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Malattie

del cuore
e
dei vasi
Endocardite.
1. Malattia reumatica (febbre reumatica, reumatismo poliarticolare).
Definizione.
Malattia infiammatoria sistemica causata da una risposta immunitaria abnorme da una infezione
delle vie aree superiori da streptococco A β emolitico, organi interessati:
• Cuore – pericardio, miocardio, endocardio.
• SNC.
• Sierosa pleurica, peritoneale, pericardica.
• Cute.
• Articolazioni.
• Vasi arteriosi.

Eziologia e fisiopatologia.
Infezione – streptococco A β emolitico (più frequentemente a livello dell’orofaringe: tonsillite,
faringite, sinusite).
Risposta immunitaria abnorme – ipersensibilità ritardata contro Ag dello streptococco.
Febbre reumatica – dopo un periodo di latenza 1-3 settimane. Il percorso infiammatorio a livello
cardiaco è il risultato di reazione antigenica crociata, per analogia strutturale fra le proteine dello
streptococco e quelle delle cellule cardiache.
• Fase essudativa – degenerazione fibrinoide del collagene.
• Fase proliferativa – formazione di noduli di Aschoff.
• Cicatrice – deformazione valvolare (stenosi o insufficienza).

Quadro clinico.
1. Sintomatologia generale di un processo infettivo:
• Febbre.
• Malessere generale.
• Astenia.
2. Sintomi e degni della cardite (compare quando l’infezione batterica non è più in fase acuta):
• Pericardite.
i. Dolore precordiale.
ii. Sfregamenti.
iii. Versamento pericardico.
• Miocardite.
i. Tachicardia.
ii. Cardiomegalia.
iii. Ritmo a Galoppo.
iv. Aritmie.
• Endocardite. A distanza + o – lungo dalla fase acuta si manifesta l’esito dell’endocardite e i danni irreversibili degli
apparati valvolari.
i. Riduzione di ampiezza dei toni cardiaci (edema dei lembi).
ii. Soffio sistolico a bassa intensità.
3. Cute:
• Eritema marginato.
• Noduli sottocutanei.
4. Articolazioni:
• Artrite migrante.
5. SNC: Corea.

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Diagnosi.
1. Aumento dei titoli anticorpali specifici.
2. Segni infiammatori aspecifici: ↑VES, PCR, leucocitosi.
3. Coltura faringea positiva per streptococco A.
4. Criteri di Jones:
a. Maggiori:
i. Cardite.
ii. Poliartrite.
iii. Corea.
iv. Noduli sottocutanei.
v. Eritema.
b. Minori:
i. Febbre.
ii. Anamnesi di febbre reumatica o cardiopatia reumatica.
iii. VES o PCR elevate.
iv. ECG: allungamento intervallo P-R.
Per diagnosi 2 criteri maggiori o 1 maggiore + 2 minori.

Prognosi.
• Risoluzione spontanea della malattia sistemica in 1-2 mesi. Può residuare esiti cicatriziali delle
valvole.
• Recidività del 50%.
• La prognosi dipende dalla cardiopatia.

Terapia.
• Riposo assoluto durante la fase acuta.
• Terapia antibiotica.
• Acido acetilsalicilico (ASA) ad alte dosi per 9-12 settimane.
• Corticosteroidi.
• Profilassi delle recidive nei soggetti a rischio, antibiotici per peridi lunghi (+ di 5 anni).

2. Endocardite batterica.
Definizione.
Infezione miocardica dell’endocardio che colpisce più frequentemente le valvole cardiache.

Epidemiologia.
• Massima incidenza attorno 50 anni.
• M>F.
• Soggetti a rischio:
 Portatori di protesi valvolari.
 Valvulopatie congenite o acquisite.
 Cardiopatie congenite.
 Uso di stupefacenti.
 Immunodepressi.
 Ripetute batteriemie transitorie dovute a procedure non sterili nell’ambito ospedaliero.

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Eziologia.
1. Streptococchi >50% .
• Viridans (α emolitico) + diffuso, colonizzazione orofaringea.
• Bovis – negli anziani.
• Fecalis – enterococco.
2. Stafilococchi ~33%.
• Aureus – tossicodipendenti, portatori di protesi valvolari.
• Epidermis – protesi valvolare.
3. G- 5% - fanno parte della flora orofaringea.
4. Funghi.
5. Anaerobi.

Patogenesi.
Le caratteristiche lesioni vegetanti sono formati da complessa interazione tra endotelio, sistema
emostatico e i microrganismi circolanti.
1. Fisiopatologia delle valvole lese (endocardite subacuta).
Flusso sanguigno turbolente provoca danno endoteliale→aggregazione di piastrine e fibrina→il
coagulo forma una vegetazione che successivamente viene colonizzata da batteri provenienti da
in’infezione focale distante o da una transitoria batteriemia→moltiplicazione dei microbi che
reclutano piastrine e fibrina e determinano espansione della vegetazione.
Le vegetazioni causano:
• Lesioni locali – necrosi.
• Embolia periferica.
• Immunocomplessi.
2. Fisiopatologia delle valvole sane (endocardite acuta).
Causata da una batteriemia (origine d fochi di infezione: cute, tratto urogenitale).
Microrganismi ad elevata patogenità: Stafilococcus Aureus, Neisseria Gonorrea, Pneumococco.
In quelle associate ad abuso di stupefacenti per via EV prevale l’interessamento della valvola
tricuspidale.

Quadro clinico.
La triade febbre, batteriemia e soffio fanno sospettare si una endocardite infettiva.

Manifestazione Anamnesi Obiettività


Febbre. Febbre.
Brividi. Pallore.
Infezioni sistemiche Sudorazione. Calo ponderale.
Malessere, astenia. Astenia.
Anoressia. Splenomegalia.
Artralgia e mialgia.
Soffio >90% dei casi R
da rigurgito, da rottura
di una corda tendinea o perforazione valvolare.
Segni di scompenso cardiaco.
Petecchie cute, occhi, mucose.
R

Ictus. Segni di Roth emorragia retinica.


R

Dolore addominale. Noduli di Osler noduli eritematosi dolenti a


Lesioni intravascolari
R

Vasculite. livello delle dita.


Lesioni di Janeway lesioni eritematosi
R

maculari nelle ditta, palmo piante del piede.


Ictus.
Ischemia o infarto dei visceri.

Reazioni immunologiche Artralgia. Artrite.


Mialgia. Uremia.

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Diagnosi strutturale.
1. Esami di laboratorio.
• Emocultura – isolamento di un agente eziologico (consigliato eseguire 3 prelievi a distanza
di un’ora l’uno dall’altro.
• Anemia normocroimica e normocitica.
• Leucocitosi.
• ↑VES e PCR.
2. ECG – prolungamento intervallo P-R, indici infezione del sistema di conduzione.
3. RX torace – evidenzia precoce di scompenso cardiaco e di ingrandimento delle cavità cardiache.
4. Ecocardio doppler:
• Presenza e localizzazione dei vegetazioni.
• Quantità del rigurgito,
• Funzione del ventricolo Sx.
• Complicazioni quali perforazione valvolare, ascessi.

Complicanze.
1. Sepsi mortale.
2. Scompenso cardiaco – 30% da rigurgito, 20% da valvulopatia mitralica.
• Perforazione delle valvole.
• Rottura di corda tendinea.
• Formazione di ascesso perivascolare.
3. Emboli sistemici – SNC, polmoni (embolia polmonare settica), milza, intestino, arti, coronarie.
4. Formazione di ascessi – oltre l’anulus valvolare. Rischio elevato di mortalità.
5. Aneurismi micotici – raro.

Terapia.

Antibiotici – il tipo di farmaci, la dose e il periodo dipendono dal tipo dell’agente eziologico. Si
tratta di lunghi periodi (2-6 settimane).

Chirurgia – necessaria in circa 1/3 dei casi:


• Nello scompenso cardiaco.
• Negli importanti eventi embolici recidivanti.
• Endocardite delle protesi valvolari.

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Valvulopatie.
I vizi valvolari sono anomalie di funzione delle valvole cardiache conseguenti ad alterazioni
anatomiche dei lembi e/o dell’apparato valvolare nel suo complesso. Schematicamente i vizi
valvolari possono essere classificati in base a:
• Natura del vizio:
o Stenosi – restrizione di una valvola cardiaca con conseguente ostacolo nel passaggio
di sangue in senso anterogrado.
o Insufficienza – incompleta chiusura di una valvola con conseguente rigurgito
ematico in senso retrogrado.
o Steno-insufficenza – valvola cardiaca presenta 2 alterazioni, stenosi e insufficienza.
• Sede del vizio:
o Valvole del cuore Sx – mitrale, aortica.
o Valvole del cuore Dx – tricuspide, polmonare.
• Eziologia del vizio.
o Reumatica – la causa più comune, anomalie congenite.
o Endocardite infettiva, cardiopatia ischemica.
o Cardiomiopatia – degenerazione del connettivo.

Stenosi mitralica.
Definizione.
Restringimento dell’orifizio valvolare mitralico che comporta ipertrofia e dilatazione dell’atrio Sx
con ipertensione endoatriale, e successiva ipertensione arteriosa polmonare.

Eziologia.
La febbre reumatica rappresenta l’eziologia più frequente della stenosi mitralica. I lembi valvolari
sono ispessiti da tessuto fibroso e da depositi calcifici e le commisura sono fuse. Di consegue le
cuspidi valvolari diventano ipomobili e rigidi e ciò causa il restringimento della valvola. Il diametro
dell’ostio si riduce così da 4-6cm2 a meno di 1cm2.

Fisiopatologia.
• Il quadro clinico della stenosi mitralica si manifesta prevalentemente a monte della lesione,
cioè manifestazioni a carico dell’atrio Sx con evoluzione retrograda.
• Il ventricolo Sx non subisce nessun’alterazione morfologico o funzionale.
• I gradi di severità, l’area valvolare:
o >1½cm2 – lieve,
o 1-1 ½cm2 – medio.
o <1cm2 – grave.

Stenosi mitralica compensata – quando la superficie della valvolare si riduce a 1½cm2, il


passaggio di sangue in diastole dall’atrio in ventricolo Sx è garantito mediante meccanismo di
compenso cardiaco: aumento della pressione atriale Sx. L’aumento della pressione atriale determina
gradiente pressorio atrioventricolare (lieve – inferiore a 8mmHg, medio – 8-12mmHg, grave -
>12mmHg).

Stenosi mitrale in fase iniziale – riduzione del lume valvolare sotto a 1½ cm2 provoca aumento
significativo della pressione atriale Sx che non è più silente, e determina incremento della pressione
nelle vene e nei capillari polmonari con la congestione venosa polmonare. I sintomi di questa fase
sono la dispnea da sforzo (da rigidità polmonare), l’edema polmonare e emottisi per la rottura di
connessioni venose polmonari.
Pressione = flusso * resistenza ↔pressione atriale = portata/stenosi.

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Tutte le situazione che aumentano la portata cardiaca e/o la frequenza causano un critico
aggravamento dei sintomi (crisi pressorie – edema polmonare acuta).
Stenosi mitrale in fase avanzata – il quadro successivo è legato allo sviluppo dell’ipertensione
arteriosa polmonare secondario all’ipertensione venosa. Quando l’ipertensione venosa polmonare è
cronica, si instaura progressivamente un’ipertensione arteriosa polmonare (per ridurre l’ipertensione
venosa), prima di tipo fisiologico reversibile (mediante vasocostrizione), ma dopo di tipo anatomico
irreversibile (con ispessimento vasale). L’ipertensione polmonare secondario determina postcarico
sul ventricolo Dx, questo ventricolo si ipertrofizza e quindi si dilata e può andare a scompenso
cardiaco Dx.

Quadro clinico.
La fase precoce è asintomatico, completamente compensato.
Dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna, edema polmonare – procedute da tachicardia,
sono le più frequenti espressioni della stenosi mitralica con ipertensione venosa polmonare
(congestione polmonare) e conseguente rigidità polmonare. La dispnea è abitualmente da sforzo
prima intenso poi lieve.
Emottisi.
Astenia a affaticamento – espressioni di ridotto flusso transmitralico e da incapacità dell’atrio Sx di
trasferire il sangue ventricolo attraverso l’ostio mitralico.
Palpitazioni – la più frequente manifestazione è dalla fibrillazione atriale parossistica o
permanente.
Embolie sistemiche – conseguenti della formazione di trombi nell’atrio Sx dilatato e nell’auricola
Sx, il risultato della stasi ematica e della fibrillazione atriale cronica.

Esame fisico.
Ascoltazione:
a. Fase di ipertensione venosa con lembi valvolari ancora mobili:
• I tono (calcificazioni e fibrosi) di intensità accentuata e di breve durata.
• Click di eiezione (tono vascolare polmonare). Con l’evoluzione della malattia,
↑ rigidità →↓intensità del I tono.
• Schiaccio di apertura – il segno ascoltatorio più importante, per la brusca tensione del
lembo anteriore mitralico al momento della massima escursione della sua apertura.
• Soffio diastolico a carattere rullante – con massima intensità all’inizio della diastole, più
lungo più severo è la situazione.
b. Fase di ipertensione polmonare arteriosa:
• Dilatazione dell’arteria polmonare:
o Click protosistolico.
o Soffio diastolico in decrescendo ad alta frequenza (espressione di insufficienza
polmonare secondaria).
• Segni di scompenso Dx e congestione venosa sistemica:
o Pallore.
o Cianosi.
o Turgore giugulare.
• Diminuita portata per vasocostrizione periferica e cardiaca:
o Edema declive.
o Astenia.
ECG – la dilatazione dell’atrio Sx porta ad una aumentata durata ed ampiezza dell’onda P, inoltre
onde di fibrillazione atriale.
Ecocardio doppler –
• Misura dilatazione atrio Sx.

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• Misura pressione arteriosa polmonare.
• Rileva presenza di trombi in atrio Sx.
RX torace – dilatazione dell’atrio Dx, Sx, calcificazioni.

Terapia.
Tutti i pazienti portatori di vizi valvolari devono effettuare la profilassi reumatica e la profilassi
dell’endocardite infettiva.
La terapia farmacologica:
• Diuretici – pz sintomatici dispnea (furosamide).
• Digitale – nei casi di fibrillazione atriale e scompenso Dx.
• Anticoagulanti – in pz con complicanze emboliche.
Chirurgia – valvuloplastica, sostituzione valvolare.

Definizione.
Ostruzione di grado variabile all’afflusso del sangue dall’atrio Sx a livello della valvola mitrale durante il riempimento
diastolico del ventricolo Sx, esito della cardite reumatica dell0infanzia.

Eziopatogenesi.
Valvulite reumatica: fusione delle commissure accorciamento delle corde tendinee, calcificazione dell’apparato
valvolare.

Fisiopatologia.
Graduale incremento pressorio in atrio Sx, gradiente pressorio transvalvolare mitralico, ipertensione venosa e capillare
polmonare. Ipertensione arteriosa polmonare passiva o reattiva, malattia vascolare polmonare, insufficienza cardiaca
Dx, ridotta portata cardiaca.

Sintomatologia.
Dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna, edema polmonare, astenia, affaticamento, limitazione dell’attività
fisica, palpitazioni.

Complicanze.
Emottisi, trombosi atriale Sx e/o valvolare, embolie sistemiche o polmonari, fibrillazione atriale, infarto polmonare,
endocardite infettiva.

Reperti obiettivi.
Fecies mitralica, I tono di forte intensità, schiaccio d’apertura mitralico, rullio diastolico con rinforzo presistolico.

ECG.
Ritmo sinusale o aritmia da fibrillazione atriale, ingrandimento atriale Sx, ipertrofia ventricolare Dx.

Radiografia del torace.


Stasi polmonare, ingrandimento atriale Sx, sporgenza dell’arteria polmonare, dilatazione delle sezioni Dx del cuore.

Diagnosi.
Ecografia, cateterismo cardiaco.

Terapia medica.
Digitale, diuretici, anticoagulanti, antiaritmici.

Terapia con catetere.


Valvuloplastica mitralica percutanea con palloncino.

Terapia chirurgica.
Commissurotomia chirurgica.
Sostituzione della valvola mitrale con applicazione di protesi valvolare.

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Insufficienza mitralica.
Definizione.
Mancata completa chiusura della valvola mitrale con conseguente riflusso ematico nell’atrio Sx
durante la sistole. L’insufficienza mitralica può essere con insorgenza acuta oppure cronica.

Eziologia.
L’insufficienza è legata ad alterazioni delle componenti dell’apparato valvolare mitralico.
• L’insufficienza primaria per alterazioni primitive dell’apparato valvolare.
• L’insufficienza secondaria per disfunzione dell’apparato in seguito a dilatazione della
camera ventricolare Sx.
Lembi, le alterazioni dovuti a:
• Malattia reumatica.
• Endocardite infettiva.
• Forme degenerative.
Anello mitralico le alterazioni dovuti a:
• Dilatazione secondaria alla dilatazione del ventricolo Sx.
• Calcificazione.
Corde tendinei possono rompersi spontaneamente per:
• Prolasso valvolare mitralico.
• Endocardite infettiva.
• Trauma.
• Ischemia dovuta a “tethring” delle corde.
Muscoli papillari possono essere danneggiati:
• Cardiopatia ischemica.

Fisiopatologia.
Nell’insufficienza mitralica, si ha coinvolgimento della camera a vale della valvola lesa a differenza
della stenosi mitralica.

ventricolo Sx.
La conseguenza della insufficienza valvolare è il rigurgito di sangue dal ventricolo Sx verso l’atrio
durante la sistole. Ad ogni diastole ritorna al ventricolo Sx, oltre alla quantità di sangue affluito dal
circolo polmonare in atrio Sx, anche la quota di sangue rigurgito dal ventricolo all’trio Sx nella
sistole precedente. Il ventricolo Sx si adatta dilatandosi e ipertrofandosi per mantenere la gittata
cardiaca efficace. Col passare del tempo, la gittata cardiaca efficace tende a ridursi e quindi l’sito
finale è quello di una riduzione della portata cardiaca (scompenso cardiaco Sx→iperfusione
periferica.

Atrio Sx.
Nell’insufficienza cronica – si verifica un progressivo adattamento dell’atrio che consente una
dilatazione atriale Sx. In questo caso la pressione all’interno dell’atrio non si innalza di molto, e
quindi si crea a monte una condizione di ipertensione venosa polmonare moderato (a differenza
dalla stenosi mitralica). Il disturbo emodinamico principale è quello di riduzione della portata
cardiaca, mentre i sintomi della congestione polmonare sono moderati o assenti.
Nell’insufficienza acuta – l’associazione di rigurgito massivo e di insorgenza brusca non
consentono l’adattamento progressivo dell’atrio Sx, che non si dilata. Pertanto si ha brusca
diminuzione della pressione atriale Sx e di conseguenza ipertensione venosa polmonare acuta.
L’evoluzione è rapido peggioramento verso l’edema polmonare acuto.

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Quadro clinico.
A lungo è ben tollerata, il pz inizialmente è asintomatico successivamente presenta astenia e
dispnea e fibrillazione atriale e sintomi di congestione.
IM cronica – dilatazione atriale, bassa portata cardiaca (ipoperfusione periferica).
IM acuta – ipoperfusione periferica, ipertensione polmonare secondario.

Segni.
Soffio sistolico olosistolico nei casi importanti, mesosistolico in quei lievi per rigurgito di sangue.
Compare il III tono.

Indagini strumentali.
RX torace – studia la stasi polmonare.
Ecocardio – valutazione anatomica e funzionale della malattia “insufficienza mitralica”:
• Morfologia della valvola mitralica.
• Presenza e gravità del rigurgito.
• Dimensioni e funzione del ventricolo Sx.
• Dimensioni dell’atrio Sx.
• Valutazione delle cavità Dx.
Cateterismo cardiaco – misura dei valori pressori atriali Sx.
Ventricolografia Sx con mezzo di contrasto – studio della volumetria e funzionamento ventricolare
Sx.

Terapia.
Terapia medica – forme lieve, profilassi antibatterica dell’endocardite infettiva.
Forme medie e grave, terapia per alleggerire e migliorare le prestazioni del ventricolo Sx e per
impedire l’evoluzione della disfunzione con l’uso di farmaci ACE-inibitori.

Terapia chirurgica – pazienti in classe IV con marcata depressione della funzione ventricolare e
FE molto depressa (<30%).
Gli interventi sono sostitutivi o conservativi.

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Definizione.
Reflusso sistolico dal ventricolo all’atrio Sx per incontinenza della valvola mitralica.

Eziologia.
Alterazioni dell’apparato mitralico (lembi valvolari, anello mitralico, corde tendinee, muscoli papillari) – IM primaria o
dilatazione della camera ventricolare (IM secondaria). Cause: malattia reumatica, endocardite infettiva, degenerazione
mixomatosa, rottura delle corde tendinee, cardiopatia ischemica, cardiomiopatia dilatativa ecc.

Fisiopatologia.
Rigurgito con bassa impedenza, scarso stimolo a produrre ipertrofia adeguata, aumento del volume tele diastolico
ventricolare Sx con FE conservata inizialmente, indici di contrattilità che si riducono nel tempo con manifestazioni di
disfunzione ventricolare Sx che condiziona l’evoluzione della malattia. Gravità definita dall’entità del rigurgito e dalla
compromissione ventricolare. Nell’IM acuta: manca ipertrofia, scarsa dilatazione, marcato incremento delle pressioni
diastoliche ventricolari e atriali Sx.

Quadro clinico.
IM cronica: asintomatica per anni, poi affaticabilità, quindi insufficienza ventricolare Sx (dispnea da sforzo, dispnea
parossistica notturna, edema polmonare acuto e cronico, fibrillazione attuale). IM acuta: edema polmonare acuto, shock
cardiogeno.
Obiettività: I tono indebolito, soffio sistolico 2-5-/6 puntale, propagato all’ascella e/o al mesocardio. Possibili III tono,
tono d’apertura mitralica e rullio mesodiastolico da flusso transmitralico torrenziale.

Indagini strumentali.
ECG, radiografia del torace: informazioni non specifiche.
Ecocardio doppler: essenziale perché quantifica dimensioni e funzione ventricolare e atriale Sx e rigurgito mitralico.
Cateterismo cardiaco: informa su pressioni atriali Sx (aumentate nelle forma acute e in quelle croniche on atrio Sx poco
compliante), con ventricolo grafia Sx si determina la funzione ventricolare Sx e l’entità del rigurgito (1-4/4+).

Decorso.
Evolutivo nel corso degli anni in circa il 50% delle IM.

Terapia.
Osservazione clinica nelle forme lievi. Medica nelle forme di medio grado (vasodilatatori arteriosi per ridurre il
postcarico, digitale ecc.) chirurgica, nelle IM rilevanti, conservativa precoce con anulovalvuloplastica (valvole con
degradazione mixomatosa ecc.) o sostitutiva (protesi valvolari biologiche e meccaniche).

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Prolasso mitralico (PMV)
Definizione ed eziopatogenesi.
Lo scivolare dei lembi valvolari nell’atrio Sx.
Lo spostamento del lembi mitralici deve essere almeno 2 mm posteriormente alla linea di chiusura
nella telesistole.
Forma primaria familiare e forme secondarie in corso di cardiopatie, in condizioni in cui le
dimensioni del ventricolo Sx sono ridotte (cardiomiopatia ipertrofica, anoressia nervosa,
disidratazione ecc.)

Quadro clinico.
a. Assenza di sintomatologia e di insufficienza valvolare – rilievo puramente ascoltatorio ed
ecografico.
b. Sindrome del PVM con disturbi legati al neuroendocrini,
• Esagerata percezione di stimoli pressori - sincopi.
• Esagerata percezione di controllo barocettoriale.
• Palpitazione – per le aritmie.
• Dolore toracico atipico – dovuto alla tensione esercitata sui muscoli papillari dei
lembi prolassati.
c. Presenza di insufficienza mitralica, malfunzione valvolare.

Segni obiettivi.
Pectus escavato o schiena diretta.
Click seguito da soffio mesosistolico per brusca tensione dei lembi.

Prognosi.
Portatori di PVM senza insufficienza mitralica sono asintomatici, possono svolgere attività fisica
normale.
Pz con prolasso può essere aggravato da endocardite infettiva, TIA cerebrali, rottura delle corde
tendinee.

Diagnosi.
ECG standard – normale o segni di alterata ripolarizzazione ventricolare (inversione onda T,
sottolivellamento ST.
ECG holter – incidenza di aritmie, extrasistole ventricolare, inversione onde T abbassamento del
ST.
Ecocardio – riconoscimento dei prolassi, stima dell’entità dell’insufficienza valvolare
determinazione delle dimensioni delle cavità cardiache Sx.
RX torace – per confermare anomalie scheletriche del torace.

Terapia.
Pz asintomatici – profilassi per rischi di endocardite infettiva.
Terapia anti aritmica in caso che ci sono palpitazioni disturbanti - propranololo.
Chirurgia di emergenza – nel caso di rottura delle corde tendinee.

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Definizione.
Ridondanza dei lembi mitralici con protrusione oltre il piano atrioventricolare durante la chiusura sistolica (floppy
valve) o sbandieramento (flail) verso l’atrio Sx.

Eziologia e fisiopatologia.
Degenerazione mixomatosa spesso su base ereditaria. Rigonfiamento durante la sistole ventricolare dei lembi che si
accompagna a insufficienza mitralica evolutiva in almeno 50% dei casi.

Quadro clinico.
Asintomatico. Atteggiamento ansioso con turbe neuro distoniche. Se IM: astenia fino a sintomi d’insufficienza
ventricolare Sx. possibile tromboembolismo arterioso sistemico.
Obiettività: click mesosistolico (rapporto variabile con il I tono in posizione ortostatica o accovacciata), soffio
mesosistolico (dopo click).

Indagini strumentali.
ECG: possibili alterazioni del tratto ST e dell’onda T (soprattutto nelle derivazioni inferiori). Aritmie.
Ecocardio doppler: diagnostico, appropriata valutazione del movimento dei lembi mitralici e rigurgito.

Decoroso.
Ottimo per le forme lievi, che vanno seguite nel tempo. Per le forme importanti legato essenzialmente alla repentinità e
alla gravità dell’eventuale rigurgito mitralico.

Terapia.
Se prolasso si accompagna a insufficienza mitralica lieve, nessuna terapia. Se ampio con IM, terapia chirurgica
possibilmente conservativa.

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Stenosi aortica.
Definizione.
Una malattia congenita o acquisita delle semilunari aortiche, caratterizzata da restringimento
valvolare con ostruzione al flusso di sangue dal ventricolo Sx all’aorta, e sviluppo di gradiente
pressorio transvalvolare e di ipertrofia di tipo concentrico del ventricolo Sx.

Eziologia e patogenesi.
Congenita – valvola aortica bicuspide, la più frequente anomalia congenita, la causa più frequente
di stenosi aortica sintomatica. L’insufficienza della valvola aortica bicuspide è la conseguenza di
prolasso di una cuspide o per retrazione fibrotica o secondario a dilatazione della giunzione sino
tubulare aortica.
Malattia reumatica – malattia fibrocalcifica post infiammatoria con ispessimento delle cuspidi
valvolari, fusione delle commissure e accorciamento dei margini, riducono l’orifizio valvolare a una
piccola apertura associa un certo grado d’insufficienza.
Distrofia fibrocalcifica senile – dall’accumulo intra ed extracellulare di lipidi, cellule
infiammatorie e fibroblasti.
Sclerosi della valvola aortica – le cuspidi sono ispessite, me è minima o del tutto assente
l’ostruzione del flusso.

Fisiopatologia.
Il restringimento valvolare costituisce un ostacolo alla eiezione del sangue che viene espulso in
sistole dal ventricolo, e quindi aumenta il postcarico Sx.
Per vincere questa resistenza e mantenere un flusso adeguato, si entrano in azione meccanismi di
compenso che aumentano la pressione sistolica del ventricolo Sx.
Quando la stenosi e moderata (il lume si riduce da 3cm2 a 1cm2), il cuore riesce a compensare
completamente e il pz risulta asintomatico (paziente compensato). Una riduzione del lume sotto il
diametro di 1cm2 causa un quadro morboso a crescita esponenziale, determina dallo scompenso
cardiaco (pz scompensato). Il sovraccarico di pressione sistolica stimola una ipertrofia concentrica
del ventricolo Sx. Le pareti si ispessiscono notevolmente, mentre la cavità non si dilata e quindi il
volume del cuore in tot aumenta di poco. L’ipertrofia concentrica comporta 2 possibili
complicazioni:
1. Ischemia da discrepanza (o angina da discrepanza) – l’ipertrofia determina un aumento
della massa muscolare (e quindi un aumento del consumo di O 2 miocardico), senza aumento
correlato del letto vasale. A ciò si aggiunge una accentuata compressione delle arterie
coronarie e un prolungamento della sistole.
2. Ipertrofia dell’atrio Sx – l’ipertrofia aumenta la rigidità del ventricolo Sx e determina un
ipertensione ventricolare. Per mantenere un riempimento adeguato del ventricolo, l’atrio
deve esercitare una contrazione maggiore e si ipertrofizza.

Quadro clinico.
Dispnea da sforzo – durante lo sforzo il ventricolo Sx non riesce più a espellere tutto il sangue
proveniente dalla diastole. Di conseguenza si aumenta la pressione nell’atrio Sx e nel circolo
polmonare, e compaiono segni di congestione polmonare.
Angina da sforzo – durante lo sforzo il consumo di O 2 cardiaco aumenta notevolmente, mentre la
profusione coronarica è ostacolata dalla compressione estrinseca esercitata dal miocardio ipertrofico
in tensione (angina da discrepanza).
Sincope – la pressione ventricolare sistolica aumenta notevolmente nel tentativo di mantenere il
flusso richiesto dall’esercizio muscolare. L’aumento della pressione stimola i barocettori
ventricolari di innescare un flusso brusca di vasodilatazione periferica. Nella stenosi aortica questo
riflesso non può ridurre la pressione del ventricolo, essendo di origine valvolare e on di origine
periferica (e quindi non è modificato dalla vasodilatazione). In ogni modo, il riflesso dei barocettori

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ventricolari fa cadere la pressione sistemica, anziché aumentare come avviene normalmente sotto
sforzo, sino a dare segni di ipoperfusione cerebrale – sincope.

Diagnosi.
Esame obiettivo.
L’itto della punta è intenso.
Polso arterioso piccolo e rallentato – espressione dell’aumento del tempo di eiezione.
Ascoltazione:
• Click sistolico, udibile sull’area aortica.
• Scomparsa del normale sdoppiamento fisiologico del II tono.
• Soffio sistolico di tipo eiettivo, rude o aspro, d’intensità 3-6/6.
• Comparsa di IV tono, per ridotta compliance.

Tecniche diagnostiche.
ECG – quadro di ipertrofia ventricolare Sx da sovraccarico di pressione, alterazione tratto ST e
onda T, possono comparire segni di BB.
RX torace – cuore quasi normale, il profilo subisce una variazione morfologica per maggiore
sporgenza verso Sx. Aorta ascendente dilatata.
Ecocardio doppler – per stimare il gradiente di pressione tra ventricolo Sx e l’aorta.

Terapia.
Stenosi di grado moderato:
• Profilassi dell’endocardite.
• Esclusione del’attività fisica strenua o competitiva.
• Riduzione del precarico con nitriti.
• Riduzione del postcarico con calcio agonisti.
Terapia chirurgica:
• Valvulotomia nel giovane.
• Sostituzione valvolare con protesi.

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Definizione.
Ostruzione di grado variabile all’afflusso del sangue dal ventricolo Sx a livello delle semilunari aortiche.

Eziopatogenesi.
Valvola aortica congenita mono, bi o tricuspide.
Sviluppo di gradiente transvalvolare aortico.
Malattia reumatica.
Stenosi aortica “silente”.
Progressiva fibrosi, ispessimento e calcificazione delle cuspidi valvolari.
Turbolenza del flusso ematico.

Fisiopatologia.
Aumento della pressione sistolica ventricolare Sx, sviluppo di gradiente transvalvolare aortico.
Ipertrofia ventricolare Sx.
Ridotta compliance ventricolare Sx.
Inadeguata perfusione coronarica e aumento della domanda in O 2 .
Eccesso di postcarico e ridotta riserva contrattile ventricolare Sx.
Disfunzione ventricolare Sx sistolica e diastolica.

Sintomatologia.
Triade angina-sincope-dispnea.
Insufficienza cardiaca.

Complicanze.
Morte improvvisa.
Endocardite infettiva.
Embolie calcifiche.
Fibrillazione atriale.
Dissezione aortica.
Disturbi conduzione (blocco AV variabile).

Reperti obiettivi.
Tono aortico da eiezione – click.
II tono singolo.
Soffio sistolico da eiezione.
Pulpus parvus et tardus.
Polso normale nell’anziano.

Diagnosi.
Ecocardio.
Cateterismo cardiaco.

Terapia.
Sostituzione della valvola aortica con applicazione di protesi.

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Insufficienza aortica (IAo).
Definizione.
Reflusso diastolico dall’aorta in ventricolo Sx per lesioni dei lembi valvolari semilunari aortici o
dell’aorta ascendente. Il sangue che rigurgita dilata il ventricolo Sx.
Esistono forme acute e croniche con dissimili meccanismi di adattamento.

Eziopatogenesi.
Endocardite reumatica, endocardite infettiva, malformazioni congenite, traumi, dissecazione
aortica.

Fisiopatologia.
Insufficienza cronica – nell’insufficienza aortica una parte del sangue espulso nella aorta ritorna
nel ventricolo Sx durante la sistole. Tutto il sangue che rigurgita deve essere espulso durante la
sistola successiva insieme alla normale quota di sangue che arriva dall’atrio Sx. Il ventricolo quindi
deve pompare un maggiore volume per ogni sistola, pari alla somma della normale gittata Sx più la
quota rigurgita. Il ventricolo Sx si dilata (aumento del volume diastolico) per aumentare l’efficacia
contrattile ventricolare (legge di Starling: fibre più lunghe contrazione più intensa). Il ventricolo
risponde con ipertrofia eccentrica con dilatazione e il cuore assume dimensioni enormi, cor
bovinum.
L’aumentata pressione diastolica ventricolare causa minor apertura della valvola mitrale.
In questo condizione il ventricolo riesce a mantenere una normale portata sistemica, nonostante la
quota che rigurgita. La gittata pulsatoria può arrivare anche ad una quantità doppia del normale. Per
questo motivo la pressione sistolica arteriosa aumenta e vengono stimolati i barocettori cardiaci. Ne
deriva una vasodilatazione periferica riflessa che costituisce un utile meccanismo di compenso. La
vasodilatazione e il rigurgito stesso fanno molto rapidamente defluire il sangue dal’aorta, e quindi la
pressione arteriosa diastolica diminuisce. Questo meccanismo è molto utile in quanto nella sistole
successiva il ventricolo raggiunge più rapidamente la pressione di apertura della valvola aortica e ha
quindi più tempo a disposizione per l’espulsione della grande quantità di sangue che deve pompare.
In conclusione: dilatazione ventricolare con ipertrofia e vasodilatazione periferica consentono al
cuore, nei casi cronici, di mantenere una normale efficienza per molti anni, nonostante il vizio
valvolare. Tuttavia i meccanismi di compenso hanno un prezzo e possono portare all’ischemia
cardiaca: ipertrofia comporta un aumento del consumo del O 2 mentre la vasodilatazione riduce la
pressione di perfusione coronarica durante la diastole (ischemia discrepanza).

Insufficienza acuta – il ventricolo non ha il tempo di adattarsi alla nuova condizione con
dilatazione e ipertrofia. Il pz va quindi incontro a un rapido quadro di scompenso cardiaco Sx acuto,
con congestione polmonare (edema polmonare acuto), ipoperfusione periferica grave (shock
cardiogeno) ed eventualmente morte.

Quadro clinico.
Può essere asintomatico per molti anni.
I primi sintomi sono l’angina e la dispnea.
Nei fasi più avanzati angina pectoris notturna e a riposo e crisi di edema polmonare acuto. Può
comparire anche dispnea parossistica notturna.
Pressione sistolica elevata e pressione diastolica bassa – pressione differenziale risulta
notevolmente più ampia del normale.

Segni obbiettivi.
Pressione sistolica arteriosa elevata, la diastolica è molto bassa.
Itto apicale spostato a basso e a Sx.
Presenza di III tono (IAo importante).

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Diagnosi.
ECG – segni di ipertrofia ventricolo Sx (onde R alte).
RX torace – cardiomegalia, dilatazione e ipertrofia ventricolo Sx.
Ecocardio – si può valutare la dilatazione e ipertrofia ventricolare Sx. Per vedere fluttering:
vibrazione ad alta frequenza del lembo anteriore mitralico in diastole dovuto a rigurgito di sangue al
ventricolo Sx dall’aorta.

Terapia.
Il vizio è ben tollerato sopratutto se le resistenze sistemiche sono ancora basse.
Farmaci:
• Vasodilatatori arteriosi (ACE inibitori) – diminuiscono il rigurgito.
• Nitriti per l’angina.
Chirurgica:
Sostituzione delle valvole con protesi e riparazione delle lesioni della parete aortica.

Definizione.
Reflusso diastolico dall’aorta in ventricolo Sx per lesioni delle cuspidi valvolari aortiche o dell’aorta ascendente con
coinvolgimento dei lembi valvolari.

Eziopatogenesi.
Patologia delle cuspide (malattia reumatica, artrite reumatoide, endocardite infettiva). Della radice aortica: aortiti (lue,
spondilite anchilosante, psoriasi ecc.). e aortopatie non infiammatorie (ectasia anuloaortica, ipertensione arteriosa,
dissezione aortica).

Fisiopatologia.
Sovraccarico diastolico del ventricolo Sx. gravità definita da entità del rigurgito e depressione della funzione
ventricolare Sx.
Nelle IAo croniche: ipertrofia eccentrica del ventricolo Sx, marcato aumento del volume tele diastolico ventricolare.
Adeguata funzione sistolica (I e II fase: equilibrio stabile e labile) che nel tempo progressivamente si deteriora (III fase:
compenso labile) arrivando all’insufficienza ventricolare Sx (IV fase).
Nell’IAo acuta: manca il tempo per sviluppare ipertrofia. Aumento cospicuo delle pressioni diastoliche del ventricolo
Sx. shock cardiogeno.

Quadro clinico.
IAo cronica: asintomatica per anni. Poi astenia, dispnea da sforzo. Quindi dispnea parossistica, angina, edema
polmonare, bassa gittata. Obiettivamente: polso scoccante, aumento delle PAo differenziale, cardiomegalia, soffio
diastolico dolce lungo la margino sternale Sx, soffio sistolico di accompagnamento e talora ruillo diastolico mitralico.
IAo acuta: scompenso cardiocircolatorio ad andamento tumultuoso (ipotensione, sincope, edema polmonare acuto,
shock cardiogeno). Obbiettivamente: tachicardia, spesso polso scoccante, ritmo di Galoppo, soffio diastolico corto.

Indagini strumentali.
ECG: IAo cronica: correlazione con gravità della malattia: aumento del voltaggio QRS, sottolivellamento ST-T, T
negativa simmetrica e possibile BBL.
IAo acuto: tachicardia sinusale con alterazioni ST secondarie.
RX torace: III arco allungato e punta affondata nella IAo cronica.
Ecocardio doppler: per orientamento eziologico e stima dell’entità del rigurgito, valutazione seriale di dimensioni e
funzione del ventricolo Sx.
Cateterismo cardiaco: con aortografia valutazione semiquantitativa (1-4+/4) del reflusso aortico e con l’opacizzazione
del ventricolo Sx della funzione ventricolare e della frazione di rigurgito (FR=RSV/TSV).

Terapia.
Medica: vasodilatatori, inotropi.
Chirurgica: tendenzialmente precoce in alcune situazioni di patologia della radice aortica (correzione con protesi
vascolari e se valvola tricuspide possibile terapia conservativa valvolare), sostituzione protesica (meccanica, biologica,
stentless) nella patologia valvolare prima che la funzione ventricolare sia troppo depressa.
Intervento d’urgenza o emergenza nelle forme acute rilevanti e nelle dissezioni aortiche.

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Stenosi della tricuspide.
Definizione.
Rara condizione clinica, caratterizzata da ostacolo al flusso dall’atrio al ventricolo Dx attraverso la
valvola tricuspide durante il riempimento diastolico del ventricolo Dx.

Eziologia.
Vegetazioni secondarie a endocardite infettiva e le formazioni trombotiche.
Forme congenite.

Fisiopatologia.
Presenza di un gradiente di pressione. Ciò porta ad un aumento della pressione venosa sistemica con
congestione delle grosse vene e dei visceri, e edema declive.

Quadro clinico.
Affaticabilità.
Pulsazioni al collo vene giugulari.
Senso di distensione addominale per presenza di epatomegalia e ascite.

Diagnosi.
Rullio diastolico a livello dell’angolo sternale Dx.
Soffio che aumenta in inspirazione e diminuisce in espirazione.
Turgore giugulare, epatomegalia.

Terapia.
Diuretici e riduzione dell’apporto idrico.
Chirurgia.

Definizione.
Ostacolo al riempimento diastolico del ventricolo Dx.

Eziologia o sindrome del carcinoide.


Reumatica nella maggior parte dei casi.

Fisiopatologia.
Aumento della pressione atriale Dx, riduzione della portata cardiaca.

Sintomatologia.
Affaticabilità, astenia, dispnea da sforzo.

Reperti obiettivi.
Onda a prominente nelle vene del collo, turgore delle vene giugulari, epatomegalia, ascite, edema periferico, segni di
coinvolgimento multi valvolare.

Ascoltazione.
Soffio diastolico - presistolico all’estremità sternale inferiore Sx, che aumenta d’intensità con l’inspirazione (segno di
Rivero-Caravallo).

Cateterismo cardiaco.
Gradiente pressorio diastolico fra atrio Dx e ventricolo Dx.

Terapia medica.
Diuretici.

Trattamento chirurgico.
Commissurotomia a cuore aperto, anuloplastica tricuspidale, impianto di protesi valvolare tricuspidale biologica.

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Insufficienza della tricuspide (IT).
Definizione e caratteristiche.
Rigurgito di sangue dal ventricolo all’atrio Dx, con sovraccarico di volume delle due cavità, delle
vene cave e dilatazione delle sezioni Dx.
Insufficienza organica – lesioni all’apparato valvolare stesso.
Insufficienza funzionale – dilatazione ventricolare Dx e dell’anulus tricuspidale associato spesso ai
vizi di origine reumatica.
Può manifestarsi come:
Forma acuta – la conseguenza o di una dilatazione acuta del ventricolo Dx. Come nel cuore
polmonare acuto (embolia polmonare massiva) o di lesioni acute da endocardite batterica o traumi
torcici o in corso di IMA del ventricolo Dx.
Forma cronica – parte di un processo reumatico, oppure funzionale da nell’ambito di stenosi
mitraliche con ipertensione vascolare polmonare o di stenosi mitraliche con disfunzione
ventricolare Dx.

Fisiopatologia.
Nelle forme croniche – il sovraccarico di volume conduce a dilatazione del ventricolo e dell’atrio
Dx. Le pressioni diastoliche ventricolari Dx si mantengono per lungo tempo nei limiti normali per
l’elevata compliance.
Nelle forme acute – c’è un aumento di pressione atriale Dx in fase sistolica con valori pressori
atriali normali. Il sovraccarico è ben tollerato dal ventricolo Dx, con mantenimento di adeguata
portata anterograda.

Quadro clinico.
Nelle forma associate a vizi mitralici i sintomi legati al vizio tricuspidale compaiono lentamente.
Il pz avverte tensione addominale legata all’epatomegalia, e al malassorbimento di ascite, senso di
tensione al collo da turgore giugulare, presenza agli arti inferiori di edemi declivi, astenia e
affaticamento intensi.
Nelle forme acute epatomegalia dolorosa, spesso da sforzo.

Segni obiettivi.
Nelle forme croniche uno dei primi segni un colorito cianotico-subitterico ai pomelli.
Diffusa pulsazione precordiale.
III tono.

Indagini strumentali.
ECG – alterazioni delle onde P, cambiamento del complesso QRS come nel dilatazione ventricolare
Dx.
RX torace – cardiomegalia secondo arco Dx (atrio Dx).
Ecocardio – accertamento dell’aumento delle dimensioni dell’atrio, ventricolo e setto.

Terapia.
Terapia medica: vasodilatatori venosi (nitrati) associato a diuretici ed antialdosteronici.
Terapia chirurgica: anuloplastica, protesi valvolari.

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Definizione.
Rigurgito sistolico tra ventricolo e atrio Dx per incontinenza organica o funzionale della valvola tricuspide.

Eziologia.
Forma primitiva (organica) e secondaria (funzionale) con o senza ipertensione polmonare. Aumento del volume
telediastolico ventricolare Dx e quindi telesistolico quando si compromette la funzione ventricolare.
Nelle forme rilevanti onde c+v elevate in atrio Dx con ripercussione pressoria cavale superiore e inferiore.

Quadro clinico.
Nelle IT croniche: tensione addominale (da epatomegalia, ascite), edemi declivi, tensione al collo, dimagrimento,
astenia. Obiettività: colorito cianotico-subitterico ai pomelli, giugulari turgide.
III tono, soffio sistolico in area sottoxifoidea e parasternale Sx che si accentua con inspirazione profonda.
Nelle IT acute: epatomegalia dolorosa, polso venoso ed epatico positivi, soffio sistolico (corto e poco intenso)

Indagini strumentali.
ECG: spesso fibrillazione atriale, morfologia QRS indice di dilatazione vetrici lare Dx (rS da V 1 a V 4 ).
RX torace: evidenti secondo e primo arco a Dx (dilatazione atriale Dx e cavale superiore). Possibile versamento
pleurico (prevalente a Dx.).
Ecocardio doppler: diagnostico per dimensioni e dinamica ventricolare e atriale Dx, e per la presenza e gravità rigurgito
tricuspidale. Stima pressioni sistoliche ventricolari Dx.
Cateterismo cardiaco: eseguito nei vizi plurivalvolari con indicazioni chirurgiche per conoscere resistenze arteriolari
polmonari e dati coronarografici.

Decoroso.
Nelle IT croniche evoluzione verso scompenso congestizio mal controllabile con terapia, associato a epatopatia cronica
da stasi. Nelle IT acute è condizionato dalla causa che le provoca.

Terapia.
Medica: vasodilatatori venosi (nitrati),diuretici.
Chirurgica: anuloplastica, in casi molto selezionati sostituzione protesica biologica.

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Miocardiopatie.
Definizione.
Processo infiammatorio del miocardio.

Generalità.
Decorso – esistono forme acute e, raramente, forme croniche (m. di Chagas).
Cause principali:
• Infezioni – principalmente virali, ma anche batteriche.
• Cause non infettive:
o Malattie del collageno (LES, artrite reumatoide).
o Tireotossicosi (sovrabbondanza di ormoni tiroidei).
o Feocromocitoma (tumore del midollare del surrene).
o Tossicità da farmaci, droga, alcol.
• Febbre reumatica.
• Fattori favorenti – AIDS, terapia immunosoppressiva.
• Evoluzione – talora in cardiomiopatia dilatativa.

Cardiomiopatia dilatativa (CMD).


Definizione.
La CMD colpisce prevalentemente soggetti giovani di sesso maschile, è caratterizzata da
dilatazione del ventricolo Sx o biventricolare, deficit di contrattilità e prognosi sfavorevole.

Eziopatogenesi.
La miocardiopatia classica è quella ad eziologia ignota. È stata trovata una correlazione con:
1. Gravidanza – miocardiopatia peripartum.
2. Abuso d’alcol – miocardiopatia alcolica.
3. Difetti immunitari – sono state rilevate numerose anomalie della regolazione immunitaria,
tra cui una reattività autoimmune umorale e cellulare contro i miociti.
4. Fattori genetici – trasmissione autosomica dominante prevalente. Può essere anche
autosomica recessiva, e x-linked.
Vi è eterogeneità genetica: le mutazioni possono essere nelle proteine transmembrana,
proteine del citoscheletro, sarcomeri che o nucleari.
Nei reperti istopatologici i miociti mostrano:
• Alterazioni degenerative.
• Danno nucleare.
• Fibrosi.
• Marcato allungamento delle cellule senza aumento di diametro (rimodellamento della
camera cardiaca).

Fisiopatologia.
Caratterizzata dalla riduzione della contrattilità miocardica e della funzione sistolica ventricolare.
La dilatazione che ne segue mantiene normali la gittata sistolica attraverso il reclutamento del
precarico e la portata cardiaca, ma tende a far aumentare la pressione telediastolica ventricolare. Ne
segue un aumento del consumo di O 2 .
La dislocazione dei muscoli papillari rende la valvola mitrale insufficiente.
L’aumento della pressione telediastolica ventricolare Sx determina l’aumento della pressione nelle
cavità a monte e la comparsa dei sintomi e segni dello scompenso Sx.

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Quadro clinico.
Si va da pz asintomatici in cui viene documentata solo una lieve disfunzione sistolica del ventricolo
Sx, attraverso l’intera vasta gamma di gravità dello scompenso cardiaco, a pz con segni evidenti di
ritenzione idrica e grave disfunzione ventricolare.

Reperti strumentali.
RX torace – cardiomegalia, valutazione della stasi venosa polmonare.
ECG – fibrillazione atriale, complesso QRS alterazione compatibile con ipertrofia ventricolare Sx o
BBL.
Ecocardio – identificazione e quantificazione la disfunzione sistolica del ventricolo Sx. eventuale
insufficienza della valvola mitrale.
Cateterismo venoso – misurazione la pressione vigente in tutte le cavità cardiache.

Evoluzione e prognosi.
Deterioramento della funzione ventricolare Sx, con progressivo ingrandimento della cavità e
riduzione della FE e con quadro clinico sempre più compromesso.
La mortalità avviene per:
• Insufficienza cardiaca.
• Morte improvvisa.
• Embolia sistemica.
La mortalità a cinque anni è di circa 25%.

Terapia.
Il trattamento è quello di compenso cardiaco.
La scelta dei farmaci e il loro dosaggio dipendono dall’entità della disfunzione del ventricolo e dal
quadro clinico.
Inibitori del sistema renina-angiotensina – in presenza di disfunzione ventricolare moderata e in
assenza di sintomi il trattamento p con.
Diuretici – nel caso di ritenzione idrica.

La CMD è una malattia del miocardio caratterizzata da dilatazione e ridotta funzione sistolica del ventricolo Sx con
ipertrofia parietale inadeguata.

La presentazione clinica è molto varia, nei casi conclamati sono presenti sintomi e segni dello scompenso cardiaco.

L’ECG dimostra di solito BBL o ipertrofia ventricolare Sx.

L’ecocardio fornisce una descrizione precisa anatomica e funzionale, il ruolo dello studio angiografico è quello di
escludere la presenza di lesioni coronariche.

La Bx endomiocardica fornisce reperti istologici aspecifici, ma consente, con metodiche immunologiche,


immunoistochimiche e molecolari di diagnosticare le forme virali e/o immunomediate e differenziare la cardiomiopatia
dalle forme secondarie.

La terapia è quella dello scompenso cardiaco in tutti i suoi gradi di gravità. In caso di fallimento della terapia medica è
indicato il trapianto cardiaco.

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Cardiomiopatia ipertrofica.
Definizione.
Una bizzarra forma di ipertrofia delle cellule miocardiche con anomalie della struttura,
dell’orientamento e della distribuzione delle fibre del miocardio del ventricolo Sx.
caratterizzata da:
1. Disorganizzazione soprattutto del setto intraventricolare.
2. Ostruzione dinamica all’afflusso del ventricolo Sx.
3. FE del ventricolo Sx superiore al normale.

Eziologia.
È una malattia su base genetica (almeno 20 mutazioni) autosomica dominante. Vi sono mutazioni
nei geni che codificano le proteine del sarcomero, troponine T e I ecc.

Fisiopatologia.
Le anomalie della funzione del ventricolo coinvolgono sia la fase diastolica sia la fase sistolica.
L’anomalia della funzione diastolica:
1. Alterato e asincronia del rilasciamento delle fibre.
2. Ridotta compliance.
L’anomalia della funzione sistolica:
Gradiente pressorio intraventricolare Sx. La patogenesi è legata a ostruzione all’efflusso oppure a
obliterazione di cavità. Possono essere su base:
• Funzionale – alta velocità del sangue attraverso un tratto di efflusso stretto crea una
suzione dei lembi valvolari.
• Anatomico – lembi mitralici displastici, e spostamento della mitrale in avanti per
alterazione dei papillari.

Quadro clinico.
La maggior parte dei pazienti è asintomatico e la malattia viene diagnostica occasionalmente. Il
spettro è da asintomatico, pz con sintomi invalidanti e pz che muoiono improvvisamente.
Dispnea – conseguenza di un’elevata pressione di riempimento ventricolare Sx, e quindi atriale Sx
e delle vene polmonari.
Angina da sforzo – alterato equilibrio tra domanda e apporto di O 2 a un muscolo ipertrofico.
Sincope – da sforzo o posizione eretta.
Morte improvvisa.

Segni obiettivi
Ispezione – itto peristaltico intenso.
Ascoltazione – soffio mesotelesistolico.

ECG:
• Pseudonecrosi con onde Q profonde.
• Ipertrofia ventricolare Sx con inversione di QRS, ST, T.
• Onde T negative isolate e giganti, tipiche di cardiomiopatie ipertrofica.
Tachicardia non sostenuta.
RX torace: cardiomegalia moderata.
Ecocardio:
• Monodimensionale – valutazione dello spessore della parete ipertrofica.
• Bidimensionale – distribuzione dell’ipertrofia, deformazione dei ventricoli.
• Eco doppler – studi del flusso, identificazione del rigurgito mitralico.

23
Terapia.
Lo scopo principale è di prevenire la morte improvvisa.
Terapia antiaritmica – β bloccanti (propranololo), calcio agonisti (verapamil).
Terapia per ridurre il gradiente pressorio - β bloccanti (propranololo), calcio agonisti verapamil.
Prevenzione della fibrillazione atriale – se esiste terapia anticoagulante (prevenzioni dei trombi),
impianto di defibrillatore.
Miomectomia settale – nelle forme ostruttive.

Attenzione!
Non si può somministrare digitale, diuretici e vasodilatatori perché aumentano il gradiente
ventricolare (diminuiscono il volume telesistolico del ventricolo Sx).

Definizione.
Cardiomiopatia ipertrofica definita “ostruttiva” o “non ostruttiva” per la presenza o meno di un gradiente pressorio
dinamico, subaortico o intraventricolare.

Quadro clinico.
Dispnea.
Angor.
Lipotimie - sincopi.
III e IV tono.
Soffio mesosistolico al mesocardio.
Soffio olosistolico ala punta.

Dati di laboratorio.
ECG: ipertrofia ventricolare Sx, pseudonecrosi, anomali del tratto ST e onda T (negativa gigante).
RX torace: lieve-moderato ingrandimento dell’ombra cardiaca.
Ecocardio: ipertrofia del setto, movimento sistolico anteriore del tratto d’efflusso, elevate pressioni di riempimento Dx e
Sx.

Prognosi.
Mortalità annua dell’1 al 6%.

Terapia.
Medica: β bloccanti e verapamil, antiaritmici- amiodarone.
Chirurgica: miomectomia settale per via transaortica o trans ventricolare, sostituzione della valvola mitrale, trapianto di
cuore.
Ablazione non chirurgica: mediante alcolizzazione del primo ramo settale.
Elettrica: pacemaker, defibrillatore e peacemaker antiatachicardico.

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Cardiomiopatia restrittiva primaria.
Definizione.
Caratterizzata da un’alterata funzione diastolica ventricolare in assenza di un grado d’ipertrofia
parietale che possa spiegarla. Nella maggior parte dei casi l’eziopatogenesi è ignota.

Fisiopatologia.
Ridotta distensibilità di entrambi i ventricoli che si traduce in un aumento della pressione
telediastolica. L’aumentata rigidità ventricolare non è imputabile all’ipertrofia di parete e ha come
substrato la fibrosi e il disarrangiamento del miocardio. Come conseguenza si dilatano gli atri, i
distretti venosi sistemico e polmonare.

Quadro clinico.
Astenia e affaticabilità.
Dispnea da sforzo.
Segni periferici dello scompenso del cuore Dx (edemi declivi, turgore giugulare, epatomegalia), e/o
del cuore Sx (rumori inspiratori umidi polmonari).
Rumori III e/o IV.
Soffi da rigurgito mitralico e/o tricuspidale.

Diagnosi.
RX torace – cardiomegalia.
ECG – ritmo sinusale è sostituto da fibrillazioni atriale.
Ecocardio – ingrandimento degli atri.

D.D
TC per differenziare dalla pericardite:
1. Nelle cardiomiopatie restrittive il percorso altra spesso anche la proprietà contrattili.
2. Nelle forme restrittive l’alterazione del rilasciamento interessa il ventricolo Sx per cui
aumenta la pressione polmonare.
3. Nelle pericardite l’alterazione del rilasciamento interessa il ventricolo Dx per cui pressione
polmonare bassa.

Terapia.
Non esistono terapie specifiche.
Trapianto di cuore.

25
Insufficienza cardiaca – compenso.
Le basi fisiologiche del compenso circolatorio.
1. Frequenza:
a. Bradicardia (frequenza <40 cicli/min) –può ridurre la portata per riduzione della
frequenza di eiezione, dà un maggior volume di sangue espulso in sistole (il
riempimento ventricolare è maggiore per la maggior durata della diastole).
b. Tachicardia – può ridurre la portata per riduzione del riempimento ventricolare. Il
compenso avviene per l'aumento di portata per aumento del ritorno venoso
(precarico) e per l'incremento di frequenza.
2. Precarico – il volume di sangue che ritorna alla pompa cardiaca nell'unità di tempo.
Dipende dalla volemia. Una riduzione della volemia determina una riduzione della portata
cardiaca, viceversa, aumento della volemia determina ingorgo nel piccolo circolo con edema
polmonare acuto.
3. Postcarico – la pressione in arteria polmonare e in aorta che si oppone all'eiezione dal
ventricolo destro e sinistro. L’ipertensione arteriosa è la causa più frequente di insufficienza
ventricolare acuta.
4. Funzione contrattile – la funzione contrattile dei ventricoli è determinata dalla capacità
contrattile, volume telediastolico e dal postcarico. Il compenso avviene per aumento di
ritorno venoso. Riduzione del volume per riduzione della lunghezza meridionale e
latitudinale delle pareti (lavoro esterno) e dall'altro come capacità di sviluppare tensione
(lavoro interno)
5. Dimensione dei ventricoli – la dilatazione ventricolare è ambigue perché essa può essere
considerata un fattore di compenso (insufficienza mitralica), oppure fattore di
peggioramento (insufficienza ventricolare Sx). Un ventricolo Sx normale è di dimensioni di
60 e 100 ml/m2.

Riserva funzionale del cuore.


La capacità di aumentare il lavoro esterno senza che compaiono sintomi o segni di insufficienza
cardiaca. Le cause di riduzione della riserva funzionale del cuore:
1. Riduzione della contrattilità.
2. Ridotto volume dei ventricoli.
3. Rigidità della parete ventricolare.
4. Stenosi o insufficienza valvolare.
5. Eccesso di postcarico, ipertensione sistemica o polmonare.

Reazioni fisiologiche alla riduzione della riserva funzionale e fattori di compenso


La riduzione della riserva funzionale suscita molteplici forme di risposta che possono avere
carattere acuto o cronico.
La maggior parte di questi eventi ha carattere di reazione compensatoria. Tuttavia può succedere
che il processo di compensazione sia quantitativamente sproporzionato per eccesso, e che determini
quindi un effetto finale peggiorativo.
1. L'aumento della frequenza cardiaca – è legato sia ad aumento delle catecolamine
circolanti rilasciate dalle terminazioni simpatiche intramiocardiche, che al riflesso di
Bainbridge.
2. Aumento del precarico – in questo meccanismo si aumenta la portata sistemica attraverso
l’aumento del ritorno venoso. L’aumento del ritorno venoso si fa mediante la congestione
sistemica attraverso due meccanismi:
a. SN simpatico →vasocostrizione delle arterie renali→congestione idrosalina.
b. rene→secrezione renina→angiotensina→aldosterone→congestione idrosalina.

26
3. Aumento della postcarico – l’aumento della resistenza sistemica è mediato da meccanismi
del sistema simpatico (vasocostrizione), in seguito alla riduzione della portata. L’aumento
della resistenza polmonare è un meccanismo di compenso (per evitare edema polmonare
acuto), in ambito di uno scompenso Sx.
4. Aumento contrattilità –
a. Nella forma acuta la contrattilità dipende dall’attività simpatica.
b. Nella forma cronica la contrattilità dipende da ipertrofia ventricolare (eccentrica o
concentrica).
5. Modificazione della geometria delle camere – la dilatazione ventricolare ha un significato
ambivalente perché, nella prima fase rappresenta un meccanismo di compenso fisiologico al
sovraccarico di volume e nel tempo successivo rappresenta la causa propria di insufficienza
ventricolare Sx (incapacità contrattile).

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Insufficienza cardiaca – scompenso.
Definizione.
Il scompenso cardiaco è una condizione funzionale in cui il cuore è alterato e diventa incapace nei
confronti del suo lavoro. L'insufficienza cardiaca si presenta in due modalità principali così
definite:
1. Condizione clinica in cui esiste discrepanza tra le necessità di perfusione e ossigenazione
dell'organismo e la portata per difetto primario della funzione cardiaca (insufficienza cardiaca
a bassa portata e con ipoperfusione periferica).
2. Condizione clinica in cui perfusione e ossigenazione dell'organismo possono essere
adeguate, ma a spese di congestione venosa sistemica o congestione polmonare per difetto
primario della funzione cardiaca (insufficienza cardiaca congestizia).

Eziologia.
Ipertensione arteriosa sistemica, embolia polmonare, valvulopatie, cardiomiopatia ischemica,
dilatativa e restrittiva, aritmie.

Scompenso Sx:
• Stenosi e/o insufficienza mitralica o aortica.
• Insufficienza miocardica ventricolare Sx.
• Ipertensione arteriosa sistemica.

Scompenso Dx:
• Stenosi e/o insufficienza tricuspidale o polmonare.
• Insufficienza miocardica ventricolare Dx.
• Ipertensione polmonare acuta o cronica.

Scompenso totale:
• Bradicardia estrema.
• Aritmie veloci sostenute.
• Tamponamento cardiaco.
• Pericardite costruttiva o compressione mediastinica.

Fattori di rischio.
Ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale, anemia, intossicazione, malnutrizione, insufficienza
renale, malattie infettive intercorrente.

L'etiologia più frequente di scompenso cardiaco è l'ipertensione arteriosa, seguita dalle varie forme
di cardiopatia ischemica.
In altri casi, come ad esempio nelle diverse forme della cardiopatia ischemica, la causa
dell'insufficienza cardiaca è legata al deficit contrattile.
Tutte le valvulopatie possono causare insufficienza cardiaca.
Causa più rara di scompenso cardiaco sono le aritmie

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Classificazione.
Si distinguono una insufficienza ventricolare Sx e Dx.
• Insufficienza ventricolare Sx – clinicamente caratterizzata dalla sintomatologia della
congestione venosa polmonare: dispensa da sforzo, ortopnea, dispnea a riposo, dispnea
parossistica notturna, edema polmonare acuto e rantoli.
• Insufficienza ventricolare Dx – si manifesta clinicamente con la sintomatologia della
congestione venosa sistemica: cianosi, turgore giugulare, edemi periferiche, versamento
pleurico (idrotorace), ascite, anasarca, epatosplenomegalia.
Si distinguono una forma acute e una cronica.
• Insufficienza cardiaca acuta – l’ipoperfusione è seguita dallo shock cardiogeno
(meccanismi di embolia polmonare, trombosi cardiaca o tamponamento cardiaco).
• Insufficienza cardiaca cronica – l’ipoperfusione è seguita dalla congestione (aumento
dello 3° spazio polmonare o sistemica).
Si distinguono una insufficienza cardiaca sistolica o diastolica.
• Insufficienza cardiaca sistolica – diminuzione della gittata cardiaca da riduzione della
forza contrattile delle fibre miocardiche.
• Insufficienza cardiaca diastolica – un difetto di rilasciamento del miocardio durante la
diastole, con un ridotto riempimento ventricolare.

Fisiopatologia dello scompenso.


Gli eventi fisiopatologici fondamentali comuni alla forma acuta e cronica della insufficienza
cardiaca sono:
1. Insufficiente perfusione del circolo
2. Congestione venosa.

Fase acuta.
L’insufficiente perfusione del circolo nella fase acuta è un evento rapido che può anche condurre alla
morte del pz. Le manifestazioni del’ipoperfusione sono:
•astenia.
•Cianosi.
•Pallore da vasocostrizione periferica.
•Anuria.
La congestione venosa Sx a monte della sezione cardiaca interessata, può dar luogo ad un edema
polmonare in conseguenza da crisi ipertensivi o infarto miocardico.
Il meccanismo fisiopatologico schematizzato:
ipertensione atriale Sx →ipertensione venosa polmonare→ la pressione idrostaticanei capillari supera
quella oncotica →passaggio di liquido nell’interstizio polmonare e negli alveoli→ edema polmonare.
L’edema interstiziale aumenta la rigidità del polmone e l’edema alveolare determina una riduzione dello
spazio respiratorio con la conseguenza di un quadro grave di dispnea → edema polmonare.

La congestione venosa Dx come nei casi di embolia polmonare o insufficienza tricuspidale acuta e
massiva si manifesta a livello delle vene e visceri somatici: epatomegalia, insufficienza epatica,
edemi declivi.

Fase di cronicizzazione o fase cronica.


Se la forma acuta non viene risolta e il pz sopravvive, si va incontro a cronicizzazione dello
scompenso, caratterizzato da congestione generalizzata.
La gran diversità dalla fase acuta ripresentata con la risposta compensatoria più o meno con
alterazioni anatomici che ovviamente richiedono tempo e non possono realizzarsi durante la fase
acuta (ipertrofia, dilatazione, irrigidimento vasale ecc.).

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Globalizzazione dello scompenso cardiaco.
Un'insufficienza ventricolare Sx può, nel tempo, complicarsi per la comparsa di segni di
insufficienza ventricolare Dx. Questo evento è legato all'eccesso di postcarico ventricolare Dx
per elevazione della pressione venosa polmonare (secondaria alla insufficienza delle sezioni di Sx
come si osserva nella ipertensione arteriosa e in certe valvulopatie), ma molto spesso è legata alla
formazione di congestione generalizzata legata anche all'attivazione del sistema nervoso simpatico
e dei meccanismi umorali (con idroritenzione). La sommazione degli eventi facilita la comparsa
clinica della globalizzazione.

Clinica.
Il paziente scompensato giunge all'osservazione o per dispnea, edemi declivi, versamenti nelle
sierose o astenia.
Raramente oggi epatalgia e ittero sono sintomi di esordio. Possono esservi altri sintomi legati alla
condizione clinica scatenante come cardiopalmo (aritmie), dolore toracico (cardiopatia ischemica o
embolia polmonare), cefalea e vertigine (ipertensione arteriosa), pallore (anemia).
Nella sua forma severa e iperacuta, l'insufficienza cardiaca con ipoperfusione può essere definita
shock cardiogeno. Per questa ragione la diagnosi differenziale di insufficienza cardiaca severa da
ipoperfusione si pone con le varie categorie etiologiche di shock.

1. Sintomatologia dell’ipoperfusione periferica (anterogrado).


Astenia, dispnea, pallore (da vasocostrizione periferica), tachicardia (↓GC- ipoperfusione),
sudorazione, oliguria, cianosi e obnubilamento del sensorio.

2. Sintomatologia della congestione venosa sistemica (retrogrado Dx).


Astenia, dispnea, pallore, sudorazione, cianosi, turgore giugulare, epatosplenomegalia,
dispepsia, edemi periferici, idrotorace, ascite, idrocele e aumento del peso corporeo.

3. Sintomatologia della congestione venosa polmonare (retrogrado Sx).


Dispnea da sforzo, dispnea a riposo, ortopnea, dispnea parossistica notturna, astenia, pallore,
sudorazione, cianosi, tosse secca, espettorato schiumoso e nicturia. Quando lo scompenso si
presenta anche a riposo allora si parla di asma cardiaca, una accentuazione della dispnea è
definita edema polmonare acuto.

Classificazione alla base della gravita.


La dispnea è un sintomo molto importante nello scompenso cardiaco, esso può dare indicazioni
sulla gravità dello stato morboso. È stata suggerita una classificazione del NYHA che divide i
pazienti in 4 classe alla base sforzo:
Classe I – cardiopatia senza limitazione allo sforzo (assenza di dispnea).
Classe II – cardiopatia con dispnea da sforzo intenso.
Classe III – cardiopatia associata a dispnea da sforzo moderato.
Classe IV – cardiopatia associata a dispnea a riposo.

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Terapia.
E' molto importante che il pz con scompenso cardiaco cronico conduca uno stile di vita adeguato,
eviti sforzi fisici incongrui ma segua una attività fisica programmata. L'introduzione di liquidi deve
essere ristretta e la dieta a basso contenuto di sale di sodio.

La terapia farmacologica delle varie forme di scompenso cardiaco può essere etiologica oppure
sintomatica.
Terapia etiologica – è ovvio il beneficio dello scompenso legato alla correzione delle aritmie
causali oppure del versamento pericardico che ha dato tamponamento, o ancora della crisi
ipertensiva che provoca insufficienza ventricolare sinistra.

Terapia sintomatica – (a volte destinata non solo a migliorare la qualità della vita, ma anche a pro-
lungare la sopravvivenza) delle varie forme di scompenso prevede tre tempi fondamentali:
1. Riduzione del precarico ventricolare – diuretici, vasodilatatori.
2. Riduzione del postcarico ventricolare – Ca+2 agonisti, ACE inibitori.
3. Incremento della contrattilità – digitali, β-bloccanti.
Altri farmaci in uso sono: farmaci anticoagulanti e farmaci antiaritmici.

ACE inibitori.
↓ resistenze periferiche.
↓ precarico.
↓ postcarico.

Diuretici.
↓ precarico.
↓ postcarico.

Digitale.
↑ contrattilità, azione inotropo positivo.
↓ frequenza, cronotropo negativo.
Inibizione della conduzione dello stimolo, dromotropo negativo.

Vasodilatatori.
Nitrati ↓ precarico e postcarico.
Ca+2 agonisti, ↓postcarico, resistenze vascolari .

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Shock.
Definizione.
Condizione clinica caratterizzata da insufficienza circolatoria acuta che determina riduzione del
flusso di sangue e di O 2 agli organi.

Classificazione.
1. Shock ipovolemico.
2. Shock ostruttivo.
3. Shock cardiogeno.
4. Shock distributivo.

Fisiopatologia.
In tutti i tipi di shock l’esito finale è diminuzione della perfusione degli organi vitali ed una anossia
tessutale. Le conseguenze sono:
• Glicolisi anaerobica che porta ad una acidosi metabolica.
• Carenza di energia che compromette la funzione della pompa Na/K-ATPasi, con l’esito di
lesioni a carico della membrana cellulare, e quindi alla necrosi cellulare con liberazione
degli enzimi proteolitici.
• La necrosi porta a liberazione di sostanze vasoattive – CID.
Nello shock settico c’è anche azione lesiva diretta delle tossine.

Alcuni organi sono particolarmente sensibili alla carenza di O 2 :


a. Polmoni – aumento permeabilità capillare, causa una trasudazione dal sangue all’interstizio
e quindi alterazioni degli scambi gassosi a livello alveolare con sviluppo di insufficienza
respiratoria (polmone da shock).
Aumento rischio di infezioni.
b. Rene – stordimento funzionale (detto impropriamente necrosi tubulare acuta).
c. Intestino – alterazione della permeabilità delle membrane cellulari porta ad assorbimento
indiscriminato di sostanze dannose (prodotti di batteri), con il risultato di shock settico.
d. Muscoli – rabdomiolisi (distruzione del muscolo striato).
e. Cuore .

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Shock ipovolemico.
Definizione.
Risultato da importante e brutale diminuzione della massa sanguina circolante, che causa una
riduzione del ritorno venoso e della portata cardiaca.

Cause.
• Emorragia.
• Vomito.
• Diarrea.
• Ustioni estese.
• Disidratazione.
• Flogosi cin abbondante, edemi interstiziali.

Meccanismi di compenso.
1. Ipertono simpatico:
a. Vasocostrizione - ↓ del flusso periferico alla milza, cute, muscoli, rene.
b. Tachicardia.
Esiste un rischio di circolo vizioso perché le catecolamine che agiscono a livello degli sfinteri
precapillari possono causare shunt artero-venoso e quindi anossia.
2. Sistema renina angiotensina – angiotensina II porta a vasocostrizione delle arterie
periferiche.

Shock ostruttivo.
Definizione.
Ostacolo alla circolazione del sangue nell’albero arterioso.

Cause.
• Embolia polmonare massiva.
• Pneumotorace iperteso.
• Tamponamento cardiaco (compressione della distensibilità durante la diastole).
• Trombosi di protesi valvolari.
• Mixoma atriale.

Shock cardiogeno.
Definizione.
Diminuzione della gittata cardiaca per deficit primario della funzione di pompa.

Cause fisiopatologiche.
1. Depressione della funzione contrattile delle pareti del ventricolo Sx e raramente del
ventricolo Dx.
2. Ridotta efficienza del cuore per rigurgito o shunt.

Cause.
• Insufficienza miocardica.
• IMA.
• Insufficienza valvolare.
• Difetto del setto interventricolare.
• Tachicardia ventricolare o sopraventricolare.
• Bradicardia estrema.
• Flutter o fibrillazione atriale.

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Shock distributivo.
1. Shock settico.
2. Shock anafilattico.
3. Shock neurogenico.
Il meccanismo comune, ridistribuzione della portata cardiaca nel sistema vasale che causa la
riduzione della perfusione degli organi vitali.

1. Shock settico.
Prodotti di derivazione batterica liberano mediatori endogeni (endotossine) o attivano meccanismi
di difesa umorale che portano a modificazioni vascolari.

Fattori eziologici.
• Tossine endogene (stafilococco o G-).
• Citochine (IL, TNF).
• Sistema di difesa umorale (C’, chinine,coagulazione).

Meccanismi d’azione.
• Vasodilatazione.
• Apertura shunt arterolo-venoso.
• Compromissione del miocardio con diminuzione della gittata cardiaca.

2. shock anafilattico.
Cause:
• Iatrogene.
• Alimentare.
• Veleni di insetti.

Fisiopatologia.
Legame Ag-IgE porta alla de granulazione dei mastociti con liberazione ei mediatori chimici:
• Istamina.
o Vasodilatazione.
o Aumento della permeabilità capillare – fuoriuscita di acqua e soluti dai vasi
all’interstizio che risulta in edema interstiziale e ipovolemia.
• PAF, fattore di attivazione delle piastrine – aggregazione piastrinica che porta alla CID.
• Prostaglandine – azione ipotensiva.

Clinica.
Cute – prurito, orticaria, esantema, edema.
Mucose – edema faringo-laringea, cianosi e sincopi.
Respiro – broncospasmo - asma, dispnea.
Digestione – nausea, vomito, diarrea.

3. shock neurogeno.
Diminuzione delle resistenze periferiche secondaria ad alterazioni dei riflessi deputati al controllo
del tono vasomotore.

Cause.
• Assunzione dei farmaci a scopo suicida.
• Iatrogeno da anestesia.
• Lesioni del midollo spinale.

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Quadro clinico dello shock.
1. Nei shock in cui c’è vasocostrizione periferica (cardiogeno, ipovolemico, ostruttivo):
• Tachicardia.
• Pallore.
• Sudorazione.
2. Nelle forme in cui prevale una riduzione delle resistenze periferiche (distributivo):
• Cute calda e secca.

Sintomi.
• Dispnea.
• Tachipnea.
• Concentrazione della diuresi – oliguria, anuria.

Segni.
• Agitazione ed irrequietezza – ridotta perfusione cerebrale.
• Diminuzione pressione arteriosa – in particolare sistolica.
• Polso periferico piccolo e frequente.

Diagnosi.
1. Anamnesi.
2. Esame obbiettivo.
3. Valutazione della PVC – pressione venosa centrale-pressione di riempimento della cavità
cardiaca Dx, normale 5-8mmHg.
• PVC alta – nello shock cardiogeno e ostruttivo.
Da difficoltà del svuotamento del ventricolo Dx.
• PVC bassa con estremità fredde – shock ipovolemico.
• PVC bassa con estremità calde – shock distributivo.

Prognosi.
Oltre alla certa durata (ore) lo shock è irreversibile e conduce alla morte del pz per degradazione
irreversibile della funzione cellulare di molti organi – masse muscolari, intestino, rene, cuore.

Terapia.
1. Shock con PVC diminuita e ipovolemia:
• Somministrazione dei liquidi ipertonici (plasma expanders).
• Trasfusione di sangue.
• Monitoraggio dei paramenti vitali e dell’equilibrio metabolico.
2. Shock con PVC aumentata:
• Digitale – azione inotropo positivo.
• Dopamina – stimola il miocardio.
• Antiaritmici – in casi di aritmia.

Ossigeno terapia.

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Pericardite acuta benigna.
Definizione ed eziologia.
È un processo infiammatorio del pericardio (infiammazione fibrinosa con versamento, in genere
modesto, sostenuto da una infezione da Echovirus o Coxsackievirus ma talvolta ad etiologia
sconosciuta pericardite idiopatica).

Questo tipo di pericardite è piuttosto frequente in corso di epidemia influenzale e molto spesso si
associa con uno stato infiammatorio del tessuto miocardico (miocardite) e, in particolare, degli
strati più esterni (epicardite).

Clinica.
Dolore toracico:
• In sede retrosternale, si irradia verso il margine del trapezio.
• Accentuato dagli atti respiratori.
• Si modifica con i cambiamenti di postura.
Febbre e mialgie diffuse.
Sfregamenti.

Diagnosi strumentale.
ECG:
• Sopraslivellamento del tratto ST, che regredisce dopo pochi giorni ed il tracciato si
normalizza.
• inversione delle onde T
Ecocardio:
• valutazione del volume del liquido pericardico.
• Identificazione tamponamento cardiaco.
• Localizzino del pericardite.
RX torace:
• Allargamento ombra cardiaca a seguito di un versamento modesto o grave.
Esami di laboratori:
• ↑VES, PCR,α2globuline.

D.D.
Pericardite IMA
Dolore influenzato dalla postura, respiro non è influenzato
ECG Non esiste coesistenza di sopralivellameno ST.
sopralivellameno ST, inversione T. inversione T.
Q patologica.
Ecocardio versamento negativo

Terapia.
Acido acetilsalicilico (ASA) o di indometacina ogni 4 ore.
Ibuprofene ogni 6 ore.
Corticosteroidi dovrebbe essere limitato ai casi di documentata inefficacia terapeutica dei FANS

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Versamento pericardico.
Definizione.
È un aumento patologico del liquido nel cavo pericardico (in condizioni normali mai superiore a 10-
50 ml), che può avere varia etiologia.
Può essere del tutto priva di conseguenze cliniche o determinare gravi alterazioni emodinamiche
fino al tamponamento di cuore, a seconda dell'entità, velocità di formazione e della malattia che
lo determina.
Le cause più comuni di versamento pericardico sono:
• Pericardite acuta.
• Pericardite tubercolare.
• Neoplastica, la pericardite da raggi.
• Traumatica.
Clinica.
Non esistono segni obiettivi fisici specifici per la diagnosi.

Diagnosi strumentale.
Ecocardio.
• Quando si sospetta la presenza di un versamento pericardico, per confermarlo o escluderlo è
necessario sottoporre il paziente a un esame
RX torace.
• Proiezione antero-posteriore, l'ombra cardiaca appare ingrandita, con aspetto a fiasca, e gli
angoli cardio-frenici sono acuti.
Prelievo del liquido pericardico

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Le sindromi compressive pericardiche
Definizione.
Sindromi caratterizzate da una importante alterazione emodinamica causata dalla impossibilità di
distensione diastolica del cuore a causa di una struttura rigida esterna.

1. Tamponamento di cuore.
Definizione.
Condizione in cui la presenza di liquido nella cavità pericardica interferisce con l’emodinamica
cardiaca, determinando compressione sugli atri essenzialmente sul ventricolo Dx.
Le cause più comuni sono:
• I traumi toracici
• Le rotture di cuore in corso di infarto miocardico o di disseccazione aortica.
• In corso di manovre diagnostiche endocavitarie quali il cateterismo cardiaco, l'inserimento
di stimolatori elettrici e durante l'esecuzione di pericardiocentesi.
Le cause più comuni di tamponamento subacuto sono:
• Versamenti pericardici in corso di pericarditi.
• Le metastasi pericardiche.
• La pericardite uremica.

Patogenesi.
Vi è un aumento di essudazione o sanguinamento nella cavità pericardica con 3 conseguenze:
1. Sangue non può riempire il ventricolo Dx compresso→stasi acuta nell’atrio Dx e nelle vene
sistemiche (turgore giugulare, stasi acuta del fegato).
2. Il ridotto riempimento del ventricolo Dx porta a diminuzione della gittata cardiaca di questo
ultimo, e cosi poco sangue arriva al ventricolo Dx, con il risultato di ipotensione arteriosa
fino al collasso.

Clinica.
Il tamponamento acuto si manifesta con:
• Aumento marcato della pressione nelle vene sistemiche.
• Calo vistoso della pressione arteriosa.
• Tachicardia.
• Spesso il pz va rapidamente in un quadro clinico di shock.
Il tamponamento subacuto si manifesta con la comparsa o in aggiunta ai sintomi della malattia di
base:
• Dispnea ingravescente.
• Senso di oppressione precordiale.
• Talvolta, disfagia.

Diagnosi.
ECG: voltaggi ridotti, alternanza elettrica da fluttuazione.
Ecocardio: dimostrazione del versamento e il collasso diastolico del ventricolo Dx.
Cateterismo cardiaco: misurazione delle pressioni intraventricolari.

Terapia.
Pericardio centesi d’urgenza.
Drenaggio chirurgico.

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Pericardite cronica costrittiva
Definizione.
Condizione in cui in pericardio ispessito, cicatrizzato e spesso calcificato limita il riempimento
diastolico.

Eziologia.
Principalmente idiopatica.
Altre cause:
• Trauma cardiaco o chirurgico.
• Tubercolosi.
• Infezioni.
• Neoplasie.
• Terapie radianti.
• Malattie del tessuto connettivo.

Fisiopatologia.
È l’esito di una pericardite precedente, con formazione di tessuto di granulazione che oblitera
grande parte della cavità pericardica. Successivamente, formazione di tessuto fibroso cicatriziale
che strozza il cuore interferendo con il riempimento ventricolare.

Quadro clinico.
Sintomi:
• Astenia.
• Dispnea.
• Aumento di peso.
• Disturbi addominali.
• Nausea.
Segni:
• Tachicardia compensatoria.
• Ascite.
• Epatosplenomegalia.
• Edemi periferici.
• Turgore giugulare.

Diagnosi.
ECG:
• Riduzione voltaggio QRS.
• Appiattimento o inversione onda T.
• Fibrillazione atriale.
RX torace: calcificazione pericardica (50% dei casi), ombra cardiaca normale.
Ecocardio: ispessimento del pericardio e alterato riempimento ventricolare.
TC: per D.D dalla miocardiopatia restrittiva.
RMN.
Bx endomiocardica Dx.

39
D.D
1. Con cirrosi epatica:
La presenza nella pericardite cronica costruttiva, di turgore giugulare con segno di
Kussamaul (aumento al posto del normale calo della PVC durante inspirazione) non è
giustificato nella cirrosi epatica di tipo comune (etilica o epatite cronica).
2. Con scompenso cardiaco Dx:
Questo condizione senza cardiomegalia è possibile in caso di cuore polmonare cronico ma
di solito è associato ad una pneumopatia cronica.
L’ECG deve mostrare segni di ipertrofia ventricolare e atriale Dx.
3. Con cardiomiopatia restrittiva:
È la diagnosi differenziale più difficile, si usa la TC che mostra aumento dell’ispessimento
pericardico.

Terapia.
Pericardiectomia.

40
Ischemia miocardica.
Definizione.
Un’alterazione del normale stato metabolico del miocardio provocato da una discrepanza fra la
domanda di O 2 e la quantità disponibile del flusso coronarico. In condizioni normali esiste una
relazione lineare fra le due.
Quando questa corrispondenza lineare viene interrotta, il metabolismo miocardico, essenzialmente
aerobico, viene perturbato, deviato verso l’anaerobiosi, si producono lattati e il pH tessutale tende
verso l’acidosi, che si manifesta con l’angina pectoris.
L’ischemia miocardica è un fenomeno obbligatoriamente transitorio. Un prolungarsi dello stato
ischemico oltre a 20-30 minuti, determina alterazioni mitocondriali irreversibili che portano alla
morte cellulare, alla necrosi miocardica.
Miocardio ibernato – ischemia cronica a cui il cuore si adatta riducendo il consumo di O 2 ,
riducendo la contrattilità.
Miocardio stordito – dopo un periodo di ischemia, il cuore riduce la sua attività contrattile che
viene recuperata man mano dopo l’ischemia.
Condizionamento – il cuore riesce a sopportare periodi di ischemia più lunga se è stato
precedentemente sottoposto a brevi periodi di ischemia.

Sindromi coronariche acute:


• Angina pectoris instabile.
• IMA.
• La morte coronarica improvvisa.

Sindromi coronariche cronici:


• Angina pectoris stabile.
• La cardiomiopatia ischemica.

Eziologia.
• Aterosclerosi ostruttiva dell’albero coronarico (stenosi fissa), nella maggioranza dei casi.
• Stenosi dinamica – spasmo coronarico.
• Embolia.
• Coronarie.
• Vasculite.
• Anomalia congenita delle coronarie.
• Richieste metaboliche particolarmente elevate – ipertrofia miocardica, ipertiroidismo,
stenosi aortica.

Manifestazione cliniche.
1. Arresto cardiaco (per lo più da fibrillazione ventricolare) – evolve rapidamente verso la morte
improvvisa.
2.Angina pectoris – squilibrio transitorio tra domande di O 2 e apporto metabolico al miocardio.
L’ischemia è reversibile e non provoca danno anatomico permanente.
3. IMA – ischemia miocardica prolungata, che porta a danno cellulare irreversibile o necrosi
miocardica.
4. Scompenso cardiaco.
5. Aritmie.

41
Fisiopatologia.
I due fattori che intervengono sono:
1. Riduzione del flusso coronarico.
2. Aumento del consumo miocardico di O 2 .

1. Regolazione del flusso coronarico.


Vasi coronarici:
Di conduttanza – grossi rami epicardici.
Di resistenza – prearteriole e arteriole.

In condizioni basali l’estrazione di O 2 nel cuore è molto alta, circa 70%.


In condizioni di aumento domanda metabolica, il compenso è un proporzionale aumento di flusso
coronarico attraverso vasodilatazione dei vasi di resistenza (distretto arteriolare).

Riserva coronarica – la capacità massima di vasodilatazione secondaria a uno stimolo metabolico,


espressa come rapporto fra il flusso nelle condizioni di massimo dilatazione e il flusso in condizioni
basali.

Il più importante fattore che regola il circolo coronarico è la richiesta metabolica del muscolo
cardiaco.
Aumenta la richiesta→idrolisi ATP→liberazione adenosina→vasodilatazione dei vasi di
resistenza→↑flusso coronarico.

Il flusso coronarico si attua soprattutto in diastole.

Fenomeni che si verificano nell’aterosclerosi dei vasi epicardici.


Stenosi coronarica:
• Riduce il lume vasale oltre a 75%.
• Permette flusso coronarico sufficiente a soddisfare le condizioni basali o di riposo.
• Limita l’aumento di flusso adeguato a sopportare un maggiore consumo miocardico di O 2
(sforzo).
La stenosi epicardica aumenta la resistenza attraverso i vasi epicardici. Il compenso è riduzione di
resistenza arteriolare e prearteriolare (vasodilatazione per rilascio da parte dell’endotelio di
adenosina, NO) con preservazione del flusso coronarico. Tuttavia, riduce la riserva coronarica.
Una volta esaurita la riserva coronarica, ogni ulteriore aumento del consumo miocardico di O 2
determina ischemia miocardica.
La riduzione del diametro coronarico di circa 90% determina un esaurimento totale della riserva
coronarica.
Riduzione del più di 90% impedisce l’apporto adeguato anche in condizioni di riposo.
I strati più esposti sono i subendocardici perché hanno più alto consumo di O 2 con più limitata
riserva coronarica delle arteriole.

Soglia ischemica – quantità di lavoro che il cuore può produrre prima di andare in ischemia. È
influenzata da:
1. Gravità della stenosi.
2. Vasocostrizione coronarica a livello della stenosi, mediata da catecolamine (durante stress
mentale o esercizio fisico).
3. Sviluppo di circoli collaterali (spiega perché anche con grave aterosclerosi la soglia
ischemica rimane alte e i pz asintomatici).

42
2. determinanti del consumo miocardico di O 2 .
a. Frequenza cardiaca – aumento della frequenza determina un aumento del consumo di O 2 ,
riduce il flusso coronarico.
b. Tensione di parete (postcarico) – dipende da:
• Pressione sviluppata nel suo interno (resistenza all’eiezione di sangue).
• Raggio medio della cavità (da ritorno venoso precarico).
La tensione parietale quindi aumenta sia dall’aumento delle resistenze, sia dall’aumento del
ritorno venoso. Il risultato è ipertrofia con aumento di consumo di O 2 .
c. Contrattilità – il suo aumento, aumenta il consumo di O 2 .

Effetti dell’ischemia a livello miocardico.


1. Alterazioni metaboliche.
2. Alterazioni elettriche.
3. Alterazioni meccaniche.
1. alterazioni metaboliche.
Condizioni normali – metabolismo aerobico, catabolismo glucosio e acidi grassi in CO 2 e H 2 O.
Condizioni di ischemia:
a. Glucosio viene metabolizzato a lattato (metabolismo anaerobico), determina:
a. Diminuzione del pH.
b. Diminuzione delle riserve dell’ATP e creatin fosfato, di conseguenza interruzione
dello scambio ionico (↑ Na+, ↓ K+ intracellulari).
L’aumento di Na+ determina un aumento di Ca+2 intracellulare e il suo sovraccarico
a livello mitocondriale causa ulteriore depressione della produzione di ATP (circolo
vizioso).
b. Produzione di radicali liberi dell’O 2 – vi è perossidazione che lisa la membrana cellulare.
Perossidazione ischemico – fenomeno nel quale il miocardio che ha subito un ischemia
diventa più resistente a una ischemia successiva. Probabilmente dovuto alla liberazione
locale di adenosina (da degradazione dell’ATP).
2. Alterazioni elettriche rilevante all’ECG:
i segni elettrocardiografici son divisi in:
• Ischemia.
• Lesione.
• Necrosi.
Termini utilizzati in ECG clinica, non necessariamente corrispondono allo stato anatomico o
fisiologico.
Caratteristiche elettrofisiologiche Conseguenze ECG
Ischemia. Normali: polarizzazione diastolica e il livello del potenziale QRS, S-T normali.
a riposo.
La fase 0,1,2 del potenziale d’azione.
Prolungamento della ripolarizzazione Allungamento intervallo Q-T.
Modificazioni onda T.
Ischemia sub pericardica T negativa.
Ischemia sub endocardica T positiva.
Lesione. Incompleta polarizzazione diastolica – potenziale a riposo - Lesione dei strati sottopericardici –
.70mv (invece -90mv). sopralivellamento S-T.
Incompleta depolarizzazione - ↓ampiezza potenziale Lesione dei strati sottoendocardici -
d’azione. sottolivellamento S-T
Ripolarizzazione più corta – accorciamento fasi 1,2,3.
Necrosi. Il tessuto miocardico perde la capacità di depolarizzazione. Onda Q patologica nelle derivazioni
vicini alla zona di necrosi.
Dura - >0,04sec.
Uncinazioni
Alterazioni del ripolarizzazione S-T.

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3. Alterazioni meccaniche.
a. Effetti sulla contrazione ventricolare.
• Se l’area ischemica è sufficientemente ampia si ha depressione della funzione del ventricolo
Sx con riduzione della gittata cardiaca sistolica, della portata cardiaca e della FE.
• Se l’ischemia interessa 20-25% della massa ventricolare – scompenso.
• Se l’ischemia interessa i muscoli papillari – insufficienza mitralica.

b. Effetti sulla funzione diastolica.


• Alterazione rilasciamento ventricolare.
• Alterazione assottigliamento della parete in diastole.
• Prolungamento del periodo di rilasciamento isovolumetrico.
Assieme alla disfunzione contrattile portano aumento pressione diastolica che conduce ad una
congestione venosa a monte.

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Angina pectoris.
Definizione.
È una malattia dovuta ad un ischemia transitoria. Non porta un danno miocardico permanente.
Il sintomo fondamentale è un dolore retrosternale oppressivo e costrittivo.

Classificazione.
a. Criteri fisiopatologici.
• Angina primaria.
• Angina secondaria.
b. Criteri descrittivi.
• Angina spontanea.
• Angina da sforzo.
• Angina mista.
c. Criteri clinico-prognostici.
• Angina stabile.
• Angina instabile.

Angina primaria.
L’ischemia miocardica è causata da riduzione primitiva del flusso ematico miocardico (variazioni
dinamiche del flusso coronarico.
Esempi:
• Spasmo di un grosso ramo epicardio – angina variante di Prinzmental, è il più tipico.
• Variazioni del tono coronarico a livello di placche aterosclerotiche.
• Spasmo nei vasi di resistenza.
• Microemboli.
• Trombosi transitoria.

Angina secondaria.
L’ischemia è causata da un aumento del fabbisogno metabolico (aumento consumo di O 2 ) senza
aumento del flusso coronarico, perché è limitato dalla presenza di stenosi coronarica significativa.

Forme ischemiche legate ad alterazioni della capacità di vasodilatazione dei piccoli vasi
intramioocardici e quindi riduzione della riserva coronarica, che diventa insufficienza a soddisfare
un aumento delle richieste metaboliche (è l’ipotesi della sindrome X – angina da sforzo con quadro
angiograficamente normale).

Criteri descrittivi.
Angina spontanea – angina primaria pura. Il pz presenta episodi anginosi a riposo o senza causa
scatenante.

Angina da sforzo – angina secondaria pura. La sintomatologia è provocata sempre dallo stesso
livello di attività fisica.

Angina mista – associazione di angina primaria e secondaria. Episodi sia a riposo sia da sforzo.
Sogli di ischemia variabili.

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Criteri clinico-prognostici.
Angina stabile – è la forma cronica dell’angina. Caratterizzata dalla stabilità del quadro clinico con
scarsa evolutività.

Angina instabile – condizioni che hanno la tendenza di evolvere verso l’infarto miocardico o la
morte improvvisa. L’evoluzione:
1. Angina di recente insorgenza (entro 4 settimane).
2. Angina in crescendo – riduzione progressiva della soglia di ischemia.
3. Angina a riposo – episodi a lunga durata, senza miglioramento dopo l’assunzione di
trinitrina.
4. Angina precoce post infertale.

Prognosi.
I molteplici quadri e il passaggio da stabilità clinica (angina cronica) a sindromi coronariche acute
(angina instabile, infarto intramurale o transmurale) sono dovuti ad alterazioni istopatologiche a
livello della placca aterosclerotica:
I. L’endotelio che ricopre la placca è integro con superficie liscia (angina stabile).
II. Ulcerazione ed emorragie subintimali (angina crescendo).
III. Aggregazione piastrinica e possibili microembolizzazioni (morte improvvisa, sviluppo di
cardiopatia ischemica).
IV. Riparazione dell’ulcerazione con progressione della placca – angina stabile on soglia bassa.

Quadro clinico.
1. Dolore toracico (angina).
Dolore oppressivo e costrittivo retrosternale di breve durata (1-20 min).
Possibili irradiazioni alle spalle, collo, superficie ulnare Sx, mandibola.
• Non è influenzato dagli atti respiratori ne dalla posizione del corpo.
• Può essere scatenato da sforzo, freddo, pasto abbondante, emozioni.
• Regredisce 1-5 minuti dopo l’assunzione sublinguale di trinitrina.
L’indice di gravità della angina, è la limitazione funzionale:

Classe I Solo da sforzi fisici intensi. Nessuna limitazione alle attività quotidiane.

Classe II Sforzo moderato, spesso in condizioni favorevoli (dopo pasto, al freddo). Lieve
limitazione alla normale attività fisica.

Classe III Per sforzi lievi (camminare, salire le scale). Forte limitazione alla normale attività
fisica.

Classe IV per qualsiasi attività e può comparire anche a riposo.


2. dispnea.
Sintomo di congestione venosa polmonare da insufficienza ventricolare Sx.
3. astenia.
Da ipoperfusione muscolare (↓ portata per riduzione della funzionlaotà sistolica).
4. cardiopalmo, lipotimia, sincopi.
Da aritmie.
5. asintomatici.
Ischemia silente.

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Esame obbiettivo.
Non contribuisce tanto alla diagnosi perché quasi sempre non è possibile esaminare il pz durante in
attacco anginoso. In più, l’obiettività può essere negativa.
• Pz mette il pugno sopra la parte superiore dello sterno (segno di Levine).
• Pallore.
• Sudorazione.
• 3° o 4° tonno udibili.
• Soffio da insufficienza mitralica.

Diagnosi strumentale.
ECG a riposo:
• Può essere normale (25-50% dei casi).
• Modificazioni QRS (segni di infarto o blocco di branca).
• Modificazioni tratto S-T:
o Sopralivellamento – ischemia subepicardica.
o Sottolivellamento – ischemia subendocardica.
• Onda T negativa o piatta.

ECG a sforzo:
Serve per valutare la riserva coronarica, che è tanto più compromessa quanto più severo è
l’estensione del danno aterosclerotico coronarico.
2 metodi: cicloergometro o tappeto rotando.
Con monitoraggio dell’ECG e della pressione arteriosa che permette di valutare i livelli di consumo
miocardico di O 2 che il pz può tollerare senza sviluppare ischemia.
Se il test è positivo bisogna considerare il carico di lavoro alla quale si manifesta l’ischemia e il
tempo necessario per il ritorno alle condizioni basali del tracciato.
Il test viene interrotto nei casi di: esaurimento muscolare, aritmie maggiori, angina, ipotensione.

EGC Holter:
registrazione ECG a lunghi periodi 24-48 ore che consente di valutare modificazioni nello tratto S-
T r presenza di aritmie.

Ecocardio:
valutazione della morfologia, dimensioni e contrattilità delle camere cardiache.

Coronarografia:
fornisce informazioni anatomiche dell’albero coronarico.

Iter diagnostico:
Nei soggetti con dolore toracico atipico, assenza di fattori di rischio, obiettività e ECG normali
escludono l’angina pectoris.
Pz con una storia tipica di angina si esegue un test da sforzo:
• Negativo ad alto carico di lavoro – scintigrafia da sforzo.
• Positivo ad alto carico di lavoro – terapia medica e poi rivalutazione a distanza.
• Una risposta insufficiente al trattamento – coronarografia.
• Positivo al test a basso carico – indicazione assoluta alla coronarografia.

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D.D.
1. IMA.
2. Altre cause cardiovascolari:
A. Di probabile origine cardiovascolare:
o Stenosi o insufficienza aortica.
o Miocardiopatia ipertrofica – difficile a distinguere. Diagnosi da esame obiettivo e
ecocardio.
o Ipertensione arteriosa grave.
o Anemia/ipossiemia grave.
B. Di origine non ischemiche:
o Dissezione aortica – intensità massima sin all’inizio (angina è in crescendo)
proiezione al dorso.
o Pericardite – spesso la localizzazione non è retrosternale, si accentua con gli atti
respiratori, si riduce in posizione seduta. La diagnosi viene confermata dal rilievo di
sfregamenti pericardici e mancanza di modificazioni dell’ECG.
o Prolasso mitralico – difficile a distinguere. Diagnosi da reperti ascoltatori e
ecocardio.
3. Cause GI:
• Spasmo esofageo.
• Reflusso esofageo.
• Rottura dell’esofago.
• Ulcera peptica.
• Gastrite.
• Ernia iatale.
• Colecitopatia.
Nel caso di esofagite ed ernie iatale, la D.D può essere difficile perché la localizzazione è spesso
retrosternale e il dolore urente. Manca tuttavia l’associazione con lo sforzo, mentre è
caratteristica l’esacerbazione postprandiale. Diagnosi: risposta alla terapia antiacidi, radiografia,
endoscopia.
4. Disturbi di origine psicogeno.
• Ansia.
• Depressione.
• Psiconevrosi.
5. Polmonare.
• Embolia polmonare – improvviso dolore retrosternale, brutale ed urente, difficilmente
distinguibile da quello dell’angina o dall’IMA, ad esso si associano dispnea intensa, cianosi,
shock.
• Pneumotorace – dolore ad insorgenza acuta, localizzato all’emitorace interessato e proiettato
all’arto superiore omolaterale. Si associa la dispnea.
• Pleurite – diagnosi di solito facile per la localizzazione del dolore, l’accentuazione con gli
atti respiratori e alterazioni dell’obbiettività toracica.

Terapia.
1. Stile di vita.
• Abolizione del fumo.
• Controllo dell’ipertensione arteriosa.
• Controllo dell’obesità.
• Correzione di disciplina – prima con la dieta, poi con farmaci.
• Esercizio fisico sotto la soglia dell’angina – porta a riduzione della frequenza, consumo di
O 2 , aumenta la soglia dell’ischemia.

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2. Farmaci.
Per l’attacco anginoso trinitroglicerina sublinguale.
Per profilassi:
• Nitroderivati .
o Dilatazione del distretto venoso (↓ precarico, ↓ consumo O 2 ).
o Dilatazione coronarica (utile per l’angina primaria).
• Calcio agonisti.
o Dilatazione del distretto arterioso (↓ resistenze, ↓ postcarico, ↓ consumo O 2 . Utile
per l’angina secondaria dilatazione coronarica, utile nell’angina primaria).
• β-bloccanti, indicate soprattutto nell’angina secondaria.
Controindicazioni – pz che anche hanno scompenso cardiaco.
o ↓ frequenza, ↓ pressione, ↓ consumo O 2 .
3. Chirurgica.
Indicazioni:
• Pz con angina refrattaria alla terapia medica.
• Stenosi del tronco comune.
• Lesione ostruttiva a carico ei rami coronarici principali.
Tecniche:
• Bypass aorto-coronarico – vena safena, arteria mammaria interna, gastroepiploica.
• Angioplastica coronarica.

* Terapia dell’angina instabile – rischio di infarto, morte improvvisa.


I pz devono essere ricoverato in ospedale.
Farmaci antiaggreganti piastrinici (aspirina).
+ farmaci sopracitati a dosaggio più elevato, endovena.

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Infarto miocardico acuto (IMA).
Definizione.
Lesione cellulare irreversibile (necrosi) del miocardio dovuto ad una ischemia prolungata.

Patogenesi.
1. Occlusione coronarica.
a. Infarto transmurale – interessa tutto lo spessore della parete miocardica.
Vi è occlusione dovuta a:
• Trombosi (la maggior part dei casi).
• Spasmo coronarico.
b. Infarto intramurale – interessa solo i strati subendocardici della parete.
• Occlusione parziale.
• Occlusione totale in presenza di circolo collaterale.
2. Meccanismi che contribuiscono all’estensione della necrosi.
L’improvvisa riduzione del flusso in un distretto coronarico provoca aumento nelle catecolamine.
Queste a loro volta causano:
• ↑ frequenza cardiaca.
• ↑ resistenze periferiche. ↑ consumo di O 2 . Circolo vizioso.
• ↑ contrattilità.

Localizzazione.
La sede di un infarto è in rapporto con la coronaria occlusa.
L’estensione dell’infarto dipende:
• Dal punto in cui avviene l’occlusione.
o Ramo discendente anteriore, coronaria Sx – infarto anteriore, infarto del setto.
o Ramo circonflessa, coronaria Sx – necrosi in sede laterale.
o Coronaria Dx – necrosi inferiore e posteriore.
• Alla presenza o assenza di circoli collaterali.

Quadro clinico.

Anamnesi.
Nella maggior parre dei pz l’anamnesi cardiovascolare è negativa. L’infarto è la prima
manifestazione della cardiopatia ischemica.
In altri casi l’anamnesi rileva angina stabile o instabile.

Fattori scatenati: nella maggior parte dei pz non è identificabile un fattore scatenante (infarti
avvengono a riposo).
Ritmo circadiano: maggior frequenza nelle ore 6-12 del mattino.

Sintomi.
• Dolore retrosternale oppressivo e costrittivo (a differenza di quello anginoso, è più intenso
di durata maggiore >30min, se compare durante sforzo non regredisce col riposo, resistente
ai nitriti sublinguali).
• Astenia.
• Sudorazione.
• Nausea e vomito (stimolazione vagale).
• Meno frequenti: sincope, ipotensione, aritmie.

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Segni.
• Pz ansioso ed agitato. Cerca di cambiare posizione per alleviare il dolore.
• Pallore e sudorazione fredde – da aumento catecolamine.
• Polso normale/bradicardia/tachicardia.
• Extrasistoli.
• Ascoltazione: aritmie, 4° tono, soffio (se sono colpiti i muscoli papillari).
• Casi gravi: SHOCK (ipotensione, ipotermia, cianosi periferica).
• Scompenso cardiaco.
• Morte improvvisa.

In base al rilievo clinico di compromissione emodinamica i pazienti con infarto miocardico acuto
possono essere suddivisi in 5 classi (le prime 4 classi corrispondono alle classi Killip I-IV):
1. Senza segni di compromissione della funzione ventricolare Sx.
2. Con segni iniziali di compromissione (può essere presente III tono o IV tono ed i rantoli sono
confinati a meno della metà dei campi polmonari).
3. Segni manifesti di insufficienza ventricolare Sx acuta (terzo tono, quarto tono, ortopnea,
aumento della pressione venosa giugulare e rantoli fino ai campi polmonari superiori);
4. Shock cardiogeno (ipotensione, oliguria ed ipoperfusione periferica in aggiunta ai descritti segni
di insufficienza ventricolare Sx acuta).
5. Infarto miocardico acuto a sede inferiore con interessamento prevalentemente del ventricolo Dx
(pressione venosa giugulare aumentata, non segni di stasi polmonare).

Diagnosi strumentale.

1. ECG.
La necrosi è un evento dinamici che evolve nel tempo, per cui l’ECG non è stabile. Le
modificazioni comuni:
• Sopralivellamento tratto ST > 1mm (più specifico per IMA).
• Sottolivellamento tratto ST > 1mm.
• Onda T negativa.
• Onda Q anomale (specifico per IMA riflettono la morte tessutale).
o Durata > 0,04 sec.
o Irregolarità nella sua branca discendente iniziale.
o Profondità variabile nelle diverse derivazioni.

2. Marker diagnostici plasmatici.


In caso di necrosi cellulare vengono liberati nel sangue grande quantità di enzimi contenuti nelle
cellule miocardiche e quindi i loro valori superiori alla norma servono per diagnosi. La loro
quantità è in relazione diretta all’estensione della necrosi.
CPK, CPK-MB, LDH, SGOT, MIOGLOBINA, TROPONINA I/T – i test sono diversi per la loro
sensibilità, specificità e finestra diagnostica.
• Diatonici precoce 6-10 ore dall’insorgenza dei sintomi: isoforme di CPK-MB, mioglobina.
CPK-MB – dopo l’evento acuto ha livello plasmatico molto elevata e la specificità e la
sensibilità diagnostica >90%. Ritorna normale dopo 48-72 ore.
Mioglobina – livello plasmatico aumenta dopo 2 ore dalla comparsa dei sintomi e rimane
elevato per 7-12 ore.
Troponine T/I aumentano 6 ore dopo la comparsa dei sintomi, rimangono elevati per 10-14
giorni.

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3. RX torace.
• Esclude altre cause del dolora toracico (pneumotorace, infarto polmonare con versamento,
dissezione aortica, fratture scheletriche).
• Nei pz con IMA è utile per:
o Accertare la presenza di edema polmonare.
o Valutare dimensioni cardiache, presenza o meno di cardiomegalia.

4. Ecocardio.
• Evidenza zone di alterata cinesi. Consente di definire la sede e la misura (nell’IMA
transmurale o Q è generalmente presente un’alterazione della cinesi segmentaria, alterazioni
della motilità parietale nell’IMA non Q sono meno comuni).
• Utile per la diagnosi precoce delle complicanze meccaniche dell’infarto (aneurismi, difetto
interventricolare, rottura muscolo papillare, rottura parete libera).
• Diagnosi di versamento pleurici, trombi nei ventricoli.

D.D.
La D.D è con le altre cause del dolore toracico. I vede nella scheda del’angina pectoris (p.49)

52
Complicanze dell’infarto.
1. Complicanze aritmiche:
• Tachiaritmia sopravenricolare – FA, associata a scompenso ventricolare Sx e ad età >70.
• Tachiaritmia ventricolare – extrasistole ventricolari, ritmo idioventricolare accelerato,
tachicardia e fibrillazione ventricolare.
• Bradiaritmia ventricolari e disturbi di conduzione:
o Blocco seno atriale – IMA inferiore.
o Blocco atrio ventricolare – IMA inferiore.
o Disturbi di conduzione intraventricolari – BBL, BBR IMA anteriore.
Questi tutte le aritmie possono insorgere durante la fase acuta di un infarto.
I risultati sono;
o Influenza negativa sulla funzione di pompa (già compromessa).
o Ridotta perfusione coronarica aumento consumo di O 2 che causano estensione della
necrosi.
o Evoluzione delle aritmie minori in quelle maggiori (FV, blocco, asistole).
FA nell’IMA:
o Responsabile della maggioranza dei decessi nella fase precoce extraospedaliera dell’IMA.
o Nella fase intraospedaliera la FV primaria (che avviene nelle prime ore senza severa
disfunzione) viene tratta con cardioversione elettrica.
o Nella fase acuta intraospedaliera la prevalenza della FV si è ridotta in modo significativo
col’'avvenuto della terapia riperfusiva precoce.
o La FA secondaria (associate a shock o severa disfunzione ventricolare Dx) che avviene dopo
le prime ore ha prognosi peggiore.

2. Complicanze meccaniche:
• Scompenso ventricolare Sx.
• Edema polmonare acuto.
• Shock cardiogeno e scompenso – sono le complicanze più gravi con prognosi peggiore.
Sono il risultato di grande depressione della funzione di pompa del ventricolo Sx.
o Scompenso da aumento pressione telediastolica del ventricolo Sx:
la pressione capillari polmonare:
 >15mmHg – congestione venosa polmonare.
 > 20mmHg – trasduzione negli alveoli (rantoli).
 > 25mmHg – edema polmonare acuto.
o Shock da riduzione della portata cardiaca:
 Ipotensione – PA<90mmHg.
 Segni di ipoperfusione periferica – oliguria, cute fredda, confusione
mentale.
• Rottura del setto intraventricolare – shunt Sx-Dx: brusco aumento della portata cardiaca a
livello del circolo polmonare. Come risultato sovraccarico del ventricolo Sx e quadro di
scompenso e/o shock.
Terapia: correzione chirurgica urgente.
• Rottura di muscolo papillare con IMA – può portare a rigurgito mitralico. Diagnostico da
soffio mesosistolico, quadro di scompenso.
Terapia: sostituzione valvola mitrale.
• Rottura di parete libera del cuore – tamponamento cardiaco. Morto rapido.
• Insufficienza mitralica.
• Infarto ventricolo Dx.

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3. Complicazioni ischemiche:
• Angina precoce.
Alcuni pz possono lamentare dolori anginosi nell’immediato periodo postperfusionale. Il dolore
può essere spontaneo o per sforzi modesti. La dei dolori sintomi può essere premonitrice di una
recidiva e di un estensione dell’infarto.
L’angina precoce postinfartuale – è particolarmente rilevante in pz sottoposti a terapia
trombolitica
(il rischio è legato sia alla possibile riocclusione trombotica sella coronaria, sia alla presenza di
una grave stenosi residua).
Per cui è importante valutare, prima della dimissione, la presenza di un’eventuale ischemia
residua. Tutti i pz con ischemia residua (spontanea/da sforzo) hanno indicazione a coronarografia
per valutare se necessario la rivascolarizzazione (bypass, angioplastica coronarica).

4. Tromboembolia.
È più frequente negli infarti estesi, complicati da shock e scompenso.
Poggi è ridotta incidenza grazie all’atteggiamento che favorisce la mobilizzazione precoce e l’uso
di eparina come profilassi.
Nell’infarto anteriore e della punta vi è il rischio di formazione di trombi murali a livello del
ventricolo Sx che porta all’embolia sistemica.

5. Pericardite.
a. Pericardite epistenocardica – nel 50% dei casi di infarto transmurale, localizzazione alla
regione che sovrasta la necrosi miocardica.
Di solito si verifica tra il 2° e 4° giorno dell’infarto.
Clinica:
 Sfregamenti.
 Dolore toracico (aumenta con la respirazione, si riduca nella posizione seduta,
localizzazione e porzione spesso diverse da quello ischemico.
 Se vi è versamento pericardico diffuso – diagnosi con RX torace.
Terapia: acido acetilsalicilico. È controindicato l’uso di anticoagulanti (rischio di emopericardio).

b. Pericardite postinfartuale – sindrome di Dressler.


La sua genesi è dovuta a un meccanismo autoimmune, essa insorge da 1 a 6 settimane dopo in
infarto.
Clinica:
 Febbre elevata.
 Dolore pleuropericardico.
 Sfregamenti pericardici.
 Versamenti pericardici diagnosticati con RX torace.

Terapia.
Deve essere più precoce possibile.
1. Ricanalizzazione della coronaria – poiché l’occlusione coronarica è dovuta ad uno trombo, la
sua ricanalizzazione dipende dal lisi del trombo.
Uso farmaci trombo litici quali:
 Streptochinasi.
 Attivatore tessutale del plasminogeno.
Se come agiscono sul trombo e on hanno alcun effetto sula stenosi aterosclerotica è stato proposto:
fare coronarografia di routine e se c’è bisogno angioplastica coronaria.

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2. Protezione del miocardio ischemico – limitare l’estensione della necrosi.
 β-bloccanti – limitano il consumo di O 2 da parte del miocardio.
 Nitroderivati – riducono il precarico e quindi il consumo di O 2 .

3.Altri:
Acido acetilsalicilico (ASA) – antiaggregante piastrinico, antitrombotico.
In caso di aritmie – lidocaina, digitale.
Terapia dello shock ipovolemico (causato da vomito, sudorazioni) con infusione di liquidi.

Il postinfarto.
È necessario fare valutazione clinica e strumentale per formulare la prognosi e dare consigli di vita
e di terapia al paziente.
Gli indagini:
 ECG Holter – per valutare presenza di aritmie o una ischemia silente.
 Ecocardio – valutazione la funzione di pompa del ventricolo Sx.
 ECG da sforzo – valutare esistenza di una ischemia residua.

Pz a basso rischio di morte <2% nel 1° anno:


 Senza aritmie significative.
 Buona funzione ventricolare Sx.
 Senza ischemia residua.

Pz ad alto ischio di morte 30-35% a un anno:


 Marcata riduzione della funzione di pompa, FE<30%.
 Aritmie ventricolari complessi.

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Morte cardiaca improvvisa.
Definizione.
Il decesso per cause naturali di origine cardiaca che consegua ad una improvvisa perdita di
coscienza entro un'ora dall'esordio dei sintomi. I soggetti possono essere cardiopatici noti, ma la
modalità ed il momento dell'insorgenza della perdita di coscienza devono essere inattesi.

Epidemiologia.
La cause di morte più frequenti per soggetti 20-65 anni.
Colpisce per lo più il sesso maschile nell’età di 47-74 anni.
In Italia 57000 morti/anno.
Prevalenza tra 6-12 (vasocostrizione coronarica).

Cause:
75% tachiaritmie maligne (tachicardia/fibrillazione ventricolare).
15% bradicardia maligna (asistole o bradicardia estrema).
10% cardiomiopatie, valvulopatie, tromboembolia.

Patologie associate:
80% coronaropatie (angina instabile, IMA).
10% cardiomiopatie dilatativa ed ipertrofica.
10% sindrome di QT lungo, cardiopatie congenite.

Fattori di rischio:
Predisposizione famigliare (LQT, ipercolesterolemia)
età, sesso, razza negra, alcolismo, obesità.

Terapia.
4 anelli:
1. Sistema di soccorso (118).
2. Rianimazione cardio-polmonare.
3. Defibrillazione elettrica (cardioversione).
4. Supporto avanzato medicale.

Popolazione non selezionata:


 Prevenzione nella popolazione a rischio.
Popolazione postinfarto:
 Stratificazione e monitoraggio.
 Antiaritmici – amiodarone.
 β-bloccanti.
 ACE inibitori, antiaggragganti.
Pazienti con aritmie maligne:
 Farmaci aritmici.
 Impianto defibrillatore automatico.
Sindrome Q-T lungo:
 β-bloccanti a dose piena.
 Denervazione simpatica.
 Peacemaker artificiale.

56
Sindrome di QT lungo.
Definizione.
Malattia ereditaria, trasmissione autosomica dominante. Colpisce bambini, adolescenti e giovani
adulti.
Manifesta con:
• Prolungamento dell’intervallo QT nell’ECG.
• Episodi sicopali o di arresto cardiaco durante stress fisico o psichico.
• La mortalità è altissima nei soggetti non diagnosticati o non trattati.
Intervallo QT – ripolarizzazione ventricolare – max 440ms.

Epidemiologa.
1/10000.
Pazienti giovani.
25-35% di pazienti infestano il fenotipo della malattia.
Mortalità molto ridotta con introduzione di β-bloccanti.

Aspetti molecolari.
LQT1 (subunità α I Ks) entrambe le mutazioni determinano una diminuzione di I Ks e quindi a
LQT 5 (subunità β I Ks) allungamento di QT.
Il coinvolgimento uditivo è dovuto alla presenza di canali K nell’orecchio interno. K è importante
per la genesi del PA endococleare.

LQT2 (subunità α I Kr) entrambe le mutazioni determinano una diminuzione di I Kr e quindi


LQT6 /subunità β I Kr) allungamento di QT.

LQT3 (subunità α I Na) aumento di Na in ingresso porta ad alterazione delle correnti in ingresso ed
uscita durante la fase di plateau a favore delle correnti in entrata, determina allungamento del QT.

LQT4 codifica per una proteina di ancoraggio di membrana, le sue funzioni:


• Regolare attività Na/K ATPasi.
• Regolare attività dello scambiatore Na/Ca.
• Regolare la funzione del recettore per l’inositolo trifosfato.
La mutazione del gene provoca:
• Ridotta attività di Na/K ATPasi e quindi aumento di Na I e aumento di Ca I.
• Ridotta attività dello scambiatore Na/Ca provoca aumento del Ca sarcoplasmatico.

LQT7 mutazione provoca diminuzione di K I ir.

Segni e sintomi.
Sincope.
Arresto cardiaco e morte improvvisa.
Manifestazioni dovute a torsione di punta che nella maggior parte dei casi risolve spontaneamente.
A volte può degenerare in fibrillazione ventricolare e portare ad arresto.
Può verificarsi in due circostanze:
1. Bradicardia e allungamento QT.
2. Sequenza corto-lungo-corto.

57
Diagnosi.
• ECG – QT molto maggiore dei 400ms (460-470ms).
• Storia clinica – sincopi da stress, sincopi non da stress, sordità congenita.
• Storia familiare – con LQT definita.
• Criteri diagnostici 2 maggiori o 1 maggiore e 2 minori.

Criteri maggiori: Criteri minori:


Allungamento QT. Sordità congenita.
Sincopi dopo stress. Alternanza onda T.
Famigliarità QTL. Bassa Fc.
Anomalie della ripolarizzazione.

Fibrillazione ventricolare – scariche di elevata frequenza nervosa 500-600min. Il periodo di


sistole e diastole sono quasi completante aboliti, la diastole non è sufficiente per riempimento del
sangue nel cuore, e quindi il sangue non viene spinto nell’aorta e poi al corpo. La pressione
sanguina cala subito a 0mmHg e il soggetto va in infarto miocardico. 3-4 minuti senza ossigeno il
cervello subisce un danno irreversibile.
Alcune volte viene diagnosticato una epilessia per il motivo di svenimento invece che QTLS.

In 68% dei casi di morte improvviso per QTLS il pz era asintomatico.


La prognosi è molto importante (anche mediante parente sintomatico).

Terapia.
1. per pazienti con genotipo non noto – β-bloccanti a dose piena, antagonisti dell’effetto delle
catecolamine, annulla l’effetto ortosimpatico.
2. per pazienti con genotipo noto :
• β-bloccanti, evitare stress – LQT 1 e 5.
• β-bloccanti evitare rumori, integrare K – LQT 2 e 6
• β-bloccanti denervazione simpatica di Sx trapianto di pacemaker – LQT 3.
3. per pazienti asintomatici – β-bloccanti.

58
Aritmie.
Definizione.
Ogni condizione nella quale viene a mancare la normale frequenza o la regolarità del battito
cardiaco, ovvero è alterata la fisiologia sequenza dell’attivazione atrioventricolare.

Anatomia del sistema di conduzione cardiaco.


Il normale ciclo cardiaco prende origine dalla spontanea insorgenza dell’eccitazione del seno nodo
SA, da qui l’eccitazione si propaga a tutto il miocardio.
L’attivazione normale del cuore inizia dal nodo SA, a livello della giunzione fra vena cava
superiore e atrio Dx. Esso contiene cellule P (pacemaker) che determinano il ritmo sinusale.
L’impulso sorto a livello del nodo SA di diffonde negli atri e raggiunge il nodo AV situato alla base
del setto interatriale. Superando il nodo AV, l’impulso prosegue attraverso il fascio di Hiss alle due
branche, Dx e Sx. In prossimità dell’apice dei due ventricoli, le branche si suddividono nei fascetti
che danno origine a una fitta rete di fibre, la quale si distribuisce sulla superficie endocardica dei
ventricoli, il sistema di Purkinje.

La funzione emodinamica del cuore si realizza in maniera ottimale solo quando la contrazione
atriale e ventricolare si susseguono con la sequenza che risulta dalla ordinata trasmissione del
impulso dal nodo SA ai ventricoli attraverso il tessuto atriale, il nodo AV, il fascio di Hiss, le
branche e la rete di Purkinje.

Meccanismi di formazione delle aritmie ipercinetiche.

1. Aumento della frequenza propria del nodo SA – non ha nessun significato patologico, perché
non altera la modalità della contrazione cardiaca (come tachicardia sinusale).

2. Acquisizione da parte di un pacemaker latente di una frequenza superiore a quella del


nodo SA – l’automatismo è una proprietà presente in tutte le cellule di conduzione, ma in
condizioni normali si esprime solo a livello del nodo SA. In alcune patologie queste cellule
latenti aumentano la loro frequenza del’automatismo al di sopra del nodo SA. La conseguenza è
un eccitazione che si origina nel focus ectopico ipereccitabile.

3. Fenomeno del rientro – disturbi della propagazione dell’impulso. Tale fenomeno dipende de
tre condizioni:
i. Circuito anatomico con sdoppiamento segmentaria seguito da convergenza dei due rami.
ii. Blocco unidirezionale in una delle vie sdoppiate.
iii. Rallentamento della conduzione nella via non bloccata (per recuperare la conducibilità
in quella bloccata).

4. Trigger activity – potenziali d’azione aggiuntivi (singolari/ripetuti):


1. Posteccitazione precoce – potenziale d’azione che si sovrappone alla fase terminale di un
potenziale d’azione normale, causando uno o più cicli di nuova depolarizzazione. Questo
fenomeno è frequente a livello delle fibre di Purkinje quando queste sono striate da una
dilatazione ventricolare.
2. Posteccitazione tardiva – si presenta poco dopo la fine del potenziale d’azione ed è
semplicemente un instabile potenziale di membrana che tende ogni tanto a superare il valore
di soglia e dà origine ad un potenziale d’azione.

59
Meccanismi di formazione delle aritmie ipocinetiche.

1. Diminuzione della frequenza del nodi SA, che conserva il governo del ritmo cardiaco –
questo meccanismo può semplicemente rallentare il ritmo cardiaco senza alterazione
emodinamiche (analogo a una bradicardia).

2. Assunzione, per carenza di attività del nodo SA, del governo del ritmo da parte di un
pacemaker lattante che agisce mantenendo invariato il proprio automatismo – si verifica
quando la riduzione del ritmo del nodo SA è talmente significata da renderla inferiore a quella
di un pacemaker lattante sottostante con una frequenza propria più elevata. Il ritmo è definito
“ritmo ectopico passivo”, perché il pacemaker secondario rimane invariato nella sua funzione, ed
è il nodo SA che diviene inattivato.

3. Disturbi della conduzione AV – si verifica quando esistono delle anomalie nella propagazione
(parziale/totale) della eccitazione lungo il sistema di conduzione e in particolare nel suo
passaggio dagli atri ai ventricoli.
• Se il blocco è parziale – ogni tanto manca un battito ventricolare.
• Se il blocco è totale (BAV totale) – viene attivato un pacemaker ventricolare lattante
che possiede un ritmo inferiore a quello del nodo SA.

Eziologia.
• Cardiopatie primitiva o secondarie.
• Squilibri ormonali o farmacologici.
• Stress psichico e fisico.
• Abuso di sostanze eccitanti (tè, caffè, tabacco).
• Squilibri elettrici.
• Ipossia delle cellule di conduzione.

Fisiopatologia.

Variazioni della frequenza cardiaca.


Determinano variazioni nello stesso senso della portata cardiaca, e del consumo di O 2 miocardico.
In una tachicardia parossistica può essere alterato anche il flusso coronarico che si riempia durante
la diastole.

La perdita della contrazione atriale.


Quando l’attivazione atriale è assente o in coordinata, la contrazione atriale diventa inefficace. Nel
cuore normale, a riposo questo non comporta un alterazione emodinamico. Durante l’esercizio
fisico, la perdita della contrattilità atriale comporta una significativa riduzione della portata
cardiaca.

Alcuni condizioni possono insorgere problemi non sincronizzati nel ciclo cardiaco, con la
conseguenza di una fibrillazione ventricolare.

60
Aritmie ipercinetiche tachiaritmia.

Le aritmie ipercinetiche sono classificati:


A. Extrasistoli – atriale, giunzionale, ventricolare.
B. Tachicardia sovraventricolare:
a. Sinusale.
b. Tachicardia atriale ectopica (con blocco).
c. Sindromi da preeccitazione.
d. Tachicardia parossistica sopraventricolare.
C. Tachiaritmie sopraventricolari:
a. Flutter atriale.
b. Fibrillazione atriale.
D. Tachicardie ventricolari:
a. Ritmo ventricolare accelerato.
b. Tachicardia parossistica ventricolare.
c. Torsione di punta.
d. Fibrillazione ventricolare.

A. Extrasistoli.
Impulsi singoli che nascono episodicamente in sedi diverse dal nodo SA, si sovrappongono a ritmo
base, e ne interrompono la normale sequenza ritmica.
Il battito può essere di origine atriale, giunzionale e ventricolare. Questa ultima è seguita da una
pausa compensatoria e rappresenta la forma più comune di aritmia.
I segni obbiettivi consistono nell’aritmia del polso e alterazione dell’ECG.

Extrasistoli atriali.
Impulsi che nascono a livello atriale in foci distinti dal nodo SA.

ECG – onda P prematura rispetto al complesso normale. L’impulso ectopico atriale diffonde al
nodo AV e al fascio di Hiss. Questa diffusione avviene in maniera del tutto identico rispetto al
battito ortotopico sinusale, perciò in questo casi la morfologia del complesso QRS è normale.
Tuttavia se l’impulso ectopico è molto prematuro, diffonde in fascio Hiss mentre questo è ancora in
refrattarietà assoluta viene bloccato o relativa. Viene rallentato.
Le conseguenze:
1. La sequenza salta un battito.
2. Il battito sinusale che segue il battito prematuro avviene prima del tempo sinusale previsto.
Tuttavia, l’intervallo che segue il battito prematuro atriale è più lungo dell’intervallo tra due battiti
normali, essendo costituito dalla somma del tempo impiegato dall’impulso prematuro a raggiungere
e depolarizzare in nodo SA. Più il tempo che il nodo SA impiega per raggiungere nuovamente il
potenziale di soglia.

La somma dei due intervalli, risulta inferiore alla somma di due intervalli sinusale normali. Si può
dire che la pausa allungata che segue il battito prematuro non compensa l’accorciamento
dell’intervallo che lo precede, perciò è detta pausa non compensatoria.

L’extrasistole atriale solitamente non modifica l’attività di pompa del cuore in modo significativo, e
sono considerate aritmie benigne che non richiedono uno specifico trattamento antiritmico.

Esame obiettivo:
Polso in cui il ritmo regolare è interrotto dall’apparente salto di un battito o da un battito anticipato.
All’ascoltazione i toni sono anticipati.

61
Extrasistoli ventricolari.
Il battito ectopico prematuro costituisce la forma più frequente delle aritmie.

ECG – l’onda P è mancata, l’intervallo tra complesso QRS precedente e complesso QRS
prematuro è più breve rispetto al ritmo di base.
Il battito del ritmo sinusale successivo a quello che ha preceduto il battito prematuro è mancato,
perché il miocardio ventricolare è refrattario.
L’intervallo allungato tra il battito prematuro e il battito ventricolare successivo è compensato ,
pausa completamente compensatoria, cosi la somma dei due intervalli, risulta uguale alla somma
dei due intervalli sinusali normali.

Fisiopatologia.
Il battito prematuro svuota il ventricolo con parzialmente riempimento, e genera pertanto una gittata
sistolica ridotta. Il battito che segue il battito prematuro ha un tempo di riempimento diastolico più
lungo (pausa compensatoria), e ne consegue una gittata sistolica molto più abbondante del normale.
La sistole postextrasistolica può essere avvertita dal paziente come “colpo nel petto”.

Clinica.
• Percezione dell’aritmia.
• Segni di scompenso.

Esame obbiettivo.
• Ascoltazione tono isolato in corrispondenza dell’extrasistole.

Terapia.
Medica, cordarone, miodarone, β-bloccanti.

Extrasistoli giunzionali.
Originano a livello della giunzione e diffondo sia verso gli atri che verso i ventricoli.
L’ordine di diffusione dipende dalle condizioni in cui si trovano le pareti atriali o ventricoli.

Cause:
Sono simili a quelle provocano l’extrasistoli benigni.

B. Tachicardie sopraventricolari.

a. Tachicardia sinusale.
Caratterizzata da una sequenza ritmica di battiti con frequenza da 100-180 battiti/min, che partono
come di norma dal nodo SA.
ECG – normale.

b. Tachicardia atriale ectopica con blocco.


Una forma non frequente che manifesta solo in soggetti malati. L’attivazione nasce a livello atriale
ma in sede diverso dal nodo SA. Il focus ectopico stimola gli atri con frequenza di 150-220
battiti/min, ma una parte degli impulsi non raggiunge ai ventricoli perché viene bloccato a livello
della giunzione.
ECG – onda P anomale in successione rapida, a volte seguita da un QRS normale.
La frequenza del QRS deriva dal grado di blocco atrioventricolare.

Terapia – cardioversione elettrica.

62
c. Le sindromi di preeccitazione ventricolare W-P-W.
Un gruppo di condizioni patologiche nelle quali una parte del miocardio ventricolare riceve
precocemente l’impulso di eccitazione proveniente dagli atri.

I sindromi di preeccitazione ventricolare sono possibili per la presenza di vie accessorie anomale
che connettono atri e ventricoli in aggiunta alla struttura normale del sistema di conduzione. Tali vie
accessorie sono caratterizzate da strutture muscolari lungo le quali lo stimolo viene condotto più
velocemente che lungo il sistema di conduzione (nodo AV).

Sindrome di Wolf-Parkinson-White.
Questa sindrome rappresenta la forma più frequente di preeccitazione ventricolare. Questa sindrome
causata dalla presenza di una via accessoria di conduzione atrioventricolare (fascio di Kent) con
conseguente preeccitazione ventricolare.
Il fascio di Kent – un fascio muscolare anomalo che perfora lo scheletro fibroso del cuore e
connette direttamente la muscolatura dell’atrio con quello del ventricolo.

La sindrome W-P-W è caratterizzata dalla presenza di:


• Normali onde P – l’eccitazione atriale avviene normalmente.
• Intervallo PR più corto – lo stimolo raggiunge i ventricoli attraverso la scorciatoia.
• Presenza di un impastamento iniziale nel QRS – onda delta, rappresenta l’eccitazione di quel
settore di muscolo ventricolare che riceve l’impulso precocemente attraverso la via anomale.
• Durata del QRS aumentata e complessi di QRS di morfologia anomala – il complesso QRS
rappresenta la fusione fra lo stimolo che scende precocemente lungo la via anomala e quello
che raggiunge i ventricoli attraverso la via normale.
• Elevata tendenza alla insorgenza di tachicardia parossistica sopraventricolare – il fenomeno
di rientro. Il rientro utilizza la via anomala e la via normale.

Classicamente vengono distinti due tipi di sindromi W-P-W, in relazione alla morfologia dell’onda
delta e del complesso QRS. Siccome l’onda delta rappresenta l’eccitazione del fascio di Kent, la
localizzazione anatomico cambia la morfologia.
• W-P-W di tipo A – l’attivazione precoce è a carico del ventricolo Sx, l’onda delta è diretta
e in avanti, e i complessi QRS sono per lo più positivi nelle precordiali Dx.
• W-P-W di tipo B – l’attivazione precoce è a carico del ventricolo Dx, l’onda delta è diretta
posteriormente e a Sx e i complessi QRS sono per lo più negativi nelle precordiali Dx.

C. Tachiaritmie sopraventricolari.

a. Flutter atriale.
Flutter – ondeggiare, termine inglese utilizzato in medicina per indicare alterazione del ritmo
cardiaco caratterizzata da contrazioni rapide e coordinate del miocardio.
Nella flutter atriale si ha insorgenza di impulsi in un centro atriale ectopico, con una frequenza fra
200-400 battiti/min. A causa dell’instaurarsi di un blocco atrioventricolare di protezione, le
contrazioni ventricolari presentano una frequenza minore, generalmente secondo un rapporto fisso
(2:1, 3:1 ecc.).
ECG – l’attivazione atriale ectopico prende il nome di onda F, e si presenta con successione
regolare di onda F seguita ogni tanto da un complesso QRS.
Il flutter atriale determina un’alterazione emodinamica del cuore, caratterizzata dalla perdita di
sistole efficace e dalla riduzione del tempo diastolico di riempimento ventricolare e coronarico.

63
Sintomatologia.
• Ipoperfusione periferico.
• Angina pectoris.
• IMA.

b. Fibrillazione atriale.
Nella fibrillazione atriale gli atri sono eccitati in maniera caotica, disorganizzata con una
frequenza dell’eccitamento atriale di 400-500 battiti/min. La frequenza delle contrazioni
ventricolari ha valore inferiore rispetto a quella atriale(140-160 battiti/min), a seguito dello stabilirsi
di un blocco AV di protezione.
A differenza del flutter atriale, nella fibrillazione atriale tale blocco è continuamente variabile per
cui le contrazioni ventricolari risultano aritmiche.
La fibrillazione atriale può insorgere in soggetti sani (speso anziani) o malati (cardiopatia
reumatica, ischemica, valvulopatie, tireotossicosi, ipertensione ecc).
ECG – la fibrillazione atriale è caratterizzata dall’assenza di onde P, che vengono sostituite da
piccole deflessioni di piccola ampiezza assolutamente irregolari, a queste seguono complessi QRS
con intervalli sempre diversi tra loro.
Il paziente con fibrillazione atriale può essere sintomatico (scompenso o angina) oppure
asintomatico (con digitale).
Il digitale fa aumentare il periodo refrattario a livello del nodo AV con lo scopo di controllare la
frequenza ventricolare.
Ascoltazione – toni aritmici con pause sempre diverse, anche l’intensità del primo tono varia
continuamente.

Terapia.
Riduzione della causa organica che ne ha favorito l’insorgenza. Correzione di:
• Stenosi mitralica.
• Disfunzione della tiroide.
• Ipertensione.
Tutti accompagnati da digitale, se non è efficace chinidina solfato PO.
Eparina.
Cardioversione elettrica.

Nella fibrillazione atriale gli atri sono percorsi da movimenti vermicolari che favoriscono la
formazione dei trombi aderenti alle loro pareti che danno origine alle embolie.

D. Tachiaritmie ventricolari.

a. Ritmo idioventricolare accelerato (RIVA).


Anomalia del battito cardiaco dovuta al fatto che la contrazione ventricolare risulta sotto il controllo
di un pacemaker fisiologico localizzato nella parete del ventricolo.
In condizioni normali la frequenza di pacemaker ventricolare è 30-40 battiti/min, nella RIVA la
frequenza ventricolare salta a 60-120 battiti/min.
Solitamente non dà nessuno sintomo.
Cause: IMA, tossicità digitale, ipopotassemia, blocco AV completo.
ECG: aritmia con frequenza ritmica, complessi QRS anomali durata >0.14sec.
Battiti di fusione – morfologia intermedia tra QRS normale e anomale.
Terapia: atropina per ↑ frequenza sinusale, sopprime l’attività dl centro ectopico.

64
b. Tachicardia ventricolare.
Tachicardia che prende origine da un sito localizzato nelle camere ventricolari. Caratterizzata dalla
sequenza di un minimo di 3 battiti ectopici successivi ad origine ventricolare con una frequenza
superiore a 120 battiti/min.
La tachicardia può essere non sostenuta (dura < 30sec) o sostenuta (dura >30sec).
ECG: complessi QRS di durata prolungata e forme bizzarra >0,14sec.
La tachicardia è un emergenza medica da trattare con urgenza perché riduce la portata cardiaca, la
perfusione coronarica e può anticipare l’arresto cardiaco per fibrillazione ventricolare.
Il pz avverte sintomi legati alla bassa portata cardiaca e alla ridotta perfusione coronarica:
scompenso e angina.
Ascoltazione: toni di scarsa intensità, frequenti ritmici, colpo di canone, polso piccolo e frequente,
pressione arteriosa ridotta.
Terapia: pz in shock cardioversione elettrica in anestesia, correzione eventuali fattori che ne hanno
favorito l’insorgenza (squilibri elettrolitici).

c. Torsione di punta.
Tipo particolare di tachicardia ventricolare, spesso non sostenuta, caratterizzato da alta frequenza
cardiaca e da allungamento del tratto QT (LQTS, ipopotassemia).
Morfologicamente l’aritmia è caratterizzata da continua e progressiva modificazione di ampiezza e
polarità del QRS, che sembra descrivere una sorta di torsione attorno alla linea isoelettrica, la
frequenza ventricolare durante l’aritmia è rapidissima e di solito si instaura deficit circolatorio con
sincope.
Terapia: cardioversione.

d. Fibrillazione ventricolare.
Attività elettrica e meccanica caotica e disorganizzata dei ventricoli.
La frequenza cardiaca sale improvvisamente a 500-600 battiti/min, con uno stato di eccitazione
ventricolare in coordinata che determina la scomparsa del tempo necessario per il riempimento
ventricolare. Di conseguenza viene l’arresto totale del circolo (con pressione arteriosa 0mmHg).
L’interruzione del circolo per in tempo superiore a 2-3 min comporta lesioni cerebrali irreversibili.
Una volta instaurata, la fibrillazione ventricolare non tende a cessare e quindi, in assenza di
cardioversione elettrica immediata, è una condizione terminale che porta alla morte improvvisa
IMA.

65
Aritmie ipocinetiche – bradiaritmia.
A. disfunzione del nodo del seno.

a. Bradicardia sinusale.
Nella bradicardia sensuale l’impulso nasce come di norma dal nodo SA, ma con una frequenza
inferiore a 60 battiti/min (la bradicardia è un termine soggettivo, e bisogna sempre considerare le
condizioni psicofisiche del pz).
Le cause sono ipovagotonia o la malattia del nodo SA che determina riduzione dell’automatismo
sinusale. Di solito la bradicardia sinusale è asintomatica,

b. Blocco del nodo SA.


Il blocco del nodo SA è causato da malattia del nodo del seno, una serie di anomalie ECG, causate
da processo infiammatorio, ischemico o degenerativo, che hanno come carattere comune una
disfunzione del nodo del seno.
Nel blocco del seno atriale l’impulso nasce a livello del nodo del seno, ma viene bloccato prima che
possa diffondere agli atri.
ECG:
• I° grado – allungamento del tempo di conduzione SA (non visibile).
• II° grado – mancanza improvvisa del complesso P-QRS dopo una sequenza ritmica
(l’intervallo prima e dopo la mancanza uguale a due volte intervallo P-P normale, indica
attività dal nodo SA).
• III° grado – assenza di onda P.

B. blocco atrio-ventricolare (BAV).


Una condizione caratterizzata da una anormalità nel sistema di conduzione cardiaco dall’atrio al
ventricolo attraverso il nodo AV, in cui la conduzione degli impulsi eccitatori risulta rallentata o
impedita.
Le cause: ipovagotonia, ischemia, necrosi, flogosi, sclerosi del sistema di conduzione.
Classicamente il BAV viene classificato in 3 gradi secondo la gravità:

BAV di I° grado.
Tutti gli impulsi che originino a livello atriale vengono condotti ai ventricoli con una velocità
ridotta rispetto al normale. Determinano conduzione atrioventricolare prolungata.
ECG: intervallo P-Q allungato.

BAV di II° grado.


Alcuni impulsi raggiungono i ventricoli, altri no, blocco parziale.
• Mobiz 1 – fenomeno di Luciani-Wenckebach. La conduzione a livello del nodo AV si
allunga (intervallo P-Q) progressivamente fino a blocco completo.
ECG: serie di intervalli P-Q progressivamente più lunghi fino alla comparsa di un onda P
bloccata.
• Mobiz 2 – la conduzione viene trasmessa o bloccata ma non allungata. Legge di tutto o
niente.
ECG: ogni tanto complesso QRS manca.

66
BAV di III° grado.
Nessun impulso che origina negli atri è condotto ai ventricoli. Blocco cardiaco completo.
ECG: sequenza di onde P senza complessi QRS corrispondenti. I ventricoli vengono attivati da un
pacemaker.
La sintomatologia: è in rapporto alla gravità del blocco ed alla frequenza cardiaca. Può essere
asintomatica oppure presentare astenia, lipotimia, sincope e crisi MAS.

Blocco di branca.
Anormalità di conduzione cardiaca attraverso uno dei due rami del fascio di Hiss che causa uno
sfasamento della contrazione dei due ventricoli.
Il blocco può essere di Dx o Sx, completo o parziale.

Sindrome di Morgagni-Stokes (crisi MAS).


Sindrome caratterizzata da episodi di ischemia cerebrale acuta dovuta a deficit transitorio della
portata cardiaca. Tale deficit è causato da disturbi del ritmo cardiaco come il blocco
atrioventricolare o fibrillazione ventricolare.
Ischemia cerebrale di 2-5 sec – vertigine.
Ischemia cerebrale di 5-10 sec – sincope, perdita di coscienza e caduta per terra.
Ischemia cerebrale di 15 sec – perdita di feci e urine, convulsioni e cianosi.
Ischemia cerebrale di 30 sec – il paziente è apparentemente morto.

Sincope.
Perdita improvvisa e transitoria di coscienza, per una ipoperfusione cerebrale globale.

Sincope vaso-vagale – la forma più comune di sincope 50%, causata da un eccessivo effetto vagale
sul sistema vascolare con conseguente vasodilatazione generalizzata e riduzione del ritorno venoso.
La sincope è scatenata da dolore, emozione, minzione, tosse o defecazione.

Sincope da aritmia – aumento o riduzione estrema della frequenza cardiaca.

Sincope cardiache (non aritmiche) – ipoperfusione da insufficienza cardiaca causato da infarto del
miocardio, stenosi aortica severa, mixoma, cardiomiopatia, cardiopatie congenite, tamponamento
cardiaco.

Sincope del seno carotideo – sincope causata da ipotensione e bradicardia conseguenti alla
stimolazione del seno carotideo.

Sincope ortostatica – sincope posturale che compare nell’assumere la posizione eretta, causato da
ipotensione ortostatica da ipovolemia oppure di insufficienza autonoma.

Test di tilt.
Una prova impiegata da cardiologi nel ambito della diagnostica differenziale delle sincopi. È un test
di tipo provocativo e serve per smascherare la sincope di natura vaso-vagale (test di tilt positivo).
Durante la prova il letto viene inclinato a 60°. L’inclinazione induce una riduzione del ritorno
venoso al cuore e scatena il riflesso del tono simpatico con l’aumento della frequenza cardiaca e
vasocostrizione periferica (tentativo di mantenere la perfusione cerebrale adeguata).
Una risposta normale definita test di tilt negativo, nessun alterazione vaso-vagale.
Nei pazienti con test di tilt positivo, la riduzione del ritorno venoso mette in atto il riflesso vaso-
vagale che induce vasodilatazione e bradicardia (effetto opposto al normale) e indica alla presenza
di sincopi di natura vaso-vagale.

67
Cardiopatie congenite.
Malattie della struttura e della funzione del cuore e dei grossi vasi, presenti fin dalla nascita. Sono
causate da un insufficiente o anomalo sviluppo embrionale e possono essere conseguenza di difetti
genetici, fattori esogeni o teratogeni quali malattie infettive, farmaci, diabete o abuso d’alcol.
Circa un terzo delle malattie congenite porta a comparsa di un quadro clinico grave da richiedere la
correzione chirurgica entro un anno di vita.

Shunt.
Anomala comunicazione tra le sezioni Dx e Sx del cuore.
A causa della differenza di pressione tra le cavità, il passaggio di sangue ossigenato in cavità Dx
non comporta nessun danno. Ma il sovraccarico di sangue è quello che comporta danno al circolo
polmonare fino a insufficienza cardiaca.
L’aumento cronico della portata circolatoria a livello polmonare causa un aumento delle resistenza
polmonari che a loro volta causano un aumento della pressione nelle sezioni Dx. Una volta che
questa pressione supera le pressioni delle sezioni Sx, lo shunt si inverte con aumento di emoglobina
ridotta in circolo e quindi cianosi.

Cianosi.
Colorito bluastro della cute e mucose che insorge quando la quantità di Hb ridotta in circolo supera
5g/dl. È un segno frequente di cardiopatie congenite in cui si instaura una shunt Dx-Sx.

Insufficienza cardiaca.
Causata da un sovraccarico di volume (shunt) o di pressione (ostruzione severa).
Se insorge nella prima settimana di vita è segno di ostruzione grave a livello dell’aorta.
Dopo la seconda settimana è indice di coartazione dell’aorta, difetto del setto interventricolare o
malformazioni più complesse.

Sintomi.
Polipnea, cute fredda e umida, polso piccolo e frequente, tachicardia, ritmo a galoppo.

Esame obbiettivo.
Rantoli e sibili a livello dell’apparato respiratorio, epatomegalia.

68
Gruppo I
Cardiopatie con ostruzione al deflusso, senza comunicazioni anomale tra sezioni
Dx e Sx, non shunt.
A. Coartazione aortica.
Stenosi di significativa lunghezza dell’aorta toracica, localizzata a livello della giunzione del dotto
arterioso sull’arco aortico (tra arco aortico e aorta discendente).
• Infantile – coartazione preduttale, il ventricolo assicura il flusso in aorta per la via del dotto.
• Adulto – coartazione postduttale.
La coartazione determina una differenza di pressione tra sezione arteriosa a monte e a vale della
stenosi. Il flusso a valle è pero assicurato da un flusso collaterale formatosi. Vi è ipertensione
arteriosa nel territorio dei due arti superiori e del cranio.

Cinica.
Cardiopalmo, cefalea in soggetto giovano.
Sviluppo ottimo della meta superiore del tronco a degli arti superiori, arti inferiori meno trofici con
muscolatura meno abbondante.

Diagnosi.
ECG: segni di ipertrofia ventricolare Sx.
RX torace: segno della coartazione 3 rovesciato del profilo superiore Sx.
Ecocardio.
Doppler: misura del gradiente.

Terapia.
Chirurgica.

B. Stenosi valvolare aortica.


Si tratta della aorta bicuspidale, anomalia generata dalla fusione dei lembi di due cuspidi valvolari
che determina un’apertura eccentrica e quindi stenosi valvolare.

Clinica.
Angina, sincope da sforza, dispnea.

Esame obbiettivo.
Fremito sistolico a livello dl secondo spazio intercostale Dx.
Soffio rude, sistolico eiettivo, a livello del secondo spazio.

Diagnosi.
ECG: segni di ipertrofia ventricolare Sx e di sovraccarico sistolico del ventricolo Sx.
RX torace: presenza di possibili calcificazioni a livello valvolare.
Ecocardio: visualizzazione del numero e posizione dei cuspidi.

Terapia.
Chirurgica.

69
C. Stenosi valvolare polmonare a setto interventricolare integro.
Stenosi a livello della valvola polmonare o più raramente, dell’infundibulo del ventricolo Dx.

Clinica.
Stenosi lieve: asintomatica fino all’età adulta.
Stenosi severa: cianosi, dispnea da sforzo, sincopi.

Esame obbiettivo.
Soffio da eiezione sul focolaio della polmonare.

Diagnosi.
ECG: normale o segni di ipertrofia ventricolare Dx.
RX torace: perfusione secondo arco Sx per dilatazione arteriosa polmonare.
Ecocardio: evidenza dell’ispessimento della valvola ed ipertrofia veicolare.

Terapia.
Valvuloplastica nel bambino, chirurgica nell’adulto.

D. Stenosi infundibolare polmonare.


Presenza di un anello fibroso determinato da un marcato ispessimento muscolare del tratto di
efflusso del ventricolo Dx. vi è una marcata dilatazione del’arteria polmonare.

70
Gruppo 2
Cardiopatie con comunicazione anomale fra sezioni Sx e Dx, senza ostruzioni.
Shunt Sx-Dx.
A. Persistente pervietà del dotto arterioso di Botallo.
Anatomia.
Il dotto di Botallo è un largo canale che, durante il periodo fetale, mette in comunicazione il tronco
principale della polmonare e l’aorta discendente. Permette al sangue arterioso di origine
placentare, espulso dal ventricolo Dx, di raggiungere il circolo arterioso.
La chiusura del dotto inizia entro 10-15 ore dalla nascita attraverso la contrazione della sua tunica.
Si completa entro 2-3 settimane. Rimane solo un cordone solido fibroso.

Clinica.
I sintomi dipendono dall’entità dello shunt Sx-Dx e dalla attivazione dei meccanismi di compenso.
• Neonato – insufficienza cardiaca.
• Adulto – ipertensione polmonare con conseguente inversione dello shunt.

Esame obiettivo.
Soffio sistolico apprezzabile in sede sottoclaveare Sx ed interscapolare.

Diagnosi.
ECG: normale o segni di sovraccarico del ventricolo Sx.
RX torace: segni di iperafflusso polmonare.

Terapia.
Chirurgica.

B. Difetto del setto interventricolare.


Incompleto sviluppo del setto interventricolare con conseguente persistenza di una comunicazione
fra i due ventricoli. A causa della differenza di pressione sistolica tra i due ventricoli, viene creato
uno shunt Sx-Dx.
Un cronico sovraccarico dell’albero arterioso polmonare determina un aumento delle resistenze e
quindi ipertensione polmonare e quindi inversione dello shunt e cianosi.

Clinica.
Dipende dall’entità dello shunt e dalle resistenze polmonari. Può essere asintomatico, può
comparire astenia, scarsa tolleranza allo sforzo.
Può evolvere in insufficienza cardiaca.

Diagnosi.
ECG: normale o segni di sovraccarico ventricolare Sx.
RX torace: aumento dell’ombra cardiaca.
Ecocardio: evidenza la discontinuità del setto.
Doppler: visualizzazione del getto e la direzione dello shunt.

Terapia.
Chirurgica solo per difetti ampi.

71
C. Difetto del setto interatriale.
Anomala comunicazione tra gli atri a causa di un incompleto sviluppo del setto interatriale.

Ostium secondarium – a livello della fossa ovale, deriva da un difettoso sviluppo del septum
primum.

Seno venoso – a livello della parte alta del setto, in prossimità dello sbocco della vena cava
superiore, associato ad anomalo ritorno venoso polmonare in atrio Dx.

Ostium primum – difetto di formazione embrionale dei cuscinetti endocardici (S. di Down)

Clinica.
Cardiopalmo, processi infiammatori dell’apparato respiratorio.

Esame obbiettivo.
Soffio diastolico rullante sul quarto spazio intercostale Dx.

Diagnosi.
ECG: onda P indie di ingrandimento Dx e blocco di branca Dx incompleto.
RX torace: ombra cardiaca ingrandita per dilatazioni delle sezioni Dx.
Ecocardio: ventricolo Dx dilatato.

Terapia.
Chirurgica.

D. Canale atrioventricolare.
Anomalia dello sviluppo della giunzione tra piano atrioventricolare e i setti interatriali e
interventricolari.
Ostium primum – canale atrioventricolare parziale, anomalia del setto interatriale nella sua parte
più bassa.
Canale atrioventricolare completo – anomalia della parte bassa del setto interatriale e della
porzione più alta di quello interventricolare.

Clinica.
Cianosi ed insufficienza sviluppo del corpo.

Esame obbiettivo.
Rumore da rigurgito a livello atrioventricolare.

Diagnosi.
ECG: deviazione assiale Sx, segni di ipertrofia ventricolare Sx.
RX torace: ingrandimento sezioni Dx e Sx.

Terapia.
Chirurgica.

72
Gruppo 3
Cardiopatie con contemporanea presenza di comunicazione anomala fra le
sezioni Dx e Sx ed una ostruzione nelle sezioni Dx a valle del comunicazione,
shunt Dx-Sx.
A. Tetralogia di Fallot.
Cardiopatia caratterizzata da:
1. Difetto del setto interventricolare.
2. Ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo Dx.
3. Aorta cavaliere (sul setto pescando sangue da entrambi i ventricoli).
4. Ipertrofia ventricolare Dx concentrica.

Clinica.
La gravità dipende dal grado di ostruzione del ventricolo Dx e dello stato dei vasi arteriosi
polmonari.
• Cianosi.
• Ritardo nello sviluppo corporeo.
• Clubbing – ditta a bacchette di tamburo.
• Dispnea.
• Episodi di iperpnea fino a crisi asfittiche.
• Soffio sistolico da eiezione su focolaio polmonare.

Diagnosi
ECG: deviazione assiale Dx e ipertrofia vermicolare Dx.
RX torace: arco aortico posto a Dx.
Ecocardio: difetto del setto interventricolare, aorta a cavaliere del setto, ostruzione del tratto di
efflusso del ventricolo.

Terapia.
Chirurgica, chiusura di difetto interventricolare.

B. Sindrome di Eisemmerger.
Comparsa di ipertensione arteriosa polmonare con aumento della pressione nella sezione di Dx e
shunt Dx-Sx in pz con una fase iniziale di cardiopatia con shunt Sx-Dx.

C. Anomalia di Ebstein.
L’impianto della valvola tricuspidale nel ventricolo Dx è in un posizione più bassa a quella
fisiologica ed è deformata. Il ventricolo Dx risulta più piccolo:
• A monte ipertensione atriale Dx – ipertensione sistemica.
• A valle ipoperfusione polmonare.

Clinica.
Aritmie atriali per la presenza di una via anomala con sindrome di preeccitazione ventricolare.
Ascoltazione: soffio sistolico da insufficienza tricuspidale con focolaio più spostato a Dx.

Diagnosi.
ECG: onde P positive, giganti, assenza dei vettori del ventricolo Dx.
RX torace: cuore globoso, vascolarizzazione polmonare ridotta o normale.
Ecodoppler: evidenza della valvola tricuspidale con impianto basso e atrio aumentato di volume.
Terapia: antiaritmici, ablazione della via animala. Chirurgica.

73
D. Atresia della tricuspide.
Mancato sviluppo o ipoplasia della valvola tricuspidale. È associata ad un difetto del setto
interatriale. La sopravvivenza è condizionata dalla pervietà del dotto di Botallo e dal difetto del
setto interatriale.

Clinica.
Cianosi severa e dispnea.

Diagnosi.
ECG: asse deviato a Sx, onde P di tipo polmonare.
Ecocardio: visualizzazione assenza e/o displasia valvolare.

74
Cuore polmonare.
Definizione.
Dilatazione o ipertrofia del ventricolo Dx, secondario a patologie primitive di origine polmonare.
Comporta ipertrofia e scompenso del ventricolo Dx.

In tutti i casi di cuore polmonare la causa della dilatazione o ipertrofia ventricolare Dx è una
ipertensione polmonare. Si parla di cuore polmonare solo quando l’origine dell’ipertensione sta
nell’alterazione anatomica o funzionale del polmone stesso, mentre sono escluse tutte le forme in
cui la dilatazione o ipertrofia ventricolare Dx hanno origine diversa (come insufficienza ventricolare
Sx).
• Vi può essere ipertensione polmonare senza cuore polmonare ma non può esservi cuore
polmonare senza ipertensione polmonare (almeno sotto sforzo).
• Cuore polmonare non è sinonimo di scompenso cardiaco Dx.
• L’origine del cuore polmonare è una patologia polmonare.

Cuore polmonare acuto.


1. L’ipertensione polmonare è repentino e transitorio.
2. È causato da un’embolia polmonare massiva.
3. Prevale la dilatazione ventricolare Dx.

Cuore polmonare cronico.


1. L’ipertensione polmonare è stabile e persistente.
2. È causato da alterazioni anatomiche o funzionali.
3. Prevale l’ipertrofia ventricolare Dx.

Cuore polmonare acuto da embolia polmonare.


Definizione.
Una brusca dilatazione del ventricolo Dx causata da una repentina e grave ipertensione polmonare.

Eziopatogenesi.
La causa in assoluto più frequente è l’embolia polmonare. Essa è un ostruzione più o meno estesa
dell’albero arterioso polmonare da parte di materiale esterno che viene da altri distretti vascolari
(vene sistemiche, cuore Dx), e raggiunge il piccolo circolo con la corrente ematica.
Il materiale embolico può essere di natura solida (trombi, grassi, neoplasie), di natura liquida
(liquido amniotico) oppure gassosa (aria in ferite del collo).
Il materiale più frequente è il trombo, perciò si parla di tromboembolia polmonare.
Perché si produca un cuore polmonare acuto, è necessario un grosso embolo che occluda l’arteria
polmonare o le sue diramazioni principali, oppure una pioggia di emboli più piccoli che occludono
contemporaneamente numerosi vasi minori. 80-90% degli emboli polmonari originano da trombi
formati nelle vene profonde degli arti inferiori (TVP).

Fattori che favoriscono lo sviluppo di trombi venosi.


1. Stasi ematica – o rallentamento del flusso ematico, favorisce l’aggregazione piastrinica e
l’adesione all’endotelio (si riscontra nei condizioni di ipoperfusione periferica,
immobilizzazione prolungata).
2. Lesione endoteliale – danni alla parete vasale.
3. Stato di ipercoagulabilità ematica.

Altri fattori: obesità, fumo, ipertensione arteriosa, neoplasia, pillola anticoncettiva.

75
Le conseguenze di una tromboembolia polmonare.
1. A valle – ipoperfusione periferica, shock, sincope, morte improvvisa. L’ostruzione del
flusso polmonare provoca a valle dell’ostruzione un insufficiente riempimento del
ventricolo Sx, perciò si riduce la gittata sistemica e compare uno scompenso cardiaco Sx
con l’ipoperfusione periferica che porta a shock cardiogeno, sincope e se l’ostruzione a
lungo a una morte improvvisa.
2. A monte – dilatazione ventricolo Dx, scompenso cardiaco Dx. A monte dell’ostruzione
aumenta la pressione arterioso polmonare e nel ventricolo Dx, che si dilata perché non riesce
ad espellere in sistole tutto il sangue che contiene. La dilatazione comporta, secondo la legge
di Starling un aumento della forza di contrazione del ventricolo per compensare il postcarico
polmonare fino ad un certo punto. Oltre quello la dilatazione determina insufficienza
ventricolare Dx e si instaura scompenso cardiaco Dx con la sintomatologia della congestione
venosa sistemica. Aumento del lavoro ventricolare più dilatazione →↑ consumo O 2 che è
associato ad ipoperfusione coronarica.
3. Tessuto parenchimale polmonare – insufficienza respiratoria. Una grossa porzione degli
alveoli non è più perfusa dal circolo polmonare, mentre continua ad essere ventilata. Ciò
equivale a un aumento rilevante dello spazio morto respiratorio funzionale. Negli alveoli
non perfusi si riduce la CO 2 , e l’ipocapnia alveolare è un potente stimolatore della
costrizione dei dotti alveolari e bronchiali. Per compenso si instaura una iperventilazione
(tachipnea), con conseguente ipocapnia arteriosa sistemica e alcalosi respiratoria. Un altro
sintomo è l’ipossiemia sistemica.
4. Infarto polmonare – è un evento raro. Grazie alla riserva funzionale della parenchima
polmonare (anastomosi con circolo bronchiale ed ossigenazione diretta). Il circolo
polmonare è riccamente anastomizzato con il circolo bronchiale e quindi in grado di irrorare
la parenchima a valle dell’ostruzione. Per lo più la parenchima polmonare è ossigenato
anche direttamente dalla ventilazione alveolare. Perché l’infarto polmonare si verifichi sono
necessari condizioni particolari di compromissione della ventilazione e della perfusione
(scompenso Sx e BPCO). L’infarto polmonare è sempre di tipo emorragico,è spesso sotto
pleurico (formazione di versamento pleurico).

Quadro clinico.

Embolia polmonare di modesta entità.


Un improvvisa dispnea senza nessun causa apparente, con leggera ipotensione e tachicardia e
modesta ipossiemia arteriosa.
Questi episodi possono essere trascurati dal paziente, ma per il medico non devono essere
sottovalutati in quanto possono precedere in emboli più massici.

Embolia con infarto polmonare.


Dispnea, tachipnea, dolore toraccio accentuato con il respiro, tosse con espettorato ematico, flogosi,
febbre.

Embolia polmonare massiccia


Grave ostruzione del flusso polmonare determina un quadro drammatico di scompenso cardiaco
totale con insufficienza respiratoria.

Sintomi:
sincope e arresto cardiaco, shock con grave ipotensione tachicardia, cute freddo, dolore che non
varia con il respiro, tosse, cianosi.

76
Diagnosi.
ECG: segni di dilatazione e sovraccarico del ventricolo Dx. Onde P alte e appuntate, allungamento
tratti PQ.
RX torace: di solito normale, possibile identificazione di infarto polmonare.
Analisi gas: ipossia, ipocapnia, alcalosi respiratoria.
D-dimero – non è specifico.
Ecocardio: dilatazione ventricolo Dx, ipertensione polmonare. D.D IM e tamponamento cardiaco.
TC con MDC – identificazione sito di ostruzione.

Terapia.
Profilassi con anticoagulanti per soggetti a rischio (pazienti chirurgici).
1. Prevenire le recidive emboliche – anticoagulanti, eparina.
2. Facilitare l’eliminazione dell’embolo – farmaci fibrolitici.
3. Correggere le alterazioni circolatorie e respiratorie – O 2 , trasfusione sanguina.

77
Cuore polmonare cronico.
Definizione.
Condizione caratterizzata clinicamente di scompenso cardiaco cronico e dal punto di vista
fisiologico da aumento cronico delle resistenze. Questo aumento è dovuto a:
1. Alterazione del letto arterioso su base di:
a. Ipertensione polmonare primitiva.
b. Embolica.
2. Insufficienza respiratoria PO 2 bassa negli alveoli.

Eziologia.
• Vascolare – ipertensione polmonare primitiva, embolia polmonare ricorrente.
• Parenchimale – da bassa concentrazione cronica di O 2 (PO 2 <50mmHg) negli alveoli, da
cause polmonari, pleuriche, nervosi, obesità.

Fisiopatologia.
1. Aumento delle resistenze vascolari polmonari che avviene progressivamente ed ha modo
insidioso mediante la riduzione della riserva vascolare polmonare (vasi arteriosi chiusi a riposo).
Perché si manifesti una ipertensione polmonare in condizioni basali dovrebbe essere una
ostruzione di più del 4/5 del letto vascolare polmonare.
2. Aumento della pressioni alveolare durante lo sforzo

78
Cardiochirurgia.

79
La circolazione extracorporea.
La circolazione extracorporea e l’arresto cardiocircolatorio totale, sono due tecniche che ci
premettono eseguire interventi chirurgici del cuore e sui grossi vasi. Per poter operare su un cuore
fermo ed esangue si utilizzata la CEC. Mentre si utilizza l’arresto cardiocircolatorio totale per
operare il distretto cardiaco o vascolare (aorta).

CEC.
La circolazione extracorporea è una tecnica in grado di sostituire temporaneamente (ore) la
funzione cardiaca e polmonare. È una circolazione artificiale che avviene al di fuori del corpo.
Nel bay pass cardio-polmonare – viene saltata la funzionalità del cuore (pompa) e dei polmoni
(ossigenazione), è viene praticata derivando il sangue dalla vena cava, facendolo passare attraverso
una opportuna apparecchiatura (macchina cuore-polmone), ch provvede alla sua ossigenazione ed al
suo pompaggio, e reimmettendolo nella rete arteriosa sistemica (arteria femorale) che lo distribuisce
con decorso retrogrado a tutti gli organi, escludendo in tal modo il suo passaggio attraverso il cuore
e il circolo polmonare.

Scopo.
1. Ottenere un campo operatorio esangue ed immobile.
2. Mantenere vitali gli organi del pz, garantendo l’irrorazione da parte della circolazione sistemica.

Macchina cuore-polmone.
È costituita da 3 elementi:
1. Ossigenatore (a bolle, dischi rotanti o a membrana).
2. Pompa arteriosa (pompa arteriosa o centrifuga).
3. Scambiatore di calore.

Tipi di ossigenatori.

Ossigenatore a bolle – contatto diretto tra sangue venoso e O 2 .


È costituito da una colonna di ossigenazione (nella quale simultaneamente sono immessi sangue
venoso e O 2 ) e un sistema di deschiumaggio per eliminare le bolle.

Ossigenatore a dischi rotanti – consiste da un sistema di dischi coassiali ch ruotano e quindi il


sangue venoso è distribuito sulla loro superficie che è in forma di pellicole, per aumentare la
superficie di contatto. Anche in questa sistema il sangue venoso e l’O 2 sono a contatto diretto.

Ossigenatori moderni – si avvicinano maggiormente alla fisiologia polmonare. Non vi è più


contatto diretto grazie alla mediazione di una membrana. Questo garantisce:
• Maggiore somiglianza ala fisiologia degli scambi gassosi.
• Minori problemi dovuti al contatto diretto:
o Traumi degli elementi del sangue,
o Problemi infettivi.

80
Modalità di connessione al paziente.
La CEC prevede due tipi di connessione:

A. Sistema di prelievo venoso.


È effettuabile mediante due tecniche:
1. Sistema delle doppie cannule – vena cava superiore e inferiore. Viene utilizzato negli
interventi in cui è necessario aprire le cavità cardiache di Dx, trapianto del cuore, correzione
di difetti congeniti o correzione valvolare.
2. Sistema della monocannule atriale – una sola cannula nell’atrio Dx, oppure una cannula
con estremità perforata è fori laterali introdotta nell’auricola Dx fino alla vena cava
inferiore. L’estremità perforata aspira il sangue dalla vena cava inferiore mentre i fori
laterali aspirano dall’atrio Dx e quindi dalla vena cava superiore. Viene utilizzato nella
maggior parte degli intervento attuali nei quali non è necessario aprire le cavità Dx,
correzione della mitrale o della valvola aortica, aneurismi dell’aorta intratoracica.

B. Sistema di immissione arteriosa.


Attualmente viene preferito per ovvi vantaggi pratici quello dell’aorta ascendente. La
localizzazione della connessione aortico è nel tratto intrapericardico. La femorale viene evitata
per evitare complicanze di tipo infettivi e cicatriziali.
Aorta ascendete viene evitata in alcune patologie, aneurismi dissezioni e in reinterventi
cardochirurgici.

Obbiettivi chirurgici della CEC.

A. Ottenere un campo operatorio esangue ed immobile.


Ci sono comunque delle altre finti che, nonostante l’aspirazione cavale, possono portare sangue
alla cavità cardiaca: seno coronarico, vene di Tebezio, sangue bronchiale (anastomosi del circolo
polmonare e bronchiale). Per avere un campo esangue, bisogna introdurre un'altra sistema di
aspirazione dal ventricolo Sx – venting ventricolare.
Cannulazione dell’atrio Sx→valvola mitrale →ventricolo Sx, oppure introduzione di un catetere
diretto alla punta del cuore.
B. Mantenere in vita il pz durante l’arresto cardiaco.

Metodologia clinica della CEC.


i. Monitoraggio dei parametri vitali fondamentali.
ii. Preparazione del campo chirurgo.
iii. Eparinizzazione.
iv. Incannulazione arteriosa - aorta scendete.
v. Incannulazione venosa.
vi. Inizio circolazione extracorporea.
vii. Raffreddamento corporeo.
viii. Clumpaggio dell’aorta.
ix. Somministrazione cardioplegia – arresto cardiaco, ipotermia, protezione miocardica.
x. Tempo centrale cardiochirurgo.
xi. Riperfusione cardioplegia.
xii. Ripristini della normotermia.
xiii. Ripresa dell’attività elettromeccanica del cuore.
xiv. Sospensione della CEC.
xv. Somministrazione di protamina – per evitare emorragie postoperatorie.
xvi. Decannulazione del’aorta de delle vene cave.

81
Parametri da monitorare durante l’intervento.
1. Pressione – pressione arteriosa, venosa, arteriosa polmonare.
2. Macchina cuore-polmone – pressione di immissione della pompa arteriosa, portata
superiore a 2,4L/min/mq.
3. Cuore – frequenza cardiaca, ECG, indice cardiaco, T° miocardica.
4. Temperatura – rettale, intraesofagea e miocardica.
5. Sangue – pH, ematocrito, coagulazione, equilibrio acido-base, Hb.
6. Altre -diuresi.

82
Protezione miocardica.
L’evoluzione della protezione cardiaca:
Prima tappa – anni 50’. Clampaggio aortico continuo o intermittente. La mortalità postoperatoria
era molto alta. L’ischemia induce necrosi che determinava la liberazione di enzimi.

Seconda tappa – fibrillazione ventricolare. Per eliminare il problema del cuore battente si realizzò
una fibrillazione cardiaca con elettrodi, ma questa era una situazione insostenibile a causa dei tempi
operatori molto lunghi.

Terza tappa – cardioplegia. Arresto cardiaco (K+, in diastole, Ca+2 in sistole. Ipotermia, protezione
miocardica, soluzione cardioplegica.

Cardioplegia.
1. Arresto cardiaco – la somministrazione della sostanza cardioplegia che contiene oltre alle
sostanze energetiche (ATP e creatinfosfato) ioni che bloccano l’attività elettrica del cuore
mediante il squilibrio ionico (blocco del potenziale d’azione). L’arresto cardiaco si può ottenere
o con K+ o Ca+2.
K+ dà arresto rapido in diastole, cosi il cuore è rilasciato e pronto per un intervento (cuore
trattabile). Oggi si una KCl, cloruro di potassio.
Ca+2 dà arresto più rapido in sistole, cosi il disperso della sostanza energica è minore ma
l’irrigidimento del cuore è sfavorevole per un intervento chirurgico (cuore non trattabile).

2. Ipotermia – abbassamento dei processi metabolici mediante impiego dell’ipotermia.


Ipotermia moderata – 25-32°C . interventi CEC.
Ipotermia profonda – 18-25°C – interventi in arresto di circolo.
Più bassa la temperatura più alta la percentuale di recupero del pz postoperatorio.
Vantaggi:
a. Diminuzione dei processi metabolici, e quindi una migliore protezione dei vari
organi, inoltre, la portata in CEC può essere diminuita con minore trauma per il
sangue (minore consumo di O 2 ).
b. Contribuisce anche a ritardare il rilasciamento del cuore da parte del mediastino
dopo l’infusione della soluzione cardioplegica.
Svantaggi:
a. Modificazioni fisiologiche – aumento O 2 disciolto, aumento affinità dell’Hb per
l’O 2 , aumento della viscosità.
b. Diminuire la secrezione dell’insulina con conseguente intolleranza alla
somministrazione di glucosio e tendenza all’iperglicemie.
c. Diminuzione di alcuni fattori della coagulazione con rari problemi di sanguinamento.

3. Protezione miocardica (soluzione cardioplegica) – la prevenzione di alcuni effetti sfavorevoli


dovuti all’ischemia con l’impiego di sostanze cardioplegiche (energiche e protettive). Recupero
sale da 3-93%.
Soluzioni cardioplegiche cristalloide – iper K+ e farmaci.
Soluzioni cardioplegiche ematiche iper K+ miste con sangue arterioso.

83
Obbiettivi della cardioplegia.
1. Realizza un arresto cardiaco il precoce possibile per ridurre il consumo energico miocardico.
Questo si fa mediante infusione rapida di K+. L’iperpotassiemia determina ripolarizzazione della
membrana cellulare ed immediato arresto in diastole (cuore trattabile).
2. Riduzioni dei processi metabolici cellulari basali – mediante ipotermia miocardica al di sotto di
10°C, ciò si ottiene raffreddando la infusione cardioplegia a 4°C.
3. Riduzione o abolizione dell’edema interstiziale cellulare – che inevitabilmente consegue
all’ischemia e all’ipotermia, mediante l’iperosmolarità della soluzione.
4. Azione tampone – ottenuta mediante sostanze alcalinizzanti (HCO 3 -) contenute nelle soluzioni,
in quanto la glicolisi anaerobica comporta un graduale aumento dell’acidosi intra ed
extracellulare.
5. Apporto dei substrati – agli organi, mediante la somministrazione dei sostanze energiche
contenei ATP e creatinfosfato.
6. Ristabilizzazione dell’equilibrio della membrana cellulare – si aggiunge alla cardioprotezione
ioni Ca+2 e Mg+2.

Vie di somministrazione.

Vie anterograde:
• Bulbo aortico – sede primario di eiezione, tra il clampeggio e il piano valvolare aortico.
• Osti coronarici – si utilizza questa via quando c’è insufficienza valvolare aortica con
distruzione dei lembi.

Vie retrograde:
• Seno coronarico – questa via viene usata quando gli osti coronarici sono ostruiti oppure
esiste una patologia coronarica ostruttiva che impedisce la soluzione cardioplegica di fluire
in tutti i distretti miocardici.
• Safene anastomizzate.

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Trapianto di cuore.
Trapianto ortotopico – il cuore viene posizionato nella sede anatomicamente corretta al posto
dell’organo malato, che viene asportato.

Trapianto eterotopico – il cuore nativo viene lasciato nella propria sede e l’organo trapiantato
viene collegato ad esso in parallele, posizionandolo nella cavità pleurica Sx.

Il trapianto di cuore viene effettuato sui pz cardiopatici con la perdita parziale o completa della
funzionalità contrattile del cuore Sx.
In pratica le due patologie principali sono: la cardiomiopatia dilatativa (CMD) 45% dei casi e la
cardiopatia ischemica 45%. Le altre cardiopatie rappresentano 10% dei casi.

Cardiopatie primitive – dilatativi, ipertrofia, restrittiva.


Cardiopatia secondaria – ischemia, valvolare, neoplastica, ipertensiva, infiammatoria, metabolica,
post chemioterapia.

Indicazioni per trapianto di cuore.

Condizioni della cardiopatia:


• Perdita della funzione contrattile del cuore.
• Non suscettibile di correzioni chirurgici.
• Non risponde alla terapia medica.
• La sopravivenza è limitata – fase terminale.

Condizioni emodinamiche:
• Indice cardiaco inferiore a 2.5 L/min/m2.
• FE del ventricolo Sx < 25%.
• Wedge pressure > 25mmHg (pressione capillare polmonare che rappresenta la pressione del
atrio Sx).
La sopravvivenza dei pz non trapiantati non supera un anno di vita, mentre la sopravivenza dei pz
trapiantati è superiore a 75% dopo 5 anni dal trapianto, ed è superiore a 55% dopo 10 anni
dall’intervento trapiantologico.

Controindicazioni per il trapianto di cuore.

Controindicazioni assolute:
1. Malattie sistemiche attive.
2. Neoplasia maligna recente (ultimi 5 anni).
3. Infezioni sistemiche.
4. Infarto polmonare recente.
5. Insufficienza parenchimale terminali (rene, fegato).
6. Inadeguata compliance del ricevente.
7. Positività HIV.

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Controindicazioni relative:
Singolarmente non controindicano il trapianto, ma quando messe due o più insieme danno
controindicazione.
1. Diabete mellito insulina dipendente.
2. Età > 65 anni.
3. Malattie dell’apparato digerente (ulcere ecc.)
4. Vascolopatia periferica.
Controindicazione emodinamiche:
Ipertensione arteriosa polmonare (6-8 unità di Wood).

Protocollo di valutazione del candidato al trapianto.


A. Apparato cardiovascolare: ECG, ecocardio, test cardio-polmonare, coronarografia.
B. Apparato polmonare: RX torace.
C. Apparato gastrointestinale: eco addome, endoscopia asofago-gastrica.
D. bilancio ematochimico completo: emocromo, PT, curva glicemica.
E. Bilancio sierologico completo: identificazioni infezioni batteriche e virali.

Valutazione del circolo polmonare.

Pressione sistolica polmonare – mediante cateterismo cardiaco Dx. valore normale 18-25mmHg.

Gradiente trans-polmonare (GTP) – la differenza tra la pressione media nell’arteria polmonare e


la pressione media nei capillari polmonari 𝐺𝐺𝐺𝐺𝐺𝐺[𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 ] = 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑚𝑚 − 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑚𝑚 .

Resistenza vascolare polmonare (RVP) – il GTP diviso per la portata cardiaca.


(𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑚𝑚 −𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑚𝑚 )
𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅[𝑢𝑢𝑢𝑢𝑢𝑢𝑢𝑢 à 𝑊𝑊𝑊𝑊𝑊𝑊𝑊𝑊 ] = 𝐶𝐶𝐶𝐶
quando la RVP > 2.5 UW bisogna valutarlo con vasodilatatori.

Matching del candidato in base alla RVP.


Il cuore del donatore, è un cuore sano, con ventricolo Sx abituato a lottare contro la resistenza
sistemica, e un ventricolo Dx abituato a lavorare con normo-regime in quando riguarda il sistema
polmonare (18-25mmHg). Il trapianto di questo cuore in pz con resistenze molto alte, il ventricolo
Dx scompensa sempre di più ed andrà incontro ad un scompenso ventricolare Dx acuto.
< 2 UW – non ci sono problemi di adattamento del ventricolo Dx tra cuore e ricevente.
2-4 UW body-size match – la resistenza vascolare polmonare è tropo alta e perciò il cuore
trapiantato deve essere più grande e quindi più potente per superare la resistenza polmonare. Cuore
di un donatore più grande del ricevente.
4-6 UW – problema più rilevante. 3 possibilità:
1. Trapianto di cuore sovradimensionato.
2. Trapianto eterotopico.
3. Cuore da un donatore con ventricolo Dx giù grande.
> 6 UW assoluto controindicazione al trapianto di cuore, trapianto cuore-polmone.

Criteri del donatore.


1. Morte cerebrale.
2. Assenza di patologie pregresse o di traumi gravi a carico del cuore.
3. Assenza di gravi turbi al ritmo cardiaco.
4. Assenza di ipotensione marcato o prolungato.
5. Arresto cardiaco non superiore a 15 min.
6. Supporto catecolaminico moderato (dopamina < 10γ/kg/min).
7. Assenza di sepsi, tossicodipendenza, avvelenamento.

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8. L’età non è limitata.

Criteri di compatibilità biologica.


1. Sistema ABO e MHC.
2. Cross match linfatico – per verificare l’assenza dei linfociti contro il cuore.
3. Matching dimensionale.

Preservazione del cuore.


• Cardioplegia – blocco metabolico raggiunto mediante ipotermia e K+.
• Trasporto in 3 sacchetti sterili messi in un contenitore con ghiaccio ( < 4°C).
• Tempo massimale d’attesa prima del trapianto non più di 4-5 ore.

Tecniche chirurgiche.

Trapianto ortotopico.
Prima fase – donatore – cardiotomia dal donatore.
Seconda fase – ricevitore – cardiotomia ricevitore.
Terza fase – ricevitore – trapianto vera e propria del cuore ortotopico.

Trapianto eterotopico.
1° fase – donatore – cardiotomia dal donatore.
2° fase – ricevitore – preparazione del campo operativo .
3° fase – ricevitore – trapianto del cuore eterotopico.

Il trapianto di cuore eterotopico è indicato in 2 situazioni:


1. Alta resistenza del circolo polmonare (RVP Wood 4-6).
2. Donatore marginale in cui il cuore non è ottimale.

Immunodepressione.
La terapia immunosoppressiva include un protocollo di quadruplice terapia come approccio iniziale
(RATG, ciclosporina/FK 506, azatioprina, steroli) e poi una triplice terapia di mantenimento.

• Immunoglobuline – RATG (sieri antitimociti ricavati dal ratto). Somministrazione si


2.5mg/Kg/g per 3 giorni.
• Ciclosporina A – un polipeptide di origine fungina che interferisce con la produzione dell’IL-2
da parte dei linfociti Th, ostacolando l’amplificazione della risposta immunitaria. Inizio
somministrazione dalla 2° giornata postoperatoria: 1-3 mesi 275-375 ng/ml dal 4° mese 150-
250ng/dl.
• Tacrolimus (FK 506) – molecola di origine fungina, alternative alla ciclosporina. Inizio
somministrazione dalla 2° giornata postoperatoria.
• Azatioprina – pro farmaco antimetabolico, interferisce con la sintesi degli acidi nucleici.
Preoperatoria 4 ng/Kg, mantenimento 1-2 ng/kg .
• Steroidi – sono la terapia più sperimentata per il rigetto acuto. Somministrazione
postoperatoria di ½ g, poi una somministrazione di 125 ng ogni 8 ore per 3 volte.
1-2 mesi 0,2mg/kg, 3° mese 0,1 mg/kg.

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Complicanze legate all’incompatibilità immunologica.

Rigetto iperacuto.
Rigetto rapido ed irreversibile, nell’arco di ore o giorni. Il rigetto dipende dalla presenza di Ab già
preformati. È un evento raro per il cross match linfocitario preoperatorio.

Rigetto acuto.
Reazione immunitaria di tipo cellulare da parte del ricevente contro i componenti del cuore. È un
evento frequente ma reversibile (anche nelle forme grave). Può provocare, se non viene
riconosciuto in tempo, un severo risentimento emodinamico.
ISHLT grading di gravità: 1°, 1B, 2, 3, 3B, 4.
La diagnosi clinica mediante la Bx del ventricolo Dx viene fatta mediante un cateterismo introdotto
nella vena giugulare→vena cava superiore→atrio Dx→ventricolo Dx→4, 5 frammenti bioptici.

Rigetto cronico.
Responsabile del 33% dei decessi a distanza (si verifica nei pz che sopravissuti almeno un anno
dopo il trapianto). Responsabile al 60% delle cause del ritrapianto. Il meccanismo del rigetto è
contro l’arterie coronariche.
Macroscopicamente – lesione coronarico diffuso (non è aterosclerosi coronarica), coinvolgimento
diffuso fino alla periferia degli assi coronarici, aorta e arteria polmonare.
Microscopicamente – proliferazione miofibroblastica subintimale, con fenomeni fisiologici e
vasculite, le calcificazioni sono rari.

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Chirurgia delle coronarie.
Le arterie coronariche son vasi arteriosi propri della parete del cuore che costituiscono un sorta di
corona vascolare intorno all’organo. Le arterie coronarie forniscono una vascolarizzazione di tipo
terminale al cuore, nei confronti del quale svolgono un ruolo trofico fondamentale. Le arterie
coronarie sono i primi rami collaterali dell’aorta ascendente, originano pochi mm a valle della
valvola aortica.

Dal punto di vista anatomico le arterie coronarie sono due: Dx, Sx.
Coronaria Dx – solco atrioventricolare Dx →biforcazione in ramo marginale e ramo
interventricolare posteriore.
Coronaria Sx – tronco comune →ramo interventricolare anteriore e ramo circonflesso (irrora
ventricolo e atrio Sx).

Dal punto di vista chirurgico e funzionale, i distretti coronarici di interesse sono 4, detti con
espressione impropria a efficace il tronco comune ed i 3 vasi:
1. Tronco comune – tronco comune della coronaria Sx.
2. Arteria coronaria Dx e 2 rami dell’arteria coronaria Sx.
3. Ramo circonflesso.
4. Ramo discendente anteriore.

Le coronaropatie rappresentano la principale causa di decesso dell’età media (50 anni). Le


manifestazioni cliniche delle coronaropatie vanno dall’angina pectoris all’infarto miocardico.

Le conseguenze acute dell’infarto.


a. Aritmie.
b. Shock cardiogeno – la più comune causa di morte dall’infarto, verificandosi nel 10-15% dei
casi a12-24 ore dall’esordio. In rapporto ad una perdita di miocardio del ventricolo Sx o da una
terapia medica inefficace (> 40%). L’approccio terapeutico è la riperfusione. Le procedure non
chirurgiche sono la trombolisi e la PTCA (angioplastica percutanea transluminale).
c. Rottura della parete libera – provoca emopericardio e tamponamento del cuore.
d. Rottura del setto interventricolare – provoca scompenso congestizio e bassa portata
sistemica con elevata mortalità. L’intervento è la infartectomia (ablazione chirurgica di un’area
necrotica circoscritta), e chiusura del braccia settale.
e. Rottura del muscolo papillare – complicanza rara ma grave con mortalità elevata.

Le conseguenze croniche dell’infarto.


a. Aneurisma.
b. Scompenso cardiaco.
c. Tromboembolia.

Rivascolarizzazione del miocardio.


La cardiopatia ischemica rappresenta la causa di morte più importante nel mondo occidentale.
Inoltre la CPI rappresenta la singola maggiore fonte di spesa sanitaria. La terapia chirurgica, il
bypass aorto-coronarico, è uno dei maggiori successi della storia della medicina, sia per il numero
elevato di interventi eseguiti che per i risultati brillanti in termini di sopravvivenza e qualità di vita.

La rivascolarizzazione miocardica si ottiene suturando dei condotti vascolari, detti comunemente


graft, alle coronarie malate, a vale delle stenosi. Attraverso questi condotti il sangue arterioso
giunge alle porzioni di miocardio ischemico.

89
Indicazioni all’intervento.
• Quadro coronarico con elevato rischio di maggiori.
• Terapia medica e angioplastica (PTCA) inefficaci.

La coronarografia mette in evidenza il quadro coronarico del cuore. Questo esame fornisce
informazioni diagnostici indispensabili della situazione della lesione e può fornire indicazioni per
intervenire chirurgicamente. Le indicazioni:
1. Stenosi unica > 70%.
2. Stenosi multiple > 50%.
3. Occlusione completa.

Indicazioni all’intervento d’urgenza:


1. Stenosi del tronco comune.
2. Infarto miocardico acuto evolutivo.
3. Shock cardiogeno in corso di infarto miocardico.

Tecniche chirurgiche.
L’intervento può essere eseguito:
1. In circolazione extracorporea con clampaggio aortico e cardioplegia:
È la tecnica più diffusa. Considerata guida standard. Il gran vantaggio è la possibilità di
raggiungere tutti i rami coronarici, e di operare su un campo fermo ed esangue. Lo svantaggio
è l’esposizione del paziente ai rischi della circolazione extracorporea. L’arresto cardioplegico,
per quanto efficace sia la protezione, è comunque una forma di ischemia globale del miocardio.
2. Senza circolazione extracorporea a cuore battente:
Una tecnica che richiede molto più delicatezza in quanto il cuore non è fermo. Per motivi
anatomici la coronaria Dx e l’interventricolare anteriore sono di solito più facilmente
accessibili dagli altri. Per accedere ai rami diaframmatici (intraventricolare posteriore e
postero-laterale) e ai rami del margine ottuso, sono state sviluppate tecniche espositive che
consentono di verticalizzare il cuore nella culla pericardica. Il gran vantaggio è nell’evitare le
complicazioni della circolazione extracorporea (danni neurologici, renale, respiratori,
infiammatori). Consente inoltre una manipolazione minima o nulla dell’aorta ascendente, che
spesso presenta placche calcifiche a grave rischio di embolia. Lo svantaggio è la difficoltà in
certe manovre dovute alla motilità continua del cuore, impedendo di raggiungere alcuni rami
coronarici. Inoltre durante l’esecuzione di ogni singola anastomosi il territorio a valle è
soggetto ad un periodo ischemico non protetta da cardioplegia.

Condotti.
I condotti possono essere arterie, vene o condotti artificiali.

Arteria mammaria interna.


È l’arteria preferita per la sua proprietà e a sua sede anatomica e per il fatto che riesce a sfuggire
dalle lesione aterosclerotiche. La mammaria è un ramo collaterale dell’arteria succlavia.
L’intervento include il distacco della parte distale dell’arteria è il suo collegamento alla coronaria (a
vale dell’ostruzione). Cosi si ottiene un circolo che parte dall’aorta ascendente, passa per la
succlavia, continua con la mammaria interna è torna al cuore.

Altre arterie usate:


Arteria radiale, gastroepiploica Dx, epigastrico inferiore. La vena più usta è la safena.

I condotti vengono distinti in condotti peduncolati e in condotti free graft.

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• Condotto peduncolati o in situ – conservano l’origine anatomica dell’arteria. In pratica ciò
è possibile per le arterie mammarie e per l’arteria gastroepiploica Dx.
• Condotti free graft– sono quelli per i quali si rende necessaria un’anastomosi prossimale ad
un altra arteria che fornisca il sangue arterioso. Questa categoria comprende tutti i condotti
venosi e artificiali e quelle arterie che devono essere escisse completamente, quali la radiale
e l’epigastrica inferiore. L’anastomosi prossimale viene eseguita nella maggior parte dei casi
all’aorta ascendente (by pass aorto-coronarico).

91
Valvulopatie chirurgiche e principali modelli protesici.
I vizi valvolari sono anomalie di funzione delle valvole cardiache conseguenti ad alterazioni
anatomiche dei lembi e/o dall’apporto valvolare nel suo complesso.
Schematicamente i vizi valvolari possono essere classificati in base a 3 criteri principali:
1. Natura del vizio – stenosi, insufficienza, steno-insufficienza.
2. Sede del vizio – mitralico, aortico, tricuspidale, polmonare.
3. Eziologia del vizio – endocardite reumatica, anomalie congenite, endocardite, infarto
miocardico.

Sono tre le opzioni chirurgiche che si por postano nella terapia della valvulopatia grave:

1. Commisurolisi valvolare a cuore chiuso (CCC).


Permette di evitare la circolazione extracorporea ed è quindi indicato in quei pz in cui la CEC
presenta alta probabilità di complicanze. La CCC è gravata da alcuni limiti: la non possibilità di
visualizzare la valvola , l’impossibilità di agire sull’apparato sottovalvolare e sulle
calcificazioni.
Oggi un intervento della stessa natura può essere eseguito con il palloncino dilatatore introdotto
per via percutanea in un vaso arterioso (a. femorale), e spinto fino alle cavità Sx del cuore.

2. Commissurotomia in circolazione extracorporea (CEC).


Si procede alle manovre di riparazione e conservazione della valvola praticando delle incisioni
commisurali, delle fenestrature di corde tendinee fuse, assottigliamento dei lembi. Nel caso di
importante retrazione dei lembi è possibile applicare tecniche di allargamento dei lembi
valvolari (anteriore) con patch di pericardio autologo.

3. Sostituzione valvolare con protesi.


Qualora la riparazione della valvola nativa risulti inadeguata o impossibile, si vede procedere
alla sostituzione valvolare mitralica in circolazione extracorporea.

Protesi valvolari cardiache.


La sostituzione valvolare presuppone la scelta di una protesi artificiale.
La protesi ottimale dovrebbe rispondere alle seguenti caratteristiche:
1. Nono essere ostruttiva né incontinente.
2. Essere biologicamente inerte.
3. Non provocare emolisi.
4. Non essere trombo genica.
5. Essere facile da inserire ed avere lunga durata.
Le protesi oggi in commercio si avvicinano abbastanza bene a queste caratteristiche.

Esistono essenzialmente due tipi di protesi valvolari: meccaniche e biologiche.


Tutte le protesi sono costituite da un anello d’inserimento e da una parte mobile. L’anello
d’inserimento serve a fissare la protei all’nello valvolare naturale, e la parte mobile al centro regola
il passaggio del sangue durante il ciclo cardiaco.
Le valvole biologiche sono costituite da valvole aortiche di maiale oppure costruite con pericardio
di bue.

Le valvole meccaniche si suddividono in 3 gruppi:


1. Protesi a palla – le prime, meno in uso.
2. Protesi a disco oscillante – monodisco.
3. Protesi a due emidischi – bidisco, le più recenti.

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Protesi a palla.
Costituite da gabbia metallica contenente una palla siliconata.
Una sua complicanza, impregnazione lipidica dell’elemento mobile che diminuisce la esecuzione,
che viene poi cambiato.

Protesi a disco oscillante (monodisco).


Sono costitute da un anello metallico ricoperto di teflon, all’interno delle quale bascula un disco,
trattenuto da un sistema meccanico. Queste valvole, molto meno ingombranti di quelle a palla,
hanno un flusso pressoché centrale che sfrutta l’angolo di apertura del disco (65°). L’incidenza più
frequente legato a questo tipo di valvole è il blocco del disco da parte di un processo trombotico.

Protesi a due emidischi (bidisco).


Sono costituite da due emidischi di carbonio pirolitico dotati di cerniera centrale. L’apertura di
questi raggiunge circa 85°.

93
Cardiopatie congenite.

Difetto interatriale.
È la CC più comune.
Il setto IA è costituito da:
• Componente Dx – II° septum.
• Componente Sx I° septum.
I due componenti sono strettamente adiacenti che si sovrappongono. Ognuna forma una
sepimentazione incompleta. La componente di Dx corrisponde a SS embrionale, una struttura
muscolare robusta con il forme ovale. La componente di Sx derivata dal SP embrionale è fibrosa e
sottile con l’orifizio tondeggiante OS (ostium secundum).
Insieme agiscono come una valvola unidirezionale che permette fluire il sangue da Dx a Sx prima
della nascita.
Dopo la nascita per la quantità sempre crescente del sangue che entra nel atrio Sx si aumenta la
pressione facendo aderire la valvola ai lembi e nella maggior parte dei casi la sua occlusione con
una fusione anatomica.
Se non è avvenuto la fusione si crea uno shunt Sx-Dx.

Tipi più comuni di difetti interatriali.


1. Tipo OP – ostium primum
2. Tipo OS – il più comune, ostium secondarium
3. Tipo seno venoso.

Difetto di tipo OS – ostium secondarium.


La forma di difetto settale più comune. Il normale processo di riassorbimento che conduce alla
formazione del’ostio secondario è esagerato e la gran parte del setto primario scompare.
È un difetto ampio per cui il risultante shunt Sx-Dx è rilevante.
• Sia l’atrio Dx che il ventricolo Dx si dilatano e si ipertrofizzano, mentre le arterie polmonari
si ingrandiscono considerevolmente.
• L’atrio Sx non si dilata.
• La portata sistemica è normale, talvolta diminuita.

Il quadro clinico non è rilevante.


Raramente sono sintomatici. La crescita e lo sviluppo sono normali. Il cuore è modernamente
ingrandito.
Si può apprezzare un soffio sistolico dalla aumentata quantità di sangue che passa attraverso la
valvola polmonare.

L’intervento chirurgico garantisce una cura definitiva. È quasi sempre possibile chiudere il difetto
con sutura diretta.

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Difetto tipo seno venoso.
L’orifizio è situato nella parte alta del setto, a livello dell’orifizio della vena cava superiore, che
tende a stare a cavallo del difetto. Di conseguenza l’area della fossa ovale è normale.

È quasi sempre presente un ritmo venoso polmonare anomalo parziale per lo più sbocco anomalo
della vena polmonare Dx in atrio Dx invece che atrio Sx.

La correzione chirurgica può richiedere il patch di dacron o di pericardio per indirizzare il ritmo
venoso anomalo all’atrio Sx e contemporanea,ente chiudere il difetto senza compromettere il lume
della vena cave superiore o delle vene polmonari.
Il quadro clinico è simile a quello del difetto di tipo ostio secondario.

Difetto di tipo ostio primario.


È causato da una anomalia di sviluppo del cuscinetti endocardici atrioventricolari nell’embrione.
Lungo il bordo del setto primario si sviluppano propaggini dei cuscinetti endocardici superiore e
inferiore. Se i cuscinetti e propaggini non si fissano insieme l’ostio primario non viene chiuso. Se
pero i cuscinetti endocardici si fondono solo centralmente si hanno difetti, uno dei quali è l’ostio
primario.

È un difetto basso che arriva a contatto con la valvola tricuspidale. La comunicazione è situato a
livello del setto atrioventricolare e non alla corrispondenza dell’ostio primario embrionale.

Sintomi clinici.
Simili a quelli degli altri difetti, ma tendono a comparire più precocemente ed il ritardo della
crescita, l’affaticabilità, la dispnea e il rischio di infezioni respiratori sono spesso più marcati.
Le modificazioni vascolari polmonari derivate dall’ipertensione ventricolare Dx ed arteriosa
polmonare sono più frequenti e si manifestano più precocemente.

95
Difetti dei cuscinetti endocardici (DCE).
Fisiologia.
Le cuscinetti endocardici si fondono l’uno cin l’altro e si curvano a formare un arco, la cui
convessità è diretta verso la parte atriale. Il setto interatriale si unisce all’apice dell’arco,
dividendolo cosi in due parti:
1. Metà Dx – contribuisce a formare il setto interventricolare, il setto atrioventricolare, la
cuspide mediale o settale della valvola tricuspidale.
2. Metà Sx – forma la cuspide aortica o anteriore della valvola mitrale.

Fisiopatologia.
Nei difetti del cuscinetti (DCE) esiste una o parziale o nessuna fusione, per cui l’arco di solito non
si forma. Ciò dà i seguenti quadri patologici:
• Cuspide aortico della valvola mitrale fessurata e con origine concava invece che convessa.
• Setto interventricolare con aspetto scavato.
• Tratto di efflusso del ventricolo Sx più stretto e lungo del normale.
• Comunicazione interatriale e/o interventricolare.

DCE completo o canale atrioventricolare comune – la fusione del CE non avviene, gli orifizi
atrioventricolari formano un largo orifizio singolo con libera comunicazione tra tutte e quattro
cavità cardiache.

DCE parziale –una fusione parziale centrale, si ha una divisione del canale atrioventricolare in un
orifizio atrioventricolare Dx e Sx, ma la mitrale risulta fessurata. Sene distinguono diversi tipi uno
dei quali è ostio primario.

DCE completo – segni clinici.


Causa generalmente gravi problemi già alla nascita:
• Ricorrenti infezioni respiratorie.
• Difficoltà ad alimentarsi.
• Ritardo della crescita.
• Dispnea e insufficienza cardiaca congestizia.
La maggior parte di questo bambini muore nei primi due annoi di vita.
La cianosi è rara, ma poco dopo la nascita compare cardiomegalia.
In generale quanto più ampia la componente ventricolare tanto più grave la situazione.
È più volte descritta una associazione di DCE con la sindrome di Down, nei casi di difetto completo
l’incidenza del mongolismo è di 35-40%.

Trattamento chirurgico.
Si utilizza una protesi, poiché la satura diretta può causare deformazione dell’orifizio
atrioventricolare ed aggravare l’insufficienza mitralica.

96
Difetti del setto interventricolare (DSV).
Diversi tipi:
• DSV in posizione sottovalvolare aortica – DSV membranoso.
• DSV muscolare.
• DSV comune.

Difetti del setto membranoso.


Sono quelli più comuni, infatti sono riportati molto frequentemente in associazione ad altre
anomalie cardiache e anche quando si presentano isolati costituiscono il tipo più comune di CC.

L’origine embrionale di questi difetti:


La porzione subaortica del setto interventricolare è l’ultima parte del setto che si chiude per la
fusione dei parti derivanti dal:
• Setto muscolare embrionale.
• Cuscinetti endocardici.
• Cuscinetti del cono.
Un anomalo sviluppo di uno o più di questi elementi crea questi difetti.
Diversi localizzazioni di questi difetti:
• Immediatamente sotto le cuspidi Dx e posteriore della valvola aortica –sono dovuti ad
una deficienza del setto del cono, e quindi per la mancanza di sostegno delle cuspidi della
valvola aortica, possono comportare il prolasso delle altre cuspidi con conseguente
insufficienza aortica.
• Localizzati a pochi mm dalla valvola aortica – lasciando una striscia di tessuto muscolare
o fibroso. Essi sono causati per lo più da deficienza dei cuscinetti endocardici o da mancata
fusione degli stessi con il setto interventricolare e/o il setto del cono.

Reperti clinici.
Variano a seconda della grandezza del difetto.
• Difetti piccoli – bambini ben sviluppati ed asintomatici. Questi casi di solito non
necessitano di trattamento a meno che l’anomalia non sia complicata da endocardite.
• Difetti di grado moderato – bambini possono essere un po’ meno sviluppati per la loro età,
infezioni respiratorie ricorrenti, spesso dispnea da sforzo.
• Difetti ampi – sintomi già nella prima infanzia con sviluppo rallentato, aspetto emaciato ed
esile. Difficoltà di alimentazione, infezioni respiratorie frequenti, insufficienza congestizia.
Le pressioni ventricolare Dx e arteriosa polmonare sono elevate.

Terapia.
Si intende a posticipare la chiusura del difetto a dopo la adolescenza poiché nel 30% dei casi c’è
spontanea chiusura (a differenza dei difetti del setto interatriale che sono benigni ma in alcuni casi
progrediscono in forme più severe).

Palliativo e tamponamento (cioè dopo alcuni anni si fa seguire la chiusura del difetto). Si fa un
bending dell’arteria polmonare creando cosi una stenosi polmonare iatrogena che fa diminuire
l’ipertensione polmonare. Si circonda il tronco dell’arteria polmonare con una fettuccia che viene
via, via stretta fino alla pressione ottimale.
Correzione – stereotomia mediana, inclusione del pericardio, quindi di incide il ventricolo Dx a
livello dell’infundibulo polmonare e si cerca il foro che può essere chiuso con sutura diretta
(avvicinando i lembi fibrosi se la fessura è sufficientemente piccola), oppure si applica un patch se
il foro è piuttosto ampio.

97
Chirurgia
vascolare.

98
Arteriopatie ostruttive degli arti inferiori.
La maggior parte queste patologie danno una sintomatologia cronica di intensità variabile e
proporzionale al grado di diminuzione di flusso causato dalla presenza di stenosi oppure
obliterazioni.
La sintomatologia è caratteristica, la comparsa di dolore appena il pz ha finito il lavoro. I dolori
scompaiono dopo allo smaltimento dei cataboliti responsabili della sintomatologia dolorosa.

Gradi della malattia:


• II stadio di Fontaine – claudicatio intermittens degli arti inferiori, di natura artritica o
reumatica, seguita da una diminuzione del flusso ematico a valle dell’occlusione. Diminuzione
dei polsi.
• III stadio di Fontaine – il flusso scende ulteriormente, fase di dolori a riposo riferiti alle
estremità più distali dell’arto. I dolori sono estremamente intensi e no controllabili con la
terapia medica.
• IV stadio di Fontaine – morte dei tessuti a partire dalle regioni più distali.

La sintomatologia legata a un’ischemia cronica degli arti inferiori è rappresentata dalla claudicatio
che distinta in:
• Lieve – dolori compaiono dopo 300-1000 m.
• Media – dopo 200-300m.
• Serrata – dopo 2-3 passi sino a un percorso di 20-30m.
La claudicatio può essere inoltre distinta in tollerabile e non tollerabile.

Tutte le manifestazioni possono essere dovute ad arteriopatie obliteranti localizzate a diversi livelli
dell’asse arterioso, dal tratto aortoiliaco sino al circolo arterioso del piede. Più distali saranno le
lesioni più grave sarà la sintomatologia in relazione alla progressiva diminuzione del circolo
collaterale.

Obliterazioni iliache, trombosi ascendente del’aorta addominale e sindrome di Leriche.


Una lesione stenobilaterale di un’arteria iliaca condiziona una diminuzione del flusso ematico agli
arti inferiori.
La diagnosi si fatta per la palpazione dei polsi che risulta assente o diminuita. Se la localizzazione
della lesione avviene a livello delle artiere iliache comuni o del carrefour aortico, oltre al deficit
ematico più distale si può verificare un certo di grado d’ischemia anche ai muscoli della coscia e
agli organi vascolarizzato dall’arteria ipogastrica. Il risultato è:
1. Sindrome di Leriche – claudicatio glutea accompagnata da impotenza funzionale.
2. Trombosi ascendente dell’aorta addominale – comparsa di turbolenze di flusso in gradi di
dare luogo a una sovrapposizione trombotica, con progressioni prima fino all’ostio dell’arteria
mesenterica inferiore, successivamente delle arterie renali e infine l’occlusione con la salita del
trombo al di sopra di questi vasi.
Una seconda modalità del evoluzione della trombosi aortica ascendente è di tipo verticale che
corrisponde prima l’asse iliaco e emiaorta omolaterale fino all’arteria renale successivamente fino
il tratto aortoiliaco contro laterale.

99
Durante le successive stratificazioni trombotiche il pz può presentare una sintomatologia causata
dall’occlusione del’aorta sopra dell’arteria mesenterica inferiore caratterizzata da un’acuta
interruzione del circolo collaterale:
• Dolore agli arti inferiori con impotenza funzionale.
• Pallore degli stesi con marezzatura sin a quadranti inferiori del’addome.
• Emissione di feci ematiche.
• Anuria.
Pertanto, tutti i pz che all’esame clinico presentano una diminuzione i abolizione di entrambi i polsi
femorali, devono essere sottoposti a un’arteriografia preceduta da un RMN o TC.

Obliterazione femoropoplitee e periferiche.


Le lesioni sono divise in:
1. Blocco femorale superficiale – lesioni parziali o complete dell’arteria femorale superficiale
con riabitaizione attraverso la grande anastomotica all’uscita del canale di Hunter.
2. Blocco femorale superficiale – con associate alterazioni di tutta o parte della poplitea sopra
articolare.
3. Lesioni obliteranti estese – fino alla porzione terminale della poplitea sottoarticolare.
4. Forme in cui l’obliterazione coinvolge tutta la poplitea sottoarticolare e il tronco
tibioperoneale con coinvolgimento di una o più arterie tibiali al terzo inferiore della gamba.
La diagnosi è tramite il polso femorale valido, mentre assenti polso popliteo e quelli periferici.

Indicazioni all’intervento di chirurgia arteriosa ricostruttiva.


Le indicazioni sono poste sulla base della sintomatologia o della storia naturale della malattia:

Sintomatologia:
Assoluta:
• Lesioni trofiche.
• Gangrena.
• Dolori a riposo.
• Claudicatio serrata.
• Ritardo di guarigione di disarticolazione o fratture dell’arto.
Storia naturale della malattia:
Assoluta:
• Trombosi ascendente dell’aorta addominale (TAAA).
• Da valutare caso per caso:
o Blocco sequenziale iliaco-femorale e/o periferico.
o Stenosi del circolo collaterale.
o Casi a rischio d’ischemia acuta su terreno ischemico cronico.
Relativa:
• Claudicatio non serrata. Solo quando l’esame angiografico, posto in relazione alla
sintomatologia e alle necessità personali, dimostra un quadro che fa presumere, in linea di
massima, un ottimo risultato immediato e a distanza senza eccessivi rischi legato all’atto
operatorio.

100
Interventi chirurgici nelle arteriopatie obliteranti degli arti inferiori.

By-pass aortobifemorale.
Viene eseguito in presenza di lesioni interessanti di due assi iliaci, nel caso risulti tecnicamente
inattuabili un’endoarteriectomia, esso tende a rivascolarizzare l’arteria femorale profonda.
L’intervento viene eseguito in anestesia generale per vie laparotomia e consiste nel
confeziona,mento di un’anastomosi tra l’aorta addominale nel suo tratto sottorenale e una protesi in
maglia di dacron biforcata di calibro adeguato.

Endoarteriectomia iliaca.
Eseguita in anestesia generale o peridurale alta. Si utilizza una via di accesso extraperitoneale
attraverso un’incisione paraombelicale trasversa. Viene eseguita unendo arteriectomia a cielo aperto
o in base all’estensione delle lesioni, a cielo semichiuso.

Endoarteriectomia dell’arterie femorale superficiale.


In anestesia peridurale.

By-pass femoropopliteo sopra e sottoarticolare, by-pass femorodistale.


Sono usati segmenti venosi per trattamento di lesioni stenobliterative delle arterie. Il più idoneo
vena è la grande safena. In casi di estensione particolarmente distale della malattia, il by-pass
dell’arteria femorale può essere anastomizzato a uno dei tre tronchi sottopoplitei.

By-pass extranatomici.
Usato per gravi o gravissime condizioni generali, l’arteria donatrice può essere l’arteria femorale
controlaterale o in caso di lesioni iliache bilaterali, l’arteria axillare omolaterale. Il termine
extranatomico si riferisce al tragitto che deve percorrere la protesi lontano dal normale decorso dei
vasi. I due interventi vengono definiti by-pass femorofemorale e axillofemorale. Per la durata
limitata di questi by-pass, tali metodiche sono da riservarsi solo ad alcuni casi ed è assolutamente da
proscrivere il loro uso routiniero.

Chirurgia endovascolare nel trattamento dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori.


L’angioplastica mediante palloncino – l’angioplastica e stenting rappresentano due metodiche
strettamente correlate e spesso utilizzate in associazione.
L’angioplastica percutanea transluminale (PTA) – consiste nella dilatazione di un tratto
arterioso stenotico mediante lo sfasciamento della parete a opera di un palloncino gonfiato a livello
della stenosi stessa.
Lo stenting – si basa sul posizionamento dopo un’angioplastica, a livello di un segmento arterioso,
di un cilindro costituito da una maglia metallica.
L’introduzione dello stent ha permesso di affrontare con un approccio endoluminale lesioni che
precedentemente potevano beneficare solo della chirurgia tradizionale a cielo aperto.
Le indicazioni al trattamento endovascolare delle arteriopatie obliteranti degli arti inferiori si basano
su alcuni parametri:
• Localizzazione – arterie prossimali di grosso calibro.
• Estensione – lunghezza della stenosi.
• Presenza di stenosi multiple.
• Natura – placche calcifiche.

101
Embolie arteriose.
Possono causare l’embolia arteriosa:
• Cause cardiache (particolari condizioni del cuore Sx):
o Recente infarto miocardico.
o Aneurisma ventricolare.
o Valvulopatie mitraliche o aortiche.
o Mixedema o altri tumori cardiaci.
o Endocardite.
• Cause non cardiache:
o Trombosi su placche aterosclerotiche dell’aorta toracica i addominale.
o Aneurismi della aorta o periferici.
o Interventi di chirurgia vascolare.
L’occlusione improvvisa del lume arterioso ha come conseguenza istantanea la cessione della
circolazione a valle del punto occluso.

Il sangue, a valle dell’embolo, tende a ristagnare e a formare dei trombi satelliti, ciò contribuisce a
chiudere il circolo collaterale e a far precipitare la situazione. Dopo alcune ore la trombosi si
estende, le arterie di piccolo calibro le arterie muscolari si ostruiscono. La situazione diventa allora
distrettualmente o globalmente irrimediabile.

Sintomi.
Degli arti inferiori:
• Dolore intollerabile e di fortissima intensità.
• Pallore estremo.
• Ipotermia cutanea.
• Impotenza funzionale (ischemia dei nervi motori).

Esame obbiettivo.
• Assenza dei polsi.
o Mancanza del polso femorale – un’embolia iliaca o e bilaterale del carrefour aortico.
o Mancanza del polso femorale – un blocco a valle.
D.D
Ischemia acuta su un terreno di artropatia cronica (gli stessi segni, ma trattamento diverso).

Terapia.
Somministrazione EV 100mg eparina allo scopo di sciogliere l’embolo, e di impedire la formazione
dei trombi collaterali.
Chirurgica.

102
Tecnica chirurgica.
Embolie del carrefour aortico.
Sono trattate mediante embolectomia, eseguita in anestesia peridurale o locale, mediante due
incisioni inguinali con isolamento ed esposizione delle due arterie femorali. Attraverso
un’arteriotomia trasversale verrà inserito catetere con testa a palloncino, poi viene ritirato a
palloncino gonfiato, ottenendo la progressiva estrusione del materiale occludente.
Questa tecnica si usa per:
• Embolie del carrefour aortico.
• Embolie iliache.
• Embolie periferiche – in presenza di un polso femorale viene effettuata in corrispondenza
della poplitea e del tronco tibioperoneale.

Prognosi.
In casi che l’embolia non venisse operata in tempo, l’evoluzione porterebbe nella maggior parte dei
casi a un cambiamento nell’aspetto dell’arto.
Dopo 24 ore si presenterà con marezzature cianotiche (da stasi venosa), ipotermia e gonfiore
notevole legato a edema da lesioni dell’endotelio capillare e ischemia delle fibre muscolari.
Viene quindi una distruzione delle masse muscolari con rilasciamento in circolo dei cataboliti che
portano il pz alla tossiemia con insufficienza renale acuta. Solo l’amputazione salverà la vita del pz.

Trombolisi.
Una terapia medica per eventi acuti causato non da tanto da embolia quanto a trombosi acuta.
L’infusione locoregionale intrarteriosa di agenti trombolitici. Il suo principale utilizzo a carico degli
arti inferiori, prevalentemente nei quadri di ischemia acuta moderata o incompleta, legati
all’obliterazione acuta di un by-pass, sovra o sottoinguinale.
La tecnica prevede il posizionamento, sotto controllo angiografico, di un catetere intrarterioso a
rilascio continuo dell’agente trombolitico nella sede coinvolta dall’obliterazione.
L’efficacia del trattamento viene confermata da un controllo arteriografico periprocedurale o
postprecedurale a frequenza variabile.

103
Patologia aneurismatica dell’aorta addominale e toracica.
Aneurismi dell’aorta addominale.
L’aneurisma dell’aorta addominale prende quasi costantemente origine al di sotto dell’emergenza
delle arterie renali e si estende fino al carrefour aortico, può essere anche coinvolti le arterie
iliache comuni.

Sintomi.
Di solito è asintomatico e viene diagnosticato per caso:
• Esame sistemico del paziente oltre a 50 anni.
• Claudicatio per arteriopatia associata.
• Senso di pulsazione addominale.
• Dolore.
• Laparatomia per altre cose.
• RX colonna lombo-sacrale o del tubo digerente.
• Eco addome.
• TC o RMN.

L’immagine ortografica, per la massima parte è riempita da materiale trombotico organizzato, solo
al centro del lume.
La diagnosi è importante per la evoluzione naturale della malattia.

La storia naturale dell’aneurisma.


Va verso la rottura che porta alla morte del pz. L’unico modo per evitare questa consente
evoluzione è di riuscire a diagnosticarla ancora nella fase quiescente.
Prima della rottura viene effettuata la fissuraizone che in primo momento è a livello di retro
peritoneo.

Sintomatologia dell’aneurisma in fissurazione.


È caratterizzata da un dolor addominale o lombare che può condizionare un certo resistenza della
parete.
Dopo qualche ora si manifestano segni di shock: pallore, ipotensione, polso frequente, polipnea.

Esame obbiettivo.
Massa pulsante (se la pressione non è scesa ancora di tanto).

Al momento della diagnosi il pz deve essere inviato in urgenza in sala.

Interventi chirurgici per aneurisma dell’aorta addominale.


Previa eparizzazione, clampata l’aorta immediatamente al di sotto dell’origine delle arterie renali e
clampate le due arterie iliache, si procede a incidere francamente la parete anteriore dell’aneurisma.
Allontanato il materiale trombotico. Recidendo l’aorta completamente o parzialmente al di sotto
delle arterie renali e al di sopra del carrefour. L’interposizione di una protesi in dacron di calibro
adatto consente di ristabilire il flusso.

104
Intervento per aneurisma dell’aorta addominale in rottura.
Spesso il pz giunge al tavolo operatorio in condizioni preagoniche e il problema primario è di
bloccare velocemente l’emorragia.
Effettuata la laparatomia xsifopubica e si clampa l’aorta in zone di facile accesso. Poi sarà possibile
clampare l’aorta toracica, arrestandosi cosi l’emorragia e il ripristino di adeguati valori pressori.
Si trasferisce il clamp dall’aorta diaframmatica al tratto sottorenale. Si procede alla ricostruzione
mediante protesi in tubo allo plastico.
È l’unico intervento vascolare in cui non consigliabile l’eparizzazione per alterazioni dei processi
coagulativi legati allo spandimento emorragico.

Aneurismi dissecanti dell’aorta.


Un emorragia intramurale che si estende per una distanza variabile lungo l’aorta.

L’incidenza maggiore si ha tra 40-70 anni. M>F 3:1.


L’aneurisma dissecante si presenta come una ferita intimale, attraverso la quale il sangue arterioso
pulsante si insinua, determinando una dissezione intramurale che separa la media.
La possibilità del flusso sanguigno di scorrere liberamente all’interno della cavità intaparietale
condiziona l’ingrandimento e l’estensione della dissezione.

Le classificazioni sono sulla base dell’estensione della dissezione:

DeBakey:
• Tipo I – dal piano valvolare aortico fino oltre l’arco lungo l’aorta toracica.
• Tipo II – la dissezione limitata all’aorta ascendente.
• Tipo III – tipo A dissezione a partenza subito sotto l’origine dell’arteria succlavia Sx fino al
diaframma. Tipo B a partenza subito l’origine dell’arteria succlavia Sx fino oltre al diaframma.

Stanford:
gruppo A e B.

Le conseguenze della lacerazione:


1. Lacerazione completa (media e avventizia) simultanea.
2. Dissezione intimale incompleta (aneurisma dissecante incompleto).
3. Passaggio del sangue attraverso la lacerazione intimale dentro un piano di clivaggio della media
(aneurisma dissecante classica).

L’aneurisma classico costituisce la forma più frequente (65%) e può determinare l’ostruzione di un
ramo arterioso, lo sfiancamento dell’ostio valvolare con conseguente insufficienza aortica e la
rottura fin decesso per emorragia o tamponamento cardiaco.
L’ipertensione si ritrova in più dell80% degli aneurismi dissecanti,

Sintomi.
Improvvisa insorgenza di dolore costrittivo che non risponde ai sedativi.
Localizzazione: retrosternale o precordiale o irradiato lungo la colonna vertebrale. Speso mima
l’IMA o embolia polmonare.
Può essere associato con nausea, vomito, ematemesi e melena.

La maggior parte dei pz muore rapidamente, in caso di diagnosi precoce e un intervento chirurgico
aumenta la sopravivenza.
Se la sopravivenza supera le 6 settimane senza correzione chirurgica, è aneurisma dissecante
cronico.

105
Terapia chirurgica dell’aneurisma dissecante
Indagini mediante RMN, angio-RMN e arteriografia d’urgenza.
Abbassamento della pressione arteriosa sistolica sotto 100mmHg.
Intervento chirurgico di correzione radicale, nei tipi I e II correzione eventuali insufficienze
valvolari aortiche concomitanti.

Aneurismi dell’aorta toracica.


Possono essere dissezioni aortiche ma anche aneurismi aterosclerotici (frequenza inferiore). Sono
interessanti l’arco aortico,aorta ascendente o discendente. Essi possono essere identificati con la RX
torace e confermati con la TAC o RMN, l’angiografia definisce la severità e i vasi coinvolti.

Terapia.
Intervento come quello della dissezione aortica addominale, cambia solo il punto di accesso che è
una toracotomia condotta attraverso il VI spazio intercostale con eventuale resezione della Vi costa.
Un grave problema postoperatorio legato a questi interventi è quello della possibile paraplegia o
tetraplegia.

Trattamento endovascolare degli aneurismi dell’aorta addominale.


Consiste nella completa esclusione dal torrente circolatorio della sacca aneurismatica attraverso
l’introduzione di una protesi per via endoluminale, che viene spinto attraverso le arterie femorali
fino al tratto aortico iuxtarenale, in corrispondenza del tratto di aorta normale prossimale all0inizio
della dilatazione.
I vantaggi sono l’evitare la necessità di eseguire una laparatomia, un clampaggio aortico, perdita di
ematiche inevitabili quando viene aperta la sacca aneurismatica e un anestesia generale. Può quindi
potenzialmente ridurre la mortalità e la morbilità associate alle tecniche tradizionali a cielo aperto.

106
Insufficienza cerebrovascolare.
La circolazione arteriosa del’encefalo può essere divisa in due porzioni:
1. Arterie cerebrali, intracraniali.
2. Vasi tronculari extracranici, originati dall’aorta toracica.
Un eventuale deficit di sangue ossigenato del cervello potrà essere legato a un’occlusione o stenosi
delle arterie cerebrali nel loro tratto intracranico , oppure a lesioni delle arterie tronculari in un
punto qualsiasi del tratto extracranico.
Gli episodi ischemici cerebrali, costituiscono 70% delle cause di ictus, legati a lesioni delle arterie
cerebrali nel loro tratto extracranico e quindi di arterie chirurgicamente aggredibili.
L’ictus è la 3° causa di morte nei paesi occidentali, causando circa 80.000 decessi e 45.000 nuovi
handicappati all’anno in Italia.

I tronchi arteriosi sovraortici, una volta penetrati nel cranio, si formano il poligono di Willis,
formato dall’arteria basilare, e delle due arterie carotidi interne dopo l’origine della prima
collaterale intracranica. Le carotidi interne danno origine a due rami che si collegano all’arteria
basilare.

• Una lesione obliterativa delle arterie che traggono origine dal poligono di Willis, causa una
ischemia e le conseguenze e le conseguenze saranno direttamente proporzionali alla
diminuzione di flusso ematico nel territorio rifornito da quella specifica arteria.
• Un lento processo occlusivo delle quattro arterie che rifornisco il circolo del Willis no influenza
al apporto di sangue per esistenza dei fenomeni di autoregolazione del crocevia che utilizza le
altre tre arterie.
La localizzazione extracranica più frequente delle lesioni aterosclerotiche stenobliterative è a
livello dell’origine della carotide interna e della biforcazione carotidea.
La placca si estende in genere anche nel origine della carotide interna per 2-4cm, e spesso,
comprende anche l’origine della carotide esterna.

Nel caso la lesione interessi il tronco anonimo, il flusso sarà diminuito sia a livello dell’arteria
carotide comune e interna Dx sia dell’arteria succlavia e quindi dell’arteria vertebrale omolaterale.

Stenosi dell’arteria carotide interna extracranica.


Le placche aterosclerotiche sono lesioni caratteristicamente segmentarie. La storia naturale è
caratterizzata da un aumento di volume sino a occludere completamente la carotide (un evento
raro). Più frequentemente, raggiunto un livello di stenosi critica, la turbolenza ematica accelera un
processo di sovrapposizione trombotica capace di concludere il processo. Questa accelerazione
trasforma l’aterosclerosi in una stenosi significativa o addirittura un un’obliterazione nell’arco di
pochi minuti.
La storia naturale che conduce all’occlusione avviene nel 35% dei casi entro 3 anni.
Sotto profilo clinico può essere praticamente inosservata, oppure provocare un infarto cerebrale
nella regione in cui la perfusione scende di sotto della soglia di vita.
Le conseguenze cliniche sono diverse a seconda delle regioni interessate dall’infarto cerebrale e
danno luogo a un quadro più o meno completo di ictus.
Le placche carotidee alcune volte sono asintomatiche e manifestano solo al momento
dell’occlusione con un ictus emiplegico, ma con segni di insufficienza cerebrovascolare, se la
placca ha dimensioni notevoli si manifesta un soffio.

107
Gli attacchi ischemici transitori (TIA), sono rappresentati da deficit neurologici caratterizzati dalla
completa regressione in breve tempo.
Sintomi emisferici:
• Emiparesi mono, controlaterale.
• Parestesia.
• Afasia.
• Attacchi epilettici forcali e generalizzati.
Sintomi non emisferici:
• Annebbiamento o calo di vista.
• Diplopia.
• Disartria.
• Vertigini.
• Sincopi.
Si instaurano bruscamente e regrediscono dopo 2-15 minuti (a volte 24 ore) senza lasciare deficit
neurologici permanenti.
In pratica un flusso già instabile può scompensarsi e provocare una transitoria ipofunzionalità
cerebrale, senza scendere sotto la soglia di flusso per la morte del tessuto tributario. Al ripristino
delle condizioni normali, il cervello riprenderà la sua funzione.
Essi devono essere valutati con una diagnostica differenziale molto accurata, che tenderà a
escludere altre cause cerebrale (tumori, sclerosi) o non cerebrali (patologie cardiache, ematologiche,
dismetaboliche).

Accanto al TIA vanno considerati:


• PTIA (protected transient ischemic attack) – attacchi ischemici caratterizzati dalla
restituito ad integrum, entro le 3 settimane , della durata di 2-7 giorni.
• TIAIR (transient ischemic attack with incomplete regression) – episodi con regressione
incompleta non invalidati.
La classificazione dei pz effettuata dall’accoppiamento della sintomatologia con riscontro d’infarto
cerebrale o assenza dello stesso all’indagine TAC o RMN.

Accanto agli individui con una stenosi serrata di una carotide, vi sono casi che per una gradualità
dell’accrescimento della stenosi, possono arrivare all’occlusione delle arterie che lo rifiniscono,
senza riferire una particolare sintomatologia.

Altro meccanico che possono dare un segno è l’embolizzazione dopo ulcerazione.

Prognosi.
L’ultimo stadio clinico dell’insufficienza cerebrovascolare è l’ictus in atto o completo, legato al
rammollimento cerebrale più o meno esteso, caratterizzato da deficit neurologico che raggiunge la
gravità massima entro un’ora (raramente entro 6, 12 o 24 ore) e con deficit che persistono più o
meno invariati per 3 settimane, spesso permanenti. Nei casi estremi portano al decesso.
Con la regressione dell’edema dopo 10-15 giorni, residuano i deficit legati alla sede e all’estensione
delle lesioni. Trascorsi 3 mesi l’ictus potrà considerarsi stabilizzato. La sede e l’estensione delle
lesioni cerebrali andranno indagate e documentate mediante indagine TAC e RMN.

Il sospetto di stenosi carotidea extracranica andrà posto in tutti i pz che presentano i sintomi
premonitori, specie poi se la sintomatologia è correlata ad un soffio carotideo.
Il riscontro di soffio carotideo in un pz anche completamente asintomatico deve far presupporre la
presenza di una stenosi carotidea.

108
Diagnosi
viene confermata con l’eco doppler, lo studio contrato grafico, carotidograifa che fornisce
informazioni su carotide collaterale, presenza di placche, grado di stenosi, presenza di ulcerazioni in
seno alla placca, circolo intracranico.
L’arteriografia viene riservata a casi di difficile interpretazione.

Terapia.
Si opera i pz su base solo del eco doppler (associato con TAC o RMN cerebrale).

Intervento per stenosi carotidea.


È consiste nell’endoarteriectomia della carotide. Eparizzazione del pz, isolamento delle arterie,
clampaggio delle carotide, incisione in corrispondenza della placca, dissezione ed esportazione,
chiusura dell’arteria con una toppa (patch) del allargamento, di ruotine.
L’intervento è ben tollerato, poco traumatizzante. Può essere gravato da possibili complicazioni
neurologiche reversibili, on reversibili o a esito infausto.
Gli ictus postoperatori possono essere legati a fattori diversi, come la necessità di escludere il flusso
dalla carotide e quindi dal cervello per il tempo necessario ad aprire il vaso, asportare la placca e
chiudere la breccia.
Si verificano al temine dell’intervento, in quei pz in cui non si è potuto realizzare un compenso da
parte del poligono del Willis al clampaggio perioperatorio della carotide.

Stenosi non aterosclerotiche dei tronchi sovraortici.

ICET (internal carotid artery elongation and tortuosità) – un allungamento della carotide (fisso nel
punto di origine) con tortuosità. La tortuosità può essere:
• Colinig – incurvamenti dolci senza angolature.
• Kinking – allungamenti estesi con angolature accentuate.
La tortuosità può dar luogo a una stenosi:
• Fissa – dimostrabile all’angiografia.
• Dinamica.

Sintomi.
Nella maggior parte dei casi si determini solo in condizioni con un cambiamento di posizione o del
capo e soprattutto nei movimenti di rotazione e iperestensione.
È spesso asintomatica e non sempre rilevabile all’eco-doppler. In alcuni casi può manifestarsi con
sintomatologia emisferica (TIA, afasia) e on emisferica (vertigini, lipotimie, drop attacks).

Diagnosi.
I casi si ICAET puri senza lesioni stenobliterative associate vengono distinti alla base della presenza
o assenza della sintomatologia:
• Casi sintomatici – necessità di angio-RMN.
• Casi non asintomatici – non danno indicazione alla correzione chirurgica.
Il pz in presenza di importante sintomatologia non emisferica è sotto posto a un iter diagnostico
comprendete: eco-doppler, RMN cerebrale, ecocardio, EEG, esami ematochimici.
Escluse altre cause capaci si scatenare disturbi aspecifici, il pz conclude l’iter con l’angio-RMN e
indagine aretriograifca.

109
Terapia.
Chirurgica.
Consiste nella sezione dell’arteria carotide interna alla sua origine, nel suo svolgimento,
scorciamento dal nervo ipoglosso, dilatazione e successivo riempimento a livello della carotide
comune. In presenza di lesioni di natura aterosclerotica esecuzione di un’endoarteriectomia per
eversione della placca.

Lesioni dei tronchi sovraortici (TSA).


Le lesioni del tronco anonimo e della carotide comune costituiscono un grave rischio per il pz in
quanto la compromissione del circolo del tronco anonimo interessa due arterie cerebrale: arteria
carotide e vertebrale.
Le lesioni stenosanti del tronco anonimo sintomatiche o asintomatiche vengono tratte con un by-
pass dall’aorta toracica ascendente con anastomosi terminoterminale o terminolaterale.

110
Angiopatie croniche infiammatorie.
Vasculite.
Vasto ed eterogeneo gruppo di malattie infiammatorie che colpiscono i vasi arteriosi e il
microcircolo capillare.
Le vasculiti costituiscono una realtà clinica complessa, articolata in molteplici espressioni morbose
che possono presentarsi come:
• Forme primitive.
• Forme secondarie – integrate nel contesto di altre malattie.
La maggior parte è ancora sconosciuta. Altre sostenute da:
1. Meccanismi patogenetici mediati da Ab e linfatici.
2. Processo infiammatorio altera la parete e il lume del vaso, attivando la coagulazione e
provocando l’insorgenza di fenomeni ischemici.
3. La gravità delle manifestazioni cliniche e la prognosi dipendono dal tipo di vasi interessanti,
localizzazione ed estensione del processo.
Tra i meccanismi immunopatogenetici la formazione in situ e/o la precipitazione di
immunocomplessi rivestono un ruolo dominante. La flogosi della parete vascolare può decorrere in
modo acuto, subacuto o cronico e assumere le caratteristiche istologiche di un infiltrato neutrofilo o
linfomonocitico. In qualche caso possono essere rilevati anche la formazione di granulomi e la
presenza di un infiltrato eosinofilo.
Eziologia e patogenesi.

Malattia di Buorger.
Malattia infiammatoria delle arterie medio –piccole e delle vene delle estremità, che colpisce di
preferenza soggetti fumatori <40 anni.
La maggior parte di questi individui presenta il:
Fenomeno di Raynaud – alterazione cutanea in risposta dell’esposizione alla base della
temperatura. Consiste di una diminuzione parossistica del flusso ematico alle estremità con 3 fasi:
1. Pallore.
2. Cianosi.
3. Arrossamento.
Nei casi gravi accompagnate da necrosi e atrofia tessutale. L’origine è sconosciuto (70%), o
immunitario quali malattia autoimmune sistemiche.
La pervietà vascolare compromessa da:
• Fenomeni di fenomeni di microvasculiti.
• Iperplasia intimale, fibrosi avventiziale.
• Incrementi locali o generali della viscosità ematica.

Artrite temporale di Horton e malattia di Takayasu.


Le due malattie hanno un quadro istologico simile, caratterizzato per la presenza di cellule
multinucleare e granulomatosi. Il processo infiammatorio coinvolge la parete vascolare a tutto
spessore con conseguenti fenomeni di necrosi, fibrosi, proliferazione intimale e gradi variabili di
ostruzione di lume.
La malattia di Horton è più frequente l’artrite temporale colpisce in genere le femmine. Colpisce le
diramazioni della carotide e altri distrai.
La malattia di Takayasu più rara e colpisce le donne giovane.

Sintomi.
• Cefalea emicranica.
• Dolore del cuoio capelluto.

111
• Dolore della cute della area dell’arteria temporale.
• Claudicatio masticatoria.
• Più terribile: diplopia e amaurosi.

Terapia.
Immunosoppressore.

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Trombosi venosa.
Definizione.
Presenza di coaguli di sangue che ostacolano o interrompono il flusso sanguigno in qualunque parte
del sistema venoso superficiale o profondo.
Tromboflebite – associato a segni e sintomi si d’infiammazione.
Flebotrombosi – non associata ad un’infiammazione.

Trombosi venosa profonda (TVP).


È una parte di una sindrome, la malattia tromboembolitica venosa (MTV) che si manifesta con i
sintomi di TVP o con quelli della tromboembolia polmonare (TEP).
Si manifesta nella popolazione >40 anni con incidenza di 80/100.000.
L’importanza è legata alle sue potenziali complicazioni:
• Locali – insufficienza venosa cronica.
• Polmonari – tromboembolia e ipertensione polmonare primitiva.

Eziopatogenesi.
I trombi venosi in genere si formano delle cuspidi valvolari delle vene profonde del polpaccio, per
adesione e aggregazione delle piastrine e con successiva formazione di fibrina (trombo rosso, triade
di Vircow).
I meccanismi fondamentali che contribuiscono alla formazione dei trombi venosi sono:
1. Stasi venosa – causata da:
a. Malattia a carico della vene – varici, flebiti.
b. Rallentamento della circolazione venosa – scompenso cardiaco congestizio.
c. Immobilità per intervento, parto, ictus, malattie croniche.
2. Ipercoagulabilità – per deficit di proteine coagulative: antitrombina III, proteica C e S.
3. Lesioni dell’endotelio – da:
a. Sostanze irritanti: farmaci, mezzi di contrasto.
b. Cateteri, interventi, traumi.
Il 20% si propaga in direzione prossimale. In una minoranza di casi i trombi si sviluppano nel
sistema ileo-femorale.
Il rischio di embolia polmonare è maggiore per i trombi delle vene della coscia.

Diagnosi clinica.
L’edema unilaterale degli arti inferiori.
Segno di Homans – la dolenza dei muscoli del polpaccio alla dorsiflessione forzata del piede.
Dolore spontaneo o provocato dalla pressione sul polpaccio.
L’indagine clinica, in particolare l’anamnesi è fondamentale perché permette di riconoscere le
situazioni che favoriscono la formazione di trombi.

Esami di laboratorio.

D-dimero – un frammento di fibrina presente nel trombo fibrinico fresco. Il livello di D-dimero
rimane elevato per 7 giorni. È aspecifico perché valori elevati si trovano anche a formazione di
coaguli come traumi, interventi chirurgici, emorragie, neoplasie e sepsi.
Ha un VPN che serve ad escludere la TVP ma non confermarla.
Nei pz a rischio moderato alto di DVP è opportuno procedere alle indagini strumentali anche in
assenza di positività del D-dimero.

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Screening coagulativo – analisi della deficienza di proteine C e S e antitrombina II e la presenza di
fattore di V Leiden, situazioni della protrombina ecc.

Indagini strumentali.

Eco-doppler – è molto accurata per la diagnosi di TVP della coscia, meno per il polpaccio.
Il criterio diagnostico è la non compressibilità delle vene associata all’assenza di flusso fasico al
doppler.

RMN – la tecnica scelta per la diagnosi ti trombosi delle vene iliache e della vena cava inferiore ed
è la tecnica più sensibile per la diagnosi di TVP del polpaccio.

Venografia – con mezzo di contrasto è la tecnica più precisa per la diagnosi della TVP.

Prognosi.
Il rischio maggiore della TVP è la tromboembolia polmonare (TEP) che complica circa 1/3 delle
TVP prossimali.
La TEP è una complicanza pericolosa, perché può essere fetale a provocare l’insorgenza di
ipertensione polmonare irreversibile.

Terapia.

Terapia anticoagulante – somministrazione di:


• Eparina non frazionata EV.
• Eparina a basso peso molecolare (enoxeparina SC).
La terapia eparinica dopo 4 giorni deve essere embricata con la terapia anticoagulante orale.
L’eparina viene sospesa quando ha raggiunto il range terapeutico INR= 2-3.

Terapia trombolitica EV – deve essere effettuata con sterptochinasi o urochinasi.


I trombolitici lisano il trombo e prevengono il danno delle valvole venose.

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Varici degli arti inferiori.
Anatomia.
Il ritorno del sangue venoso degli arti inferiori è garantito da due sistemi correlate fra loro: il
sistema venoso superficiale (g. safena, safena magna, p. safena), e il sistema venoso profondo.
Le vene del sistema superficiale drenano il sangue proveniente dai tessuti sottocutanei e lo
convogliano attraverso il sistema delle vene perforati nel circolo venoso profondo. La presenza di
apparati valvolari a due lembi garantisce l’unidirezionalità del flusso ematico.

Definizione.
Le varici sono l’espressione di alterazioni morfofunzionali delle vene superficiali, responsabili
dell’allungamento, dilatazione e/o tortuosità delle stesse.
Nella maggior parte dei casi le varici sono acquisite e vengono classificate in essenziale e
secondarie.

Varici essenziali (primitive).


Sono di natura costituzionale ed ereditaria. Difettosa struttura delle pareti vasali e valvolari.
A queste si aggiungono fattori concausali: l’aumento della pressione venosa distale durante la
stazione eretta, gravidanza, uso di estropogestinici e obesità.

Varici secondarie.
Riconosco una causa emodinamica nella loro eziologia. Un processo trombotico nel sistema
profonda causa l’aumento della pressione venosa in quel distretto ed è responsabile dello
sfondamento e quindi della secondaria incompetenza del’apparato valvolare presente a livello delle
vene perforati, con conseguente inversione di flusso del sangue venoso che dalla profondità, sede di
ostacolo, guadagna il sistema safenico attraverso le vene perforanti.

Quadro clinici.
I pz è completamente asintomatico, eccezione di 3% dei casi.
I sintomi in ordine di frequenza:

Senso di peso – di solito serale, peggiora dopo stazione eretta prolungata.

Dolore – la flebodinia interessa maggiormente le varici della gamba sottoposte a una pressione
idrostatica maggiore. È un dolore continuo urente.

Crampi notturni – accumulo di prodotti di rifiuto dovuto all’alterato drenaggio venoso.

Prurito – dovuto all’insorgere di una dermatite,comune complicanza della flebostasi. Di solito nella
regione del terzo inferiore della gamba.

Edema – uno dei sintomi fondamentali. Prevalentemente serrale. È necessaria una D.D con
l’edema cardiogeno (bilaterale).

Emorragia – secondaria a rottura di un varice, di solito in seguito di una trauma diretta.

Ulcerazione – la complicanza più evidente di uno stato di ipertensione venosa distrettuale non
trattato.

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Diagnosi.

Anamnesi.
Raccolta dati personali quali, professione ereditarietà varicosa, gravidanze, eventuali trattamenti
anticoncezionali.

Ispezione.
Pz in piedi per riconoscere la topografia delle principali varici.

Palpazione.
Attraverso qualche manovre semeiotiche di fare D.D:
• Test della percussione di Scwartz – la percezione dell’impulso a livello dello sbocco
safenico è indice d’incompetenza valvolare.
• Test di Trendelenburg – pz supino, si eleva l’arto e si fanno svuotare le varici. Si applica
un laccio, e si assume posizione eretta. Rimosso il laccio, la prova considera positiva quando
le vene si riempiono rapidamente dall’alto verso basso.
• Test di Perths – la manovra semiologica più importante nella D.D tra varici essenziali e
secondarie. Un laccio al terzo superiore di coscia a pz posto in piedi con vene varicose
rigonfie, si esegue movimenti di flessoestensione dell’arto. Se le vene profonde sono pervie,
le varici si svuotano immediatamente attraverso le vene perforati. Se al contrario, le varici
non si svuotano diventano invece più turgide, si dovrà ipotizzare l’ostruzione del circolo
venoso profondo.

Doppler a onda continua – per la rilevazione dei valori pressori sin in clino sia in ortostatismo, per
valutare le direzione del flusso ematico, la continenza del sistema valvolare e per quantificare
l’entità dei reflussi.

Eco-doppler – studio della morfofunzionalità degli apparati valvolari nella diagnosi della trombosi
profonda.

Pletismografia – funzione del circolo venoso, valutando la capacità di riempimento e svuotamento


dello stesso.

Terapia.
Il trattamento dei varici essenziali è solo quando la sintomatologia è in grado di condizionare la vita
del pz o quando esiste una possibilità dell’instaurarsi di una complicanza. Le possibilità
terapeutiche sono:
1. Trattamento conservativo – si compone di vari atti terapeutici complementari tra loro
i. Contenzione elastica – per impedire la stasi venosa con bende e calze elastiche.
ii. Consigli igienici – evitare mantenimento prolungato di una stazione eretta statica,
aumentare l’attività fisica.
iii. Terapia farmacologica – riequilibrare le resistenze a livello cellulare e diminuire la
permeabilità vasale, con conseguente riduzione dell’edema e miglioramento della
sintomatologia soggettiva.
2. Trattamento sclerosante – introduzione di alcune sostanze all’interno della vena provoca la
distruzione dell’intima e un conseguente processo infiammatorio alla cui risoluzione fa seguito
l’obliterazione della vena stessa per proliferazione e combaciamento della sua tonaca interna.
3. Intervento chirurgico - il trattamento di prima scelta nella terapia delle varici essenziali.
Eseguita con mappatura dei rami varicosi e sotto l’anestesia locoregionale. Si consta in tre
tempi:
i. Sbocco femorale.

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ii. Incannulamento della vena a mezzo della sonda metallica.
iii. Radicalità dell’intervento attraverso l’eliminazione di ogni collaterale e alla legatura
delle perforanti incontinenti.

Fine.

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