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Università degli Studi di Bologna

Seconda Facoltà di Ingegneria - Sede di Cesena


C.d.L. in Ingegneria Elettronica e delle Telecomunicazioni

Cultura d’Impresa
APPUNTI

Cultura d’Impresa L (prof. M. Morini)


maurizio@morini.org
Anno Accademico 2008/09

Lorenzo Minghini
lorenzo.minghini@studio.unibo.it
INDICE

Indice
Indice 2

1 L’impresa 3
1.1 Visione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Il valore e il processo di creazione del valore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.3 La business idea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.4 Il valore aggiunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.5 Il valore aggiunto sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.6 Le funzioni dell’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Il sistema impresa e gli strumenti per la cultura d’impresa 11


2.1 Analisi strategiche per il marketing e la pianificazione strategica . . . . . . . . . 12
2.2 I piani strategici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.2.1 Internet nel marketing plan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2.2 Il differenziale creato attraverso la comunicazione . . . . . . . . . . . . . 16
2.3 Le mappe strategiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.3.1 Esempio di mappa strategica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.4 Il business plan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.4.1 Come redigere un business plan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3 Customer satisfaction 24
3.1 L’orientamento alla customer satisfaction . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2 Ruolo strategico della customer satisfaction . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.3 Come si realizza la customer satisfaction . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.4 Come si misura la customer satisfaction . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

4 La cultura d’impresa e lo sviluppo del progetto 27


4.1 Il progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
4.2 Il project management . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.2.1 Il project manager . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.2.2 Il project team . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.3 Modelli organizzativi del progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.4 Metodi e strumenti di pianificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.4.1 L’organizzazione del progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.4.2 La pianificazione del progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.5 La gestione del progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.5.1 Il budget . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

5 Criteri e metodi per la gestione pianificata dell’innovazione 34


5.1 L’innovazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
5.2 Sviluppo di progetti innovativi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
5.2.1 Schema di riferimento per lo sviluppo dei progetti di innovazione . . . . 38
5.2.2 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

6 Il modello produttivo tradizionale: la “Mass Production” 41


6.1 La logica produttiva “batch and queue” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
6.2 Target cost (logiche “push–pull”) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

7 Lean Thinking 43
7.1 La logica produttiva a cellule . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

2
1 L’impresa

1 L’impresa
Le persone che riescono in questo mondo sono quelle che vanno alla ricerca
delle condizioni che desiderano e, se non le trovano, le creano.
- George Bernard Shaw -

1.1 Visione generale


Impresa e azienda. Si può definire impresa quell’attività di caratere economico che consente
di mettere a disposizione dei clienti interessati un bene o servizio che può portare loro un
particolare valore aggiunto.
La definizione di impresa si differenzia da quella di azienda; quest’ultima è definita come
l’organismo economico composto di persone e beni rivolto al raggiungimento di uno scopo
determinato.
Si può quindi dedurre, prendendo le distanze dalle definizioni classiche, che l’azienda è quel-
l’organizzazione economica nella quale si concretizza un intervento produttivo, mentre un’im-
presa è quell’attività nella quale avviene una trasformazione di valore senza che necessariamente
sia implicata una trasformazione di merci.

Identificazione degli elementi della cultura esplicita dell’impresa. L’impresa è fon-


data principalmente su tre elementi:
1. Missione: ossia il perché l’impresa è presente sul mercato (la missione deve essere vera,
cioè praticata, non teorica).

2. Valori: in che cosa l’impresa crede, quindi anche i principi che l’impresa stessa assume
come riferimento.

3. Etica dell’attività d’impresa: che è il modello dei valori etico–morali dell’impresa,


ovvero quali sono i punti cardinali per i comportamenti, gli atteggiamenti, etc.

La cultura come strumento per raggiungere gli obiettivi dell’impresa: la visione.


Per fissare in maniera concreta i miei obiettivi devo appoggiarmi al concetto di visione del-
l’impresa, ovvero: nell’ambito di un determinato percorso, in un periodo più o meno lungo di
tempo, dove l’impresa vuole andare a collocarsi rispetto al mercato stesso.

Contesti operativi dell’impresa. Si identificano sotto il nome di contesti operativi tutte


quelle fasi che accompagnano la creazione del valore da parte dell’impresa.

Sistema delle relazioni. Sono tutte quelle relazioni interne ed esterne all’impresa che
accompagnano i contesti operativi.

1.2 Il valore e il processo di creazione del valore


Il sistema impresa e la strategia: la creazione del valore dell’impresa. Qual è il valore
che posso creare con la mia impresa? Perchè i clienti dovrebbero scegliere la mia impresa? Come
creo il valore?
Queste sono domande fondamentali da porsi ogni qualvolta ci troviamo a dover lavorare in
un’impresa.
T RASF ORM AZION E
OGGETTO+CONOSCENZE −→ VALORE
Come sappiamo il valore cambia a seconda del contesto e della competizione.
Il valore deve essere in ogni caso riconosciuto dal mercato.

3
1.2 Il valore e il processo di creazione del valore

Il sistema e le attività. Per creare il valore l’impresa deve eseguire una serie di funzioni ed
interagire con diverse entità.

• Le funzioni operative nell’impresa: ossia quali sono le diverse attività/mansioni che


si devono svolgere all’interno dell’impresa.

• Le relazioni dell’impresa: di fondamentale importanza mantenere una serie di relazioni


con i diversi organi a contatto con l’impresa.

• Le attività allargate in rapporto con fornitori e clienti — la rete della costru-


zione del valore: che comprende tutte le attività atte a interagire con chi fornisce gli
strumenti necessari per l’attività di impresa (fornitori) e chi usufruisce direttamente i
prodotti ed i servizi realizzati (clienti).

Il paradigma di Porter. Questo tipo di visione dell’impresa porta a vedere il flusso di


creazione del valore in modo sistematico e come frutto di un approcio rigoroso.
I vantaggi portati da questo modo di interpretare l’impresa comprendono l’inquadramento
logico delle determinanti di impresa, la definizione degli schemi comparativi d’impresa e la
possibilità di confronto analitico tra le pratiche.
D’altro canto i punti critici di questa teoria risiedono nella visione molto economicistica
del modello, in un ridotto spazio per l’inquadramento e la visualizzazione delle differenze e
nella parziale capacità di interpretare i flussi ad andamento anomalo (es. eccessiva velocità di
crescita).

Direzione e controllo
GESTIONE Amministrazione
(organizzazione e relazioni) Risorse umane =⇒ VALORE → CLIENTI
Marketing e R&D
TRASFORMAZIONE 1 2 3 4 5
ATTIVITA’

1. Acquisto materie prime

2. Progettazione

3. Magazzino

4. Logistica

5. Vendite

Altra visione dell’impresa. La visione di Porter è sotto certi aspetti alquanto limitativa.
Per questo si sono introdotti nuovi modelli, come quello mostrato di seguito.
In questo modello il cliente è posto al centro del ciclo di creazione del valore ed è parte
centrale del lavoro dell’impresa, in quanto esso sarà l’entità attorno alla quale si costruirà la
definizione di valore (è il cliente che riconosce nel bene o servizio dell’impresa un certo valore).
Perchè l’organizzazione funzioni abbiamo necessità di comprendere:

• gli strumenti con i quali operare;

• i metodi attraverso i quali agire;

• le competenze da poter applicare;

4
1.2 Il valore e il processo di creazione del valore

• le psicologie per poter comprendere le persone;

• la creatività, per poter astrarre.

Secondo questa logica si sviluppa quindi un nuovo metodo di business (interpretazione circolare
dell’attività di impresa 1 ): l’efficacia dimostrata dalla progettazione della nuova offerta dipende

quindi da quanto essa ingloba conoscenza pregressa come riferimento strutturale.


Oggi dobbiamo considerare che l’unico modo per conquistare la fedeltà dei clienti è metterli
in condizione di essere fedeli.
Non è importante parlare di livello del prezzo, ma della formula del pricing. La formula del
pricing va costruita attraverso la comprensione delle differenze fra vettori di prezzo e offerta
totale, bisogna tenere conto del tipo di servizio e dell’affidabilità. Spesso non si capisce la dif-
ferenza tra offerta e vettore di prezzo all’interno dell’azienda, non si capisce che, per esempio,
determinati clienti hanno valori percepiti e quindi anche psicologici di tipo differente e che le of-
ferte, pur avendo lo stesso contenuto, possono comportare anche valorizzazioni molto differenti,
laddove siano finalizzate per clienti ed eventi diversi.
Va considerato che oggi ci si aspetta che il produttore assuma una responsabilità molto
prolungata, estendendo la sua responsabilizzazione dal funzionamento del prodotto al funzio-
namento del sistema di creazione del valore.

1
Nello schema: R=relazioni, O=organizzazione.

5
1.3 La business idea

1.3 La business idea


Ogni business idea è unica.
È però possibile individuare alcune categorie di fattori che fanno parte di una business idea:

• l’ambiente esterno;

• i bisogni e i valori;

• l’offerta: ossia il prodotto, il sistema di prodotti e di presentazione degli stessi, i servizi


che l’azienda offre;

• fattori interni, quali: la struttura organizzativa, le risorse, i conoscenti, le attrezzature, i


sistemi, i processi, le leadership.

Ci occorrono nuovi modi di pensare per risolvere


i problemi del vecchio modo di pensare.
- Albert Einstein -

L’Idea che sta dietro allo spostamento concettuale nel futuro è quello della creazione di un
futuro diverso, influenzando le azioni di adesso.
Per operare secondo i concetti precedenti dobbiamo tener conto:

• della nostra storia, ovvero dei risultati pregressi acquisiti (come abbiamo operato fin’ora);

• delle relazioni che abbiamo costruito nel passato con i clienti;

• delle percezioni sensoriali;

• delle simulazioni e delle statistiche;

• degli approcci creativi, che possono essere alimentati attraverso vere e proprie metodiche
di riferimento;

• delle proiezioni nazionali;

• di scenari del non conscio e di scenari costruiti ad-hoc.

1.4 Il valore aggiunto


Cos’è il valore aggiunto. Il valore aggiunto è definito come la differenza economica tra i
costi di immissione dei componenti di prodotto e servizio e il valore ottenuto dall’impresa per
la commercializzazione del bene o servizio.

I concetti chiave. I concetti chiave che dobbiamo utilizzare per stabilire il valore aggiunto
di una attività economica sono i seguenti:

• Distinta base: comprende tutto ciò che occorre per produrre un bene.

• Costi variabili di prodotto: tutti quei costi che variano al variare della quantità di
beni e/o servizi prodotti.

• Costi fissi di prodotto: tutti quei costi che non variano al variare della quantità di
beni e/o servizi prodotti.

• Costi di produzione centrali (es. macchinari, personale, sistemi informatici).

• Costi amministrativi: costi fissi di amministrazione (es. impiegati).

6
1.4 Il valore aggiunto

• Costi commerciali (es. rappresentanti).

• Ammortamenti.

L’insieme di questi elementi porta all’evidenza del conto economico dell’impresa, in cui si
esplicitano i valori provenienti dalla gestione2 .
La differenza appunto tra ricavi e costi variabili di prodotto si identifica come il valore
aggiunto dell’impresa, identificabile con l’utile lordo (il margine lordo in percentuale).
Detraendo da questo risultato anche gli altri costi sostenuti nel corso dell’esercizio operativo,
senza considerare per il momento ammortamenti, interessi, tasse e svalorizzaioni, si ottiene il
risultato operativo lordo, il MOL (Margine Operativo Lordo) in percentuale, corrispondente
all’EBITDA3 .

Il conto economico.

1. individua tutti i fattori che hanno partecipato al ciclo gestionale e costituisce una verifica
di come hanno contribuito al risultato d’esercizio le voci dello stato patrimoniale 4 ;

2. permette d’individuare i risultati parziali di tutte le fasi gestionali in cui può essere
scomposta l’attività dell’impresa;

3. permette di individuare, in via di prima approssimazione, le responsabilità di ciascun


dirigente (responsabili di funzione).

Sono quindi elementi di elevata importanza quelli risultanti dal conto economico, quali:

• il margine lordo;

• il margine commerciale;

• il risultato operativo (MOL);

• la prospettiva finanziaria (indicatori ROS, ROI, ROE, EBITDA).

Il conto economico a valore aggiunto. Mi fa capire dove si colloca la capacità di creare va-
lore all’interno della mia azienda: è una riclassificazione a valore aggiunto del conto economico,
vogliamo capire quanto spendiamo per produrre quello che vendiamo.
Dobbiamo quindi utilizzare continuamente strumenti semplici ma efficaci per capire come
costruiamo valore, per valutare le spese ed individuare dove poter migliorare.
La determinazione del valore parte quindi dalla determinazione del valore netto della pro-
duzione caratteristica, dato dalla differenza tra l’ammontare di tutti i ricavi afferenti la gestione
caratteristica e l’insieme di tutti i costi diretti e indiretti di produzione (esclusi gli oneri afferenti
gli stakeholder 5 dell’organizzazione).
2
Vedi Controllo di gestione a pag.10.
3
Earnings Before Interest Taxes Depreciation & Amortisation.
4
Lo Stato Patrimoniale è uno dei documenti che compongono il bilancio d’esercizio. Esso definisce la
situazione patrimoniale di una società in un determinato momento individuato come la data di chiusura
dell’esercizio.
5
Con il termine Stakeholder si individuano i soggetti “portatori di interessi” nei confronti di un’iniziativa
economica, sia essa un’azienda o un progetto.

7
1.5 Il valore aggiunto sociale

1.5 Il valore aggiunto sociale


Definizione. Il valore aggiunto sociale è la capacità da parte dell’impresa di produrre valore
per la società, l’ambiente, ecc.
Può essere quindi considerato valore aggiunto sociale tutto ciò che aggiunge valore netto al
sistema, sia per valenza quantificabile, sia per valenza psicologica.
Esso è quindi fattore di stimolo per le imprese di investire in innovazione ed adottare percorsi
innovativi secondo i quali operare.

1.6 Le funzioni dell’impresa


Per analizzare le funzioni dell’impresa dobbiamo partire dal presupposto che l’impresa compie
funzioni attraverso attività organizzate.

• Il marketing e le vendite
Bisogna innanzitutto cercare di capire le esigenze del cliente per adattare il nostro pro-
dotto ai requisiti richiesti dal mercato.
L’impresa ha quindi la necessità di avere a disposizione diversi strumenti :

– organizzazioni di marketing e vendite (interne all’impresa);


– attività di marketing e vendite;
– sistemi informativi di marketing: sistemi che forniscano informazioni di marketing
sul/sui prodotti dell’impresa e sull’impresa stessa;
– eseguire ricerche di mercato;
– sistemi di relazione con i clienti;
– accounting: organo che si occupa del customer care, di dare informazioni ai clienti e
che segue in generale l’intero rapporto col cliente;
– CRM : sistema integrato operativo che gestisce le relazioni coi clienti. Tiene traccia
e gestisce le informazioni che derivano da marketing e vendite (es. numero visite
fatte ad un determinato cliente, numero vendite, . . . ).

Si viene perciò a creare il concetto di marketing mix, ossia allargare la concezione di


marketing a tutti gli aspetti caratterizzanti del prodotto, si tratta quindi di estrapolare
un “unico pacchetto” contenente:

– Caratteristiche del prodotto: gamma, assortimento, contenitori, . . .

8
1.6 Le funzioni dell’impresa

– Prezzo
– Distribuzione: dove poter effettivamente trovare il prodotto
– Promozionalità: promozione del prodotto
– Comunicazione/Pubblicità: public relationship 6
– Ricerche
– Customer care7

• Funzioni tecniche dell’impresa

– Progettazione 8
R&D in generale: studiare le modifiche da apportare ai prodotti, progettare nuovi
prodotti, fissarne le specifiche, fare simulazioni, . . .
– Acquisti
Cercare di minimizzare i costi a parità di acquisti.
– Produzione
Area dove avviene l’effettiva trasformazione del prodotto. Implementazione fisica
del processo produttivo.

• Gestione tecnologica

– Gestione dei sistemi informativi


– Gestione web
– Visione tecnologica globale dell’impresa

• Organizzazione

– I sistemi organizzativi: sistemi che consentono e definiscono requisiti e metodi


operativi.
– Le risorse umane
∗ Amministrazione R.U.
∗ Formazione R.U.
∗ Sviluppo R.U.
∗ Gestione operativa R.U. (promozioni, sanzioni, spostamenti, . . . )
∗ Premi e incentivi alle R.U.
∗ ...
– Gli affari generali

• Amministrazione
L’amministrazione sovrintende la gestione della finanza e della tesoreria, eventualmente
può anche ricoprire la funzione di amministrazione delle risorse umane (ne caso non vi
fossero organi per tale compito) e a volte svolge anche funzioni di controllo.

– Gestione amministrativa
– Tesoreria
– Finanza

6
Consultare la sezione specifica a pag.16.
7
Vedi in dettaglio sezione 3.
8
Vedi anche in dettaglio la sezione 5 sull’innovazione.

9
1.6 Le funzioni dell’impresa

• Controllo

– Controllo strategico: verifica che le attività siano allineate con la strategia ideata. Si
verificano principalmente le coerenze fra gli obiettivi posti nell’ambito delle attività
programmate dall’impresa, nella loro pianificazione e nell’ambito del rispetto della
missione aziendale e la coerenza dei risultati ottenuti rispetto a quelli attesi con la
comprensione profonda delle cause fondamentali.
– Controllo di gestione: si preoccupa di lavorare e monitorare sui singoli organi/unità
che compongono l’impresa. Esso misura le varianze rispetto alle performance effet-
tivamente programmate nel breve periodo, a fini di verifica della disponibilità delle
risorse, intervendo quindi a livello puntuale e micro.
Il controllo di gestione operativo prende spunto da un’attività fondamentale dell’im-
presa che è quella del cosiddetto budget (sez.4.5.1 pag.33).

• Relazioni interne

– I comitati consultivi
– I comitati decisionali
– I comitati di controllo
– La gestione degli incontri

10
2 Il sistema impresa e gli strumenti per la cultura d’impresa

2 Il sistema impresa e gli strumenti per la cultura d’impresa


Imparare è un’esperienza; tutto il resto è solo informazione.
- Albert Einstein -

Gli strumenti di pianificazione. Per l’impresa è di fondamentale importanza la pianifi-


cazione, ossia la costruzione di un percorso strutturato che mi permette di realizzare la mia
missione attraverso azioni concrete.
• La pianificazione strategica: permette di definire una serie di regole che mi dovrebbero
portare più facilmente agli obiettivi che ho messo nella mia visione.
– fare una buona impressione;
– farsi pubblicità;
– passaparola;
– immagine;
– ...
• La pianificazione di marketing (vedi anche pag. 14): insieme di attività che consente di
mettere il prodotto a contatto con il consumatore, traducendo il valore e trasmettendolo
al cliente (percezione del valore da parte del mercato).
– a che condizioni posso trovare il prodotto sul mercato;
– come posso trovarlo;
– dove posso trovarlo;
– cambiare modo di porre il prodotto sul mercato;
– ...

Il saper fare e le attività strumentali nell’impresa: il controllo strategico. Una volta


lanciata l’attività di impresa bisogna mantenere controllato lo stato del sistema. Dobbiamo
quindi verificare se la strategia che stiamo adottando porta a dei risultati oppure no. Nel
caso le strategie attuali non portino a dei buoni risultati dovremmo prendere in considerazione
l’eventualità di cambiarle.
Per il monitoraggio delle attività nell’impresa abbiamo quindi bisogno di:
• strumenti di governo per l’evoluzione dell’impresa;
• mappe strategiche;
• costruzione di specifici sistemi di controllo dell’attività di impresa oltre a quello economico
finanziario.
L’impresa deve quindi puntare ad avere una buona strategia e applicare nel modo migliore le
sue conoscenze.
Vediamo le diverse situazioni in cui si può trovare un’impresa (a seconda della strategia e
della pratica9 ):
STRATEGIA
Cattiva Buona
Cattiva Situazione non buona dipende
PRATICA
Buona dipende OK

9
Ossia come applico le mie conoscenze, il modo in cui costruisco il valore.

11
2.1 Analisi strategiche per il marketing e la pianificazione strategica

2.1 Analisi strategiche per il marketing e la pianificazione strategica

CONCORRENTI E MERCATO CLIENTI → tipologie di analisi


1 - Analisi di contesto - Ricerche di mercato
2 - SWOT
- Customer satisfaction analysis
3 - TOWS
Le analisi per i concorrenti e il merca- Solitamente le analisi per i clienti non vengono
to sono prese in considerazione per la prese in considerazione nelle pianificazioni stra-
pianificazione strategica. tegiche, questo perchè l’imprenditore suppone di
sapere quello che il mercato vuole.

1. Analisi di contesto
Analisi della strategia competitiva (introdotta da Michael Porter); ossia analizzare come
comportarsi rispetto ai concorrenti e al contesto esterno.

2. Analisi SWOT: forze (S), debolezze (W) – opportunità (O), minacce (T)
L’analisi forze/debolezze-opportunità/minacce individua le caratteristiche salienti del mer-
cato e dei suoi operatori e specifica gli spazi possibili e praticabili per l’impresa.
Con forze si intendono le caratteristiche che il mercato in generale ha rispetto ai suoi
mercati di riferimento, ovvero quelli che hanno prodotti e servizi sostitutivi, e chi esprime
all’interno dello specifico mercato delle posizioni di forza e quindi ha costruito un proprio
livello di posizionamento.
Per debolezze viceversa si intendono gli ambiti di attaccabilità della condizione di mercato
e della generale situazione degli operatori del mercato stesso, che devono essere tenuti ben
presenti per tutte le valutazioni del caso.
Per quanto concerne invece le diverse opportunità che si presentano, l’analisi di oppor-
tunità individua appunto quali spazi potenziali ancora da evolvere esistono sul mercato
stesso, mentre l’analisi delle minacce comporta l’evidenziazione di quali interventi contra-
ri allo sviluppo del mercato e all’ambito competitivo possono emergere nell’impostazione
dell’attività.
Il mercato offre quindi delle opportunità e delle minacce, mentre l’impresa è caratterizzata
da forze e debolezze. Basandosi su questo riusciamo ad analizzare i contesti in cui ci
troviamo (ed eventualmente delle strategie da attuare).
Il limite dell’analisi di tipo SWOT consiste nell’essere un puro strumento analitico, esso
difatti non propone azioni strategiche da intraprendere per realizzare la nostra strategia.

12
2.1 Analisi strategiche per il marketing e la pianificazione strategica

IMPRESA
S W
O
MERCATO
T

Tabella 1: Analisi di tipo SWOT

MERCATO
T O
W
IMPRESA
S

Tabella 2: Analisi di tipo TOWS

3. Analisi TOWS: minacce (T), opportunità (O) – debolezze (W), forze (S)
Nei quattro quadranti vuoti devo inserire le attività strategiche che saranno fatte per
contrastare i dati oggettivi del problema (cosa devo fare per risolvere il problema operando
nel modo più opportuno).
Esempio
Ipotizziamo di avere come opportunità di mercato la fornitura di 1000 sedie (posti) per
un’attività di Conselice. La nostra capacità produttiva è di 1050 posti/anno e, avendo già
un contratto con Cesena per 500 posti, andremmo a saturare la capacità produttiva non
potendo cogliere l’opportunità. L’analisi TOWS mostra però alcune azioni strategiche che
potremmo intraprendere per cogliere l’opportunità (in questo caso l’appalto del lavoro) e
smantellare le minacce–debolezze.

13
2.2 I piani strategici

2.2 I piani strategici


I piani strategici delineano una strategia: mettono insieme tutte le scelte e le attività che ci
servono per arrivare ad un certo obiettivo (visione).
Per fare ciò i piani strategici devono tener conto di molte variabili, bisogna quindi indirizzare
le proprie scelte sulla base di un’accurata analisi e secondo una certa logica.
• Mercato di riferimento
• Concorrenza
• Posizionamento strategico, quota di mercato e dati statistici
• Catena distributiva
• Opportunità e delle minacce
• Punti di forza e di debolezza
• Scenari evolutivi e delle macrotendenze
• Prospettiva dei clienti
Una volta fatta l’analisi preventiva si recuperano missione e visione, si stendono poi le strategie
di sviluppo e le relative attività operative, questo secondo:
• missione;
• visione;
• risultati attesi;
• indicatori;
• mappe strategiche (macrobiettivi → in azioni concrete) (vedi sez.2.3 pag. 17);
• strategie di sviluppo e relative attività operative (mercato, clientela, prodotti, servizi, at-
tività, eventi, pricing, promozioni, comunicazione, pubblicità, risorse umane, formazione,
progetti, processi, qualità, sistemi, metodologie, reporting, . . . ).
Devo stabilire altresì delle regole e dei comportamenti da tenere in modo da conseguire ciò che
ho pronosticato.
Il piano strategico si può scomporre in un elenco di “sottopiani”:
• piano di marketing: definisce la relazione tra le strategie e le attività operative in chiave
di marketing;
• piano di vendite;
• organizzazione;
• analisi dei processi aziendali;
• controllo strategico e gestionale;
• budgeting (vedi sez.4.5.1 pag.33);
• web.
Possiamo infine individuare tre elementi fondamentali per l’analisi e la pianificazione strategica:
1. Diagrammi di Gantt
2. Tabelle
3. Grafici

14
2.2 I piani strategici

2.2.1 Internet nel marketing plan


Ancora oggi internet è concepito nell’impresa come un new business, con obiettivi, investimenti
e relativi ritorni.
Il web è:

• Un sistema in grado di offrire in modo efficiente informazioni, servizi e prodotti a chiunque


e in qualsiasi momento;

• uno strumento che consente di risparmiare tempo e risorse nella gestione del cliente con
la costruzione di un servizio elevato e personalizzato;

• in grado di raggiungere nuove fasce di clienti che possono dialogare con l’azienda in tempo
reale;

• in grado di coniugare diversi paradigmi di comunicazione (informazione, pubblicità, ven-


dita, “one to one”, globalizzazione e localizzazione).

Come possiamo operare efficacemente in questo campo? E’ giusto porsi alcune domande per
valutare l’introduzione di risorse di internet:

• E’ meglio cannibalizzarsi (portare via quote del proprio mercato tradizionale in favore di
quello on–line) o aspettare ed investire successivamente nelle risorse web?
In generale il mercato cresce meno rispetto ad internet. Internet, quindi, continua a sot-
trarre quote di mercato al “tradizionale”, sia per il commercio che per le attività funzionali.
In generale è quindi suggerito di operare azioni di cannibalizzazione in favore del mercato
on–line, poichè ciò che ci togliamo da soli potrebbe esserci tolto da un concorrenete che
opera una strategia web prima di noi.

• Quale tipo di prodotti/servizi possiamo offrire in internet?


Si possono vendere molti prodotti in rete, anche se quelli privilegiati sono:

– Prodotti a tecnologia avanzatissima ma di costo medio basso


– Prodotti da “mass market” operanti in settori maturi e particolarmente “segmentanti”

• Che tipo di investimento dobbiamo fare?


Per questo punto è molto importante eseguire una corretta analisi costi/benefici per va-
lutare al meglio il servizio web da offrire ai propri clienti. È importante avere un corretto
sistema di valutazione perché pianificare la presenza web è indispensabile.

L’uso di Internet induce a ripensare il marketing e l’approccio con il cliente: il navigatore vuole
essere protagonista delle sue scelte.
Internet rafforza i legami dell’impresa col suo pubblico, se gestito in maniera strategicamente
integrata permette la fidelizzazione dell’utente/cliente e contribuisce sensibilmente a:

• Sviluppo globale dell’impresa

– Rafforzamento del posizionamento


– Nuovo valore attraverso le proprie specificità
– Accesso a nuovi mercati e a nuove opzioni
– Forte misurabilità degli investimenti

Il cliente ha quindi la possibilità di raggiungere esigenze che altrimenti non avrebbe potuto
raggiungere.

15
2.2 I piani strategici

• Creazione (o potenziamento) della marca

– Amplificazione dei connotati della marca


– Differenziazione della marca
– Integrazione dei contenuti e dei concetti della marca

Attraverso internet si introducono nuove esperienze della marca:

– Promotion
– Advertisement (pubblicità on–line)
– Guerrilla marketing (spingere l’immagine della marca giorno per giorno in maniera
martellante)
– Sponsorship (campagne di sponsorizzazione)

Si può facilmente intuire come possano nascere nuovi valori per le marche dell’impresa,
spesso rivitalizzate da adeguate strategie sul web.

• Pianificazione del servizio

– Portali web
– Marketplaces (web shopping)
– Customer care (attraverso forum di discussione, blog, . . . )
– Centri assistenza on–line
– Opportunità di cross business e cross marketing 10

Come si può facilmente intuire l’utilizzo di piattaforme web–oriented può portare a numerosi
benefici in fatto di immagine, servizio e vendite. Tutto ciò grazie all’ottimizzazione proposta al
cliente e tramite campagne di marketing (pubblicità on–line, e-mail marketing, comunicazione,
promozione, . . . ) che possono raggiungere un target di persone molto ampio ed eventualmente
personalizzato.

Il marketing “one to one” su internet. Con internet è possibile tornare al rapporto quasi
“personale” che esisteva in origine con i clienti.
Tramite internet le aziende riescono ad ottenere una spinta più personalizzata dell’offerta:
la rete permette di creare un rapporto uno a uno tra cliente e fornitore fatto di contatto in
tempo reale, di fiducia e di fedeltà.
Uno strumento per realizzare tutto questo può essere l’uso delle aree riservate e tramite
queste si possono anche raccogliere dati significativi per il marketing su internet, per operare
segmentazioni significative e fidelizzanti.

2.2.2 Il differenziale creato attraverso la comunicazione


Come viene percepita la comunicazione? In questa sezione parleremo di comunicazione in senso
di innovazione nel modo di comunicare tra impresa e cliente.
Richiami fondamentali per innovare in tale senso sono:

• Coerenza dell’immagine dell’impresa/prodotto: l’integrazione comunicazionale ri-


guarda tutti gli elementi d’immagine (a partire dai più semplici).
10
Impiego di strategie di vendita e marketing trasversali fra mezzi differenti (TV, internet, riviste, giornali,
etc).

16
2.3 Le mappe strategiche

• Consapevolezza del ruolo dell’emozionalità nella comunicazione: utilizzare nuovi


metodi e strumenti per la comunicazione.

• Cambiamento di prospettiva connesso ad internet: la comunicazione on–line deve


essere coerente con l’immagine globale.

Valutiamo ora i vari aspetti riguardanti la comunicazione: se ne conosciamo i dettagli


potremo valutare al meglio l’impatto globale.

• Fino al decennio scorso l’impatto comunicativo era di tipo USP (Unique Selling Propo-
sition), ossia: il prodotto veniva proposto oltre che così com’era anche come servizio o
miglioria che poteva introdurre nella vita del cliente, elencandone le caratteristiche ed i
pregi, creando magari una frase d’effetto. Non ci si preoccupava della fascia di popolazione
destinataria del messaggio.

• Con l’introduzione del Multiple Selling Proposition (MSP) l’impresa cerca di raffigurare il
proprio prodotto elencando le differenze rispetto agli altri, creando una sorta di atmosfera
che fa percipire il prodotto in maniera differente a seconda del segmento di persone con
cui sta comunicando. Un punto cruciale è far percepire il proprio prodotto differente dagli
altri.

• Oggi si sono unite le due cose attraverso l’Unique Experience Proposition (UEP): non
si offre più un prodotto, ma si propone un’esperienza percepita come unica. Per questo
motivo deve risultare evidente la forza dell’esperienza di marca (simpatia, pareri di amici,
fiducia, . . . ), poichè l’acquisto viene fatto in maniera emozionale: “one like no one”,
proporre un prodotto percepito unico tra gli altri, far sentire il cliente unico e distinguibile
dalla massa.

Per poter adottare tale metodologia bisogna però riempire di valori la comunicazione: bisogna
tradurre il prodotto in emozione e/o significato risolutivo (per il business to business 11 ), rac-
contare storie che suscitino emozioni, avere una certa coerenza nell’attività di comunicazione,
bisogna mostrare e perseguire la mission, alimentare la ragione d’essere con fatti e riferimenti.
Operando in questo modo si può entrare in quella fascia di attività denominate lovemarks 12 .

2.3 Le mappe strategiche


La chiave della trasformazione consiste nel mettere la strategia al centro del processo di gestione,
per questo essa richiede uno schema affidabile e coerente per essere descritta ed attuata.
Lo schema economico–finanziario precedentemente usato è ormai obsoleto, si sono quindi
introdotti nuovi modi di descrivere le strategie, più potenti e di ampio utilizzo.
La mappa strategica rappresenta un nuovo schema di riferimento per descrivere la strategia
correlando beni materiali ed immateriali in attività volte alla creazione di valore. Grazie alle
correlazioni di causa–effetto su cui si fondano, descrivono la combinazione dei beni materiali ed
immateriali finalizzata alle proposte di valore per la clientela ed al raggiungimento di risultati
di natura economico–finanziaria.
Uno degli scopi della stesura di una mappa strategica è quello di esplicitare le ipotesi
implicite nella strategia (la catena logica dei rapporti di causa ed effetto), nonché i driver 13 che
conducono ai risultati strategici.
I principi ispiratori di un’impresa orientata dalla strategia sono:
11
Dicesi di rapporti lavorativi tra imprese (tipico: impresa–fornitore).
12
Definizione data ad imprese che godono di alto rispetto e riconoscimento affettivo ai propri prodotti da
parte del mercato (es. CocaCola).
13
Linee guida, ossia l’insieme delle azioni pratiche/strategiche da eseguire che ci permetteranno di arrivare
(attraverso un percorso logico e strutturato) ai risultati strategici.

17
2.3 Le mappe strategiche

• Tradurre la strategia in termini operativi

• Allineare l’organizzazione alla strategia

• Fare della strategia il lavoro quotidiano di ciascuno

• Fare della strategia un processo continuativo

• Mobilitare le risorse per il cambiamento attraverso la leadership dei manager


Da questo nasce un percorso strategico da seguire: dalla missione ai risultati. Parto dai valori,
dalla missione e determino una visione, quest’ultima mi fissa degli obiettivi che si traducono
in azioni concrete o attività strategiche.

La strategia deve essere quindi comunicata e tradotta in uno strumento adeguato, quale la
mappa strategica, in modo tale da esplicitare:
1. Obiettivi

2. Misure attraverso cui valutarli (indici, report ad-hoc a fine campagna, . . . )

3. Tappe intermedie di verifica sul percorso evolutivo

4. Responsabilità
In questo processo è di fondamentale importanza individuare costi, benefici, indicatori, tappe
e responsabili.
Dal piano così elaborato dovranno derivare specifici programmi di attuazione ed azioni
analizzate con riferimento alle quattro prospettive della BSC (Balanced Scorecard, vedi
pag. 19). Le quattro prospettive di tale mappa sono:
1. Clienti

2. Economia finanziaria

3. Apprendimento o R.U.

4. Processi (relazioni e organizzazione)

18
2.3 Le mappe strategiche

La BSC mi permette di suddividere le attività strategiche a seconda del criterio di impatto che
hanno nelle quattro macroparti a valore aggiunto dell’impresa.
Al fine di monitorare l’andamento del sistema si mantiene il tutto costantemente controllato,
questo avviene attraverso il controllo strategico sul piano strategico stesso, al fine di adeguarlo
ai cambiamenti eventualmente intervenuti in corso d’opera. Questo ci fa capire quindi come
azioni ed indicatori chiave guidano alla rivisitazione della strategia, attraverso un processo
continuo e dinamico.

2.3.1 Esempio di mappa strategica


Missione/Valori esempi
↓ ⇓
Visione → 3–5 anni

Obiettivi → vendite, quote di mercato, produzione, . . .

Strategie → (a) Nuovi mercati esteri; (b) Investimenti sulla marca; (c) Investimenti in tecnologia

Attività Strategiche → Azioni concrete per attuare le strategie

Esempi di attività strategiche che potrei attuare per vedere realizzati i miei obiettivi:

1. (b) Campagne TV

2. (b) Sponsorizzazioni

3. (a) Ricerche di mercato

4. (a) Selezione dei partner

5. (a) Potenziale mercato

6. (c) Inserimento di tre linee automatizzate

7. (c) Magazzino con tecnologia RFID

8. (c) Formazione personale

9. . . .

Ora devo procedere in due passi:

• Costruzione della BSC


Ambiti su cui incidono le attività strategiche:

CLIENTI ECONOMIA FINANZIARIA


1 1
2 5
3 6
7 7

APPRENDIMENTO o R.U. PROCESSI (R&O)


4 3
7 6
8 7

19
2.4 Il business plan

• Fornire indicazioni specifiche per ogni tipo di attività

– Esempio riguardo a 1 (Campagne TV):


∗ Obiettivo
· 5 milioni di persone (CLIENTI)
· costo ≤ 3 milioni di euro (ECON-FIN)
∗ Indicatori
◦ contatti
· n◦n ripetizioni (visioni uniche)
∗ Misurazione (frequenza della misurazione)
· Alla fine della campagna tramite report ad-hoc
∗ Responsabile/i
· Addetto ai media
· Ufficio acquisti
– Esempio riguardo a 7 (RFID):
∗ Obiettivo
· -50% consegne sbagliate (CLIENTI) (ECON-FIN)
· -10% costi operativi (ECON-FIN)
· -30s gestione dell’ordine medio (PROCESSI)
∗ Indicatori

· nn◦ordini sbagliati
ordini gestiti
costi f uturi
· costi attuali
· tempo gestione futuro - tempo gestione attuale
∗ Misurazione (frequenza della misurazione)
· Ogni mese, totale ordini mondiali 1 mese/3 mesi
· Analisi dei costi globali del processo giornaliera/settimanale
· Rilevazione diretta del tempo di gestione dell’ordine
∗ Responsabile/i
· Responsabile magazzino
· Direttore di produzione
· Responsabile R.U.
· Responsabile gestione ordini
· ...

2.4 Il business plan


Il business plan è uno strumento operativo di verifica e pianificazione delle attività che si stanno
per intraprendere.
Un business plan è quindi un riassunto di come un imprenditore o un manager intende
organizzare un’attività imprenditoriale e implementare attività necessarie e sufficienti alla sua
buona riuscita.
I business plan sono usati internamente per la pianificazione e gestione dell’azienda, e
all’esterno per convincere terze parti come banche o altri investitori a finanziare l’impresa.

Domande chiave a cui il business plan deve rispondere.


• Dove siamo?
In quale mercato opereremo? Quali bisogni dovremo soddisfare? Chi sono i nostri
concorrenti?

20
2.4 Il business plan

• Dove vogliamo arrivare?


Quali sono i nostri obiettivi in termini di volumi di vendita, in termini di livelli di profitto
o tassi di redditività?

• Come ci arriviamo?
Come entrare sul mercato? Con quali strategie? Con quali mezzi?

2.4.1 Come redigere un business plan


1. Executive summary
Ha lo scopo decisivo di comunicare e far valutare i punti salienti del progetto, fornisce
una descrizione sintetica del progetto. Deve essere conciso ma esaustivo.

2. Descrizione del progetto


Si descrive la propria idea partendo da:

• descrizione contenuto idea imprenditoriale (che cos’è, come funziona e come ha avuto
origine l’idea);
• modalità di funzionamento del prodotto fornito o del servizio erogato;
• esistenza e consistenza di un mercato (quali sono gli sbocchi commerciali, i canali di
vendita);
• vantaggi forniti dalla nostra iniziativa ai consumatori (quali sono i fattori potenziali
di successo);
• ...

Questa parte funge da introduzione alla trattazione particolareggiata che seguirà. Qui
l’imprenditore deve dimostrare di aver maturato una concreta conoscenza degli aspetti
più significativi del mercato nel quale intende operare.

3. Il mercato

• La localizzazione
La localizzazione della nuova attività produttiva è importante dal punto di vista
strategico così come operativo e dipende da una serie di fattori, tra cui la natura del
prodotto o servizio, i metodi di distribuzione prescelti, le infrastrutture, le tecnologie
disponibili e così via. Fondamentalmente la localizzazione deve essere funzionale
all’attività che si intende svolgere e tenere conto di eventuali vincoli ambientali o di
opportunità particolarmente favorevoli.
• L’analisi di competitività.
• Il prodotto o il servizio.

4. Gli approvvigionamenti

• Il ciclo produttivo
Occorre definire il ciclo produttivo, descrivendone con attenzione le singole fasi che
lo compongono con l’indicazione dei tempi necessari per ciascuna operazione, degli
input in termini di risorse umane e materie prime, di tutti i costi operativi connessi
(come ad esempio quelli di manutenzione).
• Gli aspetti critici
Nell’ambito della descrizione del processo produttivo è importante identificare tutte
le fasi critiche del processo stesso (in modo da minimizzare il rischio associato all’at-
tività produttiva). Sono definite fasi critiche tutte quelle operazioni che potrebbero
avere un impatto determinante sullo svolgimento di tutta l’attività produttiva.

21
2.4 Il business plan

• L’analisi dei costi


Occorre analizzare tutte le voci di costo connesse con lo svolgimento dell’attività
produttiva: manodopera diretta, costi relativi ai consumi di materie prime e semi-
lavorati, costi per servizi, costi generali da ripartire in percentuale sull’attività in
considerazione.

5. Le strategie di marketing

• Il mercato di riferimento
• Gli obiettivi di vendita
• Il marketing mix (vedi pag. 8)
• Il prodotto o servizio (prezzo, promozione, distribuzione, risorse umane)

6. L’organizzazione dell’azienda

• Descrizione dei compiti


Per ogni posizione bisognerebbe specificare dettagliatamente l’insieme degli incarichi
e delle responsabilità che le fanno capo (job description). Per ogni persona che
debba ricoprire una determinata posizione bisognerebbe specificare con accuratezza
le caratteristiche personali e professionali richieste (personal description).
• Piano economico–finanziario
Prima di iniziare l’attività produttiva occorre raccogliere una serie di dati che saran-
no essenziali per lo sviluppo di un piano dove le esigenze di produzione, commerciali,
organizzative ed economico finanziarie siano ben bilanciate. Sono quindi dati neces-
sari quelli relativi a: Inflazione e prezzi unitari, dimensione del mercato, tassi di
crescita e previsioni dei volumi di vendita e del fatturato, costi della struttura di
vendita e commerciali, costi di produzione, manodopera diretta e indiretta, . . .
Tali parametri derivanti dalla tenuta della contabilità analitica e di quella generale
ci permetteranno di redigere i tre documenti riassuntivi della gestione:
– Profitti & perdite o conto economico
Contrapponendo i costi ed i ricavi del periodo amministrativo, illustra il risultato
economico della gestione corrente.
– Stato patrimoniale
Indica le fonti e gli impieghi relativi alla gestione dell’attività aziendale. È
strutturato in tre parti:
(a) Attivo (ossia: impieghi, fonti e capitale netto)
(b) Passivo
(c) Netto
– Flussi finanziari
L’analisi dei flussi finanziari ha lo scopo di tenere sotto controllo le disponibilità
liquide dell’azienda, così da evitare situazioni in cui l’impresa si venga a trovare
a corto di risorse finanziarie per supportare le proprie attività.
– Break even point (BEP)
L’analisi del break even point (o punto di pareggio) serve ad evidenziare in quale
momento e per quale volume di vendita la nostra azienda raggiunge il pareggio
tra costi e ricavi.
CF
BEP =
1 − %CV
Dove: CF = costi fissi; CV = costi variabili in percentuale rispetto ai ricavi.

22
2.4 Il business plan

7. La produzione
Come e quando avverrà la produzione? Con quale processo? Con quali macchinari e
tecnologie? Con quali volumi e con quali investimenti?
Queste sono le domande a cui questa parte del business plan deve rispondere. Dobbiamo
quindi fornire informazioni riguardo a:

• Tecnologie
Ossia quali tecnologie scegliere sulla base dei diversi fattori che le caratterizzano.
• Gli investimenti
Occorrerà definire in dettaglio il piano degli investimenti e quello di ammortamento
per le tecnologie adottate:
– Piano di insediamento: tempi e modalità necessarie per l’installazione e l’ope-
ratività degli impianti.
– Immobilizzazioni materiali: consistono in tutti gli investimenti in strumenti
di produzione fisicamente percepibili (macchinari, impianti, immobili, terreni,
fabbricati, automezzi, . . . ).
– Immobilizzazioni immateriali: consistono in tutti quei fattori di produzione di
difficile percezione fisica (software, brevetti, licenze acquisite da terzi, . . . ).

8. Profilo professionale dei proponenti


Questa parte riguarda le esperienze e le competenze di ciascun partecipante all’iniziativa.
Riporterà sinteticamente le qualità personali che potrebbero risultare critiche per il buon
esito del progetto. Fornirà pertanto al valutatore una idea di massima sulla preparazione
professionale dei partecipanti in funzione delle operazioni necessarie per l’avviamento e
lo sviluppo dell’attività imprenditoriale così come delineate nel business plan.

9. Allegati
In allegato vanno riportati tutti quei dati non strettamente attinenti agli aspetti strategici
e operativi del business plan, ma che hanno costituito la base per la valutazione del
progetto o che danno l’opportunità di effettuare ulteriori approfondimenti sulla validità
o meno dell’idea.

23
3 Customer satisfaction

3 Customer satisfaction
Il Cielo (il tempo) comprende yin e yang, freddo e caldo, il susseguirsi delle stagioni.
Seguirlo o opporvisi determina la vittoria militare.
- Sun Tzu -

Nel corso degli anni ‘80 e ‘90 le imprese, sia manifatturiere che quelle di servizi, hanno mostrato
un’attenzione sempre crescente al tema della qualità dei beni/servizi e dei processi gestionali
ed organizzativi.
Le aziende hanno compreso che, nel contesto ipercompetitivo attuale, la prosperità dell’a-
zienda è assicurata dalla capacità di allineare il sistema aziendale (strategia, uomini, struttura
e meccanismi operativi) alla varietà e alla variabilità dei bisogni dei propri clienti. In par-
ticolare l’accresciuta competitività e la dinamica evolutiva della domanda hanno contribuito
all’affermazione di nuovi valori culturali per il sistema imprese14 .

3.1 L’orientamento alla customer satisfaction


L’orientamento alla customer satisfaction da parte dell’impresa implica che il governo aziendale
sposti la ricerca di elementi distintivi per l’impresa dalle risorse materiali, fungibili nella loro
funzionalità ed imitabile da parte dei concorrenti, alle risorse immateriali basate sulle cono-
scenze possedute all’interno dell’azienda e sulla “stima, fiducia, reputazione” di cui essa gode
presso gli enti esterni.
Si deduce quindi che la vera risorsa immateriale per l’impresa è tramutare un cliente in un
cliente soddisfatto; lo sforzo tecnico-organizzativo dell’azienda deve essere perciò orientato al
soddisfacimento dei bisogni del cliente.

Principio di orientamento della “Vision2000”.


“Le organizzazioni, dipendendo dai propri clienti, dovrebbero comprendere le loro esigenze
presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a superare le loro aspettative”
È quindi di fondamentale importanza definire le variabili determinanti per la soddisfazione dei
bisogni dei cliente.

3.2 Ruolo strategico della customer satisfaction


La customer satisfaction riveste un ruolo cruciale per il conseguimento di vantaggi competitivi
basati sulla capacità di interpretare correttamente i bisogni dei clienti e di predisporre prodotti
o servizi idonei al loro completo soddisfacimento.
Abbiamo per questo motivo la necessità di misurare, per comprendere dove e come mi-
gliorare, individuando gli elementi della propria offerta che determinano la soddisfazione del
cliente. Tutto questo serve per sviluppare e mantenere un vantaggio competitivo sostenibile sui
propri concorrenti.
Ciò è possibile soltanto attraverso un ascolto sempre più attento della “voce del cliente”,
fonte più diretta di suggerimenti e indicazioni.
In secondo luogo, esiste una motivazione di tipo economico che suggerisce di salvaguardare
la risorsa rappresentata dalla clientela aziendale.
Si tratta del danno derivante dalla perdita di un cliente acquisito, che è assai più rilevante
della semplice perdita di fatturato (si calcola che i costi di ricerca e acquisizione di un nuovo
cliente siano in media cinque volte superiori rispetto al costo di mantenimento di un cliente
acquisito e fedele). Sostituire un cliente perso con uno nuovo comporta infatti l’effettuazione
di investimenti promozionali che spesso non offrono alcuna garanzia di successo.
14
Tra cui quello della customer satisfaction.

24
3.3 Come si realizza la customer satisfaction

3.3 Come si realizza la customer satisfaction


La soddisfazione del cliente si realizza quando la percezione che il cliente riceve dal consumo
di un prodotto (bene o servizio) corrisponde esattamente alle aspettative che aveva riposto in
esso.
Bisogna allora qualificare, quantificare, e confrontare tali variabili determinando così il livello
di soddisfazione o insoddisfazione, permettendo di individuare e correggere gli elementi della
propria offerta per la soddisfazione del cliente.
Per garantire questo ogni impresa ha una carta dei servizi, ossia un documento dove sono
raccolti gli standard minimi dei servizi che l’azienda può soddisfare per il cliente.

3.4 Come si misura la customer satisfaction


La misurazione della customer satisfaction si articola in diverse fasi:

1. Individuazione dell’universo oggetto d’indagine: tutta la clientela o una parte di


essa (campione).

(a) Indagini di tipo DESCRITTIVO/SENSORIALI: Hanno l’obiettivo di censire le per-


cezioni di un’intera popolazione. Con questo tipo di analisi viene descritto che cosa
pensa l’intero universo (campioni di persone).
Se per esempio volessimo sapere cosa vogliono 60 persone le devo intervistare tutte
e 60.
(b) Indagini RAPPRESENTATIVE: Hanno lo scopo di stabilire statisticamente, inter-
vistando un certo campione di persone cosa pensa l’intera popolazione.
Se per esempio volessimo sapere cosa vogliono 60 persone ne intervisto 47 e sono
quasi sicuro (con una determinata probabilità) che l’intera popolazione la pensa in
maniera identica.

2. Indagine secondo le tecniche di ricerca sul mercato:

• Interviste postali: bassi tassi di risposta. Quasi sempre, per raggiungere risultati
anche minimi, si rende necessaria una successiva fase di contatto telefonico da parte
dell’azienda, per sollecitare l’invio delle risposte.
• Interviste telefoniche: Livelli di risposta più elevati, ma alti costi d’indagine.
• Interviste personali: Livelli di risposta più elevati, ma alti costi d’indagine.
• Interviste via Internet:
– Abbattimento dei costi di raccolta dei dati e sollecito: cliente contattato con la
posta elettronica e la compilazione del questionario avviene all’interno del sito
web aziendale.
– Riduzione dei tempi necessari per l’effettuazione di un’indagine.
– Riduzione errori di compilazione.
– Riduzione dei costi di elaborazione e analisi dei dati.
– Possibilità di monitoraggio dei risultati d’indagine in tempo reale.

3. Individuazione delle aree principali su cui effettuare la misurazione e ca-


ratterizzazione degli elementi fondamentali (attributi) del prodotto/servizio
relativi alle aree precedentemente individuate:

25
3.4 Come si misura la customer satisfaction

(a) Indagini QUANTITATIVE: Fanno emergere evidenze numeriche per prodotti già
avviati. Evidenzio pareri con dati percettuali; faccio domande a campionamento ed
eseguo confronti relativi15 .
(b) Indagini QUALITATIVE: Adatte per prodotti ancora da lanciare sul mercato; ser-
vono a trovare migliorie e per vedere le qualità ed i valori percepiti dal cliente.
Riuniamo quindi dei focus group (gruppi di persone) che cercano di tirare fuori idee
per migliorare il prodotto.

Per misurare la soddisfazione dei clienti occorre innanzitutto identificare a quali fattori
siano maggiormente sensibili (ossia gli attributi delle aree di prestazione).
Per comprendere quali sono le aree su cui effettuare la rilevazione si scompone il prodot-
to/servizio, o meglio l’offerta nel suo complesso, in tutte le sue componenti (attributi),
anche molto parziali o particolari.
Ad un campione ristretto di clienti si sottopone quindi l’elenco delle possibili aree di pre-
stazione, e si chiede di indicare quelle ritenute più importanti o critiche.
E’ poi su queste che si concentra l’attenzione, realizzando il sondaggio estensivo.

4. Progettazione questionario:

• Definire le aree di prestazione da controllare;


• predisporre il questionario per rilevare opinioni e percezioni dei clienti;
• tecniche per misurare la soddisfazione:
– Scale di valutazione: punteggi, voti, o scale di gradimento del tipo “molto,
abbastanza, per niente, . . . ”.
– Misurare rapporto tra aspettative e livello di prestazione percepito: si chiede
di indicare se la prestazione è in linea, superiore o inferiore con le aspetta-
tive (attenzione posta su ciò che i clienti vorrebbero ma di cui non trovano
corrispondenza nell’offerta aziendale).

5. Elaborazione dei risultati


Dopo la raccolta dei questionari compilati, si procede al caricamento dei dati nei program-
mi di elaborazione, per l’effettuazione dell’analisi statistica: dal calcolo delle frequenze
delle risposte al calcolo degli indici di soddisfazione, etc.
Nelle indagini di customer satisfaction, l’obiettivo principale dell’analisi dei dati è la de-
finizione di indicatori di criticità e qualità del prodotto/servizio e l’identificazione dei
gruppi di clienti/utenti meno soddisfatti, al fine di orientare operativamente le strategie
del miglioramento.

6. Analisi dei risultati

7. Stesura relazione
In questo documento, vengono messi in rilievo i punti di forza e di debolezza emersi
dall’indagine e vengono identificati i gruppi di clienti–utenti che hanno evidenziato le
maggiori criticità.
In questo modo i responsabili aziendali potranno attuare opportune azioni di migliora-
mento nei diversi processi aziendali e quindi aumentare la soddisfazione dell’utente.
La ripetizione periodica dell’indagine permetterà successivamente di verificare gli sco-
stamenti dei valori degli indicatori rispetto alle rilevazioni precedenti, valutando infine
l’efficacia delle azioni correttive intraprese.

15
Ragionare in termini relativi significa fare raffronti nell’ambito di interesse e non in termini assoluti.
Esempio: se in assoluto il prodotto/servizio da me offerto è scarso ma confrontato con quello dei miei diretti
concorrenti è ottimo, posso allora concludere di essere in una buona posizione.

26
4 La cultura d’impresa e lo sviluppo del progetto

4 La cultura d’impresa e lo sviluppo del progetto


La forza dell’ingegno cresce con la grandezza dei compiti.
- Tacito -

4.1 Il progetto
Il progetto è definito come una serie di attività che prevede l’uso di un certo numero di risor-
se per un determinato periodo di tempo allo scopo di raggiungere un obiettivo prefissato. Il
progetto è caratterizzato inevitabilmente da un margine di rischio.

Fasi di un progetto. Un progetto è composto da quattro macro fasi:

1. Ideazione

2. Pianificazione

3. Realizzazione

4. Chiusura

Figura 1: Impiego di risorse in un progetto

Motivi di insuccesso del progetto. Un progetto può fallire per diversi motivi. Essi so-
no principalmente introdotti in fase di ideazione/definizione ed insiti in fase di realizzazione.
Vediamoli più nel dettaglio:

• definizione lacunosa dell’obiettivo;

• programmazione non realistica;

• definizione non chiara dei ruoli/responsabilità;

• mancanza di coordinamento;

• mancanza di comunicazione;

27
4.2 Il project management

Figura 2: Probabilità di errore e costo delle modifiche in corso d’opera di un progetto

• gruppo di progetto non adeguatamente motivato o affiatato;

• ...

4.2 Il project management


Il project management è un processo di gestione improntato al raggiungimento di obiettivi nel
rispetto di un insieme di vincoli imposti al contorno (tempi, costi, qualità, . . . ).
Esso si basa sull’assunto fondamentale che non si può controllare quello che non riusciamo
a misurare.
Il project management è sostanzialmente la gestione dello scopo,dei tempi, dei costi, delle
qualità, della comunicazione, dei rischi del progetto attraverso l’organizzazione, la pianificazio-
ne, il controllo ed il coordinamento delle risorse a disposizione dell’azienda.

4.2.1 Il project manager


Il project manager è il responsabile del progetto.
Vediamo ora cosa fa e quali competenze deve avere un project manager:

28
4.3 Modelli organizzativi del progetto

Il project manager deve altresì intrattenere rapporti con tutti i soggetti coinvolti nel progetto:

4.2.2 Il project team


Il project team è un gruppo di persone, ognuna con competenze proprie e specifiche, che colla-
borano insieme per arrivare ad un determinato obiettivo. Ogni risorsa deve essere consapevole
del proprio ruolo all’interno del progetto, deve riconoscere e riferire ad un’unica leadership e
deve essere adeguatamente motivato.

4.3 Modelli organizzativi del progetto

Figura 3: Modello debole (o bilanciato) di un’impresa organizzata per funzioni

Negli ultimi anni si è sviluppato il pensiero di gestire in “maniera matriciale” l’avanzamento


dei progetti (fig.4). Questo significa dover creare vari percorsi (progetti) all’interno dell’azienda
e portarli avanti attraverso team di progetto che coinvolgono persone di tutte le aree, coordi-
nate da un unico project manager. Operando in questo modo il progetto ha una vita propria e
le problematiche che si creano vengono immediatamente affrontate, senza avere rinvii o ritardi
dovuti all’uso del “modello debole” (fig.3). In quest’ultimo il progetto viene passato di mano in
mano ad un’area differente senza avere una visione globale dell’intero processo. Tutto ciò de-
termina (quasi sicuramente) l’introduzione di una serie di problematiche non valutate dall’area
precedente portando al rallentamento o al fallimento dell’intero progetto.

29
4.4 Metodi e strumenti di pianificazione

Figura 4: Modello forte (o a matrice) di un’impresa organizzata per funzioni

Questa semplice spiegazione fa intuire i vantaggi apportati dal “modello a matrice” in termini
di tempo, danaro e, più in generale, di risorse.

4.4 Metodi e strumenti di pianificazione


4.4.1 L’organizzazione del progetto
W.B.S. – Work Breakdown Structure. La work breakdown structure è la tecnica secondo
cui un progetto complesso viene scomposto nei suoi elementi costituitivi.

A cosa serve la W.B.S.? Essa serve principalmente a:

• elencare tutte le attività da fare e verificarne la fattibilità;

• individuare le risorse necessarie e ad allocarle;

• definire le modalità organizzative;

• impostare i mezzi utilizzati e i software di supporto;

• impostare il controllo del progetto;

• gestire i rischi insiti nel progetto.

30
4.4 Metodi e strumenti di pianificazione

Come si costruisce la W.B.S.?

4.4.2 La pianificazione del progetto

Gli step della pianificazione.

31
4.5 La gestione del progetto

Il diagramma di Gantt. Il diagramma di Gantt è un metodo grafico di lettura immediata


che individua la successione cronologica delle attività, consente di visualizzare l’impiego delle
risorse, permette di monitorare l’avanzamento del progetto e consente di impostare le fasi di
controllo del progetto.
Esso è quindi uno strumento che collega la logica del progetto con i tempi.
Il diagramma di Gantt evidenzia in particolare: lo sviluppo temporale del progetto e la sua
durata complessiva, le relazioni e i condizionamenti tra le attività, il percorso critico 16 e il
margine di slittamento di ogni attività (floating 17 ).

Il milestone plan. Il milestone plan è letteralmente è la “mappa delle pietre miliari”. Essa
individua nell’ambito della programmazione temporale i cosiddetti eventi chiave: si tratta di
eventi che individuano momenti di progetto particolarmente significativi, sui quali è necessario
esercitare uno step di controllo. In corrispondenza di ciascuna milestone il Project Team è
chiamato ad una sintesi della propria attività, sintesi che diventa strumento indispensabile
per validare la programmazione adottata oppure per mettere in campo le necessarie azioni
correttive.

4.5 La gestione del progetto


La gestione del progetto si compone principalmente di due elementi:
1. Gestione delle risorse
In fase di pianificazione del progetto è bene tenere sempre presente che le risorse non
sono infinite bensì limitate quindi, compito della gestione delle risorse è trovare il giusto
compromesso tra la durata complessiva del progetto ed i suoi costi.
Si possono adottare quindi diverse soluzioni: se riveste maggiore importanza il fattore
tempo posso pensare di aumentare le risorse sulle attività in modo da comprimerne la
durata (aumentano i costi del progetto), mentre se riveste maggiore importanza il conte-
nimento dei costi allora dovrò prevedere un minor numero di risorse con il conseguente
aumento dei tempi delle singole attività (aumenta la durata totale del progetto).

Livellamento delle risorse

• Vincolata sulle risorse: fisso il numero di risorse e vario i tempi.


• Vincolata sui tempi: fisso il tempo e vario le risorse.

2. Gestione dei costi


I costi di un progetto sono previsti a priori (costi previsti), ma in corso d’opera essi
possono essere diversi (costi reali).
16
Successione delle attività che determinano la durata minima; un ritardo su una di queste attività si propaga
all’intero progetto.
17
Margine di ritardo entro il quale non si introduce ritardo sull’intero progetto.

32
4.5 La gestione del progetto

Per la gestione dei costi del progetto si utilizzano:

• la tabella di budget del progetto → rischio che il budget previsto sia sbagliato!
• baseline del progetto – curva dei costi cumulati di progetto;
• riserve → sulla base dei rischi mi devo creare un “paracadute” (le riserve) che mi
possono salvare nel caso in cui eccedo il budget; queste le determino in base a vari
fattori. Se le riserve non vengono utilizzate determinano margine.

4.5.1 Il budget
Il budget, in termini stretti, è il conto economico preventivo e la relativa previsione di fabbisogno
finanziario, che viene effettuata prima del termine di ogni esercizio, per l’esercizio successivo.
Il budget è quindi l’insieme di ricavi e costi previsti in un certo periodo di tempo (esercizio,
oppure un suo sottomultiplo). Il budget può comprendere anche investimenti, eventi speciali,
flussi finanziari, etc.
Esso tiene conto anche dei tempi (non sempre coincidono con le logiche di mercato) e delle
persone.
Idealmente il budget coinvolge tutte le funzioni aziendali: vendite, acquisti, marketing,
personale, produzione, direzione generale, finanza, amministrazione, commerciale, etc.
Solitamente il budget viene predisposto prima dell’avvio di esercizio di riferimento.

Realizzazione del budget.

• Coinvolgimento (lavoro individuale + lavoro di squadra);

• traccia degli aggiornamenti;

• tutor del budget.

Innanzitutto una figura rilevante (titolare/CdA/Manager) decide i macrobiettivi: questi sono


un primo passo per verificare l’andamento dell’attività su periodi più lunghi. Successivamente le
funzioni specifiche definiscono la propria quota di budget (budget vendite, budget produzione,
budget acquisti, . . . ). In contemporanea avviene la comparazione del budget e la condivisione
ai livelli superiori, viene illustrato il budget alle varie funzioni.
Finita questa fase le figure rilevanti condividono il budget e verificano le rispondenze con
l’impostazione prevista inizialmente. Viene fatta una simulazione finanziaria per controllare se
il budget risponde agli obiettivi oppure no.
Il passo successivo è quello di ridiscutere e revisionare gli obiettivi finchè non ci sarà una
corrispondenza tra budget e obiettivi attraverso simulazioni.

Risultato del budget.

• Conto economico (produrre ciò che si vende);

• tabelle o schede di budget per attività.

33
5 Criteri e metodi per la gestione pianificata dell’innovazione

5 Criteri e metodi per la gestione pianificata dell’innovazione


L’innovazione non è un solo fatto tecnico, un metodo rigido che determina il successo di un’idea, di
un’intuizione, di una proposta, è piuttosto il frutto di un’attitudine mentale, di una predisposizione
psicologica che va alimentata con la ricerca, il confronto, lo scambio di più punti di vista.
- Vinicio De Morais -

5.1 L’innovazione.
L’innovazione ha un ruolo cruciale nel sistema di mercato e nel sistema d’impresa. Essa coin-
volge tutti campi in cui l’impresa opera ed investe l’intera rete di soggetti con cui l’impresa
opera.
L’innovazione serve anche per l’evoluzione della cultura d’impresa: innovare genera metodi
innovativi anche dal punto di vista organizzativo e di mentalità delle persone.
Di fondamentale importanza è la gestione dell’innovazione tecnologica e organizzativa:
continua costruzione dei progetti di innovazione per una continua evoluzione dell’impresa.
Dobbiamo tenere conto anche dell’impatto che l’innovazione ha sulle attività dell’impresa:

• impatto dell’innovazione sulle attività produttive;

• impatto dell’innovazione sulle attività di Marketing;

• impatto dell’innovazione sulle altre attività organizzative;

• impatto dell’innovazione sul sistema rete dell’impresa — fornitori/clienti.

• ...

5.2 Sviluppo di progetti innovativi.


Fino agli anni ’80 la domanda del mercato era maggiore che l’offerta presente, non c’era il
problema di collocare il prodotto sul mercato, avevano successo anche le logiche di copiatura.
Oggi il mercato è diventato saturo e non si può essere competitivi senza introdurre innovazione.
Dobbiamo però considerare che solamente il 5% delle attività di R&S porta a sbocchi di
mercato significativi e duraturi per le imprese (oltre i cinque anni di vita economica). Per poter
sviluppare progetti innovativi occorrono quindi alcune fondamentali attenzioni:

• Sviluppare analisi di marketing adeguate ed approfondite;

• sono da ricercare spazi di vendita e di promozione ampi;

• vedere distanza e caratteristiche rispetto alla propria offerta;

• prevedere le possibili risposte dei concorrenti;

• prevedere il tempo di risposta della clientela;

• effettuare un giusto posizionamento del prodotto;

• eseguire un check continuo di costi, margini, redditi ed utili (soprattutto dopo variazioni
e modifiche);

• tenere in primo piano la gestione del rischio.

34
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

Fattori di insuccesso. Nello sviluppo di progetti innovativi bisogna tener conto che le
debolezze di progetto si riverseranno sul processo del nuovo prodotto, per esempio:

• Mancanza di valore effettivo per il consumatore;

• mancanza di market orientation;

• bassa qualità operativa;

• attività svolta in maniera troppo veloce;

• sviluppo di base “a casa” (in azienda) non adeguato (competenze dei ricercatori);

• scarso focus;

• troppi progetti;

• mancanza di risorse allocate per la ricerca;

• mancanza di un processo sistemico per i nuovi prodotti attuato con disciplina;

• infattibilità pratica del progetto.

L’obiettivo dev’essere quindi quello di strutturare attività di R&S orientate a modalità di


progetto:

1. Identificato

2. Pianificato

3. Sostenuto

4. Controllato

Vediamo ora in quali fasi si compone idealmente un progetto di innovazione:

Dove: M = Marketing; T = Tecnologico; F = Finanziario; V = Verifica; I = Innovazione;


L = Lancio sul mercato.
Come si può notare marketing, settore tecnologico ed economico–finanziario sono tre aree
che proseguono pari passo all’avanzare del progetto, lavorano in parallelo collaborando l’una
con l’altra.

35
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

Fattori chiave che determinano il successo. In un progetto di innovazione dobbiamo


tener conto dei fattori chiave che determinano il successo, per non incontrare (o ridurre al
minimo) il rischio di fallimenti:

1. Corretto briefing dal cliente e/o dal mercato (operatori di marketing e commerciali)

• Forte orientamento al mercato: un nuovo processo di prodotto orientato al


mercato e focalizzato sul consumatore.
• Approccio olistico al prodotto: un approccio internazionale nel design, nello
sviluppo, ed un marketing personalizzato, che raggiunge i clienti in maniera chiara.

2. Prodotto superiore con benefici unici per il cliente

• Prodotto/servizio superiore e unico: un prodotto differente che fornisce al


consumatore benefici unici e un valore superiore, coerente con i desideri effettivi del
cliente e con la business idea dell’impresa.
• I prodotti che vengono lanciati sul mercato devono avere con sè un vantaggio com-
petitivo rispetto ai prodotti presenti sul mercato, questo può essere offerto anche
grazie ai servizi accessori offerti (assistenza, garanzia, controllo qualità, . . . ) che,
in concomitanza con il prodotto, si traducono in valore effettivamente percepito dal
cliente.

3. Concetto di prodotto ben definito prima della fase di sviluppo

• La precoce e precisa definizione del prodotto e del progetto è uno dei fattori
chiave tra vincere e perdere sui nuovi prodotti: dobbiamo adeguatamente definire
in che maniera sviluppare le caratteristiche salienti del prodotto ed in che porzione
del mercato vogliamo collocarlo.
• Sviluppare le “core competences”, ossia concentrarsi sullo sviluppo di progetti
inerenti con missione e visione.

4. Qualità di esecuzione delle attività tecniche

• Completezza
• Qualità
• Interazioni costanti con i clienti attraverso prototipazione rapida e test durante la
fase di sviluppo (continuo miglioramento del prodotto)

5. Leverage tecnologico 18

6. Qualità di esecuzione dell’attività di progetto (lavoro che organizzo ed eseguo effettiva-


mente all’interno della mia impresa)

• Appropriata struttura organizzativa, ben definita e con un buon clima di lavoro.


• Il supporto del top management non garantisce il successo, poichè molti senior
manager interpretano l’innovazione in maniera errata, ma sicuramente aiuta.
• Il successo di un nuovo prodotto si può controllare: un’enfasi maggiore deve es-
sere posta sulla completezza, consistenza e qualità di esecuzione delle task
fondamentali dall’inizio alla fine del progetto.
• La velocità è tutto, ma non a discapito della qualità di esecuzione.
18
Fare leva ed utilizzare le tecnologie già esistenti in modo differente e più performante.

36
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

• I business costruiti attraverso punti di decisione “forti” nel processo dei nuovi prodotti
(dove il rischio di “lasciare” è molto forte) permettono un maggiore focus sul progetto.
• Processi gestiti in parallelo.
• Accurata definizione:
– Dell’idea generale del progetto;
– delle tecniche e dei mercati iniziali;
– degli assetti tecnici;
– degli aspetti organizzativi e produttivi;
– indagini di mercato;
– delle risorse e capacità;
– dell’aspetto finanziario;
– del prodotto e degli aspetti del business;
– sugli assetti generali;
– del rischio di progetto.
7. Leverage di marketing (vedi sez.2.2.1 e sez.2.2.2)
8. Qualità di esecuzione delle attività di marketing
• Lancio del prodotto ben concepito e correttamente eseguito, e quindi un piano di
marketing ben costruito.
9. Attrattività di mercato.
I fattori di successo sono tutti positivamente correlati sia con la profittabilità19 che con i tempi
di sviluppo del progetto. L’orientamento al valore per il cliente/mercato e la puntuale visio-
ne dell’innovazione, sostenuta da una leadership adeguata, permettono di ottenere risultati
molto rilevanti. E’ per questo indispensabile interagire effettivamente e direttamente con il
destinatario reale e potenziale dell’innovazione, per costruire un caso di business significativo.

Figura 5: Costruire il business case: schema di riferimento

Possiamo notare come questo schema sia costruito su due “binari” che lavorano parallela-
mente all’avanzare del progetto: binario tecnico–economico e binario di marketing.
19
Capacità dell’impresa di generare ricchezza e redditività.

37
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

Il Profilo economico di progetto. Un’altra chiave di volta per la corretta ed efficiente


progettazione è la costruzione del profilo economico di progetto. Purtroppo molti imprenditori
considerano questa fase come poco rilevante, soprattutto perché, a causa di analisi iniziali
parziali, faticano a stimare i risultati futuri ottenibili.
Ma come possiamo determinare il valore commerciale previsto (VCP)? Un semplice
metodo è il seguente:

V CP = (P V ∗ Pcs − C) ∗ Pts − D
Dove:

• V CP : valore commerciale previsto dal progetto [¤]

• Pts : Probabilità di successo tecnico

• Pcs : Probabilità di successo commerciale (dato il successo tecnico)

• D: Costi di sviluppo rimanenti nel progetto [¤]

• C: Costi di commercializzazione (lancio) [¤]

• P V : Valore attuale dei ricavi futuri sul progetto (calcolati ad oggi) [¤]

Chiaramente il valore assegnato alle diverse probabilità dipende dall’impresa e dal leader, il
quale non può esimersi dal determinare tali livelli.

5.2.1 Schema di riferimento per lo sviluppo dei progetti di innovazione


Possiamo fissare dei criteri di priorità (rispetto ai quali sviluppare i progetti d’innovazione):

1. Strategico

• Quale grado di affinità ha il progetto con la strategia di business


• Importanza strategica del progetto sul business

2. Vantaggi del prodotto

• Offre benefici unici agli utilizzatori/consumatori (non ottenibili da prodotti compe-


titivi)
• Soddisfa i bisogni dei consumatori meglio che i prodotti competitivi
• Fornisce un eccellente rapporto costo/valore per il consumatore

3. Attrattiva per il mercato

• Quota di mercato offerta dal prodotto


• Stima della crescita di mercato
• Situazione competitiva (difficile, intensa, competitività basata sul prezzo ha un
valore basso)

38
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

4. Sinergie (“core competences” che interagiscono)

• Il prodotto fa leva sul nostro marketing business, distribuzione, e vendite di for-


ze/risorse?
• Fa leva sul nostro know–how 20 tecnologico, sull’expertise 21 e sull’esperienza?
• Fa leva sulle nostre capacità produttive/operative, expertise e facilitazioni?

5. Fattibilità tecnica

• Misura del gap tecnologico che dobbiamo affrontare per intraprendere il progetto
(piccolo gap → alto punteggio)
• Complessità del progetto, da un punto di vista tecnico (minor complessità → più
punteggio)
• Incertezza tecnica del risultato (alta certezza → alto punteggio)

6. Rischio Vs. Ricavi

• Profitti attesi dal progetto (importanza: VCP in ¤)


• Percentuale di ricavi (ROI%)
• Tempo di rientro degli investimenti iniziali (B.E.T.)
• Affidabilità delle stime di ricavi/profitti/vendite (da “pura supposizione” a “forte-
mente probabile”)

Lo schema concettuale evoluzione progetto/verifica, si interfaccia con l’analisi delle prio-


rità, che colloca il progetto in “graduatoria” rispetto agli altri che l’impresa ha in corso,
definendo le eventuali scelte di “necessita globale” (ossia abbandonare/mettere in sospeso
il progetto piuttosto che portarlo avanti a discapito di altri più “redditizi”).
Per stabilire le priorità e le scelte, va sviluppato per l’insieme dei progetti un processo
organizzativo di gestione integrato, basato sui seguenti criteri:

20
Il termine “know–how” identifica le conoscenze e le abilità operative necessarie per svolgere una determinata
attività lavorativa.
21
Competenza, abilità, perizia, esperienza.

39
5.2 Sviluppo di progetti innovativi.

5.2.2 Conclusioni
Dato tutto quello che abbiamo detto fin’ora si possono indicare tre stadi fondamentali per il
processo d’innovazione nell’impresa:

1. Definizione dei requisiti del Processo

• Briefing dal cliente


• Creazione task force22 ed definizione dei leader
• Audit23 di processo
• Scoperta dei problemi
• Benchmarking24 interno ed esterno
• ...

2. Disegno del Processo

• Disegnare il processo
• Momenti di confronto
• Interazioni con utilizzatori e management
• Sessioni di feedback 25
• Coinvolgimento del senior management
• ...

3. Implementazione del Processo

• Formazione
• Marketing interno
• Portare i progetti nel processo
• Processo proprietario
• Documentazione/comunicazione
• Sviluppo di supporti informatici e database
• ...

Per ultimo possiamo aggiungere l’analisi dei risultati che lo sviluppo di innovazione ha intro-
dotto sulla nostra impresa, questo sotto diversi punti di vista: dal punto di vista finanziario,
dalla percentuale di progetti andati a buon termine e persistenti sul mercato, dalla percentuale
di nuove vendite generate dai nuovi prodotti, dalla percentuale di crescita aziendale introdotta
dall’innovazione, etc.
Queste analisi ci permetteranno di migliorare costantemente il nostro processo innovativo.

22
Unità o formazione costituita per un singolo scopo (o attività) definito.
23
Valutazione tecnico–manuale o sistematica misurabile di un sistema, un’applicazione o di una procedura.
24
Processo continuo di misurazione di prodotti, servizi e prassi aziendali mediante il confronto con i concorrenti
più forti.
25
Capacità di tenere conto dei risultati del sistema per modificare le caratteristiche del sistema stesso, nel
nostro caso del progetto.

40
6 Il modello produttivo tradizionale: la “Mass Production”

6 Il modello produttivo tradizionale: la “Mass Production”


La grandezza fugge chi la cerca e segue chi la fugge.
- Talmud -

Il modello della mass production incarna la visione produttiva del taylorismo e del fordismo:

• logica produttiva basata su grandi lotti di prodotto;

• massima standardizzazione del prodotto;

• ricerca della massima integrazione verticale;

• logica di mercato tipo push: la programmazione avviene a monte della produzione in


quanto l’obiettivo e quello di ridurre il piu possibile i costi di produzione;

• il mercato è invaso da grandi quantità di un prodotto progettato per il miglior rapporto


qualità-prezzo, ma che non tiene conto del effettivo valore richiesto dal cliente.

Questo modello ha insiti diversi svantaggi:

• la mass production si basa essenzialmente sull’economia di scala: occorre produrre grandi


quantità di prodotto per abbattere i costi di produzione;

• questo tipo di produzione richiede lunghi tempi di stoccaggio tra le varie fasi di produzione
e ampi spazi per immagazzinare i semilavorati intermedi;

• la programmazione della produzione è slegata dalla effettiva domanda presente sul merca-
to: è invece basata su esigenze essenzialmente produttive;

• non è possibile cogliere tempestivamente eventuali variazioni di domanda o richieste di


personalizzazione del prodotto in quanto la programmazione avviene a monte del ciclo
produttivo e i macchinari sono complessi e richiedono lunghi tempi di riattrezzaggio;

• un approccio al mercato di tipo “push” richiede la collocazione di grandi scorte (stock ) di


prodotto indipendentemente dalla domanda reale.

6.1 La logica produttiva “batch and queue”


Il sistema produttivo tipico dell’economia di massa è organizzato secondo reparti, in un’ottica
“batch and queue” (lotti e code).
Tutti i reparti partecipano alla produzione di tutti i prodotti: la logica produttiva è quella di
massimizzare la produttività dei macchinari. Non è pertanto infrequente che a valle di ciascuna
fase di lavorazione sia necessario stoccare una certa quantità di semilavorati (lotti) per un dato
tempo (code) fino al raggiungimento di quantità tali da rendere “conveniente” l’utilizzo del
macchinario successivo.

6.2 Target cost (logiche “push–pull”)


• Economia tradizionale

Costo + Profitto = Prezzo

Il prezzo viene determinato partendo dal costo di produzione e aggiungendo il profitto


voluto dall’impresa (logica di mercato di tipo push, ovvero il mercato subisce il prezzo).

41
6.2 Target cost (logiche “push–pull”)

• Lean thinking26

Prezzo – Profitto = Costo

Tanto il prezzo quanto il costo vengono decisi dal mercato, che tira la produzione (logica
di tipo pull ). Il profitto deve essere tale da consentire il continuo sviluppo del sistema
produttivo verso la perfezione. All’impresa non rimane che controllare il costo (target
cost) per soddisfare entrambe le condizioni imposte dal mercato.

26
Consultare sez.7 per maggiori dettagli riguardo al lean thinking.

42
7 Lean Thinking

7 Lean Thinking
La semplicità è la forma della vera grandezza.
- Francesco De Sanctis -

Il pensiero del lean thinking si è sviluppato in Giappone subito dopo la seconda guerra mondiale
per mano di Taichi Ohno.
Applicare la teoria del lean thinking significa ripensare il processo produttivo in modo da
combattere il “muda”, lo spreco.

“Muda” è qualsiasi attività umana che assorbe risorse senza produrre valore

In un processo di tipo lean l’obiettivo è quello di migliorare iterativamente il processo pro-


duttivo in modo da tendere asintoticamente a quello che i clienti vogliono (valore) riducendo
progressivamente le risorse necessarie (eliminando i muda).
I principali tipi di muda possono essere: difetti nei prodotti, sovrapproduzione di beni non
necessari, accumuli di beni in attesa di ulteriori lavorazioni, lavorazioni non necessarie, attese
dovute alla necessità del completamento delle attività a monte nel processo produttivo, ecc.

I cinque principi chiave del lean thinking.

1. Valore (value)
Il valore è il punto fondamentale da cui si articola il lean thinking. Esso può essere definito
esclusivamente dal cliente finale ma viene creato dal produttore.
Il valore assume significato solo nel momento in cui si manifesta attraverso un bene o
un servizio in grado di soddisfare le esigenze del cliente ad un dato prezzo, in un dato
momento e in dato luogo (lo stesso prodotto ad un prezzo diverso o consegnato due mesi
dopo o a 100km di distanza non assume il significato di valore per lo stesso cliente).

2. Flusso del valore (value stream)


Il flusso del valore è l’insieme delle attività che consentono di passare dalla materia prima
al prodotto finito, visto nell’ottica della creazione del valore richiesto dal cliente finale.
Si possono individuare tre fasi fondamentali nel flusso del valore:

• Fase 1: lo sviluppo del prodotto, dall’ideazione al lancio (time-to-market) attraverso


la progettazione di dettaglio e l’ingegnerizzazione.
• Fase 2: la gestione delle informazioni, dall’ordine alla consegna secondo una pro-
grammazione di dettaglio.
• Fase 3: la trasformazione fisica dalla materia prima al prodotto finito in mano al
cliente.

Il flusso del valore riguarda tutte le imprese coinvolte nella produzione di un certo bene
o servizio: snellire il flusso significa creare relazioni interaziendali impostate secondo il
principio della massima trasparenza.
Analizzando il flusso del valore di un dato prodotto di solito è possibile individuare tre
tipi di attività:

• Attività che creano valore;


• attività che non creano valore, ma sono inevitabili stanti le attuali tecnologie e
impianti produttivi (muda di Tipo 1 );
• attività che non creano valore e possono essere eliminate da subito (muda di Tipo 2 ).

43
7.1 La logica produttiva a cellule

3. Fare scorrere il flusso del valore (flow )


Una volta noto il flusso del valore occorre agirvi sopra al fine di garantire una costante
fluidità, eliminando i muda che la intralciano.
I due principali tipi di azione realizzabili sul flusso sono:
• Kaiaku
Si tratta di un’azione di ripensamento “radicale” del concetto di valore, che coincide
con il riallineamento iniziale del flusso produttivo. Si tratta normalmente di un
attivita di tipo TOP-DOWN, ovvero che parte dal top management dell’azienda.
• Kaizen
Si tratta di un’azione di ottimizzazione continua, che prevede un’analisi costante del
flusso del valore volta ad evidenziare i muda ed eliminarli. Si tratta di un’attivita
di tipo BOTTOM-UP, che parte dal coinvolgimento degli operatori di produzione.
4. Tirare (pull )
Nell’organizzazione snella il flusso del valore si attiva nel momento in cui si manifesta la
domanda: in sostanza è il cliente che tira (pull ) il processo produttivo. La domanda del
cliente si muove a ritroso lungo il flusso del valore: ognuna delle fasi produttive si attiva
solo quando la fase successiva “tira”.
L’applicazione del pensiero snello, in particolar modo dell’organizzazione produttiva ba-
sata sul pull da parte del cliente, consente di minimizzare la necessità di stoccaggi di
materiale a presidio delle fluttuazioni della domanda sul mercato.
5. Perfezione (perfection)
Il concetto di perfezione rappresenta la necessità di implementare continuamente il pen-
siero snello anche dopo la sua adozione nel sistema produttivo. Infatti pensare snello
significa operare continuamente tecniche di tipo kaizen (miglioramento incrementale con-
tinuo) o kaiaku (miglioramento radicale) che consentano continue ottimizzazione del flusso
del valore.
Pensare di applicare una tantum il pensiero snello è in contrasto con la filosofia che lo
genera: la continua e costante ricerca dei muda che si oppongono al fluire del flusso del
valore. In questo senso il concetto di perfezione diventa un limite superiore, un continuo
monito al pensatore snello che non esiste tregua nella lotta al muda.

7.1 La logica produttiva a cellule


L’applicazione del pensiero snello e del flow del valore impone un ripensamento dell’organizza-
zione della produzione rispetto al sistema “batch and queue”.
L’impresa snella produce secondo cellule produttive, ognuna delle quali è uno spazio fisico
specifico dedicato, organizzato per un prodotto o per una famiglia di prodotti. All’interno della
cellula vengono organizzate tra loro tutte le attività che compongono la produzione: in questo
modo l’intero flusso del valore è visibile a tutti gli operatori e facilmente controllabile in termine
di fluidità.
Il passaggio dall’attività di monte a quella di valle avviene secondo i sistemi JIT (just-in-
time): una determinata fase produttiva viene avviata solo quando si manifesta una domanda
effettiva a valle della stessa.
La programmazione JIT abbinata alla programmazione dei livelli elimina di fatto la necessità
di accumulare scorte di prodotti e/o semilavorati al fine di “cercare di prevedere a priori” le
esigenze del cliente. La diminuzione delle scorte comporta un notevole aumento di liquidità
per l’impresa, consentendo cosi investimenti in termini di sviluppo e di continua riduzione dei
muda. La riduzione delle scorte infine minimizza il rischio di obsolescenza dei prodotti già
completati e immagazzinati ma non ancora venduti.

44

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