Antonio Milanese
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1 - Significazione
Procedure di significazione:
• 1) Semiotica strutturale: insieme di elementi esterni all’interprete, consuetudini, abitudini,
esperienze pratiche e attività conoscitive che precedono l’interprete.
• 2) Semiotica cognitiva: meccanismi cognitivi, operazioni inferenziali attraverso cui un
interprete mette in relazione un’espressione e un contenuto, permettendo l’esistenza del
segno e ricavandone un qualche incremento conoscitivo o una certa indicazione pratica
(formazioni di credenze e abiti).
La semiotica contemporanea ha ‘superato’ il concetto di segno per studiare i testi nel loro
complesso, e i processi di interpretazione (semiosi), significazione e comunicazione
Sistemi di significazione: i segni non compaiono mai isolati ma insieme ad altri segni formano i
“testi”. Per capire come e cosa i testi comunicano bisogna capire cosa significano, cioè come sono
organizzati al loro interno, ovvero dobbiamo studiare la relazione tra questi segni.
La significazione è
a. il senso con cui si presentano le cose alla nostra percezione
b. rinvio, intenzionale o meno, da un segno a un significato
2a - Fonetica
Cos’è la fonetica: studio generale dei suoni linguistici prodotti dalla voce (senza preoccuparsi della
loro funzione)
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2b – Fonologia
Cos’è la fonologia: È la descrizione dei sistemi e dell’organizzazione dei suoni di una lingua. Si
occupa dell’aspetto astratto dei suoni di una lingua, della loro funzione e non della loro effettiva
articolazione fisica.
I fonemi sono tipi di suoni, entità astratte che si realizzano fisicamente in una varietà di segmenti
fonetici (foni), diversi in ogni occorrenza.
Gli allofoni l’insieme dei foni, ciascuno dei quali è una versione di un fonema.
2c – Fonotassi
Esistono due effetti di coarticolazione ( processo per cui si produce un suono quasi nello stesso
momento di quello vicino ): 1 – Assimilazione : un suono assume uno o più tratti di quello contiguo
2 – Elisione: omissione di un segmento fonico in determinati contesti
3 – Morfologia
Cos’è la morfologia: La morfologia si occupa di analisi delle parole, perché identifica gli elementi
morfologici che le costituiscono
Il morfema è l’unità linguistica minima dotata di significato o di funzione grammaticale dotate nello
stesso tempo di un’espressione e di un contenuto. I morfemi si identificano tramite la
segmentazione che si avvale del metodo della comparazione a coppie.
Morfemi liberi (possono stare da soli) : - Lessicali liberi (città, open, tour )
- Grammaticali liberi o funzionali (congiunzioni,
preposizioni, articoli e pronomi).
Morfemi legati (non possono stare da soli):
- Lessicali legati (ragazz-)
- Grammaticali legati: flessivi (non cambiano la categoria grammaticale di una parola)
derivazionali (cambia la radice grammaticale) –uoso, -ezza
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Problemi: Parole che, pur esprimendo un significato complesso, non possono essere segmentate (è)
Parole connesse sul piano del significato ma senza relazioni di derivazione
(buono/migliore)
Plurale di città e plurale man/men
Il morfema è un’entità astratta (asse paradigmatica) che si realizza concretamente in morfi. Es: il
morfo /è/ rappresenta tre morfemi: (infinito, presente indicativo, terza persona singolare)
I morfi sono costituiti da materiale fonologico, i morfemi da significati. Un insieme di morfemi può
trovare espressioni in uno o più morfi. Un morfema può essere rappresentato da differenti morfi a
seconda dell’ambiente sintagmatico (es: morfema di negazione /in-/ o /im-/ o /il-/ ). I diversi morfi
di uno stesso morfema si chiamano allomorfi.
4 – Grammatica e sintassi
Cos’è la grammatica: la grammatica descrive la struttura di sintagmi (gruppi di parole) e frasi in
modo da rendere conto di tutte le sequenze ben formate (o grammaticali) escludendo quelle
malformate (o agrammaticali). Es. * gatto il siamese e * siamese gatto il
Grammatica prescrittiva (dalla regola alla lingua): insieme di regole per l’uso corretto della lingua
Grammatica descrittiva (dalla lingua alla regola): analisi delle strutture delle lingua a scopo di
descrizione
Cos’è la sintassi: parte della grammatica che studia la struttura e l’ordinamento dei componenti
all’interno di una frase
La grammatica generativa è dotata di un sistema di regole molto esplicito che deve specificare quali
combinazioni di elementi di base danno come risultato tutte (e solo) le frasi ben formate di una
lingua (dagli anni ’50, Chomsky); deve avere un numero finito di regole capace di generare un
numero infinito di strutture ben formate, deve anche avere la caratteristica della ricorsività (deve
potersi riapplicare più volte nella generazione di una struttura).
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Nel diagramma ad albero ogni sintagma è un costituente formato da parole dominate da uno stesso
nodo ad un solo passo di distanza.
Tipi di sintagma: nominale (SN) – nome + eventuali articolo, aggettivo: pronome, nome proprio.
preposizionale (SP) – preposizione + SN
verbale (SV) – verbo + altri elementi (SN, SP, Avv. , Agg)
Ricorsività: costruire frasi nuove e ben formate inserendo una frase nel corpo di una frase
precedente e ripetendo l’operazione un numero teoricamente illimitato di volte.
Regole trasformazionali: cambiano o spostano i costituenti nelle strutture che derivano dalle regole
a struttura sintagmatica. Devono specificare quali costituenti possono essere spostati da e verso
dove. Si tratta di variazioni superficiali di un’unica struttura profonda sottostante
Semantica: si occupa del rapporto tra i segni e gli oggetti cui si riferiscono
Fenomeni pragmatici:
Deissi – parole che non si possono interpretare senza conoscere il contesto
fisico del parlante o le circostanze in cui sono usate.
Deissi personale (pronomi personali), deissi spaziale (avverbi di luogo,
pronomi dimostrativi, verbi di avvicinamento o allontanamento dal luogo in
cui si trova il parlante), temporale (avverbi di tempo)
Riferimento – atto tramite il quale il parlante/scrivente sa il linguaggio per
permettere all’ascoltatore/lettore l’identificazione di qualcosa. Non è
necessario conoscere qualcosa per identificarlo.
Anafora: Il riferimento successivo ad un’identità già introdotta, all’interno di
un testo o di un discorso
Presupposizioni: ciò che il parlante assume come noto o vero per
l’interlocutore. Le espressioni che oltre a porre un significato ne
presuppongono un altro sono detti attivatori presupposizionali. Possiamo
individuare le presupposizioni tramite il test della costanza sotto negazione:
data una frase, se negandola la sua presupposizione rimane vera, allora la
frase contiene un attivatore presupposizionale.
Atti linguistici: Il linguaggio è uno strumento per fare delle cose, non solo
per comunicare.
Atti linguistici diretti: azioni quali richiedere, ordinare, domandare,
comandare…
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Atti linguistici indiretti: quando un parlante usa una certa forma per
svolgere una funzione diversa da quella che normalmente è associata.
Distinzione tra langue e parole. La langue è l’insieme di convenzioni necessarie adottate dal corpo
sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui. La parole è l’atto linguistico
individuale, concerne contesti di comunicazione e individui concreti e coinvolge fatti psichici, fisici
e fisiologici. La lingua è per noi il linguaggio meno la parole. E’ l’insieme delle abitudini
linguistiche che permettono ad un soggetto di comprendere e di farsi comprendere.
Saussure è interessato, più che all’essenza fisica del suono, alle forme sonore che ogni lingua
seleziona rispetto alla varietà di suoni potenziali dell’apparato fonatorio umano. In questo senso egli
parla di immagini acustiche.
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La semiologia studa la vita dei segni nel riquadro della vita sociale; essa può dirci in cosa
consistono i segni e quali leggi li regolano.
Si può studiare la lingua in base a fattori esterni (istituzioni, condizioni geografiche), ma in questi
campi è molto difficile trovare dei criteri comuni. La linguistica interna considera viceversa la
lingua come “un sistema che conosce soltanto l’ordine che gli è proprio”
La lingua è qualcosa di vivo; nella realtà, langue e parole, stabilità e cambiamento delle forme
linguistiche vanno sempre di pari passo. La lingua non comporta né idee né suoni che preesistono al
sistema linguistico, ma solo differenze concettuali e foniche uscite da questo sistema. Sono le
differenze foniche che determinano la significazione, e solo le differenze concettuali ispirano quelle
foniche. Ciò che caratterizza gli elementi sonori non è la loro qualità propria e positiva, ma
semplicemente il fatto che essi non si confondono tra loro. I fonemi sono anzitutto delle entità
oppositive, relative e negative.
Il significante è una serie di differenze di suoni, il significato è una serie di differenze di valori.
Entrambi, messi insieme, formano dei segni acustici che ritagliano altrettante sezioni nella massa
del pensiero generando un sistema di valori.
Nella lingua, per Saussure, vi sono due principi fondamentali che corrispondono a due forme della
nostra attività mentale:
- ordine sintagmatico: concateniamo le unità in ordine di successione
lineare
- ordine paradigmatico: associamo le unità in absentia (serie mnemonica
virtuale)
8 - Louis Hjemslev
H. chiamò la sua teoria linguistica glossematica. I glossemi sono gli elementi formali ultimi, le
invarianti minime a cui arriva l’analisi linguistica, indipendentemente dalle differenze tra le varie
lingue.
La linguistica dev’essere una scienza della forma, deve studiare la lingua in quanto sistema formale
astratto depurato da tutte le componenti concrete.
Il metodo utilizzato da H. è: empirico (si applica ai dati empirici, testi), deduttivo o analitico
(analizza o scompone i testi evidenziandone le parti costitutive necessarie).
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Il testo sarà scomposto in componenti, questi scomposti a loro volta, e via via fino all’esaurimento
dell’analisi. Questo procedimento è indicato col termine di deduzione.
Il segno non rimanda a un contenuto esterno al segno stesso, ma è un’entità generata fra
un’espressione e un contenuto. Non si parla più di segno ma di funzione segnica costituita da piano
dell’espressione e piano del contenuto, reciprocamente solidali. Non c’è espressione senza
contenuto e viceversa.
Sull’asse del processo (o asse sintagmatico) i segni e i loro componenti stanno fra loro in relazione
o congiunzione, ovvero sono legati ad altri elementi e segni con cui si presentano in contiguità
spazio temporale. Rapporti in praesentia ( gerarchia relazionale – e )
Sull’asse del sistema (o asse paradigmatico), i segni e i loro componenti stanno in correlazione o
disgiunzione, ovvero sono legati ad altri segni o componenti che potrebbero stare al loro posto
sull’asse del processo, ma che non ci sono perchè la simultaneità nel tempo e la sovrapposizione
nello spazio non sono possibili. Rapporti in absentia (gerarchia correlazionale – o).
Il processo è il testo, il sistema è la lingua.
Mentre il processo ha bisogno per forza di un sistema soggiacente, possiamo immaginare un
sistema senza un processo.
Scopo della linguistica è scoprire a partire dai processi i sistemi ad essi soggiacenti (le regole
invarianti che pongono in essere ogni possibile variazione; regole sottese ai fenomeni).
La lingua dà una forma alla materia (non la intacca, la delimita) creando sostanza.
La materia è il mondo non ancora semiotizzato.
Il segno è dunque, per quanto possa sembrare paradossale, segno di una sostanza del contenuto e
segno di una sostanza dell’espressione
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Le unità più piccole sul piano dell’Espressione, dopo tutte le scomposizioni, sono i fonemi. I
fonemi sono chiamati da H. non-segni o figure del piano dell’E, perché ai singoli fonemi non
corrisponde nessun significato sul piano del contenuto. Le unità più grandi già hanno il loro
rispettivo sul piano del contenuto. Ugualmente ci sono figure o non-segni anche sul piano del
contenuto. E’ necessario che siano dei non-segni a costituire i segni in quanto così possiamo
costituire un numero illimitato di questi. La prova di commutazione della fonologia mette in
relazione i suoni (piano E) con il cambiamento relativo sul piano del contenuto.
L’unità minima sul piano E è il fonema mentre sul piano C è un insieme più vasto di componenti la
cui espressione è una parola o un morfema, non un fonema. Mentre sul piano C esiste un’entità che
corrisponde ad ogni singola parola, non esiste nulla sul piano C che corrisponda ai singoli morfemi.
le unità minime autonome sul piano C sono di dimensioni molto più grandi delle unità minime
autonome sul piano E. Infine non esiste una corrispondenza punto a punto tra figure
dell’espressione e figure del contenuto.
I sistemi di significazione a doppia articolazione sono detti non conformi o biplanari o duali o
semiotici.
Nei sistemi di significazione più semplici (conformi, monoplanari o simbolici) come il semaforo,
ad ogni unità sul piano dell’ E corrisponde un’unità sul piano del C.
I sistemi di significazione in cui non si ha una corrispondenza tra singole unità dell’espressione e
singole unità del contenuto, ma fra coppie oppositive di unità dell’E e coppie oppositive di unità di
C sono detti semi-simbolici ( colore vs. bianco e nero (E) = presente vs. passato (C) )
Lingue diverse ritagliano (articolano) in modi diversi una stessa zona di materia. Il modo in cui una
lingua ritaglia questa materia del contenuto è arbitrario o immotivato; ovvero, la forma del
contenuto è interna, immanente a una data lingua (o a un dato sistema semiotico).
Obiettivo della glossematica, come abbiamo già detto, è individuare le forme minime sia sul piano
E che sul piano C. Per il piano E utilizziamo la prova di commutazione. Proviamo a fare lo stesso
con il piano C per individuare le figure del contenuto.
Scomponiamo i contenuti fino ad ottenere i termini minimi (toro: bovino maschio).
Questo tipo di analisi è detta analisi componenziale. Arriviamo a parole che possono essere
comuni all’analisi del contenuto di più parole. Quest’analisi, se funziona in tutte le lingue sul piano
dell’espressione (tutte le lingue del mondo hanno un numero finito e piccolo di fonemi), sul piano
del contenuto genera dei problemi:
1 – Mentre l’analisi dell’espressione genera figure (senza
corrispettivo sul piano C), l’analisi del contenuto genera altri
segni linguistici ognuno dotato del proprio significato.
2 – Le parole non possono essere rappresentate da un numero
limitato e autosufficiente di componenti, si pederebbe la
complessità e la ricchezza di significato di ogni parola ( la
parola “uomo” può includere tutto il sapere di una cultura e non
solo maschio + essere umano + animato + adulto ).
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9 – Charles S. Peirce e l’interpretazione
Affinché si possa parlare di semiosi ( = interpretazione) non è indispensabile che vi sia un emittente
intenzionato a comunicare qualcosa quanto un interprete che decida di attribuire dei contenuti a una
certa porzione del mondo sensibile.
Non vi è alcuna capacità intuitiva in base alla quale distinguere le intuizioni dalle conoscenze
immediate. Le nostre intuizioni, la nostra “attenzione” verso il mondo, è frutto di un ragionamento.
Ogni senso è un meccanismo astraente. Attenzione, sensazione, percezione e intelligenza sono
inferenze. L’associazione di immagini è un’associazione di giudizi.Le azioni mentali più elementari
sono rappresentazioni selettive e unificatrici delle impressioni sconnesse esercitate dagli stimoli sui
centri nervosi (giudizio percettivo).
L’inferenza:
caso: A
regola: se A, allora B
risultato: B
Deduzione:
caso: occorrenza a cui viene applicata una regola generale (la pecora è un ruminante)
regola: elemento di mediazione che collega caso e risultato tramite un rapporto di implicazione
( tutti i ruminanti mancano degli incisivi superiori)
risultato: conseguenza prevedibile dell’applicazione della regola a quel caso (la pecora manca degli
incisivi superiori)
ovvero: si ricava un risultato applicando una regola a un caso
Induzione:
caso: la pecora è un ruminante
risultato: la pecora manca degli incisivi superiori
regola: (forse) tutti i ruminanti mancano degli incisivi superiori
ovvero: si ricava la regola dal caso e dal risultato
Abduzione
risultato: la pecora manca degli incisivi superiori
regola: tutti i ruminanti mancano degli incisivi superiori
caso: (forse) la pecora è un ruminante
ovvero: si ricava il caso dal risultato e dalla regola
L’abduzione è rischiosa perché implica un salto logico: il caso potrebbe non essere il caso di quella
regola ma di altre possibili regole. L’abduzione tuttavia è creativa perché scopre, inventa regole e
nuove leggi, nuovi modi di spiegare i fenomeni. E’ una scommessa. A determinare l’originalità è la
scelta della regola.
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Inferenza abduttiva (ritmo dell’interpretazione): l’interpretazione avviene attraverso tre stadi:
- Acqusizione del dato (interpretante immediato -> nascono ipotesi e azioni)
- Messa in questione critica e anche cretiva (interpretante dinamico -> ipotesi + fondata)
- Sintesi di una soluzione provvisoria (interpretante logico e finale) -> tendenza all’attesa e
all’ azione
10 – Sulla semantica
Il significato è composto da vari elementi che compongono il triangolo semiotico; la diversa enfasi
che ogni programma di ricerca attribuisce ad ognuno di questi lati ne costituisce la differenza.
Mentre il referente può essere assunto come univoco, espressione e contenuto lo sono assai meno: il
contenuto può essere giudicato inseparabile dal significante o considerato autonomo.
Per la linguistica strutturale il linguaggio è una entità autonoma di relazioni interne, una rete di
dipendenze in cui i fatti del linguaggio esistono uno in ragione dell’altro, del tutto
indipendentemente da qualunque determinazione esterna al sistema
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10b – Semantica cognitiva
Per la semantica cognitivista i significati non sono entità astratte, indipendenti dai parlanti. E’
contraria inoltre all’idea categoriale del significato in nome di una concezione più sfumata e
graduale delle categorie lessicali.
Il valore di una categoria semantica dipende dal modo di organizzazione di un universo semantico
determinato.
L’analisi semica non può condurre ad un inventario finito, come avviene invece nel caso dell’analisi
del piano dell’espressione delle lingue naturali ( fonemi).
Semema: somma di una figura semica e di una base classematica. In fin dei conto è il contenuto di
un lessema in uno specifico sintagma.
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Il triangolo semiotico è così rappresentato a sinistra dal segno (o representamen ) , al vertice
dall’interpretante e a destra dall’oggetto (oggetto immediato o dinamico ).
Il segno può solo rappresentare l’oggetto e parlare di esso, non può fornirne una conoscenza diretta
o riconoscimento di quell’oggetto.
Il segno è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro, ovvero per il suo Oggetto. Ma di tutte le
proprietà di un oggetto ne seleziona solo alcune (per questo sotto qualche rispetto o capacità); la
scelta delle qualità da rappresentare si chiama scelta di pertinenza
Ma a quale oggetto si riferisce, al referente (lo stato del mondo) o al semema (unità di contenuto)
corrispondente? Peirce allora distingue tra:
- Oggetto dinamico -> realmente efficiente, ma non immediatamente presente
- Oggetto immediato -> oggetto “così il segno lo rappresenta”
L’Oggetto immediato è la somma degli attributi dell’oggetto dinamico resi pertinenti dal segno.
Per comprendere il rapporto tra il representamen e il suo oggetto immediato, occorre un interprete,
che a sua volta userà un altro segno.
L’unico modo che abbiamo per conoscere l’oggetto di un segno passa per la formulazione di un
altro segno che lo interpreti: quest’altro segno è l’interpretante.
L’azione di un segno non è diadica: un oggetto causa un segno. La vera semiosi è triadica: un
oggetto immediato causa un segno a sua volta interpretato da un altro segno.
Possiamo studiare il significato soltanto attraverso lo studio degli interpretanti, ovvero degli effetti
propriamente veicolati dal segno.
Distinguiamo allora tra.
- Interpretante emozionale ed energetico
- Interpretante logico
- Interpretante logico ultimo (o finale, o abito)
Ogni interpretante dev’essere interpretato da un altro segno; ogni interpretante rinvia quindi ad un
interpretante, in una fuga potenzialmente infinita di interpretanti. In questo modo si rivelano aspetti
inesplorati dell’oggetto iniziale e del segno corrispondente, perché il segno è qualcosa attraverso la
conoscenza del quale noi conosciamo qualcosa di più.
I segni possono essere classificati rispetto al rapporto che hanno con il loro oggetto.
Pierce parla di possibili “gradi di degeneratezza” che danno luogo a indici o icone.
- Indici (segni obsistenti): segni la cui virtù di significare il proprio Oggetto è dovuta al fatto
che hanno una relazione genuina con quell’oggetto, indipendentemente dall’interpretante. Es:
“Ehi!” -> pericolo presente, le orme lasciate su un terriccio bagnato ecc. Rapporto
causa/effetto o di contiguità.
L’indice è un segno che si riferisce all’Oggetto in virtù del fatto che è realmente determinato
da quell’oggetto.
- Icona: segno che si riferisce all’ Oggetto che esso denota semplicemente in virtù di caratteri
suoi propri: un segno è un’icona di qualcosa nella misura in cui è simile a quella cosa ed è
usata come segno di essa. Riproducono tratti o qualità essenziali dell’ Oggetto a cui si
riferiscono.
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Un simbolo è invece, come dice Peirce, un segno genuino, il quale deve la sua virtù do significare a
un carattere che può essere realizzato solo per mezzo del suo interpretante. Il linguaggio è l’esempio
principale. Si riferisce all’oggetto in virtù di una legge, di solito un’associazione di idee generali,
che opera in modo che il Simbolo sia interpretato come riferentesi a quell’ oggetto.
Eco parte da Peirce che però non era interessato a capire come fosse fatto un segno o un testo
internamente, e come la sua conformazione interna possa indirizzare l’attività dell’interprete.
Interpretando Peirce Eco si chiede:
- Cosa succede quando qualcuno interpreta un segno o un testo?
- Come è fatto un segno o un testo?
Ovvero: cosa, nel segno e nell’interprete, fa sì che il primo produca determinati effetti anziché altri
sul secondo?
Eco postula una classificazione dei modi di produzione e di interpretazione dei segni che tiene
conto di quattro parametri:
- il lavoro fisico necessario a produrre l’espressione
- il rapporto tipo-occorrenza (ratio facilis o difficilis)
- il continuum da formare, che può essere omomaterico o eteromaterico
- il modo e la complessità dell’articolazione
Ogni replica è un’occorrenza che si accorda al proprio tipo. Questo rapporto può essere di due
generi:
- ratio facilis: un’occorrenza espressiva si accorda al proprio tipo espressivo, quale è stato
istituzionalizzato da un sistema dell’espressione e in quanto tale previsto dal codice
- ratio difficilis: un’occorrenza espressiva è direttamente accordata al proprio contenuto
- sia perché non esiste tipo espressivo preformato
- sia perché il tipo espressivo è già identico al tipo del contenuto
Il significato di un termine è una unità culturale. In ogni cultura una unità culturale è
semplicemente qualcosa che quella cultura ha definito come unità distintiva da altre e dunque può
essere una persona, una località geografica, un sentimento, una speranza. Questo significa anche
che i campi semantici (cfr. materiale didattico sulla semantica) non dovranno essere considerati
altro che supposte strutture culturali e modelli di tali strutture posti dal semiologo
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“Il significato è un’unità semantica ‘posta’ in uno ‘spazio’ preciso entro un sistema semantico
Queste posizioni costituiscono le marche semantiche del semema, e queste marche possono essere
o denotative o connotative.
Marche denotative: marche la cui somma o gerarchia costituisce o identifica l’unità culturale a cui
il significato corrisponde in prima istanza e su cui si basano le connotazioni successive
Marche connotative: marche che contribuiscono alla costituzione di una o più unità culturali
espresse dalla funzione segnica precedentemente costituita.
Le selezioni contestuali registrano altri sememi comunemente associati col semema rappresentato
Le selezioni circostanziali registrano altri significati che appartengono a diversi sistemi semiotici,
oppure oggetti ed eventi assunti come segni estensivi
Eco dice che dobbiamo mettere da parte l’intentio autoris e l’intentio lectoris per concentrarsi sul
testo in riferimento alla sua coerenza contestuale e ai sistemi di significazione a cui si rifà (intentio
operis: le “ragioni del testo”). Bisogna cioè restare dentro il testo, il testo si propone infatti come
“oggetto e parametro delle sue interpretazioni”. Le intenzioni sono inscritte come tracce all’interno
del testo e configurano i processi di cooperazione tra autore e destinatario (cooperazione
interpretativa).
Un testo è incompleto perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del
destinatario; inoltre il testo lascia sempre un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e
coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto (Eco estremizza questa
posizione affermando che il testo non comunica nulla senza l’intervento di un destinatario
competente in grado di comprenderlo. Qualunque espressione postula sempre il destinatario come
l’operatore in possesso dei codici necessari per assegnare un senso all’occorrenza espressiva. Il
testo non solo non è in grado di comunicare nulla, ma non è neppure in grado di significare
alcunché in assenza di un interprete competente. Il significato non è una proprietà intrinseca del
testo, ma si situa tra il testo e le sue interpretazioni possibili.
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Se il testo evidenziasse tutti i propri presupposti sarebbe insopportabilmente ridondante. Il lettore,
attraverso un’attività inferenziale, attualizzerà uno (o più) dei percorsi interpretativi possibili del
testo stesso. il senso è “ l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella
tensione che si stabilisce tra i due.”
L’attività interpretativa del lettore è ipotetica (abduttiva), ma comunque vincolata dal testo stesso: il
testo anticipa e indirizza le mosse del lettore attraverso indizi disseminati sulla superficie espressiva
che mirano a incanalare le inferenze in alcuni percorsi prestabiliti.
Come in una sfida a scacchi l’autore deve disegnare un modello di avversario, immaginando le sue
competenze linguistiche ed enciclopediche, le aspettative, le credenze, i pregiudizi ideologici …
L’autore formula quindi un’immagine del proprio lettore ideale. Il Lettore Modello si muove
interpretativamente così come l’autore si è mosso generativamente. Questo lettore modello non è il
lettore empirico, è solo un ruolo astratto, è l’insieme delle mosse interpretative che il testo
incoraggia o autorizza a compiere. Prevedere il proprio Lettore Modello non significa solo ‘sperare’
che esista, significa anche muovere il testo in modo da costruirlo. Un testo non solo riposa su, ma
contribuisce a produrre una competenza.
Tutti gli atti comunicativi sono in qualche misura “aperti”, ovvero richiedono la collaborazione del
destinatario; ambiguità e incompletezza sono insiti in ogni testo.
Il destinatario a sua volta cercherà nel testo le intenzioni dell’autore, cioè l’Autore Modello. La
figura dell’autore modello è l’immagine dell’autore così come la si può ricavare dalla lettura del
testo e va distinto dall’autore empirico (la biografia dell’autore è irrilevante in una prospettiva
semiotica), sia AM che LM sono solo strategie testuali. Non dobbiamo indagare la psicologia
dell’autore, a noi interessa l’Autore così come ce lo presenta il testo.
La cooperazione testuale si realizza dunque tra due strategie discorsive e non tra due soggetti
empirici.
L’attualizzazione dei contenuti è concepita come una serie di mosse interpretative che riguardano i
movimenti compiuti dal lettore
- in intensione (per ricostruire le strutture di senso intrinseche al testo)
- in estensione (per decidere se il testo si riferisce a individui/eventi del “mondo reale” oppure
a mondi narrativi diversi)
Per quanto riguarda le intensioni una delle mosse interpretative fondamentali consiste nella
decisione circa il topic del discorso, ovvero l’argomento (e di conseguenza il piano di coerenza
all’interno del testo). Si passa dai topic parziali ai topic totali. Il topic è movimento cooperativo, è
uno schema abduttivo proposto dal lettore. La topicalizzazione è in larga misura guidata dal testo
stesso, in particolare dal paratesto e da indizi linguistici che mirano a evidenziare la presenza di
isotopie testuali. Le ridondanze semantiche (permanenza di semi astratti e concreti lungo il testo o
lungo parti di esso) o isotopie permettono all’interprete di decidere circa il topic.
L’isotopia è un fenomeno semantico, mentre il topic è un fenomeno pragmatico.
Il lettore ricostruisce la fabula (contrario dell’intreccio, ovvero la sequenza di azioni ordinata
temporalmente) attraverso una serie di macroproposizioni. Si costruisce la fabula al livello di
astrazione che si giudica interpretativamente più fruttuoso.
Sul versante delle estensioni il lettore deve decidere se ha di fronte una narrativa naturale o
artificiale. Nel corso dell’allestimento del mondo narrativo il lettore è sollecitato a collaborare con il
testo, anticipando gli stati successivi della fabula (passeggiate inferenziali). Eco visualizza la fabula
come una sorta di rete di svincoli ferroviari: quando arriva a certi punti di disgiunzione di
probabilità (snodi narrativi) il lettore è invitato ad azzardare alcuni sviluppi possibili che poi
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vengono confermati, disattesi o lasciati in sospeso dal testo. Il lettore, giunto a uno snodo narrativo,
configura un possibile corso di eventi o un possibile stato di cose e con le sue inferenze contribuisce
alla costruzione dei mondi possibili testuali. I mondi possibili non sono altro che corsi di eventi.
Il lettore fa una congettura sull’intentio operis ma essa può essere accettata solo se viene
riconfermata dal complesso del testo come un tutto organico: per essere accettabile, una lettura va
confrontata con i dati testuali. Un testo è la strategia che costituisce l’universo delle sue
interpretazioni - se non ‘legittime’, legittimabili. Se il lettore si lancia nell’interpretazione
trascurando le indicazioni del testo allora va incontro all’uso (fuorviante) del testo. Il testo
interpretato impone delle restrizioni ai suoi interpreti: i limiti dell’interpretazione coincidono con i
diritti del testo. Questo non significa escludere la collaborazione del destinatario: la nozione di
interpretazione coinvolge sempre la coppia testo-lettore, ossia una dialettica tra strategia dell’autore
e risposta del Lettore Modello
Guardiamo ora alle isotopie come linee guida del testo che rendono possibile una lettura coerente.
Greimas introduce questo termine per designare l’iteratività dei classemi. In seguito Greimas
considera l’isotopia come la ripresa, lungo il testo, di semi che si ripetono, si rincorrono, si
richiamano e fanno rima e risonanza tra loro.
Quindi per isotopie intendiamo ogni forma di ridondanza di semi che produce ridondanza
semantica. I testi sono attraversati e sorretti da un reticolo complesso di isotopie e i cosiddetti testi
“aperti” non sono altro che testi pluri-isotopici.
Le isotopie intrattengono tra loro relazioni variabili che possono essere di:
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- Gerarchia
- Derivazione
- Incassamento
- Corrispondenza
- Disgiunzione
L’isotopia fondamentale è quella che consente una lettura uniforme del testo. Questa intrattiene con
le altre isotopie rapporti gerarchici (es: gerarchia tra isotopie tematiche e isotopie figurative).
Il tema riprende i valori già attualizzati nella semantica narrativa (il quadrato), li riformula, li
tematizza (es: valore “libertà” come evasione o come ribellione). Il tema può essere a sua volta
realizzato da articolazioni semantiche più concrete altrimenti dette “figurative”.
Esistono quindi isotopie figurative e isotopie semantiche che intrattengono diversi tipi di relazioni
tra di loro:
- Un’isotopia figurativa senza corrispondenze tematiche (ricetta di cucina)
- Un’isotopia figurativa che corrisponde ad un’isotopia tematica
- Un’isotopia figurativa che rimanda a più isotopie tematiche e viceversa
- Possiamo anche trovare connettori isotopici (il fumo della sigaretta ne “La coscienza di
Zeno”)
15 - Sintassi discorsiva
Chi nel testo parla, vede, da quale angolazione o punto di vista osserva, che cosa focalizza e come
reagisce passionalmente a ciò che accade?
Se esiste un testo esiste un processo che lo ha prodotto, ovvero una istanza che lo ha enunciato.
Enunciazione: istanza semiotica logicamente presupposta dall’esistenza stessa dell’enunciato.
Enunciazione -> Enunciato.
Si tratta del dispositivo attraverso il quale qualcuno converte la virtualità della propria competenza
linguistica nella realizzazione concreta di un enunciato (passaggio dalla langue alla parole,
annunciando la propria presenza come soggetto).
La soggettività si manifesta attraverso maschere pronominali quali “io” e coordinate temporali quali
“ora”. La categoria di persona si oppone a quella di “non persona”: egli e loro. Entrambe le
categorie articolano però forme vuote, e grazie a questo ogni parlante può appropriarsene e
designarsi come “io”.
Intorno ai pronomi personali si organizzano una serie di indicatori (deittici) che riguardano il tempo
e lo spazio (qui, adesso): tessono una rete di relazioni spaziali e temporali intorno al soggetto inteso
come punto di ancoraggio.
Differenza tra storia e discorso: diversi modi di iscrizione nella soggettività, diversità rispetto alla
categoria di persona, diversa distribuzione dei tempi verbali (il passato è il tempo della storia).
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La teoria dell’enunciazione si è orientata verso due principali direzioni:
- Enunciazione pragmatica: luogo degli atti di riferimenti e di quelli linguistici
- Enunciazione linguistica: tutta interna al testo, in cui l’enunciazione è intesa come l’istanza
di mediazione tra competenza linguistica virtuale e attualizzazione discorsiva, tra sistema e
processo.
Non sempre colui che parla è anche colui che guarda (e quindi valuta). Spesso chi parla delega la
sua competenza a personaggi interni al testo, che vengono detti “attanti osservatori”.
Attante osservatore: soggetto cognitivo incaricato di esercitare il fare “ricettivo” ed eventualmente
interpretativo. E’ il punto di vista del testo sul mondo rappresentato
Esistono anche attanti informatori.
Focalizzare: installare nel discorso un osservatore che costituisce il punto di vista proiettato sul testo
Ma anche: delimitare, ritagliare o sottolineare il focus del discorso.
Dal dècalage di questi due assi risultano fenomeni di durata o rapidità, dilatazione o contrazione,
ordine o disordine.
Aspettualizzazione: trasforma i fenomeni narrati in processi che si svolgono sotto gli occhi di un
osservatore installato nel testo. Aspetto: il “punto di vista” sull’azione. Non solo chi osserva, ma
come osserva. Le marche aspettuali modulano la temporalità interna all’azione caratterizzandola
con i semi di duratività o di puntualità, di incoatività o di terminatività.
Aspettualizzazione temporale:
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- Duratività/Puntualità (Luigi mangia una mela -> puntuale, Luigi gironzolava per la cucina
cercando qualcosa da mangiare -> durativo)
- Iteratività ( Ogni sera dopo cena Luigi mangia una mela)
- Incoatività/Terminatività ( Luigi inizia a mangiare una mela -> incoativo, Luigi ha appena
finito di mangiare -> terminativo)
Ritmo: un’attesa tra due raggruppamenti di elementi dotati di una stessa formazione e che si
ripresentano a intervalli ricorrenti. Instaura diversi orizzonti di attesa (digressioni, ellissi, ecc…)
Elementi:
- piano dell’espressione -> suoni, rime cromatiche
- Piano del contenuto -> episodi che rimano tra loro, ripetendosi identici a intervalli
regolari
Tensione: gli effetti tensivi sono prodotti da processi di condensazione o di espansione sia a livello
discorsivo, sia a livello semio-narrativo (espansione dei programmi narrativi).
Effetti intensivi: crescita della tensione
Effetti distensivi: calo emotivo
La tensività sembra inoltre fondare anche l’intensità passionale.
Debrayage spaziale.
Distinguiamo tra spazio rappresentato e spazialità.
Distinguiamo tra:
- Effetto di spazio: allestimento figurativo del testo a livello di manifestazione discorsiva
(spazio narrato): toponimi e figure come città, paesaggi, monti e fiumi, strade.
- Spazio narrante: principio organizzatore di ogni discorso e luogo di investimento di valori
narrativi profondi. La spazialità diviene un dispositivo strutturante del testo
Lo spazio può essere considerato in base agli assi della verticalità, orizzontalità e prospettiva, ma
anche in rapporto al volume: contenente/contenuto, inglobante/inglobato. In rapporto alla superficie
lo spazio può essere circondante/circondato.
L’articolazione dello spazio dipende però da “chi vede”, dal punto di vista.
L’effetto di spazio è quindi prodotto attraverso strutture aspettuali e tensive; lo spazio è tale per un
soggetto che in esso si iscrive. Ancoraggio della visione e della percezione spaziale è quindi il
corpo. Lo spazio viene riorganizzato (sull’asse sintagmatico) in base a categorie percettive che
rispondono ai movimenti del corpo e dello sguardo dei personaggi, ai loro pensieri, ai loro scopi. Si
tratta di una sorta di referenzializzazione incrociata tra spazio e soggetto.
Dall’organizzazione spaziale spasso dipende l’organizzazione stessa del sapere, fondata su direzioni,
articolazioni topologiche, schemi geometrici.
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L’osservatore costituisce un termine di riferimento (nella scelta, per esempio, dei predicati
qualificativi) in base al quale si determinano anche le dimensioni (piccolo/grande) e le distanze
(vicino/lontano). L’osservatore non solo percepisce, ma reagisce e patisce.
Per Greimas le passioni sono organizzazioni sintagmatiche di stati d’animo. Fabbri indica quattro
componenti per ridefinire l’affettività iscritta nel linguaggio:
- Modale
- Temporale: vi sono passioni che guardano al passato, presente o futuro. Anche il tempo è
costituito dalla forma passionale
- Aspettuale: legata alla temporalità, pone questioni relative alla duratività, l’incoatività e la
terminatività
- Estesica: riguarda la sensorialità iscritta nelle passini. Il timismo moralizza e trasforma non
solo i nostri pensieri, ma la nostra stessa percezione. Non esiste passione senza corpo. Le
passioni riarticolano anche le relazioni tra soggetti e soggetti.
16 – L’ immagine
Critica di Eco all’iconismo: cosa l’interprete di un’icona deve riconoscere per riuscire ad
interpretarla?
E’ iconico quel segno che possiede alcune proprietà dell’oggetto rappresentato; un segno iconico è
quello simile, per alcuni aspetti, a ciò che denota.
Ma quali aspetti? Sempre per Eco, i segni iconici riproducono alcune condizioni della percezione
dell’oggetto, ma dopo averle selezionate in base a codici di riconoscimento e averle annotate in base
a convenzioni grafiche. L’icona è tale perché riproduce alcune delle condizioni di percezione
richieste dall’oggetto.
In che senso quello visivo è un linguaggio, qualcosa che può parlare d’altro che di se stesso? Il
concetto di riconoscimento, dice Greimas, dipende dal problema più generale della leggibilità del
mondo detto naturale, e cioè di una lettura umana del mondo e non del mondo stesso. Si tratta di
una griglia di lettura che ci rende il mondo significante consentendo di identificare le figure come
degli oggetti, di classificarle. Questa griglia di natura semantica rende il mondo intelligibile. Questa
griglia è sottoposta al relativismo culturale.
La lettura iconizzante è una semiosi perchè seleziona dei fasci di tratti visivi di densità variabile,
che costituisce in formanti figurativi, attribuendo loro dei significati, e trasformandoli in segni
oggetto.
Formante: unità di significante riconoscibile nel momento in cui viene inquadrata nella griglia del
significato, come rappresentazione parziale di un oggetto del mondo naturale.
La figuratività ha gradi e livelli variabili, ad esempio l’iconizzazione e astrazine. Una dimensione
figurativa è presente nei linguaggi verbali a livello di contenuto (metafore, metonimie).
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Categorie topologiche: rettilinee: alto/basso e destra/sinistra; curvilinee: periferico/centrale e
circoscrivente/circoscritto. Strutturano l’intera superficie inquadrata tracciandovi assi o delimitando
aree: segmentano l’insieme in parti discrete e orientano i percorsi di lettura.
Il problema dello studio di sistemi non linguistici, e cioè non dotati della doppia articolazione: come
funziona per esempio la percezione visiva? Si può non tanto considerare la pittura come linguaggio,
ma un quadro come un testo, dotato sia di un sistema, sia di un processo.
Il testo individuale risulta così valorizzato come artificio semiotico orientato a stabilire connessioni
proprie, lontane da eventuali sistemi più generali che lo comprendono, ma caratterizzanti il singolo
fenomeno come un tutto. Nel testo si cercano contrasti di colore resi pertinenti dal testo stesso
(categorie cromatiche), contrasti fra direzioni topologiche e tra figure geometriche astratte
(categorie eidetiche), e cioè dei contrasti plastici che rimandano a delle categorie di contenuto che si
suppongono loro correlate per la produzione dell’effetto di senso generale
Sembra allora legittimo affiancare al principio di coerenza semantica (isotopia) quello di una
parallela coerenza plastica, che Calabrese chiama isografia
L’enunciazione vale anche per i testi pittorici. Il volto di profilo “è distaccato dall’osservatore” e,
con il corpo in azione, appartiene “allo spazio che condivide con altri profili posti sulla superficie
dell’immagine”; Quando invece un quadro ci mostra un volto rivolto verso l’esterno “viene
accreditata un’attenzione, uno sguardo latentemente o potenzialmente rivolto all’osservatore, e
corrisponde al ruolo dell’‘io’ nel discorso, con il suo complementare ‘tu’”
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Tre sono allora le procedure che definiscono la presenza dell’io-tu/egli nella pittura figurativa:
– nel quadro è rappresentata una figura antropomorfa del mondo naturale che
manifesta l’istanza dell’enunciazione attraverso una somatica (gesti, sguardi,
posture);
– nel quadro è presente una struttura geometrica che fa coincidere l’organizzazione
dello spazio con l’organizzazione ottica (prospettiva), manifestando un punto di vista
soggettivo;
– nel quadro può apparire la “mano” del pittore, o attraverso la grafica o il materiale
pittorico.
Se i primi due fanno parte dello spazio rappresentato (finto o finzionale) del mondo naturale, il
terzo caratterizza il vero e proprio spazio di rappresentazione; la firma, la pennellata, gli stilemi in
generale, sono tutte tracce dell’autore empirico simulacralmente presente nel testo, tracce che hanno
una specifica funzione “riflessiva”, cioè richiamano la nostra attenzione sul fatto che è stato
compiuto un atto di enunciazione
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