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Pancia

Il Carroccio parla alla pancia della gente


Antonio DE Poli, candidato UDC regionali Veneto 2010

Definizione:
sostantivo femminile
1- Parte del corpo umano e animale compresa fra torace e
bacino, contenente l’intestino
2- In macelleria, taglio di carne bovina corrispondente ai varî
muscoli addominali, noto nelle diverse regioni anche con i
nomi di tasto (nel Veneto), falda (a Firenze) e pancetta.
3- Parte convessa, rotondeggiante e sporgente di un oggetto, di
un recipiente

È l’argomento più discusso in periodo pre-feriale e di solito divide


gli interlocutori in due maxi platee equamente agguerrite. La prima,
la schiera delle donne in fibrillazione da Somatoline-palestra-due-
litri.d’acqua-al-giorno, la detestano e sarebbero capaci di
discuterne ore di fila, con una mano poggiata là, sull’odiato
ombelico, epicentro metafisico della attesissima prova costume.
Il secondo gruppo è quello degli orgogliosi, quelli che si vantano di
alzare il dito medio come se fosse lo stemma di una mascolinità
ever green, e che amano parlarle sempre gridando perché, ahimè,
non ha lobi auricolari incastonati tra la ciccia.
Insomma, il tema estivo è quello ricorrente della pancia.
Femminile, metaforica, da tenere quando ci si sbellica dalle risate,
tremula, sensuale, eterna presente nel linguaggio di una politica
che, “Antò, fa cald’!”, ad Agosto non succede niente e allora due
volgarità meglio dirle. Animano il dibattito e non costano fatica, che
si suda.
E allora su, gioiosi, tutti a parlare alla pancia.
Attenzione, in sé non è un male. Dario Di Vico ha scritto anche un
libro a tale proposito: “Piccoli. La pancia del Paese”. Di quel Paese
cui bisogna parlare, perché è l’anima, non solo il ventre, della
nostra epoca, è la vita dell’Italia fatta di quelle aspettative di futuro
e di quei problemi cui la politica è per definizione chiamata a
rispondere. Ma non per forza a rispondere coi rutti, ecco. Si può
essere eleganti pure parlando del costo del pane. In fondo fa un
po’ sorridere quest’idea molto snob e, in realtà, sciocca per cui per
parlare al macellaio sia necessario citare le proprie parti intime.
Come se la mattina, in fila alle poste, il vecchietto si lamentasse
bestemmiando tutti i santi del calendario, la signora con le bollette
in mano raccontasse dell’uso coatto di Vagisil intimo, l’uomo con
un pacco da ritirare le rispondesse disquisendo delle prodezze di
cui è capace facendo virilmente roteare quello che Panariello
chiamava marsupio. Ecco, c’è questo modo strano di parlare alla
pancia del Paese che fa venire in mente come chi lo adotti in
realtà in mezzo al paese, quello vero, che va alle poste, appunto,
non ci stia mai. Parlare alla pancia significa sì fare riferimento alla
vita concreta, quotidiana, delle estetiste in spiaggia la domenica a
Luglio, ma senza limitarsi ad una dimostrazione linguistica
considerata un mero esercizio di supposta prossimità. Come se il
candidato pensasse: “Oh, ho detto tre volte pene, ora si che mi
votano!”. Parlare alla pancia dovrebbe significare usare termini
semplici, comprensibili e connettersi ai desideri e ai problemi delle
persone. Anche senza costringere la Rai Tivvù o Mediaset ad
utilizzare fastidiosissimi e pudichi “bip” di copertura audio. II
termine pancia, poi, evoca molto di più di un semplice codice
linguistico. La pancia è la casa della vita, è un forte simbolo di
bellezza e opulenza, è il richiamo alla fertilità, alla procreazione, ed
è anche un fondamentale elemento politico. La pancia piena c’è
l’ha il potente, colui che comanda. Ecco, il corpo del leader, del
politico, è un elemento simbolico fondamentale nell’immaginario di
un popolo e di un’epoca. Ad usarlo con astuzia fu già Elisabetta I
che, riconoscendo la debolezza evocativa, in termini militari, di una
figura femminile, amava persino travestirsi per corrispondere,
anche fisicamente, alle attese del proprio popolo e, con una
semplice apparizione, motivarlo. Parlando, così, non solo alla
pancia, ma anche al cuore. Insomma, è chiaro. C’è una perversa
dicotomia molto diffusa e che contrappone, come se fossero due
mondi distinti in maniera netta, pancia e testa. In questa logica la
pancia corrisponderebbe alle ragazze di Ostia, a quelli che
conducono una vita normale, che incontri al bar, che hanno fame,
sete, sonno, freddo, ridono, piangono, lavorano, vivono,
camminano. La testa, invece, sarebbe il mondo degli intellettuali e
dei politici, quelli che ragionano e pensano e..stop. Finché la
politica non riconoscerà che le persone oltre a sentire emozioni “a
pelle”, viscerali, hanno un cuore, e finché non deciderà di mettere
in moto il proprio, sentendosi parte della schiera dei normali, allora
si, ci sarà una pancia cui non sussurrare, ma bestemmiare
nell’orecchio rabbia e frustrazioni. Il barista, invece, sorpresa, ha
un cuore che pulsa e che lo rende vivo. E che parlerà pure in
maniera semplice, ma con parole, che a volte, sono una vera
poesia.

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