rifiutavano di portare i carichi e pi della met
degli europei s'erano ammalati. Infine, allorch trovavasi gi a
duecentottanta miglia dal mare, Tuckey si vide costretto a
ritornare sui suoi passi. La stagione delle piogge era
incominciata. Il numero dei malati non fece che aumentare. Il
comandante, afflitto dai deplorevoli risultati di questa
spedizione, fu a sua volta preso dalla febbre e non ritorn alla
spiaggia che per morirvi, il 4 ottobre 1816.
Il solo risultato di questo sfortunato tentativo fu adunque
una ricognizione esatta della foce del Zaira ed una correzione
del giacimento della costa, che fino allora era stata involta in
un considerevole errore.
Non lontano dai luoghi ove Clapperton doveva sbarcare un
po' pi tardi, sopra la Costa d'Oro, un popolo ardito, ma d'istinti
feroci, era apparso nel 1807.
Gli Ascianti, venuti non si sa bene da qual parte, si erano
gettati sui Fanti, e dopo averne fatto, nel 1811 e nel 1816,
orribili carneficine, avevano stabilito il loro domicilio sopra
tutto il territorio che si stende fra i monti Kong ed il mare.
In conseguenza di ci, una grande perturbazione era
insorta nei rapporti fra i Fanti e gli Inglesi, che possedevano
sulla costa alcuni stabilimenti commerciali, banche o fattorie.
Nel 1816, specialmente, il re degli Ascianti aveva portato
la fame nei forti britannici, saccheggiando il territorio dei
Fanti, sopra il quale essi sono elevati. Anche il governatore
della Costa del Capo si era indirizzato al suo governo per
pregarlo d'inviare un'ambasciata a quel vincitore barbaro e
feroce. Il latore di questo dispaccio fu Tomaso Edoardo
Bowdich, un giovane che, tormentato dalla passione dei viaggi,
aveva scosso il giogo paterno, rinunciato al commercio e, dopo
essersi sposato, contro il volere della sua famiglia, era venuto
ad occupare un modesto impiego alla Costa del Capo, il cui
sotto governatore era suo zio.
Senza esitare, il ministro, aderendo alla proposta del
governatore del Capo, aveva rinviato Bowdich, incaricandolo
di quell'ambasciata. Ma il governatore, col pretesto della
giovinezza di Bowdich, nomin capo della missione un uomo
che per la lunga esperienza, per la conoscenza del paese e dei
costumi degli abitanti, gli sembrava pi adatto a sostenere
questa carica importante. Gli avvenimenti dovevano per ben
presto provare il contrario. Bowdich, aggiunto alla spedizione,
era incaricato della parte scientifica e sopratutto delle
osservazioni di longitudine e di latitudine.
Federico J ames e Bowdich lasciarono lo stabilimento
inglese il 22 agosto 1818, ed arrivarono a Cumassi, la capitale
degli Ascianti, senza avere incontrato altro ostacolo che la
cattiva volont delle guide. I negoziati, che avevano per scopo
la conclusione d'un trattato di commercio e l'apertura d'una via
fra Cumassi e la costa, furono condotti con un certo successo
da Bowdich, mancando totalmente J ames di iniziativa e di
energia. La condotta di Bowdich ebbe una cos completa
approvazione, che J ames fu richiamato.
Sarebbe parso che la geografia non avesse gran che ad
aspettarsi da una missione diplomatica nei paesi visitati altre
volte da Bosman, Loyer, Des Marchais e da tanti altri, e dei
quali si avevano le monografie di Meredthi e di Dalzel. Ma i
cinque mesi di soggiorno a Cumassi, cio a dieci giornate di
cammino dall'Atlantico, erano stati messi a profitto da
Bowdich per osservare il paese, i costumi, gli usi e le
istituzioni d'uno dei popoli pi interessanti dell'Africa.
Riassumeremo qui brevemente la narrazione della pomposa
entrata dell'ambasceria a Cumassi. Tutta la popolazione era
radunata facendo ala ai lati della via, e delle truppe, che
Bowdich valut in numero di circa trentamila uomini, erano
sotto le armi.
Prima d'essere ammessi alla presenza del re, gli Inglesi
furono testimoni di uno spettacolo molto adatto per dar loro
un'idea della crudelt e della barbarie degli Ascianti. Un uomo,
colle mani legate dietro il dorso, le guance trapassate da una
lama, un orecchio tagliato, l'altro appena attaccato da un lembo,
il dorso tagliuzzato, con un coltello passato nella pelle al di
sopra di ogni scapola, trascinato da una corda che gli
attraversava il naso, era condotto a traverso la citt al suono dei
tamburi, prima di essere sacrificato in onore agli Inglesi!
Tutto quello che avevamo veduto, disse Bowdich, ci
aveva preparati ad uno spettacolo straordinario, ma non ci
ripromettevamo ancora la magnificenza che colp i nostri
occhi. Uno spiazzo, dell'ampiezza di circa un miglio quadrato,
era stato preparato per riceverci. Il re, i suoi tributari e i suoi
capitani erano sull'ultimo rialzo circondati dal loro rispettivo
seguito. Si vedevano davanti ad essi dei corpi militari cos
numerosi che pareva non ci sarebbe stato possibile appressarci.
I raggi del sole si riflettevano con uno splendore quasi
insopportabile, come il loro calore, sugli ornamenti d'oro
massiccio che brillavano da tutte le parti. Pi di cento bande
suonavano nel medesimo tempo al nostro arrivo, ciascuna
facendo echeggiare le arie particolari del capo a cui essa
apparteneva. Talora si era storditi dal rumore di una
moltitudine innumerevole di corni e di tamburi; tal altra dagli
accenti di lunghi flauti non privi di certa armonia e da un
istrumento, del genere delle cornamuse, che vi si accordava
gradevolmente. Un centinaio di grandi parasoli o baldacchini,
di cui ciascuno poteva tenere al coperto almeno trenta persone,
venivano agitati continuamente da coloro che li portavano.
Quei parasoli erano di seta scarlatta, gialla e d'altri colori
smaglianti, e sormontati da mezzelune, da pellicani, da elefanti,
da sciabole e da altre armi; il tutto in oro massiccio. I
messaggieri del re, che portavano sul petto delle grandi placche
d'oro, avendoci fatto far largo, ci avanzammo preceduti dalle
mazze
1
e dalle bandiere inglesi. Ci fermammo per prendere la
mano di ciascuno dei cabocir. Tutti questi portavano costumi
magnifici, con delle collane d'oro massiccio, dei cerchi d'oro al
ginocchio, delle piastre in oro al disopra della caviglia del
piede, dei braccialetti o dei pezzi d'oro al polso della mano
sinistra, e cos pesanti ch'essi erano obbligati d'appoggiare il
braccio sulla testa d'un ragazzo. Infine delle teste di lupo o di
castrato, in oro, di grandezza naturale, erano sospese ai pomi
delle loro sciabole, la cui impugnatura era del medesimo
metallo, e la cui lama era imbrattata di sangue. Grossi tamburi
venivano portati sulla testa d'un uomo, seguiti da due altri che
battevano l'istrumento. I loro polsi erano ornati da sonagli e da
pezzi di ferro che facevano l'accompagnamento, battendo il
tamburo; alla cintura portavano, a guisa di ornamento, crani ed
ossa di cosce dei nemici che avevano uccisi nei combattimenti.

1
Bastoni a pomi d'oro, che sono il distintivo degli interpreti.
Al di sopra dei grandi dignitari seduti sopra seggiole di legno
nero incrostato d'oro e d'avorio, si agitavano grandi ventagli di
piume di struzzo, e dietro ad essi stavano i giovani pi ben
fatti, recanti sul dorso una cassetta in pelle d'elefante, ripiena di
cartucce, e tenendo in mano i lunghi fucili danesi incrostati
d'oro; appese alla cintura avevano delle code di cavallo, per la
maggior parte bianche, oppure delle sciarpe di seta. Le fanfare
prolungate dei corni, lo strepito assordante dei tamburi, e, negli
intervalli, il suono degli altri istrumenti, annunciavano che si
avvicinava il re. Gi eravamo vicini ai principali ufficiali della
sua casa; il ciambellano, il capo carnefice, il capitano del
mercato, il guardiano della sepoltura reale e il capo dei
musicanti, erano seduti in mezzo al loro seguito, brillanti in
tanta magnificenza che annunciava l'importanza della dignit di
cui erano rivestiti. I cuochi erano circondati da una immensa
quantit di vasellame d'argento, disposto davanti ad essi, di
piatti, di scodelle, di caffettiere, di coppe e di vasi d'ogni
forma. Il capo delle esecuzioni o carnefice, uomo d'una statura
quasi gigantesca, portava sul petto un'ascia d'oro massiccio;
davanti a lui si vedeva il ceppo sul quale dovevano essere
spiccate le teste dei condannati. Era tinto di sangue e coperto in
parte da grandi macchie di grasso. I quattro interpreti erano
circondati da uno splendore che gareggiava con la
magnificenza degli altri grandi ufficiali; il loro particolare
distintivo, i bastoni coi pomi d'oro, venivan portati davanti ad
essi legati in fasci. Il guardiano del tesoro aggiungeva al lusso
personale quello della carica ch'egli occupava: a lui dinanzi
stavano forzieri, bilance e pesi in oro massiccio. Il breve lasso
di tempo trascorso mentre che ci avvicinavamo al re per
prendergli la mano l'un dopo l'altro, ci permise di vederlo bene.
Il suo contegno svegli dapprima la mia attenzione. una cosa
curiosa il trovare un'aria naturalmente dignitosa in questi
principi che a noi piace di chiamar barbari. I suoi modi
avevano della maest e insieme del garbo, e la sorpresa non gli
fece perdere un istante quella calma e quel sangue freddo che si
addicono ad un monarca. Egli dimostrava press'a poco
trentott'anni e pareva disposto alla pinguedine; la sua persona
aveva il carattere della benevolenza.
Qui segue una descrizione, che dura molte pagine, della
toeletta del re, della sfilata dei capi, delle truppe, della folla e
del ricevimento che si prolung fino a notte.
Allorch si legge questa meravigliosa descrizione di
Bowdich, ci si domanda se essa non il prodotto
dell'immaginazione esaltata del viaggiatore, se il lusso
meraviglioso di questa barbara corte, se i sacrifici di migliaia di
persone, in certe epoche dell'anno, se i costumi strani di questa
popolazione bellicosa e crudele, se questo miscuglio di civilt e
di barbarie, fino allora sconosciuta in Africa, sia vero.
Si sarebbe tentati di credere che Bowdich abbia
singolarmente esagerate le cose, se i viaggiatori che l'hanno
seguito e gli esploratori contemporanei non avessero
confermato il suo racconto. Si rimane dunque meravigliati che
un simile governo, fondato solamente sul terrore, abbia potuto
avere una s lunga durata!
Fra tanti viaggiatori stranieri che danno la loro vita per
contribuire all'avanzamento della scienza geografica, il
francese felice allorch incontra il nome d'un compatriota.
Senza cessare d'essere imparziale nell'apprezzare questi
lavori, egli si sente pi commosso alla lettura del racconto dei
suoi pericoli e delle sue fatiche. E ci lo confermeremo ora,
parlando di Mollien, di Cailli, di Cailliaud e di Letorzee.
Gasparo Mollien era il nipote del ministro del Tesoro di
Napoleone I. Imbarcatosi sulla Medusa, ebbe la fortuna di
sfuggire al naufragio di questo naviglio in uno dei canotti che
raggiunsero la costa del Sahara e pervennero in seguito fino al
Senegal.
Il disastro che Mollien evit, avrebbe estinto in qualsiasi
spirito d'una tempra pi debole il gusto delle avventure e la
passione dei viaggi. Per lui ci non avvenne.
Dacch il governatore della colonia, comandante Fleuriau,
ebbe accettata l'offerta che il giovane viaggiatore gli faceva di
ricercare le sorgenti dei grandi fiumi della Senegambia, e pi
particolarmente quelle del Djoliba, Mollien lasci San Luigi.
Partito da Diedde il 29 gennaio 1818, Mollien si diresse
verso l'est fra il 15 e il 16 parallelo, attravers il regno di
Domel e penetr presso i J oloft. Non volendo seguire la strada
di Woulli, egli prese quella di Futa-Toro, e malgrado il
fanatismo degli abitanti e la loro sete di rapina riusc a giungere
al Bondu senza sinistri accidenti. Gli abbisognarono tre giorni
per attraversare il deserto che separa il Bondu dai paesi al di l
del Gambia; poi penetr nel Nokolo, contrada montuosa,
abitata da Peuli e da Djalloni, genti quasi selvaggie.
Uscendo da Bandeja, Mollen entr nel Futa-Djallon e
arriv alle sorgenti del Gambia e del Rio-Grande, situate l'una
vicino all'altra. Qualche giorno dopo egli vedeva quelle del
Falchine. Malgrado la ripugnanza e il terrore della sua guida,
Mollien raggiunse Timbu, capitale di Futa. L'assenza del re e
della maggior parte degli abitanti, gli risparmi, senza dubbio,
gli orrori d'una prigionia che poteva essere lunga, a meno di
venire abbreviata da orribili torture. Futa una citt fortificata,
ma il re possiede delle case, le cui muraglie di terra hanno da
tre a quattro piedi di spessore sopra quindici di altezza.
A poca distanza da Timbu, Mollien arriv alle sorgenti del
Senegal almeno da ci che dissero i negri che lo
accompagnavano ma non gli fu possibile di fare delle
osservazioni astronomiche.
Frattanto l'esploratore non considera la sua missione come
terminata. La soluzione dell'importante problema sulla sorgente
del Niger, si imponeva alla sua mente. Ma il miserando stato
della sua salute, la stagione delle piogge, l'ingrossamento dei
fiumi, il terrore delle sue guide, che, malgrado l'offerta di
fucili, di grani d'ambra, del suo stesso cavallo, si rifiutavano di
accompagnarlo nel Kuranko e nel Soliman, l'obbligarono a
rinunciare ad attraversare la catena dei monti Kong e a
ritornare a San Luigi.
Insomma, Mollien aveva tracciato parecchie nuove linee in
una parte della Senegambia non ancora visitata dagli Europei.
a rammaricarsi, disse il signor di La Renaudire, che,
estenuato dalle fatiche, trascinandosi penosamente in mezzo a
privazioni assolute, e privo di mezzi d'osservazione, Mollien si
sia trovato impossibilitato di superare le alte montagne che
separano il bacino del Senegal da quello del Djoliba, e costretto
ad attenersi alle indicazioni dei naturalisti sugli oggetti pi
importanti della sua missione. dietro le attestazioni dei negri
che egli credette aver visitata la sorgente del Rio-Grande, del
Falehme, del Gambia e del Senegal. Se gli fosse stato possibile
seguire il corso di questi fiumi al di l del loro punto di
partenza, avrebbe dato a queste scoperte un grado di certezza
ch'esse, sfortunatamente, non hanno. Tuttavia, la posizione
ch'egli assegna alla sorgente del Ba-Fing, o Senegal, non pu
applicarsi, in questa parte, a nessun'altra grande corrente; e, del
resto, paragonandola colle notizie ottenute da altri viaggiatori,
ci sar facile convincerci della realt di questa scoperta.
Sembra egualmente constatato che queste due ultime sorgenti
siano pi alte che non si supponga, e che il Djoliba esca da un
terreno superiore. Il paese si eleva gradatamente a sud e a sud-
est in terrazzi paralleli. Queste catene di monti aumentano in
altezza a misura ch'esse si avanzano a mezzogiorno; esse
raggiungono il loro punto pi elevato fra l'8 e il 10 di
latitudine nord.
Tali sono i dati che risultano dall'interessante viaggio di
Mollien nella nostra colonia del Senegal. Questo paese doveva
essere anche il punto di partenza d'un altro esploratore, Renato
Cailli.
Nato nel 1800, nel dipartimento delle Deux-Svres, Cailli
non ricevette altra istruzione che quella delle scuole primarie;
ma la lettura di Robinson Cruso avendo sviluppato nella sua
giovine immaginazione il gusto delle avventure, Cailli non
ebbe pace fino a che con quel po' di danaro che possedeva, gli
venne fatto di procurarsi delle carte e dei racconti di viaggi.
Nel 1816, bench non avesse che sedici anni, s'imbarc per il
Senegal sulla gabarra La Loira.
A quell'epoca il governo inglese organizzava una
spedizione per l'interno sotto il comando del maggiore Gray.
Affine di evitare il terribile almamy di Timbu, che era stato
cos funesto a Peddie, gli Inglesi si erano diretti, per mare,
verso la Gambia. Il Woulli, il Gabon, furono attraversati e la
spedizione penetr nel Bondu, che Mollien doveva visitare
qualche anno dopo; paese abitato da un popolo fanatico e
feroce come quello di Futa-Djallon.
Le esigenze dell'almamy furono tali, che il maggiore Gray,
sotto pretesto d'un antico debito del governo inglese, non
ancora stato pagato, si vide spogliato di quasi tutte le
mercanzie, e fu obbligato di inviare al Senegal un ufficiale coll'
incarico di riunirne un nuovo assortimento.
Cailli, ignorando questo primo sfortunato incontro, e
comprendendo che il maggiore Gray accoglierebbe con piacere
qualsiasi nuova recluta, part da San Luigi con due negri, e
raggiunse Gore. Ma cost, diverse persone che s'interessavano
a lui, lo dissuasero di aggiungersi a questa spedizione, e gli
procurarono un impiego alla Guadalupa. Cailli non rimase che
sei mesi in quest'isola; ritorn a Bordeaux, poi di nuovo al
Senegal.
Un ufficiale del maggiore Gray, di nome Partarieu, era sul
punto di andare a raggiungere il suo capo, colle mercanzie che
si era procurate. Cailli gli offerse d'accompagnarlo senza paga
e senza impegno fisso. L'offerta fu tosto accettata.
La carovana si componeva di settanta individui, bianchi e
neri, e di trentadue camelli caricati riccamente. Essa lasci
Goudiolle, nel Cayor, il 5 febbraio 1819, e, prima d'entrare nel
Yoloff, travers un deserto, ove ebbe a soffrire crudelmente la
sete, perch, per trasportare molte mercanzie, si era trascurato
di prendere una provvista d'acqua sufficiente.
A Bulibaba, villaggio abitato da pastori fulah, la carovana
pot ristorarsi e riempire i suoi otri per la traversata d'un
secondo deserto.
Evitando Futa-Toro, i cui abitanti sono fanatici e ladri,
Partarieu penetr nel Bondu. Avrebbe voluto bens evitare
d'entrare a Bulinane, capitale del paese e residenza
dell'almamy; ma la resistenza degli abitanti, che si rifiutarono a
dare del grano e dell'acqua alla carovana, gli ordini precisi del
maggiore Gray, il quale credeva che l'almamy lasciasse passare
la carovana dopo averne riscosse le contribuzioni, lo
costrinsero a sostare in questa citt.
Il terribile almamy cominci col farsi rilasciare una
quantit considerevole di doni; ma rifiut agli Inglesi
l'autorizzazione di raggiungere Bakel sul Senegal. Essi
potevano, diceva egli, andare a Clego traversando i suoi stati e
quelli di Kaarta, o prendere il cammino di Futa-Toro. Di queste
due strade la prima non valeva pi della seconda, perch
bisognava attraversare dei paesi abitati da fanatici. L'intenzione
dell'almamy era dunque cos l'intendevano gli Inglesi di
farli derubare e massacrare, senza averne la responsabilit. La
spedizione risolse d'aprirsi un passaggio a forza. I preparativi
erano appena cominciati, ch'essa si trov circondata da una
moltitudine di soldati, che occupando i pozzi, la posero
nell'impossibilit materiale di passare all'esecuzione di questo
progetto. Nel medesimo tempo i tamburi di guerra risuonarono
da ogni parte. La lotta era impossibile. Bisogn venire ad un
aggiustamento, cio riconoscere la propria impotenza.
L'almamy dett le condizioni di pace, ottenne dagli Inglesi
nuovi regali, ed esigette ch'essi si ritirassero pel Futa-Toro.
Pi ancora oltraggioso affronto all'orgoglio britannico
gli Inglesi si videro scortati da una guardia incaricata
d'impedir loro di cambiar strada. Inoltre, quando cadde la notte,
in presenza degli stessi Fulah che volevano opporvisi,
gettarono al fuoco tutte le loro mercanzie delle quali questi
volevano impadronirsi. La traversata di Futa-Toro, in mezzo a
popolazioni ostili, fu ancora pi penosa. Sotto il pi facile
pretesto, scoppiavano delle discussioni e si era sempre sul
punto di venire alle mani. I viveri e l'acqua sopratutto non
erano dati che a prezzo d'oro.
Infine, una notte, il signor Partarieu, per ingannare la
vigilanza degli indigeni, dopo aver dichiarato ch'egli non
poteva portar via tutto in una volta quanto gli restava, fece
riempire di pietre i suoi bagagli; poi, lasciando rizzate le tende
e i fuochi accesi, fugg con tutti i suoi, dirigendosi verso il
Senegal. Ben presto, quella che doveva sembrare una ritirata,
divenne una vera fuga. Effetti, bagagli, animali, armi, tutto fu
abbandonato e seminato lungo la strada. Grazie a questo
sotterfugio ed alla rapidit della corsa, si pot raggiungere lo
stabilimento di Bakel, ove i Francesi raccolsero con
sollecitudine gli avanzi della spedizione.
In quanto a Cailli, colto da una febbre che assunse ben
presto un carattere allarmante, riguadagn San Luigi; ma non
riuscendo a ristabilirsi, dovette ritornare in Francia. Fu soltanto
nel 1824 che egli pot far ritorno al Senegal. Questa colonia era
allora governata dal barone Roger, uomo amico del progresso e
desideroso nello stesso tempo di estendere le nostre relazioni
commerciali e le nostre cognizioni geografiche. Il barone
Roger procur dunque a Cailli i mezzi per andare a vivere
presso i Brackna, a fine d'impararvi l'arabo e la pratica del
culto musulmano.
La vita, presso questi pastori mori, diffidenti e fanatici, fu
tutt'altro che comoda. Il viaggiatore, che incontrava molte
difficolt per tenere il suo giornale sempre al corrente, fu
obbligato a ricorrere a varie astuzie per ottenere la libert di
percorrere i dintorni della sua residenza. Egli rifer qualche
curiosa osservazione sul modo di vivere dei Brackna, sul loro
nutrimento che si compone quasi interamente di latte; sulle loro
abitazioni consistenti in tende, punto atte a resistere alle
intemperie del clima; sui loro cantori ambulanti o ghhu;
sui mezzi di condurre le loro donne ad un certo stadio di
pinguedine che loro sembrava l'ideale della bellezza; sulla
natura del paese, sulla fertilit e le produzioni del suolo.
Le pi curiose di tutte le informazioni raccolte da Cailli
sono quelle relative alle cinque classi distinte, nelle quali
diviso il paese dei Mori Brackna.
E cio, gli hassani o guerrieri d'una pigrizia, d'un
sudiciume e d'un orgoglio incredibile; i marabutti o
sacerdoti; gli zenagi tributari degli hassani; i laratini e gli
schiavi.
Gli zenagi formano una classe miserabile, disprezzata da
tutte le altre, ma sopratutto dagli hassani, ai quali pagano una
contribuzione che, quantunque determinata regolarmente, non
mai trovata abbastanza considerevole. Essi sono i veri
lavoratori che si danno all'industria, all'agricoltura o
all'allevamento del bestiame.
Malgrado tutti i miei sforzi, dice Cailli, io non ho potuto
scoprire alcun che sull'origine di questa razza, n sapere come
essa sia stata ridotta a pagare tributi ad altri mori. Quando io
facevo delle domande su questo oggetto mi si rispondeva che
cos era la volont di Dio. Sarebbero essi gli avanzi di trib
vinte, e come avviene che non ne conservino alcuna tradizione?
Io non lo posso credere, perch i mori, fieri della loro origine,
non obliano mai i nomi di coloro che hanno rese illustri le loro
famiglie, e gli zenagi, formando la maggior parte della
popolazione, ed essendo esercitati alla guerra, si solleverebbero
sotto la guida d'un discendente dei loro antichi capi e
scuoterebbero il giogo del servaggio.
I laratini sono i ragazzi nati da un moro e da una schiava
negra. Bench schiavi, non sono mai venduti; racchiusi in un
campo particolare, sono trattati presso a poco come gli zenagi.
Coloro che sono figli di un hassano, divengono guerrieri;
coloro che sono nati da un marabutto, vengono istruiti, e
abbracciano la professione del loro padre.
Quanto agli schiavi, sono tutti negri. Maltrattati, mal
nutriti e sferzati al menomo capriccio del loro padrone, non vi
sorta di vessazione che non si faccia loro soffrire.
Nel mese di maggio 1825, Cailli era di ritorno a San
Luigi. Il barone di Roger essendo assente, colui che lo
rimpiazzava non sembrava animato da intenzioni benevole. Il
viaggiatore dovette attendere, con la sola razione del soldato, il
ritorno del suo protettore, al quale rimise le note che aveva
raccolto presso i Brackna, ma si vide respinte tutte le sue
offerte di servizio. Gli si prometteva una certa somma al suo
ritorno da Timbuct! E come potrebbe egli partire, non avendo
nessuna risorsa personale?
Per nulla poteva scoraggiare l'intrepido Cailli, Non
trovando presso il governo coloniale n incoraggiamenti n
soccorsi, egli pass a Sierra Leone, il cui governatore, non
volendo strappare al maggiore Laing la gloria d'arrivare il
primo a Timbuct, rigett le sue proposte.
Grazie alle economie fatte nell'amministrazione d'una
fabbrica di indaco, Cailli possedette ben presto duemila
franchi, somma che gli parve sufficiente per andare in capo al
mondo. Egli si affrett dunque a procurarsi le mercanzie
necessarie e si associ ad alcuni mandingi e seracoleti,
mercanti viaggiatori che percorrono l'Africa.
Egli raccont loro, sotto suggello del segreto, che nato in
Egitto da parenti arabi, era stato condotto in Francia all'et pi
tenera, poi condotto al Senegal per sbrigare gli affari
commerciali del suo padrone, il quale, soddisfatto dei suoi
servizi, gli aveva reso la libert. Aggiunse che il suo pi vivo
desiderio era di riguadagnare l'Egitto e di riprendere la
religione musulmana.
Il 22 marzo 1827, lasciando Freetown per Kakondy,
villaggio sul Rio Nunez, Cailli profitt del suo soggiorno in
questa localit per raccogliere qualche notizia sui Landoma e i
Nalu, popoli sottomessi ai Fulah del Futa-Djallon, non
maomettani, e per ci dati molto allo spiritismo. Essi abitano i
dintorni di questo fiume, come i Bago, popolo idolatra della
foce di Rio Nunez. Giocondi, industriosi, abili coltivatori, i
Bago ricavano grande utile dai loro raccolti di riso e di sale.
Essi non hanno re, e non hanno altra religione che una barbara
idolatria; sono governati dai pi vecchi del loro villaggio, e non
se ne trovano male.
Il 19 aprile 1827, Cailli, con un solo portatore e una sola
guida, part finalmente per Timbuct. Non ebbe che a lodarsi
dei Fulah e dei Djallonki, dei quali attravers il paese ricco e
fertile; egli pass il Ba-Fing, principale affluente del Senegal,
vicinissimo alla sua sorgente, in un luogo che poteva avere un
centinaio di passi di larghezza e soltanto un piede e mezzo di
profondit, ma la violenza della corrente e le enormi rocce di
granito nero che ingombrano il suo letto, rendevano la sua
traversata difficile e pericolosa. Dopo una sosta di diciannove
giorni al villaggio di Combaya, ove abitava la guida che l'aveva
accompagnato fino allora, Cailli si rec nel Kankan, attraverso
un paese solcato da fiumi e da grossi ruscelli che cominciavano
allora a inondare tutta la regione.
Il 30 maggio, Cailli travers il Tankisso, grande fiume dal
letto inclinato, appartenente al bacino del Djoliba, fiume che il
viaggiatore raggiunse l'11 giugno, a Courussa.
Esso aveva di gi, dice Cailli, quantunque cos vicino
alla sua sorgente, una larghezza di novecento piedi e una
velocit di due miglia e mezzo.
Ma, prima d'entrare coll'esploratore francese nel paese di
Kankan, bene riassumere i suoi apprezzamenti sui Fulah del
Futa. Questi sono generalmente uomini alti e ben fatti, dalla
tinta bruno-chiara, capigliatura increspata, fronte alta, naso
aquilino, i cui tratti si avvicinano a quelli degli Europei.
Maomettani fanatici, essi odiano i cristiani. Non viaggiatori
come i Mandingi, essi amano il loro abituro, e sono o abili
coltivatori o destri commercianti. Bellicosi e patrioti, essi non
lasciano che i vecchi e le donne nei villaggi in tempo di guerra.
La citt di Kankan posta in mezzo ad una pianura,
circondata da alte montagne. Quivi s'incontrano a profusione il
bombace, il baobab e l'albero del burro chiamato anche c,
che il shea di Mungo-Park. Cailli si ferm in questa citt
ventotto giorni prima di poter trovare un'occasione per
raggiungere Sambatikila; egli vi fu odiosamente derubato dal
suo ospite e non pot ottenere dal capo della citt la
restituzione delle mercanzie che gli erano state sottratte.
Kankan, dice il viaggiatore, capoluogo d'un cantone dello
stesso nome, una piccola citt posta a due tiri di schioppo
dalla riva sinistra del Milo, ridente fiume che viene dal sud e
bagna il paese di Rissi, ove ha la sua sorgente; esso scorre al
nord-est e si perde nel Djoliba, a due o tre giorni da Kankan.
Circondata da una bella siepe, molto folta, questa citt, che non
contiene pi di seimila abitanti, posta in un bel piano di arena
grigia della pi grande fertilit. Si vedono in tutte le direzioni
de'graziosi piccoli villaggi che si chiamano anche Uronds; l
ch'essi mettono i loro schiavi. Le loro abitazioni abbelliscono la
campagna e sono circondate dalle pi belle coltivazioni; vi
crescono in abbondanza la dioscorea, il mais, il riso, la cipolla,
il pistacchio e il gombo.
Da Kankan a Uassulo, la via traversava delle terre assai
fertili, coperte di vegetazione in questa stagione e quasi tutte
inondate. Gli abitanti di questa provincia parvero a Cailli
d'un'estrema dolcezza; allegri e curiosi, essi gli fecero
un'eccellente accoglienza.
Parecchi affluenti del Djoliba e specialmente il Sarano,
furono passati, prima di fermarsi a Sigala, ove risiedeva il capo
Alassulo, chiamato Baramisa. Sudicio come i suoi sudditi, egli
usava come essi del tabacco in polvere e da fumare. Si crede
che questo capo abbia moltissimo oro e molti schiavi; i suoi
sudditi gli fanno spesso dei doni di bestiame; egli ha molte
donne, ciascuna delle quali possiede una casa particolare, ci
che forma un piccolo villaggio, i cui dintorni sono molto ben
coltivati. l che, per la prima volta, Cailli vide il rhamnus
lotus di cui parla Mungo-Park.
Uscendo da Uassulo, Cailli penetr nel Fulu, i cui
abitanti, come gli Uassulo, parlano mandingo, sono idolatri, o
piuttosto non hanno nessun culto e sono del pari sudici. A
Sambatikila il viaggiatore and a far visita all'almamy.
Noi entrammo, dice Cailli, in una stanza che serviva
insieme da camera da letto per lui, e di scuderia per il suo
cavallo. Il letto del principe era nel fondo; consisteva in un
piccolo strato alto sei pollici, sul quale era stesa una pelle di
bue, con una cortina sporca per preservarsi dagli insetti. Punti
mobili in questo alloggio reale. Vi si vedono due selle per i
cavalli; esse pendono dal muro, appese a piuoli; un grande
cappello di paglia, un tamburo che serve solo in tempo di
guerra, qualche lancia, un arco, un turcasso e alcune freccie
formano tutto l'arredo, assieme ad un lampada fatta con un
pezzo di ferro piatto, sostenuta da un altro pezzo del medesimo
metallo, piantata in terra, e nella quale arde del burro vegetale,
che non abbastanza consistente per poter fabbricare delle
candele.
Questo almamy prevenne ben presto il viaggiatore che si
presentava, un'occasione di andare a Tim, citt donde partiva
una carovana per Djenn. Cailli penetr allora nel paese dei
Bambara e arriv in poco tempo al piccolo e grazioso villaggio
di Tim, abitato da Mandingi maomettani, e dominato all'est da
una catena di monti che pu avere trecentocinquanta braccia
d'altezza.
Entrando in questo villaggio alla fine di luglio, Cailli noni
dubitava punto del lungo soggiorno che sarebbe stato forzato di
farvi. Egli aveva al piede una piaga che il cammino a traverso
le erbe bagnate aveva considerevolmente infiammata. Per
risolvette di lasciar partire la carovana da Djenn e di restare a
Tim fino a compiuta guarigione. Sarebbe stato troppo
pericoloso per lui, nella sua situazione, di attraversare il paese
dei Bambara, popolo idolatra che lo avrebbe derubato senza
dubbio.
Questi Bambara, dice il viaggiatore, hanno pochi schiavi,
sono quasi nudi e camminano sempre armati d'archi e di
freccie. Sono governati da una quantit di piccoli capi
indipendenti, che sovente fanno guerra fra di loro. Infine sono
esseri bruti e selvaggi, se si confrontano coi popoli sottomessi
alla religione del Profeta.
Fino al 10 novembre, Cailli, la cui piaga non era ancora
rimarginata, fu trattenuto a Tim. Tuttavia intravide in
quell'epoca il momento in cui avrebbe potuto mettersi in via
per Djenn.
Ma violenti dolori alla mascella, racconta il viaggiatore,
mi fecero comprendere che ero preso dallo scorbuto,
spaventosa malattia, che io provai in tutto il suo orrore. Il mio
palato fu interamente spelato, una parte degli ossi si staccarono
e caddero; pareva che i miei denti non si tenessero pi saldi nel
loro alveo; le mie sofferenze erano spaventevoli; temetti che il
mio cervello fosse pure attaccato, dalla forza dei dolori che io
risentivo nel cranio. Passai quindici giorni senza trovare un
istante di sonno.
Per complicare la situazione, la piaga di Cailli si riaperse
e non cedette, come lo scorbuto, che ai medicamenti energici
che vi applic una vecchia negra, abituata a curare questa
malattia, comune nel suo paese.
Infine, il 9 gennaio 1828, Cailli lasci Tim e raggiunse
Kimba, piccolo villaggio ove si era riunita la carovana che
doveva partire per Djenn. Vicino a questo villaggio s'inalza la
catena impropriamente chiamata Kong, poich questa parola
significa montagna presso tutti i Mandingi.
Il nome dei villaggi che il viaggiatore attravers, gli
incidenti sempre ripetuti lungo il cammino non offrono molto
interesse in questo paese dei Bambara, che passano presso i
Mandingi per un popolo di ladri, ma che tuttavia non lo sono
pi dei loro accusatori.
Le donne bambara hanno tutte un pezzo di legno
sottilissimo incrostato nel labbro inferiore, moda singolare, del
tutto analoga a quella che Cook osserv sulla costa occidentale
dell'America del Nord. Tanto vero che l'umanit, quale che
sia la latitudine nella quale essa vive, dappertutto la stessa.
Questi Bambara parlano mandingo, essi hanno tuttavia un
idioma particolare chiamato kissur, sul quale il viaggiatore
non pot riunire dei documenti completi e positivi.
Djenn era altre volte chiamato il paese dell'oro. Per
verit i dintorni non ne producono, ma i mercanti di Bur e i
Mandingi del paese di Kong ve ne portano frequentemente.
Djenn per due miglia e mezzo all'ingiro circondata da
un muro di terra di dieci piedi d'altezza. Le case, costrutte in
mattoni cotti al sole, sono ampie come quelle dei contadini
d'Europa. Sono tutte coperte da una terrazza e non hanno
finestre all'esterno. una citt rumorosa, animata, ove tutti i
giorni arriva qualche carovana di mercanti. E per vi si vedono
molti stranieri. Il numero degli abitanti pu calcolarsi ad otto o
diecimila. Molto industriosi, intelligenti, fanno lavorare i loro
schiavi per speculazione ed esercitano tutti i mestieri.
Tuttavia sono i mori che hanno accaparrato l'alto
commercio. Non vi giorno che essi non spediscano grandi
imbarcazioni piene di riso, di miglio, di cotone, di stoffe, di
miele, di burro vegetale e di altre derrate indigene.
Malgrado questo grande movimento commerciale, Djenn
si vide minacciata la sua prosperit. Il capo del paese, Sego
Ahmadu, animato da un fanatismo esagerato, faceva, a
quell'epoca, una guerra accanita ai Bambara di Sego, che
voleva schierare sotto lo stendardo del Profeta. Questa lotta
cagion grandi danni al traffico di Djenn, perch intercettava
le comunicazioni con Yamina, Sansanding, Bamakou, Bur e
per una immensa estensione di paese. Questa citt non era
dunque pi, al momento in cui Cailli la visit, il punto
centrale del commercio; e si furono Yamina, Sansanding e
Bamakou che ne divennero i principali depositi.
Le donne di Djenn avrebbero creduto mancare al loro
sesso se non avessero date prove di civetteria. Le pi eleganti si
fanno passare nel naso un anello od altri gingilli, e quelle che
sono meno ricche vi sospendono un pezzo di seta rossa.
Durante il lungo soggiorno che Cailli fece a Djenn, fu
colmato di cure e d'attenzioni dai mori, ai quali egli raccont la
favola relativa alla sua nascita ed al suo rapimento dall'esercito
egiziano.
Il 23 marzo il viaggiatore s'imbarc sul Niger per
Timbuct, in una grande imbarcazione sopra la quale lo
sceriffo, comprato col dono di un parapioggia, gli aveva
procurato il passaggio. Egli portava lettere di raccomandazione
per le persone eminenti di quella citt.
Cailli pass davanti al bel villaggio di Kera, a Taguetia, a
Sankha-Ghibila, a Dieb e a Isaca, presso cui il fiume riunito
da un gran braccio, che partito da Sego forma un immenso
gomito; egli vide Uandacora, Uanga, Corocoila, Cona, e
scorse, il 2 aprile, la foce del grande lago Debo.
Si vede la terra da tutte le parti del lago, dice Cailli,
eccetto all'ovest, ove si stende come un mare interno. Seguendo
la sua costa nord, che ha presso a poco la direzione O.N.O, per
una lunghezza di quindici miglia, si lascia a sinistra una lingua
di terra che si avanza nel sud per parecchie miglia; essa sembra
chiudere il passaggio del lago e forma una specie di stretto. Al
di l di quella barriera il lago si prolunga nell'ovest a perdita
d'occhio. La barriera test descritta, divide cos il lago di Debo
in due, l'uno superiore, l'altro inferiore. Quello per cui passano
le imbarcazioni ed in cui si trovano tre isole assai grande;
esso si prolunga un po' all'est ed circondato da un'infinit di
grandi paludi.
Poi, sfilarono davanti agli occhi del viaggiatore Gabibi,
villaggio di pescatori, Didhiover, Tongom, nel paese dei
Dirimani, contrada che si estende molto lungi nell'est, Co-Do-
Sa, porto assai commerciale, Barconga, Leleb, Garfolo,
Baracondi, Tircy, Talbocoila, Salocoila, Cora, Coratu, ove i
Tuareg esigono un pedaggio dai battelli che passano sul fiume,
e infine Cabra edificata sopra un'eminenza al riparo dalle
invasioni del Djoliba e che serve di porto a Timbuct.
Il 20 aprile, Cailli sbarc e si mise in cammino per questa
citt, nella quale entr al tramontare del sole.
Io vedevo dunque questa capitale del Sudan, esclama il
nostro viaggiatore, che da tanto tempo era lo scopo di tutti i
miei desideri! Entrando in questa citt misteriosa, oggetto delle
ricerche di tutte le nazioni civili d'Europa, io fui preso da un
sentimento inesprimibile di soddisfazione, Non avevo mai
provato una simile sensazione, e la mia gioia era estrema. Ma
bisogn comprimere gli slanci; fu a Dio che io confidai i miei
trasporti. Con quale ardore io lo ringraziai del felice successo
con cui egli aveva coronata la mia intrapresa! Quali grazie non
dovevo io rendergli per la grande protezione ch'egli mi aveva
accordata in mezzo a tanti ostacoli e perigli che sembravano
insormontabili! Rinvenuto dal mio entusiasmo, trovai che lo
spettacolo che avevo sotto gli occhi non rispondeva alla mia
aspettativa. M'ero formata tutt'altra idea della grandezza e della
ricchezza di questa citt; essa non offre, a primo aspetto, che
un ammasso di case in terra, mal costrutte; in tutte le direzioni
non si vedono che immensi piani di sabbia moventesi, d'un
bianco che tende al giallo, ed aridissimi. Il cielo all'orizzonte
d'un rosso pallido; tutto triste nella natura; il pi profondo
silenzio vi regna; non vi si sente il canto d'un solo uccello.
Eppure vi qualche cosa d'imponente nello spettacolo di una
grande citt ergentesi in mezzo alle sabbie, e si ammirano gli
sforzi che hanno dovuto fare i suoi fondatori. Per ci che
riguarda Timbuct, congetturai che anteriormente il fiume
doveva passare vicino alla citt; esso ora ne lontano otto
miglia al nord, e cinque miglia da Cabra, nella medesima
direzione.
N cos grande, n cos popolata come credeva di
ritrovarla, Timbuct manca assolutamente di vita. Non vi si
vedono entrare continuamente carovane come a Djenn. E
nemmeno c' quell'affluenza di stranieri che s'incontra in
quest'ultima citt, ed il mercato che si tiene alle ore tre sembra
deserto per l'eccessivo calore.
Timbuct abitata da negri Kissuri che sembrano assai
dolci e si dedicano al commercio. L'amministrazione non
esiste; non vi ha, propriamente parlando, alcun potere; ogni
citt, ogni villaggio ha il suo capo. Sono i costumi degli antichi
patriarchi. Molti mori, stabiliti in questa citt, si danno a
negoziare e vi fanno presto fortuna, perch ricevono delle
mercanzie in consegna d'Adrar, di Eafilet, di Tua, d'Adramas,
d'Algeria, di Tunisi e di Tripoli.
Tutto il sale delle miniere di Tudeyni viene portato a
Timbuct a dorso di camello. in lastre legate insieme da
cattive corde fatte con un'erba che cresce nei dintorni di
Tandaye.
Il recinto di Timbuct, che rappresenta la forma d'un
triangolo, pu avere tre miglia di circuito. Le case della citt
sono grandi, poco elevate, e costrutte di mattoni rotondi. Le vie
sono larghe e pulite. Infine, si contano sette moschee,
sormontate da una torre in mattoni, donde il muezzin chiama i
fedeli alla preghiera. Comprendendovi anche la popolazione
fluttuante, non si trovano in questa capitale del Sudan, che da
dieci a dodicimila abitanti.
Situata in mezzo ad una immensa pianura di sabbia bianca
mobile, Timbuct non ha altre risorse che l'esportazione del
sale, perch la terra non atta a nessuna sorta di coltivazione.
Ond' che, se i Tuaregi intercettassero completamente le
numerose imbarcazioni che vengono dal Djoliba inferiore, gli
abitanti si troverebbero nella pi spaventosa carestia.
La vicinanza di queste trib erranti, le loro esigenze
rinnovate di continuo, sono un ostacolo perpetuo al commercio.
Timbuct continuamente piena d gente che viene ad
estorcere ci che essi chiamano col nome di doni, ma che si
potrebbero, con pi giusta ragione, chiamare contribuzioni
forzate. Quando il capo dei Tuaregi arriva a Timbuct, una
pubblica calamit. Resta nella citt per due mesi, e vi nutrito
insieme al numeroso suo seguito, a spese degli abitanti, e non
se ne va che dopo aver ricevuto dei ricchi doni.
Il terrore ha esteso la dominazione di queste trib erranti
su tutti i popoli vicini, ch'essi saccheggiano e spogliano senza
misericordia.
Il costume dei Tuaregi non differisce che per l'acconciatura
del capo da quello degli Arabi. Giorno e notte essi portano una
benda di tela di cotone, che orba loro gli occhi, e che,
discendendo sul naso, li obbliga ad alzare la testa per vedere.
La stessa benda, dopo aver fatto una o due volte il giro della
testa, viene a nascondere la bocca e discende fino al disotto del
mento. Non si vede dunque loro che la punta del naso.
Perfetti cavalieri, montati su eccellenti cavalli o veloci
camelli, i Tuaregi vanno armati di una lancia, di uno scudo e di
un pugnale. Essi sono i corsari del deserto, e la quantit di
carovane che hanno saccheggiato o messo a contribuzione
incalcolabile.
Erano quattro giorni che Cailli trovavasi a Timbuct,
allorch seppe della partenza della carovana per Tafil.
Sapendo che non ne uscirebbero altre prima di tre mesi, e
temendo sempre di vedersi scoperto, il viaggiatore si un a
questa comitiva di mercanti, che conduceva seco non meno di
seicento camelli. Partito il 4 maggio 1828, dopo aver sofferto
atrocemente il caldo ed un vento d'est che sollevava le sabbie
del deserto, Cailli raggiunse, cinque giorni pi tardi, El-
Aruan, citt senza risorse per s stessa, che serve di deposito ai
sali di Tudeyni, esportati a Sansanding, sulle coste del Djoliba.
a El-Aruan che arrivano le carovane di Tafil, di
Mogador, del Diali, di Tua e di Tripoli, con carichi di
mercanzie europee che vengono a scambiare con avorio, oro,
schiavi, cera, miele e stoffe del Sudan.
Il 19 maggio 1828, la carovana lasciava El-Aruan per
raggiungere il Marocco, attraverso il Sahara.
Il calore opprimente, i tormenti della sete, le privazioni
d'ogni genere, le fatiche e una ferita che il viaggiatore si fece
cadendo dal camello, gli furono meno sensibili delle
vessazioni, delle derisioni, degli insulti continui ch'egli ebbe a
soffrire tanto dai mori che dagli schiavi. Questa gente sapeva
trovar sempre nuovi pretesti per beffarsi delle abitudini e della
imperizia di Cailli; giunsero perfino a batterlo e a gettargli
delle pietre, non appena volgesse il dorso.
I mori mi dicevano spesso con disprezzo racconta
Cailli: Tu vedi questo schiavo? Ebbene, io lo preferisco a te;
giudica come io ti stimi. Questa insolente derisione era
accompagnata da risa sgangherate.
Fu in queste miserabili condizioni che Cailli pass per i
pozzi di Trarzas, presso ai quali si trova del sale in quantit, poi
per Amul Gagim, Amul-Taf, El-Ekrei, ombreggiati da un bel
boschetto di datteri, di rosai e di giunchi, infine per Marabuty e
El-Harib, i cui abitanti sono di una sporcizia assolutamente
ributtante.
Il territorio di El-Harib compreso fra due catene di
piccoli monti, che lo separano dal Marocco, di cui tributario.
I suoi abitanti, divisi in diverse trib nomadi, fanno dell'
allevamento dei camelli la loro principale occupazione. Essi
sarebbero felici e ricchi se non pagassero grossi tributi ai
Berberi, che trovano ancora il mezzo di tartassarli di continuo.
Il 12 luglio la carovana lasci El-Harib e dopo undici
giorni penetr nel paese di Tafil, dalle palme maestose. A
Ghurland, Cailli fu abbastanza bene accolto dai mori, ma non
pot essere ricevuto nelle loro case, perch le donne, che non
devono vedere altri uomini che quelli della loro famiglia,
potrebbero essere esposte agli sguardi indiscreti d'uno
straniero.
Cailli visit il mercato, che si tiene tre volte alla
settimana, presso un piccolo villaggio chiamato Boheim, a tre
miglia da Ghurland, e fu stupito per la variet degli oggetti che
vi stavano raccolti; legumi, frutti indigeni, erba medica,
volatili, montoni, tutto vi era a profusione. Alcuni mercanti
d'acqua recanti otri pieni, giravano pel mercato, con un
campanello in mano per avvertire coloro che volevano bere,
giacch faceva un caldo soffocante. Le monete del Marocco e
della Spagna erano le sole ricevute.
Il distretto di Tafil conta un certo numero di grossi
villaggi e di piccole citt. Ghurland, 'L-Ekseba, Sosso, Boheim
e Ressant, che furono vedute dal viaggiatore, potevano
contenere, ciascuna, 1200 abitanti all'incirca, tutti proprietari e
mercanti.
Il suolo molto produttivo. Si coltiva molto il frumento, i
legumi, i datteri, i frutti d'Europa e il tabacco, Bellissimi
montoni, la cui lana, assai bianca, serve per fare delle belle
coperte, buoi, eccellenti cavalli, asini, e una quantit di muli;
tali sono le ricchezze naturali di Tafil.
Come a El-Drah, molti ebrei abitano gli stessi villaggi dei
maomettani; vi passano esistenza infelice, vanno quasi nudi e
sono continuamente insultati e molestati. Barattieri, calzolai,
fabbri, portatori, qualunque sia il mestiere ch'essi esercitano
apparentemente, tutti prestano denaro ai mori.
Il 2 agosto la carovana riprese il suo cammino, e, dopo
aver passato per Afii, Tanneyara, Marea, 'M-Dayara, Rahaba,
'L-Eyarac, T-maroe, Ain-Zeland, El-Guim, Guigo, Soforo,
Cailli arriv a Fez, ove non fece che un breve soggiorno, e
raggiunse Rabat, l'antica Sale. Spossato da questa lunga
marcia, non avendo per sostentarsi che qualche dattero,
obbligato a ricorrere alla carit dei musulmani, che il pi delle
volte lo rimandavano senza nulla donargli, non trovando in
questa citt, come agente consolare di Francia, che un ebreo di
nome Ismayl, il quale, per paura di compromettersi, rifiut
d'imbarcare Cailli sopra un brick portoghese che andava a
Gibilterra, il viaggiatore colse con sollecitudine un'occasione
inaspettata che si present per recarsi a Tangeri. Quivi fu ben
ricevuto dal viceconsole, signor Delaporte, che lo tratt come
figlio, scrisse subito al comandante della stazione francese di
Cadice, e lo fece imbarcare travestito da marinaio sopra un
corvetta venuta per cercarlo.
Fu nel mondo scientifico una notizia inaspettata, quella
dello sbarco a Tolone d'un giovane francese che ritornava da
Timbuct. Col solo appoggio del proprio coraggio, a forza di
pazienza, egli aveva condotto a buon fine una esplorazione per
la quale le Societ di Geografia di Londra e Parigi avevano
promesso forti ricompense. Solo, quasi senza risorse, senza
l'aiuto del Governo, indipendentemente da qualsiasi societ
scientifica, per la sola forza della sua volont, egli era riuscito a
rischiarare di nuova luce un'immensa parte dell'Africa!
Cailli non era certo il primo europeo che avesse veduto
Timbuct. L'anno prima, il maggiore inglese Laing aveva
potuto penetrare in quella citt misteriosa, ma aveva pagato
colla vita questa esplorazione dalle commoventi peripezie.
Cailli, invece, ritornava in Europa e riportava il curioso
giornale di viaggio che noi abbiamo or ora analizzato. Se la sua
professione di fede musulmana gli aveva impedito di fare delle
osservazioni astronomiche, se non aveva potuto liberamente
disegnare e prendere le sue note, nondimeno non era stato che a
prezzo di quest'apparente apostasia ch'egli aveva potuto
percorrere quei paesi fanatici, dove il nome cristiano era
esecrato.
Quante osservazioni curiose, quanti dettagli nuovi, precisi!
Quale immensa contribuzione alla conoscenza dei paesi
africani! Se, in due viaggi successivi, Clapperton era riuscito
ad attraversare l'Africa, da Tripoli a Benin, in un solo viaggio
Cailli aveva fatto la traversata dal Senegal al Marocco, ma a
prezzo di quali fatiche, di quali sofferenze, di quali miserie!
Timbuct era finalmente conosciuto, come pure questa nuova
strada delle carovane, attraverso il Sahara, per le oasi di Tafil
e d'El-Harib.
I soccorsi che la Societ di Geografia mand tosto al
viaggiatore, il premio di diecimila lire ch'essa gli destin, la
croce della legion d'onore di cui egli fu insignito, l'accoglienza
premurosa delle societ scientifiche, la notoriet e la gloria che
si congiunsero al nome di Cailli, tutto ci fu sufficiente per
ricompensare le torture fisiche e morali del viaggiatore?
Dobbiamo crederlo. Lui stesso, in molti punti della sua
narrazione, proclama che il desiderio d'aumentare colle sue
scoperte la fama della Francia, sua patria, pot solo, in molte
circostanze, aiutarlo a sopportare gli affronti dai quali era stato
roso, le sofferenze che lo assalirono continuamente. Onore
dunque al paziente viaggiatore, al patriota sincero, al grande
scopritore!
Ci rimane a parlare della spedizione nella quale
Alessandro Gordon-Laig doveva trovare la morte. Ma prima
d'incominciare il racconto di questo viaggia drammatico,
forzatamente succinto, perch ci manca il giornale del
viaggiatore, conviene dare alcune spiegazioni e sopra l'ufficiale
che ne fu la vittima, e sopra un'escursione assai curiosa nel
Timanni, il Kuranko e il Sulimana, escursione durante la quale
Laing scopr le sorgenti del Djoliba.
Nato a Edimburgo nel 1794, Laing era entrato nell'esercito
inglese all'et di sedici anni e non aveva tardato a distinguer
visi. Nel 1820 egli si trovava a Sierra-Leone come
luogotenente, facendo le veci di aiutante di campo presso sir
Charles Maccarthy, governatore generale dell'Africa
occidentale. A quell'epoca infieriva la guerra fra Amara,
l'almamy dei Mandingi e uno dei suoi principali capi, chiamato
dannassi. Il commercio di Sierra-Leone non era gi molto
florido. Questo stato di cose gli aveva portato un colpo fatale.
Maccarthy, desideroso di porvi rimedio, risolvette d'intervenire
e di tentare una riconciliazione fra i due capi. Giudic dunque
opportuno di mandare un'ambasciata a Kanbia, sopra le rive
dello Scarcies, e di l a Malacury e al campo dei Mandingi. Il
carattere intraprendente di Gordon-Laig, la sua abilit, il suo
coraggio a tutta prova lo designavano alla scelta del
governatore, che gli rimise, il 7 gennaio 1822, delle istruzioni,
colle quali gli raccomandava d'informarsi dello stato d'industria
del paese, della sua topografia, e d'indagare il modo di pensare
degli abitanti sopra l'abolizione della schiavit.
Un primo abboccamento con Yareddi, generale delle
truppe sulimane che accompagnavano l'almamy, prov che i
negri di queste contrade non avevano ancora che cognizioni
molto vaghe sulla civilizzazione europea e che le loro relazioni
coi bianchi non erano state frequenti.
Ogni parte del nostro vestito, dice il viaggiatore, era per
lui soggetto di stupore. Vedendomi togliere i guanti, rest
stupefatto; si copr colle mani la bocca aperta dalla sorpresa, e
fin per esclamare: Allah Akbar! (Dio misericordioso), egli si
tolta la pelle delle mani! Essendosi a poco a poco
famigliarizzato col nostro aspetto, accarezzava
alternativamente i capelli del signor Mackie, un chirurgo che
accompagnava Laing e i miei, poi, scoppiando in risa, disse:
No, questi non sono uomini! Anzi domand a pi riprese al
mio interprete se noi avevamo delle ossa.
Queste escursioni preliminari, durante le quali Laing aveva
constatato che molti Sulima possedevano oro e avorio in
quantit, lo determinarono a proporre al governatore
d'intraprendere l'esplorazione dei paesi situati all'est della
colonia, paese le cui produzioni e le cui risorse, meglio
conosciute, potrebbero alimentare il commercio di Sierra-
Leone.
Maocarthy approv le idee di Laing e le sottomise a
consiglio. Fu deciso che Laing sarebbe autorizzato a penetrare
nel paese dei Sulima, prendendo la via che gli sembrerebbe la
pi comoda per le future comunicazioni.
Partito da Sierra-Leone il 16 aprile, Laing s'imbarc sulla
Rockelle e arriv ben presto a Rokon, citt principale del
Timanni. Il suo abboccamento col capo di questa citt fu
singolarmente dilettevole. Per fargli onore, Laing, che l'aveva
veduto entrare nella corte in cui doveva aver luogo il
ricevimento, fece sparare una salva di dieci colpi di fucile. Al
rumore di questa scarica il re si arrest, retrocesse e alz i
tacchi, dopo aver lanciato al viaggiatore un'occhiata furibonda.
Si dur molta fatica a far ritornare questo sovrano pusillanime.
Infine egli entr, e sedendosi sul suo scanno d'etichetta con
solennit, interrog il maggiore:
Perch avete tirato dei colpi di fucile?
Per farvi onore; sempre al rumore delle artiglierie che
sono accolti i sovrani europei.
Perch questi fucili erano volti verso terra?
Affinch non aveste nulla a sospettare sulle nostre
intenzioni.
Del terriccio mi passato sul viso. Perch non avete
sparato in aria?
Per non appiccare fuoco ai tetti di paglia delle vostre
case.
Alla buon'ora. Dammi del rhum.
Inutile aggiungere che il dialogo, dacch il maggiore ebbe
corrisposto ai desideri del re, divenne arcicordiale.
Il ritratto di questo sovrano di una parte del Timanni
merita, per pi titoli, di figurare nella nostra galleria, ed il
caso di ricordare l'antico detto: Ab uno disce omnes.
Ba-Simera era in et di novant'anni: aveva la pelle
chiazzata e tutta grinzosa, dimodoch essa rassomigliava pi a
quella di un alligatore che a quella d'un uomo; occhi d'un verde
cupo e molto infossati; una barba bianca, intrecciata, che
discendeva due piedi al disotto del mento. Come il re della riva
opposta, portava una collana di grani di corallo e di denti di
leopardo; portava un mantello bruno e sporco come la sua
pelle; le gambe gonfie, come quelle di un elefante, erano a
mala pena coperte da un pantalone di tela di cotone che in
origine era forse bianca, ma essendo stata portata da molti anni,
aveva preso un colore verdastro. Come distintivo della sua
dignit, questo capo teneva in mano un bastone, al quale erano
sospesi dei sonagli di diverse grandezze.
Come i suoi predecessori in Africa, l'esploratore dovette
lungamente discutere i diritti di passaggio e il salario dei
portatori; ma merc la sua fermezza, Gordon Laing seppe
sottrarsi alle esigenze dei re negri. Toma, ove nessuno aveva
mai veduto un uomo bianco, Balandeco, Roketchnick, di cui il
viaggiatore determina la posizione a 12 11' di longitudine
all'ovest di Greenwich ed a 8 30' di latitudine nord, Mabung,
al di l d'un fiume molto largo che scorre al nord della
Roekelle, Ma-Yosso, citt principale della frontiera dei
Timanni, formano le diverse tappe della strada seguita dal
maggiore Laing.
Il viaggiatore aveva osservato in questo paese
un'istituzione singolare, una specie di frammassoneria, portante
il nome di pourrah di cui Cailli aveva gi constatata
l'esistenza sulle sponde del Rio Nunez.
La sua potenza, dice Laing, si estende su quella dei capi
dei diversi territori. Tutto ci ch'essa fa involto nelle tenebre
e coperto del mistero il pi profondo. Giammai i suoi atti
danno motivo alla minima inchiesta da parte dell'autorit, e
neppure la stessa loro giustizia messa in questione. Ho
provato inutilmente a risalire all'origine e alle cause della
formazione di questa straordinaria associazione; ho motivi per
credere che oggi sono sconosciute dalla generalit dei
Timanniani e che forse lo sono dagli stessi membri del
pourrah, in un paese ove non esiste nessun monumento
tradizionale, sia negli scritti che nei canti
Il Timanni, secondo le notizie che Laing ha potuto
procurarsi, sarebbe! diviso in quattro territori, i di cui capi s.
arrogano il titolo di re. Il terreno abbastanza fertile, e
produrrebbe in abbondanza del riso, della dioscorrea, della
cassava, delle arachidee e dei banani, se non fosse il carattere
pigro indolente, dissoluto, spilorcio degli abitanti, che si danno
con una spiacevole emulazione all'ubriachezza.
Io credo, dice Laing, che una certa quantit di zappe, di
falci, di rastrelli, di pale e d'altri utensili comuni, sarebbero ben
ricevuti da questo popolo se si avesse la cura d'insegnargliene
l'uso. Queste cose gli converrebbero meglio nel suo interesse e
nel nostro, che non i fucili, i cappelli rabberciati e gli abiti da
ciarlatani che si ha l'abitudine di fornirgli.
Malgrado questo voto filantropico del viaggiatore, le cose
non hanno cambiato da quell'epoca. Si incontra sempre nei
negri la stessa passione per i liquori forti, e si vedono ancora i
loro piccoli re camuffati con cappelli che imitano il soffietto
d'una fisarmonica, indossare, senza camicia, un abito di color
turchino con bottoni di rame. Dobbiamo per dire, in omaggio
alla verit, che questi sono i loro costumi di cerimonia.
Il sentimento materno non sembr al viaggiatore essere
molto sviluppato nelle donne timanniane, perch, ben due
volte, talune di esse gli proposero di comperare i loro fanciulli
e lo colmarono di ingiurie, perch non volle acconsentirvi.
Alcuni giorni dopo, un grande tumulto si alz contro Laing,
uno di quei bianchi che, impedendo la tratta degli schiavi,
avevano sensibilmente nuociuto alla prosperit del paese.
La prima citt che si trova entrando nel Kuranko, Ma-
Bum. Ne piace notare, di passaggio, i sentimenti che la vista
dell'attivit degli abitanti inspir al maggiore Laing.
Entrai nella citt, egli racconta, al tramontar del sole, e
provai dapprima un'impressione assai favorevole per gli
abitanti. Essi ritornavano dai loro lavori, si riconosceva che
tutti erano stati occupati durante la giornata. Gli uni avevano
preparato i campi per la messe che le pioggie molto prossime
dovevano favorire; altri chiudevano nel loro recinto il
bestiame, i cui fianchi lisci e rotondi ed il cui aspetto
annunciavano ch'era stato nutrito in grasse pasture. L'ultimo
colpo di martello del fabbro-ferraio rimbombava alle orecchie;
il tessitore misurava la quantit di tela ch'egli aveva fabbricato
dalla mattina; il conciatore rinchiudeva in un sacco i suoi
astucci pei coltelli, le sue borse ed altri oggetti artisticamente
lavorati e colorati. Il muezzin, appollaiato all'entrata della
moschea, ripeteva con voce grave e ad intervalli misurati il
grido di Allah Akbar, per chiamare i devoti musulmani alla
preghiera della sera.
Questo quadro, riprodotto da un Marihlat o da un Enrico
Regnault, in un paesaggio ove la sfavillante luce del sole
incomincia a fendersi in tinte verdi e rosa, non potrebbe portare
il titolo tanto spesso adoperato per dipingere simili episodi nei
nostri climi nebbiosi: il ritorno dai campi?
Questa scena, continua il viaggiatore, per la natura sua e
per il sentimento che inspirava, formava un contrasto piacevole
col rumore, con la confusione che regnano insieme in una citt
timanniana; ma non bisogna fidarsi delle apparenze, ed
aggiungo con molto rincrescimento che la condotta dei
Kurankoniani non contribu affatto a giustificare la buona
opinione che di essi m'ero fatta dapprima.
Il viaggiatore pass successivamente a Kufula, dove
ricevette una benevola accoglienza, attravers un paese
dall'aspetto piacevolmente vario, del quale i monti Kuranko
formavano il fondo, si ferm a Simera, dove il capo incaric il
suo guiriot di festeggiare col suo canto la venuta dello
straniero; ma le case mal costruite e mal coperte lasciavano
filtrare la pioggia, cos che, dopo un temporale, siccome il
fumo non poteva sfuggire che per gl'interstizi del tetto, Laing
rassomigliava pi, secondo le sue parole, ad uno spazzacamino
mal strigliato, che allo straniero bianco del re di Simera.
Laing visit, poscia la sorgente del Tongolell, affluente
della Rockelle, e lasci il Kuranko per entrare nel Sulimana.
Il Kuranko, di cui il viaggiatore non aveva visitato che il
confine, e d'un'estensione considerevole, e si divide in un gran
numero di piccoli stati.
Gli abitanti rassomigliano ai Mandingi per la lingua ed i
costumi, ma non sono n cos ben fatti n cos intelligenti.
Essi non professano l'islamismo, ed hanno una fiducia
illimitata nei loro grigris.
Abbastanza industriosi, sanno cucire e tessere. Il principale
oggetto del loro commercio il legno di rosa o cam ch'essi
esportano verso la costa. Le produzioni del paese sono presso a
poco quelle dei Timanni.
Komia, a 9 22' di latitudine nord, la prima citt del
Sulimana. Laing vide in seguito Semba, citt ricca) e popolosa,
dove fu ricevuto da una banda di musicanti che raccolsero colle
loro fanfare le pi assordanti, se non le pi armoniose, e giunse
infine a Falaba, capitale del paese.
Testimonianze di stima affatto particolari gli furono rese
dal re.
Questi aveva riunito numerosi corpi di truppe, che pass in
rivista e alle quali fece eseguire diverse manovre di peculiare e
fantastico carattere, mentre il chiasso dei tamburi, i suoni del
violino e d'altri strumenti particolari al paese, straziavano le
orecchie del viaggiatore. Poi, numerosi gurioti si
succedettero per cantare le lodi del re, l'arrivo del maggiore, le
felici conseguenze che dal suo arrivo avverrebbero per la
prosperit del paese e lo sviluppo del commercio.
Laing approfitt di cos buone disposizioni per domandare
al re il permesso di visitare le sorgenti del Niger. Questi gli
fece a pi riprese delle osservazioni sul pericolo di quella
spedizione; ma dietro le istanze del viaggiatore e considerando
che il loro cuore sospirava dietro l'acqua gli accord alla fine
il permesso sollecitato con tanta insistenza.
Laing non era a due ore da Falaba, che l'autorizzazione era
revocata e doveva rinunciare ad una gita ch'egli considerava a
buon diritto come assai importante.
Egli ottenne, qualche giorno dopo, il permesso di visitare
la sorgente della Roekelle, o Sale Congo, fiume del quale,
prima di lui, non si conosceva quasi il corso al di l di Rokon.
Dall'alto di una roccia, Laing scorse il monte di Lorna, il
pi alto di tutta la catena di cui esso fa parte.
Mi si mostr, dice egli, il punto donde esce il Niger; esso
mi sembr all'istessa altezza del luogo ove io mi trovavo, ossia,
presso a poco, a milleseicento piedi al disopra del livello del
mare, perch la sorgente della Rockelle, che io avevo misurato,
a 1400 piedi. Avendo esattamente determinato la posizione di
Konkodongori e l'altezza sulla quale io mi trovavo, la prima
per osservazione, la seconda per approssimazione, mi fu facile
di fissare la posizione di Lorna. Non posso ingannarmi di
molto dando alla sorgente del Niger 9 25' di latitudine nord e
9 45' di longitudine occidentale.
Il maggiore Laing aveva passato tre mesi nel Sulimana e vi
aveva fatto delle numerose escursioni. una regione assai
pittoresca, interrotta da colline, da ampie vallate e da fertili
praterie, circondate da boschi, ornati di grossi alberi frondosi.
Il terreno fertile, e richiede poco lavoro per prepararlo; i
raccolti sono abbondanti, e il riso vi cresce benissimo. I buoi, i
montoni, le capre, un uccellame di piccola specie, qualche
cavallo, sono gli animali domestici dei Sulima. Le bestie,
selvaggie abbastanza numerose, sono l'elefante, il bufalo, una
specie d'antilope, delle scimmie e dei leopardi.
Falaba, il cui nome deriva da Fala-Ba, fiume sul quale esso
posto, pu avere un miglio e mezzo di lunghezza per un
miglio di larghezza. Le case vi sono molto raggruppate in
confronto alle altre citt dell'Africa e possiede una popolazione
di seimila abitanti.
Come piazza forte, la posizione di questa citt molto ben
scelta. Posta sopra un'eminenza, in mezzo ad un piano inondato
durante la stagione delle piogge, essa circondata da una
palizzata in legno durissimo, capace di resistere a tutte le
macchine da guerra meno potenti dell'artiglieria.
Singolare osservazione: in questo paese gli uomini e le
donne sembrano aver fatto lo scambio delle occupazioni.
Queste hanno la parte di tutti i lavori della coltura ad eccezione
della semina e della messe; esse costruiscono le case e fanno
l'ufficio di muratore, di barbiere e di chirurgo; gli uomini si
occupano della latteria, mungono le vacche, cuciono e lavano
la biancheria.
Il 17 settembre, Laing riprese il cammino di Sierra-Leone,
carico dei presenti del re, e dopo essere stato accompagnato per
pi miglia da una folla considerevole, raggiunse la colonia
inglese senza accidenti.
Riassumendo, questa corsa di Laing, a traverso il Timanni,
il Ku-ranko e il Sulimana, non era senza importanza. Per esso
furono rivelati dei paesi nei quali nessun europeo era ancora
penetrato. Esso ci inizi ai costumi, all'industria, al commercio
degli abitanti, come alle produzioni della contrada. Inoltre si
conobbero il corso e la sorgente del Djoliba. Se il viaggiatore
non l'aveva potuto vedere coi propri occhi, egli aveva per
potuto avvicinarvisi abbastanza per fissarne la posizione in un
modo approssimativo.
I risultati che Laing aveva ottenuti in questo viaggio non
fecero che esaltare la sua passione per le scoperte. Epper
risolvette di tutto tentare per giungere fino a Timbuct.
Il 17 giugno 1825, il viaggiatore s'imbarc a Malta per
Tripoli e lasci questa citt con una carovana, della quale
faceva parte Hatita, principe targhi o tuareg, amico del capitano
Lyon, che doveva accompagnarlo fino a Tuat. Dopo essere
stato due mesi interi a Ghadam, Laing abbandon questa oasi
al mese di ottobre e raggiunse Incalah, la cui posizione egli
segn ben pi all'occidente che non si supponesse. Dopo un
soggiorno in questa oasi, che dur dal mese di novembre 1825
fino al gennaio 1826, il maggiore raggiunse l'Uadi Tuat,
proponendosi d'andare inseguito a Timbuct, di fare il giro del
lago Djenn o Dibbie, di visitare il paese di Melli e di seguire il
corso del Djoliba fino alla sua foce. Sarebbe poscia ritornato
sui suoi passi fino a Sockatu, avrebbe visitato il lago Tchad e
avrebbe procurato di raggiungere il Nilo. Era, come si vede, un
progetto grandioso, ma terribilmente arrischiato.
All'uscire da Tuat, la carovana, di cui Laing faceva parte,
fu assalita da Tuaregi, dicono gli uni, da Beraichi, trib vicina
del Djoliba, al dire di altri.
Laing, riconosciuto per un cristiano, racconta Cailli,
che raccolse queste notizie a Timbuct, fu orribilmente
maltrattato; non si cess di batterlo con un bastone finch non
fu creduto morto. Io credo che un altro cristiano che, mi si
disse, era perito sotto i colpi, fosse qualche domestico del
maggiore. I mori della carovana di Laing lo raccolsero e
riuscirono a forza di cure a richiamarlo alla vita. Quando ebbe
ripresi i sensi, lo si colloc sul suo camello, ove bisogn
legarlo, tanto era debole e incapace di sostenersi. Gli scellerati
non gli avevan lasciato nulla; la maggior parte delle sue
mercanzie era stata saccheggiata.
Arrivato a Timbuct il 18 agosto 1826, Laing guar delle
sue ferite. La convalescenza fu lenta, ma almeno non fu
tormentato dalle vessazioni degli abitanti, merc le lettere di
raccomandazione ch'egli aveva portato da Tripoli, e merc le
affettuose cure del suo ospite che era tripolitano.
Laing, da ci che un vecchio riport a Cailli, il che
sembra ben straordinario non aveva lasciato il suo costume
europeo, e si diceva inviato dal re d'Inghilterra, suo signore, per
visitare Timbuct, e descrivere le meraviglie che questa citt
racchiude.
Parrebbe, aggiunge il viaggiatore francese, che Laing ne
avesse tracciato il piano davanti a tutti, perch questo stesso
moro mi racconta, nel linguaggio ingenuo ed espressivo, ch'egli
aveva scritto la citt e tutto ci ch'essa conteneva.
Dacch ebbe visitato Timbuct minutamente, Laing, che
aveva delle ragioni particolari per diffidare dei Tuaregi, and di
notte a visitare Cabra, e contemplare il Djoliba. Il maggiore,
invece di ritornare in Europa per il Gran Deserto, desiderava
vivamente di passare per Djenn e lego, onde raggiungere gli
stabilimenti francesi del Senegal; ma, appena ebbe detto
qualche parola in proposito ai Foulah, accorsi per vederlo, essi
dichiararono che non avrebbero tollerato che un nazzareno
mettesse piede sul loro territorio, e che d'altronde, se l'osasse,
essi saprebbero farlo pentire.
Laing dovette dunque seguire la via d'El-Aruan, ove egli
sperava congiungersi ad una carovana di mercanti mori che
portavano del sale a Sansanding. Ma non aveva lasciato
Timbuct da cinque giorni, che la carovana, di cui egli faceva
parte, fu raggiunta da un fanatico, lo sceicco Hamed-uld-
Habib, capo della trib dei Zauat. Laing fu tosto arrestato sotto
pretesto ch'egli era entrato senza permesso nel territorio della
trib. Sollecitato ad abbracciare l'islamismo, il maggiore
resistette e dichiar preferire la morte all'apostasia. Tosto lo
sceicco e i suoi sicari discussero il genere di supplizio che
dovevano infliggere alla loro vittima, la qual fu tosto
strangolata da due schiavi, ed il corpo abbandonato nel deserto.
Tali sono le notizie che Cailli pot raccogliere sui luoghi
ch'egli visitava un anno solo dopo la morte del maggior Laing,
Noi le abbiamo completate con alcuni dettagli tolti dal
Bollettino della Societ di Geografia, perch insieme al
viaggiatore scomparvero per sempre il suo giornale di viaggi e
le osservazioni ch'egli aveva potuto raccogliere. Si raccontato
precedentemente come il maggior Laing aveva potuto
determinare, approssimativamente, la sorgente del Djoliba. Noi
abbiamo descritto inoltre i tentativi fatti da Mungo-Park e
Clapperton per l'esplorazione del corso medio di questo fiume.
Ci restano a narrare i viaggi che ebbero per iscopo la
ricognizione della sua foce e del suo corso inferiore. La prima,
in linea cronologica e la pi concludente, quella di Riccardo
Lander, l'antico domestico di Clapperton.
Riccardo Lander e suo fratello Giovanni avevano proposto
al governo inglese di andare in Africa, per esplorare il corso del
Niger sino alla sua foce. La loro offerta fu tosto accettata, ed
essi s'imbarcarono sopra un bastimento dello Stato per
Badagry, ove arrivarono il 19 marzo 1830.
Il sovrano del paese, Adouly, del quale Riccardo Lander
aveva conservato i migliori ricordi, era triste. La sua citt era
stata bruciata; i suoi generali ed i suoi migliori soldati erano
periti in un combattimento contro i Lagos; egli stesso non era
sfuggito che a fatica all'incendio che aveva divorato la sua casa
e le sue ricchezze.
Gli abbisogn ricostituire il suo tesoro, e risolse di farlo a
spese dei viaggiatori. Questi non ottennero il permesso di
penetrare nell'interno del paese, che dopo essere stati spogliati
delle loro pi preziose mercanzie. Essi dovettero anche
sottoscrivere un contratto per la compera di un battello a
cannoni con cento uomini, per due botticelle di rhum, per venti
barili di polvere, infine per una quantit di mercanzie ch'essi
ben sapevano non dover essere giammai consegnate a questo
sovrano tanto insaziabile quanto ubriacone.
Del resto se il capo fece prova di egoismo e di avidit;
s'egli non mostr alcun sentimento generoso, i suoi sudditi non
esitarono a mettersi all'unisono e, considerando gli Inglesi
come una preda, cercarono tutte le occasioni per spogliarli.
Finalmente il 31 marzo, Riccardo e Giovanni Lander
poterono lasciare Badagry. Essi passarono per Wow, citt
considerevole, Bidjie, ove Pearce e Morrison erano caduti
ammalati nella precedente spedizione, J enna, Ghow, Egga,
tutte citt che aveva visitate Clapperton, Eugua, ove mor
Pearce, Asinara, la prima citt cinta da muraglie, che essi
abbiano incontrato, Bohu, l'antica capitale dell'Yarriba, J aguta,
Leoguadda, Itcho, il cui mercato rinomato, e arrivarono, il 12
maggio, a Katunga, preceduti da una scorta che il re aveva
mandato innanzi a loro.
Secondo l'usanza, i due viaggiatori sostarono ai piedi d'un
albero, prima d'essere ricevuti dal re. Ma, stanchi d'attendere, si
recarono alla residenza d'Ebo, capo degli eunuchi, e il
personaggio pi influente dopo il sovrano, Mausolah, che li
ricevette poco dopo, al rumore diabolico dei cembali, delle
trombe e della grancassa, l'accolse s bene, che egli ordin ad
Ebo di far decapitare chicchessia si fosse permesso di
importunare i viaggiatori.
Tuttavia, temendo che Mausolah non si trattenesse sino
alla stagione delle piogge, Giovanni e Riccardo Lander, dietro
il consiglio di Ebo, non parlarono al re dei loro desideri di
raggiungere il Niger. Si accontentarono di dire che uno dei loro
compatrioti essendo morto a Boussa da una ventina d'anni, il re
d'Inghilterra li aveva inviati verso il sultano di Yaurie, alla
ricerca delle sue carte.
Bench Mausolah non avesse trattato i fratelli Lander cos
gentilmente come aveva fatto con Clapperton, tuttavia li lasci
partire otto giorni dopo il loro arrivo.
Dei numerosi dettagli che d la relazione originale sopra la
citt di Katunga e sull'Yarriba, non riterremo che il seguente:
Rapporto alla ricchezza e al numero della popolazione,
Katunga non ha in nessun modo risposto all'idea che ce ne
eravamo fatta, Il vasto piano, in mezzo al quale situata questa
citt, quantunque assai bello, inferiore per vigore di
vegetazione, di fertilit, per bell'aspetto al delizioso paese di
Bohu ch' assai meno rinomato. Il mercato abbastanza ben
provvisto, ma tutto vi eccessivamente caro. Le basse classi
sono ridotte a privarsi quasi interamente del nutrimento
animale, o a contentarsi della carne disgustosa degl'insetti, dei
rettili e dei vermi.
L'incuria di Mausolah, l'imbecille pusillanimit dei suoi
sudditi, aveva permesso ai Fellani o Filatah di stabilirsi
nell'Yarriba, di trincerarsi nelle citt forti e di far riconoscere la
loro indipendenza fino al giorno in cui si troverebbero
abbastanza forti per stabilire una dominazione assoluta su tutto
l'intiero paese.
I fratelli Lander passarono in seguito per Atupa, Bumbum,
luogo molto frequentato dai mercanti di Haussa, di Borgu e
d'ait paesi che trafficano con Gongia per Kishi, sulle frontiere
di Yarriba, e, per Mussa, sul fiume dello stesso nome. Al di l
di questa citt, essi furono raggiunti da una scorta che il sultano
di Borgu invi al loro incontro.
Il sultano Yarro ricevette i viaggiatori con testimonianze di
soddisfazione e di benevolenza; sembr mostrare particolare
piacere di rivedere Riccardo Lander.
Bench questo sovrano fosse, maomettano, egli aveva pi
fede nelle pratiche superstiziose dei suoi padri, che nella sua
nuova credenza; dei fetichi erano sospesi alla sua porta, e in
una delle sue capanne si vedeva una sgabello quadrato, di cui i
due lati principali erano sostenuti da quattro piccole figure
d'uomini, scolpite in legno.
Quanto al popolo di Borgu, la sua natura, le sue abitudini, i
suoi costumi differiscono essenzialmente da quelli degli
Yarribani.
Questi ultimi, dice la relazione, sono sempre occupati a
trafficare da una citt all'altra; i primi non lasciano mai le loro
dimore che in caso di guerra o per qualche spedizione di
saccheggio. Gli uni, pusillanimi e poltroni, gli altri arditi,
coraggiosi, intraprendenti, pieni di energia, non sembrano mai
cos a loro agio che in mezzo ad esercizi guerreschi. Gli
Yarribani, generalmente dolci, tranquilli, umili, onesti, ma
freddi ed apati; i Borguni, altieri, orgogliosi, troppo vani per
essere civili, troppo astuti per essere probi, tuttoch
comprendano la passione dell'amore, le affezioni sociali, caldi
nei loro affetti e vivi nei loro odi.
Il 17 giugno, i nostri viaggiatori scorsero finalmente la
citt di Bussa. La loro sorpresa fu grande nel vedere che questa
citt era situata in terra ferma, e non sopra un'isola del Niger,
come dice Clapperton. Entrati in Bussa per la porta dell'ovest,
essi furono quasi subito introdotti dal re e dalla midiki, o
regina, che loro dissero, aver versate, tutti e due, la mattina
stessa, delle lagrime abbondanti sulla sorte di Clapperton.
La prima visita dei fratelli Lander fu per il Niger, o
Quorra, che scorre ai piedi della citt.
L'aspetto di questo celebre fiume, racconta il viaggiatore,
ci ha grandemente disillusi. Delle rocce nere ed aspre si
innalzavano al centro, dando luogo, alla superficie, a forti
ribollimenti e a correnti che si incrociano. Ci si disse che al
disotto di Bussa il fiume era diviso in tre rami da due piccole e
fertili isole, e che al di l esso scorre unito e senza interruzione
sino a Funda. Qui il Niger, nella sua parte pi vasta, non ha che
un trar di sasso di lunghezza. La roccia sulla quale eravamo
assisi, domina il luogo ove perirono Park e i suoi compagni.
Dapprima fu con una certa circospezione che Riccardo Lander
prese delle informazioni sui libri e sulle carte che rimanessero
del viaggio di Mungo-Park. Tuttavia, incoraggiato dalla
benevolenza del sovrano, si decise a fargli delle interrogazioni
sulla triste fine dell'esploratore. Ma il sultano era troppo
giovane a quell'epoca per sapere ci che era avvenuto, perch
quella catastrofe si era compiuta sotto il penultimo re; tutt'al
pi egli avrebbe fatto ricercare quanto ancor rimanesse delle
spoglie dell'illustre viaggiatore.
Dopo mezzogiorno, dice Riccardo Lander, il re venuto
a vederci, seguito da un uomo che portava sotto il braccio un
libro, trovato galleggiante sul Niger, dopo il naufragio del
nostro compatriota. Era involto in un pezzo di stoffa di cotone,
e i nostri cuori battevano, pieni di speranza, mentre l'uomo lo
svolgeva lentamente, perch, dal suo formato, avevamo creduto
che doveva essere il giornale di M. Park. Ma fu un gran
disinganno il nostro allorch, aprendo il libro, scoprimmo che
altro non era se non una vecchia opera del secolo scorso. Non
rimaneva pi speranza di ritrovare il giornale del viaggiatore. Il
23 giugno, i fratelli Lander lasciavano Bussa, pieni di
riconoscenza per il re, che aveva loro fatto importanti doni e li
aveva indotti a non accettare viveri, per paura fossero
avvelenati, se non dai governatori delle citt ch'essi
attraverserebbero. Rimontarono il corso del Niger per terra fino
a Kagog, ove si imbarcarono sopra uno dei cattivi canotti del
paese, intanto che i loro cavalli se ne andavano per terra verso
Yaour.
Non avevamo quasi percorso che qualche centinaio di
tese, dice Riccardo Lander, quando il fiume cominci
gradatamente ad allargarsi; e sin dove poteva giungere il nostro
occhio c'eran pi di due miglia di distanza da una riva all'altra.
Era precisamente come un vasto canale artificiale; le rive a
picco incassanti le acque come fra piccole muraglie; al di l
delle quali si mostrava la vegetazione. L'acqua, bassissima in
qualche luogo, in altri era abbastanza profonda per portare una
fregata. Non si pu immaginare nulla di pi pittoresco dei
luoghi che noi abbiamo percorso durante le due prime ore; le
rive erano letteralmente coperte da capanne e da villaggi.
Alberi immensi piegavansi sotto il peso del denso fogliame, il
cui bruno colore, facendo riposare gli occhi dallo splendore del
sole, contrastava singolarmente con la verzura variopinta dei
colli e dei piani. Ma, tutto ad un tratto, fu un cambiamento di
scena completo. A questa riva, composta di terriccio, d'argilla e
di sabbia, succedettero delle rocce nere, aspre; e questo grande
specchio, che rifletteva il cielo, fu diviso in mille piccoli canali
da larghi banchi di sabbia.
Un po' pi lungi, la corrente era arrestata da un muro di
rocce brune, non lasciando che una stretta apertura attraverso la
quale le acque si precipitavano con furore. Vi ha cost una
specie di portale, al disopra del quale il Niger riprende il suo
corso, largo, tranquillo e maestoso.
Dopo tre giorni di navigazione, i fratelli Lander arrivarono
ad un villaggio ove uomini e cavalli li attendevano. Essi non
tardarono a raggiungere, a traverso un paese che si eleva
gradatamente, la citt di Yaour.
I viaggiatori furono ricevuti in una specie di corte di
cascinale, tenuta con pulizia dal sultano, uomo grasso, sudicio
e ripugnante, ma che aveva la ciera d'un buon diavolo.
Spiacentissimo che Clapperton non l'avesse visitato e che
Riccardo Lander, nel suo viaggio di ritorno, si fosse dispensato
dal rendergli omaggio, questo sultano si mostr d'una rapacit
ributtante. Non volle fornire ai viaggiatori le provvigioni di cui
avevano bisogno, e mise in opera tutte le sue astuzie per
trattenerli il maggior tempo possibile.
Aggiungiamo che i viveri, a Yaour, erano assai cari, e che
Riccardo Lander non aveva pi, come mercanzia, che degli
aghi garantiti sopraffini per non rompere il filo, senza
dubbio, perch essi mancavano della cruna necessaria per
infilarli. Cos i viaggiatori furono obbligati a disfarsene.
Perci trassero partito di parecchie scatole di latta, che
avevano contenuto delle tavolette di brodo, le cui etichette,
bench annerite e scolorate, eccitavano il desiderio degli
indigeni. Uno di questi, in un giorno di mercato, ottenne un
gran successo portando sulla sua testa, affisso in quattro punti
differenti, questo avviso: Eccellente succo di carne
concentrata.
Non volendo lasciare penetrare gli Inglesi n nel Nyff, n
nel Bornu, il sultano di Yaour dichiar che non restava loro
che riguadagnare Bussa. Riccardo Lander tosto domand per
lettera al re di questa ultima citt l'autorizzazione di comperare
un canotto per raggiungere Funda, essendo la via di terra
infestata di Fellani, che si davano al saccheggio.
Infine, il 26 luglio, un messaggiero del re di Bussa venne
ad informarsi dell'inqualificabile condotta del sultano di Yaour
e delle cause del ritardo ch'egli metteva a rinviare gli Inglesi a
Bussa. Dopo una prigiona di cinque settimane, i fratelli Lander
poterono dunque lasciare questa citt, allora quasi interamente
inondata.
Essi rimontarono il Niger fino al confluente del fiume
Cubbi, poi ridiscesero a Bussa, il cui re, lieto di rivederli, li
accolse con la pi schietta cordialit. Essi furono tuttavia,
trattenuti pi a lungo che essi non avrebbero voluto, prima di
tutto per la necessit di fare una visita al re Wowu, poi per la
difficolt di procurarsi una barca. Inoltre vi fu il ritardo dei
messaggeri che il re di Bussa aveva inviati ai vari capi degli
Stati che circondavano il fiume, e infine il consulto di Beken
ruah (l'acqua nera), che promise di condurre i viaggiatori sani
e salvi fino al mare. Lasciando il re, i due fratelli non poterono
che esprimergli i sentimenti di riconoscenza che loro avevano
ispirato la sua benevolenza, la sua ospitalit, le sue attenzioni,
il suo zelo a difendere i loro interessi, la protezione di cui egli
non aveva cessato di dar loro delle prove durante un soggiorno
di circa due mesi ch'essi avevano fatto nella sua capitale.
Questo sentimento di rincrescimento era pur diviso dagli
indigeni che, ginocchioni sul passaggio dei fratelli Lander, le
mani levate al cielo, chiamavano sopra di essi la protezione
della loro divinit.
Allora cominci la discesa del Niger. A tutta prima
bisogn arrestarsi nell'isoletta di Melalie, il cui capo preg i
viaggiatori di accettare un bellissimo capretto; essi erano
certamente troppo educati per rifiutarlo. I due Lander
attraversarono in seguito la grande citt di Congi, la Songa di
Clapperton, poi Inguazilligi, passaggio generale dei mercanti
che vanno e vengono dal Nyff ai paesi posti al nord-est di
Borgu, e si arrestarono a Pataschi, grande isola, ricca, d'una
bellezza inesprimibile, seminata da boschetti di palme e da
grandi e magnifici alberi.
Siccome questo luogo non era lontano da Wowu, Riccardo
Lander invi un messaggiero al re di questa citt, che si
rifiutava di dare il canotto acquistato per suo conto. L'inviato
non avendo ottenuto favorevoli risultati, i viaggiatori furono
dunque obbligati d'andare a trovare questo monarca, ma non
ottennero, come era d'aspettarsi, che delle proteste equivalenti
ad un rifiuto. Ond'essi non ebbero altra risorsa per continuare il
loro viaggio, che di rubare i canotti che si erano loro prestati a
Patashi. Il 4 ottobre, dopo nuovi ritardi, essi ripresero la loro
corsa, e, portati dalla corrente, perdettero bentosto di vista
Lever o Layaba, e i suoi miserabili abitanti.
In quei pressi le sponde del fiume si elevano di circa
quaranta piedi al disopra dell'acqua e sono press'a poco
perpendicolari. Il fiume, libero da ogni scogliera, si dirige
direttamente al sud.
La prima citt che incontrarono i due fratelli, Bajiebo,
grande e spaziosa, che non ha una seconda per il modo sporco
con cui tenuta e per il chiasso e il disordine. Poi venne Litchi,
abitata da Nyffeni e Madgi, presso cui il Niger si divide in tre
canali. Dopo alcuni minuti, al momento in cui oltrepassavano
una nuova isola, i viaggiatori si trovarono ad un tratto in vista
d'una rupe di duecentottantun piedi di altezza, chiamata Resa, o
Kesy, che s'inalza perpendicolarmente in mezzo al fiume. Essa
grandemente venerata dagli indigeni, persuasi come sono che
un genio benefico ne abbia fatto il suo soggiorno favorito.
Un poco prima di Rabba, all'isola di Bili, i fratelli Lander
ricevettero la visita del re delle Acque nere, sovrano
dell'isola di Zangoshi, sopra un canotto d'una lunghezza
straordinaria, d'una pulizia insolita, ornato di panno scarlatto e
di galloni d'oro. Il giorno stesso giungevano alla citt di
Zangoshi, posta dirimpetto a Rabba, la seconda dei Fellani,
dopo Sokatu.
Il re di questa citt, Mallam-Dendo, era un cugino di Bello.
Vecchio, cieco, assai indebolito, con la salute rovinata,
persuaso di non avere pi che pochi anni da vivere, non aveva
pi altre preoccupazioni che di assicurare il trono a suo figlio.
Bench egli avesse ricevuto doni d'un valore rilevante,
Mallam-Dendo si mostr molto malcontento, dichiarando che
se i viaggiatori non gli facevano dei regali pi utili e di un altro
prezzo, egli esigerebbe i loro fucili, le loro pistole, la loro
polvere, prima di lasciarli partire da Zangoshi.
Riccardo Lander, disperato, non sapeva cosa fare, quando
il dono della toh (vestito) di Mungo-Park, che il re di Bussa
gli aveva reso, gett Mallam in tali trasporti di gioia, ch'egli si
dichiar il protettore degli Europei, promise di fare di tutto per
aiutarli a raggiungere il mare, e fece loro dono di stuoie
intrecciate dei pi ricchi colori, di due sacchi di riso e di
banane. Queste provvigioni arrivarono a proposito perch tutta
la provvista di panno, di specchi, di rasoi di pipe era esaurita, e
non rimanevano pi agli Inglesi che degli aghi e alcuni
braccialetti d'argento da distribuire ai capi che incontrerebbero
sul Niger.
Veduta da Zangoshi, dice Lander, Rabba d l'idea d'una
citt assai vasta, pulita, ben fabbricata. Senza difesa, senza
fortificazioni, non cinta da muri. Essa costruita
irregolarmente sul pendo di una collina, al piede della quale
scorre il Niger. In grandezza, popolazione e ricchezza, la
seconda citt dei Fellani. La popolazione un miscuglio di
Fellani, di Nyffeni, di emigrati e di schiavi di diversi paesi.
Essa riconosce l'autorit d'un (governatore al quale si d il
titolo di sultano
1
o re. Rabba celebre per il frumento, l'olio e
il miele. Il mercato, quando vi andarono i nostri uomini, era
ben fornito di buoi, di cavalli di muli, di asini, di montoni, di
capre e di pollami. Si offriva da ogni parte del riso, del
frumento, del cotone, del panno dell'indaco, delle selle, delle
briglie di cuoio giallo e rosso, delle scarpe, degli stivali e dei
sandalli. I duecento schiavi che erano stati visti alla mattina
erano ancora esposti in vendita la sera. Rabba non ha nessuna
fama nell'industria; per la sua fabbricazione di stuoie e sandali
senza rivali, mentre che in tutti gli altri mestieri questa citt
cede il passo a Zangoshi.
L'attivit, l'amore al lavoro degli abitanti di quest'ultima
citt, fanno una gradevole sorpresa in questo paese di poltroni.
Ospitalieri, obbliganti, essi sono protetti contro i Fellani dalla
situazione della loro isola. Indipendenti, non riconoscono altra
autorit che quella del re delle Acque nere, anche perch
nel loro interesse di obbedirgli.
Il 16 ottobre, Riccardo Lander e suo fratello partirono
finalmente sopra una cattiva piroga, che il re aveva loro
venduto a caro prezzo, e dopo aver rubato dei remi che nessuno
voleva vendere loro. Era la prima volta ch'erano in istato di
navigare sul Niger senza l'aiuto di stranieri.
Discesero il fiume, la cui larghezza era molto varia,
evitando possibilmente le grandi citt perch sarebbero stati
nell'impossibilit di soddisfare alle esigenze dei governatori.
Sino a Egga, nessun incidente venne a turbare questa
pacifica navigazione. Soltanto una notte, i viaggiatori,
nell'impossibilit di sbarcare in mezzo alle paludi che
costeggiano il fiume, furono obbligati di lasciarsi trasportare
dalla corrente allorch scoppi un temporale spaventevole,
durante il quale poco manc non venissero sommersi da una
frotta di ippopotami che si trastullavano alla superficie delle
acque.
Il Niger scorreva, durante quel tempo, quasi sempre all'est
ed al sud-est, largo ora otto miglia, ora due soltanto. La sua
corrente era tanto rapida che l'imbarcazione filava con una
velocit di quattro o cinque miglia all'ora.
Il 19 ottobre, Riccardo Lander pass davanti alla foce della
Cudunia, fiume ch'egli aveva gi attraversato presso Cuttup,
nella sua prima missione, e, qualche tempo dopo, scorse Egga.
Raggiunse tosto il luogo di sbarco, rimontando una baia,
ingombra d'un numero infinito di grandi e massicci canotti,
carichi di mercanzie, colle prore tinte di sangue e coperte di
piume ornamento e preservativo contro i ladri.
Il capo, in presenza del quale i viaggiatori furono subito
condotti, era adorno di una lunga barba bianca, ed avrebbe
avuto l'aspetto il pi venerabile e l'aria d'un patriarca, se non
avesse riso e giuocato, come un vero fanciullo. I nativi del
paese accorsero ben tosto a centinaia per vedere questi stranieri
dal volto tanto singolare; e questi ultimi dovettero mettere tre
uomini in sentinella alla loro porta per tenere in distanza i
curiosi.
Parecchi degli abitanti di Egga, dice Riccardo Lander,
vendono delle tele e dei panni di Benin e di Portogallo, ci che
rende probabile l'esistenza di una comunicazione di siffatto
luogo con la costa. I nativi sono speculatori, intraprendenti, e
molti occupano tutto il loro tempo in traffici, discendendo e
rimontando il Niger. Essi vivono sempre nei loro canotti, e il
piccolo tetto, o rimessa che hanno a bordo, serve loro di
abitazione; vi si vive come in capanne La persuasione dei
nativi che noi non abbiamo che a volere per compiere le cose le
pi difficili, ci ha dapprima divertiti; ma sono tanto importuni
che divengono noiosi. Essi ci domandano degli incantesimi per
scongiurare le guerre e altre calamit nazionali, dei talismani
per arricchirsi, per impedire ai coccodrilli di portar via le
persone, per pescare tutti i giorni un canotto pieno di pesci.
Questa ultima richiesta ci fu indirizzata dal capo dei pescatori,
con un regalo conveniente sempre offerto in appoggio della
preghiera, e d'un valore proporzionato alla sua importanza
La curiosit del popolo per vederci cos forte, che noi non
osiamo fare un passo al di fuori; e, per aver dell'aria, siamo
obbligati, tutto il giorno, di tenere la porta aperta, camminando
e girando intorno al nostro tugurio, il solo esercizio che ci sia
permesso di fare, come belve feroci in gabbia. Quella gente ci
guarda fissamente, con un senso di terrore e di sorpresa, presso
a poco come si guardano in Europa le tigri tenute in un
serraglio. Se ci facciamo alla porta, essi indietreggiano col pi
grande spavento e tutti tremanti; ma, appena ci vedono all'altra
parte della capanna, si avvicinano quel tanto che lo permetta la
loro paura, in silenzio e colle pi grandi precauzioni.
Egga una citt d'un'estensione prodigiosa, e la sua
popolazione deve essere immensa. Come quasi tutte le citt
fabbricate sulle rive del Niger, essa inondata ogni anno.
Bisogna credere che i nativi abbiano le loro buone ragioni per
fabbricare delle case in mezzo a luoghi che sembrano tanto
incomodi e malsani.
Non sarebbe forse perch il suolo dei dintorni non altro
che un terriccio grasso e nero, e straordinariamente fertile, che
fornisce loro tutte le produzioni necessarie all'esistenza senza
grande lavoro?
Il capo d'Egga bench paresse avere pi di cento anni, era
tutto gioia ed allegrezza. I personaggi pi importanti della citt
si riunivano nella sua casa e passavano delle intere giornate a
cicalare.
Questa societ di barbe grigie, racconta il viaggiatore,
ride cos di cuore, e gioisce dei suoi motti con tanta espansione,
che si vedono invariabilmente i passanti soffermarsi davanti
alla capanna, ascoltare ed unirsi alle rumorose manifestazioni
di gioia che risuonano nell'interno; tanto, che, dalla mattina alla
sera, noi non udiamo da quella parte che un continuo uragano
di applausi.
Un giorno il vecchio capo volle far mostra dei suoi talenti,
davanti agli stranieri, come cantante e ballerino, a fine di
colpirli di sorpresae di ammirazione.
Sgambettando sotto il peso dei suoi anni e scuotendo i
ricci dei capelli bianchi, dice il viaggiatore, fece una quantit di
salti e capriole, con gran piacere degli spettatori, le cui risa,
solo modo di applaudire fra gli Africani, stuzzicarono cos
fortemente la vanit e l'immaginazione del vegliardo, ch'egli fu
obbligato ad aiutarsi con una gruccia per continuare. Seguit
ancora un poco, zoppicando; ma, le sue forze esauste, dovette
fermarsi e mettersi a sedere vicino a noi sulla soglia della
capanna. Per tutto l'oro del mondo, non avrebbe voluto
mostrarci la sua debolezza. Tutto ansante com'era, procurava di
respirare adagio e trattenere il fiato sibilante ed affannoso. Fece
un secondo tentativo di ballo e canto; ma la natura non second
i suoi sforzi, e la sua voce debole e tremante si sentiva appena.
Pure i cantatori e le cantatrici, i ballerini e i musicanti
continuarono il loro concerto rumoroso, sino a che, stanchi di
guardarli e di ascoltarli e sopraggiungendo la notte, li
pregammo di ritirarsi con grande rincrescimento del frivolo
vecchio.
Per, Mallam-Dendo sconsigli gli Inglesi a continuare a
discendere il corso del fiume. Egga era, diceva egli, l'ultima
citt del Nyff; il potere dei Fellani non si estendeva al di l, e
non si incontravano pi, sino al mare, che piccole popolazioni
barbare e selvagge, sempre in guerra le une contro le altre.
Questi racconti e le storielle che gli abitanti avevano
narrate ai compagni dei due Lander sul pericolo ch'essi
andavano ad incontrare di essere sgozzati o presi e venduti
come schiavi, li avevano tanto impauriti, ch'essi ricusarono
d'imbarcarsi, volendo ritornare al Caipo-Coast-Castle per la
strada ch'essi avevano di gi percorsa.
Grazie per alla fermezza dei due fratelli, questa specie di
rivolta non ebbe luogo, e il 22 ottobre gli esploratori lasciarono
Egga, salutandola con tre colpi di moschetto.
Percorse alcune miglia, un gabbiano passava al di sopra
delle loro teste, indizio della vicinanza del mare, certezza quasi
assoluta che toccavano finalmente il termine del loro faticoso
viaggio.
Parecchi villaggi, piccoli e poveri, a mezzo sepolti sotto
l'acqua, una citt considerevole, al piede di un'alta montagna
che sembra schiacciata, della! quale i viaggiatori non poterono
sapere il nome, vengono passati volta a volta. Si incontra un
numero immenso di canotti, costruiti come quelli dei fiumi
Bonny e Calabar. I loro equipaggi guardano, non senza
meraviglia, questi uomini bianchi, coi quali non osano parlare.
Le rive del Niger, basse e pantanose, divengono ben presto
pi alte, pi ricche, pi fertili.
Kacunda, ove gli abitanti d'Egga avevano raccomandato a
Riccardo Lander di fermarsi, situata sopra la sponda
occidentale del fiume. Vista un po' di lontano, essa presenta un
aspetto singolarmente pittoresco.
Gli indigeni furono dapprima allarmati all'apparire dei
viaggiatori. Un vecchio Mallam, prete e istitutore musulmano,
li prese sotto la sua) protezione. Merc sua, i due fratelli
ricevettero una benevola accoglienza in questa capitale di un
regno indipendente del Nyff.
Le notizie che i viaggiatori raccolsero in questa citt, o
piuttosto in questa riunione di quattro villaggi, concordavano
con quelle raccolte ad Egga. Perci Riccardo Lander prese il
partito di non pi viaggiare che la notte e di caricare di palle e
di pallini i quattro fucili e le due pistole che loro restavano.
Checch ne fosse, i nostri esploratori, con grande meraviglia
degli indigeni, che non sapevano credere a un tal disprezzo
della vita, lasciarono Kacunda, dando in tre acclamazioni
rumorose e rimettendo la loro sorte nelle mani di Dio.
Passarono cos davanti a diverse citt importanti, che
evitarono con cura. Il corso del fiume, durante questo tempo,
cambi diverse volte, girando dal sud al sud-est, poi al sud-
ovest fra alte colline.
Il 25 ottobre, gli Inglesi si trovarono davanti la foce di un
gran fiume. Era la Tchadda o Bnu. Al suo confluente si
stendeva una citt importante di faccia al Niger e la Bnu. Era
Cutumcuraffi.
Infine, dopo essersi quasi perduto in un golfo e schiacciato
contro le rocce, Riccardo Lander, scoprendo un luogo adatto e
inabitato sulla riva destra, si determin a sbarcare.
Questo luogo era stato visitato poco tempo prima, come ne
facevano testimonianza i fuochi estinti, gli alberi di zucche
infanti, i rottami di vasi di terra sparsi al suolo, i gusci di noci
di cocco e barili di polvere, che furono raccolti non senza
emozione, perch in quegli avanzi era la prova che gli indigeni
mantenevano delle relazioni cogli Europei.
Per, alcune donne erano fuggite, spaventate da tre uomini
del seguito di Lander, che si erano introdotti in un villaggio per
cercarvi del fuoco. I viaggiatori, spossati, si riposavano sopra
stuoie, quando si videro subito circondati da un manipolo di
uomini quasi nudi, armati di fucili, di archi, di treccie, di
coltellacci, di ramponi di ferro e di lande.
Il sangue freddo e la presenza di spirito dei due fratelli,
impedirono soli una lotta che sembrava inevitabile e di cui il
risultato non poteva essere dubbio. Gettando le loro armi a
terra, si avvicinarono verso il capo di quei forsennati.
Intanto che noi ci avvicinavamo, racconta Lander,
facemmo colle braccia un gran numero di segni, per indurlo, lui
ed il suo popolo, a non tirare su di noi. Il suo turcasso
dondolava appeso al suo fianco; l'arco era teso ed una freccia,
diretta al nostro petto, tremava, pronta a partire, quando
fossimo stati a pochi passi da lui. La Provvidenza svi il colpo,
poich, mentre il capo si disponeva a lasciare la corda fatale,
l'uomo il pi vicino a lui si gett innanzi fermandogli il
braccio. Eravamo allora faccia a faccia, e subito gli stendemmo
la mano. Tutti tremavano come foglie. Il capo ci guard
fissamente, si gett ginocchioni. La sua fisionomia assunse
un'espressione indefinibile, mista a timidezza e spavento, e
dove tutte le passioni, buone e cattive, parevano in lotta; alla
fine, lasci cadere il capo sul petto, afferr le mani che gli
tendevamo e proruppe in dirotto pianto. Da quel momento
l'armonia fu ristabilita; i pensieri di guerra e di sangue diedero
luogo ai migliori e pi cordiali rapporti.
Ho creduto che voi foste i figli del cielo caduti dalle
nubi, disse il capo per spiegare il suo cambiamento subitaneo.
Fu una fortuna per noi, aggiunge Lander, che i nostri visi
bianchi e la nostra condotta cos calma, abbiano imposto cos
fortemente a questo popolo. Un momento ancora e i nostri
corpi sarebbero stati trafitti da tante freccie quanti dardi ha un
porco spino.
Quel luogo era il famoso mercato di Bocqua, di cui i
viaggiatori avevano tanto spesso udito parlare, dove si viene in
folla dalla costa per scambiare le mercanzie dei bianchi con
degli schiavi, menati in gran numero dal Funda che si trova
sulla riva opposta.
Le notizie raccolte in quel sito, erano delle pi favorevoli.
Il mare non era pi che a dieci giornate di cammino. La
navigazione, aggiungeva il capo di Bocqua, non offriva nessun
pericolo; solo gli abitanti delle coste erano cattivissima
gente.
Seguendo i consigli di questo capo, i due fratelli passarono
davanti alla bella e grandissima citt di Atta, senza per
sbarcarvi e si riposarono ad Abbazaca, ove il Niger si divide in
parecchi rami, ed il cui capo fece prova d'una avidit
insaziabile. Poi i viaggiatori rifiutarono di scendere a due o tre
villaggi, ove li si pregava con insistenza di fermarsi per
soddisfare la curiosit dei nativi, e furono obbligati di sbarcare
al villaggio di Damuggo, dove un omiciattolo, portante una
veste d'uniforme, li aveva chiamati in inglese al grido di: Ol!
oh! Inglesi, venite qui. Quest'uomo era un messaggero del re
di Bonny, venuto per comperare degli schiavi per conto del suo
padrone.
Il capo di questa citt, che non aveva mai veduto uomini
bianchi, ricevette assai bene gli esploratori. Ordin delle feste
pubbliche in loro onore, e li trattenne sino al 4 novembre.
Bench il feticcio ch'egli aveva consultato, presagisse che
sarebbero assaliti da mille pericoli prima di giungere al mare,
questo sovrano forn loro un altro canotto, dei rematori ed una
guida.
Le sinistre predizioni dei feticci non tardarono ad
avverarsi. Giovanni e Riccardo Lander erano saliti su due
imbarcazioni differenti. Passando davanti ad una bella citt,
che seppero essere Kirri, furono arrestati da lunghi canotti di
guerra, montati, ciascuno, da una quarantina d'uomini, coperti
di vestiti d'europei, salvo i pantaloni.
Questi canotti portavano, all'estremit, lunghe tranne di
bamb, grandi padiglioni colle armi della Gran Bretagna, erano
decorati di sedie, di tavole, di ampolle e di altri emblemi.
Ciascuno dei loro neri marinai aveva un fucile, ed ogni
imbarcazione mostrava, ormeggiata alla prora, un lungo pezzo
di artiglieria da quattro o da sei.
I due fratelli furono condotti a Kirri. Si tenne subito un
conciliabolo sulla loro sorte. Fortunatamente alcuni sacerdoti
maomettani o mallam, parlarono in loro favore e fecero
restituire loro una parte degli oggetti di cui erano stati derubati;
ma la pi gran parte se n'era colata a fondo col canotto di
Giovanni Lander.
Con mia grande soddisfazione, dice Riccardo Lander,
riconobbi subito la cassa che conteneva i nostri libri e uno dei
giornali di mio fratello; la scatola di farmacia era l presso, ma
entrambe piene d'acqua. Un gran sacco da notte di drappo che
aveva contenuto le nostre vestimenta, era aperto e quasi vuoto;
non vi restava pi che una sola camicia, un paio di pantaloni e
un vestito; diversi oggetti di valore erano spariti. I miei
giornali, ad eccezione d'un libro di note, ove io avevo scritto le
mie osservazioni da Rabba fino a qui, erano scomparsi.
Mancavano quattro fucili, uno dei quali aveva appartenuto a
Mungo-Park, quattro coltellacci e due pistole. Nove zanne
d'elefanti, le pi belle che io avessi mai veduto in paese, doni
dei re di Wowu e di Bussa, una quantit di penne di struzzo,
alcune belle pelli di leopardi, una grande variet di minuterie,
tutti i nostri bottoni, i nostri aghi, tanto necessari per fungere da
moneta per l'acquisto delle provvigioni, tutto era sparito e
stava, secondo ci che assicuravasi, in fondo al fiume.
Era davvero un naufragare in porto! Avere attraversata
tutta l'Africa da Badagry fino a Bussa, essere scampati ai
pericoli della navigazione sul Niger, essere felicemente sfuggiti
a tanti sovrani rapaci, per far naufragio a sei giornate dal mare,
per essere ridotti in ischiavit o condannati a morte, proprio al
momento di far conoscere all'Europa maravigliata il prezioso
risultato di tanti mali sofferti, di tanti pericoli evitati, di tanti
ostacoli felicemente superati; aver determinato il corso del
Niger da Bussa, essere sul punto di fissare definitivamente la
sua foce, e vedersi arrestati da miserabili pirati, era di troppo, e
ben amare furono le riflessioni dei due fratelli, durante tutto il
tempo che dur quell'interminabile conciliabolo.
Se la loro roba rubata, era stata resa in parte, se il negro
che aveva incominciato le ostilit era stato condannato ad aver
mozza la testa in espiazione della sua colpa, i due fratelli non
per questo avrebbero cessato d'essere considerati come
prigionieri; essi dovevano essere condotti ad Obie, re del paese
d'Eboe, che avrebbe deliberato sulla loro sorte.
Era evidente che questi predatori non erano originari del
paese, e che non vi erano venuti se non allo scopo d'esercitare
la loro pirateria. Contavano senza dubbio, di commerciare su
due o tre mercati come Kirri, se non incontrassero delle
flottiglie troppo forti per lasciarsi saccheggiare senza
combattimento. D'altronde, tutte le popolazioni di questa parte
del Niger, mostravano un'eccessiva diffidenza le une per le
altre, e la compra delle provvigioni non si faceva che armati.
Dopo due giorni di navigazione i canotti arrivarono in
vista di Eboe, in un luogo ove il fiume si divide in tre rami
d'una prodigiosa grandezza, dalle sponde basse, pantanose e
ricoperte di palmizi.
Un'ora pi tardi, l'8 di novembre, uno degli uomini
dell'equipaggio, nativo d'Eboe, esclam: ecco il mio paese!
Col, nuove complicazioni aspettavano gli esploratori.
Obie, il re d'Eboe, era un giovinotto dalla fisionomia sveglia ed
intelligente, il quale ricevette i viaggiatori con affabilit. Il suo
costume, che ricordava quello del re di Yarriba, era adorno
d'una tale profusione di coralli, che si sarebbe potuto chiamarlo
il Re-Corallo.
Decisamente, parve tocco dal racconto dell'attacco, nel
quale gli Inglesi avevano perduto tutte le loro mercanzie, ma i
soccorsi che egli distribu loro, non furono all'altezza dei suoi
sentimenti, e li lasci quasi morir di fame.
Gli abitanti d'boe, come la maggior parte degli Africani,
sono estremamente indolenti, dice la relazione, e non coltivano
che la dioscorea, il mais ed il plantanier (banano). Essi hanno
molte capre e molti volatili, ma pochi montoni, punto bestiame
grosso. La citt assai vasta, situata in una pianura scoperta e
contiene una popolazione numerosa: come capitale del regno,
non porta altro nome che quello di paese d'boe. Il suo olio
di palma assai rinomato. Da molti anni il principale mercato
di schiavi, a cui vengono a provvedersi gl'indigeni che fanno
questo commercio sulle coste, tra il fiume Bonny e quello del
vecchio Calabar. Centinaia di naturali risalgono questi fiumi
per venire qui a trafficare, e in questo stesso momento ve n' un
gran numero nei loro canotti, allineati in faccia alla citt. Quasi
tutto l'olio comperato dagl'Inglesi a Bonny e nei luoghi
circostanti, proviene di qui, come pure, tutti gli schiavi che le
navi negriere francesi, spagnuole e portoghesi, vengono a
caricare alla costa. Parecchie persone ci hanno detto che il
popolo di Eboe antropofago; e questa opinione pi
accreditata fra le trib vicine, che fra quelle dell'interno.
Da tutto quello che i viaggiatori apprendevano, diventava
certo per essi che Obie non li rilascierebbe che al prezzo d'un
ingente riscatto. Questo sovrano poteva, senza dubbio, esservi
spinto ad! istigazione dei suoi favoriti; ma ci che lo conferm
nella sua determinazione, furono, principalmente, l'avidit e le
sollecitazioni degli abitanti d Bonny e di Brass, che si
disputavano a chi avrebbe toccato condurre gli Inglesi nel loro
paese.
Un figlio dell'ultimo capo di Bonny, il re Peper (Pepe), un
nominato Gun (Fucile), fratello del re Boy (Ragazzo) e il loro
padre, il re Forday, che col re J acket (Giacchetta) governa tutto
il paese di Brass, erano i pi accaniti. Essi in testimonianza
della loro onorabilit, produssero i certificati dati a loro dai
capitani europei, coi quali erano stati in relazione d'affari.
Uno di quei documenti, firmato J ames Dow capitano del
brick La Susanna, di Liverpool, e datato dal primo fiume di
Brass, settembre 1830, era cos concepito:
Il capitano Dow dichiara non aver mai incontrato una
frotta di pi grandi miserabili come gl'indigeni in generale e i
piloti in particolare.
Poi, continuando sullo stesso tono, li copriva di
contumelie, trattandoli come birbanti, che avevano cercato di
far perdere la sua nave contro le roccie, alla foce del fiume,
affine di dividerne le spoglie. Il re J acket eravi trattato come un
briccone e un ladro matricolato". Boy era il solo pressoch
onesto e degno di fiducia.
Alla fine d'un interminabile conciliabolo, Obie dichiar
che secondo le leggi e i costumi del paese, egli aveva diritto di
riguardare i fratelli Lander e il loro seguito come sua propriet
ma che, non volendo abusare de' suoi vantaggi, si
contenterebbe di cambiarli contro il valsente di venti schiavi in
tante mercanzie inglesi.
Siffatta decisione, sulla quale Riccardo Lander tent
indarno di stornare il re Obie, gett i due fratelli in una violenta
disperazione, che fu tosto seguita da un'apatia e da
un'indifferenza tale, che sarebbero stati incapaci del bench
minimo sforzo per ricuperare la loro libert. Aggiungasi a
queste pene morali, l'indebolimento fisico cagionato dalla
mancanza di cibo, e si capir la spossatezza nella quale erano
caduti i due viaggiatori.
Senza risorse d'alcuna sorta, spogliati dei loro aghi e degli
oggetti di scambio, furono ridotti alla triste necessit di
mendicare il loro cibo.
Altrettanto avrebbe valso, dice Lander, indirizzare le
nostre preghiere alle pietre ed agli alberi; ci fossimo almeno
risparmiata l'umiliazione di un rifiuto. Nella maggior parte
delle citt dell'Africa, eravamo stati presi per semidei, e trattati
in conseguenza con una venerazione, un rispetto universale.
Ma qui, ohim! quale contrasto! Siamo in mezzo ad esseri i pi
degradati e fra i pi miserabili schiavi, in questa terra
d'ignoranza, oggetto allo scherno e al disprezzo di orde di
barbari.
Infine fu Boy che la vinse, perch acconsent a pagare a
Obie tutto quello che domandava per il riscatto dei due fratelli
e del loro seguito. In quanto a lui, si mostr assai moderato,
non esigendo pel suo disturbo e pei rischi ai quali andava
incontro, trasportandoli a Brass, che il valore di quindici barre
o quindici schiavi, e un barile di rhum. Bench questa domanda
fosse esorbitante, Riccardo Lander non esit a fare un buono di
trentasei barre sopra il capitano inglese Lake che comandava
un bastimento all'ancora nel fiume di Brass.
Il canotto del re, sul quale s'imbarcarono i due fratelli, il 12
novembre, portava sessanta persone, di cui quaranta rematori.
Munito d'un cannone da quattro a prora, d'un arsenale di
coltellacci e di mitraglie e di mercanzie di ogni genere, esso era
scavato in un solo tronco d'albero e misurava pi di cinquanta
piedi di lunghezza.
Le immense coltivazioni che si vedevano sulle sponde del
fiume, indicavano che la popolazione era molto pi
considerevole che non lo sembrasse. Il paese era in pianura,
aperto, variato, e il suolo di un ricco terriccio nero, portava
degli alberi e degli arbusti d'una infinita ricchezza di rami.
Il 14 novembre, alle sette di sera, il canotto abbandon il
braccio principale ed entr nel fiume di Brass. Un'ora pi tardi,
con una gioia inesprimibile, Riccardo Lander sent l'effetto
della marea.
Un poco pi lontano, il canotto di Boy raggiunse quelli di
Gun e di Forday. Quest'ultimo vecchio dall'aspetto venerabile,
bench miseramente vestito, met all'europea, met alla moda
del paese, aveva una predilezione notevole per il rhum, di cui
bevve un'immensa quantit, senza che i suoi modi o la sua
conversazione ne risentissero.
Era uno strano corteo quello che accompagn i due Inglesi
sino alla citt di Brass.
I canotti, dice Lander, si seguivano in fila abbastanza
regolarmente, spiegando ciascuno tre bandiere. Alla prora del
primo, il re Boy stava in piedi, la testa coronata da lunghe
piume che ondulavano ad ogni movimento del suo corpo,
coperto di figure le pi fantastiche, bianche su fondo nero. Si
appoggiava su due enormi lancie a dentatura, che lanciava con
forza di quando in quando in fondo al canotto come se avesse
ucciso qualche animale selvaggio e spaventevole, giacente
a'suoi piedi. Alla prora degli altri canotti, alcuni preti
eseguivano delle danze e facevano mille contorsioni bizzarre.
La loro persona, come quelle della gente del seguito, era tinta
nell'istesso modo di quella del re Boy, e, per completare il
tutto, il signor Gun si affannava correndo dalla testa alla coda
della fila, ora il primo, ora l'ultimo, aumentando l'effetto
imponente al corteo colle scariche ripetute dei suo unico
cannone.
Brass si compone di due citt, l'una appartenente a Forday,
l'altra al re J acket. Prima di sbarcare, i preti procedettero a delle
cerimonie delle quali i bianchi erano l'oggetto evidente. Il
risultato di questo consulto del feticcio della citt fu esso
favorevole agli stranieri? ci che la condotta degli indigeni a
loro riguardo doveva rivelare.
Prima ancora di aver toccato terra, Riccardo Lander scorse,
con una viva emozione di gioia, un uomo bianco sulla sponda.
Era il capitano d'uno schooner spagnuolo all'ancora nel fiume.
Fra tutti gli angoli sudici schifosi, dice la relazione, non
ve n' uno al mondo che possa vincere questo, n offrire all'
occhio d' uno straniero, pi miserabile aspetto. In questa
abominevole citt di Brass, tutto fango e porcheria. I cani, le
capre ed altri animali, ingombrano le strade fangose; hanno
l'aspetto d'affamati e gareggiano in miseria con disgraziate
creature umane, macilente e scarne, dalla fisionomia orribile, il
cui corpo coperto di larghe pustole e i cui tuguri cadono in
ruina a cagione della negligenza e dell'impropriet,
Un'altra localit, chiamata dagli Europei la citt dei Piloti,
a motivo di un gran numero di piloti che l'abitano, situata
alla foce del fiume Noun o Nun, a settanta miglia da Brassi.
Il re Forday intendeva opporsi a che i due fratelli Lander
non lasciassero la citt senza pagargli quattro barre.
Era l'uso, diceva egli, che ogni uomo bianco che veniva a
Brass nel fiume, fosse sottomesso a questo tributo. Non era
possibile resistere, e Riccardo Lander stacc un altro buono sul
capitano Lake.
A questa condizione, Riccardo Lander ebbe il permesso di
raggiungere nel canotto reale di Boy il brick inglese di stazione
alla foce del fiume. Suo fratello e la gente del suo seguito non
dovevano essere rilasciati che al ritorno del re.
Ma arrivando su questo brick, quale non fu lo stupore e la
vergogna di Lander al vedere il capitano Lake rifiutargli
qualunque soccorso! Allora, gli fece leggere le istruzioni che
aveva ricevute dal Ministero per provargli che non era un
impostore.
Se credete, rispose il capitano, avere a fare con un
imbecille o con un pazzo, vi sbagliate. Io non terr conto
alcuno ne della vostra parola, n del vostro biglietto. Il diavolo
mi porti, se avrete da me un sol centesimo!
Poi bestemmiando e spergiurando, Lake lasci sfuggirsi le
parole pi offensive per gli Inglesi.
Affranto dal dolore per questa disgrazia impreveduta da
parte di un compatriota, Riccardo Lander ritorn al canotto di
Boy, non sapendo a che partito appigliarsi, e domand a
quest'ultimo di condurlo a Bonny, dove si trovava una quantit
di navi inglesi. Il re non volle consentirvi; Riccardo Lander si
vide dunque obbligato d'intenerire il capitano, domandandogli
di dargli soltanto 10 fucili, dei quali forse il re si contenterebbe.
Vi ho gi detto ch'io non vi dar nemmeno una pietra
da fucile, rispose Lake. Non mi seccate pi!
Ma io ho lasciato mio fratello e otto persone a Brass,
riprese Lander, e se non volete assolutamente pagare il re,
persuadetelo almeno a condurveli a bordo; senza di ci mio
fratello morr di fame o avvelenato e tutta la mia gente sar
venduta, prima ch'io possa avere soccorso da una nave da
guerra!
Se trovate il mezzo di farli venire a bordo, rispose il
capitano, io li ricever; ma ve lo ripeto, non avrete da me un
grano di polvere.
Alla fine Riccardo Lander ottenne da Boy ch'egli
ritornasse a cercare suo fratello e il suo seguito. Il re non
voleva acconsentire che dopo aver ricevuto un acconto, e non
fu senza fatica ch'egli fu indotto a desistere da questa pretesa.
Quando il capitano Lake apprese che il seguito di Riccardo
Lander si componeva d'uomini robusti e gagliardi, in istato di
sostituire i suoi marinai, morti o spossati dalle febbri, si
rabbon un poco. Per ci non fu per lungo tempo, perch
dichiar che, se fra tre giorni, Giovanni e il suo seguito non
erano a bordo, egli partirebbe senza di loro.
Bench Riccardo Lander gli provasse sino all'evidenza che
questi disgraziati sarebbero venduti come schiavi, il capitano
non volle nulla intendere.
Tanto peggio per loro, rispose, io non vi posso far nulla, e
non aspetter pi lungo tempo.
Per fortuna, tanta inumanit molto rara, ed perci che
bisogna inchiodare alla berlina un tale miserabile, che non fa
pi caso, non soltanto dei suoi simili, ma di uomini che gli
sono infinitamente superiori.
Infine, il 24 novembre, dopo che una forte brezza,
soffiando dal mare e spingendo le acque sopra la sbarra ebbe
reso il passaggio quasi impossibile, Giovanni Lander, arriv a
bordo.
Egli aveva dovuto subire i rimproveri e le invettive di Boy.
Avere coi propri denari riscattati dal servaggio i due fratelli e il
loro seguito, averli ricondotti nel suo canotto e nutriti molto
male vero essersi veduti promettere una quantit di buoi e
di rhum ch'egli non potrebbe n mangiare n bere, per essere in
seguito male accolto, vedersi rifiutare la restituzione del fatto
suo ed essere trattato come un ladro, confessate che vi era di
che essere malcontento, e che, tutt'altri, avrebbe fatto pagare
caro ai prigionieri che gli restavano, tante speranze deluse,
tanto denaro speso in puri danni!
Malgrado ci, Boy si era deciso a ricondurre Giovanni
Lander a bordo del brick. Il capitano Lake ricevette il
viaggiatore con sufficiente cordialit, ma espresse subito la sua
determinazione ben risoluta, di congedare il re senza dare un
obolo.
Il re era pieno di tristi presentimenti, i suoi modi alteri
avevano fatto posto ad un'aria umile e strisciante. Gli fu servito
un pasto abbondante, ch'egli tocc appena. Riccardo Lander,
desolato della furfantaggine e della cattiva fede di Lake,
nell'impossibilit di tenere le sue promesse, mise sossopra tutta
la sua roba e trov cinque braccialetti d'argento e una sciabola
di fabbrica indigena ch'egli aveva portato da Yarriba che
offerse a Boy, il quale la accett.
Alla fine, il re si decise di esporre il suo reclamo al
capitano. Questi, con una voce tonante che non si sarebbe mai
supposta in un corpo tanto debole, gli rispose seccamente:
Non voglio!
E accompagn questo rifiuto con un diluvio di 'bestemmie
e di minaccie tali, che il povero Boy batt in ritirata, e, vedendo
la nave, pronta a far vela, raggiunse precipitosamente il suo
canotto.
Cos terminarono le peripezie del viaggio dei due fratelli
Lander. Corsero ancora rischio di affondare varcando la barra.
Ma questa era la loro ultima prova. Guadagnarono Fernando-
Po, poi il fiume Galabar; l, s'imbarcarono sopra il Carnavon
per Rio J aneiro, dove l'ammiraglio Baker, comandante della
stazione, procur loro un passaggio sopra un trasporto.
Il 9 giugno, sbarcarono a Portsmouth. Loro prima cura,
dopo avere rimesso il rapporto del loro viaggio a lord
Goderich, segretario di stato al dipartimento delle colonie, fu
d'informarlo della condotta del capitano Lake condotta di
natura tale da compromettere e a far revocare in dubbio la
buona fede del governo inglese. Furono tosto dati degli ordini
da questo ministro per saldare le somme convenute, la cui
domanda era giusta e motivata.
Cos dunque e non possiamo far meglio che riportare
l'apprezzamento di questo eccellente giudice, Desborough
Coley cos dunque, il problema geografico che per tanti
secoli aveva vivamente preoccupato l'attenzione del mondo
dotto e dato luogo a tante differenti congetture, si trovava
definitivamente e completamente risolto. Il Niger, o, come lo
chiamano i naturali, il Djoliba o Korra, non si riunisce al Nilo,
non si perde nelle sabbie del deserto n nelle acque del lago
Tchad; si getta nell'Oceano, per una grande quantit di braccia,
sulla costa del golfo di Guinea, nel luogo stesso di questa costa
conosciuta sotto il nome di capo Formoso. La gloria di questa
scoperta preveduta, vero, dalla scienza, appartiene tutta
intiera ai fratelli Lander. La vasta estensione di paese che
avevano attraversato da Yaurie fino al mare, era
completamente sconosciuta prima del loro viaggio.
Appena la scoperta di Lander fu nota in tutte le sue
particolarit in Inghilterra, diversi negozianti si associarono per
trar partito delle ricchezze naturali del paese. Essi
equipaggiarono, nel luglio 1832, due bastimenti a vapore, il
Korra e l'Alburka, che sotto la condotta dei signori Laird,
Oldfield e Riccardo Lander, risalirono il Niger sino a Bocqua. I
risultati di questa spedizione commerciale furono deplorevoli.
Non solamente il traffico coi nativi fu assolutamente nullo, ma
anche gli equipaggi si videro decimati dalla febbre. Alla fine
Riccardo Lander, che parecchie volte aveva risalito il fiume, fu
ferito mortalmente dai nativi il 27 gennaio 1834, e mor il 5
febbraio successivo a Fernando-Po.
Per terminare tutto ci che relativo all'Africa, ci resta a
parlare delle numerose ricognizioni compiute nella vallata del
Nilo e, delle quali, le pi importanti sono quelle di Cailiaud, di
Russegger e di Rppel.
Federico Cailliaud, nato a Nantes nel 1787, dopo aver
visitato l'Olanda, l'Italia, la Sicilia, una parte della Grecia, della
Turchia Europea 0 Asiatica, allorch faceva il commercio di
pietre preziose, era arrivato in Egitto nel mese di maggio 1815.
Le sue conoscenza zoologiche e mineralogiche gli procurarono
un'eccellente accoglienza da parte di Mehemet-Al, che lo
incaric subito d'un viaggio di esplorazione lungo il Nilo e nel
deserto.
Questa prima escursione fu segnalata dalla scoperta, a
Labarah, d miniere di smeraldo, menzionate da autori arabi ed
abbandonate da lunghi secoli. Cailliaud ritrov, negli scavi
della montagna, le lampade, le leve, i cordami e gli strumenti
che avevano servito agli operai di Ptolemeo nei lavori di queste
miniere. Vicino a questi scavi, il viaggiatore scopr le ruine
d'una citt, che con tutta probabilit, aveva dovuto essere
abitata da antichi minatori. Per sanzionare la sua preziosa
scoperta, Cailliaud si caric di dieci libbre di smeraldi che
port a Mehemet-Al.
Un altro risultato di questo viaggio fu la scoperta
dell'esploratore francese dell'antica strada da Coptos a Berenice
per il commercio dell'India.
Dal mese di settembre 1819 alla fine del 1822, Cailliaud,
accompagnato dall'antico aspirante di marina Letorzec,
percorse tutte le case conosciute all'est dell'Egitto, e segu il
Nilo sino al decimo grado. Pervenuto nel suo primo viaggio, a
Uadi-Ulfa, Cailliaud, scelse per secondo, questa localit come
punto di partenza.
Una circostanza felice, facilit singolarmente le sue
indagini. Ismail-Pasci, figlio di Mehemet-Al, aveva ricevuto
il comando di una spedizione in Nubia, e l'accompagn.
Partito da Dara il novembre 1820, Cailliaud, arrivava il 5
gennaio seguente a Dongola e raggiungeva il monte Bartea nel
paese di Chagny, dove si trova una quantit di rovine, di tempi,
di piramidi ed altri monumenti.
Il nome di Merawe, che porta questo luogo, aveva fatto
supporre che l si trovasse l'antica capitale dell'Etiopia;
Cailliaud doveva dissipare questo errore.
Accompagnando Ismail Pasci come mineralogista, al di l
di Ber-ber, per la ricerca delle miniere d'oro, l'esploratore
francese pervenne a Sherdy. Di poi and con Letorzec, a fissare
la posizione geografica del confluente dell'Atbara, e Assour,
non lontano dal 17 grado di latitudine, scoperse le rovine
considerevoli d'una citt antica. Era Meroe.
Continuando la strada al sud, fra il 15 e il 16 grado,
Cailliaud riconobbe la foce del Bahr-el-Abiad o Nilo Bianco,
visit le rovine di Saba, il confluente del Rahad, l'antico
Astosaba, vide Sennaar, il corso di Golog, il paese del Fazoele
e il Tumat, affluente del Nilo; alla fine raggiunse, con Ismail, il
paese di Singb, fra i due rami del fiume.
Nessun viaggiatore era pervenuto da questo lato, cos
presso all'equatore; Browne si era fermato al 16 10', Brace
all'11.
Si devono a Cailliaud e a Letorzec numerosi rilievi di
longitudine e di latitudine, dei preziosi studi sopra il clima, la
temperatura e la natura del suolo, nell'istesso tempo una
collezione molto interessante di animali e di produzioni
vegetali. Finalmente, gli esploratori rilevarono la pianta di tutti
i monumenti situati al di l della seconda cateratta.
I due francesi avevano preludiato a questa scoperta, con
una escursione all'oasi di Siuah. Alla fine del 1819 erano partiti
da Fayum, con un piccolo numero di compagni ed erano entrati
nel deserto di Libia. In quindici giorni di cammino, dopo un
combattimento contro gli Arabi, erano pervenuti a Siuah,
avevano preso tutte le misure del tempio di Giove Ammone e
avevano determinato, come Browne, la sua posizione
astronomica. Quest'oasi doveva essere qualche tempo dopo,
l'oggetto d'una spedizione militare, durante le quale Drovetti
doveva raccogliere nuovi documenti molto preziosi per
completare quelli raccolti da Caillaud e Letorzec.
Essi avevano in seguito visitato successivamente l'oasi di
Falafr, che nessun viaggiatore europeo aveva ancora
esplorato, quella di Dakel e Khargh, capoluogo dell'oasi di
Tebe. I documenti raccolti in questa corsa, furono spediti in
Francia, al signor J omard che li mise a profitto per la relazione
dell'opera intitolata: Viaggio all'oasi di Siuah.
Alcuni anni pi tardi, Edoardo Rppel consacrava sette od
otto anni all'esplorazione della Nubia, del Sennaar, del
Kordofan e dell' Abissinia, e risaliva il Nilo bianco, nel 1824,
sino a pi di sessanta leghe al di sopra della sua foce.
Infine, un naturalista tedesco, consigliere delle miniere
d'Austria, Giuseppe Russegger, visitando egualmente, dal 1836
al 1838, la parte inferiore del corso di Bahr-el-Abiad,
preludiava con questo viaggio ufficiale alle grandi e feconde
ricognizioni che Mehemet-Al doveva inviare nelle stesse
regioni.
III.
Il movimento scientifico orientale e le esplorazioni americane.
Interpretazioni delle iscrizioni cuneiformi e studi assiriologici fino al 1840.
L'antico Iran e l'Avesta. La triangolazione dell'India e gli studi
indostani. L'esplorazione e la misura dell'Himalaia. La penisola
Arabica. La Siria e la Palestina. L'Asia centrale e Alessandro di
Humboldt. Pike alle sorgenti del Mississippi, dell'Arkansas e del fiume
Rosso. Le due spedizioni del maggior Long. Il generale Cass.
Schoolcraft alle sorgenti del Mississippi. L'esplorazione del Nuovo
Messico. Viaggi archeologici nell'America centrale. Ricerche di storia
naturale al Brasile. Suix e Martine, il principe Massimiliano di Wied-
Neuwied. D'Orbigny e l'uomo americano.

Bench le scoperte, delle quali andremo dicendo, non
siano pi, propriamente parlando, geografiche, hanno per
irradiato d'una luce cos nuova parecchie civilizzazioni antiche,
hanno tanto esteso il dominio della storia delle idee, che non
possiamo dispensarci dal dirne qualche parola.
La lettura delle iscrizioni cuneiformi e la spiegazione dei
geroglifici sono avvenimenti tanto importanti pei loro risultati,
ci rivelano una tale moltitudine di fatti sino allora ignorati o
travisati nei racconti pi o meno meravigliosi degli antichi
storici Diodoro, Ctesias e Erodoto, che impossibile di passar
sotto silenzio scoperte scientifiche cos importanti.
Per esse noi penetriamo nell'intimit d'un mondo, d' una
civilt estremamente avanzata, dai costumi, dalle abitudini
assolutamente differenti delle nostre. Quanto curioso il tenere
fra le mani i resoconti dell'intendente di un gran signore o di un
governatore di provincia, il leggere dei romanzi come quelli di
Setna e dei Due Fratelli, delle storielle come quella del
Principe predestinato!
Se gli edifizi dalle vaste proporzioni, i templi superbi, i
sotterranei magnifici, gli obelischi scolpiti, non erano, fino
allora, per noi, che monumenti sontuosi, adesso sappiamo,
dalla lettura delle iscrizioni, che li coprono, la vita dei sovrani
che li hanno fabbricati e le circostanze della loro elezione.
Quanti nomi di popoli di cui gli storici greci non facevano
menzione, quante citt sparite, quante particolarit relative al
culto, all'arte, all'industria, alla vita di ogni giorno, quanti
avvenimenti politici o militari ci rivelano ora nelle loro
minuziose particolarit i geroglifici e le iscrizioni cuneiformi!
E di questi popoli che non conoscevano che
imperfettamente, e per cos dire, superficialmente, noi
penetrammo resistenza quotidiana; abbiamo adesso un'idea
della loro letteratura. Non forse lontano il giorno in cui
conosceremo la vita degli Egiziani del XVIII secolo avanti l'era
nostra, tanto bene quanto quella dei nostri padri del XVII e del
XVIII secolo dopo Ges Cristo.
Carsten Niebuhr aveva riportato da Persepoli delle
iscrizioni in caratteri sconosciuti, delle quali, pel primo, egli
aveva fatta una copia esatta e completa. Molti tentativi erano
stati fatti per spiegarle; ma tutto invano, allorch, per una
inspirazione di genio, con un'intuizione luminosa, il dotto
filologo Grotefend d'Arinover pervenne, nel 1802, a penetrare
il mistero che le ricopriva.
Gli che erano davvero singolari e difficili a interpretarsi
queste iscrizioni cuneiformi! S'immagini una serie di chiodi
(cuneus), disposti in diversi modi, formanti dei gruppi allineati
orizzontalmente. Che cosa esprimevano questi gruppi?
Rappresentavano dei suoni e delle articolazioni, o delle parole
intiere, come le lettere dei nostri alfabeti? Avevano essi quel
valore ideografico che possiedono i caratteri della scrittura
chinese? Quale era la lingua che vi si trovava nascosta? Ecco
tutti i problemi che si trattava di risolvere. C'era da pensare che
le iscrizioni portate da Persepoli, dovessero essere scritte nella
lingua degli antichi Persi; ma Rask, Bopp e Lassen non
avevano ancora studiato gli idiomi iraniani e dimostrato la loro
affinit col sanscrito.
Raccontare dietro quali deduzioni ingegnose, quali
supposizioni, quali ipotesi, Grotefend arriv a riconoscere una
scrittura alfabetica, a isolare da certi gruppi, dei nomi ch'egli
suppose essere quelli di Dario e di Xerxe ci che lo rese
padrone della conoscenza di diverse letture ch'egli applic alla
lettura di nuove parole sarebbe uscire dal nostro compito. Il
metodo era ormai trovato. Ad altri incombeva la cura di
completarlo e di perfezionarlo.
Pi di trent'anni scorsero per prima che questi studi
avessero compiuti dei notevoli progressi. il nostro dotto
compatriota Eugenio Burnouf, che fece fare loro un passo
considerevole. Mettendo a profitto la sua conoscenza del
sanscrito e del zend, prov che la lingua delle iscrizioni
persepolitane non era che un dialetto zend, adoperato nella
Bactriana, che si parlava ancora al VI secolo, prima della
nostra era, nel quale erano stati scritti i libri di Zoroastro. La
sua memoria del 1836. All'istessa epoca, un dotto tedesco,
Lassen, di Bonn, che si era dato, per suo conto, alle stesse
ricerche, arrivava a conclusioni identiche.
Ben presto le iscrizioni che si possedevano erano tutte
lette, l'alfabeto veniva spiegato, salvo un piccolo numero di
segni sopra i quali non si era assolutamente d'accordo.
Per non si possedeva ancora che una base e l'edificio era
ben lungi dall'essere terminato. Infatti si era osservato che le
iscrizioni persepolitane sembravano ripetute in tre colonne
parallele. Non vi era in esse una triplice versione delle stesse
iscrizioni nelle tre lingue principali dell'impero akemenida, il
persiano, il medo e l'assiro o babilonese? L'ipotesi era esatta,
ma grazie alla decifrazione d'una di queste iscrizioni, si aveva
un punto di paragone, e si pot procedere come Champollion
aveva fatto, per la pietra di Rosette, che, riguardo ad una
traduzione greca, portava due versioni in scrittura demotica e
geroglifica.
In queste due altre iscrizioni, si riconobbe l'assiro-caldeano
che appartiene come l'ebraico himyarito e l'arabo, alla famiglia
semitica e un terzo idioma, che ricevette il nome di medico, e
che si ravvicinato al turco ed al tartaro. Ma l'estenderci su
queste ricerche, sarebbe un invadere il campo altrui. Questo
doveva essere il compito dei dotti danesi Westergaard, dei
francesi di Saulcy e Oppert, degli inglesi Norris e Rowlinson,
per non citare che i pi celebri. Pi tardi avremo a ritornarvi
sopra.
La conoscenza del sanscrito, le ricerche sulla letteratura
bramina, della quale parleremo pi in l, avevano inaugurato
un movimento scientifico che doveva andare aumentando,
merc studi pi profondi e pi comprensivi. Un'immensa
contrada designata dagli orientalisti sotto il nome di Iran, che
comprende la Persia, l'Afganistan e il Belutchistan, era stata,
molto prima che Ninive e Babilonia apparissero nella storia, la
sede d'una civilizzazione avanzata, alla quale si rannoda il
nome di Zoroastro, ad un tempo conquistatore, legislatore e
fondatore d'una religione. I suoi discepoli, perseguitati
all'epoca della conquista musulmana, cacciati dalla loro antica
patria, ove il loro culto si era conservato, si rifugiarono, sotto il
nome di Parsi, nel nord-ovest dell'India.
Alla fine dell' ultimo secolo, il francese Anquetil-Duperron
aveva portato in Europa una copia esatta dei libri religiosi dei
Parsi scritti nella lingua stessa di Zoroastro. Li aveva tradotti e,
durante sessanta anni, tutti i dotti vi avevano trovato la
sorgente delle nozioni religiose e filosofiche ch'essi
possedevano sopra l'Iran. Questi libri sono conosciuti sotto il
nome di Zend-Avesta, parola che racchiude il nome della
lingua Zend, e il titolo dell'opera Avesta.
Ma questo nome della scienza, dopo i progressi degli studi
sanscriti, aveva bisogno di essere rinnovato e trattato col rigore
dei metodi nuovi. Il filologo danese Rask, nel 1826, poi
Eugenio Burnouf, con la sua conoscenza profonda del sanscrito
e coll'aiuto d'una traduzione sanscrita, recentemente scoperta
nell'India, avevano ripreso lo studio del Zend. Burnouf aveva
benanche pubblicato, nel 1834, uno studio magistrale sul
Yaena, che fece epoca. Da questo ravvicinamento del sanscrito
arcaico, e del Zend, nacque l'ammissione della stessa origine
per queste due lingue e la prova della parentela, per meglio
dire, dell'unit dei popoli che le parlavano. In origine, avevano
gli stessi nomi di divinit, le stesse tradizioni, senza contare la
somiglianza dei costumi, la stessa denominazione generica per
questi due popoli che, nei loro scritti pi antichi, vengono
chiamati Aryas. Crediamo inutile di insistere sull'importanza di
questa scoperta, che venuta a rischiarare d'una luce tutta
nuova i principi per tanto tempo ignorati della nostra storia.
Dopo la fine del secolo XVIII, vale a dire dopo l'epoca in
cui gli Inglesi si erano saldamente stabiliti nell'India, lo studio
fisico del paese, con tutte le notizie che vi si annettono, era
stato spinto attivamente. Esso naturalmente aveva preceduto
l'etnologia e le scienze affini che per fiorire richiedono un
terreno pi sicuro e tempi pi tranquilli. Bisogna confessare
nello stesso tempo, che questa cognizione necessaria al
governo ed all'amministrazione parimenti che alle imprese
commerciali. Epper il marchese di Wellesley, allora
governatore per la Compagnia, comprendendo di quale
importanza fosse l'esecuzione di una carta dei possedimenti
inglesi, aveva incaricato nel 1801 il brigadiere di fanteria
Guglielmo Lambton di rilevare con una rete trigonometrica le
due rive orientale ed occidentale dell'India all'osservatorio di
Madras. Ma Lambton non si accontent di questo compito.
Egli determin con precisione un arco del meridiano del capo
Comorino fino al villaggio di Takoor-Kera, a quindici miglia al
sud-est d'Ellichpoor. L'ampiezza di questo arco superava
dunque i dodici gradi. Per mezzo di ufficiali istruiti, fra i quali
va citato il colonnello Everest, il governo dell'India avrebbe
visto compiuto l'incarico dei suoi ingegneri molto prima del
1840, se le annessioni successive di nuovi territori non fossero
venute continuamente ad allontanare il termine.
Quasi nello stesso tempo nasceva un movimento
considerevole per la conoscenza della letteratura dell'India.
A Londra nel 1776 apparve tradotto per la prima volta un
sunto dei codici indigeni pi importanti, sotto il nome di
Codice del Gentoux.
Nove anni pi tardi veniva fondata a Calcutta la Societ
asiatica da sir William J ones, il primo che sapesse veramente il
sanscrito, Societ, la cui pubblicazione, Asiatic Researches,
raccolse tutte le informazioni scientifiche relative all'India.
Poco dopo, nel 1789, J ones pubblicava la sua traduzione
del dramma di Sakuntala, grazioso esemplare della letteratura
indiana, cos pieno di sentimento e di delicatezza. Le
pubblicazioni di dizionari e di grammatiche si succedevano
incessantemente. Nell'India britannica nasceva una vera
emulazione. Essa non avrebbe tardato ad espandersi
nell'Europa, se il blocco continentale non avesse impedita la
introduzione dei libri pubblicati all'estero. A quell'epoca un
inglese, Hamilton, prigioniero a Parigi, studiava i manoscritti
orientali della nostra Biblioteca e iniziava Federico Schlegel
alla conoscenza del sanscrito, che da allora in poi non era pi
necessario andar a studiare sul luogo.
Schlegel ebbe per allievo Lassen; e con lui si diede allo
studio della letteratura e delle antichit dell'India, alla
discussione, alla pubblicazione ed alla traduzione dei testi.
Durante questo tempo Franz Bopp si dedicava con vera rabbia
allo studio della lingua, rendeva le sue grammatiche accessibili
a tutti, ed arrivava a questa conclusione, allora sorprendente,
oggigiorno unanimemente accettata, della parentela delle
lingue indo-europee.
Si constat ben tosto che i Vedas questa collezione
circondata da un rispetto generale che ne aveva impedito le
alterazioni erano per ci stesso scritti in un idioma
antichissimo, molto puro, che non aveva pi rifiorito e la cui
stretta rassomiglianza collo zend faceva risalire la
composizione di questi libri sacri pi in l della divisione in
due rami della famiglia ariana. Poi si studiarono le due epopee
dell'epoca braminica, che succede ai tempi vedici, il
Mahabharata ed il Ramayana, del pari che i Paranas. I dotti,
grazie ad una conoscenza pi profonda delle lingue e ad una
iniziazione pi intima dei miti, riuscirono a fissare
approssimativamente l'epoca della composizione di questi
poemi e a rilevarne le innumerevoli alterazioni, a sceverare
quanto spetta alla storia ed alla geografia in quelle allegorie
meravigliose.
Con queste pazienti e minute investigazioni si giungeva a
questa conclusione, che le lingue celtica, greca, latina,
germanica, slava e persiana, hanno tutte una stessa origine e
che la lingua madre non altro che il sanscrito. Se la lingua
la stessa, bisogna dunque che il popolo sia stato lo stesso. Le
differenze che esistono oggi fra questi diversi idiomi si
spiegano con dei frazionamenti successivi del popolo
primitivo, dati approssimativi che permettono la maggiore o
minore affinit di queste lingue col sanscrito, e la natura delle
parole di esso hanno tolto, da quest'ultimo parole
corrispondenti per la loro natura ai diversi gradi di progresso
della civilt.
In pari tempo si faceva un'idea netta e precisa
dell'esistenza che avevano condotta i padri della razza indo-
europea e delle trasformazioni che la civilt le ha fatto subire. I
Vedas ce la fanno conoscere quando essa non ha ancora invaso
l'India ed occupa il Pendgiab e il Cabulistan. Questi poemi ci
fanno assistere alle lotte contro le popolazioni primitive
dell'Indostan, la cui resistenza fu altrettanto pi accanita in
quanto che i vincitori nella divisione in caste non lasciavano ad
essi, che la pi infima e la pi disonorata. Merc i Vedas si
entra in tutti i particolari della vita pastorale e patriarcale degli
Aryas, ci iniziamo a questa esistenza quasi priva di movimento
della famiglia e si domanda se la tetta accanita dei moderni
vale le pacifiche gioie che la mancanza di bisogni riserbava ai
loro padri.
Si comprende che noi non possiamo fermarci pi a lungo
su questo argomento: ma il lettore avr potuto capire, dal poco
che noi ne abbiamo detto, l'importanza di questi studi dal punto
di vista della storia, dell'etnografia, della linguistica. Per
maggiori particolari rimandiamo i lettori alle opere speciali
degli orientalisti ed agli eccellenti manuali di storia antica dei
signori Robiou, Lenormant e Maspero. Tutti i risultati ottenuti
fino al 1820 nei diversi ordini di ricerche scientifiche erano
stati registrati con competenza; ed imparzialit nel grande
lavoro di Walter Hamilton, che ha per titolo: Descrizione
geografica, statistica e storica dell'Indostan e dei paesi vicini.
una di quelle opere che, segnando il cammino della scienza,
determinano con precisione il suo grado di progresso ad una
data epoca.
Dopo questo rapido sguardo ai lavori relativi alla vita
intellettuale e sociale degli Indiani, conviene registrarne gli
studi che hanno per scopo la conoscenza fisica della contrada.
Uno dei risultati che avevano maggiormente sorpreso nei
viaggi di Webb e di Moorcroft, era l'altezza straordinaria che
questi esploratori assegnavano alle montagne dell'Himalaya. La
loro elevatezza, secondo il giudizio di questi viaggiatori,
doveva essere per lo meno uguale alle pi alte cime delle Ande.
Le osservazioni del colonnello Colebrook davano a questa
catena ventiduemila piedi e questi calcoli sembravano ancora al
disotto della realt. Dal canto suo, Webb aveva misurato uno
dei picchi pi notevoli della catena, il J amunavatari, e gli
attribu ventimila piedi al disopra del piano sul quale poggiava,
che alla sua volta si trova all'altezza di cinquemila piedi circa al
disopra della pianura. Poco soddisfatto d'una misura che gli
sembrava troppo approssimativa, Webb aveva allora misurato
con tutto il rigore matematico possibile il Dewalagiri o
montagna bianca, ed aveva riconosciuto che la vetta di
questo monte giungeva a ventisettemila e cinquecento piedi.
Nella catena dell'Himalaya, ci che colpisce pi di tutto
la successione di queste montagne, questo allineamento di
proiezioni, che si arrampicano le une sulle altre. Ci d
un'impressione molto pi viva della loro altezza di quanto non
lo farebbe lo spettacolo di un picco isolato ergentesi dalla
pianura per perdere la sua alta cima nelle nubi.
I calcoli di Webb e di Colebrook furono ben tosto
verificati dalle osservazioni matematiche del colonnello
Crawford, che aveva misurato otto delle pi alte cime
dell'Himalaya. La pi alta di tutte, era secondo l'osservatore, il
Chumulari, situato vicino alle frontiere del Buthan e del Thibet,
la cui vetta doveva essere di trentamila piedi al disopra dell'
Oceano.
Questi risultati, bench concordassero fra loro e fosse
difficile ammettere che questi osservatori si fossero tutti
sbagliati uniformemente, avevano grandemente sorpreso il
mondo dotto. L'obiezione principale, era che in queste contrade
il limite delle nevi doveva essere presso a poco a tredicimila
piedi al disopra del mare. Sembrava dunque impossibile che le
montagne dell'Himalaya fossero coperte di foreste di pini
giganteschi, come lo asseriva ciascun esploratore.
Epper, l'osservazione dava torto alla teoria. In un secondo
viaggio Webb mont sino al Niti-Gt, il colle pi elevato della
terra, del quale fiss la latitudine a
sedicimilaottocentoquattordici piedi. Non solamente Webb non
vi trov neve, ma nemmeno le rocce, che lo dominano di
trecento piedi, non ne conservano durante l'estate. Epper, l
sopra quei rapidi pendii, ove la respirazione diviene tanto
difficile, si trovavano delle magnifiche foreste di pini, di
cipressi e di abeti.
l signor Webb, dice Desborugh, attribuisce l'altezza dei
limiti della neve perpetua nelle montagne dell'Himalaya alla
grande altezza del piano donde esse lanciano verso il cielo le
ultime loro cime. Come il calore della nostra atmosfera ha per
cagione principale l'irradiazione della superficie della terra, ne
segue che la prossimit e l'estensione delle pianure che
circondano debbano far subire delle modificazioni importanti
alla temperatura d'un luogo elevato. Queste osservazioni ci
sembrano confutare in un modo soddisfacente le obiezioni
sollevate da alcuni dotti intorno al soggetto della grande altezza
delle montagne dell'Himalaya, che possono in conseguenza
essere riguardate con certezza come la pi alta catena di tutto il
mondo.
Bisogna dire ora alcune parole d'una escursione intrapresa
nei paraggi gi visitati da Webb e da Moorcroft. Il viaggiatore
Fraser non aveva n gl'istrumenti, n l'istruzione necessaria per
misurare le alte cime attraverso le quali stava per spingersi; ma
egli sentiva vivamente, e la sua relazione, piena d'interesse,
talvolta assai divertente. Visit la sorgente della J umma e,
bench fosse a pi di venticinquemila piedi, incontrava ad ogni
momento dei villaggi situati pittorescamente sopra i pendii
coperti di neve. Fraser visit poscia Gangutri, malgrado
l'opposizione delle guide che gli facevano capire come la strada
fosse estremamente pericolosa, perch un vento pestilenziale
privava di sensi ogni viaggiatore che osava arrischiar visi.
L'esploratore fu meravigliato dalla grandezza e dalla
magnificenza dei paesaggi ch'egli scopr e si vide compensato
da questi piaceri d'artista delle fatiche sofferte.
La catena dell'Himalaya, dice Fraser, offre un carattere
tutto particolare. I viaggiatori che l'hanno veduta saranno
costretti di convenirne. Essa non rassomiglia infatti a nessuna
altra catena di monti perch, veduti da un punto elevato, le loro
sommit, dalle forme fantastiche, le loro guglie d'un'altezza
tanto prodigiosa, cagionano una tale meraviglia allo straniero,
del quale attirano l'ammirazione, che egli si crede alcune volte
vittima e giuoco d'un miraggio ingannatore.
Dobbiamo ora lasciare la penisola gangetica per quella
araba, dove avremo da registrare il risultato di alcune corse
interessanti. Dobbiamo, prima di tutto, parlare del viaggio del
capitano Sadlier, dell'armata dell'India. Incaricato, al mese
d'agosto 1819, d'una missione dal governatore di Bombay
presso Ibrahim-Pasci in lotta contro i Wahabiti, questo
ufficiale attravers la penisola intera dal porto di El-Kadif,
sopra il golfo Persico, sino a Yamba, sopra il mar Rosso.
Questa relazione, assai curiosa, d'una traversata
dell'Arabia, che fino allora nessun europeo non aveva ancora
compita, non fu mai per disgrazia pubblicata separatamente e
rimase seppellita in un libro quasi irreperibile: Transactions of
the Literary Society of Bombay.
Presso a poco nello stesso tempo, dal 1821 al 1826, il
governo inglese fece procedere dai capitani di navi Moresby e
Haines a lavori idrografici, che avevano per iscopo il rilievo
completo delle coste dell'Arabia. Essi dovevano servire alla
formazione della prima pianta, ben fatta, che si possedesse di
questa penisola.
Avremo detto tutto, quando avremo citato le due
escursioni dei naturalisti francesi, Aucher Eloy sul paese
d'Oman, e Emilio Botta nel Yemen, allorch noi avremo
parlato dei lavori di un console di Francia a Djedda, Fulgenzio
Fresnel, a proposito degli idiomi e delle antichit dell'Arabia.
Quest'ultimo nelle sue lettere sopra l'istoria degli Arabi prima
dell'islamismo, pubblicate il 1836, fu uno dei primi a studiare
la lingua himyarita od homerita, a riconoscere che essa si
avvicina pi agli antichi dialetti ebraico e siriaco, che all'arabo
attuale.
Sul principio di questo volume si parlato delle
esplorazioni e delle ricerche archeologiche e storiche di
Seetzen e d Burckhardt nella Siria e nella Palestina. Ci rimane
a dire poche parole sopra una escursione i cui risultati
interessano pi particolarmente la geografia fisica. Si tratta del
viaggio di un naturalista bavarese, Enrico Sehubert.
Cattolico ardente, dotto entusiasta, Sehubert si sentiva
attratto dai paesaggi melanconici della Terra Santa, dalle
leggende meravigliose, dalle memorie storiche. Epper nelle
sue relazioni si trovano le impressioni profonde del credente e
le preoccupazioni scientifiche del naturalista.
Nel 1837 Sehubert, dopo d'aver percorso l'Egitto inferiore
e la penisola del Sinai, penetr nella Terra Santa. Due dei suoi
amici, un medico, il dottor Erdl, un pittore, Martin Bernatz,
accompagnarono il dotto pellegrino bavarese,
I viaggiatori, sbarcati a El-Akabah sul mar Rosso, si
recarono con una carovana araba ad El-Khalil, l'antica Hebron.
La via che essi seguirono non era stata ancora battuta dal piede
di un europeo. Era una larga e piana vallata, che finiva al mar
Morto e sembrava avergli un tempo servito di scaricatore verso
il mar Rosso, Burckhardt e molti altri che non avevano fatto
che vederla, avevano provata la stessa impressione, ed essi
attribuivano ad un sollevamento del suolo l'interruzione di
questo scaricamento. Le altezze, rilevate dai viaggiatori,
dovevano dimostrare la falsit di questa ipotesi.
Infatti, a cominciare dal fondo del golfo Elanitico, la strada
sale per due o tre giorni di cammino, fino al punto che gli
Arabi chiamano la Sella, poi ridiscende e s'affonda verso il mar
Morto. Questo punto di divisione a settecento metri al disopra
del mare. Ci almeno quanto constat l'anno seguente un
viaggiatore francese, il conte di Bertu, che esplor le stesse
localit.
Discendendo verso il lago Asfaltide, Schubert e i suoi
compagni si diedero ad altre osservazioni barometriche, e
furono assai sorpresi di vedere il loro strumento segnare
novantun piedi al disotto del mar Rosso e dei livelli sempre
meno elevati.
A tutta prima, avevano creduto vi fosse qualche errore, ma
dovettero arrendersi all'evidenza e riconoscere che il lago
Asfaltide non aveva mai potuto versarsi nel mar Rosso per
questa eccellente ragione, che il suo livello gli di molto
inferiore.
Ora, questo infossamento del mar Morto ancora molto
pi sensibile quando, venendo da Gerusalemme, si vada a
Gerico. Allora si percorre una lunga vallata a pendo
rapidissimo, e che lo sembra ancora di pi, perch i piani
montuosi della Giudea, della. Perca e dell'Hauran sono
altissimi, questi ultimi innalzandosi a circa tremila piedi sul
livello del mare.
Tuttavia, l'aspetto dei luoghi e la testimonianza degli
strumenti erano in tale contraddizione con le idee fino allora
avute, che i signori Erdl e Schubert non ritennero che con
riserbo questi risultati, ch'essi attribuirono ad una deviazione
del loro barometro o ad un perturbamento subitaneo
dell'atmosfera. Ma, durante il loro ritorno a Gerusalemme, il
barometro ritorn all'altezza media ch'esso aveva segnato
prima della loro partenza per Gerico. Bisogn dunque, di
buona o mala voglia, ammettere che il mar Morto di seicento
piedi almeno al disotto del Mediterraneo, cifra che le
esplorazioni posteriori dovevano dimostrare di una met ancora
inferiore al vero.
Era quella, bisogna convenirne, una fortunata rettifica che
dovea avere una notevole influenza, richiamando l'attenzione
degli scienziati sopra un fenomeno che altri esploratori
dovevano ben presto verificare.
Nello stesso tempo, si completava e rettificava lo studio
fisico del bacino del mar Morto. Due missionari americani,
Edward Robinson ed Di Smith, nel 1838 davano un impulso
tutto nuovo alla geografia biblica. Erano i precursori di quella
falange di viaggiatori naturalisti, di storici, d'archeologi,
d'ingegneri, che ben presto sotto gli auspici dell'Associazione
inglese od insieme a questa societ, dovevano esplorare in tutti
i sensi la terra dei patriarchi, compierne la carta in tutti i suoi
particolari, e infine procedere a molte scoperte che dovevano
gettare una nuova luce sui popoli antichi, possessori a volta a
volta di questa parte del bacino mediterraneo.
Ma non soltanto questa regione, cos interessante per le
memorie che essa evoca in ogni animo cristiano, che fu
l'oggetto degli studi degli eruditi e dei viaggiatori. L'Asia
Minore tutta quanta doveva in poco tempo dare alla curiosit
del mondo scientifico i tesori ch'essa contiene nel suo suolo. I
viaggiatori la attraversavano in tutti i sensi. Parrot visitava
l'Armenia; Dubois di Montepereux percorreva il Caucaso nel
1839; Eichwald nel 1825 e 1826 esplor le rive del mar
Caspio; infine Alessandro Humboldt, grazie alla generosit
dell'imperatore di Russia, Nicola, completava nella parte
asiatica dell'Asia e nell'Ural, le osservazioni di fisica generale e
di geografia ch'egli aveva cos coraggiosamente raccolte nel
Nuovo Mondo. Humboldt col mineralogista Gustavo Rose, col
naturalista Ehrenberg, molto noto per i suoi viaggi nell'Alto
Egitto e nella Nubia, col barone di Helmersen, ufficiale del
genio, percorreva la Siberia, visitava le miniero d'oro e di
platino dell'Ural, esplorava le steppe del Caspio e la catena
dell'Aitai fino alla frontiera della China. Questi scienziati si
erano suddiviso il lavoro; Humboldt si era incaricato delle
osservazioni astronomiche, magnetiche, fisiche e di storia
naturale, Rose teneva il giornale del viaggio, ch'egli ha
pubblicato in tedesco dal 1837 al 1842.
I risultati scientifici di questa esplorazione, per quanto
rapida in nove mesi soltanto i viaggiatori non avevano
percorso meno di 11.500 miglia furono considerevoli.
In una prima pubblicazione, apparsa a Parigi nel 1838,
Humboldt non si occupava che della climatologia e della
geologia dell'Asia; ma, a questo frammenta di lavoro
succedeva nel 1843 un'opera magistrale, l'Asia centrale.
Egli vi ha registrati e ordinati, dice la Roquette, i
principali risultati scientifici della sua escursione in Asia, e s'
dato a considerazioni ingegnose sulla forma dei continenti,
sulla configurazione delle montagne della Tartaria; egli vi
studia specialmente l'ampia depressione che si estende
dall'Europa boreale fino al centro dell'Asia.
Dobbiamo ora lasciare l'Asia e passare in rivista le diverse
spedizioni che si erano successe sul Nuovo Mondo, dopo il
principio del secolo. All'epoca in cui Lewis e Clarke
attraversavano l'America del Nord, fino all'Oceano Pacifico, un
giovine ufficiale, il luogotenente Zabulon Montgomery Pike
era stato incaricato dal governo, nel 1807, di riconoscere le
sorgenti del Mississippi. Egli doveva cercare nello stesso
tempo di conciliarsi l'amicizia degli Indiani che incontrerebbe.
Ben accolto dal capo della potente confederazione dei
Siux, regalato di una pipa sacra talismano che gli avrebbe
assicurato la protezione delle trib alleate Pike risal il
Mississippi, oltrepass il Ghippeway ed il fiume Saint-Pierre,
grandi affluenti di questo immenso corso d'acqua. Ma al di l
del confluente di questo fiume fino alle cateratte di
Sant'Antonio, il corso del Mississippi sbarrato da una serie
non interrotta di salti e di rapidi pendii. Giunto sotto il 45
grado di latitudine, Pike e i suoi compagni dovettero lasciare i
loro canotti per continuare il loro viaggio in slitta. Ai rigori
d'un inverno spaventoso, si aggiunsero ben presto le torture
della fame. Nulla per arrest gli intrepidi esploratori, che
continuando a seguire il Mississippi, ridotto a trecento verghe
di larghezza, arrivarono nel mese di febbraio al lago delle
Sanguisughe ove furono accolti premurosamente in un
accantonamento di cacciatori di pellicce di Monreale.
Dopo d'aver visitato il lago del Cedro-Rosso, Pike ritorn a
Port-Louis. Questo viaggio faticoso e pieno di pericoli non
aveva durato meno di nove mesi, e bench il suo scopo non
fosse stato raggiunto, non era stato del tutto infruttuoso per la
scienza.
L'abilit, la freddezza d'animo ed il coraggio di Pike non
passarono inosservati, ed il governo elevandolo poco tempo
dopo al grado di maggiore, gli affid il comando di una nuova
spedizione.
Si trattava questa volta di esplorare l'ampia distesa di paese
compreso fra il Mississippi e le Montagne Rocciose, di seguire
le sorgenti dell'Arkansas e del fiume Rosso. Con ventitr
persone, Pike risal l'Arkansas, bel fiume, che navigabile fino
ai monti, ove esso trae le sue sorgenti, fuorch nell'estate, in cui
alcuni banchi di sabbia ne ostruiscono il corso.
Ma, durante questa lunga navigazione, era venuto
l'inverno: le sofferenze che avevano cos duramente provato
Pike nella sua prima spedizione, si ripeterono con doppio
rigore. La cacciagione era cos scarsa, che, per quattro giorni, il
distaccamento dovette privarsi di cibo. Parecchi uomini ebbero
i piedi gelati, e questa disgrazia venne ad aumentare le fatiche
di quelli che erano rimasti sani. Dopo d'aver raggiunta la
sorgente dell'Arkansas, il maggiore discendendo al sud, non
tard ad incontrare un bel corso d'acqua che egli credette il
fiume Rosso.
Era invece il Rio-del-Norte, fiume che ha la sua origine nel
Colorado, provincia allora spagnuola, e sbocca nel Messico.
Da quanto si detto delle difficolt che Humboldt dovette
superare per ottenere il permesso di visitare i possedimenti
spagnuoli, si potuto giudicare se questo popolo era geloso di
veder penetrare degli stranieri sul suo territorio. Subito
circondato da un distaccamento di soldati spagnuoli, il maggior
Pike fu fatto prigioniero con tutti i suoi uomini e condotto a
Santa-F. La vista dei loro abiti a brandelli e delle loro facce
emaciate, il loro aspetto miserando, non testimoniavano in
favore degli Americani che gli Spagnuoli presero a tutta prima
per selvaggi. Nondimeno, appena riconosciuto l'errore, Pike e il
suo distaccamento furono condotti attraverso le province
interne fino alla Luigiana, e giunsero il 1 luglio 1807 a
Nachitoches.
La disgraziata fine di questa spedizione rallent per
qualche tempo lo zelo del governo, ma non quello dei semplici
privati, negozianti o cacciatori, ogni giorno pi numerosi nel
paese. Molti anzi attraversarono l'America dal Canada al
Pacifico. Fra questi viaggiatori, bisogna citare pi
particolarmente Daniel Williams Harmon, socio delle
Compagnie del Nord-Ovest, che viaggiando fra il 47 e il 58
grado di latitudine nord, vide i laghi Huron, Superiore, delle
Pioggie, dei Legni, Manitoba, Winnipeg, Athabasca, del
Grand'Orso, e giunse fino all'Oceano Pacifico.
La Compagnia delle Pellicce d'Astoria, stabilimento
situato alla foce della Columbia, fece molto anche per
l'esplorazione e la traversata delle montagne Rocciose.
Quattro soci di questa Compagnia, partiti d'Astoria nel
mese di giugno 1812, avevano risalita la Columbia, attraversate
le montagne Rocciose, e dirigendosi all'est-sud-est, dopo d'aver
raggiunto una delle sorgenti della Plata, sulla quale erano
discesi fino al Missuri che nessuno aveva esplorato prima di
essi, erano arrivati a San Luigi il 30 maggio 1813.
Nel 1811, un'altra spedizione composta di sessanta uomini,
lasciando San Luigi, risal il Missuri fino ai villaggi dei
Ricaras; dopo d'aver provate delle grandi privazioni, e perduto
parecchi uomini per la mancanza di nutrimento e per le fatiche,
essa era giunta ad Astoria sul principio del 1812.
Questi viaggi non avevano soltanto per risultato la
ricognizione topografica del terreno, ma avevano anche
apportate delle scoperte ben singolari e affatto impreviste.
cos che, nella vallata dell'Ohio, dal paese degli Illinois fino al
Messico, si erano incontrate delle rovine e delle fortificazioni o
trincee munite di fossati e di specie di bastioni, molti dei quali
coprivano cinque o sei acri di terreno. A quale nazione
attribuire questi lavori che denotavano una civilizzazione ben
superiore a quella degli Indiani? Problema difficile la cui
soluzione non ancora stata trovata.
Gi alcuni filologi e storici si inquietavano della
scomparsa delle trib indiane, che fino allora non erano state
osservate che superficialmente, e lamentavano che si fossero
spente senza che se ne fossero studiate le lingue ch'essi
parlavano. Le conoscenze di queste lingue, comparate con
quelle del vecchio mondo, avrebbero forse fornito qualche
indizio inaspettato sull'origine di queste trib nomadi.
Contemporaneamente si cominciava a studiare la flora e la
geologia del paese, scienza che riservava ai futuri esploratori
cos meravigliose sorprese.
Era troppo importante per il governo degli Stati Uniti di
procedere rapidamente alla ricognizione dei vasti territori che
lo separavano dal Pacifico, perch esso si astenesse a lungo
dall'organizzare una nuova spedizione.
Il segretario di Stato della guerra incaric nel 1809 il
maggiore Long di esplorare la contrada situata fra il
Mississippi e le montagne Rocciose, di riconoscere il corso del
Missuri e dei suoi principali affluenti, di determinare per
mezzo di osservazioni astronomiche i punti pi notevoli, di
studiare le trib indiane, di descrivere infine tutto ci che
l'aspetto del paese e le produzioni dei tre regni vi
presenterebbero di interessante.
Partito da Pittsburg il 5 maggio 1819 sul battello a vapore
l'Ingenieur Occidental, la spedizione giunse, il 30 maggio
successivo, al confluente dell'Ohio col Mississippi, ch'essa
rimont fino a San Luigi.
Il 29 giugno era riconosciuta la foce del Missuri. Nel mese
di luglio, il signor Say, incaricato delle osservazioni
zoologiche, percorse il paese fino al forte Osage, dove fu
raggiunto dal battello. Il maggiore Long approfitt del suo
soggiorno in questo luogo per mandare a riconoscere la
contrada fra il Kansas e la Plata; ma questo distaccamento,
assalito e spogliato, dovette tornare indietro, dopo d'essersi
visto togliere i cavalli.
Quando esso ebbe ricevuto, all'isola delle Vacche, un
rinforzo di quindici uomini di truppa, la spedizione guadagn il
19 settembre il forte Lisa, presso Council-Bluff, dove prese il
suo quartiere d'inverno. Violentemente attaccati dallo scorbuto,
gli Americani, che non avevano nessun rimedio contro questa
terribile malattia, perdettero cento uomini, vale a dire quasi il
terzo del loro effettivo.
Il maggiore Long, che, in questo frattempo, aveva
raggiunto Washington con un canotto, recava l'ordine di non
continuare il viaggio lungo il Missuri e di passare alle sorgenti
della Plata, per recarsi di l al Mississippi, attraverso
l'Arkansas ed il fiume Rosso.
Il 6 giugno, gli esploratori lasciarono dunque
l'accantonamento degli Ingegneri, come essi avevano chiamati i
loro quartieri d'inverno, e risalirono per pi di cento miglia la
valle della Plata, dalle erbose praterie, popolate di frotte
immense di bisonti e di daini che fornirono loro viveri in
abbondanza.
A queste praterie senza limiti, di cui neppure un colle
venne a rompere la monotonia, successe un deserto di sabbia
che si eleva a dolce pendo, per uno spazio di quasi
quattrocento miglia, fino alle montagne Rocciose. Tagliato da
barrancas a picco, da gole, in fondo alle quali, sotto una
vegetazione intristita e rara, mormora qualche meschino
rigagnolo, questo deserto non ha altri vegetali che i cactus dai
dardi pungenti e pericolosi.
Il 6 luglio, la spedizione aveva toccato il piede delle
montagne Rocciose. Il dottor J ames ne sal uno dei picchi, al
quale diede il suo nome, e che si eleva a 11.500 piedi al disopra
del mare.
Dalla cima di questo picco, dice il botanico, lo sguardo
abbraccia al nord-ovest ed al sud-ovest innumerevoli montagne
tutte bianche di neve; le pi lontane ne sono coperte fino alla
base. Immediatamente sotto i nostri piedi, all'ovest, giace la
stretta vallata dell'Arkansas, di cui noi possiamo seguire il
corso verso il nord-ovest a pi di sessanta miglia. Sul versante
nord della montagna, vi era una massa enorme di neve e di
ghiaccio, all'est si stendeva la grande pianura, elevantesi man
mano che si allontanava, fino a che, all'estremit dell'orizzonte,
essa sembrava confondersi col cielo.
In questo luogo, la spedizione si divise in due parti.
Una, sotto gli ordini del maggior Long, doveva dirigersi
verso le sorgenti del fiume Rosso; l'altra, comandata dai
capitano Bell, doveva discendere l'Arkansas fino al porto
Smith. I due distaccamenti si separarono il 24 luglio. Il primo,
ingannato dalle informazioni che gli diedero gli Indiani
Kaskaias e dall'inesattezza delle carte, prese la Canadina per il
fiume Rosso, e non si accorse dell'errore che quando giunse al
confluente di questo fiume coll'Arkansas. Questi Kaskaias
erano proprio i pi miserabili dei selvaggi; ma, intrepidi
cavalieri, essi erano abilissimi nel pigliar col laccio i
mustang selvatici, discendenti dai cavalli importati al
Messico dai conquistatori spagnuoli.
Il secondo distaccamento si era visto abbandonato da
quattro soldati, che avevano rubato, insieme ad una quantit di
oggetti preziosi, i giornali di viaggio di Say e del luogotenente
Swift.
I due drappelli avevano inoltre dovuto soffrire per la
mancanza di provvigioni in questi deserti ricoperti d'uno strato
di sabbia, i cui fiumi non avevano che un'acqua salmastra e
fangosa.
La spedizione riportava a Washington una sessantina di
pelli di animali selvatici, parecchie migliaia d'insetti, di cui
cento nuovi, un erbario di quattro o cinquecento piante
sconosciute, numerose vedute di paesi, e i materiali per una
carta delle contrade percorse.
Nel 1828 fu dato il comando di una nuova spedizione alto
stesso maggiore Long, i cui servigi erano stati grandemente
apprezzati.
Lasciando Filadelfia, nel mese di aprile, egli si rec
all'Ohio, attravers lo Stato che porta questo nome, gli Stati
d'Indiana e degli Illinois. Dopo d'aver raggiunto il Mississippi,
egli lo risal fino alla foce del fiume Saint-Pierre gi visitato da
Carver e poi dal barone La Hontan. Long lo segu fino alla sua
sorgente, incontr il lago Travers, giunse al lago Winnipeg,
esplor il fiume dello stesso nome, vide il lago dei Legni,
quello delle Pioggie, ed arriv al piano che separa il bacino
della baia di Hudson da quello del San Lorenzo. Egli infine per
il lago d'Acqua fredda, e per il fiume del Cane, si spinse fino al
lago Superiore.
Bench tutte quelle localit fossero gi da molti anni
percorse dagli esploratori dei boschi canadesi e dai cacciatori,
era la prima volta che una spedizione ufficiale li visitava con la
missione di determinare il tracciato. I viaggiatori furono
meravigliati dalla bellezza delle contrade bagnate dal
Winnipeg. Il corso di questo fiume, frequentemente interrotto
da rapidi pendii e da cascate del pi pittoresco effetto, scorre
fra due muraglie a picco di rocce di granito, coperte di verdura.
La bellezza di questi paesaggi succedendo alla monotonia
delle pianure e delle savane che avevano attraversato sino
allora, colm di ammirazione i viaggiatori.
L'esplorazione del Mississippi, abbandonata dopo
l'esplorazione di Montgomery Pike, fu ripresa nel 1828 dal
generale Cass, governatore del Michigan. Partito da Detroit,
alla fine di maggio, con un seguito di venti uomini rotti al
mestiere di esploratori di boschi, si port all'alto Mississippi
dopo d'aver visitato i laghi Huron, Superiore e Sandy, La sua
scorta, spossata, dovette accamparsi in questo luogo, mentre
egli riprendeva in canotto l'esplorazione del fiume. Per
centocinquanta miglia il Mississippi scorreva con rapidit e
senza ostacoli, ma a questa distanza il suo letto era interrotto da
rapidi pendii per una dozzina di miglia, fino alla cascata di
Peckgama.
Al di sopra di questa cascata la corrente, molto meno
rapida, serpeggiava attraverso immense savane fino al lago
delle Sanguisughe.
Dopo d'aver raggiunto il lago Winnipeg, Cass arriv, il 21
luglio, ad un nuovo lago, che ricevette il suo nome; ma non
volle spingersi pi avanti coi deboli mezzi ch'egli possedeva in
munizioni, in viveri ed in uomini.
Si era andati vicino alla, sorgente del Mississippi, ma non
la si era ancora raggiunta. L'opinione generale era che il fiume
uscisse da un piccolo lago, situato a sessanta miglia da quello
di Cass, che portava il nome di lago della Biche. Pure fu
soltanto nel 1832, mentre il generale Cass era segretario di
Stato della guerra, che si pens a risolvere questo importante
problema.
Il comando d'una spedizione di trenta persone, di cui dieci
soldati, un ufficiale incaricato dei lavori idrografici, un
chirurgo, un geologo, un interprete ed un missionario, fu dato
ad un viaggiatore, di nome Schoolcraft, che l'anno precedente
aveva esplorato il paese dei Chippeways al nord-ovest del lago
Superiore.
Schoolcraft, partito da Santa-Maria il 7 giugno 1832, visit
le trib del lago Superiore, ed entr ben presto nel fiume Saint-
Louis. Centocinquanta miglia separavano allora Schoolcraft dal
Mississippi. Non gli occorsero meno di dieci giorni per fare
questo tragitto, a motivo dei rapidi pendii e dei pantani. Il 3
luglio la spedizione arrivava alla fattoria di un commerciante
chiamato Aitkin, sulle rive del fiume, e si celebrava,
l'indomani, l'anniversario dell'indipendenza degli Stati Uniti.
Due giorni dopo, Schoolcraft si trovava in faccia alla
cascata, di Peckgama, e si accampava alla punta delle Quercie.
In questo luogo, il fiume faceva molti zig-zag in mezzo alle
savane; ma le guide condussero la spedizione per sentieri che
abbreviarono considerevolmente la distanza. Si passarono poi il
lago alla Crasse ed il lago Winnipeg, e Schoolcraft arriv il 10
luglio al capo Cass, punto che non era ancora stato passato
dagli esploratori precedenti.
Un drappello di Chippeways condusse i viaggiatori al
campo che essi occupavano in un'isola del lago. Il comandante,
sicuro delle disposizioni amichevoli di quei selvaggi, lasci in
questo luogo una parte della sua scorta, e accompagnato dal
luogotenente Alien, dal chirurgo Hugton, da un missionario e
da parecchi selvaggi, part in piroga.
Furono successivamente visitati i laghi Tascodiac e
Travers. Un po' al di l di quest'ultimo, il Mississippi si divide
in due rami. La guida condusse Schoolcraft per quello dell'est,
e facendogli valicare i laghi Marquette, Lasalle e Kubbakunna,
lo condusse al confluente della Naiwa, principale tributario di
questo ramo, che esce da un lago infettato da serpenti con la
testa dal color rame. Infine dopo di esser passato per il piccolo
lago di Usawa, la spedizione giunse ai lago Itasca, donde esce
il ramo itascano od occidentale del Mississippi.
Il lago Itasca o della Biche, come lo chiamavano i
Francesi, non ha pi di sette od otto miglia di estensione, ed
circondato da colline, ombreggiate dal cupo fogliame dei pini.
Esso sarebbe a 1500 piedi al di sopra dell'Oceano, secondo
Schoolcraft, ma non si deve dare grande importanza a queste
misure, giacch il comandante non aveva strumenti a sua
disposizione.
La spedizione, per guadagnare il lago di Cass, segu il
ramo occidentale, e ne riconobbe i principali affluenti.
Schoolcraft esplor in seguito gli Indiani che frequentavano
queste contrade e concluse dei trattati con essi.
Insomma lo scopo che il governo si proponeva era
raggiunto, ed il Mississippi, era da allora esplorato dalia sua
foce alla sua sorgente. La spedizione riportava una grande
quantit di particolari interessanti sui costumi, siigli usi, la
storia e la lingua degli indigeni; infine la storia universale
aveva fornito un ampio contingente di specie nuove e poco
conosciute.
Ma l'attivit dei popoli degli Stati Uniti non si limitava a
queste esplorazioni ufficiali. Molti cacciatori si lanciavano
attraverso nuove contrade. La maggior parte assolutamente
illetterati, non poterono dare delle scoperte alla scienza. Lo
stesso non di J acques Pattie, che ha pubblicato il racconto
delle sue avventure romanzesche e delle sue corse pericolose
sulla regione che si estende tra il Nuovo Messico e la Nuova
California.
Discendendo il rio Gila fino alla sua foce, Pattie visit dei
popoli quasi ignorati, i J otans, i Mohawas, i Nabahos, ecc., coi
quali le relazioni erano sempre state rarissime. Egli scoperse
sulle rive del rio Eiotario, delle rovine di antichi monumenti,
delle mura di pietra, dei fossati e delle stoviglie, e nelle
montagne vicine, delle miniere di rame, di piombo e d'argento:
Dobbiamo anche un curioso giornale di viaggio al dott
Willard, che, in un soggiorno di tre anni nel Nuovo Messico,
visit il rio del Nord dalla sua sorgente alla sua foce.
Infine nel 1831; il capitano Wyeth e suo fratello
esplorarono l'Oregon e la parte vicina delle montagne
Rocciose.
Dopo il viaggio di Humboldt al Messico gli esploratori si
succedono nell'America centrale. Bernasconi nel 1787 aveva
scoperto le rovine di Palenqu ora famose; Antonio Del-Rio
nel 1822 ne aveva data una descrizione particolareggiata,
ch'egli aveva corredata anche di alcuni disegni, dovuti alla
matita di Federico Waldeck, futuro esploratole di quella citt
morta.
Il capitano Guglielmo Dupaix e i disegnatori Castaneda dal
1805 al 1807 avevano fatto tre viaggi successivi nello Staio di
Chiana ed a Palenqu ed il risultato delle loro, ricerche
comparve nel 1830 in una magnifica opera, i cui disegni,
dovuti ad Agostino Aglio, sono stati eseguiti a spese di lord
Kingsborugh.
Infine nel 1832 e 1833, Waldeck soggiornava due anni
interi a Palenqu, vi faceva degli scavi, ne levava i piani, gli
spaccati e le elevazioni dei monumenti, s'applicava, a
riprodurre i geroglifici ancora inesplicati che li ricoprono, e
riuniva tanto per la storia naturale, quanto sui costumi degli
abitatiti una quantit di notizie assolutamente nuove.
Bisogna citare anche il colonnello Don J uan Galindo,
l'esploratore di Ralenqu, di Etatlan, di Copan, e d'altre citt
nascoste in fondo a foreste tropicali.
Dopo il lungo soggiorno che Humboldt aveva fatto
nell'America equinoziale, l'indirizzo che le sue esplorazioni
sembravano dover dare agli studi geografici, si trov
singolarmente incalzato dalle lotte delle colonie spagnuole
contro le loro metropoli. Pure, appena i governi indigeni
parvero stabiliti, intrepidi esploratori si lanciarono attraverso
questo mondo che allora era veramente nuovo, giacch la
gelosia sospettosa degli Spagnuoli l'aveva chiuso fin d'allora
alle investigazioni degli scienziati.
Naturalisti ed ingegneri percorrono l'America meridionale
o vanno a stabilirvisi. Presto anzi, nel 1817-1820, i governi
d'Austria e di Baviera si accordano per mandare al Brasile una
spedizione scientifica, alla testa della quale mettono i dottori
Spix e De Martius, che raccolgono numerose informazioni
sulla botanica, l'etnografia, la statistica, e la geografia di queste
contrade cos poco conosciute, e Martius scrive un'opera
monumentale sulla flora, del paese. Questa pubblicazione, fatta
a spese dei governi d'Austria e di Baviera, giudicata uno dei
modelli del genere.
Alla stessa epoca, le collezioni speciali: gli Annali dei
viaggi di Malte-Brun ed il Bollettino della Societ di
Geografia, per non citare che opere francesi, raccolgono con
cura, e pubblicano tutte le comunicazioni che si mandano loro,
principalmente sul Brasile e sulla provincia di Minas Geras.
Nello stesso tempo un generale prussiano, il maggiore
generale principe di Wied-Neuwied, a cui la pace del 1815
aveva creato degli ozi, si dava allo studio delle scienze naturali,
della geografia e della storia. Di pi, insieme ai naturalisti
Freirciss e Sellow, faceva un viaggio di esplorazione nelle
provincie interne del Brasile, e si occupava pi specialmente di
storia naturale e di zoologia.
Alcuni anni dopo, nel 1836, il naturalista francese Alcide
d'Orbigny, gi celebre quantunque ancora molto giovane,
riceveva dalla amministrazione del Museo una missione
relativa alla storia naturale dell'America del sud. Per otto anni
consecutivi d'Orbigny percorse il Brasile, l'Uruguay, la
Repubblica Argentina, la Patagonia, il Chili, la Bolivia ed il
Per.
Un tal viaggio, dice Damur nel discorso ch'egli pronunci
ai funerali di d'Orbigny, un tal viaggio fatto in contrade tanto
diverse per le loro produzioni, per il loro clima, per la natura
del loro suolo e per gli usi dei loro abitanti, presenta ad ogni
passo nuovi pericoli. D'Orbigny, dotato di una forte
costituzione e di un ardore infaticabile, sormont ostacoli che
avrebbero arrestato molti viaggiatori.
Arrivato nelle fredde regioni della Patagonia, in mezzo a
popoli selvaggi, continuamente in guerra, egli si vide costretto
ad abbracciare un partito e a combattere nelle file di una delle
trib che lo avevano ospitato. Fortunatamente per l'intrepido
scienziato, la vittoria si era schierata dalla sua parte, e gli rese
l'opportunit di continuare la sua via.
I risultati di cos lunghe ricerche esigettero tredici anni di
un lavoro accanito per essere messi in opera. Quest'opera che
tocca quasi tutta la scienza, lascia molto addietro quella che era
stata pubblicata sull'America meridionale. La storia,
l'archeologia, la zoologia e la botanica, vi tengono il posto
principale; ma la parte pi importante di questo lavoro
enciclopedico quella consacrata all'Uomo americano. In essa
l'autore ha riuniti tutti i documenti da lui stesso raccolti, ha
analizzato e criticato quelli che gli venivano di seconda mano
sui caratteri fisiologici, sui costumi, le lingue e le religioni
dell'America del Sud. Un'opera di qusto valore basterebbe per
immortalare il nome del dotto francese, e fa grandissimo onore
alla nazione che lo annovera fra i suoi figli.


FINE DELLA PARTE PRIMA.
PARTE SECONDA
CAPITOLO I.
I CIRCUMNAVIGATORI STRANIERI.
Il commercio delle pelliccie in Russia. Krusenstern riceve il
comando d'una spedizione. Nuka-Hiva.Nangasaki. Ricognizione
della costa del Giappone. J eso. Gli Ainos. Saglialien. Ritorno in
Europa Otto di Kotzebue Riposo all'isola di Pasqua. Penrlryn.
L'arcipelago Radak. Ritorno in Russia. Secondo viaggio.
Cambiamenti sopraggiunti a Taiti ed alle Sandwich. Viaggio di Beechey.
L'isola di Pasqua. Pitcairn ed i rivoltosi della Bounty. I Pomot.
Taiti e le Sandwich. Le isole Bonin-Sima. Ltke. I Quebradas di
Valparaiso. La settimana santa al Chili. La nuova Arcangelo. I
Kalosci. Ouna-Lachka. L'arcipelago delle Caroline. Le piroghe dei
Carolini. Guaham, isola deserta. Bellezza ed utilit delle isole Bonii-
Sima. I Thcuktci, loro abitudini e ciarlataneria. Ritorno in Russia.

Col secolo XIX, i Russi cominciano a partecipare ai viaggi
che si compiono intorno al mondo. Fino allora il campo delle
loro esplorazioni si era quasi interamente concentrato nell'Asia,
e fra i loro marinai non si contano che Behring, Tchirikoff,
Spangberg, Laxman, Krenitzin e Sarytcheff. Quest'ultimo prese
una parte notevole al viaggio dell'inglese Billings, viaggio che
fu lungi dal produrre i risultati che si era in diritto d'aspettarsi
dai dieci anni che vi furono consacrati e dalle spese notevoli di
cui era stato l'oggetto.
Ad Adamo Giovanni di Krusenstern spetta l'onore d'avere,
il primo fra tutti i russi, fatto il giro del mondo per uno scopo
scientifico o con una missione del governo.
Nato nel 1770, Krusenstern entrava nel 1793, nella marina
inglese. Sottoposto per sei anni a questa dura scuola che
contava allora i pi provetti marinai del globo, ritornava in
patria con una perfetta conoscenza del mestiere e con delle idee
singolarmente sviluppate sulla parte che la Russia poteva avere
nell'Asia orientale.
Durante un soggiorno di due anni a Cantori, nel 1798 e
1799, Krusenstern era stato testimonio dei meravigliosi risultati
che avevano ottenuto alcuni negozianti inglesi con la vendita
delle pellicce che andavano a cercare sulle coste nord-ovest
dell'America russa.
Questo commercio non ebbe origine che dopo il terzo
viaggio di Cook, e gl'inglesi avevano gi realizzati immensi
benefici a detrimento dei russi, che fino allora avevano
alimentato per terra i mercati della China.
Per un russo, chiamato Chelikoff, aveva formato, nel
1785, una compagnia che, stabilendosi sull'isola Kocliak, ad
eguale distanza dall'America, dal Kamtchatka e dalle isole
Aloutiennes, non tard a prendere uno sviluppo notevole. Il
governo comprese allora tutto il vantaggio che poteva trarre da
contrade fino a quel tempo considerate come diseredate, e
diresse verso il Kamtchatka, attraverso la Siberia, rinforzi,
provvigioni e materiali.
Krusenstern non istette molto a comprendere
l'insufficienza di questi soccorsi, l'incapacit dei piloti,
l'inesattezza delle carte i cui errori cagionavano tutti gli anni la
perdita di parecchie navi, senza parlare del pregiudizio che un
viaggio di due anni recava al trasporto delle pelliccie fino a
Okotsk e, di l, a Kiakhta.
Siccome le idee migliori sono sempre le pi semplici, cos
ad esse si pensa in ultimo. Krusenstern fu dunque il primo a
dimostrare la imperiosa necessit d'andare, direttamente e per
via di mare, dalle isole Aloutiennes, luogo di produzione, a
Canton, mercato pi frequentato.
Al suo ritorno in Russia, egli aveva tentato di far dividere
le sue idee dal conte Koucheleff, ministro della marina; ma la
risposta che ricevette gli tolse ogni speranza. Non fu che
all'assunzione al trono di Alessandro I, quando l'ammiraglio
Mordoinoff prese il portafoglio della marina, ch'egli si vide
incoraggiato.
Anzi, subito dopo, in seguito ai consigli del conte
Romanoff, Krusenstern fu dall'imperatore incaricato d'eseguire
egli stesso i piani che aveva proposti. Il 7 agosto 1802 egli
ricevette il comando di due vascelli destinati ad esplorare la
costa nord-ovest dell'America.
Ma, se il capo della spedizione era nominato, gli ufficiali
ed i marinai che dovevano seguirlo non erano stati ancora
scelti, e quanto ai vascelli bisognava rinunciare a trovarli
nell'impero russo. Non se ne trov neppure ad Amburgo. Solo a
Londra il capitano Lisianskoi, futuro secondo di Krusenstern, e
il costruttore Kasumoff, riuscirono a procurarsi due bastimenti
che parvero loro quasi propri allo scopo che si proponevano. Si
chiamarono Nadiejeda e Nova.
In seguito a ci, il governo risolse di approfittare di questa
spedizione per inviare al Giappone un ambasciatore, Besanoff,
con un seguito numeroso e con due magnifici regali destinati al
sovrano del paese.
Il 4 agosto 1803, due bastimenti, completamente armati e
portanti 134 persone, lasciarono la rada di Cronstadt. A
Copenaghen ed a Falmouth fecero brevi stazioni per sostituire
una parte dei salumi comperati ad Amburgo e per calafatare la
Nadiejeda, le cui connessile si erano aperte durante un uragano
che infuri sulla spedizione nel mare del Nord.
Dopo un breve riposo alle Canarie, Krusenstern cerc
invano, come aveva fatto La Prouse, l'isola Ascenao
(dell'Ascensione), sull'esistenza della quale le opinioni erano
divise da trecento anni. Poi, rasent il capo Frio, di cui non
pot fissare esattamente la posizione, nonostante il vivo
desiderio che ne aveva, giacch le relazioni e le carte pi
recenti variavano fra 23 08' e 22 34'. Dopo aver avuto
conoscenza della costa del Brasile, si spinse fra le isole di Gal e
di Alvarado, passaggio a torto segnalato come pericoloso da La
Prouse, ed entr a Santa Caterina il 21 dicembre 1803.
La necessit di sostituire l'albero maestro e l'albero di
trinchetto della Neva arrest, per cinque settimane, Krusenstern
in quest'isola, dove ricevette dalle autorit portoghesi
l'accoglienza pi premurosa.
Il 4 febbraio, i due bastimenti poterono riprendere il loro
viaggio. Erano preparati ad affrontare i pericoli del mare del
Sud ed a doppiare il capo Horn, questo spavento dei navigatori.
Se il tempo fu costantemente bello fino all'altezza della
Terra degli Stati, al contrario, ai venti impetuosi, alle raffiche
di grandine e di neve succedettero le fitte nebbie con onde
altissime ed una grossa marea che affaticava i bastimenti. Il 24
marzo, durante una brina opaca, un po' al disopra della
imboccatura occidentale dello stretto di Magellano, i due
navigli si perdettero di vista. Non dovevano pi ritrovarsi che a
Nuka-Hiva.
Krusenstern, dopo aver rinunciato di toccare l'isola di
Pasqua, guadagn l'arcipelago delle Marchesi o Mendocines, e
determin la posizione delle isole Fatugu e Uhuga, chiamate
Washington da Ingranane capitano americano, e scoperte nel
1792, poche settimane prima del capitano Marchand, che le
chiam isole della Rivoluzione.
Egli vide Hiva-Hoa, la Dominica da Mendana, e incontr a
Nuka-Hiva un inglese per nome Roberts ed un francese
chiamato Cabri, i quali per la loro conoscenza della lingua gli
resero importanti servigi.
Gli avvenimenti che riguardano questo riposo non offrono
grande interesse. Il racconto di quelli che riguardano i viaggi di
Cook pu applicarsi a quello di Krusenstern. I medesimi
particolari sulla incontinenza tanto assoluta quanto incosciente
delle donne, sulla estensione delle cognizioni agricole degli
indigeni, sulla loro avidit per gli istrumenti di ferro.
Non vi si riscontra alcuna osservazione che gi non sia
stata fatta dai viaggiatori precedenti, se non l'esistenza di
parecchie societ di cui il re o i suoi parenti, dei preti o
guerrieri distinti sono i capi, a condizione d nutrire i loro
sudditi in caso di carestia. A nostro avviso, questa istituzione
ricorderebbe quella dei clans della Scozia, o delle trib indiane
dell'America. Tale non l'opinione di Krusenstern, che si
esprime cos:
I membri di questo club si riconoscono dalle differenti
marche tatuate sul loro corpo. Quelli del club del re, per
esempio, in numero di ventisei, hanno sul petto un quadrato
lungo sei pollici e largo quattro. Roberts ne faceva parte.
Questi m'assicur che non sarebbe mai entrato in questa societ
se la fame non lo avesse costretto. La sua l'ipugnanza, per, mi
sembrava implicare contraddizione, poich non solamente tutti
quelli che compongono una tale societ sono liberi d'ogni
inquietudine per il loro nutrimento, ma, per quanto ebbe a
confessare egli medesimo, gli isolani considerano come un
onore l'esservi ammessi. Ho dunque sospettato che questa
distinzione porti seco la perdita di una parte della libert.
Una ricognizione dei dintorni di Anna-Maria fece scoprire
il porto di Tehitchagoff, la cui entrata difficile, vero, ma il
bacino suo chiuso tanto bene nelle terre, che la tempesta pi
violenta non potrebbe agitare le sue acque.
L'antropofagia era ancora fiorente a Nuka-Hiva, al
momento della visita di Krusenstern. Per questo esploratore
non narra di essere stato testimonio di scene di questo genere.
Insomma, Krusenstern fu accolto con cortesia da un re che
non sembrava avere grande autorit su quel popolo di
cannibali, dediti ai vizi pi ributtanti.
Egli confessa che avrebbe riportato di questi isolani
l'opinione pi favorevole se non avesse incontrato i due europei
in questione, le cui testimonianze illuminate e disinteressate
furono in perfetto accordo.
Noi non abbiamo provato da parte dei Nukahivi dice il
navigatore russo se non eccellenti trattamenti; essi si sono
sempre condotti con la massima onest nel loro commercio di
scambio con noi; cominciavano sempre col darci i loro cocchi
prima di ricevere il nostro ferro. Se noi avevamo bisogno della
legna o dell'acqua, essi erano sempre pronti ad aiutarci.
Rarissimamente abbiamo dovuto lamentarci per furto, vizio
assai comune ed esteso in tutte le isole di questo oceano
Sempre allegri e contenti, la bont sembrava dipinta sulla loro
faccia I due europei che abbiamo trovati a Nuka-Hiva, e che
avevano vissuto parecchi anni in quest'isola, erano d'accordo
nel dire che gli abitanti sono depravati, barbari e senza
eccettuare nemmeno le donne, cannibali in tutta l'estensione del
termine; che la loro aria di allegrezza e di bont che ci ha cos
vivamente colpiti, non loro naturale; che il timore delle nostre
armi e la speranza del guadagno soltanto aveva loro impedito
di dare libero sfogo alle loro feroci passioni. Questi europei
descrissero, come testimoni oculari, coi pi minuti particolari,
scene spaventevoli che succedevano quasi ogni giorno presso
questo popolo, segnatamente in tempo di guerra. Essi ci
narrarono con quale rabbia questi barbari si gettano sulla loro
preda, tagliandole la testa, succhiando con orribile avidit il
sangue da un'apertura che praticano nel cranio e terminando
poi il loro detestabile pasto.
Io, a tutta prima, ho rifiutato di credere a questi orrori ed
ho considerato queste informazioni come alquanto esagerate.
Ma tali narrazioni si basano sulla deposizione di due uomini
che sono stati, per parecchi anni, non solo testimoni, ma anche
attori in queste scene abbominevoli. Questi due uomini erano
nemici giurati, e cercavano, calunniandosi reciprocamente, di
mettersi pi in credito nella nostra mente. Per su questo punto
non si sono mai contraddetti. Del resto, i racconti di questi due
europei s'accordano perfettamente coi vari indizi che ci hanno
colpiti durante il nostro breve soggiorno. Ogni giorno, i
Nukahivi ci portavano una quantit di crani da vendere; le loro
armi erano tutte ornate di capelli; delle ossa umane decoravano,
alla loro maniera, gran parte dei loro mobili; ci facevano anche
conoscere, colle pantomine, il loro gusto per la carne umana,
Vi ha motivo di ritenere il quadro alquanto caricato. Fra
l'ottimismo di Cook e di Forster e le dichiarazioni dei due
europei, uno dei quali era pochissimo stimabile, poich aveva
disertato, deve trovarsi la verit.
E noi stessi, prima d'aver raggiunta la civilizzazione assai
raffinata di cui godiamo oggi, non abbiamo percorso tutti i
gradini della scala? Al tempo dell'et del sasso, i nostri costumi
erano forse superiori a quelli dei selvaggi dell'Oceania?
Non rimproveriamo dunque a questi rappresentanti
dell'umanit di non aver potuto elevarla pi di quello che hanno
fatto. Essi non hanno mai costituito un corpo di nazione. Sparsi
sull'immenso Oceano, divisi in piccole popolazioni, senza
risorse agricole o minerali, senza relazioni, senza bisogni, in
ragione del clima sotto cui vivono, sono stati costretti a
rimanere stazionari od a non sviluppare che certe piccole parti
delle arti o delle industrie. Eppure, quante volte le loro stoffe, i
loro strumenti, i loro canotti, le loro reti formano l'ammirazione
dei viaggiatori!
Il 18 maggio 1804, la Nadiejeda e la Neva lasciarono
Nuka-Hiva e fecero vela per le isole Sandwich, dove
Krustenstern aveva risolto di fermarsi per approvvigionarsi di
viveri freschi, ci che non aveva potuto fare a Nuka-Hiva, dove
non aveva trovato che sette maiali.
Ma i suoi progetti fallirono. Gli indigeni di Owyhee o
Havai non portarono alle navi in panna dinanzi alla costa sud-
ovest che pochissime provvigioni, ed anzi non volevano
cederle che verso del panno, che Krusenstern si vide
nell'impossibilit di fornir loro. Fece subito vela per il
Kamtchakta e per il Giappone, lasciando la Nepa davanti al
villaggio di Karakakua, dove il capitano Lisianskoi contava di
vettovagliarsi.
Il 14 luglio, la Nadiejeda entr a San Pietro-San Paulo,
capitale del Kamtchakta, dove l'equipaggio trov insieme ai
viveri freschi un riposo che si era ben guadagnato. Il 30 agosto
i russi riprendevano il mare.
Colto da fitte nebbie e da uragani, Krusenstern cerc,
senza incontrarle, alcune isole tracciate sopra una carta
rinvenuta a bordo del galeone spagnuolo catturato da Anson, e
la cui esistenza era stata a volte ammessa, a volte respinta dai
diversi cartografi, ma che figurano sulla costa dell'atlante del
viaggio di La Biliardire.
Il navigatore pass poscia per lo stretto di Van-Diemen, fra
la grande isola Riusin e Tanega-Sima, stretto fino allora male
indicato, e, rettificando la posizione dell'arcipelago Liu-Kieu,
che gli Inglesi mettevano al nord dello stretto di Van-Diemen
ed i Francesi troppo al sud, assest, rilev e diede nome al
litorale della provincia di Satsuma.
Il colpo d'occhio di questa parte di Satsuma grazioso,
dice Krusenstern. Siccome ne proseguivamo la costa ad una
piccola distanza, potevamo vedere distintamente tutti i luoghi
pittoreschi che ci offriva. Essi variavano e si succedevano
rapidamente man mano che il vascello avanzava. L'isola non
che un adornamento di vette appuntite. Alcune terminate a
piramidi, altre a cupola od a cono, tutte riparate dalle alte
montagne che le circondano. Se la natura stata prodiga
d'ornamenti per quest'isola, l'industria dei Giapponesi ha saputo
aggiungervene altri. Nulla uguaglia la ricchezza di coltivazione
che vi si ammira dappertutto. Questa non ci avrebbe forse
colpiti, se si fosse, limitata alle vallate vicine alle coste
questi terreni non sono neppure trascurati in Europa; ma qui
non solamente le montagne sono coltivate fino alle loro
sommit, ma anche quelle rupi che orlano la ripa sono coperte
di campi e di piantagioni che col colore bruno e cupo della loro
base formano un contrasto singolare e nuovo per gli occhi.
Fummo parimenti assai meravigliati alla vista di un viale di
grandi alberi che si prolungava lungh'esso la costa a perdita
d'occhio attraverso monti e valli. Vi si distinguevano, a certe
distanze, dei boschetti destinati senza dubbio al riposo dei
viaggiatori pedestri, per i quali questa strada probabilmente
stata fatta. difficile portare l'attenzione per i viaggiatori cos
lontano come al Giappone, giacch noi vedemmo un viale
simile presso Nangasaki ed un altro ancora nell'isola di Meac-
Sima.
Appena la Nadiejeda ebbe toccata l'entrata del porto di
Nangasaki, Krusenstern si vide salire a bordo parecchi
daimios che gli recavano la proibizione di penetrare oltre.
Sebbene i Russi fossero al corrente della politica
d'isolamento che praticava il governo giapponese, speravano
che, avendo a bordo un ambasciatore della Russia, nazione
vicina e potente, riceverebbero un'accoglienza meno offensiva.
Essi contavano anche di godere di una libert relativa, di cui
avrebbero approfittato per raccogliere delle informazioni su
questo paese allora cos poco conosciuto, e sul quale il solo
popolo che vi ebbe accesso si era fatto legge di tacersi.
Ma furono tolti alle loro speranze. Lungi dal godere della
medesima larghezza degli Olandesi, furono durante tutto il loro
soggiorno circondati da una sorveglianza tanto minuziosa
quanto offensiva, ed anche ritenuti prigionieri.
Se l'ambasciatore ottenne di discendere a terra con la sua
guardia in armi favore inaudito di cui non vi era esempio
i marinai non poterono allontanarsi in canotto. Quando fu
loro permesso di sbarcare, si circond di alte palizzate e si
mun di due corni di guardia quello stretto luogo di passeggio.
Proibizione di scrivere in Europa per la via di Balavia,
proibizione di intrattenersi coi capitani olandesi, proibizione
all'ambasciatore di assentarsi da casa sua, proibizione Questa
parola riassume laconicamente l'accoglienza poco cordiale dei
Giapponesi.
Krusenstern approfitt del lungo soggiorno in questo luogo
per disarmare interamente e rattoppare la sua nave. Questa
operazione volgeva al termine, quando fu annunciata la venuta
di un inviato dell'imperatore, di una dignit tanto alta, che,
secondo l'espressione degli interpreti, osava guardare i piedi
di Sua Maest imperiale.
Questo personaggio cominci dal rifiutare i doni dello
czar, col pretesto che l'imperatore sarebbe obbligato di
rimandarne degli altri con un'ambasciata, il che era contrario ai
costumi del paese; poi signific il divieto espresso a tutti i
vascelli di presentarsi nei porti del Giappone, e la proibizione
assoluta ai Russi di fare acquisti; ma in pari tempo dichiarava
che le provvigioni fornite per il rattoppamento della nave ed i
viveri rilasciati fino a quel giorno sarebbero pagati a spese
dell'imperatore del Giappone. Intanto s'inform se le
riparazioni della Nadiejeda sarebbero presto compiute.
Krusenstern comprese al volo e fece affrettare i preparativi
della partenza.
Davvero che non vi era da rallegrarsi di avere atteso dal
mese di ottobre fino all'aprile una simile risposta! Uno dei
risultati che si era proposto il governo era cos poco raggiunto,
che alcuna nave russa non poteva pi avvicinarsi al un porto
giapponese. Politica del Giappone!
Il 17 aprile la Naiejeda levava l'ancora e cominciava una
campagna idrografica assai fruttuosa. Solo, La Prouse aveva
preceduto Krusenstern nei mari che si stendono fra il Giappone
e il continente. Epper il navigatore russo desiderava di
collegare le sue ricerche a quelle dei suo predecessore e
colmare le lacune che questi era stato costretto a lasciare, per
difetto di tempo , nella geografia di questi mari.
Il mio piano, dice Krusenstern, era d'esplorare le coste
sud-ovest e nord-ovest del Giappone, di determinare la
posizione dello stretto di Sangar, al quale le carte di Arron
Smith, nel Pilota del mare del Sud, e quelle dell'atlante del
viaggio di La Prouse attribuiscono cento miglia di larghezza,
mentre i Giapponesi non gli danno che un miglio olandese; di
rivelare la costa occidentale di Ieso, di cercare di scoprire
l'isola Karafuto, indicata, secondo una carta giapponese, sopra
alcune carte moderne fra Ieso e Saghaiien e la cui esistenza mi
sembrava assai probabile; d'esaminare questo nuovo stretto e di
rivelare intieramente l'isola Saghaiien dal capo Crillon fino alla
costa nordovest, donde, se vi trovassi un buon porto, invierei la
mia scialuppa per verificare il passaggio ancora problematico
che separa la Tartaria da Saghaiien; finalmente, di cercare di
passare da un altro canale al nord dello stretto delle Bussole,
fra i Kurili.
Questo piano cos particolareggiato Krusenstern stava per
realizzarlo in parte. Solamente le ricognizioni della costa
occidentale del Giappone e dello stretto di Sangar, come pure
quello dello stretto che ferma al nord la Manica di Tarakai, non
poterono essere fatte dal navigatore russo, che lasci, suo
malgrado, ai suoi successori la cura di terminare questa
importante operazione.
Krusenstern imbocc dunque lo stretto di Corea, constat
per la longitudine dell'isola di Tsus una differenza di trentasei
minuti fra la sua stima e quella di La Prouse differenza che
si trova rettificata presso quest'ultimo, con le tavole di
correzione di Dagelet, che bisogna assolutamente consultare.
L'esploratore russo si trov parimente d'accordo col
marinaio francese per notare che la declinazione dell'ago
calamitato pochissimo sensibile in quei paraggi.
La posizione dello stretto di Sangar fra leso e Nippon,
essendo molto incerta, Krusenstern voleva precisarla. La bocca
situata fra il capo Sangar. con 41 16' 30" di latitudine e 219
46' di longitudine, e il capo della Nadiejeda al nord, con 41 25'
10" di latitudine e 219 50' 30" di longitudine, non ha pi di
nove miglia di larghezza. Ora, La Prouse, che, non avendola
riconosciuta, si fidava della carta del viaggiatore olandese
Vries, le dava centodieci miglia. Era un'importante rettifica.
Krusenstern non imbocc questo stretto. Egli voleva
verificare la esistenza d'una cert'isola Karafuto, Tchoka o
Chicha, posta fra Ieso e Saghalien sopra una carta apparsa a
Pietroburgo nel 1802, e basata su quella che aveva portato in
Russia il giapponese Kaday. Egli risal dunque a piccola
distanza la costa di leso, e si ferm alquanto alla punta
settentrionale di quest'isola, all'entrata dello stretto di La
Prouse.
L seppe dei Giapponesi che Saghalien e Karafuto non
sono che una sola e medesima isola.
Il 10 maggio 1805, sbarcando a leso, Krusenstern fu
stupito di trovare la stagione cos poco avanzata. Gli alberi non
avevano le foglie, vi era ancora un fitto strato di neve,
l'impressione del viaggiatore fu che bisognerebbe risalire fino
ad Arkangel per trovare a quest'epoca una temperatura cos
rigida. La spiegazione d questo fenomeno doveva essere data
pi tardi, quando si sarebbe meglio conosciuta la direzione
della corrente ghiacciata che, uscendo dallo stretto d Behring
corre lungo il Kamtchatka, le Kuril e Ieso.
Durante questo breve riposo e quello che Krusenstern fece
a Saghalien, egli pot osservare gli inos, popolo che non
somigliava per nulla ai Giapponesi almeno a quelli che le
relazioni con la China avevano modificati e che dovevano
possedere leso interamente prima che questi ultimi vi s
stabilissero.
La loro statura, la loro fisionomia, la loro lingua, la loro
foggia di vestirsi, narra il viaggiatore, tutto prova che essi
hanno una origine comune (con quelli di Saghalien) e non
formano che una sola nazione. Il che spiega come il capitano
del vascello il Castricum, avendo fallito lo stretto di La
Prooise, pot credere, ad Anva e ad Atkis, di essere sempre
sulla medesima isola.. Gli inos hanno quasi generalmente la
stessa statura, che da cinque piedi e due pollici, a cinque piedi
e quattro pollici al pi. Essi hanno la tinta bruno carico e quasi
nera, la barba fitta e folta, i capelli neri ed irsuti, piatti e
pendenti all'indietro. Le donne sono brutte, la loro tinta scura al
par d quella degli uomini, i loro capelli neri pettinati sulla
faccia, le loro labbra dipinte in turchino e le loro mani tatuate;
tutto ci, unito ad un abbigliamento sudicio, non contribuisce a
renderle piacevoli. Devo tuttavia render loro la giustizia
d'aggiungere ch'esse sono molto saggie e modestissime. Il
punto principale del carattere d'un Ano la bont; essa splende
in tutti i suoi tratti e s manifesta in tutte le sue azioni. Il vestito
di un uomo consiste per lo pi in pelli di cane e di foca. Per ne
ho visti parecchi che portavano un'altra sorta d'abito, affatto
simile al parkis dei Kamtchadai; che non propriamente che
una camicia larga, messa sopra agli altri vestimenti. Gli abitanti
di Aniva portavano tutti delle pelliccie; anche le loro scarpe
erano di pelle di foca. Le donne erano vestite della medesima
specie di pelle.
Dopo aver passato lo stretto di La Prouse, Krusenstern si
ferm alla baia di Aniva, nell'isola Saghalien, Il pesce vi era
tanto comune, che due comptoirs giapponesi occupavano oltre
quattrocento Ainos per pulirlo e farlo seccare. Non lo si
pescava gi colle reti, ma lo si estraeva con le secchie durante
il riflusso.
Dopo aver rivelato il golfo Pazienza, che non era stato
esaminato che in parte dall'olandese Vries, e in fondo al quale
si getta un corso d'acqua, che ricevette il nome di Neva,
Krusenstern interruppe la ricognizione di Saghalien per rilevare
le Kurili, la cui posizione non era stata che incompletamente
determinata; poi, il 5 giugno 1805, entr a Petropaulowsky,
dove sbarc l'ambasciatore ed il suo seguito.
Nel mese di luglio, dopo aver passato lo stretto della
Nadiejeda, fra Matua e Rachua, due delle Kurili, Krusenstern
riprese il rilievo della costa orientale di Saghalien, nei dintorni
del capo Pazienza. I dintorni erano abbastanza pittoreschi con
le loro colline tappezzate di verdura e d'alberi poco elevati, e la
loro riva orlata di cespugli. L'interno offriva alla vista una linea
uniforme e monotona di alte montagne.
Il navigatore segu questa costa deserta e senza porti in
tutta la sua lunghezza, fino ai capi Maria ed Elisabetta. Fra essi
trovasi una gran baia, in fondo a cui giace un piccolo villaggio
di trentasette case, l'unico che i Russi abbiano scorto dopo la
loro partenza dalla baia Provvidenza. Esso non era abitato da
Ainos, ma bens da Tartari, come se ne ebbe la prova alcuni
giorni dopo.
Krusenstern penetr poscia nel canale che separa
Saghalien dalla Tartaria; ma appena fu a cinque miglia dal
mezzo dell'apertura, la sonda segnal sei braccia solamente.
Non bisognava pensare ad avanzarsi oltre. Fu dato ordine di
mettere in traverse, mentre un'imbarcazione si allontanava con
la missione di seguire mano mano le due rive e d'esplorare in
mezzo del canale finch non avesse trovato pi che tre braccia.
Essa dovette lottare contro una corrente violentissima che rese
questa navigazione assai penosa, corrente che si attribu, non
senza ragione, al fiume Amore, la cui imboccatura non
lontana.
Ma la raccomandazione che era stata fatta a Krusenstern
dal governatore del Kamtchatka, di non avvicinarsi alla costa
della Tarlarla soggetta alla China, affine di non destare la
sospettosa diffidenza di questa potenza, lo imped di spingere
pi oltre il suo lavoro di rilievo. Passando ancora una volta
attraverso la catena delle Kurili, la Nadiejeda entr a
Petropaulowsky.
Il comandante approfitt del suo soggiorno in questo porto
per fare alcune riparazioni indispensabili al suo bastimento e
per ristabilire i monumenti del capitano Clerke, che era
succeduto a Cook nel comando della sua ultima spedizione, e
di Delisle de La-Groyre, l'astronomo francese, compagno di
Behring nel 1741.
Krusenstern ricevette, durante quest'ultima stazione, una
lettera autografa dell'imperatore di Russia, che, in
testimonianza di soddisfazione pei suoi lavori, gli inviava la
decorazione di Sant'Anna.
Il 4 ottobre 1805, la Nadiejeda riprese finalmente la via
dell'Europa, esplorando i paraggi dov'erano indicate, sulle
carte, le isole dubbiose di Rica-de-Plata, Guadalupa,
Malabrigos, San Sebastiano di Lobos e San Giovanni.
Krusenstern riconobbe le isole Farellon della carta
d'Anson, che oggi portano i nomi di Sant'Alessandro,
Sant'Agostino e Volcanos, gruppo che si trova al sud di Bonin-
Sima. Poi, dopo aver varcato il canale di Formosa, entr, il 22
novembre, a Macao.
Fu assai stupito di non trovarvi la Neva, che, secondo le
sue istruzioni, doveva portare da Kodiak un carico di pelliccie,
il cui prodotto sarebbe adoperato per l'acquisto di mercanzie
chinesi. Krusenstern risolvette dunque d'aspettarla.
Macao offr agli esploratori l'emblema della grandezza
decaduta.
Vi si vedono dice la relazione grandi piazze
contornate da superbe case, che sono circondate da cortili e da
bellissimi giardini, e la maggior parte vuote, essendo assai
diminuito il numero degli abitanti portoghesi. I principali
edifizi sono occupati dai membri delle Loggie olandesi ed
inglesi Macao contiene presso a poco quindicimila abitanti. I
Chinesi ne formano il maggior numero, giacch raro di
vedere un europeo nelle strade, eccetto i preti e le religiose.
Abbiamo pi preti che soldati! mi diceva un borghese di
Macao. Questa celia era letteralmente vera. Il numero dei
soldati non che di centocinquanta, fra i quali non si conta un
solo europeo; sono tutti meticci di Macao e di Goa; tutti gli
ufficiali non sono neppure essi europei. Sarebbe molto difficile
difendere quattro grossi forti con una guarnigione cos esigua.
La sua debolezza d appiglio ai Chinesi, naturalmente
insolenti, di accumulare insulti sopra insulti.
Al momento in cui la Nadiejeda stava per levare l'ancora,
la Neva finalmente apparve. Si era al 3 novembre. Krusenstern
risal con essa fino a Whampoa, dove vendette
vantaggiosamente il suo carico di pelliccierie, dopo lunghi e
numerosi ostacoli che la sua attitudine ferma, ma conciliante,
nonch l'intromissione dei negozianti inglesi, contribuirono ad
evitare.
Il 9 febbraio 1806 i due bastimenti riuniti levarono l'ancora
e fecero rotta insieme per lo stretto della Sonda. Al di l
dell'isola di Natale, causa il cattivo tempo, furono ancora
separati, e non dovevano pi riunirsi fino alla fine della
spedizione. Il 4 maggio la Nadiejeda era nella baia di
Sant'Elena, dopo cinquantasei giorni di navigazione dallo
stretto della Sonda e settantanove da Macao. Non conosco
riposo pi conveniente di Sant'Elena, dice Krusenstern, per
rinfrescarsi dopo un lungo viaggio. La rada sicurissima e
molto pi comoda in ogni tempo delle baie della Tavola e di
Simone, al Capo.
L'entrata ne facile, purch si tenga vicino a terra; per
uscirne basta levar l'ancora, e subito si al largo. Vi si trova
ogni sorta di viveri, sovratutto della eccellente verdura. In
meno di tre giorni si abbondantemente forniti di tutto.
Partito il 21 aprile, Krusenstern pass fra le Shetland e le
Orcadi, affine di evitare la Manica, dove avrebbe potuto
incontrare qualche corsaro francese e, dopo una felice
navigazione, entr a Cronstadt il 7 agosto 1806.
Senz'essere un viaggio di prim'ordine, come quelli di Cook
e di La Prouse, quello di Krusenstern non manc d'interesse.
Non si deve a questo esploratore nessuna, grande scoperta, ma
ha verificato e rettificato quelle dei suoi predecessori. Del resto
questa deve essere il pi delle volte la parte dei viaggiatori del
secolo XIX che si applicarono, merc i progressi delle scienze,
a completare i lavori dei loro antecessori.
Krusenstern aveva condotto, nel suo viaggio intorno al
mondo, il figlio dell'autore drammatico conosciutissimo,
Kotzebue. Il giovane Ottone Kotzebue, che era guardia marina
a questo tempo, non tard ad essere promosso. Era
luogotenente di vascello, quando gli venne affidato, nel 1815, il
comando di un brik nuovissimo, il Rurik, fornito di ventisette
uomini d'equipaggio solamente, ed armato di due cannoni,
equipaggiato a spese del conte Romantzoff. Aveva per
missione di esplorare le parti meno conosciute dell'Oceania e
d'aprirsi un passaggio attraverso l'Oceano Glaciale.
Kotzebue lasci il porto di Cronstadt il 15 luglio 1815,
fece sosta a Copenaghen, poi a Plymouth, e, dopo una
navigazione penosissima, entr, il 22 gennaio 1816, nell'oceano
Pacifico, doppiando il capo Horn. Dopo una sosta a
Talcahuano sulla costa chilena, riprese la sua rotta; vide, il 26
marzo, l'isola deserta di Salas-y-Gomez, e si diresse verso
l'isola di Pasqua, dove contava ricevere la medesima
accoglienza amichevole de' suoi predecessori Cook e La
Prouse.
Ma appena i russi furono sbarcati in mezzo ad una folla
che si faceva premura di offrir loro frutta e radici, si videro
circondati e derubati con una tale impudenza che dovettero, per
difendersi, fare uso delle armi ed imbarcarsi al pi presto onde
sfuggire alla grandine di sassi di cui gli indigeni li
opprimevano.
La sola osservazione che si ebbe tempo di fare, durante
questa breve visita, fu che gran numero delle statue di pietra
gigantesche, che Cook e La Prouse avevano vedute, disegnate
e misurate, erano state atterrate.
Il 16 aprile il capitano russo giunse all'isola dei Cani, di
Schuten, che chiam isola Dubbiosa, affine di notar bene la
differenza che egli constatava fra la latitudine che le era stata
attribuita dagli antichi navigatori e quella che risultava dalle
sue proprie osservazioni. Secondo Kotzebue, essa sarebbe
situata a 14 50' di latitudine australe e 138 47' di longitudine
ovest.
Nei giorni seguenti furono scoperte le isole deserte di
Romantzoff cos chiamate in onore del promotore della
spedizione; quella di Spirodoff, con un gran lago in mezzo,
che l'isola di Ura dei Pomot; poi, la catena degli isolotti
Vliegen e quella non meno lunga delle isole Krusenstern.
Il 28 aprile il Rurik si trovava attraverso alla posizione
assegnata alle isole Buman. Si cercarono invano.
Verosimilmente, questo gruppo era uno di quelli gi visitati.
Appena uscito dall'arcipelago pericoloso dei Pomot,
Kotzebue si diresse verso il gruppo d'isole scorto, nel 1788, da
Sever, che senza accostarle aveva dato loro il nome di Penrhyn.
Il navigatore determin con 9 1' 35" di latitudine sud e con
157 44' 32' la posizione centrale di gruppi d'isolotti simili ai
Pomot, bassissimi e tuttavia abitati.
Alla vista del bastimento, una flottiglia notevole s'era
staccata dalla riva, e gl'indigeni, con un ramo di palma in
mano, s'avanzavano ai rumore cadenzato dei remi, che
accompagnavano con modo grave e malinconico, numerosi
cantori. Per evitare ogni sorpresa, Kotzebue fece allineare tutte
le sue piroghe da un sol lato del bastimento, e subito
cominciarono gli scambi mediante una fune. Questi indigeni
non barattarono che dei pezzi di ferro contro ami di
madreperla. Essi erano interamente nudi, eccetto un grembiule,
ma ben fatti ed avevano l'aria marziale.
Dapprima chiassosi ed animatissimi, i selvaggi si fecero
tosto minacciosi. Non celarono pi i loro furti, e risposero ai
reclami con le provocazioni meno dissimulate. Agitando le loro
lancie al disopra del capo, mandavano terribili clamori e
sembrava che si eccitassero reciprocamente all'attacco.
Quando Kotzebue stim giunto il momento di por fine a
queste ostili dimostrazioni, fece sparare un colpo di fucile a
polvere. In un batter d'occhio i canotti furono vuoti. Al rumore
della detonazione, i loro equipaggi, spaventati, si erano lanciati
nell'acqua con un movimento unanime, sebbene non
concertato. Si videro subito dopo emergere le teste dei
nuotatori, che, resi pi calmi da questo avvertimento, ripresero
gli scambi. I chiodi ed pezzi di ferro ottennero un vivissimo
successo presso questa popolazione, che Kotzebue paragona a
quella di Nuka-Hiva. Questi indigeni, se non si tatuano, si
tracciano tutto il corpo di larghe cicatrici.
Moda notevole, che non era ancora stata constatata nelle
isole oceaniche, essi avevano per lo pi delle unghie
lunghissime, e quelle dei capi di piroghe sorpassavano di tre
pollici l'estremit del dito.
Trentasei imbarcazioni, montate da trecentosessanta
uomini, circondarono il bastimento. Kotzebue. giudicando che
coi deboli mezzi di cui disponeva, con l'equipaggio cos poco
numeroso del Rurik, ogni tentativo di sbarco sarebbe stato
imprudente, rimise alla vela, senza aver potuto riunire maggiori
documenti su questi selvaggi e bellicosi isolani.
Continuando la sua rotta verso il Kamtchatka, il navigatore
ebbe conoscenza, il 21 maggio, di due gruppi d'isole riunite da
una catena sottomarina di scogli di corallo. Egli diede loro il
nome di Kutusoff e di Suwaroff, determin la loro posizione e
si promise di ritornare a visitarle. Gli indigeni, su piroghe
rapide, s'avvicinarono al Rurik e nonostante gl'inviti solleciti
dei Russi, non osarono salire a bordo. Contemplavano la nave
con stupore, s'intrattenevano non senza una singolare vivacit
che dimostrava la loro intelligenza, e gettavano sul ponte dei
frutti di pandanus o di cocco.
I loro capelli neri e lisci, fra cui stava appiccicato qualche
fiore, gli ornamenti sospesi al collo, le vesti piene di treccie che
discendevano dalla cintura a mezza gamba, e sopratutto la loro
aria aperta e affabile, distinguevano dagli abitanti dei Penrhyn
questi indigeni che appartenevano al distretto dei Marshall.
Il 19 giugno, il Rurik entrava alla Nuova Arcangelo, e, per
ventotto giorni, il suo equipaggio s'occupava a rattopparlo.
Il 15 luglio, Kotzebue rimetteva alla vela e sbarcava
cinque giorni dopo all'isola Behring, la cui estremit
settentrionale fu fissata a 55 17' 18" di latitudine nord e 194
6' 37" di longitudine ovest.
Gli indigeni che Kotzebue incontr in quest'isola
portavano, come quelli della costa americana, vestimenti di
pelli di foca e d'intestini di morsa. Le lande di cui si servivano
erano armate di denti di questi anfibi. Le loro provvigioni
consistevano in carne di balena e di foca chiusa entro buche
scavate nella terra. Le loro capanne di cuoio, indecentissime,
esalavano un odore d'olio rancido. I loro battelli erano pure di
cuoio, e possedevano delle slitte tirate da cani.
Il loro modo di salutare assai singolare: si fregano
reciprocamente il naso, e poi ciascuno si mette la mano al
ventre, come si rallegrasse d'aver inghiottito un buon boccone;
finalmente, quando si vuol dare una gran prova d'affezione ad
alcuno, si sputa nelle mani e ne frega il volto dell'amico.
Il capitano, continuando a seguire la costa americana verso
il nord, scoperse la baia Ghichmareff, l'isola Saritcheff e
finalmente un golfo profondo, la cui esistenza non era stata
riconosciuta. Alla sua estremit, Kotzebue sperava di trovare
un canale che gli permettesse di guadagnare i mari polari, ma
quest'aspettativa gli fall. Il navigatore diede il nome suo a
questo golfo, e quello di Krusenstern al capo posto all'ingresso.
Scacciato dalla cattiva stagione, il Rurik dovette
raggiungere Unalachka il 6 settembre, fare una sosta di alcuni
giorni a San Francisco, e arrivare all'arcipelago Sandwich, dove
furono fatti importanti rilievi e si raccolsero particolari
curiosissimi.
Lasciando questo arcipelago, Kotzebue si diresse verso le
isole Suwaroff e Kutusoff, che aveva scoperte alcuni mesi
prima. Il 1 gennaio 1817 scorse l'isola Miadi, alla quale diede
il nome di isola Anno Nuovo. Quattro giorni dopo, scoperse
una catena di isolette basse e boscose, circondate da una
barriera di scogli di corallo, attraverso la quale la nave stent
ad aprirsi un passaggio.
A tutta prima, gli indigeni fuggirono alla vista del
luogotenente Schischmareff, ma ritornarono subito con un
ramo d'albero in mano, gridando la parola aidara (amico).
L'ufficiale ripet la parola e fece loro dono di chiodi, in cambio
dei quali i Russi ricevettero le collane ed i fiori che ornavano il
collo e la testa degli indigeni.
Questo scambio di cortesie determin il resto degli isolani
a farsi vedere. Epper le pi amichevoli dimostrazioni, i
ricevimenti tanto entusiastici quanto frugali continuarono per
tutto il soggiorno dei Russi in questo arcipelago. Uno degli
indigeni chiamato Barik, accolse con particolare affabilit i
Russi ai quali apprese che l'isola portava il nome di Otdia, e
cos pure tutta la catena d'isolotti che vi si annettono.
Kotzebue, per riconoscere la cordiale accoglienza degli
indigeni, lasci loro un gallo e una gallina, e piant in un
giardino, che fece preparare, una quantit di grani, sperando
che giungessero a maturit; ma egli faceva i conti senza i topi,
che pullulavano in quell'isola e che rovinarono le sue
piantagioni.
Il 6 febbraio, dopo aver ricevuto da un capo chiamato
Languediak particolareggiate informazioni che gli
dimostrarono che quel gruppo, dalla rada popolazione, era di
recente formazione, Kotzebue riprese il mare, lasciando a
quell'arcipelago il nome di Romantzoff.
L'indomani, un gruppo di quindici isolotti, sul quale non
s'incontrarono che tre persone, dovette cambiare il suo nome di
Eregup in quello di Tchitsehakoff. Poi, alla catena delle isole
Kawen, Kotzebue si ebbe dal tmon o capo un'accoglienza
entusiastica. Ognuno festeggiava i nuovi arrivati, gli uni col
silenzio come quella regina a cui l'etichetta vietava di
rispondere ai discorsi che le si dirigevano gli altri con
danze, grida e canti nei quali il nome di Totaf (Kotzebue)
era spesso ripetuto. Lo stesso capo, venendo a prendere
Kotzebue in un canotto, se lo portava in ispalla fino a terra,
dove la imbarcazione non poteva accostare.
Al gruppo di Aur, il navigatore not, fra la folla degli
indigeni che erano saliti sul bastimento, due indigeni il cui
tatuaggio e la cui fisionomia sembravano designarli come
stranieri. Uno d'essi, che si chiamava Kad, piacque
particolarmente al comandante, che gli diede qualche pezzo d'i
ferro. Kotzebue fu sorpreso di non vedere attestargli la
medesima gioia che gli avevano attestato i suoi compagni. Il
che gli fu spiegato la stessa sera.
Quando tutti gli indigeni lasciarono la nave, Kad gli
chiese con insistenza il permesso di rimanere sul Rurik e di non
pi lasciarlo. Il comandante non si arrese che a stento alle sue
istanze.
Kad dice Kotzebue ritorn verso i suoi camerati
che lo aspettavano nelle loro piroghe, e dichiar loro la sua
intenzione di rimanere a bordo del vascello. Gli indigeni,
stupiti di questa risoluzione, si sforzarono invano di
combatterla. Finalmente, il suo compatriota Edok venne a lui,
gli parl lungamente in tono serio, e, non potendo convincerlo,
tento di condurlo via per forza; ma Kad respinse l'amico suo
vigorosamente, e le piroghe s'allontanarono. Egli pass la notte
accanto a me, assai onorato d'essere coricato presso il tamon
della nave e si mostr meravigliato del partito che aveva
preso.
Nato a Iuli, una delle Caroline, a pi di trecento leghe dal
gruppo che abitava allora, Kad era stato sorpreso alla pesca,
insieme a Edok ed altri due compatrioti, da una violenta
tempesta. Per otto mesi questi disgraziati erano stati in bala dei
venti e delle correnti, sul mare ora calmo, ora furioso. Durante
questo tempo non mancarono mai di pesce, ma la sete li aveva
crudelmente torturati. Quando la lor provvista d'acqua piovana,
di cui erano tuttavia molto avari, fu esaurita, essi non ebbero
altra risorsa che di gettarsi in mare per andare a cercarvi, in
fondo, un'acqua meno salata, che portavano alla superficie
entro un noce di cocco, munito di una stretta apertura. Quando
furono in faccia all'isola d'Aur, la vista della terra, l'imminenza
della loro liberazione non avevano potuto strapparli dalla
prostrazione in cui erano caduti.
Scorgendo gl'istrumenti di ferro che conteneva la piroga di
questi stranieri, gl'isolani di Aur si apprestavano gi a
massacrarli per impossessarsi di quei tesori, quando il tamon li
prese sotto la sua protezione.
Erano trascorsi tre anni da questo avvenimento, ed i
Carolini non istettero molto, in grazia delle loro cognizioni pi
estese, a prendere un certo ascendente sui loro nuovi ospiti.
Quando apparve il Rurik, Kad era lungi dalla costa, nei
boschi. Si mand subito a cercarlo, giacch egli passava per un
gran viaggiatore, e forse poteva dire che mostro era quello che
si avvicinava all'isola. Kad, che gi aveva visto dei bastimenti
europei, aveva persuaso gli amici a mostrarsi agli stranieri ed
accoglierli amichevolmente. Queste erano le avventure di
Kad. Rimasto sul Rurik, aveva riconosciute le altre isole
dell'arcipelago e non tard a facilitare ai Russi le
comunicazioni con gli indigeni. Involto in un mantello giallo,
con un berretto rosso in testa, come un forzato, Kad guardava
ora d'alto in basso i suoi vecchi amici e pareva non li
conoscesse pi. Al momento della visita di un superbo
vegliardo chiamato Tigedien, dalla barba fluente, Kad
s'incaric di spiegare a' suoi compatrioti l'uso dalle manovre e
di tutto ci che si trovava sul bastimento. Come tanti Europei,
egli sostituiva il sapere con una gravit imperturbabile e
trovava una risposta a tutte le domande.
Interrogato a proposito di una piccola scatola nella quale
un marinaio attingeva una polvere nera che introduceva nelle
narici, Kad spacci le pi stravaganti favole, e, per terminare
con una dimostrazione irrefragabile, appress la scatola al suo
naso. La butt via subito, e si mise a sternutare ed a gridare
tanto forte, che i suoi amici, spaventati, scapparono da ogni
parte; ma quando fu passata la crisi, egli seppe anche volgere
l'incidente a suo vantaggio.
Kad forn pure a Kotzebue alcune informazioni generali
sul gruppo che, per un mese intero, i Russi avevano visitato e
rilevato. Tutte quelle isole eran sotto la dominazione di un sol
tamon, chiamato Lamary, e il loro nome indigeno era Radak.
Dumont d'Urville, alcuni anni dopo, doveva chiamarle isole
Marshall. Secondo Kad, pi lungi all'ovest, s'allineava una
catena d'isolotti e di roccie sottomarine (o coralline) chiamate
Ralik.
Kotzebue non aveva tempo di riconoscerle, e, dirigendosi
verso il nord, raggiunse il 21 aprile Unalachka, ove dovette
riparare le gravissime avarie che aveva sofferto il Rurik durante
due violente tempeste. Appena ebbe imbarcato dei baidares,
battelli guarniti di pelli, e quindici aleuti, abituati alla
navigazione di quei mari polari, il comandante riprese
l'esplorazione dello stretto di Rehring.
Kotzebue soffriva un forte dolor di petto, dacch girando il
capo Horn fu rovesciato da un'ondata mostruosa e lanciato
sopra bordo, il che gli sarebbe costato la vita, se non si fosse
attaccato al cordame. Lo stato suo prese allora una tale gravit,
che, il 10 luglio, approdando all'isola di San Lorenzo, dovette
rassegnarsi e non spingere pi oltre la sua ricognizione.
Il 1 ottobre il Rurik faceva una nuova e breve sosta alle
isole Sandwich, vi pigliava delle sementi e degli animali, e, alla
fine del mese, sbarcava a Otdia, in mezzo alle entusiastiche
dimostrazioni degli indigeni. Questi vedevano con fortuna
l'arrivo di parecchi gatti, la cui presenza li aiuterebbe senza
dubbio a sbarazzarsi delle innumerevoli frotte di topi che
infestavano l'isola e devastavano le piantagioni. In pari tempo
si festeggiava il ritorno di Kad, al quale i Russi lasciarono un
assortimento di utensili e d'armi che ne fece l'abitante pi ricco
dell'arcipelago.
Il 4 settembre, il Rurik lasci le isole Radak, dopo aver
riconosciuto il gruppo di Legiep, e ripos a Guaham, una delle
Marianne, fino alla fine dello stesso mese. Una sosta di alcune
settimane a Manilla permise al comandante di raccogliere sulle
Filippine curiose informazioni, sulle quali vi sar campo di
ritornare.
Dopo d'essere sfuggito alle violente tempeste che
l'assalirono quando gir il Capo di Buona Speranza, il Rurik
gett l'ancora nella Neva il 3 agosto 1818, in faccia al palazzo
del conte Romantzoff.
Questi tre anni di viaggio non erano stati perduti dagli
arditi navigatori. Essi non temevano, nonostante il loro piccolo
numero e la debolezza della loro nave, di affrontare mari
formidabili e arcipelaghi ancor poco conosciuti, i ghiacci polari
e gli ardori della zona torrida.
Se le loro scoperte geografiche erano molto importanti, le
loro rettifiche lo erano ancora di pi. Duemilacinquecento
specie di piante, di cui pi di un terzo erano nuove, numerosi
materiali per la conoscenza della lingua, dell'etnografia, della
religione e dei costumi delle popolazioni visitate, era una ricca
messe che provava lo zelo, l'abilit e la scienza del capitano, al
pari dell'intrepidezza e della forza dell'equipaggio.
Epper, quando, nel 1823, il governo russo si determin
d'inviare al Kamtchatka dei rinforzi per por fine al commercio
di contrabbando che si faceva nei suoi possedimenti sulla costa
nord-ovest dell'America, il comando di questa spedizione fu
affidato a Kotzebue. Fu messa sotto gli ordini suoi la fregata La
Predpriatie, e lo si lasci libero di scegliere, tanto nell'andata
che nel ritorno, la rotta che gli converrebbe per compiere la sua
missione.
Se Kotzebue aveva fatto, come guardia marina, il giro del
mondo con Krusenstern, questi gli dava allora come compagno
suo figlio maggiore, e Mller, il ministro della Marina, faceva
altrettanto. quanto dire quale fiducia si aveva di lui.
La spedizione lasci Gronstadt il 15 agosto 1823, tocc
Rio-J aneiro, gir il capo Horn il 15 gennaio 1824, si diresse
verso l'arcipelago dei Pomot, dove fu scoperta l'isola
Predpriatie, riconosciute le isole Araktschejef, Garlshoff e
Palliser, gettando l'ancora il 15 marzo nella rada di Matavai, a
Taiti.
Dal soggiorno di Cook in mezzo a questo arcipelago, era
avvenuta una completa trasformazione nei costumi e nei modi
di vivere degli abitanti.
Nel 1799, alcuni missionari si erano stabiliti a Taiti e vi
avevano fatto un soggiorno di dieci anni senza fare una sola
conversione, e, bisogna pur dirlo con dolore, senza cattivarsi la
stima e il rispetto della popolazione. Costretti, in conseguenza
delle rivoluzioni che turbarono Taiti a quell'epoca, di cercare
un rifugio ad Eimeo e nelle altre isole dell'arcipelago, i loro
sforzi ottennero maggior successo. Nel 1817, il re di Taiti,
Pomar, richiam i missionari, concesse loro un terreno a
Matavai, si converti, ed il suo esempio fu in breve seguito da
una notevole parte degl'indigeni.
Kotzebue era al corrente di questa trasformazione, ma
tuttavia non credeva trovare in piena prosperit gli usi europei.
Al colpo di cannone, che annunciava l'arrivo dei Russi, si
stacc dalla riva una imbarcazione portante la bandiera taitiana,
ed un pilota venne a condurre molto abilmente Predpriatie
all'ancoraggio.
L'indomani, che era una domenica, i Russi sbarcando
furono sorpresi del silenzio religioso che regnava in tutta
l'isola. Questo silenzio non era interrotto se non dai cantici e
dai salmi che cantavano alcuni isolani entro le loro capanne.
La chiesa, edificio semplice e pulito, di forma rettangolare,
coperta di canne, che precedeva un lungo e largo viale di piante
di cocco, era piena di gente attenta e raccolta, gli uomini da una
parte, le donne dall'altra e tutti con un libro di preghiere in
mano. La voce di questi neofiti si mischiava spesso al canto dei
missionari, ahim! con maggior buona volont che armonia.
Se la divozione degli isolani era veramente edificante, il
costume che portavano quei singolari fedeli era fatto a
proposito per dare qualche distrazione ai visitatori. Un abito
nero o una veste d'uniforme inglese componeva tutto
l'abbigliamento degli uni, mentre altri non portavano che un
panciotto, una camicia o i calzoni. I pi fortunati s'avvolgevano
in mantelli di panno; ma tutti, ricchi o poveri, avevano respinto
come inutile l'uso delle calze e delle scarpe.
Quanto alle donne, non erano meno grottescamente
acconciate: talune portavano una camicia d'uomo, bianca o
rigata, altre un semplice pezzo di tela, ma tutte con cappelli
europei. Se le donne degli ari portavano delle vesti di colore,
lusso superfluo, la veste allora sostituiva ogni altro oggetto
d'abbigliamento.
Il luned ebbe luogo una cerimonia imponente. Era la visita
della reggente e della famiglia reale a Kotzebue. Questi alti
personaggi erano preceduti da un cerimoniere. Era una specie
di pazzo, vestito solamente con una veste rossa; ma le sue
gambe portavano un tatuaggio figurante calzoni rigati; sotto il
dorso era disegnato un quarto di circolo dalle divisioni
minuziosamente esatte e si dava con aria comica a seguire
capriole, contorsioni, smorfie e sgambetti d'ogni sorta.
Sulle braccia della reggente riposava il piccolo Pomar III.
Accanto a lei si avanzava la sorella del re, gentil fanciulla di
una diecina d'anni. Se l'infante reale era vestito all'europea
come i suoi compatrioti, non portava neppure esso calzatura al
pari del pi povero de' suoi sudditi. Sopra istanze dei ministri e
dei grandi taitiani, Kotzebue gli fece fare un paio di scarpe che
dovevano servirgli pel giorno della sua incoronazione.
Quante grida di gioia, quante attestazioni di piacere e
quanti sguardi di desiderio per tutte quelle bagattelle distribuite
alle dame della corte! Quanti pugilati per quel gallone d'oro
falso di cui esse si strapparono fin le pi piccole fila!
Era dunque un negozio d'importanza quello che conduceva
tanti uomini sul ponte della fregata, portanti frutti e maiali in
abbondanza? No, questi sollecitatori erano i mariti delle
sventurate taitiane che non assistevano alla distribuzione di
quel gallone, pi prezioso per esse che non i diamanti per le
europee.
In capo a dieci giorni, Kotzebue si decise a Lasciare questo
paese singolare, dove la civilizzazione e la barbarie
s'accostavano tanto fraternamente, e guadagn l'arcipelago di
Samoa, famoso pel massacro dei compagni di La Prouse.
Qual differenza con gli indigeni di Taiti! Selvaggi e feroci,
diffidenti e minacciosi, gl'indigeni dell'isola Rosa tentarono di
farsi arditi fino a salire sul ponte della Predpriatie. Uno di essi,
alla vista del braccio nudo di un marinaio, non pot neppure
trattenere un gesto altrettanto eloquente che feroce, indicante
tutto il piacere che avrebbe a divorare quella carne soda e senza
dubbio saporita.
Presto, col numero delle piroghe aument l'insolenza di
questi indigeni. Bisogn picchiarli per respingerli, e la fregata
ripigliando la sua rotta lasci dietro di s le imbarcazioni di
quei feroci isolani.
Ojolava, l'isola Plata e Pota, che formano, come l'isola
Rosa, parte dell'arcipelago dei Navigatori, furono oltrepassate
quasi appena scorte, e Kotzebue si diresse verso i Radak, dove
aveva ricevuto un'accoglienza tanto amichevole nel suo primo
viaggio.
Ma, alla vista di quel gran bastimento, gli abitanti n'ebber
paura, si ammucchiarono nei canotti o scapparono nell'interno,
mentre sulla spiaggia si formava una processione d'isolani con
un ramo di palma, in mano e si avanzava verso gli stranieri
implorando pace.
A quella vista, Kotzebue si mise in una imbarcazione col
chirurgo Eschscholtz, fece forza di remi verso la riva,
gridando: Totab aidara! (Kotzebue, amico). Fu un
cambiamento completo. Le suppliche che gli indigeni
portavano ai Russi si mutarono in grida d'allegrezza, in
dimostrazioni entusiastiche di gioia; gli uni si precipitarono
dinanzi ai loro amici, gli altri corsero ad annunciare ai
compatrioti l'arrivo di Kotzebue.
Il comandante apprese con piacere che Kad viveva
sempre ad Aur, sotto la protezione di Lamary, di cui si era
cattivato la benevolenza a prezzo della met delle sue
ricchezze.
Di tutti gli animali che Kotzebue aveva lasciati a Otdia, i
soli gatti, divenuti selvatici, erano ancor vivi, ma non avevano
potuto sterminare fino allora le legioni di topi che infestavano
il paese.
Il comandante rimase alcuni giorni coi suoi amici, che lo
regalarono di rappresentazioni drammatiche, ed il 6 maggio
fece rotta per il gruppo Legiep, incompletamente riconosciuto
da lui nel suo primo viaggio. Dopo aver proceduto a questo
rilievo, Kotzebue. si proponeva di continuare l'esplorazione dei
Radak, ma il cattivo tempo glielo imped, e dovette far vela per
il Kamtchatka.
Dal 7 giugno al 20 agosto l'equipaggio vi godette di un
riposo che s'era ben guadagnato. Allora ripigli il mare, e, il 7
agosto, cal l'ancora alla Nuova Arcangelo, sulla costa
d'America.
Ma la fregata che la Predpriatie veniva a sostituire in
questa stazione vi si trovava ancora e doveva rimanervi fino al
1 marzo dell'anno seguente. Kotzebue trasse dunque profitto
di questo intervallo visitando l'arcipelago Sandwich, dove gett
l'ancora dinanzi a Vaihu, nel dicembre 1824.
Il porto di Rono-Ruru o Honolulu, il pi sicuro
dell'arcipelago. Epper riceveva gi numerose navi, e l'isola di
Waihu era avviata a diventare la pi importante del gruppo e di
detronizzare Hawai o Qwyhee. Gi l'aspetto della citt era
semi-europeo; le case di sasso avevano sostituite le capanne
primitive, le vie aperte regolarmente, con botteghe, caff,
liquoristi, assai frequentati dai marinai balenieri e dai cercatori
di pelliccie, nonch una fortezza munita di cannoni erano i
segni pi apparenti della trasformazione rapida delle abitudini e
dei costumi degli indigeni.
Nei cinquant'anni dalla scoperta della maggior parte delle
isole oceaniche, dappertutto si erano prodotti sensibili
cambiamenti: non per repentini quanto quelli delle isole
Sandwich. Il commercio delle pelliccie, dice Desborugh
Cooley, commercio che si fa sulla costa N. O. d'America, ha
operato una meravigliosa rivoluzione nelle isole Sandwich, la
cui situazione offre un riparo vantaggioso ai bastimenti
adoperati a questo commercio. I mercanti avevano l'abitudine
di svernare, riparare e di vettovagliare i loro vascelli in quelle
isole; giunta l'estate ritornavano sulla costa d'America per
completare i loro carichi. Gli utensili di ferro, e sopratutto i
fucili, erano richiesti dagli isolani in cambio delle loro
provvigioni e, senza pensare alle conseguenze della loro
condotta, i trafficanti mercenari s'affrettavano soddisfare a
questi desideri. Le armi da fuoco e le munizioni essendo il
miglior mezzo di scambio, furono trasportati in abbondanza
nelle Sandwich. Epper gli isolani diventarono in breve
formidabili pei loro ospiti; s'impadronirono di parecchie
piccole navi e spiegarono un'energia mista dapprima a ferocia,
ma che indicava in essi una potente inclinazione verso i
miglioramenti sociali. A quel tempo uno di quegli uomini
straordinari che veramente mancano di prodursi quando si
preparano grandi avvenimenti, complet la rivoluzione
cominciata dagli Europei. Kamea-Mea, capo che si era gi fatto
notare in quelle isole durante T'ultima e fatale visita di Cook,
usurp l'autorit leale, assoggett le isole vicine, a capo di
un'armata di 16.000 uomini, e volle far servire le sue conquiste
ai vasti piani di progresso che aveva concepito. Conosceva la
superiorit degli Europei e poneva tutto l'orgoglio suo a
imitarli. Gi nel 1797, quando il capitano Broughton visit
quelle isole, l'usurpatore gli mand a domandare se gli doveva i
saluti della sua artiglieria. Fino dal 1817 si disse ch'egli
possedesse un'armata di 7000 uomini armati di fucile, tra i
quali si trovavano almeno 50 europei. Kamea-Mea, dopo aver
cominciato la sua carriera col massacro e l'usurpazione, fin col
meritarsi l'amore sincero e l'ammirazione dei suoi sudditi che
lo consideravano come un essere sovrumano e che piansero la
sua morte con lagrime pi sincere di quelle che si versano
ordinariamente sulle ceneri di un monarca.
Tale era lo stato delle cose quando la spedizione russa si
ferm a Waihu. Il giovine re Rio-Rio era in Inghilterra con la
moglie, e il governo dell'arcipelago era nelle mani della regina
madre Kaahu-Manu.
Kotzebue approfitt dell'assenza di quest'ultima e del
primo ministro, entrambi allora in visita sopra un'isola vicina,
per andare a vedere un'altra sposa di Kamea-Mea.
L'appartamento, dice il navigatore, era ammobiliato
all'europea con sedie, tavoli e specchi. Il pavimento era coperto
di stuoie, sulle quali era stesa Nomo-Hana, che non dimostrava
pi di 40 anni: era alta 5 piedi e 8 pollici e aveva di certo pi di
4 piedi di circonferenza. I suoi capelli, neri come carbone
lucente, erano accuratamente rialzati sulla cima di una testa
rotonda come un pallone. Il suo naso e le sue labbra sporgenti
non avevano nulla di bello; tuttavia nella sua fisionomia
regnava un'aria avvenente e piacevole.
La buona signora si ricordava aver visto Kotzebue dieci
anni prima. Epper gli fece assai buona accoglienza; ma non
pot parlare di suo marito, senza che le lagrime le venissero
subito agli occhi, e il suo dolore non sembrava affettato.
Affinch la data della morte di questo principe le fosse sempre
sott'occhio, si era fatto tatuare sul braccio questa semplice
scritta: 6 maggio 1819.
Cristiana e beghina come la maggior parte della
popolazione, la regina condusse Kotzebue alla chiesa, edificio
semplice e vasto, ma che non conteneva una folla tanto stipata
quanto a Taiti. Nom-Hana sembrava molto intelligente;
sapeva leggere e si mostrava particolarmente entusiasta della
scrittura, questa scienza che avvicina gli assenti. Volendo dare
al comandante, insieme a una prova del suo affetto, un attestato
delle sue cognizioni, gli sped, a mezzo di un ambasciatore,
un'epistola che aveva impiegato parecchie settimane a redigere.
Le altre signore vollero subito fare altrettanto e Kotzebue
si vide alla vigilia di soccombere sotto il peso delle missive che
gli si dirigevano. Il solo mezzo di por fine a questa epidemia
epistolare era, di levar l'ancora, ed ci che fece Kotzebue
senza aspettare pi a lungo.
Tuttavia, prima della partenza, ricevette a bordo la regina
Nomo-Hana, che venne vestita col suo costume di cerimonia.
S'immagini una magnifica veste di seta, color pesca, guarnita di
un gran ricamo nero, veste fatta per una corporatura europea,
per conseguenza troppo corta e troppo stretta; cosicch si
vedevano non solo i piedi, a rispetto dei quali quelli di Carlo
Magno sarebbero sembrati i piedi di una chinese, imprigionati
in una rozza calzatura d'uomo, ma ben anche le gambe brune,
grosse e nude, che ricordavano le balaustre d'una terrazza. Una
collana di piume rosse e gialle, una ghirlanda di fiori naturali,
un cappello di paglia d'Italia ornato di fiori artificiali
completavano quell'acconciatura di lusso e ridicola, Nomo-
Hana visit il bastimento, si fece render conto, di tutto e
finalmente, stanca di tante meraviglie, penetr
nell'appartamento del comandante, dove l'aspettava una
copiosa colazione. La regina si lasci cadere sopra un canap,
ma quel fragile mobile non pot resistere a tanta maest e
cedette sotto il peso di una principessa.
Dopo questa stazione, Kotzebue ritorn alla Nuova
Arcangelo, dove dimor fino al 30 luglio 1825. Poi, fece un
nuovo soggiorno alle isole Sandwich, qualche tempo dopo che
l'ammiraglio Byron vi ebbe portato i resti del re e della regina.
L'arcipelago era tranquillo; la sua prosperit andava sempre pi
crescendo; l'influenza dei missionari si era consolidata e
l'educazione del nuovo piccolo re era affidata al missionario
Bingham. Gli abitanti erano stati profondamente impressionati
degli onori che l'Inghilterra aveva reso alle spoglie dei loro
sovrani, e non sembrava lontano il giorno in cui i costumi
indigeni avrebbero completamente lasciato campo alle
abitudini degli Europei.
A Waihu furono imbarcati dei rinfreschi, dopo di che il
viaggiatore guadagn le isole Radak, riconobbe le Pescadores
che formano l'estremit settentrionale di questa catena; non
lungi di l, scoperse il gruppo Eseheholtz, e tocc Guaham il
15 ottobre. Il 23 gennaio 1286, lasciava Manilla, dopo un
riposo di parecchi mesi, durante i quali i frequenti rapporti con
gli indigeni avevano permesso di meglio conoscere la geografia
e la storia naturale delle Filippine. Un nuovo governatore
spagnuolo era giunto con un rinforzo di truppe piuttosto
notevole, e aveva cos bene posto fine all'agitazione, che i
coloni avevano intieramente rinunciato al progetto di separarsi
dalla Spagna.
Il 10 luglio 1826, la Predpriatje rientrava a Cronstadt,
dopo un viaggio di tre anni, durante i quali aveva visitato le
coste nord-ovest dell'America, le isole Aleutine, il Kamtchatka
e il mare d'Okhotsk, riconosciuto nei particolari una gran parte
delle isole Radak, e fornito nuove informazioni sulle
trasformazioni per le quali passavano parecchi popoli oceanici.
Merc le cure di Chamisso e del professore Eseheholtz, furono
raccolti numerosi campioni di storia naturale, e quest'ultimo
pubblicava la descrizione di oltre duemila animali; finalmente
port curiosissime osservazioni sulla formazione delle isole di
corallo del mare del sud.
Il governo inglese aveva ripreso con ardore lo studio di
questo problema irritante, la cui soluzione era stata cercata da
lungo tempo: il passaggio nord-ovest. Mentre Parry per mare e
Franklin per terra cercavano di guadagnare lo stretto di
Behring, il capitano Federico Guglielmo Beechey riceveva
istruzioni di penetrare quanto pi innanzi gli fosse possibile,
per quel medesimo stretto, lungo la costa settentrionale
d'America, allo scopo di raccogliere i viaggiatori che gli
arriverebbero senza dubbio estenuati dalle fatiche e dalle
privazioni.
Beechey, con la nave The Blossom, che salp da Spithead
il 19 maggio 1825, si era vettovagliato a Rio-J aneiro, e, dopo
aver girato il capo Horn, il 26 settembre era penetrato
nell'oceano Pacifico. Dopo un breve riposo sulla costa del Chili
aveva visitato l'isola di Pasqua, dove gli incidenti che avevano
segnalato la sosta di Kotzebue nel suo primo viaggio si erano
fedelmente rinnovati.
Dapprima, la medesima premurosa accoglienza da parte
degli indigeni, che raggiungono a nuoto il Blossom, portano
con piroghe i miseri prodotti della loro isola; poi, quando
gl'Inglesi, sbarcano, il medesimo assalto a sassate e bastonate,
che bisogna reprimere energicamente a schioppettate.
Il 4 dicembre, il capitano Beechey scorse un'isola
intieramente coperta di vegetazione. Allora era un'isola famosa,
perch vi si erano rinvenuti i discendenti dei rivoltosi della
Bounty, sbarcati in causa di un dramma, che, sullo scorcio
dell'ultimo secolo, appassion vivamente l'opinione pubblica in
Inghilterra.
Nel 1781, il luogotenente Bligh, uno degli ufficiali che si
erano segnalati sotto gli ordini di Cook, era stato nominato al
comando della Bounty e incaricato di andare a prendere a Taiti
degli alberi del pane e altre produzioni vegetali, onde
trasportarli alle Antille, che gli Inglesi designavano
comunemente col nome di Indie Occidentali. Dopo aver girato
il capo Horn, Bligh si era fermato sulle coste della Tasmania e
aveva raggiunto la baia di Matavai, ove aveva fatto un carico
d'alberi del pane, come a Namuka, una delle isole Tonga. Fino
allora, nessun incidente particolare aveva segnalato il corso di
quel viaggio che prometteva di terminare felicemente. Ma il
carattere altiero, i modi ruvidi e dispotici del comandante, gli
avevano alienato l'equipaggio quasi totalmente. Fu tramata
contro di lui una congiura che scoppi nei paraggi di Tofua, il
28 aprile, prima del levar del sole.
Sorpreso a letto dai rivoltosi, legato e avvinto prima che
potesse difendersi, Bligh fu condotto in camicia sul ponte e
dopo un simulacro di giudizio, a cui presiedette il luogotenente
Fletcher Christian, fu calato con diciotto persone che gli erano
rimaste fedeli in una scialuppa in cui si misero alquante
provvigioni, e che fu poi abbandonata in alto mare.
Biigh, dopo aver sofferti i tormenti della sete e della fame,
dopo essere sfuggito ad orribili tempeste ed ai denti dei
selvaggi indigeni di Tofua, era giunto a guadagnare l'isola di
Timor, dove ricevette, calorosa accoglienza.
Feci sbarcare la nostra gente, dice Bligh. Taluni potevano
a stento mettere un piede avanti all'altro. Non avevamo pi che
la pelle sulle ossa, eravamo coperti di piaghe, e i nostri abiti
erano a brandelli. In questo stato, la gioia e la riconoscenza ci
strappavano lagrime, e il popolo di Timor ci osservava in
silenzio con sguardi che esprimevano ad un tempo orrore,
stupore e piet. Cosicch, con l'aiuto della Provvidenza,
abbiamo sorpassati gl'infortuni e le difficolt di un viaggio
tanto pericoloso!
Pericoloso infatti, giacch non era durato meno di quaranta
giorni, sopra mari imperfettamente conosciuti, in una
imbarcazione aperta, fragile, con viveri insufficienti, a prezzo
di sofferenze inaudite, per una percorrenza di oltre mille e
cinquecento leghe, e senza aver avuto a deplorare altra perdita
all'infuori di quella di un marinaio, ucciso al principio del
viaggio dagli indigeni di Tofua!
Quanto ai rivoltosi, la loro storia singolare, e si pu
trarne ammaestramento.
Essi avevano fatto vela per Taiti, dove li attraevano le
facilit della vita e dove furono abbandonati coloro che
avevano avuto parte meno attiva alla rivolta. Christian aveva
allora rimesso a vela con otto marinai risoluti a seguirlo, e una
ventina di isolani di Taiti e di Tubuai.
Non si era pi inteso parlare di loro.
Quanto a quelli che erano rimasti a Taiti, erano stati
catturati, nel 1791, dal capitano Edwards della Pandora, che il
governo inglese aveva mandato in cerca degli ammutinati con
missione di ricondurli in Inghilterra. Ma la Pandora avendo
incagliato sopra uno scoglio, nello stretto dell'Intrapresa,
quattro ammutinati e trentacinque marinai erano periti in quella
catastrofe. Dei dieci che giunsero in Inghilterra coi naufragati
della Pandora, tre soltanto furono condannati a morte.
Passarono vent'anni prima che si potesse ottenere il
minimo schiarimento sulla sorte di Christian e di quelli ch'egli
aveva condotti seco.
Nel 1808, un bastimento di commercio americano giunse a
Pitcairn per completarvi il carico di pelli di foca. Il comandante
credeva che l'isola fosse disabitata; ma con grande sua sorpresa
si era visto avvicinare da una piroga montata da tre giovanetti
di colore, che parlavano benissimo l'inglese. Il capitano,
stupito, li aveva interrogati, ed apprese che il padre loro aveva
servito sotto gli ordini del luogotenente Bligh.
L'odissea di quest'ultimo era allora nota al mondo intiero, e
aveva fatto le spese delle veglie del castello di prua dei
bastimenti di tutte le nazioni. Epper il capitano americano
volle ottenere maggiori particolari su questo fatto singolare,
che svegliava nella mente sua il ricordo della scomparsa dei
rivoltosi della Bounty.
Sceso a terra, il capitano, avendo incontrato un inglese di
nome Smith che apparteneva all'antico equipaggio della
Bounty, ne aveva ricevuto la seguente confessione.
Quand'ebbe lasciato Taiti, Christian fece vela direttamente
per Pitcairn, la cui posizione isolata, al sud dei Pomot
all'infuori d'ogni rotta frequentata, l'aveva vivamente colpito.
Dopo aver sbarcato le provvigioni che conteneva la Bounty e
dopo averla spogliata degli attrezzi che potevano essere utili, si
arse il bastimento, non solo per farne sparire ogni traccia, ma
anche per togliere ad ogni ribelle la tentazione di fuggire.
A tutta prima si temeva che l'isola fosse popolata. Si fu in
breve convinti che non lo era affatto. Si costruirono allora delle
capanne e si dissodarono dei terreni. Ma gli Inglesi riservarono
caritatevolmente ai selvaggi, che si erano condotti seco, o che li
avevano liberamente accompagnati, le funzioni di schiavi.
Comunque sia, passarono due anni senza querele troppo
violente. A questo punto, gli indigeni tramarono una congiura
contro i bianchi, della quale questi furono avvertiti da una
taitiana, e i due capi pagarono con la vita il loro tentativo
abortito.
Trascorsero altri due anni di pace e di tranquillit, poi
nuova congiura, in seguito alla quale cinque inglesi, fra cui
Christian, furono massacrati. A loro volta, le donne, che
rimpiangevano gli Inglesi, immolarono i taitiani superstiti.
La scoperta d'una pianta dalla quale si poteva estrarre una
specie d'acquavite, cagion un po' pi tardi la morte di uno dei
quattro inglesi che rimanevano; un altro fu massacrato dai suoi
compagni; un terzo mor d'una malattia, ed un certo Smith, che
prese il nome di Adamo, rimase solo a capo di una popolazione
di dieci donne e diciannove fanciulli, il maggiore dei quali non
aveva pi di sette od otto anni.
Quest'uomo, che aveva riflettuto sui disordini suoi e il cui
pentimento ne trasformava l'esistenza, dovette compiere i
doveri di padre, di prete, d'ufficiale di Stato Civile e di re. Con
la sua giustizia e la sua fermezza seppe acquistarsi una
poderosa influenza su quella bizzarra popolazione. ,
Questo singolare professore di morale, che nella sua
giovinezza aveva violata ogni legge, pel quale nessun impegno
era stato sacro, insegn allora la piet, l'amore, l'unione, istitu
regolari matrimoni fra i figli delle diverse famiglie, e la piccola
colonia prosper sotto il comando dolce e fermo ad un tempo
di quest'uomo diventato virtuoso sul tardi.
Tale era lo stato morale della colonia di Pitcairn, al
momento in cui Beechey vi sbarc. Il navigatore, ben accolto
da una popolazione le cui virt ricordavano l'et dell'oro, vi
fece una fermata di diciotto giorni. Il villaggio era composto di
capanne decenti e pulite, circondate da pandanuse e da alberi
di cocco; i campi erano ben coltivati, e sotto la direzione di
Adamo, questa popolazione si era fabbricata gli istrumenti pi
utili con un'abilit veramente maravigliosa. Quei meticci dalla
faccia piacevole e dolce avevano delle membra ben
proporzionate, che indicavano un vigore poco comune.
Dopo Pitcairn furono visitate da Beechey le isole Crescent,
Gambier. Hood, Clermont-Tdnnerre, Serles, Whitsunday,
Queen-Charlotte, Tehai, dei Lancieri, che fanno parte dei
Pomot, come pure un isolotto a cui diede il nome di Byam-
Martin.
Il navigatore v'incontr un selvaggio chiamato Tu-Wari,
che vi era stato gettato dalla tempesta. Partito da Anaa insieme
a centocinquanta compatrioti, in tre piroghe, per andar a
rendere omaggio a Pomar III che era salito al trono, Tu-Wari
era stato gettato lungi dalla sua rotta dai venti dell'ovest. A
questi erano succedute brezze variabili, e in breve le
provvigioni furono interamente esaurite, sicch si dovettero
mangiare i cadaveri di quelli che soccombettero. Finalmente
Tu-Wari era giunto all'isola Barrow, in mezzo all'arcipelago
Pericoloso, dove si era alquanto vettovagliato; aveva ripreso il
mare, ma non per lungo tempo, giacch la sua piroga essendosi
sfondata presso Byam-Martin, dovette rimanere su questo
isolotto.
Beechey fin col cedere alle preghiere di Tu-Wari
pigliandolo a bordo insieme a sua moglie ed i suoi figli per
ricondurli a Taiti. L'indomani, per uno di quei casi che non si
vedono d'ordinario che nei romanzi, Beechey essendosi
fermato a Hein, Tu-Wari v'incontr suo fratello che lo credeva
morto da gran tempo. Dopo i primi slanci di effusione, i due
indigeni, gravemente seduti l'uno accanto all'altro, le mani
strette con tenerezza, s'erano narrate le loro reciproche
avventure.
Beechey lasci Hein il 18 febbraio, riconobbe le isole
Melville e Croker, e gett l'ancora a Taiti il 18, dove stent a
trovare rinfreschi Gl'indigeni esigevano ora dei buoni dollari
chileni e delle vestimenta europee, articoli che facevano
assolutamente difetto sul Blossom.
Il capitano, dopo aver ricevuto la visita della reggente, fu
invitato ad una serata che doveva essere data in onor suo nella
dimora, reale, a Papeiti. Ma quando gl'Inglesi si presentarono,
trovarono che tutti ai palazzo dormivano. La reggente aveva
dimenticato il suo invito e si era coricata pi presto del solito.
Ci nonostante ricevette graziosamente gli ospiti suoi, e
improvvis quattro salti, malgrado la rigorosa proibizione dei
missionari. Senonch la festa dovette passare, per cos dire, in
silenzio, affinch il chiasso non giungesse all'orecchio
dell'agente di polizia che passeggiava
;
sulla spiaggia. Si
giudicher da questo solo particolare della libert che il
missionario Pritchard lasciava ai primi personaggi di Taiti.
Cosa doveva essere della turba degli indigeni?
Il 3 aprile, il giovine re rese la visita a Beechey che gli fece
dono, da parte dell'ammiragliato, d'un magnifico fucile da
caccia. Le relazioni furono amichevolissime, e l'influenza che i
missionari inglesi avevano saputo prendere si trov ancora
consolidata dalla cordialit e dalle prevenienze di cui lo stato
maggiore del Blossom diede loro ripetute prove.
Partito da Taiti il 26 aprile, Beechey guadagn le isole
Sandwich, dove fece una sosta di una diecina di giorni, e
spieg le vele per lo stretto di Behring e il mare polare. Le sue
istruzioni gli prescrivevano di inoltrarsi lungo la costa
d'America, tanto lontano quanto lo stato dei ghiacci glielo
permettesse. Il Blossom si ferm nella baia di Kotzebue,
soggiorno tanto inospitale quanto ripugnante, dove gl'Inglesi
ebbero parecchi abboccamenti con gli indigeni, senza poter
procurarsi la minima notizia di Franklin e della sua compagnia.
Poi, Beechey sped in cerca di questo intrepido viaggiatore una
scialuppa pontata, sotto il comando del luogotenente Elson.
Questi non pot oltrepassare la punta Barrow, con 71 23' di
latitudine nord, e fu costretto a ritornare al Blossom che i
ghiacci forzarono a ripassare lo stretto il 13 ottobre, con un
tempo chiaro e una forte brinata.
Onde utilizzare la stagione invernale, Beechey visit il
porto di San Francisco, e ripos ancora una volta, il 25 gennaio
1837, a Honolulu, nelle isole Sandwich. Merc la politica abile
e liberale del suo governo questo Stato s'avanzava a gran passi
nella via del progresso e della prosperit.
Il numero delle case si era aumentato; la citt pigliava
vieppi un carattere civilizzato; il porto era frequentato da gran
numero di navi inglesi ed americane; finalmente la marina
nazionale era stata creata e contava cinque briks e otto
schooners. L'agricoltura era in uno stato fiorente; il caff, il t,
le droghe occupavano ampie piantagioni, e si cercava di
utilizzare le foreste di canne di zucchero che prosperavano
nell'arcipelago.
In aprile, dopo un riposo all'imboccatura del fiume Canton,
il Blossom procedette alla ricognizione dell'arcipelago Liu-
Kieu, catena d'isole che collega il Giappone a Formosa, e dei
gruppo Bonin-Sima terre su cui l'esploratore non incontr altri
animali all'infuori di grosse tartarughe verdi.
In seguito a questa esplorazione il Blossom rifece la rotta
del nord, ma le circostanze atmosferiche essendo men
favorevoli non pot questa volta penetrare che fino a 70 40'.
Lasciava in questo punto della costa viveri, vestimenta ed
istruzioni, pel caso in cui Parry o Franklin fossero riusciti ad
inoltrarsi fin l.
Dopo aver incrociato fino al 5 ottobre, Beechey risolse a
malincuore, di ritornare in Inghilterra. Ancor a Monterey, a
San Francisco, a San Blas, a Valparaiso, gir il capo Horn,
sost a Rio-J aneiro e cal l'ancora a Spithead il 2 ottobre.
Bisogna ora narrare la spedizione dei capitano russo Ltk,
spedizione che produsse risultati abbastanza importanti. La
relazione, assai divertente, scritta con molto spirito. Epper vi
piglieremo a prestito qualche cosa.
La Sniavine ed il Mller erano due gabarre costrutte in
Russia; entrambe tenevano assai bene il mare, ma la seconda
era una cattiva camminatrice; inconveniente che per quasi tutto
il viaggio tenne i due bastimenti separati. La Sniavine aveva
Ltk a comandante, e il Mller Staniukowitch.
I due bastimenti salparono da Gronstadt il 1 settembre
1828, ancorarono a Copenaghen e a Portsmouth dove si
acquistarono degli istrumenti di fisica e d'astronomia. Appena
usciti dalla Manica furono separati. La Sniavine, che noi
seguiremo particolarmente, sost a Teneriffa.
Quest'isola era stata devastata da un terribile uragano, dal 4
all'8 novembre, tale che non si era mai visto di simile dal
tempo della conquista. Erano perite tre navi fatte a pezzi. I
torrenti, ingrossati da una pioggia spaventevole, asportarono
giardini, muri, edifici, devastarono parecchie piantagioni
notevoli, demolirono quasi intieramente uno dei forti,
distrussero una quantit di case nella citt e resero impraticabili
parecchie vie. Tre o quattrocento individui trovarono la morte
in quel cataclisma, i cui danni si valutarono a parecchi milioni
di piastre.
Nel gennaio, i due bastimenti si erano ritrovati a Rio
J aneiro e fino al capo Horn avevano fatto rotta assieme. L le
tempeste ordinarie, le solite nebbie, li avevano assaliti e
separati di nuovo. La Sniavine allora aveva fatto rotta per
Concezione.
Il 5 marzo, dice Ltk, non eravamo, cos a stima, che a 8
miglia dalla costa pi vicina, ma una fitta nebbia ce ne toglieva
la vista. Nella notte la nebbia si dissip e allo spuntar del
giorno si offerse ai nostri occhi uno spettacolo di una
grandezza e di una magnificenza indescrivibile. La catena
dentata delle Ande, con le sue punte acute, si disegnava sovra
un cielo azzurro, rischiarato dai primi raggi del sole. Non
voglio aumentare il numero di quelli che si son perduti in vani
sforzi per trasmettere agli altri le sensazioni che provarono al
primo aspetto di simili quadri della natura. Esse sono tanto
inesprimibili quanto la maest dello spettacolo stesso. La
variet dei colori, la luce che il levar del sole spandeva
gradatamente sul cielo e sulle nubi erano di una inimitabile
bellezza, Con nostro gran dispiacere, questo spettacolo, come
tutto ci che sublime nella natura, non fu di lunga durata.
Man mano che la massa di luce invadeva l'atmosfera, l'enorme
gigante sembrava sprofondare nell'abisso, e il sole, apparendo
sull'orizzonte, ne cancellava perfino le traccie.
Il sentimento di Ltk sull'aspetto della Concezione non
andava d'accordo con quello di alcuni de' suoi predecessori.
Egli non aveva ancora dimenticate le esuberanti ricchezze della
baia di Rio J aneiro. Per cui trov questa costa alquanto misera.
Gli abitanti, per quanto pot giudicarne in una sosta assai
breve, gli sembrarono dotati di un carattere affabilissimo e pi
civilizzato della gente della stessa classe in molti altri paesi.
Entrando in Valparaiso, Ltk scorse il Mller che faceva
vela per il Kamtchatka. Gli equipaggi si diedero l'addio e
ciascuno segu allora una direzione separata. La prima corsa
degli ufficiali e dei naturalisti fu alle celebri quebradas.
Sono esse, dice il viaggiatore, dei burroni nelle
montagne, colmi, per cos dire, di piccole capanne che
contengono la maggior parte della popolazione di Valparaiso.
La pi popolata di queste quebradas quella che sorge
all'angolo sud-ovest della citt. Il granito che col si mostra
allo scoperto serve di solido fondamento alle costruzioni e le
mette al riparo dell'effetto, distruttore dei terremoti. La
comunicazione di queste abitazioni fra esse e con la citt si
compie per stretti sentieri, senza punti d'appoggio n giardini,
che si prolungano sul pendo delle roccie, e sulle quali i
fanciulli, giocando, corrono in ogni senso come camosci, L
non vi sono che poche case, e anche queste appartengono a
stranieri, e alle quali fanno capo dei sentieri in cui si sono
praticati dei giardini: i Chileni ritengono questa precauzione
come un lusso superfluo e affatto inutile. uno strano
spettacolo vedersi sotto i piedi una gradinata di tetti coperti di
tegole e di rami di palma, e al disopra del capo un anfiteatro di
porte e di giardini. Avevo dapprima seguiti i signori naturalisti;
ma essi mi trassero subito in un luogo dove non potevo pi fare
un passo n avanti, n indietro, il che mi decise a ritornarmente
con uno dei miei ufficiali, e di lasciarli l augurando loro di
portare a casa le loro teste sane e salve: quanto a me, credetti
mille volte di perdere la mia, prima d'arrivare abbasso.
Al ritorno di una penosa escursione che i marinai avevano
fatto a poche leghe da Valparaiso, furono alquanto
meravigliati, ritornando in citt a cavallo, d'essere arrestati da
una pattuglia, che li costrinse, non ostante le loro proteste, a
por piede a terra.
Era il gioved santo, dice Ltk; da questo giorno fino al
sabato santo non permesso, sotto pena di una grave
ammenda, n di montare a cavallo, n cantare, n ballare, n
suonare alcun istrumento, e neppure di portare il cappello in
testa. Ogni affare, ogni lavoro, ogni divertimento
severamente proibito durante questi giorni. La collina in mezzo
alla citt, sulla quale trovasi il teatro, trasformata per questo
tempo in Golgota. In mezzo ad uno spazio circondato da
griglie, sorge una croce con l'imagine di Cristo; vi si vede
vicino una quantit di fiori e di ceri, e da ogni lato figure di
donne genuflesse rappresentanti i testimoni della Passione del
nostro salvatore.. Le anime pie s'avvicinavano a questo luogo
per lavare i loro peccati; non un sol peccatore. La maggior
parte di esse erano senza dubbio fermamente sicure d'ottenere
la grazia divina, giacch strada facendo giuocavano e ridevano,
ma assumevano un'aria di contrizione giungendo l,
s'inginocchiavano per pochi istanti, e continuavano poscia il
loro cammino, tornando a giuocare e ridere.
L'intolleranza e le superstizioni, di cui gli stranieri,
incontrano prove ad ogni pi sospinto, fanno nascere nel
viaggiatore giudiziose riflessioni. Egli deplora di veder perdersi
in continue rivoluzioni tanta energia e tante risorse che
potrebbero essere adoperate molto meglio per lo sviluppo
morale e la prosperit materiale della nazione.
Per Ltk, nulla rassomigliava meno ad una vallata del
paradiso di Valparaiso e suoi dintorni. Delle montagne nude,
tagliate da profondi burroni (quebradas), una pianura arenosa
in mezzo alla quale sorge la citt, le alte montagne delle Ande
in fondo al piano, tutto ci non costituisce, a vero dire, un
Eden.
Le traccie dello spaventoso terremoto del 1823 non erano
ancora interamente cancellate, e vi si vedevano tuttavia grandi
spazi coperti di reliquie.
Il 15 aprile, la Sniavine riprese il mare e fece vela per la
Nuova Arcangelo, dove il 24 giugno, dopo una navigazione
che non fu segnalata da alcun incidente. La necessit di
procedere a riparazioni che rendevano indispensabile una
campagna di 10 mesi, e lo sbarco delle provvigioni di cui la
Sniavine era carica per la Compagnia, trattennero per cinque
settimane il capitano Ltk nella baia di Sitkha.
Questa parte della costa nord-ovest dell'America offre un
aspetto selvaggio ma pittoresco. Alte montagne, coperte fino
alla cima da un fitto e cupo mantello di foreste, formano
l'ultimo piano del quadro. All'entrata della baia, il monte
Edgecumbe, vulcano oggi spento, si eleva a 2800 piedi al
disopra del mare. Quando si penetra nella baia s'incontra un
labirinto d'isole, dietro le quali sorgono, con la fortezza, le torri
e la chiesa, la citt della Nuova Arcangelo, composta di una
fila di case con giardino, di un ospedale, di un cantiere, e fuori
delle palizzate, d'un gran villaggio d'Indiani Kalosci. La
popolazione era allora mista di russi, di creoli e di aleutini in
numero di ottocento, di cui tre ottavi erano al servizio della
Compagnia. Ma questa popolazione diminuisce sensibilmente
con le stagioni: L'estate quasi tutti sono a caccia, e appena
giunge l'autunno si parte per la pesca.
La Nuova Arcangelo non presenta assolutamente molte
distrazioni. A dir vero, anzi, questo soggiorno uno dei pi
noiosi che si possa imaginare; una terra diseredata, triste oltre
ogni espressione, dove l'intiero anno, eccetto i tre mesi di neve,
somiglia pi all'autunno che ad ogni altra stagione. Tutto ci
non nulla ancora pel viaggiatore di passaggio; ma per quello
che vi risiede fa bisogno un gran fondo di filosofia o una gran
voglia di non morire di fame. Il commercio, abbastanza
importante, si fa con la California, con gli indigeni e coi
bastimenti stranieri.
Le pelliccie che si procurano gli Aleutini, cacciatori della
Compagnia, sono la lontra, il castoro, la volpe ed il suslic.
Pescano il leone-marino, la foca e la balena, senza contare, alla
loro stagione, l'aringa, il merluzzo, il salmone, il rombo, il loto,
il pesce persico, e delle tsuklis, conchiglie che si trovano alle
isole della Regina Carlotta e di cui la Compagnia ha bisogno
per i suoi scambi con gli Americani.
Quanto a questi ultimi, dal 46 al 60, sembravano
appartenere alla medesima razza; per lo meno pare debba
condurre a questa conclusione la somiglianza delle loro forme
esteriori, della loro vita e la conformit della loro lingua.
I Kalosci di Sitkha riconoscono come fondatore della loro
razza un uomo chiamato Elkh, favorito dalla protezione del
corvo, causa prima d'ogni cosa. Nota curiosa, presso i
Kadiachi, che sono Esquimesi, quest'uccello ha esso pure una
parte importante. Si trova presso i Kalosci, secondo Ltk, la
tradizione d'un diluvio e alcune favole ch'egli collega alla
mitologia greca.
La loro religione altro non che il camanismo; un Dio
supremo loro ignoto, ma credono agli spiriti maligni ed agli
stregoni che predicono l'avvenire, guariscono gli animali, e la
cui professione ereditaria.
Per essi l'anima immortale; tuttavia le anime dei capi non
si mischiano con quelle degli inferiori, quelle degli schiavi
rimangono schiave anche dopo la morte. Si vede come questa
conclusione sia poco consolante!
Il governo patriarcale; gl'indigeni sono ordinati in trib,
che, come nel resto dell'America, hanno per emblema, e pi
spesso per nome, un animale: il lupo, il corvo, l'orso, l'aquila,
ecc.
Gli schiavi dei Kalosci sono prigionieri di guerra. La sorte
d'i costoro assai miserabile. I loro padroni hanno su di essi
diritto di vita o di morte. In certe cerimonie, in occasione della
perdita dei capi, si sacrificano quelli che non sono pi buoni a
nulla, a meno che, al contrario, non si renda loro la libert.
Sospettosi e astuti, crudeli e vendicativi, i Kalosci non
valgono n pi n meno degli altri selvaggi loro vicini. Duri
alla fatica, prodi, ma pigri, lasciano tutti i lavori dell'interno
alle cure delle loro mogli, giacch la poligama in uso fra
essi.
Lasciando Sitkha, Ltk si diresse verso Unalachka. Lo
stabilimento d'Huluk il principale di quest'isola, e tuttavia
non abitato che da dodici russi e dieci aleutini dei due sessi.
Se non vi fosse l'assoluta privazione di legna che costringe
gl'indigeni a raccogliere quella che il mare getta alle rive
vicine, fra le quali si trovano talvolta tronchi intieri di cipresso,
di lauro-canforo e di una specie d'albero che spande un odor di
rosa, quest'isola offrirebbe molte comodit e godimenti alla
vita. Essa abbonda di belle pasture; epper vi si applica con
successo all'allevamento del bestiame.
Gli abitanti delle isole delle Volpi, al tempo in cui Ltk la
visit, avevano adottato in gran parte i costumi e il vestiario dei
Russi. Erano tutti cristiani. Gli Aleutini sono buoni, arditi,
destri, e il mare il loro vero elemento.
Dal 1826 parecchie eruzioni di cenere avevano cagionato
grandi disastri in queste isole. Nel maggio 18.27 il vulcano
Chichaldinsk si aperso un nuovo cratere e vomit fiamme.
Le istruzioni di Ltk gli prescrivevano di riconoscere
l'isola San Matteo, che Cook aveva chiamato isola di Opre. Se
il rilievo idrografico di questa posizione riusc oltre ogni
aspettativa, i Russi non ebbero l'esito medesimo quando vollero
procurarsi delle nozioni sulle sue produzioni naturali, giacch
non vi poterono sbarcare in nessun punto.
In seguito a questi fatti giunse l'inverno col suo corteo
ordinario di nebbie e di tempeste. Non bisognava pensare a
recarsi allo stretto di Behring. Ltk fece dunque rotta per il
Kamtchatka, dono aver comunicato con l'isola Behring.
Soggiorn tre settimane a Petropaulowsky, tempo che fu
impiegato allo scarico degli oggetti che portava e ai preparativi
della sua campagna invernale.
Le istruzioni di Ltk gli prescrivevano d'impiegare questa
stagione a visitare le isole Caroline. Risolvette dunque di
dirigersi addirittura all'isola di Ualan, che il navigatore francese
Duperrey aveva fatto conoscere. Un porto sicuro permetterebbe
di applicarsi a degli esperimenti sul pendolo.
In rotta, Ltk cerc, senza trovarla, l'isola Colunas, a 26
9' di latid. e 128 di longit. ovest. Lo stesso avvenne delle isole
Dexter a San Bartolomeo. Riconobbe il gruppo di corallo
Brown, scoperto nel 1794 dall'inglese Butler, e giunse il 4
dicembre in vista di Ualan.
Fin dai primi momenti l'eccellenza delle relazioni con gli
indigeni fece su tutti ottima impressione. Parecchi ualanesi che
erano venuti in piroga mostrarono abbastanza fiducia per
dormire a bordo del bastimento mentre era ancora alla vela.
Non fu senza stento che la Sniavine penetr nel porto
della Coquiile. Sbarcato sull'isolotto Matanial, dove Duperrey
aveva eretto il suo osservatorio, Ltk fece lo stesso, mentre gli
scambi cominciavano con gli indigeni. La bonoma e il
carattere pacifico di costoro non si smentirono un istante. Bast
trattenere per due giorni un capo in ostaggio e dar fuoco ad una
piroga per por fine ai furti di alcuni indigeni.
Noi possiamo dichiarare con piacere in faccia al mondo,
dice Ltk, che il nostro soggiorno di tre settimane a Ualan non
solo non cost una goccia di sangue umano, ma potemmo
lasciare quei buoni isolani senza dar loro un'idea pi completa
di quella che avevano gi dell'effetto delle nostre armi da
fuoco, che essi credono solamente destinate a uccidere degli
uccelli. Non so se si trovi un esempio simile negli annali dei
primi viaggi nei mari del Sud.
Dopo aver lasciato Ualan, Ltk cerc invano le isole
Musgraves, segnate sulla carta di Krusenstem, e non tard a
scoprire una grande isola circondata da una scogliera
sottomarina, la cui conoscenza era sfuggita a Duperrey e che
porta il nome di Painipete o di Puynipete. Il bastimento fu
subito circondato da grandi e belle piroghe con un equipaggio
di quattordici uomini, e da altre piccole in cui non ce n'erano
che due.
Questi indigeni dalla fisionomia selvaggia che esprimeva
la diffidenza, dagli ocelli iniettati di sangue, turbolenti e
chiassosi cantavano, ballavano, gesticolavano nelle loro
imbarcazioni e non si decisero che a stento a salire sul ponte.
La Sniavine si tenne a qualche distanza da terra, in modo
che non sarebbe stato possibile accostarla senza
combattimento, giacche in un tentativo di sbarco gli indigeni
circondarono la scialuppa e non si ritirarono che dinanzi al
buon contegno dell'equipaggio e alle cannonate della
Sniavine.
Ltk disponeva di troppo poco tempo per spingere a
fondo la ricognizione dell'arcipelago Sniavine, come egli
chiam la sua scoperta. Epper, le informazioni che pot
raccogliere sulla popolazione dei Puyniptes mancano di
precisione.
Quegli indigeni non apparterrebbero, secondo lui, alla
medesima razza di quelli di Ualan, e si avvicinerebbero
piuttosto ai Papus, i pi vicini dei quali sono quelli della Nuova
Irlanda, vale a dire a 700 miglia soltanto.
Appena Ltk ebbe cercato, senza incontrarla, l'isola
Sant'Agostino, riconobbe le isole di corallo Los Valientes,
chiamate anche Seveii-Lslauds (sette isole), scoperte nel 1773
dallo spagnuolo Filippo Tompson.
Il navigatore vide poscia l'arcipelago Mortlok, antico
gruppo Lugullos di Torres, i cui abitanti somigliavano agli
Ualanesi. Scese sulla principale di queste isole, vero giardino
di piante di cocco e di alberi del pane.
Gli indigeni godevano di una certa civilizzazione.
Sapevano tessere e tingere le fibre del banano e del cocco,
come gli indigeni di. Ualan e di Puynipete.
I loro istrumenti da pesca facevano onore al loro spirito
inventivo, sopratutto una specie di cassa intrecciata di
verghette e di bamb, combinata in modo da lasciar entrare il
pesce senza che possa uscirne. Possedevano altres delle reti in
forma di grandi saccoccie, delle lenze e degli arponi.
Le loro piroghe, sulle quali passano tre quarti della loro
esistenza sembrano meravigliosamente adatte ai loro bisogni.
Quelle grandi, la cui costruzione costa loro infinite pene, e
sono conservate sotto speciali capanne, hanno ventisei piedi di
lunghezza, due e un quarto di larghezza e quattro di profondit.
Sono munite d'un bilanciere i cui traversi sono ricoperti di un
palco. Dall'altra parte trovasi una piccola piattaforma di quattro
piedi quadrati, munita d'un coperchio, sotto cui si riparano le
provvigioni. Queste piroghe portano una vela triangolare di
stuoie intrecciate di foglie, la quale attaccata a due verghe.
Per girar di bordo si lascia cader la vela, s'inclina l'albero verso
l'altro capo della piroga, dove si fa passare in pari tempo la
fune della vela, e la piroga fa prua con l'altra estremit.
Ltk riconobbe poscia il gruppo Namoluk, i cui abitanti
non differiscono per nulla dai Longunoriens, e dimostr
l'identit dell'isola Hogole, gi descritta da Duperrey, con
Quirosa. Poi visit il gruppo Namonuito, prima assise d'un
numeroso gruppo d'isole ed anzi di una sola grande isola, che
doveva un tempo esistere in quel luogo.
Il comandante Ltk avendo bisogno di biscotto e di
diversi altri generi che sperava avere da Guaham o dalle navi
che fossero ferme in porto, fece vela per le Marianne, dove
intendeva ripetere in pari tempo degli esperimenti sul pendolo,
a cui Freycinet aveva trovato un'importante anomalia di
gravit.
Fu grande la sorpresa di Ltk, giungendo a terra, di non
scorgervi nessun indizio di vita. I due porti non avevano
bandiera. Un silenzio di morte regnava dappertutto, e se non
fosse stata la presenza di una goletta ancorata nel porto interno,
si sarebbe creduto di accostare qualche terra deserta. Non v'era
a terra che poca gente e anche questa non era che una
popolazione semi-selvaggia, dalla quale fu quasi impossibile
ricavare la minima informazione. Per fortuna, un disertore
inglese venne a porsi a disposizione di Ltk e trasmise al
governatore una lettera del comandante, che ricevette quasi
subito una risposta soddisfacente.
Il governatore era quel medesimo Medinilla di cui
Kotzebue e Freycinet avevano lodato l'ospitalit. Epper non fu
difficile ottenere il permesso di stabilire a terra un osservatorio
e portarvi le poche provvigioni di cui si aveva bisogno. Questa
sosta fu rattristata da un accidente che tocc al comandante
Ltk, il quale in una caccia si fer alquanto gravemente una
mano col fucile.
I lavori di riparazioni e rattoppamenti del bastimento, la
necessit di aver acqua e legna ritardarono la partenza della
Sniavine fino al 19 marzo. Durante questo lasso di tempo,
Ltk ebbe campo di riconoscere l'esattezza delle informazioni
che un soggiorno di due mesi nella casa stessa del governatore
aveva permesso a Freycinet di raccogliere dieci anni prima.
Dopo d'allora, le cose non avevano niente mutato.
Siccome per Ltk non era ancor tempo di risalire nel
nord, ripigli la ricognizione delle Caroline dalle isole del
Danese. Gli abitanti gli sembrarono fatti meglio dei loro vicini
occidentali, dai quali, del resto, non differiscono in alcun
modo. Le Farroilep, Ullei, Ifeluk, Furipigze furono
successivamente rilevate; poi Ltk prese la rotta di Bonin-
Sima il 27 aprile. Ivi apprese che era stato preceduto, nella
ricognizione di quel gruppo, dal capitano inglese Beechey.
Epper rinunci subito a qualunque lavoro idrografico.
Due marinai appartenenti all'equipaggio d'una baleniera
che era stata gettata sulla costa risiedevano tuttora a Bonin-
Sima.
Dopo lo sviluppo della grande pesca, questo arcipelago era
frequentato da una quantit di baleniere che vi trovavano un
porto sicuro in ogni stagione, e in pari tempo acqua e legna in
abbondanza, tartarughe, durante sei mesi, pesce, ed insieme a
una infinit d'erbe antiscorbutiche il delizioso cavolo-palmisto.
La maestosa altezza e il vigore degli alberi, dice Ltk, la
variet e la miscellanea delle piante tropicali con quelle dei
climi temperati, attestano gi la fertilit del terreno e la
salubrit del clima. La maggior parte delle produzioni dei
nostri giardini e delle nostre piante orticole, e forse tutte, qui
riescono a meraviglia, come il frumento, il riso, il mais; non si
potrebbe desiderare un clima migliore n una migliore
esposizione pei vigneti. Gli animali domestici d'ogni specie, le
api vi si moltiplicherebbero assai presto. In una parola, con una
colonizzazione poco numerosa, ma operosa, questo piccolo
gruppo potrebbe diventare in poco tempo un luogo di
abbondanti risorse in ogni oggetto.
Il 9 giugno la Sniavine dopo essere stata ritardata dal
vento una intiera settimana, entrava a Petropaulowsky, dove fu
trattenuta fino al 26 per approvvigionarsi. Allora fu fatta una
serie di ricognizioni lungo le rive del Kamtchatka, del paese
dei Koriaks e dei Tchuktchi. Esse furono interrotte da tre
soggiorni sulle costedell'isola di Karaghinsk, nella baia di San
Lorenzo e nel golfo di Santa Croce.
In una di queste soste accadde al comandante una
singolare avventura. Egli era da parecchi giorni in amichevoli
rapporti con dei Tchuktchi ai quali si sforzava di dare un'idea
pi familiare dell'essere e del modo di vivere dei Russi.
Questi indigeni dice si mostravano affabili e
compiacenti e cercavano di pagare con la stessa moneta le
nostre burle e le nostre moine. Io picchiavo pian pianino con la
mano, in segno d'amicizia, sulla guancia d'un vigoroso
tchuktchi, e di botto ricevetti, in risposta, uno schiaffo che per
poco non mi gett a terra. Rinvenuto dal mio stupore, mi vidi
dinanzi il mio tchuktchi con la faccia ridente e che esprimeva
la soddisfazione di un uomo che ha saputo mostrare il suo bel
modo di vivere e la sua civilt. Egli pure aveva voluto
picchiarmi pian pianino, ma lo fece con mano avvezza a
picchiar le renne.
I viaggiatori furono essi pure testimoni delle prove di
destrezza di un tchuktchi che faceva il chaman o mago. Egli si
mise dietro una cortina, d'onde si ud in breve uscire una voce
simile ad un urlo, mentre venivano picchiati dei colpetti su di
un tamburino con una barba di balena. Alzata la cortina, si vide
il mago dondolarsi e rinforzare la sua voce e i suoi colpi sul
tamburo che teneva all'orecchio. Poco dopo, gett via la
pelliccia, si mise nudo fino alla cinta, pigli un sasso pulito che
diede a tenere a Ltk, lo riprese, e mentre faceva passare una
mano sopra l'altra, il sasso spar. Mostrando un tumore che
aveva al gomito, pretendeva che il sasso fosse l; poi fece
girare il tumore da un lato, e dopo averne estratto il sasso
afferm che la riuscita del viaggio dei Russi sarebbe
favorevole.
Si felicit il mago per la sua destrezza e gli si fece dono di
un coltello per ringraziarlo. Pigliandolo mand fuori la lingua e
si mise a tagliarla La bocca gli si emp di sangue
Finalmente, dopo essersi tagliato affatto la lingua, ne mostr il
pezzo nella mano. Ma qui la cortina cadde, perch la destrezza
del prestigiatore senza dubbio non andava pi oltre.
Si designai sotto il nome generale; di Tchuktchi il popolo
cir abita l'estremit N.-E. dell'Asia. Esso comprende due
razze: una, nomade come i Samojedi, chiamata i Tchuktchi
dalle renne; l'altra, a residenze fisse, si chiama i Tchuktchi
sedentari. Il genere di vita, come i lineamenti del volto e la
lingua medesima differiscono in queste due razze. L'idioma
parlato dai sedentari ha grandi rapporti con quello degli
Esquimesi, a cui i baidarkes o battelli di cuoio, gli strumenti e
le forme delle capanne tendono pure ad approssimarli.
Ltk non vide gran numero di Tchuktchi dalle renne;
perci non pot quasi aggiungere nulla a quello che avevano
detto i suoi predecessori. Gli sembr tuttavia che essi fossero
stati dipinti con colora troppo sfavorevoli e che la loro
riputazione di turbolenza e di selvatichezza fosse
singolarmente esagerata.
I sedentari, generalmente noti sotto il nome di Namollos,
vivono d'inverno entro baracche e l'estate in capanne coperte di
pelli. Queste servono ordinariamente di dimora a parecchie
famiglie.
I figli con le loro mogli, le figlie coi loro mariti, dice la
relazione, vivono insieme coi loro genitori. Ogni famiglia
occupa, sotto una tenda, una delle separazioni praticate sul lato
largo della capanna. Queste tende sono fatte di pelle di renna
cucite in forma di campana; sono attaccate alle barre del
soffitto e scendono fino a terra. Due, tre persone, e talvolta di
pi, con l'aiuto del grasso che accendono quando fa freddo,
riscaldano talmente l'aria sotto quelle tende quasi
ermeticamente chiuse, che nei geli pi forti ogni vestimento
diventa superfluo; ma non possibile che a polmoni tchuktchi
il respirare in quell'atmosfera. Nella met anteriore della
capanna vi sono tutti gli utensili, vasellame, marmitte, corbe,
valigie di pelle di vitello marino, ecc. L vi ha pure il focolare,
se cos si pu chiamare il luogo in cui fumano alcune boscaglie
di vinco, raccolte a stento negli acquitrini, e in mancanza di
queste, delle ossa di balena intinte nel grasso. Intorno alla
capanna, sopra asciugatoi di legno o d'osso di balena, distesa
della carne di vitello marino, tagliata a pezzi, nera e
disgustosa.
La vita che traggono questi popoli miserabile. Si nutrono
di carne mezzo cruda di foche e di leoni marini a cui danno
caccia, e di quella delle balene che il mare getta sulle loro
coste. Il cane il solo animale domestico che possiedono; lo
trattano abbastanza male, sebbene questi poveri animali siano
molto domestici e rendano loro grandi servigi, sia tirando le
loro baidarkes con la corda, sia tirando le slitte sulla neve.
Dopo un secondo soggiorno di cinque settimane a
Petropaulowsky, la Sniavine lasci il Kamtchatka il 10
novembre per ritornare in Europa. Prima di giungere a Manilla,
Ltk fece una crociera nella parte settentrionale delle
Caroline, che non aveva avuto tempo di riconoscere l'inverno
precedente. Vide successivamente i gruppi di Murileu, Funami,
Faieu, Namonuito, Maghyr, Farroilep, Ear, Mogmog e trov a
Manilla la corvetta Mller che l'aspettava.
L'Arcipelago delle Caroline abbraccia un immenso spazio,
e le Marianne, come pure le Radak, potrebbero senza
inconvenienti essergli attribuite, giacche vi si trova una
popolazione assolutamente identica.
Gli antichi geografi non avevano avuto per lungo tempo
altre guide che le carte dei missionari, i quali, mancando
d'istruzione e degli istrumenti necessari per apprezzare con
esattezza l'ampiezza, la situazione e la lontananza di tutti questi
arcipelaghi, avevano loro dato un'importanza notevole e
avevano spesso fissato a parecchi gradi l'estensione di un
gruppo che non era se non di poche miglia.
Epper i navigatori se ne stavano prudentemente lontani.
Freycinet fu il primo a mettere un po' d'ordine di questo caos, e
merc l'incontro di Kad e di don Luigi Torres pot identificare
le nuove scoperte con le antiche. Ltk port la sua parte, e non
una delle minori, allo stabilimento della carta reale e scientifica
di un arcipelago che era stato per lungo tempo lo spavento dei
navigatori. Il sapiente esploratore russo non del parere di uno
dei suoi predecessori, Lesson, che ascriveva alla razza
mongola, sotto il nome di ramo mongolopelasgio, tutti gli
abitanti delle Caroline. Egli vi vede piuttosto, con Chamisso e
Balbi, un ramo della famiglia malese che ha popolato la
Polinesia orientale.
Se Lesson avvicina le Carolina ai Chinesi e ai Giapponesi,
Ltk trova, al contrario, pei loro grand'occhi sporgenti, le loro
labbra grosse, il loro naso ricurvo, un'aria di famiglia con quelli
degli abitanti delle Sandwich e delle Tuga. La lingua non offre
neppur essa il minimo avvicinamento con la giapponese,
mentre presenta una grande somiglianza con quella dei Tonga.
Ltk pass il tempo del, suo soggiorno a Manilla a
vettovagliarsi, a riparare la corvetta, e lasci il 30 gennaio
questa possessione spagnuola per ritornare in Russia, dove
gett l'ancora nella rada di Cronstadt il 6 settembre 1829.
Rimane ora a dire ci che avvenne della corvetta il Mller
dalla sua separazione a Valparaiso. Da Taiti, guadagnando il
Kamtchatka, aveva sbarcato a Petropaulowsky una parte del
suo carico, poi aveva fatto vela, nell'Agosto 1827, per
Unaiachka, dove era rimasta un mese. Dopo una ricognizione
della costa occidentale d'America, abbreviata dal cattivo
tempo, e dopo un soggiorno a Honolulu fino al febbraio 1828,
essa aveva scoperto l'isola Mller, riconosciute le isole Necker,
Gardner, Lissiasnsky, e segnalato, a 6 miglia a sud di
quest'ultima, una scogliera pericolosissima.
La corvetta aveva poscia prolungato l'isola Kur, la Basse
delle fregate francesi, la scogliera Maras, quella della Perla e
dell'Hermes, e, dopo aver cercato certe isole, segnate sulle carte
di Arrowsmith aveva riguadagnato il Kamtchatka. Alla fine
d'aprile aveva salpato per Unaiachka e operato la ricognizione
della costa settentrionale della quasi isola di Alaska. In
settembre il Mller si era riunito alla Sniavine, e da
quest'epoca i due bastimenti, fino al loro ritorno in Russia, non
si separarono pi che a brevi intervalli.
Come si potuto giudicare dal racconto abbastanza
particolareggiato che stato fatto, questa spedizione non era
stata infruttuosa di risultati importanti per la geografia. Bisogna
aggiungere che diversi rami della storia naturale, della fisica e
dell'astronomia n'ebbero del pari numerosi e importanti
acquisti.
CAPITOLO II.
I CIRCUMNAVIGATORI FRANCESI.
I.

Viaggio di Freycinet. Rio-de-J aneiro e i suoi gitani. Il Capo e i
suoi vini. La baia dei Cani Marini. Soggiorno a Timor. L'isola
d'Ombay e sua popolazione antropofago. Le isole Capus. Abitazioni
su pali di Alfurus. Un pranzo presso il governatore di Guaham.
Descrizione delle Marianne e loro abitanti. Dettagli sulle Sandwieh.
Porto J ackson e la Nuova Galles del Sud. Naufragio alla baia Francese.
Le Maluine. Ritorno in Francia. Spedizione della Coquille sotto gli
ordini di Duperrey. Martino Vaz e la Trinidad. L'isola Santa Caterina.
L'indipendbnza del Brasile. La baia francese ed i resti dell'Uranie.
Fermata a Concepcion. La guerra civile al Chili. Gli Araucani.
Nuove scoperte nell'arcipelago Dangereux. Fermata a Taiti ed alla
Nuova Irlanda. I Papus. Stazione a Ualan. I Carolini e le Caroline.
Risultati scientifici della spedizione.

La spedizione comandata da Luigi Claudio di Saulces di
Freycinet fu dovuta agli agi che la pace del 1815 accordava alla
marina francese. Uno de' suoi ufficiali pi intraprendenti,
quello stesso che aveva accompagnato Baudin nella
ricognizione delle coste dell'Australia, ne concep il progetto e
fu incaricato di eseguirlo. Era il primo viaggio marittimo che
non dovesse avere esclusivamente l'idrografia per obiettivo.
Suo scopo principale era il rilievo della forma della Terra
nell'emisfero sud, e l'osservazione dei fenomeni del
magnetismo terrestre; lo studio dei tre regni della natura, dei
costumi, degli usi e delle lingue dei popoli indigeni non doveva
essere dimenticato; infine le ricerche di geografia, senz'essere
escluse, erano per poste in ultimo luogo. Freycinet trov negli
ufficiali del corpo di sanit marittima, i signori Quoy, Gaimard
e Gaudichaud, degli utili ausiliari pei quesiti di storia naturale;
in pari tempo egli si aggiunse un certo numero di ufficiali di
marina distintissimi, i pi noti dei quali sono Duperrey,
Lamarche, Berard e Odet-Pellion, che divennero, uno membro
dell'Istituto, gli altri ufficiali superiori o generali della marina.
Freycinet ebbe parimenti cura di scegliere i suoi marinai fra
quelli che erano in grado di esercitare un mestiere, e sopra i
120 uomini che composero l'equipaggio della corvetta Uranie
non ce n'erano meno di 50 che al bisogno potevano essere
falegnami, cordai, fabbri-ferrai e velieri.
Ricambi per due anni, approvvigionamenti d'ogni genere
come Dolevano fornirli gli apparecchi perfezionati che
incominciavano ad usarsi; casse di ferro, per conservare l'acqua
dolce, lambicchi per distillare l'acqua di mare, conserve e
antiscorbutici, tutto fu ammucchiato sull'Uranie. Essa lasci il
porto di Tolone il 17 settembre 1817, portando seco, travestita
da marinaio, la moglie del comandante, che non temeva di
affrontare i pericoli e le fatiche di quella lunga navigazione.
Con queste provvigioni, tutte materiali, Freycinet aveva un
assortimento dei migliori strumenti e apparecchi. Infine, aveva
ricevuto dall'Istituto particolareggiate istruzioni, destinate a
guidarlo nelle sue ricerche e a suggerirgli gli esperimenti che
potevano maggiormente contribuire al progresso delle scienze.
Un riposo a Gibilterra, una fermata a Santa Croce di
Teneriffa, una nelle isole Canarie, che, come spiritosamente
dice Freycinet, non furono per l'equipaggio le isole Fortunate
ogni comunicazione con la terra era dal governatore
interdetta precedettero l'entrata dell'Uranie a Rio-J aneiro il
6 dicembre.
Il comandante e i suoi ufficiali approfittarono di questo
riposo per procedere a numerose osservazioni magnetiche e
agli esperimenti del pendolo, mentre i naturalisti percorrevano
il paese e facevano numerose collezioni di storia naturale.
La relazione originale del viaggio contiene un lunghissimo
cenno storico della scoperta e della colonizzazione del Brasile,
come pure i particolari pi circostanziati sull'uso e i costumi
degli abitanti, sulla temperatura e sul clima, nonch una
descrizione minuziosa di Rio-J aneiro, dei suoi monumenti e de'
suoi dintorni.
La parte pi curiosa della descrizione si riferisce ai gitani
che si incontravano a quel tempo a Rio-J aneiro.
Degni discendenti dei Parias dell'India donde non pare
dubbioso ch'essi traggano la loro origine, dice Freycinet, i
ciganos di Rio-J aneiro affettano, come essi, l'abitudine di tutti i
vizi, una propensione a tutti i delitti. La maggior parte,
possessori di grandi ricchezze, sfoggiano un lusso notevole in
abbigliamenti ed in cavalli, particolarmente al tempo delle
nozze, che sono sontuosissime, e comunemente si
compiacciono in mezzo alle crapule ed alla poltroneria. Furbi e
mentitori, rubano pi che possono in commercio; sono pure
scaltri contrabbandieri. Qui, come dappertutto, dove s'incontra
questa abbominevole razza d'uomini, le loro alleanze non
hanno mai luogo che fra essi. Hanno un accento ed anche un
gergo particolare. Per una bizzarria affatto inconcepibile, il
Governo tollera questa pubblica peste: persino due strade
particolari sono loro serbate in vicinanza del Campo di
Sant'Anna.
Chi non vedesse Rio-J aneiro che di giorno, dice un po'
pi oltre il viaggiatore, sarebbe tentato a credere che la
popolazione non composta che di negri. La gente ammodo, a
meno di un motivo straordinario o pei doveri religiosi, non esce
che di sera; le donne, poi, di giorno rimangono quasi
costantemente in casa e dividono il loro tempo fra il sonno e
racconciatura. I teatri e le chiese sono i soli luoghi in cui un
uomo possa godere della loro presenza.
La navigazione dell'Uranie dal Brasile al capo di Buona
Speranza non fu accompagnata da alcun avvenimento nautico
degno di fissare l'attenzione. Il 7 marzo, l'ancora cadeva nella
baia della Tavola. Dopo una quarantena di tre giorni, si lasci
ai navigatori facolt di scendere a terra, dove li aspettava la pi
graziosa accoglienza da parte del governatore Carlo Somerset,
Appena si pot procurare un locale conveniente si sbarcarono
gli istrumenti. Gli esperimenti abituali del pendolo furono fatti,
e furono osservati i fenomeni dell'ago magnetico. I naturalisti
Quoy e Gaimard, accompagnati da parecchie persone dello
stato maggiore, fecero un'escursione di storia naturale alla
montagna della Tavola e ai famosi vigneti di Constance.
Le vigne che percorremmo, dice Gaimard, sono
circondate di viali di quercie e di pini, e i ceppi piantati a
quattro piedi di distanza gli uni dagli altri sopra linee diritte,
non sono sostenuti da pali. Tutti gli anni si tagliano e si dissoda
il terreno d'intorno che di natura arenosa. Vedemmo qua e l
una quantit di alberi di pesche e d'albicocche, di mele e di
pere, di limoni, e dei piccoli quadrati in cui si coltivano piante
orticole, Al nostro ritorno il signor Colyn volle assolutamente
farci gustare le diverse specie di vino ch'egli produce,
consistenti in vino di Costanza, propriamente detto, bianco e
rosso, in vino di Pontac, di Pierre e di Frontignac. Il vino delle
altre localit, che porta il nome particolare di vino del Capo,
fatto con un'uva moscatello di color paglia affumicata, che mi
parve preferibile, per gusto, al moscato di Provenza.
Abbiamo detto che vi sono due qualit di vino di
Costanza, il bianco e il rosso; esse provengono entrambe da
uve moscatelle di color differente. Generalmente si preferisce,
al Capo, il Frontignac a tutti gli altri vini che si raccolgono sui
colli di Costanza
Proprio un mese dopo aver lasciato l'estremit meridionale
dell'Africa. L'Uranie giungeva all'ancoraggio di Porto Luigi,
all'isola di Francia, che dopo i trattati del 1815 era nelle mani
degli Inglesi.
Freycinet, costretto a far abbattere il suo bastimento in
carena per visitarlo interamente e per riparare la fodera di
rame, dovette fare in quei luogo un soggiorno molto pi lungo
che non contasse di fare. I nostri viaggiatori non ebbero a
lagnarsene, giacch gli abitanti dell'isola di Francia non
ismentirono la loro antica riputazione di cortese ospitalit.
Passeggiate, ricevimenti, balli, pranzi, corse di cavalli, feste
d'ogni genere fecero passare il tempo ben presto. Epper non fu
senza stringimento di cuore che i Francesi si tolsero
all'eccellente accoglienza dei loro antichi compatrioti, e dei
loro accaniti nemici di un tempo.
Parecchi abitanti, dei pi notevoli, fornirono a Freycinet,
con premura lodevolissima, interessanti note su fatti che la
brevit del suo soggiorno non gli avrebbe permesso di studiare.
Cosicch egli pot riunire dei dati preziosi riguardanti la
condizione dell'agricoltura, del commercio, dell'industria, delle
finanze, lo stato morale degli abitanti, materie delicate e d'un
sottile apprezzamento, che un viaggiatore di passaggio non pu
approfondire. Dacch l'isola era sotto l'amministrazione
inglese, erano state aperte numerose strade, e lo spirito
d'iniziativa cominciava a sostituirsi al vecchio andazzo che
aveva addormentato la colonia e arrestato ogni progresso.
L'Uranie giunse poscia a Bourbon, dove doveva trovare
nei magazzini dei governo i viveri che le abbisognavano.
Ancor a Saint-Denis il 19 luglio 1817, e rimase nella rada di
San Paolo fino al 2 agosto, giorno in cui fece vela per la baia
dei Cani Marini, alla costa occidentale della Nuova Olanda.
Prima di seguire Freycinet fino in Australia, accenniamo
ad alcuni dati relativi a Bourbon.
Nel 1817, a quanto dice Le Gentil della Barbinais,
quest'isola non possedeva che 900 persone libere, fra le quali 6
famiglie bianche solamente, e 1100 schiavi. Dopo l'ultima
statistica (1817) vi si contavano 14.790 bianchi, 4342 neri
liberi, 49.759 schiavi, cio un totale di 68.891 abitanti. Questo
rapido e notevole aumento pu essere attribuito alla salubrit
del paese, ma sopratutto alla libert del commercio di cui ha
fruito quest'isola da gran tempo.
Il 12 settembre, dopo una felice navigazione, l'Uranie
calava l'ancora all'entrata della baia dei Cani Marini. Fu subito
spedito un distaccamento su Dirck-Hatichs onde fissare la
posizione geografica del capo Levaillant e riportare a bordo
della corvetta la piastra di stagno lasciatavi dagli Olandesi in
un tempo remoto., e che Freycinet aveva veduta nel 1801.
Intanto i due lambicchi erano stati messi in attivit e
distillavano l'acqua di mare. Durante tutto il soggiorno non si
consum altra bevanda e nessuno a bordo ebbe a lagnarsene.
Il distaccamento che era stato sbarcato ebbe qualche
comunicazione con gli indigeni.
Armati di zagaglie e di clave, senza il minimo vestiario,
questi si rifiutarono di entrare in rapporti diretti coi bianchi, e si
tennero a qualche distanza dai marinai, non toccando che con
precauzione gli oggetti che si davano loro.
Sebbene la baia dei Cani Marini fosse stata esplorata
minuziosamente al tempo della spedizione di Baudin,
rimaneva, dal punto di vista idrografico, una lacuna da colmare
nella parte orientale del porto Bamelin. Duperrey procedette a
questo rilievo.
Il naturalista Gaimard, poco soddisfatto dei rapporti che si
avevano avuti fino allora con gli indigeni che il rumore delle
detonazioni aveva assolutamente allontanati, e desideroso di
procurarsi dei particolari sul loro genere di vita, risolse di
inoltrarsi nell'interno del paese. Il suo compagno e lui si
smarrirono come aveva fatto Riche nel 1792 sulla Terra di
Nuyts; soffrirono orribilmente la sete, giacch nei tre giorni che
passarono a terra non scorsero nessuna sorgente, nessun
ruscello.
Fu senza dispiacere che si vide sparire la costa inospitale
della Terra di Endracht, Il tempo bellissimo, il mare calmo
resero facile il viaggio dell'Uranie fino a Timor, dove, il 9
ottobre, cal l'ancora nella rada di Cupang.
La colonia non godeva pi di quella prosperit che aveva
destato la meraviglia e l'ammirazione dei Francesi al tempo del
viaggio di Baudin. Il rajah d'Amanubang, distretto in cui il
legno di sandalo cresce in abbondanza, un tempo tributario,
lottava per la sua indipendenza. Questo stato di guerra, che non
poteva essere pi nocivo alla colonia, rese in pari tempo assai
difficile l'acquisto delle merci che abbisognavano a Freycinet.
Alcune persone dello stato maggiore si recarono a far
visita al rajah Peters di Banacassi, la cui abitazione non era che
a tre quarti di lega, da Gupang. Vegliardo di ottant'anni, Peters
doveva essere stato un bellissimo uomo; era circondato da
persone del suo seguito, che gli attestavano il massimo rispetto,
e fra le quali si notavano dei guerrieri di una imponente statura.
Non fu senza vivo stupore che i Francesi videro in questa
rozza abitazione un gran lusso di servizio e scorsero dei fucili
europei assai ben fatti e di alto prezzo.
Nonostante la temperatura molto elevata che si dovette
sopportare (il termometro segnava al sole e all'aria aperta 45,
ed all'ombra da 33 a 35), il comandante ed i suoi ufficiali non
si applicarono con minore zelo alle osservazioni scientifiche ed
alle ricognizioni che richiedeva il compimento della loro
missione.
Tuttavia, malgrado gli energici avvertimenti di Freycinet, i
giovani ufficiali, ed i marinai avevano pi volte commessa
l'imprudenza di uscire in pieno giorno; poi nella speranza di
premunirsi contro le funeste conseguenze di questo giuoco
mortale, si erano avidamente dati alle bibite fredde ed ai frutti
acidi. Perci la dissenteria non aveva tardato a colpire a morte
cinque dei pi imprudenti. Bisognava partire e l'Uranie lev
l'ancora il 23 ottobre. Si cominci a percorrere rapidamente la
costa settentrionale di Timor per farne l'idrografia: ma quando
la corvetta giunse alla parte pi stretta del canale di Ombay,
incontr correnti tanto violente, brezze cos deboli, cos
contrarie, che a stento pervenne a riguadagnare il cammino che
aveva perduto durante la calma. Questo stato di cose non dur
meno di diciannove giorni.
Alcuni ufficiali approfittarono del fatto che il bastimento
era trattenuto presso le rive d'Ombay per fare una scorreria
sulla parte pi vicina di quest'isola, il cui aspetto era
graziosissimo. S'avvicinarono al villaggio di Bituka e
s'avanzarono verso una frotta di indigeni armati d'archi, di
frecce e di kris, che portavano corazze e scudi di pelle di
buffalo. Questi selvaggi avevano aspetto guerriero e non
sembravano temere le armi a fuoco. Era loro facile, dicevano,
tirare buon numero di frecce nel tempo necessario a caricare i
fucili.
Le punte delle freccie, dice Caimani, erano o di legno
duro o d'osso, od anche di ferro. Queste freccie, disposte a
ventaglio, erano collocate alla sinistra dei guerriero, alla cintura
della sua sciabola o del kris. La maggior parte degli abitajili
portavano applicate alla coscia destra ed alla cinta una quantit
di foglie di laudano frastagliate per lasciar passare delle bende
delle medesime foglie tinte di rosso o di nero. Il rumore
continuo prodotto dai movimenti di coloro che erano carichi di
questo singolare ornamento, aumentato dal contatto della
corazza e dello scudo, il tintinno del sonagliuzzi che sono pure
un accessorio della loro acconciatura guerresca, tutto ci
faceva un tal chiasso, che non potemmo trattenerci dal riderne.
Lungi dall'offendersene, i nostri Ombayni non esitavano a
seguire il nostro esempio. Il signor Arago fece dinanzi a loro
alcuni giuochi di destrezza, che li stupirono assai.
C'incamminammo direttamente verso il villaggio di Butika,
situato sopra un'altura. Passando innanzi ad una delle loro case,
avendo scorte una ventina di mascelle umane sospese alla
volta, espressi il desiderio d'averne alcune, offrendo in cambio
i miei oggetti pi preziosi. Ma mi si rispose: Palami (ci
prezioso). Mi sembr allora che quelle ossa fossero trofei,
destinati a perpetuare il ricordo delle vittorie riportate sui
nemici!
Questa passeggiata era tanto pi interessante in quanto che
l'isola Ombay non era stata fino allora visitata dagli Europei.
Anzi i pochi bastimenti che vi si erano accostati ebbero a
pentirsi delle trib bellicose e feroci, ed alcune anche
antropofaghe, che l'abitano.
Infatti nel 1802 una imbarcazione della nave La Rosa era
stata condotta via e l'equipaggio ritenuto prigioniero. Dieci
anni dopo, il capitano dell'Inacho, sbarcato solo a terra, era
stato ferito dalle treccie. Finalmente, nel 1817, una fregata
inglese, avendo mandato un canotto a far legna, tutti gli uomini
di quella imbarcazione, in seguito ad una rissa, furono uccisi e
mangiati dagli indigeni. L'indomani una scialuppa armata,
spedita alla ricerca degli assenti, non aveva trovati che gli
avanzi sanguinosi ed i frammenti del canotto che era stato fatto
a pezzi.
Questi fatti erano ben noti, ed i Francesi non potevano che
felicitarsi d'essere sfuggiti all'insidia che senza dubbio
avrebbero loro tesa questi cannibali, se il soggiorno dell'Uranie
fosse stato pi lungo.
Il 17 novembre l'ancora cadeva dinanzi a Dille. Dopo i
complimenti d'uso al governatore portoghese, Freycinet espose
i bisogni del suo bastimento e ricevette una premurosa risposta
dal governatore, che gli promise di riunire rapidamente i viveri
necessari. L'accoglienza fatta a tutto l'equipaggio fu altrettanto
sontuosa che cordiale, e quando Freycinet si accommiat, il
governatore volendo dargli un segno di ricordo, gli mand due
ragazzi e due fanciulle, dell'et di sei o sette anni, nati nel
regno di Failacor, nell'interno di Timor. Questa razza
sconosciuta in Europa, diceva don J os Pinto Alcofarado
d'Arzevedo e Souza, per far accettare il suo dono. Freycinet,
per quanto adducesse buone e concludenti ragioni per motivare
il suo rifiuto, fu costretto a tenersi uno dei ragazzi, che fu
battezzato coi nomi di Giuseppe Antonio, e che mor a Parigi
nell'et di sedici anni di una malattia scrofolosa.
La popolazione di Timor sembra, a prima vista, tutta
quanta asiatica; ma per poco che si facciano delle ricerche un
po' estese, non si tarda ad apprendere che esiste, nelle
montagne pi centrali e meno frequentate, una razza d negri
dai capelli crespi, dai costumi feroci, che ricordano gl'indigeni
della Nuova Guinea e della Nuova Irlanda, e che dev'essere la
popolazione primitiva. Quest'ordine di ricerche che erano state
inaugurate sullo scorcio del secolo XVIII dall'inglese
Crawford, ha preso ai giorni nostri, merc i lavori degli eruditi
dottor Broca ed E. Hamy, uno sviluppo affatto particolare.
Al secondo di questi dotti si debbono, su queste
popolazioni primitive, gli studi curiosissimi che la Natura e il
Bollettino della Societ di Geografia inseriscono ognora per
diletto ed istruzione de' loro lettori.
Partita da Timor, l'Uranie s'incammin verso lo stretto di
Buru; passando fra le isole Wetter e Roma, scorse l'isola
Gasses dalla forma pittoresca, rivestita del pi bel verde che si
possa vedere; poi fu trascinata dalle correnti sino all'isola
Pisang, in vicinanza alla quale si incontrarono tre corocores
montate dagli indigeni dell'isola Gub.
Costoro hanno la tinta nera olivastra, il naso schiacciato, le
labbra grosse; ve ne sono di forti e robusti e d'aspetto atletico
ributtante. La maggior parte non vestivano che calzoni stretti
alla vita con un fazzoletto.
Fu fatta una scorreria sulla piccola isola Pisang, di
formazione vulcanica, e le cui lave trachitiche si
decompongono in una terra vegetale, di cui tutto indicava la
fertilit.
Poi si continu, in vicinanza delle isole vicine fino allora
poco note, a far rotta per Rawak, dove la corvetta cal l'ancora
il 16 dicembre a mezzod.
L'isola Rawak piccola ed inabitata, e sebbene i nostri
marinai ricevessero di frequente la visita degli abitanti di
Waigiu, le occasioni di studiare la specie umana furono
rarissime. Bisognava anche dire che l'ignoranza della lingua di
quegli indigeni e la difficolt di farsi comprendere col malese,
di cui non conoscevamo che poche parole, non li resero assai
profittevoli.
Appena si trov una situazione favorevole si stabilirono gli
istrumenti e si procedette alle osservazioni di fisica e
d'astronomia, non che ai lavori geografici, ad un tempo.
Rawak, Boni, Waigiu e Monuaroa, che Freycinet chiama
isole dei Papus, sono situate quasi esattamente sotto l'equatore.
Waigiu, la pi grande, non ha meno di settantadue miglia di
diametro. Le terre basse che ne formano il litorale sono coperte
di paludi; la riva scoscesa pure coperta di madrepore e bucata
di grotte scavate dalle acque.
La vegetazione che riveste tutti questi isolotti veramente
sorprendente. Vi sono alberi magnifici fra cui il barringtonia, il
cui tronco voluminoso sempre inclinato verso il mare, fino a
bagnarvi l'estremit de' suoi rami; scvola lobelia dei fichi, ed
alberi dal fusto dritto e svelto, che si elevano fino a 40 piedi; il
rima, il takamahaka, col suo tronco di 20 piedi di
circonferenza; il cynometro, della famiglia dei leguminosi,
guarnito da cima a fondo di fiori rosati e di frutti dorati; inoltre
le palme, i banani ed il moscado che amano i luoghi bassi ed
umidi.
Se la flora prese col uno sviluppo eccezionale, non pu
dirsi altrettanto della fauna. A Rawak non s'incontra altro
quadrupede che il falangiro ed il cane da pastore, che vive allo
stato selvaggio. Waigiu possederebbe anche il babi-russa e una
piccola specie di cignale. Quanto, ai pennuti non sono cos
numerosi come si potrebbe supporre, giacch le piante dei
grani che servono loro di nutrimento non possono moltiplicarsi
all'ombra fitta delle foreste. Vi sono i calaos, le cui ali fornite
di grandi penne separate alle estremit, quando volano fanno
un gran rumore; i pappagalli, la cui famiglia assai numerosa; i
martin-pescator, le tortorelle, i cassicani, gli sparvieri, e
sebbene viaggiatori non ne abbiano visti, vi sono fors'anche
degli uccelli del paradiso.
Quanto agli esseri umani, i Papuasi sono brutti, orridi,
spaventevoli.
La fronte schiacciata, dice Odet-Pellion, il cranio poco
prominente, l'angolo facciale di 75, la bocca grande, gli occhi
piccoli e infossati, i pomelli sporgenti, il naso grosso,
schiacciato all'estremit, che ribatte sul labbro superiore, la
barba rara, particolarit gi notata in altri abitanti di queste
regioni, le spalle di media larghezza, il ventre grossissimo, e le
membra inferiori gracili, tali sono i caratteri distintivi di questo
popolo. La loro capigliatura di natura e di forma
variabilissima, pi comunemente una voluminosa criniera
composta di uno strato di capelli lanuginosi o lisci che
s'arricciano naturalmente e che non hanno meno di otto pollici
di spessore; pettinata con cura, increspata, inalzata in tutti i
sensi, descrive, mediante un grasso che la sostiene, una
circonferenza quasi sferica intorno al capo. Spesso vi
aggiungono, piuttosto come ornamento che per darle
consistenza, un lunghissimo pettine di legno di 5 o 7 denti.
Questi disgraziati indigeni sono in preda a un terribile
flagello; la lebbra infierisce fra loro con una tale intensit, che
si pu dire che il decimo della popolazione ne infetto.
Bisogna attribuire questa orribile malattia all'insalubrit del
clima, agli effluvi deleteri degli acquitrini nei quali penetra il
mare a marea alta, all'umidit causata dai fitti boschi, alla
vicinanza e alla cattiva manutenzione delle tombe, fors'anche
alla consumazione prodigiosa di conchiglie, di cui questi
indigeni si nutrono avidamente.
Tutte le abitazioni sono costruite sopra palafitte, sia in
terra, sia in mare, presso la riva, Queste case, che si trovano per
la massima parte in luoghi impraticabili o difficilmente
avvicinabili, si compongono di piuoli conficcati nel suolo, ai
quali sono fissi, con corde di corteccia, delle traverse sulle
quali appoggia un'impalcatura fatta di foglie di palma tagliate e
serrate le une contro le altre. Queste foglie, artisticamente
embricate, formano il tetto dell'abitazione che non ha che una
sola porta. Se queste case sono costrutte sull'acqua,
comunicano per con la terra con una specie di ponte di
cavalletti, la cui tavola mobile pu essere tolta rapidamente.
Una specie di balcone, munito d'una ringhiera, circonda la casa
da ogni lato.
I viaggiatori non poterono procurarsi alcuna informazione
sulla sociabilit di questi indigeni, se vivano riuniti in grandi
popolazioni sotto l'autorit d'uno o pi capi; se ogni comunit
non obbedisca che al suo proprio capo, se la popolazione sia
numerosa o no; sono dati questi che non possono essere
raccolti. Gli indigeni si danno il nome di Alfurus. Sembrava
parlassero parecchi idiomi particolari che differiscono
singolarmente dal pap e dal malese.
Gli indigeni di questo gruppo sembrano molto industriosi.
Fanno degli ingegnosissimi istrumenti da pesca; sanno lavorar
benissimo il legno, preparare il midollo del sagou, tornire delle
stoviglie e far dei forni per cuocere il sagou; tessono delle
stuoie, dei tappeti, dei canestro; scolpiscono delle statue e degli
idoli. I signori Quoy e Gaimard hanno osservato sulla costa di
Waigiu, nel porto Boni, una statuadi argilla bianca riposta,
sotto una tettoia, vicino a una tomba. Essa rappresentava un
uomo ritto, di grandezza naturale, con le mani levate al cielo.
La testa era di legno e aveva le gote e gli occhi incrostati di
conchiglie bianche.
Il 6 gennaio 1819, l'Uranie, dopo aver salpato da Rawak,
scorse ben presto le isole Ayon, basse e circondate da
scogliere, che erano pochissimo conosciute e la cui geografia
lasciava moltissimo a desiderare. I lavori di idrografia furono
contrariati dalle febbri contratte a Rawak e che colpirono pi di
quaranta persone.
Il 12 febbraio scopersero le isole degli Anacoreti, e
all'indomani quelle dall'Ammiragliato, senza che l'Uranie
cercasse di rasentarle.
La corvetta fu subito in vista di San Bartolomeo, che i suoi
abitanti chiamano Pulusuk, e che appartiene all'arcipelago delle
Caroline. Un commercio attivo, ma sopratutto rumorosissimo,
non tard a stabilirsi con questi indigeni, che fu impossibile di
decidere a salire a bordo. Gli scambi si fecero con una buona
fede commovente, e non si verific il minimo furto.
Puluhat, Alet, Tamatam, Allep, Fanadik, e molte altre isole
di questo arcipelago, passarono a volta a volta davanti gli occhi
meravigliati dei Francesi.
Infine il 17 marzo 1819, cio 18 mesi dopo la sua partenza
dalla Francia, Freyeinet scorse le isole Marianne e fece gettar
l'ancora nella rada d'Umata, sulla costa di Guaham.
Al momento in cui i Francesi si disponevano a sbarcare,
ricevettero la visita del governatore don Medinilla y Pineda,
accompagnato dal maggiore don Luigi di Torres, seconda
autorit della colonia. Questi ufficiali s'informarono dei bisogni
degli esploratori con la pi grande sollecitudine e promisero di
soddisfare a tutte le loro domande nel pi breve tempo.
Senza tardare, Freyeinet s'occup di cercare un luogo
adatto a stabilirvi un ospedale provvisorio, e, avendolo trovato,
l'indomani vi fece mettere i suoi ammalati, in numero di venti.
Tutto lo stato maggiore era stato invitato a pranzo dal
governatore. Si and da lui all'ora convenuta. L si trov una
tavola di pasticcerie leggiere e di frutti, in mezzo ai quali
fumavano due vasi di punch. I convitati fecero subito in
disparte le loro riflessioni su questa moda singolare. Era quello
il pranzo? Era forse un giorno di magro? Ma siccome non v'era
nessuno per rispondere a queste domande che sarebbero state
indiscrete, essi le tennero per s, facendo tuttavia onore alla
mensa.
Nuovo soggetto di stupore: la tavola fu sbarazzata ed
empita di carni preparate in diversi modi, in una parola, di un
vero e sontuoso banchetto. La colazione, che si era fatta prima,
che porta nel paese il nome di refresco, non era destinata ad
altro che ad eccitare l'appetito ai convitati.
In quest'epoca il lusso della tavola sembrava fiorire a
Guaham. Due giorni dopo gli ufficiali assistevano ad uno
nuovo simposio di cinquanta convitati, nel quale non
comparvero meno di quarantaquattro piatti di carne ad ogni
servizio, e non ve ne furono meno di tre.
Il medesimo osservatore, narra Freycinet, dice che questo
pranzo cost la vita a due buoi e a tre grossi maiali, senza
parlare dei piccoli abitanti delle foreste, del pollaio e del mare.
Dopo le nozze di Gamache non si era visto, io credo, una tale
carneficina. Il nostro ospite credette senza dubbio che persone
le quali avevano sofferto a lungo le privazioni d'un viaggio
marittimo dovessero essere trattate con profusione. Le frutta
non offrirono n minor abbondanza, n minor variet, e furono
subito seguite dal th, dal caff, dalla crema, dai liquori d'ogni
sorta; siccome il refresco non si manc di servirlo un'ora
prima, secondo l'uso, cos si converr facilmente che l il pi
intrepido gastronomo avrebbe dovuto solamente lamentare
l'insufficiente capacit del suo stomaco.
Ma questo pasto e queste feste non portarono alcun
pregiudizio all'oggetto della missione. In pari tempo si
facevano delle escursioni che avevano per iscopo ricerche di
storia naturale, le osservazioni dell'ago calamitato, la geografia
del litorale di Guaham, affidata a Duperrey.
Frattanto la corvetta era venuta ad ancorarsi nel porto San
Luigi, e lo stato maggiore, come pure gli ammalati, si erano
stabiliti ad Agagna, capitale dell'isola e sede del governatore.
L si diedero, in onore degli stranieri, dei combattimenti di
galli, giuochi molto in voga in tutti i possedimenti spagnuoli
dell'Oceania, e delle danze, nelle quali tutte le figure, si dice,
alludono ad avvenimenti della storia del Messico. I ballerini,
scolari del collegio d'Agagna, erano vestiti di ricchi costumi di
seta, appena importati dalla Nuova Spagna dai gesuiti. Poi
vennero dei passi al bastone, eseguiti dai Carolini, ed altri
divertimenti che si succedevano quasi senza interruzione. Ma.
ci che ebbe il maggior prezzo agli occhi di Freycinet, furono
te numerosissime informazioni relative agli usi ed ai costumi
degli antichi abitanti, ch'egli raccolse dal maggiore don Luigi
Torres, che, nato nel paese, aveva fatto di queste cose il
soggetto dei suoi studi costanti.
Noi utilizzeremo e riassumeremo fra poco queste
interessanti informazioni, ma bisogna prima parlare di una
escursione alte isole Rotar e Tiniam; quest'ultima ci gi nota
per le narrazioni dei viaggiatori.
Il 22 aprile una piccola squadra composta di otto vros,
trasport i signori Brard, Gaudichaud e Giacomo Arago a
Rota, dove il loro arrivo cagion una sorpresa ed uno spavento
facili a spiegarsi. Correva voce che la corvetta fosse montata da
insorti dell'America.
Da Rota, i pros guadagnarono Tinian, le cui aride pianure
ricordarono ai viaggiatori le desolate rive della Terra
d'Endracht e che dovevano essere alquanto mutate dal tempo in
cui lord Anson vi si trovava come in un paradiso terrestre.
Scoperto da Magellano il 6 marzo 1521, l'arcipelago delle
Marianne ricevette dapprima i nomi di Islas de las velas latinas
(delle vele latine) poi de los Ladrones (dei ladroni). Stando a
Pigafetta, l'illustre ammiraglio non avrebbe veduto che Tinian,
Saypan e Agoignan. Visitate cinque anni dopo dallo spagnuolo
Loyosa, che, al contrario di Magellano, vi trov assai buona
accoglienza, queste isole furono dichiarate possessioni
spagnuole da Miguel Lopez di Legaspi nel 1565. Esse non
furono tuttavia colonizzate ed evangelizzate che nel 1669 dal
padre Sanvitores.
Si comprende che noi non seguiamo Freycinet nelle
narrazioni degli avvenimenti che segnano la storia di questo
arcipelago, sebbene i manoscritti e le opere d'ogni sorta ch'egli
ebbe in mano gli abbiano permesso di rinnovare interamente
questo soggetto e chiarirlo coi nomi della vera scienza.
L'ammirazione che aveva lasciato in tutti la incredibile
fertilit delle isole Papus e delle Moluoche dovette senza
dubbio scemare la impressione prodotta dalla ricchezza di
alcune delle isole Marianne. Le foreste di Guaham, sebbene
alquanto fornite, non offrono quell'aspetto gigantesco delle
foreste tropicali; esse coprono la maggior parte dell'isola, dove
si trovano per immense pasture che non producono n alberi
del pane, n cocchi.
Nell'interno delle foreste furon fatte dai conquistatori
ampie praterie perch le bestie cornute, l'introduzione delle
quali loro dovuta, potessero trovare nutrimento al riparo del
sole.
Agoignan, isola dai fianchi rocciosi, da lungi sembra arida
e sterile, mentre in realt coperta da fitti boschi che salgono
fino alle pi elevate cime.
Quanto a Rota, essa un vero macchione, quasi
impenetrabile, di boscaglie, ove dominano i rimas, i tamarindi,
i fichi, i cocchi.
Finalmente Tinian offre un aspetto alquanto gradevole.
Sebbene i Francesi non abbiano in nessun luogo incontrati i siti
dipinti con tanta ricchezza di tinte dai loro predecessori,
l'aspetto del suolo, la gran quantit d'alberi morti fecero loro
credere che le (antiche narrazioni non fossero del tutto
esagerate, tanto pi che tutta la parte sud-est di quell'isola
resa inaccessibile da fitte foreste.
Quanto alla popolazione, essa al tempo del viaggio di
Freycinet era eccessivamente mita, e la razza aborigena non era
gi pi la met.
I Mariannesi della classe nobile, un tempo erano tutti pi
alti, pi grossi e pi forti degli Europei; ma la razza degenera, e
non si trova pi, fuorch a Rota, il tipo primitivo in tutta la sua
purezza.
Nuotatori infaticabili, tuffatori provetti, camminatori
intrepidi, tutti dovevano dar prova della loro bravura in questi
diversi esercizi al tempo del matrimonio. I Mariannesi hanno in
parte conservate queste qualit, sebbene la pigrizia o piuttosto
la noncuranza sia il fondo del loro carattere.
Le unioni che si formano per tempo fra i quindici e i
venti anni pei giovani e fra i dodici e i quindici per le ragazze
sono generalmente feconde, e si citano esempi di famiglie di
ventidue figli nati da una stessa madre.
Se a Guaham esistono parecchie malattie importate dagli
europei, come le malattie di petto, il vaiuolo, ecc., ve ne sono
molte altre che sembrano indigene, o che per lo meno hanno
preso uno sviluppo affatto particolare e interamente anormale.
Fra queste ultime si citano la elefantiasi e la lebbra, di cui
s'incontrano a Guaham tre variet tanto differenti pei loro
sintomi che pei loro effetti.
Prima della conquista, i Mariannesi vivevano di pesce, di
frutti d'albero del pane o rimer, di riso, di sag e d'altre piante
fecciose.
Se la loro cucina era semplice, il loro vestiario lo era
ancora pi; quegli indigeni andavano assolutamente nudi.
Ancora oggigiorno i fanciulli vanno nudi fino alla et di dieci
anni.
Un viaggiatore dello scorcio del secolo XVIII, il capitano
di vascello Pags, narra su questo proposito che, a caso, un
giorno si avvicin ad una casa dinanzi alla quale stava seduta
al sole un'indiana di circa dieci o undici anni. Era nuda e
accoccolata, con la sua camicia piegata vicino a lei. Appena mi
vide aggiunge il viaggiatore essa si alz di botto e se la
indoss. Sebbene non fosse vestita decentemente, essa si
credeva acconciata per bene, giacch aveva le spalle coperte;
epper non era pi imbarazzata dinanzi a me.
La popolazione doveva essere un tempo ragguardevole
come lo attestano le mine che s'incontrano qua e l, ruine
d'abitazioni sorrette da pilastri in muratura. Il primo viaggiatore
che ne faccia cenno lord Anson. Egli ne diede una veduta un
po' fantasiosa, ma di cui gli esploratori dell'Uranie poterono
riconoscere la verit sostanziale, come lo attesta il seguente
passo:
La descrizione che si trova nel viaggio d'Anson esatta:
ma le ruine e i rami d'alberi che oggi sono in certo qual modo
incorporati con la costruzione, danno a questi monumenti un
aspetto affatto contrario a quello che avevano allora; gli angoli
dei pilastri si sono pure smussati e le semisfere che li coronano
non hanno pi la medesima rotondit.
Quanto alle abitazioni moderne, una sesta parte soltanto
di vivo, e si notano ad Agagna dei monumenti che sono
relativamente assai interessanti per la loro grandezza se non per
l'eleganza, la maestosit o la finezza delle loro proporzioni;
sono il collegio San Giovanni di Laterano, la chiesa, il
presbiterio, il palazzo del governatore, le caserme. Prima della
loro sudditanza agli Spagnuoli, i Mariannesi erano divisi in tre
classi: nobili, seminobili e plebei. Questi ultimi, i para del
paese, avevano, dice Freycinet, senza citare l'autorit sulla
quale egli s'appoggia, una statura meno alta di quella degli altri
abitanti. Questo sol fatto basterebbe forse a indicare una
differenza di razza, oppure non si dovrebbe scorgere in questa
esiguit di statura altro che il risultato dello stato
d'abbassamento al quale era soggetta tutta quella casta?
Questi plebei non potevano mai elevarsi alla casta
superiore e la navigazione era loro interdetta. Si trovavano
anche in ciascuna di queste caste, ben definite, le maghe, le
sacerdotesse o guaritrici che non si occupavano che della cura
d'una sola malattia. Il che non una ragione assoluta per
meglio conoscerla.
La professione di costruttore di piroghe apparteneva ai
nobili: essi permettevano solamente ai seminobili di
assecondarli in questo lavoro, che era per essi d'una grande
importanza e una delle loro pi care prerogative. Quanto al
linguaggio, sebbene somigli al malese e al tagal che si parla
alle Filippine, possiede per il suo carattere proprio. La
relazione di Freycinet contiene altres gran numero di note
sugli usi singolarissimi degli antichi Mariannesi: ma sarebbe
impegnarsi troppo nel riprodurre quei passi, per quanto siano
curiosi pel filosofo e per lo storico.
Gi da due mesi l'Uranie era ancorata. Era tempo di
ripigliare il corso dei lavori e delle esplorazioni. Freycinet e il
,suo stato maggiore passarono dunque gli ultimi due giorni a
far visite di ringraziamento per la cordiale accoglienza che era
stata loro prodigata.
Non solo il governatore non volle saperne di
ringraziamenti per le attenzioni di cui non aveva cessato di
colmare i Francesi da due mesi, ma rifiut anche di ricevere; il
pagamento di tutte le forniture che erano state fatte pel
vettovagliamento della corvetta. Vi ha di pi: con Una lettera
commovente si scus della scarsit delle derrate, causata da
una siccit che desolava Guaham da sei mesi, e che gli
impediva di far le cose come avrebbe voluto.
Gli addii si fecero dinanzi a Acazua.
Non senza una profonda tenerezza, dice Freycinet, che
ci accommiatammo dall'uomo amabile che ci aveva colmati di
tanti segni di benevolenza,. Io ero troppo commosso per
esprimergli tutti i sentimenti che empivano l'anima mia; ma le
lagrime che apparivano agli occhi miei hanno dovuto essere
per lui una prova pi efficace che non le parole della mia
commozione e del mio dispiacere.
Dal 5 al 16 giugno l'Uranie procedette all'esplorazione
della parte nord delle Marianne e diede campo alle diverse
osservazioni che sono state riassunte pi sopra.
Poi desiderando accelerare la sua navigazione verso le
Sandwich, il comandante approfitt di una brezza che gli
permise di elevarsi in latitudine e di cercare i venti favorevoli.
Man mano che gli esploratori si avanzavano in questa parte
dell'oceano Pacifico, incontravano fredde e fitte nebbie che
penetrarono l'intiera nave di un'umidit tanto sgradevole quanto
nociva alla salute. Tuttavia, eccetto dei reumi, l'equipaggio non
sofferse alcun inconveniente. Al contrario, fu anzi una specie
di riscossa per quelle costituzioni esposte gi da lungo tempo ai
calori assorbenti del tropico.
Il 6 agosto fu girata la punta meridionale di Hawai, onde
guadagnare la costa occidentale, dove Freycinet sperava
trovare un ancoraggio comodo e sicuro. Questa e la seguente
giornata furono consacrate, essendovi perfetta calma, ad
iniziare delle relazioni con gli indigeni, le cui donne, venute in
gran numero, speravano di prendere il bastimento
all'abbordaggio e abbandonarsi al loro consueto commercio;
ma il comandante interdi loro l'accesso a bordo.
Il re Karnehameha era morto, e il suo giovine figlio Riorio
gli era succeduto; questa fu la notizia che un arii s'affrett a
recare al capitano.
Quando spir la brezza, l'Uranie s'avanz verso la baia di
Kara-kalua, e Freycinet inviava un ufficiale per scandagliare
l'ancoraggio, quando una piroga si stacc dalla riva e condusse
a bordo il governatore dell'isola. Questo principe Kuakini,
soprannominato J ohn Adams, promise al comandante che
troverebbe dei battelli atti ad assicurare il vettovagliamento
della sua nave.
Questo giovane, che poteva avere ventinove anni e la cui
statura era gigantesca e ben proporzionata, sorprese il
comandante per la vastit della sua istruzione. Avendo inteso
dire che l'Uranie faceva un viaggio di scoperte:
Avete girato il capo Horn, oppure siete venuto per il
sud, dal capo di Buona Speranza? domand egli.
Poi s'inform delle notizie di Napoleone e volle sapere se
fosse vero che l'isola di Sant'Elena fosse stata ingoiata con tutta
la sua popolazione. Burla di qualche baleniere faceto, la quale
non aveva ottenuto credenza che per met! Kuakini apprese
pure a Freycinet che se la pace non era stata turbata alla morte
di Kamehameha, tuttavia parecchi capi avendo sollevato delle
pretese d'indipendenza, l'unit della monarchia era minacciata.
Da ci un certo turbamento nelle relazioni politiche ed una
indecisione nel Governo che si sperava di veder presto cessare,
sopratutto se il comandante consentiva a fare qualche
dichiarazione d'amicizia in favore del giovane sovrano.
Freycinet scese a terra col principe per rendergli la visita, e
penetr nella sua residenza, dove la principessa, un donnone di
straordinaria obesit, era stesa sovra un fusto di letto europeo
coperto di stuoie. Poi entrambi andarono a vedere le sorelle di
Kuakini, vedove di Kamehameha, che non trovarono, e si
diressero poscia verso i cantieri ed i principali laboratori del
defunto re.
Quattro capanne erano destinate alla costruzione di grandi
piroghe da guerra; altre riparavano delle imbarcazioni europee;
pi lungi si vedeva deh legname da costruzioni, delle verghe di
rame, una quantit di reti da pesca, poi una fucina, un
laboratorio da bottaio, e finalmente, in alcune case del primo
ministro Kraimoku, degli strumenti di navigazione, bussole,
sestanti, termometri, orologi, e perfino un cronometro.
Si rifiut agli stranieri l'ingresso in altri due magazzini in
cui erano rinchiusi la polvere, le munizioni da guerra, i liquori
forti, il ferro e le stoffe.
Ma questi luoghi erano allora abbandonati dal nuovo
sovrano che teneva la sua corte nella baia di Koaihai.
Freycinet, invitato dal re, salp per questo luogo e fu
guidato da un pilota che si mostr attento e particolarmente
provetto nel prevedere i mutamenti di tempo.
Il monarca, dice il comandante, m'aspettava sulla
spiaggia, vestito d'un gran costume di capitano di vascello
inglese e circondato da tutta la sua corte. Non ostante l'aridit
spaventevole di questa parte dell'isola, lo spettacolo che ci
offerse questa bizzarra riunione d'uomini e di donne ci parve
maestoso e veramente pittoresco. Il re, collocato sul davanti,
aveva i suoi principali ufficiali a qualche distanza dietro di lui.
Gli uni portavano magnifici mantelli di penne rosse o gialle,
oppure di panno scarlatto, altri semplici pellegrine dello stesso
genere, ma in questi i due colori salienti erano talvolta sfumati
di nero; alcuni portavano degli elmetti.
Un gran numero di soldati qua e l dispersi produceva,
per la bizzarra ed irregolarit del loro costume, una grande
variet su questo strano quadro.
questo medesimo sovrano che doveva pi tardi venire,
con la sua giovane e graziosa moglie, in Inghilterra, dove
morirono e le cui spoglie furono trasportate ad Hawai dal
capitano Byron sulla fregata La Bionda.
Freycinet gli rinnov le sue domande di vettovagliamento
e il re gli promise che non sarebbero passati due giorni senza
che i suoi desideri fossero soddisfatti. Ma se la buona volont
di questo giovane sovrano non poteva essere sospettata, il
comandante doveva presto giudicare da se stesso che la
maggior parte dei principali capi non era risoluta a mostrargli
un'estrema obbedienza.
Qualche tempo dopo i principali ufficiali di stato maggiore
andarono a far visita alle vedove di Kamebameha. Ecco, stando
al signor Quoy, il quadro curioso di questo rallegrante
ricevimento:
Era uno spettacolo veramente strano il vedere in un
appartamento rinchiuso, otto o dieci masse di carne di forma
umana, seminude, la minore delle quali pesava per lo meno
trecento libbre, coricate per terra supine. Non senza stento
giungemmo a trovare un posto dove ci stendemmo noi pure per
conformarci all'usanza. Alcuni servitori avevano
continuamente in mano dei cacciamosche di penne, oppure una
pipa accesa che facevano circolare di bocca in bocca e dalla
quale ciascuno pigliava qualche sbuffo. facile imaginare che
la nostra conversazione non fu troppo sostenuta, ma gli
eccellenti pasticcini che ci furono serviti valsero a dissimularne
la lunghezza
Freycinet and poi a visitare il famoso J ohn Yung, che era
stato per lungo tempo l'amico fedele e il saggio consigliere del
re Kamehameha. Sebbene allora fosse ammalato e vecchio,
diede a Freycinet preziose informazioni su questo arcipelago,
dove risiedeva da trenta anni, e nella storia del quale era stato
grandemente coinvolto.
Il ministro Kraimoku, in una sua visita che aveva fatto
all'Uranie aveva scorto l'elemosiniere, l'abate di Quelen, il cui
costume l'aveva assai impacciato. Appena seppe che era un
prete, manifest al comandante il desiderio d'essere battezzato.
Sua madre, diss'egli, aveva ricevuto questo sacramento al letto
di morte, e gli aveva fatto promettere d'assoggettarsi anch'esso
a questa cerimonia appena se ne presentasse l'occasione.
Freycinet vi acconsent, e volle dare a quest'atto una certa
solennit, tanto pi che Riorio chiedeva d'assistervi con tutta la
sua corte.
Tutta questa gente si tenne con molto rispetto e deferenza
durante la cerimonia; ma appena fu terminata, la corte si
precipit sulla colazione che il comandante aveva fatto
preparare.
Era una meraviglia veder vuotarsi le bottiglie di vino, di
rhum e d'acquavite; veder sparire le provvigioni d'ogni sorta
che coprivano la tavola. Per fortuna la notte s'appressava; senza
di ci Riorio non sarebbe stato in grado di riguadagnare la
terra, come la maggior parte de' suoi cortigiani e de' suoi
ufficiali. Bisogn tuttavia dargli ancora due bottiglie
d'acquavite, per bere, diceva egli, alla salute del comandante e
al suo felice viaggio, e tutti gli astanti si credettero in dovere di
chiedere altrettanto.
Non troppo arrischiato il dire, narra Freycinet, che
quella reale compagnia bevette o port via nello spazio di due
ore ci che sarebbe bastato all'approvvigionamento di una
tavola di dieci persone durante tre mesi.
Furono scambiati diversi regali fra la real coppia e il
comandante.
Fra gli oggetti che erano stati offerti a quest'ultimo dalla,
giovane regina era vi un mantello di penne, vestimento
divenuto rarissimo alle Sandwich.
Freycinet stava per rimettere alla vela, quando apprese, da
un capitano americano, la presenza all'isola Mowi di un
bastimento mercantile che aveva una gran quantit di biscotto e
di riso, e che acconsentirebbe senza dubbio a cedergliene. Egli
risolvette dapprima di ancorare davanti a Raheina. D'altronde
era l che Kraimoku doveva rilasciare il numero di maiali
necessari a vettovagliare l'equipaggio. Ma il ministro diede
prova di una cos insigne malafede, esigendo prezzi altissimi
per maiali piuttosto magri, che si dovette passare alle minaccie
per concludere. Kraimoku era, in quella circostanza, attorniato
da un inglese che non era altro che un deportato scappato da
Port J ackson, e assai verosimilmente, se l'indigeno fosse stato
lasciato libero di s medesimo e alle impulsioni del suo cuore,
si sarebbe comportato in questa occasione con la nobilt e la
buona fede che gli erano abituali.
A Waihu Freycinet ancor a Honolulu. La cortese
accoglienza che vi ricevette da parecchi europei gli fece
lamentare di non esservi venuto direttamente. Si sarebbe
immediatamente procurato tutte le risorse che aveva avuto
tanta difficolt a riunire nelle altre due isole.
Il governatore di quest'isola, Boki, si fece battezzare
dall'elemosiniere dell'Uranie; non parve d'altronde ch'egli
desiderasse questo sacramento se non perch suo fratello
l'aveva ricevuto. Era ben lungi dall'avere quell'aria intelligente
degli indigeni Sandwich fino allora praticati. Alcune
osservazioni sugli indigeni sono abbastanza interessanti, e
meritano di essere sommariamente riportate.
Tutti i navigatori sono d'accordo nel riconoscere che la
classe dei capi forma una razza superiore agli altri abitanti per
statura ed intelligenza. Non raro vederne di quelli che
raggiungono 6 piedi di altezza. L'obesit in essi frequente, ma
sopratutto nelle donne che, giovanissime, raggiungono sovente
una grossezza veramente mostruosa. Il tipo notevole e le
donne sono spesso abbastanza belle. La durata della vita non
troppo lunga, ed raro il trovare un vecchio di 70 anni.
Bisogna attribuire lai rapida decrepitezza e la fine prematura
degli abitanti alle loro abitudini inveterate di libertinaggio.
Lasciando l'arcipelago delle Sandwich, Freycinet aveva da
studiare in questa parte del grande Oceano le principali
inflessioni dell'equatore magnetico con piccole latitudini.
Epper fece forza di vele nell'est.
Il 7 ottobre, l'Uranie entrava nell'emisfero sud, e il 19
dello stesso mese si trovava in vista delle isole del Danger.
All'est dell'arcipelago dei Navigatori si scoperse un isolotto,
non segnato sulle carte, che fu chiamato isola Rosa, dal nome
della signora Freycinet. Questa fu, d'altronde, la sola scoperta
del viaggio.
La posizione delle isole Pylstaart e Howe fu rettificata, ed
infine, il 13 novembre, si scorsero i fuochi dell'ingresso di
Porto J ackson o Sidney.
Freycinet s'aspettava certo di trovare ingrandita questa
citt dopo sedici anni che non l'aveva veduta; ma fu
profondamente meravigliato alla vista di una citt europea,
prosperante in mezzo ad una natura quasi selvaggia.
Parecchie escursioni nei dintorni fecero emergere agli
occhi dei Francesi tutti i progressi compiuti dalla colonia. Belle
strade accuratamente mantenute, fiancheggiate da quegli
eucalyptus che Peron qualifica giganti delle foreste australi;
ponti ben costrutti, lastre di pietra indicanti le distanze, tutto
annunciava un'edilizia ben ordinata, delle cascine, numerose
mandre di buoi, campi accuratamente tenuti, attestavano
l'industria e la perseveranza dei nuovi coloni.
Il governatore Macquarie e le principali autorit del paese
gareggiarono di cortesie verso gli ufficiali che dovettero
rifiutare pi di un invito per non trascurare i loro lavori. Per
andarono per mare a Paramatta, casa di campagna del
governatore, coi concerti della musica militare. Parecchi
ufficiali si recarono pure a visitare la piccola citt di Liverpool,
edificata in luogo ameno, sulle sponde del fiume George, cos
pure le borgate di Windsor e di Richmond che si elevano
presso il fiume Hawkesbury. Nel frattempo, parte dello stato
maggiore assisteva ad una caccia al kanguro, e valicando le
montagne Blenes s'avanzava al di l dello stabilmente di
Bathurst.
Merc le eccellenti relazioni che si era fatte nei suoi due
soggiorni, Freycinet fu in grado di raccogliere gran numero di
dati interessanti sulla colonia australe. Epper il capitolo
ch'egli consacra alla Nuova Galles del Sud, notando i
meravigliosi e rapidi progressi della colonizzazione, eccit un
vivo interesse in Francia, dove non si conosceva se non
imperfettamente lo sviluppo e la prosperit crescente
dell'Australia. Questi sono documenti nuovi, fatti apposta per
interessare, e che hanno il vantaggio di offrire lo stato preciso
della colonia nel 1825.
La catena di montagne, nota col nome di Alpi Australi,
separa, a poca distanza dalla costa, la Nuova Galles del Sud
dall'interno del continente australe. Durante 25 anni fu un
ostacolo alle comunicazioni con l'interno, che merc il
governatore Macquarie disparve, Una strada, formata di rampe
moltiplicate, era stata tagliata nella roccia e permetteva di
colonizzare immense e fertili pianure irrigate da fiumi
importanti.
Le pi alte vette di questa catena, coperte di neve in pieno
estate, non hanno meno di tremila metri d'altezza.
Intanto che se ne misuravano i picchi principali, i monti
Exmuth, Cunningham, ecc., si scopriva che l'Australia, anzich
avere un solo grande corso d'acqua, il fiume dei Cigni, ne
possedeva un certo numero, fra i quali conviene citare in primo
luogo il fiume Hanhesbury, formato dalle acque riunite del
Nepeau e del Grose, il Brisbane e il Murray non essendo
ancora conosciuti.
A quel tempo si era gi cominciato a sfruttare miniere di
carbon fossile, strati d'ardesia, di ferro carbonato compatto, di
arenaria, di pietre calcaree, di porfido, di diaspro, ma non si era
ancora constatata la presenza dell'oro, questo metallo che
doveva trasformare cos rapidamente la giovane colonia.
Quanto al suolo, sulle rive del mare sterile, e non
alimenta che pochi arbusti rattratti. Ma se si inoltra nell'interno
si scoprono campi rivestiti di ricco ornamento, immense
pasture appena dominate da alcuni grandi vegetali, o delle
foreste i cui alberi giganteschi che si elevano in un cespuglio
inestricabile di sarmenti formano impenetrabili boscaglie.
Una delle cose che sorprese pi vivamente gli esploratori
la identit della razza sopra questo immenso continente. Infatti
se si osservano gli aborigeni alla baia dei Cani Marini, alla
Terra d'Endracht, al fiume dei Cigni od a Porto J ackson, il
colore della pelle, i lineamenti del volto, il fisico, tutto ci non
lascia alcun dubbio sulla loro comunit d'origine.
Il pesce ed i conchigliacei formano la base dell'alimento
delle popolazioni marittime o fluviatili. Quelle dell'interno
vivono del prodotto della caccia e si nutrono di opossum, di
kanguro, di lucertole, serpenti, vermi, formiche che mescolano
con le uova in una pasta di radici di felce.
Dappertutto abitudine degli indigeni di andare
assolutamente nudi: non isdegnano per di coprirsi con abiti
europei che possono procurarsi. Nel 1829, si vedeva a Porto
J ackson una vecchia negra avvolta in frammenti di una coperta
di lana e con un cappellino di seta verde. Non si poteva
imaginare una, caricatura pi grottesca.
Vi sono per alcuni di questi indigeni che si fanno dei
mantelli di pelle d'opossum o di kanguro che cuciono con nervi
di casoar, ma questo genere di vestimento raro.
I loro capelli lisci sono pettinati a trecce dopo essere stati
imbrattati di grasso, Mettendovi in mezzo un ciuffo d'erba, vi si
eleva un singolare e bizzarro edificio, da cui emergono alcune
penne di kakatoes, a meno che non vi si applicano, con della
resina, dei denti umani, pezzi di legno, code di cani od ossa di
pesci.
Sebbene il tatuaggio non sia onorato alla Nuova Olanda, si
trovano tuttavia frequentemente degli indigeni che, mediante
conchiglie taglienti, si sono fatte incisioni abbastanza
simmetriche. Un'usanza non meno generale quella di
dipingersi il corpo di raggi rossi e bianchi e di figure singolari
che danno a quelle pelli nere un aspetto diabolico.
Questi selvaggi erano un tempo persuasi che dopo la loro
morte venivano trasportati nelle nubi o sulla cima degli alberi
altissimi, in forma di pargoletti, e che in questo paradiso aereo
godevano di una grande abbondanza di nutrimento. Ma dopo
l'arrivo degli Europei le loro credenze si sono modificate, ed
ora credono che diventeranno bianchi ed andranno ad abitare
lontani paesi. Epper, a loro credere, tutti i bianchi sono
antenati che, morti nei combattimenti, hanno pigliato questa
nuova forma.
Il censimento del 1819 uno dei pi particolareggiati che
siano stati fatti in quel periodo d una popolazione coloniale
di 25.425 abitanti, non compresi, ben inteso, i militari. Siccome
il numero delle donne era sensibilmente inferiore a quello degli
uomini, ne erano derivati degli inconvenienti, ai quali la
metropoli aveva cercato di rimediare inviandovi delle ragazze
che avrebbero trovato prestissimo da maritarsi, formando in tal
modo delle famiglie, il cui livello morale non tard a
sorpassare quello dei deportati.
Nella relazione di Freycinet consacrato un lunghissimo
capitolo a tutto ci che concerne la economia politica. Le
diverse specie di terra e le sementi che loro convengono,
l'industria, l'allevamento del bestiame, l'economia rurale, le
manifatture, il commercio, i mezzi di comunicazione,
l'amministrazione, tutti questi rami sono trattati
minuziosamente sopra documenti allora recenti e con una
competenza che si lungi dal!'aspettarsi da un uomo che non
ne ha fatto l'oggetto delle sue abituali ricerche. Finalmente vi si
trova uno studio assai approfondito sul regime a cui erano
soggetti i condannati dal loro arrivo nella colonia, sui castighi
che s'infliggevano loro, come pure sugli incoraggiamenti e le
ricompense che si accordavano loro con una certa quale
facilit, appena che la loro condotta diveniva regolare. In pari
tempo vi si notano delle considerazioni tanto saggie quanto
giudiziose sull'avvenire della colonia australe e sulla sua futura
prosperit.
Il 25 dicembre 1819, dopo quella lunga e fruttuosa
fermata, V Tirarne ripigliava il mare e si dirigeva in modo di
passare al sud della Nuova Zelanda e dell'isola Campbell per
guadagnare il capo Horn. Alcuni giorni dopo, si scopr a bordo
una dozzina di deportati fuggitivi; ma si era gi troppo lungi
dalla Nuova: Olanda per ricondurveli.
Furono raggiunte le coste della Terra del Fuoco, senza che
alcun fatto saliente fosse notato in questa navigazione
costantemente favorita dal vento d'ovest. Il 5 febbraio fu scorto
il capo della Desolazione. Girato il capo Horn senza ostacolo,
l'Uranie gett l'ancora nella baia del Buon Successo, le cui
sponde guarnite d'alberi d'alto fusto, irrigate da cascate, non
offrivano quell'aridit e quella desolazione che segnano in
generale quei tristi paraggi.
Del resto, la stagione non fu lunga, e la corvetta,
ripigliando la sua rotta, non tard ad imboccare lo stretto di
Lemaire in mezzo ad una fitta nebbia. L fu accolta da una
grossa ondata, da un vento violentissimo e da una nebbia opaca
che confondeva in una medesima tinta la terra, il mare e il
cielo.
Si correva col vento in poppa; e gi ci si rallegrava d'essere
stati trascinati dall'uragano lungi dalle coste, quando risuon
questo grido: Terra avanti e vicinissima!
Una terribile angoscia strinse allora tutti i cuori. Il
naufragio era inevitabile.
Soltanto Freycinet, dopo un istante d'esitazione, ridivenne
padrone di s stesso. La terra non poteva essere davanti; ordin
di continuare il cammino verso il nord, tenendo un po' all'est, e
l'esperienza non tard a provare l'esattezza de' suoi calcoli.
L'indomani, il tempo essendosi rasserenato, fu segnato il
punto, e siccome si era troppo lungi dalla baia del Buon
Successo, il comandante doveva scegliere di far sosta sulla
costa d'America, oppure alle isole Maluine. Si decise per le
ultime.
L'isola Conti, la baia Marville e il capo Duras furono a
volta a volta rilevate attraverso la nebbia, mentre una brezza
favorevole spingeva la nave verso la baia Francese, luogo
fissato per la prossima fermata. Gi tutti si felicitavano di aver
compiuti tanti lavori pericolosi, d'aver fatto una s dura
campagna senza gravi incidenti. Pei marinai, come dice Byron:

The worst was over, and the rest seemed sure
2
.

2
Il peggio era passato; il resto sembrava sicuro.

Ma una dura prova aspettava ancora i navigatori.
Entrando nella baia Francese, ognuno era al proprio posto
per l'ancoraggio. I gabbieri vegliavano, si scandagliavano
dall'alto i grandi porta-sarchie, quando a venti braccia, poi a
diciotto, furono segnalati degli scogli. Si era a un mezzo miglio
da terra.
Per prudenza, Freycinet lasci portare di due quarti, ed
questa precauzione che gli fu funesta. La corvetta urt di botto
con violenza contro una roccia sottomarina. Lo scandaglio
segnava in quell'istante quindici e dodici braccia da ciascun
bordo. Lo scoglio contro cui la nave aveva urtato era dunque
meno largo della corvetta medesima. Infatti era la punta acuta
di una roccia.
I frammenti di legno che salirono a galla fecero subito
temere che l'accidente fosse grave. Fu un balzo generale alle
pompe. L'acqua, penetrava con violenza nella cala. Freycinet
fece subito passare una vela sotto la chiglia, in modo che
introducendosi nella parte avariata diminuisse l'apertura per la
quale si precipitava l'acqua.
Non vi fece nulla; sebbene tutti, ufficiali e marinai, fossero
alle pompe, non si pervenne che a non essere vinti dal mare.
Bisognava mettere la nave alla costa.
Ma il prendere questa risoluzione, per quanto fosse penosa,
non tutto; bisognava eseguirla. Ora dappertutto la terra era
cinta di rupi, e solo in fondo alla baia si poteva trovare una
spiaggia sabbiosa, propizia all'arenamento. La brezza erasi fatta
contraria, giungeva la notte, e la nave era piena d'acqua per
met. S'immagini le angosce del comandante! L'arenamento si
fece, tuttavia; sulla costa dell'isola Pinguins.
A questo punto, dice Freycinet, i nostri uomini erano
talmente affaticati, che bisogn smettere ogni lavoro e dare
all'equipaggio un riposo tanto pi indispensabile in quanto che
la nostra condizione ci costringeva a faticosissime operazioni.
Ma potevo io stesso abbandonarmi al riposo? Agitato da mille
e penosi pensieri, la mia esistenza mi pareva un sogno! Questo
passaggio subitaneo da uno stato in cui tutto sembrava
sorridermi a quello in cui mi trovavo in quel momento, mi
opprimeva come un incubo spaventoso; le mie idee erano
turbate, mi era difficile trovare la calma che mi abbisognava, e
che doveva essere messa a una cos penosa prova! Tutti i miei
compagni di viaggio avevano fatto il loro dovere nello
spaventoso accidente che per poco non ci rese vittime, e mi
piace di rendere giustizia a loro tutti.
Quando sorse il giorno a rischiarare il paesaggio, una cupa
tristezza s'impadron d'ognuno. Non un albero, non un filo
d'erba su quelle spiagge desolate! Nulla, fuorch una silenziosa
solitudine simile in tutto a quella della baia dei Cani Marini.
Ma non era il momento d'intenerirsi. D'altronde non se ne
aveva il tempo. I giornali, le osservazioni e tutti quei preziosi
documenti raccolti in mezzo a tante fatiche e pericoli
bisognava lasciarli inghiottire dal mare?
Tutti furono salvi. Per disgrazia non fu altrettanto delle
collezioni. Parecchie casse di campionari che erano in fondo
alla cala furono totalmente perdute, altre avariate dall'acqua di
mare. Le collezioni che ebbero a soffrire maggiormente del
disastro furono quelle di storia naturale, e l'erborario che
Gaudichaud s'era data tanta pena a riunire. I montoni
merinos dovuti alla generosit del signor Mac-Arthur di
Sydney e che si sperava di acclimatare in Francia furono
sbarcati, come pure le altre bestie ancora viventi.
Furono erette delle tende, anzitutto pei pochi malati di
bordo, poi per gli ufficiali e l'equipaggio. I viveri, le munizioni,
estratte dal bastimento, furono accuratamente posti al riparo
delle intemperie della stagione. Si riservarono i liquori forti pel
tempo in cui si lascerebbe il luogo del naufragio, e durante i tre
mesi che i Francesi dovettero rimanere in quel luogo, non
s'ebbe a verificare un sol furto di rhum o d'acquavite, sebbene
fossero tutti ridotti all'acqua pura.
Mentre si cercava, non senza stento, di riparare alle
maggiori avarie dell'Uranie, alcuni marinai furono incaricati di
provvedere alla sussistenza comune con la caccia e con la
pesca. Leoni marini, oche, anitre, arzavole, beccaccine,
trovavansi in gran numero sugli stagni; ma era difficile di
procurarsene in una sola volta in quantit sufficiente a nutrire
tutto l'equipaggio, e il consumo di polvere sarebbe stato assai
forte. Fortunatamente si trovarono degli apteroditi abbastanza
stupidi da lasciarsi ammazzare a bastonate, e in tal quantit che
sarebbero bastati ad alimentare 120 uomini per quattro o
cinque mesi. Si arriv pure ad uccidere qualche cavallo di
quelli ridiventati selvatici dopo la partenza della colonia
fondata da Bouganville.
Il 28 febbraio si dovette riconoscere che con gli scarsi
mezzi di cui si disponeva, era impossibile riparare alle avarie
della corvetta, tanto pi che gli urti ripetuti del bastimento sul
suolo avevano notevolmente aggravato lo stato delle cose.
Che fare intanto? Dovevasi forse aspettare che un qualche
bastimento venisse a sostare nella baia Francese? Era lasciar
nell'ozio i marinai, e per conseguenza aprir le porte al
disordine.
Non era meglio, con gli avanzi dell'Uranie, cercar di
costruire un bastimento pi piccolo?
Si possedeva per l'appunto una grande scialuppa. Una
volta pontata e innalzata non avrebbe essa potuto guadagnare
Monte video, e ricondurre un bastimento capace di salvare il
materiale e il personale della spedizione?
Freycinet s'attenne a quest'ultimo partito. Una energia
affatto nuova sembrava si fosse impadronita dei marinai, e i
lavori furono condotti rapidamente. Fu allora che il
comandante dovette compiacersi d'aver imbarcato a Tolone dei
marinai appartenenti ai diversi rami di mestieri. Ferrai, velieri,
cordai, segatori, tutti s'occuparono attivamente del compito che
a ciascuno incombeva.
Quanto al viaggio da intraprendere, nessuno dubitava della
riuscita. Trecentocinquanta leghe soltanto separano le Maluine
da Montevideo, e i venti che dominano in quei paraggi a quel
tempo dell'anno avrebbero permesso alla Speranza cos era
chiamata la scialuppa trasformata di fare questo tragitto in
pochi giorni.
Bisognava per prevedere il caso in cui questa fragile
imbarcazione non potesse raggiungere la Plata, epper
Freycinet era risoluto a mettere sul cantiere, immediatamente
dopo la sua partenza, una goletta, di 100 tonnellate.
Sebbene si fosse molto assorti in questi lavori cos svariati
e molteplici, non si stette dal procedere alle ordinarie
osservazioni d'astronomia, di fisica, di storia naturale e
d'idrografia. Sembrava d'essere semplicemente in sosta.
Finalmente il bastimento fu condotto a fine e varato. Le
istruzioni pel suo comandante, il capitano Puperrey, furono
redatte, il suo equipaggio era stato scelto, s'imbarcarono le
provvigioni, la partenza venne fissata al doman l'altro, quando,
il 19 marzo 1820, s'udirono delle grida: Una nave! una nave!
Uno sloop sotto vela era all'entrata della baia.
Furono tirati parecchi colpi di cannone per attrarre la sua
attenzione, e il padrone s'affrett a venire a terra.
In poche parole Freyeinet espose a quest'ultimo per quali
circostanze egli si trovava su questa costa.
Il padrone rispose ch'egli era agli ordini d'un bastimento
americano, il General Knox, occupato alla pesca delle foche
all'isola West, la punta pi occidentale delle Maluine.
Fu subito incaricato un ufficiale di andare a intendersi col
capitano di questa nave sulla natura dei soccorsi che potrebbe
dare ai Francesi. Ma costui domand 135.750 franchi per
condurre i naufraghi a Rio. Era abusare stranamente delle
circostanze. L'ufficiale francese non volle quindi concludere
nulla senza l'assenso del suo comandante, e preg l'americano
di andare alla baia dei Francesi.
Durante questi negoziati, una nuova nave, il Mercurio,
capitano Galvin, era entrata nella baia. Partito da Buenos Aires
per portare dei cannoni a Valparaiso, il Mercurio, al momento
di girare il capo Horn aveva fatta una falla notevole che lo
costringeva a rattopparsi alle Maluine. Fu un fortunato
avvenimento pei Francesi, e la concorrenza che ne risultava
non poteva che tornare a loro vantaggio.
Freyeinet offerse immediatamente al capitano Galvin, per
riparare le sue avarie, i soccorsi d'uomini e materiali di cui
disponeva, aggiungendo che se i suoi falegnami potessero
rattoppare la nave gli domanderebbe di trasportarlo co' suoi
compagni a Rio J aneiro.
In capo a 15 giorni le riparazioni erano terminate. Nel
frattempo i negoziati col General Knox eran terminati con un
assoluto rifiuto, da parte di Freyeinet, di assoggettarsi alle
esigenze del capitano americano. Quanto al capitano Galvin,
occorsero parecchi giorni per venire ad una soluzione col
seguente trattato:
I. Il capitano Galvin s'impegnava di condurre a Rio i
naufraghi, le loro carte, collezioni e istrumenti, e parimente
tutto ci che si saprebbe potuto imbarcare degli oggetti salvati
dell'Uranie;
II. I naufraghi dovevano nutrirsi durante la traversata coi
viveri messi in riserva per essi;
III. Giunti a destinazione, i Francesi dovevano, pagargli,
entro dieci giorni, una somma di 97.740 franchi.
Si termin quindi questa laboriosa operazione con
l'accettare le condizioni veramente leonine. Prima di lasciare le
Maluine, il naturalista Gaudichaud arricch quella miserabile
terra di parecchie sorta di piante, che gli parvero poter esser
utili ai navigatori in fermata.
Non saranno senza interesse alcuni particolari su questo
arcipelago. Composto di un gran numero di isolotti e di due
isole principali, Conti e Maidenlaaiid, questo gruppo compreso
fra 50 37' e 52 45' sud e 60 4' e 63 48' all'ovest del
meridiano di Parigi. La baia Francese, situata all'estremit
meridionale dell'isola Conti, una vasta apertura, pi profonda
che larga, dalle coste irte e rocciose.
La temperatura mite nonostante la latitudine elevata di
quelle isole. La neve non abbondante e non dura pi di due
mesi alla sommit delle alte montagne. I corsi d'acqua non
gelano punto, n mai un lago o un acquitrino gelato ha potuto
sorreggere un uomo pi di 24 ore di seguito. Stando alle
osservazioni di Weddell, che ha frequentati quei paraggi dal
1822 al 1824, la temperatura vi si sarebbe notevolmente elevata
da una quarantina d'anni, in causa del cambiamento di
direzione dei grandi banchi di ghiaccio che vanno a perdersi in
mezzo all'Atlantico.
Stando al naturalista Quoy, parrebbe che le Maluine, per la
poca, profondit del mare che le separa dall'America e la
somiglianza che esiste fra le loro erbose pianure e la pampas di
Buenos Aires, abbiano, un tempo, fatto parte del continente.
Quelle pianure sono basse, paludose, coperte di alte erbe,
inondate, d'inverno. Vi si trovano ampi spazi di una torba nera
che forma un eccellente combustibile.
Questa natura particolare del suolo ha impedito la
vegetazione degli alberi che Bouganville aveva voluto
acclimatare e di cui non rimaneva pi traccia al tempo del
soggiorno di Freycinet, La pianta pi grande e pi comune
una specie di iride palustre eccellente pel nutrimento del
bestiame, che serve di rifugio a gran numero di foche. questa
che da lungi i primi viaggiatori avevano preso per delle
macchie elevate.
Il sedano, il crescione, il macerone, il lampone, l'acetosa,
la pimpinella sono le sole piante utili all'uomo, che si trovano
in questo arcipelago.
Quanto agli animali, i buoi, i maiali e i cavalli importati
dai coloni francesi e spagnuoli si erano singolarmente
moltiplicati sull'isola Conti, ma la caccia che i balenieri
facevano loro doveva presto diminuirne sensibilmente il
numero.
Il solo quadrupede che sia veramente indigeno alle
Maluine il cane antartico, il cui muso ricorda quello della
volpe. Perci chiamato cane-volpe o lupo-volpe da alcuni
balenieri. Questi animali feroci si gettarono in mare per assalire
i marinai di Byron. Ora si contentano delle lepri che non
tardarono a pullulare, quando le foche, che non temono di
combattere, giungono a sfuggir loro.
Il 28 aprile il Mercurio pigliava il mare portando verso
Rio-J aneiro Freycinet e il suo equipaggio. Ma il capitano
Galvin non aveva riflettuto a ci, che la sua nave, armata sotto
la bandiera degli indipendenti di Buenos Aires, allora in guerra
coi Portoghesi, sarebbe catturata entrando a Rio, che i suoi
marinai e lui medesimo sarebbero stati fatti prigionieri. Cerc
allora di far ritornare Freycinet sui suoi impegni, sperando
deciderlo a sbarcare a Monte video, ma questi non volle
acconsentirvi sotto alcun pretesto, e un nuovo contratto fu
sostituito al primo.
Con quest'ultimo atto Freycinet diventava, per conto della
marina francese, proprietario del Mercurio, mediante la somma
stipulata nel primo contratto.
L'8 maggio si arrivava davanti a Montevideo, dove
Freycinet prese il comando della nave, alla quale diede il nome
di Physicienne. Si approfitt di quella fermata per procedere
all'armamento, allo stivaggio, alla revisione dell'attrezzatura,
all'imbarco dell'acqua dolce e delle provvigioni necessarie per
giungere a Rio-J aneiro, che la Physicienne non tocc tuttavia
senza aver provate gravissime avarie.
La Physicienne aveva l'aria cos poco bellicosa, che,
malgrado la fiamma del bastimento da guerra, sventolante in
cima all'albero di maestra, i doganieri s'ingannarono e vollero
visitarla come una nave mercantile.
Erano indispensabili delle riparazioni importantissime; e
queste costrinsero Freycinet a rimanere a Rio sino al 18
settembre. Allora prese definitivamente la rotta di Francia, e il
13 novembre 1820 ancor all'Havre, dopo una navigazione di
tre anni e due mesi, durante la quale aveva percorso 18.862
leghe marine o 25.577 leghe medie di Francia.
Alcuni giorni dopo Freycinet ritornava a Parigi
gravemente ammalato, e rimetteva al segretario dell'Accademia
delle Scienze i manoscritti scientifici del viaggio, i quali non
formavano meno di 31 volumi in 4. In pari tempo i naturalisti
della spedizione Quoy, Gaimart e Gaudichaud, deponevano i
campioni che avevano raccolto. Vi si contavano quattro specie
nuove di mammiferi, quarantacinque di pesci, trenta di rettili,
dei molluschi, degli anelti, dei polipi, ecc., ecc.
Tradotto davanti ad un consiglio di guerra, secondo le
leggi militari, per rispondervi della perdita del suo bastimento,
Freycinet fu non solo assolto all'unanimit, ma anche
caldamente felicitato per la sua energia, per la sua capacit e le
misure abili e vigilanti che prese in quelle tristi circostanze.
Ricevuto qualche tempo dopo dal re Luigi XVIII, questi lo
conged dicendo: Voi siete entrato qui capitano di fregata, e
ne uscirete capitano di vascello. Non ringraziatemi e ditemi
solamente ci che J ean Bart rispose a Luigi XV: Sire, avete
fatto bene!
Da quel momento Freycinet consacr tutto il suo tempo
alla pubblicazione dei risultati della sua spedizione. Il poco che
ne abbiamo detto fa comprendere ch'essi erano immensi; ma
coscienzioso all'eccesso, l'esploratore nulla voleva lasciar
pubblicare che non fosse perfetto, e perci volle mettere i suoi
lavori all'altezza delle cognizioni acquisite. Si pu imaginare
quanto tempo dovette spendere a classificare i numerosi
materiali che aveva portato. Epper, quando la morte venne a
sorprenderlo, il 18 agosto 1842, non aveva ancora data l'ultima
mano a una delle parti pi curiose e pi nuove del suo lavoro,
quella relativa all'isole dell'Oceania, e a quelle delle Marianne
in particolare.
Sullo scorcio dell'anno 1821, il ministro della Marina,
marchese di Clermont-Tonnerre, riceveva un nuovo progetto di
viaggio presentatogli da due giovani ufficiali, i signori
Duperrey e Dumont d'Urville. Il primo era appena da un anno
ritornato in Francia; secondo a bordo dell'Uranie, con
Freycinet, aveva, con le sue cognizioni scientifiche e
idrografiche, resi importanti servigi alla spedizione. L'altro,
collaboratore del capitano Gauttier, si era segnalato durante le
campagne idrografiche che quest'ultimo aveva compiute nel
Mediterraneo e nel mar Nero. Amava la botanica e le arti ed
era stato uno dei primi a segnalare il valore artistico della
Venere di Milo, che si era allora scoperta.
Gli obiettivi che questi giovani scienziati si proponevano
erano lo studio dei tre regni della natura, il magnetismo, la
meteorologia e la determinazione della figura della Terra.
Quanto alla geografia, dice Duperrey, ci proponiamo di
constatare o di rettificare, sia con osservazioni dirette, sia col
trasporto del tempo, la posizione d'un gran numero di punti in
diverse parti del globo, segnatamente nei numerosi arcipelaghi
del Grande Oceano, tanto fecondi di naufragi o tanto notevoli
per la natura e la forma delle isole bajsse, dei banchi e delle
scogliere sottomarine che li compongono; di tracciare nuove
rotte nell'arcipelago Pericoloso e nelle isole della Societ, a lato
delle rotte di Quiros, di Wallis, di Bouganville o di Cook; di
collegare i nostri lavori idrografici a quelli dei viaggi di
Entrecasteaux e di Freyeinet nella Polinesia, alla Nuova Olanda
e nelle isole Molueche, e di visitare particolarmente le
Caroline, scoperte da Magellano, sulle quali, ad eccezione della
parte esaminata ai giorni nostri dal capitano Kotzebue, non
abbiamo che descrizioni alquanto vaghe, trasmesseci dai
missionari sulla narrazione di alcuni selvaggi smarriti con le
loro piroghe e gettati dal vento sulle isole Marianne. Il
linguaggio, i caratteri, i costumi e la fisionomia degli isolani
dovranno formare parimenti oggetto di particolari osservazioni
non meno curiose.
I medici di marina Garnot e Lesson furono incaricati delle
osservazioni di storia naturale, mentre lo stato maggiore veniva
reclutato fra gli ufficiali pi istruiti. Fra questi si contavano i
signori Lesage, J acquinot, Brard, Lottili, di Biois e di
Blosseville.
L'Accademia delle Scienze, assai entusiasta del progetto di
ricerche presentato dai promotori di questa campagna, mise a
loro disposizione particolareggiate istruzioni, nelle quali erano
esposti con cura i desiderata della scienza. In pari tempo gli
istrumenti pi perfezionati furono consegnati agli esploratori.
Il bastimento era un piccolo tre-alberi, da 12 a 13 piedi
d'acqua, la Coquille, che era di riserva nel porto di Tolone.
Il tempo necessario all'addobbo, all'attrezzamento e
all'armamento non permise alla spedizione di partire prima
dell'11 agosto 1822. Essa giunse il 28 dello stesso mese a
Teneriffa, dove gli ufficiali speravano anche spigolare qualche
tempo dopo le ricche messi di osservazioni che i loro
predecessori vi avevano raccolte, ma il Consiglio sanitario,
informato dell'apparizione della febbre gialla sulle coste del
Mediterraneo, assoggett la Coquille a una quarantena di
quindici giorni.
A quel tempo le opinioni politiche erano siffattamente
sovreccitate, regnava un tale fermento a Teneriffa, che gli
abitanti ogni giorno erano in procinto di venire alle mani.
facile comprendere se in queste circostanze il dispiacere che
dovettero incontrare i Francesi sia stato lieve. Epper gli otto
giorni che passarono in quella sosta furono intieramente
consacrati al vettovagliamento della corvetta, nonch ad
osservazioni astronomiche e magnetiche.
Il 1. settembre si lev l'ancora, e il 6 ottobre si procedette
alla ricognizione degli isolotti di Martin-Vaz e della Trinit. I
primi sono delle rocce di una nudit spaventosa. La Trinit
una terra alta, rocciosa, sterile, coronata di pochi alberi nella
parte meridionale. Quest'isola altro non che la famosa
Ascenao (Ascensione) che per tre secoli stata oggetto delle
ricerche degli esploratori.
Il celebre Halley, nel 1700, aveva preso possesso di
quest'isolotto in nome del suo governo, che dovette cederlo ai
Portoghesi quando questi vi si stabilirono, nel luogo in cui La
Prouse li trov ancora nel 1785. Questa colonia, inutile e
costosa, fu abbandonata poco dopo, e l'isola non ha pi altri
abitanti fissi fuorch cani, maiali e capre, discendenti degli
animali un tempo importativi.
Allontanandosi dalla Trinit, Duperrey aveva progettato di
recarsi direttamente alle Maluine; ma un'avaria che si trattava
di riparare al pi presto lo risolvette di fermarsi all'isola Santa
Caterina. L solamente poteva trovare il legname necessario
alla riparazione dell'alberatura, nonch le provvigioni che in
ragione della loro abbondanza dovevano essere a buon
mercato.
Quando ci si avvicina a quest'isola si gradevolmente
colpiti dall'aspetto imponente e pittoresco delle sue fitte
foreste, in cui i lauri, i cedri e gli aranci si frammischiano ai
banani ed alle palme, i cui eleganti pennacchi ondeggiano a
seconda della brezza.
Al momento in cui la corvetta calava l'ancora erano appena
trascorsi quattro giorni dacch il Brasile, scuotendo il giogo
della metropoli, aveva dichiarata la sua indipendenza e
proclamato come imperatore il principe Don Pedro d'Alcantara.
Epper il comandante, desiderando avere alcune
informazioni su questo mutamento politico, e assicurarsi delle
disposizioni delle nuove autorit, invi a Nossa-Senhora-del-
Desterro, capitale dell' isola, una missione composta dei signori
D'Urville, di Blosseville, Gabert e Garciot.
Il governo della provincia era nelle mani di una giunta che
autorizz immediatamente i Francesi a tagliare gli alberi di cui
avessero bisogno, e invit il governatore del forte di Santa-
Cruz a facilitare; con tutti i suoi mezzi i loro lavori scientifici.
Quanto ai viveri si stent alquanto a procurarsene,
stantech i negozianti avevano trasmessi i loro fondi a Rio nel
timore degli avvenimenti. verosimilmente ci che spiega le
difficolt che incontr il comandante della Coquille in un porto
che era stato caldamente raccomandato dai capitani
Krusenstern e Kotzebue.
Gli abitanti, dice la relazione, erano nella persuasione di
veder presto delle truppe nemiche discendere su questa terra
per ricolonizzarli, cio, secondo essi, per renderli schiavi. Il
decreto emanato il 1 agosto 1822, che chiamava tutti i
Brasiliani alle armi per la difesa delle coste, e comandava loro
di fare, in qualunque stato di cose, una guerra di partigiani,
aveva dato luogo a questi timori. Le risoluzioni, a un tempo
generose e piene di rigore, che dispiegava il principe don
Pedro, avevano dato un'alta idea del suo carattere e dei suoi
progetti d'emancipazione. Pieni di fiducia nei suoi disegni, i
numerosi partigiani dell'indipendenza erano inspirati da un
entusiasmo la cui espansione era tanto pi rumorosa, in quanto
che il loro spirito ardente era stato da gran tempo represso.
Nell'eccesso della loro gioia avevano illuminate le citt di
Nossa-Senhora-del-Desterro, di Laguna e di San Francisco, di
cui avevano percorso le vie cantando delle canzonette in onore
di Don Pedro.
Ma questo entusiasmo di cui tutte le citt davano prova,
non era diviso dagli abitanti della campagna, gente pacifica ed
estranea alle commozioni della politica. E se il Portogallo fosse
stato in grado di appoggiare i suoi decreti con l'invio di una
squadra, senza dubbio questa provincia sarebbe stata
facilmente riconquistata.
Il 30 ottobre la Coquille rimise alla vela. Nell'est del Rio-
della-Plata, presa da uno di quei spaventosi venti noti col nome
di pamperos, ebbe la fortuna di cavarsela senz'avarie.
Duperrey fece in questo luogo curiosissime osservazioni
sulla corrente della Plata. Freycinet aveva gi notato che il
corso di questo fiume, a cento leghe all'est di Montevideo,
conserva ancora una rapidit di due miglia e mezzo all'ora. Ma
il comandante della Coquille riconobbe che questa corrente si
fa notare molto pi lontano. Egli mise in evidenza altres che,
pressate dall'Oceano, queste acque sono costrette a dividersi in
due rami nella direzione prolungata delle rive alla sua
imboccatura; finalmente egli attribuisce agli immensi residui
terrosi, tenuti in sospensione nelle acque della Plata e che pel
rallentamento della rapidit si precipitano giornalmente lungo
le coste dell'America, la poca profondit del mare fino alle
terre magellaniche.
Prima d'entrare nella baia Francese, la Coquille, spinta da
un vento favorevole, aveva incrociate immense frotte di balene,
di delfini e di apteroditi, abitanti ordinari di queste regioni
tempestose.
Non fu senza un sentimento di piacere ben naturale che
Duperrey ed alcuni suoi compagni rividero le Maluine, questa
terra che per tre mesi aveva servito loro di rifugio dopo il
naufragio dell'Uranie. Visitarono la spiaggia su cui era stato
eretto il loro accampamento; gli avanzi della corvetta erano
quasi interamente sepolti nella sabbia, e quello che appariva
portava traccia delle mutilazioni fatte dagli avidi balenieri che
si erano succeduti in quel luogo. Si vedevano avanzi di ogni
sorta, dappertutto, cannoni dai bottoni di culatta fracassati,
frammenti di manovre, brandelli di vestimenta, pezzi di vela,
stracci informi irriconoscibili, ai quali si mischiavano le ossa
degl'animali che avevano servito al nutrimento dei naufraghi.
Questo teatro di un recente infortunio, dice la relazione,
aveva una tinta di desolazione che offuscava agli occhi l'aridit
del luogo e la condizione del cielo che era; cupo e piovoso
quando lo visitammo. Tuttavia esso aveva per noi un'attrattiva
indefinibile, e lasci nell'anima nostra un'impressione di vaga
malinconia che conservammo lungo tempo dopo la nostra
partenza dalle Maluine.
Il soggiorno di Duperrey alle Maluine si prolung fino al
17 dicembre. Vi si era installato in mezzo alle mine dello
stabilimento fondato da Bouganville, per eseguire le diverse
riparazioni che richiedeva lo stato della corvetta. La caccia e la
pesca avevano abbondantemente provveduto ai bisogni degli
equipaggi; eccetto i frutti ed i legumi, tutto si trovava in
quantit, e in mezzo all'abbondanza l'equipaggio si preparava
ad affrontare i pericoli dei mari del capo Horn.
Si dovette dapprima lottare contro i venti del sud-ovest e le
correnti fortissime; poi le raffiche e le nebbie si succedettero,
finch i navigatori ebbero raggiunto, il 19 gennaio 1823, l'isola
della Mocha, di cui abbiamo avuto occasione di parlare
brevemente.
Duperrey la mette a 38 20' 30" di latitudine sud e 76 21'
55" di longitudine ovest e le d 24 miglia di circonferenza.
Formata da una catena di montagne di mediocre altezza, che
discendono fino al mare, quest'isola fu il ritrovo de' primi
esploratori dell'oceano Pacifico. L, i cacciatori di buoi
selvatici e le navi mercantili trovavano dei cavalli e dei maiali
la cui carne era di una delicatezza proverbiale. Vi si trovava
altres un'acqua limpida e pura, nonch dei frutti europei, mele,
pesche e ciliegie, prodotti dagli alberi importati dai
conquistatori. Ma nel 1823 tutte queste risorse erano quasi
scomparse, dissipate dagli imprevidenti balenieri.
Un po' pi lungi apparvero le due mammelle che
seguono l'imboccatura da Bio-Bio, l'isolotto di Quebra-Ollas e
l'isola Quiriquina; poi si svolse la baia della Concepcion, dove
si trovava una sola baleniera inglese che stava per girare il capo
Horn, ed alla quale si consegn la corrispondenza e il risultato
dei lavori fin allora compiuti.
L'indomani dell'arrivo, appena il sole sorse a rischi arare la
baia, l'aspetto triste e desolante che, la vigilia, aveva sorpreso i
marinai, parve loro ancora pi commovente. Le case rovinate e
le vie silenziose della citt, sulla spiaggia, alcune misere
piroghe semi-sfondate, presso le quali erravano pochi pescatori
miseramente vestiti, dei casolari e delle capanne spalancate,
dinanzi alle quali delle donne cenciose si pettinavano a
vicenda, tale era il lamentevole quadro che offriva il borgo di
Talcahuano.
Per contrastare pi amaramente con la miseria degli
abitanti, la natura aveva rivestito dei suoi opulenti ornamenti le
colline ed i boschi, gli orti ed i giardini; dappertutto splendidi
fiori e dei frutti il cui profumo piccante indicava la maturit; un
sole implacabile, un cielo senza nubi, tutto ci accresceva
l'amarezza di quella scena.
Quelle ruine, quella desolazione, quella miseria erano i pi
evidenti risultati delle rivoluzioni che s'erano succedute.
A Santa Caterina i Francesi erano stati testimoni della
dichiarazione d'indipendenza del Brasile; qui assistevano alla
caduta del direttore (reggente) O' Higgins. Eludendo la
convenzione d'un congresso, sacrificando gli agricoltori ai
commercianti con l'aumento delle imposte dirette e la
diminuzione delle dogane, accusato di concussione, al pari de'
suoi ministri, O' Higgins aveva sollevato contro di s la
maggior parte della popolazione.
A capo del movimento che si preparava contro di lui era il
generale don Ramon Freire y Serrano, che diede agli
esploratori l'affidamento pi formale che gli avvenimenti non
incaglierebbero per nulla l'approvvigionamento della Coquille.
Il 26 gennaio, due corvette entravano alla Concepcion;
esse portavano un francese, il colonnello Beauchef, che veniva
ad unirsi al generale Freire con un reggimento organizzato a
sua cura, e che era pel suo assetto, la sua disciplina e la sua
istruzione uno dei pi belli dell'esercito chileno.
Il 2 febbraio gli ufficiali della Coquille si recarono a far
visita al generale Freire alla Concepcion. Pi si avvicinavano
alla citt, pi erano numerosi i campi devastati, le case arse, pi
rari gli abitanti, appena coperti di cenci. All'ingresso della
Concepcion, sovra un albero di bastimento era infissa la testa
di un famoso bandito, una vera bestia feroce, Benavidez, che
aveva commesso tutti gli orrori imaginabili e il cui nome fu per
gran tempo in esecrazione al Chili.
L'aspetto della citt era ancor pi triste. Arsa di volta in
volta dai partiti vittoriosi, la Concepcion non era pi che un
mucchio di macerie, in mezzo alle quali errava seminudo
qualche raro abitante, miserabile avanzo di una popolazione
opulenta. L'erba cresceva nelle strade; il palazzo del vescovo e
la cattedrale erano i soli edifizi rimasti ancora in piedi, ma
spalancati e sventrati, non dovevano resistere lungo tempo alle
intemperie delle stagioni.
Il generale Freire, prima di dichiararsi contro O' Higgins,
aveva imposto la pace agli Araucanesi, bravi indigeni che
avevano saputo conservare la loro indipendenza e che si
mostravano sempre pronti ad invadere il territorio spagnuolo.
Alcuni erario impegnati come ausiliari nelle truppe chilene.
Duperrey che li vide ed ebbe da loro, da parte del generale
Freire e del colonnello Beauchef, informazioni veridiche ne
traccia un ritratto poco lusinghiero, che qui si riassume:
Montati su rapidi cavalli, gli Araucanesi portano una
lunga lancia, un lungo coltello a forma di sciabola, chiamato
machete, ed il laccio che maneggiano assai abilmente. Essi
sono di statura ordinaria, di tinta color rame, hanno gli occhi
piccoli, neri e vivi, il naso un tantino schiacciato, le labbra
grosse che danno loro una espressione di ferocia bestiale; sono
divisi in trib, gelose le une delle altre; sono sfrenati amatori di
bottino, irrequieti e sempre in perpetua guerra fra loro.
Se si sono veduti talvolta ricevere sotto i loro toldos i
vinti e pigliare le loro difese dice la relazione son sempre
stati spinti a questa generosa azione da uno spirito di vendetta
particolare; gli che nel partito opposto si trovava, come
alleata, una trib che volevano sterminare. In essi l'odio
domina tutte le altre passioni, ed essa solo la garanzia pi
durevole della loro fedelt.
Sono tutti di un ardimento straordinario, ardenti,
impetuosi, spietati verso i nemici che massacrano con orribile
impassibilit. Imperiosi e vendicativi, sono di una estrema
diffidenza verso tutti quelli che non conoscono, ma ospitalieri e
generosi verso quelli che hanno preso per amici. Veementi in
tutte le loro passioni, si mostrano eccessivamente gelosi della
loro libert e dei loro diritti, sempre pronti a mantenerli con le
armi alla mano. Serbano eternamente il ricordo della minima
ingiuria, non perdonano mai ed hanno una sete inestinguibile
del sangue dei loro nemici.
Questo il ritratto che Duperrey traccia di quei selvaggi
figli delle Ande, che hanno avuto per lo meno il merito di
resistere, dal XVI secolo, a tutti gli sforzi degli invasori e di
conservare intatta la loro indipendenza.
Dopo la partenza del generale Freire e delle truppe che
conduceva seco, Duperrey trasse profitto del tempo per
provvedere all'approvvigionamento della sua nave. L'acqua ed
il biscotto furono presto imbarcati, ma bisogn maggior tempo
per il carbone di terra che si procur senza spesa con l'andare a
raccoglierlo in una miniera a fior di terra; non si dovettero
pagare che i mulattieri, i cui muli lo trasportarono alla riva del
mare.
Sebbene le circostanze in mezzo alle quali la Coquille
sostava alla Goncepcion fossero tutt'altro che allegre, la
tristezza generale non pot contro i piaceri tradizionali del
carnevale.
I pranzi, i ricevimenti ed i balli ricominciarono e non ci si
accorse della partenza dell'esercito se non per l'assenza dei
cavalieri. Gli ufficiali francesi, per riconoscere l'eccellente
accoglienza che era stata fatta loro, diedero due balli a
Tailcahuano, e parecchie famiglie della Goncepcion fecero
espressamente il viaggio per assistervi.
Per disgrazia, la relazione di Duperrey s'interrompe al
momento che sta per lasciare il Chili, e noi non abbiamo pi
documenti ufficiali per narrare ne' suoi particolari questa
interessante e fruttuosa campagna. Lungi dal poter seguire
passo passo l'originale come abbiamo fatto per gli altri
viaggiatori, siamo costretti di fare a nostra volta un riassunto
dei riassunti che abbiamo sott'occhio. Compito ingrato, poco
gradevole pel lettore, ma difficile per lo scrittore, che deve
rispettare i fatti e non pu sviare il suo racconto con
osservazioni personali ed aneddoti talvolta interessanti dei
viaggiatori.
Tuttavia, alcune lettere del navigatore al ministro della
Marina sono state pubblicate, e noi possiamo estrarne i
particolari che seguiranno.
Il 15 febbraio 1823 la Coquille parte dalla Goncepcion per
Payta, dove s'erano imbarcati, nel 1595, Alvarez de Mendana e
Fernandez de Quiros, pel viaggio di scoperte che ha illustrato i
loro nomi; ma una quindicina di giorni dopo, la calma avendo
sorpreso la corvetta nei dintorni dell'isola Laurengo, Duperrey
risolse di sostare a Callao per prendervi dei viveri freschi.
Si sa che Callao il porto di Lima. Epper gli ufficiali non
potevano dispensarsi di una visita alla capitale del Per. Ma
non furono favoriti dalle circostanze. Le signore erano ai bagni
di mare di Mirafores e gli uomini pi eminenti del paese le
avevano accompagnate. Dovettero dunque accontentarsi di
visitare le abitazioni e gli edifici pi importanti della citt, e
ritornarono a Callao il 4 marzo. Il 9 dello stesso mese la
Coquille calava l'ancora a Payta.
La posizione di questo sito, fra l'equatore terrestre e
l'equatore magnetico, permise di occuparsi di osservazioni sulla
variazione diurna dell'ago magnetico. I naturalisti vi fecero
pure alcune escursioni nel deserto di Piura; vi raccolsero
curiosissime pietrificazioni conchigliacee in un terreno
terziario affatto analogo a quello dei (dintorni di Parigi.
Appena si fu rivelato a Payta tutto ci che poteva offrire
qualche interesse per la scienza, la Coquille riprese la sua rotta
e fece vela per Taiti.
La navigazione fu interrotta da un incidente che avrebbe
potuto, se non recare la perdita totale della spedizione, per lo
meno incagliare sensibilmente i suoi progressi. Nella notte del
22 aprile, la Coquille si trovava nei paraggi dell'arcipelago
Pericoloso, quando, a un tratto, l'ufficiale di quarto intese il
rumore delle onde sugli scogli. Egli fece subito mettere in
panna, e, appena apparve il giorno, si vide a qual pericolo eran
sfuggiti.
Appena mezzo miglio separava la corvetta da un'isola
bassa, alquanto boscosa e costeggiata da rupi in tutta la sua
estensione.
Essa aveva qualche abitante, e una piroga si avvicin al
bastimento; ma il suo equipaggio non volle mai salire a bordo.
Duperrey dovette rinunciare a visitare questa terra, che
ricevette il nome di Glermont-Tonnerre. Dappertutto le onde
s'infrangevano con violenza contro le rupi, ed egli non pot che
costeggiarla da un capo all'altro a piccolissima distanza.
L'indomani ed i giorni susseguenti furono riconosciuti
alcuni isolotti di non grande importanza, ai quali si diedero i
nomi di Augier, di Freycinet e di Lostanges.
Il 3 maggio, al levar del sole, si scopersero finalmente le
spiaggie verdeggianti e le montagne boscose di Taiti. Come i
suoi predecessori, Duperrey non pot trattenersi di notare il
radicale mutamento che si era compiuto nei costumi e nelle
abitudini degli indigeni.
Nessuna piroga venne innanzi alla Coquille. Quando entr
nella baia di Matavai era l'ora della predica, e i missionari
avevano riunito l'intiera popolazione dell'isola, in numero di
settemila persone, nella chiesa principale di Papahoa, per
discutervi gli articoli di un nuovo codice di leggi. Gli oratori
taitiani non la cedevano agli altri, a quanto pare. Un gran
numero di loro possedeva l'apprezzato talento di parlare per
parecchie ore per dir nulla e sotterrare i pi bei progetti sotto i
fiori della loro eloquenza.
Ecco come d'Urville d il resoconto di una di quelle
sedute:
Il disegnatore della spedizione, signor Lejeune, assisteva
solo alla seduta dell'indomani, in cui furono sottoposte
all'assemblea popolare questioni politiche. Essa dur parecchie
ore, durante la quale i capi presero ciascuno a loro volta la
parola. Il pi splendido oratore di quella folla fu il capo Tati: la
principale questione agitata era un annuale testatico da
stabilirsi, in ragione di cinque bamb d'olio per uomo. Poi si
tratt delle imposte che dovevano essere percepite, sia per
conto del re, sia per conto dei missionari. Pi tardi sapemmo
che la prima questione era stata risoluta nel senso affermativo,
ma che la seconda, quella che concerneva i missionari, era stata
aggiornata, in previsione di una sconfitta. Circa quattromila
persone assistevano a questa specie di Congresso Nazionale.
Da due mesi Taiti aveva abbandonata la bandiera inglese
per adottarne una che fosse personale, e questa rivoluzione
pacifica non aveva per nulla alterata la fiducia che il popolo
manifestava verso i missionari. Questi accolsero perfettamente
i Francesi e fornirono loro, a prezzi ordinari, le provvigioni di
cui avevano bisogno.
Ci che vi era di particolarmente curioso nelle riforme
compiute da questi uomini, era l'assoluta trasformazione della
condotta delle donne. D'una inaudita facilit, stando a Cook, a
Bongainville e ad altri esploratori contemporanei, esse erano
diventate di una modestia, di una riservatezza, di una decenza
estrema, e tutta l'isola aveva preso un'aria di convento tanto
rallegrante quanto inverosimile.
Da Taiti, la Coquille and a visitare l'isola vicina,
Borabora, che fa parte del medesimo gruppo e che aveva del
pari adottato costumi europei.
Il 9 giugno, la corvetta, dirigendosi verso l'ovest, rilevava
volta a volta le sole Salvage, Eoa, Santa-Cruz, Bouganville e
Buka; poi gett finalmente l'ancora, il 12 agosto, nel porto
Praslin, famoso per la sua bella cascata, sulla costa della
Nuova-Irlanda.
Le relazioni amichevoli che si stabilirono con gli indigeni
permetteranno d'aggiungere altres alla storia dell'uomo alcuni
tratti singolari che i precedenti viaggiatori non ebbero
occasione di notare.
Qui noi lamentiamo che la relazione originale del viaggio
non sia stata pubblicata nella sua integrit, giacch la frase
precedente che si trova nella notizia abbreviata apparsa negli
Annali dei Viaggi, non fa che eccitare la curiosit senza
soddisfarla.
L'allievo Poret di Blosseville quegli stesso che doveva
perdersi con la Lilloise nei ghiacci polari sebbene i selvaggi
avessero fatto di tutto per dissuadervelo, fece una corsa fino al
toro villaggio. L gli mostrarono una specie di tempio dove
s'inalzavano parecchi idoli di forma bizzarra, collocati sopra
una piattaforma circondata di muri.
La carta del canale San Giorgio fu rilevata con cura; poi
Duperrey and a visitare le isole gi riconosciute da Sehuten al
nord-est della Nuova Guinea.
I giorni 26, 27, 28 agosto furono consacrati al rilievo di
quelle isole. L'esploratore cerc poi, senza trovarle, le isole
Steyhens, Di Carteret, e, paragonando la sua rotta con quella
che aveva seguito d'Entrecasteaux nel 1792, giunse a questa
conclusione, che quel gruppo non poteva essere che quello
della Provvidenza , anticamente scoperto da Dampier.
Il 3 settembre fu riconosciuto il capo settentrionale della
Nuova Guinea. Tre giorni dopo la Coquille penetrava nel porto
stretto e roccioso di Offak, sulla costa N. 0. di Waigiu, una
delle isole dei Papus. Forest era il solo navigatore che avesse
parlato di questo porto. Duperrey si mostr quindi
particolarmente soddisfatto d'esplorare questo angolo della
terra quasi vergine dei passi dell'europeo. Era in pari tempo
interessantissimo per la geografia di constatare resistenza di
una baia meridionale che separava da Offak un istmo
strettissimo.
Due ufficiali, i signori d'Urville e di Blosseville si
occuparono di questo lavoro che i signori Brard, Lottili e di
Blois della Calande collegarono a quello che Duperrey aveva
avuto occasione di fare sulla costa durante la campagna
dell'Uranie.
Questa terra apparve particolarmente ricca di produzioni
vegetali, e d'Urville pot riunirvi gli elementi di una collezione
tanto preziosa s per la novit quanto per la bellezza dei tipi.
D'Urville e Lesson, curiosi di osservare gli abitanti che
appartengono alla razza papua, si erano imbarcati, subito dopo
il loro arrivo, in un canotto armato di 7 uomini.
Avevano gi percorso un lungo spazio sotto una pioggia
diluviale, quando a un tratto si trovarono in faccia a una casa
elevata su palafitte e coperta di foglie di laudano. A poca
distanza se ne stava rannicchiato nei cespugli un giovane
selvaggio che sembrava spiarli. Un po' pi lungi un mucchio di
frutti di cocco, una dozzina circa, colti di fresco, posti bene in
vista, sembrava invitasse i viaggiatori a rinfrescarsi. I Francesi
compresero che ci era un'offerta del giovine selvaggio che
avevano scorto e fecero festa a questo dono giunto tanto a
proposito. L'indigeno, rassicurato in breve dal contegno
pacifico dei nostri compatrioti, si avanz dicendo bonqus!
(buono!) e indicando che quei cocchi erano stati offerti da lui.
La sua delicata sollecitudine fu ricompensata col dono di una
collana e di pendenti da orecchie.
Al momento in cui d'Urville raggiungeva la sua
imbarcazione vi trov una dozzina di papus che giuocavano,
mangiavano e sembravano nei migliori rapporti co' suoi
canottieri.
Mi circondarono subito ripetendo: capitan hongus! e
facendomi ogni sorta di segni d'amicizia. Questi uomini sono in
generale di bassa statura, di una complessione gracile e debole,
soggetti alla lebbra; i loro lineamenti non sono per punto
disaggradevoli; il loro carattere dolce, il loro contegno grave,
civile ed anzi improntato d'una certa melanconia abituale e ben
caratterizzata.
Fra le statue antiche di cui il Louvre tanto ricco, ve ne ha
una, la Polymnie, che celebre fra tutte per un'espressione di
meditazione malinconica che non si abituati a trovare negli
antichi. abbastanza singolare che d'Urville abbia trovato
presso i Papus, allo stato abituale, questa fisionomia cos ben
caratterizzata nella statua antica.
A bordo un'altra frotta di indigeni si era recata con calma e
riserva, contrastando in modo assai distinto con la maggior
parte degli indigeni dell'Oceania.
La medesima impressione fu risentita dai Francesi nella
loro visita al raj dell'isola e in quella ch'egli rese loro a bordo
della Coquille. In uno dei villaggi della baia del Sud si vide una
specie di tempio in cui si notarono parecchie effigi grossolane
'dipinte a diversi colori e ornate di penne e di stuoie. Fu
impossibile di procurarsi la minima informazione sul culto che
gli indigeni rendono a quegli idoli.
Il 16 settembre la Coquille spieg le vele, costeggi il lato
settentrionale delle isole comprese fra Een e Yang, fece una
breve stazione a Cayeli, e raggiunse Amboina dove
l'accoglienza particolarmente graziosa del governatore delle
Molucche, signor Merkus, sollev lo stato maggiore delle
numerose fatiche che aveva sopportate durante questa dura
campagna.
Il 27 ottobre la corvetta riprendeva la sua rotta dirigendosi
verso Timor, passando all'ovest delle isole Turtle e Lucepara.
Duperrey determin poscia la posizione dell'isola del Vulcano;
riconobbe le isole Wetter, Bab, Dog, Cambing, e inoltrandosi
nello stretto di Ombay, rilev gran numero di punti di quella
catena d'isole che da Panter e da Ombay si dirige verso Giava.
Dopo aver stesa la carta di Giava e cercatevi invano le
Trial al posto loro assegnato, Duperrey si diresse verso la
Nuova Olanda, i cui venti contrari non gli permisero di
fiancheggiare la costa occidentale. Il 10 gennaio 1824 girava
finalmente l'isola di Van-Diemen. Sei giorni dopo scorgeva i
fuochi di Port-J ackson e lasciava calar l'ancora l'indomani
dinanzi alla citt di Sydney.
Il governatore, sir Thomas Brisbane, che era stato
prevenuto dell'arrivo della spedizione, gli fece una cortese
accoglienza, aiut con tutte le sue forze il vettovagliamento,
facilit con la massima amabilit tutte le riparazioni di cui
abbisognava lo stato rovinoso della corvetta, e procur ai
signori d'Urville e Lesson i mezzi di fare un'escursione
fruttuosa al di l delle montagne Azzurre nella pianura di
Bathurst, di cui gli Europei non riconoscono ancora che troppo
imperfettamente tutte le risorse.
Solo il 22 marzo Duperrey lasci l'Australia. Questa volta
diresse il suo cammino verso la Nuova Zelanda che era stata
lasciata un po' da parte da' suoi predecessori, e si ferm nella
baia di Manawa, in fondo all'ampia Baia delle Isole.
Osservazioni di fisica e di geografia e ricerche di storia
naturale furon fatte dagli ufficiali. In pari tempo i rapporti
frequenti dell'equipaggio con gl'indigeni spandevano nuova
luce sui costumi, sulle diverse idee religiose, sulla lingua, sullo
stato di ostilit d'un popolo fino allora ribelle all'insegnamento
dei missionari. Ci che quegli indigeni avevano apprezzato
nella civilizzazione erano le armi perfezionate che
permettevano loro di pi facilmente soddisfare ai loro gusti
sanguinari, e, a quel tempo, ne possedevano gi in grande
quantit.
Il 17 aprile la Coquille abbandonava quell'ancoraggio;
risaliva verso l'Equatore fino a Rotuma, scoperta, ma non
visitata, dal capitano Wilson nel 1797. Gli abitanti dolci e
ospitalieri s'affrettarono a fornire ai navigatori tutti i viveri di
cui avevano bisogno. Ma non si stette tanto ad accorgersi che
questi indigeni, approfittando della fiducia che avevano saputo
inspirare, rubavano una quantit d'oggetti che a gran stento
furono, restituiti. Furono dati ordini severi, e i ladri, sorpresi in
flagrante delitto, furono sferzati in presenza dei loro camerati
che ridevano pi di cuore che gli sferzatoli medesimi.
Fra quei selvaggi si trovarono quattro europei che
avevano, qualche tempo prima, disertato la baleniera
Rochester. Mal vestiti come gli indigeni, tatuati e coperti di
polvere gialla com'essi, non erano riconoscibili se non per la
loro pelle pi bianca e l'aria pi svegliata. Soddisfatti della loro
sorte, si erano creati una famiglia a Rotuma, dove contavano
finire i loro giorni senza le noie, le inquietudini e le difficolt
della vita civilizzata. Uno solo di essi chiese di rimanere sulla
Coqule, il che gli fu accordato senza difficolt da Duperrey.
Ma ci non permise il capo dell'isola se non quando apprese
che due deportati di Port-J ackson chiedevano di sbarcare.
Non ostante tutto l'interesse che offriva ai naturalisti questa
popolazione poco conosciuta, bisognava partire. La Coqule
rilev prima di tutto le isole Goral e Sant'Agostino, scoperte da
Maurelle nel 1781. Poi l'isola Drummond, i cui abitanti dalla
tinta assai scura, dalle membra gracili e dalla fisionomia poco
intelligente vennero a scambiare qualche conchiglia tridacne,
volgarmente chiamata pila dell'acqua santa, contro dei coltelli e
degli ami; poi le isole Sydenham e Henderville dagli abitanti
intieramente nudi; poi Woolde, Hupper, Hall. Knox, Charlotte,
Matthews che formano l'arcipelago Gilbert, e finalmente i
gruppi dei Mulgravi e di Marshall.
Il 3 giugno Duperrey riconobbe l'isola Ualan, che era stata
scoperta nel 1804 dal capitano americano Croser. Siccome essa
non figurava sulle carte, il comandante risolse di prendere
cognizione precisa e particolareggiata.
Non appena l'ancora tocc fondo, Duperrey e alcuni suoi
ufficiali si fecero condurre a terra. Vi trovarono un popolo
dolce e benevolo, che, offrendo loro dei cocchi e dei frutti
dell'albero del pane, li condussero, attraverso i luoghi pi
pittoreschi, fino all'abitazione del loro capo principale, il loro
Uross-tn, come essi lo chiamavano.
Ecco, secondo! Dumont d'Urville, la descrizione dei luoghi
che dovettero attraversare prima d'arrivare alla presenza di
questo alto personaggio:
Noi si galleggiava pacificamente in mezzo a un ampio
bacino recinto dalle verdeggianti foreste della riva. Dietro di
noi si elevavano le alte vette dell'isola, coperte di fitti tappeti di
verdura, sopra i quali si slanciavano i fusti mobili ed eleganti
dei cocchi. Dinanzi a noi sorgeva, in mezzo ai flutti, l'isoletta di
Ledei., circondata dalle graziose capanne degli isolani e
coronata da un monticello di verdura S'aggiunga a ci una
giornata magnifica; una temperatura deliziosa, e si potr farsi
un'idea dei sentimenti che empivano le anime nostre in questa
specie di marcia trionfale in mezzo a un popolo semplice,
pacifico e generoso.
Una folla, che d'Urville stima a 800 persone, aspettava le
imbarcazioni dinanzi a un villaggio pulito e leggiadro, con le
vie selciate. Tutta questa gente, gli uomini da una parte, le
donne dall'altra, se ne stava in un silenzio veramente
imponente; due capi vennero, a prendere i viaggiatori per la
mano e li guidarono verso l'abitazione dell'Uross-tn. La folla,
sempre silenziosa, se ne stette fuori, mentre i francesi
entravano nella casa.
Apparve subito l'Uross-tn, vegliardo sparuto e sfinito,
accasciato dagli anni, che doveva averne un'ottantina. Per atto
di civilt, i Francesi si alzarono quando entr in sala, ma un
mormorio degli astanti apprese loro che avevano mancato alle
usanze.
Gettarono uno sguardo intorno ad essi. Tutti erano
prostrati con la fronte nella polvere. I capi medesimi non
avevano potuto sottrarsi a questo segno di rispetto. Il vegliardo,
per un istante interdetto dall'audacia degli stranieri, impose
per silenzio ai suoi sudditi e and a sedersi vicino a quelli.
Delle picchiatine di mano sulle guancie, sulle spalle e sulle
coscie, furono i segni d'amicizia che egli prodig pei regalucci
che furon fatti a lui e a sua moglie. Ma la riconoscenza di quei
sovrani non si tradusse che col dono di sette tots, cinque dei
quali erano di tessuto finissimo.
All'uscire da questa udienza, i Francesi visitarono il
villaggio e furono alquanto meravigliati di trovarvi due muri di.
corallo colossali, di cui alcuni massi pesavano enormemente.
Non ostante alcuni furti commessi dai capi, i dieci giorni
di sosta si passarono pacificamente, e il buon accordo che
aveva cos bene inaugurato i rapporti fra i Francesi e gli
Ualanesi, non fu un solo istante turbato.
facile convincersi, dice Duperrey, di quale importanza
pu diventare un giorno l'isola di Ualan. Posta in mezzo alle
isole Caroline sulla rotta delle navi che vanno dalla Nuova
Olanda in China, essa presenta loro a un tempo porti di
carenaggio, acqua in abbondanza e provvigioni di diversa
specie. I suoi popoli sono generosi e pacifici, e in breve
saranno in grado di offrire ai navigatori un alimento
indispensabile in mare, quello che risulter senza dubbio da
due troie gravide che abbiamo loro lasciato e che essi hanno
ricevuto con la pi viva riconoscenza.
Le riflessioni di Duperrey non sono state giustificate dagli
avvenimenti, e l'isola di Ualan, sebbene sulla rotta d'Europa per
la China, per il sud di Van-Diemen, passo di quei paraggi, non
ha maggiore importanza oggid di quella che aveva
cinquant'anni fa. Il vapore ha talmente mutate le condizioni
della navigazione, ha prodotto mutamenti tanto radicali, che i
navigatori del principio di questo secolo non potevano che far
previsioni difficili a verificarsi.
La Coquille non aveva lasciato Ualan che da due giorni,
quando scoperse, il 17, 18 e 23 giugno, nuovi isolotti i cui
nomi, Pelelap, Takai, Aura, Ugai, Mongul, le furono noti per
bocca degli indigeni. Sono i gruppi Mac-Askyll e Duperrey, i
cui abitanti somigliano agli Ualanesi, e che, come alle isole
Radak, designavano i loro capi col nome di tamons.
Il 24 dello stesso mese la Coquille si trovava in mezzo al
gruppo Hogoleu, che Kotzebue aveva cercato sotto una
latitudine troppo elevata, e di cui il comandante riconobbe il
sito da alcuni nomi (dati dagli indigeni) che si trovano iscritti
sulla carta del padre Cantova. La ricognizione idrografica di
questo gruppo, che non abbraccia meno di trenta leghe di
circonferenza, fu fatta dal signor di Blois, dal 24 al 27 giugno.
Queste isole sono per lo pi alte, con le cime vulcaniche.
Alcune altre accennano un'origine madreporica.
Quanto agli abitanti sono piccini, mal conformati, affetti
da infermit ripugnanti. Se mai il detto: mens sana in corpore
sano pu trovare la sua applicazione, proprio qui, giacch
questi indigeni non sembrano avere un'intelligenza sviluppata,
e sono molto al disotto degli Ualanesi. Le mode straniere
sembravano gi essersi impiantate in queste isole. Alcuni
indigeni portavano dei cappelli a punta alla chinese; altri erano
vestiti di stuoie intrecciate con un buco in mezzo che
permetteva di passarvi la testa; si sarebbe detto il poncho
dell'America, del Sud; ma tutti disprezzavano gli specchi, le
collane e i sonagli; chiedevano ascie e pezzi di ferro, il che
annunciava frequenti rapporti con gli Europei.
Dopo avere riconosciuto le isole Tamatan, Fanendik e
Ollap, le Martiri delle vecchie carte, dopo aver invano cercate
le isole Namurek e Ifeluk che intorno alla posizione
assegnavano Arrowsmith e Malaspina, la Coquille, il 26 luglio,
in seguito a una esplorazione del nord della Nuova Guinea, si
ferm al porto Borei, sulla costa sud-est, e vi rimase fino al 9
agosto.
Questa sosta non poteva, essere pi fruttuosa dal punto di
vista della storia naturale e della fisica. Gli indigeni di
quest'isola appartengono alla razza dei Papus la pi pura. Le
loro abitazioni sono case elevate sopra pali e vi si sale
mediante un pezzo di legno intagliato che tutte le sere si ritira
nell'interno. Questi indigeni delle coste sono, pare, sempre in
guerra con quelli dell'interno, i negri Harfus o Arfakis.
D'Urville, con la guida di un giovane Papu, pot penetrare fino
alle abitazioni di questi ultimi. Erano esseri ospitalieri, dolci e
civili, che non somigliavano punto al ritratto che i loro nemici
ne avevano fatto.
La Coquille, dopo questa stazione, travers di nuovo
1
le
Molucche, sost pochissimo tempo a Surabaya sulla costa di
Giava, e, il 30 ottobre, giunse alle isole di Francia e di
Bourbon. Finalmente, dopo una stazione a Sant'Elena, dove gli
ufficiali francesi andarono a visitare la tomba di Napoleone, e
all'Ascensione, dove una colonia inglese si era stabilita dal
1815, la corvetta entrava a Marsiglia il 24 aprile 1825 dopo
aver fatto 31 mesi e 13 giorni di campagna, e percorso 24.894
leghe senza perdita d'uomini, senza malattie e senza avarie.
Il successo tanto notevole di questa spedizione fece onore
grandissimo al suo giovane comandante e a tutti gli ufficiali
che, con uno zelo infaticabile, avevano proceduto a tutte le
osservazioni scientifiche. La messe era quindi delle pi ricche.
Cinquantadue carte e vari progetti erano stati redatti, e si
erano raccolte numerose e nuove collezioni dei tre regni della
natura. Numerosissimi vocabolari mediante i quali si sperava
ricostituire la storia delle migrazioni dei popoli oceanici,
curiose informazioni sulle produzioni dei luoghi visitati, sullo
stato del commercio e dell'industria degli abitanti, osservazioni
relative alla figura della terra, ricerche di magnetismo, di
meteorologia e di botanica, tale era il notevole bagaglio
scientifico che la Coquille riportava e la cui pubblicazione era
vivamente aspettata dagli scienziati.
II.
Spedizione del barone De Bouganville. Sosta a Pondichry. La
citt bianca e la citt nera. La mano diritta e la mano sinistra.
Malacca. Singapore e la sua recente prosperit. Soggiorno a Manilla.
La baia di Turane. Le scimmie e gli abitanti. Le rocce di marmo
di Fay-Fo. Diplomazia cocincinese. Gli Anamba. Il sultano di
Madura. Lo stretto di Madura e d'Alias. Cloates e Trials, Van-
Diemen. Bottay-Bay e la Nuova Galles del Sud. Santiago e
Valparaiso. Ritorno per il capo Horn. Spedizione di Dumont d'Urville
sull'Astrolabe. Il picco di Teyde. L'Australia. Soggiorno alla
Nuova Zelanda. Tonga. Tabu. Scaramucce. Nuova Bretagna e
Nuova Guinea. Prime notizie della sorte di La Prouse. Vanikoro e i
suoi abitanti. Fermata a Guaham. Amboina e Mauado. Risultati
della spedizione.

La spedizione il cui comando fu affidato al barone di
Bouganville non era propriamente n un viaggio scientifico, n
una campagna di scoperte. Il suo scopo principale era di
mostrare la nostra bandiera nell'estremo Oriente e di far sentire
a quei governi poco scrupolosi che la Francia intendeva
proteggere i suoi nazionali e i suoi interessi dappertutto e in
ogni tempo. Le istruzioni date a questo capitano di vascello
portavano inoltre ch'egli avesse a consegnare al sovrano della
Cocincina una lettera del re, non che dei doni che dovevano
essere imbarcati sulla fregata la Thtis.
Il signor di Boungainville doveva pure occuparsi di
ricerche idrografiche, dappertutto ove potesse, senza esporsi
per a ritardi notevoli alla sua navigazione, e raccogliere le pi
estese notizie sul commercio, sulle produzioni e sui mezzi di
scambio dei paesi in cui si fermasse.
Due bastimenti erano posti agli ordini del signor di
Bouganville. L'uno, la Thtis, era una fregata affatto nuova, che
portava 44 cannoni e 300 marinai; nessun bastimento di
questa forza, eccetto la Bondeuse, aveva ancora fatto il giro del
mondo; l'altro era la corvetta l'Esprance, con 20 grossi
cannoni e 120 uomini di equipaggio.
Il primo di questi bastimenti era sotto gli ordini diretti del
barone di Bouganville, e il suo stato maggiore si componeva di
ufficiali scelti, fra i quali si notano i nomi di Longue ville,
Lapierre e Baudin, che diventarono, l'uno capitano di vascello,
l'altro vice ammiraglio e il terzo contro ammiraglio.
L'Esprance era comandata dal capitano di fregata de Nourquer
du Camper, che, come secondo della fregata Cleopatra, aveva
gi esplorato gran parte della percorrenza della spedizione.
Essa contava fra i suoi ufficiali Turpin, futuro contro
ammiraglio, deputato e aiutante di campo di Luigi Filippo,
Eugenio Penaud, pi tardi ufficiale generale, e Mdric
Malavois, che doveva poi essere governatore del Senegal.
Non uno di questi speciali scienziati che si erano veduti
ripartiti con tanta prodigalit sul Naturaliste e su tal altro
bastimento circumnavigatore, era stato imbarcato sulle navi del
barone di Boungainville, e fu per lui, durante tutta la
campagna, un vivissimo dispiacere, tanto pi che gli ufficiali di
sanit impediti dalle cure a un numeroso equipaggio, non
potevano assentarsi per lungo tempo da bordo durante le soste.
Il giornale di viaggio del signor di Bouganville si apre con
questa giudiziosa nota:
Pochi anni fa, era un'impresa arrischiata un viaggio
intorno al mondo, ed trascorso meno di mezzo secolo dal
tempo in cui una spedizione di questa natura bastava per
spargere una certa illustrazione sull'uomo che la dirigeva Era
allora il tempo buono, l'et dell'oro del circumnavigatore, e i
pericoli e le privazioni contro cui doveva lottare erano pagate
al centuplo, quando, ricco di preziose scoperte, egli salutava al
ritorno le rive della patria Oggi non pi cos; il prestigio
scomparso; si fa ora il giro della terra come si faceva il giro
della Francia!
Che direbbe oggi dunque il barone Yves-Hyacinthe
Potentien de Bouganville, il figlio del vice ammiraglio,
senatore e membro dell'Istituto, ora che possediamo queste
ammirabili navi a vapore tanto perfezionate, e queste carte
tanto esatte che sembrano farsi giuoco delle lontane
navigazioni?
Il 2 marzo 1824, la Thtis lasciava sola la rada di Brest;
essa doveva trovare a Bourbon la sua compagna, l'Esprance
che, partita da qualche tempo, aveva fatto vela per Rio-J aneiro.
Una breve sosta a Teneriffa, dove la Thtis non pot comperare
che del vino di cattiva qualit, e pochissime provvigioni di cui
aveva bisogno, la vista in distanza delle isole del capo Verde e
del capo di Buona Speranza, la ricerca dell'isola favolosa di
Saxemborg e di qualche scoglio non meno fantastico, furono i
soli avvenimenti della traversata fino all'isola Bourbon, dove
trov l'Esprance. Bourbon era a quel tempo un punto tanto
conosciuto dai navigatori, che non c'era molto da dire quando
si era parlato delle sue due rade straniere di San Dionigi e di
San Paolo.
San Dionigi, la capitale, situata al nord di Bourbon e alla
estremit di una piattaforma inclinata, non era, a dir vero, che
una grossa borgata senza cinta, n mura, di cui ogni casa era
circondata da un giardino. Nessun monumento pubblico, tranne
il palazzo del governatore, posto in una posizione che domina
tutta la rada, il giardino botanico e il giardino d'acclimatazione,
che data dal 1817. Il primo, posto nel centro della citt,
possedeva belle passeggiate, sgraziatamente poco frequentate,
ed era mirabilmente mantenuto. L'eucalyptus, il gigante delle
foreste australi, il phormium tenax, questa canape
neozelandese, il casuarina, fiore del Madagascar, il baobab dal
tronco di prodigiosa grossezza, il carambolo, il sapetizio, la
vaniglia, facevano l'ornamento di questo giardino irrigato da
canali d'acqua corrente. Il secondo, sulla groppa d'una collina,
formato di terrazze scaglionate, sulle quali i ruscelli portavano
vita e fecondit, era consacrato all'acclimatazione degli alberi e
delle piante delle regioni europee. I pomi, i peri, i peschi, gli
albicocchi ed i ciliegi, essendo perfettamente riusciti, avevano
gi fornito alla colonia delle piante preziose. Si coltivava pure,
in questo giardino, la vite, il th ed altre essenze straniere, fra
cui Bouganville ama citare il laurea-argentea dalla foglia
brillante.
Il 9 giugno i due bastimenti lasciarono la rada di San
Dionigi. Dopo aver girato i banchi della Fortuna e di Saya di
Maina, passato al largo dei Schelles, poi fra gli attols sud delle
Maldive, isole a fior d'acqua, coperte di alberi fronzuti che
coronano i cespugli di cocchi, riconobbe l'isola di Ceylan e la
costa di Coromandel, e calarono l'ancora davanti a Pondichry.
Questa parte dell'India lungi dal rispondere all'idea
incantatrice che gli Europei hanno potuto formarsene dopo le
descrizioni ditirambiche degli scrittori che hanno celebrato le
sue meraviglie.
Il numero degli edifici e dei monumenti a Pondichry
poco notevole, e quando si son visitate le pagode ci che vi
ha di pi curioso e le caldaie, la cui utilit l'unica
raccomandazione, non si ha pi a interessarsi che alla novit
delle scene che si rinnovano a ogni passo in questa citt divisa
in due quartieri ben distinti. All'una, la citt bianca dagli edifici
eleganti, ma tristi e solitari, non si deve forse preferire l'altra, la
citt nera, co' suoi bazar, co' suoi bagattellieri, le sue pagode
massicce e le danze attraenti delle sue baiadere?
La popolazione indiana alla costa di Coromandel dice
la relazione si divide in due classi: la mano destra e la
mancina. Questa divisione trae origine dal governo di un
nabab, sotto il quale il popolo si rivolt; tutti quelli che
rimasero fedeli al principe furono distinti con la qualifica di
mano destra, e gli altri con quella di mancina. Queste due
grandi trib, che dividono quasi in eguali proporzioni tutta la
popolazione, sono costantemente in istato di ostilit per ci che
riguarda i gradi e le prerogative che gli amici del principe
avevano ottenuti. Costoro per sono rimasti in possesso degli
impieghi governativi, mentre gli altri si occupano di
commercio e di mestieri. Ma per mantenere fra loro la pace,
bisogn proibire le antiche processioni e cerimonie La mano
destra e la mancina si suddividono in diciotto caste o mestieri,
piene di pretensioni e di pregiudizi, che la frequenza degli
Europei da secoli non ha diminuite. Da ci i sentimenti di
rivalit e di disprezzo che sarebbero fomite di guerre
sanguinose, se gli Hindus non avessero orrore del sangue e se il
loro carattere non li allontanasse da ogni azione violenta.
Questa dolcezza di costumi e questo principio sempre attivo di
dissenso serve a spiegare il fenomeno politico di oltre cento
milioni d'uomini che subiscono il giogo di venticinque o
trentamila stranieri.
La Thtis e l'Esprance lasciarono il 30 luglio la rada di
Pondichry, attraversarono il golfo del Bengala, riconobbero le
isole Nicobar e Pulo-Penang, portofranco in cui si vedevano in
una volta trecento navi; poi imboccarono lo stretto di Malacca
e si fermarono in questo porto olandese, dal 24 al 26 luglio, per
riparare ad alcune avarie toccate all'Esprance, in maniera che
pot star in mare fino a Manilla.
I rapporti con gli abitanti furono tanto buoni in quanto che
furono suggellati con pranzi dati a terra e sulla Thtis in onore
dei re di Francia e dei Paesi Bassi.
Del resto, gli Olandesi si aspettavano di cedere presto
questa colonia agli Inglesi, come avvenne infatti qualche tempo
dopo. Eppure, dal punto di vista della fertilit del suolo, della
bellezza della situazione, della facilit di procurarsi gli oggetti
di prima necessit, Malacca era superiore di molto alle sue
rivali.
Bouganville lasci questa rada il 26 agosto, e fu
contrariato da venti, da calme e da uragani durante tutta la
traversata dello stretto. Erano i paraggi pi particolarmente
frequentati dai pirati malesi. Epper, sebbene la divisione fosse
in forza da non temere alcun nemico, il comandante fece
collocare delle sentinelle e prese le precauzioni necessarie per
evitare qualunque sorpresa. Non raro di vedere alcuni di
questi vascelli montati da cento uomini d'equipaggio, e pi
d'una nave mercantile era stata recentemente preda di questi
incorretti ed incorreggibili ladri di mare.
Ma la divisione non scorse nulla di sospetto e continu la
sua rotta fino a Singapore.
Era un singolare miscuglio di razze la popolazione di
questa citt. Vi si trovava l'europeo occupato nei diversi rami
di commercio; dei mercanti armeni ed arabi; chinesi coltivatori
ed esercenti diversi mestieri pei bisogni della popolazione.
Quanto ai Malesi, spostati in mezzo a questa nascente
civilizzazione in cui vivono nella domesticit, si addormentano
nella loro indolenza e nella loro miseria. Quanto agli Hindus,
scacciati e banditi dalla loro patria per delitti, non praticano che
quei mestieri non confessabili che impediscono di morir di
fame alla canaglia di tutte le grandi citt.
Nel 1819 soltanto gli Inglesi avevano acquistato dal
sultano malese di Djohorn il diritto di stabilirsi nella citt di
Singapore. La piccola borgata in cui si stabilirono non contava
allora che 150 abitanti; ma grazie a sir Stamfard Raffles, non
tard a sorgere una citt al posto delle modeste capanne degli
abitanti; con una saggia misura amministrativa era stato
soppresso ogni diritto di dogana, e ci che la nuova citt
doveva alla natura, cio un porto ampio e sicuro, era stato
abilmente completato dalla mano dell'uomo.
La guarnigione non contava che 300 soldati indiani e 30
cannonieri; le fortificazioni non esistevano ancora, ed il
materiale d'artiglieria comprendeva solamente una batteria di
20 cannoni e altrettanti pezzi di campagna di bronzo.
A dir vero, Singapore non era che un magazzino di
deposito di commercio. Da Madras gli giungevano le tele di
cotone; da Calcutta, l'oppio; da Sumatra, il pepe; da Giava,
l'arak e le droghe; da Manilla, lo zucchero e l'arak; e tutte
queste merci erano poi mandate in Europa, in China, nel Siam,
ecc.
Nessuna traccia di pubblici edifici. Non v'erano n
magazzini pubblici, n bacini di carenaggio, n cantieri di
costruzione, n caserme; ma vi si notava una chiesuola ad uso
degli indigeni convertiti.
Il 2 settembre la divisione riprese la sua rotta e raggiunse
senza incidenti il porto di Cavile. Il comandante
dell'Esprance, signor Du Camper, che un soggiorno di
parecchi anni a Lugon aveva messo in relazione coi principali
abitanti, ricevette ordine di raggiungere Manilla, dove doveva
prevenire il governatore generale delle Filippine dell'arrivo
delle fregiate, dei motivi della loro sosta, poi scandagliare le
sue disposizioni e presentire l'accoglienza che sarebbe fatta ai
Francesi. L'intervento recente di questi in Ispagna li poneva
infatti in una condizione assai delicata in faccia al governatore,
don J uan Antonio Martinez, chiamato a quel posto dal governo
delle Cortes che costoro avevano rovesciato. Le apprensioni
del comandante non si confermarono e trov presso le autorit
spagnuole, col concorso pi premuroso, la pi attiva buona
volont.
La baia di Cavile, ove i bastimenti avevano gettato
l'ancora, si ingombrava sempre pi di melma. Era tuttavia il
porto principale delle Filippine. Gli Spagnuoli vi possedevano
un arsenale molto ben munito, nel quale lavoravano degli
indiani dei dintorni, operai destri ed intelligenti, ma pigri
all'eccesso.
Mentre si procedeva alla foderatura della Thtis ed
agl'importanti lavori di cui abbisognava lo stato
dell''Esprance, i commessi e gli ufficiali sorvegliavano a
Manilla la confezione dei viveri e dei cordami. Questi ultimi,
fatti in abaca, fibre d'un banano che volgarmente s chiama
canape di Manilla, bench noti per la loro grande elasticit,
non fecero buon uso a bordo dei bastimenti.
Il tempo della sosta fu dolorosamente disturbato da
terremoti e da turbini che sono periodici a Manilla. Il 24
ottobre il terremoto fu s violento, che il governatore, le truppe
e una parte degli abitanti dovettero abbandonare all'istante la
citt. Il danno fu elevato a tre milioni di franchi; una quantit di
case croll, otto persone furono seppellite sotto le rovine e un
buon numero furono ferite.
Non appena la popolazione cominciava a rassicurarsi, uno
spaventevole uragano venne ad accrescere la pubblica calamit.
Non dur che parte della notte del 31 ottobre, e l'indomani,
quando si lev il sole, si sarebbe potuto credere di non aver
fatto che un brutto sogno, se la vista delle campagne devastate,
il deplorevole aspetto della rada con sei vascelli alla costa e gli
altri quasi intieramente abbandonati non avessero fatto
testimonianza della realt del fenomeno. Tutt'intorno alla citt
il paese era devastato, i raccolti perduti, gli alberi, anche i pi
grossi, violentemente sradicati, i villaggi distrutti. Era uno
spettacolo straziante!
La Esprance aveva il suo albero di maestra e quello di
mezzana rasi a qualche piede al disopra del ponte, le sue
impagriettature portate via.
La Thtis, pi fortunata, era uscita quasi salva da quella
spaventevole tempesta. La pigrizia degli operai, il gran numero
delle feste ch'essi osservano, decisero tosto Bouganville a
separarsi momentaneamente dalla sua compagnia, e il 12
dicembre faceva vela per la Cocincina.
Ma prima di seguire i Francesi alle sponde poco
frequentate di questo paese, conviene percorrere con essi
Manilla ed i suoi dintorni.
La baia di Manilla senza dubbio una delle pi vaste e
delle pi belle del mondo; i suoi due passi non erano ancora
difesi, e ci permise, nel 1798, a due fregate inglesi di
penetrare nel porto e di prendere parecchi bastimenti, sotto il
cannone medesimo della citt.
L'orizzonte chiuso da una barriera di montagne, che
finisce al sud col Taal, vulcano oggi quasi spento, ma le di cui
eruzioni hanno prodotto parecchie volte delle disgrazie
spaventevoli. Nella pianura, in mezzo a campi di riso, delle
casupole o delle case isolate animano il paesaggio.
Dirimpetto all'entrata della baia s'inalza la citt che conta
centosessantamila abitanti, col suo faro ed i suoi lunghi
sobborghi. bagnata dal Passig, fiume che esce dal lago di
Bay, e questa posizione eccezionale le assicura dei vantaggi
che pi di una capitale le invidierebbe.
La guarnigione, senza comprendervi la milizia, si
componeva a quel tempo di 2200 uomini di truppa. Accanto
alla marina militare, sempre rappresentata da qualche
bastimento in stazione, era ordinata una marina propria alla
colonia, che aveva ricevuto il nome di Sutil, sia in causa della
piccolezza dei bastimenti impiegati, sia in causa della loro
rapidit. Questa marina, di cui tutti i gradi sono fatti per
nomina del governatore generale, si componeva di golette e di
scialuppe cannoniere destinate a proteggere le coste e i
bastimenti mercantili contro i pirati delle isole Sulu. Non si pu
dire che questo ordinamento, che costa molto, abbia prodotto
grandi risultati. Bouganville ne d un esempio singolare: i
Suluani, avendo, nel 1828, portato via sulle coste di Lucon
3000 abitanti, una spedizione diretta contro di essi era costata
centoquarantamila piastre per uccider loro sei uomini!
Al tempo del soggiorno della Thtis e dell'Exprance
regnava alle Filippine un grande fermento, e il contraccolpo
degli avvenimenti che avevan insanguinato la metropoli si
faceva sentire dolorosamente. Nel 1820, il 20 dicembre,
massacro di bianchi per parte degli Indiani; nel 1824, rivolta di
un reggimento e assassinio di un antico governatore, il signor
De Folgueras; tali erano state le prime sommosse che avevano
scossa la dominazione spagnuola. I meticci, che formavano, coi
Tagals, la classe pi ricca e pi industriosa, e in pari tempo la
vera popolazione indigena, davano a quel tempo legittimi
timori all'autorit, giacche si sapeva ch'essi volevano liberarsi
di chiunque non fosse nato alle Filippine. Essi comandavano i
reggimenti indigeni, essi possedevano la maggior parte delle
curie; si vede ch'essi godevano d'una influenza notevole, e si
poteva domandarsi se non si era alla vigilia di una di quelle
rivoluzioni che hanno privato la Spagna delle sue pi belle
colonie.
La navigazione della Thtis fino a Macao fu contrariata da
acquazzoni, da raffiche e da freddi che furono tanto pi
sensibili in quanto che per parecchi mesi i navigatori avevano
provato una temperatura, di 27. Appena fu calata l'ancora nel
fiume Canton, molti battelli del paese vennero ad attorniare la
fregata, offrendo la vendita di legumi, pesci, aranci e una
quantit di inezie un tempo rare, oggi pi comuni, ma sempre
costose.
La citt di Macao, incassata fra aride colline, dice la
relazione, si lascia scorgere da lontano per la splendida
bianchezza dei suoi edifizi, La sua esposizione a levante e le
case che costeggiano la spiaggia, elegantemente costrutte e ben
allineate, disegnano i contorni della riva. Questo il bel
quartiere della citt, quello che abitano gli stranieri; pi in l, il
terreno si eleva bruscamente: altre facciate, quelle di parecchi
conventi che si fanno notare per la loro mole e la loro
architettura, si mostrano al secondo piano, e l'assieme
coronato dalle mura merlate dei forti sui quali sventolava la
bandiera bianca con le armi del Portogallo. All'estremit nord e
sud della citt le batterie discendono per tre piani fino al mare,
e vicino alla prima, un po' in dentro, si trova una chiesa il cui
portico e le cui decorazioni esterne sono d'un effetto
graziosissimo. Parecchie sampangs, dei giunchi e dei battelli da
pesca ancorati vicini a terra, ravvivano questo quadro, la cui
cornice parrebbe meno cupa se la vegetazione spiegasse un
tantino delle sue ricchezze sulle alture che circondano la citt.
Per la sua posizione d'intermediaria del commercio fra la
China e il mondo intiero, Macao, una delle pi importanti
colonie del Portogallo, aveva per molto tempo fruito di una
splendida prosperit.
Nel 1825 non era pi la stessa cosa, e questa citt non si
sosteneva pi che col contrabbando dell'oppio.
La sosta della Thtis a Macao non aveva altro scopo che
deporvi dei Missionari e mostrarvi la bandiera francese. Epper
Bouganville lasci questa citt l'8 gennaio 1825.
Nessun avvenimento degno di nota interess la
navigazione fino alla baia di Turane. Ma, giungendovi,
Bouganville apprese che l'agente francese, signor Ghaigneau,
aveva lasciato Hu per Saigon, con l'intenzione di noleggiare
una barca con destinazione a Singapore. Il comandante non
sapeva pi a chi dirigersi, e privato della sola persona che
potesse far riuscire i suoi progetti, ne teme risultati poco
soddisfacenti. Egli sped per subito a Hu una lettera che
esponeva l'oggetto della sua missione e nella quale domandava
di recarsi in persona, accompagnato da alcuni ufficiali, in
questa capitale. Il tempo che trascorse fino al ricevimento della
risposta fu messo a profitto dai Francesi che visitarono
minuziosamente la baia ed i suoi d'intorni, nonch le famose
roccie di marmo, oggetto di curiosit per tutti i viaggiatori.
Alcuni autori, e segnatamente Horsburgh, dicono essere la
baia di Turane una delle pi belle e delle pi ampie
dell'universo. Tale non l'opinione di Bouganville, che non ne
considera come sicura se non una piccolissima parte. Il
villaggio di Turane situato sulla riva del mare, all'entrata del
canale di Fay-Foe, sulla cui sponda destra sorge un forte
costruito dagli ingegneri francesi con ispalti, bastioni e fossati
asciutti.
I Francesi, considerati come antichi alleati, erano sempre
accolti con benevolenza e fiducia.
Cos non poteva dirsi, pare, degli Inglesi, ai quali non si
permetteva di scendere a terra, mentre i marinai della Thtis
ottennero subito il diritto di pesca e di caccia, intiera libert
d'andare e venire ed ogni facolt per aver viveri freschi.
Merc la libert che era stata loro lasciata, gli ufficiali
poterono dunque percorrere il paese e fare interessanti
osservazioni. Uno di essi, il signor de la Touanne, traccia il
seguente ritratto degli indigeni:
La loro statura piuttosto al disotto della media, e a
questo riguardo sono press'a poco come i Chinesi di Macao. La
loro pelle di un bruno giallastro, la faccia piatta e rotonda;
la fisionomia senza espressione e gli occhi languidi, non per
obliqui come quelli dei Chinesi. Hanno il naso schiacciato, la
bocca grande, le labbra rigonfie in modo alquanto sgradevole, e
per l'abitudine che hanno tutti, uomini e donne, di masticare
l'arec mescolato al btel e alla calce, sono costantemente
sporche o annerite. Le donne sono quasi alte come gli uomini,
non hanno un esteriore pi gradevole, e la ributtante indecenza
comune ai due sessi finisce di privarle di ogni attrattiva. Ci
che colpisce maggiormente la miseria di questi abitanti,
paragonata alla fertilit delle campagne, e questo evidente
contrasto svela l'egoismo e l'incuria del Governo, non meno
che l'insaziabile avidit dei mandarini.
Se le pianure producono del mais , patate dolci, manioca,
tabacco e riso il cui bell'aspetto rivela le cure loro prodigate, il
mare nutre una quantit di pesci squisiti e le foreste ricettano
gran numero di uccelli, tigri, rinoceronti, bufali ed elefanti,
nonch scimmie che dappertutto si vedono numerose.
Quest'ultime sono alte quattro piedi, hanno la faccia
colorata, il corpo grigio perla, le coscie nere e le gambe rosse.
La loro forza muscolare prodigiosa, saltano di ramo in ramo
distanze enormi. Nulla di pi curioso che vedere una dozzina di
questi animali su uno stesso albero a far le pi strane smorfie e
contorsioni.
Un giorno che mi trovavo solo sul limitare del bosco,
dice Bouganville, ne ho ferita una che venne a mostrare il suo
naso ai raggi del sole. Essa si prese la faccia con ambo le mani,
e mand gemiti tali che in un momento fu circondata da una
trentina di scimmie. Mi affrettai a ricaricare il mio fucile non
sapendo cosa dovessi aspettarmi, giacch vi sono di questi
animali che non temono di affrontare l'uomo; ma la banda
s'impadron del ferito e si cacci di nuovo nel folto del bosco.
Un'altra escursione ebbe per iscopo le roccie di marmo
della riva Fay-Foe. Vi sono col delle caverne curiosissime, In
una di queste si nota un'enorme colonna sospesa alla volta e la
cui base assolutamente staccata dal suolo. Non si vedevano
stalattiti in questa caverna, ma in fondo si udiva il rumore di
una cascata d'acqua.
Un po' pi lungi, all'aria libera, i Francesi visitarono le
ruine di un antico edificio, presso una grotta in cui trovavasi un
idolo. In un canto esisteva un condotto laterale che Bouganville
segu e che lo condusse in una immensa rotonda rischiarata
dall'alto e che terminava con una volta di 60 piedi d'elevazione
per lo meno. Si figurino delle colonne di marmo di variati
colori, alcune delle quali sembravano tagliate nel bronzo in
causa dell'intonaco verdastro che il tempo e l'umidit vi
avevano impresso; delle liane pendenti verso il suolo, le une a
fasci, le altre a cordone, come per ricevere lustro; dei gruppi di
stalattiti sospesi disopra delle nostre teste, simili a enormi
canne d'organo; degli altari, delle statue mutilate, dei mostri
orrendi tagliati nel sasso; finalmente tutta una pagoda, che non
occupava per che una piccolissima parte di quell'ampio
spazio! Si adunino ora questi oggetti in una medesima cornice,
e si rischiarino di una luce confusa, incerta, e si avr forse
qualche idea di ci che colp a un tratto i miei occhi.
Il 29 gennaio 1825 l'Esprance si univa finalmente alla
fregata: due giorni dopo giunsero due inviati della corte di Hu,
che venivano a chiedere a Bouganville la lettera di cui era
portatore. Ma siccome questi aveva ordine di non consegnarla
che all'imperatore in persona, queste esigenze condussero a dei
negoziati tanto lunghi quanto puerili.
Le forme cerimoniose di cui si circondavano gl'inviati
cocincinesi ricordarono a Bouganville l'aneddoto di
quell'inviato e di quel governatore di Giava che, facendo
pompa di gravit e di prudenza diplomatica, rimasero 24 ore in
presenza l'un dell'altro e si lasciarono senza essersi diretti la
parola. Il comandante non era uomo da dar prova di tanta
longanimit, ma non pot ottenere l'autorizzazione che egli
sollecitava, e la faccenda si termin con uno scambio di regali
che non impegnavano per nulla.
Insomma il risultato pi chiaro di tutte queste conferenze
era la certezza data dall'imperatore che vedrebbe con piacere le
navi francesi visitare i suoi porti, a condizione di uniformarsi
alle leggi dell'impero.
Dopo il 1817 i Francesi erano stati i primi, quasi, che
avessero fatto passabili affari con la Cocincina, merc la
presenza dei loro residenti alla corte di Hu, e dipendeva da
essi soltanto di conservare una situazione eccezionale, che le
antiche relazioni amichevoli col governo cocincinese aveva
loro procurato.
I due bastimenti lasciarono la baia Turane il 17 febbraio,
col proposito di visitare il gruppo delle Anambas, isole che non
erano ancor state esplorate. Il 3 marzo si ebbe cognizione di
quell'arcipelago, che si trov non somigliare in alcun modo alle
Anambas indicate sulla carta inglese del mare della China.
Boungainville fu gradevolmente sorpreso di vedere svolgersi
sott'occhio una quantit d'isole e d'isolotti che dovevano
presentare eccellenti ancoraggi durante i monsoni.
Le due navi penetrarono in mezzo a questo arcipelago, di
cui fecero i rilievi idrografici. Mentre le imbarcazioni erano
occupate in questo lavoro, s'avvicinarono due piroghe di bella
costruzione. Una di esse accost la Thtis, e un uomo d'una
cinquantina, d'anni, col petto coperto di cicatrici, con la mano
destra priva di due dita, sal a bordo. Era gi disceso sotto
coperta, quando la vista delle rastrelliere d'armi e dei cannoni
lo risolse a ritornare alla sua piroga. L'indomani due altri
canotti, montati da Malesi dalla fisionomia feroce,
s'accostarono. Costoro portavano dei banani, cocchi e ananas,
che scambiarono con del biscotto, un fazzoletto e due piccole
ascie.
Ebbero luogo alcuni altri abboccamenti con quegli isolani
armati di kriss e di picche di ferro, taglienti da due parti. Si
riconobbero in essi dei pirati forsennati.
Sebbene i Francesi non avessero esplorato che una parte di
quelle isole, le informazioni che avevano raccolto non erano
meno interessanti per la loro novit. La prima condizione che
esige una numerosa popolazione l'abbondanza dell'acqua. Ora
questa sembrava assai scarsa; di pi la terra vegetale lungi
dall'essere spessa, e le montagne non essendo separate che da
stretti burroni e non da pianure, ne deriva che la coltura quasi
impossibile. Gli alberi stessi, ad eccezione dei cocchi, non
raggiungono che un'altezza mediocre; epper la popolazione, a
dire di un indigeno, non si eleverebbe a pi di 2000 abitanti,
cifra che parve ancora esagerata a Bouganville.
La felice situazione di queste isole, sulle due rotte dei
bastimenti che fanno il commercio della China, avrebbe dovuto
designarle da tempo all'attenzione dei navigatori. Bisogna
senza dubbio attribuire alla loro mancanza di risorse
l'abbandono nel quale furono lasciate.
La poca cortesia e la poca fiducia che Bouganville trov in
quegli isolani, il caro prezzo delle derrate, poi i rovesci del
monsone dei mari della Sonda determinarono il comandante di
sospendere la ricognizione di questo arcipelago per guadagnare
al pi presto Giava, dove le sue istruzioni gli prescrivevano di
ancorare.
L'8 marzo fu segnalato per la partenza dei due bastimenti,
che riconobbero anzitutto le isole Victory, Barren, Saddle e
Carnei; poi passarono lo stretto di Gaspar, la cui traversata non
dur pi di due ore, sebbene si prolunghi spesso per parecchi
giorni quando i venti non sono favorevoli: e calarono l'ancora a
Surabaya dove appresero la morte di Luigi XVIII e l'ascensione
al trono di Carlo X.
Siccome infieriva ancora il colera, che aveva gi fatto, nel
1822, trecento vittime a Giava, Bouganville ebbe la
precauzione di tener a bordo il suo equipaggio al riparo del
sole, e proib assolutamente qualsiasi comunicazione coi
battelli carichi di frutta, il cui uso era tanto pericoloso agli
Europei, segnatamente al tempo delle pioggie in cui si entrava.
Nonostante questi ordini cos savi, la dissenteria fece numerose
vittime sulla Thtis.
La citt di Surabaya situata a una lega dall'imboccatura
del fiume, e non vi si pu giungere che risalendo questo corso
d'acqua con la fune. I suoi accessi sono animati e tutto rivela
una popolazione attiva e commerciale. Una spedizione
nell'isola Celebes avendo assorbito tutte le risorse del Governo
ed essendo vuoti i magazzini, i Francesi, dovettero ricorrere ai
negozianti chinesi, i pi sfrontati ladri che si possano trovare.
Non vi astuzia che non abbiano adoperato, non furfanteria
che non abbiano tentata. Epper la sosta a Surabaya lascia in
tutti un disaggradevole ricordo.
Al contrario, non fu la stessa cosa del ricevimento che i
Francesi ebbero d'ai notabili della colonia, e non dovettero che
lodarsi della cortesia di tutti gli addetti all'amministrazione.
Andare a Surabaya senza far visita al sultano di Madura, la
cui riputazione d'ospitalit aveva passato i mari, sarebbe stato
come andare a Parigi senza visitare Versailles e Trianon.
Dopo un riconfortante lunch preso a terra, lo stato
maggiore dei bastimenti sal in calessi a quattro cavalli. Ma le
strade erano tanto cattive, i cavalli tanto sfiniti, che si sarebbe
rimasti pi volte impantanati, se alcuni uomini di sentinella ne'
luoghi difficili non avessero energicamente spinto le ruote.
Finalmente si arriv a Bacalan, ed i calessi si fermarono nella
terza corte del palazzo, a piedi d'una gradinata, in cima alla
quale il principe ereditario ed il primo ministro aspettavano i
viaggiatori.
Il principe Adden Engrate apparteneva alla pi illustre
famiglia dell'arcipelago Indiano. Il suo costume era quello dei
capi giavanesi in assetto civile. Una larga sottana d'indiana a
fiori, che lasciava appena vedere due pantofole chinesi, un
panciotto bianco con bottoni d'oro sotto una piccola veste a
falde di panno bruno, con bottoni di diamanti, un fazzoletto in
testa che sormonta un caschetto a visiera, avrebbe dato a questo
grande personaggio l'aspetto grottesco di un'amazzone di
carnevale, se la facilit delle maniere e la dignit del contegno
non avessero corretto l'eccentricit del suo costume.
Il palazzo, o kraton, era costituito da una serie di edifici
ornati di gallerie, nelle quali a mezzo di tettoie e tende era
mantenuta una temperatura di una freschezza deliziosa.
Lampadari, mobili europei di buon gusto, belle tappezzerie,
specchi e cristalli contribuivano alla decorazione delle ampie
sale e degli appartamenti. Un corpo di abitazione senz'aperture
verso corte e prospiciente i giardini riservato alla raion
(sovrana) e alle odalische.
Il ricevimento fu dei pi cordiali, e la colazione, servita
all'europea, squisita.
La conversazione, dice Bouganville, si faceva in inglese,
e non furono risparmiati i toasts; il principe bavette alla nostra
salute con del th messo in bottiglia, che si versava a guisa del
madera. Capo della religione ne' suoi Stati, egli segue
rigorosamente i principi del Corano, non beve mai vino e passa
gran parte del tempo alla moschea; ma per buon
commensale, e la sua conversazione non risente per nulla
dell'austerit che si potrebbe supporre in una vita cos regolata.
vero che non la passa tutta in preghiere, e le scene di cui
fummo testimoni darebbero un'idea ben differente de' suoi
costumi, se la religione del Profeta non concedesse su questo
punto una grande larghezza a' suoi seguaci.
Nel pomeriggio si visitarono le rimesse che contenevano
delle bellissime vetture, alcune delle quali, costrutte nell'isola,
erano cos ben lavorate, che era assolutamente impossibile
distinguerle da quelle importate. Poi si fecero esercizi al tiro
dell'arco. Ritornando al palazzo si fu accolti al suono di una
musica malinconica, che il buffone del principe interruppe
presto co' suoi latrati e con le sue bizzarrie, dando prova di
un'agilit e flessibilit meravigliose. Alla danza, o meglio alle
pose di una baiadera, successero le emozioni del ventuno; dopo
di che, ciascuno and a cercare un riposo che si era ben
guadagnato. L'indomani, nuovi giuochi e nuovi esercizi.
Dapprima furono lotte fra uomini e fanciulli; poi combattimenti
di quaglie: finalmente alcuni esercizi eseguiti da un camello e
da un elefante. Alla colazione segu una passeggiata in calesse,
il tiro all'arco, la corsa nei sacchi, l'equilibrio del paniere, ecc.,
e tutte le giornate del sultano si passavano in tal modo.
I segni di rispetto e di devozione che si danno a quel
sovrano sono veramente meravigliosi. Nessuno sta in piedi
dinanzi a lui, e prima di parlargli bisogna prostrarsi. Lo si serve
in ginocchio: tutti, perfino il suo figlioletto di quattro anni,
congiungono le mani rivolgendosi a lui.
Bouganville approfitt del suo soggiorno a Surabaya per
recarsi a visitare alle montagne di Seugger il vulcano di Brume.
Questa escursione, nella quale percorse l'isola per un'estensione
di circa cento miglia dall'est all'ovest, fu delle pi interessanti.
Surabaya possiede curiosi monumenti, che sono per la
maggior parte opera di un antico governatore, il generale
Deemdels; essi sono: l'officina delle costruzioni, la zecca, il
solo stabilimento di questo genere a Giava. l'ospedale, la cui
situazione ben scelta e che conta quattrocento letti.
L'isola di Madura, in faccia a Surabaya, che non ha meno
di cento miglia di lunghezza su quindici o venti di larghezza,
non produce abbastanza da nutrire la sua popolazione, sebbene
questa sia sparsa. La sovranit di quest'isola si divide fra il
sultano di Bacalan e quello di Sumanap, che forniscono
annualmente seicento uomini di reclute agli Olandesi, senza
contare le leve straordinarie. Fin dal 20 aprile apparvero dei
sintomi di dissenteria. Epper, due giorni dopo, i due
bastimenti spiegarono le vele. Non ci vollero meno di sette
giorni per raggiungere lo stretto di Madura. Essi risalirono la
costa settentrionale di Lombock, e passarono per lo stretto di
Alias, fra Lombock e Sumbava.
La prima di queste isole presenta al piede delle montagne
un ridente tappeto di verdura, sparso di gruppi d'alberi dal
tronco elegante. Su questa costa non mancano buoni ancoraggi,
e si pu procurarsi facilmente l'acqua e la legna occorrenti.
Ma dall'altro lato vi sono numerose alture dall'aspetto
arido, una terra elevata, con una catena d'isole dirupate ed
inaccessibili che impediscono d'avvicinarvisi; questo
Lombock, di cui bisogna fuggire i fondi di corallo e le correnti
ingannatrici.
Due soste ai villaggi di Baly e di Peeyow per procurarsi
viveri freschi, permisero agli ufficiali di procedere ai rilievi
idrografici di. questa parte della costa di Lombock.
Uscendo dallo stretto, Bouganville cerc l'isola Cloates,
senza trovarla, il che facile spiegarsi, poich numerose navi,
da ottant'anni, erano passate sulla posizione segnata dalle carte.
Quanto alla Trials, queste roccie, viste nel 1777 dal
Fredensberg-Castle, non sarebbero, stando al capitano King,
che le isole Montebello, che corrispondono perfettamente alla
descrizione dei Danesi.
Bouganville aveva istruzione di riconoscere i dintorni del
fiume dei Cigni, dove il governo francse sperava trovare un
luogo conveniente per deportarvi i disgraziati ammucchiati ne'
suoi bagni.
Ma l'Inghilterra aveva allora inalberata la sua bandiera
sulle terre di Nuyts e di Leuwin, nel porto del Rio-Giorgio,
nella baia del Geografo, nel piccolo porto Lesichenaut e sul
fiume dei Cigni. Questa ricognizione non aveva dunque pi
scopo. In ogni caso, era impossibile procedervi in causa dei
ritardi che aveva subito la spedizione, la quale, invece di
arrivare in quei paraggi nel mese di aprile, vi giungeva solo alla
met di maggio, vale a dire nel cuore dell'inverno in quella
contrada. Infatti, quella costa non offre alcun riparo; appena il
vento soffia, l'onda enorme, e il ricordo delle prove sofferte
dal Geografo, nella stessa stagione, era ancor vivo nella mente
dei Francesi.
Il cattivo tempo accompagn la Thtis e l'Esprance fino a
Hofoart-Town, la pi notevole delle colonie inglesi sulla terra
di Van-Diemen. Non ostante il vivo desiderio che aveva il
comandante di fermarsi in questo luogo, dovette fuggire
dinanzi alla tempesta e risalire a Port-J ackson.
Un bellissimo faro ne indicava l'entrata; era una torre di
granito di 76 piedi inglesi di altezza, la cui lanterna illuminata a
gas poteva scorgersi col bel tempo a otto o nove leghe di
distanza.
Il governatore, sir Thomas Brisbane, fece cordiale
accoglienza alla spedizione, e prese subito le necessarie misure
per la fornitura dei viveri. Essa si fece per aggiudicazione al
ribasso, e la massima buona fede presiedette all'esecuzione del
mercato.
La corvetta dovette essere arenata perch si potesse
ristabilirne la foderatura; ma questa operazione, al pari di
quelle meno importanti, che furono fatte alla Thtis, non
richiesero che poco tempo.
Del resto, questa sosta fu messa a profitto da tutto lo stato
maggiore a cui interessavano profondamente i progressi
meravigliosi di quella colonia penitenziaria. Mentre
Bouganville divorava tutte le opere sino a quel giorno apparse
sulla Nuova Galles del Sud, gli ufficiali percorrevano la citt e
si fermavano meravigliati all'aspetto degli innumerevoli edifici
costruiti dal governatore Macquarie: caserme, ospedale
generale, mercato, ospizi di orfanelle, di vecchi e d'infermi,
prigioni, forti, chiese, palazzo del governo, fontane, porte della
citt e finalmente le scuderie del governo, che si piglieranno
sempre, a prima vista, pel palazzo medesimo.
Ma vi erano delle ombre nel quadro: le strade larghe e ben
allineate non erano n selciate n illuminate; erano anzi cos
poco sicure di notte, che parecchie persone vi furono
assassinate e svaligiate nel bel mezzo di Georges-Street, la pi
frequentata di Sydney. Se le vie della citt erano poco sicure, i
dintorni lo erano ancor meno. Deportati, vagabondi
percorrevano la campagna a bande e si erano resi temibili al
punto che il Governo aveva allora ordinato una compagnia di
cinquanta dragoni all'unico scopo di perseguitarli.
Gli ufficiali francesi fecero tuttavia parecchie interessanti
escursioni a Parramatta, sulle sponde del Nepeau, fiume
alquanto incassato, dove visitarono il dominio di Regent-Ville;
poi alle pianure d'Em stabilimento agricolo del Governo,
una specie di fattoria-modello; finalmente assistettero al teatro
ad una grande rappresentazione che fu data in loro onore.
noto il piacere che hanno tutti i marinai di montare a
cavallo. In tal modo i Francesi percorsero le pianure d'Em. I
nobili animali, importati dall'Inghilterra, non avevano
degenerato alla Nuova-Galles; erano sempre vivaci, come pot
accorgersene un giovane ufficiale. Questi, rivolgendosi al
cicerone, signor Cox, gli diceva in inglese: Mi piace assai
questo esercizio dell'equitazione, quando fu lanciato di botto
dal disopra del cavallo e si trov sull'erba, prima d'aver potuto
rendersi conto di ci che era accaduto. Si rise tanto pi in
quanto che l'abile cavaliere non si era fatto alcun male.
Al di l delle coltivazioni del signor Cox si stende la
foresta aperta, come dicono gl'Inglesi, che si pu percorrere
a cavallo, dove nulla impaccia il cammino, foresta di eucalipti
e di acacie di diverse specie e di casuarinas dal cupo fogliame.
L'indomani si fece una passeggiata sul fiume Nepeau,
affluente dell'Hawkesbury. Questa corsa fu fruttuosa per la
storia naturale. Bouganville ne arricch la sua collezione di
anitre, di gallinelle, di una bellissima specie di martin-
pescatori, king's fisher, di cacatoes. Nel bosco si udiva il
grido spiacevole del fagiano-lira e di altri due uccelli che
imitano al punto da ingannarsi il tintinno d'una campanella e il
rumore stridente della sega.
Questi non sono i solo uccelli rimarchevoli per la
singolarit del loro canto, bisogna citare altres il fischiatore,
l'arrotino, il motteggiatore, il cocchiere che imita lo schioccare
della frusta e il laughing-jackass, dai continui scoppi di riso
che finiscono per dare singolarmente ai nervi.
Il signor J ohn Cox fece pure dono al comandante di due
talpe acquatiche, diversamente dette ornitorinchi. I costumi di
questi curiosi animali anfibi erano ancora poco conosciuti dai
naturalisti europei e molti musei non ne avevano un solo
esemplare.
Un'escursione fu fatta alle montagne Azzurre ove si visit
la famosa Spianata del Re, King's tableland, donde si gode
d'una magnifica vista. A grande stento si arriva su di un
poggio, e d'un tratto un abisso di mille e seicento piedi di
profondit s'apre sotto i piedi; un immenso tappeto verde che
si svolge sopra l'estensione di venti miglia; a destra ed a
mancina sonvi i fianchi lacerati della montagna, violentemente
scostati da qualche terremoto; pi vicino scorre rumoroso un
torrente che si precipita a cascate in fondo alla valle; la
cateratta conosciuta col nome di Aspley's water-fall. Poi una
caccia al kanguroo nei Cow-Pastures col signor Mac-Arthur,
uno degli uomini che avevano operato di pi per la prosperit
della Nuova-Galles.
Bouganville trasse ancora profitto del suo soggiorno a
Sydney per porre la prima pietra di un monumento alla
memoria di La Prouse, e questo cenotano fu inalzato nella
baia Botanica, al posto medesimo in cui il navigatore aveva
stabilito il suo campo.
Il 21 settembre la Thtis e l'Esprance spiegarono
finalmente le vele. Passarono al largo di Piteairn, dell'isola di
Pasqua, e di J uan Fernandez, diventato luogo di deportazione
pei delinquenti del Chili dopo essere stata occupata per mezzo
secolo dagli Spagnuoli che vi coltivavano la vite.
Il 23 novembre la Thtis, che durante una fitta nebbia si
era separata dall'Esprance, ancorava a Valparaiso dove
trovava la divisione dell'ammiraglio di Rosamel.
Nella rada regnava grande ammirazione; si preparava una
spedizione contro l'isola Chiloe che apparteneva ancora alla
Spagna, col direttore supremo, il generale Ramon Freire y
Serrano, di cui si gi parlato.
Bouganville, al pari del viaggiatore russo Ltk,
d'opinione che la posizione di Valparaiso non giustifica il suo
nome. Le strade sono sudicie, strette e talmente ripide che
diventa assai faticoso percorrerle. La sola parte gradevole il
sobborgo dell'Almendral, che addossato a giardini ed a orti, lo
sarebbe ancor pi senza i turbini di sabbia che solleva il vento
quasi tutto l'anno. Nel 1811 Valparaiso non contava che quattro
o cinquemila anime; questa popolazione era gi triplicata nel
1825 n tale marcia ascendente era vicina ad arrestarsi.
Al momento della sosta della Thtis si trovava pure a
Valparaiso la fregata inglese La Bionda, comandata da lord
Byron, nipote dell'esploratore, di cui abbiamo narrato le
scoperte. Per una coincidenza per lo meno singolare, egli aveva
allora inalzata nell'isola Havai un monumento alla memoria di
Cook, quando Bouganville, il figlio del circumnavigatore,
incontrato da Byron nello stretto di Magellano, poneva alla
Nuova Galles del Sud la prima pietra del monumento alla
memoria di La Prouse.
Bouganville approfitt del lungo spazio di tempo che
necessit il vettovagliamento della sua divisione per fare
un'escursione fino a Santiago, capitale del Chili, a trentatr
leghe nell'interno.
I dintorni di quella citt sono di una nudit scoraggiante,
senza abitazioni n coltura. Non si avvertiti
dell'approssimarsi della citt che dalla vista dei suoi campanili,
e si crede di essere ancora nei sobborghi quando si nel centro
di Santiago. Non per che i monumenti facciano difetto; si
pu citare la Zecca, l'Universit, l'Arcivescovado, la cattedrale,
la chiesa dei Gesuiti, il palazzo e la sala degli Spettacoli,
quest'ultima cos male illuminata che non si pu distinguervi la
faccia degli spettatori, La Canada aveva sostituito l'Alameda,
passeggiata in cui la popolazione si riuniva la sera sulle sponde
del rio Mapoche. Poi, esaurite le curiosit della citt, si and a
quelle dei dintorni e a visitare il salto de agua, cascata di 200
tese d'altezza, alla quale assai diffcile accedere, e il Gerito de
Santa Lucia, sul quale trovasi un fortino, sola difesa della citt.
La stagione avanzava, e importava affrettarsi, se non si
voleva perdere il tempo pi favorevole pel passaggio del capo
Horn. Epper l'8 gennaio 1826 ripigliavano il mare. Girarono il
capo senza avariare; non poterono, in causa delle nebbie e dei
venti contrari, approdare alle Mainine, e il 28 marzo calarono
l'ancora nella rada di Rio J aneiro.
Le circostanze di questa fermata furono abbastanza felici
da permettere ai Francesi di prendere un'idea dell' assieme della
citt e della Corte.
L'imperatore dice Bouganville era in viaggio al
tempo del nostro arrivo, ed al suo ritorno si fecero feste e
ricevimenti che misero la popolazione in movimento, facendo
tregua per un tempo all'uniformit della vita che si trae in
questa citt, la pi triste e la pi noiosa dell'universo per gli
stranieri. I dintorni sono per graziosi, la natura vi ha prodigate
le sue ricchezze, e il suo immenso porto, ritrovo delle nazioni
commerciali dell'Atlantico, presenta un quadro dei pi animati:
un innumerevole concorso di navi che entrano ed escono,
d'imbarcazioni che s'incrociano; un chiasso da non si dire,
cannonate tirate dai forti, e i bastimenti da guerra che rendono i
saluti, celebrando un anniversario o la festa di qualche santo;
insomma uno scambio continuo di cortesie per gli ufficiali
delle marine straniere che si visitano a vicenda, e gli agenti
diplomatici di quelle potenze presso la Corte di Rio.
L'11 aprile la divisione ripigliava il mare e ritornava a
Biest il 24 giugno 1826, senza aver fatto scalo dalla sua
partenza da Rio-J aneiro.
Se Bouganville non aveva fatto alcuna scoperta in questo
viaggio, bene ricordare che le sue istruzioni erano formali a
questo riguardo; egli non doveva che mostrare la bandiera
francese nelle localit in cui si faceva vedere raramente.
Si devono per a questo ufficiale generale
interessantissimi particolari, talvolta nuovi, sui paesi che egli
visit. Alcuni rilievi eseguiti da questa divisione dovevano
render servizio ai navigatori, e bisogna confessare che la parte
idrografica, la sola delle scienze che il difetto di scienziati
speciali a bordo de' suoi bastimenti gli permettesse di studiare,
accurata e composta di osservazioni tanto numerose quanto
esatte. Non si pu che unirsi al comandante della Thtis quando
lamenta nella sua prefazione che il Governo e l'Accademia
delle Scienze non abbiano stimato opportuno di utilizzare
quell'ornamento per raccogliere alcuni nuovi documenti che
sarebbero venuti ad aumentare le serie gi tanto ricche dei
predecessori del barone di Bouganville.
La spedizione di cui doveva essere incaricato il capitano
Dumont d'Urville non era nell'idea del ministro che un mezzo
d'aumentare e completare la mole considerevole dei documenti
scientifici raccolti dal capitano Duperrey nella sua campagna
dal 1822 al 1824.
Nessun ufficiale offriva tanti titoli come Dumont d'Urville,
poich era stato il secondo di Duperrey, e del resto fu lui che
concep il progetto e aveva dati tutti i particolari di questa
nuova esplorazione. Le parti dell'Oceania che si proponeva di
riconoscere, perch gli sembrava richiedessero pi
imperiosamente l'attenzione del geografo e del viaggiatore,
erano la Nuova Zelanda, l'Arcipelago Viti, le Loyalty, la Nuova
Bretagna e la Nuova Guinea.
Si vedr, seguendo passo passo il viaggiatore, ci che gli
fu possibile d'eseguire.
Un interesse di un'altra specie doveva collegarsi a questa
spedizione, ma giova qui lasciar parlare l'istruzione che fu
consegnata al navigatore:
Un capitano americano ha detto di aver visto nelle mani
degli indigeni di un'isola situata fra la Nuova Caledonia e la
Luisiade, una croce di San Luigi e delle medaglie che gli parve
pervenissero dal naufragio del celebre navigatore (La Prouse),
la cui perdita causa di giusti lamenti. Senza dubbio non
questo che un debole motivo per sperare che delle vittime di
questo disastro esistano ancora; tuttavia, signore, voi darete a
Sua Maest una vivissima soddisfazione se, dopo tanti anni di
miseria e d'esilio, qualcuno degli infelici naufragati fosse reso,
a mezzo vostro, alla patria!.
Lo scopo che doveva sforzarsi di raggiungere la spedizione
era dunque multiplo, e per un caso singolarissimo essa ottenne
quasi tutti i risultati che se ne aspettavano.
Dumont d'Urville ricevette, nel mese di dicembre 1825, la
sua lettera di comandante, e fu autorizzato a scegliere tutte le
persone che l'accompagnerebbero. Egli prese come secondo il
luogotenente J acquinot e come collaboratori scientifici Quoy e
Gaimard, che avevano fatto la campagna dell' Uranie, nonch
il medico Primevre Lesson.
Il bastimento scelto fu la Coquille, della quale d'Urville
aveva potuto apprezzare le eccellenti qualit; se non che, in
memoria di La Prouse, le diede il nome di Astrolabe, e
v'imbarc un equipaggio di 80 uomini. L'ancora fu levata il 25
aprile 1826 e in breve si perdettero di vista le montagne di
Tolone e le coste della Francia.
Dopo una fermata a Gibilterra, l'Astrolabe ancor a
Teneriffa per prendervi dei viveri freddi prima di attraversare
l'Atlantico. Il comandante mise a profitto questa fermata per
salire il picco di Teide. D'Urville, coi signori Luoy, Gaimard e
parecchi ufficiali, segu dapprima un cammino abbastanza
cattivo attraverso campagne coperte di scorie.
Ma, mano mano che si avvicinava alla Laguna, la scena si
abbell. Questa citt abbastanza grande contiene una
popolazione poco notevole, indolente e miserabile.
Da Matanza fino a Orotava la vegetazione magnifica, e
la vite, coi suoi pampini verdeggianti, aggiunge ricchezza al
quadro.
Orotava una piccola citt marittima, il cui porto non offre
che un cattivo riparo; ben costrutta e beh tagliata, sarebbe
gradevole se non vi fossero quei ripidi pendii che vi rendono
quasi impossibile la circolazione.
Dopo tre quarti d'ora d'ascensione in mezzo a campagne
ben coltivate si raggiunge la regione dei castagneti. Al di l
cominciano le nubi, e il viaggiatore non si inoltra di pi che
bagnato di una nebbia umida ed eccessivamente
disaggradevole. Pi lungi vi ha la regione delle lande, al di l
delle quali l'atmosfera si rischiara, le piante spariscono e il
suolo diventa pi magro e pi sterile. Vi si trovano allora delle
lave decomposte, scorie e pietra pomice in quantit, mentre al
di sopra si stende l'immenso mare delle nubi.
Il picco, fin qui coperto dalle nubi e dalle alte montagne
che lo circondavano, finalmente si stacca. Il pendo non pi
ripido, e si penetra in quelle immense pianure di una tristezza
eccessiva che gli Spagnuoli chiamano canadas, in causa della
loro umidit. A far colazione conviene fermarsi alla Grotta del
Pino, prima di valicare gli immensi massi di basalto, che,
disposti circolarmente, formano la cinta del cratere, oggi pieno
delle ceneri del Picco.
Bisogna allora salire il Picco medesimo, a un terzo del
quale si trova una specie di spianata chiamata Estancia de los
Ingleses.
L i viaggiatori passarono la notte, non tanto bene per
come nelle loro cucce, ma senza soffrire troppo violentemente
il malessere e il soffocamento che avevano provato tanti altri
esploratori. Le pulci diedero loro ripetuti assalti che
impedirono al comandante di chiuder occhio.
Alle quattro del mattino fu ripresa la marcia e si raggiunse
in breve una nuova spianata che porta il nome di Alta Vista.
Pi in l scompare ogni sentiero e bisogna arrampicarsi
penosamente sulla nuda lava sino al Pane Zuccaro, scavalcando
a ogni istante dei mucchi di neve, che la loro posizione riparata
dal sole impedisce di sciogliersi. Il Piton alquanto ripido, e la
sua ascensione resa ancor pi diffcile per le pietre pomici
che, scivolando sotto il piede, impediscono d'avanzarsi.
Alle 6,30 dice Dumont d'Urville giungemmo alla
cima del Pan di Zuccaro. evidentemente un cratere
semiotturato, a pareti poco fitte e incavate, la cui profondit
da 60 a 80 piedi al massimo e sparso sulla sua superficie di
frammenti ossidi o di pomice e massi di lava. Dagli orli esalano
vapori solforosi e formano, per cos dire, una corona di fumo,
mentre il fondo affatto raffreddato. Alla cima del Piton il
termometro segnava 11; ma io suppongo che risentiva ancora
dell' esposizione alla fumarola, giacch giunto al fondo del
cratere, da 19 che era al sole, discese in poco tempo a 95
all'ombra.
La discesa ebbe luogo senza accidenti da una strada
diversa che permise ai viaggiatori di esplorare la Cueva de la
Nieve e di visitare la foresta di Agua-Garcia, che attraversa un
limpido ruscello, e dove d'Urville fece un'abbondante raccolta
di vegetali.
A Santa-Cruz il comandante pot vedere nel gabinetto del
maggiore Megliorini, in mezzo alle armi, alle conchiglie, agli
animali, pesci e disparati oggetti, una mummia completa di
Guanche che gli si disse essere di donna. Avvolta in pelli
cucite, sembrava avere avuto 5 piedi e 4 pollici d'altezza; le
mani erano grandi e i lineamenti del volto pareva fossero stati
abbastanza regolari.
Le grotte sepolcrali dei Guanches contenevano pure vasi di
terra e di legno, sigilli triangolari di terracotta, e una quantit di
piccoli dischi della stessa materia, i quali, infilati come i rosari,
servivano forse a quella razza scomparsa agli usi medesimi dei
Guipos dei Peruviani.
Il 21 giugno l'Astrolabe rimise a vela e si ferm a La
Prava, o isole del Capo Verde, ove d'Urville contava trovare il
capitano inglese King, che gli avrebbe dato preziose
informazioni per la navigazione delle coste della Nuova.
Guinea. Ma questi aveva lasciato La Prava da 36 ore, epper
l'indomani mattina, 30 giugno, 1'Astrolabe riprese la sua rotta.
La roccia di Martin-Vaz e l'isola della Trinit furono scorte
l'ultimo di luglio. Quest'ultima sembrava assolutamente sterile;
non vi si vede che una magra verdura e alcuni gruppi di boschi
intristiti che formano macchie in mezzo alle rupi.
D' Urville avrebbe vivamente desiderato fare alcune
ricerche di botanica su quest'isola deserta, ma il risucchio era
tanto violento che stim fuori proposito di arrischiarvi
un'imbarcazione.
Il 4 agosto l'Astrolabe percorse la posizione di Saxemburg,
isola che bisogna definitivamente cancellare dalle carte
francesi, come avevano gi fatto gl' Inglesi; poi, in causa di una
serie di venti che affaticarono alquanto la nave, si pass in
prossimit delle isole San Palo ed Amsterdam, e il 7 ottobre il
bastimento ancor nel porto del Re Giorgio alla costa
d'Australia.
Sebbene l'andata fosse stata violentissima e il tempo quasi
costantemente cattivo durante i centootto giorni che l'Astrolabe
trova vasi in mare, d'Urville non tralasci di procedere alle sue
abituali ricerche sugli effetti del rullo, sull'altezza delle onde,
che stim giungere, da ottanta a cento piedi, al banco delle
Aiguilles, non che sulla temperatura del mare a diverse
profondit.
Il capitano J acquinot, avendo scoperto, sulla riva dello
stretto della Principessa, un'acqua potabile fresca e
limpidissima, e non lungi di l un luogo propizio all' impianto
dell'osservatorio, i velieri vennero subito ad inalzarvi le tende,
mentre parecchi ufficiali facevano l'intero giro della baia della
Principessa e parecchi altri entravano in relazione con alcuni
aborigeni.
Uno di questi acconsent di salire a bordo. Si dur molta
fatica ad ottenere che lasciasse da parte un tizzone di banksia,
che gli serviva a mantenersi il fuoco per scaldarsi il ventre e
tutta la parte anteriore del corpo. Del resto, egli pass a bordo
due giorni tranquillamente, bevendo e mangiando dinanzi al
fuoco della cucina. I suoi compatrioti, che erano rimasti a terra
per tutto quel tempo, diedero prove di disposizioni pacifiche, e
condussero ben anche al campo tre dei loro figliuoli.
Durante questa sosta si present una imbarcazione montata
da otto inglesi. Essi chiesero di essere, presi a bordo come
passeggeri. Narrarono una storia d'abbandono poco verosimile
che suscit nel comandante il sospetto ch'essi fossero deportati
fuggiti, e il sospetto divenne certezza alle smorfie che fecero
quando intesero proporsi di essere ricondotti a Port-J ackson.
L'indomani per uno di essi si arruol come marinaio, due altri
rimasero come passeggeri; quanto agli altri cinque, risolsero di
starsene su quelle spiagge e continuare l'esistenza miserabile
che traevano in mezzo ai selvaggi.
Intanto le operazioni idrografiche ed astronomiche
proseguivano, mentre a terra i cacciatori e i naturalisti
cercavano di procurarsi degli esemplari di nuove specie.
Questa sosta, che si prolung fino al 24 ottobre, permise
all'equipaggio di rimettersi dalla penosa traversata che aveva
dovuto sopportare, di procedere alle riparazioni necessarie, di
procurarsi acqua e legna, di redigere il piano dei dintorni tutti e
di raccogliere importanti collezioni di piante e di zoologia.
Stando alle osservazioni d'ogni genere che aveva fatto,
d'Urville si stupiva che gl'Inglesi non si fossero per anco
stabiliti al porto del Re Giorgio, ammirabilmente situato. tanto
per le navi che si recano direttamente dall'Europa alla Nuova
Galles, che per quelle che vanno dal Capo alla Cina o alle isole
della Sonda.
L'esplorazione di questa costa fu continuata fino a Port-
Western, sosta che d'Urville prefer al porto Dalrympe, la cui
entrata e l'uscita erano difficili e spesso pericolose. D'altronde
Port-Western non era ancora conosciuto se non per i rapporti di
Baudin e di Flinders. Vi sarebbe dunque maggior profitto ad
esplorare questa terra poco frequentata.
I lavori ch'erano stati compiuti al porto Re Giorgio furono
parimente fatti a Port-Western, e trassero il comandante a
questa conclusione:
Port-Western offre un ancoraggio cos facile a prendersi
che a lasciarsi; la posizione eccellente, la legna abbondante e
facile a raccogliersi. In una parola, appena si sar scoperta
un'acqua comoda (e probabilmente la si trover), sar un punto
di sosta importantissimo in uno stretto come quello di Bass, in
cui i venti spesso soffiano con furore da una medesima parte
per pi giorni di seguito e dove le correnti possono rendere
difficile la navigazione in questa specie di circostanze.
Dal 19 novembre al 2 dicembre l'Astrolabe continu a
fiancheggiare la costa senz'altra fermata che alla baia J ervis,
dove si trovarono magnifiche foreste d'eucalipti.
L'accoglienza fatta ai Francesi a Port-J ackson dal
governatore Darling e dalle autorit della colonia non poteva
essere pi cordiale, sebbene le relazioni che d'Urville aveva
fatto su diversi punti della Nuova Olanda avessero assai
impacciato le autorit inglesi.
Da tre anni la citt si era singolarmente accresciuta e
abbellita; quantunque la popolazione della colonia non fosse
stimata che a cinquantamila anime, pure gl'Inglesi andavano
sempre erigendo nuovi stabilimenti.
Il comandante approfitt della sua sosta a Sydney per
spedire i suoi dispacci in Francia, non che parecchie casse di
esemplari di storia naturale. Poi, appena ebbe imbarcato i
viveri e si fu procurato tutte le cose che gli erano necessarie,
spieg le vele..
Fermarsi con Dumont d'Urville alla Nuova Galles sarebbe
inutile. Egli consacra un intero volume della sua relazione alla
storia e allo stato di questa colonia nel 1828, e noi ne abbiamo
gi parlato minuziosamente. Meglio lasciare con lui Sydney il
19 dicembre, e seguirlo alla, baia Tasman, attraverso le calme, i
venti, le correnti e le tempeste, che non gli permisero di
arrivare alla Nuova Zelanda che il 14 gennaio 1827.
Nessuna spedizione aveva per anco fatto conoscere la baia
Tasman, che Cook soltanto aveva veduto durante il suo
secondo viaggio.
Alcune piroghe, portanti una ventina d'indigeni, la met
dei quali sembravano capi, accostarono il bastimento. Essi
furono abbastanza fidenti per salire a bordo; alcuni, anzi, vi
restarono parecchi giorni. Altri ancora ne giunsero, i quali si
stabilirono nelle vicinanze, e cominciarono gli scambi.
Parecchi ufficiali si arrampicarono sulle altura che dominano la
baia in mezzo alle fitte foreste.
Non vi sono uccelli dice d'Urville n insetti e
neppur rettili; questa assenza totale di ogni essere animato,
questo silenzio assoluto ha qualche cosa di solenne e di
lugubre.
Tale la penosa impressione che produssero quei tristi
deserti. Dall'alto di quei poggi, il comandante aveva scorto una
nuova baia, la baia dell'Ammiragliato, che comunica per mezzo
di un canale con quello in cui l'Astrolabe era ancorato. Volle
esplorarla, perch dall'alito gli era sembrata ancor pi sicura
della baia Tasman. Ma a pi ripresa le correnti lo misero a un
filo di perdersi. Se la nave fosse stata gettata su questa costa
rocciosa l'equipaggio sarebbe tutto quanto perito e non sarebbe
rimasta traccia del naufragio. Finalmente, dopo parecchi
tentativi infruttuosi, d'Urville pervenne a valicare quel passo,
perdendo solo dei frammenti della controchiglia della nave.
Per consacrare dice la relazione il ricordo del
passaggio dell'Astrolabe, lasciai a quel pericoloso stretto il
nome di passo dei Francesi; ma, tranne un caso urgente, non
consiglierei a nessuno di tentarlo. Noi contemplammo allora
con tutta comodit il bel bacino in cui ci trovavamo. Esso
merita certamente tutti gli elogi che ne ha fatti Cook, ed io
raccomanderei sopratutto un bel piccolo porto, a qualche
miglio al sud del luogo in cui ancor questo capitano La
nostra navigazione pel passo dei Francesi aveva stabilito
definitivamente l'esistenza come isola di tutta la parte di terra
che termina al capo Stephens di Cook. Essa si trova divisa da
Tavai-Punamu dal bacino delle Correnti. Il confronto della
nostra carta con quella che fece Cook per lo stretto, mostrer
quanto i suoi lavori lascino a desiderare.
L'Astrolabe fu in breve nello stretto di Cook, pass davanti
la baia della Regina Carlotta e gir il capo Palliser, formato di
montagne addossate le une alle altre.
D' Urville, con profonda sorpresa, riconobbe che molte
inesattezze si erano introdotte nei lavori del.grande navigatore
inglese, e, nella parte idrografica del suo viaggio, egli discute
certi punti per i quali ha trovato degli errori da quindici a venti
minuti.
L'intenzione del comandante era allora di riconoscere la
costa orientale di Ika-Na-Mawi , l'isola nord sulla quale si
trovano dei maiali e non dei punamu con cui gli Zelandesi
fanno i loro strumenti pi preziosi, mentre sull'isola
meridionale si trovano punamu e non maiali.
Due indigeni, che avevano voluto assolutamente rimanere
a bordo, erano diventati tristi e malinconici vedendo
scomparire all'orizzonte le coste del distretto da loro abitato.
Essi lamentavano ora, ma troppo tardi, l'audacia che li aveva
spinti a viaggiare. La parola audacia non veramente troppo
forte, giacch a pi riprese domandarono ai Francesi se non li
mangiavano, e i buoni trattamenti non li rassicurarono che in
capo ad alcuni giorni.
D'Urville continu a risalire la costa. I capi Turnagain o
Kidnappers di Cook furono girati, e si riconobbe l'isola sterile
col suo ipah.
Nella baia di Tolaga di Cook, alcuni indigeni portarono
alla corvetta dei maiali e delle patate che scambiarono contro
oggetti di poco valore. Si erano presentate altre piroghe, e i
Neo-Zelandesi che erano sul bastimento insistettero presso il
capitano per determinarlo a far fuoco addosso e uccidere i loro
compatrioti. Ma quando costoro salirono a bordo, i primi
arrivati si presentarono dinanzi a loro e li accolsero con le pi
vive dimostrazioni di amicizia. Questa singolare condotta si
spiega con la diffidenza e la gelosia reciproca. Essi
vorrebbero approfittare esclusivamente dei vantaggi che si
aspettano dalle visite degli europei e si disperano nel vedere i
loro vicini a parteciparvi.. Questa spiegazione cos esatta,
che ricevette presto conferma.
Sull'Astrolabe si trovava un certo numero di Zelandesi, e
segnatamente un certo Shaki, che la sua alta statura, il
tatuaggio completo, il portamente altero e l'aria di
sottomissione con la quale gli parlavano i suoi compatrioti lo
avevano fatto conoscere per un capo. Vedendo avvicinarsi alla
corvetta una piroga portante sette od otto uomini solamente,
Shaki e gli altri vennero a supplicare d'Urville di uccidere
questi nuovi arrivati; si spinsero fino a chiedere dei fucili per
far fuoco essi stessi. Per appena i nuovi venuti furono saliti a
bordo, tutti quelli che gi vi si trovavano li colmarono di segni
di rispetto, e Shaki, sebbene si fosse mostrato uno dei pi
accaniti, mut di tono e and a offrir loro delle ascie che aveva
appena acquistato.
Questi capi dall'atteggiamento guerresco e feroce, dal
volto, completamente tatuato, non erano a bordo che da pochi
istanti e d'Urville si apprestava a interrogarli mediante il
vocabolario pubblicato dai missionari, quand'essi lo lasciarono
bruscamente, saltarono nelle piroghe e presero il largo.
I loro compatrioti per sbarazzarsene avevano loro
semplicemente insinuato che la loro esistenza non era sicura
sull'Astrolabe e che i Francesi avevano formato il progetto di
ucciderli.
Nella baia di Tolaga il cui vero nome Hua-Hua, d'Urville
si procur le prime informazioni sul kivi, a proposito di una
stuoia, guarnita di penne di quest'uccello, oggetto di lusso fra
gli indigeni..
Quest'uccello, grosso come un piccolo dindo, sarebbe
privo, come io struzzo, della facolt di volare. Di notte, con le
torce e coi cani, gli si d la caccia.
Questo medesimo uccello ha ricevuto il nome di
apteryx. Le informazioni che d'Urville aveva attinte dagli
indigeni erano in gran parte esatte. L'apteryx della grossezza
d'una gallina e le penne d'un bruno-ferro, s'avvicina allo
struzzo: abita le foreste cupe e umide e non esce che alla sera
per cercare il suo nutrimento. Le attive cacce che gl'indigeni gli
hanno fatto, hanno notevolmente scemata questa curiosa
specie, oggid molto rara.
D' Urville continu dunque il riconoscimento idrografico
della costa orientale dell'isola settentrionale della Nuova
Zelanda, avendo quotidiane comunicazioni con gl'indigeni che
gli portavano maiali e patate.
Al dire degl'indigeni, le guerre sarebbero continuate da
trib a trib, e questa sarebbe la causa pi reale della
diminuzione degli abitanti. Costoro domandavano sempre dei
fucili e finivano per accontentarsi della polvere che si dava loro
in cambio delle merci.
Il 10 febbraio, nei paraggi del capo Runaway, la corvetta
dovette soffrire una tempesta che dur 36 ore, e fu pi d'una
volta in procinto di sommergere.
Poi s'intern nella baia dell'Abbondanza, in fondo alla
quale sorge il monte Edgecumbe, continu a seguire la costa,
vide le isole Haute, Major; ma il tempo fu tanto cattivo durante
questa esplorazione della baia, che la carta non merita grande
fiducia.
La corvetta raggiunge poscia la baia Mercurio, riconosce
l'isola della Barriera, penetra nella baia Shuraki (alias Hauraki),
riconosce la Poule-et-les-Ponssins (la Gallina ed i Pulcini), I
Poveri-Cavalieri, e giunge alla baia delle Isole.
Le trib che d'Urville incontr in quella localit erano
impegnate in una spedizione contro quelle delle baie Shuraki e
Waikato. d'Urville ridiscese per esplorare la baia Shuraki,
ch'era stata incompletamente riconosciuta da Cook, e scoperse
che in quel luogo la Nuova Zelanda frastagliata in una
quantit di porti e i bacini pi profondi, pi sicuri gli uni degli
altri. d'Urville avendo appreso cheseguendo il corso del Vai-
Magoia si arrivava in un luogo separato da un piccolissimo
tratto dal gran porto di Manukau sulla riva occidentale
dell'isola, fece percorrere quella rotta da parecchi suoi ufficiali,
che accertarono la verit di quelle informazioni.
Questa scoperta dice Dumont d'Urville pu
diventare di grande interesse per le colonie che s'impianteranno
alla baia di Shuraki, e questo interesse aumenter ancora se
nuove ricognizioni potranno dimostrare che il porto Manukau
atto a ricevere navi di una certa dimensione, giacch una tale
colonia si troverebbe allora alla portata di due mari, orientale e
occidentale.
Rangui, uno dei rangatiras, capi di questo luogo, aveva
parecchie volte domandato al comandante del piombo per far
delle palle, e questi glielo aveva sempre rifiutato. Al momento
della partenza, d'Urville fu avvertito che il piombo di
scandaglio era stato rubato. Il comandante fece subito dei
rimproveri a Rangui, dicendogli con tono severo che non era
degno di gente onesta commettere tali furti. Questo rimprovero
parve colpire profondamente il capo, che si scus, asserendo
che tal delitto era stato commesso a sua insaputa e da stranieri.
Un momento dopo dice la redazione il rumore di
colpi violenti e delle grida di piet che partivano dalla piroga di
Rangui, attrassero la mia attenzione da quella parte. Allora vidi
Rangui e Tawit, che picchiavano a colpi raddoppiati, con le
loro pagaje, sopra un mantello che sembrava coprire un uomo.
Ma mi fu facile riconoscere che i due astuti capi non
picchiavano che su di uno dei banchi della piroga. Dopo aver
continuato per qualche tempo questo scherzo, la pagaja di
Rangui gli si spezz fra le mani. L'uomo fece sembiante di
cadere a terra, e Rangui, interpellandomi, mi disse che stava
bastonando il ladro e mi domand se ero soddisfatto. Gli
risposi affermativamente, ridendo in cuor mio dell'astuzia di
questi selvaggi, astuzia, del resto, di cui si sono trovati di
frequente degli esempi presso molti popoli pi avanzati in
civilizzazione.
D'Urville riconobbe la bell'isola Waihiki, e termin cos la
ricognizione del canale dell'Astrolabe e della baia Hauraki.
Rimont allora verso il nord fino alla baia delle Isole, e di l
fino al capo Maria-Van-Diemen, estremit settentrionale della
Nuova Zelanda, ove le anime dei morti, le Waiduas, ritornano
su tutti i punti di Ika-Na-Mawi per librare l'ultimo volo verso la
gloria o verso le tenebre eterne.
La baia delle Isole, al tempo della stazione della Coquille,
era animata da una popolazione abbastanza numerosa, con la
quale si erano avute amichevoli relazioni. Ora il silenzio del
deserto aveva sostituito l'animazione degli antichi giorni.
L'Ipah, o piuttosto il P di Kahu-Wera, che ricoverava una trib
operosa, era abbandonato; la guerra aveva in quei luoghi
cagionate le sue solite devastazioni. La trib di Songhui aveva
saccheggiate le propriet e dispersi i membri di quella di Paroa.
alla baia delle Isole che si erano stabiliti i missionari
inglesi. Non ostante tutta la loro devozione non avevano ancor
fatto alcun progresso presso gl'indigeni, ed era evidente
l'inutilit dei loro sforzi.
In quel luogo si terminarono le importantissime
ricognizioni idrografiche della costa orientale della Nuova
Zelanda. Dopo Cook nessuna esplorazione era stata fatta su
quella terra con tanta cura, in mezzo a tanti pericoli e sopra un
s lungo tratto di coste. D'Urville, con quella sapiente e
minuziosa osservazione, rendeva un segnalato servizio alla
scienza geografica e alla navigazione. Egli aveva dovuto, in
mezzo a repentine e terribili burrasche, spiegare qualit
eccezionali; ma senza tener conto di tante fatiche e devozione,
al suo ritorno in Francia, lo si lasciava in disparte o non gli si
davano che delle attribuzioni per le quali era nell'impossibilit
di distinguersi, mentre le avrebbe compiute benissimo come
capitano di vascello qualunque.
Lasciando la Nuova Zelanda il 18 marzo 1827, d'Urville
fece rotta verso Tonga-Tabu. Riconobbe dapprima le isole
Curtis, Macauley, Sunday, cerc invano l'isola Vasquez de
Maurelle e arriv il 16 aprile in faccia a Namuka. Due giorni
dopo distinse Eoa; ma prima di raggiungere Tonga-Tabu ebbe
ancora a patire una violenta tempesta, che mise l'Astrolabe in
pericolo.
Degli europei stabiliti da molti anni a Tonga-Tabu furono
utilissimi al comandante per tenerlo al corrente delle
disposizioni degl'indigeni. Tre capi guis si dividevano il
potere dacch il capo religioso tu-tonga che godeva d'una
immensa influenza, era stato esiliato.
Una missione wesleyana era stabilita a Tonga. Ma a tutta
prima parve evidente che questi preti metodisti non avessero
saputo acquistarsi alcuna influenza sugl'indigeni. Coloro stessi
che avevano convertiti erano sprezzati per la loro apostasia.
Quando l'Astrolabe giunse all'ancoraggio, dopo essere
felicemente sfuggito a pericoli imminenti che i venti contrari,
le correnti e le raffiche gli avevano fatto correre, fu subito
invaso da un'abbondanza incredibile di frutti, di radici, di
maiali e di volatili che gl'indigeni cedevano quasi per niente.
d'Urville acquist parimente, per il museo, delle armi e degli
oggetti diversi dell'industria dei selvaggi, come, per esempio.,
delle clave, per lo pi di casuarina, perfettamente cesellate o
arricchite d'incrostature artistiche di osso di balena o di
madreperla.
Il costume di tagliarsi una o due falangi per offrirle alla
divinit in caso di grave malattia di un prossimo parente,
sussisteva ancora.
Dopo il 28 aprile, gl'indigeni non avevano mostrate che
disposizioni concilianti, non una querela si era sollevata,
quando il 9 maggio d'Urville, con quasi tutti i suoi ufficiali, si
rec a far visita a uno dei capi pi importanti, chiamato Pal.
Costui Io ricevette con una contrariet affatto straordinaria e
poco d'accordo con le dimostrazioni chiassose ed entusiastiche
dei giorni precedenti. La differenza degli isolani svegli quella
del comandante il quale, pensando al piccolo numero di uomini
lasciato sull'Astrolabe, provava vivissima inquietudine. Non
era per accaduto nulla durante la sua assenza. Solamente, la
timidezza di Pal aveva fatto fallire una trama che tendeva
nientemeno che a rapire con un sol colpo tutto Io stato
maggiore; si sarebbe poi facilmente vinto l'equipaggio gi in
parte desideroso della vita facile degl'indigeni. Tale fu almeno
la convinzione che il comandante si form. Gli avvenimenti
dovevano confermare il suo modo di vedere.
Questi timori indussero d'Urville a lasciare il pi presto
possibile Tonga-Tabu, ed il 13 era pronto per far vela il
domani. L'allievo Dudemaine passeggiava sulla grand'isola,
mentre l'allievo Faraguet, con nove uomini, era occupato
sull'isolotto Pangai-Modoz a fare acqua e ad osservare la
marea. Un gui, Tahofa, era sull'Astrolabe con molti indigeni,
quando a un segno del loro capo le piroghe calarono tutte in
una volta e guadagnarono la terra. Si domandava la causa di
questa ritirata repentina, quando si scorsero su Pangai-Modoz i
marinai trascinati a forza dagl'indigeni. D' Urville fu sul punto
di far tirare una cannonata, ma trov pi sicuro di spedire, a
forza di remi, un'imbarcazione che raccolse due uomini e
l'allievo Dudemaine. Il medesimo canotto spedito poco dopo
per dar fuoco a degli abituri e cercare di catturare qualche
ostaggio, fu ricevuto a fucilate. Un indigeno fu ucciso, parecchi
altri feriti, ma un caporale di marina ricevette tanti colpi di
baionetta che due ore dopo spir.
D'Urville era assai inquieto della sorte dei suoi marinai e di
Faraguet che li comandava. Non gli rimaneva altro espediente
che assalire il villaggio sacro di Mafauga, che contiene le
tombe di parecchie famiglie di capi. Ma l'indomani una folla
d'indigeni circondava quel luogo con ridotti di terra e con
palizzate cos bene, che non bisognava pi pensare a prenderlo.
Si avvicin allora la corvetta a terra e si cannoneggi il
villaggio, senz'altro effetto che l'uccisione di un isolano.
Tuttavia la difficolt di procurarsi dei viveri, la pioggia, gli
allarmi continui nei quali i Francesi li tenevano con le loro
cannonate, li determinarono a far la pace. Resero gli uomini
che erano stati tutti trattati benissimo, fecero un dono di maiali
e di banane, e il 24 maggio l'Astrolabe lasci definitivamente le
isole degli Amici.
Era tempo d'altronde che ci terminasse, giacch la
posizione di d'Urville non era pi sostenibile, e da una
conversazione avuta col mastro d'equipaggio era emerso che
non si poteva pi contare che su cinque o sei marinai: tutti gli
altri sarebbero passati dalla parte dei selvaggi.
Tonga-Tabu di formazione madreporica. Vi si trova un
fittissimo strato di terra vegetale, epper le piante e gli alberi vi
si sviluppano alla perfezione: i cocchi, il cui fusto pi
delicato che altrove, ed; i banani crescono con una rapidit e
una potenza meravigliose. Il paese piano, monotono, e chi ha
fatto un quarto di lega non ha bisogno di percorrere l'isola
intiera per farsene un'idea. La popolazione pu essere valutata
a settemila individui dalla fisionomia strettamente polinesiana.
Essi, dice d'Urville, riuniscono le qualit pi opposte.
Sono generosi, compiacenti, ospitalieri ed in pari tempo cupidi,
audaci e sopratutto profondamente dissimulatori. Intanto che vi
colmano di carezze e di segni d'amicizia, sono capaci di
assalirvi e spogliarvi, per poco che la loro avidit o il loro amor
proprio sia stimolato.
Gl'indigeni di Tonga sono evidentemente superiori per
intelligenza a quelli di Taiti. I Francesi non si stancavano di
ammirare l'ordine meraviglioso col quale erano mantenute le
piantagioni di kava, di banani o d'ignami, l'estrema pulizia
delle abitazioni e l'eleganza dei recinti. L'arte della
fortificazione non era loro ignota, come ebbe a provarlo
d'Urville visitando il villaggio fortificato di Hifo, guarnito di
solide palizzate, circondato da un fossato largo da quindici a
venti piedi e per met pieno d'acqua.
Il 25 maggio d'Urville cominci l'esplorazione
dell'arcipelago Viti o Fidji. Ebbe a tutta prima la fortuna di
trovare un indigeno di Tonga, che abitava Fidji pel suo
commercio e aveva visitato altre volte Taiti, la Nuova Zelanda
e l'Australia.
Quest'uomo, al pari di un isolano di Guaham, fu utilissimo
al comandante per avere i nomi di oltre duecento isole che
compongono questo gruppo e la indicazione della loro
posizione e di quella delle scogliere sottomarine che le
circondano.
In pari tempo l'idrografo Gressier raccoglieva tutti i
materiali necessari per redigere la carta delle Fidji.
Una scialuppa ricevette ordine di accostare l'isola di
Laguemba dove si trovava un'ancora che Dumont d'Urville
avrebbe voluto procurarsi avendone perdute due dinanzi a
Tonga. A tutta prima, Lottin, che comandava
quest'imbarcazione, non scorse sulla riva che delle donne e dei
fanciulli; ma accorsero poscia i guerrieri, fecero ritirare le
donne e presero le loro disposizioni per catturare i marinai ed
impadronirsi della scialuppa. Le loro intenzioni erano troppo
chiare per lasciar luogo a dubbio; e perci Lottin fece subito
levare l'ancorotto e guadagn il largo prima che accadesse una
collisione.
Per diciotto giorni consecutivi, malgrado il cattivo tempo e
il mare burrascoso, l'Astrolabe percorse l'arcipelago dei Fidji,
riconoscendo le isole Laguemba, Kaubadon, Viti-Levom,
Umbenga, Vaton-Lele, Unong-Lebu, Mololo, ecc., e
segnatamente la parte meridionale del gruppo che era allora
quasi interamente ignota.
La popolazione, se si deve credere a d'Urville, forma il
limite della razza color rame o polinese e della razza nera o
melanese. Quegli indigeni hanno un aspetto di forza e di vigore
che giustifica la loro alta statura. Sono antropofaghi e non lo
nascondono.
L'11 giugno, la corvetta faceva rotta verso il porto
Cartaret; riconobbe man mano le isole Erronan ed Aunetom, le
Loyalty, gruppo in cui d'Urville riconobbe le isole Chabros ed
Halgan, il piccolo gruppo degli isolotti Beaupr, le scogliere
dell'Astrolabe, tanto pi pericolose in quanto che sono lontane
quasi trenta miglia dalle isole Beaupr e sessanta dalla Nuova
Caledonia, l'isola Huon e la catena settentrionale delle
scogliere della Nuova Caledonia.
Da questi paraggi, d'Urville guadagn la Luisiade in sei
giorni; ma il cattivo tempo che lo colse su queste coste lo
risolse a non proseguire il piano di campagna che si era
tracciato ed evitare lo stretto di Torres. Il comandante credette
che la immediata esplorazione della costa meridionale della
Nuova Bretagna e della costa settentrionale della Nuova
Guinea fosse pi profittevole alla scienza.
L'isola Rossel e il capo della Liberazione furono scorti, e si
fece rotta per la Nuova Zelanda, per rifornirsi di legna, d'acqua
e di viveri.
Vi si arriv il 5 luglio con un tempo cupo e piovoso, e si
stent assai a distinguere l'entrata del porto Cartaret, in cui
Entrecasteaux aveva soggiornato otto giorni.
I Francesi vi ricevettero in pi volte la visita d'una ventina
di indigeni che sembravano formare tutta la popolazione di
quel luogo.
Erano esseri senza intelligenza e per nulla curiosi dei tanti
oggetti a loro ignoti.
Il loro esteriore non perorava neppur esso in loro favore.
Assolutamente nudi, di pelle nera, i capelli crespi, il naso
attraversato da un osso, non si mostravano avidi che del ferro,
senza per capire che non avrebbero potuto averne che in
cambio di frutta e di maiali. Cupi e diffidenti, si rifiutarono di
condurre chicchessia al loro villaggio.
Durante questa sosta poco fruttuosa, d'Urville fu
violentemente colpito da un'enterite, che lo fece assai soffrire
per parecchi giorni.
Il 19, l'Astrolabe riprese il mare e percorse la costa
meridionale della Nuova Bretagna, Questa esplorazione fu
avversata da un tempo piovoso e nebbioso, da acquazzoni e da
turbini, che costrinsero il bastimento ad allontanarsi dalla terra
appena l'ebbe avvicinata.
Bisogna aver praticato quei paraggi come noi, dice
d'Urville, e nelle medesime circostanze, per farsi un'idea esatta
di quegli incredibili acquazzoni; bisogna, inoltre, aver da
eseguire dei lavori come quelli che ci erano imposti, per poter
giudicare a mente fredda delle cure e delle inquietudini che
reca una simile navigazione. Raramente il nostro orizzonte si
estendeva a cento tese di distanza, e le nostre manovre non
potevano essere che molto incerte, poich la nostra vera
posizione era un problema. In generale, tutto il nostro lavoro
sulla Nuova Bretagna, nonostante le inaudite pene che ci cost
e i pericoli che ha fatto correre all'Astrolabe, lungi dall'essere
paragonato, per esattezza, alle altre ricognizioni della
campagna.
Nell'impossibilit d ripigliare la rotta del canale San
Giorgio, d'Urville dovette passare per lo stretto di Dampier, la
cui apertura, dalla parte sud, quasi intieramente sbarrata da
una catena di scogli sottomarini su cui l'Astrolabe incalz due
volte.
D'Urville, come Dampier e d'Entrecasteaux, fu
entusiasmato dall'aspetto delizioso della riva occidentale della
Nuova Bretagna. Una costa salubre, un suolo disposto ad
anfiteatro, delle foreste dal fogliame cupo e delle praterie
biondeggianti, i due maestosi cocuzzoli del monte Glocester,
tuttoci d a questa parte della costa una variet che aggiunge
bellezza alle linee ondeggianti dell'isola Rook.
All'uscita del canale si mostrano in tutto il loro splendore
le montagne della Nuova Guinea; in breve formano una specie
d'emiciclo e un'ampia baia che ricevette il nome di golfo
dell'Astrolabe. Le isole Schuten, il seno dell'Attaque, in cui
d'Urville ebbe a respingere un'aggressione d'indigeni, la baia
Humboldt, la baia del Geelwinck, le isole dei Traditori, Tobia e
Mysory, i monti Arfak sono successivamente riconosciuti ed
oltrepassati, e l'Astrolabe viene finalmente ad ancorare nel
porto Durei, allo scopo di collegare le sue operazioni con
quelle della Coquille.
In questo luogo furono subito iniziate delle relazioni
amichevoli coi Papus, che portarono a bordo una quantit di
uccelli del paradiso, ma pochissimi viveri.
Dolci e timidi, quest'indigeni non si avventurarono nei
boschi che di mal animo, per paura degli Arfakis, abitanti delle
montagne e loro nemici giurati. Un marinaio occupato a far
acqua fu ferito da una freccia di uno di questi selvaggi che fu
impossibile punire della vile aggressione per nulla motivata.
Qui, la terra dappertutto cos ricca che basterebbe
smuoverla ed estirparne le male erbe per farle produrre
abbondanti raccolti; ma i Papus sono tanto pigri, cos poco
intelligenti in fatto di cultura, che le piante alimentari sono per
lo pi soffocate dalle parassite.
Quanto agli abitanti, sono d'origini alquanto miste.
d'Urville li divide in tre grandi variet: i Papus, i meticci che
arieggiano dal pi al meno la razza malese o polinese, e gli
Harfurs o Alfurus, del tipo comune degli Australiani, dei Neo-
Caledonesi e in genere degli Oceanici di razza nera. Questi
sarebbero i veri indigeni del paese.
Il 6 settembre, dopo una sosta poco interessante e nella
quale d'Urville non aveva potuto procurarsi che pochissimi
oggetti di storia naturale, eccetto dei molluschi, e meno ancora
informazioni precise sui costumi, la religione e la lingua delle
diverse razze della Nuova Guinea, l'Astrolabe riprendeva il
mare e si dirigeva verso Amboina, dove giunse senza accidenti
il 24 settembre.
Sebbene il governatore, signor Merkus. fosse in giro, il
comandante trov in questo porto tutti gli oggetti che gli
abbisognavano. Vi fu ricevuto nel modo pi amichevole dalle
autorit e dagli abitanti, che fecero del loro meglio per far
dimenticare ai Francesi le fatiche di quella lunga e penosa
campagna.
Da Amboina, d'Urville si diresse verso la Tasmania o
Hobart-Town, che dopo Baudin non aveva pi ricevuto alcuna
nave francese. Vi giunse il 17 dicembre 1827.
Trentacinque anni prima, d'Entrecasteaux non aveva
trovato su quelle spiaggia che qualche miserabile selvaggio, e,
dieci anni dopo, Baudin non vi aveva pi trovato nessuno.
La prima cosa che Dumont d'Urville apprese entrando nel
fiume Dervent, prima ancora d'aver ancorato dinanzi a Hobart-
Town, fu che il capitano inglese Dillon aveva avuto a Tucopia
informazioni positive sul naufragio di La Prouse a Vanikoro;
aveva anzi portato seco ma impugnatura di spada che
supponeva aver appartenuto a questo navigatore.
Giunto a Calcutta, Dillon aveva partecipato la sua scoperta
al governatore; questi lo aveva immediatamente rimandato sui
luoghi con missione di raccogliere i naufraghi che potessero
esistere ancora, e tutto quanto rimanesse dei bastimenti.
S'immagini con quale interesse d'Urville apprese queste
notizie, lui, che avendo ricevuto istruzione di adunare tutti i
documenti atti a proiettare qualche luce sulla sorte dello
sfortunato navigatore, aveva acquistato, a Namuka, la prova del
soggiorno di La Prouse nell'arcipelago degli Amici.
Le opinioni, nella colonia inglese, erano divise sulla fede
che si doveva prestare alla narrazione del capitano Dillon; ma il
rapporto che quest'ufficiale aveva diretto al governatore
dell'India venne a togliere ogni dubbio a d'Urville. Epper,
rinunciando a' suoi ulteriori progetti sulla Nuova Zelanda,
risolse condurre l'Astrolabe a Vanikoro, ch'egli non conosceva
ancora se non col nome di Mallicolo, secondo Dillon.
Del resto, ecco i fatti, come quest'ultimo li aveva esposti.
Durante una sosta alle isole Fidji, il bastimento l'Hunter
aveva avuto occasione di raccogliere un prussiano, Martin
Bushart, sua moglie e un lascar, chiamato Achowlia, che
gl'indigeni stavano per divorare, come avevano fatto di tutti gli
altri disertori europei stabiliti nell'arcipelago. Questi tre
disgraziati non domandavano che di essere sbarcati sulla prima
isola abitabile che l'Hunter incontrasse. Furono dunque
deposti sopra una delle isole Carlotte, a Tucopia, a 12 15' di
latitudine sud e 169 di longitudine.
Nel mese di maggio 1826, Dillon, che aveva fatto parte
dell'equipaggio dell'Hunter, desideroso di sapere che cosa ne
era avvenuto dei marmai sbarcati nel 1813 su Tucopia,
s'avvicin a quest'isola.
Vi trov infatti il Iascar ed il prussiano. Il primo gli
vendette una impugnatura di spada d'argento. Naturalmente,
Dillon domand come quegl'indigeni se la fossero procurata. Il
prussiano narr che al suo arrivo a Tucopia vi avevano trovato
dei catenacci, delle scuri, coltelli, oggetti di ferro, cucchiai e
una quantit d'altri oggetti che gli si disse provenire da
Mallicolo, gruppo d'isole situate all'ovest, distanti solamente
due giornate di piroga.
Dillon, continuando ad interrogare gl'indigeni, apprese che
molti anni prima due navi erano state gettate sulle coste di
quest'isola. Una era interamente perita, corpi e beni, ma i
marinai della seconda avevano costruito, con gli avanzi del loro
bastimento, una piccola nave, sulla quale erano partiti,
lasciando a Mallicolo alcuni de' loro. Il lascar asseriva aver
veduto due di questi uomini, che, pei servigi resi ai capi, si
erano acquistata una legittima influenza.
Dillon gli propose invano di condurlo a Mallicolo; fu pi
fortunato col prussiano, che lo accompagn fino in vista di
quell'isola isola della Ricerca di Entrecasteaux; ma la
calma e il difetto di viveri avevano impedito a Dillon di
fermarvisi.
Al suo arrivo a Pondichry, il governatore, dopo aver
preso cognizione del suo rapporto, gli affid il comando d'una
nave, specialmente destinata a nuove investigazioni. Si era nel
1827. Dillon giunse a Tucopia, si provvide d'un interprete e
d'un pilota, poi guadagn Mallicolo. Ivi apprese dagl'indigeni
che gli stranieri erano rimasti cinque mesi sull'isola a costruire i
loro bastimenti, che del resto essi erano considerati come esseri
soprannaturali, opinione che la loro singolare condotta aveva
assai contribuito ad accreditare. Infatti, si vedevano discorrere
con la luna e le stelle mediante un lungo bastone; il loro naso
era enorme, e alcuni di quegli uomini si tenevano
costantemente ritti su di un piede, con una barra di ferro in
mano.
In tal guisa erano rimasti nei ricordi popolari le
osservazioni astronomiche, i cappelli a corna e le sentinelle dei
Francesi.
Dillon raccolse dagl'indigeni alquante reliquie della
spedizione. Scorse pure in fondo al mare, sui banchi di corallo
dove la nave aveva toccato, dei cannoni di bronzo, una
campana e reliquie d'ogni sorta, che raccolse pietosamente e
port a Parigi nel 1828; e il re gli accord una pensione di
quattromila franchi in ricompensa dei suoi lavori.
Il dubbio non fu pi possibile quando il conte Lesseps,
questo compagno di La Prouse che era sbarcato a Kamtchatka,
ebbe riconosciuto i cannoni e la scritta: Bussole, e quando
poi si fu decifrato lo stemma di Colignon, il botanico, sopra un
candeliere di argento.
Ma di questi ultimi fatti tanto interessanti e curiosi,
d'Umile non doveva essere istruito che molto pi tardi, e
intanto egli non conosceva che il primo rapporto di Dillon.
Per caso, o piuttosto per timore d'essere prevenuto, questo
capitano aveva trascurato d'indicare la situazione di Vanikoro e
la rotta che aveva seguito per recarvisi da Tucopia. d'Urville
ritenne che quest'isola dovesse appartenere al gruppo di Banks
o di Santa-Cruz, quasi sconosciute tanto l'una che l'altra.
Ma, prima di seguire il comandante, bisogna fermarsi
alcun tempo con lui a Hobart-Town, che gi gli parve d'una
notevole importanza.
Le sue case sono assai spaziose, dice lui, e generalmente
hanno un sol piano, oltre il terreno; ma la pulitezza e la
regolarit danno loro un aspetto piacevole. Le strade non sono
selciate, il che le rende faticose e la polvere poi che s'innalza di
continuo assai molesta agli occhi; v' per qualche comodit.
Il palazzo del governo occupa una felice situazione in riva alla
baia. Questa residenza fra pochi anni sar pi gradevole se i
giovani alberi di cui la si circondata piglieranno tutto il loro
sviluppo, giacch quelli del paese sono poco atti a servire
d'ornamento.
Il tempo fu messo a profitto durante questa sosta per
provvedersi di viveri, di ncore e oggetti di prima necessit,
non che per rattoppare il bastimento e procedere a una quantit
d riparazioni indispensabili all'attrezzatura.
Il 6 gennaio 1828, l'Astrolabe ripigliava di nuovo il mare,
il 20 rilevava l'isola Norfolk, sei giorni dopo il piccolo vulcano
Mathew, Erronan il 28, l'isoletta Mitra il d 8 febbraio, e
l'indomani giunse in faccia a Tucopia. Questa un'isoletta di
tre o quattro miglia di circuito, con un picco alquanto acuto,
ricoperto di vegetazione. La parte orientale di quest'isoletta
sembrava inaccessibile essendo sempre battuta dai flutti.
L'impazienza di tutti cresce e non ha pi limiti, quando si
veggono avvicinarsi tre piroghe, in una delle quali si trova un
europeo.
il prussiano Bushart, come lo dichiara lui stesso, che ha
accompagnato Dillon a Mallicolo. Questi aveva soggiornato
quasi un mese in quel luogo, in cui si era realmente procurate
le reliquie della spedizione, come d'Urville ne era stato
informato a Hobart-Town. Non rimaneva pi un francese
nell'isola, l'ultimo essendo morto l'anno precedente. Bushart
aveva dapprima accettato d'accompagnare d'Urville, ma ritorn
sulla promessa e rifiut all'ultimo momento di rimanere a
bordo dell'Astrolabe.
Vanikoro circondata da scogliere sottomarine, attraverso
le quali si pervenne non senza pericolo a trovare un passo che
permise di ancorare l'Astrolabe nella baia d'Ocili, la stessa in
cui Dillon aveva lasciato cader l'ancora. Quanto al luogo del
naufragio, era situato sulla costa opposta dell'isola.
Non fu facile ottenere informazioni dagl'indigeni, gente
avida, di malafede, insolente e perfida. Un vecchio fin per
confessare che i bianchi sbarcati sulla spiaggia di Van erano
stati ricevuti a frecciate; ne era seguita una lotta in cui buon
numero d'indigeni avevano trovato la morte; quanto ai maras
erano stati uccisi tutti ed i loro crani seppelliti a Van; le ossa
avevano servito agli indigeni per guarnire le loro frecce.
Fu spedito un canotto al villaggio di Naina; la promessa di
un pezzo di panno rosso risolv, non senza lunghe esitazioni,
gl'indigeni a condurre i Francesi sul luogo del naufragio. Ad un
miglio dalla terra, vicino a Pai, ed in faccia ad Ambi, si
distinguevano, qua e l, ncore, palle da cannone e molti altri
oggetti che non lasciarono nessun dubbio negli ufficiali
dell'Astrolabe.
Era evidente a loro tutti che la nave aveva tentato
d'introdursi entro te scogliere per una specie di passo, che
aveva arenato e non aveva potuto liberarsi. Ma l'equipaggio
aveva potuto salvarsi a Pai e, secondo il racconto dei selvaggi,
vi aveva costruito un piccolo edificio, mentre l'altra nave,
arenatasi pi al largo, sugli scogli, si sarebbe perduta, corpi e
beni.
Il capo Moembe aveva inteso dire che gli abitanti di Van
avevano accostato il bastimento per saccheggiarlo, ma che,
respinti dai bianchi, avevano perduto 20 uomini e tre capi. Essi,
a loro volta, avevano massacrati tutti i francesi scesi a terra;
due solamente, risparmiati, avevano vissuto nell'isola lo spazio
di tre lune.
Un altro capo, chiamato Valikko, narrava che uno dei
bastimenti si era arenato fuori della scogliera, rimpetto a
Tanema, dopo una notte assai ventosa, e che quasi tutti i suoi
uomini erano periti senza venire a terra.
I maras della seconda nave, in gran numero, si erano
stabiliti a terra, ed avevano costruito a Pai un piccolo vascello
con gli avanzi della nave arenatasi. Durante il loro soggiorno
erano sorte delle lti, e cinque indigeni di Van ed uno di
Tanema erano stati uccisi e cos pure due maras. I Francesi
avevano lasciato l'isola in capo a cinque lune.
Finalmente un terzo vecchio assicurava che una trentina di
marinai della prima nave si erano uniti all'equipaggio della
seconda, e che non erano partiti tutti che in capo a sei o sette
lune. Tutte queste deposizioni, che si dovettero, per cos dire,
strappare a forza, variavano nei particolari; sembrava per che
le ultime versioni s'avvicinassero di pi alla verit.
Fra gli oggetti raccolti dall'Astrolabe figurano un'ancora di
milleottocento libbre circa, un cannone corto di ferro fuso, un
trombone: di rame, un petriero in bronzo, del piombo e molti
altri oggetti io cattivissimo stato e di non grande interesse.
Questi oggetti, al par di quelli raccolti da Dillon, figurano
oggi nel museo della Marina, posto nelle gallerie del Louvre.
D'Urville non volle lasciare Vanikoro senza innalzare un
cenotafio alla memoria de' suoi infelici compatrioti. Questo
modesto monumento fu posto sopra la scogliera in mezzo ad un
cespo di manglix. Si compone d'un prisma quadrangolare, alto
sei piedi, di foglie di corallo, sormontato da una piramide pure
quadrangolare della medesima altezza, di legno di kudi, che
porta sopra una piccola lastra di piombo la seguente iscrizione:

ALLA MEMORIA
DI LA PEROUSE
E DE' SUOI COMPAGNI
L'ASTROLABE
14 MARZO 1828

Appena terminato questo lavoro, d'Urville prese le sue
disposizioni per salpare. Era tempo, giacch l'umidit prodotta
dalle pioggie torrenziali aveva ingenerate delle febbri violente
che avevano colpito non meno di venticinque persone. Se il
comandante voleva conservare un equipaggio capace di
eseguire le manovre faticose che necessitava l'uscita da un
passo stretto e sparso di scogli, bisognava affrettarsi.
L'ultimo giorno che l'Astrolabe pass a Vanikoro avrebbe
del resto illuminato, se ve ne fosse stato bisogno, il comandante
sulle vere disposizioni degl'indigeni. Ecco come egli narra gli
ultimi incidenti di questa pericolosa fermata:
Verso le otto fui molto meravigliato di veder venire verso
noi una mezza dozzina di piroghe di Tevai, tanto pi che tre o
quattro abitanti di Manevai che si trovavano a bordo non
sembravano per nulla spaventati del loro avvicinarsi, sebbene
ci avessero gi detto, alcuni giorni prima, che quelli di Tevai
erano i loro nemici mortali.
Io mostrai la mia sorpresa agli uomini di Manevai, che si
accontentarono di ridere con aria equivoca dicendo che
avevano fatta la pace con gli abitanti di Tevai e che questi mi
portavano dei cocchi. Ma m'accorsi presto che i nuovi venuti
non portavano altro che archi e frecce in buonissimo stato. Due
o tre di loro salirono a bordo con aria risoluta e s'accostarono al
finestrone per guardare nell'interno, e assicurarsi del numero
degli uomini ammalati. In pari tempo traspariva una gioia
maligna dai loro sguardi diabolici. In questo momento alcuni
dell'equipaggio mi fecero osservare che due o tre uomini di
Manevai, che si trovavano a bordo, facevano altrettanto da tre o
quattro giorni. Il signor Gressein, che fin dal mattino osservava
i loro movimenti, credette vedere i guerrieri delle due trib
riunirsi sulla spiaggia e tenere fra essi una lunga conferenza.
Simili manovre rilevavano le pi perfide disposizioni e io
credetti che il pericolo fosse imminente. Intimai subito
agl'indigeni di lasciare la corvetta e scendere nelle loro piroghe.
Ebbero l'audacia di guardarmi con aria fiera e minacciosa,
come per sfidarmi a far eseguire il mio ordine. Mi limitai a far
aprire la sala d'armi, di solito chiusa accuratamente, e con
faccia severa la mostrai col dito a quei selvaggi, mentre con
altro dito indicai le loro piroghe. Il subitaneo aspetto di venti
moschetti scintillanti, dei quali essi conoscevano la potenza, li
fece trasalire, epper ci liberarono della loro sinistra presenza.
Prima, di lasciare questo gruppo di lamentevole memoria,
ecco alcuni particolari tolti dalla relazione di d'Urville.
Il gruppo di Vanikoro, di Mallicolo o di La Prouse, come
lo chiama Dillon, si compone di due isole, la Ricerca e Tevai.
La prima non ha meno di trenta miglia di circonferenza, la
seconda non ne ha pi di nove. Entrambe sono alte, coperte fin
quasi alla riva del mare di foreste impenetrabili, e circondate da
una barriera di scogli sottomarini di trentasei miglia di
circonferenza, tagliata da passi rari e stretti.
Il numero degli abitanti non dev'essere superiore a 1200 o
1500 individui, pigri, stomachevoli, feroci, avidi e vili. Fu una
vera mala sorte per La Prouse di andare ad arenarsi in mezzo a
una tale popolazione, mentre avrebbe ricevuto tutt'altra
accoglienza su qualunque altra isola della Polinesia.
Le donne sono per natura orride; ma le fatiche che
sopportano e le usanze che seguono non fanno che rendere il
loro aspetto ancor pi spiacente.
Gli uomini sono un po' meno brutti, bench piccoli, magri,
coperti di ulceri e di macchie di lebbra. Le loro armi sono l'arco
e le frecce. A detta degl'indigeni, queste ultime sono di bamb,
guarnite d'una punta d'osso finissima ed acuta, saldata con una
resina assai tenace, e recano ferite mortali. Perci essi le
tengono care, ed i viaggiatori stentarono molto a procurarsi
alcune di queste armi.
Il 17 marzo l'Astrolabe era finalmente fuori delle terribili
scogliere che formano la cinta di Vanikoro. L'intenzione del
comandante era d riconoscere le isole Taumako , Kennedy,
Nitendi e le Salomon, dove sperava trovar le traccie del
naufragio dei superstiti della Boussole e dell'Astrolabe. Ma la
triste condizione dell'equipaggio, indebolito dalla febbre, la
malattia della maggior parte degli ufficiali, la mancanza di
ancoraggi sicuri in questa parte dell'Oceania, lo risolsero a
dirigersi verso Guaham, dove sarebbe stato possibile, credeva
egli,. avere un po' di riposo.
Era questa una grave deroga alle istruzioni che gli
prescrivevano la ricognizione dello stretto di Torres; ma
l'assenza di quaranta marinai giacenti malati bastava a provare
la pazzia di un tentativo tanto pericoloso.
Il 26 aprile soltanto, fu scorto l'arcipelago Hogolez, dove
d'Urville emp la lacuna lasciata da Duperrey nella sua
esplorazione, e non fu che il 2 maggio che si riconobbero le
coste di Guaham. La fermata ebbe luogo a Umata, dove si
trov un'acqua comoda e un clima pi temperato che ad
Agagna. Tuttavia, il 29 maggio, quando la spedizione rimise
alla vela, tutti gli uomini erano lungi d'essere guariti, il che
Dumont d'Urville attribuisce agli eccessi che questi ammalati
avevano fatto negli alimenti, e all'impossibilit di costringerli
ad un conveniente regime.
Il buon Medinilla, di cui Freycinet ebbe tanto a lodarsi
ancora governatore di Guaham. Se egli questa volta non mostra
tante cortesie verso la spedizione, gli che una terribile siccit
aveva devastata la colonia; inoltre s'era sparsa la voce che la
malattia di cui erano affetti i marinai dell'Astrolabe fosse
contagiosa; del resto, Umata era molto lontana da Agagna, e
perci d'Urville non pot visitare il governatore nella sua
residenza.
Tuttavia, Medinilla mand alla spedizione dei viveri
freschi e frutti in quantit e non si dipart dalla sua abituale
generosit.
Lasciando Guaham, d'Urville riconobbe sotto vela, nelle
Caroline occidentali, i gruppi Elivi, l'Illuthii di Ltk, Gap,
Gul, Pelew; fu costretto dai venti a passare in vista di Waigiu,
d'Ai, d'Asia, di Gub, pass nello stretto di Buru e
finalmente cal l'ancora ad Amboina, dove ricevette una
cordiale accoglienza dalle autorit olandesi. Il comandante vi
trov pure notizie di Francia. Il Ministero pareva non volesse
tenere alcun conto dei lavori, della fatiche e dei pericoli della,
spedizione, giacch nonostante le proposte di d'Urville, nessun
ufficiale era stato promosso.
Quando queste notizie furono note, produssero una certa
costernazione ed uno scoraggiamento che il comandante si fece
premura di combattere.
Da Amboina, l'Astrolabe raggiunse Manado per lo stretto
di Banka. una residenza piacevole, dove si vede un forte ben
trincerato e munito di cannoni. Il governatore Merkus pot
procurare a d'Urville dei babirossa, un sapiutang, animale
grosso come una vaccherella e che le somiglia nel muso e nelle
zampe, con due corna rivolte all'indietro, dei serpenti, degli
uccelli e delle piante che arricchirono la collezione di storia
naturale.
Secondo d'Urville, l'esteriore degli abitanti di Celebes
s'avvicina molto pi a quello dei Polinesi che dei Malesi. Gli
sembrava trovarvi i tipi di T'aiti, di Tonga-Tab, della Nuova
Zelanda, ben pi dei Papus del porto Dorei, degli Harfurs di
Buru, o le faccie quadrate e ossute dei Malesi.
Nelle vicinanze di Manado si trovarono delle miniere di
quarzo aurifero, di cui il comandante pot procurarsi un
campione, ed un lago situato nell'interno, la cui profondit si
diceva immensa. il lago Tondano, dal quale esce un torrente
naturale, il Manado, che sbarrato da una roccia di basalto, si
scavato un'uscita, e, slanciandosi con violenza, sprofonda in un
precipizio di oltre ottanta piedi d'altezza.
Insieme al governatore ed ai naturalisti della spedizione,
d'Urville esplor questo bel lago circondato da montagne
vulcaniche in cui s nota ancora qualche fumarola; quanto alla
sua profondit, si riduce a dodici o tredici braccia
uniformemente, di maniera che se questa, mappa prosciugasse
formerebbe una pianura perfettamente unita.
Il 4 agosto fu lasciato l'ancoraggio di Manado, che non era
stato favorevole alla guarigione dei malati da febbre e
dissenteria della spedizione, la quale giunse il 29 dello stesso
mese a Batavia, dove non rimase che tre giorni.
A datare da questo momento, l'Astrolbe, fino al suo
ritorno in Francia, non fece mai rotta che in mari conosciuti.
Raggiunse l'isola di Francia dove d'Urville incontr il
comandante Le Goarant che con la corvetta la Bayonnaise
aveva fatto una spedizione a Vanikoro. Egli apprese che
quest'ufficiale non aveva neppur tentato di penetrare
nell'interno della scogliera, e si era accontentato di inviare in
ricognizione le sue imbarcazioni.
Gl'indigeni avevano rispettato il monumento eretto alla
memoria di La Prouse e non permisero che a stento ai marinai
della Bayonnaise d'inchiodarvi una medaglia di rame.
Il 18 novembre, la corvetta lasci l'isola di Francia, si
ferm al Capo, a Sant'Elena, all'Ascensione, ed il 25 marzo
1829 giunse a Marsiglia, trentacinque mesi, giorno per giorno,
dopo la sua partenza.
Solo per l'idrografia, i risultati della spedizione erano
notevoli, e si contavano non meno di quarantacinque carte
nuove dovute all'infaticabile lavoro dei signori Gressein e
Paris.
Quanto alla storia naturale, nulla, all'infuori delle seguenti
linee del rapporto di Cuvier, potrebbe dare una migliore idea
della ricchezza della messe portata:
I cataloghi le contano a migliaia (le specie dovute ai
signori Quoy e Gaimard) e nulla pu meglio provare 1'
operosit dei nostri naturalisti dell' imbarazzo in cui si trova 1'
amministrazione del Giardino del Re per collocare tutto ci che
gli recarono le ultime spedizioni e segnatamente quella di cui
rendiamo conto. Bisogn scendere al pian terreno, quasi ne'
sotterranei, e anche i magazzini sono oggi talmente ingombri,
che si obbligati a dividerli con delle tramezze per
moltiplicarvi i posti.
Le collezioni di geologia non erano meno numerose:
centosettanta sette specie o variet di roccie attestavano dello
zelo dei signori Quoy e Gaimard; il giovane signor Lesson
aveva raccolto da mille e cinquecento a mille e seicento piante.
Il capitano J acquinet aveva fatto numerose osservazioni
astronomiche, il signor Lottin aveva studiato il magnetismo;
finalmente il comandante, senza trascurare i suoi doveri di
marinaio e capo della spedizione, si era occupato di
esperimenti di temperatura sottomarina, di meteorologia, ed
aveva raccolto un prodigioso ammasso d'informazioni di
filologia e d'etnografia.
Perci non possiamo meglio determinare il racconto di
questa spedizione che citando il seguente passo delle memorie
di Dumont d'Urville, che riproduce la biografia Didot:
Quest'avventurosa campagna ha sorpassato tutte quelle
che erano state fatte fino allora, per la frequenza e l'immensit
dei pericoli che corse, come pel numero e l'estensione dei
risultati ottenuti in ogni genere. Una volont di ferro non mi ha
mai permesso di indietreggiare dinanzi ad alcun ostacolo. Una
volta preso il partito di perire o riuscire, mi era impossibile
ogni esitazione, ogni incertezza. Venti volte ho visto
l'Astrolabe sul punto di perdersi, senza conservare in fondo
all'animo nessuna speranza di salute. Mille volte compresi
l'esitanza de' miei compagni di viaggio per adempiere
all'oggetto delle mie istruzioni, e per due anni consecutivi
posso affermare che abbiamo corso ogni giorno pi pericoli
reali che non offra la pi lunga campagna nella navigazione
ordinaria. Bravi, pieni d'onore, gli ufficiali non si
dissimulavano i pericoli ai quali io giornalmente li esponevo;
ma essi serbavano il silenzio ed adempivano nobilmente il loro
compito.
Da questo ammirabile accordo di sforzi e di devozione
risult una massa prodigiosa di scoperte, di materiali e
d'osservazioni per tutte le nuove cognizioni, di cui i signori
Rossel, Cuvier, Geoffroy Saint-Hilaire, Desfontaines, ecc.,
giudici dotti e disinteressati, diedero allora un esatto resoconto.
CAPITOLO III.
LE SPEDIZIONI POLARI.
I.
IL POLO SUD.
Ancora un circumnavigatore russo: Bellingshausen. Scoperta delle
isole Traversay, Pietro I e Alessandro I. Il baleniere Weddell. Le
Orcani australi. La Georgia del Sud. Il nuovo Shetland. Gli abitanti
della Terra del Fuoco. Gianni Bisco e le Terre d'Enderby e di Graham.
Carlo Wilkes ed il continente antartico Il capitano Belleny.
Spedizione di Dumont d'Urville sull'Astrolabe e la Zle. Coupvent-
Desbois al picco di Teneriffa. Lo stretto di Magellano. Un nuovo
ufficio postale. Chiuso ne' banchi di ghiaccio. La Terra Luigi Filippo.
Attraverso l'Oceania. Le terre Adelia e Clarie. La Nuova Guinea e
lo stretto di Torres. Ritorno in Francia. Giacomo Clark Fosset. La
Terra Vittoria.

Abbiamo gi avuto occasione di parlare delle regioni
antartiche e delle esplorazioni che vi erano state fatte nel secolo
XVII e sullo scorcio del XVIII da parecchi esploratori, quasi
tutti francesi, tra i quali convien citare La Roche, scopritore
della Nuova Georgia nel 1675, Bouvet, Kerguelen, Marion e
Crozet. Si designano col nome di Terre Antartiche tutte le isole
sparse nell'Oceano, che portano nomi dei navigatori, poi
quelle del Principe Edoardo, di Sandwich, della Nuova
Georgia, ecc.
in questi paraggi che William Smith, comandante del
brick William, andando da Montevideo a Valparaiso, aveva, nel
1818, scoperto le Shetland del Sud, terre aride e nude coperte
di neve, ma sulle quali sollazzavano immensi branchi di vitelli
marini, animali la cui pelle serve da pelliccia e che non se ne
erano fino allora trovati se non nei mari del Sud. A questa
notizia le navi baleniere si affrettarono a visitare le rive di
recente scoperte, e si calcola che nel 1821 e 1822 trecento
ventimila vitelli marini furono catturati su questo arcipelago, e
che la quantit d'olio d'elefante marino pu essere valutata, per
lo stesso tempo, a novecentoquaranta tonnellate. Ma siccome si
erano uccisi maschi e femmine, questi nuovi terreni da caccia
furono presto esauriti. Si rilevarono dunque in poco tempo le
dodici isole principali e le innumerevoli roccie, quasi
interamente prive di vegetazione, che compongono
quest'arcipelago.
Due anni dopo, Botwell scoperse le Orcadi meridionali;
poi, sotto le medesime latitudini, Palmer ed altri balenieri
intravidero o credettero riconoscere delle terre che ricevettero il
nome di Palmer e della Trinit.
Ben altre scoperte pi importanti dovevano compiersi in
queste regioni iperboree, e le ipotesi di Dalrymple, di Buffon e
di altri scienziati del secolo XVIII sull'esistenza di un
continente australe facente contrappeso alle terre del polo Nord
dovevano ricevere una inattesa conferma dai lavori di questi
intrepidi esploratori.
La Russia si trovava da alcuni anni in un periodo
notevolissimo d'incoraggiamento alla marina nazionale e alle
ricerche scientifiche. Abbiamo narrato interessanti viaggi dei
circumnavigatori, ma rimane a parlare di Bellingshausen e del
suo viaggio intorno al mondo, per la parte importante che vi ha
l'esplorazione dei mari antartici.
I due bastimenti, il Vostok, capitano Bellingshausen, e il
Mimi, comandato dal luogotenente Lazarew. lasciarono
Cronstadt il 3 luglio 1819 per i mari polari del Sud. Il 15
dicembre riconobbero la Georgia meridionale, e sette giorni
dopo scoprirono, nel sud-est, un'isola vulcanica, alla quale
diedero il nome di Traversay, e di cui fissarono la posizione a
52 15' di latitudine e 27 21' di longitudine all'ovest del
meridiano di Parigi.
Continuando a camminare all'est per quattrocento miglia
sotto il 60, fino al 187 meridiano, volsero allora al sud fino al
70; l soltanto una barriera di ghiacci tagli loro il cammino e
imped ad essi di penetrar oltre.
Bellingshausen non si diede per vinto, volse all'est, per lo
pi all'interno del Circolo polare; ma al 44 fu costretto
ritornare al nord. A quaranta miglia di distanza giaceva una
gran terra che un baleniere trovando libera la rotta doveva
scoprire dodici anni pi tardi.
Ridisceso fino al 62 di latitudine, Bellingshausen fece
ancora rotta verso Port-J ackson per le necessarie riparazioni.
Tutta l'estate fu consacrata dal navigatore russo a una
crociera nei mari oceanici, dove scoperse non meno di sette
nuove isole. Di ritorno a Port-J ackson, Bellingshausen ne
ripart il 31 ottobre per una nuova spedizione.
Anzitutto le due navi riconobbero le isole Macquarie: poi,
tagliando il 60 di latitudine per 160 di longitudine est,
camminarono nell'est fra il 64 e il 68 fino al 95 di
longitudine ovest. Il 9 gennaio 1821, Bellingshausen raggiunse
il 70 di latitudine, e l'indomani scopriva, a 69 30' e 92 20' di
longitudine ovest un'isola che ricevette il nome di Pietro I, terra
la pi meridionale che si fosse conosciuta fino allora. Poi, a 15
nell'est, e quasi sotto il medesimo parallelo, ebbe cognizione
d'una nuova terra che fu chiamata Terra d'Alessandro I.
Distante appena 200 miglia dalla Terra di Graham, esse deve
unirvisi, stando a Krusenstern, giacch fra queste due isole il
mare si mostra costantemente scolorato, senza contare altri
indizi che sembrano confermare questa opinione.
Di l le due navi, facendo rotta al nord e passando al largo
della Terra di Graham, raggiunsero la Nuova Georgia in
febbraio e ritornarono a Cronstadt nel luglio 1821, appunto due
anni dopo la loro partenza, non avendo sofferto altra perdita
all'infuori di tre uomini sopra un equipaggio di 2000 marinai.
Avremmo voluto dare particolari pi completi su questa
interessantissima spedizione, ma la relazione originale
pubblicata in russo a Pietroburgo, sfuggita alle nostre
ricerche, e abbiamo perci dovuto accontentarci del riassunto
pubblicato nel Bollettino della Societ di Geografia nel 1837.
In quel tempo un mastro della marina reale, J ames
Weddell, riceveva da una casa di commercio di Edimburgo il
comando di una spedizione incaricata di raccogliere pelli di
vitelli marini nei mari del Sud, in cui doveva soggiornare due
anni. Essa si componeva del brick Jane di 160 tonnellate,
capitano Weddell; e del cutter Beaufort, di 65 tonnellate,
comandato da Matteo Brisbane.
Questi due bastimenti lasciarono l'Inghilterra il 17
settembre 1822, si fermarono a Buonavista, una delle isole del
capo Verde, e ancorarono, l'11 dicembre successivo, nel porto
di Sant'Elena, sulla costa orientale della Patagonia, dove furono
fatte utili osservazioni sulla posizione di questo porto.
Weddell riprese il mare il 27 dicembre, e facendo rotta al
S.-E. giunse il 12 gennaio in vista di un arcipelago cui diede il
nome di Orcadi Australi. Queste isole sono situate al 60 45' di
latitudine sud e 45 di longitudine all'ovest del meridiano di
Greenwich.
Questo piccolo gruppo presenterebbe, se si ha a credere a
questo navigatore, un aspetto ancor pi spaventevole del
Nuovo Shetland. Da qualunque parte si volga lo sguardo, non
si scorgono che punte acute di rocce, assolutamente nude, che
sorgono come da un mare su cui si urtano, con un rumore di
tuoni, enormi ghiacci fluttuanti.
I pericoli che corrono le navi in quei paraggi sono
istantanei, e gli 11 giorni che Weddell pass sotto vela a
rilevare minutamente le isole, gli isolotti e le rocce di questo
arcipelago, furono senza riposo per l'equipaggio, che si vide di
continuo in procinto di perire. Furono raccolti dei saggi dei
principali strati di queste isole, e al ritorno furono deposti nelle
mani del professore J ameson di Edimburgo, che vi riconobbe
delle rocce primitive vulcaniche.
Weddell s'inoltr allora nel sud, travers il Circolo Polare
al 30 est di Greenwich e non tard a incontrare numerose isole
di ghiaccio. Quando ebbe oltrepassato il 70 queste divennero
meno numerose, e finirono per scomparire affatto. Il tempo si
fece mite, gli uccelli riapparvero a frotte innumerevoli intorno
alla nave, mentre branchi di balene si sollazzavano nella scia
del bastimento. Questo singolare e inatteso raddolcimento della
temperatura sorprese tutti, tanto pi che si accentuava mano
mano ci s'internava nel sud.
Le circostanze erano tanto favorevoli che a ogni istante
Weddell si aspettava di scoprire qualche nuova terra; il che
per non accadde.
Il 20 gennaio il bastimento si trovava a 36 1/4 est e 74
15'.
Avrei volentieri esplorato la parte S.-O., dice Weddell,
ma considerando l'avanzata stagione e che per ritornarcene
avremmo dovuto percorrere uno spazio di mare di 1000 miglia,
sparso d'isole di ghiaccio, non potei pigliare altro partito che
approfittare di questo vento favorevole per ritornarmene.
Non avendo scorto alcun indizio di terra in questa
direzione, e il vento del sud soffiando con forza, Weddell
ritorn indietro fino al 58 di latitudine e s'inoltr nell'est fino a
100 miglia dalla Terra Sandwich. Il 7 febbraio il navigatore
volse di nuovo al sud, attraverso un banco di ghiaccio di 50
miglia di larghezza, e il 20 febbraio torn a 74 15'. Dall'alto
degli alberi della nave non si scorgeva da ogni parte che il
libero mare e quattro isole di ghiaccio.
Questi deviamenti verso il sud avevano dati inattesi
risultati. Weddell si era inoltrato verso il polo, 214 miglia pi
lontano di suoi predecessori, compreso Cook. Diede il nome
di Giorgio IV a quella parte del mare antartico che aveva
esplorato. Cosa singolare, e sulla quale bene insistere, i
ghiacci erano diminuiti man mano che si penetrava pi avanti
nel sud, le nebbie e gli uragani erano continui, l'atmosfera era
giornalmente carica di un'umidit compatta, il mare era
profondo, aperto e la temperatura singolarmente dolce.
Altra nota preziosa: i movimenti della bussola erano tanto
lenti sotto questa latitudine australe quanto quelli che Parry
ebbe a notare nelle regioni artiche.
I due bastimenti di Weddell, separati dalla tempesta, si
riunirono alla Nuova Georgia, dopo una pericolosa navigazione
di 1200 miglia attraverso i ghiacci. Quest'isola, scoperta da La
Roche nel 1675, visitata nel 1756 dal vascello il Lion, non era
veramente ben nota che dopo l'esplorazione fattane da Cook; i
particolari che aveva dato nella sua relazione sull'abbondanza
dei vitelli marini e dei leoni marini avevano risolto gran
numero di armatori a frequentarla. Erano segnatamente inglesi
e americani che portavano le pelli degli animali uccisi in
China, dove non le vendevano a meno di venticinque a trenta
franchi al pezzo. In pochi anni il numero delle pelli dei vitelli
marini uccisi ascese a 1.200.000. Perci questa razza d'animali
vi era gi quasi spenta.
La lunghezza della Georgia meridionale di circa 30
leghe e la sua larghezza media di tre leghe. Essa talmente
frastagliata da baie, che in alcuni luoghi le due rive di quei
piccoli ancoraggi sembrano toccarsi. Le cime delle montagne
sono assai erte e sempre coperte di neve. Nelle vallate, la
vegetazione non manca di forza nell'estate. Vi si nota
sopratutto una specie di foraggio i cui steli vigorosissimi
s'innalzano comunemente a due piedi d'altezza. Non vi sono
quadrupedi, ma l'isola popolata d'uccelli e di animali anfibi.
Vi si incontrano delle immense frotte di pinguini che
passeggiano sulla riva, con la testa alta e l'aria superba. Si
direbbero, per ricordare l'espressione di un antico navigatore,
sir J ohn Narborough, frotte di fanciulli col grembialetto bianco.
Vi si vedono pure delle quantit d'albatros, uccelli di sedici o
diciassette piedi d'apertura d'ali, e il cui volume, spennacchiato,
ridotto alla met.
Weddell visit pure le Nuove Shetland e not che l'isola
Bridgeman, che fa parte di questo arcipelago, un vulcano
tuttora in attivit. Gli fu impossibile di sbarcare, stantech tutti
i porti erano bloccati dai ghiacci, e dovette recarsi alla Terra
del Fuoco.
Nel soggiorno di due mesi che Weddell vi fece, riun
preziose osservazioni sui vantaggi che offre questa costa ai
navigatori e pot acquistare esatte nozioni sul carattere degli
abitanti.
Nell'interno vi sorgono delle montagne, sempre coperte di
neve,

la pi alta delle quali non sembra oltrepassare tremila
piedi. Weddell non pot scorgere il vulcano che vi osservarono
altri viaggiatori, e segnatamente Basii Hall nel 1822, ma
raccolse una quantit di lava da esso proveniente. Del resto,
non vi poteva esser dubbio sulla sua esistenza, giacch
Weddell, in un precedente viaggio fatto nel 1820, aveva notato
che il cielo era talmente rosso al disopra della Terra del Fuoco,
che non aveva potuto attribuire questa colorazione straordinaria
che a una eruzione vulcanica.
Fino allora i viaggiatori che avevano visitato la Terra del
Fuoco erano poco d'accordo sulla temperatura di questa regione
polare. Weddell attribuisce queste divergenze alla differenza
delle epoche del loro soggiorno e dei venti che dominavano.
Per lui, se il vento soffia dal sud, il termometro non
oltrepasser mai due o tre gradi sopra lo zero; se al contrario
viene dal nord, far tanto caldo quanto in luglio in Inghilterra.
Gli animali di cui il navigatore not la presenza sono i cani
e le lontre, e, secondo lui, sarebbero i soli quadrupedi del
paese.
Le relazioni con gli indigeni furono sempre cordiali.
Dapprima questi fecero il giro del bastimento, senza osare di
salirvi; ma non tardarono poi a familiarizzarsi. Le scene
medesime che sono state descritte al tempo del passaggio della
prima nave per lo stretto, si riprodussero fedelmente non
ostante il tempo trascorso. Del pane, del madera e del manzo
che si serv a questi indigeni, non si attennero che all'ultimo.
Per essi, gli oggetti pi preziosi erano il ferro e gli specchi,
dinanzi a cui facevano smorfie e contorsioni stravaganti e che
divertivano tutto l'equipaggio.
Del resto, il loro assetto bastava a eccitare l'ilarit. Con la
loro tinta nera, le penne azzurre, la faccia tracciata di linee
parallele rosse e bianche come una tela da materasso, offrivano
una fisionomia tanto grottesca che si prestava alle facezie e alle
risa degli Inglesi.
Poco soddisfatti dai pezzi di cerchio di barile che si davano
loro e trovando meschini questi doni offerti da gente che
possedeva tante ricchezze, si misero presto a pigliarsi tutto ci
che loro conveniva. Questi furti furono facilmente repressi, ma
produssero parecchie scene piacevoli e permisero di ammirare
la meravigliosa facolt di imitazione di quei selvaggi.
Un marinaio, narra Weddell, aveva dato a uno di essi una
tazza di stagno piena di caff; questi bevette il caff e si tenne
la tazza. Il marinaio, accortosi che la tazza era sparita, la
domanda vivamente, e non ostante l'energia del suo gesto
nessuno si presenta a restituire l'oggetto rubato. Dopo aver
adoperato tutti i mezzi imaginabili, quest'uomo, furioso,
pigliando un atteggiamento tragico, grid con tono animato:
Canaglia dal color di rame, che hai fatto della mia tazza? Il
selvaggio imitando il suo atteggiamento ridisse in inglese e sul
medesimo tono: Canaglia dal color di rame, che hai fatto della
mia tazza? L'imitazione fu cos esatta e cos pronta che tutto
l'equipaggio proruppe in una risata, eccetto il marinaio che si
slanci sul ladro, lo frug e trov la sua tazza di stagno.
Sotto quel clima rigido, senza vesti, senza nutrimento, in
mezzo a sterili montagne, senz'animali che possano fornir loro
un alimento sostanzioso che li riconforti, i Fuegini si trovano in
uno stato di abbrutimento assoluto. La caccia non pu fornir
loro mezzi seri di sussistenza, la pesca insufficiente: son
dunque costretti aspettare che la tempesta getti sulle loro coste
dei grossi cetacei, ch'essi divorano a tutto pasto senza neppur
darsi la pena di farne cuocere la carne.
Nel 1828, il vascello Chanticleer, comandato da Enrico
Foster, era stato incaricato di fare delle osservazioni del
pendolo per la determinazione della figura della terra. Questa
spedizione dur tre anni e termin con la morte del suo
comandante, che anneg nel 1831 nel fiume Chagres. Noi non
ne parliamo se non perch il 5 gennaio 1829 questo bastimento
riconobbe ed esplor il gruppo delle Shetland meridionali. Il
comandante anzi scese a grande stento sopra una di queste
isole, ove raccolse alcuni campioni di quelle sieniti di cui il
suolo composto e una piccola quantit di neve rossa, affatto
simile a quella che parecchi esploratori avevano trovato nei
paraggi del polo Nord. Ma si ha una ricognizione di ben pi
vivo interesse: quella che fece nel 1830 il baleniere J ohn
Bisco.
Il brick Tuia di centoquarantotto tonnellate e il cutter
Lively, lasciarono, sotto i suoi ordini, il porto di Londra il 14
luglio 1830. Questi due bastimenti, appartenenti ai signori
Enderby, erano armati per la pesca delle foche e provvisti di
tutti gli oggetti necessari a questa lunga e penosa navigazione.
Ma le istruzioni che Bisco aveva ricevuto gli prescrivevano
altres di cercar di fare qualche scoperta nei mari antartici.
I due bastimenti raggiunsero le Maluine, ne ripartirono il
27 novembre, cercarono invano le isole Aurora e si diressero
verso la Terra di Sandwich, la cui punta settentrionale fu girata
il 1 gennaio 1831.
Arrivati al cinquantesimo parallelo, incontrarono dei
ghiacci compatti che li forzarono ad abbandonare la rotta del
S.-O., direzione sulla quale si notavano i segni della vicinanza
della terra. Bisogn dunque volgere a est, costeggiare il banco
di ghiaccio fino a 9 34' di longitudine occidentale. Fu
solamente il 16 gennaio che Bisco pot tagliare il 60
parallelo sud.
Cook nel 1765 aveva trovato mare libero sopra uno spazio
di 250 miglia, lo stesso in cui una barriera insormontabile
aveva arrestato il tentativo di Bisco.
Continuando a camminare verso il S.-E. fino a 68 51' di
latitudine e 10 di longitudine orientale, il navigatore non pot
a meno di stupirsi della scolorazione dell'acqua, della presenza
di parecchi eaglets (aquilotti) e di piccioni del Capo,
finalmente della direzione del vento che soffiava da S.-S.-O.,
indizio certo della vicinanza di una grande terra. Ma i ghiacci
gli vietarono l'accesso del sud, e perci Bisco dovette
proseguire la sua rotta all'est avvicinandosi al Circolo Polare.
Finalmente il 27 febbraio, dice Desborough Cooley, a 65
57' sud e 45 di longitudine orientale vide assai distintamente
una terra di notevole estensione, montuosa e coperta di neve,
alla quale diede il nome di Enderby. Tutti i suoi sforzi fin
d'allora ebbero per iscopo di abbordarvi, ma essa era
interamente circondata da ghiacci che ne impedivano
ravvicinarsi. Dopo di ci un vento inaspettato separ le due
navi e le trasse verso il sud-est avendo ancora per lungo tempo
in vista la medesima terra che offriva dall'est all'ovest
un'estensione di oltre 200 miglia. Ma il cattivo tempo e lo stato
deplorevole della salute dell'equipaggio costrinsero il capitano
Bisco a lasciarsi portare sulla terra di Van Diemen, dove fu
raggiunto parecchi mesi dopo dal Lively.
Gli esploratori furono pi volte testimoni del chiarore
abbagliante delle aurore australi, spettacolo meraviglioso,
impossibile a dimenticarsi.
Per la prima volta, dice Bisco, gli splendidi riflessi
dell'aurora australe volgevano sopra di noi in forma di
magnifiche colonne, poi pigliavano a un tratto l'aspetto di una
frangia di tappezzeria e, un istante dopo, si agitavano nell'aria
come serpenti; spesso questi sprazzi di luce sembravano essere
a poche verghe al disopra delle nostre teste, e per certo si
trovavano nella nostra atmosfera.
La terra, montuosa e coperta di neve, correva seguendo la
direzione E.-O., sotto il parallelo 66 30'; per sfortuna non fu
possibile avvicinarla di pi di due leghe; essa era dappertutto
costeggiata da ghiacci.
Lasciando la Terra di Van Diemen il 14 gennaio 1832,
Bisco si diresse con le sue due navi al S.-E. A pi riprese, dei
fuchi (piante marine) galleggianti alla superficie del mare, e
quantit d'uccelli che si scostano di poco dalla terra, delle nubi
basse e fitte fecero credere a Bisco che stava per fare qualche
scoperta; ma la tempesta lo imped certo di spingere oltre la sua
ricognizione. Finalmente il 12 febbraio a 66 27' di latitudine e
84 10' di longitudine, di nuovo furono scorti, in gran numero,
albatri, pinguini e balene; il 15 fu scoperta una terra nel S.-E.
ad una grande distanza; l'indomani si riconobbe essere un'isola
cui si diede il nome di Adelaide, in onore della regina
d'Inghilterra. Su quest'isola, a una lega circa dalla riva del
mare, si elevano parecchi cocuzzoli di forma conica, a base
larghissima.
I giorni successivi ci si pot accertare che essa non era
isolata, ma faceva parte di una catena d'isolotti posti dinanzi a
una terra alta.
Questa terra, che si estendeva su di uno spazio di 250
miglia in una direzione E.-N.-E. e O.-S.-O., ricevette il nome di
Graham, mentre quello di Bisco rimaneva unito alla catena
delle isole che questo navigatore aveva scoperto. Il paese non
offriva la minima traccia di piante o d'animali.
Bisco, per dare una sanzione certa alla sua scoperta,
discese, il 21 febbraio, sulla gran terra, onde prenderne
possesso e determin con 64 45' di latitudine sud e 66 11' di
longitudine ovest di Parigi la posizione d'un'alta montagna, alla
quale diede il nome di monte William.
Ci si trovava, dice il Bollettino della Societ di Geografia
del 1833, in una baia profonda, ove l'acqua era tanto quieta che,
se vi fossero state delle foche, si sarebbe potuto facilmente
caricarne le due navi, attesoch si sarebbe potuto, senza
difficolt, avvicinarsi alle scogliere per dar loro la caccia.
L'acqua era anche profondissima, poich quasi presso alla
riva non si toccava il fondo a 20 braccia. Il sole era tanto caldo
che la neve si scioglieva sopra tutte le rupi situate in riva
all'acqua, circostanza che rendeva ancor pi straordinaria
l'assenza totale delle foche.
Di l Bisco raggiunse lo Shetland del Sud, cui potrebbe
unirsi la Terra di Graham; poi sost alle Maluine dove il Lively
si perdette, e finalmente torn in Inghilterra.
Il capitano Bisco ricevette in ricompensa delle sua
fatiche, e per incoraggiarlo ne' suoi sforzi, i grandi premi delle
Societ Geografiche di Londra e di Parigi.
In seguito a questi viaggi sorsero animatissime
controversie sulla esistenza di un continente australe e sulla
possibilit di navigare al di l di una prima barriera di ghiacci,
appoggiata sulle isole gi scoperte.
Tre potenze risolvettero a quel tempo stesso di inviarvi una
spedizione. La Francia affid il comando della sua a Dumont
d'Urville, l'Inghilterra a J ames Ross e gli Stati Uniti al
luogotenente Charles Wilkes.
Gli onori ai nuovi venuti. Quest'ultimo ricevette il
comando di una piccola squadra composta del Purpoise, di due
sloops, il Vincennes e il Peacock, di due schooners, Sea-Gull e
Flying-Fish, e di una gabarra, il Relief. Quest'ultima, che
portavate suoi fianchi un supplemento di provvigioni, fu
spedita a Rio, mentre gli altri bastimenti, prima di fermarsi su
quella rada, toccarono Madera e le isole del Capo Verde.
Dal 24 novembre 1838 al 6 gennaio 1839 la squadra si
ferm nella baia di Rio J aneiro, raggiunse poscia il Rio Negro,
dove soggiorn sei giorni, e non arriv che il 19 febbraio 1839
al porto Oranges alla Terra del Fuoco.
In questo luogo la spedizione si divise: il Peacock e il
Flying-Fish furono inviati verso il punto in cui Cook aveva
girato il 65 di latitudine; il Relief penetr, coi naturalisti, nello
stretto di Magellano, da uno dei passi situati a S.-E. della Terra
del Fuoco; il Vincennes rimase al porto Orange, mentre il Sea-
Gull e il Purpoise partivano il 24 febbraio pei mari australi.
Wilkes riconobbe la Terra di Palmer sopra una lunghezza di 30
miglia sino al punto in cui volge verso S.-S.-E., ch'egli chiam
capo Hope; poi visit le Shetland e pratic alcune felici
rettifiche alla loro geografia.
I due bastimenti, dopo 36 giorni passati in quelle regioni
inospitali, fecero rotta al nord. Dopo diversi incidenti di
navigazione, oggid di non grande interesse, avendo perduto il
Sea-Gull, Wilkes sost al Callao, visit la Pomot, Taiti, le
isole della Societ dei Navigatori, e sost a Sydney il 28
novembre.
Il 29 dicembre 1839 la spedizione ripigliava ancora il mare
e si dirigeva al sud. L'obiettivo era di raggiungere la pi alta
latitudine fra il 160 e il 145 a est del meridiano di Greenwich,
andando da est ad ovest. I bastimenti avevano libert di
manovra, e in caso di separazione era fissato un convegno.
Fino al 22 gennaio si rilevarono numerosi indizi di terra, e
alcuni ufficiali credettero anzi di scorgerla; ma risulta dalle
deposizioni di costoro nel processo che Wilkes ebbe a
sostenere al suo ritorno, che se qualche circostanza avesse
respinto al nord il Vincennes prima del 22 gennaio, la
spedizione non avrebbe avuta alcuna certezza dell'esistenza di
un continente australe. Soltanto a Sydney, Wilkes, udendo dire
che d'Urville aveva scoperto la terra il 19 gennaio, pretese
averla scoperta lo stesso giorno.
Questi fatti sono messi in sodo da un articolo assai
concludente pubblicato dall'idrografo Daussy nel Bollettino
della Societ di Geografia.
Si vedr pi innanzi che fin dal 21 gennaio d'Urville aveva
sbarcato su quella nuova terra, La priorit della scoperta deve
dunque essere riservata a lui.
Il Peacock-Fish e il Flying-Fish avendo sofferto delle
avare e non avendo potuto affrontare lo stato del mare n i
ghiacci galleggianti, avevano fatto rotta al nord fin dal 24
gennaio e dal 5 febbraio.
Il Vincennes e il Purpoise soltanto avevano continuato
quell'aspra crociera fino al 97 di longitudine est, vedendo la
terra e avvicinandovisi di tempo in tempo da 10 miglia a tre
quarti di miglio, secondo che i banchi di ghiaccio lo
permettevano.
Il 29 gennaio, dice Wilkes nel suo rapporto all'istituto
nazionale di Washington, entrammo in quella ch'io ho
chiamato baia Piners, il solo posto in cui abbiamo potuto
sbarcare sulle nude rocce, ma fummo respinti da uno di quei
colpi di vento repentini che sono ordinari in quei mari.
Uscimmo da questa baia, scandagliando a trenta braccia. Il
vento dur trentasei ore, e dopo esserci sottratti parecchie volte
e molto da vicino al pericolo d'essere infranti contro i ghiacci,
ci trovammo a 60 miglia sottovento dalla baia; siccome era
probabile allora che la terra che avevamo scoperta fosse di una
grande estensione, pensai che era pi importante seguirla verso
l'ovest anzich ritornare per sbarcare alla baia Piners, non
dubitando del resto che avremmo trovato occasione di farlo su
qualche punto pi accessibile. Fui per ingannato in
quest'aspettativa, e i banchi di ghiaccio ci impedirono
costantemente di avvicinarci a terra. Sul limite di quei banchi
trovammo grandi masse di ghiaccio coperte di fango, di rocce e
di pietre, di cui potemmo prendere dei campioni tanto numerosi
come se li avessimo staccati dalle rupi stesse. La terra coperta
di neve si scorse distintamente in pi luoghi, e fra questi punti,
le apparenze erano tali che lasciarono pochissimo o anzi nessun
dubbio nella mia mente, che l non vi fosse una linea continua
di coste, la quale meritasse il nome che le abbiamo dato di
continente antartico. Quando raggiungemmo il 97 est
trovammo che il ghiaccio si dirigeva verso il nord; lo
seguimmo in questa direzione e arrivammo a poche miglia
vicini al punto in cui Cook era stato fermato dalla barriera di
ghiaccio nel 1773.
La baia Piners, dove Wilkes sbarc, situata a 140 est
(137 40 di Parigi) cio il punto medesimo in cui d'Urville
aveva sbarcato il 21 gennaio.
Il 30 gennaio il Purpoise aveva scorto i due bastimenti;
d'Urville si era avvicinato ad essi a portata di voce, ma quelli
pareva si rifiutassero ad ogni comunicazione.
Wilkes riguadagn Sydney dove trov il Peacock in
riparazione, si rec con questo bastimento alla Nuova Zelanda,
di l a Tonga-Tabu, poi alle Fidji, dove furono massacrati dagli
indigeni due giovani ufficiali della spedizione.
Le isole degli Amici, dei Navigatori, le Sandwich,
l'imboccatura della Colombia alla costa occidentale d'America,
gli stretti dell'Ammiragliato di Pouzet, l'isola Vancouver, le
isole dei Ladroni, Manilla, le Sulu, Singapore, le isole della
Sonda, Sant'Elena, Rio-J aneiro furono le numerose soste di
questo lungo viaggio che termin il 9 giugno 1842 a Nuova
York, dopo un'assenza di tre anni e 10 mesi. I risultati in tutti i
rami della scienza furono notevoli, e, pel suo esordire nella
carriera dei viaggi di circumnavigazione, la giovane repubblica
degli Stati Uniti aveva fatto un colpo maestro.
Nonostante tutto l'interesse che presenta la preziosa
relazione di questa spedizione, nonch i trattati speciali che
l'accompagnano e che si devono alla penna degli scienziati
Dana, Gould, Pickering, Gray, Cassin e Brackendrige, siamo
costretti a trascurare tutto ci che s' fatto in contrade gi note.
L'esito di questa grande pubblicazione fu notevole, facile
comprenderlo, al di l dell'Atlantico, paese che non conta che
un piccol numero di esploratori ufficiali.
Contemporaneamente a Wilkes, sul principio del 1839,
Balleny, capitano dell'Elisabeth-Scott, portava il suo contributo
alle ricognizioni delle terre antartiche.
Partito dall'isola Campbell, al sud della Nuova Zelanda,
era pervenuto, il 7 febbraio, al 67 7' di latitudine e 164 25' di
longitudine a ovest del meridiano di Parigi. Facendo rotta a
ovest due giorni pi tardi, dopo aver riconosciuto molti indizi
della vicinanza della terra, aveva scoperto nel S.-O. una striscia
nera che, alle sei di sera, non si poteva esitare a prenderla per
terra. Erano tre isole alquanto notevoli, la pi occidentale era la
pi lunga. Ricevettero il nome di Balleny. Come si pu
imaginare, il capitano manovr per andare a terra, ma quelle
isole erano difese da una barriera di ghiaccio senza alcun
passo. Si dovette dunque accontentarsi di fissare la posizione
dell'isola centrale a, 66 44' e 162 25' di longitudine.
L'11 febbraio fu vista ancora una terra alta e coperta di
neve nell'O.-S.-O.; l'indomani non si era pi che a una diecina
di miglia da essa; vi ci si accost, e fu staccato un canotto. Era
una spiaggia di tre o quattro piedi di larghezza, ai cui piedi
dirupi verticali e inaccessibili ne impedivano l'accesso e
bisogn bagnarsi fino a met del corpo per raccogliere alcuni
campioni di lava, giacch quella terra vulcanica e le sue
montagne sono sormontate da un pennacchio di fumo.
Ancora una volta, il 2 marzo, a 65 di latitudine e 120
244' di longitudine circa, si scorse, dal ponte dell'Elisabeth-
Scott, una nuova parvenza di terra, si mise in panna per passare
la notte, e l'indomani si tent dirigersi verso il sud-ovest; ma fu
impossibile di sorpassare il banco di ghiaccio attaccato alla
riva. Questa nuova terra ricevette il nome di Sabrina. Balleny
dovette allora riprendere la rotta del nord, ed a queste
indicazioni incomplete ma sicure che si limitano le sue
scoperte.
Nel 1837, al momento in cui Wilkes partiva per la
spedizione che abbiamo narrata, il capitano Dumont d'Urville
propose al Ministero della Marina un nuovo progetto di viaggio
intorno al mondo. I servigi da lui resi dal 1819 al 1821 durante
una campagna idrografica, dal 1822 al 1825 sulla Coquille col
capitano Duperrey, finalmente dal 1826 al 1829 sull'Astrolabe,
i suoi studi e la sua esperienza gli davano ben diritto di
sottoporre le sue vedute al Governo e di fare in maniera di
completare la massa delle informazioni ch'egli stesso ed altri
navigatori avevano raccolte su paraggi imperfettamente
descritti, sebbene importantissimi a conoscersi sotto l'aspetto
dell'idrografia, del commercio e delle scienze.
Il Ministero si affrett ad accettare le offerte di Dumont
d'Urville e fece di tutto per dargli dei collaboratori illuminati,
nei quali potesse aver fiducia.
Le due corvette l'Astrolabe e la Zle, munite di tutto ci
che i precedenti viaggi intrapresi dalla Francia avevano fatto
riconoscere necessario, furono messe a sua disposizione.
Fra gli ufficiali che l'accompagnavano, parecchi dovevano
giungere al grado di ufficiale generale: erano J acquinot,
comandante della Zle, Goupvent-Desbois, Du Bouzet, Tardy
de Montravel e Prigot, i cui nomi sono ben noti a tutti coloro
che si sono occupati della storia della marina francese.
Le istruzioni che ricevette il comandante della spedizione
dal viceammiraglio di Rosamel differivano da quelle che erano
state date ai suoi predecessori, nel senso che gli era prescritto
d'inoltrarsi verso il polo sud tanto lungi quanto i ghiacci glielo
permettessero. Egli doveva altres completare il gran lavoro
che aveva eseguito nel 1827 sulle isole Viti, e, dopo una
ricognizione dell'arcipelago Salomon, susseguita da una sosta
al fiume dei Cigni in Australia e alla Nuova-Zelanda, doveva
visitare le isole Ghatham e la parte delle Caroline riconosciuta
da Ltk, per raggiungere poscia Mindanao, Borneo, Batavia,
donde ritornerebbe in Francia per il capo di Buona Speranza.
Queste istruzioni terminavano con delle considerazioni di
un grande interesse, che attestavano le vedute elevate
dell'amministrazione.
Sua Maest, diceva l'ammiraglio di Rosamel, non ebbe
solamente in vista i progressi dell'idrografia e delle scienze
naturali; la sua regale sollecitudine per gli interessi del
commercio francese e per lo sviluppo delle spedizioni dei
nostri armatori, gli ha fatto considerare sotto un punto di vista
pi largo l'estensione della nostra missione e i vantaggi ch'essa
deve realizzare. Voi visiterete gran numero di punti che
importa assai di studiare sotto l'aspetto dei mezzi che possono
offrire alle nostre navi baleniere. Voi dovrete raccogliere tutte
le informazioni atte a guidarle nelle loro spedizioni per
renderle pi fruttuose. Sosterete nei porti in cui il nostro
commercio mantiene gi delle relazioni e in cui il passaggio di
un bastimento dello Stato pu produrre una salutare influenza,
e in altri in cui forse i prodotti delle nostre industrie
troverebbero uno smercio fino ad oggi ignorato, sui quali
potrete, al vostro ritorno, fornire delle preziose indicazioni.
Dumont d'Urville ricevette, insieme ai voti e agli
incoraggiamenti personali di Luigi Filippo, i segni del pi vivo
interesse dell'Accademia delle scienze morali e della Societ di
geografia. Per sfortuna non fu lo stesso da parte dell'Accademia
delle scienze, sebbene da oltre vent'anni il capitano d'Urville
non avesse cessato di lavorare per l'accrescimento del Museo di
storia naturale.
Sia per spirito di corpo, sia per una sfavorevole
prevenzione contro di me, scrive d'Urville, essi mostrarono
poca premura per la spedizione che si preparava, e i termini ne'
quali furono concepite le loro istruzioni furono per lo meno
tanto freddi come avrebbero potuto adoperarli verso una
persona a loro assolutamente estranea.
Devesi deplorare d'aver visto fra gli avversari pi accaniti
di questa spedizione l'illustre Arago, nemico dichiarato delle
ricerche polari.
Non fu cos di buon numero di scienziati stranieri, fra i
quali convien segnatamente citare Humboldt e Krusenstern,
che diressero a d'Urville le loro felicitazioni per questa nuova
campagna e pei servigi che le scienze potevano aspettarsi da
essa.
Dopo numerosi ritardi causati dall'armamento dei due
vascelli che dovevano trasportare il principe di J oinville al
Brasile, le due corvette l'Astrolabe e la Zle poterono
finalmente lasciare Tolone il 7 settembre 1837. Il 30 dello
stesso mese ancorarono sulla rada di Santa Croce di Teneriffa;
questa sosta d'Urville la sostituiva a quella del Capo Verde ,
perch sperava poter procuratisi del vino ed anche procedere a
certe osservazioni d'intensit magnetica e di altezza che gli si
era rimproverato di non aver eseguito nel 1826, bench si
sapesse benissimo ch'egli a quel tempo non era in grado di
farle.
Malgrado l'impazienza che manifestavano i giovani
ufficiali di andare a sollazzarsi a terra, dovettero assoggettarsi a
una quarantena di quattro giorni, recentemente stabilita in
seguito alla voce corsa di qualche caso di peste avvenuto nel
lazzaretto di Marsiglia.
Senza arrestarsi sui particolari dell'ascensione dei signori
Du Bouzet, Coupvent e Dumoulin in cima al picco, baster
citare queste poche ma entusiastiche frasi di Coupvent-
Desbois:
Giunti al piede del cocuzzolo, per un'ultima ora salimmo
sopra ceneri e detriti di pietre, e finalmente arrivammo alla
desiderata mta, al punto pi elevato di questo mostruoso
vulcano. Il cratere fumante si presenta agli occhi nostri come
una semisfera concava, solforosa, coperta di detriti di pomice e
di pietre, larga circa 400 metri e profonda 100. Il termometro
che , all'ombra, di 5 alle 10 del mattino, posto sul suolo, in
luogo da cui emanavano vapori solforosi, si spezzato. Vi sono
sugli orli e nel cratere una quantit di fumarole che distillano lo
zolfo nativo che forma la base della vetta. La rapidit dei
vapori tanto grande da far udire delle detonazioni. Il calore
del suolo tale che in certi luoghi impossibile porvi il piede
per qualche istante. Ora volgete lo sguardo intorno a voi;
vedete quelle tre montagne sormontate le une sulle altre? non
un'opera di giganti per dar la scalata al cielo? Considerate
questi immensi corsi di lava che divergono da un punto unico e
formano la costa che pochi secoli prima non avreste calpestato
impunemente. Guardate da lontano quell'arcipelago delle
Canarie, sparso qua e l sul mare che s'infrange sulle coste
dell'isola, della quale voi pigmei, formate la cima! Vedete
come Dio deve vedere e siate paghi delle vostre fatiche, o
viaggiatori che l'ammirazione dei grandi spettacoli della natura
vi ha tratti a 3704 metri al disopra del livello del mare!
Bisogna aggiungere a queste osservazioni che gli
esploratori notarono alla sommit del picco il pi vivo
splendore delle stelle, la facilit alla propagazione del suono,
finalmente l'intirizzirsi delle estremit del corpo e dei mali di
capo alquanto pronunciati, sintomi ben noti di ci che si
chiama il mal delle montagne.
Mentre una parte dello stato maggiore si occupava di
questa passeggiata scientifica, parecchi ufficiali percorrevano
la citt in cui non si nota che un pubblico passeggio alquanto
esiguo, chiamato l'Alameda, e la chiesa dei Francescani.
I dintorni sono abbastanza interessanti, sia pei numerosi
acquedotti che danno acqua alla citt, sia per la foresta di
Mercede, che meriterebbe piuttosto, a dire di d'Urville, il nome
di bosco ceduo, giacche non vi si vedono altro che arbusti e
felci.
La popolazione parve gioviale, ma dedita a una eccessiva
pigrizia, frugale, ma abbandonata alla pi abominevole
sporcizia, finalmente di una licenza di costumi senza nome.
Il 12 ottobre, i due bastimenti ripigliarono il mare
disponendosi a raggiungere al pi presto le regioni polari. Un
sentimento d'umanit risolse d'Urville a sostare a Rio. Lo stato
di un allievo, imbarcato affetto di mal di petto, andava ogni
giorno peggiorando, e il soggiorno nei ghiacci avrebbe
verosimilmente anticipata la sua fine; il che determin il
comandante a mutare il suo itinerario.
I due bastimenti ancorarono sulla rada di Rio, e non nella
baia, il 13 novembre, ma non vi si fermarono che una giornata,
vale a dire il tempo necessario per mettere a terra il giovane
Dopare e far provvigione di viveri freschi; poi ripresero la rotta
al sud.
Da molto tempo d'Urville desiderava esplorare lo stretto di
Magellano, non solo dal punto di vista idrografico, giacch i
rilievi tanto coscienziosi del capitano inglese King
cominciati nel 1826 e terminati nel 1834 da Fitz-Roy
lasciarono ben poco a fare, ma sotto l'aspetto della storia
naturale, in cui tanta messe di nuove osservazioni v'era da
raccogliere.
Non era interessante al pi alto grado il verificare quei
pericoli che risorgevano ad ogni istante, quei balzi di vento e
tutti quegli infortuni segnalati dagli antichi navigatori?
E poi, quei famosi Patagoni, oggetto di tante favole e
controversie, non si sarebbe soddisfatti di raccogliere intorno
ad essi dei documenti precisi e circostanziati?
D'altra parte, un'altra ragione militava in favore della sosta
al porto Ramine che d'Urville voleva sostituire a quella della
terra degli Stati. Rileggendo le relazioni degli esploratori che si
erano inoltrati nell'Oceano australe, il comandante si era
persuaso che il momento migliore per avvicinare con buon
esito quelle regioni era la fine di gennaio e il mese di febbraio.
Allora soltanto gli effetti del disgelo sono compiuti e non si
corre il rischio d'esporre gli equipaggi a fatiche ed a pericoli
inutili in una crociera intempestiva.
Dacch ebbe presa la sua risoluzione, d'Urville comunic
le sue nuove intenzioni al capitano J acquinot e fece subito vela
pel canale. Il 12 dicembre le due corvette erano in vista del
capo delle Vergini, e Dumoulin, assecondato dai giovani
ufficiali, cominciava sotto vela la bella serie dei suoi lavori
idrografici.
Nella spinosa navigazione dello stretto, d'Urville spieg
tant'audacia quanto sangue freddo, tant'abilit che presenza di
spirito e fece assolutamente ricredere sul suo conto buon
numero di marinai, che vedendolo camminare pesantemente a
Tolone e sofferente della gotta, esclamavano ingenuamente:
Oh! quel buon uomo non ci condurr molto lontano!.
Quando si usc dallo stretto, merc la continua vigilanza
del comandante, gli spiriti erano siffattamente mutati che si
ripeteva: Quel diavolo d'uomo arrabbiato! Ci ha fatto
rasentare le roccie, gli scogli e la terra, come non avesse mai
fatto altre navigazioni in vita sua! E noi che lo credevamo
morto nella schiena!.
Qui convien dire qualche parola della sosta al porto
Famine.
Lo sbarco vi facile; vi si trova una bella sorgente e legna
in abbondanza; le rupi forniscono una copiosa messe di telline,
di patelle, di buccine, e la terra produce del sedano e una specie
di insalata simile al piscialetto. Un altro mezzo di sussistenza
abbondantissimo in questa baia la pesca: per tutto il tempo
dello sosta, la rezzuola, il tramaglio e la lenza procurarono
eperlani, triglie ed altri pesci in tale abbondanza da nutrire gli
equipaggi.
Mentre stavo per rimbarcare, dice d'Urville, il mio
patrone mi consegn un bariletto che si era trovato sospeso a
un albero sulla spiaggia, nel momento in cui si era letto sopra
un vicino palo l'iscrizione Post-Office. Avendo constatato che
conteneva delle carte lo trasportai a bordo e presi cognizione
delle diverse pezze che conteneva. Erano note di capitani che
passarono per lo stretto, circa il tempo del loro passaggio, le
circostanze della loro traversata, alcuni avvisi ai loro
successori, e delle lettere per l'Europa e gli Stati Uniti. Pareva
che la prima idea di questo ufficio postale all'aria aperta fosse
dovuta al capitano americano Gunningham, che si serv in
modo semplicissimo di una bottiglia sospesa ad un albero,
nell'aprile 1833; il suo compatriota Water-House vi aggiunse,
nel 1835, l'utile complemento di un palo con la scritta;
finalmente il capitano inglese Carrick, comandante dello
schooner Mary-Ann, di Liverpool, pass per lo stretto nel
marzo 1837, diretto a Saint-Blas di California, vi ripass al suo
ritorno il 29 novembre 1837, cio 16 giorni prima di noi, e fu
lui che aveva sostituito il barile alla bottiglia, con invito a' suoi
successori di farne uso per le lettere che volessero far pervenire
alle loro diverse destinazioni. Io mi propongo di aggiungere
altres a questa misura veramente utile e ingegnosa nella sua
semplicit, creando un vero ufficio postale in cima alla
penisola, giacch la sua iscrizione per la dimensione de' suoi
caratteri sar tale che costringer l'attenzione dei navigatori che
non volessero ancorare a porto Famine, e la curiosit li indurr
a inviare un canotto per visitare la cassetta che sar applicata al
palo. Secondo ogni apparenza noi saremo i primi a raccoglierne
i frutti, e le nostre famiglie saranno gradevolmente sorprese di
ricevere nostre notizie da quella terra selvaggia e solitaria al
momento stesso in cui stiamo per slanciarci verso i ghiacci
polari.
A marea bassa l'imboccatura del fiume Sedger che si versa
nella baia Famine ostruita da banchi di sabbia; a trecento
metri pi lungi la pianura si trasforma in un immenso
acquitrino, da cui sorgono enormi tronchi d'alberi, ossami
giganteschi imbianchiti dall'azione del tempo, trasportati col
dalle piogge straordinarie che ingrossano il corso del fiume.
Una bella foresta serve di ciglio a questo fiume, e degli
arbusti armati di pungiglioni ne impediscono l'accesso. Le
essenze pi comuni sono il faggio dal tronco alto da 20 a 30
metri, con quasi un metro di diametro; la corteccia di Winter
che ha per molta tempo sostituito la cannella e una specie di
berberi.
I faggi pi grossi che d'Urville vi trov misuravano cinque
metri di circonferenza e potevano avere cinquanta metri
d'altezza.
Per sfortuna su questo litorale non si trovano n
mammiferi, n rettili, n conchiglie terrestri o fluviali: una o
due specie d'uccelli, dei licheni e dei muschi, ecco quanto il
naturalista vi pu solo raccogliere.
Parecchi ufficiali risalirono il Sedger fino a che la poca
profondit delle acque li arrest. Erano allora a sette miglia e
mezzo dall'imboccatura, e notarono che questo fiume poteva
avere, al punto in cui si scarica nel mare, trenta o quaranta
metri di larghezza.
Sarebbe difficile, dice il signor di Montravel, immaginare
un quadro pi pittoresco di quello che a ogni svolto appariva
agli occhi nostri. Dappertutto era quell'ammirabile disordine
che non si saprebbe imitare; un ammasso confuso di alberi, di
rami spezzati, di tronchi coperti di muschio che s'incrociano in
ogni senso.
Riassumendo, la stazione al porto Famine era stata delle
pi felici; l'acqua e la legna vi si trovarono assai facilmente; si
procedette a una quantit di riparazioni e di migliore; si fecero
osservazioni di fisica, di meteorologia, d'idrografia; finalmente
si raccolsero numerosi oggetti di storia naturale che offrivano
tanto maggiore interesse, in quanto che i diversi musei di
Francia non possedevano assolutamente nulla di queste regioni
inesplorate.
Un picciol numero di piante raccolte da Commerson e
conservate nell'erborario dal signor di J ussieu, dice la
relazione, rappresentava tutto ci che se ne sapeva.
Il 28 dicembre 1837 fu levata l'ancora senza che si fosse
potuto scorgere uno di quei Patagoni, il cui incontro eccitava
assai la curiosit degli ufficiali e dell'equipaggio.
I casi della navigazione costrinsero le due corvette ad
ancorare un po' pi lungi, al porto Galante, le cui rive,
costeggiate da alberi bellissimi, sono tagliate da torrenti che
formano, a poca distanza, magnifiche cascate da quindici a
venti metri d'altezza. Questa sosta non rimase infruttuosa,
giacch si raccolse gran numero di nuove piante e si rilev il
porto e le baie vicine. Ma il comandante, trovando la stagione
troppo avanzata, rinunci a uscire dallo stretto all'ovest, e
risolse di tornare sui suoi passi, onde aver un abboccamento coi
Patagoni prima di guadagnare le terre artiche.
La baia di San Nicola, che Bouganville aveva chiamata
baia dei Francesi, offerse uno spettacolo infinitamente pi
grazioso del porto Galante, in cui gli equipaggi passarono il 1
gennaio 1838. I soliti lavori idrografici vi furono condotti a
termine dagli ufficiali, sotto la direzione di Dumoulin.
Fu spedito un canotto al capo Rmarquable, dove
Bouganville asseriva aver visto delle conchiglie fossili; non
erano che piccole morelle impastate in una materia calcarea,
formanti uno strato fittissimo dal livello del mare fino a
un'altezza di cinquanta metri circa.
Furono pur fatte interessanti osservazioni col
termometrografo a duecentottanta braccia, senza trovare il
fondo a meno di due miglia dalla terra. Se alla superficie la
temperatura era di nove gradi, no rivelava due a questa
profondit, e siccome verosimilmente le correnti non
introducono tanto basso le acque dei due oceani, si sarebbe
indotti a credere che questa la temperatura propria di quella
profondit.
I bastimenti raggiunsero poscia la Terra del Fuoco, dove
Dumoulin riprese il corso de' suoi rilievi. Bassa, scoperta,
sparsa di rupi che servirono di traguardo, non offre in quel
luogo che pochissimi pericoli. L'isola Magdalena, la baia
Gente-Grande, l'isola Elisabeth, il porto Oazy, dove si distinse
con la lente un numeroso campo di Patagoni, il porto Peckett,
dove l'Astrolabe tocc a tre braccia d'acqua, furono
successivamente oltrepassati.
Al momento in cui ci si avvide che si toccava fondo, dice
Dumont d'Urville, vi fu un istante di stupore e anche
d'agitazione nell'equipaggio, e gi si udivano dei clamori. Con
voce ferma imposi silenzio, e senza parere di inquietarmi per
nulla di ci che accadeva, esclamai: nulla affatto, ne vedrete
ben d'altre! In seguito queste parole tornarono spesso alla
memoria dei nostri marinai. Importa assai pi che non si possa
immaginare, per un capitano, conservare la calma pi perfetta e
la massima impassibilit in mezzo ai pi imminenti pericoli,
anche per quelli ch'egli potrebbe giudicare inevitabili.
La stazione al porto Peckett fu rallegrata dalla vista dei
Patagoni. Tutti, ufficiali e marinai, erano impazienti di
scendere a terra. Una folla di indigeni a cavallo aspettava al
luogo dello sbarco.
Dolci e pacifici, essi risposero con compiacenza alle
domande che furono fatte loro. Consideravano con tranquillit
tutto ci che vedevano, e non rivelavano una grande bramosa
per gli oggetti che si mostravano loro. Non sembravano aver
alcuna tendenza al furto, e a bordo non tentarono di sottrarre
checchessia.
La loro statura media pareva essere di 1,73, sebbene se ne
fossero veduti di pi piccoli. Le loro membra sono grosse e
pienotte senza essere muscolose; le loro estremit di una
notevole piccolezza. Il loro tratto pi caratteristico la
larghezza della parte inferiore della faccia, mentre la fronte
bassa e fuggente. Gli occhi allungati e stretti, gli zigomi
alquanto sporgenti, il naso schiacciato danno loro abbastanza
somiglianza col tipo mongolo.
In essi tutto rivela la mollezza e l'indolenza, nulla il vigore
e l'agilit. Sia che si vedano accovacciati, sia che si vedano in
cammino, o in piedi, coi loro capelli cadenti sulle spalle, si
direbbero le donne di un harem anzich selvaggi abituati a
soffrire le intemperie delle stagioni e a lottare contro le
difficolt dell'esistenza. Sdraiati sopra delle pelli in mezzo ai
loro cani e ai loro cavalli, non hanno passatempo pi gradito
che di cercare, per regalarsene, i pidocchi di cui sono
largamente forniti. Sono tanto nemici del cammino, che
montano a cavallo per andare a raccogliere conchiglie sulla
spiaggia, che non lontana pi di cinquanta o sessanta passi.
Con essi viveva un bianco dall'aspetto miserabile e scarno;
si diceva originario degli Stati Uniti, ma non parlava l'inglese
che imperfettamente, e non si stent a riconoscere in lui uno
svizzero-tedesco.
Niederhauser era il suo nome era andato a tentare
d'arricchirsi negli Stati Uniti; siccome la fortuna gli si mostrava
ribelle, aveva ascoltate le meravigliose proposte di un
pescatore di foche, che cercava di reclutare il suo equipaggio.
Fu deposto, secondo il costume, con sette camerati e delle
provvigioni sopra un'isola selvaggia della Terra del Fuoco per
dar la caccia alle foche e preparare le loro pelli. Quattro mesi
dopo lo schooner riapparve, caric le pelli, lasci i pescatori
con nuove provvigioni e pi non ritorn. Se il bastimento
avesse fatto naufragio o se il capitano avesse abbandonato i
suoi marinai, gli ci che fu impossibile di sapere.
Quando questi disgraziati videro passata la dilazione e si
trovarono senza provvigioni, salirono nel loro canotto e
imboccarono lo stretto. Non tardarono a incontrare i Patagoni.
Niederhauser rimase con essi, gli altri continuarono la loro
rotta. Accolto benissimo dagli indigeni, aveva vissuto della
loro esistenza, empiendosi lo stomaco quando la caccia era
buona, stringendosi la cintola e non vivendo che di radici in
tempo di carestia.
Ma, stanco di questa miserabile esistenza, Niederhauser
supplic d'Urville di pigliarlo a bordo, giacch non avrebbe
potuto resistere un mese di pi a quelle privazioni. Il capitano
vi acconsent e lo imbarc come passeggero.
Ne' suoi tre mesi di soggiorno coi Patagoni, Niederhauser
aveva preso qualche infarinatura del loro linguaggio, e
d'Urville ne approfitt per raccogliere in patagone la maggior
parte delle parole di un vocabolario comparativo di tutte le
lingue.
Il costume di guerra dei Fuegini comprende un caschetto
di cuoio cotto, decorato di una lastra di rame e ricoperto di un
bel cimiero di penne di gallo, una tunica di cuoio di bue tinta di
rosso e rigata a strisce gialle, e una specie di scimitarra a
doppio taglio. Il capo della popolazione del porto Peckett
acconsent a lasciarsi fare il ritratto in questo costume, il che
rivelava una superiorit sui sudditi suoi, che si rifiutarono
ostinatamente per timore di qualche sortilegio.
L'8 gennaio, levata definitivamente l'ancora, si infil
abbastanza lestamente la seconda imboccatura, nonostante i
flutti. Dopo aver percorso per due terzi l'estensione dello stretto
di Magellano, i bastimenti fecero rotta per le regioni polari,
avendo rilevata tutta la parte orientale della Terra del Fuoco,
lacuna importante riempita dall'idrografia, giacch fino allora
non esisteva alcuna carta particolareggiata di questa costa.
La Terra degli Stati fu girata senza incidenti. Il 15 febbraio
furono scorti, non senza una certa commozione, i primi ghiacci
in mezzo ai quali i bastimenti dovevano presto navigare senza
tregua.
Gli scogli galleggianti non sono per se stessi i pi
formidabili nemici di quei paraggi; la nebbia una nebbia
opaca che il pi acuto sguardo non pu penetrare involge
ben presto le due navi, paralizza i loro movimenti e rischia a
ogni istante, bench a vela maestra, di farle urtare contro uno di
quei massi formidabili. La temperatura si abbassa; alla
superficie dell'acqua il termometrografo non segna pi che due
gradi, quella delle acque inferiori discende al disotto dello zero.
In breve una neve semisciolta cade in quantit. Tutto rivela che
si entra definitivamente nei mari antartici.
impossibile di riconoscere l'isola Clarence e le New-
Suth-Orkney; si passa il tempo a manovrare per evitare i massi
di ghiaccio.
A mezzod del 20 gennaio si a 62 3' di latitudine sud e
49 56' di longitudine ovest. non lungi di qui, nell'est, che
Powell ha trovato degli ice-fields
3
compatti.
Ben presto se ne scorge uno immenso di 2000 metri
d'estensione, di 60 metri d'altezza, quasi un'isola tagliata a
picco, imitante la terra al punto da trarre in inganno sotto certi
riflessi di luce.
Le balene e i pinguini nuotano a frotte intorno ai
bastimenti che incrociano di continuo le procellarie bianche.
Il 21, le osservazioni rivelano 62 43' sud, e d'Urville fa
conto di raggiungere presto il 65 parallelo, quando, nella
notte, alle 3 del mattino, lo si previene che la rotta sbarrata da
un banco di ghiaccio, attraverso il quale non possibile aprirsi
un passaggio. Presto si vira di bordo e si fa rotta all'est a
piccola velocit, giacch soffia la brezza.
Epper, dice la relazione, avemmo tempo di contemplare
a nostro bell'agio il meraviglioso spettacolo che avevamo
sott'occhio. Severo e grandioso oltre ogni espressione, pur
elevando l'immaginazione, esso riempie il cuore di un senso
d'involontario spavento; in niun altro sito, l'uomo prova pi
viva la convinzione della propria impotenza un nuovo
mondo, la cui immagine si spiega a' suoi sguardi, ma un mondo
incerto, lugubre, silenzioso, in cui tutto lo minaccia
dell'annichilimento delle sue facolt. L, se avesse la disgrazia
di rimanere abbandonato a se stesso, nessun mezzo, nessuna
consolazione, nessuna scintilla di speranza potrebbe addolcire i
suoi ultimi momenti. Questa idea ricorda involontariamente la
famosa scritta della porta dell'Inferno di Dante:

Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate.

D'Urville procede allora ad un lavoro curiosissimo, che,
paragonato ad altri della stessa natura, potrebbe avere una

3
Campi di ghiaccio
estrema utilit. Fa rilevare il tracciato esatto del banco di
ghiaccio. Se altri navigatori avessero fatto altrettanto in
seguito, si sarebbero ottenute precise informazioni sul
cammino e i movimenti dei ghiacci australi, materia tanto
oscura ancora oggid.
Il 22, dopo aver girato una punta, si riconobbe che la
direzione del sbanco di ghiaccio era S.-S.-O., poi O. In quei
paraggi si scorge una terra alta e accidentata. Dumoulin
comincia a farne il rilievo, d'Urville crede riconoscervi la New-
South-Groenland di Morrell, quando si vedono le sue forme
alterarsi e sparire all'orizzonte.
Il 24, le due corvette attraversano un letto di ghiacciuoli
galleggianti e penetrano in una pianura in cui i ghiacci sono in
dissoluzione. Ma il passaggio si restringe ben presto, i massi
diventano pi numerosi e bisogna indietreggiare, se non si vuol
essere bloccati.
Per tutto indica che il ciglio del banco in
decomposizione; le isole di ghiaccio si franano con formidabili
detonazioni, i ghiacci stillano e lasciano colare dei rigagnoletti;
lo sgelo; la stagione non dunque abbastanza inoltrata, e
Fanning ha ragione di dire che non bisogna arrivare in quei
paraggi prima del mese di febbraio.
D'Urville risolse allora di far rotta al nord per cercare di
raggiungere le isole New-South-Orkney, la cui carta era
incompleta e mal determinata. Il comandante desiderava
procedere al rilievo di questo arcipelago e fermarvisi alcuni
giorni prima di volgere di nuovo verso il sud, onde trovarvisi in
quel tempo dell'anno che vi si trov Weddell.
Per tre giorni d'Urville costeggi la parte settentrionale di
questo, arcipelago senza poterlo avvicinare, riprese la sua rotta
al sud fino al 4 febbraio, e fu di nuovo in vista del banco di
ghiaccio a 62 20' di latitudine sud e 39 28' di longitudine est.
Alcuni minuti prima di mezzod si scoperse una specie
d'apertura, e vi ci si slanci alla ventura.
Quest'audace manovra riusc ai due bastimenti, che
nonostante una intensa neve poterono penetrare in una specie
di piccolo bacino largo appena due miglia, ma cinto da tutti i
lati da alte mura di ghiaccio.
Bisogn legarsi ai ghiacciuoli. Quando si diede l'ordine di
ancorare, un giovane novizio della Zle esclam
ingenuamente:
Vi un porto qui vicino? Non credevo vi fossero abitanti
attraverso i ghiacci!.
D'altra parte, in quel momento, a bordo dei due bastimenti
tutti erano entusiasti e allegri. Alcuni giovani ufficiali della
Zle erano venuti a vuotare una coppa di punch coi camerati
dell'Astrolabe. Dal suo letto, il comandante poteva udire le
chiassose espressioni del loro contento. Ma lui non considerava
gi la cosa in una luce tanto favorevole. Considerava la sua
manovra come imprudentissima. Chiuso come in un sacco, non
aveva altra uscita che quella per cui era entrato, ed era
impossibile approfittarne, a meno che avesse vento sotto
antenna.
Infatti, alle undici, d'Urville fu svegliato da urti violenti e
da un rumore di laceramento, come se la corvetta avesse urtato
contro delle rupi. Il comandante si alz e vide che l'Astrolabe,
essendo andato alla deriva, era caduto sui ghiacci, e vi
rimaneva esposto agli urti di quelli che la corrente trascinava
pi velocemente di essa stessa.
Allo spuntar del giorno si fu circondati dai ghiacciuoli.
Solamente, nel nord, una striscia di un turchino nerastro
sembrava indicare un'acqua libera. Si prese subito questa
direzione, ma una fitta nebbia involse quasi immediatamente le
due corvette. Quando la nebbia si dissip, si fu in presenza di
una barriera di ghiacci compatti, al di la dei quali si estendeva a
perdita d'occhio un'acqua assolutamente libera.
D'Urville risolvette subito di aprirsi un passaggio, e,
pigliando spazio, slanci, con la massima rapidit possibile,
l'Astrolabe contro l'ostacolo. La corvetta penetr nel ghiaccio
per due o tre volte la sua lunghezza, poi se ne stette immobile.
Allora gli uomini scesero sui ghiacciuoli; armati di picche, di
leve, di zappe e di seghe, lavorarono allegramente per aprirsi
un varco.
Gi avevano quasi attraversato questo frammento di banco,
quando il vento mut, l'onda del largo si fece sentire, e si
dovette, a parere di tutti gli ufficiali, ritornare nell'interno dei
ghiacci, giacch vi era ragione a temere, se il vento rinfrescava,
di essere abbassati contro il banco e demoliti dalle onde e dagli
scogli galleggianti.
Le corvette avevano percorso dodici o quindici miglia
inutilmente, quando un ufficiale, appollaiato nel sartiame,
scorse un passaggio nell'E-N.-E. Ci si diresse immediatamente
da quella parte; ma anche questa volta fu impossibile aprirsi un
varco, e, giunta la notte, si dovette legarsi a un grosso masso di
ghiaccio. Lo spaventevole scricchiolo che aveva tenuto sveglio
il comandante la notte precedente, ricominci con tanta
violenza, che pareva che la corvetta non potesse resistere fino a
giorno.
Tuttavia, dopo un abboccamento col capitano della Zle,
d'Urville fece rotta al nord; ma la giornata trascorse senza
recare mutamenti nella posizione delle navi. L'indomani, in
mezzo a una pioggia di neve sciolta, l'ondata divent tanto
forte da sollevare tutto il piano ghiacciato in cui i due
bastimenti erano imprigionati.
Bisognava badare pi che mai ai ghiacciuoli che queste
ondulazioni trabalzavano da lontano, e si dovette chiudere il
timone in una specie di casotto di legno che lo proteggeva
contro gli urti dei ghiacci.
Tranne qualche caso d'oftalmia prodotto dal continuo
riverberare della neve, la salute dell'equipaggio si mantenne
soddisfacente, e non era questa una tenue soddisfazione pei
comandanti, costretti a starsene in continuo allarme. Fu solo il
9 febbraio che le corvette, favorite da una forte brezza,
poterono sprigionarsi e trovarsi finalmente in un mare
assolutamente libero.
Si era costeggiato il banco per una estensione di 225 leghe.
Per una fortuna che non si sperava, le navi non soffersero
alcuna avaria, tranne la perdita di buona parte della foderatura
di rame ed altro lieve danno; ma non facevano pi acqua di
prima.
L'indomani apparve il sole, che permise di ottenere delle
osservazioni che segnavano la posizione 62 9' latitudine sud e
39 22' longitudine ovest.
La neve non cess di cadere, il freddo fu vivo e il vento
violento nei tre giorni che susseguirono. Questo continuo
cattivo tempo, nonch la pi lunga durata delle notti,
avvertirono d'Urville della necessit di rinunciare a questa
navigazione. Epper, appena si trov a 62 sud e 33 11' sulla
rotta in cui Weddell aveva potuto liberamente camminare nel
1828, e dove egli non incontr che ghiacci impenetrabili, fece
rotta per le New-South-Orkney.
Del resto, un mese intero passato in mezzo ai ghiacci e alle
nebbie dell'Oceano Antartico aveva scosso la salute degli
equipaggi, ed era senza profitto per la scienza di continuare pi
a lungo questa crociera.
Il 20 si riconobbe l'arcipelago; d'Urville fu di nuovo
costretto dai ghiacci a costeggiare per il nord; ma pot staccare
due canotti, che, sull'isola Weddell, raccolsero un'ampia
collezione geografica, alcuni campioni di licheni e una ventina
di pinguini.
Il 25 febbraio fu scorta l'isola Clarence che forma
l'estremit orientale dell'arcipelago New-South-Shetland, terra
estremamente alta, scoscesa, selvaggia, coperta di neve, eccetto
alla riva del mare; poi si fece rotta verso l'isola Elefante, da
ogni punto simile alla prima, ma sparsa di cocuzzoli nerastri
che si ergono sui piani di neve e di ghiaccio. Gli isolotti
Narron, Biggs, O' Brien, Aspland sono successivamente
riconosciuti; ma, coperti di neve, non offrono posto in cui
l'uomo possa por piede; poi si scorse il piccolo vulcano
Bridgeman, sul quale due canotti tentarono invano di sbarcare i
naturalisti.
La tinta generale del suolo, dice la relazione, di un
colore rossastro, come quella del mattone bruciato, con delle
macchie grige che sembrano rivelare delle pietre pomici o della
cenere indurita. In riva al mare, qua e l, si vedono dei grossi
massi di un colore nerastro, che devono essere lava. Del resto,
questo isolotto non ha un vero carattere, ma lascia sfuggire
densi fumi che escono quasi tutti dalla sua base, nella parte
occidentale; su quella del nord si vedono ancora delle fumarole
a dieci o dodici metri al disopra dell'acqua. Non se ne notano,
punto sulla parte dell'est, n su quella del sud, n sulla vetta,
che uniforme e tonda. La sua massa sembra avere subito di
recente qualche grande modificazione, e bisogna pure che sia
stato cos per avere ora cos poco rapporto con la 'descrizione
che ne fece Powell nel 1822.
D'Urville riprese subito la rotta del sud, e il 26 febbraio
riconobbe una parte notevole nel sud-est, che la nebbia e i
fiocchi di una neve finissima gli impedirono di accostare. Si
trovava allora sul parallelo dell'isola Hope, a 62 57' di
latitudine. Vi si avvicin alquanto e riconobbe dapprima una
terra bassa alla quale diede il nome di Terra di J oinville; pi
lontano, nel S.-O., una gran terra montuosa che chiam Terra
Luigi Filippo, e fra esse, in mezzo a una specie di canale
ingombro di ghiacci, un'isola cui diede il nome di Rosamel.
Per allora, dice d'Urville, l'orizzonte alquanto rischiarato
ci permise di seguire con gli occhi tutti gli accidenti della Terra
Luigi Filippo. In questo momento essa si estende dal monte
Bransfield nel nord 72 est fino al S.-S.-O. dove l'occhio la
segue fino ai limiti dell'orizzonte. Dal monte Bransfield fino al
sud un'alta terra abbastanza uniforme, e formante un
immenso ghiacciaio senza notevoli accidenti. Ma al sud la terra
si rialza in forma di un bel cocuzzolo (il monte J acquinot) che
sembra uguagliare ed anzi sorpassare Bransfield; poi, a partire
di l, essa si estende in forma di una catena di montagne, che
termina nel S.-O. con una vetta ancor pi elevata di tutte le
altre. Del resto, gli effetti della neve e del ghiaccio, nonch
l'assenza d'ogni oggetto di paragone, contribuiscono a
esagerare singolarmente l'altezza di tutte queste protuberanze.
Infatti noi trovammo, per le misure prese da Dumoulin,
che tutte queste montagne, che allora ci sembravano
gigantesche, o per lo meno paragonabili alle Alpi e ai Pirenei,
non avevano che altezze appena mediocri. Perci il monte
Bransfield non aveva che 632 metri, il monte J acquinot 648, e
finalmente l'ultimo, il monte d'Urville, il pi alto di tutti, 931.
Ad eccezione degli isolotti dinanzi alla grande terra e di alcune
punte libere di neve, tutto il rimanente non che un seguito di
ghiacci compatti. In questo stato non possibile tracciare la
vera direzione della terra, ma solamente delle sue croste di
ghiaccio.
Il 1 marzo, uno scandaglio non segna che centottanta
braccia di profondit, il fondo di rocce e di ghiaia; la
temperatura di 1 9' alla superficie e di 0 2' in fondo al mare.
Il 2 marzo si riconosce, al largo della Terra Luigi Filippo,
un'isola che ricevette il nome d'isola dell'Astrolabe.
L'indomani una grande baia, o piuttosto un canale a cui si
d il nome di Canale d'Orlans, rilevata fra la Terra Luigi
Filippo e una parte alta e rocciosa che, secondo d'Urville,
sarebbe il principio delle Terre della Trinit, fino allora assai
scorrettamente tracciate.
Perci dunque, dal 26 febbraio fino al 5 marzo, d'Urville
rimase in vista della costa percorrendola a poca distanza, senza
essere per padrone delle sue manovre in causa delle nebbie e
delle piogge che si sue cedettero di continuo. Del resto tutto
indicava un disgelo ben accentuato; a mezzod la temperatura
si elevava a 5 sopra zero: dappertutto i ghiacci colavano
rigagnoli d'acqua, intieri massi si staccavano e cadevano nel
mare con un rumore formidabile; finalmente un vento d'ovest
non cessava di soffiare una forte brezza.
Fu anzi la ragione che imped d'Urville di spingere oltre la
sua esplorazione. Il mare era assai cattivo, la pioggia frequente,
e la nebbia continua. Dovette dunque allontanarsi da questa
costa pericolosa e risalire verso il nord, dove l'indomani
rilevava le isole pi occidentali del Nuovo Shetland.
D'Urville prese allora la rotta della Goncepcion. Ma questa
traversata fu assai penosa perch, nonostante tutte le
precauzioni prese, ,lo scorbuto aveva affetto gli equipaggi delle
due corvette, e segnatamente quello della Zle, con una
estrema violenza. Fu pure in questo momento che d'Urville
misur delle altezze di onde, che rispondevano al rimprovero
d'esagerazione favolosa che gli era stato fatto quando aveva
attribuito cento piedi d'elevazione a quelle che aveva subite sul
banco delle Aguglie.
Con l'aiuto de' suoi ufficiali, affinch non si potessero
porre in dubbio i risultati delle sue osservazioni, d'Urville
misur delle onde, la cui altezza verticale era di 11 metri e
mezzo, e non avevano meno di 60 metri dalla cima al punto
inferiore, il che faceva 120 metri di lunghezza totale di una sola
onda. Queste misure rispondevano alle osservazioni ironiche di
rago che, dal suo gabinetto, non permetteva a un'onda di
elevarsi pi di cinque o sei metri. Non bisogna esitare un solo
istante ad ammettere contro l'illustre ma appassionato fisico le
misure dei navigatori che avevano osservato sul luogo.
Il 7 aprile 4838 la divisione cal l'ancora nella baia di
Talcahuano: essa doveva trovarvi un riposo di cui avevano
gran bisogno i quaranta uomini affetti da scorbuto della Zle.
Di l d'Urville raggiunse Valparaiso, poi attraverso tutta
l'Oceania ancor il 1 gennaio 1839 a Guaham, s'inoltr poscia
nella Malesia, arriv in ottobre a Batavia e di l raggiunse
Hobart-Town donde salp il 1 gennaio 1840 per una nuova
corsa attraverso le regioni antartiche.
A quel tempo d'Urville non conosceva n il viaggio di
Balleny, n la scoperta della Terra Sabrina. La sua intenzione
era di non fare che una punta al sud della Tasmania, affine di
notare sotto qual parallelo troverebbe i ghiacci. Lo spazio
compreso fra 120 e 160 di longitudine orientale non era
ancor stato esplorato, credeva egli. Vi era dunque qualche
scoperta a tentare.
A tutta prima la navigazione si present sotto gli auspici
pi spiacevoli. L'onda era fortissima, le correnti portavano
all'est; lo stato sanitario era tutt'altro che soddisfacente, eppure
non si era ancora che sotto il 58 di latitudine, quando tutto
indicava la vicinanza del banco di ghiaccio.
Il freddo si fece subito vivissimo; i venti cominciarono a
soffiare da O.-N.-O., e il mare si calm, indizio quasi certo
della vicinanza di una terra o di un banco di ghiaccio. Si
inclin piuttosto alla prima di queste ipotesi, giacch le isole di
ghiaccio che s'incontrarono erano troppo grosse per essersi
formate in alto mare. Il 18 gennaio si raggiunse il 64 di
latitudine e non si tard a incontrare enormi massi di ghiaccio
tagliati a picco, la cui altezza variava fra i trenta e i quaranta
metri, e la cui lunghezza oltrepassava i mille metri.
L'indomani, 19 gennaio 1840, fu scorta una nuova terra
che ricevette il nome di Terra Adelia. Il sole era ardente e tutti i
ghiacci sembravano in decomposizione; numerosi ruscelli si
formavano alle loro sommit e discendevano a cascatelle fino
al mare. L'aspetto della terra era uniforme; coperta di neve,
correva dall'est all'ovest e sembrava abbassarsi in dolce pendo
sino al mare. Il 21, il vento permise alle due navi di
avvicinarla. Non si tard a scoprire profondi burroni scavati
dalle acque provenienti dallo sgelo delle nevi.
Mano mano che si avanzava, la navigazione diventava pi
pericolosa; le isole di ghiaccio erano tanto numerose che a
stento rimaneva fra esse un canale abbastanza largo per
permettere alle corvette di manovrare.
Le loro mura dritte sorpassavano di molto le nostre
alberature, dice d'Urville; esse piombavano sopra le nostre
navi, le cui dimensioni sembravano ridicolmente impicciolite a
confronto di quei massi enormi. Lo spettacolo che si offriva ai
nostri sguardi era a un tempo grandioso e spaventevole. Si
sarebbe potuto credersi nelle anguste vie di una citt di
giganti.
Poco dopo le corvette entrarono in un ampio bacino
formato dalla costa e dalle isole di ghiaccio che avevano girato.
La terra si stendeva a perdita di vista al sud-est ed al nord-est;
poteva avere da mille a mille e duecento metri di altezza, ma
non presentava nessuna parte di sommit saliente. Finalmente,
in mezzo a quest'immenso piano di neve, apparvero alcune
rupi. I due capitani spedirono subito delle imbarcazioni con
missione di raccogliere delle prove palpabili della loro
scoperta. Ecco ci che dice uno degli ufficiali, Du Bouzet,
incaricato di quest'importante ricognizione:
Erano quasi le nove quando con somma gioia toccammo
terra sulla parte ovest dell'isolotto pi occidentale e pi elevato.
Il canotto dell'Astrolabe era arrivato prima di noi; gi gli
uomini che portava si erano arrampicati sui fianchi scoscesi di
quella rupe; precipitavano abbasso i pinguini, molto stupiti di
vedersi spossessati cos brutalmente dell'isola di cui erano i soli
abitanti Io inviai subito uno dei nostri marinai a spiegare una
bandiera tricolore su quelle terre che nessuna creatura umana
aveva n viste n calpestate prima di noi. Seguendo l'antica
usanza che gl'Inglesi hanno conservato preziosamente, ne
pigliammo possesso in nome della Francia, cos pure della
costa vicina che il ghiaccio ci impediva di approdare Il regno
animale non vi era rappresentato che dai pinguini. Nonostante
tutte le nostre ricerche, non vi trovammo una sola conchiglia.
La roccia era interamente nuda e non offriva la minima traccia
di licheni. Bisogn rifarsi sul regno minerale. Ciascuno di noi
prese un martello e si mise a scalpellare nella roccia. Ma
questa, di natura granitica, era tanto dura che non ne potemmo
staccare che piccolissimi pezzi. Fortunatamente, percorrendo la
sommit dell'isola, i marinai scoprirono larghi frammenti di
rupe staccati dai geli e li imbarcarono nei canotti. Esaminandoli
da vicino, riconobbi una somiglianza perfetta tra queste rupi e
dei piccoli frammenti di gneiss che avevamo trovato nello
stomaco di un pinguino ucciso la vigilia. Il piccolo isolotto sul
quale pigliammo terra fa parte di un gruppo di otto o dieci
isolette, rotonde alla sommit, e che press'a poco presentano
tutte le medesime forme. Queste isole sono separate dalla costa
pi vicina da uno spazio di 500 o 600 metri. Noi scorgevamo
altres sulla riva parecchie sommit interamente scoperte e un
capo la cui base era pure spoglia di neve Tutti questi isolotti,
assai vicini gli uni agli altri, sembravano formare una catena
continua, parallela alla costa e che si estendeva dall'est
all'ovest.
Il 22 e il 23 si continu la ricognizione di questo litorale;
ma quel giorno un banco di ghiaccio, unito alla costa, costrinse
i bastimenti a ritornare verso il nord; in pari tempo una raffica
di neve, tanto subitanea che terribile, assal i bastimenti e li
mise in perdizione. La Zle sub forti avarie nella sua velatura,
ma l'indomani si ritrovava vicina alla sua compagna.
Frattanto la terra non era stata, per cos dire, perduta di
vista. Tuttavia il 29, dinanzi alla persistenza singolare dei venti
d'est, d'Urville dovette abbandonare la ricognizione della Terra
Adelia. Fu in quel giorno che si scorse uno dei bastimenti del
luogotenente Wilkes. d'Urville si lamenta delle intenzioni
malevoli che quest'ultimo gli attribuisce nel suo rapporto, e
assicura che la sua manovra, che aveva per iscopo di
comunicare, fu male interpretata dagli Americani.
Non siamo pi al tempo in cui i navigatori, dice egli,
spinti dall'interesse del commercio, si credevano obbligati di
nascondere accuratamente la loro rotta e le loro scoperte per
evitare la concorrenza delle nazioni rivali. Io, al contrario, sarei
stato felice di indicare ai nostri emuli il risultato delle nostre
ricerche, nella speranza che questa comunicazione avrebbe
potuto essere loro utile, e allargare la cerchia delle nostre
cognizioni geografiche.
Il 30 gennaio si scorse un muro enorme di ghiaccio, a
proposito del quale le opinioni erano Varie; gli uni vedevano
un masso di ghiaccio compatto e indipendente da ogni terra, gli
altri ed era anche l'opinione di d'Urville credevano che
queste alte montagne avessero una base solida sia di terra, sia
di rupi, sia anche di alti fondi sparsi intorno a una gran terra. Si
diede ad esso il nome di costa Clarie, a 128 di longitudine.
Gli ufficiali, in questi paraggi, avevano raccolto documenti
sufficienti a determinare la posizione del polo magnetico
australe, ma i loro risultati non dovevano concordare coi lavori
di Duperrey, di Wilkes e di J ames Ross. Il 17 febbraio le due
corvette calavano di nuovo l'ancora dinanzi a Hobart-Town.
Il 25 ripigliarono il mare, si portarono verso la Nuova
Zelanda, dove completarono i lavori idrografici dell'Uranie.
Poi raggiunsero la Nuova Guinea, dove si accertarono che la
Luisiade non ne era separata da alcuno stretto; esplorarono con
la massima cura, in mezzo alle correnti e alle scogliere di
corallo sottomarine e a costo di avarie abbastanza gravi, lo
stretto di Torres; arrivarono il 20 a Timor e ritornarono a
Tolone dopo aver sostato a Bourbon e a Sant'Elena.
All'annuncio della spedizione di scoperte organizzata su
cos vasta scala dal governo degli Stati Uniti, l'Inghilterra si era
commossa, e sotto la pressione di societ scientifiche aveva
risoluto l'invio d'una spedizione nelle regioni in cui, dopo
Cook, i capitani Weddell e Bisco si erano soli avventurati.
Il capitano J ames Clarke Ross, che ne ricevette il
comando, era, nipote del famoso J ohn Ross, l'esploratore della
baia di Baffn. Nato nel 1800, J ames Ross navigava fin dall'et
di 12 anni. Aveva accompagnato suo zio, nel 1818, nella sua
prima esplorazione delle terre artiche; dal 1819 al 1827 aveva
preso parte, sotto gli ordini di Parry, a quattro spedizioni nei
medesimi paraggi, e dal 1829 al 1838 era stato il fedele
compagno di suo zio. Incaricato di osservazioni scientifiche,
aveva scoperto il polo magnetico nord. Finalmente aveva fatto
lunghe corse a piedi e in islitta sui ghiacci. Era dunque uno
degli ufficiali della marina britannica pi abituati alle
navigazioni polari.
Gli furono affidati due bastimenti, l'Erebus e il Terror, e il
suo secondo fu un marinaio perfetto, il capitano Francesco
Rowdon Crozier, compagno di Parry nel 1824, di J ames Ross
nel 1835, alla baia di Baffin, lo stesso che doveva sul Terror
accompagnare Franklin alla ricerca del passo di nord-ovest.
Non si poteva scegliere un cuore pi valente, un marinaio pi
sperimentato.
Le istruzioni date a J ames Ross dall'ammiragliato,
differivano essenzialmente da quelle che erano state date a
Wilkes e a Dumont d'Urville. Per costoro l'esplorazione delle
regioni antartiche non era che un incidente della loro campagna
intorno al mondo; al contrario, essa formava la base principale
del viaggio di J ames Ross. Dei tre anni durante i quali sarebbe
lontano dall'Europa, doveva passarne la maggior parte nelle
regioni antartiche e non lasciare i ghiacci che per riparare le
avarie e rifare gli equipaggi stanchi o malati.
Epper i bastimenti erano stati scelti convenientemente;
pi forti, delle navi di d'Urville, erano in miglior stato di
resistere agli assalti ripetuti dei ghiacci, e i loro equipaggi
agguerriti erano stati reclutati fra i marinai famigliarizzati alle
navigazioni polari. L'Erebus e il Terror, sotto il comando di
Ross e di Crozier, lasciarono l'Inghilterra il 29 settembre 1830
e toccarono successivamente Madera, le isole del Capo Verde,
Sant'Elena, il Capo di Buona Speranza, dove furon fatte
numerose osservazioni magnetiche.
Il 12 aprile Ross raggiunse l'isola di Kerguelen e vi
sbarcava subito i suoi istrumenti. La messe scientifica fu
abbondante, degli alberi fossili furono estratti dalla lava di cui
quest'isola formata e vi si trovarono ricche vene di carbone
che aspettano ancora la speculazione.
Il 29 era il giorno fissato per alcune osservazioni
simultanee su diversi punti del globo. Per una singolare
fortuna, quel giorno si produsse una di quelle tempeste
magnetiche che erano gi state notate in Europa. Gli istrumenti
segnalarono a Kerguelen i medesimi fenomeni che a Toronto,
al Canada, prova dell'immensa estensione di queste meteore e
dell'incredibile rapidit con la quale si propagano.
Al suo arrivo a Hobart-Town, dove incontr nel
governatore il suo vecchio amico J ohn Franklin, Ross apprese
la scoperta della terra Adelia e della costa Clarie fatta dai
Francesi, e la simultanea ricognizione delle medesime terre con
la spedizione americana di Wilkes. Quest'ultimo gli aveva anzi
lasciato un abbozzo de' suoi rilievi di coste.
Ma Ross si risolse ad approdare alle regioni antartiche a
170 est, perch in questa direzione Ralleny aveva trovato, nel
1839, il mare libero di ghiacci fino al 69 di latitudine.
Raggiunse dunque le isole Auckland, poi le Campbell, e dopo
di avere, come i suoi predecessori, fatto innumerevoli bordate
in mezzo a un mare sparso d'isole di ghiacci raggiunse, al di l
del 63, l'estremit del banco e varc il circolo polare il 1
gennaio 1841.
Quanto ai ghiacci erranti, non somigliavano in alcun modo
a quelli del polo Nord, come pot facilmente convincersene
J ames Ross. Sono massi immensi a pareti verticali e regolari.
Quanto agli ice-fields, meno uniti che nel nord, assumono,
secondo un'espressione immaginata da Wilkes, l'apparenza di
una terra lavorata.
Il banco di ghiaccio non parve a J ames Ross tanto
formidabile come lo hanno figurato i Francesi e gli Americani.
Tuttavia egli non pot dapprima arrischiarsi, e fu costretto
dall'uragano a tenersi al largo. Non fu che il 5 ch'egli pot
assalirlo di nuovo a 66 45' di latitudine sud e 174 16' di
longitudine ovest. Questa volta le circostanze erano un po' pi
favorevoli, poich il vento e il mare che battevano su di esso,
contribuivano a dislocarlo. Merc la possanza de' suoi
bastimenti, Ross pot aprirsi un varco. D'altra parte, man mano
che s'inoltravano nel sud, la nebbia diventava pi fitta, e
ripetute cadute di neve contribuivano a rendere questa rotta
estremamente pericolosa.
Tuttavia, ci che determinava l'esploratore a continuare i
suoi sforzi, gli ch'egli scorgeva nel cielo il riflesso di un mare
libero, apparenza poco fallace, giacch il 9, dopo aver fatto pi
di 200 miglia attraverso il banco, entrava definitivamente in un
mare sprigionato.
L'11 gennaio fu segnalata la terra a 100 miglia innanzi, a
70 47' di latitudine sud, e 172 36' di longitudine ovest. Non
mai era stata vista terra tanto meridionale. Erano picchi alti da
9 a 12.000 piedi se queste altezze non sono esagerate, come
tenderebbero a farlo credere le osservazioni di d'Urville alla
terra di Graham picchi interamente coperti di neve, e i cui
ghiacciai bagnano il loro piede da lontano nel mare. Qua e l
nere rupi sorgono dalla neve, ma la costa era tanto erta di
ghiacci, che fu impossibile sbarcare. Questo singolare
allineamento di picchi mostruosi ricevette il nome di catena
dell'Ammiragliato, e la terra quello di Vittoria.
Nel sud-est si mostravano alcune isolette; i bastimenti si
diressero a quella parte, e, il 12 gennaio, i due capitani, con
alcun ufficiali, sbarcarono su uno di quegli isolotti vulcanici e
ne presero possesso in nome dell'Inghilterra. Non si trov la
minima traccia di vegetazione.
Ross non tard a riconoscere che la costa orientale della
grande terra inclinava verso il sud, mentre quella del nord si
disegnava verso il nord-est. Costeggi dunque il litorale est,
sforzandosi di penetrare dal sud fino al di l del polo
magnetico, che egli fissava verso il 76, per ritornare poi
dall'ovest e finire la circumnavigazione di quella terra che
riteneva come una grande isola. La catena delle montagne si
prolungava lungo la costa. Ross, alle sommit pi notevoli,
impose i nomi di Herschell, Wehwell, Wheatstone, Murchison,
Melbourne; ma i ghiacci attaccati alla riva si allargavano
sempre pi, e perci perdette di vista i particolari della costa. Il
23 gennaio aveva oltrepassato il 74, la latitudine pi australe
che si fosse mai raggiunta.
Per qualche tempo le navi vi furono arrestate dalle nebbie,
da forti venti del sud e da violente raffiche di neve.
Continuarono per a fiancheggiare la costa. Il 27 gennaio, i
marinai inglesi sbarcarono sopra un'isoletta vulcanica, cui
diedero il nome di Franklin, situata a 76 8' di latitudine sud e
168 12' di longitudine est.
Il domani fu scorta una montagna gigantesca, che si
elevava a pendo regolare fino a 12.000 piedi di altezza al di
sopra di una terra estesissima. La cima regolare, intieramente
coperta di neve, era di ora in ora involta in un denso fumo, la
cui larghezza non aveva meno di 300 piedi di diametro, e che,
in forma di cono capovolto, ne misurava il doppio alla sua
sommit. Quando si dissip, si distinse un cratere nudo,
rischiarato da un fuoco di un rosso vivo, il cui splendore
appariva anche in pieno meriggio. La neve saliva fino al
cratre, e fu impossibile distinguere il minimo scolo di lava.
Se la vista di un vulcano sempre un grandioso spettacolo,
l'aspetto di questo gigante che sorpassava l'Etna e il Picco di
Teneriffa, la sua attivit prodigiosa, la sua situazione in mezzo
ai ghiacci del polo, dovevano pur vivamente colpire la mente
degli esploratori. Questo monte ricevette il nome di Erebus, e si
attribu quello dell'altra nave, Terror, a un cratere spento,
situato all'est del primo, nomi ben scelti, e che formano una
vera immagine.
I due bastimenti continuarono a costeggiare la terra nel
sud, fin che un banco di ghiaccio, le cui sommit
oltrepassavano di 150 piedi gli alberi dei bastimenti, venne a
sbarrare il loro cammino. Di dietro si continuava a scorgere
una catena di montagne, i monti Parry, che s'internavano a
perdita d'occhio nel sud-sud-est. Ross costeggi questa barriera
nell'est fino al 2 febbraio, che raggiunse al 78 4', latitudine la
pi australe di questa campagna. Egli aveva seguito per oltre
300 miglia la terra che aveva scoperto, quando la lasci a 191
23' di longitudine est.
Secondo ogni verosimiglianza, le due navi non sarebbero
uscite dal formidabile banco di ghiaccio attraverso il quale, a
prezzo di inaudite fatiche e di pericoli continui, erano riuscite
finalmente ad aprirsi un varco, senza le forti brezze che
vennero in loro aiuto.
Il 15 febbraio fu fatto un nuovo tentativo a 76 di
latitudine sud per cercare di raggiungere il polo magnetico. Ma
la terra arrest le navi a 76 12' e 164 di longitudine est, a 65
leghe comuni dal punto in cui Ross segnava questo polo, che lo
stato minaccioso del mare, l'aspetto desolante della contrada
gl'impedivano di raggiungere per terra.
Dopo essersi recato a riconoscere le isole scoperte da
Balleny nel 1839, Ross si trovava il 6 marzo al centro delle
montagne indicate dal luogotenente Wilkes.
Ma, dice la relazione, lungi dal trovarvi delle montagne,
non vi si trov fondo per 600 braccia. Dopo aver corso in tutte
le direzioni, e in una cerchia di circa 80 miglia di diametro,
intorno a questo centro immaginario, col tempo purissimo che
permetteva d veder tutto a grandi distanze, gli Inglesi
dovettero riconoscere che, per lo meno, questa posizione di un
preteso continente antartico con le sue 200 miglia continue di
coste indicate, non ha esistenza reale. Il luogotenente Wilkes,
senza dubbio, sar stato indotto in errore dalle nubi, da enormi
banchi di nebbia che in quelle regioni ingannano facilmente gli
occhi inesperti.
La spedizione riguadagn la Tasmania senza aver un solo
ammalato a bordo, senza aver sofferto la minima avara. Essa
vi si rifece, vi regol i suoi strumenti e ripart per una seconda
campagna.
Sydney e la Baia delle isole, la Nuova Zelanda, l'isola
Ghatham, furono le prime stazioni in cui Ross si ferm per fare
delle osservazioni magnetiche.
Il 18 dicembre, a 62 40' di latitudine sud e 146 di
longitudine est, s'incontr il banco di ghiaccio. Questo era a
300 miglia pi al nord dell'anno precedente. Le navi vi
arrivavano troppo presto. Ross tent tuttavia di rompere quella
formidabile cinta. Vi penetr per 300 miglia, ma si vide
arrestato da massi tanto compatti, che gli fu impossibile di
andare pi oltre. Solamente il 1 gennaio 1842 giunse a varcare
il circolo polare. Il 19 dello stesso mese, le due navi furono
assalite da un uragano di una violenza inaudita, al momento in
cui toccavano il mare libero. L'Erebus e il Terror perdettero il
timone, furono urtati da scogli galleggianti, e per ventisei ore si
videro sui punto d'essere ingoiati.
L'imprigionamento della spedizione nel banco di ghiaccio
non dur meno di quarantasei ore. Finalmente, il 22, Ross
raggiunse la gran barriera dei ghiacci fissi, che si erano
sensibilmente abbassati a principiare dal monte Erebus, dove
essa non aveva meno di duecento piedi. Al punto in cui Ross la
ritrovava quest'anno, non ne aveva pi di centosette. Si
riconobbe questa barriera 150 miglia pi all'est che non fosse
l'anno precedente. Fu questo il solo risultato geografico di
quella penosa campagna di 136 giorni, assai pi drammatica
della prima.
I bastimenti raggiunsero allora il capo Horn e risalirono
fino a Rio-J aneiro, dove trovarono tuttoci che potesse tornare
loro utile.
Appena ebbero ricevuto i loro complementi di viveri,
ripresero il mare, e raggiunsero le Maluine, donde partirono il
17 dicembre 1842 per la loro terza campagna.
I primi ghiacci furono incontrati nei paraggi dell'isola
Clarence, e il 25 dicembre Ross si trovava arrestato dai banchi
di ghiaccio. Allora raggiunse le Nuove Shetland, complet lo
studio delle terre Luigi-Filippo e J oinville scoperte da Dumont
d'Urville, diede il nome ai monti Haddington e Penny,
riconobbe che la terra Luigi-Filippo non che una grande isola,
e visit lo stretto di Bransfield che le separa dalle Shetland.
Tali furono i meravigliosi risultati ottenuti da J ames Ross
in queste sue tre campagne.
Ora, per giudicare la parte che spetta a ciascuno di questi
tre esploratori delle regioni antartiche, si pu dire che d'Urville
ha per il primo riconosciuto il continente antartico, che Wilkes
ne ha seguito le coste sopra il pi lungo spazio, giacch non si
pu disconoscere la somiglianza che offre il suo tracciato con
quello del navigatore francese; finalmente che J ames Ross ne
ha visitato la parte pi meridionale e pi interessante.
Ma questo continente esiste in realt? d'Urville non ne
persuaso e Ross non vi crede. Bisogna dunque lasciare la
parola agli esploratori che si dirigeranno prossimamente sulle
tracce dei valenti marinai di cui abbiamo narrato i viaggi e le
scoperte.
II.
IL POLO NORD.

Anjou e Wrangell. La polynia. Prima spedizione di Giovanni
Ross. La baia di Baffin chiusa! Le scoperte d'Edoardo Parry nei
primi due viaggi. La ricognizione della baia d'Hudson e la scoperta degli
stretti della Fury e dell'Hecla. Terzo viaggio di Parry. Quarto viaggio.
In islitta sul ghiaccio, in pieno mare. Prima scorreria di Franklin.
Incredibili sofferenze degli esploratori. Seconda spedizione. Giovanni
Ross. Quattro inverni fra i ghiacci. Spedizione di Dease e Simpson.

Si parlato a pi riprese del grande movimento geografico
inaugurato da Pietro I. Uno dei risultati pi rapidamente
raggiunti fu la scoperta fatta da Behring dello stretto che separa
l'Asia dall'America. Il pi importante che ne segu, ad una
trentina d'anni di distanza, fu la ricognizione, nel mare polare,
dell'arcipelago Liakow o della Nuova Siberia.
Nel 1770, un mercante chiamato Liakow aveva veduto
arrivare dal nord sul ghiaccio un numeroso branco di renne.
Egli pens che questi animali non potevano venire che da un
paese in cui si trovassero pascoli abbastanza abbondanti per
nutrirli. Un mese dopo, egli partiva in islitta, e, dopo un
viaggio di cinquanta miglia, scoperse, fra le imboccature della
Lena e dell'Indighirka, tre grandi isole, le cui immense
giaciture di avorio fossile sono diventate celebri in tutto il
mondo.
Nel 1809, Hedenstroem era stato incaricato di rilevarne la
carta. Pi volte egli aveva tentato delle corse in islitta sul mare
ghiacciato, e ogni volta si era visto arrestato dai ghiacci in
scioglimento, che non potevano portarlo. Aveva perci
concluso per l'esistenza di un mare libero al largo, e
appoggiava questa opinione sull'immenso volume di acqua
calda a 10 che versano nel mare polare i grandi fiumi
dell'Asia.
Nel marzo 1821, il luogotenente (pi tardi ammiraglio)
Anjou si avanz sul ghiaccio fino a quarantadue miglia al nord
dell'isola Kotelnoi, e vide, a 76 38', un vapore che l'indusse a
credere alla esistenza di un mare libero. Si avventur in una
seconda spedizione e ne ritorn col convincimento che era
impossibile inoltrarsi al largo in causa del poco spessore del
ghiaccio e dell'esistenza di questo mare libero.
Mentre Anjou si occupava di queste esplorazioni, un altro
ufficiale di marina, il luogotenente Wrangell, raccoglieva
leggende e informazioni preziose sulla esistenza di una terra
situata per il traverso del capo Yakan.
Dal capo di una colonia tchuktcha avrebbe egli appreso
che, presso la costa e certe scogliere sottomarine poste
all'imboccatura d'un fiume, si pu, con un bel tempo d'estate,
scoprire, ad una grandissima distanza nel nord, delle montagne
coperte di neve; ma d'inverno impossibile vederle. Altre
volte, branchi di renne venivano da quella terra quando il mare
era rappreso. Questo capo medesimo, una volta, aveva veduto
un branco di renne che ritornavano al nord da questa via, e
l'aveva egli seguito in islitta per una intiera giornata, sino a che
lo stato del ghiaccio lo costrinse ad abbandonare la sua
intrapresa.
Suo padre gli aveva pure narrato che un tchuktchi vi era
stato una volta con alcuni compagni in una barca di pelle; ma
egli non sapeva n ci che avevano trovato, n ci che era
avvenuto di essi. Sosteneva che quel paese doveva essere
abitato, e narrava a proposito che una balena morta era venuta
ad arenarsi all'isola Aratana, bucata di lance a punta d'ardesia,
arma di cui i Tchuktchi non si servono mai. Queste
informazioni erano curiosissime e aumentavano il desiderio a
Wrangell di penetrare fino a quegli ignoti paesi; ma esse non
dovevano verificarsi che ai giorni nostri.
Dal 1820 al 4824, Wrangell, stabilito alla imboccatura
della Kolyma, fece quattro viaggi in islitta sui ghiacci.
Dapprima esplor la costa, dall'imboccatura della Kolyma fino
al capo Tchelagskoi, e dovette sopportare, durante questa
corsa, fin 35 di freddo.
Il secondo anno volle vedere qual punto potrebbe
raggiungere sul ghiaccio, e pervenne a 140 miglia dalla terra.
Il terzo anno, nel 1822, Wrangell part nel mese di marzo,
per verificare il rapporto di un indigeno che gli affermava
l'esistenza di una terra libera. Egli raggiunse un campo di
ghiaccio, sul quale pot inoltrare senza ostacoli.
Pi lungi l'ice-feld sembrava meno resistente. Il ghiaccio
essendo allora non abbastanza solido per portare una carovana,
si dovette caricare sopra due piccole slitte una navicella, delle
assi e alcuni utensili, e poi incamminarsi sopra un ghiaccio che
si scioglieva e scricchiolava sotto i piedi.
Dovetti, dice Wrangell, fare dapprima sette verste
attraverso uno strato salino; pi lungi apparve una superficie
solcata da larghi crepacci, che non pervenivamo a varcare che
col mezzo delle nostre assi. Notai in questo luogo dei piccoli
monticelli di un ghiaccio cos poco resistente, che il minimo
contatto bastava a romperlo e trasformare il monticello in
un'apertura circolare. Il ghiaccio su cui si viaggiava era senza
consistenza, non aveva che un piede di spessore, e, quel che
pi, era crivellato di buchi. Non posso paragonare l'aspetto del
mare, in questo istante, che ad un immenso acquitrino; e infatti,
l'acqua fangosa che sorgeva da quelle migliaia di crepacci,
frastagliandosi in tutti i sensi, la neve mista di terra e di sabbia,
quei monticelli da cui derivavano numerosi ruscelli, tutto
concorreva a rendere completa l'illusione.
Wrangell si era allontanato dalla costa per circa 228
chilometri, ed il mare libero idi Siberia quello di cui aveva
toccato le rive, immensa polynia nome ch'egli d a vaste
estensioni d'acqua libera gi segnalata da Leontjeff nel 1764
e da Hedenstreem nel 1810.
Al quarto viaggio, Wrangell part dal capo Yakan, il punto
pi vicino alle terre settentrionali. La sua piccola compagnia,
dopo aver oltrepassato il capo Tchelagskoi, fece rotta al nord;
ma un violento uragano ruppe il ghiaccio, che non aveva che
tre piedi di spessore, e fece correre agli esploratori il pi gran
pericolo. A volte trascinati su qualche grande lastra non ancor
rotta, a volte semi-sommersi sopra un fondo mobile che
oscillava o dispariva interamente, oppure legati su qualche
masso che serviva loro di chiatta, mentre i cani tiravano e
nuotavano, pervennero finalmente a riguadagnare la terra
attraverso dei ghiaccioli che il mare urtava fra loro con gran
rumore. Essi non dovettero la loro salvezza che alla rapidit e
al vigore dei loro cani.
In questo modo terminarono i tentativi fatti per
raggiungere le terre al nord della Siberia.
La calotta polare era in pari tempo assalita da un'altra parte
con altrettanta energia, ma con maggiore continuit.
Si ricorda con quale entusiasmo e quale perseveranza era
stato cercato il famoso passaggio del nord-ovest. Non appena i
trattati del 1815 ebbero imposto la necessit del disarmo di
numerosi vascelli inglesi e la riduzione a mezza paga de' loro
ufficiali, l'ammiragliato, non volendo rompere la carriera di
tanti stimabili marinai, s'ingegn a procurare loro qualche
impiego. Gli in tali circostanze che fu ripresa la ricerca del
passaggio del nord-est.
L'Alexandre, di 252 tonnellate, e l'Isabelle di 385, al
comando di J ohn Ross, ufficiale di esperienza, e del
luogotenente William Parry, furono spediti dal Governo per
esplorare la baia di Baffin. Parecchi ufficiali, J ames Ross,
Barck, Belcher, che dovevano illustrarsi nelle spedizioni polari,
facevano parte dell'equipaggio.
Questi bastimenti spiegarono le vele il 18 aprile, sostarono
alle isole Shetland, cercarono invano la terra sommersa di
Bass, che si poneva a 57 28' nord, e, fino dal 26 maggio,
ebbero cognizione dei primi ghiacci. Il 2 giugno si rilev la
costa del Groenland. Sulla parte occidentale, assai male
indicata dalle carte, furon trovate grandi quantit di ghiacci, e il
governatore della colonia danese di Whale-Island assicur agli
Inglesi che il rigore degli inverni aumentava sensibilmente da
undici anni ch'egli abitava il paese.
Fino allora si era creduto che al di l del 75 il paese fosse
inabitabile. E perci i viaggiatori furono stupiti di veder
arrivare sul ghiaccio un'intera trib di Esquimesi. Questi
selvaggi ignoravano l'esistenza di un altro popolo che non fosse
il loro. Essi guardavano gli Inglesi senza osare di toccarli, e
uno di essi, rivolgendosi ai bastimenti, con voce grave e
solenne domandava loro: Chi siete voi? donde venite? dal sole
o dalla luna?
Sebbene questa trib fosse, sotto certi aspetti, molto al di
sotto degli Esquimesi, che la lunga frequenza degli Europei ha
cominciato a civilizzare, conosceva per l'uso del ferro, con cui
alcuni di essi erano pervenuti a farsi dei coltelli. Esso
proveniva, da quanto si pot comprendere, da un masso o
montagna da cui lo ricavavano. Verosimilmente era ferro
meteorico.
Durante tutto questo viaggio, e dacch se ne conobbero i
risultati in Inghilterra, l'opinione pubblica non s'ingann. Ross,
sebbene avesse qualit nautiche di primo ordine, diede prova
per di una indifferenza e di una leggerezza singolare.
Sembrava curarsi poco di trovare la soluzione dei problemi
geografici che avevano determinato l'armamento della
spedizione.
Senza esaminarle, pass davanti alle baie Wolstenholme e
delle Balene, nonch davanti allo stretto di Smith che si apre in
fondo alla baia di Baffin, e a una distanza tanto grande che egli
non lo riconobbe.
Di pi, quando cominci a discendere la costa occidentale
della baia di Baffin, un magnifico braccio di mare
profondamente incassato, d'una larghezza non inferiore a
cinquanta miglia, s'offerse agli sguardi ansiosi degli
esploratori. I due bastimenti vi penetrarono il 20 agosto, ma
non si erano peranco inoltrati di trenta miglia, che Ross diede
ordine di girar di bordo col pretesto che aveva distintamente
veduto una catena di alte montagne, alle quali diede il nome di
monti Croker e che ne sbarrava l'estremit. Quella opinione
non fu divisa dagli ufficiali che non avevano scorto la minima
collina, per questa eccellente ragione, che il braccio in cui si
era entrati altro non era che lo stretto di Lancaster, cos
chiamato da Baffin, e che comunica col mare nella direzione
dell'ovest.
Lo stesso avvenne press'a poco di tutte le indentazioni di
questa costa, cos profondamente frastagliata, e per lo pi si
stava a una tale distanza che era impossibile di scorgere il
minimo particolare. In tal modo essendo la spedizione arrivata
il 1 ottobre davanti all'entrata di Cumberland, essa non cerc
di riconoscere questo punto tanto importante, e Ross ritorn in
Inghilterra volgendo il dorso alla gloria che l'aspettava.
Accusato di leggerezza e di negligenza, Ross rispondeva
con un sussiego superbo: Oso lusingarmi di avere, in tutto ci
che importante, compiuto l'oggetto del mio viaggio, poich
ho provato l'esistenza di una baia che si estende da Disco fino
allo stretto di Cumberland, e terminato per sempre la questione
relativa a un passaggio a nord-ovest in quella direzione.
Era difficile di ingannarsi pi completamente. Per
l'insuccesso di questo tentativo fu lontano dallo scoraggiare i
cercatori.
Gli uni vi trovarono la splendida conferma delle scoperte
del vecchio Baffin, gli altri vollero vedere in quelle
innumerevoli entrate, in cui il mare era tanto profondo e la
corrente tanto forte, ben altra cosa che delle baie. Per essi erano
degli stretti, e ogni speranza di scoprire il passaggio non era
perduta.
L'Ammiragliato, colpito da queste ragioni, arm subito due
piccoli bastimenti, la bombarda Hecla e il brigantino Griper. Il
5 maggio 1819 essi uscirono dal Tamigi sotto il comando del
luogotenente William Parry, che non si era trovato del
medesimo parere del suo capo, circa l'esistenza del passaggio
del nord-ovest.
I bastimenti, senza straordinari incidenti di navigazione,
penetrarono fino allo stretto di sir J ames Lancaster; poi, dopo
essere stati imprigionati per sette giorni in mezzo ai ghiacci
accumulati sovra una estensione di ottanta miglia, entrarono in
quella baia che, secondo J ohn Ross, doveva essere chiusa.
Non solamente queste montagne non esistevano che
nell'imaginazione del navigatore, ma tutti gli indizi che si
notavano, rivelavano, senza equivoco, che era uno stretto.
Fino a 310 braccia non si era trovato il fondo; si
cominciava a sentire il movimento dell'onda; la temperatura
dell'acqua si era elevata di 6 e in un sol giorno non
s'incontrarono meno di ottanta balene tutte grossissme.
Scesi a terra il 31 luglio nella baia Possessione che
avevano visitato l'anno precedente; gli esploratori vi trovarono
ancora le orme dei loro passi, il che indicava la piccola quantit
di neve e di brina cadute nell'inverno.
Al momento in cui, a tutte vele spiegate, e aiutati da un
vento favorevole, i due bastimenti penetrarono nello stretto di
Lancaster, tutti cuori batterono rapidamente.
pi facile imaginare che descrivere, dice Parry, l'ansia
impressa in quel momento su tutte le fisionomie, mentre
c'inoltravamo nello stretto con una rapidit sempre crescente,
merc la brezza che si faceva vieppi forte; le vele di gabbia
furono coperte di ufficiali e di marinai per tutto il pomeriggio,
e un osservatore disinteressato, se ve ne poteva essere in una
scena simile, si sarebbe divertito all'ardore col quale si
ricevevano le notizie trasmesse dalle guardie; fino allora esse
erano tutte favorevoli alle nostre speranze pi ambiziose.
Infatti le due rive continuavano parallele fra loro, tanto
lontano, che l'occhio poteva seguirle a oltre 50 miglia. L'altezza
delle onde, l'assenza del ghiaccio, tutto doveva persuadere
gl'Inglesi d'aver raggiunto il mare libero e il passaggio tanto
cercato, quando un'isola, contro la quale si era ammucchiato un
masso enorme di ghiaccio, venne a sbarrar loro il passaggio.
Per un braccio di mare, largo una decina di leghe, si
apriva nel sud. Si sperava trovarvi una via di comunicazione
meno ingombra di ghiacci. Cosa singolare; sino a che si era
avanzato nell'ovest per lo stretto di Lancaster, i movimenti
della bussola si erano accentuati; ora che si discendeva verso il
sud, l'istrumento sembrava aver persa ogni azione, e si vide,
per un curioso fenomeno, la potenza dirigente dell'ago
calamitato indebolirsi al punto di non poter resistere
all'attrazione di ciascuna nave, in modo che segnava, a dir vero,
il polo nord della Hecla o del Griper.
Il braccio di mare si allargava a misura che i bastimenti
s'avanzavano verso l'ovest, e la riva s'infletteva sensibilmente
verso il sud-ovest; ma dopo avervi fatto 120 miglia si trovarono
arrestati da una barriera che li imped d'andare pi lungi in
questa direzione. Essi raggiunsero lo stretto di Barrovv, di cui
quello di Lancaster non forma che il suolo, e trovarono libero
di ghiacci questo mare, che avevano visto ingombro qualche
giorno prima.
A 92 15' di longitudine, fu riconosciuta un'entrata, il
canale Wellington, largo circa otto leghe. Interamente sgombro
di ghiacci, non sembrava chiuso da alcuna terra. Tutti questi
stretti persuasero gli esploratori che essi navigavano in mezzo a
un immenso arcipelago, e la loro fiducia crebbe sempre pi.
Per la navigazione diventava simile fra le nebbie; il
numero delle isolette e dei bassi fondi aumentava, i ghiacci si
accumulavano, ma nulla poteva per scoraggiare Parry nel suo
cammino verso l'ovest. Sopra una grande isola, cui fu dato il
nome di Bathurst, i marinai trovarono gli avanzi di alcune
abitazioni d'Esquimesi, nonch tracce di renne. Furon fatte in
quel luogo delle osservazioni magnetiche che indussero a
concludere che si era passati al nord del polo magnetico.
Un'altra grande isola, Melville, fu subito in vista, e non
ostante gli ostacoli che i ghiacci e la nebbia frapponevano al
progresso della spedizione, le navi giunsero ad oltrepassare il
110 ovest, guadagnando in tal modo la ricompensa di 100.000
lire sterline, promessa dal Parlamento.
Un promontorio, situato press'a poco in quel punto,
ricevette il nome di capo della Munificenza; una buona rada
nelle vicinanze fu chiamata baia Hecla e del Griper. In fondo a
questa baia, nel Winter-Harbour, le due navi passarono
l'inverno, e disarmate e circondate da coperte ovattate, erano
racchiuse in un involto di neve, mentre all'interno erano
disposti i caloriferi e le stufe. La caccia non diede altro risultato
che di far gelare alcune membra dei cacciatori, giacch tutti gli
animali, eccetto i lupi e le volpi, avevano disertata l'isola
Melville alla fine di ottobre.
Come passare quella lunga notte d'inverno, senza annoiarsi
troppo?
Gli ufficiali pensarono allora di allestire un teatro, sul
quale la prima rappresentazione fu data il 6 novembre, il giorno
medesimo in cui il sole scompariva per tre mesi. Poi, dopo aver
composto un'operetta per l'occasione del Natale, in cui era fatta
allusione alla situazione dei bastimenti, fondarono una gazzetta
ebdomadaria che chiamarono Gazzetta delta Georgia del Nord,
Cronaca d'inverno. Questo giornale, di cui Sabine era l'editore,
ebbe ventun numeri, e al ritorno ricevette gli onori della
stampa.
Nel mese di gennaio apparve lo scorbuto, e la violenza
della malattia caus a tutta prima vivi allarmi; ma l'uso ben
inteso degli antiscorbutici, e la quotidiana distribuzione della
mostarda fresca e del crescione, che Parry giunse a far
germogliare entro cassette poste intorno alla stufa, troncarono
il male alla sua radice.
Il 7 febbraio riapparve il sole, e sebbene dovessero ancora
trascorrere parecchi mesi prima che fosse possibile di lasciare
l'isola Melville, i preparativi della partenza furono cominciati.
Il 30 aprile, il termometro sal fino a zero, e i marinai,
pigliando questa temperatura cos bassa per l'estate, volevano
lasciare i loro abiti d'inverno. Il primo ptarmigan apparve il
12 maggio, e il giorno seguente si videro le peste delle renne e
delle capre da muschio che cominciavano a incamminarsi verso
il nord. Ma ci che cagion ai marinai una gioia e una sorpresa
affatto straordinaria, fu la pioggia che cadde il 24 maggio.
Noi eravamo, dice Parry, tanto disabituati a veder l'acqua
nel suo stato naturale, e soprattutto a vederla cadere dal cielo,
che questa circostanza cos semplice divenne un soggetto di
curiosit. Non vi fu nessuno a bordo, a quanto parmi, che non
s'affrettasse di salire sui ponte per osservare un fenomeno cos
nuovo e interessante.
Nella prima quindicina di giugno, Parry, seguito da alcuni
dei suoi ufficiali, fece un'escursione sull'isola Melville, di cui
raggiunse l'estremit nord: Al suo ritorno la vegetazione
appariva dappertutto; il ghiaccio cominciava a sciogliersi, tutto
annunciava che la partenza poteva effettuarsi prossimamente.
Ebbe luogo il 1 agosto; ma al largo i ghiacci non si erano
ancora sciolti, e i bastimenti non poterono inoltrarsi nell'est che
fino all'estremit dell'isola Melville. Il punto pi lontano che
abbia raggiunto Parry in questa direzione situato a 74 26'25"
di latitudine e 113 46'43" di longitudine. Il ritorno avvenne
senza incidenti, e verso la met di novembre le navi erano
ritornate in Inghilterra.
I risultati di questo viaggio furono importanti; non solo era
stata riconosciuta un'immensa estensione di regioni artiche, ma
si erano fatte delle osservazioni di fisica e di magnetismo, e si
erano raccolti documenti affatto nuovi sui fenomeni del freddo,
sul clima artico, sulla vita animale e vegetale di quelle regioni.
In una sola campagna Parry aveva ottenuto maggiori
risultati che non fecero in trent'anni tutti coloro che dovevano
seguire le sue tracce.
L'Ammiragliato, soddisfatto dei risultati tanto importanti
ottenuti da Parry, gli affid, nel 1821, il comando di due navi,
l'Hecla e la Fury, quest'ultima costruita sul modello dell'Hecla.
Questa volta il navigatore esplor le rive della baia di Hudson,
e visit con la massima cura le coste della penisola Melville,
che non si deve confondere con l'isola dello stesso nome. Si
svern all'isola Winter (inverno), sulla costa orientale di quella
penisola, e si ricorse ai medesimi passatempi che erano riusciti
cos bene nella campagna precedente.
Ma la pi grande diversione alla monotonia dell'inverno fu
la visita di un distaccamento d'Esquimesi che arriv il 1
febbraio attraverso i ghiacci. Le loro capanne, che non si erano
scorte, erano collocate sulla spiaggia; si visitarono, e 18 mesi di
rapporti quasi costanti con l'equipaggio, contribuirono a dare di
questi popoli, della loro maniera di vivere e del loro carattere,
un'idea affatto diversa di quella che ci se n'era formata fino
allora.
La ricognizione degli stretti della Fury e della Herta, che
separano la penisola Melville dalla terra di Goekburne,
costrinse i viaggiatori a passare un secondo inverno nelle
regioni artiche. Se la sosta fu pi agevole, il tempo, trascorse
per meno allegramente, in causa del profondo disinganno che
ufficiali e marinai avevano provato nel vedersi arrestati al
momento in cui contavano di far rotta per lo stretto di Behring.
Il 12 agosto i ghiacci si apersero; Parry voleva rimandare
in Europa le sue navi e continuare per terra l'esplorazione delle
terre che aveva scoperto; ma dovette cedere alle istanze del
capitano Lyon, che gli mostr la temerit di questo disperato
progetto. I due bastimenti ritornarono dunque in Inghilterra,
dopo un'assenza di 27 mesi, con la perdita di soli 5 uomini
sopra 119, sebbene avessero passato due inverni consecutivi in
quelle regioni iperboree.
Certamente, i risultati di questo secondo viaggio non
valevano quanto quelli del primo, ma non doveva rimanere
senza guiderdone. Si sapeva oramai che la costa d'America non
si estende quasi al di l del 70, che l'Atlantico comunica col
mare polare a mezzo di una quantit di stretti e di canali, per lo
pi chiusi, come quelli della Fury, dell'Hecla e della Fox, da
barriere di ghiacci che le correnti accumulano.
Se i ghiacci trovati all'estremit sud-est della penisola
Melville sembravano permanenti, non pareva che cos fosse di
quelli all'entrata del Principe Reggente. Per conseguenza vi
erano delle probabilit di poter di l penetrare nel bacino
polare. La Fury e la Hecla furono dunque armate ancora una
volta e affidate a Parry.
Questo viaggio fu il meno fortunato di tutti quelli che
intraprese questo provetto marinaio, non gi che egli fosse
inferiore a s stesso, ma perch fu vittima di casi disgraziati e
di sfavorevoli circostanze.
Assalito infatti, nella baia di Baffin, da una insolita
abbondanza di ghiacci, stent moltissimo a raggiungere
l'entrata del Principe Reggente. Forse, se la stagione gli avesse
permesso d'arrivare tre settimane prima, sarebbe riuscito a
percorrere la costa d'America; ma non pot che prendere le
disposizioni necessarie per lo sverno.
Non era gi una formidabile eventualit per questo
esperimentato ufficiale il passare un inverno sotto il circolo
polare. Egli conosceva le precauzioni necessarie per conservare
la salute del suo equipaggio, per creargli anzi un certo
benessere, per procurargli quelle occupazioni e quelle
distrazioni che contribuiscono tanto potentemente a diminuire
la lunghezza di una notte di 3 mesi.
I corsi insegnati da alcuni ufficiali, le mascherate e le
rappresentazioni teatrali, un calore costante di 50 Fahrenheit,
mantennero gli uomini in cos buona salute che, il 29 luglio
1825, quando lo sgelo permise a Parry di riprendere le sue
operazioni, non aveva a bordo nessun malato.
Egli si diede a percorrere la costa orientale dell'entrata del
Principe Reggente; ma i ghiacci galleggianti si avvicinarono e
spinsero le navi alla riva. La Fury sub tali avare, che non
ostante l'opera di quattro pompe sempre in attivit, poteva
appena galleggiare. Parry cerc di ripararla dopo averla issata
sopra un enorme banco di ghiaccio; sopraggiunse una
tempesta, ruppe il temporaneo riparo del bastimento e lo lanci
sulla riva, dove abbisogn abbandonarlo definitivamente. Il suo
equipaggio fu raccolto dall'Hecla che, in causa di questa
catastrofe dovette ritornare in Inghilterra.
L'animo ottimamente temprato di Parry non fu scosso da
questo ultimo disastro. Se era quasi impossibile di raggiungere
il mare polare per quella via, non ve ne erano forse altre?
L'ampio spazio dei mare che si estende fra la Groenland e lo
Spitzberg non offriva forse una rotta meno pericolosa, meno
irta di quegli enormi icebergs che non si formano che sulle
coste?
Le pi antiche spedizioni che si narrano di quei paraggi,
sono quelle di Scoresby, che frequent lungo tempo quei mari
alla caccia delle balene. Nel 1806 egli si avanz alquanto nel
nord, tanto avanti, che non si era mai pi potuto raggiungere
con una nave e per quella via la medesima latitudine. Egli si
trovava infatti, il 24 maggio, a 81 30' di latitudine e 16 di
longitudine est di Parigi, vale a dire quasi al nord dello
Spitzberg. Il ghiaccio si estendeva verso est-nord-est.. Fra
questa direzione e il sud-est il mare era assolutamente libero
per una estensione di trenta miglia, e non vi era terra alla
distanza di cento miglia.
Devesi deplorare che il baleniere non abbia creduto di
approfittare di questo stato tanto favorevole del mare per
avanzarsi verso il nord; non a dubitarsi che avrebbe fatto
qualche importante scoperta, se pure non avrebbe raggiunto il
polo magnetico.
Ci che le esigenze della sua professione di baleniere
avevano impedito a Scoresby di compiere, Parry risolvette di
tentare.
Egli part da Londra sull'Hecla il 25 marzo 1827,
raggiunse la Lapponia norvegiana, ad Hammerfest imbarc dei
cani, delle renne e dei canotti, e continu la sua rotta per lo
Spitzberg.
Il porto Smeerenburg in cui voleva entrare, era ancora
ingombro di ghiacci, e l'Hecla continu a lottare contro di essi
fino al 27 maggio. Parry abbandon allora la sua nave nello
stretto di Hinlopen, e si avanz verso il nord con due canotti
che portavano, con Ross e Crozier, ciascuno dodici uomini e
viveri per 71 giorni. Dopo aver collocato un deposito di viveri
alle Sept-Iles, caric le sue provvigioni e le sue barche sopra
delle slitte che erano state costrutte in modo affatto speciale.
Egli sperava in tal guisa poter varcare la barriera di ghiacci
solidi e trovare al di l un mare, se non interamente libero,
almeno navigabile.
Ma i banchi di ghiaccio non formavano un assieme
omogeneo, come operava Parry. Talora si dovevano
attraversare ampie pozze d'acqua, talora le slitte dovevano
salire sopra scoscese colline. Perci in quattro giorni non si
avanz che di 14 km. verso il nord.
Il 2 luglio, con una fitta nebbia, il termometro segnava 1
7' sopra lo zero all'ombra, e 8 3' al sole.
Il cammino su questa scabrosa superficie, rotta a ogni
istante da Sbracci di mare, era eccessivamente penoso, e la
vista dei viaggiatori si stancava all'abbagliante riverbero della
luce.
Non ostante quei numerosi ostacoli, Parry e i suoi
compagni si avanzarono sempre con coraggio, quando, il 20
luglio, s'accorsero che non erano giunti che a 82 37', vale a
dire a 9 chilometri soltanto pi al nord di tre giorni prima.
Bisognava dunque che i banchi di ghiaccio fossero trascinati da
una forte corrente verso il sud, giacch erano certi d'aver fatto
in questo tempo almeno 22 chilometri sul ghiaccio.
Parry nascose a tutta prima questo scoraggiante risultato
all'equipaggio; ma ben presto fu a tutti evidente che non si
ascendeva verso il nord che della differenza di due opposte
velocit; quella che i viaggiatori mettevano a sorpassare tutti
gli ostacoli accumulati sotto i loro passi, e quella che trascinava
l'ice-field in senso contrario.
La spedizione per raggiunse un punto in cui i banchi di
ghiaccio, rotti per met, non potevano pi portare n gli
uomini, n le slitte. Era un ammasso prodigioso di ghiacci che,
sollevati dai fiotti, si urtavano con rumore spaventevole. I
viveri erano esauriti, i marinai scoraggiati, Ross era ferito,
Parry soffriva crudelmente di una infiammazione d'occhi;
finalmente il vento che soffiava contrario spingeva gli Inglesi
verso il sud. Bisogn ritornare.
Quest'ardita corsa, durante la quale il termometro non
discese al disotto di 2 2', avrebbe potuto riuscire, se fosse stata
intrapresa in una stagione meno inoltrata. I viaggiatori, partiti
pi presto, avrebbero potuto elevarsi oltre 82 40'; non
sarebbero certamente stati arrestati dalla pioggia, dalla neve e
dall'umidit, sintomi evidenti dello sgelo estivo.
Quando Parry raggiunse l'Hecla, apprese che questo
bastimento aveva corso i pi grandi pericoli. Spinti da un forte
vento, i ghiacciuoli avevano rotto le catene e gettato alla costa
la nave, che si era arenata. Rialzata, era stata condotta
all'entrata dello stretto Waygat.
Parry termin la sua rotta felicemente fino alle Orcadi,
sbarc su queste isole, e ritorn a Londra il 30 settembre.
Mentre Parry cercava un passo fra le baie Baffin o di
Hudson, onde raggiungere il Pacifico, erano state ordinate
parecchie spedizioni per completare le scoperte di Mackenzie e
determinare la direzione della costa settentrionale dell'America.
Pareva che questi viaggi non presentassero difficolt
grandissime, mentre i loro risultati potevano essere notevoli per
il geografo e molto vantaggiose al marinaio.
Ne fu affidato il comando ad un ufficiale di merito,
Franklin, il cui nome diventato giustamente celebre. Il dottore
Richardson e Giorgio Back, allora midshipman nella marina,
l'accompagnavano con due marinai.
Arrivati il 30 agosto 1839 alla fattoria di York sulle rive
della baia di Hudson, dopo aver raccolto presso i conservatori
di animali da pellicce tutte le informazioni che potessero tornar
utili, gli esploratori partirono il 9 settembre, e entrarono il 22
ottobre a Cumberland-House, situata a 690 miglia. La stagione
volgeva al suo termine. Franklin si rec tuttavia, con Giorgio
Back, al forte Chippewayan all'estremit occidentale del lago
Athabasca, allo scopo di vigilare ai preparativi della spedizione
che doveva farsi l'estate seguente. Questo viaggio di 857 miglia
fu compiuto nel cuore dell'inverno, con temperature da 40 a 50
gradi sotto zero.
In principio della primavera, il dottore Richardson
raggiunse al forte Chippewayan il rimanente della spedizione,
che part il 18 luglio 1820 con la speranza di passare, prima
della cattiva stagione, un'invernata confortevole
all'imboccatura della Coppermine. Ma si dovette fare i conti,
pi che non lo avessero fatto Franklin e i suoi compagni, con le
difficolt della rotta, e con gli ostacoli che rec il rigore della
stagione.
Le cadute d'acqua, i bassi fondi dei laghi e dei fiumi, i
trasporti, la scarsit di selvaggina fecero tanto ritardare i
viaggiatori, che il 20 agosto, quando gli stagni cominciarono a
coprirsi di ghiaccio, le guide canadesi fecero udire dei lamenti,
e quando videro fuggire verso il sud le frotte d'oche selvatiche,
si rifiutarono di andare pi lungi.
Franklin, malgrado il dispetto che gli caus tanto mal
volere, dovette rinunciare a' suoi progetti e costruire al punto in
cui si trovava, vale a dire cinquecentocinquanta miglia dal forte
Chippewayan, sulle rive del fiume Winter, una casa in legno
che ricevette il nome di forte Entreprise. Essa era situata a 64
28' di latitudine e 118 6' di longitudine.
Non appena installati, i viaggiatori s'occuparono a riunire
il maggior numero di provvigioni che fu loro possibile, e con la
carne di renna confezionarono quella pietanza che conosciuta
nell'America del nord col nome di pemmican, A tutta prima, il
numero delle renne che si videro fu considerevole; se ne
contarono non meno di duemila in un sol giorno, ma ci
provava che questi animali emigravano verso regioni pi
clementi. Eppure, appena si ebbe preparata la carne di
centottanta di quei quadrupedi, sebbene si trovasse un aumento
di nutrimento nei prodotti del fiume vicino, queste provvigioni,
bench considerevoli, furono insufficienti.
Trib intiere d'Indiani, alla notizia dell'arrivo dei bianchi
nel paese, erano venuti a stabilirsi alle porte del forte, e
passavano la loro vita a mendicare e a sfruttare i nuovi venuti.
Perci le balle di coperte, di tabacco e d'altri oggetti di cambio,
non tardarono a esaurirsi. Franklin, inquieto di non veder
arrivare la spedizione che doveva riapprovvigionarlo, si
determin a spedire, il 18 ottobre, Georges Back con una scorta
di Canadesi, al forte Chippewayan.
Un tale viaggio, a piedi, nel cuore dell'inverno, richiede
una devozione meravigliosa, di cui le poche linee seguenti
possono dare un'idea.
Ebbi, disse Back al suo ritorno, il piacere di trovare tutti i
miei amici in buona salute, dopo un'assenza di circa cinque
mesi, durante i quali avevo fatto millecentoquattro miglia, con
scarpe da neve, e senz'altro riparo, la notte, nei boschi, che una
coperta e una pelle di daino, il termometro discendendo
sovente a 40 e una volta a 57 sotto zero; mi accadeva talora
di passare due o tre giorni senza prender cibo.
Coloro i quali erano rimasti al forte ebbero pure a soffrire
un freddo che discendeva di tre gradi sotto quello che Parry
aveva sofferto all'isola Melville, situata per a 9 pi vicina al
polo. Gli effetti di questa rigida temperatura non si facevano
sentire sugli uomini soltanto; gli alberi gelarono al punto che la
scure si rompeva senza poter solcarvi un taglio.
Due interpreti della baia d'Hudson avevano accompagnato
Back al forte di Entreprise: uno di essi aveva una figlia che
passava per la pi bella creatura che si fosse veduta. Epper,
bench non avesse ancora sedici anni, aveva gi avuto due
mariti. Uno degli ufficiali inglesi fece il suo ritratto con gran
disperazione della madre che temeva che il gran capo
d'Inghilterra, contemplando quella fredda immagine, diventasse
innamorato dell'originale.
Il 14 giugno 1821 la Coppermine fu abbastanza sgelata da
essere navigabile. Vi ci s'imbarc subito, bench i viveri
fossero quasi totalmente esauriti. Per fortuna la selvaggina era
numerosa sulle verdeggianti rive del fiume, e si uccisero tanti
buoi muschiati da nutrire tutti quanti.
L'imboccatura della Coppermine fu raggiunta il 18 luglio.
Gli Indiani, per timore di incontrare i loro nemici, gli
Esquimesi, ripresero subito la via del forte Entreprise, mentre i
Canadesi osavano appena lanciare le loro fragili imbarcazioni
su questo mare irritato. Franklin per li risolvette ad
arrischiarsi, ma non pot andare oltre la punta del Ritorno a 68
30' di latitudine, promontorio che formava l'apertura di un
golfo profondo, sparso di numerose isole, al quale Franklin
diede nome di golfo dell'incoronazione di Giorgio IV.
Franklin aveva cominciato a risalire il fiume Hood, quando
si vide arrestato da una cascata di 250 piedi; dovette quindi fare
il rimanente cammino per terra, in mezzo alle nevi di oltre due
piedi di spessore, in un paese sterile e affatto ignoto. pi
facile imaginare che descrivere i patimenti di questo viaggio di
ritorno. Franklin ritorn al forte Entreprise l'11 ottobre in uno
stato di spossatezza assoluta, non avendo mangiato nulla da
cinque giorni. Il forte era abbandonato. Senza provvigioni,
ammalato, pareva che Franklin non avesse a far altro che
lasciarsi morire. L'indomani per si mise in cerca degl'Indiani e
di quelli dei suoi compagni che l'avevano preceduto; ma la
neve era tanto alta che dovette rifare il cammino e ritornare al
forte. Per diciotto giorni non visse che di una specie di brodo
fatto con le ossa e le pelli della selvaggina uccisa l'anno
precedente. Il 29 ottobre, il dottore Richardson giunse
finalmente con J ohn Hepburn, senza gli altri compagni della
spedizione. Rivedendosi, tutti furono dolorosamente
impressionati della loro magrezza, dell'alterazione della loro
voce e di un indebolimento che pareva il segnale meno
dubbioso di una prossima fine.
Il signor dottore Richardson, dice Cooley, recava del
resto tristi notizie. Durante i due primi giorni che erano seguiti
alla separazione in tre parti della colonna, il suo distaccamento
non aveva trovato nulla da mangiare; il terzo giorno, Michel
era ritornato con una lepre ed una pernice che furono divise.
L'indomani si pass ancora in una assoluta, carestia. L'11,
Michel offerse ai suoi compagni una quarta parte della carne
che disse loro essere stata tagliata da un lupo; ma poi essi
vennero a sapere che era la carne di uno di quei disgraziati che
avevano abbandonato il capitano Franklin per ritornare col
dottore Richardson. Michel diventava ogni giorno pi insolente
e pi freddo. Si sospett alquanto che avesse in qualche luogo
un deposito di alimenti di cui si serviva per s solo. Hepburn
essendo occupato a tagliar legna, ud la detonazione di uno
schioppo, e guardando dalla parte da cui si era udito il rumore,
vide Michel precipitarsi verso la tenda; subito dopo si trov
morto il signor Hood. Da quel momento egli s fece pi
diffidente che mai; e siccome la sua forza era superiore a quella
degli Inglesi superstiti, e del resto egli era ben armato, essi
videro che per loro non c'era pi salvezza che nella sua morte.
Mi risolsi, dice Richardson, dacch fui convinto che quest'atto
orribile era necessario, ad assumere su di me tutta la
responsabilit, e al momento in cui Michel ritornava verso di
noi, misi fine a' suoi giorni facendogli saltare le cervella.
Parecchi degli indiani che avevano accompagnato Franklin
e Richardson erano morti di fame, e i due loro capi li seguirono
poco dopo di tempo nella tomba, quando finalmente, il 7
novembre, tre indiani inviati da Back portarono i primi
soccorsi. Non appena si sentirono un po' in vigore, i due inglesi
raggiunsero lo stabilimento della Compagnia, dove trovarono
Giorgio Back, a cui per due volte nella medesima spedizione
dovevano la vita.
I risultati di questo viaggio, che abbraccia 5500 miglia,
erano della medesima importanza per la geografia; gli
esperimenti di magnetismo, gli studi di meteorologia, e la costa
d'America, sopra una immensa estensione, erano stati eseguiti
fino al capo Turnagain.
Nonostante le molte fatiche e i patimenti tanto bravamente
sopportati, gli esploratori erano pronti a ricominciare il loro
viaggio e a tentare ancora una volta di raggiungere le rive del
mare polare.
Sulla fine del 1823, Franklin ricevette ordine di
riconoscere la costa all'ovest del fiume Mackenzie. Tutti gli
agenti della Compagnia dovettero preparare delle provvigioni,
canotti e guide, e mettersi essi stessi, con i loro mezzi, a
disposizione degli esploratori.
Ricevuto con benevolenza a New York, Franklin raggiunse
Albany pel fiume Hudson, risal il Niagara da Lewinston fino
alla famosa cascata, raggiunse il forte San Giorgio sull'Ontario,
attravers il lago, sbarc a York, capitale dell'alto Canada; poi,
passando per i laghi Simcoe, Huron, Superiore, dove fu
raggiunto da ventiquattro Canadesi, il 20 giugno 1825 incontr
le imbarcazioni sul fiume Methye.
Mentre il dottore Richardson rilevava la costa orientale del
lago del Grand'Orso e Back sorvegliava i preparativi dello
sverno, Franklin guadagn l'imboccatura del Mackenzie. La
navigazione fu facilissima e il viaggiatore non trov ostacoli
che al delta del fiume. L'Oceano era libero di ghiacci; delle
balene nere e bianche e delle foche si sollazzavano alla
superficie dei flotti. Franklin sbarc sull'isoletta Garry, la cui
posizione fu determinata a 69 2 di latitudine e 135 41' di
longitudine, osservazione preziosa che provava qua! grado di
fiducia si dovesse accordare ai rilievi del Mackenzie.
Il ritorno avvenne senza difficolt, e il 5 settembre i
viaggiatori rientravano nel forte, al quale il dottore Richardson
aveva dato il nome di Franklin. L'inverno si pass in
divertimenti, in allegrie, in balli, ai quali pigliavano parte
Canadesi e Inglesi e Scozzesi, Esquimesi e Indiani di quattro
diverse trib.
Il 22 giugno avvenne la partenza, e il 4 luglio fu raggiunta
la forca in cui i bracci del Mackenzie si separano. L, la
spedizione si divise in due distaccamenti che andarono all'est e
all'ovest a esplorare le spiagge polari. Appena che Franklin fu
uscito dal fiume, in una gran baia, trov una numerosa
compagnia di Esquimesi. Costoro mostrarono dapprima una
gioia esuberante, ma non tardarono a farsi chiassosi e a tentare
d'impadronirsi delle imbarcazioni. Gli Inglesi in questa
circostanza diedero prova di un'estrema pazienza e pervennero
ad evitare ogni versamento di sangue.
Franklin riconobbe e chiam Clarence il fiume che separa
le possessioni della Russia da quelle dell'Inghilterra. Un po' pi
lungi, un nuovo corso di acqua ricevette il nome di Canning. Il
16 agosto, non trovandosi ancora che a met cammino del capo
Ghiacciato, e avanzandosi rapidamente l'inverno, Franklin
torn indietro, e penetr nel bel fiume di Peel, ch'egli prese per
il Mackenzie; non riconobbe il suo errore che vedendo nell'est
una catena di montagne. Il 21 settembre ritornava al forte, dopo
aver percorso in tre mesi 2048 miglia e rilevato 374 miglia di
costa americana.
Quanto a Richardson, egli si era inoltrato su un mare pi
profondo, meno ingombro di ghiacci, in mezzo a Esquimesi
dolci e ospitalieri. Riconobbe le baie di Liverpool e Franklin,
scoperse in faccia all'imboccatura della Coppermine una terra
che non separata dal continente che da un canale di una
ventina di miglia di larghezza, alla quale diede il nome di
Wollaston. Il 7 agosto, le imbarcazioni, essendo giunte nel
golfo dell'Incoronazione, gi esplorato in una corsa precedente,
ritornarono indietro, e rientrarono, il 1 settembre, al forte
Franklin, senza il minimo accidente.
Portati dall'esposizione dei viaggi di Parry, dovemmo
lasciare per un istante da parte quello che faceva nel medesimo
tempo J ohn Ross, che, per la sua strana esplorazione della baia
di Baffin, si era fatto un gran torto rispetto all'Ammiragliato.
J ohn Ross desiderava vivamente di riabilitare la sua
riputazione di intrepido e abile navigatore. Se il Governo non
aveva pi fiducia in lui, trov egli per lo meno un fioco
armatore, Felix Booth, che non temette affidargli il comando
del bastimento a vapore la Vittoria, sul quale part il 25 maggio
1830 per la baia di Baffin.
Si stette quattro anni senza notizie di questo coraggioso
navigatore, e quando fu di ritorno, si apprese che la messe delle
sue scoperte era ricca al pari di quella che aveva fatto Parry
nella sua prima spedizione.
Entrato per gli stretti di Barrow e di Lancaster in quello del
Principe Reggente, J ohn Ross aveva ritrovato il punto in cui,
quattro anni prima, la Fury era stata abbandonata.
Continuando la sua rotta al sud, Ross svern al porto Felix
cos chiamato in omaggio al sostenitore della spedizione
e l apprese che le terre ch'egli aveva allora scoperte
formavano un'immensa penisola, unita nel sud all'America.
Nell'aprile 1830, J ames Ross, nipote del capo della
spedizione, part in canotto per riconoscere quelle coste, non
che quelle della Terra del Re Guglielmo.
In novembre dovette svernare di nuovo, giacch non si era
potuto far risalire la nave che di alcune miglia verso il nord, e
si stabil nel porto Sheriff. Il freddo fu eccessivo, e di tutti gli
inverni che i marinai della Vittoria passarono nei ghiacci fu
quello il pi rigido.
L'estate del 1831 fu consacrato a diverse ricognizioni, che
mostrarono l'assenza di comunicazione fra i due mari. Non si
pervenne ancora questa volta che a far avanzare la nave di
qualche miglio nel nord fino al porto della Scoperta. Ma, in
causa di un nuovo inverno rigidissimo, bisogn rinunciare a
trarla dalla sua prigione di ghiaccio.
Felicissimi d'aver trovato le provvigioni della Fury, senza
le quali sarebbero morti di fame, gli Inglesi aspettarono il
ritorno della estate con un abbattimento, privazioni, patimenti
incredibili e che ogni giorno crescevano.
Nel luglio 1833 furono definitivamente abbandonati i
quartieri di inverno; si guadagn per terra lo stretto del Principe
Reggente, quello di Barrow, e si sbocc sulla spiaggia della
baia di Baffin, proprio al momento in cui apparve una nave.
Era l'Isabella, che Ross aveva un tempo comandata e che
raccolse i naufraghi della Vittoria.
In quel frattempo l'Inghilterra non aveva abbandonato i
suoi figli, e ogni anno aveva mandato una spedizione alla loro
ricerca. Nel 1833 fu Giorgio Back, il compagno di Franklin.
Partito dal forte Rivoluzione, sulle rive del lago dello Schiavo,
s'avanza verso il nord, e dopo aver scoperto il fiume Thloni-
Tcho-Dseth, prende i suoi quartieri di inverno e si dispone a
guadagnare, l'anno successivo, il mare polare, in cui si suppone
che Ross sia prigioniero, quando apprende l'incredibile suo
ritorno.
L'anno seguente, lo stesso esploratore riconosceva a fondo
il bel fiume dei Pesci, che aveva scoperto l'anno prima, e
scorge le montagne della Regina Adelaide, non che le punte
Booth e J ames Ross.
Nel 1836 capo di una nuova spedizione, che, questa
volta, si fa per mare, e cerca invano di collegare fra loro le
scoperte di Ross e di Franklin.
Questo compito era riservato a tre ufficiali della
Compagnia della baia di Hudson, i signori Peter William,
Dea'se e Thomas Simpson.
Essi partirono il 1 giugno 1837 dal forte Chippewayan, e,
discendendo il Mackenzie, arrivarono il 9 luglio alle rive del
mare, sul quale poterono inoltrarsi a 71 3' di latitudine e 156
46' di longitudine ovest, fino al capo che ricevette il nome di
Giorgio Simpson, il governatore della Compagnia.
Thomas Simpson continu a inoltrarsi nell'ovest, per terra,
con cinque uomini fino alla punta Barrow, che uno degli
ufficiali di Beechey aveva gi visto venendo dallo stretto di
Behring.
La ricognizione della costa americana, dal capo Turnagain
fino allo stretto di Behring, era dunque completa; non rimaneva
pi di ignoto che lo spazio compreso fra la punta Ogle e il capo
Turnagain: fu il compito che si assegnarono gli esploratori per
la campagna successiva.
Partendo nel 1838 dalla Coppermine, seguirono la costa
all'est, arrivarono il 9 agosto al capo Turnagain; ma i ghiacci
non permettendo ai canotti di doppiarlo, Thomas Simpson
svern, scoperse la Terra Vittoria, e il 2 agosto 1839 giunse al
fiume di Back e continu sino alla fine del mese a esplorare il
Boothia.
La linea delle coste era dunque definitivamente
determinata, a prezzo di quali sforzi, di quali fatiche, di quali
sacrifici e di qual devozione! Ma come conta poco la vita
umana, quando bilanciata con i progressi della scienza!
Quanto disinteressamento, quanta passione devono nutrire
questi scienziati, questi marinai, questi esploratori, che
abbandonano tutto ci che forma la felicit dell'esistenza per
contribuire, nella misura delle forze loro, ai progressi delle
cognizioni umane e allo sviluppo scientifico e morale
dell'umanit!

___________


Con la narrazione di questi ultimi viaggi, coi quali si
compie la Scoperta della Terra, si termina questa opera che si
aperta con la storia dei tentativi, dei primi esploratori.
La configurazione del globo ora conosciuta, il compito
degli esploratori finito. La terra che abita l'uomo gli d'ora
innanzi famigliare. Non gli rimane altro che utilizzare
gl'immensi prodotti delle contrade il cui accesso gli diventato
facile e di cui seppe impossessarsi.
Come fertile d'ogni genere d'insegnamenti questa storia
di venti secoli di scoperte!
Gettiamo uno sguardo indietro e riassumiamo a grandi
tratti i progressi compiuti in questa lunga serie di anni.
Se prendiamo il mappamondo di Ecateo, che visse 500
anni prima dell'era cristiana, che cosa vediamo?
Il mondo conosciuto non abbraccia quasi che il bacino del
Mediterraneo. La terra, tanto profondamente sfigurata nei suoi
contorni, non rappresentata che da una minima parte
dell'Europa meridionale, dell'Asia anteriore e dell'Africa
settentrionale. Intorno a queste terre gira un fiume senza
principio n fine che si chiama Oceano.
Poniamo ora accanto a questa carta, venerabile
monumento della scienza antica, un planisfero che ci
rappresenta il mondo del 1840. Sull'infinit del globo, ci che
conosceva Ecateo, anche assai imperfettamente, non costituisce
pi che una macchia quasi impercettibile,
Con questi punti di partenza e d'arrivo voi potete giudicare
della immensit delle scoperte.
Immaginate ora le informazioni d'ogni genere che
suppongono la cognizione del globo intiero, voi rimarrete
meravigliati dinanzi al risultato degli sforzi di tanti esploratori
e di tanti martiri; voi abbraccerete l'utilit di queste scoperte e i
rapporti intimi che uniscono la geografia a tutte le altre scienze.
Tale il punto di vista in cui bisogna mettersi per afferrare
tutta la portata filosofica di un'opera alla quale si sono votate
tante generazioni.
Certamente motivi d'ordine ben diversi hanno fatto agire
tutti questi scopritori.
Gli anzitutto la curiosit naturale nel proprietario, che
ama conoscere in tutta la sua estensione il dominio che
possiede, a misurarne le porzioni abitabili, a delimitarne i mari;
poi le esigenze di un commercio tuttora nell'infanzia che hanno
per permesso di trasportare fino in Norvegia i prodotti
dell'industria asiatica.
Con Erodoto, lo scopo si eleva, ed gi il desiderio di
conoscere la storia, i costumi, la religione dei popoli stranieri.
Pi tardi, con le crociate, il cui risultato pi certo fu di
volgarizzare lo studio dell'Oriente , per un picciol numero, il
desiderio di strappare dalle mani degli infedeli il teatro della
passione di un Dio; per la maggior parte la sete del
saccheggio e l'attrazione dell' ignoto.
Se Colombo, cercando una nuova rotta per giungere al
paese delle droghe, trova l'America sul suo cammino, i suoi
successori non sono d'altro animati che dal desiderio di una
rapida fortuna. Quanto differiscono da quei nobili Portoghesi
che sacrificano i loro interessi privati alla gloria ed alla
prosperit coloniale della loro patria, e muoiono pi poveri che
non fossero al momento in cui sono stati investiti di quelle
funzioni che dovevano onorare!
Nel secolo XVI il desiderio di sfuggire alla persecuzione
religiosa ed alla guerra civile getta nel Nuovo Mondo quegli
ugonotti e segnatamente quei quacqueri che, ponendo le basi
della prosperit coloniale dell'Inghilterra, dovevano trasformare
l'America.
Il secolo seguente per eccellenza colonizzatore. In
America i Francesi, nelle Indie gli Inglesi, in Oceania gli
Olandesi stabiliscono degli uffici e delle logge, mentre i
missionari si sforzano di conquistare alla fede di Cristo e alle
idee moderne l'immutabile impero del Centro.
Il secolo XVIII prepara la via all'epoca nostra e rettifica gli
errori accreditati, rileva nei suoi particolari e minuziosamente i
continenti e gli arcipelaghi, perfeziona in una parola le scoperte
dei suoi predecessori. Al medesimo compito si votano gli
esploratori moderni che amano non lasciar sfuggire ai loro
rilievi il minimo angolo di terra, il pi piccolo isolotto. A
questa preoccupazione ubbidiscono del pari quegli intrepidi
navigatori che vanno ad esplorare le solitudini ghiacciate dei
due poli e strappano l'ultimo lembo del velo che aveva da tanto
tempo nascosto il globo agli sguardi nostri.
Or dunque, tutto noto, tutto classificato, elencato,
designato! Ma il risultato di tanti nobili lavori sar forse
sepolto in qualche atlante accuratamente redatto, che non
andranno a cercare che gli scienziati di professione?
No! Questo globo conquistato dai nostri padri a mezzo di
tante fatiche e di tanti pericoli, appartiene a noi di utilizzarlo e
di farlo valere. L'eredit troppo bella per non trarne partito!
Sta in noi, con tutti i mezzi che il progresso delle scienze
mette a nostra disposizione, di studiare, di decifrare, di
usufruttuare! Non pi terreni di maggese, non pi deserti
insuperabili, non pi corsi di acqua inutili, non pi mari
inscandagliabili, non pi montagne inaccessibili!
Gli ostacoli che la natura ci oppone noi li sopprimiamo.
Gl'istmi di Suez e di Panama e' imbarazzano? Noi li tagliamo.
Il Sahara ci impedisce di unire 1' Algeria al Senegal? Noi vi
gettiamo una ferrovia. L'Oceano ci separa dall'America? Una
gomena elettrica ci unisce. Il Passo di Calais impedisce due
popoli, fatti a bella posta per intendersi, per stringersi
cordialmente la mano? Noi lo percorriamo in strada ferrata!
Ecco il nostro compito, per noi contemporanei. forse
meno bello di quello dei nostri predecessori, perch non abbia
ancora allettato qualche scrittore famoso?
Per noi, per quanto sia attraente, questo soggetto uscirebbe
dalla cerchia che ci siamo dapprima tracciata. Noi abbiamo
voluto scrivere la Storia della scoperta della Terra: l'abbiamo
scritta: l'opera nostra dunque finita.


FINE.

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