30/09/2015
Indice
Capitolo primo
La nozione di tributo
1. Il tributo: dalla concezione restrittiva a quella estensiva. - 1.1 Le erogazioni liberali
al settore no profit quale metodo di concorso alla spesa pubblica - 2. Limposta quale
tributo con funzione solidaristica. 3. La tassa quale tributo paracommutativo. - 4. I
monopoli fiscali. - 5. Il c.d. tributo ambientale.
Capitolo secondo
Le fonti del diritto e i principi costituzionali in materia tributaria
1. Le fonti interne. - 2. Le fonti comunitarie. 3. Il principio costituzionale della riserva di legge. 3.1 Segue: il carattere relativo della riserva di legge. - 4. I principi costituzionali della capacit contributiva e della progressivit del sistema tributario. 5
Segue: tutela del minimo vitale e divieto dellimposta confiscatoria. 6. Segue: attualit ed effettivit della capacit contributiva. - 7. Le agevolazioni fiscali e la loro
compatibilit con il principio della capacit contributiva. 8. I condoni fiscali e la loro illegittimit costituzionale.
Capitolo terzo
Interpretazione ed efficacia delle leggi tributarie
1. Le leggi tributarie: considerazioni generali. - 1.1 Segue: le peculiarit delle leggi tributarie. - 2. Linterpretazione delle leggi tributarie. - 2.1 Segue: il criterio letterale. 2.2 Segue: il criterio logico. - 2.3 Segue: i soggetti dellinterpretazione. - 2.4 Segue: il
rinvio a leggi e istituti extratributari e il riferimento a concetti utilizzati dalle scienze
economico aziendali. - 3. Lanalogia nel diritto tributario. - 4. Lattivit interpretativa
dellA.F.: circolari e risoluzioni ministeriali. La tutela della buona fede del contribuente. 5. Linterpello quale primo momento di partecipazione del contribuente
allattivit impositiva. - 6. Efficacia delle leggi tributarie nello spazio: la territorialit
dellimposizione. - 7. Efficacia delle leggi tributarie nel tempo: lirretroattivit e la cessazione degli effetti a seguito di abrogazione o incostituzionalit.
Capitolo quarto
La fattispecie giuridica tributaria: elementi oggettivi e soggettivi
Sezione I. Elementi oggettivi. 1. La fattispecie giuridica tributaria e i suoi effetti: la costituzione dellobbligazione tributaria. - 2. Il presupposto di fatto o fattispecie imponibile. - 3. Lampliamento del presupposto: le assimilazioni. - - Sezione II. Elementi soggettivi.
1. La soggettivit tributaria. - 2. I soggetti attivi. - 3. I soggetti passivi. - 3.1 La giustificazione della soggettivit tributaria degli enti collettivi ed in particolare di quelli no
profit. - 4. La solidariet tributaria tipica o paritetica. - 5. Il responsabile dimposta. 5.1. Segue: il ruolo del notaio nellapplicazione dei tributi. - 6. Il sostituto dimposta. 7. Gli eredi del contribuente.
Capitolo quinto
Limposta sul reddito delle persone fisiche
(Andrea Buccisano)
Sezione I. Disposizioni generali in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche. 1. Fattispecie imponibile e periodo dimposta. - 2. Soggetti passivi e residenza fiscale. - 3. Reddito complessivo e base imponibile. - 4. Deduzioni dal reddito e detrazioni
dallimposta lorda. - 5. Imposta netta, crediti dimposta ed acconti. - 6. Societ di persone e principio di trasparenza. - 7. Redditi tassati separatamente. 8. Applicazione
dellimposta ai non residenti. - Sezione II. Redditi fondiari, di capitale, di lavoro e diversi. 1.
Redditi fondiari. - 1.1 La non imponibilit ai fini Irpef degli immobili assoggettati ad
Imu. - 2. Redditi di capitale. - 2.1. Definizione e regole generali. 2.2. Redditi di capitale derivanti da rapporti di finanziamento. - 2.3. Redditi di capitale derivanti dalla partecipazione in societ. - 3. Redditi di lavoro dipendente. - 3.1. Definizione e fattispecie assimilate. - 3.2. Determinazione del reddito di lavoro dipendente ed esclusioni. 4. Redditi di lavoro autonomo. - 4.1. Definizione della categoria. - 4.2. Regole di determinazione. - 5. Redditi diversi. - 5.1. Caratteri generali della categoria. - 5.2. Plusvalenze da cessione di immobili. - 5.3. Plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie (capital gains). - 5.4. Altri redditi diversi. - Sezione III. Reddito dimpresa. 1. Criteri
identificativi del reddito dimpresa. - 2. Determinazione del reddito dimpresa: rinvio.
Capitolo sesto
Limposta sul reddito delle societ
(Giuseppe Ingrao e Melo Martella)
Sezione I. Profili generali dellIRES. 1. Considerazioni introduttive. - 2. Presupposto e
soggetti passivi. - 3. La residenza e la commercialit dei soggetti passivi. - 4. La determinazione della base imponibile. - 4.1 Gli enti commerciali e le societ di capitale
residenti. - 4.2 Societ ed enti non residenti. - 5. Gli enti non commerciali - 6. Le organizzazioni non lucrative di utilit sociale (ONLUS). - 7. Il periodo dimposta. - 8.
Aliquote ed agevolazioni. - 9. Labrogazione del credito dimposta e lintroduzione
del regime di non imponibilit dei dividendi. - 10. La tassazione dei dividendi transfrontalieri in entrata e in uscita. - 11. La participation exemption: lesenzione delle plusvalenze da cessioni di partecipazioni. - 12. Il consolidato nazionale. - 13. Il consolidato mondiale. - 14. La tassazione per trasparenza delle societ di capitali. - 15. La
tassazione per trasparenza delle piccole societ a responsabilit limitata. Sezione II. La
determinazione del reddito dimpresa. 1. Il ruolo del bilancio nella determinazione del reddito dimpresa. - 2. Principi generali di determinazione del reddito dimpresa. - 3. I
componenti positivi: i ricavi. - 4. Segue: le plusvalenze patrimoniali. - 5. Segue: le sopravvenienze attive. - 6. Le rimanenze di materie prime e di merci. - 7. I componenti
negativi: gli interessi passivi. - 9. Segue: lammortamento dei beni materiali e immateriali. - 10. Segue: le spese ad utilit pluriennale.
Capitolo settimo
Limposta sul valore aggiunto
(Francesco De Domenico)
1. LIva quale imposta sul consumo . - 2. Le operazioni imponibili: cessione di beni e
prestazioni di servizi. - 2.1. Le importazioni. - 3. La territorialit del tributo. - 4. Classificazione delle operazioni ai fini Iva. - 4.1. Operazioni imponibili. - 4.2. Operazioni
Mancando una definizione normativa, la giurisprudenza ha identificato i confini della nozione di tributo, in relazione alloperativit delle suddette norme.
In particolare, la giurisprudenza costituzionale, nelle pronunce con cui ha affrontato il tema dellapplicabilit a determinate prestazioni patrimoniali dellart. 23
(per cui diviene necessario lintervento della legge) e dellart. 53 (per cui diviene necessario parametrare la prestazione patrimoniale in relazione alla capacit contributiva) ha offerto un importante contributo alla creazione di una nozione di tributo.
Secondo la Corte Costituzionale, pu considerarsi tributo quella prestazione
patrimoniale qualora:
a) sia prelevata in modo coattivo (doverosit della prestazione), e quindi resa
dal cittadino/contribuente in assetto non sinallagmatico;
b) determini una decurtazione definitiva del patrimonio del soggetto;
c) sia finalizzata al sostenimento della spesa pubblica.
Originariamente la giurisprudenza tendeva a far coincidere la nozione di tributo con quella di prestazione imposta; ma successivamente ha posto in luce che ci
che caratterizza il tributo, e lo differenzia rispetto alle altre prestazioni imposte, il
suo essere specificamente finalizzato al sostenimento della spesa pubblica, cio di una
spesa di interesse collettivo. Non tutte le prestazioni imposte, quindi, hanno carattere
tributario, ma solo quelle con cui si intende attuare il concorso alla spesa pubblica, in
chiave essenzialmente solidaristica (aspetto che non presente nelle altre prestazioni
imposte quali sanzioni, confische, prestiti forzosi, etc.).
La Consulta ha, altres, chiarito che la coattivit della prestazione - che necessariamente presuppone lesistenza di una legge o di un provvedimento autoritativo pu riferirsi sia alla sua fonte, sia alla determinazione del contenuto e delle modalit
attuative. Si cos estesa la nozione di tributo anche a prestazioni patrimoniali scaturenti da un vincolo contrattuale, ove per la fissazione del quantum dovuto avvenga
mediante un atto autoritativo. Lestensione in parola riguarda in particolare quelle
prestazioni patrimoniali che rappresentano un corrispettivo per fruire di un servizio
essenziale ai bisogni della vita, qualora il contenuto dellobbligo sia prefissato unilateralmente.
Nonostante, nel caso di obbligazioni contrattuali, il cittadino non sia tenuto
ad accedere al servizio e quindi possa non subire la prestazione patrimoniale, la Corte
ha evidenziato che tale libert meramente formale, in quanto detta scelta comporterebbe una rinuncia ad un bisogno essenziale (ci si trova di fronte ad una c.d. imposizione di fatto). Lo squilibrio di forza contrattuale tra le parti giustifica la presenza di
un atto autoritativo per quantificare la prestazione patrimoniale posta a carico del
soggetto per usufruire di quel determinato servizio. Latto autoritativo non disciplina
la fonte dellobbligazione, che resta il contratto, ma la quantificazione della prestazione patrimoniale, potendo per il resto trovare spazio la regolamentazione negoziale.
Con riguardo ai monopoli fiscali, in particolare, la fonte della prestazione
rappresentata dal contratto, ma i prezzi vengono predeterminati autoritativamente,
risultando cos legittimamente ascrivibili alle prestazioni imposte di natura tributaria.
La giurisprudenza costituzionale ha, inoltre, precisato che la qualificazione di
una prestazione patrimoniale come tributo non preclusa dalla natura privata del
soggetto che acquisisce le somme di danaro, qualora sia connessa allerogazione di un
servizio pubblico (come nel caso del Canone Rai, di cui si appunto affermata la na-
tura tributaria nonostante gli introiti confluiscono alla Rai spa, ovvero dei contributi
corrisposti ai consorzi di bonifica).
In definitiva, ci che rileva per lindividuazione del tributo, sono la coattivit
del prelievo e gli aspetti finalistici della prestazione coattiva del consociato, cio quelli
attinenti alla connotazione al finanziamento concorsuale della spesa pubblica. Tuttavia i predetti requisiti sono presenti con una intensit differente nelle varie prestazioni tributarie: nelle tasse, infatti, il requisito della coattivit meno marcato rispetto
alle imposte, posto che la corresponsione connessa alla fruizione di una attivit
pubblica.
Anche il requisito della finalizzazione del prelievo al sostenimento della spesa
pubblica pu essere diversamente graduato: i tributi doganali, ad esempio, hanno
lobiettivo non solo di acquisire una entrata, ma altres di limitare lingresso di merci
provenienti da paesi terzi.
Va poi evidenziato il contributo della Corte di Cassazione alla definizione di
tributo. Essa, infatti, allineandosi allindirizzo della giurisprudenza costituzionale, ha
affermato la natura tributaria (e contestuale devoluzione delle controversie alle
Commissioni tributarie) di prestazioni patrimoniali quali i diritti che vengono annualmente versati dalle imprese alle Camere di commercio (c.d. diritti camerali), ovvero le quote associative che vengono versate agli ordini professionali per liscrizione
agli albi (avvocati, commercialisti, architetti, etc.). Si tratta di prestazioni doverose,
finalizzate al sostenimento di spese pubbliche (Cass. SS.UU. n. 10469/2008 e n.
1782/2011).
La giurisprudenza amministrativa ha, altres, contribuito, sia pure in modo pi
ridotto, alla definizione della nozione di tributo. Ad esempio stata negata natura tributaria alle prestazioni patrimoniali, previste da una fonte legislativa, corrisposte per
il transito in zone a traffico limitato, sul presupposto che esse non rappresentano una
forma di contribuzione alla spesa dellente locale, ma sono prestazioni finalizzate a
disincentivare il traffico veicolare in zone particolarmente sensibili (Tar Lazio n.
3132/2010; Cass. n. 5348/2011).
Anche in dottrina si registrata una evoluzione della nozione di tributo. Inizialmente, e sotto linflusso della dottrina tedesca, si tendeva ad identificare il tributo
con limposta, escludendo quelle prestazioni patrimoniali consistenti in tasse, contributi, tariffe , canoni, etc. Il diritto tributario veniva identificato con il diritto delle imposte. Levoluzione normativa ha, per, indotto la dottrina pi recente ad ampliare il
concetto di tributo, includendo anche quelle prestazioni di carattere paracommutativo, quali le tasse e le tariffe, ove, per, i connotati tipici del tributo diventano pi deboli.
Nonostante lo sforzo fatto da dottrina e giurisprudenza per definire la nozione giuridica di tributo, non v dubbio che, muovendoci nellambito delle scienze sociali, non sempre possibile tracciare nette linee di demarcazione tra ci che tributo
e ci che non lo . LIrpef un tributo, il canone di locazione di un bene pubblico
un corrispettivo di diritto privato. Ma tra queste ipotesi estreme vi sono tanti casi di
prestazioni patrimoniali la cui natura discutibile. Si pensi alla cd. Tari (tariffa connessa al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani) ed al Canone comunale
sulla pubblicit, per citare due casi di recente affrontati dalla Corte Costituzionale a
cui stata riconosciuta natura di tributo, nonostante, per alcuni aspetti, potevano
qualificarsi come corrispettivi per la prestazione di un pubblico servizio.
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Si parla, quindi, di sistema tributario per alludere ad un corpo ordinato di istituti per mezzo dei quali si realizza la contribuzione alla spesa pubblica.
Ladozione di un sistema tributario composto da molteplici tributi fa s che
alcuni fatti economici vengano assunti a fattispecie di diversi tributi (es. la cessione di
un bene immobile un fatto assoggettato ad imposta di registro e, in alcuni casi, ad
Irpef). Ci non determina una doppia imposizione giuridica vietata dalla legge; si tratta, infatti, di distinti tributi che rispondono a logiche diverse, aventi differenti criteri
di determinazione dellimponibile. In alcuni casi, tuttavia, prevista unalternativit
nellapplicazione del tributo ( il caso del rapporto Iva/Imposta di registro).
Un cenno, infine, va fatto al problema dei limiti entro cui pu spingersi il livello di tassazione. Posto che limposizione fiscale strettamente correlata allentit
della spesa pubblica, potrebbe sostenersi che non vi siano limiti al livello di imposizione, in quanto questultimo dipende dallentit delle spese pubbliche che si intendono affrontare. In realt tale affermazione erronea, in quanto trascura il fatto che
la spesa pubblica pu essere finanziata anche con modalit extratributarie (ricorso al
debito pubblico, dismissioni patrimoniali, etc.), e che limposizione fiscale subordinata alla sussistenza di una capacit economica in capo ai contribuenti che non pu
essere interamente prelevata (art. 53 Cost.).
peraltro sostenibile che la recente introduzione nella Costituzione del principio di pareggio del bilancio (art. 81 Cost.) risponda da un lato alla finalit di contenimento della spesa pubblica, ma contestualmente alla riduzione del prelievo fiscale e
del ricorso allindebitamento pubblico. Finanziare il disavanzo di bilancio con
lincremento della pressione fiscale, ovvero con il ricorso allindebitamento, vuol dire
penalizzare le generazioni attuali, che subiscono una eccessiva decurtazione del proprio patrimonio a causa dellincremento del prelievo tributario, ovvero incidere sulle
generazioni future che subiscono lonere del rimborso del debito pubblico.
1.1 Le erogazioni liberali al settore no profit quale metodo di concorso alla
spesa pubblica
Prima di occuparci della classificazione dei tributi, dobbiamo accennare al fatto che negli ultimi anni si sta sempre pi valorizzando, nel rispetto dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3 e 53, il legame tra le erogazioni finanziarie effettuate dai
contribuenti a favore di alcuni soggetti pubblici e privati (facenti parte del c.d. terzo
settore) che erogano servizi di pubblico interesse (es. Universit, Chiesa cattolica,
Organizzazioni non governative, Onlus, etc.) e il concorso alla spesa pubblica.
Le erogazioni liberali in questione, infatti, sono deducibili dal reddito tassabile
ai fini delle Imposte sui redditi (in alcuni casi con limitazioni quantitative) sul presupposto che determinano un risparmio di risorse pubbliche che altrimenti dovrebbero
essere destinate allo svolgimento di tali servizi. Maggiore il sostegno finanziario del
contribuente a questi enti, minore lesborso dello Stato per il finanziamento diretto
o indiretto (cio mediante trasferimenti di risorse economiche a soggetti privati) di
tali servizi. Appare, quindi, del tutto ragionevole, che lErario rinunci (tramite la
deduzione dal reddito) ad una parte del tributo, in quanto il sostegno finanziario dei
privati agli enti in questione contestualmente riduce la spesa per i servizi pubblici da
essi erogati.
Pertanto, il dovere solidaristico scaturente dallart. 2 della Costituzione pu
essere assolto, oltre che con il tradizionale metodo della corresponsione dei tributi,
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anche attraverso il finanziamento diretto di enti ed istituti pubblici e privati che erogano servizi di interesse collettivo. Si tratta, comunque, di una forma di concorso che
destinata a restare marginale (attraverso la previsione di limiti alla deducibilit di tali
spese dal reddito), perch diversamente si finirebbe, tra laltro, per devolvere ai singoli le scelte connesse alla tipologia dei servizi pubblici da finanziare; scelte che, in linea
generale, devono essere necessariamente assunte dalla collettivit per mezzo dei suoi
rappresentanti. Vero che limposta sul reddito non rappresenta lunica tipologia di
concorso alla spesa pubblica (occorre considerare lIva e le altre imposte indirette e
locali), ma certamente la pi rilevante e per questo si giustificano i limiti alla deducibilit delle erogazioni pubbliche.
2. Limposta quale tributo con funzione solidaristica.
Posto che la coattivit un denominatore comune delle diverse ipotesi di tributo, la loro classificazione dipende dal diverso atteggiarsi del presupposto impositivo.
Limposta la figura principale di prelievo tributario, ed quella di pi facile
individuazione, perch si riferisce a prestazioni patrimoniali coattive prelevate esclusivamente in relazione ad una manifestazione di capacit contributiva del soggetto,
prescindendo quindi dalla fruizione di funzioni e servizi pubblici.
Pur essendo del tutto acausale, limposta comunque destinata al finanziamento della spesa pubblica, ma dal punto di vista giuridico non rileva n il modo in
cui vengono utilizzate le risorse economiche cos acquisite, n leffettiva fruizione
della funzione o del servizio pubblico da parte del cittadino.
Mancando un diretto riferimento allattivit svolta dallo Stato, la causa impositionis dellimposta risiede nel rispetto dei precetti costituzionali, ed in particolare degli
art. 2, 3 e 53, che sanciscono il dovere di solidariet economica, di uguaglianza tributaria, e di capacit contributiva.
Lo scopo dellimposta quello di determinare una entrata per lErario necessaria per il finanziamento delle spese collettive, cio di quelle spese indistintamente
rivolte a tutti i membri della comunit. Limposta si connota, quindi, per la sua funzione solidaristica: si paga in quanto si appartiene ad una collettivit la cui organizzazione presuppone spese da sostenere. Il sacrificio chiesto al singolo per la prestazione
tributaria compensato dal vantaggio che si arreca allintera collettivit.
La complessit dellimposta sta nel fatto che gli indici di capacit contributiva
(espressivi di forza economica) oggetto di imposizione (tradizionalmente redditi,
consumi e patrimoni) molto spesso non sono di facile individuazione e misurazione.
Tanto pi complessa la determinazione della capacit economica da assoggettare
allimposta, tanto pi difficile laccertamento per lUfficio e pi alta la propensione allevasione fiscale.
Tutti i sistemi tributari moderni sono basati su imposte che colpiscono il reddito (Irpef/Ires), il consumo (Iva) e il patrimonio (Imu, Imposta di successioni e donazioni, etc.). Lutilizzo di differenti indici espressione di capacit contributiva fa s
che le imposte vengano pagate anche da chi non possieda redditi, ma consuma sussidi erogati da terzi, ovvero detiene un patrimonio.
La gran parte del gettito tributario deriva, per, dalle imposte sul reddito;
queste sono maggiormente tollerate dalla collettivit, perch il possesso di un reddito
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Qualora la tassa sia destinata al finanziamento di un servizio pubblico essenziale, ed in particolare i servizi di sanit, assistenza e istruzione, la sua parametrazione
deve considerare anche la capacit contributiva del soggetto passivo.
In questa prospettiva, la tassa qualificabile come un prelievo a carattere ibrido, in parte paracommutativo ed in parte contributivo.
4. I monopoli fiscali.
Lart. 41 della Costituzione afferma il principio della libert delliniziativa
economica. Lo Stato pu, tuttavia, riservare lo svolgimento di una determinata attivit economica ad un soggetto per perseguire gli scopi pi vari con il limite dellutilit
generale dellattivit (art. 43 Cost).
Si tratta dei c.d. monopoli di diritto, che si giustificano appunto per la tutela
degli interessi pubblici che ruotano intorno ad una determinata attivit economica,
quali quello di assicurare la massima fruibilit di un servizio essenziale presso tutti i
consociati, ovvero di rispettare precipue modalit che richiede lo svolgimento di
unattivit di interesse generale, etc.
I monopoli fiscali, invece, rispondono esclusivamente allesigenza di acquisire
gettito tributario. Essi sono legittimi sul piano costituzionale nei limiti in cui sia configurabile un monopolio di diritto, cio ove esistano esigenze di utilit generale da tutelare. Quindi non tutti i monopoli di diritto divengono monopoli fiscali, ma tutti i
monopoli fiscali sono monopoli di diritto. Lesigenza di acquisire gettito tributario
non di per s un caso di utilit generale e non pu, quindi, essere assunta quale situazione che legittima la deroga alla libera iniziativa economica.
Il soggetto che opera in regime di monopolio fiscale applica prezzi (fissati dal
ministero delleconomia) ben superiori rispetto a quelli che si formerebbero in regime
di concorrenza perfetta. Il prezzo contiene sia una componente corrispettiva, connessa al bene o servizio ceduto in regime di monopolio, sia una componente aggiuntiva, il cui effetto quello di determinare una decurtazione del patrimonio del privato, che lo Stato si riserva il diritto di acquisire, qualificabile come prestazione patrimoniale imposta.
Il monopolio fiscale non configura, pertanto, una categoria autonoma
nellambito dei tributi, ma annoverabile nellambito delle imposte sui consumi. Il
presupposto della decurtazione patrimoniale che subisce il privato rappresentato,
infatti, dal consumo di determinati beni. La coattivit del prelievo pu individuarsi
nel divieto posto a carico di altri soggetti di esercitare quella determinata attivit.
Le disposizioni del Trattato UE prevedono un riordino dei monopoli fiscali;
in ogni caso sono vietati i monopoli fiscali qualora comportino la violazione del principio di non discriminazione tra i cittadini degli Stati membri con riguardo alle condizioni relative agli approvvigionamenti ed agli sbocchi (favorendo i prodotti nazionali
rispetto a quelli importati); i soggetti che operano in regime di monopolio fiscale devono comunque rispettare le regole sulla concorrenza, salvo che ci osti alla missione
loro affidata (cio quella di procacciare lentrata fiscale).
In atto esistono ancora i monopoli del lotto, dei tabacchi lavorati e delle sigarette.
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rogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. Per dare un significato
concreto a queste previsioni, stato sostenuto che lo Statuto rappresenti una legge
ordinaria rafforzata, cio che da un punto di vista sostanziale ha una maggiore valenza rispetto alle altre leggi ordinarie tributarie.
In verit, nonostante sia trascorso oltre un decennio dalla sua entrata in vigore, lefficacia dello Statuto non ancora ben delineata. Una parte della dottrina sostiene che lo Statuto del contribuente ha un valore superiore rispetto alle altre leggi
ordinarie dellordinamento tributario, in quanto si tratta di una legge contenente, tra
laltro, principi ai quale deve adeguarsi ed ispirarsi tutta la legislazione tributaria: valenza simile a quella delle preleggi al Codice civile. Altra parte della dottrina attribuisce allo Statuto un importante valore politico e ideologico, ridimensionandone, per,
lefficacia condizionante rispetto alle altre norme del sistema, in quanto approvato
con legge ordinaria.
La Corte Costituzionale (sent. n. 41/2008) ha prestato adesione allindirizzo
svalutativo, evidenziando che la Commissione tributaria non pu sollevare una questione di legittimit di costituzionalit di una legge ordinaria che viola lo Statuto, in
quanto questultimo ha parimenti valore di legge ordinaria. In continuit con questa
linea di pensiero, la giurisprudenza di legittimit ha precisato che una legge ordinaria
non pu essere disapplicata dal giudice tributario perch ritenuta difforme da uno dei
principi sanciti nella legge n. 212/2000 (Cass. n. 2221/2011).
invece unanimemente accettato che lo Statuto del contribuente contenga
principi/valori cui linterprete si deve conformare in sede di applicazione concreta
delle altre leggi tributarie. Pertanto, la superiorit dello Statuto del contribuente rispetto alle leggi ordinarie e la sua forza condizionante sul sistema tributario , in
buona sostanza, circoscritta ai profili interpretativi. bene avvertire, per, che ogni
principio o valore, quale che sia la fonte giuridica che lo contiene, non emerge in
modo isolato o assoluto, presentandosi insieme ad altri valori: linterprete deve
quindi procedere ad un loro bilanciamento per stabilire quale, nel caso concreto, prevale.
Le sentenze che svalutano limportanza sul piano interpretativo dello Statuto
del contribuente, invero, possono ritenersi una reazione al fatto che i principi in
esso contenuti vengono invocati con lobbiettivo di spazzare via agevolmente gli altri
valori che impattano sulle questioni affrontate nonostante siano irrilevanti nei casi
esaminati. In questa misura, sostenere che lo Statuto ha un mero valore ideologico,
ossia una legge manifesto, ha consentito ai giudici di evitare di motivare appunto
lirrilevanza del principio invocato sulla questione a loro sottoposta.
Tornando alle leggi ordinarie in materia tributaria dobbiamo notare che
liperproduzione normativa tributaria degli ultimi decenni ha contribuito a determinare uno stato di confusione e incertezza che induce gli operatori del settore a pensare
attraverso la legislazione. Ove manca lappoggio di una norma giuridica diviene,
infatti, difficoltoso individuare il corretto comportamento fiscale da tenere; raramente si prospettano ragionamenti basati sui principi generali del diritto tributario.
Loggettiva complessit delle questioni fiscali, rispetto a quelle di cui si discute nel diritto civile e nel penale (dove le soluzioni sono spesso ben pi intuitive), da un lato, e
lamplissimo coinvolgimento degli appartenenti alla collettivit nel pagamento dei tributi (i tributi li pagano in molti, le controversie presso i Tribunali riguardano una minoranza della collettivit e spesso riguardano questioni aventi scarsa componente giu-
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ridica quali incidenti stradali, liti condominiali, divorzi, etc.), dallaltro, determina
spesso linvocazione dellintervento del legislatore tributario, registrandosi un vortice
di innovazioni legislative difficile da fermare.
Su un piano inferiore alle leggi ordinarie vi sono i regolamenti ministeriali e
governativi, che, come diremo in avanti, vengono sovente utilizzati per disciplinare
alcuni aspetti della materia tributaria, per le parti non coperte dalla riserva di legge.
Non rappresentano fonti interne di produzione del diritto tributario gli usi e
le consuetudini.
2. Le fonti comunitarie.
Le fonti del diritto tributario non si esauriscono nelle disposizioni normative
interne. Il processo di integrazione politica, economica e sociale, avviato con la sottoscrizione del Trattato istitutivo della Comunit europea e dei precedenti Trattati
NATO e CECA, poi sviluppatosi con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht istitutivo dellUE ha, infatti, determinato una parziale riduzione della sovranit nazionale
anche in ambito tributario. Ci in quanto il prelievo fiscale uno dei molteplici fattori che incide sulla realizzazione del principale obbiettivo dellUE, cio quello di assicurare linstaurazione e il regolare funzionamento del mercato interno.
La competenza dellUnione europea in materia tributaria legittimata dallart.
113 TFUE, ai sensi del quale il Consiglio, deliberando allunanimit secondo una
procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del
Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano
larmonizzazione delle legislazioni relative alla imposta sulla cifra daffari, alle imposte
di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia
necessaria per assicurare linstaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed
evitare le distorsioni di concorrenza. Rilevano, altres, ai fini dellimposizione diretta,
gli artt. 114 e ss. TFUE in tema di ravvicinamento delle legislazioni.
Va evidenziato che mancano specifici principi generali tributari a livello comunitario. Nel Trattato UE esistono, per, disposizioni che influenzano il nostro sistema fiscale, quali quelle che fissano i principi di non discriminazione e di non restrizione, il rispetto delle libert fondamentali (libert di circolazione delle persone,
dei beni, dei capitali e dei servizi), il divieto di aiuti di Stato, il divieto di introduzione
di dazi doganali, il divieto di doppia tassazione, etc. Tali previsioni possono ritenersi
esplicitazioni dellobbiettivo di tutelare la libera concorrenza nel mercato, senza incidere sui processi di redistribuzione del reddito tra i vari Paesi aderenti.
La potest impositiva interna, invece, tesa principalmente a tutelare valori
sociali tra i quali la solidariet economica e luguaglianza sostanziale, il concorso alle
spese pubbliche sulla base della capacit contributiva e la coerenza e ragionevolezza
del sistema.
Non esiste, inoltre, un sistema di imposte a livello europeo, che si sovrappone
al sistema fiscale interno.
Lesperienza di questi anni ha messo in luce che lintegrazione fiscale europea
viene perseguita con un duplice approccio: con una integrazione negativa, attuata
con mediante limposizione di vincoli e divieti per gli Stati membri fondati sui predetti principi; con una integrazione positiva, attuata con la proposizione di modelli
comuni in appositi regolamenti e direttive UE.
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Dobbiamo a questo punto richiamare il problema del rapporto tra norme europee e interne che hanno ad oggetto limposizione tributaria. In linea con quanto affermato in altri settori giuridici, non vi sono pi dubbi sulla prevalenza delle norme
europee. La modifica apportata al titolo V della Costituzione (in particolare cfr. lart.
117) prevede espressamente che la legislazione interna deve rispettare i vincoli derivanti dallordinamento comunitario.
Posto che la concreta attuazione dei diritti sanciti a livello europeo comunque demandata alla normativa degli Stati membri (vi segnatamente un rinvio al sistema procedimentale e processuale dei Paesi), la prevalenza del diritto comunitario
su quello interno si completa con laffermazione del c.d. principio di effettivit per
cui alle norme comunitarie deve essere assicurata immediata ed effettiva applicazione
presso i singoli Stati membri, anche travolgendo eventuali disposizioni interne che
appunto ostacolino tale applicazione. La Corte giustizia europea ha ad esempio precisato che anche una sentenza passata in giudicato pu essere rimessa in discussione,
con gli strumenti previsti dal diritto interno, qualora si ponga in contrasto con il diritto dellUnione europea, o sia stato formato violando alcune regole. Il giudice interno
dovrebbe quindi disapplicare lart. 2909 c.c., superando il vincolo derivante dalla sentenza passata in giudicato, e risolvere la questione in modo conforme al diritto europeo (CGE 18 luglio 2007, C-119/05; 10 luglio 2014, C- 213/13).
Lattuazione delle situazioni giuridiche protette dallordinamento comunitario
deve essere omologata a quella prevista per le medesime situazioni nascenti
dallordinamento statale, evitando quindi che la norma interna preveda condizioni pi
rigorose (c.d. principio di equivalenza); in ogni caso lattuazione non deve essere resa
troppo difficile, eccessivamente onerosa o impossibile, a prescindere dallequivalenza.
I parametri fissati a livello europeo per valutare la concreta attuazione dei diritti comunitari sono essenzialmente due: la buona amministrazione e il giusto processo. Senza una buona amministrazione e un giusto processo, intesi quali principi di
fondo su cui si modellano i singoli istituti dellattivit amministrativa e processuale,
leffettiva attuazione del diritto comunitario irrimediabilmente vanificata.
Lorgano che assicura leffettiva applicazione del diritto comunitario certamente il giudice comune (le Commissioni tributarie per la materia di cui ci occupiamo), il quale chiamato a risolvere non solo il contrasto norma interna/regolamento
o direttiva UE, ma anche norma interna/Trattato UE.
Per la risoluzione delle antinomie il giudice tributario deve procedere nei seguenti modi: applicazione diretta della norma comunitaria, nei casi di disposizioni self
executing (regolamenti e direttive sufficientemente precise); interpretazione della norma interna in modo conforme al diritto comunitario; disapplicazione della norma interna contrastante con una disposizione comunitaria ad effetto diretto.
Nel caso di dubbi circa leffettiva sussistenza del contrasto, il giudice interno
pu proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, obbligatorio solo
per i giudici di ultima istanza.
3. Il principio costituzionale della riserva di legge.
La riserva di legge di cui allart. 23 Cost. rappresenta un importante principio
attorno a cui ruota lintera disciplina tributaria. Esso dispone che le prestazioni aventi
contenuto patrimoniale (e personale) possono essere imposte solo in base alla legge.
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Ove mancasse la riserva di legge, non vi sarebbe alcuna garanzia circa lattuazione di
un sistema fiscale basato sulla capacit contributiva.
Ci detto evidenziamo che lespressione in base alla legge, oggetto di una
approfondita elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, stata utilizzata, come risulta dai lavori preparatori della Costituzione, in alternativa a quella per legge.
Lespressione in base alla legge, innanzitutto, consente di ritenere soddisfatto
il requisito della riserva di legge, non solo qualora vengano utilizzate le leggi ordinarie, cio le leggi in senso formale, adottate dal Parlamento secondo il procedimento
previsto dalla Costituzione, ma anche altri atti aventi forza e valore di legge, cio decreti legislativi e decreti legge, che come noto rappresentano atti di emanazione del
Governo.
Al proposito non possiamo sottacere che la disciplina tributaria generalmente contenuta in atti aventi forza di legge, piuttosto che in leggi ordinarie. In particolare, lampio utilizzo del decreto legislativo giustificato dalleccessivo tecnicismo
delle norme tributarie, che mal si prestano ad essere frutto di un dibattito parlamentare, e quindi la loro redazione viene in concreto assegnata allUfficio legislativo del
Ministero dellEconomia, sulla scorta dei criteri fissati dalla c.d. legge delega, con successiva approvazione del Governo.
Con riguardo allutilizzo del decreto legge, che un atto di matrice governativa, con successiva conversione in legge entro sessanta giorni da parte del Parlamento,
vigono anche in materia tributaria i limiti di carattere generale, cio la sussistenza dei
presupposti di necessit e di urgenza (art. 77 Cost.), il divieto di reiterazione in caso
di mancata conversione nei termini (Corte cost. sent. n. 22/2012 e n. 34/2013), nonch il divieto di apportare modifiche in sede di conversione che alterino lomogeneit
del testo originario (Cass. n. 25554/2013). Va detto, per, che in materia tributaria si
fatto abuso di questo strumento normativo per sanare situazioni di deficit di bilancio, con la conseguenza di svilire la funzione garantista della riserva di legge. In questa prospettiva, lo Statuto del contribuente prevede che con il decreto legge non possono introdursi nuovi tributi o estendere ad altri soggetti tributi esistenti; resta, quindi, possibile - sussistendo i requisiti di necessit e urgenza - variare la disciplina dei
tributi esistenti, con particolare riferimento alla modifica dei criteri di determinazione
della base imponibile e delle aliquote.
Quanto alle leggi regionali, non v dubbio che la riserva di legge di cui allart.
23 Cost. si riferisca non solo alle leggi statali, ma anche a quelle regionali. I tributi
possono essere, quindi, introdotti anche con leggi regionali, non in virt di una concessione che effettua lo Stato allente locale, ma come potere originario assegnato dalla Costituzione alle Regioni.
3.1 Segue: il carattere relativo della riserva di legge.
Lutilizzo dellespressione in base alla legge in seno allart. 23 Cost. ha consentito alla Corte Costituzionale di affermare il carattere relativo della riserva, nel
senso che non tutti gli aspetti della prestazione tributaria devono essere previsti da
una legge o da un atto avente forza di legge, potendo alcuni aspetti essere regolati da
atti subordinati alla legge, quindi atti normativi secondari, cio regolamenti governativi e ministeriali, comunali e provinciali, nonch decreti ministeriali.
Posto che il contenuto minimo di esclusivo appannaggio della legge potrebbe
comunque variare in relazione al tipo di prestazione imposta (Corte Cost. n.
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d.p.r. n. 600/73). E, quindi, vietato prevedere ad esempio che lIMU (imposta sul
possesso di immobili) sia dovuta sul medesimo immobile dal proprietario e
dallinquilino.
Non vi , invece, un divieto espresso per la doppia imposizione economica,
che si verifica quando il medesimo fatto economico venga tassato con due distinti tributi, anche in capo a soggetti differenti. il caso della tassazione dei dividendi erogati
dalle societ ai soci: la societ corrisponde il tributo (Ires) sugli utili realizzati; i soci
corrispondono il tributo (Irpef/Ires, a seconda che il socio sia persona fisica o a sua
volta una societ) sui dividendi percepiti. Pur mancando un divieto espresso, il legislatore ha da sempre posto dei rimedi per evitare o mitigare la doppia imposizione
economica, nella prospettiva di armonizzare il prelievo fiscale con lart. 53 Cost.
Orbene, se il concorso alla spesa pubblica presuppone lintervento del legislatore (art. 23 Cost.), consegue che, in mancanza, il possesso di un elemento idoneo a
manifestare una capacit contributiva di un soggetto non genera alcuna obbligazione
tributaria. In linea di principio, si pu affermare che i fatti economicamente rilevanti,
astrattamente riconducibili a manifestazioni di capacit contributiva, creano
unobbligazione tributaria solo se vengono recepiti nellambito di una legge ordinaria
o un atto avente forza di legge che seleziona espressamente tali fatti nellambito del
presupposto di un tributo.
Va detto, peraltro, che il legislatore tendenzialmente non assoggetta a tassazione quei fatti economicamente rilevanti cos sfuggenti, di difficile accertamento, per
i quali non avrebbe senso stabilire la loro tassazione, in quanto pochi soggetti pagherebbero in concreto il tributo. Escludere una determinata fattispecie economica
dallimposizione potrebbe per determinare la violazione del principio di uguaglianza
e di ragionevolezza. Pertanto, la discrezionalit del legislatore nella scelta dei fatti tassabili incontra un limite derivante anche dallart. 3.
Affermare che lart. 53 Cost. sia una norma priva di una immediata efficacia
sostanziale, non svilisce la sua importanza sul piano giuridico. Come osservato dalla
prevalente dottrina tributaria, questa norma, infatti, pone un limite assoluto al legislatore nellesercizio della potest normativa tributaria, nel senso che il prelievo fiscale si deve assestare sempre su fatti economicamente rilevanti.
Lart. 53 ha, quindi, una funzione garantista per il contribuente, perch limita
la discrezionalit del legislatore. Oltre al limite generalissimo del divieto di irragionevolezza, incoerenza, e illogicit delle norme (art. 3 Cost.), la discrezionalit del legislatore tributaria trova un ulteriore limite che si identifica nel rispetto della capacit contributiva.
Se una legge che istituisce un tributo non seleziona fatti economicamente rilevanti nella disciplina del presupposto, non c bisogno di valutare profili attinenti
alluguaglianza o allirragionevolezza della norma, per giungere allincostituzionalit.
Lillegittimit costituzionale direttamente desumibile dalla violazione dellart. 53
Cost.
Va, per, notato che la Corte costituzionale, facendo proprio il pensiero di
una corrente minoritaria della dottrina tributaria, in qualche occasione, richiamando
largomento della tutela dellinteresse fiscale, cio dellinteresse collettivo alla pronta
acquisizione delle risorse necessarie per far fronte alle spese pubbliche, sembra aver
ridotto lincidenza del sindacato ex art. 53 Cost. Si sono cos create le premesse per
affermare che il principio di capacit contributiva rappresenti solo un limite relati-
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vo per il legislatore, nel senso che libero di scegliere ragionevoli criteri di riparto
della spesa pubblica, allontanandosi dai fatti che esprimono immediata e diretta forza
economica del soggetto.
Per il riparto della spesa pubblica non necessaria, quindi, la titolarit di un
diritto economicamente valutabile e scambiabile sul mercato, ma sufficiente che,
nel contesto sociale, si manifesti una posizione di vantaggio, valutabile economicamente, che prescinde da una ricchezza precisamente misurabile.
La costituzionalit dellimposizione, in questa prospettiva, sarebbe esclusivamente legata alla sua ragionevolezza, equit, coerenza, congruit e proporzionalit,
intesa anche come non eccessivit del singolo prelievo (art. 3 Cost.).
Questa tesi, che in buona sostanza, poggia essenzialmente sullassunto per cui
le disuguaglianze si misurano sul piano socio-economico non solo con riferimento al
reddito o al patrimonio, ma anche ad altri beni che costituiscono validi criteri di valutazione del benessere e indici di vantaggio, pertanto compito dello Stato utilizzare
lo strumento tributario per ridistribuire tali beni, con il limite della misurabilit economica del presupposto prescelto e della ragionevolezza, coerenza e congruit
dellimposizione.
Si aggiunge poi a sostegno di questa tesi svalutativa dellart. 53 Cost.,che non
esiste una capacit contributiva specifica riferita al singolo tributo, ma una capacit
contributiva complessiva riferibile allintero concorso alla spesa pubblica; che anche i
tradizionali indici di capacit contributiva, direttamente espressivi di forza economica, quali il reddito il patrimonio ed il consumo, non sempre conducono alla tassazione di una capacit economica effettiva del soggetto, nel senso che non sempre presuppongono la capacit finanziaria (disponibilit di denaro) del soggetto a sostenere il
pagamento dellimposta.
Nel caso delle imposte patrimoniali (es. IMU), la titolarit del bene immobile
pu non essere accompagnata dalla esistenza in capo al soggetto di disponibilit liquide necessarie per far fronte al tributo; soprattutto nei casi in cui il bene stato acquistato facendo ricorso al credito, e quindi il pagamento dellimposta si pu tradurre
in un lento esproprio del bene. Nel caso dellimposta sui consumi, lacquisto di beni e servizi, su cui grava lIva, pu essere finanziata col ricorso al credito, senza che a
monte vi sia una propria ricchezza consumata. Nel caso delle imposte sui redditi, si
registra, sia pur in casi marginali, lapplicazione del tributo su redditi in natura, su
redditi maturati economicamente, ma non realizzati finanziariamente, su redditi determinati senza considerare lincidenza dellinflazione e quindi su guadagni nominali e
non reali, etc.
Tali argomenti, a nostro avviso, non possono essere invocati per superare la
tradizionale interpretazione del concetto di capacit contributiva quale limite assoluto
per il legislatore. Vero che non escluso che tale tesi conduca alla tassazione di una
capacit economica del soggetto che non si traduce in una effettiva disponibilit finanziaria per far fronte allassolvimento del tributo, ma non bisogna trascurare che il
legislatore non pu valutare, nellambito della disciplina del presupposto del tributo,
aspetti cos minuziosi che potrebbero rivelarsi di difficile accertamento nel caso concreto (quali la presenza di disponibilit economiche, o le modalit di acquisto del bene, etc.).
A parte tutti gli spunti favorevoli alla tesi della valenza dellart. 53 come limite
assoluto, contenute nei lavori preparatori alla Costituzione, esigenze di semplicit del-
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re dei predetti beni immobili da assoggettare ad altri prelievi fiscali quali registro, successioni, Imu, etc.) e qualora semplifichi ladempimento per il contribuente.
Si discute se lutilizzo di criteri di tassazione presuntiva sia legittimo qualora
miri a contrastare pratiche astrattamente abusive dei contribuenti. E il caso delle c.d.
societ di comodo, per le quali il legislatore prevede la determinazione del reddito determinato applicando agli elementi del patrimonio delle percentuali di redditivit.
Lunica possibilit che ha la societ di evitare la tassazione del reddito su base forfettaria quella di dimostrare (tramite la procedura di interpello o in sede processuale)
che non pu qualificarsi come societ di comodo.
7. Le agevolazioni fiscali e la loro compatibilit con il principio della capacit
contributiva.
Accade, spesso, che il legislatore stabilisca per determinati soggetti o per determinate fattispecie unesenzione (eliminazione dellonere tributario), ovvero
unagevolazione fiscale (riduzione dellonere tributario).
Unagevolazione fiscale pu essere concessa riducendo il presupposto del tributo o la sua base imponibile, riducendo laliquota di imposta, oppure concedendo
un credito di imposta.
Un esempio di esenzione che opera restringendo il presupposto tipico del tributo contenuto nellIva, ove il legislatore elenca una serie di operazioni esenti
(art. 10, d.p.r. n. 633/72, es. prestazioni mediche) per le quali il soggetto passivo (imprenditore o professionista) non deve applicare limposta in aggiunta al corrispettivo,
facendo s che il consumatore finale non subisca lonere economico del tributo. Dette
operazioni, ove non vi fosse stata una espressa previsione di esenzione, avrebbero
subito regolarmente lapplicazione dellIva, in quanto rientranti nel presupposto tipico del tributo, che appunto rappresentato dalla cessioni di beni e dalla prestazione di servizi.
Un ulteriore caso di esenzione che restringe il presupposto riguarda i redditi
provenienti da immobili sottoposti a vincolo di interesse culturale; essi, infatti, non
sono imponibili quali redditi fondiari.
Infine evidenziamo lagevolazione assegnata alla imprese che investono capitale di rischio nellimpresa (c.d. A.C.E.- Aiuto per la crescita econimica), le quali possono beneficiare di un componente di reddito negativo di tipo figurativo, determinato applicando una certa percentuale di redditivit ai nuovi di capitale; tale agevolazione, consistendo in una diminuzione del reddito di impresa, opera quindi sulla base
imponibile del tributo.
Vi sono poi da menzionare - tra le agevolazioni fiscali - le imposizioni sostitutive. Esse si riscontrano quando una determinata fattispecie, agevolmente riconducibile nellambito del presupposto tipico di un tributo, viene sottratta allimposizione
ordinaria ed assoggettata ad un prelievo sostitutivo pi contenuto di quello ordinario. Molte ipotesi di prelievi fiscali sostitutivi sono previsti in relazione a redditi che
andrebbero tassati in modo ordinario con lIrpef: nellambito dei redditi di capitale,
ad esempio, alcune fattispecie (interessi bancari, interessi sulle obbligazioni, etc.) sono
assoggettate ad unimposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.
A questi esempi vanno aggiunte le agevolazioni accordate a determinati soggetti, quali quelle spettanti alle imprese che operano nel mezzogiorno dItalia, ovvero
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tributaria degli anni Settanta (L. n. 825/71) dispone, infatti, che Nella disciplina dei
tributi di cui ai precedenti articoli la materia delle esenzioni, delle agevolazioni e dei
regimi sostitutivi aventi carattere agevolativo sar regolata in base al criterio generale
di limitare nella maggiore possibile misura le deroghe ai principi di generalit e di
progressivit dellimposizione.
Infine, occorre chiarire la nozione di esclusione dallapplicazione del tributo. Lesclusione non sottende una restrizione del presupposto tipico del tributo, ma
una mera precisazione dei suoi confini; precisazione che il legislatore ritiene opportuno svolgere per esigenze di chiarezza. Ad esempio, nellambito dei redditi di capitale soggetti allIrpef, lart. 47, 5 comma, TUIR, stabilisce che sono escluse le somme percepite dai soci a titolo di ripartizione di riserve costituite con sovrapprezzo
azioni o versamento a fondo perduto. evidente che tali restituzioni non hanno natura reddituale (al socio viene infatti restituito ci che ha versato e non una eccedenza); anche in mancanza della espressa esclusione, si sarebbe potuto affermare la loro
non tassabilit di tali somme. A volte la distinzione tra esclusione ed esenzione non
ben nitida, tant che lo stesso legislatore utilizza impropriamente tali termini. Si pensi alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni detenute da societ, il legislatore utilizza il termine plusvalenze esenti, ma si tratta di una esclusione.
8. I condoni fiscali e la loro illegittimit costituzionale.
Concludendo la trattazione del principio di capacit contributiva, un cenno va
fatto ai profili di criticit che presentano quei provvedimenti normativi di carattere
straordinario con cui dai primi del novecento ad oggi sono stati periodicamente introdotti i condoni fiscali (dopo la riforma tributaria degli anni settanta, stato approvato un condono fiscale pi o meno generalizzato ogni cinque anni circa e lultima
legge di condono generalizzato risale al 2002). Tramite le pi recenti leggi di condono
fiscale lo Stato si prevede la possibilit per il contribuente di rendere definitiva
lobbligazione tributaria con il versamento di una somma determinata attraverso criteri automatici, notevolmente vantaggiosi, disallineati rispetto alla ricchezza effettivamente realizzata. I condoni fiscali hanno, in sostanza, lobbiettivo di procurare
immediatamente entrate aggiuntive per lerario, mediante una sorta di tassazione volontaria dei contribuenti.
In dottrina si suole distinguere tra condono puro, il quale elimina solamente le sanzioni amministrative irrogate dagli Uffici finanziari presupponendo
ladempimento integrale del debito tributario da parte del contribuente, e condono
impuro, che si caratterizza per leffetto sostitutivo dei normali parametri di determinazione della prestazione tributaria.
Senza addentrarci eccessivamente nelle caratteristiche tecniche dei pi recenti
provvedimenti di condono fiscale (che con il tempo hanno raggiunto un elevato grado di complessit), evidenziamo che varie sono le forme di definizione agevolata
previste. La pi rilevante rappresentata dalla definizione automatica di annualit
pregresse, nota anche come condono tombale. Essa si caratterizza per il fatto di
rendere definitiva lobbligazione tributaria per i periodi oggetto di condono.
Lassoluta incontestabilit del rapporto tributario a seguito della adesione alla definizione automatica vuol significare non solo che il Fisco non pu espletare lattivit di
accertamento per gli anni condonati, ma anche che il contribuente non pu rimettere
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tivit di accertamento. Il profilo dellillegittimit dellimposizione da condono , inoltre, superato dal fatto che si tratta di un prelievo di carattere volontario, atteso che il
contribuente pone in essere una valutazione di convenienza in relazione alla scelta di
aderire al condono fiscale.
La tesi della Consulta di fatto esclude il condono fiscale dal sindacato ai sensi
dellart. 53 Cost., nonostante esso realizzi una forma di partecipazione alla spesa
pubblica, che come tale non pu essere indifferente rispetto al principio di capacit
contributiva.
In conclusione, i condoni impuri sin qui introdotti devono ritenersi strumenti
di politica economica non tollerati dalla nostra Costituzione, per violazione dei principi ritraibili in particolare dagli artt. 3 e 53.
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giuridico tributario sono pochi i casi di disposizioni non cogenti (quindi derogabili e
sprovviste di sanzioni), in quanto mirate a perseguire lutilit del singolo e solo indirettamente interessi generali.
Va, per, evidenziato che esistono disposizioni legislative tributarie che disciplinano regimi fiscali opzionali (es. regime di trasparenza per le piccole srl), le quali
possono qualificarsi come norme non cogenti; in ogni caso, una volta che il contribuente abbia esercitato lopzione (salvo la possibilit di revocarla) tali norme devono
essere osservate, pena lapplicazione di sanzioni.
Vi sono ancora disposizioni legislative tributarie che prevedono il pagamento
volontario di una imposta; ad esempio per ottenere il riconoscimento fiscale del
maggior valore di determinati beni (es. imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni) o per adeguare il valore civilistico di determinati beni risultante dal bilancio civilistico a quello fiscale; qualora si eserciti la facolt di versare limposta sostitutiva volontaria (linteresse a corrispondere volontariamente un tributo si ricollega ad un risparmio fiscale che si otterr futuro), il contribuente diviene obbligato al rispetto della norma e quindi al versamento dellintero debito fiscale, pena lapplicazione di sanzioni.
Evidenziamo ancora che la dottrina dei primi del Novecento riteneva che le
leggi tributarie rappresentassero norme in senso formale, in quanto, pur provenendo
dal Parlamento, non disciplinanti rapporti giuridici in senso stretto, ma la funzione di
governo e quindi sarebbero sostanzialmente atti amministrativi. A parte il fatto che
non vi era uniformit di vedute circa la distinzione tra norme sostanziali e norme
formali, tant che secondo alcuni essa si ricollegava anche alla esistenza o meno dei
requisiti di generalit ed astrattezza, questa concezione pu ritenersi superata. La distinzione tra norme in senso formale e in senso sostanziale, che comunque ha scarsa
rilevanza pratica, dipende solo dal fatto che si sia rispettata la procedura prevista
dallart. 72 Cost. (leggi ordinarie) o dagli artt. 76 e 77 (decreti legislativi e decreti legge). Le leggi tributarie contengono, quindi, norme in senso sostanziale.
1.1 Segue: le peculiarit delle leggi tributarie.
Dobbiamo ora spendere qualche considerazione a proposito delle caratteristiche intrinseche delle leggi tributarie, al fine di cogliere le loro peculiarit rispetto ai
provvedimenti normativi che disciplinano altri settori dellordinamento.
Le leggi tributarie, innanzitutto, non hanno una base sociale: i valori diffusi
nella societ non riescono a diventare regole di tassazione. La disciplina del prelievo
fiscale richiede, quindi, un intervento dallalto, cio dai governanti, i quali nella stesura delle disposizioni legislative devono contemperare esigenze di certezza dei rapporti giuridici, precisione in punto di determinazione della fattispecie imponibile, cautela per lErario, semplificazione per i soggetti che devono applicare le norme, etc.
Il politici sono per molto attenti ai riflessi in termini di consenso elettorale
che conseguono allintroduzione di norme con cui si regola limposizione fiscale, come dimostra il fatto che sulle riforme fiscali si registra costantemente un acceso dibattito politico, ove le minoranze parlamentari si assestano spesso su posizioni opposte rispetto alla maggioranza. Lattenzione al consenso elettorale , altres, testimoniato dallutilizzo di una terminologia molto suggestiva per indicare nuove forme di prelievo fiscale che colpiscono settori economici ad altissima redditivit, per i quali
lopinione pubblica ritiene opportuno incrementare limposizione (es. Robin Hood
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Tax, sovrimposta che colpisce, in aggiunta allIres, le imprese che operano nel settore
energetico; tale sovrimposta stata dichiarata incostituzionale con la sent. n.
10/2015, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost.).
Va evidenziato poi che la redazione dei provvedimenti normativi tributari, se
si eccettua qualche disposizione di carattere generale, spesso dettata da esigenze
contingenti, che si susseguono con notevole frequenza. La frettolosa formulazione
dei testi di legge determina poca chiarezza delle disposizioni con conseguenti incertezze applicative. Al proposito citiamo il caso delle indagini bancarie, ove la giurisprudenza ritiene pacificamente che la norma, pur utilizzando la vaga espressione
sono posti a base delle rettifiche, configuri una presunzione legale relativa; ovvero
il caso del contrasto alla c.d. esterovestizione delle societ, ove la norma testualmente
recita salvo prova contraria si considerano residenti nel territorio dello Stato ,
ma lAmministrazione fiscale ritiene che detta previsione individui un punto di partenza per una verifica pi ampia da effettuarsi in contraddittorio, sullintensit del legame tra la societ che si presume esterovestita e lo Stato italiano; in questordine di
idee saremmo di fronte ad una presunzione semplice, ove gli indizi sono predeterminati dal legislatore.
Lincertezza delle norme tributarie per anche determinata dalla complessit
del loro oggetto, che quello di misurare economicamente i fatti oggetto di imposizione (generalmente reddito, patrimonio e consumo). Frequentemente, peraltro, si
utilizza una terminologia poco comprensibile, quali frodi carosello, societ cartiere, continuit dei valori fiscalmente riconosciuti, componenti patrimoniali in sospensione dimposta, etc. Non a caso esiste una espressa disposizione di carattere
generale (art. 10, 3 comma, L. n. 212/2000) che prevede la non applicazione delle
sanzioni amministrative al contribuente qualora la norma violata sia obbiettivamente
incerta e quindi di non chiara applicazione. Anche per le sanzioni penali tributarie rileva lesimente dellerrore di diritto.
da rimarcare ancora che le disposizioni tributarie sono redatte con il criterio casistico/enunciativo (in luogo di quello codicistico/generale), in quanto esso, limitando la discrezionalit interpretativa, in grado di offrire maggiore certezza al
rapporto Fisco-contribuente. Tale tecnica legislativa non riesce tuttavia ad eliminare
lincertezza applicativa delle norme tributarie. Anzi essa ha causato una produzione
legislativa a getto continuo, oltre che per eliminare le imperfezioni delle leggi
(aspetto comune ad ogni branca del diritto), soprattutto per colmare i vuoti di disciplina, che finivano col tradursi in una perdita di entrate tributarie per lo Stato.
Le continue novit fiscali hanno creato un serio ostacolo allaffermarsi di
una visione sistematica del diritto tributario. Lattenzione viene, infatti, rivolta spesso
su tali novit, finendo per offuscare limportanza dei principi su cui si regge il sistema.
Vi sono poi alcune disposizioni legislative che, per la scarsa riflessione che
precede la loro introduzione, restano lettera morta a causa della mancata redazione
dei decreti/regolamenti attuativi; il caso del concordato preventivo triennale, della tassazione separata delle imprese individuali, etc.
Occorre ancora considerare che, nonostante se ne parli da molti anni, non
stato approvato un Codice tributario, cio una raccolta organica di norme che agevoli una considerazione sistematica del diritto tributario.
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Lesigenza di migliorare la tecnica legislativa in materia tributaria stata avvertita in sede di approvazione dello Statuto dei diritti del contribuente. Lart. 2, L. n.
212/2000, al fine di assicurare la chiarezza e la trasparenza delle norme, stabilisce che
le leggi tributarie devono menzionare loggetto del titolo, che la rubrica di ogni articolo deve indicare loggetto, e che eventuali richiami ad altre norme tributarie si fanno
indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si fa rinvio. Si tratta di regole elementari che frequentemente venivano disattese.
Grazie allo Statuto del contribuente molti passi in avanti sono stati fatti (non
vengono pi approvate ad esempio leggi composte da due o tre articoli di oltre mille
commi!), ma ne restano da fare (tra questi quello della introduzione del Codice tributario).
Non va sottaciuto, peraltro, che le carenze delle leggi tributarie difficilmente
si prestano ad essere superate con lintervento della Corte Costituzionale, essendo tale organo di fatto condizionato dalle ricadute sullequilibrio del bilancio pubblico, in
di relazione alla perdita gettito fiscale derivante dalle pronunce di illegittimit costituzionale delle norme impositive. Nel bilanciamento tra il principio di cui allart. 53
Cost. e quello dellequilibrio del bilancio statale riconducibile allart. 81 Cost., la Corte
ha dato quasi sempre prevalenza a questultimo.
Recentemente, tuttavia, alcune pronunce sembrano allentare lattenzione alle
compatibilit economiche ed invece rivalutare il ruolo del principio di capacit
contributiva e di ragionevolezza delle scelte fiscali. E il caso delle sentenze di incostituzionalit della c.d. Robin Hood tax (n. 10/2015), e della tassa sulle sigarette elettroniche introdotta (n. 83/2015) introdotta nel 2013 (il suo ammontare era del 58,5%
del corrispettivo di vendita ed il gettito stimato era di 117 mln di euro). In merito a
questultima imposizione fiscale la Corte, muovendo dallassunto che le e-cig non sono riconosciute come gravemente nocive alla salute al pari delle sigarette tradizionali,
ha dichiarato irragionevole estendere il regime di tassazione dei tabacchi ai liquidi
aromatizzati.
Si segnala, infine, che con riguardo alle norme tributarie non opera la c.d. disposizione taglia leggi, cio lart. 14, L. n. 246/2005, la quale prevede che le leggi entrate in vigore prima del 1 gennaio 1970 sono automaticamente abrogate, salvo che
intervenga una norma che espressamente ritenga indispensabile la permanenza in vigore. Pertanto, le leggi tributarie ante 1970 continuano ad avere efficacia, salvo una
espressa o implicita abrogazione. Inoltre, si rammenta che lart. 6 della legge n.
180/2011 (c.d. Statuto delle imprese) prevede che prima delladozione di iniziative
legislative e regolamentari, anche di natura fiscale, lo Stato, le regioni e gli enti locali
debbano valutare limpatto sulle imprese, anche previa consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative.
2. Linterpretazione delle leggi tributarie.
Le leggi tributarie vengono tradizionalmente catalogate in: a) leggi impositive/sostanziali, che individuano i fatti economici da sottoporre a tassazione e stabiliscono i criteri per determinare lentit della prestazione tributaria; b) leggi procedimentali, che regolano i procedimenti di attuazione dei tributi; c) leggi sanzionatorie,
che si occupano di regolare le conseguenze amministrative e penali alla violazione
delle norme tributarie. Sono anche da segnalare le c.d. norme sulla norme che re-
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golano i criteri e i limiti di intervento della legge in una determinata materia (il citato
art. 2 dello Statuto del contribuente ne un esempio).
Per tutte queste leggi si rende necessaria una complessa attivit interpretativa.
Lattivit di interpretazione, come noto, consente di desumere dalla disposizione
testuale della legge la regola concreta di condotta (c.d. norma). Pur venendo utilizzati
comunemente quali sinonimi, i termini legge e norma si differenziano proprio
per il fatto che questultima individua il comando contenuto nella legge.
Lattivit di interpretazione delle leggi, che esaltata in presenza di disposizioni codicistico/generali, , comunque, presente in modo significativo nelle disposizioni di tipo casistico/enunciativo, ove il principio di generalit viene sostituito con
quello della pluralit di determinazioni casistiche, che quello prevalentemente utilizzato in materia tributaria (ad esempio lart. 6 TUIR non definisce un concetto generale di reddito tassabile Irpef, ma individua specifiche categorie reddituali).
Limportanza dellattivit di interpretazione della legge si coglie per il fatto
che, come affermato in sede di teoria generale, il precetto che si impone ai consociati
non quello che risulta dal testo legislativo, ma quello che si ricava dalla prevalente
interpretazione c.d. diritto vivente - che di quel testo viene fatta. La Corte Costituzionale ha, in questottica, consentito il sindacato di legittimit costituzionale nei confronti del diritto vivente (sent. n. 338/2011), precisando che le sentenze tributarie di
merito non costituiscono diritto vivente, essendo tale solo linterpretazione della
Cassazione (sent. n. 217/2010).
Se vero, quindi, che la forza imperativa della legge discende dal significato
attribuito dalla comunit, allora lasse portante dellordinamento giuridico si sposta
dal dato legislativo a quello applicativo, in cui listituzione preposta trasforma
lenunciato astratto in comando concreto.
Orbene, larticolo 12 delle preleggi al codice civile, in tema di interpretazione
della legge, prevede lutilizzo di: a) un criterio letterale o grammaticale, secondo cui
occorre assegnare alla legge il significato che risulta da quello proprio delle parole; b)
un criterio logico, per il quale bisogna risalire allintenzione del legislatore, tramite la
connessione fra le parole allinterno del corpo normativo.
2.1 Segue: il criterio letterale.
Con riguardo al criterio letterale, notiamo che il vecchio brocardo in claris non
fit interpretatio certamente superato. Anche una disposizione legislativa apparentemente chiara, nel momento in cui deve essere applicata (dal contribuente,
dallAmministrazione o dal giudice) per risolvere una situazione concreta, necessita,
comunque, di un processo interpretativo grazie al quale si giunge alla attribuzione di
un significato.
Lespressione significato proprio delle parole , peraltro, ambigua, in quanto il significato delle parole varia nel corso del tempo e dipende molto dal contesto in
cui esse vengono inserite.
Facciamo un esempio con riguardo alle leggi tributarie per mettere in luce
linsufficienza, in molti casi, del criterio letterale: uno dei principi generali per la deducibilit dei costi dimpresa quello della loro inerenza allattivit; le sanzioni che
vengono irrogate allimpresa (da quella pi banale, per la circolazione dei veicoli di
propriet dellimpresa, a quella pi rilevante, per violazione delle regole sulla concor-
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dalla legge per lesecuzione dei controlli ex art. 36 bis, d.p.r. n. 600/73, vecchia formulazione), ovvero per confermare un indirizzo giurisprudenziale favorevole al Fisco
( il caso dellart. 36, comma 34 bis, d.l. n. 223/2006, che ha stabilito la natura di
redditi diversi dei proventi illeciti non riconducibili ad altre delle categorie di reddito previste dal Tuir, confermando cos quellorientamento giurisprudenziale che affermava la tassabilit delle tangenti).
Lo Statuto dei diritti del contribuente, nellottica di evitare il ricorso improprio alle leggi interpretative, ne prevede lutilizzo in casi eccezionali e solo se espressamente qualificate come tali.
La mera qualificazione formale, per, non sufficiente a tutelare
laffidamento del contribuente; per identificare il carattere interpretativo o innovativo
della norma occorre considerare non lintitolazione, ma il reale contenuto, cio la
tendenza ad innovare o a chiarire, tra i significati attribuibili ad una norma, quello valido.
Va segnalato comunque che, in linea generale, la Corte europea dei diritti
delluomo (sentenza 24/6/2014) ha ritenuto contrario allart. 6 della CEDU, in tema
di diritto allequo processo, lintroduzione di leggi con effetti retroattivi mentre sono
in corso processi, qualora incidano in modo sostanziale sullesito della controversia (il
caso riguardava il cumulo dei benefici consistenti in sgravi contributivi e nella fiscalizzazione degli oneri sociali, cumulo escluso con la legge interpretativa n. 326/03).
Tale orientamento da ritenersi applicabile anche alla materia tributaria. Ricordiamo
che la CEDU ha un valore privilegiato nellambito della gerarchia delle fonti, rispetto
alle leggi ordinarie, al punto che, nei giudizi di costituzionalit, fungono da norme costituzionalmente interposte (Corte Cost. sent. n. 348 e 349/2007).
Quanto allinterpretazione giurisprudenziale, va evidenziato che essa, ed in
particolare quella della Cassazione, trova difficolt a consolidarsi, perch interviene
dopo molti anni dallentrata in vigore della legge, quando spesso stata gi abrogata
o modificata. La c.d. funzione nomofilattica della Cassazione, cio quella tesa a garantire una corretta e uniforme interpretazione delle norme, risulta, pertanto, in materia fiscale certamente indebolita.
Al proposito va evidenziato che stiamo vivendo un periodo in cui si afferma
la crisi delle fonti del diritto, e della legge in particolare, dovuta anche al c.d. pluralismo giuridico, cio alla moltiplicazione dei canali di produzione (internazionali, comunitari, statali, regionali, etc.), che non risparmia evidentemente il diritto tributario.
Pertanto, si sta diffondendo la tendenza alla creazione giurisprudenziale del diritto: il
giudice, che privo di legittimazione democratica, finisce per sostituirsi al legislatore,
andando oltre i limiti della funzione giurisdizionale, prospettando soluzioni che si discostano dal dato normativo vigente (il caso dellabuso del diritto, di cui ci occupiamo nel capitolo sullaccertamento paradigmatico). La funzione di creazione del diritto sarebbe giustificata, secondo la Cassazione, in relazione alla inevitabile interpretazione evolutiva a cui il giudice non pu sottrarsi, soprattutto perch chiamato ad
applicare anche il diritto comunitario.
Daltra parte, leccessivo numero di liti tributarie che giungono sino in Cassazione (circa il 40 per cento dei procedimenti pendenti riguarda questioni tributarie;
nel 2014 alla sezione tributaria della Cassazione risultano assegnate quasi 40 mila procedimenti, su un totale di 99 mila cause pendenti) fa s che, a volte si assiste a pronunce errate e imprevedibili, frutto appunto della frettolosit con cui vengono tratta-
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te le controversie. Ed infatti spesso si utilizza inopportunamente la trattazione in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. (che tra laltro riguarda le c.d cause seriali, ove il
ricorso manifestamente fondato o infondato), per risolvere questioni che invece
meriterebbero un ampio contraddittorio tra le parti (emblematica la sentenza n.
18702/2010, che, interpretando erroneamente le norme fiscali, ha negato la deducibilit dei compensi corrisposti agli amministratori di societ di capitali; interpretazione
poi smentita dalla successiva sentenza n. 24957/2010).
2.4 Segue: il rinvio a leggi e istituti extratributari e il riferimento a concetti utilizzati dalle scienze economico aziendali.
Le leggi tributarie contengono la disciplina, dal punto di vista dellobbligo alla
contribuzione alla spesa pubblica, di fenomeni gi regolamentati nellambito del diritto privato. Non di rado, infatti, si utilizza la tecnica legislativa del rinvio a norme appartenenti ad altro settore dellordinamento (es. per la definizione di redditi di impresa si fa riferimento alle attivit commerciali disciplinate dallart. 2195 c.c.).
La tecnica di legiferazione c.d. per rinvio si giustifica per esigenze di economicit nella stesura dei testi normativi. Il rinvio pu essere mobile o formale quando il legislatore tributario richiama disposizioni di altri settori giuridici senza alcun
adattamento, recependo implicitamente tutte le future modifiche che potranno essere
apportate ad esse. Il rinvio immobile quando riguarda una singola disposizione
nel suo contenuto attuale, ed eventuali future modifiche non saranno recepite
dallordinamento tributario.
Peraltro, posto che loggetto delle norme tributarie sostanziali di tipo economico, si utilizza spesso una terminologia, propria delle discipline aziendali (es. rimanenze di merci, plusvalenze patrimoniali, beni strumentali, etc.).
Occorre a questo punto chiarire come interpretare quegli istituti giuridici o
quei termini aziendalistici richiamati nellambito della fattispecie tributaria.
Quando ad esempio nella fattispecie dimposta viene menzionata
lespressione redditi derivanti dal rapporto di lavoro dipendente o reddito di impresa evidente che in prima battuta si allude al significato assunto nellambito privatistico. Ma non necessariamente bisogna arrestarsi a tale significato, in quanto la
legge tributaria potrebbe plasmare questi concetti per esigenze fiscali. In questa prospettiva, per restare sugli esempio fatti, dal punto di vista fiscale anche i rapporti di
collaborazione a progetto (ex co.co.co.), i redditi di pensione, o ancora le borse di
studio, sono equiparate al lavoro dipendente e per tali fattispecie si applicano quindi
le stesse regole di tassazione; daltra parte, il concetto di imprenditore dal punto di
vista fiscale pi ampio di quello civilistico. Ma vi sono casi in cui lespressione proveniente da un altro comparto giuridico viene recepita senza alcuna variazione e
quindi assume il medesimo significato anche in ambito tributario.
Se nella fattispecie dimposta si indicano espressioni proprie delleconomia
aziendale quali attivit dimpresa, accantonamenti in bilancio, sopravvenienze attive e
passive, etc., ad essi deve essere assegnato, in prima battuta, il medesimo significato
che risulta dagli studi ragioneristico/aziendali; anche tali concetti, tuttavia, possono
assumere un significato specifico nel diritto tributario, in relazione al perseguimento
delle predette esigenze.
In definitiva, il diritto tributario, per dirla con autorevole dottrina (Vanoni e
M.S. Giannini), non inventa nulla, ma utilizza regole di altri settori, modificandole,
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tuttavia, in relazione agli obbiettivi perseguiti dalla legge fiscale: , quindi, un diritto
derivato.
Tali modifiche/deroghe sono legittime sul piano costituzionale nella misura
in cui siano proporzionali al perseguimento dellobbiettivo dellacquisizione del gettito fiscale, in ragione della capacit economica del soggetto (c.d. interesse fiscale).
Superando le rigide posizioni di chi abbraccia la tesi c.d. autonomista (necessaria reinterpretazione delle fattispecie in relazione alle finalit fiscali), ovvero quella
c.d. antiautonomista (utilizzo del significato accolto negli altri settori, per rispettare
lunit dellordinamento), riteniamo pi corretto affermare che: a) se la legge tributaria prevede un semplice rinvio a fattispecie extratributarie bisogna recepire
laccezione assegnata nel settore giuridico/extragiuridico di provenienza; b) se la legge tributaria prevede una autonoma regolamentazione della medesima fattispecie, allora occorre individuare un significato autonomo rispetto a quello assegnato nella disciplina di provenienza.
Con riferimento a concetti quali bilancio di esercizio, conto economico, trasformazione di societ, trattamento di fine rapporto, etc., non bisogna svolgere un
ulteriore sforzo interpretativo; basta richiamarsi allaccezione assegnata nelle altre discipline. Quanto ad altri concetti, quali cessioni di beni, prestazioni di servizi, residenza, etc., lo svolgimento di una attivit interpretativa risulta indispensabile, essendo
essi regolati in moto autonomo nel diritto tributario.
Va segnalato che solo di rado la legge tributaria anticipa la legge civile nella
regolamentazione di un certo fenomeno; accaduto con riguardo ai rapporti di lavoro c.d. co.co.co (collaborazione coordinata e continuativa) che la norma fiscale sia intervenuta per colmare un vuoto di disciplina nel diritto civile; vuoto che rimasto sino a quando non intervenuta la nota legge Biagi sui nuovi rapporti di lavoro (job
sharing, job on call, collaborazioni a progetto, etc.).
In definitiva, pur riconoscendo lautonomia scientifica del diritto tributario,
nel senso che esso retto da principi e regole propri, non bisogna trascurare le forti
interrelazioni con altri comparti giuridici (diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto civile, diritto processuale civile, diritto penale) la cui influenza nel processo
interpretativo non pu essere disconosciuta.
3. Lanalogia nel diritto tributario.
Dopo aver affrontato il problema dellinterpretazione delle norme tributarie,
dobbiamo occuparci della possibilit di ricavare in via di integrazione analogica le
regole fiscali da applicare a determinati casi non direttamente sussumibili allinterno
di una disposizione.
Assunta la possibilit che alcune fattispecie siano prive di una espressa regolamentazione normativa, attraverso lanalogia si intende ricavare allinterno
dellordinamento le regole per risolvere ogni situazione controversa. Su queste basi si
poggia il postulato della completezza dellordinamento giuridico, che evita appunto
allinterprete di attingere a fonti ad esso estranee: le lacune vengono colmate con il
ricorso allanalogia.
Il problema dellanalogia stato tradizionalmente esaminato nellambito del
diritto privato, in quanto si riteneva che le norme di diritto pubblico fossero di natura
eccezionale e come tali insuscettibili di integrazione analogica. Questa concezione
stata, tuttavia, superata sin dai primi del Novecento, periodo nel quale si inizi a radi-
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logica la disciplina in punto di notifica di atti impositivi per altri tributi. Analoghe
considerazioni possono farsi a proposito delle norme che prevedono la decadenza
del potere impositivo dopo il decorso di un determinato lasso temporale; ove manchi
nella disciplina di un tributo una previsione sui termini di decadenza lazione impositiva, detto termine va ricercato con il ricorso a disposizioni che regolano materie simili o casi analoghi (si veda Cass. n. 4569/2006, che, in relazione alla imposta straordinaria sui beni di lusso disciplinata dallart. 8, d.l. n. 384/92, ha integrato in via analogica la disciplina utilizzando i termini di decadenza disciplinati nellimposta di registro).
Bisogna, per, tener conto che alcune norme procedimentali hanno natura
derogatoria rispetto a regole generali (e quindi possono considerarsi eccezionali), ed
in questi casi non comunque ammessa linterpretazione analogica. Ad esempio, la
riscossione provvisoria di una parte delle maggiori imposte accertate rappresenta una
previsione normativa che deroga (e limita) il principio generale per cui gli atti impositivi possono essere portati integralmente ad esecuzione, nonostante il contribuente
abbia proposto il ricorso; pertanto essa non pu essere applicata in via analogica con
riferimento al procedimento di riscossione di tributi ove manca una specifica previsione in tal senso (Cass. n. 5759/2010, in tema di Tarsu). Sempre a titolo esemplificativo possiamo citare la norma che prevede la responsabilit dei soci per le imposte sui
redditi dovute dalle societ di capitali in liquidazione (art. 36, d.p.r. n. 602/73); questa
non pu essere estesa in via analogica ad altri tributi, perch deroga al principio secondo cui nelle societ di capitali i soci non rispondono delle obbligazioni assunte
dalla societ.
Per le norme processuali linterpretazione analogica esclusa esistendo una
riserva assoluta di legge ai sensi dellart. 111 della Costituzione. Il richiamo alle disposizioni del Codice di procedura civile, contenuto nella legge sul processo tributario,
non da qualificarsi come una ipotesi di applicazione analogica, ma come una tecnica
di legiferazione per rinvio mobile, in quanto riferita a tutte le norme presenti e future che disciplinano il processo civile non incompatibili con le disposizioni del processo tributario.
Va, per, rammentato che molto spesso che la giurisprudenza spacci una
integrazione analogica come una interpretazione estensiva, facendo leva su argomentazioni di tipo teleologico; ci al fine di evitare di incappare nel divieto fissato dallart.
14 delle preleggi, ovvero dalla riserva di legge.
La distinzione tra le due tecniche interpretative secondo molti studiosi comunque vaga. In linea teorica, nel caso dellinterpretazione estensiva si amplia il campo di applicazione della norma sul presupposto di risalire alla ratio legis, mentre con
lanalogia si colma un vuoto di disciplina giuridica, utilizzando una norma che regola
una fattispecie diversa o i principi generali dellordinamento . Ma detta distinzione
non sempre ben individuabile in sede di applicazione concreta.
4. Lattivit interpretativa dellA.F.: circolari e risoluzioni ministeriali. La tutela della buona fede del contribuente.
Una rilevante attivit interpretativa viene svolta dallAmministrazione finanziaria con lemanazione di atti di indirizzo interni, quali circolari, note, risoluzioni e
comunicati stampa. bene sottolineare da subito che gli atti interpretativi ministeriali non sono vincolanti per il contribuente, in quanto non soddisfano la riserva di
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legge relativa di cui allart. 23 Cost.; non sono altres vincolanti nei confronti dei giudici tributari, i quali applicano la legge, gli atti aventi forza di legge e gli atti di normazione secondaria, secondo una loro autonoma interpretazione.
Le circolari ministeriali in particolare sono atti emanati dagli organi centrali
dellAmministrazione (aventi supremazia gerarchica) ed indirizzati agli Uffici periferici. Esse hanno lo scopo di uniformare i comportamenti degli Uffici periferici con riguardo allattuazione dei tributi, evitando quindi che di fronte a fattispecie analoghe si
attuino soluzioni differenti.
In questa prospettiva, le circolari dovrebbero essere vincolanti nei confronti
di tutti gli Uffici periferici. In verit, per, le circolari non vincolano nessuno: se vero che la fonte della prestazione sta nella legge, lUfficio centrale non pu vincolare
con una sua interpretazione soggettiva lUfficio periferico.
Peraltro, in materia tributaria, il mancato rispetto da parte dellUfficio periferico del contenuto della circolare non determina lillegittimit per eccesso di potere
dellatto impositivo (si pensi al caso di una circolare che neghi limponibilit di un
certo provento e il funzionario dellUfficio periferico notifichi comunque un atto di
accertamento di maggiori tributi connessi a tale provento). Latto impositivo illegittimo solo se il giudice tributario appura che la tesi sostenuta dallUfficio periferico
(contraria alla circolare) non compatibile con la lettera o la ratio della legge. Sono
comunque pochissimi i casi concreti in cui i funzionari disattendono il contenuto delle circolari, anche perch potrebbero andare incontro a responsabilit per danno erariale, o per danno arrecato al contribuente, qualora la loro tesi risulti erronea.
Generalmente le circolari vengono emanate sia in occasione dellintroduzione
di nuove leggi tributarie che riguardano aspetti sostanziali (la disciplina del tributi), e
procedimentali (accertamento e riscossione dei tributi); sia per chiarire una determinata disciplina gi vigente. Le circolari possono avere ad oggetto anche aspetti riguardanti la pianificazione dei controlli fiscali per un determinato anno (individuando i
contribuenti aventi un pi alto rischio di evasione), nonch profili organizzativi degli
Uffici.
Le risoluzioni e le note ministeriali sono dirette ai singoli Uffici periferici in
risposta ai quesiti da loro prospettati agli organi centrali; esse vincolano quindi
lUfficio al quale sono destinate, ma hanno anche una valenza indiretta per gli altri
Uffici che si trovino ad affrontare una questione analoga a quella esaminata nella risoluzione.
I comunicati stampa, generalmente indirizzati ai contribuenti ed ai professionisti che operano nel campo tributario, vengono utilizzati prevalentemente per annunciare il differimento delle scadenze degli adempimenti tributari (da adottare successivamente con appositi provvedimenti).
Nonostante le circolari, le risoluzioni e gli altri atti di indirizzo ministeriali
non siano vincolanti per i contribuenti, assumono una rilevante importanza ai fini
dellapplicazione concreta dei tributi, in quanto buona parte della legislazione tributaria di matrice ministeriale, nel senso che viene predisposta dai vertici
dellAmministrazione, salvo poi essere approvata dal Governo (d.lgs., d.l. e regolamenti), o dal Parlamento (leggi e leggi deleghe).
I contribuenti ed i professionisti che curano gli adempimenti tributari in molti
casi scelgono di seguire il comportamento prospettato nei citati atti di indirizzo, prestando affidamento allinterpretazione proveniente da un organo qualificato, qual
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quello che poi dovr effettuare i controlli sugli adempimenti. Pu per accadere che
lopinione ministeriale contenuta in una circolare venga modificata in epoca successiva al momento in cui stato posto il comportamento del contribuente (presentazione
della dichiarazione tributaria), in quanto non la si ritiene pienamente corrispondente
alla legge. In tali casi, i contribuenti che si erano adeguati alla originaria tesi del Fisco
incorrono in una violazione indotta dallo stesso soggetto che deve fare i controlli. In
tali casi, tuttavia, si pu essere chiamati a versare solo i maggiori tributi, ma non le
sanzioni. Lo Statuto del contribuente (art. 10, L. n. 212/2000) prevede, infatti, un
principio di carattere generale secondo cui la buona fede e laffidamento del contribuente sono meritevoli di tutela. In particolare, previsto che non possono essere
irrogate sanzioni qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti
dellamministrazione
finanziaria,
ancorch
successivamente
modificate
dallamministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori
dellamministrazione stessa. I tributi connessi alla violazione commessa dal contribuente sono, invece, dovuti, in quanto la fonte della prestazione tributaria individuata nella legge e non nella circolare.
A prescindere dallesistenza di una circolare o un altro atto di indirizzo, una
situazione di buona fede per il contribuente pu derivare anche dallattivit di accertamento svolta dallUfficio nei sui confronti. Se alcuni fatti sottoposti al vaglio dei verificatori vengono ritenuti fiscalmente corretti (es. non tassazione di un risarcimento
percepito da un soggetto), ove la medesima questione si riproponga in un periodo di
imposta successivo, lUfficio pu cambiare opinione rispetto al regime fiscale di quel
fatto, e quindi richiedere il pagamento del tributo, ma non pu irrogare sanzioni, in
quanto il contribuente ha prestato affidamento ad una precedente posizione
dellUfficio fiscale.
Una ulteriore situazione di buona fede pu, infine, derivare dallutilizzo del
modello di dichiarazione dei redditi precompilato, recentemente introdotto per snellire ladempimento fiscale. Eventuali errori relativi alla parte precompilata non dovrebbero determinare lirrogazione di sanzioni, in applicazione del principio di buona
fede.
5. Linterpello quale primo momento di partecipazione del contribuente alla
attivit impositiva.
Linterpello rappresenta un importante istituto introdotto negli anni Novanta,
finalizzato ad instaurare un dialogo giuridicamente qualificato tra lamministrazione
finanziaria ed il contribuente, per indirizzare i comportamenti di questultimo, assicurando cos la certezza dellattuazione del rapporto tributario.
La previsione dellinterpello testimonia una netta rivoluzione nel rapporto Fisco-contribuente, in quanto, sino agli anni Novanta, lAmministrazione interveniva
essenzialmente per reprimere le condotte dei contribuenti e non per indirizzarle al rispetto della normativa. Questa nuova concezione del ruolo del Fisco certamente in
linea con la levoluzione dellacquisizione del tributo dalliniziativa degli Uffici a quella dei contribuenti.
Linterpello non rappresenta una generica attivit interpretativa delle norme
(cio di comprensione del testo letterale), ma una interpretazione della norma in diretta correlazione con lapplicazione a casi concreti e personali. Il parere reso
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dallUfficio, in questa misura, condiziona concretamente la futura attivit di accertamento. Ed infatti, il contribuente, adeguandosi al parere, conferisce stabilit agli
adempimenti tributari al punto che un eventuale atto impositivo notificato dopo la
risposta del fisco nullo (non sono dovute quindi n imposte, n sanzioni) qualora
sia difforme rispetto al parere (espresso o tacito) reso al contribuente. Se non fosse
stata prevista una tutela rafforzata dellaffidamento del contribuente (cio non solo
limitata alle sanzioni, ma che include anche il tributo richiesto), probabilmente
listituto avrebbe avuto una scarsissima applicazione.
Pi che di interpello, occorrerebbe parlare di interpelli, in quanto la legislazione tributaria prevede differenti casi (in atto cinque) in cui possibile attivare un
dialogo preventivo tra Fisco e contribuente.
Lart. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, oggetto di importanti modifiche nel 2015, prevede che linterpello pu essere proposto ( quindi una facolt e
non un obbligo), con apposita istanza, in relazione a differenti situazioni concrete e
personali che il contribuente deve risolvere; e specificamente:
a)
qualora esistano obiettive condizioni di incertezza sullambito di
applicazione di una norma collegate alla situazione concreta e personale che il contribuente deve risolvere;
b)
qualora vi siano dubbi sulla corretta qualificazione giuridica di una
fattispecie;
c)
per verificare la sussistenza delle condizioni e la valutazione della
idoneit degli elementi probatori richiesti dalla legge per ladozione
di specifici regimi fiscali;
d)
per verificare lapplicazione della disciplina dellabuso del diritto.
E prevista poi la possibilit di presentare un interpello per richiedere la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni e altre posizioni soggettive; la disapplicazione della
norma antielusiva condizionata alla dimostrazione che nella particolare fattispecie
gli effetti elusivi non possono verificarsi.
Listanza deve contenere una descrizione circostanziata della questione (e non
una descrizione sommaria, ponendo a carico del Fisco lonere di ricavare la questione
dalla documentazione presentata), indicando anche i valori economici di massima
delloperazione, nonch la soluzione interpretativa che il contribuente intende adottare.
Listanza va presentata alla Direzione regionale delle entrate competente in
relazione al domicilio fiscale del soggetto; i soggetti di grandi dimensioni cio coloro
che hanno un volume daffari superiore a 500 milioni di euro possono presentare
istanza direttamente alla Direzione centrale dellAgenzia delle entrate. Se il dubbio interpretativo riguarda una norma che disciplina un tributo locale, allora listanza andr
presentata alla Regione o allEnte locale.
La presentazione dellistanza non ha effetto sulle scadenze previste dalle
norme tributarie e non comporta una interruzione o sospensione dei termini di decadenza o prescrizione. Il contribuente non pu, quindi, sottrarsi ad un adempimento
fiscale mediante la presentazione di unistanza di interpello.
Il parere del Fisco deve essere rilasciato entro 90 giorni dalla presentazione
dellistanza, per i casi di cui alle lettere a) e b), ovvero entro 120 giorni negli altri casi.
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Le risposte fornite in sede di interpello non sono impugnabili dinnanzi il giudice tributario, ma la tutela giurisdizionale viene espletata direttamente ed unicamente
avverso lavviso di accertamento; nel caso di interpello disapplicativo, tuttavia, il ricorso avverso il provvedimento che non concede la disapplicazione della norma antielusiva si propone unitamente allatto impositivo.
6. Efficacia delle leggi tributarie nello spazio: la territorialit dellimposizione.
Con riferimento allefficacia nello spazio, si pu senzaltro affermare che le
leggi tributarie sostanziali/impositive e quelle procedimentali producono effetti
esclusivamente nellambito del territorio dello Stato che la ha adottata.
Per la delimitazione del territorio nazionale occorre fare riferimento
allarticolo 2 del d.p.r. n. 43/1973 che, in materia di tributi doganali, considera
espressamente esclusi dal territorio nazionale i Comuni di Livigno e Campione
dItalia nonch le acque del lago di Lugano.
Posto che lapplicazione del tributo rappresenta la classica espressione della
sovranit dello Stato, il problema dellefficacia nello spazio delle leggi fiscali include il
divieto di invasioni di norme di altri Paesi, che determinerebbero appunto la perdita della sovranit statale.
Va, per, evidenziato che con lart. 41 del d.l. n. 78/2010, al fine di attrarre
investimenti di imprenditori europei che normalmente prediligono i Paesi con sistemi
fiscali snelli e poco onerosi, stata prevista la possibilit, per un triennio e previa
autorizzazione del Ministero delleconomia (su interpello preventivo), di assoggettare
in Italia le nuove attivit economiche ad uno qualsiasi dei regimi fiscali (comprensivo
sia dei criteri di determinazione della base imponibile, sia dellaliquota) previsti nei
Paesi dellUE. Attraverso questa previsione si deroga, quindi, al principio secondo cui
le fattispecie impositive realizzate in Italia sono soggette esclusivamente alla normativa fiscale italiana.
Prescindendo da tale ultima innovazione legislativa, con riferimento alle leggi
impositive, il problema che si annida nella territorialit dellimposizione quello di
collocare con precisione una determinata fattispecie economica in Italia o allestero.
Si pensi ad un soggetto italiano che acquisti e venda partecipazioni al capitale di una
societ francese, ottenendo una cospicua plusvalenza; ovvero ad uno straniero che
realizzi lo stesso comportamento in Italia. A quali dei due Stati deve essere riservata
la potest di applicare il tributo?
intuitivo che ogni Stato cerchi di avocare a s la potest impositiva, ma il
problema va affrontato individuando i criteri in relazione ai quali collegare un determinato fatto economico al territorio.
Dallesame della legislazione tributaria non possibile rinvenire un unico criterio di collegamento; ai fini delle imposte sul reddito vengono utilizzati sia il criterio
soggettivo che quello oggettivo. Ed infatti, non vige esclusivamente il criterio della
residenza (soggettivo), in quanto anche i non residenti sono chiamati ad adempiere
lobbligazione tributaria sui redditi prodotti in Italia; n vige esclusivamente il criterio
della fonte (oggettivo), cio il luogo di produzione del reddito, perch i cittadini residenti in Italia pagano il tributo anche in relazione a fatti economici realizzati
allestero.
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Anche nella disciplina dellIva (art. 7, d.p.r. n. 633/72), per identificare la territorialit delloperazione, rileva a volte il luogo di residenza del soggetto che pone in
essere la cessione di beni o la prestazione di servizi, a volte il luogo di svolgimento
delloperazione, a volta la residenza del committente.
Lutilizzo di molteplici criteri di collegamento da parte del legislatore crea
problemi di doppia imposizione internazionale soprattutto sul fronte
dellimposizione residuale; ed infatti in relazione al medesimo presupposto possono
sorgere due distinte obbligazioni dimposta.
Se, in relazione ad una fattispecie economica, un Paese adotta il criterio di
collegamento soggettivo, cio valorizzi il legame soggetto/territorio, e laltro quello
oggettivo, cio valorizzi il legame fatto/territorio, evidente che si realizza una doppia imposizione internazionale.
Detto fenomeno si determina, altres, a causa della mera interferenza tra i soli
criteri soggettivi di collegamento col territorio selezionati dal legislatore dei vari Paesi.
Ad esempio, nel caso delle societ la qualifica di residente legata, infatti,
allubicazione della sede legale, amministrativa o delloggetto dellattivit; nonostante
ci possono sorgere problemi di doppia imposizione. Se una societ ha la sede legale
in Francia e la sede amministrativa in Italia, essa viene considerata residente sia dalla
normativa francese che da quella italiana, con evidente duplicazione di imposta internazionale.
Con riguardo alle persone fisiche, basta disconoscere il trasferimento della residenza allestero, per creare ipotesi di doppia residenza e quindi di doppia imposizione internazionale. Peraltro, sempre nellambito dellutilizzo del criterio soggettivo,
il riferimento, per alcuni Paesi, alla residenza e, per altri, alla cittadinanza crea doppie
imposizioni.
Sul fronte dei criteri oggettivi risulta difficile, invece, ipotizzare casi nei quali
lo stesso fatto viene considerato come se fosse realizzato contemporaneamente in
due territori.
Posto che la doppia imposizione internazionale vietata, sono previsti strumenti unilaterali, cio adottai autonomamente dagli Stati, e bilaterali, cio adottati con
accordi tra gli Stati, per neutralizzarla.
I rimedi unilaterali sono due: lesclusione dallimponibile interno dei fatti realizzati allestero, sui quali si scontato il prelievo fiscale; la concessione di un credito
per le imposte pagate allestero.
Il primo di fatto non mai stato attuato, in quanto risulta difficile il controllo
da parte del Fisco circa la corresponsione allestero del tributo. Il secondo , invece,
presente in quasi tutti i Paesi. Il credito dimposta si sostanzia in una restituzione al
contribuente italiano del tributo pagato allestero in via definitiva sui redditi assoggettati a tassazione anche in Italia. Il credito dimposta per i redditi prodotti allestero,
propriamente una detrazione dimposta, perch ove limposta estera su quel determinato reddito sia maggiore di quella applicata in Italia, leccedenza non pu essere chiesta a rimborso. Peraltro, se limposta italiana pi elevata di quella straniera, il
sistema finisce per azzerare gli effetti positivi connessi alla realizzazione dei redditi in
Paesi esteri. Nel caso, invece, di un analogo livello di imposizione fiscale dei due paesi, il sistema del credito di imposta riconosce implicitamente la prevalenza della tassazione nel paese della fonte.
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lirretroattivit un principio che deve essere rispettato dal legislatore, perch assicura una civile convivenza sociale.
Va precisato ancora che le disposizioni contenute nelle preleggi al Codice civile, nonostante siano espressione di valori importanti dellordinamento giuridico, essendo di rango ordinario, possono essere liberamente derogate. Ci vuol dire che sono ammesse norme retroattive nei limiti in cui lanticipazione degli effetti sia ragionevole e non si ponga in contrasto con altri principi costituzionali.
In materia tributaria vi sono casi di diposizioni legislative retroattive, volte a
incidere su rapporti pregressi. E ci accade per le norme in tema di agevolazioni fiscali: queste possono essere introdotte anche con riguardo a fattispecie verificatesi
nel passato. Ad esempio, per le esenzioni o agevolazioni a termine (si pensi a quelle
per le calamit naturali), il legislatore pu ritenere opportuno disporne la proroga con
una legge che produce effetti anticipati alla sua pubblicazione ed in relazione a fatti
verificati in precedenza.
Esiste, quindi, un margine di discrezionalit del legislatore con riguardo alle
valutazioni sulla retroattivit della norma che pu essere, per, esercitato nei limiti
della ragionevolezza.
Prescindendo dalle norme di favore, dobbiamo notare che nel diritto tributario, come gi detto in precedenza, il principio che limita la retroattivit delle leggi impositive individuato nellart. 53 Cost., in quanto la capacit contributiva da assoggettare a imposizione deve essere attuale; il fatto economico oggetto di imposizione deve essere collocato temporalmente in un momento contiguo a quello in cui si
viene chiamati ad assolvere la prestazione, altrimenti si finirebbe per tassare una ricchezza non pi nella disponibilit del contribuente. Questultimo, se avesse avuto
contezza della rilevanza fiscale di un fatto economico, gi allepoca della sua realizzazione, avrebbe destinato una quota delle sue risorse allassolvimento dellobbligazione
tributaria. Non rileva, invece, lart. 23 perch la legge retroattiva pur sempre una
legge.
Cos come non si possono tassare fatti verificatisi nel passato, lart. 53 Cost.
non legittima listituzione di tributi che colpiscono fatti economici non ancora realizzati. Al proposito, dobbiamo evidenziare che il sistema dei versamenti delle imposte
in acconto e delle ritenute fiscali (di cui ci occuperemo in seguito), che sono modalit
di pagamento tipiche delle imposte dovute periodicamente (generalmente per ogni
anno solare), pur rappresentando una forma di tassazione anticipata rispetto alla
compiuta manifestazione della capacit contributiva, stato ritenuto non lesivo
dellart. 53 Cost., per un duplice ordine di ragioni: per lo stretto collegamento che vi
tra il pagamento provvisorio e la realizzazione del presupposto del tributo; per la
previsione della immediata possibilit per il contribuente di beneficare delle eccedenze di imposta versate (compensazione), che si manifestano qualora lentit del presupposto realizzato sia inferiore a quella stimata.
Sempre in tema di irretroattivit delle norme dobbiamo evidenziare che lo
Statuto dei diritti del contribuente, allart. 3, prevede un preciso limite di efficacia
temporale delle leggi che modificano la disciplina delle imposte periodiche; le modifiche entrano in vigore a partire dal periodo di imposta successivo a quello di approvazione della legge. Tale limite stato introdotto per tutelare laffidamento del contribuente nel corpo normativo e garantire la certezza delle regole fiscale. E, infatti, sistematicamente accaduto, prima del 2000, che con la legge finanziaria approvata ge-
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neralmente a dicembre venissero apportate modifiche ai tributi periodici, ed in particolare allIrpef e allIres, che di fatto finivano per retroagire alla data del primo gennaio. Formalmente la legge non era retroattiva, ma la periodicit del tributo faceva s
che essa retroagisse allinizio del periodo di imposta, ledendo laffidamento del contribuente e creando incertezza nelle regole fiscali. Si pensi alla modifica di unaliquota
dellIrpef approvata il 20 dicembre 2015: se la sua efficacia non venisse posticipata al
2016, la norme finirebbe di fatto per retroagire al 1 gennaio 2015, in quanto i fatti
economici realizzati tra questultima data e il momento di approvazione della legge
andrebbero comunque ad essere assoggettati alla nuova (e pi onerosa) aliquota
dimposta. Tale situazione non avrebbe potuto essere contrastata invocando il principio di attualit della capacit contributiva.
Per le norme procedimentali vige la regola del tempus regit actum, cio si applica
il regime normativo vigente nel momento in cui viene emanato latto, e non quando
stato posto in essere il fatto che da origine al procedimento.
Esistono, per, norme procedimentali che incidono su aspetti sostanziali
dellobbligazione, in relazione alle quali non dovrebbe operare lapplicazione retroattiva; il caso delle norme in tema di poteri istruttori degli Uffici. Queste non trovano
applicazione con riguardo allaccertamento dei fatti posti in essere quando ancora la
norma non era stata approvata. Il contribuente ha diritto di conoscere anticipatamente con quali strumenti lUfficio svolger lattivit di controllo e su tali aspetti egli pu
riporre un legittimo affidamento.
Lorientamento della Cassazione, tuttavia, decisamente contrario, in quanto
si sostiene che la norma procedimentale non pu in alcun modo modificare gli aspetti connessi alla quantificazione dellobbligazione tributaria indicati nelle norme sostanziali.
Lapplicazione retroattiva delle norme procedimentali, a nostro avviso, ipotizzabile solo per quelle che non incidono sulla quantificazione dellobbligazione
dimposta, proprio perch non vi un affidamento da tutelare (es. una norma che
modifica le modalit di notifica degli atti, ovvero una norma che trasferisce il potere
di accertamento da un Ufficio ad un altro, etc.).
Si rammenta, infine, che la cessazione dellefficacia di una norma avviene per
abrogazione da parte di una legge successiva o per incompatibilit tra le nuove disposizioni e la precedente. Si segue, pertanto, un criterio cronologico secondo il quale la
legge successiva, se di pari rango, deroga alla legge precedente. La cessazione degli
effetti pu avvenire, altres, in relazione ad una pronuncia di incostituzionalit, ovvero ad una dichiarazione da parte della Corte di giustizia europea di incompatibilit
con principi e regole del diritto europeo.
Con riferimento alle pronunce di incostituzionalit, e di incompatibilit con la
norme UE, si da sempre posto il problema dellefficacia temporale. La conclusione
cui si giunti quella dellefficacia della pronuncia nel giudizio a quo e nelle altre controversie pendenti, restando invece intangibili i c.d. rapporti esauriti.
Con specifico riguardo alla materia tributaria, se un tributo viene dichiarato
incostituzionale la regola che coloro che hanno gi attivato un giudizio di rimborso
o sono ancora nei tempi per presentare listanza di rimborso allUfficio (generalmente
48 mesi), possono beneficiare degli effetti favorevoli della sentenza. Per i rapporti
tributari ormai esauriti, lo Stato non obbligato a restituire il tributo, nonostante la
dichiarazione di incostituzionalit.
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Il legislatore utilizza il termine presupposto del tributo qualora vi sia un collegamento diretto tra fatto economico e soggetto che lo realizza, come nel caso delle
imposte sui redditi; utilizza, invece, lespressione oggetto dellimposta quando il collegamento tra il fatto economico e il soggetto che lo pone in essere meno diretto.
Al fine di indicare la parte oggettiva della fattispecie giuridica tributaria, comunque possibile utilizzare lespressione fattispecie imponibile.
3. Lampliamento del presupposto: le assimilazioni.
Abbiamo gi notato che la legislazione fiscale viene redatta in prevalenza con
tecnica casistica, ma ci non significa per che sono del tutto omesse le definizioni di
carattere generale; ed infatti nelle leggi tributarie vi sono numerose definizioni che
involgono specifici aspetti della fattispecie assoggettata ad imposizione. Con riguardo
allIrpef, ad esempio, manca una definizione generale di reddito tassabile, ma esistono
specifiche definizioni relative alle singole categorie reddituali assoggettate a tassazione, individuate dallart. 6 del TUIR. In materia di Iva esistono definizioni che riguardano il concetto di cessione di beni, di prestazioni di servizi, di esercizio di
impresa, etc.
Nellambito delle leggi dimposta, pertanto, troviamo delle definizioni con cui
si precisa lindividuazione del presupposto tipico del tributo.
Vi da dire, per, che il presupposto tipico non esaurisce il campo di applicazione del tributo: esistono, infatti, disposizioni che tendono ad allargarlo ad ipotesi
che presentano tratti in parte differenti. Si tratta delle cosiddette assimilazioni o equiparazioni. La fattispecie assimilata soggetta alla medesima disciplina fiscale della fattispecie tipica.
Varie sono le ragioni per cui il legislatore, dopo aver definito una determinata
fattispecie (quella tipica), stabilisce ipotesi di assimilazione. Tra queste evidenziamo:
a) quella di assicurare un equo riparto della spesa pubblica qualora vi sia una sostanziale identit di forza economica tra fattispecie tipica e fattispecie assimilata; b) quella
di prevenire comportamenti elusivi dei contribuenti, che potrebbero porre in essere
una fattispecie differente da quella tipica, al solo scopo di ottenere indebitamente un
risparmio di imposta.
Tale distinzione, seppur chiara sul piano teorico, non ben delineata nelle
ipotesi concrete in cui si stabilisce lampliamento del presupposto tipico.
Unassimilazione per identit di forza economica pu ravvisarsi nel caso dei
cosiddetti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa i cui redditi sono appunto equiparati a quelli di lavoro dipendente. I rapporti di lavoro in questione si collocano in una zona grigia tra il lavoro dipendente e quello autonomo, in quanto
non vi subordinazione (come nel lavoro autonomo), ma la prestazione viene svolta
nel quadro di un rapporto unitario e continuativo e con una retribuzione periodica
prestabilita (come nel lavoro dipendente). Il legislatore ha ritenuto opportuno applicare ai redditi derivanti da questi rapporti di collaborazione (fattispecie equiparata) le
stesse regole di tassazione previste per i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente (fattispecie tipica). Nellambito dellimposta di registro, una ipotesi di equiparazione riguarda i provvedimenti con cui si accerta lacquisizione della propriet di beni
immobili per usucapione (fattispecie equiparata), che sono tassati come gli atti traslativi aventi ad oggetto i medesimi beni (fattispecie tipica).
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Unipotesi di assimilazione per finalit antielusiva quella che riguarda i trasferimenti della sede delle societ allestero (fattispecie assimilata), la quale viene regolata come se si trattasse una cessione dazienda (fattispecie tipica), con conseguente
tassazione delle plusvalenze sui beni di impresa determinate sulla base del loro valore normale alla data del trasferimento (c.d. exit tax, art. 166 Tuir, dm 2/7/ 2014). Il
legislatore intende, in tal caso, prevenire il comportamento elusivo per cui il soggetto
trasferisce allestero lazienda per poi cederla, realizzando una plusvalenza e beneficiando indebitamente del regime fiscale pi favorevole ivi previsto. In buona sostanza, detta norma legittima la tassazione delle plusvalenze maturate in capo alla societ,
ma non ancora realizzate. Per ragioni di compatibilit di tale norma con liberta di
stabilimento prevista nel Trattato UE, ma anche in conformit con lart. 53 Cost., la
riscossione della exit tax comunque differita al momento della effettiva realizzazione della plusvalenza o comunque entro il termine massimo di dieci anni dal trasferimento della societ.
Vi sono, poi, assimilazioni la cui ratio non ben delineata; si pensi alla disposizione che considera le borse di studio quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, 1 comma, Tuir). In detta ipotesi, mancando una equivalenza tra
fattispecie tipica (lavoro dipendente) e fattispecie equiparata (borsa di studio), in punto di idoneit alla contribuzione, e non potendosi ipotizzare comportamenti elusivi
dei contribuenti con riguardo alla fruizione di borse di studio, lassimilazione potrebbe determinare una violazione degli artt. 3 e 53 Cost.
da notare, per, che, al di l di questi casi limite, dettati da chiare finalit di
acquisire gettito, lesigenza di ricorrere alla tecnica dellassimilazione deriva dalla
struttura casistica della legge tributaria. Per giungere allapplicazione del prelievo fiscale su fatti economici, differenti da quelli tipici, ma comunque espressivi di capacit
contributiva, sarebbe stato necessario, diversamente, creare autonome fattispecie, ovvero categorie residuali dove far confluire le fattispecie eterogenee (come peraltro avviene per i c.d. redditi diversi nellIrpef).
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talia Spa, il cui capitale fa capo allAgenzia delle entrate ed allInps. Il soggetto deputato alla riscossione dei tributi erariali un ente strumentale dellAmministrazione finanziaria, che riveste la natura privatistica di societ per azioni, ma svolge una attivit
sostanzialmente pubblicistica.
Gli enti strumentali della PA, pur avendo una forma giuridica privatistica, sono soggetti ad una disciplina derogatoria, rispetto a quella prevista nel Codice civile
per le societ di capitale. Tale disciplina derogatoria si giustifica per il particolare vincolo che lega queste societ con lAmministrazione pubblica e per la loro strumentalit rispetto alle finalit di tipo pubblicistico.
Nel caso di Equitalia sussistono tutte le caratteristiche affinch si possa affermare la sua funzione strumentale rispetto al perseguimento dei fini istituzionali
dellAgenzia delle entrate, e quindi la sua natura sostanzialmente pubblicistica. In
questa prospettiva, si giustifica la disciplina derogatoria contenuta nel d.l. n. 203/05
con cui in particolare si regola la possibilit di cedere a terzi il capitale, si limita
loggetto sociale, si prevede la presenza di un magistrato della Corte dei conti quale
presidente del collegio sindacale, etc.
Equitalia, tuttavia, svolge essenzialmente la riscossione coattiva dei tributi, in
quanto i versamenti diretti dei contribuenti sulla base della dichiarazione (come diremo meglio in avanti) vengono effettuati tramite una delega di pagamento irrevocabile
alle aziende di credito convenzionate o a Poste italiane spa. I soggetti delegati dai
contribuenti riversano le somme incassate alla Tesoreria dello Stato. Anche Banche e
Poste possono annoverarsi tra i soggetti che operano nellinteresse del Fisco ai fini
della acquisizione del prelievo fiscale.
Vanno poi menzionati anche ulteriori soggetti ausiliari del Fisco che gestiscono specifici tributi, quali la S.I.A.E. (Societ italiana autori e editori), che si occupa
dellimposta sugli spettacoli, e dellA.C.I. (Automobil club dItalia), che si occupa della tassa di circolazione dei veicoli.
Con riguardo ai tributi c.d. locali, cio quelli il cui gettito destinato direttamente agli enti sub statali, il soggetto attivo individuato nella Regione, nella Provincia o nel Comune. Anche questi enti sono dotati di un apparato amministrativo che
cura lattuazione del prelievo. Laccertamento e la riscossione dei tributi locali gestito direttamente da appositi uffici dellente titolare del tributo, oppure affidato ad un
soggetto terzo, previa stipula di una apposita convenzione. Quale che sia il modello
di accertamento e riscossione adottato, occorre, tuttavia, agire nel rispetto dei principi
di cui allart. 97 Cost. e delle prescrizioni previste dallo Statuto dei diritti del contribuente. Laffidamento ad un soggetto terzo, in particolare, non pu determinare uno
svilimento delle garanzie del contribuente che subisce la pretesa fiscale.
3. I soggetti passivi.
Innanzitutto dobbiamo affermare che soggetto passivo dellobbligazione tributaria colui il quale, avendo realizzato il presupposto di fatto del tributo, tenuto
ad effettuare, nei confronti dello Stato, la prestazione tributaria.
La qualit di soggetto passivo di diritto tributario viene attribuita dalla legge
istitutiva dei tributi, ma la nascita dellobbligazione tributaria subordinata alla realizzazione del fatto economico oggetto di imposizione.
Va precisato che lart. 53 della Cost. utilizza il termine tutti, per svincolare
lobbligo contributivo dalla cittadinanza o dalla residenza, evocando luniversalit
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Ed allora, la particolarit della disciplina tributaria sta nel fatto che il legislatore, qualora il fatto economicamente rilevante sia riferibile a pi soggetti, pu discrezionalmente scegliere quello a cui ascrivere il presupposto del tributo e quindi attribuire la soggettivit passiva tributaria. Tale scelta viene fatta, non solo per esigenze di
semplicit nellattuazione del prelievo fiscale, ma soprattutto nella prospettiva di garantire la coerenza del sistema fiscale con i principi costituzionali.
Ad esempio, con riferimento alla tassazione dei redditi prodotti delle societ
di persone, il legislatore considera soggetti passivi direttamente i soci e non la societ.
Lo stesso per limpresa familiare, il cui reddito viene frazionato imputando
lobbligazione pro quota allimprenditore e a ciascun collaboratore familiare. Sono
scelte giustificate dal fatto che la produzione del reddito prevalentemente frutto
dellattivit personale dei soci o dei collaboratori familiari, piuttosto che della organizzazione dimpresa realizzata con i conferimenti di beni e servizi. Con riferimento
alle societ di persone, peraltro, la riferibilit del presupposto dellimposta (il possesso del reddito) e quindi dellobbligazione direttamente in capo ai soci, in luogo della
societ, trova fondamento nel fatto che lart. 2662 del codice civile stabilisce
linsorgenza di un credito del socio rapportato agli utili realizzati dalla societ a lui
spettanti, senza necessit di una delibera assembleare; tale credito pu essere agevolmente incassato dal socio posto che egli gestisce il patrimonio societario.
Va, peraltro, evidenziato che lart. 73 del Tuir, in tema di Ires, considera soggetti passivi di imposta anche le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi per le quali il presupposto si verifichi in modo unitario ed autonomo.
Con tale espressione il legislatore non ha inteso individuare una autonoma categoria
di soggetti passivi Ires, ove ci che rileva esclusivamente una organizzazione di beni, ma ha ritenuto di individuare la soggettivit tributaria Ires anche in capo a enti
privi di personalit giuridica e non tipizzati, dotati di organi propri; tali soggetti devono possedere una organizzazione sia pur minima, dal quale dedursi che il presupposto dimposta si verifichi in modo unitario e autonomo.
La conseguenza dellassegnazione della soggettivit tributaria ad una organizzazione priva di soggettivit civilistica quella di esporre il Fisco al rischio di impossibilit di acquisire il tributo in via coattiva. Se lorganizzazione priva di soggettivit
civilistica, significa che non titolare di un patrimonio da aggredire con
lesecuzione forzata, in caso di inadempimento volontario. Ecco perch il legislatore
tributario ha sempre individuato quali soggetti passivi dei tributi le organizzazioni in
cui, oltre la presenza di elementi personali (cio che vi siano organi propri), esiste la
titolarit di un patrimonio.
Sulla base della suddetta norma, si discusso circa lassegnazione della soggettivit tributaria, tra gli altri, alle associazioni temporanee di imprese e alle stabili
organizzazioni di enti non residenti. La giurisprudenza ha assegnato la soggettivit
passiva alle singole imprese, nel caso dellassociazione temporanea (Cass. n.
6791/2009), e allente non residente, per la stabile organizzazione detenuta in Italia.
In definitiva, il problema della soggettivit giuridica deve essere risolto in
modo tendenzialmente univoco sia nel diritto civile, che in quello tributario, e ci al
fine di garantire lunitariet dellordinamento giuridico. La particolarit del diritto tributario sta nel fatto che il legislatore, in determinati casi, pu individuare discrezionalmente il soggetto al quale imputare la fattispecie imponibile.
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to sono destinate le spese pubbliche; aspetti che giustificano (non certo per mere
questioni tecniche) il prelievo fiscale.
Specifiche considerazioni vanno spese, invece, per quegli enti collettivi che
non si atteggiano quali strutture intermedie, ma quali soggetti terminali che beneficiano delle ricchezze prodotte dallorganizzazione (si pensi alle associazioni e alle
fondazioni). Lassegnazione della soggettivit tributaria Ires a detti enti si giustifica
per il fatto che essi hanno un ruolo autonomo nel contesto sociale, e possono essere
titolari di una capacit economica al pari delle persone fisiche. Tuttavia, con riferimento ai soggetti collettivi che non perseguono scopi di lucro (c.d enti no profit), e in
particolare a quelli che operano nel settore sociale, si messa in discussione la sussistenza di una giustificazione costituzionale del prelievo fiscale, poich essi si affiancano al settore pubblico nellerogazione di servizi di interesse collettivo.
Lassoggettamento alla contribuzione di una forza economica che gli enti no
profit destinano allerogazione di servizi di interesse collettivo crea problemi di compatibilit costituzionale nella misura in cui lintervento del privato in relazione allo
svolgimento di attivit pubbliche tutelato dallart. 118, 4 comma, Cost., che accoglie
la c.d. sussidiariet orizzontale.
In questa prospettiva, la legislazione tributaria prevede, per gli enti che non
hanno scopo di lucro (ancora oggi priva di una connotazione organica, ma eccessivamente frammentata), da un lato, forme di agevolazione fiscale, sia pur subordinate
alla sussistenza di specifici requisiti, in relazione ai fatti economici posti dai soggetti
che operano esclusivamente nel settore sociale (es. ONLUS); dallaltro, ammette la
deducibilit dal reddito delle persone fisiche e delle societ commerciali delle erogazioni che vengono effettuate ai soggetti che impiegano dette somme per il perseguimento di fini sociali.
Pertanto, la capacit economica dei soggetti privati destinata allerogazione di
servizi sociali, non assurge a capacit contributiva, nel senso che non determina
lobbligo del concorso alla spesa pubblica.
Gli enti non aventi scopo di lucro che, invece, non operano nel settore sociale sono assoggettati al prelievo fiscale, sia pure in modo meno oneroso rispetto agli
enti commerciali, per la capacit economica manifestata. In definitiva, il fatto di destinare i proventi per il soddisfacimento di interessi di soggetti terzi rispetto
allorganizzazione che li produce non esclude di per s lobbligo di concorrere alla
spesa pubblica, ma il legislatore ordinario apprezza tale circostanza fissando un regime di favore rispetto a quello ordinariamente previsto per i soggetti che utilizzano i
proventi realizzati per soddisfacimento di interessi propri.
4. La solidariet tributaria tipica o paritetica.
Anche in materia tributaria, come nel diritto civile, sono ipotizzabili obbligazioni soggettivamente complesse, che cio involgono pi soggetti, ove appunto si
inserisce la tematica della c.d. solidariet. Lobbligazione solidale si compone di un
fascio di rapporti autonomi facenti capo ai singoli condebitori; ma lautonomia mitigata dal fatto che i rapporti sono tra loro connessi, avendo identit di oggetto e di
titolo.
Innanzitutto va detto che non sussiste solidariet per quanto concerne il lato
attivo del rapporto tributario. Lente creditore a favore del quale il soggetto passivo
deve effettuare la prestazione sempre individuato nello Stato, per i tributi erariali, e
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in un ente sub statale, per i tributi locali. Non costituiscono ipotesi di solidariet nel
lato attivo la mera devoluzione del gettito di un tributo dallente creditore ad un altro
ente; n sussiste solidariet qualora lente creditore si avvalga per la riscossione della
pretesa di soggetti terzi, in quanto questi ultimi sono dei meri enti strumentali.
Esistono, invece, ipotesi di solidariet con riguardo al lato passivo del rapporto dimposta, e che riguardano le somme dovute sia a titolo di imposta, sia a titolo di
sanzioni. Non si pu affermare, invece, lesistenza di una solidariet stricto sensu con
riguardo alle ipotesi in cui due soggetti sono tenuti alleffettuazione di adempimenti
strumentali allapplicazione del tributo (es. il caso dellobbligo di presentazione della
denuncia di successione che incombe su tutti gli eredi). La solidariet tributaria sussiste solo qualora vi sia un legame che tiene uniti pi soggetti alla medesima prestazione pecuniaria nei confronti dellErario.
Listituto della solidariet tributaria persegue non solo la funzione, tipica della
solidariet nel diritto civile, di garantire la soddisfazione del creditore, ma anche quella di attuare un equo concorso alle spese pubbliche in relazione alla capacit contributiva manifestata dai soggetti.
In materia tributaria, infatti, lobbligazione solidale si giustifica per il fatto che
i soggetti si trovano nella stessa situazione prevista dalla norma, cio realizzano la
medesima fattispecie imponibile, ed , quindi, coerente con lart. 53 della Cost. che gli
effetti si producono in solido in capo a loro. Coinvolgere solidalmente Tizio e Caio
nel pagamento del tributo, quindi, consente non solo al Fisco maggiori possibilit di
riscuotere in concreto il credito, ma anche di rispettare la previsione costituzionale
che obbliga i soggetti titolari di una capacit economica a concorrere alla spesa pubblica.
La solidariet in questione definita tipica o paritetica, e si riscontra soprattutto nel settore delle imposte indirette.
A differenza del diritto civile (lart. 1294 c.c. prevede che i condebitori sono
tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente), non esiste una
norma generale in tema di solidariet tributaria, bens la legge che istituisce i tributi
indica caso per caso quando i soggetti passivi sono tenuti in solido alladempimento
della prestazione, ovvero quando, pur essendo il fatto imponibile imputabile ad entrambi, sono tenuti ad assolvere il debito tributario in modo autonomo per la quota
di loro spettanza (obbligazione parziaria). Ad esempio nellimposta di registro (art.
57, d.p.r. n. 131/1986) previsto che le parti contraenti sono obbligate in solido al
pagamento dellimposta; nellimposta sulle successioni (art. 36, d.lgs. n. 346/90)
previsto che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dellimposta per
lammontare complessivamente dovuto da loro. Mentre nellIMU i comproprietari di
un immobile sono obbligati al pagamento del tributo autonomamente in relazione
alla loro quota di propriet.
Orbene, la legislazione tributaria, pur individuando fattispecie di obbligazione
solidale, non ne regolamenta in modo autonomo le vicende. Ci si chiesti, quindi, se
la normativa civilistica sulle obbligazioni solidali fosse applicabile anche in ambito
tributario sia con riferimento alle ipotesi di solidariet tipica che atipica.
In linea generale, va data risposta affermativa al suddetto quesito, ma bisogna
tenere conto del fatto che, pur essendo coincidenti sul piano del contenuto, le figure
dellobbligazione solidale civilistica e tributaria differiscono sotto il profilo della attuazione. Lattuazione del rapporto tributario si svolge, infatti, in presenza di una au-
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torit amministrativa (lAmministrazione finanziaria), che interviene emanando specifici atti. Quindi lapplicazione delle norme civilistiche deve tener conto di tale circostanza. A tal fine un rilevante contributo stato dato dalla giurisprudenza, che ha appunto precisato i limiti di applicazione delle norme codicistiche.
Va evidenziato che trova applicazione il principio generale, sancito dallart.
1292 C.c., secondo cui il creditore ha diritto di chiedere ladempimento dellintera
obbligazione ad uno qualsiasi dei condebitori, il quale ottemperando alla richiesta libera anche tutti gli altri; ma il debitore che subisce lazione del Fisco pu agire di regresso nei confronti degli altri condebitori. Non esiste, quindi, lobbligo per il Fisco
di attivarsi contestualmente nei confronti di tutti i condebitori, notificando loro gli
atti di accertamento.
da notare, per, che listituto della solidariet tributaria se da un lato si giustifica per attuare un corretto riparto delle spese presso tutti coloro che manifestano
una capacit contributiva (art. 53 Cost.), pu nel contempo presentare il fianco a critiche, in quanto in applicazione dellart. 1292 c.c., si pu far gravare su un singolo
condebitore un carico fiscale sproporzionato rispetto alla sua capacit contributiva,
essendo ipotizzabile che lazione di regresso non vada a buon fine. La Cassazione
(cfr. sent. n. 9859/2014) ha peraltro negato la possibilit di agire di regresso qualora
un coobbligato abbia prestato adesione ad un accertamento e versato la maggiore
imposta, senza coinvolgere gli altri soggetti nel procedimento; laccordo con il Fisco,
a cui aderisce solo un condebitore, ha natura di riconoscimento del debito che, a
norma dellart. 1309 c.c., non ha effetto nei confronti del condebitore che non labbia
compiuto.
Per questi motivi, possiamo affermare che, se il presupposto del tributo frazionabile, lobbligazione deve essere parziaria, e quindi ricadere sui singoli soggetti;
leventuale previsione dellobbligazione solidale determinerebbe una lesione del principio della capacit contributiva. Se, viceversa, il presupposto unico e inscindibile
lobbligazione solidale diviene una conseguenza necessitata e vengono quindi meno le
ipotetiche censure di incostituzionalit.
Daltra parte, i principi di imparzialit dellazione amministrativa e quello della
buona fede non possono essere invocati per costringere il Fisco a richiedere pro quota a tutti i condebitori solidali ladempimento della prestazione tributaria.
La giurisprudenza di Cassazione (sent. n. 6729/1995; n. 27005/2007), inoltre,
estendendo la regola prevista nellart. 1310 C.c., ritiene che, in caso di obbligazione
solidale, qualora il Fisco agisca nei confronti di un singolo condebitore, viene impedita la decadenza anche nei confronti dei restanti condebitori, ai quali possono notificarsi gli atti impositivi entro i termini ordinari di prescrizione. Fermo restando che i
condebitori solidali hanno diritto di esercitare il diritto di difesa, impugnando entro
sessanta giorni latto impositivo a loro notificato.
In passato, la giurisprudenza utilizzava a proposito del regime delle obbligazioni solidali tributarie il termine solidariet processuale o supersolidariet, ritenendo che la solidariet tributaria non si dovesse inquadrare nellambito della solidariet di diritto comune, ma fosse retta da principi propri.
In buona sostanza, la tesi della supersolidariet comportava una forte limitazione del diritto di difesa dei contribuenti, in quanto gli atti dellAmministrazione finanziaria si ritenevano efficaci nei confronti di tutti i coobbligati solidali, nonostante
questi ultimi ne ignorassero lesistenza, per mancata notifica.
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Tale tesi si basava sullidea, sostenuta peraltro da autorevole e risalente dottrina (A.D. Giannini), secondo cui il vincolo plurisoggettivo che lega pi soggetti
alleffettuazione di una medesima prestazione fosse di tipo unitario. In questa linea di
pensiero, dalla realizzazione del presupposto di fatto (unitario ed inscindibile) da parte di pi soggetti scaturiva un unico rapporto obbligatorio plurisoggettivo (non invece un fascio di rapporti autonomi ma connessi) e di conseguenza una rappresentanza
reciproca durante tutta la fase di attuazione del tributo. Sul punto si pronunciata la
Corte Costituzionale (Ord. n. 48 del 16 maggio 1968 e n. 139 del 18 dicembre 1968),
che ha giudicato il regime della supersolidariet delle obbligazioni tributarie in netto
contrasto con il principio costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.).
Latto di accertamento, quindi, produce effetti soltanto nei confronti del soggetto al quale notificato e non degli altri coobbligati.
Va detto che lAmministrazione finanziaria nella prassi agisce nei confronti di
tutti i condebitori, perch il diritto a riscuotere la pretesa nei confronti degli altri condebitori subordinato alla singola notifica degli atti impositivi.
Il fatto che per prassi lUfficio notifichi a tutti i condebitori solidali gli atti
impositivi pu determinare lattivazione di autonomi contenziosi con possibili esiti
contrastanti. Ogni condebitore solidale impugna latto impositivo a lui notificato facendo s che si celebrino tanti processi per quanti sono gli atti notificati, pur avendo
essi ad oggetto la medesima fattispecie impositiva. Trattandosi, per lo pi, di controversie che hanno ad oggetto questioni di valutazione di beni, molto probabile che i
giudici determinano differentemente il valore dei beni (si pensi alla valutazione di un
unico bene immobile oggetto di una compravendita sul quale lAmministrazione finanziaria pretende il pagamento dellimposta di registro notificando lavviso di accertamento sia allacquirente sia allalienante).
Con specifico riguardo ai risvolti processuali delle obbligazioni solidali (intese
quale fascio di rapporti autonomi), lart. 1306, comma 1, C.c. dispone che la sentenza
pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto sugli altri debitori. La regola fissata, quindi, quella della scindibilit processuale degli autonomi
(ma connessi) rapporti obbligatori facenti capo ad ogni singolo condebitore.
Qualora un condebitore non impugni latto di accertamento, si posto il problema dellapplicabilit dellart. 1306, 2 comma, C.c., il quale prevede la possibilit
per un condebitore di giovarsi degli effetti a lui favorevoli ottenibili dalla sentenza
emessa in relazione ad giudizio promosso da un altro condebitore.
Al fine di coordinare lapplicazione di questa regola civilistica con le peculiarit attuative dellobbligazione tributaria, la giurisprudenza ha subordinato lestensione
del giudicato favorevole al fatto che: a) il soggetto che si vuole avvantaggiare della
pronuncia non abbia impugnato laccertamento a lui notificato; b) la sentenza definitiva e favorevole, ottenuta dal coobbligato solidale, non si fondi su ragioni personali
del condebitore ricorrente; c) il condebitore inerte non abbia assolto il debito
dimposta (Cass. n. 7053/1991).
Peraltro, gli effetti favorevoli nascenti da un giudicato, a differenza di quelli
sfavorevoli, si possono estendere agli altri rapporti non in modo automatico, ma impugnando gli atti della riscossione (in deroga al principio della impugnabilit per vizi
propri sancito dalla legge processuale) e richiedendo tale estensione. In concreto il
condebitore, per ottenere lestensione del giudicato non deve impugnare lavviso di
accertamento, ma deve impugnare latto di riscossione, cio la cartella di pagamento,
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chiedendo appunto lestensione del giudicato favorevole del condebitore che ha impugnato lavviso di accertamento. Il giudicato favorevole pu essere fatto valere anche nel giudizio di Cassazione, fino alludienza di discussione, e deve essere rilevato
dUfficio posto che esso va assimilato agli elementi normativi (Cass. n. 276/2013). Il
giudicato favorevole pu estendersi anche se formatosi dopo il deposito del ricorso
da parte del condebitore.
Occorre, per, prendere atto che tale ricostruzione, pur apprezzabile nella
prospettiva di garantire una coerenza nella determinazione del quantum dovuto dai
coobbligati, non scevra di perplessit; ed infatti, nel settore tributario qualora decorrano i termini per limpugnazione dellatto di accertamento, si afferma con certezza che lobbligazione tributaria diviene definitiva, appare quindi problematico il fatto
di rimettere in discussione lobbligazione tributaria, in applicazione dellart. 1306, 2
comma. E ci salvo voler assegnare un valore maggiore al giudicato nascente da una
sentenza, rispetto a quello nascente da un atto di accertamento non impugnato. In
altri termini, se la sentenza (favorevole) emanata nei confronti di un coobbligato contrasta con latto impositivo definitosi (naturalmente in modo sfavorevole) in capo ad
un altro coobbligato, la pretesa del Fisco destinata a cedere.
Lapplicazione dellart. 1306, 2 comma (che una norma derogatoria della regola della autonomia dei rapporti facenti capo ai singoli coobbligati), alla materia tributaria, nella misura in cui attuabile esclusivamente in caso di mancata impugnazione dellatto di accertamento da parte del condebitore, diviene limitata perch difficile che la sentenza passata in giudicato favorevole al condebitore intervenga prima
che lUfficio agisca con atti della riscossione nei confronti del condebitore che rimasto inerte.
Per questi motivi, la giurisprudenza pi recente (Cass. 12799/2014) ha consentito lestensione del giudicato favorevole ottenuto dal condebitore anche nelle ipotesi in cui abbia anche colui che chiede lestensione abbia impugnato latto di accertamento. Se quindi il giudizio relativo ad un condebitore si definisce prima di quello
relativo allaltro condebitore praticabile lestensione del giudicato favorevole.
Si discute, peraltro, sulla possibilit che il condebitore rimasto inerte di fronte
allatto di accertamento, avendo avuto contezza della sentenza favorevole del condebitore, solleciti il Fisco a ritirare in autotutela la pretesa impositiva, che pur essendo
formalmente legittima (perch latto di accertamento non stato impugnato nei termini) nella sostanza ingiusta.
In definitiva, con riferimento alle obbligazioni solidali paritetiche o tipiche,
pur essendo identico il presupposto realizzato dai condebitori, pu accadere che si
determinino giudicati contrastanti. Detta evenienza stata per anni tollerata dalla giurisprudenza, anche per non appesantire il processo con la regola del litisconsorzio.
Di recente, invece, si assistito ad un ripensamento della giurisprudenza
(Cass. n. 1052/2007) la quale ha affermato che, nel caso delle obbligazioni solidali,
applicabile il principio del litisconsorzio necessario, secondo cui tutti i soggetti coobbligati devono partecipare al processo tributario, ancorch instaurato da uno solo di
loro. La sentenza deve essere resa nei confronti di tutti i condebitori solidali per evitare il rischio di giudicati contrastanti su una medesima fattispecie che oltre ad essere
poco compatibili con lart. 53 Cost. finiscono per complicare le azioni di regresso.
Lapplicazione dellistituto del litisconsorzio necessario, tuttavia, presupporrebbe che il vincolo solidale tra i coobbligati scaturisca da un rapporto unitario e non
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Lart. 64, d.p.r. n. 600/73 definisce responsabile di imposta colui che obbligato dalla legge al pagamento del tributi insieme con altri per fatti o situazioni
esclusivamente riferibili a questi, ed ha diritto di rivalsa.
Il responsabile di imposta non titolare del debito tributario, che fa capo
esclusivamente allobbligato principale, cio a colui che ha realizzato il presupposto
del tributo, e la sua obbligazione esiste in quanto esiste lobbligazione principale. In
questo contesto, per eventuali errori commessi in sede di versamento dellimposta, il
responsabile di imposta non legittimato a richiedere il rimborso dellimposta indebitamente corrisposta, spettando tale azione solo gli obbligati principali.
Nonostante il responsabile dimposta (quale obbligato solidale dipendente)
non sia titolare del debito, egli non in posizione sussidiaria rispetto allobbligato
principale, ma sullo stesso piano, quindi lAmministrazione finanziaria pu liberamente agire nei confronti delluno o dellaltro, secondo lo schema tipico
dellobbligazione solidale, a meno che la norma che preveda la responsabilit disponga la preventiva escussione del debitore principale. Resta fermo naturalmente che il
responsabile dimposta, qualora corrisponda il tributo, ha diritto di rivalsa verso il
debitore principale.
Le leggi tributarie stabiliscono espressamente i casi di responsabilit di determinati soggetti per il pagamento di imposte riferibili a terzi.
Tra queste citiamo quella relativa alla cessione di azienda (art. 14, D.lgs. n.
472/97). Il cessionario risponde, entro i limiti del valore dellazienda, per il pagamento dellimposte e delle sanzioni riferibili a violazioni commesse dal cedente nellanno
in cui avviene la cessione e nei due precedenti, nonch di quelle irrogate in detto periodo pur se riferite a periodi imposta precedenti. La legge, tuttavia per esigenze di
proporzionalit e ragionevolezza, prevede da un lato la preventiva escussione del cedente e dallaltro la possibilit per il cessionario di liberarsi dalla responsabilit previa
acquisizione di un certificato di regolarit fiscale rilasciato dalla stessa Amministrazione finanziaria.
La norma sulla responsabilit di imposta del cessionario di azienda si aggiunge allart. 2560 c.c., che prevede la generica responsabilit del cessionario per i debiti
contratti dal cedente, risultanti dalle scritture contabili (ci per evitare che la circolazione dellazienda determini il venir meno delle garanzie patrimoniali per i creditori).
Quindi per i debiti tributari risultanti dal bilancio o dalle scritture contabili, il cessionario risponde ai sensi della normativa civilistica; per quelli connessi ad atti di accertamento (che evidentemente non risultano dalle scritture contabili), si applica la specifica disposizione tributaria.
Va poi menzionata la responsabilit, ai fini dellIva, dellacquirente in caso di
acquisto di beni effettuato ad un prezzo inferiore al valore di mercato, salvo la possibilit di dimostrare che il prezzo dei beni stato determinato in relazione a situazioni
oggettivamente rilevabili (la finalit di tale norma quella di contrastare le sottofatturazioni che determinano un risparmio fiscale sia delle imposte sui redditi dovute
dallalienante, sia dellIva addebitata allacquirente).
Ove sussistono ipotesi di responsabilit di imposta, lUfficio deve notificare al
coobbligato solidale dipendente, prima dellesecuzione nei suoi confronti, la cartella
di pagamento (anche se il ruolo intestato allobbligato principale). Egli , quindi,
chiamato (per la prima volta) alladempimento in sede di riscossione, sulla base di un
titolo esecutivo che si formato nei confronti dellobbligato principale.
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correttezza dellimposto versato). Si cosi ritenuto che il notaio rappresenta una figura sui generis non riconducile ad altre tipizzate nella legislazione fiscale o nel diritto civile.
Lulteriore coinvolgimento del notaio nelladempimento tributario dei soggetti per cui provvede alla stipula di atti, come nel caso del versamento dellimposta sostitutiva sulla plusvalenze derivanti da cessioni di immobiliari (art. 1, commi 496-498,
l. n. 266/2005), ha, per, indotto una recente dottrina a ricostruire il ruolo del notaio
nel pagamento delle imposte secondo figure regolate dal diritto civile (anche per
colmare le lacune della legislazione fiscale che appunto obbliga il notaio ad autoliquidare il tributo dovuto sugli atti stipulati).
Si cos proposto di considerare il notaio quale mandatario nellinteresse del
terzo e del Fisco in particolare. Le parti contraenti (o il venditore per limposta sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari) conferiscono, quindi, al notaio il mandato di
curare gli adempimenti fiscali sulla base delle prescrizioni di fornite dalla legge, con la
conseguenza che la corresponsione delle somme di denaro a titolo di tributi ha effetto liberatorio per le parti contraenti, ai sensi dellart. 1188 del c.c. Il notaio assume la
posizione di adiectus solutionis causa, cio soggetto legittimato ex lege a ricevere il pagamento del tributo.
Lapprodo pi importante di questa tesi che in caso di mancato pagamento
del tributo da parte del notaio, le parti contraenti non possono essere chiamate a corrispondere nuovamente il tributo, soggiacendo allazione del Fisco. Il tributo pu essere riscosso solo nei confronti del notaio, che non ha effettuato il versamento.
6. Il sostituto dimposta.
Nellambito dei soggetti obbligati al pagamento del tributo dobbiamo evidenziare a questi punto il sostituto dimposta, che identificabile nelle imprese (individuali e societarie), nei professionisti e negli enti privati e pubblici, che provvedono al
pagamento delle imposte in luogo di altri soggetti (c.d. sostituiti).
La sostituzione di imposta un istituto di grande importanza nellambito del
sistema di tassazione attuale, in quanto da esso deriva gran parte del gettito tributario
connesso alle imposte sui redditi (Irpef), ed in particolare sui redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e di capitale (interessi e dividendi). In buona sostanza, i
sostituti di imposta versano allErario una parte (sostituzione dacconto) o lintero
tributo (sostituzione definitiva) dovuto dai lavoratori dipendenti, dai lavoratori autonomi, dai soci e dai finanziatori sui redditi da loro percepiti.
Non si ravvisano, invece, ipotesi di sostituzione dimposta nelle imposte indirette.
La definizione giuridica di sostituto dimposta contenuta nellart. 64, comma
1, d.p.r. n. 600/1973. Detta norma definisce sostituto dimposta chi in forza di disposizioni di legge obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri (i sostituiti), per
fatti o situazioni a questi riferibili e anche a titolo di acconto: deve esercitare la rivalsa
se non diversamente stabilito in modo espresso.
Quella del sostituto di imposta una figura tipica del diritto tributario, che
non pu essere agevolmente ricollegata ad istituti presenti in altri settori giuridici
(salvo qualche consonanza con la figura del sostituto processuale). Non in particolare una ipotesi di obbligazione solidale dipendente, come per il responsabile di imposta.
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Il sostituto obbligato al pagamento in luogo di altri ed ha obbligo di rivalsa. La rivalsa, tipico istituto di diritto privato, diviene in tal caso uno strumento
finalizzato al conseguimento di un interesse pubblico costituzionalizzato che non si
risolve in un rapporto interno tra sostituto e sostituito, suscettibile di pattuizioni private, ma a tutti gli effetti un obbligo del sostituto al cui inadempimento collegata
una specifica sanzione. Listituto della rivalsa nel caso di specie assume, quindi, una
connotazione essenzialmente pubblicistica.
Tramite la sostituzione dimposta, lobbligazione tributaria, che generalmente
posta a carico di chi realizza il presupposto di fatto, viene imputata ad un soggetto
terzo (che non realizza alcun presupposto).
Per essere costituzionalmente legittimo un sistema siffatto necessario che
tra il sostituto (colui che versa il tributo allerario pur non manifestando la capacit
contributiva) e il sostituito (colui che dovrebbe versare il tributo avendo manifestato
la capacit contributiva) intercorra un legame economico tale da giustificare la sostituzione. Il sostituto, in particolare, deve poter addossare al sostituito con estrema facilit (mediante la rivalsa) lonere economico del tributo.
Pertanto, la ragion dessere della sostituzione tributaria si rinviene nel particolare rapporto di credito-debito che lega il sostituto al sostituito; aspetto giustifica la
deviazione rispetto al regime ordinario di applicazione dei tributi, secondo cui obbligato al pagamento colui che realizza il fatto economico.
Il sostituto debitore verso il sostituito (soggetto passivo dimposta) di una
certa somma che per questultimo costituisce un elemento reddituale da assoggettare
ad imposizione. su questo reddito che il sostituto, dopo aver calcolato limposta,
opera la c.d. ritenuta fiscale, che versa successivamente allErario.
Tre sono essenzialmente le motivazioni per cui il legislatore tributario ha previsto questa figura: a) anticipare lacquisizione del gettito tributario; b) prevenire
levasione fiscale in capo a chi realizza il fatto economico; c) semplificare
ladempimento per una determinata categoria di contribuenti (in particolare i lavoratori dipendenti).
Quanto al primo aspetto, infatti, il prelievo tributario sui redditi tassati tramite
la figura del sostituto non avviene alla fine del periodo di imposta (come nel caso del
procedimento ordinario di attuazione del prelievo), ma anticipato al momento
dell erogazione delle somme da parte del sostituto. Circa il secondo punto va detto
che il sostituto dimposta, inoltre, non ha alcun interesse a sottrarsi alladempimento
fiscale, poich si rivale per lintero (ed obbligato per legge a farlo) sul sostituito,
senza che il suo patrimonio sia intaccato; levasione fiscale (del percettore del reddito)
, quindi, ragionevolmente evitata tutte le volte in cui il prelievo fiscale viene attuato
tramite un sostituto dimposta.
Con riguardo allobiettivo della semplificazione, infine, si nota che il sostituito, in linea generale, e salvo le precisazioni fatte in avanti (a proposito della distinzione tra sostituzione propria o definitiva e impropria o dacconto), non deve porre in
essere alcun ulteriore adempimento fiscale. Si pensi in particolare ai lavoratori dipendenti, i quali, se non hanno altri redditi o spese da far valere in deduzione dal reddito
(o detraibili dallimposta), non devono presentare la dichiarazione dei redditi, n versare il tributo; lassolvimento dellonere fiscale avviene esclusivamente per mezzo del
datore di lavoro (sostituto dimposta).
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Per tutti questi motivi, il legislatore tende ad estendere le ipotesi di sostituzione di imposta, addossando al soggetto che eroga somme a terzi lobbligo di effettuare
una ritenuta fiscale. Di recente, ad esempio (art. 25, d.l. n. 78/2010) stato introdotto lobbligo per le Banche di effettuare una ritenuta di acconto del 10 per cento
allatto dellaccredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per il
pagamento di spese per le quali usufruisce di detrazioni fiscali per le ristrutturazioni
edilizie.
Il legislatore fiscale disciplina due differenti modi attraverso cui opera la sostituzione tributaria. In un primo caso il sostituto viene chiamato ad adempiere totalmente allobbligo tributario del sostituito, talch leffettuazione della ritenuta ed il
connesso versamento estingue lobbligazione tributaria (c.d. sostituzione definitiva,
sostituzione propria o sostituzione dimposta). In un secondo caso il sostituto obbligato ad effettuare un versamento in acconto, che deve essere poi conguagliato
dal sostituito, affinch si estingua lobbligazione tributaria (c.d. sostituzione impropria o sostituzione dacconto).
Soffermiamoci sulla sostituzione definitiva. Essa risponde generalmente alla
logica di far sfuggire alla tassazione progressiva Irpef un determinato reddito per essere assoggetto ad una imposta sostitutiva (c.d. cedolare secca) che viene riscossa per
mezzo del sostituto di imposta. Bisogna, per, tenere a mente che le imposte sostitutive non sempre vengono riscosse per mezzo della figura del sostituto dimposta, in
quanto in determinati casi vengono corrisposte direttamente dal soggetto passivo
perch il soggetto che eroga il compenso non riveste la qualifica di sostituto di imposta (limposta sostitutiva sui canoni di locazione di beni immobili viene ad esempio
versata direttamente dal proprietario).
Nella sostituzione tributaria a titolo definitivo, il sostituito resta completamente estraneo al rapporto dimposta, che coinvolge unicamente il sostituto e il Fisco. Lobbligazione tributaria , quindi, incardinata sul sostituto, pur essendo il fatto
imponibile riferito al sostituito. La rivalsa viene esercitata dal sostituto direttamente
sulle somme che corrisponde al sostituito. Il sostituito, percettore del reddito, avendo
subito la ritenuta dimposta liberato da qualsiasi obbligo verso lAmministrazione,
sia di dichiarazione che di versamento.
Va per precisato che il sostituito pu essere chiamato a rispondere, in solido
con il sostituto, del pagamento del tributo quando questultimo non ha operato n
versato la ritenuta allErario. La responsabilit solidale si giustifica per il fatto che il
sostituito ha incassato il provento lordo. LAmministrazione normalmente avanza la
propria pretesa in prima battuta nei confronti del sostituto, che ha violato un preciso
obbligo di legge, ed in caso di inadempimento si rivolge al sostituito.
Qualora invece il sostituito subisce la ritenuta, e quindi incamera il provento
al netto delle imposte, ma il sostituto non versa la ritenuta allErario, giammai potr
essere chiamato a corrispondere nuovamente il tributo in via solidale col sostituito, in
quanto ha gi sopportato lonere economico del prelievo tributario.
LAmministrazione pu esclusivamente rivolgersi al sostituto pretendendo limporto
della ritenuta non versata e delle relative sanzioni per omessa effettuazione della ritenuta (pari al 20 per cento dellammontare non trattenuto, come previsto dallart. 14,
d.lgs. n. 471/97) e omesso versamento (pari al 30 per cento delle somme non versate,
ai sensi dellart. 13, d.lgs. n. 471/97). La cumulabilit delle predette sanzioni stata
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sostenuta dalla giurisprudenza sul presupposto della autonomia delle condotte (Cass.
n. 22855/10).
Molte ipotesi di sostituzione propria o definitiva si ritrovano nei redditi di capitale e nei redditi diversi soggetti allIrpef. Ad esempio gli interessi attivi bancari corrisposti a persone fisiche, gli interessi sulle obbligazioni, i dividendi percepiti da persone fisiche in relazioni a partecipazioni di modesta entit, sono assoggettati ad una
ritenuta definitiva con aliquota del 26%. Il soggetto che eroga linteresse o il dividendo, allatto della corresponsione delle somme, deve operare la ritenuta fiscale, accreditando al beneficiario il residuo. Ribadiamo che il sostituito avendo gi assolto (per
mezzo del sostituto) il debito tributario in via definitiva non deve porre in essere alcun ulteriore adempimento.
Esaminiamo ora il caso della sostituzione dacconto o impropria, che largamente diffusa, in quanto, come accennato, involge i redditi di lavoro dipendente e
quelli di lavoro autonomo.
Nella sostituzione dacconto, lintervento del sostituto, che deve operare e
versare allErario una ritenuta fiscale allatto dellerogazione del compenso/retribuzione, assume carattere differente, in quanto lobbligazione tributaria incardinata sul sostituito, cio sul percettore del reddito.
In questa prospettiva, la sostituzione dacconto comporta linstaurazione di
un rapporto trilaterale tra Fisco, sostituto e sostituito. Il sostituito deve verificare
(compilando la dichiarazione dei redditi) se, in relazione ai redditi complessivamente
percepiti nel periodo di imposta, la ritenuta subita pari al tributo dovuto. Se il tributo dovuto superiore alle ritenute dacconto subite, il sostituito deve presentare la dichiarazione e versare la differenza; nel caso opposto, previa presentazione della dichiarazione dei redditi, il sostituito ha diritto al rimborso delle ritenute subite in eccesso.
Pertanto, nel caso della sostituzione dacconto, ladempimento del sostituto
(operare e versare la ritenuta) non estingue definitivamente il debito tributario facente
capo al sostituito. Il sostituito , quindi, coinvolto nellobbligazione tributaria, insieme col sostituto, esistendo una sorta di coobbligazione. La posizione del sostituito
equiparata a quella di ogni altro contribuente, salva la particolarit di poter portare in
detrazione (dallimposta complessivamente dovuta) le somme trattenute quale acconto allatto della percezione del reddito o del compenso.
Va precisato che, nel caso dei redditi di lavoro dipendente, il datore di lavoro
(sostituto di imposta) opera mensilmente una ritenuta dacconto determinata in misura variabile, a seconda dellentit della retribuzione. Lentit delle ritenute operate
mensilmente pari al tributo complessivamente dovuto sul reddito annuo da lavoro
dipendente. Per questi motivi, il lavoratori dipendenti generalmente non devono, dopo la chiusura del periodo dimposta, integrare il versamento dellIrpef; la dichiarazione evidenzia un saldo dimposta pari a zero e quindi non deve essere presentata.
Nel caso del lavoro autonomo, la ritenuta che opera il sostituto dimposta (la
societ, limpresa o lente pubblico o privato che beneficia della prestazione professionale) allatto del pagamento del compenso pari al 20%. Ci vuol dire che gli artisti e i professionisti presentano la dichiarazione e generalmente integrano il versamento dellIrpef sul reddito complessivamente realizzato nel periodo dimposta.
Quanto agli obblighi tributari del sostituto dimposta, oltre quello di operare e
versare allErario le ritenute effettuate (entro giorno 16 del mese successivo a quello
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in cui viene operata la ritenuta), menzioniamo quello di inviare ai soggetti che subiscono la ritenuta la certificazione delle somme corrisposte e delle ritenute operate per
ogni periodi dimposta (entro il 28 febbraio dellanno successivo) e quello di presentare, entro il 31 luglio dellanno successivo, unapposita dichiarazione (modello dei
sostituti dimposta), ove sono indicati i soggetti percipienti, lentit delle somme lorde
corrisposte e delle ritenute alla fonte operate, nonch gli estremi del versamento delle
ritenute. Il mancato adempimento ai predetti obblighi punito con sanzioni amministrative e, in alcuni casi, penali (omesso versamento di ritenute superiore a 150 mila
euro).
Le certificazioni attestanti le somme corrisposte e le ritenute operate devono
altres essere trasmesse telematicamente allAgenzia delle entrate entro il 7 marzo
dellanno successivo, per consentire al Fisco di mettere a disposizione del contribuente la dichiarazione dei redditi precompilata.
Qualora il sostituto, nellambito della sostituzione dacconto, eroghi le somme
senza operare la ritenuta, il sostituito deve provvedere a dichiarare il reddito percepito e versare il relativo tributo in autoliquidazione, altrimenti subisce lapplicazione
delle sanzioni per infedele dichiarazione essendo il soggetto che ha realizzato il presupposto di fatto (Cass. n. 9867/2011). evidente che se il sostituito dichiara il reddito ed assolve il tributo, lAmministrazione finanziaria pu comunque applicare al
sostituto le sanzioni previste dagli artt. 13 e 14 d.lgs. n. 471/97, senza richiedere il
versamento della ritenuta (Cass. n. 2285/10).
Accade molto spesso che sorgano della contestazioni in merito allobbligo di
effettuare la ritenuta, con riguardo a somme assegnate al lavoratore, anche in esito a
controversie giudiziarie, di cui si sostiene la natura risarcitoria non tassabile (come nel
caso dellindennit per demansionamento su cui cfr. Cass. n. 6754/2010). Il datore di
lavoro, per mettersi al riparo dalle sanzioni, opera la ritenuta, ma il lavoratore contesta tale comportamento, intimando il pagamento dellammontare lordo. Ci si chiesti, quindi, se sulle c.d. liti di rivalsa fosse competente a decidere il giudice ordinario o
quello tributario.
La giurisprudenza ha di recente affermato la giurisdizione del giudice ordinario, sul presupposto della natura privatistica della rivalsa ed evidenziando altres che
il tema di riparto della giurisdizione, non pu prescindere dal principio della centralit e del primato della giurisdizione ordinaria (art. 102 Cost.), che incompatibile
con la istituzione di giudici dellamministrazione in genere, e quindi anche
dellamministrazione finanziaria, mediante attribuzione di "blocchi di materie" senza
distinguere tra attivit che siano espressione dellesercizio di un potere che la legge
attribuisce per la cura dellinteresse pubblico e quelle che, invece, non siano espressione di tale potere (v. Corte Cost. n. 204/2004 e n. 191/2006). Nelle controversie
tra sostituto e sostituito, peraltro, manca latto impositivo, manca una domanda giudiziaria rivolta nei confronti di un ente dotato di sovranit fiscale, manca, infine, la
contestazione di un atto che sia espressione di tale potestas: mancano, in definitiva, i
presupposti di accesso alla giurisdizione delle commissioni tributarie (Cass. n.
15031/2009).
Detta affermazione trascura, invero, che la rivalsa s un istituto privatistico,
ma nel caso di specie piegato ad esigenze pubblicistiche: la questione circa la sussistenza o meno dellobbligo di effettuare la ritenuta tipicamente tributaria. Pertanto,
ci sembra pi corretta la tesi per cui sia il giudice tributario - adito in seguito ad un
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diniego espresso o tacito su una istanza di rimborso presentata dal sostituto o dal sostituito - a risolvere la questione con un giudizio nel quale facciano parte il sostituto,
il sostituito e lAmministrazione finanziaria, quali litisconsorti necessari. Leventuale
azione civile di adempimento del sostituito verso il sostituto (ovvero del sostituto nei
confronti del sostituito nelle c.d. liti di rivalsa successiva) resta assorbita nellambito
del giudizio tributario, non potendo, peraltro, la sentenza tributaria far stato nel processo civile.
La tesi da ultimo sostenuta dalla Cassazione, cio della giurisdizione del giudice ordinario, tra laltro, espone il sostituto al rischio di subire ingiustamente lonere
economico della ritenuta fiscale. Ed infatti, se il giudice ordinario condanna il sostituto alla restituzione della ritenuta, presumibilmente saranno trascorsi i 48 mesi di tempo entro i quali egli pu presentare istanza di rimborso. Ed anche ove non siano decorsi i predetti termini, il giudizio tributario (tra sostituto e AF) potrebbe concludersi
in modo differente (e nel senso della applicabilit della ritenuta) rispetto a quello civile. Pertanto, nei casi dubbi, diviene pi conveniente per il sostituto dimposta non
operare la ritenuta; si rischia una sanzione, ma si scongiura leventualit di subire definitivamente lonere economico della ritenuta.
Va notato infine, che, la previsione del metodo di tassazione basato sulla sostituzione dimposta determina una rilevante distinzione tra soggetti segnalati al Fisco da un sostituto di imposta, che non possono occultare i redditi percepiti, in quanto sarebbero facilmente scovati (es. i professionisti che prestano la loro attivit in
favore di imprese ed enti), e soggetti non segnalati che, invece, hanno la possibilit
di occultare i redditi incassati, in quanto percepiscono i compensi da soggetti che non
rivestono la qualifica di sostituti dimposta (si pensi ai professionisti che operano con
persone fisiche). Questa distinzione importante per cogliere i differenti rimedi da
utilizzare per contrastare levasione fiscale.
7. Gli eredi del contribuente.
Tra i soggetti obbligati al pagamento del tributo dobbiamo infine includere gli
eredi del contribuente. Lart. 65 del d.p.r. n. 600/1973 stabilisce che gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si verificato anteriormente alla morte del dante causa. Tale disposizione costituisce una deroga al principio civilistico (artt. 452 e 454 C.c.) secondo il quale gli eredi rispondono dei debiti e
pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie.
Occorre precisare che detta responsabilit sussiste solo in seguito
allaccettazione delleredit e non in relazione alla mera chiamata; la confusione tra il
patrimonio dellerede e quello del de cuius, aspetto che giustifica la responsabilit, si
realizza solo con laccettazione. LAmministrazione finanziaria, quindi, prima di
avanzare la pretesa impositiva deve provare la sussistenza della effettiva qualit di
erede e quindi lavvenuta accettazione delleredit. Nel caso in cui nessun erede abbia
ancora accettato leredit, il Fisco deve proporre istanza di nomina di curatore
delleredit giacente, ai sensi dellart. 528 c.c. (Cass. n. 21101/2010).
Diverso il caso dellimposta sulle successioni, per cui gli eredi sono soggetti
passivi dellobbligazione tributaria (e non responsabili), ove la legge prevede che il
tributo sia dovuto dai chiamati alleredit che non vi abbiano rinunziato; ma si tratta
di una norma che deroga ai principi generali in tema di obbligazioni e non pu trova-
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re applicazione con riferimento alla responsabilit per i debiti tributari sorti in capo al
de cuius, disciplinata dallart. 65 citato.
Una eccezione alla regola della trasmissibilit agli eredi del debito tributario
rappresentata delle c.d. imposte volontarie. In tali casi il debito tributario, essendo
connesso ad una espressa opzione da parte del soggetto al fine di ottenere il riconoscimento fiscale della rivalutazione di un determinato bene (es. imposta sostitutiva
sulla rivalutazione dei terreni), non ipotizzabile la trasmissibilit agli eredi del debito
tributario. Gi effetti dellopzione non possono ricadere su soggetti diversi da quelli
che la hanno esercitata nel loro esclusivo interesse (Ctp Forl n. 175/2007).
Alla successione nel debito dimposta (di tipo sostanziale), si aggiunge anche
quella nel procedimento (di tipo strumentale). Gli eredi, quindi, diventano destinatari delle pretese fiscali altrimenti che altrimenti si sarebbero esercitate nei confronti
del de cuius.
A tal fine detti soggetti hanno lobbligo di comunicare allUfficio competente
in relazione al domicilio fiscale del de cuius, le proprie generalit e il proprio domicilio
fiscale. Gli eredi hanno diritto a beneficiare di una proroga di sei mesi in relazione a
tutti i termini pendenti alla data del decesso del contribuente, o scadenti entro quattro
mesi da essa, compresi i termini per la presentazione della dichiarazione e per proporre ricorso contro gli atti dimposizione.
Nonostante la norma che sancisce la responsabilit degli eredi del contribuente sia collocata nellambito del decreto delegato sullaccertamento delle imposte sui
redditi, lobbligo al pagamento dei tributi dovuti dal de cuius, per esigenze di coerenza
e ragionevolezza, dovrebbe involgere anche le altre imposte.
In ordine alle questioni emergenti in sede di processo tributario, infine, gli
eredi hanno la possibilit di proseguire il contenzioso gi instaurato dal de cuius. Lart.
40, d.lgs. n. 546 del 1992, stabilisce che il processo interrotto a causa della morte
del ricorrente e tutti i termini pendenti sono sospesi; il processo continua se entro sei
mesi viene presentata istanza di trattazione al Presidente di sezione (art. 43) e i termini ricominciano a decorrere da tale data (art. 42).
Va evidenziato, infine, che espressamente esclusa la trasmissibilit agli eredi
delle sanzioni amministrative tributarie per violazioni commesse dal de cuius (art. 8 D.
Lgs. n. 472/1997), incluso quelle dovute in applicazione degli istituti
dellacquiescenza, dellaccertamento con adesione, del reclamo e mediazione, della
conciliazione giudiziale, nonch per il pagamento tardivo di rate connesse a dilazioni
di pagamento ottenute dal dante causa (Circ. min. n. 29/2015).
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n. 917, come modificato dal d.lgs n. 344 del 2003, in parziale attuazione della delega
per la Riforma del sistema fiscale statale (L. 7/4/2003, n. 80).
Lart. 1 del Tuir definisce il presupposto dellimposta sul reddito delle persone fisiche con criteri di estrema genericit ed ampiezza (possesso di redditi in denaro o in natura), senza codificare una nozione od un concetto generale e astratto di
reddito, dotato di caratteristiche di omogeneit ed unicit. Viene adottato un criterio
casistico e personalistico, basato sullindividuazione analitica dei redditi assoggettati ad imposizione e sul loro collegamento di fatto al soggetto passivo del prelievo. Il
legislatore non ha voluto delimitare il reddito fiscale entro i confini di una nozione
generale, nella quale far rientrare le varie fattispecie, ed ha adottato la logica contraria,
elencando un gran numero di ipotesi, e determinando nellinterprete la convinzione
che reddito ci che normativamente viene indicato come tale.
Ci nonostante esiste, nella scienza economica cos come nel linguaggio comune, un significato di reddito le cui caratteristiche essenziali permangono
nellaccezione giuridico tributaria.
Il reddito si contrappone al patrimonio (concetto statico risultante
dallinsieme delle attivit e delle passivit di un soggetto), in quanto ne costituisce una
variazione quantitativa in aumento in termini di nuova ricchezza, misurata in un arco
temporale determinato, che dopo essere emersa viene in esso assorbita (nuova situazione patrimoniale del titolare). Il reddito tassato di regola dopo essere stato depurato dei costi necessari alla sua produzione. Vi sono per delle ipotesi di redditi tassati al lordo, cio senza considerare le spese inerenti alla sua produzione (reddito di
capitale); vi sono altres dei casi in cui le spese vengono dedotte dal reddito non nella
misura effettiva ma in modo forfetizzato (redditi fondiari degli immobili locati). Queste eccezioni rispetto alla piena rilevanza dei costi ai fini della quantificazione del reddito tassabile si giustificano per varie finalit, tra cui quelle di semplificazione
delladempimento tributario e di certezza nella determinazione dellimponibile.
Non sono, qui, oggetto di studio le teorie economiche e finanziarie sul concetto di reddito (reddito consumo, reddito prodotto e reddito entrata, gi esaminate
negli studi di scienza delle finanze/economia pubblica). La dottrina giuridica, per,
concorda nel ritenere che la maggior parte delle fattispecie di reddito fiscalmente rilevanti sono caratterizzate dal fatto di derivare da una fonte produttiva in senso economico.
Il sistema Irpef basato sulla tendenziale tipicit delle fattispecie di reddito
fiscalmente rilevanti, raggruppate nelle seguenti sei categorie: redditi fondiari, redditi
di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi
dimpresa, e redditi diversi (art. 6, Tuir, Classificazione dei redditi). Ogni categoria
omogenea quanto alla fonte dei redditi in essa compresi, e include fattispecie derivanti da una medesima fonte produttiva.
La scelta del legislatore stata, quindi, quella di non prevedere una definizione generale di reddito, ma di predisporre una elencazione tassativa, per categorie, dei
redditi assoggettati ad imposta, definendo categorie omogenee quanto alla fonte dei
redditi in ognuna compresi. La necessit di prevedere in modo analitico le fattispecie
reddituali da ricondurre a tassazione, ha reso necessario da un lato ampliare le nozioni extratributarie utilizzate nella descrizione delle categorie, includendo in ognuna anche dei redditi assimilati a quelli rientranti nella definizione tipica, e dallaltro prevedere una categoria residuale di redditi diversi nella quale sono incluse fattispecie
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reddituali eterogenee non riconducibili alle altre categorie tipiche, perch prive degli
specifici requisiti che le caratterizzano.
Il principio della omogeneit vale anche per le regole di determinazione dei
redditi appartenenti alle varie categorie, per le quali sono dettati autonomi regimi giuridici e regole formali. Ogni reddito determinato secondo le regole proprie della categoria nella quale rientra, e confluisce nel reddito complessivo del contribuente, che
la base di partenza per il calcolo dellimposta dovuta.
Una presunzione assoluta prevista per la qualificazione del reddito prodotto
da societ in nome collettivo ed in accomandita semplice che si considera reddito
dimpresa da qualsiasi fonte provenga e quale che sia loggetto sociale (art. 6, comma
3, Tuir). Ci rileva in quanto il reddito (o la perdita) di tali soggetti collettivi si imputa
direttamente in capo al socio persona fisica e concorre a formare il reddito complessivo di questultimo.
A tutti i redditi previsti dalle sei categorie tipiche si applica la regola generale
(art. 6, comma 2, Tuir) secondo la quale i proventi conseguiti in sostituzione di redditi o per cessione dei relativi crediti, e le indennit percepite come risarcimento per la
perdita di redditi (ad es. indennit erogate da una compagnia assicuratrice ad un professionista, per il mancato guadagno in conseguenza di una temporanea attivit), costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti, e sono assoggettate alle stesse regole.
Il legislatore assume, quale elemento qualificante della fattispecie imponibile il
possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie previste dalla legge (art. 1, Tuir, Presupposto dellimposta).
Con il termine possesso di redditi si fa riferimento alla titolarit giuridica del
reddito stesso o comunque alla semplice disponibilit dello stesso, a prescindere dalla
materiale apprensione del denaro. Se un soggetto rifiuta di percepire una certa somma di danaro a titolo di remunerazione dellattivit lavorativa prestata e dispone che
la stessa venga devoluta per beneficienza, comunque sorge lobbligo di pagare lIrpef,
in quanto si configura il possesso del reddito, inteso quale possibilit di disporre dello
stesso.
Il possesso indica in termini generali e astratti la relazione giuridica che, in un
dato periodo di tempo, deve intercorre tra il reddito ascrivibile ad una delle categorie
previste dalla legge ed il contribuente al quale va imputato. Tale relazione varia, in
concreto, a seconda della categoria di appartenenza del reddito, in conseguenza della
diversit della sua origine (fonte produttiva) e della sostanziale diversit delle regole
sulla sua composizione e determinazione.
Per i redditi fondiari il possesso del reddito si identifica con il possesso (nel
senso di civilistico di possesso a titolo di propriet o altro diritto reale) del bene immobile produttivo del reddito stesso (si evidenzia che il reddito fondiario un reddito potenziale e non effettivo determinato con criteri catastali).
I redditi di lavoro e di capitale sono assoggettati a tassazione in base al criterio di cassa, cio si tiene conto del momento di effettiva percezione del reddito.
Il reddito dimpresa, per la cui determinazione rilevano una serie di componenti positive e negative, viene, invece, determinato in base al principio di competenza, con riferimento alla maturazione economica della spesa o del provento a prescindere da pagamento o dallincasso.
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getti residenti hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritti,
quelli non residenti hanno il domicilio fiscale nel Comune in cui producono il reddito
soggetto allimposta italiana.
Sono iscritti nellanagrafe della popolazione residente coloro che hanno nel
comune la loro dimora abituale o vi hanno stabilito il proprio domicilio. Questo elemento ha carattere formale e sembra comportare una presunzione assoluta di residenza fiscale, con la possibilit che sia obbligato a pagare limposta un soggetto che
continua ad essere iscritto nellanagrafe della popolazione residente, ma ha trasferito
di fatto fuori dal territorio dello Stato sia il proprio domicilio che la propria dimora
abituale. In questo caso la formale iscrizione nellanagrafe della popolazione residente
prevale sulleventuale trasferimento sostanziale della residenza allestero.
Per la definizione dei concetti di domicilio e di residenza nel territorio dello
Stato (che integrano la residenza fiscale), la norma fa espresso rinvio al codice civile
(art. 43 c.c.). Di conseguenza si considerano residenti nel territorio dello Stato, ai fini
delle imposte sul reddito, le persone fisiche che ivi hanno la sede principale dei propri affari ed interessi (domicilio). Lespressione sede principale degli affari e interessi intesa, dal punto di vista fiscale, in senso molto ampio, ed riferita non solo
ai rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai rapporti personali (sociali e familiari) del soggetto. Qualunque elemento di fatto che denunci la presenza nello Stato di
un tale complesso di rapporti riferito alla persona pu costituire prova di domicilio
nel territorio. La individuazione della sede principale (degli affari e interessi) diviene
problematica nelle ipotesi in cui un individuo abbia legami personali e professionali
in due Stati (ad esempio un soggetto che si reca allestero per svolgere la propria attivit lavorativa principale, ma mantiene le relazioni affettive e personali nello Stato,
continua ad essere considerato residente in Italia).
Si considerano residenti nel territorio dello Stato, ai fini delle imposte sul reddito, le persone fisiche che ivi hanno la dimora abituale (residenza). La dimora una
situazione di fatto legata alla presenza fisica della persona, e coincide con il luogo dove effettivamente vive con carattere di abitualit.
Funzione diametralmente opposta a quella dellanagrafe della popolazione residente, ha lanagrafe degli italiani residenti allestero (AIRE), che attesta la non residenza nello Stato. Lamministrazione finanziaria pu superare il dato formale della
iscrizione allAIRE dimostrando che il contribuente fiscalmente residente in Italia.
La semplice iscrizione nellanagrafe degli italiani residenti allestero, e la conseguente cancellazione dallanagrafe della popolazione residente, non escludono che
il contribuente abbia nel territorio dello Stato la residenza fiscale, che potrebbe essere
desunta dal mantenimento del domicilio, cio della sede principale dei propri affari e
interessi, in Italia. Il domicilio, infatti, prescinde dalla presenza fisica continuativa del
soggetto e pu essere desunto da tutti gli elementi di fatto che denunciano lesistenza
in un certo luogo di rapporti patrimoniali o economici, sociali o familiari.
Qualora il soggetto iscritto allAIRE, in caso di contestazione del Fisco, dimostri di aver localizzato allestero il centro dei propri affari, ma mantenga interessi
familiari in Italia, occorre stabilire quale dei due aspetti debba prevalere ai fini della
individuazione della residenza fiscale. In giurisprudenza non vi un indirizzo interpretativo uniforme: in prevalenza si data maggiore importanza al luogo dove si intrattengono le relazioni familiari ed affettive (Cass. n. 14434/2010; Cass. n.
29576/2011), ma in alcuni casi si dato risalto al luogo dove vengono gestiti gli inte-
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Ad ogni periodo dimposta corrisponde una autonoma obbligazione tributaria. Ci vuol dire che limposta dovuta per ogni periodo definisce un reddito accertabile e riscuotibile in via autonoma. Autonomia significa che, di regola, lobbligazione
tributaria correlata ad un periodo dimposta non influenza quelle correlate ai periodi
successivi, e non influenzata da quelle correlate ai periodi dimposta precedenti.
I criteri di imputazione dei redditi al periodo dimposta, previsti autonomamente per ogni categoria, come gi notato, sono quello di cassa, in base al quale rilevano i redditi effettivamente percepiti nel periodo, o quello di competenza in base al
quale ha rilievo la maturazione economica del reddito, riferita sia alle sue componenti
negative (spese) che positive (proventi).
La determinazione dellimposta dovuta per ogni periodo e oggetto della
dichiarazione annuale alla cui presentazione ogni contribuente obbligato, il risultato di una serie di operazioni che possono essere cos schematizzate: determinazione
della base imponibile (calcolo dei singoli redditi e del reddito complessivo sottraendo eventuali perdite; calcolo del reddito imponibile mediante la sottrazione degli
oneri deducibili); determinazione dellimposta mediante applicazione delle aliquote
(imposta lorda) e successive detrazioni per carichi di famiglia, lavoro dipendente, e
altri oneri (imposta netta); quantificazione dellimposta da versare mediante lo
scomputo di crediti di imposta, versamenti in acconto e ritenute alla fonte a titolo di
acconto. Se questultima operazione da un saldo positivo, si determina lammontare
del versamento che il contribuente deve effettuare. Se il saldo negativo si avr una
dichiarazione a credito, nel senso che il contribuente risulter aver versato una imposta maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta, con la conseguenza che il legislatore gli riconosce il diritto di computare leccedenza in diminuzione dellimposta
del periodo successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione (art. 22,
Tuir, Scomputo degli acconti).
Ci detto, il punto di partenza per il calcolo dellimposta la determinazione
del reddito complessivo del contribuente (art. 8, Tuir, Determinazione del reddito
complessivo), dato dalla somma algebrica del reddito (imponibile netto) appartenente
ad ognuna delle sei categorie previste dal Tuir e calcolato secondo le regole loro proprie (art. 9, Tuir, determinazione dei redditi e delle perdite).
Poche sono le regole generali dettate dal legislatore ai fini della determinazione del reddito complessivo. Tra queste il principio pi rilevante rappresentato dalla
rilevanza, ai fini della determinazione del reddito imponibile, dei corrispettivi contrattualmente fissati tra le parti.
Ci vuol dire che se un soggetto cede un terreno edificabile, vero che
leventuale plusvalenza si determina sottraendo dal corrispettivo contrattualmente fissato il costo sostenuto per lacquisto del bene, ma questo dato non rileva ai fini reddituali in sostituzione del corrispettivo pattuito, n rileva il valore del bene anche se diverso dal prezzo di vendita, in quanto la ricchezza da assoggettare allIrpef rappresentata dallarricchimento effettivo ottenuto dal contribuente e non da quello potenzialmente ottenibile. Rientra nellautonomia contrattuale delle parti fissare un prezzo
di vendita che sia inferiore al valore di mercato, anche se spesso in questi casi gli Uffici fiscali operano delle rettifiche basate sul valore normale, presumendo che il corrispettivo invocato nel contratto sia fittizio.
Oltre ai redditi in denaro sono tassati anche i redditi in natura, per la valutazione dei quali vale la regola del valore normale del bene o del servizio da cui sono
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costituiti. Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza, al medesimo stadio di commercializzazione, nello stesso tempo e nello stesso
luogo.
Se oggetto della tassazione Irpef il reddito di un soggetto, appare coerente
che il legislatore si sia preoccupato di dare rilievo anche alle perdite subite da una
persone fisica ed in particolare le perdite derivanti dallesercizio di impresa e
dallesercizio di arti e professioni (sulla imputazione delle perdite delle societ di persone vedi infra par. 6).
Le perdite possono essere utilizzate per abbattere il reddito complessivo, cd.
compensazione orizzontale, se relative allesercizio di imprese in regime di contabilit semplificata e dallesercizio di arti e professioni. Con riguardo alle perdite derivanti dallesercizio di impresa commerciale individuale (in regime di contabilit ordinaria) e dalla partecipazione in societ in nome collettivo e in accomandita semplice
sono, invece, suscettibili solo di compensazione verticale, cio di ridurre il reddito
dimpresa degli esercizi successivi (non oltre il quinto).
Il meccanismo del riporto delle perdite in avanti, operando in deroga al criterio ordinario di imputazione temporale dei componenti del reddito, consente di
calcolare in diminuzione dei redditi (della stessa categoria) nei successivi periodi di
imposta (fino al quinto), le perdite eccedenti il reddito del periodo nel quale si sono
formalmente determinate.
Nel calcolo del reddito complessivo non si considerano le fattispecie reddituali espressamente esentate dallimposta, i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva, nonch i redditi assoggettati a tassazione separata (di cui parleremo pi avanti).
Il reddito imponibile (base imponibile) si ottiene, infine, sottraendo dal
reddito complessivo i c.d. oneri deducibili.
La base imponibile un dato che consente di calcolare limposta lorda applicando ad esso le aliquote progressive per scaglioni di reddito previste dallart. 11
(attualmente sono previsti 5 scaglioni: fino a 15.000 23%; da 15.000 a 28.000
27%; da 28.000 a 55.000 38%; da 55.000 a 75.000 41%; oltre 75.000 43%).
Per esemplificare, se una persona fisica ha un reddito imponibile di 25.000 ,
limposta lorda (che pari a 6.150,00) si ottiene applicando laliquota del 23% su
15.000 di reddito e laliquota del 27% sulla restante somma di 10.000. Il numero e
la misura delle aliquote e degli scaglioni sono, tuttavia, oggetto di periodiche modifiche, dettate dallesigenza di incrementare o ridurre lincidenza dellimposta per i contribuenti.
Dallimposta lorda si ricava poi limposta netta, sottraendo, fino a concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste dalla legge. Limposta netta non coincide, tuttavia, con limposta da versare; questultima risulta dalla sottrazione dei crediti dimposta, delle ritenute dacconto subite e degli acconti dimposta gi versati.
4. Deduzioni dal reddito e detrazioni dallimposta lorda.
Oneri deducibili dal reddito complessivo e detrazioni dallimposta contribuiscono a conferire il carattere personale allIrpef, e danno rilievo a fattori che non influiscono sulla produzione dei singoli redditi di categoria, ma che incidono sulla determinazione della effettiva capacit contributiva del soggetto. Si tratta di tutti quegli
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oneri e spese che, a seconda della differente condizione familiare del contribuente,
investono in vario modo e con diversi effetti, la sua sfera familiare ed economica,
producendo una variazione della sua capacit contributiva. Spesso, infatti, il contribuente sopperisce con le proprie spese familiari di tipo sociale, sanitario, culturale o
umanitario, allinsufficienza dei servizi offerti dallo Stato.
Gli strumenti di personalizzazione del prelievo quali deduzioni dal reddito e
detrazioni dallimposta, proprio in quanto presuppongono una relazione personale
del contribuente con lapparato statale (data dalla residenza), sono applicabili solo in
minima parte ai soggetti passivi dellIrpef non residenti nel territorio dello Stato.
La detassazione di una parte del reddito impiegata per scopi ben determinati,
ed operata attraverso una deduzione dal reddito complessivo, ovvero attraverso una
detrazione dallimposta lorda, una scelta tecnica non neutrale. La deduzione incide
sulla base imponibile prima dellapplicazione ad essa delle aliquote progressive, con
un effetto di alleggerimento del prelievo tanto maggiore quanto pi elevato il reddito del contribuente (soggetto ad una aliquota progressiva marginale pi alta). La detrazione dallimposta invece determina un risparmio uguale per tutti i contribuenti a
prescindere dalla capacit reddituale.
Questo aspetto dellimposizione sul reddito soggetto a continue modifiche
legislative, giustificate spesso da scelte contingenti di politica tributaria (spesso quello
di incamerare un maggior gettito), difficilmente sindacabili per violazione del principio di capacit contributiva. Il legislatore ha, in questo campo, un certo margine di
discrezionalit sia nella scelta del metodo di deduzioni dal reddito o di detrazione
dallimposta, sia nellindividuazione degli oneri ammessi in deduzione o in detrazione,
al fine di personalizzare il prelievo nella direzione voluta.
La disciplina degli oneri deducibili contenuta nellart. 10, che elenca una
serie di spese e passivit da sottrarre al reddito complessivo del contribuente prima di
ottenere la base imponibile ed applicare le aliquote. In tal modo il legislatore attribuisce una particolare rilevanza ad alcuni bisogni della vita e ad alcune forme di destinazione della ricchezza al soddisfacimento di obiettivi di miglioramento sociale, sanitario, culturale o religioso della persona. Si tratta di spese che, solo indirettamente, possono rappresentare spese di produzione del reddito, e che, comunque, non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi.
Vi sono alcuni presupposti oggettivi e soggettivi di deducibilit. In primo luogo lelencazione legislativa degli oneri deducibili tassativa. Essi sono indicati nella
dichiarazione, e devono essere adeguatamente documentati, bench la documentazione non debba essere allegata alla dichiarazione ma conservata dal contribuente ed
esibita a richiesta in caso di controllo. Per tutti gli oneri, infine, si applica il principio
di cassa, secondo cui le spese possono essere sottratte dal reddito complessivo solamente se effettivamente sostenute nel periodo dimposta.
Lelenco degli oneri deducibili eterogeneo, ma possibile raggrupparli in
due grandi categorie che comprendono: spese personali (quali le spese mediche, gli
assegni corrisposti al coniuge, i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per
legge, i contributi alle forme pensionistiche complementari); spese socialmente rilevanti (quali contributi e donazioni a organizzazioni non governative per la lotta alla
fame nel mondo, erogazioni liberali per il sostentamento del clero, erogazioni liberali
a favore di istituzioni religiose). Si tenga presente che con riferimento a talune tipologie di spese sono previsti dei limiti massimi di deducibilit.
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Le detrazioni soggettive tengono conto della situazione familiare del contribuente (es. detrazioni per carichi di famiglia, cio per familiari a carico) e vengono
quantificate in modo forfettario dal legislatore. Vi sono poi detrazioni c.d. oggettive,
assegnate ai soggetti titolari di redditi di lavoro dipendente e autonomo. Le detrazioni oggettive rispondono ad una duplice finalit: quella di concorrere alla realizzazione della progressivit dellIrpef (c.d. progressivit per detrazioni), tant che esse
diminuiscono al crescere del reddito fino ad azzerarsi; quella di rappresentare una
sorta di riconoscimento forfetizzato delle spese inerenti la produzione del reddito,
ove queste non vengono ammesse in deduzione allinterno della categoria reddituale
(es. per i redditi da lavoro dipendente).
Oltre le predette detrazioni soggettive ed oggettive, prevista unelencazione
eterogenea di detrazioni per oneri effettivamente sostenuti dal contribuente.
Le detrazioni per oneri sono riconosciute con riferimento a spese non deducibili dai singoli redditi. La misura della detrazione attualmente fissata, nella maggior parte dei casi, in misura ridotta pari al 19% rispetto allimporto effettivo della
spesa sostenuta dal contribuente, con la previsione, per specifici oneri, di un limite
massimo di detraibilit. Ci significa che a fronte, ad esempio, di una spesa medica di
1.000 euro, il contribuente ottiene una detrazione di imposta di 190 euro, a prescindere dallentit del reddito complessivo dichiarato. Lelencazione degli oneri che consentono una detrazione dallimposta lorda comprende una serie eterogenea di casi,
con la funzione sociale di predisporre un regime di parziale detassazione per fattispecie ritenute meritevoli di tutela.
Le detrazioni descritte operano fino alla concorrenza con limposta lorda;
qualora il loro ammontare sia superiore, la differenza non rimborsabile o riportabile
dal contribuente in detrazione per il successivo periodo. Se quindi un contribuente
risulta avere unimposta lorda di 3.000 ed un ammontare di detrazioni di imposta
pari a 4.000, limposta netta sar pari a zero.
Nellambito di un sistema di progressivit per scaglioni, devono essere ricordati i concetti di aliquota media e aliquota marginale. Laliquota media si ottiene dal
rapporto tra imposta netta e reddito imponibile; laliquota c.d. marginale quella relativa al pi elevato scaglione di reddito.
5. Imposta netta, crediti dimposta ed acconti.
Limposta netta non corrisponde allammontare dellimposta da versare
allErario a titolo di Irpef, ma devono essere sottratti i versamenti gi eseguiti in acconto dellimposta e le ritenute subite alla fonte a titolo dacconto.
Occorre ancora portare in diminuzione dallimposta netta eventuali imposte
assolte allestero in via definitiva su redditi che hanno concorso a formare il reddito
complessivo Irpef.
Il credito per le imposte sui redditi pagate allestero a titolo definitivo calcolato in diminuzione dellimposta netta, e riconosciuto entro il limite dellimposta sul
reddito estero dovuta in Italia, in base al rapporto tra il reddito prodotto allestero
(che abbia concorso a determinare la base imponibile) e il reddito complessivo, al fine di evitare che il contribuente possa beneficiare di un credito superiore allimposta
italiana. In presenza di redditi prodotti in pi stati esteri il credito deve essere determinato separatamente per ogni singolo stato. In sostanza, il credito per le imposte
pagate allestero funziona come una detrazione dimposta.
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tivit ai fini delle imposte sui redditi (ma lo sono ai fini di altri tributi, quali lIva e
lIrap) e fungono da filtro tra lAmministrazione finanziaria ed il socio. Ladozione
del sistema di trasparenza, cio della diretta tassazione in capo al socio, evita la doppia imposizione economica (prima in capo alla societ sul reddito prodotto e poi in
capo ai soci sullutile percepito); fenomeno invece presente nel caso della tassazione
delle societ di capitali, che illustreremo in avanti.
La societ di persone, pur non essendo soggetto passivo ai fini delle imposte
sui redditi, deve adempiere a determinati obblighi formali, quali la tenuta delle scritture contabili e la presentazione della dichiarazione tributaria (senza evidenziare il debito tributario), che sono indispensabili per consentire lapplicazione dellimposta personale dovuta dal socio sulla quota di reddito societario ad egli imputabile. In poche
parole la societ determina il reddito, mentre i soci pagano il tributo.
Gli enti collettivi ai quali si applica questo regime sono le societ semplici, in
nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato, ed altri
soggetti ad esse equiparati ai fini delle imposte sui redditi (societ di armamento
equiparate alle societ in nome collettivo se costituite allunanimit, o alle societ in
accomandita semplice se costituite a maggioranza; societ di fatto equiparate alle societ in nome collettivo se hanno per oggetto lesercizio di attivit commerciale, o alle
societ semplici nel caso contrario; associazione di persone fisiche per lesercizio di
arti e professioni equiparate alle societ semplici).
Si considerano residenti le societ che per la maggior parte del periodo
dimposta hanno, nel territorio dello Stato, la sede legale o la sede
dellamministrazione o loggetto principale (determinato in base allatto costitutivo o
in base allattivit effettivamente esercitata).
Il reddito della societ considerato, ai fini fiscali, reddito del socio, della
stessa natura di quello della societ, e le regole di determinazione sono diverse a seconda che la societ abbia o non abbia per oggetto lesercizio di attivit commerciale.
I redditi delle societ di persone (e degli enti equiparati) che non esercitano
(neanche di fatto) unattivit di impresa commerciale ai sensi dellart. 55 Tuir, sono
soggetti alle regole proprie della categoria nella quale rientrano (redditi fondiari, redditi di lavoro autonomo, redditi di capitale, redditi diversi). I redditi delle societ in
nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che
sia loggetto sociale, sono considerati (per presunzione assoluta) redditi dimpresa e
determinati secondo le norme relative a tale categoria (art. 6, comma 3, Tuir); reddito
dimpresa considerato anche quello di altre societ di persone che esercitino
unimpresa commerciale.
Come gi detto, il principio di trasparenza si sviluppa nella regola secondo la
quale i redditi delle societ menzionate sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione. Ci vuol dire che il reddito prodotto dalla societ si considera fiscalmente ripartito tra i soci a prescindere dalla sua effettiva distribuzione. Va
rammentato al proposito che nelle societ di persone (a differenza delle societ di capitale) non necessaria una delibera di distribuzione degli utili, avendo i soci diritto
di percepire la loro parte di utili immediatamente dopo lapprovazione del rendiconto
(art. 2262 c.c.).
La attribuzione del reddito ai soci avviene proporzionalmente alla quota di
partecipazione agli utili risultante dallatto pubblico o dalla scrittura privata autentica-
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liare deve attestare nella propria dichiarazione di aver prestato la sua attivit
nellimpresa in modo continuativo e prevalente.
Il reddito dellimpresa familiare determinato con le regole proprie del reddito dimpresa, ma le quote imputate ai collaboratori in base al principio di trasparenza
(indipendentemente dalla percezione) sono qualificate come reddito da partecipazione. Ne consegue anche che il criterio adottato per la imputazione di una parte degli
utili ai familiari collaboratori non vale per le perdite che sono riferite esclusivamente
allimprenditore.
7. Redditi tassati separatamente.
Il metodo di applicazione dellIrpef che abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti quello ordinario, e si applica in tutti i casi in cui non previsto, in via di eccezione, un metodo alternativo.
Il sistema di tassazione ordinaria non prende in considerazione il diverso impegno o il tempo necessario alla produzione del reddito, ma si basa sullimputazione
del reddito ad un periodo dimposta al fine di tassarlo in quel periodo, considerando
rilevante solo il momento in cui si realizza il possesso del reddito. Questo principio
generale pu determinare una distorsione contraria al principio di eguaglianza tributaria per alcuni redditi straordinari a formazione pluriennale, per i quali il tempo di
maturazione copre pi periodi di imposta (classico esempio il Trattamento di fine
rapporto nellambito del lavoro dipendente). Tali redditi, se fossero sommati interamente al reddito complessivo del periodo in cui sono percepiti, subirebbero una imposizione fiscale ben pi onerosa (con lapplicazione dellaliquota marginale relativa
al periodo nel quale il contribuente ne entra in possesso) rispetto a quella che subirebbero se fossero tassati frazionatamente per ogni periodo di maturazione (e con le
aliquote vigenti in quei periodi).
La regola prevista dal legislatore per la tassazione dei redditi a maturazione
pluriennale, ma percepiti in un unico momento, quello di applicare limposta separatamente. Pertanto tali redditi non contribuiscono a formare il reddito complessivo
e la base imponibile nel periodo dimposta in cui sono percepiti.
Per esigenze di certezza, le fattispecie di reddito a formazione pluriennale
soggette a tale regime sono tassativamente elencate (art. 17, Tuir), lasciando al contribuente (in alcuni casi) la facolt di applicare il regime di tassazione ordinario sommando il reddito pluriennale a quello complessivo del periodo.
Limposta si calcola applicando aliquote (non predeterminate) variabili in base
al reddito degli anni precedenti, e la liquidazione dellimposta, in linea generale, non
effettuata dal contribuente bens dallAmministrazione finanziaria, che provvede a riscuoterla mediante iscrizione a ruolo.
Per regola generale la base imponibile costituita dallammontare del reddito,
e laliquota da applicare unaliquota media calcolata in base al reddito del biennio
precedente. In particolare laliquota da applicare quella corrispondente alla met del
reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore al periodo in cui
sorto il diritto alla percezione. Se in uno dei due anni anteriori non risulta reddito imponibile, laliquota quella corrispondente alla met del reddito complessivo netto di
un solo anno. Se in entrambi gli anni precedenti non vi stato reddito imponibile,
laliquota quella minima stabilita per il primo scaglione di reddito (art. 21, Tuir).
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persone fisiche che esercitano una attivit commerciale mediante una stabile organizzazione).
I redditi di capitale si considerano prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso (il che implica che limpiego del capitale dal quale deriva il reddito sia stato effettuato in Italia).
Di regola i redditi di capitale corrisposti a soggetti non residenti sono assoggettati a
ritenuta alla fonte a titolo dimposta del 26% (per i redditi percepiti prima del luglio
2014, laliquota era del 20%).
Per i redditi da lavoro assume rilevanza il luogo ove svolta lattivit (es. redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, redditi di lavoro autonomo derivanti da attivit esercitate nello Stato, reddito dimpresa esercitata nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione). Il reddito dei professionisti non
residenti assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 30%, effettuata dal
soggetto residente che corrisponde il compenso.
Per i redditi diversi valgono, in parte, le regole su esposte, pertanto si considerano prodotti nel territorio dello Stato se derivanti da attivit svolte nel territorio e
se derivano da beni che si trovano nel territorio.
Anche i redditi di partecipazione in societ di persone o in societ di capitali
che abbiano optato per il regime della trasparenza fiscale, se corrisposti a soci, associati o partecipanti non residenti, si considerano prodotti nel territorio dello Stato.
Per i soggetti non residenti che esercitano attivit dimpresa fondamentale,
ai fini della localizzazione del reddito in Italia, lesistenza di una stabile organizzazione nel territorio Italiano.
Solo di recente stata introdotta nel nostro ordinamento la definizione della
nozione di stabile organizzazione sulla base di criteri desumibili dagli accordi internazionali contro le doppie imposizioni (art. 162, Tuir). Tale definizione costruita sulla
base di quella contenuta nellart. 5 del Modello di convenzione contro la doppia imposizione predisposto dallOrganizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Si stabilisce che lespressione stabile organizzazione designa una sede
fissa di affari per mezzo della quale limpresa non residente esercita in tutto o in parte
la sua attivit sul territorio dello Stato.
Fermo restando il principio generale che in caso di contrasto le norme convenzionali stipulate tra gli stati prevalgono sulla norma interna, le disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi si applicano, se pi favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione (art. 169).
Le caratteristiche che contraddistinguono la stabile organizzazione sono
lesistenza materiale di una sede fissa intesa in senso tecnico come luogo o struttura a
disposizione per lesercizio dellimpresa; e leffettivo esercizio di unattivit, rientrante
tra quelle di impresa, per mezzo della installazione fissa. Il senso che vi deve essere
una connessione fisica tra il luogo di esercizio dellattivit ed il territorio; ed il carattere della stabilit dellorganizzazione implica che essa possa essere utilizzata in modo
durevole per lo svolgimento dellattivit dimpresa. In generale si identificata la stabile organizzazione con la sede fissa di affari in cui limpresa eserciti in tutto o in
parte la sua attivit (sono esempi di stabile organizzazione: una sede di direzione,
una succursale, un ufficio, unofficina, un laboratorio, una miniera, una cava o un altro luogo di estrazione di risorse naturali, un cantiere di costruzione o di montaggio;
ecc.).
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Limposta si applica alle persone fisiche non residenti sul reddito complessivo
prodotto nel territorio dello Stato e determinato con le regole previste per i soggetti
residenti, ma sono previste alcune limitazioni alla spettanza di oneri deducibili e detrazioni dallimposta.
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zione della relativa rendita per la formazione delle tariffe destimo. Lunit di misura
per liscrizione in catasto dei terreni la particella, intesa come una porzione di terreno situata interamente in un Comune, uniforme per qualit e classe; per i fabbricati si
fa riferimento ai vani catastali delle unit immobiliari urbane, quali parti di immobili
potenzialmente produttive di un reddito proprio.
Per motivi di equit e giustizia la tassazione dei redditi immobiliari richiederebbe il periodico aggiornamento delle tariffe destimo e delle rendite catastali che
costituiscono il punto di partenza per la determinazione del reddito fondiario. Tale
esigenza resa ancor pi rilevante dalla rilevanza assunta negli ultimi anni dalla tassazione patrimoniale sugli immobili, che si basa sul valore catastale ottenuto anchesso
partendo dalla rendita catastale. La stessa rendita utilizzata, infine, anche per determinare il valore fiscale di riferimento ai fini dellapplicazione delle imposte sui trasferimenti degli immobili.
Da anni si discute dellurgenza di una riforma del catasto incentrata sulla definizione di nuovi criteri per la determinazione del valore degli immobili e della loro
redditivit con lobiettivo di avvicinarli a quelli reali di mercato. Lattuale sistema in
vigore dagli anni 60 ed ha subito una revisione negli anni 90 con il solo aggiornamento delle tariffe destimo.
La recente legge n. 23, dell11 marzo 2014, contenente delega al Governo per
la revisione del sistema fiscale, prevede allart. 2, la revisione del catasto dei fabbricati,
con lobiettivo di correggere le attuali sperequazioni. Lattuale regime basato
sullattribuzione al fabbricato di una rendita, mentre la delega prevede lattribuzione a
ciascuna unit immobiliare sia di un valore patrimoniale medio ordinario che di una
rendita media ordinaria.
Tra i principi e criteri direttivi da applicare per la determinazione del valore
catastale degli immobili la delega indica, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonch la determinazione del valore patrimoniale utilizzando
come unit di misura non pi il numero di vani ma le dimensioni in metri quadri.
Lintenzione , poi, quella di determinare le nuove rendite attraverso un processo
estimativo sempre basato sulla superficie dellunit immobiliare, facendo riferimento
ai valori di mercato, al valore medio dei redditi di locazione, alla localizzazione e caratteristiche edilizie dei beni.
Il reddito dominicale quella parte del reddito medio ordinario che, figurativamente, si ritrae dalla terra nel suo stato naturale e dal capitale in essa stabilmente
investito; determinato catastalmente applicando le tariffe destimo stabilite in relazione alle caratteristiche del terreno, ed imputato al possessore del fondo (a titolo di
propriet o di altro diritto reale di godimento) a prescindere dalleffettiva percezione,
nonch dalleffettiva coltivazione del fondo (reddito potenzialmente ritraibile dal terreno mediante una attivit agricola svolta su di esso).
Anche se quello dominicale un reddito potenziale e non effettivo, assumono rilevanza alcuni eventi (naturali o provocati dalluomo) che causano delle variazioni nella sua determinazione.
Si hanno variazioni in aumento o in diminuzione con la introduzione di una
qualit di coltura di maggiore o minor reddito rispetto a quella allibrata in catasto;
mentre provoca una variazione in diminuzione la perdita di capacit produttiva del
terreno per naturale esaurimento o per altra causa di forza maggiore. Tali variazioni,
che danno luogo ad una revisione del classamento del terreno, devono essere denun-
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Sebbene il reddito dei fabbricati sia di regola determinato con il metodo catastale (in base alle potenzialit produttive del bene), se il reddito effettivo ricavato
dallutilizzazione produttiva del bene prevale se superiore, esso prevale sul reddito
catastale (art. 37, Tuir).
Ci si ottiene differenziando i criteri di determinazione del reddito imponibile
delle unit immobiliari locate (che producono un reddito effettivo), rispetto a quelle
non locate (per le quali vige il criterio catastale). Per le unit immobiliari concesse in
locazione il reddito imponibile quello effettivo se superiore a quello catastale, ed
costituito dallammontare del canone pattuito nel contratto (anche se non effettivamente percepito), ridotto forfetariamente del 15% (quale riconoscimento dei costi di
manutenzione del bene).
Per le unit immobiliari non locate, si prospetta la possibilit di una loro
esclusione dalla tassazione se si tratta di fabbricato utilizzato direttamente dal titolare
come abitazione principale, ovvero di un aggravio della tassazione rispetto alla determinazione catastale del reddito per i fabbricati posseduti dal contribuente in aggiunta a quello adibito ad abitazione principale o allesercizio di arti e professioni o di
impresa commerciale.
Nel primo caso limmobile non determina un reddito imponibile per il contribuente (nel modello Unico, infatti, pur evidenziandosi la rendita dellabitazione
principale nel quadro relativo ai redditi fondiari, si opera una deduzione dal reddito
complessivo di importo pari allammontare della rendita catastale). Nel secondo caso,
invece, la rendita catastale aumentata di un terzo, e si colpisce una capacit contributiva costituita dalla disponibilit del fabbricato o dallutilizzo personale di esso, anche come residenza secondaria, da parte del possessore o dei suoi familiari.
Resta da precisare che non sono produttivi di reddito fondiario determinato
catastalmente gli immobili situati allestero (sia terreni che fabbricati). Tali redditi sono imponibili come redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. g; art. 70, Tuir), e per la loro quantificazione si fa riferimento alla valutazione effettuata nello Stato estero, fermo restando il riconoscimento del credito di imposta in base allart. 165 Tuir.
1.1 La non imponibilit ai fini Irpef degli immobili assoggettati ad IMU.
Dobbiamo, a questo punto, precisare che con lintroduzione dellImposta
municipale sugli immobili (IMU), stato nettamente modificato il sistema di tassazione degli immobili ai fini delle imposte sui redditi.
LImu un tributo di natura patrimoniale, che si applica sul valore catastale
degli immobili, con unaliquota che varia dal 4 al 7,6 per mille.
Lintroduzione di tale imposta ha avuto come obbiettivo quello di concentrare la tassazione connessa al possesso degli immobili allinterno di un unico tributo, il
cui soggetto attivo il Comune nel quale ubicato limmobile. In questa prospettiva,
si stabilito che lapplicazione dellImu sui terreni o sui fabbricati ha effetto sostitutivo delle imposte sui redditi, salvo che per gli immobili dati in locazione, i cui canoni
concorrono a formale il reddito imponibile Irpef (art. 8, d.lgs. n. 23/2011).
Il contribuente deve segnalare il possesso del bene immobile nella dichiarazione dei redditi, evidenziando lassoggettamento dello stesso ad Imu, senza far concorrere la rendita catastale alla formazione del reddito complessivo Irpef.
Nel caso di immobili dati locazione non si determina leffetto sostitutivo
dellImu, quindi il contribuente dovr versare lIrpef sul canone di locazione annuo.
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Su questultimo punto si precisa che, per le locazioni intercorse tra persone fisiche, a decorrere dal 2011, previsto un regime di tassazione sostitutiva dellIrpef di
tipo opzionale, in base al quale il locatore pu scegliere di versare unimposta sostitutiva del 21% sul canone pattuito (tale imposta ridotta al 15% per le locazioni a canone concordato). La logica della tassazione sostitutiva dei canoni di locazione
quella di incentivare i contribuenti a dichiarare la locazione degli immobili (emersione
degli affitti in nero), in quanto essa molto meno onerosa della tassazione ordinaria
Irpef. Linnovazione in questione non ha per ad oggi portato gli effetti sperati, in
quanto i canoni di locazione dichiarati sono rimasti pressoch invariati; ci conferma
che lincremento o la riduzione della pressione fiscale non ha una immediata ricaduta
sullevasione. Per ridurre il fenomeno delle locazioni in nero occorrerebbe predisporre un sistematico piano di controlli sul campo da parte degli enti impositori (basta ad
esempio acquisire i consumi per le utenze attivate sullimmobile per contestare la
qualifica di immobile a disposizione dichiarata dal contribuente).
Di recente, con lintento di incrementare il gettito dellIrpef (segnatamente
per compensare la perdita di gettito dovuta allesenzione Imu dellabitazione principale), si stabilito che leffetto sostitutivo Imu/Irpef viene meno per gli immobili
abitativi non locati situati nel medesimo Comune in cui il proprietario possiede
labitazione principale. In tal caso il 50% del reddito catastale del fabbricato concorre
a formare il reddito fondiario imponibile Irpef (art. 1, comma 717, L. n. 147/2013).
2. Redditi di capitale.
2.1 Definizione e regole generali.
La disciplina fiscale dei redditi di capitale costituita da un complesso di
norme molto articolato, frutto dellesigenza di adeguare le regole impositive alle regole economiche (e giuridiche) del mercato, con formule idonee sia a prevenire fenomeni di elusione fiscale, sia a incentivare o disincentivare determinate forme di investimento in funzione degli obiettivi di politica economica.
La disciplina dei redditi di capitale (con particolare attenzione alla qualificazione, classificazione e determinazione) non preceduta da una definizione generale,
bens vengono elencati analiticamente i proventi ottenibili dallinvestimento di una
somma di denaro ed attratti a tassazione con una denominazione comune (art. 44).
La suddetta elencazione comprende fattispecie eterogenee nella cui descrizione non si ravvisano elementi distintivi comuni, ed una formula residuale di chiusura
(art. 44, comma 1, lett. h), che include fra i redditi di capitale gli interessi e gli altri
proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto limpiego del capitale, esclusi i
rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.
Pur considerando le difficolt di individuare una identit concettuale del reddito di capitale e di inquadrare in un modello unitario tutte le fattispecie contemplate,
vi un elemento che la caratterizza, costituito dalla comune fonte economica del
reddito, ossia dallimpiego in senso lato (effettivo o potenziale) di un capitale.
Rientrano nella categoria dei redditi di capitale tutti i frutti o proventi normali
dellimpiego del capitale, ancorch non necessariamente (pre)determinati o
(pre)determinabili (redditi certi nellan, anche se non nel quantum). Sono compresi i
proventi variabili ma non anche quelli incerti o aleatori, con riferimento ai quali la
realizzazione del reddito caratterizzata, non solo, come per quelli variabili,
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allaliquota minima Irpef (lasciando in vigore laliquota del 12,5%, come detto sopra,
ai soli casi in cui si riteneva necessario un basso livello di tassazione al fine di incentivare specifiche modalit di risparmio).
A meno di tre anni dalla suddetta revisione della tassazione delle rendite finanziarie, il legislatore nuovamente intervenuto in tale materia, nellambito delle
misure di risanamento della finanza pubblica utilizzando la leva fiscale. Con il d.l. n.
66 del 2014 contenente disposizioni in materia di spending review laliquota del 20%
stata aumentata al 26% (ben al di sopra dellaliquota minima Irpef), con riferimento a
ritenute ed imposte sostitutive su redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria (c.d. capital gains), confermando laliquota ridotta al 12,5% per i titoli di stato.
2.1. Redditi di capitale derivanti da rapporti di finanziamento.
possibile individuare due macrocategorie di reddito di capitale.
I proventi derivanti da rapporti di finanziamento produttivi di interessi,
percepiti come controprestazione in un rapporto contrattuale che ha per scopo quello di mettere a disposizione di un soggetto una somma di denaro o altra cosa fungibile consentendone lutilizzo, per ottenere alla scadenza la restituzione della stessa
quantit (mutuo, deposito, conto corrente). Il frutto del capitale (reddito imponibile)
individuato nellinteresse o altro provento corrisposto per lutilizzo della somma,
stabilito (prevalentemente) in misura fissa e sempre svincolato dal rischio dimpresa.
La tassazione avviene mediante un regime di ritenute alla fonte ed imposte sostitutive, ovvero mediante il regime del risparmio gestito.
Sugli interessi derivanti da mutui, depositi e conti correnti bancari o postali,
corrisposti a persone fisiche non imprenditori, i soggetti eroganti operano una ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26% (salvo il regime del risparmio gestito).
Tra i redditi di capitale sono compresi gli interessi e gli altri proventi delle
obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari,
nonch dei certificati di massa.
Sui proventi delle obbligazioni e titoli similari si applica una ritenuta con
laliquota del 26%. Lapplicazione dellimposta avviene ad opera degli intermediari.
Tra i redditi di capitale, ed equiparati ai proventi dei titoli obbligazionari, vi
sono anche i differenziali positivi derivanti dalle operazioni di riporto e di pronti contro termine su titoli e valute.
Rientrano nella categoria le rendite perpetue che costituiscono in capo ad
un soggetto il diritto alla prestazione periodica di una somma di denaro o di una
quantit determinata di cose fungibili, quale corrispettivo dellalienazione di
unimmobile o della cessione di un capitale; e le altre prestazioni perpetue, purch
sussista il connotato tipico della rendita che lindeterminatezza nel tempo.
Costituisce reddito di capitale il corrispettivo del contratto di garanzia con il
quale un soggetto garantisce ladempimento dellobbligazione di un terzo verso il suo
creditore, obbligandosi personalmente nei confronti di questultimo (fideiussione); o
il corrispettivo di altro contratto di garanzia.
I redditi costituiti da rendite e prestazioni annue perpetue, compensi per prestazioni di fideiussione o altra garanzia, utili da associazione in partecipazione e da
contratti di cointeressenza, sono assoggettati a ritenuta dacconto con laliquota del
26%.
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Sono redditi di capitale i proventi derivanti dalle gestioni patrimoniali collettive, in virt del conferimento di denaro alla societ di gestione (acquisendo quote
del fondo di investimento) che provvede ad investire in attivit finanziarie.
2.2. Redditi di capitale derivanti dalla partecipazione in societ.
Tra le pi comuni fattispecie di reddito di capitale vi sono gli utili derivanti
dalla partecipazione in societ ed enti (dividendi societari). Sono tali i proventi derivanti da capitali impiegati in attivit finanziarie di partecipazione al capitale o al patrimonio di societ ed enti soggetti allIres, che comportano una partecipazione agli
utili (art. 44, comma 1, lett. e, Tuir).
Sono esclusi gli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di societ di capitali, che si considerano redditi di lavoro autonomo (art. 53, comma 2, lett. d, Tuir),
e quelli conseguiti dal dipendente della societ, che si considerano reddito di lavoro
dipendente.
Sono assimilati agli utili derivanti dalla partecipazione in societ: i corrispettivi
di un contratto di associazione in partecipazione (art. 2549 c.c.), o di un contratto di
partecipazione agli utili e alle perdite di unimpresa (art. 2554 c.c.). Tali proventi costituiscono reddito di capitale a condizione che la controprestazione non sia costituita
esclusivamente da lavoro (art. 44, comma 1, lett. f, Tuir). Il regime di tassazione degli
utili degli associati in partecipazione stato equiparato a quello dei dividendi. Il corrispettivo dellassociato che fornisce esclusivamente una prestazione di lavoro considerato reddito di lavoro autonomo (art. 53, comma 2, lett. c, Tuir).
Il regime degli utili da partecipazione applicato anche ai frutti dei titoli e degli strumenti finanziari considerati similari alle azioni (art. 44, comma 2, lett. a, Tuir).
Sono tali i titoli e gli strumenti finanziari, emessi da societ ed enti soggetti allIres, la
cui remunerazione collegata esclusivamente al risultato economico della societ e
dellaffare in relazione al quale sono emessi. I proventi di tali strumenti finanziari sono, pertanto, assimilati ai dividendi.
Il regime fiscale dei redditi derivanti dalla partecipazione in societ (dividendi)
, necessariamente, coordinato con il sistema di tassazione degli utili in capo ai soggetti passivi Ires, prevedendo un meccanismo finalizzato ad evitare la doppia imposizione della ricchezza prodotta tramite unimpresa esercitata in forma societaria, e
successivamente distribuita ai soci sotto forma di dividendi (questo aspetto verr approfondito nel capitolo sullIres).
Dobbiamo, per, avvertire che la doppia imposizione evitata, di regola, solo
parzialmente da un regime di non imponibilit dei dividendi, in base al quale gli utili
distribuiti da soggetti passivi Ires concorrono a formare il reddito complessivo limitatamente al 49,72% del loro ammontare. Con ci evidente che il prelievo fiscale sul
dividendo duplica in parte limposta gi pagata dalla societ, configurando una autonoma manifestazione di capacit contributiva in capo al socio, sulla quale si ha un effetto di doppia imposizione economica.
In alternativa a questo regime prevista una forma di tassazione attenuata per
i contribuenti che percepiscono dividendi in relazione a percentuali modeste di partecipazioni societarie.
Si tratta di utili percepiti in relazione a partecipazioni non qualificate perch inferiori ai limiti previsti dalla legge (laddove le partecipazioni che superano le
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soglie sono definite qualificate e gli utili corrisposti in relazione ad esse concorrono a
formare il reddito complessivo imponibile del socio persona fisica nei limiti predetti).
Su tali utili si applica una ritenuta a titolo di imposta con laliquota del 26%.
Il limite stabilito in ragione del peso della partecipazione nella gestione societaria, valutato in base al rapporto percentuale con i diritti di voto esercitabili in assemblea (soglia del 2% o del 20%) o con il capitale o patrimonio sociale (soglia del
5% o del 25%), ed in base alla natura dei titoli (per quelli negoziati in mercati regolamentati valgono le percentuali maggiori, e per le altre partecipazioni valgono le soglie
percentuali minori) (art. 67, Tuir) (sulla nozione di partecipazione qualificata e non
qualificata torneremo esaminando la categoria dei redditi diversi).
Le modalit di tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori variano, pertanto, in relazione alle caratteristiche della partecipazione. Si
possono distinguere due metodi di tassazione: gli utili derivanti da partecipazioni qualificate concorrono a formare la base imponibile della persona fisica limitatamente al
49,72% del loro ammontare (regime ordinario di tassazione con le aliquote progressive) (art. 47, comma 1, Tuir); se la partecipazione non qualificata la societ che eroga
il dividendo applica una ritenuta a titolo dimposta del 26% (regime sostitutivo obbligatorio, salva la opzione per il regime del risparmio gestito) (art. 27 d.p.r. n. 600 del
1973).
Il nuovo meccanismo della esclusione (parziale) del dividendo dalla base imponibile del socio giustificato da una tassazione congrua dellutile societario in capo alla societ erogante (prelievo definitivo al momento della produzione). Per questo motivo stata prevista limponibilit integrale degli utili provenienti da societ residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato (non compresi nelle nuove white
list) che non consentono un adeguato scambio di informazioni e non prevedono un
livello di tassazione adeguato a quello applicato in Italia (art. 168-bis, Tuir); salvo il
caso in cui sia dimostrato, esercitando il diritto di interpello (art. 167, Tuir), che dalle
partecipazioni non consegue leffetto di localizzare i redditi in stati o territori in cui
sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.
3. Redditi di lavoro dipendente.
3.1. Definizione e fattispecie assimilate.
Prima di esaminare la categoria dei redditi di lavoro dipendente, opportuno
ricordare gli elementi che, civilisticamente, qualificano la prestazione di lavoro subordinato nellambito dellimpresa o di altro rapporto di lavoro (v. artt. 2094 e 2239
c.c.), ovvero la collaborazione nellimpresa, prestata con il proprio lavoro intellettuale
o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dellimprenditore (o di altro datore di
lavoro), contro la corresponsione di una retribuzione.
La definizione di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali (art. 49, Tuir),
pur non richiamando espressamente lart. 2094 c.c., evoca la nozione civilistica del
lavoro subordinato, atteso che lelemento caratterizzante tale categoria reddituale il
vincolo di subordinazione. Tale elemento marca la distinzione tra il reddito di lavoro dipendente e quello di lavoro autonomo. In particolare il reddito di lavoro dipendente deriva da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi
qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio.
Ci implica un rapporto di lavoro allinterno del quale il dipendente fornisce la propria prestazione nel luogo e negli orari indicati dal datore di lavoro, rispettando tutte
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Un cenno infine meritano i compensi in natura (c.d. fringe benefits), cio i benefici integrativi della retribuzione (beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro,
o diritto di ottenerli da terzi), i quali concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente in modo forfettario. Tali benefici concorrono, di regola, a formare il reddito di
lavoro dipendente (anche se concessi al coniuge o ai familiari a carico del lavoratore),
e sono valutati non pi in base al costo specifico del bene o del servizio, ma in base
al valore normale. Per ragioni di semplificazione non sono tassati i benefici di modico valore; se il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati nel periodo inferiore a
complessivi 258,23 esso non concorre a formare il reddito; se superiore esso concorre interamente a formare il reddito.
La casistica dei benefici che possono essere concessi ai lavoratori particolarmente ampia, e per i casi pi comuni il legislatore detta regole specifiche. Ad
esempio, lutilizzo promiscuo di autovetture (e simili) si assume quale reddito con riferimento ad un valore forfetario pari al 30% dellimporto, corrispondente ad una
percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri annui, calcolato sulla base del costo
chilometrico di esercizio (al netto di quanto eventualmente corrisposto dal dipendente) desunto dalle tabelle dellAci.
La concessione di prestiti con tassi agevolati ai dipendenti, costituisce reddito
nella misura del 50% della differenza tra limporto degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e limporto degli interessi calcolati
al tasso effettivamente applicato.
Con riferimento alla concessione di immobili ai dipendenti in locazione, uso
o comodato, il valore normale dato dalla differenza tra la rendita catastale, aumentata delle spese inerenti al fabbricato (condominiali, di amministrazione, e anche delle
utenze non a carico del locatario), e quanto eventualmente corrisposto dal dipendente per il godimento del bene. Se il lavoratore ha lobbligo di dimorare nel fabbricato
(per svolgere la propria attivit lavorativa), la somma gi calcolata costituisce reddito
nei limiti del 30%.
4. Redditi di lavoro autonomo.
4.1. Definizione della categoria.
La definizione del reddito di lavoro autonomo (art. 53, Tuir), genericamente
individuato come quello derivante dallesercizio di arti e professioni, richiama implicitamente la disciplina civilistica del lavoro autonomo. La base normativa costituita
dal contratto dopera (art. 2222 c.c.) che ha per oggetto il compimento di unopera o
la prestazione di un servizio (con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di
subordinazione) che una parte assume rispetto ad unaltra, verso la prestazione di un
corrispettivo; di esso costituisce una specie il contratto dopera intellettuale (art. 2230
c.c.), che pu riguardare sia professioni intellettuali non protette, sia professioni intellettuali protette per lesercizio delle quali necessaria liscrizione in appositi albi o elenchi
(art. 2229 c.c.).
Caratteristica di queste fattispecie contrattuali la personalit della prestazione, cio il rapporto immediato tra la prestazione e il professionista che la effettua (intuitus personae).
Nel Tuir non contenuta una definizione di esercizio di arti e professioni
ma si tracciano solo i contorni di tale concetto, precisando che con esso si intende
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lesercizio per professione abituale, ancorch non esclusiva, di attivit di lavoro autonomo diverse da quelle commerciali (che producono reddito dimpresa).
Gli elementi che caratterizzano in positivo la nozione di reddito di lavoro autonomo sono, oltre la natura intellettuale dellattivit e il suo carattere di autonomia, i
requisiti della professionalit e abitualit, i quali richiedono che lattivit venga
svolta in modo regolare e stabile, e non occasionalmente. I redditi derivanti da attivit
di lavoro autonomo non esercitate abitualmente trovano la loro collocazione
allinterno della categoria dei redditi diversi.
Sulla base di quanto detto, i redditi di lavoro autonomo si distinguono dai
redditi di lavoro dipendente in virt dello svolgimento senza vincolo di subordinazione dellattivit; si distinguono dai redditi dimpresa in virt delloggetto dellattivit
svolta che diverso dallesercizio di imprese commerciali; e dai redditi diversi in virt
del carattere dellabitualit.
Lesatta qualificazione ai fini fiscali dellattivit svolta e conseguentemente del
reddito che ne deriva, di notevole importanza, in quanto sussistono differenti
adempimenti da porre in essere, diversi metodi di tassazione e diverse regole di determinazione della base imponibile.
Immaginiamo un soggetto che svolge lattivit di liquidatore di sinistri
allinterno dei locali di una compagnia assicurativa. Pur utilizzando le dotazioni
dellazienda, pur rispettando un orario di lavoro, egli non pu considerarsi un lavoratore dipendente in quanto svolge la sua attivit in piena autonomia, senza quindi un
vincolo di subordinazione. Il suo reddito di lavoro autonomo ed quindi obbligato
alla tenuta delle scritture contabili, subisce una ritenuta dacconto sui compensi riconosciuti dalla compagnia assicuratrice in misura fissa del 20%, e determina il reddito
sulla base del principio di cassa considerando compensi e spese. Se fosse stato ritenuto un lavoratore dipendente il regime fiscale sarebbe stato del tutto differente: inesistenza di scritture contabili, tassazione con ritenuta dacconto variabile il relazione al
corrispettivo annuo percepito, e irrilevanza di eventuali costi sostenuti, oltre la diversa entit della detrazione di imposta.
Con riguardo al confine tra le attivit dalle quali deriva un reddito di lavoro
autonomo e le attivit dalle quali deriva un reddito dimpresa il Tuir dispone un criterio residuale, nel senso che si in presenza di reddito lavoro autonomo quando non
si configurano i presupposti per la qualificazione del reddito dimpresa.
Occorre quindi verificare innanzitutto se sussistono i requisiti per la qualificazione dellattivit svolta come attivit dimpresa; in mancanza il soggetto pu considerarsi come tassabile quale lavoratore autonomo.
La linea di demarcazione tra attivit di impresa e attivit di lavoro autonomo
non ben chiara, in quanto nella categoria dei redditi dimpresa (art. 55, Tuir) rientra
anche il reddito che deriva dallesercizio di attivit in senso lato intellettuali, quando
sul lavoro personale prevale lorganizzazione dei fattori produttivi in forma di impresa.
tuttavia, certo che le attivit intellettuali protette, cio esercitabili previa
iscrizione ad un albo, generano reddito di lavoro autonomo, in quanto
lorganizzazione dei fattori produttivi non pu in ogni caso prevalere sulla figura del
titolare. Avvocati, commercialisti, notai, architetti, ingegneri, consulenti del lavoro,
medici, etc., sono, quindi, soggetti che producono reddito di lavoro autonomo, anche
se lattivit viene svolta per mezzo di studi organizzati con beni strumentali e perso-
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fisco rendendo difficile il loro occultamento (omessa dichiarazione) da parte del lavoratore autonomo (il sostituto, inoltre, non ha alcun interesse a sottrarsi
alladempimento fiscale per lui obbligatorio, perch tecnicamente non deve anticipare
nulla in quanto sottrae lammontare delle ritenute dai compensi che deve erogare).
5. Redditi diversi.
5.1. Caratteri della categoria.
La categoria dei redditi diversi ha un carattere residuale e complementare
rispetto alle altre. Essa, frutto dellimpostazione che permea tutta la disciplina
dellIrpef, costituita da una elencazione tassativa di fattispecie di reddito (art. 67,
Tuir) non classificabili altrimenti perch prive di collegamenti tra di loro e prive di
alcuni requisiti tipici delle altre categorie di reddito. Manca, quindi, una formula generica che riconduca a tassazione qualsiasi tipo di reddito non rientrante tra quelli
espressamente indicati.
Le fattispecie di reddito elencate dal legislatore rientrano in tale categoria a
condizione che non siano conseguite nellesercizio di arti e professioni o di imprese
commerciali o da societ in nome collettivo e in accomandita semplice, n in relazione alla qualit di lavoratore dipendente, altrimenti si applicano le regole previste per i
redditi di lavoro autonomo, per il reddito dimpresa, o per il reddito di lavoro dipendente.
Linsieme delle fattispecie di reddito accomunate nella categoria in esame pu
essere suddiviso, ai fini di una trattazione organica, in tre gruppi caratterizzati da profili comuni.
Nel primo gruppo rientrano i redditi costituiti dalle plusvalenze realizzate in
occasione del compimento di una operazione di cessione a titolo oneroso di beni
immobili; nel secondo gruppo rientrano i redditi costituiti dalle plusvalenze realizzate
in occasione della cessione a titolo oneroso di partecipazioni societarie; nellultimo
gruppo rientrano infine fattispecie eterogenee.
5.2. Plusvalenze da cessione di immobili.
Le plusvalenze immobiliari derivano da operazioni economiche che hanno ad
oggetto terreni e fabbricati.
Si tratta della ipotesi di lottizzazione di terreno o della esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e della successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli
edifici (art. 67, comma 1, lett. a). La lottizzazione edilizia costituita, sulla base di
elementi desunti dalla legislazione urbanistica, da qualsiasi attivit di utilizzazione del
suolo che (indipendentemente dal semplice frazionamento fondiario) preveda la realizzazione di edifici.
In questo caso, sebbene la plusvalenza non sia realizzata nel contesto di una
attivit economica continuativa, la si ritiene espressione di una capacit contributiva
in quanto collegata ad una attivit (lottizzazione del terreno o altre opere volte a renderlo edificabile) in senso lato speculativa, ovvero finalizzata ad ottenere un profitto.
Un altro tipo di plusvalenza immobiliare deriva dalla cessione a titolo oneroso
di immobili (terreni o fabbricati), entro il quinto anno dal loro acquisto o dalla loro
costruzione (art. 67, comma 1, lett. b). Non rilevano, a tali fini, le cessioni di immobili
acquistati per successione o adibiti ad abitazione principale (del cedente o dei suoi
familiari) per la maggior parte del periodo di possesso. La cessione di immobili acqui-
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siti per donazione produce plusvalenza se avviene entro cinque anni dalla data di acquisto da parte del donante. Tali plusvalenze sono assoggettate ad imposta secondo il
regime ordinario, con facolt di optare (allatto della cessione) per lapplicazione di
unimposta sostitutiva dellIrpef con aliquota del 20%.
Anche le plusvalenze che derivano dalla cessione di immobili entro il quinto
anno dal loro acquisto o dalla loro costruzione, sono tassate presumendo che il breve
lasso di tempo che intercorre tra i due momenti sia indice del fatto che acquisto e
successiva rivendita (per quanto non costituenti lattivit economica continuativa del
contribuente) siano state effettuate con intento speculativo. Per lo stesso motivo non
producono una plusvalenza tassabile la cessione di immobili acquisiti per successione, ovvero adibiti ad abitazione principale.
Sono comprese in ogni caso (a prescindere, cio, dal titolo di acquisto o dal
genere di utilizzo), tra i redditi diversi, le plusvalenze derivanti dalla cessione di un
terreno che sia suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Manca, in questo caso, unattivit del contribuente preordinata ad ottenere un vantaggio economico dalla cessione del bene ad
un prezzo superiore a quello di acquisto, ma la plusvalenza collegata alla qualit del
terreno (edificabilit). Tale plusvalenza, contrariamente alle ipotesi precedenti nelle
quali si applica il regime ordinario di tassazione, assoggettata a tassazione separata
(salve opzione per la tassazione ordinaria) (art. 17, comma 1, lett. g-bis).
Completa il quadro delle plusvalenze immobiliari limponibilit delle plusvalenze (non conseguite nellesercizio di impresa commerciale) realizzate dal contribuente in conseguenza della percezione di indennit di esproprio, o del corrispettivo
di una cessione volontaria nel corso di un procedimento espropriativo, o di somme
risarcitorie dovute a causa di una occupazione di urgenza divenuta illegittima, relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane (vedi art. 11
della L. 30 dicembre 1991, n. 413).
Anche in questo caso la plusvalenza non deriva da una attivit del contribuente che ha leffetto di far aumentare il valore di mercato dellimmobile; bens
dallesecuzione di un procedimento di espropriazione forzata per cause di pubblica
utilit, con il quale si trasferisce coattivamente il diritto di propriet sullimmobile
dallespropriato allespropriante. Tali plusvalenze sono tassate con una ritenuta a titolo di imposta del 20%.
La determinazione delle plusvalenze da cessione di immobili avviene calcolando la differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto o il costo di
costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene . Tali
proventi sono imputati al periodo dimposta nel quale sono percepiti in base al principio di cassa.
5.3. Plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie (capital gains).
In questo gruppo sono comprese le plusvalenze realizzate a seguito di cessione di partecipazioni societarie; si tratta di redditi finanziari derivanti dallimpiego del
capitale in rapporti che non garantiscono un risultato certo. Tali plusvalenze, definite
capital gains, sono assoggettate a regimi impositivi diversi, tenuto conto della natura
qualificata o non qualificata della partecipazione. Tale distinzione si basa su di un
criterio qualitativo che fa riferimento al tipo di partecipazione ceduta, ed un criterio
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quantitativo che fa riferimento al rapporto tra il valore della partecipazione e il capitale della societ.
importante ricordare che mentre la plusvalenza derivante dalla cessione di
una partecipazione sociale ad un prezzo superiore a quello di acquisto rientra nella
categoria dei redditi diversi, il frutto delle partecipazioni (dividendi e interessi) costituisce reddito di capitale.
Il tema della tassazione dei capital gains risente della necessit di conciliare la
funzione antielusiva delle disposizioni in materia, della volont di attrarre ad imposizione queste forme di reddito e dellesigenza di limitare gli effetti negativi
dellimposizione sui mercati delle partecipazioni societarie.
La nozione di partecipazione sociale qualificata basata su due parametri
alternativi: lammontare di capitale o di patrimonio che la partecipazione rappresenta;
e la percentuale di diritto al voto, esercitabile nellassemblea ordinaria, collegata alla
partecipazione. Ne deriva che si ha una cessione di partecipazioni qualificate quando
i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di
voto esercitabili nellassemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 % ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 %, secondo che si tratti di
titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni (art. 67, comma 1,
lett. c).
Sono state assimilate alle cessioni di partecipazioni qualificate le cessioni di
strumenti finanziari similari alle azioni la cui remunerazione costituita dalla partecipazione ai risultati economici della societ emittente, le cessioni di contratti di associazione in partecipazione in cui il valore dellapporto (che non sia costituito dal solo
lavoro) superiore al 5 o al 25% del patrimonio netto contabile (societ con titoli negoziati in mercati regolamentati o meno), e i contratti di cointeressenza agli utili.
Il superamento della soglia percentuale, che qualifica la partecipazione ceduta,
valutato in relazione a tutte le cessioni complessivamente effettuate (anche se nei
confronti di soggetti diversi) nellarco di dodici mesi - a nulla rilevando che ogni singola cessione abbia ad oggetto una partecipazione inferiore alle predette percentuali decorrenti dalla data in cui i titoli e i diritti posseduti dal contribuente superino le
percentuali di qualificazione.
Le regole di determinazione del reddito costituito da plusvalenze societarie
sono contenute nellart. 68. La plusvalenza derivante da ogni singola cessione (sia di
partecipazioni sociali qualificate che di partecipazioni non qualificate) costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo della partecipazione (se la differenza negativa si ha, ovviamente, una minusvalenza).
Il trattamento fiscale delle plusvalenze su partecipazioni societarie differenziato, e la loro tassazione pu avvenire applicando tre differenti regimi.
Il regime della dichiarazione (che implica la indicazione della plusvalenza
nella dichiarazione dei redditi) quello ordinariamente previsto per tutti i redditi diversi di natura finanziaria, lunico ammesso in caso di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate. Il metodo di tassazione quello ordinario, cio
la plusvalenza, determinata analiticamente considerando ogni singola transazione,
concorre a formare il reddito complessivo Irpef su cui si applicano le aliquote progressive.
La plusvalenza considerata imponibile (e la minusvalenza deducibile) limitatamente al 49,72% del suo ammontare, per attenuare il fenomeno della doppia impo-
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sizione economica. Tale regime rende il livello di tassazione della plusvalenza equivalente a quello dei dividendi. Le plusvalenze da cessione, infatti, di norma si realizzano
quando la societ partecipata ha prodotto utili, sui quali ha gi applicato lIres, e questi non vengono distribuiti. I soci che vendono la quota ad un prezzo superiore a
quello di acquisto, di fatto realizzano il risultato della gestione. In altre parole il prezzo di vendita delle azioni dipende dal fatto che alle stesse collegata una quota di utili
rimasti nel patrimonio della societ e ancora da distribuire. La plusvalenza pu essere
collegata ad utili futuri (e anche in questo caso la tassazione parziale necessaria per
attenuare una futura doppia imposizione economica), quando il socio, cedendo la
partecipazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto, monetizza utili futuri che
si produrranno grazie ad eventi verificatisi nel periodo di detenzione della partecipazione.
La cessione pu anche determinare una minusvalenza. Se le minusvalenze
sono superiore alle plusvalenze, leccedenza pu essere riportata nei periodi successivi (non oltre il quarto) in diminuzione di eventuali plusvalenze dello stesso tipo
(sempre entro il limite del 49,72 % del suo ammontare).
Con una regola corrispondente a quella prevista in materia di redditi di capitale, si stabilisce che concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile
le plusvalenze relative a partecipazioni in societ residenti in paesi o territori a regime
fiscale privilegiato.
Il regime della dichiarazione pu essere utilizzato anche per le plusvalenze
derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate; la plusvalenza, per,
soggetta ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con laliquota del 26%
(art. 5, d.lgs. n. 461 del 1997). Se nel corso del periodo di imposta si superano le percentuali oltre le quali si realizza una cessione di partecipazioni qualificate, limposta
sostitutiva eventualmente gi pagata portata in detrazione dallimposta complessivamente dovuta a titolo di tassazione ordinaria Irpef. Limposta sostitutiva non si applica se tali plusvalenze sono relative a partecipazioni in societ residenti in paesi o
territori a regime fiscale privilegiato.
Sono previsti, poi, due regimi opzionali per la tassazione delle cessioni di
partecipazioni non qualificate, alternativi al regime della dichiarazione ed applicabili alle condizioni previste dalla legge in presenza di un rapporto con un intermediario finanziario abilitato (artt. 6 e 7 del d.lgs n. 461 del 1997).
Nel regime del risparmio amministrato il contribuente ha facolt di optare
per lapplicazione dellimposta sostitutiva del 26 % sul risultato positivo (plusvalenza)
di ogni singola cessione, a condizione che i titoli o quote siano in custodia o in amministrazione presso intermediari professionali abilitati (ai quali deve essere comunicato lesercizio dellopzione). Se il risultato della cessione una minusvalenza, essa
computata in diminuzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze realizzate nelle successive operazioni poste in essere nellambito del medesimo rapporto di amministrazione e nello stesso periodo (o nei successivi non oltre il quarto).
Gli intermediari autorizzati sono tenuti ad effettuare il versamento
dellimposta sostitutiva, a rilasciare una attestazione dei versamenti effettuati, ed a
comunicare allamministrazione finanziaria, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei sostituti dimposta, lammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri proventi e quello delle imposte sostitutive applicate nellanno solare precedente.
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Il regime del risparmio gestito, il quale adottabile a condizione che il contribuente abbia conferito ad un soggetto abilitato, lincarico di gestire le proprie partecipazioni (gestione di masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non
relativi allimpresa). Limposta sostitutiva del 26% viene applicata dagli intermediari
sul risultato maturato della gestione, costituito dalla differenza tra il valore del patrimonio alla fine ed allinizio dellanno solare. Se il risultato della gestione negativo,
tale importo si riporta in diminuzione del risultato della gestione per i periodi successivi (non oltre il quarto).
La particolarit di questo regime di tassazione che esso accomuna il prelievo, mediante imposta sostitutiva, sui redditi diversi di natura finanziaria e sui redditi
di capitale derivanti dalle attivit finanziarie comprese nella massa patrimoniale affidata in gestione.
5.4. Altri redditi diversi.
Altre fattispecie comprese nella categoria dei redditi diversi derivano da operazioni economiche meno complesse, e le regole per la loro determinazione e tassazione sono pi semplici.
Le vincite di lotterie, concorsi a premio, giochi o scommesse organizzati per il
pubblico, sono redditi diversi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, e
costituiscono reddito per lintero ammontare percepito nel periodo senza alcuna deduzione (art. 30, d.p.r. n. 600 del 1973).
Sono redditi diversi i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente e i redditi dei beni immobili situati allestero. Si tratta dei redditi dei beni immobili che non sono e non devono essere iscritti in catasto, come tali, quindi, determinati nellammontare percepito dal contribuente e non applicando il metodo catastale previsto per la categoria dei redditi fondiari. Essi concorrono a formare il reddito complessivo dellesercizio in cui sono percepiti. I redditi dei beni immobili situati
allestero concorrono a formare il reddito complessivo del periodo in cui sono percepiti, nellammontare risultante dalla valutazione effettuata nello stato estero.
Lutilizzazione economica di opere dellingegno da parte di soggetti diversi
dallautore o inventore, e al di fuori dellesercizio di impresa commerciale, costituisce
reddito diverso per lammontare percepito nel periodo.
Sono redditi diversi quelli conseguiti grazie alla concessione dellusufrutto di
un immobile o alla sua sublocazione; quelli conseguiti tramite laffitto, la locazione o
il noleggio di veicoli, macchine o altri beni mobili; ed infine quelli conseguiti in seguito allaffitto e alla concessione in usufrutto dellazienda. Tali redditi sono costituiti
dallammontare percepito nel periodo dimposta al netto delle spese specificamente
inerenti alla loro produzione.
Infine, sono annoverati tra i redditi diversi, quelli derivanti da attivit commerciali o da attivit di lavoro autonomo non esercitate abitualmente (non inquadrabili nelle rispettive categorie tipiche per mancanza di uno dei requisiti previsti dalla
legge); e, con formula residuale, anche i redditi derivanti dallassunzione di obblighi
di fare, non fare o permettere.
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cedenza, invece, le regole per la determinazione del reddito dimpresa, sebbene dettate ai fini dellIrpef, risultavano applicabili, in ragione di espressi richiami contenuti nel
vecchio Tuir anche ai fini dellIrpeg.
Lo stesso art. 56, prevede, altres, che le medesime disposizioni valgono anche per le societ in nome collettivo e in accomandita semplice.
In definitiva, le norme sulla determinazione del reddito dimpresa, ancorch
siano quasi tutte collocate nel Titolo II del Tuir che contiene la disciplina dellIres, si
applicano anche ai soggetti Irpef titolari di reddito dimpresa.
Dobbiamo, per, avvertire che le societ di capitale sono obbligate dalla legislazione civilistica a redigere il bilancio di esercizio secondo lo schema previsto
dallart. 2423 c.c., e tale documento, come sar specificato nel capitolo sullIres, rappresenta il punto di partenza per la determinazione del reddito dimpresa.
Le imprese individuali, soggette ad Irpef, non sono invece obbligate alla redazione del bilancio. Pur mancando il bilancio, per le imprese individuali esiste comunque lobbligo di tenuta dei registri contabili, rappresentati dal libro giornale, ove vengono annotati tutti i fatti economici aziendali, ed dal libro inventari, ove viene descritto analiticamente il patrimonio dellazienda nelle sue componenti attive e passive
(art. 2214 c.c.). Solo i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) sono esonerati dalla tenuta
della contabilit. Quindi, per le imprese individuali soggette ad Irpef, che non redigono il bilancio di esercizio, il reddito di impresa si determina muovendo dalle risultanze della contabilit, ove, come detto, vi traccia di tutti quegli gli accadimenti economici aziendali che hanno una incidenza sulla determinazione del reddito di esercizio e del patrimonio.
In particolare, limprenditore individuale determina il reddito di impresa utilizzando i dati che risultano dalla contabilit, apportando le variazioni in applicazione della norme tributarie. Con riferimento ai piccoli imprenditori, che civilisticamente non sono obbligati alla tenuta della contabilit, la legislazione tributaria stabilisce comunque lobbligo di tenuta dei registri contabili che consentono di determinare
il reddito di impresa.
Ci posto, si rinvia la trattazione dei principi generali e delle regole riguardanti le specifiche compenti del reddito dimpresa al capitolo dedicato allImposta sul
reddito delle societ.
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Con riferimento ai soggetti passivi, lIres non si limita a tassare i redditi delle
societ di capitale, ma involge anche enti non societari, anche privi di personalit giuridica, ed enti che non svolgono attivit commerciale, nonch i trust.
In relazione alle differenti caratteristiche dei soggetti passivi coinvolti nel capo di applicazione del tributo, per, sono stati fissati diversi criteri di qualificazione e
di determinazione del reddito da essi prodotto, che tengono conto delle peculiarit
del soggetto.
Per le societ di capitali e gli enti commerciali, il reddito complessivo conseguito, da qualsiasi fonte provenga, considerato reddito di impresa. Per gli enti non
commerciali, la qualificazione e la determinazione del reddito imponibile assimilata
a quella delle persone fisiche nellIrpef. I redditi conseguiti dallente possono avere,
quindi, natura di redditi fondiari, di redditi di capitale, di redditi di impresa (che non
deve essere prevalente rispetto agli altri redditi) e di redditi diversi; tali redditi si determinano secondo le regole fissate per le rispettive categorie di appartenenza. Il reddito complessivo da assoggettare ad Ires , quindi, dato dalla sommatoria delle categorie di reddito realizzate dallente non commerciale.
Nel caso delle societ o enti non residenti la determinazione segue, alternativamente, le due modalit sopracitate, a seconda che ci si trovi innanzi a societ o enti
non residenti con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Gli enti
non residenti sono, comunque, tassati con lIres solamente per i redditi prodotti nel
territorio dello Stato.
In definitiva, il prelievo fiscale sulle societ ha oggi una nuova struttura, dettata anche dallesigenza di adeguamento alla attuale realt economica. Si passati, infatti, da societ con ristretta base partecipativa a societ con azionariato diffuso composto peraltro anche da soggetti non residenti. Per questi motivi, apparso ragionevole
abbandonare la considerazione del prelievo fiscale sulle societ quale imposta dovuta
a titolo di acconto ed accogliere un modello ove la tassazione dei redditi societari avviene in modo definitivo.
Va evidenziato, per, che il legislatore, per evitare una riduzione di gettito fiscale, nonch per prevenire comportamenti elusivi, ha stabilito che i dividendi distribuiti dalle societ siano esclusi solo parzialmente dalla tassazione Irpef in capo ai soci.
2. Presupposto e soggetti passivi.
Il presupposto dellIres costituito dal possesso di redditi, in natura o in denaro, rientranti nelle categorie previste dallart. 6 del TUIR.
Tali categorie di reddito rilevano anche ai fini dellIres, con la particolarit che
le societ e gli enti commerciali generano come detto - solo reddito dimpresa,
mentre gli enti non commerciali possono realizzare anche altre categorie reddituali.
Il concetto di possesso del reddito, in linea teorica, va inteso come una sua
acquisizione certa e definitiva nel patrimonio del soggetto. Tuttavia, leterogeneit
delle categorie di reddito fa s che il concetto di possesso di reddito venga inteso in
modo tale da includere differenti situazioni, tra cui evidenziamo le distinzioni tra
reddito al lordo o al netto delle spese, imputazione per cassa e per competenza, etc.
Generalmente, il requisito del possesso del reddito soddisfatto non qualora matura
il diritto alla percezione, ma quando si realizza leffettiva disponibilit (principio di
cassa). Nel caso del reddito dimpresa, tuttavia, la maturazione economica del reddi-
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Con specifico riferimento ai trust, va precisato che essi non rivestono la qualifica di soggetti passivi Ires qualora i beneficiari siano individuati ed abbiano diritto
alla percezione dei proventi realizzati dal trust. In tal caso i redditi conseguiti dal trust
sono imputati ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione o in parti
uguali.
3. La residenza e la commercialit dei soggetti passivi.
Per identificare il regime di tassazione dei soggetti passivi dellIres bisogna distinguere innanzitutto le societ e gli enti residenti in Italia da quelli non residenti;
quindi occorre distinguere gli enti commerciali da quelli non commerciali.
La distinzione tra enti residenti e non residenti di notevole importanza, in
quanto nel primo caso la societ o lente assolve il tributo sui redditi ovunque prodotti, mentre nel secondo caso solo su quelli prodotti allinterno del territorio dello
Stato.
Si considerano residenti le societ e gli enti che per la maggior parte del periodo dimposta hanno la sede legale, la sede amministrativa o loggetto principale
dellattivit nel territorio dello Stato italiano. La sede legale costituisce un elemento
che risulta nellatto costitutivo e nello statuto, oltre che dal registro delle imprese.
Lindividuazione della sede amministrativa presenta, invece, maggiori complessit, in
quanto si identifica con il luogo nel quale vengono effettivamente assunte le principali scelte strategiche per limpresa, luogo che generalmente si identifica nella sede della
direzione amministrativa. Per individuare la sede amministrativa assume rilievo, in
buona sostanza, il luogo ove vengono svolti i consigli di amministrazione della societ.
I predetti requisiti sono alternativi: non basta, quindi, avere la sede legale
allestero per non essere considerati residenti in Italia; ed infatti la fissazione della sede amministrativa o loggetto principale dellattivit nel territorio dello Stato (es. una
societ estera che possiede prevalentemente immobili in Italia e li concede in locazione) consente di assegnare la qualifica di soggetto residente.
Per evitare abusi fiscali, cio la sottrazione di materia imponibile prodotta da
soggetti sostanzialmente residenti in Italia, ma formalmente ubicati allestero (c.d. esterovestizione), e specificamente in territori aventi un regime fiscale privilegiato al fine di
beneficiare del basso livello di imposizione tributaria ivi previsto (es. il regime fiscale
della corporate tax inglese che prevede una imposizione del 20%), stata di recente inserita una apposita norma secondo cui si considera esistente in Italia la sede amministrativa di soggetti esteri (e di conseguenza vengono tassati ai fini Ires quali soggetti
residenti) che detengono partecipazioni di controllo in societ residenti in Italia, qualora: a) sono controllati anche indirettamente da soggetti residenti in Italia; b) sono
amministrati da un consiglio di amministrazione composto in prevalenza di consiglieri residenti in Italia.
In sostanza si tratta di due casi dai quali si presume che le decisioni gestionali
della societ estera vengono sostanzialmente assunte in Italia (o perch la propriet fa
capo a soggetti residenti in Italia, o perch i consiglieri di amministrazione risiedono
in Italia), al di l del dato formale circa la fissazione della sede amministrativa e il luogo di svolgimento dei consigli di amministrazione; la presunzione di esterovestizione
pu configurarsi anche quando gli amministratori di fatto risiedano in Italia (Cass.
n. 7080/2012). Tale norma individua, per, una presunzione relativa: quindi am-
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pregresse non ancora utilizzate. Se le perdite sono di un importo pari o superiore alla
rettifica dellUfficio (es. perdite pregresse 15.000 e maggior reddito accertato
12.000), nulla dovuto a titolo di maggiore imposta, perch il reddito imponibile resta pari a zero, ma si discute se sia comunque applicabile la sanzione per infedele dichiarazione, posto che comunque c stata una violazione di norme tributarie da parte
del contribuente. La Cassazione sostiene che la violazione di una norma in tema di
determinazione del reddito dimpresa (che non pu certo ritenersi violazione formale) legittimi la risposta punitiva dellordinamento, con applicazione della sanzione pecuniaria per infedele dichiarazione, determinata sulla base della imposta teoricamente dovuta, a prescindere dal fatto che il maggior imponibile conseguente alla predetta violazione venga assorbito dalla perdita pregressa (Cass. n. 13014/2011; n.
16333/2012; n. 6663/2014). Sarebbe, per, pi ragionevole prevedere lirrogazione di
una sanzione fissa, come nel caso dellomessa presentazione della dichiarazione
quando non sono dovute imposte (sanzione che va da 258,00 a 1.032).
8. Aliquota ordinaria e agevolata. Lincremento dellaliquota per le societ di
comodo.
Laliquota dellIres proporzionale al reddito realizzato dallente, ed fissata,
nella misura del 27,50 per cento. Tale aliquota si assesta intorno alla media di quella
prevista in altri Paesi europei.
Sono comunque previste agevolazioni, cio riduzioni dellaliquota, per le societ che operano nel Mezzogiorno dItalia, per quelle che intraprendono nuove attivit produttive localizzate nelle regioni del Sud.
Un particolare regime di favore previsto, altres, per le societ cooperative.
Queste, infatti, sono esenti dallimposta se svolgono attivit di produzione e lavoro.
La ratio dellesenzione Ires per le cooperative in questione risiede nel fatto che il reddito prodotto dallente viene utilizzato per remunerare i soci in relazione al lavoro
prestato e non per remunerare il capitale investito: vige, infatti, il divieto di distribuire
degli utili ai soci sia durante la vita dellente che al suo scioglimento. Vi , quindi, una
sostanziale differenza tra societ commerciali e societ cooperative a scopo mutualistico che ne giustifica il trattamento preferenziale sia sul piano costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., sia sul piano comunitario in relazione al divieto di
aiuti di stato (CGE 8 settembre 2011, causa n. 78/08).
Le restanti societ cooperative subiscono lapplicazione dellIres, eccetto per
la quota di utili accantonata in fondi di riserva non distribuibili ai soci (art. 12, l. n.
904/77). Con il d.l. n. 138/2011 (che per esigenze di incrementare il gettito tributario
intervenuto, tra laltro, riducendo le agevolazioni fiscali), questultima previsione
stata modificata, stabilendo che concorre a formare il reddito Ires il 10 per cento degli utili netti annuali pi una quota del 10 per cento degli utili destinati alla riserva
minima obbligatoria (che ammontano al 30 per cento, salvo differenti previsioni per
specifici settori di attivit, come nel caso delle banche di credito cooperativo per cui
la predetta percentuale fissata al 70 per cento).
Va menzionato, infine, lincremento dellaliquota Ires al 38 per cento per le
societ non operative dette anche societ di comodo cio quelle societ che vengono costituite non per svolgere unattivit economica, ma per consentire di intestare
ad essa beni il cui godimento spetta di fatto ai soci, con i conseguenti vantaggi fiscali
che ne possono derivare; pu ritenersi di comodo anche una societ alla quale ven-
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gono intestati beni fruttiferi allo scopo di non scontare la tassazione progressiva Irpef
in capo ai soci. Lincremento dellaliquota Ires per le societ di comodo risponde essenzialmente ad una logica punitiva, ma probabilmente eccessiva, in quanto bisogna
tenere conto che in sede di distribuzione degli utili i soci subiscono un ulteriori prelievo fiscale che sia aggiunge al 38 per cento gi scontato dalla societ.
Una societ viene qualificata non operativa, qualora il volume di ricavi realizzati sia inferiore alle soglie previste dallart 30, L. n. 724/1994, nonch, qualora pur
superando la soglia di ricavi minimi ivi prevista, esponga in dichiarazione perdite per
tre esercizi consecutivi. Per esigenze di ragionevolezza e proporzionalit, la normativa stabilisce cause oggettive che determinano una esclusione automatica dal regime
penalizzante che impone di adeguare i ricavi dichiarati a quelli minimi previsti dalla
legge ed applicare laliquota Ires del 38 per cento sullutile cos determinato (es. se il
numero di dipendenti superiore a dieci unit; se il valore della produzione risultante
dal conto economico superiore al totale dellattivo risultante dallo stato patrimoniale; se la societ congrua e coerente con gli studi di settore; etc.). La societ pu,
inoltre, chiedere al Fisco, mediante presentazione di apposita istanza di interpello, la
disapplicazione della normativa in questione, al fine di dimostrare che, pur non raggiungendo il livello minimo di ricavi previsto dalla legge, ovvero pur registrando una
perdita per tre esercizi consecutivi, viene comunque svolta una attivit economica effettiva e comunque nella particolare fattispecie gli effetti elusivi che la norma intende
contrastare non possono verificarsi.
Le rigidit riscontrate in sede di concreta richiesta di disapplicazione della
normativa sulle societ di comodo ha indotto la dottrina a sostenere lillegittimit costituzionale della normativa con riguardo allart. 53 Cost., soprattutto per lattrazione
nel regime penalizzante delle societ in perdita (sarebbe stato preferibile utilizzare
questo parametro per selezionare le societ ai fini dello svolgimento di una procedura
di accertamento), le quali potrebbero svolgere una effettiva attivit economica, comprovata dai livelli di ricavi dichiarati, ma che per varie ragioni economiche o per
eventi straordinari non hanno margini di redditivit.
9. Labrogazione del credito dimposta e lintroduzione del regime di non imponibilit dei dividendi.
Sino al 2003, la tassazione dei redditi societari avveniva prima in capo alla societ (a titolo di acconto) poi in capo ai soci (in modo definitivo). Per evitare una duplicazione dimposta, era stata introdotta - per i soggetti che percepivano utili distribuiti dalle societ ed enti commerciali soggetti ad IRPEG - la possibilit di avvalersi
di un credito di imposta, pari alla quota di imposta assolta dalla societ sugli utili
percepiti dal socio.
La previsione del credito di imposta permetteva di incentrare la tassazione del
reddito prodotto dalle societ, con limposta personale in capo ai soci; ed infatti,
lIRPEG assolta dalla societ veniva restituita pro quota ai soci sotto forma di credito
di imposta. Si evitava cos la doppia tassazione dei redditi prima in capo alla societ, e
poi in capo al socio.
Con lintroduzione dellIRES, al fine di allineare il nostro modello di tassazione dei redditi societari a quello adottato dai principali Paesi europei, il meccanismo
sopra descritto stato abrogato. Si scelto, quale metodo per evitare la doppia tassazione, il regime dellesclusione dalla tassazione dei dividendi in capo al socio, a cui si
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affianca il regime di esenzione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni (c.d. participation exemption).
Lesclusione della tassazione dei dividendi in capo al socio, in effetti, neutralizza pienamente la doppia imposizione degli utili societari. La societ sconta lIres sul
reddito prodotto ed il socio non corrisponde il tributo sul dividendo percepito.
Tuttavia, il legislatore della riforma, come gi detto, non ha eliminato pienamente la doppia imposizione degli utili societari, ma ha sancito una esclusione parziale dei dividendi dal reddito imponibile dei soci. Tale esclusione pari al 95%, nel caso
di partecipazioni, qualificate e non, detenute da societ di capitale ed enti commerciali, ed al 50,28%, nel caso di partecipazioni qualificate detenute da persone fisiche. Ci
significa che le societ devono versare lIres su un reddito pari al 5% dei dividendi
percepiti, mentre le persone fisiche devono versare lIrpef (secondo il sistema di aliquote progressive) considerando (quale reddito di capitale da indicare nella dichiarazione) il 49,72% del dividendo percepito.
Per le partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche, la tassazione avviene con unimposta sostitutiva dellIrpef, che viene corrisposta mediante
ritenuta alla fonte definitiva del 26% (sino al 1 luglio 2014 laliquota era del 20%)
sullintero ammontare del dividendo. La societ, quindi, trattiene una quota del dividendo lordo a titolo di ritenuta per imposta sostitutiva, che versa allErario estinguendo definitivamente lobbligazione tributaria. I dividendi connessi a partecipazioni non qualificate non rientrano, quindi, nel cumulo dei redditi tassabili ordinariamente con lIrpef.
La scelta di tassare i titolari di piccole quote di partecipazione al capitale delle
societ di capitale con limposta sostitutiva del 26% pu ricondursi ad esigenze di
semplificazione delladempimento fiscale, nonch di garanzia della riscossione del
tributo. Tuttavia, va evidenziato che il regime sostitutivo risulta pi oneroso di quello
ordinario previsto per le partecipazioni qualificate, qualora il socio abbia un reddito
complessivo Irpef che non eccede limporto previsto per il terzo scaglione di reddito.
Ipotizzando un dividendo di 1.000,00, un socio titolare di una partecipazione qualificata che abbia un reddito rientrante nel primo scaglione di reddito dovr versare un
Irpef pari al 23% di 497,20 (49,72% di 1000), e cio 114,39; un socio titolare di
una partecipazione non qualificata subisce, invece, una ritenuta definitiva sostitutiva
dellIrpef pari a 260. Tale situazione appare poco ragionevole, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei titolari di partecipazioni non qualificate sono soggetti che
investono i risparmi dellattivit lavorativa. Sarebbe, quindi, opportuno ridurre
laliquota dellimposta sostitutiva, oppure incrementare la tassazione dei dividendi
connessi a partecipazioni qualificate (si discute infatti dellincremento dal 49,72 al
60,46 della quota del dividendo da assoggettare ad Irpef).
Ci detto notiamo che, nel caso di partecipazioni (azioni o quote di capitale)
detenute da societ, si realizza una doppia imposizione economica nei limiti del 5%
dellutile della societ. La doppia tassazione del 5% degli utili incassati dalle societ
motivata dal fatto che tali soggetti possono dedurre i costi connessi alla gestione delle
partecipazioni. Il prelievo in questione compensa, in modo forfetario, il vantaggio per
la societ di dedurre i costi afferenti a beni (le partecipazioni) che non generano redditi imponibili, e che in linea teorica non sarebbero deducibili in applicazione del
principio di simmetria (deduzione del costo/imponibilit del provento).
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societ, piuttosto che sui soci, applicando il sistema dellesclusione dei dividendi, sia
pure con il correttivo della parziale imponibilit in capo ai soci.
Il modello di coordinamento della tassazione dei redditi prodotti dalla societ
e percepiti dai soci si completa con ladozione del regime di esenzione delle plusvalenze connesse alla cessione di partecipazioni azionarie (c.d. PEX), su cui ci soffermiamo in avanti.
10. La tassazione dei dividendi transfrontalieri in entrata e in uscita.
La globalizzazione delleconomia ha imposto la necessit di riformulare non
solo il regime dei dividendi interni, cio quelli distribuiti da societ residenti a favore di soci residenti, ma anche quello dei dividendi transfrontalieri, cio provenienti
da societ estere (c.d. dividendi in entrata), o erogati dalle societ italiane a favore di
soci esteri (c.d. dividendi in uscita).
Con specifico riferimento alla tassazione di tali dividendi, occorre tenere a
mente che il Trattato dellUnione europea vieta ogni discriminazione diretta o indiretta da parte degli Stati membri in relazione alla nazionalit del soggetto. Sono vietate,
peraltro, forme di imposizione che, pur non essendo discriminatorie, ostano alla libera circolazione dei capitali.
Lo Stato italiano, pertanto, non pu stabilire un regime pi oneroso di tassazione dei dividendi in uscita, qualora i percettori siano soci esteri comunitari; n uno
Stato estero comunitario pu fissare un regime fiscale penalizzante nei confronti dei
soci non residenti.
Detto questo, e riallacciandoci a quanto evidenziato in precedenza a proposito dellefficacia della legge nello spazio, va precisato che ogni Stato tende ad esercitare la potest impositiva sui dividendi in uscita, imponendo lobbligo alle societ residenti, o agli intermediari finanziari, di applicare una ritenuta fiscale alla fonte allatto
dellerogazione dei proventi. Tale ritenuta rappresenta lo strumento attraverso cui si
ripartisce la potest impositiva tra lo Stato della fonte (ove ha sede la societ che eroga i dividendi) e lo Stato della residenza (ove ha sede il socio che li percepisce).
Orbene, verifichiamo cosa dispone la normativa italiana con riguardo ai dividendi transfrontalieri. I dividendi in entrata (e le plusvalenze su cessioni di azioni
estere) sono assoggettati ad imposizione con le stesse regole con cui sono tassati i dividendi (e le plusvalenze) interni. Se il socio italiano una societ di capitali, il dividendo percepito concorre a formare il reddito tassabile con lIres solo per il 5%. Se il
socio una persona fisica, occorre distinguere se si tratta di partecipazioni qualificate,
ovvero non qualificate. Nel primo caso, il soggetto deve dichiarare ai fini Irpef il
49,72% del dividendo percepito. Nel secondo caso, se si opera tramite intermediario,
questultimo effettua una ritenuta dimposta definitiva del 26% sullammontare dei
dividendi, al netto di eventuali imposte (ritenute) gi assolte allestero dalla societ
che li eroga (c.d. netto frontiera); in mancanza di intermediario, il contribuente versa
autonomamente limposta sostituiva del 26% sui dividendi esteri netti percepiti,
compilando un apposito quadro della dichiarazione.
Posto che gli Stati esteri applicano generalmente una ritenuta sui dividendi
percepiti dai soci italiani, si crea una doppia imposizione internazionale (ritenuta estera e tassazione in Italia). La doppia imposizione viene generalmente contenuta mediante la stipula di apposite Convenzioni bilaterali con una riduzione della ritenute
alla fonte al 15% (c.d. ritenuta convenzionale). In alternativa, vige il rimedio unilate-
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rale del c.d. credito per le imposte pagate allestero riconosciuto nello Stato di residenza del percettore del dividendo. anche possibile, in alternativa, presentare (se
prevista nella legislazione dello Stato estero) una richiesta di rimborso delle ritenute
estere subite, per recuperare almeno leccedenza rispetto alla ritenuta convenzionale.
In ogni caso, anche quando non si realizza una doppia imposizione in quanto
i dividendi, in applicazione del regime di esclusione, non sono oggetto di imposizione
in Italia (o meglio tassazione solo del 5% dei dividendi), lesistenza della ritenuta finisce per alterare in modo definitivo la regola dellesclusione della tassazione dei dividendi infragruppo, quando provengono dallestero: la mancata imposizione in Italia
del dividendo impedisce lattivazione del credito per le imposte pagate allestero. Occorrerebbe, quindi, aggiornare le Convenzioni internazionali.
Esaminiamo ora il regime dei dividendi in uscita.
Lart. 27, terzo comma, d.p.r. n. 600/73, prevede che sui dividendi erogati a
soci non residenti, siano esse persone fisiche o societ, si applica una ritenuta fiscale a
titolo definitivo del 27%, salvo concedere il diritto al rimborso, fino ai 4/9 della ritenuta subita (tale limitazione serve per allinearsi alla ritenuta convenzionale del 15%),
delle somme che i soci dimostrino di aver pagato a titolo di imposta nel Paese di residenza, con apposita certificazione rilasciata dallAmministrazione fiscale estera. La
ritenuta potrebbe ridursi in applicazione di una eventuale Convenzione stipulata tra
lItalia e il Paese di residenza del soggetto non residente (esiste ad esempio una Convenzione Italia Usa, che fissa il livello della ritenuta sui dividendi al 10%). La ritenuta prevista dallart. 27 citato ridotta all1,375%, per evitare discriminazioni in relazione alla residenza, qualora il percettore sia una societ o un ente soggetto ad
unimposta sul reddito delle societ; se la societ estera presenta i requisiti previsti
dalla Direttiva europea c.d. madre-figlia (introdotta per favorire lo sviluppo dei gruppi di impresa europei), essa pu, tuttavia, chiedere il rimborso della ritenuta allo Stato
italiano, o in alternativa la non applicazione della ritenuta alla societ erogante.
11. La participation exemption: lesenzione delle plusvalenze da cessione di
partecipazioni.
Un ulteriore aspetto centrale della nuova tassazione delle societ rappresentato dallesenzione delle plusvalenze ottenute mediante la cessione di partecipazioni.
Questa esenzione, denominata nel diritto internazionale tributario participation exemption (PEX), il punto di partenza dal quale traggono origine molti degli aspetti innovativi della riforma della tassazione dei redditi societari del 2003.
La denominazione esenzione non deve trarre in inganno. Non si intende,
infatti, agevolare la tassazione di una componente reddituale, ma evitare una doppia
imposizione economica sugli utili societari realizzati dalla societ partecipante sotto
forma di plusvalenza da cessione delle azioni della societ partecipata.
Con ladozione della PEX si evita segnatamente una duplicazione di tassazione del reddito prima in capo alla societ partecipata, che ha prodotto gli utili di esercizio, rimasti nelleconomia dellimpresa, e poi in capo al soggetto partecipante nel
momento in cui realizza la plusvalenza.
Ed infatti, in sede di cessione delle partecipazioni societarie, le plusvalenze
emergono, di norma, quando la societ partecipata ha prodotto utili nel corso degli
anni, che per non sono stati distribuiti; su tali utili la societ ha gi scontato lIRES.
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d) esercizio da parte della societ partecipata di uneffettiva impresa commerciale almeno dallinizio del terzo periodo dimposta anteriore al realizzo.
Le prime due condizioni rispondono allesigenza di evitare che le operazioni
speculative sulle partecipazioni potessero beneficiare dellesenzione. La terza condizione si ricollega al fatto che gli utili della societ partecipata estera, che hanno determinato la plusvalenza da cessione, hanno scontato un prelievo fiscale minimo e
quindi non vi sarebbe una duplicazione dimposta da evitare. La quarta condizione
prevista per evidenti esigenze di cautela fiscale: si vuole infatti evitare che una societ
(societ alfa) potesse trasformare la realizzazione di plusvalenze imponibili da cessione di beni, in plusvalenze esenti da cessione di titoli. Tale comportamento si attua,
infatti, grazie alla costituzione di societ senza impresa (societ beta), dette anche di
mero godimento, a cui vengono intestati beni di notevole valore intrinseco (es. immobili, marchi, brevetti, etc.); tali beni, ove fosse mancata tale previsione, avrebbero
potuto essere monetizzati cedendo, in regime di esenzione, le partecipazioni nella societ (beta) che detiene limmobile.
Qualora non sussistono le predette condizioni, la plusvalenza da cessione delle partecipazioni imponibile ai fini Ires; leventuale minusvalenza pu, per, essere
dedotta fiscalmente.
Esiste quindi un doppio regime di circolazione delle partecipazioni, a secondo
che si ricada o meno nellambito di applicazione della PEX.
Si rammenta che nel caso di partecipazioni detenute dalle persone fisiche, la
plusvalenza viene tassata ai fini Irpef quale reddito diverso nella misura del 49,82.
12. Il consolidato nazionale.
La tassazione dei gruppi di imprese con il metodo consolidato rappresenta
una importante novit per il sistema di tassazione delle imprese societarie. Tale nuova
modalit di tassazione funge da completamento alladozione del regime di irrilevanza
fiscale delle plusvalenze, minusvalenze e svalutazioni delle partecipazioni iscritte tra le
immobilizzazioni finanziarie.
Nel sistema previgente, il regime fiscale dei gruppi dimprese era basato sulla
regola generale ed inderogabile dellautonomia tributaria delle singole societ.
Lautonomia tributaria, per, veniva mitigata da alcune norme che consentivano di
attuare una sorta di consolidamento di fatto, al fine di ridurre il carico fiscale complessivo del gruppo. Era previsto, infatti, il riconoscimento fiscale delle perdite della
societ controllata in capo alla controllante tramite la svalutazione della partecipazione; la deducibilit della minusvalenza al momento della cessione della partecipazione;
la compensazione delle perdite della controllante con i dividendi distribuiti dalle controllate, con contestuale recupero del credito dimposta; il trasferimento delle posizioni creditorie allinterno del gruppo; la possibilit di optare per la liquidazione Iva
di gruppo. Ulteriori forme di consolidamento di fatto venivano attuate nellambito
dei gruppi tramite trasferimenti di beni e servizi con corrispettivi divergenti da quelli
mediamente praticati nel mercato e fissati esclusivamente per compensare utili e perdite fra le societ. Ci ovviamente nella consapevolezza di poter incorrere in rettifiche fiscali operate in sede di accertamento tributario, soprattutto quando alcune imprese del gruppo godevano di un regime fiscale agevolato.
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La nuova previsione dellirrilevanza fiscale delle componenti di reddito generate dal possesso di partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie (ed in
particolare la svalutazione delle partecipazione) ha obbligato il legislatore ad introdurre la tassazione su base consolidata in capo alla controllante. Tale regime consente
immediatamente di poter compensare perdite ed utili delle societ facenti parte di un
gruppo e quindi di adeguare limposizione fiscale alla capacit economica complessiva.
Lapplicazione del consolidato fiscale presuppone che la soggettivit passiva
continua a far capo alle singole societ del gruppo, e non al gruppo complessivamente considerato; ma lassolvimento degli obblighi di dichiarazione e di versamento delle imposte, in acconto e a saldo, fa capo alla societ o ente controllante sulla base del
reddito imponibile consolidato.
La controllante, in questa prospettiva, assume la figura di sostituto
dimposta; ed infatti essa assolve lonere tributario per fatti (espressivi di capacit
contributiva) riferibili ad altri soggetti, cio alle societ controllate. Vero che non vi
un rapporto di provvista tra controllante e controllate (aspetto questo che in linea
generale giustifica costituzionalmente lassegnazione della qualit di sostituto
dimposta), ma detta obiezione pu essere superata sul presupposto che lobbligo fiscale che fa capo alla controllante non previsto dalla legge, ma frutto di una
espressa manifestazione di volont (tramite esercizio dellopzione per il consolidato).
Anche la mancata previsione dellobbligo di rivalsa, pu essere una obiezione superabile, in quanto alla conclusione della obbligatoriet della rivalsa si pu giungere applicando lart. 64 del d.p.r. n. 600/73. Riteniamo, quindi, che ladempimento della controllante (sostituto) in luogo delle controllate (sostituiti) possa essere considerata una
obbligazione riconducibile alla figura della sostituzione dimposta.
Il metodo di tassazione su base consolidata consiste nella determinazione in
capo alla societ controllante di un reddito complessivo globale, corrispondente alla
somma algebrica dei redditi di ciascuna societ controllata per lintero importo, indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante. Esso,
quindi, permette di attribuire definitivamente alla controllante i rapporti di debito o
credito con lErario derivanti dal risultato economico delle controllate.
Se da un lato la controllante assolve limposta sullintero reddito globale del
gruppo, e quindi anche su redditi che fanno capo ad altri soggetti, dallaltro, beneficia
del risparmio fiscale derivante dallutilizzo di eventuali redditi negativi (perdite) che
fanno capo ad altri soggetti.
Per evitare che la societ controllante venga penalizzata o avvantaggiata
dallapplicazione del consolidato, vengono di norma previsti trasferimenti di denaro
compensativi tra le societ che partecipano al consolidato. Tali trasferimenti non
concorrono alla formazione del reddito imponibile Ires, in quanto non sono espressione di un arricchimento per la societ che li riceve. Per esemplificare, se una societ
controllata ha una perdita fiscale e la assegna alla controllante, non potr beneficiare
del riporto in avanti della perdita trasferita; se la partecipazione non totalitaria, per
non danneggiare i restanti soci, la controllante dovrebbe versare alla controllata una
somma di denaro pari al 27,5 della perdita trasferita.Le perdite, infatti, consento di
abbattere il reddito dando un risparmio al soggetto che ne beneficia del 27,5 per cento del loro valore.
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prattutto nei casi di partecipazione non totalitaria da parte della controllante nelle societ partecipate.
Va notato, infine, che non sono ben delineate le responsabilit per le imposte
dichiarate e non versate. Attraverso il consolidato si potrebbe concentrare il debito
fiscale nella societ priva di patrimonio e quindi tendenzialmente insolvente.
13. Il consolidato mondiale.
La disciplina del consolidato mondiale ricalca, nelle linee essenziali, quella
prevista per il consolidato nazionale, con alcune differenze cui accenniamo.
Il campo di applicazione del consolidato mondiale pi limitato rispetto a
quello nazionale, in quanto il involge solo le societ e gli enti residenti nel territorio
dello Stato, i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati, e che hanno partecipazioni in societ ubicate allestero. Si rivolge, quindi, ad imprese multinazionali di
grandi dimensioni la cui capogruppo risiede in Italia e le societ controllate siano oltre confine.
un regime opzionale che dura per un periodo irrevocabile non inferiore a
cinque esercizi, con rinnovi di tre esercizi. Lopzione deve essere esercitata unicamente dalla societ controllante e non anche dalle controllate ed vincolante per tutte le
controllate in ossequio al principio c.d. all in-all out (tutte dentro o tutte escluse). Tale
previsione, che a differenza di quanto sancito nel consolidato nazionale, ove possibile consolidare solo alcune controllate, giustificata dal fatto che la controllante
potrebbe consolidare solo le societ in perdita, ovvero quelle in utile ubicate in Paesi
ove previsto un carico fiscale pi oneroso, ed escludere le altre. Per esigenza di cautela fiscale, quindi, lopzione prevista per tutte le controllate.
Le condizioni necessarie per lesercizio dellopzione sono due: che le controllate abbiano identico esercizio sociale a quello della controllante; che i bilanci della
controllante e delle controllate siano sottoposti a revisione.
La controllante pu interpellare lAgenzia delle entrate, con la procedura stabilita dallart. 11 della legge n. 212/2000, al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per il valido esercizio dellopzione.
Con riferimento alla determinazione del reddito consolidato, la somma algebrica dei redditi delle controllate estere va fatta tenuto conto solo della percentuale di
partecipazione diretta o indiretta posseduta. Non si consolida, quindi, lintero reddito
della controllata estera, come avviene nel consolidato nazionale, ma solo la frazione
di reddito corrispondente alla quota di partecipazione, indipendentemente dalla distribuzione, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria
di controllo.
Prima del consolidamento, per, la controllante deve ricalcolare il reddito della controllata estera, risultante dal bilancio di esercizio, sulla scorta delle disposizioni
stabilite dal TUIR, salvo alcune esclusioni che limitano le rettifiche per evitare di rendere il consolidato un metodo di difficile applicazione.
Le limitazioni alle rettifiche sono anche giustificate dalla circostanza che il bilancio delle controllate estere essendo assoggettato a revisione ha una forte garanzia
di attendibilit.
14. La tassazione per trasparenza delle societ di capitali.
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bile riassegnare i predetti valori alla societ per essere utilizzati in compensazione
con altri debiti tributari (a differenza di quanto accade per le societ di persone), in
quanto detto regime fiscale opzionale (Circ. n. 56/2009 e Ris. n. 99/2011).
Si tratta, come per il consolidato, di un regime facoltativo; lopzione deve essere esercitata dalla societ partecipata e da tutte le societ partecipanti. Lopzione
irrevocabile per tre esercizi sociali.
Va precisato, comunque, che, qualora la societ partecipata opti per la tassazione per trasparenza, occorre contabilizzare in bilancio le imposte sul reddito
dellesercizio. Lutile realizzato dalla societ trasparente , infatti, giuridicamente
ascrivibile ad essa, fintanto che non intervenga una delibera societaria di distribuzione. Le imposte sul reddito, anche se vengono corrisposte dalle societ partecipanti,
sono riferibili alle societ partecipate fiscalmente trasparenti, quindi queste ultime
le evidenziano nel loro bilancio di esercizio, evidenziando il debito verso la societ
partecipante e non un debito verso lerario.
15. La tassazione per trasparenza delle piccole societ a responsabilit limitata.
Il principio di trasparenza delle piccole societ a responsabilit limitata ricalca,
invece, quello previsto per le societ di persone e degli enti ad esse equiparati.
La ratio dellestensione del principio di trasparenza alle piccole s.r.l. si ravvisa
nella necessit di accomunare il regime fiscale di queste ultime a quello delle societ
di persone, in quanto in entrambi i modelli societari normalmente non vi separazione tra propriet e gestione e sussiste un forte collegamento tra lattivit dei soci e
lutile prodotto.
Lestensione dellapplicazione della tassazione per trasparenza anche alle societ a responsabilit limitata fiscale va, quindi, valutata positivamente, in quanto
consente ai soci di beneficiare di un notevole risparmio dimposta. Ed infatti, secondo la tassazione ordinaria la societ sconta unimposta pari al 27,50 per cento sul reddito prodotto e, successivamente, al momento della distribuzione degli utili, i soci subiscono un ulteriore prelievo fiscale sul 49,72 per cento del dividendo percepito, se si
tratta di partecipazione qualificata, ovvero una ritenuta dimposta del 26% sullintero
dividendo, in caso di partecipazione non qualificata. Optando per la trasparenza, invece, la societ perde la qualifica di soggetto passivo dimposta ed i soci scontano il
prelievo fiscale Irpef, sulla base della propria aliquota dimposta.
Il principio di trasparenza riguarda le societ a responsabilit limitata il cui volume di affari non superi le soglie per lapplicazione degli studi di settore (7,5 ml. di
euro circa) e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche
in numero non superiore a dieci. Nel caso di soc. coop. a r.l. il numero dei soci non
deve essere superiore a venti.
Vi , quindi, un doppio limite: uno di ordine economico, connesso allentit
del volume di affari, e laltro semplicemente connesso alle dimensioni della compagine sociale.
La logica delle limitazioni sta nel fatto che non si voluto agevolare le societ
a responsabilit limitata con notevole rilevanza economica e con un elevato numero
di soggetti coinvolti. Situazioni nelle quali diventa necessaria la separazione tra propriet e gestione e non vi un legame tra lattivit dei soci e lutile prodotto dalla societ.
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Detto in altri termini, lagevolazione concessa alle piccole srl giustificata dal
fatto che una parte dellutile prodotto frutto anche dellattivit lavorativa dei soci e,
pertanto, meritevole di un trattamento preferenziale. Nelle grandi srl, invece, lutile
percepito dai soci diventa una mera remunerazione del capitale investito.
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni che godono del regime di esenzione (art. 87), nel caso di opzione per il regime di cui si discute, concorrono a formare il reddito imponibile nella misura del 49,72 per cento.
Non esiste analoga previsione nel caso della trasparenza per le societ di capitale perch il beneficio della partecipata si trasferisce nella partecipante, ma sempre
insito in una struttura societaria e, nel momento in cui verr distribuita ai soci (persone fisiche), sulla plusvalenza si applicher lIrpef sul 49,72 % del suo ammontare.
Un principio comune alle due forme di trasparenza che la societ partecipata solidalmente responsabile con ciascun socio per limposta, le sanzioni e gli interessi dovuti sul reddito imputato ai partecipanti.
Va precisato, infine, che, a differenza di quanto accade nelle societ di persone, la piccola srl che opta per la trasparenza deve contabilizzare in bilancio le imposte
sul reddito dellesercizio. Il reddito realizzato , infatti, giuridicamente ascrivibile ad
essa, fintanto che non intervenga una delibera societaria di distribuzione. Le imposte
sul reddito, anche se sono corrisposte dai soci, sono quindi riferibili alla societ. Tali
imposte vengono iscritte per competenza al momento della chiusura del bilancio di
esercizio, inserendo in contropartita un debito verso i soci e non un debito verso
lerario.
Nel caso delle societ di persone liscrizione delle imposte non obbligatoria,
per il fatto che proprio sotto il profilo civilistico oltre che fiscale, il reddito appartiene
direttamente al socio.
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Da tale nesso di dipendenza discende, altres, il principio della non tassativit della disciplina fiscale del reddito dimpresa, considerato che essa non contempla
espressamente tutti gli elementi positivi e negativi che concorrono a formare il reddito fiscale, bens solo quelli che possono essere oggetto di variazione. Le componenti
del reddito di esercizio non specificamente disciplinate dal TUIR rilevano fiscalmente
nella misura esposta nel conto economico, salvo il rispetto dei principi generali che
esamineremo in avanti.
Da quanto sin qui detto, dato comprendere che il reddito fiscalmente rilevante, pur dipendendo dal risultato del conto economico, non coincide con esso, in
quanto vi possono essere regole fiscali diverse da quelle civilistiche che determinano
variazioni da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Le variazioni fiscali possono essere in aumento, se aumentano il reddito imponibile rispetto al risultato del conto economico, o in diminuzione, se lo diminuiscono. Le variazioni in aumento possono derivare da componenti positivi non inclusi
in bilancio (o inclusi in misura minore rispetto a quanto prescritto dalla norma fiscale), oppure da componenti negativi non deducibili e inclusi in bilancio (o inclusi in
misura superiore rispetto al dettato della normativa fiscale).
Anche le variazioni in diminuzione possono riguardare tanto gli elementi positivi che, ai fini fiscali, non sono da comprendere nel reddito dimpresa, quanto gli
elementi negativi non computati in bilancio, ma deducibili fiscalmente.
Infine, quanto agli effetti provocati nel tempo dalle norme fiscali sul reddito
dimpresa, le predette rettifiche del risultato civilistico, possono essere distinte in
temporanee, in relazione ad elementi di reddito comunque rilevanti fiscalmente, e definitive, riguardanti componenti reddituali non rilevanti ai fini fiscali. Pertanto, una
variazione temporanea in aumento determina negli anni successivi una corrispondente variazione in diminuzione e viceversa.
Assunto il ruolo centrale del bilancio di esercizio ai fini della determinazione
del reddito di impresa, dobbiamo a questo punto chiederci perch il legislatore ha deciso di stabilire nel TUIR alcune regole che creano un disallineamento tra il reddito
civilistico e quello fiscale.
La risposta a tale quesito si incentra innanzitutto sul fatto che gli interessi tutelati dalla legislazione civilistica e da quella fiscale non sono coincidenti.
Le norme civilistiche perseguono la finalit di evitare che le imprese sopravvalutino lutile di esercizio. Gli utili esposti nel bilancio di esercizio devono essere effettivi, in quanto se vengono gonfiati tramite le stime che effettuano gli amministratori alla fine dellanno (valutazione dei crediti, delle rimanenza di merci, etc.) la
loro distribuzione ai soci una erosione del patrimonio dellazienda (capitale sociale
pi le riserve), con un danno nei confronti di tutti coloro (finanziatori, creditori
commerciali, etc.) che su quel patrimonio hanno riposto le loro garanzie.
Le esigenze civilistiche vengono tutelate dallapplicazione del principio della
prudenza, previsto dallart. 2423 bis del c.c., il quale comporta che i componenti
negativi, nonch le perdite, vanno rappresentati nel bilanci anche se incerti nellan e
nel quantum, mentre i componenti positivi vanno inclusi solo se certi nel loro ammontare. Tutte le regole di valutazione delle voci del bilancio di esercizio, indicate
nellart. 2426 c.c., in buona sostanza costituiscono una applicazione del principio di
prudenza.
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bili nellammontare. Se manca anche uno solo dei requisiti predetti, i ricavi, le spese e
gli altri componenti vanno imputati nellesercizio in cui si verificano le condizioni di
certezza e determinabilit.
Vi sono, poi, vere e proprie deroghe specifiche - relative a singole componenti reddituali - tassativamente previste dal legislatore tributaria, in forza delle quali
il principi di competenza sostituito con quello di cassa. Ad esempio, in materia di
componenti positive, rilevano per cassa gli utili da partecipazione in societ ed enti
soggetti ad Ires, gli interessi attivi di mora, etc. Quanto alle componenti negative, si
deducono per cassa i compensi agli amministratori, le imposte deducibili, i contributi
associativi e sindacali e gli interessi passivi di mora.
Il legislatore tributario individua, inoltre, alcuni principi generali che si applicano solo alle componenti negative di reddito. Primo tra questi il principi di inerenza, secondo il quale le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella
misura in cui si riferiscono ad attivit o beni da cui derivano ricavi o altri componenti
positivi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto
esclusi. In sostanza, sono inerenti tutte le spese che hanno una connessione con
lattivit economica svolta, a prescindere dal fatto che determinino un incremento
delle componenti positive e quindi degli utili di esercizio (es. se una azienda vuole
lanciare un nuovo prodotto, le spese per ricerche di mercato sono comunque inerenti
anche se si decide di rinunciare alla commercializzazione dello stesso). Viceversa, non
sono inerenti le spese sostenute per fini personali o comunque extra imprenditoriali.
Altro principio che concerne la deducibilit dei componenti negativi del reddito quello della imputazione al conto economico. Tutte le componenti negative di
reddito per essere deducibili devono risultare annotate nelle scritture contabili ed
esposte nel bilancio dellesercizio di competenza. Ci al fine di consentire al Fisco, in
sede di accertamento, di poter agevolmente controllare la correttezza
delladempimento tributario.
Esistono, per, deroghe alla indeducibilit dei costi non imputati in bilancio,
riguardanti: a) le spese e gli altri componenti negativi imputati al conto economico di
un esercizio precedente, se la deduzione stata rinviata in base a disposizione di legge; b) le altre spese ed oneri che sono deducibili per disposizione di legge.
Va precisato, altres, che se, in sede di accertamento fiscale, lUfficio riscontra lesistenza di ricavi e altri proventi non imputati al conto economico, chiedendo le
maggiori imposte, allora le spese e gli oneri specificamente afferenti tali ricavi, pur
non essendo imputate al conto economico, sono ammesse in deduzione se risultano
da elementi certi e precisi. La possibilit di dedurre spese e componenti negative si
giustifica per allineare la tassazione alla capacit economica effettiva. Non compatibile con lart. 53 Cost. la tassazione di ricavi dimpresa senza ammettere in deduzione
i costi necessari per produrli.
3. I componenti positivi del reddito dimpresa: i ricavi.
Dopo aver esaminato i principi generali sulla determinazione del reddito di
impresa, ci occupiamo delle regole specifiche attinenti alle componenti positive e negative di reddito. Per esigenze di sintesi ci soffermiamo solo su alcune delle regole
previste nel TUIR, rinviando per un approfondimento alla consultazione delle singole disposizioni.
157
Innanzitutto occupiamoci dei ricavi. La norma tributaria definisce autonomamente la nozione di ricavi, comprendendo sia quelli propri, cio derivanti
dallattivit caratteristica dellimpresa, sia i proventi ad essi equiparati. Ci vuol significare che, a prescindere dalla esposizione nel bilancio, le componenti reddituali che
presentano le caratteristiche indicate dalla legge tributaria vanno considerati quali ricavi imponibili.
In particolare sono ricavi propri i corrispettivi derivanti dalla cessione di beni
alla cui produzione o al cui scambio diretta lattivit dellimpresa (c.d. beni merce)
nonch i corrispettivi derivanti dalle prestazioni di servizi. A tale fattispecie occorre
aggiungere i corrispettivi derivanti dalla cessione di materie prime, sussidiarie, semilavorati e degli altri beni mobili prodotti o acquistati per essere impiegati nella produzione, nonch di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli,
in societ ed enti soggetti ad Ires, purch diverse da quelle alla cui cessione si applica
il regime lesenzione parziale o totale (PEX).
Sono, altres, considerati proventi equiparati ai ricavi:
- le indennit conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa,
per la perdita o il danneggiamento di beni la cui cessione genera ricavi;
- i contributi in denaro, o il valore normale di quelli in natura, spettanti sotto
qualsiasi denominazione in base a contratto;
- i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.
, inoltre, compreso tra i ricavi il valore normale, cio quello mediamente
praticato sul mercato per beni analoghi, dei beni assegnati ai soci, ovvero destinati a
finalit estranee allesercizio dellimpresa.
4. Segue: le plusvalenze patrimoniali.
Le plusvalenze patrimoniali sono quei proventi che derivano dalla cessione a
titolo oneroso di beni diversi da quelli che generano ricavi (i beni merce), quali i beni
strumentali e patrimoniali.
La plusvalenza si determina per differenza tra il corrispettivo conseguito dalla
cessione e il costo non ancora ammortizzato del bene. Questultimo valore dato
dalla differenza tra il costo di acquisto del bene e lammontare dei relativi ammortamenti gi dedotti.
Con riferimento alla nozione tipica di plusvalenza non vi sono divergenze tra
norma civilistica e fiscale. Il legislatore tributario ha, per, precisato che concorrono a
formare il reddito dimpresa imponibile, quale plusvalenza, anche il risarcimento, per
la perdita o il danneggiamento dei beni in questione. In tal caso, mancando il corrispettivo, la plusvalenza si determina sottraendo dal risarcimento ottenuto il costo
non ammortizzato.
Anche lassegnazione ai soci o destinati a finalit estranee allesercizio
dellimpresa dei beni in questione determina plusvalenza. Non essendovi un corrispettivo, la plusvalenza data dalla differenza tra il valore normale del bene e quello
fiscalmente riconosciuto.
Costituiscono, infine, plusvalenze imponibili, anche quelle relative alle cessione a titolo oneroso di aziende, compreso il valore di avviamento.
Le plusvalenze originate dalliscrizione in bilancio di maggiori valori dei beni
strumentali e patrimoniali (es. per la rivalutazione dei beni immobili che limpresa
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mortamenti delle immobilizzazioni immateriali e di quelle materiali, ed i canoni di locazione finanziaria di beni strumentali.
Gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati indeducibili in un determinato periodo dimposta, possono essere dedotti nei nove esercizi successivi, nel caso
in cui tali periodi vi sia capienza in relazione al predetto 30% del risultato operativo
lordo.
La discriminazione in punto di deducibilit degli interessi passivi, rispetto
alle altre spese che limpresa sostiene per lo svolgimento dellattivit, nasce per limitare i vantaggi del ricorso al capitale di credito, cio allindebitamento, rispetto al conferimento di capitale proprio, per finanziare limpresa.
Il ricorso ai finanziamenti dei soci consente la trasformazione della remunerazione del capitale di rischio (dividendi) in remunerazione del capitale di credito
(interessi), con un duplice vantaggio: in capo alla societ, gli interessi, a differenza dei
dividendi, riducono il reddito imponibile; in capo ai soci, gli interessi vengono tassati
in modo agevolato (applicazione di una imposta sostitutiva dellIrpef pari al 26%),
mentre i dividendi sono assoggettati, sia pure in modo parziale, a tassazione ordinaria
(creandosi peraltro una doppia imposizione prima in capo alla societ e poi in capo ai
soci).
Lo spirito che caratterizza la norma in questione , quindi, quello di evitare
che una parte dellutile societario venga trasferito ai soci sotto forma di interessi per
ottenere unimposizione fiscale agevolata.
Sul punto va detto, tuttavia, che se esistono disposizioni civilistiche che impongono il conferimento di importi minimi di capitale sociale, in relazione ai vari tipi
di societ, per lulteriore dotazione patrimoniale necessaria per lo svolgimento
dellattivit i soci sono liberi di scegliere le modalit di erogazione. In questa prospettiva, la limitazione di deducibilit degli interessi passivi dovrebbe essere applicata solo
ai casi in cui sia concretamente ipotizzabile un abuso del contribuente.
La mera scelta tra erogazione del capitale di rischio o erogazione del capitale
di credito, una volta rispettati i requisiti minimi di capitale proprio della societ, anche se finalizzata allottenimento di un risparmio di imposta, dovrebbe rappresentare
una lecita pianificazione fiscale. Si tratta, infatti, di scegliere tra due condotte legittime
quella ritenuta pi conveniente.
Un rischio di abuso potrebbe sussistere nel caso in cui il capitale di credito
venga erogato da soggetti esteri, i quali beneficiano di una tassazione agevolata sugli
interessi attivi. Il prelievo fiscale (ritenuta alla fonte) sugli interessi erogati dalla societ residente in Italia pu anche azzerarsi in presenza dei requisiti previsti dalla Direttiva CEE n. 2003/49/CE.
Esigenze di cautela fiscale, di semplificazione, nonch di evitare censure comunitarie per violazione del principio di non discriminazione, hanno, tuttavia, indotto il legislatore a generalizzare il campo di applicazione della norma in tema di indeducibilit degli interessi passivi.
Tale soluzione finisce, per, per penalizzare i soggetti che sostengono rilevanti interessi passivi senza che vi sia a monte lintento di ridurre il carico fiscale. Il caso
dei soggetti che si espongono verso il sistema bancario paradigmatico: una parte
degli interessi sostenuti diviene indeducibile pur non essendoci alcun comportamento
fiscalmente abusivo da prevenire.
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Inoltre, ancorando il limite di deducibilit ad una percentuale del reddito operativo lordo (ROL), il legislatore finisce per sindacare la qualit della struttura finanziaria della societ, che diviene, infatti, il parametro per valutare la genuinit degli interessi passivi e per ammetterne la deducibilit. Tale scelta certamente discutibile,
perch finisce per allontanare il prelievo fiscale dalla capacit economica del soggetto,
che non pu essere differenziata in merito ad un generico giudizio sulla struttura finanziaria della societ.
In questo contesto, con lobiettivo di riequilibrare gli effetti fiscali connesse
alla scelta di apportare capitale di credito o capitale proprio, stata di recente introdotta la c.d. A.C.E. (Aiuto alla crescita economica, DL n. 201/2011). La sua funzione
quella di detassare il rendimento ritraibile dai nuovi apporti di capitale nelle imprese. Sullincremento di capitale si applica un tasso fissato annualmente dal Ministero
dellEconomia (attualmente del 3%), ottenendo un rendimento ipotetico o nozionale. Il rendimento ipotetico rappresenta un costo figurativo (non rappresentato evidentemente nel bilancio) che va a ridurre il reddito di impresa, attraverso una variazione in diminuzione nella dichiarazione. Ad esempio se unimpresa ha prodotto un
reddito di 100.000, e nel periodo di imposta ha incrementato il capitale di 50.000,
il reddito imponibile fiscale sar pari a 100.000 1.500 (cio 50.000 x 3%) e quindi
a 98.500.
In definitiva, piuttosto che penalizzare la deduzione degli interessi passivi, si
sta seguendo la via di incentivare fiscalmente linvestimento di capitali propri nelle
imprese.
9. Segue: lammortamento dei beni materiali e immateriali.
Qualora limpresa acquisisca beni che recano una utilit per pi esercizi, in
ossequio al principio di competenza, il relativo costo deve essere ripartito tra i vari
esercizi interessati.
Nel bilancio civilistico, come dispone lart. 2426, n. 2, c.c., lammortamento
del costo delle immobilizzazioni correlato con la loro residua possibilit di utilizzazione, cio con la vita utile del bene. Il legislatore tributario, invece, per esigenze
di certezza, non si accontenta della valutazione civilistica, fissando precisi limiti massimi allimporto degli ammortamenti deducibili. La quota di ammortamento fiscalmente rilevante si ottiene, infatti, applicando al costo di acquisto dei beni materiali
dei coefficienti stabiliti con un apposito decreto ministeriale, ridotti alla met per il
primo esercizio. Tali coefficienti variano in relazione alla categoria dei beni ammortizzabili ed al settore di attivit in cui opera limpresa.
Le quote di ammortamento, cos determinate, sono deducibili a partire
dallesercizio di entrata in funzione del bene.
Le spese di acquisizione dei beni materiali ad utilizzo pluriennale il cui costo
unitario non superiore a 516,46 possono, tuttavia, essere integralmente dedotte
nellesercizio in cui sono state sostenute.
Per quanto riguarda i beni immateriali, il Tuir individua varie categorie, cui
corrispondono diverse procedure di ammortamento.
I diritti di utilizzazione delle opere dellingegno e dei brevetti industriali, nonch le formule, i processi, e le informazioni relative ad esperienze acquisite in campo
scientifico, industriale e commerciale, sono ammortizzabili in misura non superiore al
50 per cento del costo.
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I marchi dimpresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo.
I diritti di concessione sono ammortizzabili in misura corrispondente alla durata.
Infine, lavviamento, se iscritto nellattivo del bilancio, ammortizzabile in
misura non superiore a un diciottesimo del valore.
10. Segue: le spese ad utilit pluriennale.
Anche le spese la cui utilit non limitata allesercizio in cui sono state sostenute, in quanto contribuiscono allo svolgimento dellattivit dellimpresa per pi anni,
sono deducibili in linea generale in modo frazionato, in applicazione del principio di
competenza.
Vi sono per alcune deroghe. Le spese relative a studi e ricerche, pur potendo
interessare pi esercizi, possono essere dedotte integralmente nellesercizio in cui sono state sostenute; il contribuente ha comunque la facolt di dedurre tali costi in quote costanti nellesercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto.
Le spese di pubblicit e propaganda possono essere dedotte integralmente
nellesercizio in cui sono state sostenute, ovvero in quote costanti nellesercizio stesso
e nei quattro successivi.
Le spese di rappresentanza, infine, sono deducibili nel periodo dimposta in
cui sono state sostenute, a condizione che siano inerenti e congrui rispetto ai requisiti
stabiliti con un decreto del Ministro delleconomia e delle finanze, anche in funzione
della loro natura e destinazione, oltre che del volume dei ricavi dellattivit caratteristica dellimpresa. Sono in ogni caso deducibili le spese relative a beni di valore unitario non superiore a euro 50 distribuiti gratuitamente.
Considerato il diverso regime fiscale previsto, la distinzione tra le spese di
pubblicit e quelle di rappresentanza assume una grande importanza. In linea di principio, si ritiene che le spese di pubblicit siano finalizzate a far conoscere e a promuovere un determinato prodotto o servizio, quelle di rappresentanza ad offrire
unimmagine positiva dellimpresa nel suo complesso.
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finisce
per
essere
addossato
allimprenditore/professionista (accertato come tale dal Fisco), salvo la possibilit di
agire nei confronti dei clienti per recuperare il tributo versato; azione che risulta
difficoltosa se non altro per il ritardo temporale tra effettuazione delloperazione e
contestazione del Fisco.
Ai fini delle imposte sui redditi, invece, le operazioni economiche occasionali
scontano comunque il tributo, nellambito della categoria dei redditi diversi. Vi
quindi un minore interesse a contestare labitualit dellattivit economica e quindi
lassoggettamento dei proventi alle regole del reddito di impresa o di lavoro autonomo piuttosto che alle regole dei redditi diversi.
Occorre a questo punto chiarire che non tutte le operazioni economiche effettuate da imprenditori e professionisti generano un consumo. Immaginiamo una
impresa che venda dei macchinari ad unaltra impresa: non siamo di fronte ad un
consumo, in quanto il consumo che rileva ai fini del tributo quello posto in essere
se lacquisto effettuato da consumatori finali. Tuttavia, vi possono essere acquisti
di beni e servizi fatti da consumatori finali che non sottendono un consumo in senso
stretto, come il caso di un soggetto che si reca presso un medico professionista per
beneficiare di una prestazione.
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Sono elencate, infine, alcune cessioni di beni, che solo ai fini dellapplicazione
del tributo, non sono considerate tali. Si tratta delle cessioni di denaro o di crediti,
delle cessioni e dei conferimenti in societ od altri enti di aziende o di rami di aziende, delle cessioni di terreni non edificabili, delle cessioni di campioni gratuiti di modico valore, dei passaggi di beni in dipendenza di fusioni, delle cessioni di valori bollati
e di marche, nonch delle cessioni di beni soggetti alla disciplina dei concorsi e delle
operazioni a premio. In buona sostanza, tali operazioni, nonostante siano ascrivibili
alle cessioni dei beni, non sottendono alcun consumo e pertanto non si giustifica
lapplicazione del tributo.
Lart. 3 del d.p.r. n. 633 del 1972 stabilisce che costituiscono prestazioni di
servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti dopera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, non fare e di permettere quale ne sia la fonte.
A differenza della normativa comunitaria che, utilizzando una formula residuale, considera prestazione di servizi tutte quelle operazioni che non costituiscono
cessione di beni, il legislatore italiano individua positivamente le fattispecie, anche se
il 1 comma dellart. 3 non fornisce una loro definizione, ma si limita ad individuare i
contratti tipici del nostro ordinamento civilistico le cui prestazioni sono da considerare in ogni caso tra le prestazioni di servizi nellaccezione valida ai fini
dellapplicazione del tributo, nonch a richiamare genericamente le prestazioni derivanti da obbligazioni di fare, non fare e permettere.
La norma sulla nozione di prestazione di servizi considera il corrispettivo
quale elemento caratterizzante della fattispecie, con la conseguenza che le prestazioni
di servizi rese senza corrispettivo dovrebbero essere escluse dal campo di applicazione del tributo. A ben vedere, per, le prestazioni di servizi effettuate gratuitamente,
sia nei propri confronti, sia nei confronti di terzi (autoconsumo esterno), sono escluse dal campo di applicazione del tributo, solo se di valore non superiore a 25,82 euro
e semprech limposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile. Quindi il linea generale anche le prestazioni di servizi senza corrispettivo sono imponibili Iva.
3. La territorialit del tributo.
Il problema dellesercizio della potest impositiva nei limiti dei fatti economici collegati al territorio si posto anche con riguardo allIva. In linea di principio le
operazioni economiche possono essere tassate se realizzate allinterno del territorio
dello Stato.
Quando vi sono operazioni che presentano elementi di transnazionalit, collegarle ad un determinato territorio non sempre agevole. Il legislatore utilizza, a secondo della tipologia di operazione, il criterio della residenza del soggetto passivo, o
dellacquirente, oppure d rilievo al luogo in cui si trova il bene oggetto della cessione
o viene espletato il servizio.
Lart 7 della legge Iva stabilisce che per le cessioni di beni rileva il luogo in cui
si trova il bene al momento delleffettuazione delloperazione. Scontano lIva, quindi,
tutte le cessioni di beni che si trovano in Italia, anche quando gli acquirenti siano
soggetti esteri (ad es. i turisti, salva la dimostrazione del trasporto dei beni allestero
in proprio). Se tuttavia i beni vengono ceduti dallimpresa a clienti esteri, allora
loperazione non soggetta ad Iva (in quanto il tributo verr assolto dallacquirente
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nel paese di destinazione dei beni); mentre i beni importati in Italia sono assoggettabili al tributo (indipendentemente dalla qualificazione professionale del soggetto che
pone in essere limportazione).
Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato e
quindi sono imponibili Iva se rese da soggetti che hanno il domicilio fiscale nel territorio stesso, nei confronti di soggetti residenti ovvero di soggetti non residenti che
ricevono le prestazioni in qualit di consumatori finali (cd. business to consumer).
Nellipotesi in cui le prestazioni siano rese nei confronti di soggetti passivi dimposta
(cd. business to business), ai fini della tassazione assume rilevanza territoriale il luogo
dove ha sede il committente. Criteri specifici sono poi indicati con riguardo a talune
prestazioni di servizi, individuate dallart. 7-quater e quinques, per le quali la territorialit
attribuita, in funzione della tipologia del servizio reso, con i seguenti riferimenti: alla
localizzazione del bene, per i servizi relativi a immobili e per i servizi relativi alla fornitura di alloggio nel settore alberghiero; in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato per quelli connessi con le prestazioni di trasporto; al luogo di esecuzione
della prestazione, per i servizi di ristorazione e per quelli di locazione e noleggio qualora
il bene sia stato messo a disposizione nello Stato, ovvero per i servizi culturali, artistici, sportivi scientifici e simili.
4. Classificazione delle operazioni ai fini Iva.
Le operazioni in astratto assoggettabili al tributo possono essere suddivise in
quattro categorie: imponibili, non imponibili, esenti ed escluse, delle quali appare opportuno evidenziare i diversi caratteri e le rispettive peculiarit.
4.1. Operazioni imponibili.
Si considerano imponibili tutte le operazioni previste dagli artt. 1, 2 e 3, e cio
quelle disciplinate dalle disposizioni che, come si gi visto, definiscono il presupposto del tributo sotto il profilo oggettivo, con esclusione delle operazioni non imponibili, esenti ed estranee, specificatamente indicate da apposite norme.
Con la nozione di operazioni imponibili si intende generalmente fare riferimento non a tutte le operazioni rilevanti ai fini del tributo, ma alle operazioni per le
quali lIva trova concretamente applicazione.
La caratteristica che contraddistingue la categoria in esame costituita dalla
territorialit delloperazione: deve trattarsi di operazioni effettuate nel territorio dello
Stato, cos come indicato dallart. 1, nei limiti e con le modalit di cui allart. 7.
La territorialit si configura, pertanto, come elemento oggettivo costitutivo
della fattispecie imponibile, in assenza del quale il tributo non pu trovare applicazione.
Le operazioni imponibili sono assoggettate allIva, applicando le aliquote indicate nellart. 16. Il soggetto passivo che pone in essere le operazioni imponibili ha,
altres, lobbligo di porre in essere gli adempimenti formali previsti dalla legge (fatturazione, registrazione, detrazione, liquidazione e dichiarazione).
Le operazioni imponibili, ovviamente, concorrono alla formazione del volume daffari e danno diritto alla detrazione dellIva assolta sugli acquisti.
4.2. Operazioni non imponibili.
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debitato per rivalsa nel periodo preso in considerazione, e che costituisce, come detto, il proprio debito nei confronti dellErario.
Qualora il cessionario o committente delloperazione sia un soggetto privato,
questultimo sopporter lonere del tributo, non potendo a sua volta esercitare la rivalsa.
Sulla base di quanto detto, per un bene, il cui prezzo di cessione ammonta a
10.000, limprenditore deve addebitare in via di rivalsa lIva (es. 22%) di 2.200. Se si
tratta della cessione ad un consumatore finale, questultimo importo rappresenta lIva
che lo Stato complessivamente incamera tenendo conto dei versamenti effettuati dai
soggetti passivi coinvolti nella varie fasi di produzione del bene.
Ci si deve chiedere perch il legislatore abbia deciso di applicare il tributo a
tutti i passaggi intermedi, cio tra imprenditori, nonostante limposta sul valore aggiunto sia commisurata sullultimo passaggio (dal dettagliante al consumatore finale).
Si poteva scegliere il meccanismo della non imponibilit dei passaggi intermedi e della
tassazione del solo passaggio finale. Il gettito del tributo sarebbe stato identico.
Esigenze di cautela fiscale e di anticipazione della riscossione del tributo hanno indotto il legislatore a strutturare il meccanismo impositivo dellIva in modo da
colpire ogni passaggio. Se si fosse tassato solo lultimo passaggio, bastava occultare
tale operazione per immettere nel mercato beni e servizi senza applicazione dellIva.
La tassazione del valore aggiunto creato nei passaggi intermedi garantisce, invece, allo
Stato la riscossione di una parte del gettito fiscale.
5.1. I limiti al diritto di detrazione
Con riferimento al diritto di detrazione possibile individuare limiti di carattere generale, che prescindono cio dalla natura del bene cui limposta si riferisce, ovvero limiti di carattere specifico, relativi alla natura dellattivit esercitata o alla natura
del servizio o bene acquistato.
La principale limitazione di carattere generale al diritto di detrazione dellIva
relativa agli acquisti riguarda i soggetti che pongono in essere operazioni esenti per i
quali prevista lindetraibilit dellIva assolta sugli acquisti.
Qualora siano poste in essere operazioni esenti unitamente ad altre operazioni rilevanti ai fini dellapplicazione del tributo, la detrazione dellIva sugli acquisti
ammessa in misura proporzionale al rapporto, (cd pro-rata), tra lammontare delle
operazioni che danno diritto alla detrazione (imponibili e non imponibili) ed il volume daffari. In presenza di acquisti aventi ad oggetto beni ammortizzabili il calcolo
del pro-rata suscettibile di rettifiche nei cinque anni successivi, qualora la percentuale inizialmente determinata del pro-rata vari, negli anni successivi, di oltre dieci
punti percentuali.
Oltre le limitazioni di carattere generale, sono previste limitazioni di carattere
specifico strettamente correlate con la natura dellattivit esercitata o con i servizi o il
bene acquistato.
Le limitazioni relative alla natura dei beni o servizi utilizzati nellesercizio
dellattivit rispondono allesigenza di evitare elusioni di imposta, conseguenti alla detrazione dellIva afferente beni o prestazioni destinati alla sfera privata del soggetto e
non rilevanti per la propria attivit economica.
Lart. 19-bis 1, 1 comma, prevede, inoltre, la indetraibilit dellIva relativa
allacquisto di autovetture di lusso e aeromobili, nonch lIva relativa alle prestazioni
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di trasporto di persone, alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito tranne per i beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro. prevista, altres, una detrazione parziale, per lacquisto di delle autovetture e per le relative
spese di esercizio.
6. Effettuazione delle operazioni.
Lindividuazione del momento in cui loperazione si considera effettuata ai fini Iva di notevole importanza, in quanto ad esso sono direttamente collegati adempimenti di obblighi sia formali (fatturazione, registrazione, liquidazione) che sostanziali. Il debito dimposta per il cedente o prestatore, con riferimento alle operazioni
attive ed, altres, quello in cui la stessa imposta diventa detraibile per il cessionario o
committente per le operazioni passive sorge infatti nel momento in cui si considera
effettuata loperazione.
Il momento in cui le diverse operazioni rilevanti ai fini dellapplicazione del
tributo si considerano effettuate individuato dallart. 6 del decreto istitutivo dellIva
con specifico riferimento a ciascuna di esse.
Le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della loro consegna
o spedizione qualora si tratti di beni mobili, tranne che gli effetti traslativi della cessione non abbiano luogo successivamente. In tal caso loperazione si considera effettuata al verificarsi di tali effetti, purch dalla data della consegna non decorra un periodo superiore ad un anno.
Le cessioni di beni immobili si considerano effettuate alla stipula dellatto di
trasferimento, ovvero al momento in cui si producono gli effetti traslativi o costitutivi dello stesso.
Tuttavia, il momento del pagamento assume rilievo se anticipato rispetto ai
predetti eventi (i.e. il pagamento di un acconto).
Le prestazioni di servizi si considerano effettuate allatto del pagamento del
corrispettivo, tranne per le prestazioni di servizi gratuite, il cui valore superiore a
25,82 euro, che si considerano effettuate al momento in cui sono rese, ovvero se di
carattere periodico o continuativo, nel mese successivo a quello in cui sono rese. Le
prestazioni rese da un soggetto comunitario nei confronti di un residente nello Stato
effettuate in modo continuativo, senza pagamento di corrispettivo si considerano effettuate nel termine di ciascun anno fino alla conclusione delle prestazioni medesime.
Ancora va detto che se il soggetto emette la fattura prima del pagamento, ovvero prima della consegna dei beni o della effettuazione del servizio, la cessione del
bene o la prestazione del servizio si considerano effettuate.
Posto che il momento di effettuazione delle operazioni rileva ai fini
dellesigibilit dellimposta, pu accadere che il soggetto passivo sia obbligato a versare limposta allerario nonostante ancora non abbia incassato limposta dal cliente.
Tale distorsione mitigata dal fatto che il soggetto passivo pu detrarre limposta sugli acquisti senza che abbia provveduto al pagamento della fornitura.
In ogni caso, sono previste alcune deroghe che evitano di anticipazione il pagamento dellIva rispetto alleffettivo incasso del corrispettivo. In particolare lart. 6
prevede la possibilit, per le forniture di beni e servizi allo Stato o agli altri enti pubblici (che notoriamente pagano i loro fornitori con ampio ritardo), di considerare
come effettuate le operazioni allatto del pagamento del corrispettivo, indipendentemente dalla data di emissione della fattura o di consegna dei beni.
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Va poi menzionato lart. 32 bis del d.l. 83/2012 il quale, in deroga alle regole
precedenti, stabilisce che i soggetti con volume daffari inferiore a 2.000.000 di euro,
possono optare per un sistema impositivo (c.d. regime Iva per cassa) per i quali
lesigibilit differita al momento dellincasso della fattura, e comunque entro un anno dalla effettuazione delloperazione (salvo che il committente non sia assoggettato
a procedure concorsuali). Tale regime comporta che anche lIva assolta sugli acquisti
sia detraibile nel momento in cui avviene il pagamento.
Leffettuazione delloperazione , infine, rilevante per lindividuazione delle
aliquote da applicare: invero, qualora siano intervenute modifiche, alle operazioni Iva
si applica laliquota in vigore al momento di effettuazione delle operazioni e non al
momento di emissione della fattura.
7. Base imponibile ed aliquote.
La base imponibile dellIva costituita dallammontare, determinato per ogni
singola operazione, dei corrispettivi dovuti al soggetto passivo secondo le condizioni
contrattuali, compresi gli oneri e le spese accessorie.
Le spese inerenti le esecuzioni delle condizioni contrattuali e i debiti o gli
oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente concorrono alla determinazione della base imponibile delle singole operazioni.
Regole specifiche di determinazione della base imponibile sono stabilite dalla
legge qualora manchi lammontare del corrispettivo. Cos per esempio per le operazioni permutative la base imponibile costituita dal valore normale, inteso come
prezzo medio praticato per operazioni simili, dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna delle due operazioni.
Nel caso di cessioni gratuite di beni ci che rileva il prezzo di acquisto dei
beni; per le prestazioni di servizi gratuite dalle spese sostenute dal soggetto passivo
per lesecuzione dei sevizi medesimi. Ci consente di rettificare esattamente lIva detratta sugli acquisti per tale tipologia di operazioni.
Laliquota la percentuale che viene applicata alla base imponibile per determinare limposta. La vigente normativa prevede tre diverse aliquote al fine di differenziare il prelievo in base alla natura dei beni, effettuando cos una discriminazione
in relazione alla tipologia di beni o servizi consumati.
Attualmente laliquota ordinaria, cio quella applicabile a tutte le operazione
per le quali non espressamente prevista una aliquota diversa, del 22%. Sono, altres previste due aliquote ridotte: del 4% per i beni di prima necessit e del 11% per i
beni di largo consumo.
Se il soggetto passivo commette un errore nellindividuazione dellaliquota
(es. applica il 22% al posto del 10%) ed in conseguenza il cliente corrisponde una Iva
maggiore rispetto al dovuto, listanza di rimborso pu essere proposta solo dal soggetto passivo (che nel frattempo ha versato il tributo e sono trascorsi i termini per
emettere una nota di variazione) nei confronti del Fisco ed in caso di esito positivo
deve restituire al cliente la somma versata in eccesso, ci in quanto come detto in
precedenza - il rapporto tributario si instaura solo tra soggetto passivo e amministrazione (Cass. n. 17173/2013).
Nellarco di un decennio laliquota ordinaria dellIva cresciuta dal 18 al 22
per cento, e non si esclude che in futuro possa essere ulteriormente incrementata
Negli agli altri Paesi Ue, nonostante la prevista armonizzazione, vigono differenti en-
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tit di aliquote ordinarie: in Ungheria del 27%, ma in Germania del 19%, in Spagna al 21%, in Francia del 20% e in Lussemburgo del 15%.
8. Volume daffari.
II volume daffari Iva dato dallammontare delle operazioni imponibili, non
imponibili ed esenti, effettuate dal soggetto passivo, registrate o che avrebbero dovuto essere registrate, secondo le regole proprie dellimposta, nel corso di un anno solare, escludendo dal computo le cessioni di beni ammortizzabili.
La determinazione del volume daffari ha notevole importanza ai fini
dellapplicazione del tributo, perch da esso dipende il regime contabile al quale soggiace il contribuente. I regimi attualmente in vigore sono tre: regime ordinario, regime semplificato e regime dei minimi. Rientrano nel regime ordinario i soggetti che
hanno un volume daffari superiore a 309.874,14 euro, se esercitano attivit di prestazione di servizi, ovvero a 516.456,90 euro se esercitano attivit diverse dalle prestazioni di servizi.
I soggetti che hanno un volume daffari inferiore ai predetti limiti rientrano
nel regime semplificato.
Il regime dei minimi si applica ai soggetti con volume daffari non superiore a
30.000,00 euro, che allo stesso tempo non pongono in essere cessioni alle esportazioni, non abbiano dipendenti, n beni strumentali di valore superiore a 15.000,00 euro. I soggetti che rientrano in tale regime non devono applicare lIva sulle operazioni
attive, ma correlativamente non possono esercitare il diritto alla detrazione dellIva
sugli acquisti.
La periodicit delle liquidazioni mensile sia per il regime ordinario che per
quello semplificato. Tuttavia i soggetti con volume daffari inferiore a quello previsto
per il regime ordinario possono optare per la liquidazione trimestrale del tributo
(maggiorando le somme da versare degli interessi nella misura dell1%).
9. Adempimenti formali e sostanziali.
Lapplicazione del tributo prevede una serie di adempimenti formali e sostanziali, strumentali alladempimento dellobbligazione tributaria.
Gli adempimenti formali hanno assunto nel tempo una sempre maggiore incisivit ritenendosi che potessero contribuire ad arginare fenomeni di evasione del
tributo. Si passati, pertanto, da formalit alquanto semplici previste dalla legge istitutiva del tributo (fatturazione e registrazione) ad un sistema pi complesso di documentazione ( scontrino, ricevuta, etc.).
Lobbiettivo era quello di controllare levasione alla fonte (bolla
daccompagnamento) ed allo stadio finale dellapplicazione del tributo (scontrino fiscale, ricevuta fiscale). Tuttavia, si pu senzaltro affermare che tali strumenti hanno
raggiunto solo parzialmente gli obbiettivi, poich lIva rimane un tributo ampiamente
evaso e rimarr tale, a nostro avviso, se non si daranno allAmministrazione finanziaria gli strumenti e le strutture adeguate ad un efficace ed efficiente controllo dei contribuenti.
Proprio sulla base di tali considerazioni si pervenuti allabrogazione
dellobbligo della emissione della bolla di accompagnamento; allo stesso modo per
anni si parlato di eliminare lobbligo di emissione dello scontrino e/o della ricevuta,
tuttavia, ad oggi non solo tali formalit permangono ma addirittura sono stati previsti
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176
I registri previsti dalla vigente normativa sono molteplici, tuttavia, i pi importanti sono: il registro delle fatture emesse, il registro degli acquisti ed il registro dei
corrispettivi, ove previsto.
I registri Iva vanno tenuti con le formalit prescritte dal Codice civile per i libri contabili. La individuazione del momento nel quale deve essere effettuata la registrazione dei documenti contabili rilevante solo in parte nel meccanismo impositivo
del tributo poich le liquidazioni periodiche ed annuali si basano sulla data di effettuazione delle operazioni, da cui dipende la esigibilit dellIva sulle operazioni attive e
il sorgere del diritto alla detrazione dellIva sugli acquisti.
Le fatture devono essere registrate in apposito registro, entro 15 giorni dalla
loro emissione se si tratta di fatture immediate (termine fisso) con riferimento alla data della emissione stessa (ad esempio, una fatture emessa il 20 settembre potr essere
registrata entro il 5 ottobre ma concorre, comunque, alla liquidazione dellIva relativa
al mese di settembre) o entro il mese di emissione se si tratta di fatture differite (termine mobile). La registrazione deve essere effettuata tenendo conto della numerazione delle fatture indicando le generalit del cessionario o committente, il numero progressivo, lammontare imponibile delloperazione e lammontare dellimposta con distinte annotazioni in presenza di aliquote diverse; in caso di esenzione o non imponibilit occorre indicare il titolo di non applicazione del tributo.
I soggetti non obbligati allemissione della fattura devono annotare
lammontare giornaliero dei corrispettivi in apposito registro, entro il giorno non festivo successivo a quello in cui le operazioni sono state effettuate, con riferimento alla data di effettuazione delle operazioni. Lammontare dei corrispettivi deve comprendere anche quelli relativi ad operazioni per le quali stata emessa fattura includendo nel corrispettivo lIva. I corrispettivi devono essere distinti per aliquota. Le
operazioni per le quali rilasciato lo scontrino fiscale, effettuate in ciascun mese solare, possono essere annotate con un unica registrazione nel registro dei corrispettivi
entro il giorno 15 del mese successivo, purch siano allegati al registro stesso gli
scontrini riepilogativi giornalieri.
Le fatture dacquisto e le bollette doganali devono essere registrate, previa
numerazione in ordine progressivo, antecedentemente alla liquidazione periodica,
ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta.
Dalla registrazione devono risultare la data della fattura, il numero attribuito, i
dati identificativi del soggetto emittente, lammontare dellimponibile e dellimposta
distinti per aliquota e, per le operazioni non imponibili od esenti il titolo di inapplicabilit del tributo.
La liquidazione periodica del tributo permette la riscossione frazionata
dellimposta durante lanno solare. La liquidazione consiste nel contrapporre lIva addebitata sulle operazioni attive, risultante dal registro delle fatture e/o dei corrispettivi, allIva ammessa in detrazione, risultante dal registro degli acquisti. Se lIva sulla
operazione attive superiore a quella relativa alle operazioni passive, allora il soggetto
dovr procedere con il versamento del dovuto, utilizzando il modello unificato di
versamento (mod. F 24); in caso contrario il credito della liquidazione viene riportato
in avanti e utilizzato per la liquidazione successiva.
La periodicit delle liquidazioni dipende dal regime contabile: i soggetti che
hanno optato per la liquidazione trimestrale, liquidano il tributo trimestralmente, en-
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tro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri solari,
mentre il quarto trimestre deve essere liquidato entro il 16 marzo ossia entro il termine di versamento previsto per i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione Iva annuale; tutti gli altri soggetti devono liquidare il tributo mensilmente entro il
giorno 16 del mese successivo a quello cui si riferiscono le operazioni.
9.3. Le dichiarazioni.
Entro trenta giorni dallinizio dellattivit deve essere presentata, anche telematicamente, apposita dichiarazione allAgenzia delle entrate territorialmente competente con cui si richiede lattribuzione del numero di partita Iva, che identifica e contraddistingue il soggetto nei rapporti con lAmministrazione finanziaria e con gli altri
soggetti Iva. Qualora muti uno degli elementi indicati nella dichiarazione di inizio attivit, necessario comunicare la variazione entro 30 giorni, presentando il medesimo
modello che prende il nome di dichiarazione di variazione dati. Una apposita comunicazione va fatta in caso di cessazione di attivit.
Le suddette dichiarazioni non possono, comunque, essere considerate dichiarazioni tributarie in senso tecnico, poich non sono rilevanti in ordine alla determinazione dellobbligazione tributaria.
Per dichiarazione dimposta, in senso stretto, si intende la dichiarazione annuale Iva, che ha la funzione di riepilogare tutte le operazioni annotate nei libri contabili nellanno solare di riferimento, sia attive che passive. Attualmente i soggetti
passivi del tributo, sia che quelli obbligati alla presentazione del modello unificato,
che quelli obbligati a presentare la sola dichiarazione Iva in modo autonomo (curatori
fallimentari, soggetti con periodo dimposta non coincidente con lanno solare, soggetti che intendono esercitare la compensazione mediante mod. F24 dellIva a credito, in misura superiore a 10.000,00 euro) devono presentare la dichiarazione, nei termini fissati dalla legge, esclusivamente per via telematica.
La dichiarazione annuale, sia unificata che in forma autonoma, deve essere
presentata da tutti i soggetti che hanno dichiarato linizio attivit ai fini dellIva, anche
se non sono state poste in essere operazioni rilevanti ai fini dellapplicazione del tributo, tranne quelli espressamente esclusi (soggetti che pongono in essere operazioni
esenti ed hanno optato per la dispensa degli obblighi formali, ai sensi dellart. 36-bis,
contribuenti minimi, etc.).
La dichiarazione va redatta su stampati conformi al modello ministeriale e
dalla stessa devono risultare il totale delle operazioni imponibili registrate nellanno
precedente suddiviso per aliquote, lammontare dellimposta relativa, nonch
lammontare delle operazioni non imponibili ed esenti, lammontare degli acquisti e
delle importazioni, distinti per aliquote e le relative imposte. Inoltre, dalla dichiarazione deve emergere la differenza fra lammontare complessivo dellimposta a debito
e lammontare complessivo dellimposta a credito, nonch le somme versate sulla base delle liquidazioni periodiche.
Dalla dichiarazione pu emergere un credito dimposta, ovvero un debito, da
versare entro il 16 marzo, ovvero entro il termine di pagamento del saldo delle imposte sul reddito, in caso di presentazione della dichiarazioni in forma unificata.
Leventuale credito pu essere liberamente compensato con le liquidazioni dellanno
successivo o, in alternativa, pu essere chiesto il rimborso totale o parziale nei limiti
previsti dallart. 30 del d.p.r. 633/72.
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La compensazione del credito Iva con altri tributi libera fino a 10.000,00,
mentre, oltre tale limite deve essere autorizzata, da parte dellAgenzia delle Entrate,
sulla base di apposita istanza inoltrata telematicamente; per somme superiori a
15.000,00 euro, listanza deve essere preceduta dalla presentazione di autonoma dichiarazione, dotata di visto di conformit apposto da parte di professionisti autorizzati.
Per effetto dellart. 9 del d.p.r. 7 dicembre 2001, n. 435 stato introdotto un
ulteriore obbligo per i soggetti Iva che hanno un volume daffari superiore a
25.822,84, ossia quello di trasmettere telematicamente, entro il mese di febbraio di
ciascun anno, una comunicazione dei dati relativi allimposta sul valore aggiunto
(ammontare delle operazioni attive e passive, ammontare dellimposta esigibile e detraibile nonch lammontare delle operazioni intracomunitarie), riferita allanno solare
precedente. Tale comunicazione, fatta per scopi statistici, non considerata alla stregua di una dichiarazione tributaria.
10. Le operazioni intracomunitarie.
Con la realizzazione del Mercato Unico nellambito dei Paesi dellUnione Europea si resa necessaria una revisione della normativa sugli scambi di beni e servizi
fra imprese dei Paesi Membri, oltre alla ridefinizione dei concetti di importazione ed
esportazione.
In vista di una definitiva armonizzazione dellIva nei paesi europei, che presuppone quale passaggio obbligato lunificazione delle aliquote e quale obbiettivo la
tassazione nel Paese di origine (fermo restando che il tributo dovr poi essere incamerato dal Paese ove avviene il consumo), stato istituito un regime transitorio, disciplinato dal d.l. 31 dicembre 1992, n. 513 entrato in vigore il 1 gennaio 1993. Tale
decreto - ripetutamente reiterato e definitivamente convertito dalla legge 29 ottobre
1993, n. 427- ancora in vigore (nonostante loriginaria previsione di durata del regime transitorio solo per un triennio).
Le operazioni intracomunitarie, cio le operazioni effettuate con soggetti residenti in altro Stato membro, ai sensi dellart. 38 del citato d.l. 30 agosto 1993, n.
331, costituiscono unintegrazione della nozione di fattispecie imponibile dellIva.
Peraltro, il citato decreto ha modificato alcuni aspetti fondamentali della disciplina del tributo quali, ad esempio, la nozione di importazione, che viene limitata
alle operazioni effettuate con paesi che non siano membri della Unione Europea,
nonch la nozione di esportazione, limitata alle operazioni dirette verso i Paesi extracomunitari.
Ci detto evidenziamo che in atto (cio in base al regime transitorio) per le
operazioni intracomunitarie previsto un meccanismo di tassazione degli scambi di
beni e servizi a seconda che gli stessi abbiano come destinatari soggetti privati ovvero
soggetti che, secondo la normativa del Paese di destinazione dei beni scambiati, assumano la qualifica di soggetti passivi del tributo.
Le operazioni effettuate con soggetti privati (c.d. business to consumer) sono, infatti, assoggettate allimposta sul valore aggiunto secondo le regole proprie applicabili
alle operazioni effettuate allinterno dello Stato del soggetto cedente o prestatore, attuandosi in tal modo, il principio della tassazione nel Paese di origine.
Le operazioni poste in essere nei confronti di soggetti qualificati come soggetti passivi Iva (c.d. business to business) in ambito comunitario e che tali risultano
179
allanagrafe appositamente istituita e liberamente consultabile da parte degli uffici tributari di ciascun Paese membro, vengono invece effettuate in regime di non imponibilit, risultando cos assoggettate ad Iva nel Paese di destinazione secondo le regole e
le aliquote vigenti allinterno di questultimo.
Limprenditore o il professionista che effettua acquisti o commissiona servizi
intracomunitari, dopo aver comunicato il proprio codice di identificazione (costituito
in Italia dalla partita Iva preceduta dalla sigla IT) al fornitore, ha diritto alla fatturazione in regime di non imponibilit. Una volta ricevuta la fattura, il corrispettivo deve
essere integrato della relativa imposta, secondo le aliquote vigenti. La fattura, quindi,
cos integrata, va annotata, distintamente dalle altre, nel registro degli acquisti e la relativa Iva portata in detrazione secondo le regole previste dallart. 19 del d.p.r. 633 del
1972 .
Contestualmente la medesima fattura deve, altres, essere annotata, separatamente dalle altre, nel registro delle fatture emesse, al fine di neutralizzare la detrazione dellIva conseguente allavvenuta annotazione sul registro degli acquisti, ponendo
in essere la cosiddetta inversione contabile o reverse charge.
Lapplicabilit del regime degli scambi intracomunitari ha comportato
listituzione di unanagrafe dei soggetti passivi dellimposta sul valore aggiunto di tutti
i Paesi membri dellUnione Europea gestita da sistema informatico accessibile a tutti i
paesi membri dellUnione. Sarebbe, infatti, facile evadere limposta esibendo allatto
di effettuare un acquisto comunitario una falsa partita Iva.
I soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie sono obbligati a presentare apposita dichiarazione (INTRASTAT) presso lagenzia delle dogane, utilizzando
anche il canale Entratel, con periodicit mensile ovvero trimestrale, in relazione al volume di scambi posti in essere nellanno, fermo restando lobbligo di indicare
lammontare complessivo degli scambi intracomunitari nella dichiarazione annuale
Iva.
Unultima notazione va fatta a proposito del regime definitivo. Esso prevede
per qualsiasi tipologia di cessione di beni o prestazione di servizi la tassazione nel
paese di origine, con possibilit di esercitare il diritto di detrazione qualora chi acquista sia un soggetto passivo Iva. Le difficolt che si registrano per la ripartizione del
gettito del tributo tra i vari paesi europei dove viene concretamente posto in essere il
consumo e le persistenti differenze sul livello delle aliquote Iva ostacolano, tuttavia,
la sua concreta attuazione. Ecco perch il regime transitorio, che come detto utilizza
il metodo di tassazione nel paese di origine e in quello di destinazione a seconda che
la transazione venga fatta a favore di imprese e professionisti (B2B) o a favore di privati (B2C), potrebbe essere destinato a divenire quello definitivo.
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nel senso che misura la capacit di convertire gli input provenienti dallesterno in output.
Il valore della produzione netta, a differenza dellutile di esercizio, non una
ricchezza liberamente disponibile per limprenditore, in quanto essa viene ripartita tra
i vari soggetti che partecipano al processo produttivo, cio i lavoratori dipendenti, cui
spetta la retribuzione, e i finanziatori, cui vengono corrisposti gli interessi. Ci che
residua spetta allimprenditore sotto forma di profitto.
Ci posto bisogna chiedersi se sia legittimo applicare un tributo sul valore
della produzione netta ascrivibile ad unimpresa o, in altri termini, se la potenza produttiva dellimpresa possa assurgere ad indicatore di capacit contributiva. Secondo
quanto osservato in precedenza a proposito dellart. 53 Cost., limposizione fiscale si
giustifica sul piano costituzionale solo se il presupposto del tributo espressione di
una forza economica che renda possibile al soggetto passivo, sia pur in astratto, far
fronte alla prestazione. Gli indicatori di forza economica tradizionali sono il reddito,
il patrimonio ed i consumi.
Nel caso dellIrap, lindicatore di forza economica rappresentato dal valore
della produzione ritraibile da attivit economiche svolte in modo organizzato. Ma la
tenuta sul piano costituzionale di tale indicatore debole. Ed infatti, applicare il tributo sul valore della produzione in capo allimpresa significa tassare ricchezza altrui (ascrivibile a lavoratori dipendenti e finanziatori), senza che sia prevista la possibilit di rivalsa; tale circostanza evidente se il valore della produzione netta viene
assorbito integralmente per la corresponsione delle retribuzioni e degli interessi
passivi.
La Corte Costituzionale si , in pi occasioni, occupata di valutare la legittimit costituzionale della legge istitutiva dellIrap (sentenze 10 maggio 2001, n. 156; 23
luglio 2001, n. 286; 10 aprile 2002, n. 103; 10 aprile 2003, n. 124; 19 gennaio 2005, n.
21; 30 luglio 2009, n. 258). I giudici costituzionali hanno giustificato lIrap, osservando che rientra nella discrezionalit del legislatore individuare i fatti espressivi di capacit contributiva, ovvero gli indici rilevatori di ricchezza, salvo il limite della irragionevolezza. Nel caso Irap non ritenuto irragionevole il riferimento al valore prodotto dalle attivit organizzate, prima che questo venga distribuito per remunerare i fattori della produzione (lavoratori dipendenti e finanziatori). La Consulta ha, in sostanza, sposato la tesi della Commissione di studio per il decentramento fiscale, secondo
cui il potere di comando e di direzione di beni e lavoro altrui pu essere considerato
un fatto indicatore di capacit contributiva reale, a rilevanza oggettiva.
Nonostante lIrap abbia superato il vaglio di costituzionalit, il legislatore ha
previsto, nellambito della legge delega di riforma fiscale n. 80/2003, la sua graduale
soppressione. Il tributo tuttora in vigore e la sua soppressione presumibilmente sar seguita dallistituzione di una nuova imposta da assegnare alle Regioni.
3. La determinazione del valore della produzione netta
Esaminiamo ora come si determina il valore della produzione netta, limitandoci ad illustrare il regime delle societ di capitale. Per tali soggetti, le risultanze del
bilancio di esercizio civilistico rappresentano il punto di partenza. Non rileva naturalmente lutile o la perdita del conto economico, altrimenti ci saremmo trovati di
fronte ad un duplicato delle imposte sui redditi. Occorre, invero, considerare solo
alcune componenti del conto economico redatto secondo il modello previsto dallart.
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2425 del codice civile: segnatamente muovendo dai ricavi della gestione caratteristica,
indicati nella macro classe A del conto economico, si sottraggono le spese direttamente correlate alla produzione dei ricavi, escluse quelle indicate nelle voci B 9, 12 e
13, cio le spese del personale, nonch gli accantonamenti (costi futuri e incerti). La
non deducibilit ai fini Irap delle predette voci del conto economico in linea con la
logica del tributo, che quella di tassare il valore della produzione netta, prima che
venga distribuita ai lavoratori dipendenti e ai finanziatori.
Ai fini Irap rileva, quindi, solo la prima parte del conto economico, cio quella che attiene alla rappresentazione degli eventi ordinari dellattivit svolta; il valore
della produzione netta trascura pertanto gli eventi straordinari, indicati nella macro
classe E, nonch i proventi e gli oneri finanziari, indicati nelle macro classi C e D del
conto economico.
Quanto detto, consente di cogliere in concreto la differenza tra lutile di esercizio oggetto di imposizione Irpef/Ires, che tiene conto di tutte le componenti del
conto economico, e il valore della produzione netta, oggetto di imposizione Irap.
Non possiamo sottacere, per, che per alcune imprese valore della produzione netta
e reddito di esercizio possono coincidere: il caso delle imprese che non hanno dipendenti, che non ricorrono ai finanziamenti e non registrano componenti straordinarie di reddito. Va ancora evidenziato che unimpresa pu avere un valore della
produzione netto positivo, ma un reddito negativo, cio una perdita, sia per eventi
straordinari negativi (sopravvenienze passive), sia per lalta incidenza delle retribuzioni del personale dipendente.
Queste ultime circostanze hanno determinato il proliferare di forti critiche al
mantenimento in vita dellIrap; critiche che hanno indotto il legislatore, in attesa della
annunciata soppressione, ad introdurre modifiche, tra cui, la possibilit di dedurre in
misura parziale i costi del personale.
Va poi evidenziato che, a decorrere dal 2008, le componenti del valore della
produzione non vengono pi assunte apportando le variazioni scaturenti dalle regole fissate nel TUIR; rilevano i valori indicati nel conto economico, secondo le regole civilistiche. Tale innovazione ha consentito non solo di semplificare la determinazione della base imponibile Irap, ma anche di scindere nettamente tale tributo
dallIres/Irpef. Rilevando i valori di bilancio, previsto che il Fisco possa sindacare la
corretta collocazione dei componenti nel conto economico secondo quanto stabilito
dal codice civile e dai principi contabili.
Orbene, essendo lIrap un tributo regionale, necessario individuare il collegamento tra presupposto del tributo e territorio di una Regione. Al riguardo rileva il
domicilio fiscale del soggetto, quindi lobbligazione sorge nei confronti della Regione
ove ubicato il domicilio. Nei casi in cui limpresa possiede per almeno tre mesi sedi
o uffici in altre Regioni, e ivi risulta assegnato personale, una quota proporzionale del
valore della produzione viene tassato anche in tale Regione. Per esigenze di semplificazione si , quindi, scelto un criterio forfettario di ripartizione della base imponibile
su base regionale.
Abbiamo gi detto che tra i soggetti passivi dellIrap vi sono anche gli enti
non commerciali pubblici e privati, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato. Linclusione di tali soggetti, che non svolgono unattivit economica, potrebbe
apparire non in linea con la ratio del tributo; probabilmente la loro inclusione si giustifica per riequilibrare la soppressione dei contributi al servizio sanitario nazionale
183
che erano posti a carico del datore di lavoro e del lavoratore. Mancando unattivit
economica svolta, la base imponibile del tributo non pu avere a riferimento il valore
della produzione netta. Per individuare la base imponibile si utilizzato il c.d. metodo
retributivo: limposta si applica sul totale delle retribuzioni per lavoro dipendente corrisposte dagli enti in questione.
4. Lapplicabilit dellIrap ai professionisti e alle imprese ove manca
lorganizzazione.
In conclusione, accenniamo alla questione relativa alla applicabilit dellIrap ai
professionisti e alle piccole imprese privi di organizzazione.
Posto che il presupposto del tributo rappresentato dallesercizio di una attivit autonomamente organizzata, coloro che esercitano attivit professionali e imprenditoriale con un modesto investimento in beni strumentali e senza lausilio di lavoratori dipendenti hanno ritenuto di non rientrare nel novero dei soggetti obbligati
al pagamento del tributo.
Il Fisco ha assunto, invece, una diversa posizione, sostenendo che per configurarsi lautonoma organizzazione fosse sufficiente un livello minimo di beni strumentali (es. una scrivania, un computer, etc.). In questa misura, ha richiesto il pagamento del tributo indistintamente a tutti coloro che svolgono attivit professionali e
imprenditoriali, che non avevano adempiuto allobbligo di presentare la dichiarazione
e di effettuare il versamento.
Sono, quindi, sorte numerose liti fiscali inizialmente risolte in modo ondivago
dalle Commissioni tributarie provinciali e regionali.
La giurisprudenza della Cassazione, con un orientamento ormai consolidato,
ha stabilito che lobbligo di corrispondere il tributo sussiste solo se linvestimento in
beni strumentali superiore a quello ordinariamente richiesto per lesercizio
dellattivit e se risultano impiegati lavoratori dipendenti, ovvero se si utilizza una societ di servizi per acquisire prestazioni sostitutive di lavoratori dipendenti (Cass. n.
12287/2015).
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conda della tipologia di atto. In linea generale, la scelta circa il regime impositivo
dellatto consegue alla differente (cio pi o meno intensa) attitudine a rappresentare
una manifestazione di ricchezza; ma non da escludere che rilevino anche ulteriori
fattori.
A titolo esemplificativo notiamo che per i trasferimenti della propriet di beni
immobili laliquota del 9%, mentre per le locazioni di fabbricati ad uso abitativo
laliquota del 2%. Gli atti relativi alle operazioni societarie sono, invece, assoggettati
alla tassa fissa, in ossequio a quanto dispone la Direttiva comunitaria sulla raccolta dei
capitali, la quale si propone di evitare che si creino distorsioni sul mercato dei capitali
per le differenti regole impositive attuabili dagli Stati membri: limposta si applica solo al momento del conferimento dei beni nella societ e della loro successiva assegnazione ai soci (quindi dalla sfera privata a quella imprenditoriale e viceversa); la circolazione dei beni tramite operazioni di riorganizzazione societaria, quali la fusione,
la scissione, etc., sconta solo la tassa fissa.
Vanno menzionati, infine, gli atti soggetti a registrazione volontaria, con pagamento della sola tassa fissa; la registrazione in tal caso finalizzata a conseguire
lattestazione dellesistenza dellatto, lattribuzione di data certa opponibile ai terzi a
norma dellart. 2704 del c.c. e la conservazione dellatto.
I soggetti obbligati a richiedere la registrazione sono le parti contraenti, nonch, per le operazioni di societ, i soggetti che rispondono delle obbligazioni. Devono, altres, richiedere la registrazione i notai, gli ufficiali giudiziari e gli altri pubblici
ufficiali per gli atti da loro ricevuti o alla cui formazione hanno partecipato, nonch i
cancellieri e i segretari per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali formati con il loro intervento.
La registrazione consiste nella presentazione dellatto allUfficio competente,
che individuato in relazione al domicilio fiscale del pubblico ufficiale; se si tratta di
un atto non solenne, allora la registrazione pu essere richiesta presso qualsiasi Ufficio. Per i contratti verbali la registrazione deve essere richiesta mediante presentazione allufficio di apposita denuncia che assume la qualit di atto.
Le parti contraenti (o le parti in causa per le sentenze) e coloro che hanno
sottoscritto la denuncia sono obbligati in solido al pagamento del tributo; i pubblici
ufficiali sono, invece, responsabili per il pagamento dellimposta liquidata in sede di
registrazione dellatto (c.d. imposta principale).
Nei contratti in cui parte lo Stato, obbligata al pagamento dellimposta
unicamente laltra parte contraente, a meno che non si tratti di atti presentati volontariamente per la registrazione dalle amministrazioni dello Stato, nel qual caso si ha la
registrazione gratuita.
1.2 Regole di applicazione del tributo.
Abbiamo detto che limposta di registro concerne la stipula di atti a contenuto patrimoniale. La forma giuridica di tali atti ha unimportanza sostanziale e prevale
sugli effetti economici che si intendono raggiungere.
Per consentire una corretta applicazione del tributo, il Fisco, secondo quanto
dispone lart. 20 della legge istitutiva del tributo, pu, per, riqualificare gli atti sottoposti a registrazione secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici che essi in concreto producono, a prescindere dal nomen assegnato e dalle intenzioni delle parti. Tale
attivit deve essere, per, condotta esclusivamente sulla base di criteri giuridici, met-
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dubbi di illegittimit costituzionale, in quanto pu accadere che alcuni di loro, beneficiando di una franchigia, non debbano personalmente il tributo successorio, ma possono essere chiamati a versare limposta relativa ad alti eredi o legatari. Invero, esistendo modalit di calcolo del tributo differenziate per ogni erede pi corretto stabilire la piena autonomia della obbligazione facente capo agli eredi e legatari.
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a disposizione dellUfficio che culminano con leventuale notifica dellavviso di accertamento, atto con cui lUfficio impositore rettifica la dichiarazione del contribuente,
richiedendo le maggiori somme dovute, unitamente sanzioni e interessi.
Con riferimento alle restanti imposte del sistema fiscale, esistono specifiche
regole sullaccertamento, contenute nei singoli provvedimenti legislativi che istituiscono i tributi.
Laccertamento tributario , tra laltro, oggetto di ulteriori regole contenute
nello Statuto del contribuente (L. n. 212/2000); oltre il principio di buona fede nel
rapporto Fisco contribuente (art. 10), sono ivi stabiliti i diritti del contribuente sottoposto alla verifica fiscale (art. 12), i requisiti tassativi degli atti impositivi indispensabili per renderli chiari e motivati (art. 7), ed infine assicurata leffettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.
In ogni caso, lattivit di accertamento posta in essere dagli Uffici impositori,
pur presentando caratteristiche proprie, si pu incardinare nellambito dei procedimenti amministrativi della P.A. In questa prospettiva, essa deve rispettare non solo le
regole specifiche risultanti dalle citate disposizioni di settore, ma anche deve adeguarsi ai canoni costituzionali espressi nellart. 97 Cost., cio imparzialit e buon andamento (c.d. principio di legalit), e alle prescrizioni contenute nella legge generale del
procedimento amministrativo n. 241/90, salvo espresse esclusioni (es. il diritto di accesso agli atti del procedimento).
Rileva ancora il principio generale dellagire amministrativo rappresentato dalla proporzionalit (quello di buona fede espressamente codificato nello Statuto del
contribuente). Proporzionalit vuol significare adeguatezza dei mezzi impiegati dal
Fisco rispetto al fine perseguito. Non pu, in questa prospettiva, ritenersi legittimo
lespletamento di un accesso domiciliare per acquisire un documento agevolmente
ricavabile dallUfficio impositore per mezzo di una attivit istruttoria meno invasiva,
quale una semplice richiesta di esibizione del documento. Tale principio ha, peraltro,
avuto un parziale espresso riconoscimento nello Statuto del contribuente, ove, allart.
12, si dispone che laccesso nei luoghi ove viene svolta lattivit debba avvenire in
presenza di effettive esigenze.
Ci detto, bisogna evidenziare che lUfficio deve provare i fatti costitutivi posti a base della rettifica della dichiarazione del contribuente, mentre questultimo deve
provare i fatti impeditivi estintivi e modificativi. Vi sono per alcuni casi espressamente previsti di inversione dellonere della prova, cio ove la rilevanza fiscale di un
certo fatto si presume ed il contribuente deve dimostrare il contrario. Sul punto va
per detto che nella fase processuale, nonostante viga il principio di parit delle parti,
i giudici richiedono un minor rigore allassolvimento dellonere della prova a carico
del fisco, rispetto ai casi in cui tale onere addossato al contribuente. Questo atteggiamento comprensibile, in quanto gli Uffici impositori generalmente non mentono sui fatti materiali evidenziati negli atti impositivi, mentre vi sempre il sospetto
che i fatti esposti nel ricorso del contribuente non rispondano al vero. Non deve trascurarsi, poi, che nel processo tributario si scontrano, sia pur con regole paritetiche,
da un lato un Ufficio pubblico e dallaltro un soggetto privato. Lapplicazione del
principio della parit delle parti (art. 111 Cost.) non pu, quindi, spingersi sino al
punto di negare la diversit (pubblica e privata) delle parti nel processo, con le relative conseguenze anche sul fronte dellonere della prova.
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dimenti tipicamente discrezionali come nel caso della concessione della rateizzazione
dei tributi dovuti dai contribuenti, in quanto il presupposto per la rateizzazione
lesistenza di una situazione economica critica: il provvedimento di rateizzazione
quindi frutto del bilanciamento dellinteresse pubblico alla pronta riscossione e di
quello privato ad evitare la repentina spoliazione del suo patrimonio.
3. Levoluzione verso un modello consensuale di attuazione del prelievo fiscale.
Ci detto, va precisato che sino agli anni Novanta, lattivit impositiva presentava connotati esclusivamente di tipo autoritativo: lattivit di accertamento degli
Uffici veniva svolta in modo unilaterale con lesercizio di poteri istruttori assegnati
dalla legge, senza la partecipazione in chiave collaborativa del contribuente.
In seguito la normativa tributaria si adeguata alla nuova concezione del rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, caratterizzata da una rivalutazione
della posizione di questultimi (non pi di mera soggezione) di fronte allesercizio delle funzioni e dei poteri pubblici.
Lesercizio dellattivit impositiva avviene, infatti, con procedimenti non
esclusivamente autoritativi, ma anche consensuali, cio dando ampia partecipazione
al contribuente al fine della determinazione del contenuto del provvedimento impositivo.
Lintroduzione dellaccertamento con adesione del contribuente, di cui parleremo in seguito, rappresenta un chiaro esempio dellesercizio della funzione impositiva imperniato sul modello consensuale.
Nellambito della funzione della riscossione, il cui interesse pubblico perseguito quello di una pronta e concreta acquisizione del prelievo fiscale, ipotizzabile,
invece, lutilizzo di istituti tipicamente negoziali, grazie ai quali ad esempio il contribuente pu ottenere una rateizzazione nel pagamento, ovvero giungere ad una transazione sullentit del debito tributario (come nel caso della procedura di concordato
preventivo ex art. 182 ter Legge Fallimentare). Pur utilizzando strumenti privatistici,
lAmministrazione persegue gli interessi pubblici della funzione di riscossione, senza
intaccare lequo riparto del carico tributario, che risulta pregnante nella fase
dellaccertamento.
4. Levasione fiscale e la necessit di distinguere le categorie dei contribuenti
per svolgere efficacemente lazione di controllo dellAmministrazione finanziaria.
Per avere contezza del problema del controllo fiscale da parte degli Uffici impositori, bisogna distinguere nettamente i lavoratori dipendenti, i professionisti e le
piccole e medie imprese, che ottengono risparmi dimposta attraverso occultamenti
di materia imponibile (evasione fiscale), e le grandi realt imprenditoriali, le quali,
avendo una struttura organizzativa rigida, ottengono generalmente risparmi
dimposta, non occultando redditi e quindi ponendo in essere violazioni, ma aggirando le norme del sistema fiscale (elusione fiscale).
Potrebbe, per, accadere che una piccola azienda ponga in essere una pratica
elusiva e che una grande azienda, nonostante la sua rigidit, occulti una parte dei corrispettivi (cio evada), magari costituendo piccole societ satellite ubicate allestero
- riconducibili ai medesimi soci di riferimento dove far confluire gli incassi occultati
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grado di attendibilit per il fatto che essa viene tenuta non per finalit esclusivamente
di tipo fiscale, ma per altre esigenze sia interne che sterne (dar conto della situazione
economico patrimoniale ai soci, ai finanziatori, etc.).
Per le imprese di modeste dimensioni, invece, dove non vi separazione tra
propriet e gestione, e lattivit viene sostanzialmente controllata in toto dal titolare,
il rischio di occultamenti di materia imponibile, attuato mediante omessa certificazione del corrispettivo o sottofatturazione (ci accade soprattutto quando i soggetti operano direttamente con consumatori finali), ovvero mediante imputazione in bilancio
e in dichiarazione di costi fittizi, molto alto. Con riferimento ai costi fittizi nota
lesistenza di c.d. societ cartiere, le quali non svolgono alcuna attivit, ma si limitano
ad emettere fatture per false prestazioni al fine di assegnare costi a terzi; a prescindere
dallutilizzo di societ cartiere, che spesso creano problemi circa gli aspetti della regolamentazione finanziaria delloperazione, lindicazione di elementi fittizi pu avvenire pi semplicemente imputando in bilancio costi per fatture da ricevere, ovvero
riducendo i ricavi in relazione a note di credito da emettere.
La contabilit di questi soggetti ha un basso grado di attendibilit in quanto
viene tenuta prevalentemente per finalit di tipo fiscale.
In definitiva, l dove i redditi vengono prodotti e erogati dalle grandi imprese,
il Fisco pu presupporre che vi sia un basso indice di rischio di evasione, quindi appare importante svolgere controlli mirati; dove non arrivano le grandi aziende, essendo invece alto il rischio di evasione, il Fisco deve far sentire la sua presenza attraverso
controlli periodici generalizzati, non limitati alla verifica delle regolarit delle scritture
contabili, ma basati su una attivit di intelligence che riesca a dimostrare loccultamento
di materia imponibile (per fare un banale esempio, accaduto realmente, con la presenza di un funzionario del Fisco mirata a rilevare gli effettivi incassi di qualche giorno si pu verosimilmente determinare il volume di ricavi annuo di una impresa).
Oltre le contestazioni di evasione in senso proprio, cio attuate mediante occultamento di materia imponibile, bisogna tenere a mente che lattivit di controllo da
parte del Fisco da luogo, soprattutto nei confronti delle grandi imprese, a contestazioni di c.d. evasione interpretativa, cio a richiesta di maggiori tributi dovute alla applicazione di un differente regime giuridico dei fatti imponibili, rispetto a quello dichiarato dal contribuente. Il disconoscimento dei costi per inesatta individuazione
dellesercizio di competenza in cui possono essere dedotti fiscalmente un esempio paradigmatico.
Circa la richiesta del maggior tributo non vi alcuna differenza tra evasione
da occultamento ed evasione interpretativa, ma dal punto di vista delle sanzioni possono profilarsi conseguenze diverse. Nel caso di evasione da occultamento, le sanzioni tributarie sono sempre dovute, mentre nel caso dellevasione interpretativa, il
contribuente pu evitare di subire lapplicazione delle sanzioni, invocando la circostanza dellobbiettiva incertezza circa lapplicazione di quella determinata norma al
caso concreto.
A questo punto, lesposizione di qualche dato pu essere utile per comprendere la rilevanza del fenomeno dellevasione fiscale. Secondo le stime diffuse
dallAgenzia delle entrate le imposte evase ammontano a circa 120 mld di euro, e
quindi vi sarebbe un ricchezza non registrata di circa 300 mld di euro (tale dato viene
ottenuto attraverso stime per ordini di grandezza).
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Con specifico riguardo alle imposte sui redditi, va evidenziato che su oltre 40
milioni di contribuenti, circa un terzo dichiara redditi inferiori a 10.000 euro, il 6 per
cento superiori a 40.000 euro ed addirittura solo l1% superiori a 100.000 euro. La
maggioranza dei contribuenti dichiara al Fisco redditi compresi tra 10.000 e 40.000
euro.
Nonostante non tutti i redditi vanno indicati in dichiarazione, in quanto vi
sono molte fattispecie assoggettate ad imposta sostituiva, nonch ipotesi di redditi
esenti o esclusi dallimposizione, da tali dati emerge un rilevante occultamento di
redditi imponibili, soprattutto nellambito dei professionisti e dei piccoli imprenditori,
i quali in alcuni casi dichiarano redditi insufficienti al sostenimento delle spese minime necessarie per il mantenimento proprio e dei familiari; redditi peraltro che molto
spesso stridono con il loro tenore di vita.
Gli scarsi risultati derivanti dallimposizione dellobbligo di tenuta delle scritture contabili per imprese e professionisti, che, qualora tenute sostanzialmente ai soli
fini fiscali, non hanno evidenziato i redditi effettivamente prodotti, nonch le ridotte
capacit degli Uffici di svolgere controlli e accertamenti sul campo, hanno indotto
lutilizzo di metodi di accertamento di tipo presuntivo, quali gli studi di settore, che,
di fatto, prescindono dalla rettifica analitica della contabilit e della dichiarazione, e si
sviluppano essenzialmente a tavolino, essendo basati su criteri forfetari o su automatismi
Peraltro, con riguardo a queste forme di accertamento, lonere della prova,
che la riforma tributaria intendeva assegnare allUfficio impositore, di fatto addossato al soggetto passivo/contribuente, al quale spetta dimostrare perch non sia applicabile quel tipo di automatismo previsto dalla legge invocato dallUfficio in sede di
determinazione del reddito.
Nel caso delle medie e grandi imprese leffettuazione di accertamenti analitici
una condizione necessaria per contrastare lelusione fiscale. In questa prospettiva,
sarebbe opportuno incrementare la periodicit dei controlli, al punto da essere svolti
con cadenza annuale, concentrando lattenzione sulle operazioni che possono generare vantaggi fiscali indebiti.
In estrema sintesi, laccertamento tributario caratterizzato da controlli basati
su medie statistiche, svolti a tavolino nei confronti delle piccole imprese e dei professionisti, e da controlli analitici sul campo indirizzati ai soggetti economici di pi
rilevanti dimensioni. Pi ampie sono le dimensioni del soggetto che subisce la verifica, pi questa ha ad oggetto specifiche operazioni aziendali ritenute pi rischiose
sotto il profilo fiscale; sarebbe troppo dispendioso e poco proficuo estendere la verifica a tutte le operazioni economiche poste in essere dalle grandi imprese. Nei confronti dei lavoratori dipendenti, i quali, essendo tassati con il metodo della ritenuta
alla fonte, hanno limitate possibilit di occultare redditi, per lo pi, trovano applicazione i controlli formali (36-bis e 36-ter), laccertamento analitico, in caso di omessa
dichiarazione di altre categorie reddituali (redditi di capitale, diversi, etc.) e
laccertamento sintetico sulla base del tenore di vita.
Per potenziare lazione di contrasto allevasione fiscale si di recente valorizzata la collaborazione dei Comuni allaccertamento fiscale, stabilendo di riservare al
Comune il trenta per cento della maggiore imposta accertata grazie alle segnalazioni
di violazioni tributarie da esso inoltrate; detta compartecipazione stata incrementata
(sino al 2014) al cento per cento (art. 1, comma 12 bis d.l. n. 138/2011). In effetti, il
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to direttamente nei confronti dei Caf e dei professionisti, i quali devono trattenere
copia di tutta la documentazione di supporto delle dichiarazioni.
I soggetti che svolgono attivit dimpresa, artistica o professionale devono
presentare la dichiarazione anche in mancanza di redditi, cio qualora abbiano conseguito perdite (le quali possono essere riportate in avanti, sia pur con specifiche limitazioni, ovvero compensate con altri redditi); tale obbligo si giustifica per le esigenze
di controllo nei confronti di imprenditori e professionisti (si pensi alla possibilit di
effettuare incroci di dati della dichiarazione con quanto dichiarato da altri soggetti).
Ladempimento della dichiarazione di questi soggetti molto complesso, in quanto si
sostanzia nella indicazione analitica dei componenti positivi e negativi di reddito, come risultanti dalle scritture contabili e dal bilancio.
La tenuta della contabilit comunque differenziata tra soggetti di piccole e
grandi dimensioni: esiste infatti un regime contabile c.d. semplificato per i soggetti
che hanno un volume di affari superiore a 400.000 o 700.000 euro a seconda che
svolgano attivit di prestazione di servizi o cessione di beni, che si sostanzia
nellobbligo di tenuta dei soli registri Iva integrati con ulteriori annotazioni necessarie
a determinare il reddito. Coloro che superano i predetti limiti devono tenere, invece,
la contabilit in modo ordinario che comporta, tra gli altri, listituzione del libro
giornale, del libro inventari e dei registri Iva.
Imprenditori e professionisti devono compilare anche la dichiarazione ai fini
dellIva e dellIrap. La dichiarazione Iva contiene tutti gli elementi necessari per determinare il volume di affari del soggetto, gli acquisti effettuati nellesercizio
dellattivit e la liquidazione dellimposta. Questa dichiarazione fa parte del c.d. modello Unico, che compendia appunto sia la dichiarazione dei redditi che dellIva, ma
pu essere presentata dal contribuente anche in modo autonomo (a decorrere dal 1
febbraio dellanno successivo). La presentazione della dichiarazione Iva in modo autonomo opportuna quando il contribuente vanti un credito superiore a 10.000, in
quanto, per poterlo compensare con il pagamento di altri tributi (c.d. compensazione
orizzontale tramite F24), deve avere preventivamente presentato la dichiarazione. Per
crediti Iva di importi inferiore, il soggetto pu operare automaticamente la compensazione senza aver presentato la dichiarazione, quindi pu differire ladempimento al
momento di presentazione del modello Unico.
La dichiarazione Irap, che nella prospettiva della regionalizzazione del tributo non fa pi parte del modello Unico, contiene gli elementi positivi e negativi per
la determinazione del valore della produzione netta e la liquidazione dellimposta dovuta.
Le societ di persone e di capitali, le quali generano solo reddito dimpresa,
redigono il modello Unico indicando analiticamente tutte le componenti che concorrono a determinare il reddito. Si espongono i valori risultanti dal bilancio e lutile civilistico di esercizio; successivamente si evidenziano le variazioni in aumento e in diminuzione dellutile, che sono frutto dellapplicazione della specifica normativa tributaria in tema di reddito dimpresa, per giungere alla determinazione del reddito fiscale
da assoggettare ad imposta (o alla perdita da riportare in avanti). Nel caso delle societ di persone, essendo tassate per trasparenza, il calcolo delle imposte dovute viene
fatto nelle dichiarazioni dei soci; nel caso delle societ di capitali vi , invece, un apposito quadro ove si determina lIres dovuta.
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Gli enti non commerciali, essendo tassati alla stregua delle persone fisiche,
compilano il modello Unico con riferimento alle singole categorie di reddito realizzate ed evidenziano limposta da versare (Ires) calcolata applicando al reddito complessivo laliquota del 27,50%.
I sostituti dimposta, cio coloro che corrispondono a terzi somme soggette a
ritenuta alla fonte, devono presentare annualmente un apposito modello (che non fa
parte del modello Unico), denominato dichiarazione dei sostituti dimposta dalla
quale risulta, per ciascun percipiente, le generalit, lammontare degli emolumenti
corrisposti e delle ritenute operate e versate.
Ci detto, evidenziamo che la dichiarazione non contiene esclusivamente la
comunicazione dei dati fiscalmente rilevanti, ma pu includere anche leffettuazione
di scelte in merito ai regimi fiscali (c.d. opzionali) che possono essere fruiti dai contribuenti, i quali investono sia obblighi sostanziali (es. il regime delle imprese minime
che prevede il pagamento di una imposta sostitutiva del 15%), sia obblighi formali
(es. dispensa dagli obblighi di fatturazione e registrazione ai fini dellIva per i soggetti
che svolgono attivit esenti). La dichiarazione contiene, altres, dati extrafiscali, quali
la destinazione di una parte del tributo per finalit religiose, assistenziali e umanitarie
(c.d. 8 per mille e 5 per mille).
Possiamo, quindi, definire la dichiarazione tributaria come una comunicazione analitica e fedele degli elementi fiscalmente rilevanti verificatisi in un certo periodo
di imposta e delle eventuali scelte che riguardano fatti futuri (le opzioni), necessari
per determinare in concreto la prestazione tributaria.
La dichiarazione un atto dovuto, in quanto un adempimento imposto dalla legge e la sua omissione comporta lapplicazione di sanzioni amministrative e, in
caso di evasione di rilevante entit, penali. Va notato, altres, che la dichiarazione pu
ritenersi un atto obbligatorio, a prescindere dalla previsione di specifiche sanzioni, nel
senso che essa un elemento indispensabile per fruire di situazioni favorevoli al contribuente, quali la richiesta di un rimborso dellimposta a credito, ovvero quella di
esercitare lopzione per un regime fiscale pi favorevole.
Non necessariamente la dichiarazione si conclude con un debito di imposta
da versare; i meccanismi di anticipazione del prelievo fiscale (ritenute e acconti
dimposta) spesso determinano linsorgere di un credito del contribuente nei confronti del Fisco. Tale credito, su espressa manifestazione di volont del contribuente
da esercitarsi in dichiarazione, pu essere chiesto a rimborso o utilizzato in compensazione. stato di recente previsto (d.l.. n. 70/2011, art. 7) che eventuali richieste di
rimborso possono essere modificate in richieste di compensazione entro 120 giorni
dalla presentazione della dichiarazione.
Per facilitare i controlli, e consentire lutilizzo di procedure informatiche, tutte
le dichiarazioni tributarie devono essere redatte su appositi modelli approvati con decreto del Ministro dellEconomia entro il 31 gennaio dellanno successivo a quello di
riferimento, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale. I modelli di dichiarazione sono
resi disponibili in formato elettronico dallAgenzia delle entrate in via telematica.
Le dichiarazioni vengono presentate esclusivamente per via telematica, direttamente o tramite i Caf o altri intermediari quali i ragionieri, i dottori commercialisti,
etc. Pu accadere che lintermediario invii la dichiarazione, ma essa venga scartata dal
sistema per la presenza di anomalie (cd. errori bloccanti); in tal caso il professionista
deve provvedere ad un nuovo invio della dichiarazione, eliminando gli errori riscon-
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trati da sistema telematico di controllo; pertanto, con il mero invio del file non pu
ritenersi completato il procedimento di presentazione della dichiarazione, essendo
necessario attendere che lamministrazione predisponga telematicamente la ricevuta
dellinvio con esito positivo.
I termini di presentazione del modello Unico (Irpef/Ires/Iva) e del modello
Irap sono i seguenti:
- per i soggetti Irpef, tra il 1 maggio ed il 30 settembre dellanno successivo
al periodo dimposta di riferimento in via telematica (il modello di dichiarazione precompilata deve essere presentato al sostituto di imposta o inviato telematicamente
entro il 7 luglio);
- per i soggetti Ires, entro lultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura del periodo dimposta.
Le dichiarazioni dei sostituti dimposta devono essere trasmesse per via telematica entro il 31 luglio dellanno successivo al periodo dimposta di riferimento.
I suddetti termini di presentazione, su richiesta delle associazioni di categoria
dei professionisti che curano gli adempimenti fiscali per il contribuente, sono spesso
soggetti a brevi differimenti, soprattutto perch le istruzioni per la compilazione vengono aggiornate in corso dopera.
Le dichiarazioni presentate entro novanta dalla scadenza del termine sono valide, salvo lapplicazione di una sanzione amministrativa. Quelle presentate con ritardi
superiori (c.d. dichiarazioni ultratardive) si considerano omesse, ma costituiscono titolo per la riscossione delle imposte dovute (art. 2, comma 7, d.p.r. n. 322/1998),
quindi lUfficio pu pretendere il pagamento di quanto dichiarato dal contribuente.
La giurisprudenza ha, per, precisato che la dichiarazione ultratardiva possa costituire, oltre che titolo per la riscossione, anche valida istanza di rimborso del credito di
imposta da essa scaturente (Cass. n. 26314/2010; n. 633/2012); per non penalizzare
eccessivamente il contribuente, si quindi sminuita la portata sanzionatoria della
predetta disposizione.
Va precisato che, qualora il contribuente consegni la dichiarazione ad un intermediario abilitato, e questultimo non provveda a trasmetterla telematicamente
allAmministrazione finanziaria, le sanzioni (anche penali) per omessa o ritardata presentazione vengono comunque irrogate al contribuente, in capo al quale sussiste una
condotta colposa di negligenza, dovendo egli vigilare sulleffettivo adempimento
dellobbligo dichiarativo e acquisire copia della ricevuta di presentazione (Cass., Sez.
Pen., n. 860/2012). Lintermediario subisce, per, lirrogazione di una apposita sanzione, prevista dallart. 7-bis, d.lgs. n. 241/97, di importo variabile tra 516 a 5.160;
inoltre, pu subire unazione di risarcimento danni da parte del contribuente per inadempimento allimpegno alla trasmissione telematica, riconducibile al rapporto privatistico di prestazione dopera intellettuale.
Se il contribuente ottiene lattestazione della presentazione della dichiarazione
per via telematica, eventuali incongruenze di trasmissione dei dati possono addebitarsi solo allintermediario (Cass. n. 8805/2012).
Essendo trasmessa per via telematica, non vi lobbligo di allegazione alla dichiarazione dei documenti comprovanti il sostenimento degli oneri deducibili e/o detraibili, dei certificati attestanti le ritenute dacconto subite, del bilancio e degli altri
documenti di supporto. Tali documenti devono essere conservati ed esibiti, nel caso
di controlli, su richiesta degli Uffici impositori.
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La dichiarazione deve essere sottoscritta dal contribuente o dal rappresentante legale delle societ/ente o da altro soggetto al quale conferito il potere di rappresentanza in relazione agli adempimenti fiscali.
I dottori commercialisti, i ragionieri, i consulenti del lavoro ed i Caf, che assistono il contribuente nella redazione della dichiarazione, possono apporre su di essa
il c.d. visto di conformit, al fine di attestare la regolarit formale della dichiarazione
in base alla documentazione fornita dal contribuente; documentazione da cui si desume lentit dei redditi realizzati, gli oneri deducibili sostenuti, nonch le ritenute
subite. Lapposizione del visto di conformit finalizzata ad evitare i controlli formali
dellUfficio.I dottori commercialisti e i ragionieri iscritti allalbo professionale da pi
di cinque anni possono apporre sulle dichiarazioni dei soggetti obbligati alla tenuta di
scritture contabili anche la c.d. certificazione tributaria o visto pesante. Con tale visto
si attesta, oltre la regolarit formale della dichiarazione, la corretta applicazione delle
norme fiscali in tema di determinazione del reddito dimpresa. Lapposizione del visto pesante finalizzata ad evitare il controllo sostanziale.
Lapposizione dei visti sulla dichiarazione si sostanzia, in definitiva, in una
devoluzione ai privati di unattivit pubblicistica che dovrebbe svolge
lamministrazione finanziaria; fenomeno che si riscontra con frequenza anche in altri
ambiti dellattivit amministrativa dello Stato.
Il Fisco controlla la corretta apposizione dei visti in questione, selezionando
alcune dichiarazioni vistate.
In caso di apposizione di un visto infedele, i soggetti che lo hanno rilasciato
sono responsabili per il pagamento delle sanzioni amministrative connesse ai maggiori tributi pretesi. Resta ferma la responsabilit del contribuente per il pagamento delle
maggiori imposte dovute e degli interessi. Con esclusivo riferimento alla dichiarazione precompilata, lapposizione di un visto di conformit infedele determina una responsabilit per il soggetto che lo appone che involge, oltre le sanzioni e gli interessi,
anche il tributo, salvo che linfedelt del visto sia conseguenza di una condotta colposa o dolosa del contribuente (la relazione ministeriale al D. Lgs. n. 175/2014 afferma
che lobbligazione del Caf o del professionista verso lErario non ha natura tributaria,
ma civilistica, escludendo la possibilit di rivalersi sul contribuente).
Con lintento di contrastare le indebite compensazioni di crediti tributari Irpef/Ires o Iva, previsto che il contribuente, qualora intenda effettuare compensazioni orizzontali per importi superiori a 15.000 (limite riferito al singolo credito e
non al totale dei crediti utilizzati in compensazioni nel modello F 24), debba farsi apporre sulla dichiarazione uno specifico visto di conformit con cui il professionista o
il Caf attesta lesistenza formale del credito, riscontrata tramite la regolare tenuta delle
scritture contabili e la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione con le risultanze contabili. Per le compensazioni effettuate senza il rispetto di tale formalit, ma in
relazione a crediti effettivamente esistenti, lUfficio applica una sanzione amministrativa del 30 per cento dellimporto compensato. Se in sede di controllo risulta che il
credito era inesistente, la sanzione amministrativa irrogabile varia dal 100 al 200 per
cento dellimporto compensato.
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Va poi evidenziato che la legge presume, salvo prova contraria, che le attivit
estere abbiano generato un reddito tassabile ai fini Irpef, determinato in misura pari
al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo di imposta.
Nella prospettiva di contrastare lutilizzo abusivo dei c.d. paradisi fiscali, stato di recente stabilito che, in caso di violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale,
le somme detenute in Paesi aventi un regime fiscale privilegiato si presumono costituite, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione in Italia (art. 12, d.l.
n. 78/2009). Lintroduzione di tale presunzione stata fortemente criticata in dottrina, in quanto tra il fatto noto (detenzione dellattivit allestero) e fatto ignoto (mancato assoggettamento a tassazione in Italia) non vi una stretta consequenzialit. I
termini di decadenza per accertare tali violazioni sono raddoppiati.
Va notato, infine, che la indicazione delle attivit estere nel modello Unico
consente di liquidare le imposte patrimoniali dovute su tali attivit, istituite con lart.
19 del d.l. 201/2011, e cio lIvie (imposta sul valore degli immobili allestero) e
lIvafe (imposta sul valore delle attivit finanziarie estere). Tali imposte rappresentano
lequivalente dellImu sugli immobili ubicati in Italia e dellimposta di bollo sul prodotti finanziari detenuti presso intermediari italiani.
2. Natura giuridica ed effetti.
Con il termine dichiarazione si intende un comportamento manifestativo
finalizzato a partecipare ad altri una determinata situazione interna del soggetto che la
rende. Essa presuppone, quindi, lutilizzo di una espressione di linguaggio e solo in
certi casi, per avere rilevanza giuridica, deve essere contenuta in un apposito documento, o resa secondo altre specifiche modalit.
Le dichiarazioni vengono tradizionalmente classificate in dichiarazioni di volont e dichiarazioni di scienza (o di verit), ma qualche autore ha osservato che
detta distinzione non risulta pienamente soddisfacente per catalogare tutte le dichiarazioni giuridicamente rilevanti, e tra queste quelle di sentimento, di opinione, etc. La
dichiarazione di volont individua una determinazione del soggetto in relazione ad un
suo diritto disponibile; la dichiarazione di scienza, invece, consiste in una comunicazione di un fatto del passato di cui il soggetto a conoscenza.
Le manifestazioni aventi rilevanza giuridica non si esauriscono, comunque,
nella dichiarazione, ma includono anche i c.d. comportamenti concludenti o dichiarazioni tacite, i quali vengono ad esistenza in mancanza di espressioni linguistiche.
Orbene, in materia tributaria la realizzazione del presupposto dimposta, come abbiamo visto, viene comunicata dal contribuente tramite una dichiarazione contenuta in uno specifico modello, che consente allUfficio un agevole controllo. Anche
il comportamento concludente assume, tuttavia, rilevanza giuridica in materia tributaria. Lart. 1, d.p.r. n. 442/97 (che disciplina i modi di esercizio delle opzioni), stabilisce che lopzione e la revoca dei regimi di determinazione dellimposta e/o dei regimi
contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente e dalle modalit di tenuta delle scritture contabili (salvo la possibilit per lUfficio di irrogare una
sanzione residuale per la violazione formale consistente nella omessa comunicazione dellopzione nelle forme stabilite). In ogni caso, compito dellinterprete verificare se, nel caso concreto, dai comportamenti del contribuente risulta in modo inequivocabile che abbia inteso fruire di quel determinato regime fiscale.
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Occorre chiarire, infine, se possibile ritrattare il contenuto della dichiarazione nella fase processuale, e segnatamente impugnando latto impositivo
dellAmministrazione finanziaria. Ad esempio, se il Fisco contesta lomessa dichiarazione di un certo ammontare di reddito, il contribuente, pur ammettendo la violazione, pu impugnare latto impositivo ed eccepire di non dover corrispondere il tributo, in quanto ha omesso, per errore, di far valere un onere deducibile dal reddito
complessivo di pari importo?
Una interpretazione costituzionalmente orientata, cio che muove dalla necessit di adeguare il prelievo fiscale alla effettiva capacit contributiva del soggetto,
conduce ad affermare la ritrattabilit in sede di impugnazione dellatto.
Ma occorre considerare che le norme processuali tributarie depongono in
senso contrario, poich delimitano la materia del contendere ai fatti rappresentati negli atti impositivi, escludendo che il contribuente possa proporre domande di tipo riconvenzionale.
La pi recente giurisprudenza di legittimit (Cass. n. 2226/2011; n.
26512/2012; n. 4003/2013; n. 10647/2013; 26187/2014; 4049/2015), al proposito
ha precisato che il principio della ritrattabilit della dichiarazione esercitabile oltre i
limiti previsti dallart. 2, commi 8 e 8 bis, d.p.r. n. 322/98, ovvero dallart. 38, d.p.r. n.
602/73 in tema di diritto al rimborso, e quindi anche in sede contenziosa opponendosi alla pretesa dellAmministrazione. Il diritto alla corresponsione delle imposte in
ragione della capacit contributiva prevale sulle norme di natura amministrativa o
processuale che pongono dei limiti o impediscono la ritrattabilit della dichiarazione.
4. Il versamento diretto dei tributi risultanti dalla dichiarazione.
La dichiarazione tributaria evidenzia generalmente un debito di imposta che
deve essere versato direttamente dal contribuente entro determinate scadenze. I versamenti diretti vengono effettuati non presso gli Uffici fiscali (i quali sono sprovvisti
di un servizio di cassa), ma avvalendosi di soggetti esterni che gestiscono la riscossione dei tributi, quali lAgente delle riscossione, nonch le aziende di credito convenzionate con il Ministero delleconomia e Poste Italiane spa.
La limitata presenza di sportelli dellAgente della riscossione (Equitalia) nel
territorio ha indotto il legislatore a prevedere la possibilit di versare le imposte mediante delega irrevocabile di pagamento alle banche convenzionate e a Poste italiane
spa.
La delega di pagamento dei tributi viene conferita dal contribuente utilizzando uno specifici modelli approvati dal ministero (il Mod. F 24, per le imposte dirette,
lIva, le ritenute dacconto, lIvie e lIvafe, alcuni tributi locali, nonch i contributi
previdenziali ed assistenziali; il Mod. F 23 per le altre imposte indirette). Compilando
i modelli di delega in questione, il contribuente, previa costituzione della provvista,
conferisce il mandato irrevocabile di provvedere al pagamento dei tributi ivi indicati. Il soggetto delegato deve riversare le somme riscosse alla Tesoreria dello Stato entro il quinto giorno lavorativo successivo a quello di ricevimento della delega.
Il rapporto tra contribuente e azienda bancaria o Poste stato inquadrato dalla giurisprudenza nellambito dellistituto civilistico della delegazione di pagamento
(art. 1269 c.c.), con effetto liberatorio per il soggetto delegante (Cass. n. 6417/83). Il
rapporto tra soggetto delegato ed Erario stato, invece, qualificato come un rapporto
di servizio, in quanto listituto bancario, stipulando lapposita convenzione, svolge
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la compensazione civilistica presuppone lidentit fra i soggetti che assumono le contrapposte posizioni debitorie, mentre la compensazione fiscale orizzontale, come notato in precedenza, involge, oltre il contribuente, soggetti diversi, quali lErario, gli
Enti locali, lInps, le Camere di commercio, etc. La compensazione fiscale , invero,
un istituto di matrice pubblicistica che riguarda la riscossione dei tributi, ispirato
allesigenza di coordinare i diversi prelievi dovuti periodicamente dal contribuente. In
particolare, la compensazione fiscale determina una immediata attribuzione figurativa
degli importi a credito evidenziati nella dichiarazione, da destinare appunto al pagamento di debiti fiscali.
Tale istituto ha unampia applicazione concreta, tant che il volume delle
compensazioni si attesta intorno ai 10 mld di euro annui.
I crediti generalmente trovano riscontro in una dichiarazione tributaria. Se il
contribuente, pur avendo maturato un credito, non presenta la dichiarazione, ha la
possibilit di utilizzarlo in compensazione (o chiederne il rimborso), ma deve dimostrare allUfficio lesistenza tramite idonea documentazione (fatture, registri contabili,
documenti, etc.).
LUfficio fiscale sottopone a controllo le compensazioni ed in caso di irregolarit delle stesse notifica un atto, denominato avviso di recupero del credito di imposta, con cui si chiede il versamento dellimposta e le sanzioni.
Leffettuazione di compensazioni irregolari (con crediti esistenti ma non
compensabili) o indebite (con crediti inesistenti) punita alla stregua di un omesso
versamento (sanzione del 30 per cento), salvo specifici casi in cui si applica una sanzione maggiorata. Nel caso di compensazione di crediti risultanti da dichiarazioni
omesse, anche se il contribuente dimostra la spettanza del credito, si applica la sanzione del 30 per cento sulla parte di credito effettivamente utilizzata (Circ. min. n.
21/2013).
I crediti oggetto di compensazione emergenti dalla dichiarazione sono generalmente originati dai versamenti in acconto (o da ritenute fiscali dacconto) in eccesso rispetto allimposta effettivamente dovuta per il periodo di imposta. Qualora il
contribuente chieda in compensazione tali crediti, la volont manifestata in dichiarazione fa s che il credito si consideri gi soddisfatto, pertanto non sono riconosciuti
interessi.
Si precisa poi che per esigenze di semplicit, eventuali contestazioni sulla esistenza dei crediti esposti in dichiarazione non travolgono gli utilizzi effettuati nei periodi successivi, ma determinano lobbligo di versare al Fisco i crediti ritenuti inesistenti.
I crediti esposti in dichiarazione possono essere anche chiesti a rimborso. Ma
noto che i tempi di erogazione sono notevolmente dilatati, fermo restando che al
contribuente riconosciuta la percezione degli interessi.
Con esclusivo riferimento ai crediti chiesti a rimborso risultanti dalle dichiarazioni (non quindi possibile cedere autonomamente crediti connessi ad agevolazioni
fiscali di vario tipo), e per ovviare ai ritardi connessi allerogazione delle somme,
prevista dallart. 43 bis del d.p.r. n. 602/73 la possibilit di cederli a terzi, nel rispetto
di determinate formalit stabilite finalizzate a garantire la certezza dei rapporti giuridici, fermo restando che il cessionario responsabile in solido (previa notifica degli
atti di recupero) con il cedente per eventuali contestazioni del Fisco circa lesistenza
del credito in questione.
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Lesito della liquidazione, sia nel caso di regolarit che di irregolarit della
dichiarazione, comunicato al contribuente (mediante raccomandata nel caso di irregolarit), ovvero, in via telematica, allintermediario che ha curato la trasmissione della dichiarazione. Il contribuente, ove riconosca lerrore commesso, pu provvedere al
versamento delle somme richieste entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione (integrale o dilazionato sino a otto rate trimestrali, o sino a venti rate se le
somme dovute sono superiori a 5.000), beneficiando della riduzione delle sanzioni
a un terzo di quanto previsto dalla legge. Il contribuente pu, comunque, dimostrare
la regolarit della dichiarazione recandosi presso lAgenzia delle entrate, ovvero tramite contattando un apposito call center, ed ottenere larchiviazione della comunicazione.
Qualora il contribuente non versi spontaneamente le somme richieste,
lUfficio provvede ad iscrivere a ruolo il debito tributario, unitamente alle sanzioni
in misura integrale ed agli interessi. Il ruolo viene consegnato allAgente della riscossione, il quale notifica al contribuente la cartella di pagamento entro il termine perentorio del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
La liquidazione ex art. 36 bis involge anche il versamento dellimposta comunale sugli immobili. Lesisto del controllo, su questo specifico aspetto, trasmesso ai
Comuni competenti.
Pu accadere, comunque, che dalla liquidazione della dichiarazione emerga
una situazione creditoria per il contribuente, in quanto ha erroneamente calcolato e
versato il tributo in modo superiore al dovuto. In tal caso il credito risultante dalla
liquidazione gli viene rimborsato dUfficio.
Il controllo formale ex art. 36-ter viene eseguito, sulla base di criteri selettivi
stabiliti annualmente dal Ministro dellEconomia, entro il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (anche questo un
termine ordinatorio). Esso, quindi, non involge tutte le dichiarazioni dei contribuenti,
ma solo quelle selezionate sulla base dellindice di rischio di evasione fiscale, ovvero quelle sorteggiate.
Il controllo formale consiste in un riscontro della dichiarazione con i documenti sulla base dei quali stata redatta. A tal fine il contribuente viene invitato presso lAgenzia delle entrate per esibire la documentazione di supporto alla dichiarazione.
In particolare col controllo formale lUfficio provvede:
- ad escludere o ridurre le ritenute non risultanti dalle attestazioni dei sostituti
dimposta;
- ad escludere le deduzioni e le detrazioni non risultanti da idonea documentazione.
Lesito del controllo, qualora vi siano irregolarit, viene comunicato al contribuente mediante raccomandata, con lindicazione dei motivi che hanno dato luogo
alle rettifiche operate. Il contribuente, qualora riconosca lerrore, pu provvedere al
versamento delle somme dovute entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione (integrale o sino a otto rate trimestrali, o dilazionato sino a venti rate se le
somme dovute sono superiori a 5.000), beneficiando della riduzione delle sanzioni
a due terzi di quanto previsto dalla legge.
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Una ulteriore possibilit concessa al contribuente quella di attivare un contraddittorio con lAgenzia delle entrate, per dimostrare la regolarit del proprio comportamento ed ottenere larchiviazione della comunicazione.
Ove non si ottenga larchiviazione, e non si provveda al pagamento spontaneo delle somme richieste beneficiando la riduzione delle sanzioni, lUfficio provvede
ad iscrivere a ruolo le somme dovute, unitamente alle sanzioni in misura integrale
ed agli interessi. LAgente della riscossione notifica al contribuente la cartella di pagamento entro il termine perentorio del 31 dicembre del quarto anno successivo a
quello di presentazione della dichiarazione.
Precisiamo che la giurisprudenza di legittimit, nel caso dellapplicazione
dellart. 36 ter, sostiene che il mancato invio della comunicazione di irregolarit determina la nullit della successiva cartella di pagamento, in quanto lomissione preclude il confronto in sede amministrativa con il contribuente e si determina la violazione del principio del contraddittorio procedimentale. Nellipotesi della liquidazione
della dichiarazione ex art. 36 bis, invece, lomesso invio della comunicazione di irregolarit non determina la nullit della cartella di pagamento, in quanto tale procedura
si caratterizza per un mero riscontro cartolare, senza il coinvolgimento del contribuente (Cass. n. 45311/2014).
Si discute, inoltre, se le comunicazioni di irregolarit siano atti immediatamente impugnabili dinnanzi il giudice tributario, ovvero le contestazioni giudiziali
dellesito delle liquidazioni e dei controlli formali presuppongono la successiva iscrizione a ruolo e la notifica della cartella di pagamento (atto certamente impugnabile).
Come illustreremo pi avanti, gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario sono
elencati nellart. 19 della legge sul processo tributario, ove non sono incluse le comunicazioni di irregolarit. Nonostante ci, la giurisprudenza in molte occasioni ( per
tutte Cass. n. 16293/2007, n. 25297/2014, n. 15957/2015), muovendo da una interpretazione estensiva del citato art. 19 volta ad agevolare il diritto di difesa del contribuente, ha affermato la possibilit (e non lonere, come di norma avviene per gli atti
espressamente dichiarati impugnabili) di impugnare le comunicazioni di irregolarit
(si tratta quindi di una impugnazione facoltativa, cio non preclusa la possibilit di
impugnare la successiva cartella di pagamento), in quanto si tratta di provvedimenti
con i quali lAmministrazione porta a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitando le ragioni fattuali e giuridiche.
Va notato, infine, che in caso di versamento dilazionato delle somme dovute
sulla base di tali tipologie di controllo (ipotesi frequentissima), per tutelare il credito
erariale, previsto che il mancato pagamento della prima rata o di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento di quella successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e liscrizione a ruolo dei residui importi dovuti
a titolo di imposta interessi e sanzioni in misura piena.
3. Il controllo sostanziale: profili generali.
A differenza del controllo formale, quello sostanziale viene svolto
dellAgenzia delle entrate tramite lesercizio di poteri istruttori, finalizzati ad acquisire
ogni elemento che consenta di dimostrare la violazione di norme tributarie da parte
del contribuente ed in particolare loccultamento totale o parziale di redditi imponibili, con conseguente omissione o infedelt della dichiarazione tributaria. Il controllo
sostanziale, se vengono riscontrate violazioni, si conclude con la notifica al contri-
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buente di un atto denominato avviso di accertamento, che contiene la richiesta della maggiore imposta dovuta, oltre sanzioni e interessi.
Il controllo sostanziale riguarda generalmente la dichiarazione tributaria, ma
pu anche avere ad oggetto i modelli di versamento delle imposte, qualora il contribuente abbia effettuato compensazioni con crediti che non vengono esposti in dichiarazione. In tali casi, lUfficio verifica la sussistenza del credito oggetto di compensazione e, nel caso in cui appuri che sia inesistente, notifica al contribuente un atto denominato avviso di recupero del credito dimposta, con cui si richiede il versamento del tributo, oltre sanzioni ed interessi.
Stante le ridotte capacit operative degli Uffici, il controllo in questione riguarda una percentuale molto bassa di soggetti (circa il 5 per cento: nel 2011 sono
stati notificati oltre 768 mila atti di accertamento). I contribuenti da sottoporre a verifica vengono individuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministero
delle finanze, originariamente con Decreti ministeriali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma a decorrere dal 1996 con apposite circolare ministeriali.
In linea di principio, i contribuenti vengono selezionati sulla base di un indice
di rischio di evasione fiscale, desunto da un generale monitoraggio delle attivit economiche e da specifiche informazioni a disposizione dellAmministrazione finanziaria.
Lefficacia dellattivit di controllo sostanziale, con le sue positive ricadute
non solo in termini di recupero dellevasione pregressa, ma anche e soprattutto in relazione allinduzione dei contribuenti alladempimento spontaneo (c.d. tax compliance),
dipende in larga misura dalla capacit di concentrare le verifiche sui soggetti che presentano un elevato indice di rischio di evasione.
Al fine di individuare i contribuenti a pi alto rischio di evasione si di recente assegnata al Fisco la possibilit di accedere ad archivi detenuti dagli intermediari
finanziari, senza acquisire preventivamente specifiche autorizzazioni (che invece sono
previste qualora lUfficio utilizzi le indagini bancarie e finanziarie, non per selezionare, ma per rideterminare i redditi imponibili del contribuente). Laccesso a tali archivi
consente di appurare anomalie, rispetto alla situazione economica dichiarata dal contribuente, nella gestione di danaro contante, nella movimentazione di portafogli azionari, obbligazionari, nelleffettuazione di operazioni fuori conto corrente, nelle movimentazioni giornaliere dei conti correnti, etc. Tali anomalie consentono di compilare liste selettive dei soggetti da sottoporre al controllo sostanziale.
Lindice di rischio di evasione fiscale, oltre che per la scelta dei soggetti da
sottoporre a controllo, viene altres utilizzato per scegliere i poteri istruttori e graduarne il loro utilizzo.
La dottrina si occupata della natura giuridica degli atti con cui vengono individuati i contribuenti da sottoporre a controllo, affermando che si tratta di atti
aventi rilevanza interna, adottati per esigenze di auto-organizzazione dellattivit, che
non possono ingenerare situazioni meritevoli di tutela giuridica in capo al contribuente. Ci vuol significare che, se il controllo viene svolto nei confronti di un contribuente che non rientra tra quelli selezionabili sulla base dei criteri contenuti nelle circolari ministeriali, non pu invocarsi un vizio dellatto di accertamento. Daltra parte,
la sempre pi marcata genericit delle informazioni contenute nelle circolari in questione rende estremamente difficoltosa la dimostrazione della non riconducibilit del
contribuente sottoposto a controllo a quelli ipoteticamente selezionabili.
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sono sempre utilizzabili anche se provenienti da un reparto ubicato in una localit diversa dal domicilio fiscale del contribuente (Cass. n. 90/2015).
3.1 Segue: attivit conoscitiva e poteri istruttori degli Uffici impositori.
LAgenzia delle entrate nellesercizio della funzione impositiva svolge prevalentemente unazione finalizzata ad acquisire le prove atte a sorreggere la notifica di
un eventuale avviso di accertamento. Lacquisizione di tali prove avviene mediante
utilizzo dei poteri istruttori, che possono essere esercitati non solo nei confronti del
contribuente verificato, ma anche nei confronti di soggetti terzi (caso emblematico
rappresentato dallinvio di questionari a soggetti con cui il contribuente sottoposto
a verifica ha avuto rapporti commerciali).
Va precisato, per, che i poteri istruttori possono essere utilizzati anche per
acquisire dati, elementi o notizie necessari per elaborare atti a contenuto generale,
quali le circolari sulle attivit di controllo, i decreti ministeriali con cui si approvano
gli studi di settore, etc. In questa prospettiva, si utilizza lampia espressione attivit
conoscitiva, in luogo della pi ristretta tradizionale espressione attivit istruttoria.
Quale che sia la finalizzazione (istruttoria/conoscitiva), lesercizio dei poteri
istruttori avviene sulla base di una espressa previsione di legge, e ci per ovvie esigenze di garanzia e di certezza delle regole (non esistono, quindi, poteri amministrativi impliciti). La disciplina normativa dei poteri istruttori frutto di un bilanciamento
degli interessi coinvolti: di quelli pubblici, che si sostanziano nel c.d. interesse fiscale
alla acquisizione delle risorse necessarie per il sostenimento delle spese collettive, e di
quelli privati che, in linea generale, ruotano intorno alla tutela delle libert individuali.
Nella fase dei controlli non entra in gioco la tutela della sfera patrimoniale del
contribuente, ma solo la tutela delle libert personali; lemanazione dellatto di accertamento ha, invece, conseguenze dirette sul patrimonio del soggetto.
Orbene, dallesame delle norme in tema di poteri istruttori degli Uffici, contenute nel d.p.r. n. 600/73, emerge che il legislatore ha inteso privilegiare linteresse
fiscale della collettivit, piuttosto che quello della riservatezza del singolo contribuente; tant che esistono poteri molto invasivi, salvo la previsione di una serie di limitazioni al loro utilizzo. Detta situazione si giustifica per lesigenza di colmare il gap informativo del Fisco in merito alla effettiva realizzazione del presupposto del tributo
da parte del contribuente (non a caso poteri istruttori cos invasivi non sono assegnati
alla PA in generale per il sol fatto che la sua azione mirata a perseguire interessi collettivi). Il Fisco, infatti, non presente nel momento in cui il contribuente realizza il
presupposto, ma interviene a distanza di anni (entro i termini di decadenza
dellazione impositiva) per verificare se sono stati concretamente adempiuti gli obblighi tributari.
Posto che lesercizio dei poteri istruttori finisce con limpattare sui diritti
allinviolabilit della persona, del domicilio, alla segretezza della corrispondenza, nonch su altre posizioni soggettive posta a tutela della riservatezza, lAmministrazione
finanziaria nel rispetto del principio generale della proporzionalit dellattivit amministrativa, dovrebbe mantenere entro profili di ragionevolezza la scelta circa la tipologia e lintensit dei poteri da utilizzare, cio nei limiti in cui sono necessari per il perseguimento dello scopo di reperire le prove della violazione fiscale.
In ogni caso, esistono specifiche autorizzazioni a cui la legge subordina
lesercizio dei poteri istruttori da parte dei funzionari addetti ai controlli fiscali, la cui
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ratio quella di escludere lesercitabilit in concreto del potere qualora esso determini
unirragionevole lesione dei diritti di libert dei contribuenti (lautorizzazione non
quindi posta a tutela di interessi a contenuto patrimoniale dei contribuenti).
Lesistenza delle autorizzazioni, peraltro, consente di scongiurare un esercizio improprio o abusivo da parte dei singoli funzionari degli Uffici fiscali. In sostanza, le autorizzazioni hanno una funzione di controllo sullesercizio del potere da parte dei funzionari del Fisco e quindi anche di garanzia per il contribuente.
Le autorizzazioni in questione devono essere rilasciate, a seconda del tipo di
potere esercitato, o dal capo dellUfficio fiscale a cui appartengono i verificatori, o
dallUfficio gerarchicamente sovraordinato (Direzione regionale delle entrate), o da
un soggetto esterno allAmministrazione ed in particolare appartenente dal Procuratore della Repubblica.
La prima tipologia di autorizzazioni prevista nei casi in cui lo svolgimento
dei controlli abbia un minimo impatto sui diritti del contribuente, come nel caso
dellaccesso presso il locali ove viene svolta lattivit. La seconda tipologia di autorizzazioni prevista nel caso in cui lUfficio utilizzi un potere istruttorio invasivo, in
grado di compromettere i diritti di riservatezza del contribuente, come nellipotesi di
espletamento di indagini bancarie e finanziarie. La terza tipologia di autorizzazioni
prevista per lo svolgimento di controlli che limitano diritti costituzionalmente garantiti, come nel caso di accessi presso le abitazioni dei contribuenti, perquisizioni personali, etc.
Le predette autorizzazioni sono in ogni caso qualificabili come provvedimenti
amministrativi che necessitano di una motivazione sufficiente. Non dovrebbero ritenersi sufficientemente motivate autorizzazioni che contengono clausole di stile quali
allo scopo di effettuare un controllo fiscale e simili, in quanto si tratta di argomentazioni riconducibili al generico dovere di controllo; occorrerebbe, invece, quanto
meno indicare il tributo da accertare, la tipologia di verifica (generale o parziale) che
si intende svolgere, lanno di riferimento, etc. Ma la giurisprudenza, come diremo
meglio avanti, tende ad assegnare a tali autorizzazioni la natura di atti organizzazione
interna degli Uffici, la cui mancanza non inficia il procedimento di accertamento.
Prima di occuparci dei poteri istruttori disciplinati nel nostro ordinamento fiscale, va evidenziato che sia il modello di convenzione Ocse contro le doppie imposizioni, sia le Direttive UE n. 2010/24 (recepita con il d.lgs. n. 149/2012) e n.
2011/16 (in corso di recepimento), al fine di contrastare levasione fiscale internazionale, prevedono un generale principio di collaborazione tra le Amministrazioni fiscali
dei Paesi europei, finalizzato allesercizio dei poteri di accertamento e di riscossione.
Laffermazione delle libert europee di libera circolazione di merci, capitali,
imprese e persone, rende invero ineludibile il problema dellacquisizione di dati e notizie di eventuali disponibilit economiche che i soggetti italiani abbiano trasferito
allestero per sfuggire alla tassazione in Italia. Posto che i poteri delle amministrazioni
statali possono essere esercitati allinterno del territorio in cui insistono e che oltrepassata la frontiera si ricade sotto il potere amministrativo di un altro Stato, ove non
si implementasse un adeguato scambio di informazioni basterebbe collocare i redditi
evasi al di fuori del Paese di residenza per non pagare le imposte in Italia.
Lattuazione di una stretta collaborazione amministrativa tra Stati inoltre connessa
allesigenza di controllare i soggetti che trasferiscono la residenza in un altro Paese.
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lacquisizione e il reperimento degli elementi utili ai fini dellaccertamento e per la repressione delle violazioni alle leggi tributarie, sia su richiesta, sia di propria iniziativa.
Con lobiettivo di limitare i pregiudizi sofferti dal soggetto connessi alla duplicazione dellattivit di controllo da parte delle varie autorit amministrative, previsto che i controlli in forma di accesso debbano essere oggetto di programmazione
da parte degli enti competenti al fine di coordinarne lesecuzione (art. 7, d.l. n.
70/2011).
Lo Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000), nella prospettiva di
scongiurare abusi dei verificatori, ha sancito nellart. 12 una serie di diritti e garanzie a
favore del soggetto che subisce la verifica fiscale, che di fatto fissano dei paletti
allattivit dei verificatori. Tali paletti devono essere rispettati anche qualora le verifica
comporti lo svolgimento di indagini nei confronti di soggetti terzi rispetto al contribuente accertato.
In particolare previsto che:
- gli accessi le ispezioni e le verifiche da parte della Gdf o dellUfficio si svolgono solo in caso di effettive esigenze di indagine sul luogo, durante le ore di esercizio dellattivit ed in modo tale da arrecare la minore turbativa allo svolgimento
dellattivit;
- il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che giustificano
la verifica e delloggetto che la riguarda. Ci vuol significare che, con riguardo alle
ragioni della verifica, lautorizzazione del capo dellUfficio deve contenere le sue
fonti di innesco (liste selettive, controlli incrociati, sorteggi, segnalazioni di altri organi, etc.); con riguardo alloggetto, lautorizzazione deve contenere lindicazione delle
annualit da verificare e i tributi interessati dal controllo. Ove tali indicazioni non siano contenute nellautorizzazione, necessario indicarle nel primo giorno della verifica, riportandole nel relativo verbale giornaliero. La giurisprudenza ha, per, ritenuto
che lestensione di una verifica ad un annualit di imposta o a una imposta diversa da
quella indicata nellautorizzazione non determina la nullit dellatto, ma una sua mera
irregolarit: a violazione da parte dellufficio (Cass. n. 992/2015); - il contribuente ha
diritto di farsi assistere da un professionista. Al proposito la giurisprudenza ha chiarito che non necessariamente la verifica deve essere svolta continuativamente in sua
presenza, o in presenza della parte, ma ci che importa che venga data la possibilit
di contestare i rilievi fatti nel corso dellattivit di verifica, magari sottoponendo alla
parte o al difensore i verbali di verifica giornalieri (Cass. n. 28390/2013);
- la permanenza dei verificatori presso la sede ove viene svolta lattivit non
pu superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili di ulteriori trenta in casi eccezionali. Nei confronti di imprese di piccole dimensioni (in contabilit semplificata) e di
professionisti la permanenza dei verificatori non pu durare pi di 15 giorni. I suddetti limiti temporali non sono riferibili alla durata complessiva della verifica, ma
esclusivamente alla presenza effettiva dei verificatori presso la sede ove viene svolta lattivit (Cass. n. 19692/2011). Decorsi tali termini la verifica pu proseguire presso lUfficio, senza che ci crei una turbativa allattivit del contribuente (daltra parte
apporre un limite temporale alle verifiche potrebbe finirebbe per indurre gli Uffici a
muovere contestazioni approssimative);
- su richiesta del contribuente, anche se non sono trascorsi i predetti trenta
giorni, lesame dei documenti contabili pu essere effettuato presso lufficio dei verificatori o del professionista che lo assiste.
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c.d. accertamenti analitici. Si realizza, quindi, uninversione dellonere della prova, dal
Fisco al contribuente.
Qualora una persona fisica subisca unindagine finanziaria, e si accerti che il
soggetto ha sottoscritto ad esempio quote di fondi comuni di investimento, ovvero
abbia aperto un libretto di risparmio versando una certa somma di denaro, lUfficio
pu, pertanto, utilizzare tali elementi per rettificare in aumento la dichiarazione dei
redditi, salvo che il contribuente provi lirrilevanza fiscale delle operazioni finanziarie
e delle movimentazioni bancarie contestate o la loro considerazione nellambito dei
redditi dichiarati.
Con riguardo agli imprenditori e ai professionisti, viene in particolare fatto un
riscontro tra le singole movimentazioni bancarie e le annotazioni in contabilit, al fine di verificarne la corrispondenza. Lart. 32, 1 comma, del d.p.r. n. 600/73, in particolare, contiene una presunzione secondo cui non solo i versamenti risultanti negli
estratti conto, che non sono annotati nelle scritture contabili, vengono qualificati
come ricavi, ma anche i prelevamenti non registrati in contabilit si considerano ricavi.
La presunzione per cui i versamenti non annotati nelle scritture contabili vengono considerati ricavi dellimpresa o compensi del professionista non dichiarati risponde a canoni di ragionevolezza, in quanto con molta probabilit tali versamenti
sono relativi a corrispettivi non debitamente comprovati da documenti fiscali (scontrini, ricevute, fatture, etc.) e quindi non indicati in dichiarazione. Tuttavia, per conformare la tassazione alla effettiva capacit contributiva del soggetto, occorre considerare lincidenza percentuale (effettiva o presuntiva) dei costi rispetto ai ricavi/compensi versati sui conti correnti ma non dichiarati (Cass. n. 3777/2015).
La presunzione secondo cui dal prelevamento si risale al ricavo dellimpresa,
invece, non risponde alla comune esperienza. La logica cui si ispira la norma che il
contribuente abbia effettuato il prelevamento per sostenere spese in nero (acquisto di
merce senza fattura), che a sua volta si siano trasformate in ricavi non dichiarati
(vendita di merci senza emissione della fattura). A parte il fatto che il collegamento
tra fatto noto (prelievo) e fatto ignoto (ricavo) debole, e conduce spesso a risultati
poco credibili, detta presunzione stata criticata, perch non tiene conto che sul presunto ricavo nero incide necessariamente un costo, e quindi utilizzare in modo automatico il prelevamento per rettificare il reddito vuol dire tassare il ricavo lordo. Si poteva al limite stabilire che assunta lesistenza di un prelevamento non annotato nelle
scritture contabili, si pu desumere un ricavo determinato applicando al costo il ricarico mediamente praticato sulle operazioni attive.
Peraltro, detta presunzione pu comportare duplicazioni di tassazione; si
pensi ad un contribuente che compri merce in nero con un assegno bancario e la rivenda in nero, versando il corrispettivo nel conto corrente: il tributo verrebbe irragionevolmente applicato sul prelevamento e sul versamento. A ci si aggiunge che
non tutte le spese sostenute da unimpresa o da un professionista hanno una diretta
attinenza ai ricavi/compensi (si pensi alle spese generali e a quelle per il personale),
quindi muovere dai prelevamenti bancari per dimostrare lesistenza di ricavi occultati
appare molto arduo. La Corte costituzionale, tuttavia, ha affermato che la previsione
normativa in questione non irragionevole ed quindi legittima, posto che concede
al contribuente la possibilit di offrire la prova contraria, indicando il beneficiario del
prelevamento.
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differenti dalla verifica sul campo e quindi sono supportate da atti istruttori aventi un
nomen differente. Riteniamo pi corretta la seconda soluzione che valorizza il principio del contraddittorio, obbligando lUfficio ad attendere 60 gg. prima di notificare
latto tutte le volte in cui le contestazioni presuppongono un suo intervento attivo (in
senso conforme cfr. Cass. n. 20770/2013; Cass. n. 5637/2014; Cass. n. 24567/2014).
Si evidenzia, peraltro, che in alcune occasioni, e soprattutto quando la verifica
non viene svolta nei luoghi ove viene esercitata lattivit economica, ovvero nel caso
di attivit istruttorie svolte nei confronti di terzi, ovvero infine nel caso di accertamenti per standard (redditometro e studi di settore) gli Uffici non redigono il processo
verbale di constatazione, ma procedono direttamente con la notifica dellatto di accertamento. La giurisprudenza (Cass. n. 25515/2013; n. 13588/2014) ha affermato
che tale comportamento non determina lillegittimit dellatto impositivo, in relazione
ad una interpretazione restrittiva dellart. 24 della legge n. 4/1929. Non sempre, infatti, le opportunit difensive per il contribuente in sede procedimentale risultano compresse, in quanto (ed il caso degli accertamenti per standard) vi la possibilit di
muovere eccezioni difensive immediatamente in sede di convocazione presso
lUfficio. Obbligare lUfficio a redigere il processo verbale di constatazione e attendere ulteriori sessanta giorni dalla chiusura del contraddittorio prima di notificare
latto impositivo, potrebbe determinare un eccessivo aggravio dellattivit amministrativa tributaria (sul punto comunque si attende la pronuncia delle sezioni unite della Cassazione).
Nel caso, invece, di accertamenti svolti presso i luoghi ove viene svolta
lattivit imprenditoriale o professionale, quale che sia lintensit dei poteri esercitati
( sufficiente ad esempio la mera richiesta della documentazione contabile poi esaminata in Ufficio), occorre redigere il processo verbale (pena lillegittimit dellatto di
accertamento, Cass. n. 20770/2013) e attendere il decorso di sessanta giorni prima
della notifica dellatto impositivo.
Va rammentato che di recente il legislatore ha concesso la possibilit di beneficiare del ravvedimento operoso nonostante il contribuente abbia subito lattivit di
verifica, e questa si sia conclusa con il rilascio del PVC (sino al 2014 lesercizio
dellattivit istruttoria impediva la possibilit di beneficiare di tale istituto, in quanto si
riteneva meritevole solo la spontanea regolarizzazione della violazione).
Qualora il contribuente soggetto a verifica voglia evitare di subire la notifica
di un atto di accertamento, pu presentare una dichiarazione integrativa versando i
tributi connessi alle violazioni contestate e beneficiando della riduzione delle sanzioni
a titolo di ravvedimento pari a 1/5 o 1/6 del minimo edittale, a seconda che sia stato
rilasciato o meno il processo verbale di constatazione. Il ravvedimento operoso pu
anche parziale o comunque riguardare solo alcune delle violazioni contestate. Se per
esempio venissero contestate violazioni per importi che determinano unevasione superiore alla soglia di rilevanza penale, il contribuente potrebbe regolarizzare solo una
parte degli addebiti, in modo da ridurre lammontare tributo evaso al di sotto della
soglia oltre la quale subirebbe anche il procedimento penale.
Il PVC ha un ruolo fondamentale ai fini dellesercizio dellazione penale in
materia tributaria. Ed infatti, qualora vengano riscontrate violazioni che costituiscono
fatti di reato di cui alla d.lgs. n. 74/2000, una copia del processo verbale di constatazione inoltrata alla Procura della Repubblica, affinch si dia corso allazione finalizzata allapplicazione delle sanzioni penali. In tal caso, il procedimento penale del
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tutto autonomo rispetto a quello tributario, e quindi si potrebbe giungere a esiti contrapposti. Va per evidenziato che, se durante la verifica emergono indizi di un reato
fiscale, devono essere assicurate al contribuente le garanzie previste dal codice di
procedura penale (art. 220 c.p.p.), pena linutilizzabilit delle risultanze del pvc (Cass.,
sez. pen., n. 4919/2015). Ci vuol significare che, nel momento in cui emergono gli
indizi di reato, il contribuente deve poter nominare un difensore di fiducia, deve essere ascoltato per lassunzione di sommarie informazioni, etc.
Si sottolinea, infine, che il processo verbale di constatazione non un atto autonomamente impugnabile dinnanzi il giudice tributario (n a maggior ragione lo sono i processi verbali giornalieri o i verbali con cui si documenta il contraddittorio). Il
contribuente deve attendere la notifica dellatto di accertamento ed impugnarlo contestando il contenuto del processo verbale di constatazione. La tutela giurisdizionale
del contribuente avverso detto atto viene, quindi, differita al momento della notifica
del provvedimento impositivo.
La redazione del processo verbale di constatazione, tuttavia, consente
allUfficio di chiedere alla Commissione tributaria di emettere un provvedimento di
tipo cautelare, con cui il giudice autorizza liscrizione di ipoteca su beni immobili o il
sequestro conservativo di beni mobili, in relazione alle imposte evase e alle sanzioni
risultanti dallatto in questione (art. 22, d.lgs. n. 472/97).
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sunzione semplice pu discendere lulteriore presunzione legale connessa alla residenza in Italia della societ estera da loro amministrata.
2. Laccertamento analitico delle persone fisiche.
Tramite laccertamento analitico lUfficio determina il reddito imponibile dei
contribuenti, sia residenti che non residenti nel territorio dello Stato, rettificando le
singole categorie di reddito, risultanti dalla dichiarazione. Ci che caratterizza questa
forma di accertamento, quindi, la conoscenza della fonte di produzione del reddito
che lUfficio provvede a rettificare.
Come notato in precedenza, il soggetto passivo del tributo che, in sede di
redazione della dichiarazione, provvede a qualificare il fatto economico realizzato,
ascrivendolo ad una delle sei categorie reddituali rilevanti ai fini dellIrpef.
LAmministrazione, quindi, controlla la correttezza di tale qualificazione e ridetermina limponibile e limposta sulla base delle prove raccolte nel corso dellattivit istruttoria.
Con riguardo alle persone fisiche non obbligate alle scritture contabili (art. 38,
commi 1-3, d.p.r. n. 600/73), lUfficio procede alla rettifica analitica delle dichiarazioni presentate quando il reddito dichiarato risulta inferiore a quello effettivo, cio
se vi una infedelt nella redazione della dichiarazione (evasione parziale).
In sede di accertamento analitico pu essere contestata anche la spettanza, in
tutto o in parte, delle deduzioni dal reddito e delle detrazioni di imposta. Ma questa
tipologia di rettifiche, come abbiamo visto, tipica del controllo formale ex art. 36 ter.
Se il contribuente sfugge al controllo formale (che non riguarda tutte le dichiarazioni), le rettifiche ivi previste possono essere effettuate anche in sede di accertamento
analitico. Linfedelt della dichiarazione per inesattezza del reddito indicato pu essere desunta dalla dichiarazione stessa e dai relativi allegati, dal confronto con le dichiarazioni degli anni precedenti e dai dati e dalle notizie cui sia in possesso lUfficio.
LUfficio supporta la rettifica analitica prevalentemente con prove dirette,
cio di tipo documentale, acquisite tramite lesercizio dei poteri istruttori citati in precedenza. prevista anche la possibilit di avvalersi di presunzioni semplici, cio gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.): muovendo, quindi, da uno o pi fatti noti, si
risale al reddito del soggetto. Il carattere di gravit, precisione e concordanza, che la
legge esige per la validit della prova presuntiva, non deve essere ricercato solo nei
singoli indizi che forniscono una presunzione, bens tramite una valutazione complessiva di tutti gli elementi.
Un esempio di applicazione di tale metodo di accertamento riguarda la rettifica dei redditi fondiari in relazione ad immobili posseduti da un soggetto, ma non
censiti al catasto: il possesso di tali beni viene dimostrato dallUfficio tramite le utenze, intestate al contribuente, che risultano attivate sugli immobili.
2. 1 Segue: e di quelle obbligate alla tenuta di scritture contabili
Per le persone fisiche obbligate alla tenuta di scritture contabili,
laccertamento analitico volto a rettificare in aumento i componenti positivi di reddito ed in diminuzione quelli negativi risultanti dal bilancio o dalle scritture contabili
obbligatorie e poi riportati in dichiarazione. LUfficio in linea generale procede alla
rettifica sulla base delle prove acquisite nel corso dellattivit istruttoria. NellIva
laccertamento analitico involge la rettifica delle singole componenti dellimponibile.
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La rettifica analitica della dichiarazione Iva ricalca, in linea generale, le modalit previste per la rettifica analitica della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi.
Linesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione pu risultare
dallispezione delle scritture contabili, dalle verifiche sulle merci e sugli altri beni
dimpresa, dal controllo delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e dei documenti di spesa, nonch dallesame degli estratti dei conti correnti o altri rapporti
bancari intrattenuti dal soggetto.
Linesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione pu, altres, risultare in
modo certo e diretto dai questionari inviati dallUfficio, da ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, ovvero da altri atti in possesso dellUfficio.
Potrebbe anche accadere che linfedelt della dichiarazione venga dimostrata
sulla base della non corrispondenza della stessa con gli elementi indicati nel bilancio.
Si pensi al caso del contribuente che indica nella dichiarazione spese non imputate in
bilancio, ovvero ometta di dichiarare componenti positivi di reddito esposti in bilancio.
Laccertamento analitico pu, infine, scaturire dalla inesatta applicazione delle
norme generali o specifiche in tema di determinazione del reddito dimpresa o di lavoro autonomo. Si ipotizzi il caso in cui il soggetto inserisca spese non inerenti, ovvero non di competenza di quel determinato periodo dimposta, accantonamenti non
deducibili, etc.
Anche nel caso della rettifica analitica del reddito dei soggetti obbligati alla
tenuta delle scritture contabili, lUfficio finanziario pu dimostrare linesattezza del
reddito dichiarato dal contribuente sia con prove dirette, sia con il ricorso alle presunzioni semplici di cui allart. 2729 C.c. (c.d. metodo analitico-induttivo). opportuno precisare che con lutilizzo delle presunzioni lUfficio pu rettificare le singole
componenti positive e negative del reddito dimpresa (es. i ricavi, le rimanenze, gli interessi passivi, etc.) e non il reddito dimpresa globalmente considerato.
Unipotesi di accertamento con metodo analitico-induttivo quella che viene
effettuato qualora dallesame delle scritture contabili risulta che il conto cassa in
negativo e che limprenditore ha sostenuto spese per cassa senza che contabilmente
vi fosse alcuna disponibilit: posto che ci non pu accadere, la registrazione di pagamenti effettuati con la cassa in negativo vengono generalmente considerati fatti noti da cui presumere lesistenza di ricavi non contabilizzati. Una ulteriore ipotesi di accertamento analitico-induttivo si ha quando la rettifica dei ricavi dichiarati da un imprenditore viene desunta dalla presenza di un dipendente non regolarmente assunto;
una volta appurato il fatto noto (lesistenza di un lavoratore irregolare) pu ritenersi
provato il fatto ignoto (i maggiori ricavi percepiti), qualora il nesso logico che vi tra
fatto noto ed ignoto risponde a criteri di verosimiglianza (nellesempio citato ragionevole asserire che la presenza di un lavoratore comporti una maggiore redditivit
dellazienda).
Tra gli accertamenti analitici induttivi possono annoverarsi quelli basati sulle
percentuali di ricarico mediamente operate dalle imprese operanti nel medesimo settore economico. In tali casi, per, la giurisprudenza ha precisato che ai fini
dellaccertamento non sufficiente il solo rilievo dell applicazione di una percentuale
di ricarico pi bassa rispetto alla media del settore di appartenenza, in quanto le medie di settore non rappresentano un fatto noto storicamente provato, dal quale desumere lesistenza del fatto ignoto (i ricavi occultati), ma solo una estrapolazione sta-
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Non da escludere, per, che la giurisprudenza consideri il nuovo redditometro del 2012 una presunzione semplice (alla stregua degli studi di settore), evitando
automatiche trasformazioni della spesa effettiva o presunta in reddito.
Ci detto, evidenziamo che laccertamento sintetico non pu essere utilizzato
dallUfficio in modo automatico, rettificando in aumento il reddito dichiarato in base
alle spese che emergono dalle banche dati o comunque rintracciate dal Fisco.
E infatti necessario affinare lo scostamento tra spesa e reddito dichiarato
guardando innanzitutto alla rilevanza dello scostamento a stima del maggior reddito;
la legge prevede che lUfficio possa rettificare la dichiarazione solo se il reddito accertabile si discosta per almeno un quinto da quello dichiarato.
Una volta appurato il superamento della predetta soglia di scostamento,
laccertamento sintetico non pu comunque essere applicato in modo automatico, in
quanto bisogna tenere conto del al fatto che lacquisto o il possesso di un bene potrebbe non significare nulla dal punto di vista dellevasione, qualora le relative spese
siano state sostenute con redditi esenti, assoggettati ad imposta sostitutiva, ovvero
qualora lacquisizione del bene sia avvenuta in relazione ad una successione mortis causa, con redditi esclusi dalla tassazione (si pensi alle plusvalenze derivanti da cessioni di
beni immobili adibiti ad abitazione principale, al 50% circa dei dividendi su partecipazioni qualificate), con somme prese in prestito, con somme provenienti da
unevasione fiscale commessa in un periodo per il quale il soggetto ha aderito ad un
condono fiscale, ovvero riguardante un periodo dimposta per il quale sono decaduti
i termini per lazione accertatrice (si pensi al caso di un soggetto che ha venduto un
bene immobile realizzando una plusvalenza non indicata in dichiarazione) e, in generale, da altri redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Per questi motivi, vi una regola per cui il contribuente deve essere obbligatoriamente ascoltato dallUfficio prima della notifica dellatto di accertamento (c.d.
contraddittorio procedimentale) al fine di poter giustificare lentit delle spese sospette, ed inoltre deve essere obbligatoriamente attivata la procedura di accertamento
con adesione.
Esiste quindi un doppio livello di contraddittorio: in una prima fase
lUfficio, avendo rilevato un livello di spese non compatibili con il reddito dichiarato,
convoca il contribuente per consentirgli di esporre chiarimenti e giustificazioni sulle
spese sostenute ritenute non congrue; in una seconda fase, lUfficio, se non accoglie
le deduzioni difensive, formula una proposta di accertamento alla quale il contribuente pu prestare adesione, beneficiando di una riduzione delle sanzioni ad un sesto.
Se vero, quindi, che la dichiarazione dei redditi fornisce una fotografia parziale della situazione reddituale del contribuente e che pertanto non vi una automatica corrispondenza tra capacit di spesa e reddito imponibile, ci sembra evidente che
lutilizzo dellaccertamento sintetico senza la preventiva attivazione del contraddittorio con il contribuente appare poco ragionevole, in quanto potrebbe condurre a rettifiche del tutto infondate. Per questi motivi, il contraddittorio procedimentale con il
contribuente diviene il momento centrale della procedura di accertamento sintetico.
Va per considerato che i fattori che determinano uno sfasamento legittimo tra redditi dichiarati e spese sostenute a volte sono difficili da provare, non dovendo la persona fisica tenere una contabilit in relazione alle entrate e alle spese che
affronta nel periodo dimposta. In ogni caso, il contribuente deve addurre giustificazioni risultanti da idonea documentazione (ad esempio la produzione dellestratto
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conto bancario dal quale risulta allinizio del periodo di imposta una giacenza idonea
a far fronte alle spese sostenute), ma impensabile che il contribuente dimostri la destinazione di quelle risorse per effettuare gli acquisti, in quanto si tratterebbe di una
probatio diabolica. Basta dimostrare lesistenza di fonti reddituali che non andavano indicate in dichiarazione, senza spingersi sino alla prova dellutilizzo di tali disponibilit
per finanziare le spese contestate, salvo che per spese di rilevantissima importanza
come lacquisto di immobili (Cass. n. 6396/2014). Non sono sufficienti, quindi, generiche affermazioni, qual ad esempio la prassi familiare di liberalit da parte dei
genitori in favore dei figli (Cass. n. 14063/2014).
Di recente lAmministrazione finanziaria sta sempre pi utilizzando
laccertamento sintetico, anche perch ha il pregio di non colpire specificamente determinate categorie economiche o professionali, ma tutte le persone fisiche; esso pertanto viene meglio tollerato dallopinione pubblica. Sarebbe, comunque, opportuno
che laccertamento basato sulla spesa (o sul tenore di vita) venisse abbinato ad accertamenti che guardano allattivit svolta dal soggetto (es. studi di settore per imprese e
professionisti). In ogni caso, quando laccertamento sintetico viene applicato ad un
imprenditore o professionista, occorre considerare che una differenza tra il reddito
speso e quello dichiarato, pu derivare dallincidenza di quei costi non ancora sostenuti, ma indicati in dichiarazione in ossequio al principio di competenza economica
(es. accantonamento Tfr, ammortamenti, etc.) o di altri costi figurativi. La capacit di
spesa pu quindi essere superiore al reddito dichiarato, senza che vi sia una evasione
fiscale.
Gli Uffici impositori peraltro, qualora evidenzino uno scostamento tra redditi
e spese, tentano di prevenire lavvio di procedura di accertamento inviando al contribuente, nei primi mesi dellanno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, una lettera con cui quantifica lo scostamento e lo invita ad presentare una dichiarazione integrativa, beneficiando del ravvedimento operoso.
4. Laccertamento sintetico dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.
Laccertamento sintetico dei redditi determinati sulla base delle scritture contabili, definito anche accertamento induttivo (art. 39, 2 comma, d.p.r. n. 600/73), si
caratterizza per il fatto che lUfficio:
- pu determinare il reddito di impresa sulla base di dati e notizie comunque
raccolti;
- ha la facolt di prescindere in tutto o in parte dalle scritture contabili;
- ha la facolt di avvalersi di presunzioni prive dei requisiti di gravit, precisione
e concordanza.
Questa forma di accertamento attribuisce allAgenzia delle entrate il potere di
rettificare il reddito imponibile di unimpresa o di un esercente arti o professioni, disattendendo, o utilizzando in modo parziale, la documentazione contabile ponendosi,
quindi, in una posizione privilegiata rispetto al contribuente.
Per questi motivi, la norma individua espressamente le fattispecie che attribuiscono allUfficio il potere di utilizzare questa forma di accertamento; e cio:
a) quando il reddito di impresa non stato indicato nella dichiarazione;
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In materia di Iva lart. 55 del d.p.r. n. 633/73 prevede la facolt per lUfficio
di procedere ad accertamento induttivo, prescindendo quindi dalle risultanze delle
scritture contabili quando:
a) dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha sottratto le scritture contabili;
b) dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture
per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o
ha sottratto le fatture emesse;
c) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni, ovvero le irregolarit
formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione,
sono cos gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilit del contribuente.
Va rilevato che laccertamento induttivo, sia ai fini delle imposte sui redditi
che dellIva, viene utilizzato molto spesso dagli Uffici per rettificare il reddito delle
piccole imprese, nonostante non si verifichino i presupposti citati nelle predette
norme, ed in particolare anche qualora questi soggetti abbiano tenuto la contabilit in
modo formalmente regolare e abbiano adempiuto agli obblighi di dichiarazione. In
detti casi, lesiguit dei redditi dichiarati si ritiene che sia un elemento che possa dimostrare linattendibilit sostanziale della contabilit e quindi legittimare lUfficio a
ricostruire con un metodo induttivo il reddito dimpresa globalmente considerato (e
non una singola componente del reddito, come avviene invece nellaccertamento c.d.
analitico/induttivo). La distinzione tra accertamento analitico-induttivo (art. 39, 1
comma) e accertamento induttivo (art. 39, 2 comma) se sul piano teorico appare
chiara, essendo il primo finalizzato a rettificare una singola componente del reddito
dimpresa e il secondo il reddito dimpresa globalmente considerato, dal punto di vista applicativo presenta delle sovrapposizioni, che hanno indotto la giurisprudenza a
concentrare lattenzione sulla verosimiglianza del maggior reddito presuntivamente
accertato, piuttosto che sulla verifica dei presupposti di legge che legittimano
lutilizzo di una forma o dellaltra.
Come notato in precedenza, l accertamento induttivo ben si presta ad essere
utilizzato nei confronti delle piccole imprese, ma risulta di difficile applicazione nei
confronti delle grandi imprese, per le quali la ricostruzione del reddito resta tendenzialmente analitica, e quindi ancorata alla dimostrazione dellesistenza di accadimenti
economico/aziendali che sono stati scorrettamente rappresentati nella contabilit e
nella dichiarazione.
5. Laccertamento dufficio.
Le forme dellaccertamento sin ora esaminate presuppongono la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente (evasione parziale). Nelle
ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazioni di dichiarazioni
nulle (evasione totale), sia per le imposte sui redditi che per lIva, previsto
laccertamento dufficio (art. 41).
Tale forma di accertamento si caratterizza per il fatto che lUfficio determina
il reddito complessivo del contribuente, e in quanto possibile i singoli redditi, sulla
base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facolt
di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravit, precisione e concor-
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inalterati i valori dichiarati dal contribuente con riferimento alle restanti componenti
positive e negative di reddito (con laccertamento sintetico/extracontabile si rettifica
il reddito dimpresa globalmente considerato).
Lutilizzo dellaccertamento analitico/ induttivo tradizionale presuppone lo
svolgimento di unattivit di verifica, a volte dispendiosa, mediante la quale individuare quei fatti noti assunti a fondamento della rettifica dei ricavi e stimare lincidenza di
tale fatto noto sui ricavi dellimpresa (fatto ignoto). Nel caso di utilizzo
dellaccertamento basato sugli studi di settore, lUfficio non solo non si muove alla
ricerca dei fatti, ma non deve neppure stimare lincidenza sui ricavi di tali fatti, essendo questi aspetti predeterminati dal decreto ministeriale che approva lo studio di settore: si ha quindi una netta semplificazione dellattivit di accertamento ed una maggiore affidabilit del metodo presuntivo di ricostruzione dei ricavi e dei compensi di
imprenditori e professionisti.
La disciplina normativa degli studi di settore contenuta nellart. 62-sexies, d.l.
n. 331/93, e nellart. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, ove si stabilisce che gli accertamenti (analitici) di cui agli artt. 39, 1 comma, lettera d), del d.p.r. 29 settembre
1973, n. 600, e 54 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, cio ai fini delle imposte sui redditi e dellIva, possono essere fondati anche sullesistenza di gravi incongruenze tra
i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle
caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attivit svolta, ovvero dagli studi di settore.
Gli studi di settore sono stati elaborati dal Ministero dellEconomia, previo
parere favorevole delle associazioni che rappresentano le categorie economiche coinvolte, sulla base di dati contabili (risultanti dalle dichiarazioni) e dati extracontabili
(superficie dei locali, tipo di attivit, numero dei dipendenti, tipologia di clientela,
etc.), forniti dai contribuenti con appositi modelli. Essi vengono revisionati ogni tre
anni al fine di mantenere la rappresentativit degli stessi rispetto alla realt economica
cui si riferiscono.
Lapplicazione degli studi di settore , comunque, limitata ai soggetti di dimensioni piccole e medie, che abbiano cio un volume di affari non superiore a 7,5
milioni di euro (tale importo pu essere variato in diminuzione allatto
dellapprovazione di ogni singolo studio di settore). Per i soggetti economici di grandi
dimensioni sarebbe, infatti, inverosimile ricostruire il volume di ricavi sulla base di
dati contabili ed extracontabili attinenti alle caratteristiche esterne dellattivit.
Lo spirito con cui sono stati introdotti tali strumenti di accertamento quello
di evitare indagini sul campo che possono coinvolgere un numero limato di contribuenti, per le ridotte capacit operative degli Uffici, ed inoltre, ove vengano espletate,
danno luogo a scarsi risultati in punto di acquisizione di prove degli occultamenti di
ricavi e compensi. Tale strumento di accertamento si presta ad essere applicato cos
ad un amplissima platea di soggetti.
Quanto al concreto funzionamento di tale metodo di accertamento, va detto
che il contribuente, in sede di presentazione della dichiarazione, deve compilare un
prospetto contenente i dati necessari per il calcolo dei ricavi/compensi determinati
con gli studi di settore. Utilizzando poi un apposito software (GE.RI.CO. gestione
ricavi e compensi), che sviluppa una complessa formula matematica, il contribuente
ottiene il responso sulla congruit o non congruit dei ricavi contabilizzati rispetto a
quelli risultanti dallo studio di settore.
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Ove il contribuente indichi dati inesatti nel predetto prospetto (allo scopo di
alterare a suo favore il responso del software, cio simulare una situazione di congruit) si applica una apposita sanzione amministrativa che va da 500 a 1500 euro,
oltre la sanzione prevista dallart. 1, d.lgs. n. 471/97 (cio di infedele dichiarazione
che vari dal 100 al 200 percento del tributo evaso), aumentata del 10 per cento;
lincremento della sanzione pari al 50 per cento nei casi di omessa compilazione del
prospetto. Lomessa o infedele compilazione del prospetto costituisce, inoltre, presupposto per lapplicazione dellaccertamento induttivo extracontabile di cui allart.
39, 2 comma, d.p.r. n. 600/73.
Se il valore dei ricavi contabilizzati dal contribuente risulta congruo con gli
studi di settore (e quindi con quelli mediamente ritraibili dallesercizio di quella determinata attivit economica), non trova applicazione laccertamento in questione, ma
il contribuente pu essere sottoposto alle ordinarie procedure di accertamento.
Qualora, invece, risulti non congruo, il contribuente pu adeguare i ricavi e
compensi risultanti dalla contabilit a quelli (maggiori) ricavabili dallo studio di settore, versando, oltre limposta sul reddito che tiene conto dei maggiori ricavi, anche una
maggiorazione del 3 per cento della differenza tra i ricavi o compensi derivanti
dallapplicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili, evitando cos
lavvio della procedura di accertamento da parte dellUfficio. La maggiorazione del 3
per cento non dovuta se lo scostamento inferiore al 10 per cento, ovvero per il
primo anno di applicazione di studi di settore nuovi o revisionati.
In alternativa alladeguamento dei ricavi indicati nella contabilit alle risultante
degli studi, i contribuenti possono confermare (e indicare in dichiarazione) i valori
risultanti dalle scritture contabili, attendendo lo sviluppo della procedura di accertamento da parte dellUfficio. In sede di dichiarazione, ovvero con un apposito modello da inviare telematicamente entro il 31 gennaio dellanno successivo, i contribuenti
possono giustificare il disallineamento rispetto agli studi di settore.
Prima di notificare latto impositivo, lUfficio deve in ogni caso convocare il
contribuente in contraddittorio, al fine di appurare lapplicabilit dello studio di settore (formulato come detto in astratto sulla base di indicatori di normalit economica)
al caso concreto, eventualmente adattandone il risultato, anche sulla base delle eccezioni difensive esposte. Si pu giungere peraltro ad un accordo (accertamento con
adesione) su un valore di ricavi pi basso di quello risultante dallo studio, ma pi alto
di quello dichiarato; pu accadere altres che lUfficio, accogliendo le giustificazioni di
tipo oggettivo (es. crisi del settore, incidenza della concorrenza di altri imprenditori,
etc.) o soggettivo (stato di salute, etc.) addotte dal contribuente, archivi la procedura
di rettifica.
In mancanza di accordo, o di archiviazione della procedura, lUfficio impostore notifica latto di accertamento con cui rettifica in aumento i ricavi/compensi dichiarati dal contribuente, allineandoli alle risultanze degli studi di settore, previo adattamento al caso concreto.
Lo scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi risultanti dallo studio di settore
non di per s sufficiente a legittimare la rettifica della dichiarazione, ma necessario
che lUfficio acquisisca ulteriori prove per applicare fondatamente la predeterminazione reddituale effettuata in astratto dallo studio di settore alla situazione concreta.
Gli studi di settore rappresentano una presunzione semplice, la quale, per
avere il crisma della gravit, precisione e concordanza, presuppone indispensabilmen-
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te lattivazione del contraddittorio con il contribuente, il quale pu gi in sede amministrative sollevare le eccezioni difensive (Cass. n. 26638/2009). LUfficio, pertanto,
solo sulla base delle risultanze del contraddittorio con il contribuente, pu ritenere
che vi sia una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili in astratto dallo studio di settore.
Laffermazione della centralit del contraddittorio del tutto condivisibile, in
quanto bilancia le esigenze di speditezza dellazione amministrativa con quelle di
buon andamento. Se lUfficio dovesse acquisire mediante una specifica verifica sul
campo ulteriori elementi su cui basare la rettifica si depotenzierebbe questo strumento di accertamento, facendolo degradare a strumento di selezione dei contribuenti da sottoporre al controllo.
Al proposito si precisa che il contraddittorio procedimentale deve risolversi in
un momento non meramente formale, necessario per lo sviluppo della procedura ma
in un memento in cui effettivamente lUfficio valuta le eccezioni difensive del contribuente. Peraltro, se si tiene a mente che gli studi di settore sono finalizzati ad accertare ricavi occultati al Fisco, appare evidente che gli Uffici, in sede di contraddittorio,
dovrebbero procedere con grande cautela nei confronti di quei soggetti che difficilmente possono omettere il rilascio di fatture e scontrini fiscali (come coloro che operano con le grandi aziende, che per la loro rigidit amministrativa non possono acquistare beni e servizi in nero). Una posizione pi rigida pu essere mantenuta, invece,
nei confronti di imprese e professionisti che operano con i consumatori finali, i quali
possono sistematicamente occultare i ricavi.
In ogni caso, il Fisco, a pena di nullit, deve illustrare nellambito della motivazione dellatto impositivo le ragioni per cui non accoglie le eccezioni difensive
formulate dal contribuente in sede di contraddittorio (Cass. n. 9712/2014).
Con specifico riferimento agli accertamenti con studi di settore, non opera la
disposizione (art. 12, comma 7, L. 212/2000) che obbliga lUfficio ad attendere sessanta giorni dalla chiusura del verbale, in quanto le esigenze di tutela del contraddittorio sono assicurate dalla previsione della nullit dellatto ove non preceduto
dallinvito al contraddittorio (Cass. n. 7960/2014). LUfficio impositore pu quindi
notificare latto di accertamento subito dopo la chiusura del contraddittorio.
Di recente gli Uffici impositori, adeguandosi al predetto orientamento della
giurisprudenza, che respinge applicazioni automatiche, nel caso di rettifiche effettuate
nei confronti di imprenditori individuali e professionisti (che non dispongono di altre
fonti di reddito) rafforzano la credibilit del risultato cui si perviene con
lapplicazione degli studi di settore svolgono altres unindagine sul tenore di vita del
contribuente (che normalmente riguarda laccertamento sintetico e/o redditometrico
di cui allart. 38, 4 comma, d.p.r. n. 600/73). A fronte di un elevato tenore di vita,
desunto dalla disponibilit di beni indicatori di capacit contributiva facenti capo
allimprenditore o al professionista, ovvero ai soci delle societ, si rafforza la credibilit della rettifica operata con gli studi di settore. una soluzione ragionevole, che
peraltro potrebbe giocare a favore del contribuente, nel caso in cui il suo tenore di
vita sia del tutto compatibile con i redditi (ed implicitamente i ricavi/compensi) dichiarati e non con quelli rappresentati dagli studi di settore. Appaiono poco convincenti le critiche mosse da chi vuole limitare la possibilit di reperire ulteriori elementi
esclusivamente nellambito di una verifica che attiene al reddito di lavoro autonomo
o di impresa e non alla situazione globale del contribuente. Trattandosi di strumenti
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tano congrui, anche per adeguamento, sono ridotti i termini di decadenza dellattivit
di accertamento di un anno; inoltre laccertamento sintetico del reddito complessivo
(art. 38, 4 comma) pu essere notificato in presenza di uno scostamento superiore
ad un terzo (e non un quinto). I predetti benefici sono concessi a condizione che il
soggetto risulti altres coerente con gli specifici indicatori previsti dallo studio di
settore ed abbia fedelmente assolto allobbligo di comunicare i dati rilevanti per
lapplicazione degli studi di settore.
I contribuenti che non si adeguano agli studi di settore possono subire, oltre
la procedura di rettifica in questione, anche una ulteriore procedura di accertamento
senza alcun limite, salvo quello derivante dal rispetto dei termini di decadenza
dellazione impositiva, di cui tratteremo in avanti.
8. Laccertamento integrativo e modificativo.
Pu accadere che lUfficio, dopo aver esperito la normale attivit istruttoria,
alla quale ha fatto seguito la rettifica della dichiarazione, venga a conoscenza di nuovi
elementi, in relazione ai quali dimostrare un ulteriore aumento del reddito imponibile
e/o dellimposta da versare.
Lart. 43, ultimo comma, d.p.r. n. 600/73, prevede espressamente che fini alla
scadenza dei termini per lesercizio dellazione impositiva, laccertamento pu essere
integrato o modificato in aumento, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base
alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
La notifica dellaccertamento ordinario non esaurisce, quindi, il potere impositivo, il quale pu essere ancora esercitato sulla base della sopravvenuta conoscenza
di nuovi elementi. Il potere impositivo si consuma solo in relazione agli elementi gi
acquisiti nel corso dellistruttoria.
Con il termine elementi si allude sia a componenti attive e passive del reddito, sia a indici, circostanze e dati di fatto utilizzabile per laccertamento tributario,
che se conosciuti prima dellemissione dellaccertamento ordinario ne avrebbero
comportato un incremento dellimponibile.
Laccertamento integrativo deve basarsi non sul riesame di elementi gi noti,
considerati o meno ai fini del primo accertamento, ma sulla acquisizione di elementi
oggettivamente nuovi, cio entrati per la prima volta nella sfera di apprezzamento
dellUfficio. Peraltro, il potere di integrazione degli atti di accertamento non pu essere esercitato in relazione ad elementi conoscibili dallUfficio attraverso lordinaria
diligenza nel momento in cui stata espletata loriginaria attivit istruttoria.
Secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale, si ha sopravvenuta
conoscenza nel caso in cui lUfficio utilizzi i dati in possesso di altri Uffici fiscali, i
processi verbali trasmessi dalla Guardia di finanza dopo la notifica del primo atto, i
dati in possesso del medesimo Ufficio ma che riguardano altri contribuenti, etc.
Il confine tra conoscenza effettiva e conoscibilit non comunque ben definito, e quindi si impone una valutazione caso per caso per stabilire se laccertamento
integrativo legittimo o meno. intuibile che quanto pi si dilata linterpretazione
dellespressione sopravvenuta conoscenza, tanto pi si riduce la funzione garantista
dellart. 43.
Per evitare un uso improprio dellaccertamento integrativo, lUfficio deve
specificare, a pena di nullit, nella motivazione i nuovi elementi e gli atti o i fatti attraverso i quali essi sono venuti a conoscenza dellUfficio, allo scopo di poter effet-
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tuare un controllo sulla posteriorit dellacquisizione dei nuovi elementi che sono
idonei a giustificare la reiterazione dellattivit impositiva (Cass. n. 16391/2002).
Laccertamento integrativo un atto autonomo, che non sostituisce ma si aggiunge al precedente accertamento ordinario, nellottica di acquisire a tassazione nuovi redditi desumibili da elementi sconosciuti allepoca della confezione del primo accertamento. Se il contribuente ha proposto ricorso avverso il primo avviso di accertamento, il giudizio prosegue senza alcuna interferenza con quello eventualmente
proposto contro laccertamento integrativo.
Lart. 43, ultimo comma, disciplina, altres, laccertamento modificativo,
subordinandolo agli stessi presupposti di quello integrativo, in quanto comporta una
rettifica in aumento del reddito. Nel caso dellaccertamento modificativo, la conoscenza dei nuovi elementi incide sulle qualificazioni giuridiche effettuate in sede di
confezionamento del primo accertamento e da tale riqualificazione emerge una maggiore imposta da versare.
Ad esempio un soggetto ha omesso di dichiarare un reddito di 10.000 che
lUfficio ritiene derivante dallutilizzazione economica di opere dellingegno.
LUfficio accerta il maggior reddito considerando la deduzione forfettaria del 25%
prevista dalla legge. Il maggiore reddito imponibile risultante dallatto di accertamento quindi di 7.500, su cui vengono calcolati imposte, sanzioni ed interessi. Dalla
sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi emerge che in realt quel reddito omesso
non pu essere considerato connesso allo sfruttamento di opere dellingegno, ma si
tratta un mero reddito occasionale che concorre integralmente a formare il reddito.
LUfficio quindi emana un accertamento modificativo con cui, in sostituzione del
primo, accerta un maggior reddito imponibile di 10.000 e su questo importo chiede
le maggiori imposte, oltre sanzioni e interessi (viene quindi esclusa la deduzione forfettaria delle spese).
Laccertamento modificativo sostituisce (e non si aggiunge) il precedente avviso di accertamento, che risulta automaticamente annullato (sia in modo espresso,
sia tacito). Leventuale processo instaurato sullatto modificato si estingue per cessazione della materia del contendere: resta efficace solo laccertamento modificativo e
prosegue solo leventuale giudizio su tale atto.
Laccertamento integrativo o modificativo ha da sempre avuto una scarsa applicazione pratica sia per la difficolt di reperire nuovi elementi non conosciuti, n
conoscibili, allepoca in cui stato notificato il primo atto impositivo, sia perch deve
comunque essere notificato entro i termini di decadenza dellazione, che spesso spirano dopo poco tempo dalla notifica del primo avviso di accertamento.
Un ulteriore aspetto che potrebbe produrre la scomparsa dellaccertamento
in questione si ravvisa nella decisa espansione dellutilizzo dellaccertamento parziale,
il quale, come visto in precedenza, consente allUfficio di reiterare lazione impositiva
senza alcuna limitazione.
Daltra parte, per, nel caso del raddoppio dei termini di notifica dellavviso
di accertamento in relazione alla commissione di fatti di reato, lutilizzo delle risultanze istruttorie del processo penale dovrebbe consentire agli Uffici di notificare accertamenti integrativi o modificativi, rappresentando una ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (sui termini di notifica degli avvisi di accertamento ci soffermeremo pi in avanti).
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Daltra parte la PA svolge funzioni che, anche quando intaccano la sfera patrimoniale dei consociati, assicurano un buon ordine alla convivenza sociale; pertanto
non pu essere considerata portatrice di interessi del tutto contrapposti a quelli del
singolo consociato. In particolare, lobbiettivo del procedimento attivato
dallAmministrazione finanziaria quello di giungere ad una decisione condivisa per
la tutela dell interesse alla corretta qualificazione e quantificazione dei fatti fiscalmente rilevanti che - a ben vedere - comune. Pertanto, linteresse perseguito
dallAmministrazione finanziaria pu essere ricondotto allinteresse pubblico, ma ricomprende in s linteresse del contribuente.
LAmministrazione, che listituzione giuridica di riferimento nel diritto tributario, dovrebbe comporre i profili in gioco, con unazione caratterizzata dalla imparzialit, perseguendo obbiettivi di giustizia tributaria, cio di equa ripartizione delle
spese comuni.
Lesigenza del contraddittorio procedimentale particolarmente sentita qualora si proceda con rettifiche della dichiarazione basate su prove presuntive. Per assegnare un crisma di credibilit o, se si preferisce, di verosimiglianza alla ricostruzione presuntiva dellUfficio, indispensabile consentire una partecipazione attiva del
contribuente allattivit di accertamento.
La giurisprudenza della Cassazione (da ultimo sent. n. 3569/2010) afferma
che interpellare il contribuente nello svolgimento delle indagini, e consentirgli quindi
di difendersi prima dellemanazione dellaccertamento a suo carico, una facolt e
non un obbligo dellUfficio, tranne che nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, in quanto manca una specifica norma generale che sancisca il diritto del soggetto
passivo a partecipare al procedimento di accertamento, prima che sia emesso a suo
carico un atto di imposizione.
A ben vedere, per, la citata interpretazione giurisprudenziale muove da una
concezione riduttiva del principio del contraddittorio. Questultimo, come notato,
volto ad assolvere finalit di concreto adeguamento del contenuto dellaccertamento
alla particolarit del caso concreto, oltre che difensive. Pertanto, il principio del contraddittorio dovrebbe avere diritto di cittadinanza nel procedimento di accertamento tributario atteggiandosi quale principio immanente nellambito della disciplina attuativa del rapporto giuridico tributario, e quindi dovrebbe operare a prescindere da
una espressa e specifica previsione.
In ogni caso, lobbligo di attivazione del contraddittorio nella fase
dellaccertamento tributario pu trovare un fondamento giuridico, innanzitutto, nella
previsione di cui allart. 10, L. n. 212/2000, secondo cui i rapporti tra Fisco e contribuente sono improntati al principio di collaborazione e buona fede. Secondariamente
nella disposizioni di cui allart. 12, comma 7, per cui lavviso di accertamento non
pu essere notificato prima di 60 gg. dalla chiusura del PVC per consentire al contribuente di presentare memorie difensive; peraltro sostenibile che lo spettro applicativo di detta norma non sia limitato, come appare al caso della verifica fiscale nel luogo ove il contribuente svolge lattivit (che necessit della redazione del PVC), ma involge anche le ipotesi in cui lattivit istruttoria viene sviluppata in Ufficio.
Le ipotesi in cui espressamente prevista come obbligatoria la partecipazione
del contribuente riguardano, come gi notato, laccertamento sintetico e
laccertamento con studi di settore. Si tratta di rettifiche estremamente delicate, in
quanto basate su criteri presuntivi, in relazione alle quali il contraddittorio finalizza-
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to ad applicare una predeterminazione normativa astratta al caso concreto. Tali metodologie di accertamento possono non cogliere le peculiarit dellattivit concretamente svolta dal contribuente (gli studi di settore) ovvero leffettiva situazione reddituale del contribuente (redditometro), rendendo opportuna la valutazione anticipata
di elementi e/o circostanze che possono costituire un correttivo alle conclusioni cui
si giunge mediante una automatica applicazione del teorema matematico-statistico.
Occorre citare anche il caso delle indagini bancarie, ove la previsione del contraddittorio si giustifica affinch del riscontro tra dati bancari e dichiarazione fiscale/contabilit affinch possa assegnarsi valore legale al ragionamento presuntivo sotteso dal legislatore.
Lobbligo del contraddittorio procedimentale sussiste inoltre nellipotesi
dellaccertamento antielusivo.
In buona sostanza, lattivazione del contraddittorio preventivo si configura
come un metodo per amministrare, finalizzato a consentire, tra laltro, uno svolgimento dellazione impositiva conforme a canoni di ragionevolezza e di economia
procedimentale. Si eviterebbe lemissione di avvisi di accertamento che risultano, in
tutto o in parte, infondati alla luce delle deduzioni fornite dal contribuente.
Non pu trascurarsi, per, che la Corte costituzionale (sent. n. 57/1995) ha
sottolineato in pi occasioni che il diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo non ha una immediata copertura costituzionale, sicch la partecipazione si
rende necessaria solo qualora sussistono specifiche esigenze di trasparenza e buon
andamento. Ci comporta che lintroduzione del contraddittorio quale previsione di
carattere generale nel procedimento tributario di accertamento potr avvenire solo
dopo una presa di coscienza del legislatore circa i benefici che pu apportare al rapporto Fisco contribuente.
A livello europeo, in applicazione del principio del giusto procedimento, si
affermata, invece, lobbligatoriet dellattivazione del contraddittorio endoprocedimentale. La Corte di giustizia europea (sent. 18 dicembre 2008, causa Soprop C349/07) ha stabilito che, qualora lAmministrazione finanziaria si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto lesivo, essa deve instaurare il contraddittorio
con il contribuente, al fine di consentirgli di manifestare la sua posizione in merito
agli elementi sui quali intende basare la rettifica, pena lillegittimit dellatto.
Sulla scorta di detta pronuncia la Cassazione sta lentamente superando il suo
precedente orientamento; si infatti, affermato, che la mancata attivazione del contraddittorio procedimentale comporta un vizio di invalidit dellatto impositivo, a
prescindere dal fatto che la partecipazione del contribuente avrebbe potuto modificare il contenuto dispositivo dellatto impositivo, in quanto il contribuente deve essere
sempre ascoltato prima dellemissione di un provvedimento che incida negativamente
nella sua sfera giuridica (Cass. n. 14105/2010; 19667/2014; contra Cass. n.
20420/2014).
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dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e
delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni; lart. 7, 1 comma,
dello Statuto del contribuente sancisce che gli atti impositivi devono indicare i presupposti di fatto (motivazione in fatto) e le ragioni giuridiche (motivazione in diritto) che
hanno determinato la decisione.
Essendo, quindi, indiscusso lobbligo di motivare gli atti impositivi, ci si posti il problema di individuare un livello minimo di informazioni circa le ragioni giuridiche della pretesa, al di sotto del quale latto deve ritenersi insufficientemente motivato. evidente, infatti, che pi si riduce detto livello minimo, pi difficile diventa sostenere lannullabilit dellatto per carente motivazione.
La giurisprudenza successiva agli anni Novanta, superando la tesi della natura
dellatto di accertamento quale provocatio ad opponendum (cio atto preordinato
allimpugnazione da parte del contribuente) e riconoscendo la natura di atto amministrativo sostanziale, ha opportunamente evidenziato che la motivazione deve essere
sufficientemente articolata; cio deve contenere tutti quegli elementi che consentono
al soggetto passivo di avere contezza delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto della rettifica, anche al fine di poter compiutamente esercitare il diritto di difesa in
sede processuale. Peraltro, qualora il contribuente gi in sede di contraddittorio procedimentale abbia esposto deduzioni difensive, anche in mancanza di una espressa
previsione di legge, si deve ammettere, in applicazione del principio di imparzialit
dellagire amministrativo, che lUfficio, nella motivazione dellatto, illustri le ragioni
per cui non le ha ritenute convincenti. Il canone di imparzialit dellazione esige che
lUfficio non possa utilizzare solo i fatti ad esso favorevoli per motivare e supportare
le rettifiche operate, ma che debba tener conto di tutti i fatti relativi alla fattispecie
controversa.
In linea generale, lobbligo della motivazione soddisfatto quando lavviso di
accertamento mette il contribuente nella condizione di potere efficacemente contestare nellan e nel quantum la pretesa tributaria. Ma non bisogna cadere nellequivoco
secondo cui se il contribuente si difeso in modo articolato, laccertamento deve ritenersi implicitamente ben motivato. La motivazione dellaccertamento e i motivi di
ricorso sono due aspetti che vanno nettamente separati. Ci si pu trovare di fronte ad
atti di accertamento ben motivati, ma avverso i quali il contribuente si difeso in
modo generico, e atti di accertamento, con motivazione insufficiente, avverso i quali
il contribuente si ben difeso. Nel primo caso latto legittimo, nel secondo latto
nullo. Si evidenzia, ancora, che molto spesso la giurisprudenza, con pronunce giustizialiste, afferma la validit di atti di accertamento mal motivati, ma corretti nel merito.
Posto che la motivazione diretta in prima battuta ai contribuenti e non ai giudici,
questi atti impositivi dovrebbero essere ritenuti illegittimi.
La motivazione dellatto, peraltro, deve essere lineare, chiara e non contraddittoria, e ci soprattutto quando lUfficio esponga pi motivi a supporto della rettifica. La contraddittoriet fra i motivi addotti nellatto, oltre a violare i precetti di cui
alla legge n. 241/90, che presuppongono che latto poggi su risultanze concorrenti e
non contrastanti, crea inevitabilmente una lesione del diritto di difesa del contribuente. Lunico scopo per lAmministrazione di addurre differenti motivi, tra loro contrastanti, quello di scegliere arbitrariamente, e secondo le circostanze della futura lite,
uno dei percorsi argomentativi. Tale comportamento non risponde certamente ai canoni di imparzialit e buon andamento dellazione impositiva.
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contribuente, salvo che il processo verbale di constatazione si inserisca nel procedimento di irrogazione della sanzione. Il principio costituzionale di buon andamento
della PA dovrebbe per indurre il legislatore a stabilire che gli Uffici diano sempre
conto nella motivazione dellaccertamento delle ragioni per cui non ritengono fondate le deduzioni difensive del contribuente.
La motivazione non deve essere confusa con la prova: la prima ha una funzione informativa/descrittiva, la seconda ha una funzione dimostrativa delle conclusioni cui giunto lufficio. La motivazione attiene propriamente alla fase procedimentale; la prova, invece, a quella processuale, in quanto serve per convincere il giudice
circa la fondatezza della rettifica. A differenza della motivazione, la prova pu essere
fornita o comunque integrata in sede processuale. Si pensi al caso di un accertamento
bancario: lUfficio deve motivare latto di accertamento in relazione allo scostamento
tra le movimentazioni bancarie e quanto risulta nella contabilit (e nella dichiarazione) del contribuente, ma non necessario allegare allatto le copie degli estratti conto,
o della documentazione comprovante leffettuazione di operazioni non giustificate
dal contribuente in sede di contraddittorio. Queste possono essere esibite nel corso
del processo.
Pur involgendo propriamente la fase processuale, per, tutti gli elementi probatori devono essere raccolti dallUfficio nel corso del procedimento istruttorio, ed
esibiti nella fase processuale, essendo inammissibile lo svolgimento di una attivit
istruttoria dopo la notifica dellavviso di accertamento, quando peraltro sono decaduti i termini per laccertamento.
2. La notificazione degli avvisi di accertamento.
La notifica lo strumento che assicura la conoscenza legale dellatto, che in
casi limite pu anche prescindere dalla effettiva conoscenza. Si parla quindi di conoscenza legale, in quanto ci che importa che il destinatario abbia ricevuto latto secondo le modalit previste dalla legge. Non si dato rilievo alla conoscenza effettiva,
cio realizzata al di fuori di un formale procedimento di notifica, per le obbiettive difficolt di dimostrarla. Lo Statuto dei diritti del contribuente, pur affermando che il
Fisco deve assicurare leffettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui
destinati, si limita a stabilire un obbligo di comunicazione nel luogo di effettivo
domicilio, desumibile dalle informazioni in possesso dellAmministrazione finanziaria. Si tratta, comunque, di una conoscenza legale.
La notifica rappresenta un momento estremamente importante perch, da un
lato, gli avvisi di accertamento, per produrre effetti giuridici, devono essere portati a
conoscenza dei contribuenti e, dallaltro, perch esigenze di certezza impongono che
lattivit di accertamento debba essere espletata entro precisi termini di decadenza,
decorsi i quali latto annullabile.
LUfficio impositore procede alla notifica di tali atti o in mani proprie o presso il domicilio fiscale del contribuente, anche a persone che siano a lui legate da un
particolare rapporto. Per le persone fisiche residenti, il domicilio fiscale fissato nel
comune nella cui anagrafe sono iscritte, mentre per quelle non residenti nel comune
in cui si prodotto il reddito. Le societ e gli altri soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune ove ubicata la sede legale o, in mancanza,
la sede amministrativa. Al fine di facilitare lonere dellAmministrazione di individuare il luogo ove svolgere le notifiche previsto che in tutti gli atti indirizzati al Fisco il
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contribuente deve indicare il comune ove ubicato il domicilio fiscale del soggetto,
specificando anche lindirizzo.
Va notato, per, che la giurisprudenza considera valide anche le notifiche effettuate in luoghi, diversi dal domicilio fiscale, dove il contribuente abbia la sede effettiva (Cass. n. 15221/2012) e per le societ anche se eseguite presso il domicilio del
legale rappresentante e non in quello della societ (Cass. n. 4955/2012).
Nel caso di cancellazione della societ dal registro delle imprese si sono posti
problemi circa la notifica degli atti di accertamento. Bisogna considerare che, con la
riforma del diritto societario, la cancellazione della societ dal registro delle imprese
(art. 2945 C.c.) ha assunto efficacia costitutiva e quindi determina la sua estinzione
anche se vi siano ancora debiti sociali insoddisfatti (Cass. n. 4062/2010). Lestinzione
si verifica anche se la cancellazione avviene in pendenza di un giudizio tributario
(Cass. n. 7679/2012). In questa prospettiva, gli atti impositivi avrebbero dovuto notificarsi direttamente ai soci, i quali rispondono per i debiti tributari della societ fino a
concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Con lart.
28, 4 comma, del D. Lgs. n. 175/2014, si , invece, stabilito che, ai soli fini fiscali, la
societ cancellata resta in vita per un periodo di cinque anni dalla cancellazione, facendo s che il Fisco possa notificare ai liquidatori gli atti impositivi (lirretroattivit di
tale modifica normativa sostenuta da Cass. n. 6743/2015, sul presupposto che si
tratti di una norma sostanziale, attinente alla capacit della societ, e non procedurale,
riguardante i termini di accertamento). Resta, per, il problema di come riscuotere i
tributi dovuti dalle societ in questione: non essendo civilisticamente esistente, manca
un patrimonio sociale da aggredire. La riscossione dovrebbe, di conseguenza, essere
esperita nei confronti dei soci, nei limiti delle somme incamerate in base al bilancio di
liquidazione. Se il mancato pagamento del tributo dipeso da colpa dei liquidatori,
lUfficio deve notificare latto a questi ultimi, i quali sono responsabili ai sensi dellart.
36, d.p.r. n. 602/73.
La notificazione degli avvisi di accertamento viene eseguita secondo le regole
stabilite nel codice di procedura civile, salvo alcune peculiarit stabilite nellart. 60,
d.p.r. n. 600/73. I messi comunali o i messi speciali autorizzati dagli Uffici finanziari
devono far sottoscrivere latto al destinatario. Tali soggetti non sono in una posizione
di terziet rispetto allente impositore, quindi eventuali errori commessi
nellindicazione dei destinatari degli atti sono da imputarsi allente impositore: la notifica non pu essere rinnovata se sono decorsi i termini di decadenza (in senso contrario Cass. n. 4517/2013).
Se il destinatario irreperibile, in quanto non presente nel suo domicilio
(c.d. irreperibilit relativa), la notifica pu essere fatta ai familiari conviventi; in mancanza pu essere effettuata al portiere dello stabile, previa indicazione nella relazione
dellufficiale giudiziario del mancato rinvenimento del destinatario e di soggetti preferenzialmente abilitati a ricevere latto (Cass. n. 4267/2014). Qualora il destinatario o
gli altri predetti soggetti si rifiutino di ricevere latto, la notifica avviene, ai sensi
dellart. 140 c.p.c., mediante deposito dellatto in busta sigillata presso il comune ove
ubicato il domicilio fiscale del soggetto ed affissione dellavviso di deposito nella
porta dellabitazione, dellUfficio o dellazienda. Occorre, altres, dare notizia al destinatario dellavvenuto deposito dellatto presso la casa comunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento. La notifica si considera avvenuta per il destinatario
nel momento in cui ritira latto, ovvero per compiuta giacenza decorsi dieci giorni
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dallinvio della raccomandata (Corte Cost., sent. n. 3/2010). Tale regola applicabile
anche alla notifiche di altri atti impositivi, quali le cartelle di pagamento (Corte Cost.
n. 63/2011 e n. 258/2012).
Nel caso in cui il destinatario sia irreperibile nel luogo indicato quale domicilio fiscale, in quanto non si rinvenga labitazione o la sede dellimpresa ed il contribuente si sia trasferito in luogo sconosciuto (c.d. irreperibilit assoluta), la notifica
avviene parimenti mediante deposito dellatto presso il Comune. La comunicazione
del deposito dellatto, non potendo essere inviata a mezzo raccomandata, viene affissa nellalbo comunale e la notificazione si considera perfezionata decorsi otto giorni
dalla affissione; da tale data decorre il termine di sessanta giorni per impugnare latto
(cfr. art. 60, 1 comma, lettera e), d.p.r. n. 600/73; Cass. n. 6102/2011).
Le modalit attraverso cui viene notificato latto (mani proprie, consegna al
familiare convivente, deposito presso la casa comunale) vengono attestate dal messo
in una apposita relazione (o relata) di notifica che viene apposta in seno allatto.
Al fine di agevolare ladempimento in questione, prevista, altres, la possibilit di notifica degli atti di accertamento con lutilizzo del servizio postale, ai sensi
dellart. 14, legge n. 890/82. In tal caso, il messo notificatore deve indicare lUfficio
postale al quale ha consegnato latto e il numero e la data della raccomandata con ricevuta di ritorno; la relata di notifica costituita dallavviso di ricevimento datato e
sottoscritto dal ricevente e dellufficiale postale che ha eseguito la notifica (Cass.
2288/2011). La giurisprudenza esclude la possibilit di notifica mediante agenzie postali private, in quanto non pu riconoscersi fede privilegiata alle attestazioni
dellincaricato di un servizio postale privato (Cass. n. 3932/2011; Cass. n.
2035/2014).
Posto che, come gi detto, la notifica dellatto un momento che rileva sia ai
fini della decadenza del potere di accertamento dellUfficio e sia ai fini
dellammissibilit del ricorso del contribuente, la giurisprudenza (Corte Cost. n.
477/2002) ha affermato la regola della doppia decorrenza dei termini di notifica, o
scissione del momento di perfezionamento della notifica, nel senso che per
lUfficio vale la data in cui viene latto consegnato al messo notificatore o allUfficio
postale, mentre per il contribuente vale la data di ricezione.
Un avviso di accertamento irregolarmente notificato non idoneo a produrre
effetti e pertanto dovrebbe essere annullato dal giudice tributario. Si , tuttavia, consolidato un indirizzo giurisprudenziale (da ultimo Cass. n. 4760/2009) secondo cui la
presentazione del ricorso da parte del contribuente sana i vizi di notifica dellatto, in
applicazione dellart. 156 del c.p.c. (che prevede la sanatoria dei vizi degli atti processuali per raggiungimento dello scopo). La presentazione del ricorso da parte del
contribuente attesterebbe che la notifica seppur irregolare abbia raggiunto il suo scopo, cio che il contribuente sia venuto a conoscenza dellatto. Questo orientamento
certamente discutibile, in quanto, estendendo una regola fissata per gli atti processuali, ad un atto amministrativo provvedimentale, qual lavviso di accertamento, si disconosce il fatto che per questi ultimi la notificazione parte integrante dellesercizio
della funzione impositiva e quindi parte essenziale dellatto medesimo e condizione di
validit ed esistenza. Se la notifica degli atti tributari di accertamento non meramente preordinata alla insaturazione del contraddittorio, come per gli atti processuali, il
vizio del procedimento di notifica non potrebbe essere in alcun modo sanato dal ricorso del contribuente.
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Ma la citata giurisprudenza ritiene che la notificazione non sia elemento costitutivo dellatto di accertamento e non contribuisca, perci, alla sua perfezione. Ci
sarebbe riconosciuto implicitamente, ma chiaramente, dallart. 19, 3 comma, d.lgs. n.
546/92, secondo il quale La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente allatto notificato, ne consente limpugnazione unitamente a questultimo. Pertanto, la mancanza o lirregolarit della notificazione di un
atto di accertamento non influisce sulla sua esistenza.
Allo stato, quindi, il contribuente, di fronte ad un atto irregolarmente notificato, di cui ne venuto comunque a conoscenza, se presenta il ricorso sana il vizio di
notifica; se non si oppone, invece, rischia di far diventare definitiva la pretesa del Fisco. possibile prospettare, per, una ulteriore soluzione: quella di non impugnare
latto di accertamento, attendere la notifica di un consequenziale atto dellAgente della riscossione ed impugnarlo affermando la sua illegittimit per mancata notifica
dellatto presupposto (lavviso di accertamento), senza sollevare questioni che attengono al merito della pretesa (Cass. n. 16412/2007 e n. 12223/2010).
3. La decadenza dellazione impositiva tra termini ordinari e raddoppiati. Il
consolidamento delleventuale situazione creditoria risultante dalla dichiarazione.
Passiamo ora ad esaminare le problematiche connesse ai termini di notifica
degli atti di accertamento.
Per esigenza di certezza e stabilit del rapporto tra Fisco e contribuente, ed
evitare che questultimo sia esposto senza alcun limite temporale allazione accertatrice dellUfficio, gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il termine di
decadenza del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della
dichiarazione (nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione
nulla gli anni sono elevati a cinque).
Nel caso di presentazione di una dichiarazione integrativa il termine di decadenza si sposta in avanti rispetto alla presentazione della dichiarazione originaria solo
per quegli elementi oggetto di integrazione (art. 1, comma 640, L. n. 190/2014).
La decadenza del potere impositivo un aspetto che va tenuto ben distinto
dalla prescrizione del credito tributario, la quale, in mancanza di una espressa previsione nella legge tributaria, si verifica con il decorso del termine ordinario decennale
stabilito dallart. 2946 del Codice civile dalla notifica della cartella di pagamento o
dellatto di accertamento esecutivo. Per le sanzioni la prescrizione quinquennale,
come dispone lart. 20, 3 comma, D. Lgs n. 472/97. Per alcuni tributi locali minori,
quali la Tassa rifiuti o il canone per occupazione di suolo pubblico, la giurisprudenza
(Cass. n. 4283/10) ritiene applicabile la prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4,
c.c., sul presupposto della loro assimilazione ai corrispettivi di servizi da pagarsi periodicamente.
Con lo spirare del termine di decadenza non si estingue il potere impositivo,
ma diventa illegittimo il suo esercizio. Pertanto, latto notificato fuori termine non
un atto emesso in carenza di potere, e quindi inesistente, ma un atto annullabile.
Ci vuol dire che esso deve essere impugnato dal contribuente, altrimenti latto produce effetti. Secondo costante giurisprudenza, lintervenuta decadenza del potere di
accertamento non rilevabile dufficio, ma una eccezione in senso proprio, in
quanto non concerne diritti indisponibili, ma incide unicamente sul diritto del contri-
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buente di non vedere esposto il proprio patrimonio alle pretese fiscali senza limiti di
tempo. Pertanto, il decorso del termine di decadenza deve essere dedotto dal contribuente, tra i motivi di ricorso, nel primo grado di giudizio (Cass. n. 171/2015).
Per esigenze di certezza del rapporto tributario, lo Statuto del contribuente
(art. 3, L. n. 212/2000) prevede che il termine di decadenza non pu essere soggetto
a proroghe. Tuttavia, il legislatore, in pi occasioni, ha disposto proroghe di tale termine (da ultimo in seguito allapprovazione del condono fiscale del 2002) che sono
state ritenute legittime dalla Corte costituzionale (sent. n. 356/08) sul presupposto
che esse mirano a compensare laggravio di lavoro degli Uffici connessi ad esigenze
straordinarie, non ledono il diritto di difesa del contribuente e non lo lasciano esposto per un tempo indefinito allazione di accertamento.
Devono essere escluse, senza alcuna eccezione, le ipotesi di riapertura dei
termini, cio quando siano gi spirati i termini di decadenza, in quanto esse violano
apertamente il principio di principio di buona fede ed affidamento del contribuente.
Qualora il contribuente abbia commesso violazioni che comportano lobbligo
di denuncia penale, i termini predetti sono raddoppiati relativamente al periodo
dimposta in cui stata posta in essere la violazione. Il raddoppio non opera qualora
la denuncia dellAmministrazione finanziaria sia presentata oltre la scadenza dei termini di decadenza.
La ratio di tale disposizione quella di consentire allUfficio di utilizzare le risultanze dellistruttoria del processo penale (negli ultimi anni il numero delle denunce
allAutorit giudiziaria di reati tributari aumentato in modo esponenziale, anche in
relazione allabbassamento delle soglie di evasione fiscale che determinano la punibilit penale, fissate nel D. Lgs. n. 74/2000). Va, per, evidenziato che la norma non
condiziona il raddoppio dei termini allesito del processo penale, n limita lattivit di
accertamento allutilizzo di elementi rinvenuti nel corso delle indagini penali, creando
dubbi di irragionevolezza. La Corte costituzionale (sent. n. 247/2011) ha affermato la
sua non irragionevolezza, in quanto il raddoppio ancorato ad un dato obbiettivo, qual la sussistenza del fatto in relazione al quale sorge lobbligo di denuncia
allautorit giudiziaria, essendo cos esclusa una valutazione discrezionale da parte degli Uffici impositori.
Il contribuente pu, comunque, eccepire dinnanzi al giudice tributario che i
fatti contestati dallUfficio in sede di accertamento - che devono essere specificamente indicati nellatto impositivo - non determinano lobbligo di denuncia penale, e
quindi non vi siano i presupposti per il raddoppio dei termini. Ove il giudice di merito appuri linsussistenza dellobbligo di denuncia deve annullare latto di accertamento per essere stato notificato oltre i termini ordinari.
Unulteriore ipotesi di raddoppio dei termini di decadenza, introdotta di recente, riguarda laccertamento di redditi connessi a investimenti e attivit finanziarie
detenuti in Stati esteri aventi un regime fiscale privilegiato (c.d. paradisi fiscali). Tali
investimenti, qualora non indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi (in
ossequio alla normativa sul c.d. monitoraggio fiscale), si considerano per presunzione
(relativa) formati con redditi frutto di evasione fiscale; peraltro, le sanzioni tributarie
irrogabili in relazione ai maggiori redditi accertati sono raddoppiate (art. 12, d.l. n.
78/2009). Appare evidente che il raddoppio dei termini per laccertamento finalizzato al contrasto allevasione fiscale internazionale ed in particolare allutilizzo indebito dei paradisi fiscali.
264
Va menzionato, altres, il raddoppio dei termini per lesercizio dellazione finalizzata al disconoscimento di crediti di imposta indebitamente compensati direttamente nel modello di pagamento delle imposte (mod. F 24).
Decorsi i predetti termini lazione di accertamento dellUfficio decade;
lobbligazione tributaria si definisce nella misura indicata dal contribuente nella dichiarazione, anche qualora essa evidenzi una imposta a credito, che stata chiesta a
rimborso o riportata allanno successivo.
Il rispetto del termine di decadenza non pu essere eluso dallUfficio fiscale
in relazione alla periodicit del tributo ed alla possibilit di riportare in avanti i crediti dimposta. Accade, infatti, spesso che gli Uffici impositori, accertando un periodo
di imposta ancora non definito, disconoscano crediti formatisi in periodi di imposta
pregressi per i quali sono gi maturati i termini di decadenza. Ma si tratta di un comportamento contrario al principio di collaborazione e buona fede, nonch al principio
di certezza e stabilit dei rapporti giuridici, cristallizzato nella previsione del termine
di decadenza per lesercizio dellazione di accertamento. I crediti (e la stessa regola
vale per le perdite riportate in avanti) dichiarati dal contribuente, relativi a periodi
ormai definiti, non possono pi essere oggetto di contestazione, n da parte
dellAmministrazione, n in sede giudiziale, anche se vengono riportati in avanti, influendo sulla determinazione del tributo da versare relativo ad un periodo di imposta
ancora non definito (Cass. n. 17697/2010; n. 9339/2012). Laccertamento un fenomeno unitario soggetto alle medesime regole, sia quando esso abbia ad oggetto la
rettifica del reddito imponibile, sia quando abbia ad oggetto la verifica dei crediti
esposti in dichiarazione.
Analoghe considerazioni devono essere fatte con riguardo ai crediti esposti in
dichiarazione richiesti a rimborso.
Vi per un orientamento opposto secondo cui il Fisco potrebbe controllare
i crediti esposti in dichiarazione entro il termine di prescrizione decennale (Cass. n.
11444/2011), in quanto, in assenza di una pretesa tributaria, il provvedimento di diniego di rimborso non ha la natura di atto di accertamento e non quindi soggetto al
termine di decadenza.
Assunta lesistenza di un contrasto interpretativo, lordinanza n. 23529/2014
della sezione tributaria della Cassazione ha chiesto lintervento delle Sezioni unite,
che non si sono sino ad oggi pronunciate.
LUfficio pu contestare la spettanza dei crediti esposti in dichiarazione, dimostrando lesistenza di fatti impeditivi, estintivi o modificativi. Nel caso di crediti
esposti in una dichiarazione integrativa, i termini per il controllo sono collegati alla
presentazione di tale dichiarazione e non di quella originaria.
Lonere della prova da parte del contribuente circa lesistenza del credito viene assolto gi allatto della presentazione della dichiarazione; qualora sorga una contestazione giudiziale la prova pu essere ulteriormente integrata nella fase processuale, ai fini del convincimento del giudice.
Pu accadere che lUfficio eroghi solo una parte del credito chiesto a rimborso. In tali casi la giurisprudenza ha discutibilmente ritenuto che si configura un provvedimento implicito di diniego, con conseguente necessit per il contribuente di impugnare detto provvedimento implicito entro 60 gg. dal pagamento parziale (Cass. n.
4587/2010). In simili situazioni, a nostro avviso, il contribuente pu impugnare il si-
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lenzio rifiuto del Fisco per la parte residua entro i termini di prescrizione decennali,
che decorrono dalla presentazione della dichiarazione.
I crediti esposti in dichiarazione chiesti a rimborso, e non contestati dal Fisco,
si consolidano e devono essere rimborsati, senza alcuna ulteriore istanza del contribuente, entro i termini di prescrizione decennale che decorrono dal riconoscimento
espresso del credito stesso da parte dellUfficio in sede di liquidazione ex art. 36 bis
(c.d. comunicazione di regolarit). Lintervenuta decadenza del potere di rettifica del
credito si configura quale riconoscimento implicito del credito, e da tale data decorre il termine di prescrizione decennale (Cass. n. 26318/2010 e n. 18898/2011).
Secondo una differente corrente di pensiero il termine di prescrizione decorre dalla
presentazione della dichiarazione, in quanto da tale data che il credo diviene esigibile, come dimostra il fatto che tale credito pu essere immediatamente utilizzato in
compensazione.
Qualora il rimborso venga chiesto non in dichiarazione ma con apposita
istanza (art. 38, d.p.r. n. 602/73), da presentarsi entro il termine di quarantotto mesi
dal versamento, il contribuente dovr dimostrare la sussistenza del diritto di credito,
allegando allistanza ogni documentazione idonea a provare i fatti costitutivi. In caso
di diniego espresso di rimborso, ovvero a fronte del silenzio dellUfficio protratto per
pi di novanta giorni, si attiver una lite giudiziale ove il giudice dovr verificare il
corretto assolvimento dellonere probatorio da parte del contribuente, pena il rigetto
della domanda di riconoscimento del diritto al rimborso.
4. La riscossione di tributi e sanzioni risultanti dagli avvisi di accertamento.
Riscossione definitiva e provvisoria.
Dobbiamo a questo punto occuparci della riscossione dei tributi con interessi
e sanzioni risultanti dagli atti di accertamento, che stata oggetto di una rilevante
modifica apportata con il d.l. n. 78/2010.
Prima della citata novella, la produzione dei suoi presupponeva, oltre la notifica al contribuente, lespletamento di una ulteriore attivit che consisteva nella iscrizione a ruolo delle somme risultanti dallatto e la consegna del ruolo (che rappresentava il titolo esecutivo) allAgente della riscossione, il quale notificava al contribuente la cartella di pagamento, con cui si portava a conoscenza il ruolo
dellUfficio impositore. Entro sessanta giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, il debitore doveva provvedere allestinzione del debito, pena lavvio della procedura di esecuzione forzata.
Con le modifiche apportate dal d.l. n. 78/2010, al fine di rendere pi efficace
lazione impositiva, e velocizzare i processi di riscossione, si stabilito che, in deroga
al procedimento sopra descritto, lavviso di accertamento nellambito delle imposte
sui redditi, dellIva e dellIrap un atto che riveste la funzione, oltre che di determinazione dellimponibile, anche di titolo esecutivo; esso quindi deve contenere
lintimazione ad adempiere alla prestazione entro il termine di presentazione del riscorso (60 gg., salvo cause di sospensione previste dalla legge). Decorsi trenta giorni
da detto termine, la riscossione delle somme affidata (mediante procedura telematica) agli Agenti della riscossione, i quali possono procedere con lespropriazione forzata, previa comunicazione della presa in carico del ruolo con raccomandata semplice
o posta elettronica. E, tuttavia, prevista una sospensione della attivit esecutiva per
ulteriori 180 giorni nei casi di accertamenti impugnati davanti alle Commissioni tribu-
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tarie; tale sospensione non opera quindi per gli accertamenti definitivi per mancata
impugnazione o a seguito di giudicato.
La disciplina derogatoria introdotta di recente consente una pi agevole riscossione dei tributi accertati, in quanto lUfficio si limita ad affidare allAgente della riscossione gli atti di accertamento (senza effettuare liscrizione a ruolo) e
questultimo procede automaticamente con lespropriazione forzata (senza la previa
notifica della cartella di pagamento).
peraltro previsto che, con un apposito regolamento, verr generalizzata per
tutti i tributi la disciplina sullaccertamento esecutivo, facendo s che scompaia
liscrizione a ruolo e la cartella di pagamento e lAgente della riscossione si dedichi
essenzialmente alle procedure di espropriazione forzata.
In definitiva, lavviso di accertamento ormai un provvedimento dotato di
esecutoriet (art. 21 ter, L. n. 241/90), nel senso che espressione del potere di realizzare gli effetti giuridici prodotti dallatto, contro la volont del contribuente, mediante limpiego della forza, senza una necessaria mediazione giurisdizionale.
Ci detto evidenziamo che al fine di acquisire in modo rapido le somme accertate dagli Uffici, previsto che il contribuente possa versare il tributo dovuto entro 60 g. dalla notifica, beneficiando di una riduzione delle sanzioni pari ad un terzo
rispetto a quelle irrogate (c.d. acquiescenza allaccertamento).
Si rammenta, al proposito, che di recente stata prevista con gli art. 28 quater
e 28 quinques, d.p.r. n. 602/73, e il d.m. 14 gennaio 2014 la possibilit per imprese e
professionisti di versare i tributi dovuti sulla base di avvisi di accertamento o di cartelle di pagamento mediante la compensazione con crediti vantati nei confronti della
Pubblica amministrazione, che siano certi liquidi ed esigibili ( prevista una procedura
elettronica di certificazione dei crediti compensabili). Tale compensazione, che si aggiunge a quella verticale e orizzontale, dovrebbe essere riconosciuta per qualsiasi
tipologia di versamento.
La mancata impugnazione dellatto di accertamento (entro 60 giorni dalla notifica), come gi detto, determina la sua incontestabilit. Le somme ivi indicate vengono quindi riscosse dal Fisco in via definitiva. In mancanza di versamento spontaneo del contribuente, Equitalia deve iniziare la riscossione coattiva entro i termini ordinari di prescrizione del credito (in precedenza lavvio della espropriazione forzata
era soggetta al termine di decadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a
quello in cui era divenuto definitivo laccertamento).
Leventuale impugnazione dellavviso di accertamento dinnanzi le Commissioni tributarie non sospende integralmente la riscossione delle maggiori imposte e
delle sanzioni accertate. E prevista, infatti, una riscossione provvisoria dellimposta
e delle sanzioni pari ad 1/3 degli importi risultanti dallatto, e ci per ridimensionare
le conseguenze negative per lErario connesse a impugnazioni con mera finalit dilatoria del pagamento. Se laccertamento viene impugnato solo in merito ad alcune
parti, per quelle non contestate (ormai definitive) lUfficio pu procedere immediatamente con la riscossione, ma si tratta di una riscossione provvisoria, quindi, non
soggetta a termini di decadenza (art. 5, comma 8, Dl. n. 90/1990). E sempre consentito, quindi, riscuotere le imposte relative alle parti non contestate dopo la sentenza
definitiva sulle parti oggetto di contestazione.
In buona sostanza, il contribuente che riceve la notifica di un avviso di accertamento e proponga ricorso al giudice tributario, deve versare provvisoriamente al
267
Fisco un terzo delle somme richieste con latto impositivo; fermo restando che una
eventuale pronuncia favorevole al contribuente determina lobbligo per lUfficio di
restituire le somme incamerate in via provvisoria.
E sostenibile che la riscossione provvisoria di una parte dei tributi risultanti
dagli avvisi di accertamento sia un istituto ormai obsoleto. Esso si giustificava in un
periodo ormai lontano, quando i tributi riscossi tramite intervento dellUfficio avevano una elevata consistenza, essendo allepoca marginale il fenomeno
dellautoliquidazione. Se oggi il gettito derivante dallattivit degli Uffici ammonta a
circa 20 miliardi di euro (contro i 400 mld acquisiti con versamenti spontanei dei
contribuenti) e meno della met degli accertamenti vengono impugnati dai contribuenti, il danno finanziario per lErario dal mancato introito delle somme riscosse
provvisoriamente quasi irrisorio. Si potrebbe stabilire, quindi, che gli accertamenti
impugnati vengono riscossi solo dopo la sentenza tributaria definitiva favorevole al
Fisco, evitando cos peraltro di intralciare lattivit delle Commissioni tributarie con
lesame delle istanze di sospensione cautelare delle somme dovute in relazione agli
atti impugnati (su questo punto si rinvia al capitolo sul processo tributario).
Qualora viene instaurata la fase processuale, la riscossione delle somme avviene in caso di sentenza anche non definitiva favorevole in tutto o in parte al Fisco.
In particolare prevista la riscossione frazionata di due terzi dopo la sentenza di primo grado e la residua somma dopo la sentenza di secondo grado. La riscossione
preceduta da una intimazione di pagamento da notificare entro il secondo anno dalla
data in cui la sentenza divenuta definitiva. Il titolo per la riscossione non rappresentato dallatto amministrativo, ma dalla sentenza la quale riveste funzione sostitutiva; latto di intimazione ad adempiere deve quindi riferirsi alla sentenza e non allatto
(Cass. n. 24092/2014).
Si rammenta, infine, che, con riguardo ai contributi previdenziali dovuti da artigiani e commercianti in relazione ai maggiori redditi accertati dallAgenzia delle entrate con lavviso di accertamento, pu applicarsi la previsione contenuta nellart. 24
del d.lgs. n. 46/99 per cui i contributi previdenziali sono riscossi dallInps solo in
presenza di provvedimento esecutivo del giudice (Cass. n. 8379/2014). LInps quindi
deve attendere la pronuncia definitiva del giudice tributario sulla legittimit
dellaccertamento del maggior reddito, prima di avviare la procedura di riscossione
del credito previdenziale.
5. Laccertamento con adesione.
Nellambito del procedimento di accertamento tributario un momento di
grande rilevanza assume laccertamento con adesione. una procedura, prevista per
le principali imposte del sistema tributario, che consente definire in via amministrativa lattuazione del tributo, previa accettazione della proposta dellUfficio circa il maggiore imponibile (e le conseguenti maggiori imposte) accertato rispetto a quello esposto in dichiarazione.
Lintroduzione dellistituto dellaccertamento con adesione (disciplinato dal
d.lgs. n. 218/1997) avvenuta negli anni Novanta e rappresenta indubbiamente un
punto di svolta nellambito dellattuazione della norma tributaria. Esso, infatti, testimonia il passaggio da una concezione meramente autoritativa del potere impositivo,
espressione della posizione di sovranit dellAmministrazione finanziaria, ad una
concezione di tipo consensuale, ove il contribuente partecipa attivamente allesercizio
268
della funzione impositiva. Lattuazione della norma tributaria avviene non pi esclusivamente in modo unilaterale, ma anche attraverso la partecipazione del contribuente.
Il funzionamento dellistituto presuppone che lUfficio attivi un contraddittorio col contribuente in esito al quale giungere ad una motivata adesione. Il contraddittorio, istituto tipico del processo, viene quindi anticipato alla fase dellaccertamento,
al fine di un pi efficiente ed equilibrato svolgimento dellazione impositiva.
Il favor per lutilizzo di modelli consensuali in seno allaccertamento tributario
segue la linea di tendenza presente nella pi recente concezione dellattivit amministrativa della P.A. in generale, ove si utilizza lespressione amministrazione per consenso. Limparzialit e il buon andamento dellazione amministrativa (art. 97 Cost.),
nonch la sua efficacia, efficienza e ragionevolezza (L. n. 241/90), non implica necessariamente lo sviluppo unilaterale della funzione; la Pubblica amministrazione, in certi casi, pu agire per il perseguimento dellinteresse pubblico in un rapporto di leale
collaborazione e reciproco affidamento con il cittadino, abbandonando quindi il modello unilaterale in favore di quello consensuale.
Lintroduzione di momenti consensuali nellattivit impositiva, tuttavia, risponde non solo ad esigenze di adeguamento del sistema alle nuova concezione del
rapporto amministrazione-amministrati, ma anche a specifiche esigenze di anticipare
lacquisizione del tributo. Ed infatti, qualora il contribuente aderisca alla proposta di
accertamento dellUfficio, deve provvedere al versamento integrale o dilazionato delle somme richieste entro venti giorni dalla sottoscrizione dellatto di adesione.
Va poi considerato che, nella prospettiva dellUfficio, ottenere una adesione
del contribuente su un proposta di accertamento consente di superare le incertezze
dellesito di un eventuale processo tributario, dovute al fatto che molto spesso
lAmministrazione dispone di prove deboli, poco convincenti, della realizzazione dei
fatti economici rilevanti ai fini del tributo.
Laccertamento con adesione ha una larghissima applicazione nellambito delle procedure di rettifica della dichiarazione basate su criteri presuntivi, quali
laccertamento induttivo, laccertamento con studi di settore e il redditometro; se sussistono, invece, riscontri probatori certi dellevasione fiscale listituto in questione
non trova applicazione, in quanto la proposta di accertamento con adesione non sarebbe supportata da motivazioni apprezzabili.
Laccertamento con adesione non il frutto di una transazione in senso stretto, come testimonia il fatto che nulla pu disporsi in merito alle aliquote dimposta da
applicare (che restano sempre quelle fissate dalla legge), ma si riconduce sempre
allesercizio di una attivit amministrativa del Fisco sia pur supportata dalla collaborazione del contribuente. In questa misura, la procedura di adesione necessita sempre
di una compiuta illustrazione dei criteri seguiti dallUfficio per la formulazione della
proposta.
Bisogna ricordare che in materia tributaria vi un limite sostanziale allattivit
impositiva, rappresentato dallart. 53 Cost., e non pu configurarsi unazione conformata sul modello consensuale sino al punto da spingere gli Uffici a porre in essere
vere e proprie transazioni sui tributi accertati. La fattispecie impositiva quindi deve
essere determinata, sia pur col consenso del contribuente, nel rispetto del principio
della capacit contributiva. Linteresse alla pronta acquisizione del gettito non pu di-
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venire prevalente rispetto allinteresse fiscale della collettivit ad un equo riparto della
spesa pubblica e quindi conforme alla capacit contributiva.
Quanto alla posizione del contribuente, linteresse a prestare adesione alla
proposta dellufficio pu ricondursi anche al fatto che la legge prevede una riduzione
delle sanzioni pari ad un terzo del minimo previsto dalla legge. Risulta comunque
evidente che, se il contribuente dispone di prove certe in relazione alle quali dimostrare linesistenza dei fatti contestati dal Fisco, e queste non vengono tenute in debita considerazione in sede di contraddittorio procedimentale, viene meno linteresse
alladesione, essendo probabile un accoglimento del ricorso avverso latto impositivo
da parte dei giudici tributari.
Circa il procedimento per la definizione degli accertamenti, innanzitutto
previsto (art. 5, d.lgs. n. 218/97) che sia lUfficio ad invitare al contraddittorio il contribuente, inviandogli un invito a comparire nel quale sono indicati i periodi di imposta suscettibili di accertamento le maggiori imposte pretese e i motivi che danno luogo alla rettifica. Tale invito precede la notifica dellavviso di accertamento.
Qualora lUfficio non si attivi, il contribuente nei cui confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche, ovvero sia stato notificato lavviso
daccertamento (non preceduto dallinvito al contraddittorio) pu formulare, entro 60
giorni, istanza di accertamento con adesione, sollecitando quindi lattivazione del
contraddittorio. Entro 15 giorni dallistanza lUfficio invita il contribuente a comparire. La presentazione dellistanza di accertamento con adesione comporta la sospensione dei termini per limpugnazione dellatto per 90 giorni, periodo necessario per lo
sviluppo del contraddittorio e il perfezionamento delleventuale adesione.
Latto di accertamento con adesione, redatto in forma scritta, viene sottoscritto dal contribuente e dal capo dellufficio. La procedura si perfeziona con il versamento delle somme risultanti dallatto di adesione entro 20 giorni, o in caso di rateizzazione (sino a otto rate trimestrali, o sedici se limporto supera 50.000), col versamento della prima rata (il versamento pu avvenire anche mediante compensazione
con crediti vantati nei confronti della PA, come evidenziato in precedenza). In caso
di mancato perfezionamento delladesione, cio qualora il contribuente sottoscriva
latto ma non versi il tributo, lUfficio da corso alla procedura di accertamento nei
modi ordinari.
In caso di versamento dilazionato delle somme (ipotesi frequentissima), per
tutelare il credito erariale, previsto che il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima, entro il termine di pagamento di quella successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e liscrizione a ruolo dei residui importi dovuti,
nonch lapplicazione della ulteriore sanzione del 45% sul residuo importo dovuto a
titolo di imposta. E esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto al
tardivo versamento della prima rata non superiore a cinque giorni, insufficiente versamento della rata per una frazione non superiore al 3 per cento del dovuto e in ogni
caso entro limporto di . 10.000,
Il perfezionamento delladesione non esclude lesercizio dellulteriore azione
accertatrice qualora sopravviene la conoscenza di nuovi elementi in base ai quali
possibile accertare un maggior reddito superiore al 50% di quello definito, ovvero se
la definizione riguarda accertamenti parziali. La norma prevede, altres, che
laccertamento con adesione non soggetto a impugnazione.
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mente le tradizionali situazioni giuridiche che fanno capo ai soggetti del rapporto
amministrativo, cio la supremazia della PA e la soggezione del cittadino; situazioni
che si ricollegano al fatto che gli atti amministrativi sono tesi a tutelare un interesse
collettivo, mentre gli atti dei privati sono sempre tesi alla tutela di interessi personali
di natura privatistica. Secondariamente, nel diritto privato, nullit e annullabilit sono
strumenti che lordinamento utilizza per controllare il corretto esercizio
dellautonomia negoziale privata. Autonomia che invece non esiste nellambito della
attivit della Pubblica amministrazione, ove gli atti sono tipizzati ed in ogni caso
lazione deve sempre conformarsi alle regole predeterminate dalla legge. Essendo ridotta lautonomia della PA, minori sono le esigenze di controllo. Infine, va notato
che si sempre tutelato il principio della stabilit e conservazione degli atti amministrativi e della conseguente certezza del diritto; principio che subisce un ridimensionamento dalla previsione di ipotesi di nullit nel senso civilistico.
Nel 2005 il legislatore, su impulso della giurisprudenza amministrativa, intervenuto per disciplinare il regime delle patologie degli atti amministrativi, differenziando le ipotesi delle nullit da quelle dellannullabilit, uniformandosi in linea generale a quanto previsto nel diritto civile: la nullit impedisce allatto la produzione degli
effetti, sin dallorigine; lazione di nullit non soggetta a prescrizione e la nullit pu
essere rilevata dufficio dal giudice.
Lart. 21 septies L. n. 241/90 stabilisce la nullit nel caso di: a) mancanza degli
elementi essenziali dellatto; b) difetto assoluto di attribuzione della PA (c.d. incompetenza assoluta); c) violazione o elusione del giudicato. Si tratta di patologie estremamente gravi: con riguardo alla prima ipotesi, va detto che manca nella legge una
specificazione degli elementi essenziali, quindi compito dellinterprete individuare
gli elementi la cui mancanza causa la nullit dellatto; la seconda ipotesi riguarda il caso in cui la PA emana un atto amministrativo pur mancando una legge che gli attribuisca il potere di farlo (es. lAgenzia delle entrate revochi la patente di guida ad un
cittadino); lultima ipotesi concerne ladozione di un atto amministrativo che non si
attenga a quanto disposto da una sentenza definitiva del giudice.
Lart. 21 octies stabilisce che annullabile latto affetto da: a) violazione di legge (quando adottato in violazione di una norma procedimentale o sostanziale); b)
eccesso di potere (quando frutto di una errata valutazione discrezionale degli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento che porta alladozione dellatto finale); c) incompetenza (quando lorgano della PA non legittimato ad adottare il
provvedimento, perch la competenza per territorio, per grado o per materia - riservata ad altro organo del medesimo ramo della PA. Es. latto di accertamento
emesso da un ufficio dellAgenzia delle entrate non competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente). In questi ultimi casi latto, pur viziato, produce effetti
salvo che intervenga la sua rimozione da parte del giudice.
Alla luce delle modiche apportate alla legge generale sul procedimento amministrativo, i vizi degli atti amministrativi possono essere cos classificati:
A) inesistenza: categoria non disciplinata normativamente, ma che allude agli
atti viziati al punto che non possono ritenersi esistenti nel mondo giuridico (alcuni
autori criticano la distinzione tra inesistenza e nullit per la difficolt di individuarne
una precisa linea di confine);
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nati ad essere annullati dal giudice, in quanto infondati, cio privi di riscontro probatorio, salvo che le contestazioni siano supportate anche da altre prove ritualmente
acquisite. La tesi dellinutilizzabilit della prova rappresenta un percorso alternativo,
rispetto alla tesi dellillegittimit dellatto per violazione di legge, che porta in ogni caso al medesimo risultato.
Con riguardo alle violazioni delle disposizioni contenute nellart. 12 dello Statuto del contribuente, e degli artt. 52, d.p.r. n. 633/72, e 33, d.p.r. n. 600/73, che disciplinano le verifiche tributarie, la giurisprudenza di legittimit sembra prevalentemente orientata a qualificarle come mere irregolarit, che non inficiano, quindi, la validit della verifica e dellatto di accertamento che viene in seguito emanato. A titolo
esemplificato si cita Cass. n. 22135/2010 e Cass. 992/2015 che hanno ritenuto legittimo lavviso di accertamento nel caso di una verifica autorizzata per un determinato
periodo dimposta, ma che ha di fatto riguardato anche differenti annualit; Cass. n.
19338/2011 e Cass. 24690/2014 che hanno ritenuto legittimo lavviso di accertamento - ed utilizzabili le prove raccolte - nonostante la permanenza dei verificatori presso
la sede di svolgimento dellattivit abbia superato il limite di trenta giorni, in quanto
tale termine da ritenersi ordinatorio.
Precisiamo, infine, che, qualora le prove dellevasione fiscale vengano regolarmente acquisite dallUfficio, ma a monte vi siano violazione di norme non tributarie commesse da terzi soggetti (si pensi al noto caso c.d. lista Falciani, che conteneva i
nomi di circa 7 mila contribuenti italiani depositari di somme di denaro presso una
banca svizzera, trasmessa allAmministrazione fiscale italiana dalle autorit fiscali europee), la giurisprudenza ha affermato la loro piena utilizzabilit nel procedimento
tributario (Cass. n. 8605 e n. 8606/2015).
2. La tutela giurisdizionale differita avverso le autorizzazioni e gli altri atti endoprocedimentali previsti per lespletamento dellattivit conoscitiva.
Dobbiamo precisare a questo punto che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale avverso le autorizzazioni che si collocano allinterno del
procedimento istruttorio, non ammessa una tutela giurisdizionale immediata di
fronte alle Commissioni tributarie. La tutela del contribuente viene differita al momento dellimpugnazione dellatto di accertamento, contestandone la sua illegittimit
per i vizi attinenti alle autorizzazioni preventive allo svolgimento dellattivit istruttoria (Cass. n. 631/2012). Ad analoghe conclusioni si giunge con riguardo agli altri atti
endoprocedimentali, quali inviti a trasmettere documenti, a comparire presso gli Uffici, etc.
Laffermazione per cui il modello di tutela differita contro le autorizzazioni e
gli altri atti endoprocedimentali della fase istruttoria sia pienamente legittimo, in
quanto non lesivo di principi costituzionali stata oggetto di critiche dalla dottrina, in
quanto, a prescindere dalla previsione dellart. 7, 4 comma, L. n. 212/2000 (secondo
cui la natura tributaria dellatto non preclude il ricorso al giudice amministrativo allorquando ne ricorrano i presupposti), limpugnazione del provvedimento endoprocedimentale rappresenta unazione che risponde ad autonome e diverse esigenze di
tutela, rispetto a quelle per cui si ricorre avverso latto impositivo (ottenerne
lannullamento).
Nella fase istruttoria, in relazione agli atti endoprocedimentali, si possono, in
effetti, verificare violazioni non strettamente collegate con la richiesta del tributo (es.
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violazioni della libert individuali del contribuente garantite dalla costituzione, del segreto professionale, del diritto di riservatezza, etc.), per cui non si pu negare tout
court la tutela giurisdizionale. Bisogna poi considerare che non sempre lo svolgimento
della fase istruttoria determina lemanazione di un atto di accertamento, facendo
sfuggire latto istruttorio al sindacato del giudice tributario.
In definitiva, il differimento della tutela al momento di impugnazione dellatto
di accertamento determina, in particolare, un vuoto di tutela con riferimento ad una
eventuale lesione della sfera personale del contribuente, causata dallesercizio dei poteri istruttori fiscali; lesione che non pu essere riparata dalla impugnazione differita allatto impositivo, in quanto questa si limita alla tutela della sfera patrimoniale del
soggetto (esistenza o meno del debito tributario accertato).
Limpostazione della giurisprudenza solleva seri dubbi di legittimit costituzionale (art. 113 Cost.), salvo ritenere che le lesioni della sfera giuridica personale del
contribuente trovino tutela nellazione risarcitoria (ma anche tale tesi insoddisfacente perch lazione risarcitoria riguarda comunque un aspetto patrimoniale).
Sarebbe, pertanto, opportuno riconoscere forme di tutela immediata, cio
senza attendere la conclusione del procedimento istruttorio (conclusione della verifica) o di quello impositivo (notifica dellatto di accertamento), dinnanzi la giurisdizione amministrativa o quella ordinaria a seconda della tipologia di situazione giuridica lesa (diritto soggettivo o interesse legittimo). da escludersi la giurisdizione delle
Commissioni tributarie, stante lesistenza nel processo tributario, come diremo meglio avanti, di un sistema chiuso di atti impugnabili, che non compendia espressamente n le autorizzazioni in questione, n altri atti aventi analoga funzione.
Il riconoscimento dellopposizione immediata avverso latto istruttorio endoprocedimentale illegittimo sarebbe finalizzata alla pronta interruzione della condotta
del Fisco non conforme agli schemi legali.
Va, peraltro, evidenziato che, con specifico riguardo allautorizzazione
allaccesso domiciliare rilasciata dal Procuratore della Repubblica, la mancata previsione della sua immediata impugnabilit stata di recente ritenuta incompatibile dai
giudici europei con il principio del diritto del cittadino ad un equo processo di cui
allart. 6 della Convenzione europea dei diritti delluomo; in questa linea di pensiero,
il diritto allequo processo riguarda anche la fase dellacquisizione probatoria da parte
dellamministrazione, posto che la sua attivit istruttoria comporta la violazione di diritti fondamentali dellindividuo. La giurisprudenza europea (Corte europea dei diritti
delluomo, sent. n. 18497/2008, Ravon), pur essendosi pronunciata con riguardo alla
normativa francese, condiziona anche il diritto interno di tutti gli Stati membri
dellUE; non escluso, quindi, che si intervenga normativamente, prevedendo per
questa autorizzazione una immediata possibilit di impugnazione, colmando cos il
vuoto di tutela.
Precisiamo, infine, che le autorizzazioni e in generale tutti gli atti c.d. preparatori del procedimento (in particolare i pareri della Direzione regionale delle entrate)
non vengono allegati allatto amministrativo impositivo, quindi, il contribuente pu
prenderne visione solo esercitando il diritto di accesso agli atti del procedimento. Tale diritto deve ritenersi sussistente, nonostante lart. 22, L. n. 241/90, escluda il diritto
di accesso nei procedimenti tributari. Tale norma deve interpretarsi in modo costituzionalmente orientato, nel senso che la preclusione allaccesso agli atti del procedimento, fissata per tutelare le esigenze di segretezza dellindagine fiscale, sussiste fi-
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no al momento in cui lUfficio concluda il procedimento con la notifica dellatto impositivo (cfr. Cons. di Stato sent. n. 5144/2008). Daltra parte, ove venisse precluso
lesercizio del diritto di accesso, si finirebbe con lo svilire la tutela del contribuente in
sede giudiziale, in quanto egli non sarebbe in grado di ricostruire in modo compiuto
lo svolgimento dellattivit impositiva. Il processo, in questa prospettiva, verrebbe
meno alla sua funzione di controllo del corretto esplicarsi dellattivit amministrativa
tributaria. Laccesso agli atti pu involgere anche la documentazione attinente ad una
notizia di reato trasmessa dal Fisco allAutorit giudiziaria (Consiglio di Stato sent. n.
4769/2011), salvo che la Procura della Repubblica, alluopo consultata, ne vieti il rilascio per esigenze di riservatezza delle indagini penali.
3. Lautotutela.
Listituto dellautotutela tributaria, che ha le sue radici nel diritto amministrativo, pu essere esaminato in una in una duplice prospettiva: a) quale potere di emettere atti provvedimentali senza bisogno di rivolgersi al giudice per essere portati ad
esecuzione (esecutoriet dellatto o autotutela esecutiva, o di primo grado); b) quale
potere di riesaminare gli atti impositivi emanati nellesercizio della funzione, al fine di
verificarne la loro validit, anche in relazione a motivi sopravvenuti (c.d. autotutela
decisoria o di secondo grado, o ius poenitendi della PA).
Il potere di riesame produce effetti positivi, quando perviene ad un incremento della materia imponibile accertata (accertamento modificativo o integrativo, soggetto alle cautele di cui al 43, ultimo comma, d.p.r. n. 600/73); produce effetti negativi, quando ne comporta una decurtazione.
Lautotutela positiva rientra nella funzione impositiva, mentre quella negativa
ascrivibile alla funzione giustiziale. Il denominatore comune del potere di autotutela
del Fisco quello di farsi giustizia da s.
Soffermiamoci sullautotutela negativa tributaria. Sino agli anni Novanta
mancava una specifica normativa sul potere di ritiro degli atti impositivi, e quindi
listituto non aveva alcuna applicazione concreta.
I dubbi circa lesperibilit in via generale dellautotutela negativa in materia
tributaria sono stati superati con il regolamento degli Uffici e del personale dellAF
del 1992, ove allart. 68 si disciplinato il potere di ritirare gli atti in autotutela, qualora illegittimi. Perplessit sulla concreta esperibilit dellautotutela negativa persistevano, per, in relazione al fatto che detta disposizione era contenuta in un regolamento
e non in una legge, e che nulla si disponeva circa il procedimento da seguire, ed in
particolare quale fosse lorgano deputato e se si trattasse di obbligo o facolt. Peraltro, si riteneva che gli interessi dei terzi, cio linteresse al gettito, spingeva a favore
del mantenimento in vita degli atti impositivi illegittimi; la rinuncia
dellamministrazione a una posizione di vantaggio, sia pur acquisita illegittimamente,
non sembrava supportata da alcun interesse pubblico.
Tale posizione era certamente riduttiva e non rispecchiava limparzialit
dellazione e lesistenza del principio costituzionale contenuto nellart. 53, che condiziona sia le norme sostanziali, sia quelle procedurali, e che deve essere utilizzato come riferimento principale in sede di interpretazione. Probabilmente si recepiva
quellorientamento consolidato nel diritto amministrativo secondo cui per il ritiro
dellatto non sufficiente il mero ripristino della legalit, ma deve sussistere anche un
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le al Fisco, per motivi diversi da quelli esaminati nel processo. Questa una previsione conforme allo spirito dellistituto dellautotutela, perch se il contribuente non si
difende in modo adeguato, omettendo di indicare tutti i motivi di illegittimit dellatto
impositivo nel ricorso, ovvero presentando un ricorso dichiarato per qualsiasi motivo
inammissibile, lUfficio, che agisce con imparzialit, trasparenza e buon andamento,
non pu trarne vantaggio da questa circostanza. Valgono, quindi, le stesse ragioni che
inducono ad affermare la possibilit di annullare in autotutela un atto impositivo non
impugnato.
Assunta la piena operativit dellautotutela tributaria la dottrina si occupata
di risolvere il problema della natura del potere di riesame. In particolare ci si chiesti
se si tratta di una species del genus dellautotutela amministrativa, ovvero se sia un istituto autonomo, con le relative conseguenze in ordine alla natura del potere esercitato
ed alla posizione vantata da cittadino (ed annessa tutela).
In materia amministrativa, lautotutela sempre stata ritenuta espressione di
un potere di carattere discrezionale, anche qualora lattivit originaria sia vincolata. In
materia tributaria, invece, vi un contrasto di opinioni, che pu essere sinteticamente
ricondotto a due posizioni. Secondo la dottrina meno recente si tratterebbe di una
attivit discrezionale, al pari dellautotutela amministrativa, esercitabile sul presupposto che essa arrechi una utilit al perseguimento dellinteresse pubblico. La dottrina
pi recente ha qualificato lautotutela come una attivit vincolata, al pari dellattivit
impositiva. LAmministrazione sia nellattivit di primo grado, sia in quella di secondo grado deve perseguire lunico interesse che quello della corretta applicazione
della norma sostanziale in relazione alla sussistenza dei presupposti. LUfficio non
pu, quindi, mantenere in vita un atto dal quale derivi un concorso alle spese pubbliche difforme dalla capacit contributiva.
Il dibattito sulla natura giuridica non fine a se stesso; il differente inquadramento della natura giuridica dellautotutela produce effetti, oltre che sulla sua obbligatoriet (in conseguenza della natura vincolata) o facoltativit (in conseguenza della
natura facoltativa), anche sulla tutela giurisdizionale della posizione soggettiva del
contribuente.
La giurisprudenza della Cassazione, dopo aver affermato la natura discrezionale del potere, ha sostenuto limpugnabilit del diniego di autotutela sia espresso sia
tacito, evidenziando per che il giudice tributario non pu annullare (sostituendosi
allamministrazione) latto originario di cui il contribuente ha chiesto il ritiro, ma pu
solo controllare la legittimit o meno del diniego di autotutela.
Tale orientamento stato critica da parte della dottrina, anche per linutilit
dellintervento del giudice tributario qualora non possa annullare latto impositivo e
cos ripristinare la legalit. Vi per da considerare che il contribuente ha linteresse
ad impugnare il diniego di autotutela quando sono ormai decorsi i termini (60 giorni)
per impugnare latto impositivo, e quindi attraverso la successiva presentazione
dellistanza di autotutela e la conseguente impugnazione del diniego si arriverebbe ad
aggirare la norma che impone lobbligo di impugnare gli atti impositivi entro 60 giorni dalla loro notifica. In questultima prospettiva, potrebbe ritenersi corretto orientamento della giurisprudenza.
Non bisogna, tuttavia, trascurare che lAmministrazione deve agire secondo
parametri di correttezza e imparzialit, i quali dovrebbero condurre gli Uffici ad un
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serio riesame degli atti impositivi, soprattutto se il giudice ritiene non corretto il
comportamento dellUfficio in sede di attivit autotutela.
Il mancato riesame, o il riesame superficiale, di un atto palesemente illegittimo o infondato (anche secondo le previsioni del regolamento sullautotutela) rappresenta una violazione cos grave da ritenersi frutto di un comportamento contrario agli
elementari principi cui informata lattivit amministrativa, quali quelli di imparzialit, correttezza e buona amministrazione. Posto che il contribuente, ove latto non
venisse ritirato, sarebbe costretto a corrispondere tributi palesemente non dovuti (si
pensi allerrore di persona o alla duplicazione del versamento), egli pu agire giudizialmente per ottenere il risarcimento del danno subito. La prova della gravit della
violazione commessa e della illiceit della condotta, cio costituente violazione dei
citati principi fondamentali dellazione amministrativa, potrebbe essere data appunto
dalla sentenza della commissione tributaria.
Va precisato, infine, che qualora lUfficio, a seguito di un ripensamento, annulli latto di autotutela, da escludere la reviviscenza implicita dellatto di accertamento originario. Il Fisco deve procedere alla emissione e notifica (se ancora non sono maturati i termini di decadenza) di un nuovo atto di accertamento che riproduce il
contenuto di quello originariamente annullato, che pu essere oggetto di impugnazione da parte del contribuente (Cass. n. 22827/2013).
4. La sostituzione dellavviso di accertamento per leliminazione dei vizi formali.
Abbiamo in precedenza esaminato laccertamento integrativo e modificativo,
evidenziando che, in tali casi, lUfficio non rimedia ad errori o vizi dellatto precedente, ma incrementa il reddito accertato sulla base della sopravvenuta conoscenza di
nuovi elementi.
Va chiarita ora la possibilit per lUfficio di sostituire un atto di accertamento
che presenta alcuni vizi, con un altro atto depurato appunto delle irregolarit (c.d. accertamento sostitutivo). una ipotesi che per ovvi e comprensibili motivi accade di
frequente; non si pu pretendere, infatti, che lattivit degli Uffici pubblici sia immune da vizi.
I casi pi ricorrenti in cui si affrontato il problema della sostituzione riguardano atti mal motivati, privi dellindicazione dellaliquota dimposta specificamente
applicata, non sottoscritti, che presentano irregolarit nella notifica, etc.; insomma atti
viziati su aspetti che non involgono il quantum dovuto dal contribuente.
Nel caso dellaccertamento sostitutivo, in buona sostanza, lUfficio non incrementa limponibile accertato, ma depura latto dei vizi che esso presenta.
Orbene, la sostituzione degli atti deve essere ammessa in linea generale, in
quanto lUfficio non pu disporre liberamente della potest impositiva, ma deve accertare leffettiva capacit contributiva del soggetto da sottoporre a tassazione. Pertanto, qualora si accorga di un vizio formale dellatto gi notificato, deve procedere
con la sua sostituzione, per evitare che la pretesa tributaria venga vanificata da una
sentenza giudiziale di accoglimento del ricorso del contribuente, comportando cos
una impropria alterazione dei criteri di riparto della spesa pubblica. Il fondamento del
potere di sostituire latto pu, quindi, ricondursi allart. 53 Cost. ed al principio di autotutela della Pubblica amministrazione.
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I suddetti principi non possono per valere in modo assoluto e, in particolare, devono coordinarsi con quello della ragionevolezza ed economicit dellazione
amministrativa, della stabilit degli atti amministrativi e del diritto di difesa del contribuente.
In questa prospettiva, la giurisprudenza (Cass. n. 13891/2008) ha opportunamente stabilito i limiti allesercizio del potere di sostituzione degli atti impositivi. In
particolare si detto che laccertamento sostitutivo legittimo nella misura in cui: a)
latto sostitutivo venga notificato entro i termini ordinari di decadenza; b) con latto
sostitutivo non si incrementi il fatto imponibile accertato; c) si proceda con lespresso
annullamento dellatto originario; d) non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato che affermi nel merito lillegittimit dellatto originario.
Nella peculiare ipotesi in cui lUfficio sostituisca un atto, offrendo una nuova
motivazione, necessario che si giustifichino adeguatamente le ragioni per cui non si
tenuto conto dei nuovi motivi al momento dellemissione delloriginario avviso di
accertamento; solo qualora questi siano ragionevoli, pu ritenersi legittimo latto sostituito.
In definitiva, il potere di accertamento non si consuma con la notifica
dellatto di accertamento, ma lUfficio non pu arbitrariamente o abusivamente sostituire gli atti gi emessi che presentano dei vizi formali. A prescindere dalla violazione
dellart. 43, d.p.r. n. 600/73, e dellart. 2909 c.c. (se intervenuto un giudicato sfavorevole allUfficio), lutilizzo abusivo del potere impositivo sostitutivo contrario ai
doveri di imparzialit e buon andamento (art. 97 Cost.), ed ai principi di correttezza,
trasparenza, economicit e ragionevolezza dellazione amministrativa (L. n. 241/90).
Lart. 53 Cost. non pu, pertanto, giustificare in modo assoluto il sacrificio dei predetti valori, offrendo una copertura a comportamenti superficiali
dellAmministrazione finanziaria. in ogni caso da escludere la sostituzione degli atti
per vizi sostanziali, inclusi quelli attinenti alle differenti qualificazioni giuridiche dei
medesimi fatti (es. un componente reddituale prima viene ritenuto reddito dimpresa,
poi reddito da lavoro occasionale).
Si evidenzia, tuttavia, che la giurisprudenza ha di recente sostenuto (Cass. n.
4272/2010, ma in senso contrario Cass. n. 21719/2011) che il ritiro di un avviso di
accertamento e la sua sostituzione con un altro entro i termini di decadenza non necessariamente presuppone che latto impositivo presenti dei vizi, avendo
lAmministrazione, in ossequio al principio di imperativit dellazione impositiva, il
potere di sostituire un precedente atto apportando innovazioni che possono investire
tutti gli elementi strutturali (destinatari, oggetto, contenuto e motivazione). Si tratta di
una interpretazione forzata, che - tra laltro viola in modo palese il principio di collaborazione e buona fede e quello di stabilit degli atti amministrativi, nonch la previsione normativa in tema di accertamento integrativo e modificativo. LUfficio potrebbe, in buona sostanza, rimediare ad una erronea valutazione compiuta, notificando un nuovo atto con cui integrare in aumento la fattispecie imponibile, nonostante
manchi la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (art. 43, ultimo comma), ma
facendo leva semplicemente sul ritiro in autotutela del primo atto impositivo, la cui
conseguenza sarebbe quella di attribuire in modo pieno il potere impositivo.
Si peraltro sostenuto che lannullamento di un atto impositivo e la sua sostituzione, entro i termini di decadenza, con un altro atto di accertamento recante una
minore imposta dovuta sia sempre possibile, a prescindere dalla sussistenza di vizi
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formali (Cass. n. 22019/2014). Anche questa tesi sembra forzata, in quanto il Fisco
potrebbe modificare latto di accertamento in relazione ad aspetti sostanziali, sulla
base dei motivi di ricorso del contribuente. La riduzione della pretesa fiscale consentirebbe al Fisco una piena modifica dellatto originario su aspetti sostanziali.
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delle somme ricosse entro sessanta giorni a carico degli enti che si avvalgono di Equitalia.
In sostanza il compenso per lattivit di riscossione pari al 6 per cento suddiviso tra ente creditore e debitore se il pagamento avviene entro 60 giorni, altrimenti
tutto a carico del debitore. Sono inoltre riconosciute ad Equitalia le spese correlate
alleventuale attivazione di procedure esecutive e cautelare nella misura fissata con
apposito decreto del ministero delle Economia.
2. Lespropriazione forzata nella dinamica della riscossione dei tributi.
Ci detto evidenziamo che, in linea teorica, la riscossione del credito tributario mediante espropriazione forzata , rispetto alla riscossione di un credito nascente
da una obbligazione privatistica, un evento riscontrabile con maggiore frequenza. Il
Fisco, a differenza del creditore comune, essendo estraneo alla realizzazione dei fatti
economici assunti a presupposto del tributo, non pu svolgere indagini preventive
sulla situazione patrimoniale del soggetto, n premunirsi di garanzie reali e personali;
prerogative che, nei rapporti di natura privatistica, chiaramente inducono il debitore
alladempimento spontaneo. Va considerato, altres, il fatto che il creditore comune
possiede strumenti di coercizione indiretta quali quello della sospensione della fornitura del servizio, della ritenzione del bene, etc., di cui il Fisco non dispone.
Per colmare tale svantaggio il legislatore ha agito in una duplice direzione: da
una parte introducendo (e sempre pi ampliando) forme di riscossione basate sul
coinvolgimento di soggetti terzi, quali i c.d. sostituti dimposta, che svolgono una vera e propria funzione di ausiliari del Fisco; dallaltra assegnando a Equitalia poteri
istruttori (finalizzati allindividuazione dei beni di cui titolare il contribuente) ed
esecutivi (finalizzati ad una rapida apprensione delle somme) molto pi penetranti rispetto a quelli spettanti al creditore comune.
Per inquadrare lattuale rilevanza dellespropriazione forzata nel contesto della
riscossione dei tributi bisogna comunque tenere a mente che prima degli anni Novanta la riscossione su impulso dUfficio rappresentava un passaggio necessitato nei
casi di rideterminazione del quantum dovuto a seguito di un controllo fiscale del soggetto, potendo ci rappresentare una rilevante fonte di innesco della procedura
espropriativa. Lintroduzione degli istituti dellaccertamento con adesione,
dellacquiescenza allaccertamento della mediazione e della conciliazione giudiziale,
nonch la previsione dellobbligo di inviare le comunicazioni di irregolarit preventivamente alla riscossione coattiva tributi risultanti dalla liquidazione e dal controllo
formale della dichiarazione, ha nettamente rivoluzionato la fase della riscossione su
impulso dUfficio, in quanto loperativit dei predetti istituti subordinata
allimmediato pagamento dei tributi. Si , quindi, ridotto lintervento di Equitalia per
la riscossione dei tributi accertati dagli Uffici impositori.
In atto, il carico di tributi affidati annualmente dallAgenzia delle entrate ad
Equitalia per la riscossione ammonta a circa 70 mld., ed il valore globale dei crediti
da riscuotere alla data del dicembre 2014 ammonta a 620 mld.
Di tali crediti, circa 500 mld sarebbero inesigibili, in quanto prescritti, vantati nei confronti di societ fallite o non pi esistenti, ovvero vantati nei confronti di
persone fisiche nullatenenti o decedute.
Questi dati denotano che, nonostante ladempimento coattivo
dellobbligazione tributaria abbia assunto dimensioni pi contenute, la c.d. evasione
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da riscossione ha tuttora dimensioni rilevanti: lammontare delle somme effettivamente riscosse in rapporto a quanto accertato dagli Uffici si aggira, infatti, intorno al
10 per cento.
Per migliorare il rapporto tra crediti da riscuotere e crediti riscossi si sta puntando sullistituto della rateizzazione: il contribuente, che versa in una situazione di
temporanea difficolt finanziaria, pu richiedere la rateizzazione delle somme dovute
sino ad un massimo di 120 rate. Ricevuta la richiesta di rateazione lagente della riscossione non pu espletare lattivit cautelare ed esecutiva sino alleventuale rigetto
della richiesta.
In atto le dilazioni concesse ammontano a circa 20 mld di euro. Se vero che
limporto delle rateizzazioni destinato ad incrementarsi velocemente, possibile affermare che Equitalia si stia lentamente trasformando in un Ente il cui scopo quello gestire, pi che le procedure esecutive, le dilazioni di pagamento.
Ci detto, evidenziamo che con il termine esecuzione forzata si intende quel
complesso di atti diretti a trasformare i beni del debitore in danaro per consentire al
creditore di poter soddisfare la sua pretesa.
In ossequio al principio generale, fissato nel codice di procedura civile (art.
474), lesecuzione forzata non pu aver luogo che in virt di un titolo esecutivo per
un diritto certo, liquido ed esigibile.
La legislazione tributaria si conforma a tale previsione ed individua nel ruolo
il titolo esecutivo, in relazione al quale lAgente della riscossione legittimato a svolgere lespropriazione forzata. Detta norma, tuttavia, deve essere letta alla luce della
recente innovazione contenuta nellart. 29, d.l. n. 78/2010, con cui si attuata la
concentrazione della riscossione nellaccertamento, prevedendo la soppressione
delliscrizione a ruolo e della notifica della cartella di pagamento per la riscossione
delle somme dovute sulla base di avvisi di accertamento relativi alle imposte sui redditi ed allIva, nonch di provvedimenti di irrogazione delle sanzioni. Il titolo esecutivo non quindi pi rappresentato dal ruolo, ma dallatto di accertamento, salvo le
ipotesi della liquidazione e controllo formale della dichiarazione.
Lesecuzione forzata pu segnatamente essere espletata, nei termini ordinari
di prescrizione, qualora il contribuente (che non impugna latto impositivo) non
adempia allobbligo di versamento entro i termini di proposizione del ricorso (di ci
occorre dare espressa menzione nellatto impositivo). In caso di impugnazione
dellatto impositivo, lesecuzione forzata delle somme dovute in via provvisoria pu
avvenire decorsi 180 giorni dalla scadenza del termine per presentare ricorso.
La normativa fiscale in tema di riscossione dei tributi (Dpr n. 602/73) prevede un procedimento espropriativo speciale, che presenta della caratteristiche peculiari, finalizzate a garantire una pi rapida apprensione dei tributi da parte di Equitalia.
In relazione alla compresenza, in seno al procedimento di esecuzione speciale, di una
fase amministrativa e di una fase processuale, la prevalente dottrina ha qualificato
lesecuzione forzata in base al ruolo come un procedimento speciale ed ibrido, ove
lavviso di accertamento o il ruolo si atteggiano comunque quali atti costitutivi del
potere di procedere allespropriazione.
La fase liquidatoria, cio lapprensione dei beni e la loro vendita, si svolge, in
particolare, con un procedimento amministrativo, disciplinato dalla legge (per esigenze di garanzia del contribuente). LAgente della riscossione si avvale della collaborazione degli Ufficiali della riscossione e dei messi notificatori, senza la direzione del
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credito tributario sia superiore a 120.000 euro; che il valore del bene sia superiore alla
predetta cifra. Labitazione principale del debitore non pu essere oggetto di espropriazione immobiliare, salvo che sia un immobile di lusso e che il debitore possieda
ulteriori immobili.
Possono quindi verificarsi situazioni in cui il Fisco legittimato ad iscrivere
ipoteca, ma non pu svolgere lespropriazione immobiliare; liscrizione di ipoteca, oltre a stimolare ladempimento spontaneo, svolge la funzione di tutelare il credito tributario per il periodo temporale in cui il valore del bene immobile potrebbe incrementare o le passivit ipotecarie preesistenti diminuire.
Va rammentato, comunque, che il contribuente, pu paralizzare immediatamente lazione di Equitalia, opponendo lo sgravio totale del ruolo, la sospensione
giudiziale e amministrativa dellatto impositivo, ovvero il pagamento delle somme
dovute. In caso di presentazione di richiesta di dilazione del pagamento, liscrizione
dellipoteca possibile solo se essa viene rigettata, ovvero di decadenza dal beneficio
della rateazione.
4. Il fermo dei beni mobili registrati.
Il fermo dei beni mobili registrati un ulteriore strumento attivabile discrezionalmente dallAgente della riscossione nel contesto della procedura di riscossione
coattiva dei tributi, disciplinato dallart. 86 del d.p.r. n. 602/73. Esso determina una
condizione di inutilizzabilit dei beni; ed infatti, chiunque circoli con beni sottoposti a
fermo sanzionabile in via amministrativa. Peraltro, gli atti di disposizione dei veicoli sottoposti a fermo non possono essere opposti ad Equitalia se sono di data successiva
alliscrizione del fermo stesso.
Oltre che una misura cautelare, il fermo rappresenta anche un importante
strumento di pressione utilizzato da Equitalia per indurre il contribuente
alladempimento spontaneo.
Al pari dellipoteca, anche il fermo pu essere attivato dopo il decorso del
termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, ovvero decorsi
trenta giorni dallaffidamento dellaccertamento esecutivo, dandone notizie alla Direzione regionale delle entrate e alla Regione di residenza. Il fermo si esegue mediante
iscrizione del provvedimento nei registri mobiliari a cura dellAgente, che ne da comunicazione al soggetto nei cui confronti si procede.
LAgenzia delle entrate ha disposto che gli Agenti della riscossione facciano
precedere liscrizione del provvedimento di fermo nel Pubblico registro dallinvio di
un atto denominato preavviso di fermo, contenente linvito a pagare le somme dovute entro i successivi venti giorni, decorsi i quali il preavviso assume valore di comunicazione di iscrizione di fermo.
Va infine rammentato che, al fine di limitare lutilizzo di tale strumento per la
riscossione di crediti di modesto importo (sino a mille euro), occorre inviare un sollecito di pagamento, e solo dopo il decorso di centoventi giorni pu essere iscritto il
provvedimento di fermo.
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ad atti impositivi emessi in c.d. carenza assoluta di potere, ovvero a rapporti tra sostituto e sostituito e tra cedente e cessionario per la rivalsa Iva, si ritiene che possa trovare applicazione lazione ordinaria civilistica di cui allart. 2033 c.c.).
In particolare, con riferimento alle imposte sui redditi, lart. 38, d.p.r. n.
602/73, prevede lobbligo per il contribuente di presentare unistanza di rimborso entro 48 mesi dalla data del versamento; larticolo 77, d.p.r. n. 131/1986, in materia di
imposta di registro, prevede che listanza di rimborso debba essere presentata entro
tre anni dal giorno del pagamento, etc. In via residuale, e cio qualora la legge istitutiva del tributo nulla disponga , opera larticolo 21, d.lgs. n. 546/92, per cui listanza di
rimborso pu essere presentata entro due anni dal pagamento o, se posteriore, da
quando sorto il diritto alla restituzione.
Il fatto che le norme tributarie condizionino lerogazione del rimborso alla
presentazione di una apposita istanza allAmministrazione finanziaria, denota che
questultima deve in prima battuta occuparsi di verificare la sussistenza dei relativi
presupposti. Solo in caso di rifiuto espresso o tacito da parte del Fisco, il contribuente pu rivolgersi al giudice tributario per vedersi riconosciuto il diritto al rimborso.
Un eventuale rimborso parziale dei tributi costituisce un diniego implicito
delle restanti somme indicate nellistanza e come tale va impugnato entro 60 giorni
dal provvedimento di liquidazione parziale delle somme chieste a rimborso (Cass. n.
8195/2015).
Va rammentato che la verifica della sussistenza dei presupposti per il diritto al
rimborso comporta spesso lesercizio di una complessa attivit istruttoria, la quale
pu concludersi anche con un processo verbale di constatazione. In tali casi, prima
dellemanazione del provvedimento di diniego di rimborso, il Fisco deve attendere il
termine di 60 giorni previsto dallart. 12 dello Statuto del contribuente, per consentire
linstaurazione del contraddittorio procedimentale (Cass. n. 24567/2014)
Ci detto, dobbiamo specificare quando il contribuente pu vantare un credito tributario per versamento indebito.
Lindebito pu derivare da molteplici circostanze, e suole distinguersi in indebito originario e sopravvenuto. Lindebito originario pu innanzitutto derivare da
carenze della norma impositiva (c.d. indebito originario), e si verifica quando la
prestazione, nel momento in cui viene resa, dovuta, ma un evento successivo travolge la norma impositiva, facendo venire meno lobbligazione di pagamento (si pensi alla dichiarazione di incostituzionalit o di incompatibilit comunitaria di una norma impositiva, ad una prestazione tributaria riconducibile a un decreto legge non
convertito o ad una norma impositiva abrogata retroattivamente, etc.).
Lindebito originario pu, altres, conseguire ad errori commessi dallUfficio
impositore in sede di accertamento o di riscossione; in questi casi il rimborso del credito subordinato allimpugnazione dellatto stesso ed quindi il giudice tributario ad
accertarne i presupposti. In caso di omessa impugnazione dellatto, mancano i presupposti affinch si possa configurare lindebito (accertamento da parte del giudice
degli errori commessi dallUfficio) e quindi, nonostante vi siano errori, il pagamento
deve considerarsi dovuto.
Lindebito originario pu, infine, ricollegarsi ad errori del contribuente in sede
di dichiarazione o di versamento. In tali casi, necessario presentare una dichiarazione integrativa o una istanza di rimborso, a seconda che lerrore attenga alla determinazione del presupposto, ovvero alla fase della riscossione. Presentando la dichiara-
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zione ex art. 2, comma 8 bis, d.p.r. n. 322/88, per far valere lerrore commesso nella
determinazione del presupposto, non necessario proporre altres una istanza di
rimborso: limposta rettificata attraverso la dichiarazione integrativa considerata
come imposta dichiarata.
Lindebito sopravvenuto, invece, si verifica quando i tributi sono regolarmente dovuti nel momento in cui vengono versati dai contribuenti, ma per eventi successivi viene meno la causa giustificatrice delladempimento con conseguente nascita del
diritto alla restituzione (es. il mutamento della devoluzione ereditaria determina la restituzione del tributo successorio). In questi casi, la restituzione deve essere richiesta
entro due anni dal giorno in cui sorto il diritto secondo quanto dispone il citato art.
21, d.lgs. n. 546/92.
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dei documenti non esibiti dal contribuente nella fase dellaccertamento, la qualificazione come ricavi dei prelevamenti non annotati in contabilit, etc.
2. Le sanzioni amministrative: principio di legalit e del favor rei. La personalizzazione della responsabilit.
Soffermiamoci sulle sanzioni amministrative. Avendo natura afflittiva, va detto che, in applicazione dei principi generali del diritto punitivo, vige il principio di legalit e di irretroattivit, secondo cui nessuno pu essere assoggettato ad una sanzione se non in forza di una espressa previsione di legge, la quale peraltro deve essere
entrata in vigore prima della commissione della violazione.
prevista, inoltre, la regola del favor rei, per cui nessuno pu essere punito per
un fatto che secondo una legge successiva non costituisce violazione punibile, salvo il
diritto di ritenzione delle somme versate in base ad atti definitivi. Lefficacia retroattiva dellabolitio criminis si giustifica perch la condotta in questione non pi indicativa
di un disvalore sociale, cos appare irragionevole continuare a far vivere la norma che,
al momento in cui fu commesso il fatto, ne prevedeva la repressione (c.d. ultrattivit).
Linterpretazione di questa regola non stata tuttavia univoca. Si tentato, infatti, di estendere il principio dellabolitio criminis anche alla ipotesi di soppressione di
un determinato adempimento formale, ovvero di un tributo. Nella prima ipotesi, (es.
la soppressione della bolla di accompagnamento nellIva) ragionevole osservare che
venendo meno ladempimento formale, stessa sorte deve toccare anche alle conseguenze sanzionatorie, ci in quanto, a tale abrogazione, segue necessariamente un ridimensionamento del sul disvalore sociale del comportamento del contribuente
allepoca antigiuridico. Nella seconda ipotesi, e cio la soppressione di un tributo, invece, la tesi prevalente quella per cui permangono le conseguenze sanzionatorie
connesse alle pregresse violazioni sostanziali, anche qualora accertate dopo
labrogazione del tributo. Iin effetti, labrogazione del tributo, avvenendo per esigenze di politica fiscale o di evoluzione del sistema fiscale, non pu far venire meno il
disvalore sociale di una pregressa violazione, salvo nel caso in cui la soppressione del
tributo intervenga a seguito di dichiarazione di incostituzionalit o di incompatibilit
con il diritto comunitario (pertanto leventuale abolizione dellIrap ad opera del legislatore, non farebbe venir meno le conseguenze sanzionatorie delle pregresse violazioni commesse dai contribuenti; va, per, segnalata le sentenza della Cassazione n.
27760/2005, che, con riguardo allimposta sul patrimonio netto delle imprese, soppressa nel 1997, ha escluso la possibilit di applicare sanzioni per mancato pagamento del tributo in applicazione del principio del favor rei).
La regola del favor rei si estende anche ai casi della c.d. lex mitior, cio della legge pi favorevole in termini di sanzione concretamente irrogabile, di cui il trasgressore ha diritto di beneficiare. Nel caso in cui intervenga una nuova norma che determini in modo pi favorevole le sanzioni, lUfficio deve procedere a determinare le sanzioni facendo un raffronto tra le due normative, al fine di applicare quella pi favorevole. Non si fa riferimento alla misura edittale della sanzione, ma a quella concretamente irrogabile, per stabilire se la nuova norma sia effettivamente pi vantaggiosa.
Lo ius superveniens pi favorevole va applicato sia dallAmministrazione finanziaria, sia
dal giudice, anche in mancanza di una espressa richiesta di parte (Cass. n.
9217/2008).
293
Dobbiamo, peraltro, evidenziare che la regola del favor rei potrebbe essere applicata anche qualora la non sanzionabilit o la minore sanzionabilit di una condotta
sia prevista in modo chiaro ed inequivocabile nellambito di una legge delega di riforma del sistema sanzionatorio, quando ancora non siano stati emanati i decreti delegati, in quanto la legge delega non esplica effetti limitatamente ai rapporti tra Parlamento e Governo, ma una fonte direttamente produttiva di norme giuridiche.
Notiamo, infine, che la sanzione amministrativa viene irrogata alla persona fisica autore della violazione e non al soggetto che se ne avvantaggia (c.d. principio
personalistico). Nel caso delle persone fisiche normalmente vi coincidenza tra trasgressore e soggetto che si avvantaggia della violazione, ma per i soggetti collettivi vi
una chiara scissione. Le violazioni commesse dai soggetti collettivi comportano
lirrogazione di una sanzione al soggetto che la ha posta in essere (generalmente
lamministratore) e non alla societ che ne ha tratto beneficio.
Tale principio ha subito una forte attenuazione per effetto del d.l. n.
269/2003, ove stato stabilito che nel caso di violazioni poste in essere da persone
giuridiche, le sanzioni sono poste esclusivamente a loro carico. Il revirement giustificato dal fatto che le scelte delle societ di capitali non sono mai frutto della volont
di un singolo individuo, ma sono frutto del concorso delle volont di pi individui
(professionisti, capi area ed amministratori) o di pi centri decisionali. Scelte alle quali
lamministratore pu difficilmente sottrarsi.
La soluzione cui si pervenuti con il citato provvedimento normativo ha prestato il fianco a critiche, perch lautore materiale della violazione rimane del tutto
estraneo alla sanzione. In effetti, sarebbe stato ragionevole irrogare allautore materiale una sanzione (non proporzionale al tributo) quanto meno per le violazioni attuate
con dolo o colpa grave.
3. Violazioni sostanziali e formali: conseguenze sanzionatorie.
Dallesame delle disposizioni normative risulta che tutte le violazioni delle
norme sostanziali, cio quelle che disciplinano i tributi, costituiscono una condotta
illecita punita con una sanzione pecuniaria. A titolo esemplificativo citiamo le violazioni pi rilevanti: omessa presentazione della dichiarazione, punita con una sanzione
pecuniaria variabile dal 120 al 240 per cento delle imposte dovute (salvo un riduzione
alla met, qualora la dichiarazione omessa presentata dal contribuente entro lanno
successivo); presentazione di una dichiarazione non veritiera (c.d. infedele) in relazione agli imponibili dichiarati, punita con una sanzione pecuniaria variabile dal 90 al
180 per cento delle maggiori imposte dovute (salvo la riduzione di un terzo della sanzione quindi dal 30 al 60 per cento - quando limposta evasa non superi 30.000, o
comunque sia inferiore al tre per cento dellimposta dichiarata, ovvero laumento della met quindi dal 135% al 270% qualora la violazione realizzata mediante
lutilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti); omesso versamento
dei tributi risultanti da una dichiarazione, punito con una sanzione pecuniaria del 30
per cento delle imposte non versate (salvo una riduzione all1 per cento per ogni
giorno di ritardo per i versamenti effettuati nei 14 giorni successivi alla scadenza, per
poi passare al 15 per cento per i versamenti tradivi effettuati dal 15 giorno al 90).
Vi sono poi ulteriori violazioni che determinano lapplicazione di sanzioni,
soprattutto con riferimento agli obblighi strumentali previsti per imprenditori e professionisti in tema di imposta sui redditi e imposta sul valore aggiunto. Tra queste ul-
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time menzioniamo: lomessa tenuta dei registri contabili, punita con una sanzione pecuniaria che varia da 1.032 al 7.746; lomessa fatturazione Iva, che punita con
una sanzione pecuniaria che varia dal 100 al 200 per cento dellammontare delle imposta relativa allimponibile non documentato; la mancata emissione di scontrini e
ricevute fiscali, punita con la sanzione pecuniaria del 100 per cento dellammontare
delle imposte dovute.
Oltre le violazioni che hanno una diretta ricaduta sul versamento del tributo
(c.d. violazioni sostanziali), vi sono violazioni di obblighi che non hanno una diretta
ricaduta sul versamento del tributo (c.d. violazioni formali). Esse sono variamente
sanzionate con importi minimi e massimi fissati in valore assoluto, a seconda della
loro gravit (ad esempio linesatta indicazione dei dati rilevanti per lindividuazione
del contribuente, o del suo rappresentante, punita con la sanzione che varia da
258 a 2.065).
Ci detto dobbiamo sottolineare che per le violazioni sostanziali, pur essendo
stabilita lapplicazione di una sanzione pecuniaria, il comportamento del trasgressore
punibile solo se determinato da colpa (cio da negligenza, imperizia o imprudenza).
La colpa infatti elemento costitutivo dellillecito, oltre che il fondamento etico della
responsabilit; anche se rilevano poi specifiche cause esimenti previste dalla legge che
consentono la non applicazione della sanzione.
Per le violazioni formali, invece, la sanzionabilit esclusa se esse non recano
intralcio allattivit di accertamento. Ad esempio lomessa indicazione nella dichiarazione di una societ di persone del codice fiscale del socio una violazione formale
sanzionabile, in quanto ostacola il controllo della posizione fiscale del socio. Non
invece sanzionabile lomessa barratura di una casella della dichiarazione tributaria,
con cui si manifesta lopzione per un determinato regime fiscale: ci che rileva il
comportamento tenuto in concreto dal contribuente, la cui valutazione non ostacolata dalla violazione formale (Cass. n. 4415/2008).
Posto che le sanzioni spesso variano tra un minimo e un massimo, lUfficio
fiscale, secondo quanto prevede la legge, dovrebbe quantificare la sanzione in relazione ad alcuni parametri, quali la gravit della violazione, la personalit del trasgressore, leventuale recidiva, etc. Non va, per, sottaciuto che la concreta determinazione della sanzione frutto di meccanismi automatici, per la ritrosia degli Uffici ad effettuare specifiche valutazioni per ogni singola violazione. In ogni caso, anche solo su
questo specifico profilo, pu innescarsi un sindacato giurisdizionale.
4. La necessaria proporzionalit della sanzione pecuniaria al tributo evaso.
A questo punto chiariamo perch le sanzioni pecuniarie fiscali sono strutturate in modo proporzionale al tributo.
A differenza di altri illeciti penali o amministrativi, la scelta di porre in essere
una violazione tributaria dipende in gran parte da un calcolo economico e razionale,
cio dal risparmio di imposta che ne consegue. Peraltro, non entrano in gioco aspetti
di tipo sociale, mancando quel sentimento di riprovazione della collettivit che potrebbe indurre il soggetto ad adempiere fedelmente agli obblighi tributari. In altri
termini, quando il contribuente decide se evadere o non evadere, la posta in gioco il
tributo e non vi sono altri moventi del comportamento antigiuridico.
In questo contesto, ci si rende conto che le sanzioni amministrative devono
essere necessariamente ancorate al tributo: maggiore il tributo evaso e maggiore la
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sanzione, senza che questultima abbia un limite massimo. Solo cos si riesce a contrastare il vantaggio economico che rappresenta, come detto, il movente degli illeciti
fiscali. La sanzione riesce a svolgere la funzione deterrente solo se rapportata al
vantaggio fiscale che si ottiene commettendo lillecito. Eventuali sanzioni pecuniarie
svincolate dal tributo evaso, e quindi determinate in misura fissa, potrebbero rivelarsi
sottodimensionate o sovradimensionate: quindi vi sarebbe un deficit punitivo o un
eccesso punitivo.
Le sanzioni non proporzionali al tributo trovano, tuttavia, applicazione in relazione a violazioni formali che, come detto, non hanno una diretta attinenza con la
determinazione del tributo.
In ogni caso, lentit della sanzione deve essere proporzionata alla gravit del
comportamento. Tale proporzionalit sussiste fino a che la decurtazione patrimoniale
che subisce il contribuente, conseguentemente al pagamento di tributo e sanzioni,
non superi la ricchezza non dichiarata.
Ad esempio, a fronte delloccultamento di redditi per 3.000 di un contribuente che ha dichiarato un reddito complessivo di 40.000 (con aliquota marginale
del 38%), corrisponde unevasione dellIrpef di 1.140 euro, e una sanzione pecuniaria
irrogabile da 1.140 a 2.280 euro (cio dal 100 al 200% del tributo evaso). Ove venisse
irrogata la sanzione massima, il contribuente avrebbe un esborso di 3.420 (imposta
di 1.140 pi sanzione di 2.280), a fronte di una ricchezza occultata pari a 3.000. Tale
situazione sarebbe certamente contraria al principio di proporzionalit tra violazione
del contribuente e reazione dellordinamento.
Peraltro, qualora la sanzione amministrativa, in applicazione del principio
personalistico, venga imputata ad un soggetto che, pur ponendo in essere il comportamento, non ne trae alcun vantaggio economico (es. lamministratore di una societ),
lirrogazione di una sanzione proporzionale al tributo evaso finisce per determinare
in ogni caso un eccesso punitivo per il trasgressore. Per questi motivi, previsto che,
se la sanzione irrogata nei confronti del dipendente, del rappresentante legale o negoziale di una persona fisica o di una societ, essa pu essere eseguita nei suoi confronti entro il limite massimo di circa 50.000, salvo che la violazione sia commessa
con dolo o colpa grave. Leventuale eccedenza viene corrisposta dalla persona fisica o
dalla societ quale responsabile diretta parziale.
5. Le cause di non punibilit.
La previsione di cause di non punibilit frutto della concezione afflittiva
delle sanzioni amministrative. Esse rappresentano esplicitazioni concrete di casi in
cui manca la colpevolezza, in quanto si da rilievo ad una situazione di buona fede oggettiva del contribuente.
Sul piano astratto per linesistenza della colpevolezza va distinta
dallesistenza di cause di non punibilit: nel primo caso non si configura lillecito; nel
secondo lillecito si configura ma il soggetto non sanzionabile.
Tre le cause di non punibilit quella che ha una pi rilevante applicazione
(soprattutto nei casi di c.d. evasione interpretativa), e su cui esiste una copiosa casistica giurisprudenziale, rappresentata dallesistenza di obbiettive condizioni di incertezza sulla portata della norma. Lobbiettiva incertezza della norma rende scusabile
lerrore commesso dal contribuente, in quanto la legge stessa che induce il contribuente in errore. Mentre un tempo solo il giudice tributario poteva stabilire la non
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punibilit del comportamento del contribuente ove determinato da una norma vaga
ed oscura, oggi anche gli stessi Uffici finanziari dovrebbero rinunciare al potere punitivo, qualora appurino che le norme siano obbiettivamente ambigue e/o oscure. Si
tratta di una oggettiva incertezza della norma e non di una incertezza che dipende dal
grado di sensibilit e di istruzione del soggetto che la deve rispettare. Esistono, comunque, indici sintomatici di obbiettiva incertezza quali lesistenza di pronunce ministeriali o giurisprudenziali contrastanti, incluso anche un eventuale rinvio da parte del
giudice alla Corte di Giustizia Europea o alla Corte Costituzionale. Rilevano ancora i
casi di difficolt nellindividuazione delle disposizioni normative, di contrasto tra
prassi ministeriale e giurisprudenza, nonch di contrasto di opinioni dottrinali (Cass.
n. 4685/2012). La scusabilit dellerrore del contribuente ipotizzabile anche in caso
di ambiguit o oscurit delle richieste di informazione o dei modelli di dichiarazione e
di pagamento.
Citiamo, inoltre, la non punibilit della violazione qualora sia causata da forza
maggiore (evento determinato dalla natura o dalluomo che non pu essere impedito
anche se preveduto), che di recente ha avuto una applicazione concreta in relazione
agli omessi versamenti di imposte connessi a comprovate difficolt economiche del
soggetto.
6. Concorso di violazioni e applicazione del cumulo giuridico.
Posto che le norme tributarie sostanziali prevedono leffettuazione di molteplici adempimenti strumentali allapplicazione delle imposte, pu accadere che il contribuente, nellambito di un determinato periodo di imposta, con ununica azione violi pi volte la stessa disposizione (c.d. concorso formale omogeneo) o altre disposizioni (c.d. concorso formale eterogeneo); daltra parte ipotizzabile che con pi
azioni il contribuente violi la medesima disposizione (c.d. concorso materiale). In entrambi i casi, le violazioni commesse presentano una evidente connessione.
Un esempio di concorso formale dato dalloccultamento di un corrispettivo
di vendita di un bene, condotta che determina violazioni della normativa riguardante
lImposta sul reddito, lIva e lIrap. Un esempio di concorso materiale dato
dallinserimento nelle fatture emesse di un numero di partita Iva inesatto, comportamento che determina la violazione ripetuta della medesima norma.
In tali situazioni, utilizzare il criterio del cumulo materiale delle pene, cio
lirrogazione delle sanzioni previste per le singole violazioni, renderebbe sproporzionato il rapporto tra disvalore della condotta e risposta punitiva dellordinamento. Per
questi motivi, nei casi di concorso formale (omogeneo e eterogeneo) e di concorso
materiale (per le sole violazioni formali della medesima disposizione) previsto un
criterio di determinazione della sanzione pi mite rispetto al cumulo materiale, consistente nel c.d. cumulo giuridico, secondo cui la sanzione si determina considerando la
sola sanzione prevista per la violazione pi grave aumentata da un quarto al doppio.
Se la violazione riguarda pi tributi la sanzione base aumentata di 1/5.
Il concorso di violazioni pu sfociare anche nella c.d. progressione
dellillecito, cio nellipotesi in cui il soggetto, anche in tempi diversi, ma sempre con
riguardo al medesimo periodo di imposta, commette pi violazioni che, nella loro
progressione, pregiudicano la determinazione del tributo. Anche in tal caso si applica
il cumulo giuridico, in quanto le violazioni commesse in progressione hanno un minor disvalore sociale. Questa norma trova applicazione in particolare nel caso di
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omessa fatturazione, seguita da una omessa registrazione e da una infedele dichiarazione Iva. Non vi continuazione dellillecito qualora tra le violazioni non vi sia alcuna connessione: es. infedele dichiarazione Irpef e omessa presentazione della denuncia di successione.
Un affievolimento della risposta punitiva dellordinamento con lapplicazione
del cumulo giuridico, previsto nel caso di violazioni della stessa indole commesse
anche in pi periodi di imposta e accertate dallUfficio anche in tempi diversi (si applica la sanzione base aumentata dalla met al triplo). Un esempio dato dallindebita
detrazione Iva per due anni consecutivi in relazione ad una medesima tipologia di
bene acquistato.
In definitiva, il criterio del cumulo giuridico ha una rilevante applicazione
concreta, per lo meno per tutte quelle violazioni destinate a riverberarsi sulla dichiarazione. La dichiarazione funge, quindi, da elemento unificante delle singole violazioni. Anche nel caso di evasione totale pu applicarsi il cumulo giuridico per
lomessa tenuta delle scritture contabili, omessa fatturazione, etc.
7. I procedimenti di irrogazione delle sanzioni pecuniarie.
Posto che lirrogazione delle sanzioni scaturisce dallordinaria attivit di verifica fiscale, diviene comprensibile la sussistenza di forti collegamenti tra i procedimenti con cui si richiedono le maggiori imposte e quelli con cui si richiedono le sanzioni.
Esistono tre procedimenti di irrogazione della sanzione:
a) quello ordinario, caratterizzato da una piena autonomia rispetto ad eventuali contestazioni che riguardano i tributi, il quale presuppone la notifica al trasgressore di un atto di contestazione della violazione. Esso trova applicazione per le sanzioni non collegate al tributo, nonch qualora lautore della violazione sia diverso dal
soggetto passivo del tributo;
b) quello di irrogazione immediata, per cui lirrogazione avviene, senza previa
contestazione, con atto contestuale allavviso di accertamento o di rettifica, che quindi contiene la pretesa sia del tributo che della sanzione. Esso applicabile solo nei casi in cui le sanzioni irrogate siano direttamente collegate al tributo;
c) quello di irrogazione mediante iscrizione a ruolo e notifica della cartella di
pagamento. Esso applicabile esclusivamente per le sanzioni irrogate in conseguenza
di violazioni riscontrate nelle procedure di rettifica delle dichiarazioni ai sensi degli 36
bis e ter del d.p.r. n. 600/73 e 54 bis del d.p.r.633/72, ed in particolare nei casi di
omesso o ritardato pagamento dei tributi risultanti dalle dichiarazioni.
Il procedimento ordinario inizia con la constatazione della violazione nel corso di una verifica, a cui segue la notifica dellatto di contestazione che deve indicare i
fatti attribuiti al trasgressore, gli elementi probatori, le norme applicate e i criteri seguiti per la determinazione della sanzione, della loro entit e dei minimi edittali. Il
contribuente, ricevuto latto di contestazione, ha tre alternative: pu presentare memorie difensive; pu pagare il debito, beneficando della riduzione ad 1/3 delle sanzioni irrogate; pu impugnare latto di contestazione dinnanzi le Commissioni tributarie.
Il procedimento aperto alle esigenze di contraddittorio, in quanto consente
la presentazione di memorie difensive, e include la possibilit di definizione agevolata
delle sanzioni irrogate. La presentazione delle memorie difensive, in particolare, ob-
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tifici, cio redatta avvalendosi di altri documenti falsi (es. una falsa busta paga) o
compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, che hanno determinato una falsa rappresentazione della realt, qualora limposta evasa superi
30.000); la dichiarazione infedele, cio contiene omissioni di fatti fiscalemnte rilevanti, senza per che siano poste in essere condotte fraudolente (come nel caso molto
frequente della mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione di
elementi attivi nelle scritture contabili), se limposta evasa superiore a 150.000; la
dichiarazione omessa se limposta evasa superiore a 50.000. Vi sono poi ulteriori
fattispecie delittuose che riguardano reati documentali e di versamento, tra cui in particolare: lemissione di fatture per operazioni inesistenti; lomesso versamento di ritenute fiscali certificate se di ammontare superiore a 150.000 per ciascun periodo di
imposta; lomesso versamento di Iva se superiore a 250.000 per ciascun periodo di
imposta; lindebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti per un importo annuo superiore a 50.000.
Precisiamo che lomesso versamento di ritenute previdenziali sempre punito
penalmente (art. 2 d.l. n. 463/1983) a prescindere dallentit delle somme non versate; vi un quindi un trattamento differenziato tra omesso versamento di ritenute fiscali e previdenziali, che stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale (sent. n.
139/2014), in quanto gli obblighi tributari e previdenziali sono posti a tutela di interessi diversi sanciti dalla Costituzione negli artt. 53 e 28. La valutazione delle conseguenze sanzionatorie rientra, quindi, nella discrezionalit del legislatore, e va affrontata nellambito di ciascun sistema, ed censurabile solo nei casi di manifesta irragionevolezza (la legge delega n. 67/2014 prevede comunque linserimento di una soglia
di punibilit per lomesso versamento di ritenute previdenziali pari a 10.000).
Quasi tutte le fattispecie penalmente rilevanti, come evidenziati in precedenza, presuppongono il superamento di soglie di punibilit collegate allimposta effettivamente dovuta dal contribuente. Limposta effettivamente dovuta, tuttavia, non coincide con quella accertata dagli Uffici fiscali, n con quella che risulta a seguito
dellaccertamento con adesione; ci significa che dopo aver ricevuto la notitia criminis
il giudice penale obbligato a ricalcolare lentit delle imposte evase per verificare
leffettivo superamento delle soglie di punibilit (Cass. n. 4906/2015). Al riguardo il
giudice deve tenere conto non solo dei proventi non dichiarati, ma anche dei costi
che eventualmente sono correlati ad essi e che per particolari disposizioni fiscali non
vengono ammessi in deduzione (si pensi allindeducibilit fiscale dei costi provenienti
da soggetti ubicati in paradisi fiscali non esposti separatamente in dichiarazione; questi devono essere comunque conteggiati dal giudice penale per il calcolo dellimposta
effettivamente evasa).
Nel caso di condanna sempre ordinata la confisca diretta dei beni che costituiscono il profitto del reato (il danaro conseguente al risparmio di imposta), ovvero
quando essa non possibile, la confisca di beni nella disponibilit del reo per un valore corrispondente allimposta evasa. La confisca non opera se il Fisco acquisisce il
tributo evaso attraverso gli strumenti amministrativi.
Posto che le condotte penalmente rilevanti configurano quasi sempre anche
un illecito amministrativo (es. una dichiarazione infedele Irpef ove limposta evasa sia
pari a 100.000), e atteso che le norme sanzionatorie penali ed amministrative sono
poste a tutela del medesimo bene giuridico, che rappresentato dallacquisizione delle risorse necessarie per finanziare la spesa pubblica, si dovuta regolare la risposta
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sanzionatoria dellordinamento giuridico, mantenendola entro livelli di proporzionalit e dando attuazione alla regola del ne bis in idem. Al riguardo il legislatore ha previsto
il c.d. principio di specialit, secondo cui nel caso di violazioni che configurino contestualmente fattispecie penali e amministrative si applica solo la sanzione prevista dalla
disposizione speciale.
Nel caso in cui la condotta del contribuente integri il reato di falso in bilancio
(es. per esposizione di ricavi inferiori a quelli effettivi, ovvero di costi inesistenti) e
quello di dichiarazione infedele non opera, invece, il principio di specialit. Le norme
sul falso il bilancio sono poste a presidio di un bene giuridico diverso: quello della
genuinit dellinformazione desumibile dal bilancio, a tutela dei soci e di tutti coloro
che hanno interesse alla corretta rappresentazione del patrimonio della societ (creditori, lavoratori dipendenti, etc.)
In linea generale, tutte le volte in cui la condotta del contribuente suscettibile di integrare sia un illecito penale-tributario che amministrativo-tributario prevale
sempre la norma penale, perch quella che presenta maggiori elementi di specialit,
tra cui la sussistenza del dolo specifico e la previsione di soglie di punibilit. La prevalenza della norma penale si desume, peraltro, dalla regola (art. 21 del d.lgs. n.
74/2000), secondo cui, qualora la violazione sia fatta oggetto di notizia di reato,
lUfficio fiscale irroga comunque le sanzioni amministrative, ma esse non sono eseguibili fintanto che non si definisca il procedimento penale. Se il procedimento penale si chiude con lassoluzione dellimputato, i termini per la riscossione decorrono
dalla comunicazione della cancelleria del giudice allUfficio fiscale competente.
Dobbiamo precisare che il pagamento integrale delle maggiori somme risultanti dagli avvisi di accertamento rispetto a quelle dichiarate, e quindi il venir meno
delloffesa allerario, un evento si configura una causa di non punibilit se il pagamento avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione per lanno successivo, e qualora la presentazione della dichiarazione integrativa ed il ravvedimento
operoso avvengano prima dellinizio di accessi ispezioni e verifiche o di qualunque
attivit di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Per i reati di omesso versamento di Iva e di ritenute fiscali il pagamento tardivo non configura causa di non punibilit.
Fuori dai casi di non punibilit, il pagamento del debito tributario, comprese
sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado viene apprezzato quale circostanza attenuante, in quanto le
pene sono diminuite fino alla met. Peraltro, per beneficiare dellattenuante il contribuente deve versare non solo il maggior tributo, ma anche le sanzioni amministrative,
in deroga al principio di specialit.
Va detto, infine, che, con lintento di perseguire obbiettivi di trasparenza fiscale, stata di recente introdotta una fattispecie a rilevanza penale che consiste
nellesibizione o trasmissione di atti o documenti falsi in tutto o in parte, ovvero nella
comunicazione allUfficio fiscale di dati e notizie non rispondenti al vero (art. 11, d.l.
n. 201/2011). Questi comportamenti rilevano penalmente, alla stregua delle false autocertificazioni di cui allart. 76, d.p.r. n. 445/2000, solo qualora, si ricada nellambito
delle fattispecie penali tributarie disciplinate dal d.lgs. n. 74/2000; diversamente si
applica una sanzione amministrativa. La norma certamente criticabile per la sua genericit, e per il rischio di sommare al reato di cui al d.lgs. n. 74/2000, quello riguardante la reticenza istruttoria; la disposizione in questione va comunque interpretata
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in modo restrittivo, nel senso che lobbligo di dire la verit non involge la quantificazione dellimponibile o del tributo, ma riguarda quegli elementi che consentono di
determinare, attraverso una loro elaborazione, la fattispecie imponibile.
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pu rilevare dufficio la nullit degli atti tributari (Cass. n. 18448/2015). Il noto principio iura novit curia subisce quindi un netto ridimensionamento.
In buona sostanza, la funzione del controllo giurisdizionale di stabilire se
limposta sia dovuta in relazione alla correttezza dellazione amministrativa, tenendo
conto dei motivi di impugnazione.
Inoltre, il giudice, in ossequio al principio dispositivo cui ispirato il processo
tributario, non pu autonomamente acquisire elementi probatori per sopperire carenze delle parti e quindi deve formare il suo convincimento essenzialmente sulle base delle prove offerte dalle parti.
Va precisato che non sempre il processo si conclude con una sentenza totalmente favorevole o sfavorevole al contribuente. Esistono, infatti, margini di riforma dellatto impositivo da parte del giudice. In questa prospettiva, la giurisprudenza
afferma che il processo tributario non un giudizio di impugnazione-annullamento,
ma di impugnazione-merito. Dopo aver verificato il rispetto delle regole formali a cui
soggetto latto impositivo (motivazione, sottoscrizione, termini di notifica, etc.), il
giudice deve accertare la correttezza della valutazioni circa la quantificazione del
maggior imponibile fatta dallUfficio ed in caso di errori deve procedere a rideterminarne lammontare (Cass. n. 19750/2014).
Ad esempio, negli accertamenti con studi di settore, il giudice, appurato il rispetto delle prescrizioni formali, non deve limitarsi a rilevare lillegittimit della pretesa qualora ritiene sproporzionato il livello di ricavi accertato dallUfficio; pu, infatti,
fissare un livello di ricavi intermedio tra il valore dichiarato dal contribuente e quello
preteso dal Fisco. Negli accertamenti basati sulle percentuali di ricarico mediamente
applicate sui beni commercializzati dallimpresa, il giudice pu ritenere corretta una
percentuale pi bassa di quella utilizzata dallUfficio. Nel caso di controversie in cui si
discute del valore dellimmobile, il giudice pu ridurre la valutazione del Fisco.
E peraltro ipotizzabile, in caso di accoglimento parziale del ricorso, che il
giudice ordini allAmministrazione di ricalcolare le imposte sulla base delle prescrizioni fornite in sentenza: ci pu accadere qualora il ricalcolo implichi conteggi aritmetici complessi e a condizione che non vi siano elementi di tipo valutativo (Cass. n.
4884/2013).
Senza indugiare ulteriormente sui casi in cui il giudice opera una riforma
dellatto impositivo, riteniamo che in tutti questi casi preferibile sostenere che si
tratti di un annullamento parziale, in quanto tale impostazione pi coerente con la
matrice amministrativa del diritto tributario. La tesi dellimpugnazione-merito presta
il fianco ad equivoci ed ambiguit, che in ultima analisi potrebbero indurre ad affermare che il giudice si sostituisca pienamente al Fisco.
Va, infine, notato che, per esigenze di celerit del rito tributario, non prevista una fase istruttoria; la prima udienza di regola quella di trattazione della controversia.
2. Il reclamo e la mediazione.
Prima di occuparci della fase strettamente processuale, dobbiamo accennare
ad un istituto introdotto di recente (2011) con il precipuo scopo di limitare laccesso
alla fase giurisdizionale in relazione a quelle pretese fiscali erariali (sono escluse quelle
locali) di importo modesto che finirebbero per intasare le Commissioni tributarie.
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Si tratta del reclamo e mediazione, disciplinato dallart. 17 bis della legge sul processo tributario.
Tale norma stabilisce che chi intende proporre ricorso avverso atti di importo
non superiore a 20.000 euro tenuto, a pena di improcedibilit del ricorso stesso, a
presentare un reclamo allEnte impositore che ha emesso latto. Il reclamo pu contenere una proposta di mediazione, completa della rideterminazione della pretesa.
LEnte impositore pu accogliere integralmente o parzialmente la proposta di
mediazione, ovvero pu formulare una autonoma proposta.
Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato laccoglimento del reclamo o sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso.
Prima del decorso del predetto termine il ricorso non procedibile. Si applica comunque la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
Il contribuente, quindi, in sede di reclamo deve predisporre un atto che abbia
i requisiti del ricorso, compresa la sottoscrizione del difensore (nei casi in cui
lassistenza tecnica obbligatoria, per le controversie il cui valore supera 3.000),
con leffetto che il costo del professionista rester a suo carico qualora venisse accolto il reclamo.
In buona sostanza, si introdotta una fase obbligatoria di riesame amministrativo degli atti impositivi contenenti pretese di importo non superiore a 20.000,
che pu considerarsi un sorta di duplicato degli istituti procedimentali dellautotutela
e dellaccertamento con adesione. Il fatto che tale riesame sia gestito da una struttura
autonoma dellAmministrazione finanziaria, diversa da quella che ha emesso latto,
non sembra determinare una concreta differenza rispetto ai predetti istituti procedimentali.
Il reclamo/mediazione , in sostanza, un istituto ibrido, in quanto, pur calandosi nel processo, ha ben poco di processuale e nulla ha a che fare con la mediazione
civilistica, se non altro perch manca la figura del mediatore. Una soluzione di forte
impatto mediatico, ma di limitata applicazione concreta.
In ogni caso nel caso di intervenuta mediazione le sanzioni si applicano nella
misura del 35 per cento del minimo.
Va precisato, infine, che lesito del procedimento di reclamo/mediazione rileva anche per la richiesta dei maggiori contributi previdenziali dovuti dal soggetto,
senza applicazione di interessi e sanzioni (tale previsione riguarda in particolare artigiani, commercianti e liberi professionisti iscritti alla c.d. gestione separata Inps).
3. Le Commissioni tributarie, loggetto della giurisdizione e le parti del processo.
Gli organi della giustizia tributaria sono le Commissioni tributarie provinciali
(organi di I grado aventi sede in ciascun capoluogo di provincia e competenza estesa
al territorio provinciale) e le Commissioni tributarie regionali (organi di II grado
aventi sede in ciascun capoluogo di regione e competenza estesa al territorio regionale).
Le Commissioni tributarie non sono composte da giudici togati; i loro membri appartengono a specifiche categorie quali magistrati, docenti universitari o delle
scuole secondarie di secondo grado e ricercatori in materie giuridiche, economiche e
tecnico-ragionieristiche, notai ed iscritti negli albi degli avvocati o dei dottori commercialisti che hanno esercitato la professione per almeno dieci anni, etc.
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dinanzi alle Commissioni tributarie sono distinti in soggetti che hanno una competenza generale (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro) e soggetti a competenza limitata, che possono assistere la parte solo
per le controversie su specifiche materie attinenti la loro qualifica professionale.
Lassistenza tecnica non necessaria se il valore della controversia inferiore a
3.000,00, ma il giudice pu ordinare alla parte di munirsi di un difensore. Possono
difendersi personalmente i contribuenti abilitati allassistenza tecnica. Nel giudizio di
Cassazione , ovviamente, richiesto il patrocinio di un avvocato cassazionista o
dellAvvocatura generale dello Stato.
4. Onere della prova e poteri delle Commissioni tributarie.
Nel contenzioso tributario si applica la regola processuale generale secondo la
quale chi vuol far valere in giudizio un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, e la controparte che chiede il rigetto della domanda deve provarne
i fatti impeditivi, modificativi o estintivi (art. 2697 c.c. Onere della prova).
Tenuto conto che il processo tributario si avvia con il ricorso da parte del
contribuente avverso un atto impugnabile emesso dal Fisco, lattore in senso formale
il contribuente, ma in senso sostanziale lUfficio.
Lonere della prova dei fatti costitutivi della pretesa spetta, quindi, al Fisco. Il
contribuente deve, invece, provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi in opposizione alla pretesa del Fisco.
Va, per, considerato che molto spesso le norme procedimentali, per agevolare la prova, individuano ipotesi di presunzioni legali relative a favore del Fisco, con
conseguente inversione dellonere della prova (es. indagini bancarie, redditometro,
etc.). Linversione dellonere della prova disposto dalle norme sullaccertamento si riflette anche in sede di processo tributario: quindi il contribuente che deve dimostrare che quel fatto assunto come provato dalla legge al verificarsi del fatto noto non si
nel caso concreto realizzato.
Abbiamo gi accennato al fatto che il giudice deve formare il suo convincimento esclusivamente sulle base delle prove offerte dalle parti, essendo il processo
tributario informato al principio dispositivo.
In ogni caso, le Commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti
dedotti dalle parti hanno il potere di acquisire ulteriori prove rispetto a quelle presentate dalle parti (sempre nei limiti fatti allegati dalle parti, senza poter indagare su
fatti ulteriori non dedotti in giudizio). A tal fine il legislatore attribuisce al giudice tributario gli stessi poteri istruttori assegnati al Fisco (facolt di accesso, richiesta dati,
informazioni e chiarimenti) da ciascuna legge dimposta. Inoltre le Commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessit,
possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dellAmministrazione dello
Stato o di altri enti pubblici, compresa la Guardia di Finanza, ovvero disporre consulenza tecnica.
Poich lonere probatorio incombe sulle parti, listruzione probatoria che pu
essere svolta dal giudice tributario ex officio non pu mai avere una funzione sostitutiva rispetto alla carente attivit delle parti, ma solo una funzione integrativa o sussidiaria, finalizzata al controllo dellattivit probatoria svolta in via primaria
dallAmministrazione finanziaria, o per acquisire prove che non siano nella piena disponibilit delle parti.
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Si esclude in altri termini che i poteri istruttori delle Commissioni possano essere utilizzati per sanare una eventuale colpevole inattivit della parte, sia pubblica
che privata, in relazione alla raccolta e produzione delle prove a sostegno delle proprie pretese, alterandosi altrimenti la terziet e limparzialit del giudice, garantite
dallart. 111, 2 comma, Cost.
Se il giudice ritiene che non sia stata fornita in giudizio la prova di un determinato fatto, in base alla regola dellonere della prova, decider come se quel fatto non
si fosse verificato, a danno della parte che aveva lonere di provarlo.
importante ricordare che nel processo tributario (costruito per essere un
processo essenzialmente scritto e documentale) sono esclusi il giuramento e la prova
testimoniale. Varie sono state le ragioni dellesclusione di tali mezzi di prova, tra le
quali si segnala la necessit che il processo si svolga in tempi molto celeri.
Nonostante lesclusione della prova testimoniale, intesa come prova assunta
innanzi al giudice ex artt. 244 ss. c.p.c., si dibattuto in dottrina e giurisprudenza sulla
legittimit e il valore delle dichiarazioni rese da terzi in forma orale e acquisite nel
corso dellistruttoria amministrativa, ovvero di semplici dichiarazioni scritte rilasciate
da terzi al di fuori del processo. Sembra difficile ammettere lingresso nel processo
tributario di tali dichiarazioni quali prove indirette atipiche; semmai se ne pu accettare lutilizzo, con mera valenza indiziaria e non certo di prova.
La dottrina maggioritaria, tra i poteri istruttori esercitabili dalle Commissioni
tributarie, ammette linterrogatorio libero delle parti (ex art. 117 c.p.c.) e la confessione (ex art. 230 c.p.c.), anche se di regola esclude che a questultima possa attribuirsi
efficacia di prova legale, valendo quindi come elemento di giudizio liberamente apprezzabile dal giudice.
Occorre, infine, ricordare il potere del giudice tributario di disapplicare - se ritenuti illegittimi - regolamenti ed atti (amministrativi) generali (salva la possibilit di
impugnazione dinanzi al giudice amministrativo al fine di ottenerne lannullamento) e
di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali nellipotesi del c.d. errore scusabile
(che sussiste quando la violazione giustificata da obiettive condizioni di incertezza
in relazione alla norma violata).
5. Gli atti impugnabili.
Il processo introdotto dal ricorso del contribuente contro un atto
dellAmministrazione finanziaria o dellente locale o dellagente della riscossione (nel
caso di azioni di rimborso vi un atto di diniego espresso o tacito del rimborso, per
rimarcare la centralit dellAmministrazione nellattuazione dei tributi).
La struttura impugnatoria del processo tributario porta ad escludere la possibilit di configurare unazione di mero accertamento negativo, svincolata dallatto
impositivo; ed in considerazione della c.d. esclusivit della giurisdizione delle
Commissioni tributarie, viene di regola negata lammissibilit di una tale azione dinanzi lautorit giudiziaria ordinaria.
Solo qualora la divergenza tra il comportamento attuato del contribuente e
quello preteso dellamministrazione si concretizzi in un atto che, in linea generale,
contiene una rettifica della dichiarazione o del versamento ammissibile la tutela giurisdizionale. Per questi motivi, le circolari, le risoluzioni, i pareri, etc., quando affermano tesi contrarie ai comportamenti attuati dai contribuenti in sede di adempimento dichiarativo, non sono impugnabili: la divergenza con gli Uffici ancora ipotetica.
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zione della cartella vale come notificazione del ruolo); e) lavviso di mora (nella disciplina vigente lavviso di intimazione ad adempiere viene emesso nel caso in cui
lespropriazione forzata non sia iniziata, ad opera dellagente della riscossione, entro
un anno dalla notifica della cartella di pagamento); f) liscrizione di ipoteca sugli immobili e il fermo di beni mobili registrati; g) gli atti relativi alle operazioni catastali; h)
il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie, interessi o
altri accessori non dovuti; i) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari (c.d. condono).
Per tutti questi atti vige un onere di impugnazione entro sessanta giorni dalla loro notifica, e la mancata impugnazione determina lincontestabilit della pretesa
fiscale. Se il contribuente riceve un avviso di accertamento Irpef e non lo impugna,
non pu, quindi, recuperare la tutela opponendosi agli atti successivi connessi al procedimento di riscossione contestando aspetti relativi al merito della pretesa.
Gli atti indicati nellart. 19 possono, pertanto, essere impugnati soltanto per
vizi propri (cio concernenti latto stesso). Solo nel caso di mancata notifica di un
atto autonomamente impugnabile, i suoi vizi (compreso il difetto di notificazione)
possono essere fatti valere nel ricorso avverso il successivo atto impugnabile autonomamente.
Con riguardo allimpugnazione del diniego di rimborso, va precisato che il
contribuente nel ricorso non pu inserire nuovi motivi rispetto a quelli indicati
nellistanza di rimborso in precedenza presentata allUfficio impositore, pena il loro
rigetto: listanza di rimborso condiziona quindi i motivi dellimpugnazione (Ctr Lombardia, sent. n. 4521/14).
Gli atti non elencati nellart. 19 non sono impugnabili autonomamente ed i
loro vizi possono essere fatti valere, come detto sopra, in via differita.
La scelta di individuare normativamente gli atti impugnabili ha per determinato il rischio di negare laccesso alla giurisdizione tributaria in relazione ad atti che,
pur avendo un nomen differente, sono nella sostanza equiparabili a quelli indicati dalla
legge sotto il profilo dei loro effetti. La giurisprudenza della Corte di cassazione
(SS.UU. n. 16428/2007) in proposito ha evidenziato che la natura tassativa
dellelencazione non ne impedisce linterpretazione estensiva, volta a ricomprendere
atti che, anche se non presentano lo stesso nomen iuris di quelli indicati nellelenco, ne
sono assimilabili per funzione o per natura (si pensi allingiunzione doganale o allatto
con cui si chiede il pagamento del contributo unificato atti giudiziari o del tributo dovuto agli archivi notarili). Tale interpretazione poggia sulla necessit di valorizzare il
diritto di difesa del contribuente, che potrebbe essere negato dallinerzia del legislatore nellaggiornamento dellelencazione degli atti impugnabili.
Vi per da dire che, come gi evidenziato a proposito dei controlli formali
delle dichiarazioni dei redditi ed dellIva, la giurisprudenza consente di esercitare il
diritto di opposizione sin della ricezione della comunicazione di irregolarit, senza
dover attendere la notifica della cartella di pagamento; il contribuente ha, in particolare, facolt di impugnare tali atti (e non lonere), in quanto essi contengono una pretesa tributaria definita, e ci al fine di rendere pi efficiente lesercizio del diritto di difesa (Cass. n. 15957/2015).
Tale orientamento conferma che in atto un allentamento dei cosiddetti limiti interni della giurisdizione tributaria; la tutela del diritto di difesa prevale sulle esigenze di contenere i casi di accesso al giudice tributario. In questa prospettiva la giu-
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risprudenza ha affermato limpugnazione del diniego di autotutela, dellinterpello disapplicativo di norme antielusive (dichiarato non impugnabile dalla riforma del 2015),
del provvedimento di cancellazione dal registro delle Onlus, etc.
Precisiamo, ancora, che non rientrano nel novero degli atti impugnabili innanzi alle Commissioni gli atti generali e i regolamenti che possono essere soltanto disapplicati (e non annullati) dal giudice tributario qualora li ritenga illegittimi.
Va evidenziato, infine, che sempre il contribuente ad impugnare gli atti degli
enti impositori dinanzi la Commissione tributaria provinciale, ma vi un caso in cui
anche lente impositore, ed in particolare il Comune, legittimato a proporre il ricorso tributario: si tratta dellatto di classamento degli immobili e dellattribuzione della
rendita catastale da parte dellAgenzia delle entrate. In effetti, qualora la rendita attribuita sia ritenuta sperequata rispetto alleffettiva redditivit del cespite, il Comune subisce un danno in relazione ai tributi locali (IMU) che vengono quantificati sulla base
dei valori catastali; negare laccesso alla giurisdizione tributaria significherebbe frammentare irragionevolmente la giurisdizione e compromettere la certezza e la stabilit
delle situazioni giuridiche, in quanto il contribuente pu impugnare lattribuzione di
rendita dinnanzi il giudice tributario, mentre il Comune dinnanzi il giudice amministrativo. Lesigenza di prevenire il sorgere di giudicati contrastanti ha indotto la giurisprudenza ad affermare la legittimit per il Comune di impugnare dinnanzi il giudice
tributario gli atti catastali (Cass. n. 15201/2015).
6. Il ricorso e la costituzione in giudizio delle parti.
Il processo tributario ispirato allo schema della vocatio iudicis come il processo amministrativo (e a differenza del processo civile nel quale si ha la vocatio in ius della controparte mediante atto di citazione). Liniziativa processuale viene assunta da
un soggetto privato che rivolge una domanda al giudice chiedendo la rimozione degli
effetti giuridici di un provvedimento dellAmministrazione finanziaria. Ci trova conferma nella adozione, per latto introduttivo del processo, della forma del ricorso alla
Commissione tributaria provinciale. Tale atto deve contenere, a pena di inammissibilit,
una serie di elementi elencati nellart. 18 del d.lgs. n. 546/1992: il giudice adito;
lindicazione del ricorrente e della controparte; lindicazione dellatto impugnato (se
esistente); lindicazione delloggetto della domanda; lindicazione dei motivi; la sottoscrizione del difensore o del contribuente legittimato a stare in giudizio personalmente, nonch lindirizzo di posta elettronica certificata.
Nonostante le legge preveda la sanzione dellinammissibilit, in caso di mancanza degli elementi suindicati la giurisprudenza ha prospettato uninterpretazione
costituzionalmente orientata, tesa a salvaguardare il diritto di difesa del contribuente,
ritenendo in alcuni casi comunque ammissibile il ricorso. Una eventuale pronuncia di
inammissibilit del ricorso elimina, in effetti, inesorabilmente la possibilit di esercitare il diritto di difesa, lasciando insoddisfatto il bisogno di tutela. Il giudice, pertanto,
prima di dichiarare inammissibile il ricorso, dovrebbe invitare ove possibile il contribuente a sanare il vizio dellatto.
Emblematico il caso della mancata sottoscrizione dellatto da parte del contribuente o del difensore, che, secondo quanto dispone lart. 18 del d.lgs. n. 546/92,
determina linammissibilit del ricorso. La giurisprudenza ha ritenuto che si debba
consentire alla parte di sanare lomessa sottoscrizione e solo dopo aver concesso tale
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La decisione sulla sospensione cautelare spetta di regola al collegio che, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.
In casi di eccezionale urgenza (valutata in relazione allimminenza del pericolo), il
provvedimento cautelare richiesto pu essere concesso (inaudita altera parte) provvisoriamente con decreto motivato del Presidente, avente efficacia sino alla pronuncia del
collegio (che potr essere di conferma, modifica o revoca del decreto presidenziale).
La sospensione dellatto pu anche essere parziale (ad es., nel caso in cui il
giudice, ad un primo esame, ritenga fondato il ricorso solo in relazione ad una parte
dellatto impugnato), ovvero subordinata alla prestazione di idonea garanzia (cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa).
La sospensione pu essere revocata o modificata a seguito di un mutamento
delle circostanze originarie, e cessa di avere efficacia dalla data di pubblicazione della
sentenza.
9. La conciliazione giudiziale.
Listituto della conciliazione giudiziale rappresenta una sorta di accordo tra le
parti per la definizione totale o parziale della controversia. Tale accordo pu avvenire
sia in primo grado che in secondo grado.
Le parti possono concludere laccordo conciliativo in udienza (a seguito di
apposita richiesta avanzata con listanza di discussione in pubblica udienza, ovvero a
seguito di un autonomo tentativo esperito in tal senso dalla stessa Commissione) o
fuori udienza (su iniziativa dellUfficio che deposita una proposta di conciliazione che
il contribuente ha accettato).
Qualora il raggiungimento di un accordo conciliativo non si sia ancora perfezionato ma appaia probabile, il giudice pu assegnare allUfficio un termine non superiore a 60 giorni per il deposito di una proposta di conciliazione accettata dal contribuente. In tal modo si consente alle parti di perfezionare quellaccordo che, pur
apparendo probabile, non stato raggiunto.
La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione del processo verbale (nel
caso di conciliazione in udienza) o dellaccordo (nel caso di conciliazione fuori udienza) ed entro venti giorni occorre versare limporto complessivamente dovuto (o la
prima rata nel caso di pagamento rateale).
La conciliazione totale determina lestinzione del processo per cessazione della materia del contendere, mentre la conciliazione parziale fa s che la trattazione della
controversia prosegua per la parte residua.
Il legislatore, al fine di favorire lapplicazione concreta dellistituto, ha previsto, in caso di avvenuta conciliazione, il beneficio della riduzione delle sanzioni amministrative nella misura del 40 per cento del minimo di legge, se questa avviene in primo
grado, ovvero del 50 per cento se avviene nel secondo grado.
10. Le impugnazioni in generale e la sospensione dellesecutivit della sentenza impugnata.
La fase dellimpugnazione nel processo tributario consiste nella richiesta di un
nuovo esame della controversia gi oggetto di giudizio, attraverso la contestazione
della sentenza. I mezzi di impugnazione delle sentenze emesse dal giudice tributario
sono lappello, il ricorso per cassazione e la revocazione (art. 50).
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Per ogni mezzo di impugnazione previsto uno specifico termine la cui scadenza comporta il passaggio in giudicato della sentenza.
E prevista la possibilit di chiedere la sospensione della esecutivit della sentenza impugnata.
10.1. Lappello.
Lappello un mezzo di impugnazione a carattere generale, esperibile dalla parte
soccombente contro la sentenza pronunciata dal giudice di I grado, per motivi sia di
fatto che di diritto. La Commissione tributaria regionale ha piena cognizione della
causa gi decisa dalla Commissione tributaria provinciale (c.d. effetto devolutivo), ma
vincolata al principio della domanda e non pu pronunciarsi al di l dei limiti
dellappello effettivamente proposto (tantum devolutum quantum appellatum), n pu riformare la sentenza in danno dellappellante (c.d. divieto della reformatio in peius), in
mancanza di appello incidentale.
Leffetto devolutivo dellappello implica la possibilit di chiedere un riesame
integrale della controversia, sui motivi di ricorso esaminati in primo grado; tuttavia,
trattandosi di un giudizio di impugnazione della sentenza di primo grado, e non
dellatto impositivo dellUfficio, lappellante non pu riproporre pedissequamente le
argomentazioni svolte nel ricorso primo grado, ma deve contestare le ragioni in base
alle quali il giudice di prime cure ha ritenuto di ravvisarne linfondatezza. In altri termini, i motivi di appello sono critiche alla sentenza e non allatto impositivo.
Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, sintendono rinunciate.
Sui capi della sentenza per i quali lappellante soccombente in primo grado presta acquiescenza si forma, quindi, il giudicato interno.
Come si detto, il principio della domanda e leffetto devolutivo dellappello
impediscono di ampliare la materia del contendere rispetto al giudizio di primo grado
(divieto di ius novorum). Ne consegue il divieto di proposizione di domande nuove,
che sono dichiarate inammissibili dufficio, e il divieto di proposizione di nuove eccezioni, salvo quelle rilevabili dufficio (il contribuente soccombente in primo grado
non pu dedurre nuovi motivi di illegittimit dellatto impugnato, rispetto a quelli
proposti in primo grado; lo stesso vale nel caso di soccombenza e ricorso in appello
dellAmministrazione finanziaria, che peraltro neanche in primo grado pu modificare e ampliare i fatti posti a base della propria pretesa).
Quanto alla ammissibilit di nuove prove in appello, le parti possono produrre nuovi documenti, anche per sanare eventuali depositi tardivi nel primo grado di
giudizio (Cass. n. 12783/2015), mentre il giudice non pu disporre nuove prove salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione, ovvero la parte dimostri di non
averle potute fornire in primo grado per causa ad essa non imputabile.
Il ricorso in appello si propone alla Commissione tributaria regionale nella cui
circoscrizione ha sede la Commissione provinciale che ha pronunciato la sentenza
impugnata, entro il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza (o, in mancanza,
di 6 mesi dalla sua pubblicazione). Per le modalit di proposizione dellappello mediante notifica e di costituzione in giudizio delle parti, lart. 53 rinvia alle disposizioni
previste per il giudizio di primo grado.
Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilit, lindicazione del giudice
adito, dellappellante e delle altre parti nei cui confronti proposto, gli estremi della
317
sentenza impugnata, lesposizione sommaria dei fatti, loggetto della domanda (petitum) ed i motivi specifici dellimpugnazione (causa petendi); sempre a pena di inammissibilit richiesta la sottoscrizione del ricorso;
Nel caso di soccombenza reciproca delle parti (in cui ciascuna parte ha visto
accolte alcune delle domande proposte e rigettate le altre, per cui alcuni capi della
sentenza sono risultati favorevoli ed altri no), la parte diversa dallappellante in via
principale pu proporre appello incidentale.
La differenza tra appello principale e appello incidentale data dalla successione cronologica delle impugnazioni proposte entro il termine ordinario di decadenza (termine breve o termine lungo). ammesso anche lappello incidentale tardivo,
successivamente alla proposizione dellappello principale, entro il termine previsto
per la costituzione in giudizio (in questo caso a pena di inammissibilit), ma in questo
caso esso rimane travolto dalleventuale dichiarazione di inammissibilit dellappello
principale.
Il giudice di appello pronuncia una decisione di merito sostitutiva, che conferma o riforma quella di primo grado, salvo i casi, tassativamente indicati dalla legge
(erronea dichiarazione dellincompetenza o del difetto di giurisdizione o
dellestinzione del processo; irregolare costituzione o integrazione del contraddittorio; illegittima composizione del collegio giudicante; mancata sottoscrizione della sentenza da parte del giudice), in cui prevista, al fine di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giudizio, la rimessione (per la decisione nel merito) alla
Commissione provinciale.
A seguito delle novit introdotte nel 2015, lappellante (e quindi sia il contribuente che il Fisco) pu chiedere alla Commissione regionale di sospendere in tutto
o in parte lesecutivit della sentenza impugnata qualora sussistono gravi e fondati
motivi. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile. La sospensione pu essere subordinata alla presentazione di
idonea garanzia.
Pertanto se il contribuente impugna un atto impositivo e ottiene una sentenza
di primo grado sfavorevole pu evitare di corrispondere le somme dovute, chiedendo
la sospensione in appello. Se, invece, il contribuente ottiene una sentenza favorevole,
il Fisco pu chiedere la sospensione dellesecutivit della sentenza al fine di poter riscuotere le somme esigibili nella pendenza del giudizio di primo grado. Questultima
ipotesi rappresenta una tutela cautelare con funzione non inibitoria, ma anticipatoria
del possibile esito positivo del gravame. Arrecando un notevole danno potenziale al
contribuente, la concessione da parte del giudice della tutela cautelare anticipatoria
appare difficile.
Con riguardo alle liti conseguenti a richieste di rimborso di tributi, se il contribuente vince in primo grado, il Fisco in appello pu chiedere la sospensione della
sentenza per evitare la restituzione delle somme; si evita cos il rischio che il rimborso sia dichiarato non dovuto nel secondo grado, ma il contribuente abbia nelle more
incamerato le somme e non provveda poi alla restituzione. Questa ipotesi rientra nella classica richiesta di pronuncia cautelare con funzione inibitoria. In ogni caso, per
evitare il proliferare delle richieste di sospensione da parte del Fisco, previsto che
per i rimborsi superiori a 10.000, il giudice tributario ordini al contribuente, tenendo conto delle sue condizioni di solvibilit, di prestare idonea garanzia.
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rimborso di quanto pagato in eccedenza rispetto a quanto statuito nella sentenza entro novanta giorni.
Qualora non si provveda al rimborso, nella disciplina del processo tributario
vi uno specifico rimedio a favore del contribuente consistente nel giudizio di ottemperanza, mutuato dalla giustizia amministrativa (art. 70 d.lgs. n. 546/1992). E
esclusa, quindi, la possibilit di attivare il processo esecutivo ordinario. Pertanto, il
contribuente pu, dopo la scadenza del termine di legge per ladempimento o il decorso di 30 giorni dalla messa in mora dellAmministrazione, avviare un procedimento giurisdizionale per chiedere lottemperanza della parte soccombente agli obblighi
derivanti dalla sentenza, anche non definitiva.
Il ricorso va presentato (entro i termini ordinari di prescrizione del diritto, v.
art. 2953 c.c.) alla Commissione tributaria (provinciale, qualora la sentenza cui ottemperare sia di tale organo; regionale in ogni altro caso). La segreteria della Commissione ne d comunicazione allUfficio finanziario o allente locale obbligato a
provvedere, il quale entro 20 giorni dalla comunicazione pu far pervenire alla
Commissione le proprie osservazioni, allegando la documentazione delleventuale
adempimento (che potr intervenire nelle more del procedimento, soddisfacendo in
tal modo linteresse del contribuente).
Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione
necessaria, pronuncia sentenza (impugnabile esclusivamente in cassazione per violazione delle norme sul procedimento) con la quale, se accerta linadempimento denunciato dal contribuente, individua i mezzi che ritiene idonei ad assicurare
lesecuzione della sentenza ed adotta i provvedimenti necessari. A tal fine la Commissione pu delegare un proprio componente o nominare un commissario (c.d. commissario ad acta), per adottare i necessari provvedimenti attuativi, fissando un termine
congruo. Dopo che sono stati eseguiti i provvedimenti richiesti il collegio dichiara
chiuso il procedimento con ordinanza.
Nel caso di rimborsi di somme superiori a 10.000, il giudice pu ordinare al
contribuente di prestare idonea garanzia, tenendo conto delle condizioni di solvibilit
dellistante. Si vuole evitare che il contribuente, sulla base di una sentenza di primo
grado non definitiva, incameri le somme, ed in futuro non sia in grado di restituire le
medesime somme al Fisco, qualora la pronuncia venga ribaltata nel grado successivo.
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