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Dobbiamo prepararci a vivere in un tempo diverso da quello che ha segnato le vite dei nostri padri e

nonni, un tempo che non ha un’ unica direzione, o una destinazione prefissata, ma che accade e insieme
collassa, che si mostra e si sottrae.

Come scrive Domenico Condito ‘’ è cambiata la prospettiva storica del nostro paese. Scempio nella
‘’ memoria’’, inconsapevolezza delle insidie del tempo presente, incapacità di corrispondere al
futuro che l’ interpella’’.

Il tempo vissuto dai nostri padri e dai nostri nonni è scandito dalla presenza di una forte cultura
partecipativa collettiva che ancora non conosceva la presenza e l’ influenza della globalizzazione,
della nascita del ‘’ global village’’. Oggi, invece, la globalizzazione raggiunge l’ apice della sua
autoreferenzialità : un cosmopolitismo con una forte base individualistica che provoca
disgregazione. Dovremmo inventarci una nuova cultura partecipativa e il processo innovativo non
può passare attraverso la dimensione del comunitario giacchè ciò richiederebbe una rivoluzione di
stili di vita irrealizzabile perché oggi la realtà è solo personale.

Heidegger nella Lettera sull’ umanesimo (1947) lega l’ affermazione del soggetto, il cui senso
recondito è la volontà di controllo sull’ ente, all’ affermarsi della tecnica. La tecnica è l’ esito
destinale della civiltà dell’ Occidente, dominata interamente dalla metafisica. L’ esserci-umano ha
disimparato a interrogarsi sul senso dell’ essere per volgersi al mondo degli enti che gli si mostrano
come ‘’ essere alla mano’’, nella luce della loro utilizzabilità. La tesi di Emanuele Severino per il
quale l’ utopia della politica si è già realizzata con il dominio della Tecnica sembra avvilente. Un’
epoca in cui ‘’ dell’ essere non ne è più niente’’(Heidegger), un destino nichilistico per uomini che
non solo hanno dimenticato il senso dell’essere, ma anche che tale senso sia andato perduto. Una
società che tende a costituire l’ uomo stesso come ente tecnico.

La mancanza di una memoria collettiva, come testimonia la dimenticanza di lugubri eventi della
recente storia italiana, è, a mio avviso, la prima causa del errore-errare del Noi. Il nostro Presidente
del Consiglio è la materializzazione fenomenica di un’ egolatria che è profondamente radicata nel
nostro Paese. La crisi di sistema è epocale e universalmente diffusa ma si combatte non già con la
ragioneria di Stato e non è soltanto una questione economica, bensì necessita di un radicale
rinnovamento etico e culturale. Crisi di sistema è un termine propriamente marxista: come afferma
Mario Mineo ‘’ Studiare un sistema politico non significa soltanto analizzarne  le istituzioni
politiche e la loro collocazione organizzata in regime  politico. Significa studiare anche i rapporti
esistenti fra questo regime e gli altri elementi del sistema sociale: economico, tecnico, culturale,
ideologico, storico. ecc.  ‘. Per alcuni sistema politico è sinonimo di regime politico con cui si
designa l’ insieme coordinato delle istituzioni politiche che formano un sottosistema politico di un
sistema sociale. Augusto Vegezzi definisce la classe politica ‘’ una gerontocrazia onnifaga’’ che si
attacca al potere come una cozza allo scoglio e condanna il paese al declino : i giovani tra i venti e i
quarant’ anni sono condannati a divenire un Lumpen Proletariat. I ceti intermedi assistono inerti ad
una caduta di status e guadagni. La classe politica, o meglio la casta politica, si unisce nel
mantenimento del proprio stato, mentre il resto del Paese persegue una sorta di individualismo
edonistico e ,come fine, quello del piacere immediato. Si riconduce spesso al sessantotto, visto dai
molti come una continua orgia, sesso libero in una scuola libera . Dopo la marcia su Roma fascista e
la liberazione del Paese, costituisce una trasformazione traumatica dell’ Italia. Con le lotte sindacali
dell’ autunno caldo del’ 69, il movimento operaio acquisisce maggiore importanza e
consapevolezza e, nello stesso arco di tempo, comincia a costituirsi il mito del sessantotto. Il
movimento studentesco del 68 è riconducibile innanzitutto all’ influsso di alcune correnti d’
Oltralpe ( Black Power, rivolte anti-imperialistiche in Sud America, la corrente degli hippies), gli
scompensi del mondo della scuola( alla base vi è la mitizzazione dell’ analisi della macchina della
scuola compiuta da Lorenzo Milani in ‘’ Lettere ad una professoressa), la rivolta contro la gerarchia
cattolica, il richiamo emotivo alla rivoluzione culturale cinese, l’ emarginazione del
sottoproletariato intellettuale. Quello dei giovani è un atto di volontarismo e protagonismo che sul
piano politico ha portato ad un forte anti-autoritarismo, sul piano sociale a una eguaglianza di
dignità e di diritti dei cittadini, al diritto di divorzio, dell’ interruzione di gravidanza, allo Statuto dei
lavoratori. Il superamento del regime post-fascista costituisce un’ attuazione della Costituzione con
il riconoscimento del diritto di cittadinanza a tutti, sul piano politico. In Italia, così come in Francia
( basti pensare alla dura repressione di De Gaulle) manca un legame tra società civile e studenti in
rivolta : Augusto Pancaldi scrisse che ‘’ l’ immaginazione non conquistò il potere’’. Dopo il ’68
prevale la regola del generale trasformismo italiano ‘’ Cambiare tutto per non cambiare nulla’’. Il
potere interviene in modo massiccio attraverso repressioni poliziesche e la politica del’ divide et
impera’’. Inariditasi la spinta ideologica, prevalgono il lassismo e la rinuncia ed inizia il periodo del
cosiddetto ‘’ riflusso’’. I giovani si ritirano in sé, abbandonandosi a culti mistici per fuggire ben più
gravi problemi : disoccupazione, perdita di identità personale, disgregazione della vita comunitaria.
Alcuni prediligono una spinta irrazionale ed estremista passando alla lotta armata ( le radici sono
riconducibili al Risorgimento. Parlano di pan distruzione non solo Bakunin, ma anche Freda, i
fascisti e i terroristi). Sempre Augusto Vegezzi ritiene che in Italia il Potere ‘’relega alla
sopravvivenza un’ intera generazione e blocca l’ ascesa delle vere forze produttive. Se le
frustrazioni e la rabbia di queste ultime s’incontreranno con le mortificazioni e la collera dei giovani
lagerizzati, scoccherà l’ ora della riscossa democratica ed egualitaria.’’

La nostra riscossa sarà soltanto una rivolta fine a se stessa, priva di ogni concretezza, ‘’un’ arte
senz’opera’, che si attacca paurosamente al subitaneo, alla spettacolarità del gesto e delle immagini,
se, come afferma Paolo Bufalini circa il movimento del ‘ 68, oltre ad un ‘’ torbido avventurismo ed
irrazionalismo’’ congiunti ad un sogno di rottura con la civiltà del passato, non vi sarà‘’
discernimento critico, indagine delle cause, individuazione delle spinte positive, di liberazione e di
rinnovamento’’.

Mazzini era appena sedicenne quando iniziò la sua attività da rivoluzionario, Garibaldi a vent’ anni
aveva già un condanna a morte Cavour morì a cinquant’ anni, dopo aver contribuito a lungo all’
unità d’ Italia. Il Risorgimento fu fatto da giovani, così come il sessantotto.

Chiudo con un verso di Holderlin, per altro gradito ad Heidegger, ‘’ dove c’è pericolo cresce anche
ciò che salva’’.

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