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SOCIOLOGIA ECONOMICA (sintesi del Trigilia - Vol.

1) Le scienze sociali non possono aspirare a produrre teorie a elevata generalizzazione, ma sviluppano modelli storicamente orientati, con coordinate limitate nello spazio e nel tempo, largamente basati sul metodo comparativo. INTRODUZIONE che cosa la sociologia economica La sociologia economica linsieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. Definizioni di ECONOMIA: 1) Insieme delle attivit stabilmente intraprese dai membri di una societ per produrre, distribuire e scambiare beni e servizi (Polanyi, 77); Riguarda cio il processo istituzionalizzato di interazione tra gli uomini e la natura per il soddisfacimento dei bisogni di una societ;

2) Attivit che hanno a che fare con la scelta individuale di impiego di risorse scarse, che potrebbero avere
usi alternativi, al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi (allocazione delle risorse). La quantit effettiva di beni che saranno prodotti e il loro prezzo dipender dallincontro della domanda dei consumatori e dellofferta dei produttori sul mercato. Lo stesso meccanismo vale per le quote di reddito distribuite tra i vari soggetti economici (per esempio se lofferta di lavoro cresce rispetto alla domanda, il salario tende a sua volta a scendere). Le definizioni richiamate non devono essere considerate come alternative: la prima pi generale e consente di valutare come il soddisfacimento dei bisogni e il comportamento economico possano assumere forme diverse, condizionate dal modo in cui organizzata la societ; la seconda apre maggiormente allo studio dellinterazione tra economia e societ. E per questo motivo sembra pi adatta alla prospettiva con cui la sociologia economica guarda alleconomia. Un elemento che pu accomunare diversi approcci teorici o discipline come la sociologia, lantropologia e la storia economica lottica che guarda allattivit economica come processo istituzionalizzato. Non si parte cio dal singolo individuo isolato cui vengono imputate motivazioni utilitaristiche per poi ricostruirne gli effetti aggregati sul piano della produzione e distribuzione di beni e servizi, ma dalle ISTITUZIONI. Definizioni di ISTITUZIONI: Complesso di norme sociali che orientano e regolano il comportamento e si basano su sanzioni che tendono a garantirne il rispetto da parte dei singoli soggetti. In ambito sociologico si parla di istituzioni con riferimento a quelle pubbliche (politiche, giudiziarie, militari). Include anche il sistema di regole che fondano tali collettivit e rendono possibile il loro funzionamento, per esempio norme che regolano il diritto di propriet o i rapporti di lavoro. Definizione di ORGANIZZAZIONI: Collettivit concrete che coordinano un insieme di risorse umane e materiali per il raggiungimento di un determinato fine. A differenza delle istituzioni, le organizzazioni compiono azioni. Definizione di SISTEMA ECONOMICO: Diverse modalit nello spazio e nel tempo, attraverso le quali le istituzioni orientano e regolano le attivit economiche . La sociologia economica secondo SHUMPETER e WEBER SCHUMPETER attribuisce alla sociologia economica il compito di spiegare >come le persone sono giunte a comportarsi in un certo modo, specificando che le azioni devono essere messe in rapporto con le istituzioni che sono rilevanti per il comportamento economico, come lo stato o la propriet privata e i contratti. Il sociologo

delleconomia non si sofferma solo sullinfluenza del contesto istituzionale sulleconomia; tender anche a prendere in esame anche il condizionamento inverso (bidirezionalit). WEBER dice che una scienza economico sociale studia i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali (leconomia si concentra invece soprattutto sulla formazione del mercato). Egli distingue tra fenomeni:

ECONOMICAMENTE RILEVANTI (riguardano linfluenza esercitata da istituzioni non economiche (es. quelle religiose o
politiche) sul funzionamento delleconomia.

ECONOMICAMENTE

CONDIZIONATI: mettono in evidenza come anche gli aspetti non economici della vita sociale, come quelli estetici o religiosi, siano influenzati da fattori economici.

Anche in questo caso emerge la bidirezionalit. Inoltre Weber dice che in nessun caso la tendenza della sociologia deve condurre alla ricerca di leggi generali. Incoraggi luso limitato nel tempo degli ideal-tipi. Lo studio di questi due fenomeni porta alla ricerca di regolarit e di nessi causali tra i fenomeni stessi. SOCIOLOGIA, ANTROPOLOGIA e STORIA ECONOMICA Le differenze tra queste discipline sono relative e spesso su determinate tematiche concrete, sfumano fino a lasciare il posto a pratiche di ricerca simili, che a volte si estendono anche agli economisti meno ortodossi.

o ANTROPOLOGIA ECONOMICA: studia le strutture economiche delle societ primitive; tra gli
strumenti utilizzati particolare rilievo ha losservazione partecipante. Tende a ricostruire i caratteri di una societ concreta vista nella sua totalit.

o STORIA ECONOMICA: si concentra sul passato; ha un orientamento individualizzante volto a costruire


fenomeni concreti servendosi dellanalisi documentaria. Le generalizzazioni teoriche sono limitate e viste con diffidenza.

o SOCIOLOGIA ECONOMICA: loggetto di indagine prevalente costituito dalle societ contemporanee.


Strumenti: analisi documentaria, indagine empirica basata su interviste o sulla raccolta diretta di informazioni trattabili quantitativamente. Ha unottica pi generalizzante rispetto alla storia economica. Punta maggiormente ad elaborare generalizzazioni teoriche sui rapporti tra fenomeni economici e non economici, o sui rapporti tra industrializzazione e conflitto sociale, tra strutture economiche e urbanizzazione. Si pone in posizione intermedia tre lottica generalizzante delleconomia e quella pi individualizzante della storia, secondo modelli teorici limitati a particolari contesti spazio-temporali.

LO STATUS SCIENTIFICO DELLA DISCIPLINA Leconomia privilegia modelli analiticodeduttivi in cui possibile determinare a priori il comportamento dellattore. La sociologia economica privilegia un approccio pi induttivo, con lattore che non agisce solo in base a semplici motivazioni utilitaristiche (da qui la tendenza a limitare le generalizzazioni e ad ancorarle a confini spaziali e temporali pi definiti)1. Per questi motivi, le connessioni causali, oltre ad essere limitate, saranno pi empiricamente fondate. In sociologia se si segue lindividualismo metodologico si sottolinea in genere linfluenza dei fattori sociali (valori, norme, rapporti di potere) sullazione individuale, mentre in economia prevale di solito una concezione pi atomistica dellattore che prescinde da fattori extraindividuali; si insiste maggiormente sul perseguimento razionale dellinteresse individuale da parte dei singoli soggetti. Le scienze sociali possono aspirare alla formulazione di modelli; costruzioni ideali di situazioni particolari (la legge ha invece una pretesa di applicabilit generale), definite da specifiche condizioni che ne limitano la validit nel tempo e nello spazio. La linea di frattura tra individualismo metodologico (che cerca di spiegare i fenomeni sociali partendo dalle motivazioni individuali) e olismo metodologico o collettivismo (per i quale lazione degli individui ricondotta alle condizioni che la influenzano) alimenta il cosiddetto PLURALISMO INTERPRETATIVO, cio la coesistenza di diversi modelli interpretativi in concorrenza tra loro. IL PLURALISMO INTERPRETATIVO: SCIENZA E VALORI Lobiettivo dello studio scientifico dei fenomeni sociali consiste nel ricostruire linterazione tra condizioni esterne dellazioni e motivazioni degli attori. Si tratta di un obiettivo difficile da raggiungere e che si presta a diverse soluzioni. Per due motivi:

La complessit delloggetto su cui si indaga. Le condizioni e le motivazioni che influenzano lazione sono molteplici e variano nel tempo e nello spazio. Il risultato di questi vincoli una maggiore discrezionalit dellinterprete nel selezionare alcune condizioni e motivazioni e nel metterle in rapporto; La rilevanza dei valori del ricercatore (legati allampio margine di discrezionalit), dal momento che egli stesso parte della societ in cui studia, ed ha a sua volta preferenze e criteri di orientamento che lo guidano nello studio.

Il pluralismo interpretativo una caratteristica ineliminabile, intrinsecamente legato alla storicit della societ stessa. In questambito, WEBER distingue tra:

RELAZIONE AI VALORI, per cui nella selezione del tema di ricerca e nellindividuazione delle connessioni causali tra fenomeni, il ricercatore non pu non essere guidato dai suoi valori, e GIUDIZI DI VALORE , riferiti invece alla desiderabilit di determinati fini, e quindi non giustificabili su base scientifica.

La scienza deve essere al servizio della chiarezza dice Weber.

Si colloca, in questo senso, in una posizione intermedia tra l'ottica generalizzante dell'economia e quella pi individualizzante della storia.

CAP. 1 Economia e istituzioni nella formazione delleconomia classica QUANDO NASCE LECONOMIA Leconomia come disciplina nasce quando le attivit economiche si emancipano da controlli e vincoli sociali (religiosi e/o politici) e sono regolate dal mercato: produzione e distribuzione dipendono dal gioco della domanda e dellofferta sul mercato, con i soggetti coinvolti impegnati a massimizzare le possibilit di guadagno individuale. Nelle SOCIET ARCAICHE E PRIMITIVE le attivit economiche erano incorporate in un sistema di istituzioni non economiche. La produzione e lo scambio possono essere organizzati sulla base del principio di reciprocit o di quello di redistribuzione, ma non dello scambio di mercato.

RECIPROCITA Si producono e distribuiscono beni e servizi sulla base di obblighi di solidariet condivisi
nei riguardi degli altri membri del gruppo (parentale o della trib); tali obblighi sono di solito legati alle prescrizioni di una religione, con un flusso di doni e contro doni, dove il comportamento economico dei singoli non motivato dal guadagno individuale. Non altres influenzata dal libero gioco della domanda e dellofferta sul mercato neanche la quantit dei beni prodotti e distribuiti;

REDISTRIBUZIONE le norme sociali prevalenti prescrivono che determinati prodotti vengano


consegnati al capo del villaggio o della trib per essere successivamente redistribuiti, in occasioni cerimoniali particolari, secondo regole diverse, comunque basate su diversi gradi di disuguaglianza. una forma di organizzazione che consente una divisione del lavoro specializzata su scala territoriale pi vasta della precedente, e ha per questo bisogno di strutture politiche differenziate, con un centro che stabilisce diritti e doveri dei sudditi con riferimento alleconomia. Si amplia il volume delle attivit economiche e si comincia a far uso della moneta. Il comportamento economico non pi definito solo da obblighi sociali condivisi, ma da specifiche regole formali fatte valere dal potere politico (di solito legittimato in termini religiosi);

SCAMBIO di MERCATO modo relativamente pacifico per acquisire beni non immediatamente
disponibili attraverso un rapporto bilaterale, che pu essere sotto forma di:

Scambio di doni

(tipico di una relazione di reciprocit regolata da norme condivise),

Scambio amministrato (transazioni rigidamente controllate dal potere politico), Mercati autoregolati (mercati che determinano i prezzi attraverso il gioco della domanda/offerta; il comportamento economico non pi condizionato da obblighi sociali o politici e risponde alla speranza di guadagno o al timore della fame; lordinamento politico si limita a garantire dallesterno i diritti di propriet e la libera contrattazione, mentre la possibilit di vita dei singoli dipendono in misura crescente dalla vendita delle risorse di cui dispongono sul mercato.

Solo lemancipazione delle attivit economiche dai condizionamenti sociali e politici pu, quindi, rendere possibile leconomia come scienza.

LA GRANDE SINTESI DI ADAM SMITH Smith critica lidea che il libero perseguimento dellinteresse individuale sia in grado di conciliare "naturalmente", per mezzo del mercato, benessere individuale e collettivo. Infatti il benessere collettivo favorito solo se il mercato e la ricerca dellinteresse sono controllati da precise regole istituzionali. I FONDAMENTI SOCIALI DELLAZIONE ECONOMICA Lazione umana influenzata dalle norme sociali, e il guadagno individuale non deve essere considerato un fine in s, come un obiettivo naturale delluomo, ma piuttosto uno strumento per ottenere approvazione sociale. Il desiderio di migliorare le proprie condizioni appare come un dato permanente del comportamento umano, ma non sempre questo si esprimer nella ricerca della ricchezza, che avviene tipicamente in una societ commerciale. In altre situazioni il desiderio di affermazione individuale si esprime in forme diverse, definite dai valori dominanti (forza fisica, potere politico, capacit militare ecc.). Vi sono quattro stadi dello sviluppo storico che si succedono nel tempo, ciascuno caratterizzato da un tipo di organizzazione economica prevalente, istituzioni e costumi diversi: caccia, pastorizia, agricoltura e commercio. A ognuno di questi stadi corrispondono istituzioni diverse: le istituzioni che governano la societ cambiano, infatti, storicamente, come pure cambia lazione economica che viene da queste variata e socialmente determinata. Dopo aver definito una teoria generale del comportamento individuale come socialmente condizionato (nel quale trova spazio anche lazione economica come influenzata e vincolata dalle istituzioni), Smith esplora le conseguenze economiche che discendono dal diffondersi dei nuovi comportamenti attraverso due modi:

Il primo riguarda le modalit secondo cui avviene la produzione dei beni e la distribuzione dei redditi in una societ capitalistica. Qui prevale una prospettiva di STATICA ECONOMICA: si suppone che non si crei nuova ricchezza, ma che si usi quella esistente per soddisfare i bisogni. Le istituzioni capitalistiche sono considerate come date; Il secondo riguarda la DINAMICA DELLECONOMIA, ovvero la creazione di nuova ricchezza, con il problema dello sviluppo. In questo caso, per Smith le istituzioni capitalistiche sono considerate delle variabili.

PRODUZIONE DI BENI e DISTRIBUZIONE DEI REDDITI in una "SOCIET COMMERCIALE" In una societ commerciale lattivit economica non pi regolata in maniera prevalente dalla reciprocit e dalla redistribuzione, ma dallo scambio di mercato. In questo senso, Smith distingue tra:

Prezzo di mercato, che riflette le oscillazioni di breve periodo della domanda e dellofferta, e Prezzo naturale, che si afferma nel lungo periodo e che riflette il costo della produzione. Il prezzo naturale di una merce ci che sufficiente a pagare la rendita della terra, i salari del lavoro e i profitti dei fondi impiegati per coltivare, preparare e portare sul mercato la merce stessa

Nel lungo periodo la quantit di beni prodotti sar pari al livello della domanda che rende possibile remunerare il costo di produzione. La quantit di beni prodotti strettamente collegata ai meccanismi di distribuzione del reddito tra coloro che partecipano allattivit economica. Anche per la distribuzione del reddito si suppone lesistenza di un prezzo definito dal mercato per salari, profitti e rendite. Il SALARIO si forma nel mercato del lavoro, con dei meccanismi che spingono verso il prezzo naturale, che corrisponde al minimo necessario perch i lavoratori possano riprodursi. Di questi meccanismi, Smith ne individua in particolare due:

La capacit di organizzazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, per cui i primi si coalizzano per elevare il salario, mentre i secondi per diminuirlo. Questi ultimi sono favoriti perch in numero minore e perch la legge non proibisce loro di coalizzarsi (e possono quindi resistere pi a lungo); I movimenti demografici: se i salari diminuiscono troppo, sinnesca una reazione che porta, attraverso il calo delle nascite, alla riduzione quantitativa della forza lavoro e quindi al ristabilimento dellequilibrio.

In generale Smith ritiene che i salari siano destinati a crescere per effetto dello sviluppo economico, che fa aumentare la domanda di lavoro. Quindi anche i lavoratori sono interessati oggettivamente allaumento della ricchezza della societ. Il PROFITTO invece non cresce con la prosperit e non diminuisce con il declino della societ, come avviene per la rendita e per i salari. Al contrario esso naturalmente basso nei paesi ricchi ed alto in quelli poveri: infatti, se nella produzione di un determinato bene, vi poca concorrenza, il profitto tender a salire, ma al crescere della concorrenza, con lentrata di nuovi investitori, si verificher lopposto. Con lo sviluppo delle attivit economiche diventa pi difficile trovare impieghi redditizi per gli investimenti2. Smith non comunque pessimista e ritiene che un basso tasso di profitto sia un ingrediente necessario per stimolare la ricerca di nuovi impieghi e la crescita della produttivit. La RENDITA indirettamente influenzata dalla crescita economica. Il prezzo pagato per luso della terra tender infatti a corrispondere a quella parte del valore del prodotto che eccede i salari e i profitti necessari per produrlo ai saggi medi fissati per i rispettivi mercati. Salari e profitti alti o bassi sono le cause del livello dei prezzi; una rendita alta o bassa leffetto di tale livello. In una societ che si sviluppa la rendita tender pertanto a crescere. Per Smith, affinch i meccanismi di distribuzione del reddito ed i legami con la produzione (e quindi il mercato) possano funzionare nella maniera indicata, occorrono nuove regole che definiscano il comportamento degli attori, e cio: a) Che in seguito al processo di espropriazione dei contadini si formi una classe di lavoratori salariati le cui condizioni di vita dipendano dalla vendita del loro lavoro sul mercato; b) Che si affermi una classe di capitalisti che concentrano nelle loro mani le risorse necessarie ad avviare e condurre il processo produttivo, e le cui condizioni di vita dipendano dal profitto conseguito con linvestimento del capitale; c) Che i proprietari terrieri traggano a loro volta il sostentamento dalla possibilit di affittare la terra ai capitalisti agrari, che la coltivano pagando loro una rendita. Queste innovazioni configurano lemergere di una societ capitalistica, dotata di proprie istituzioni che spingono leconomia a emanciparsi da controlli sociali e politici, e di nuove classi che su tali istituzioni si fondano. Smith afferma inoltre che il costo di produzione non si esaurisce nel costo del lavoro necessario a produrre una determinata merce: se nelle societ precedenti il valore del lavoro incorporato in una merce equivaleva al suo valore di scambio, in un contesto istituzionale in cui si siano consolidate laccumulazione di fondi e lappropriazione della terra (quindi in un contesto capitalistico), il prezzo naturale delle merci viene determinato da una calcolo dei costi pi complesso, che oltre al salario del lavoro deve includere anche il profitto e la rendita. Smith ha una visione ottimistica delleconomia capitalistica e ritiene che a certe condizioni, le istituzioni capitalistiche siano le pi appropriate per garantire assieme benessere ed equit, efficienza economica e consenso. Egli ritiene inoltre che non vi sia contraddizione tra il fatto che il lavoro la fonte originaria della ricchezza e che da esso siano anche dedotte le quote di reddito dei capitalisti e dei proprietari terrieri. LO SVILUPPO ECONOMICO E LE ISTITUZIONI La concorrenza determina unallocazione efficiente delle risorse allinterno di una determinata attivit, perch spinge i prezzi ad avvicinarsi ai costi di produzione, e fra le diverse attivit, perch spinge capitale e lavoro a spostarsi verso gli impieghi pi vantaggiosi, riducendo cos le differenze di rendimento. In questo modo il mercato concorrenziale assicura ci che pi domandato ai prezzi pi bassi possibili. Gli economisti sono stati affascinati dalle capacit ordinatrici di questa macchina per cui ogni individuo perseguendo il suo interesse, spesso persegue linteresse della stessa societ in modo molto pi efficace di quanto intende effettivamente perseguirlo.
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Vedi la variabilit dei mercati e la veloce obsolescenza di categorie di investimento.

Smith, per, era interessato allefficienza dinamica, pi che a quella statica, del mercato: in questo senso, nellanalisi dinamica sulle cause della ricchezza delle nazioni, le istituzioni diventano delle variabili ed il mercato pu avere una funzione dinamica e sostenere lo sviluppo economico se regolato da istituzioni appropriate. Ne discendono queste conseguenze: a) Nellanalisi del processo di sviluppo economico, i fattori non economici come le istituzioni hanno un ruolo esplicativo essenziale, sono le variabili indipendenti; b) Per Smith le istituzioni capitalistiche sono tanto pi appropriate a sostenere lo sviluppo economico, tanto pi si avvicinano a quelle del capitalismo concorrenziale; c) Lo sviluppo economico, lo strumento principale che consente al capitalismo concorrenziale di evitare le tensioni tra economia e societ, di tenere assieme efficienza economica e consenso sociale. Per Smith, molto importante per la crescita della produttivit e quindi della ricchezza la DIVISIONE DEL LAVORO. Laumento della produttivit (cio la quantit di lavoro che lo stesso numero di persone pu svolgere) ha tre ragioni: Perch accresce labilit di ogni singolo operaio che si pu cos specializzare in una mansione; Per il risparmio di tempo che si perde passando da un lavoro ad un altro; Perch viene facilitata linvenzione di macchine che riducono il tempo di lavoro; Per quanto riguarda le condizioni da cui dipende la divisione del lavoro, Smith afferma che essa limitata dallampiezza del mercato. Essendo questampiezza e il volume degli scambi a loro volta funzione della quantit di fondi impiegati, si pu affermare che la divisione del lavoro varia con lentit degli investimenti. Quanto pi questi cresceranno, tanto pi, attraverso la concorrenza verr incoraggiata la specializzazione produttiva, e di conseguenza la divisione del lavoro allinterno delle singole unit produttive. Laccumulazione del capitale dunque una condizione necessaria per la crescita della produttivit, perch favorisce lallargamento del mercato e la divisione del lavoro. Necessaria ma non sufficiente, perch per Smith occorre che laccumulazione sia stimolata e regolata da istituzioni appropriate. VANTAGGI DEL CAPITALISMO CONCORRENZIALE SU QUELLO MONOPOLISTICO In ogni attivit produttiva opportuno che vi sia un numero elevato di capitalisti che investono fondi, in concorrenza tra loro, senza essere in grado di manipolare le quantit offerte e i prezzi. Ci possibile fondamentalmente in presenza di scelte politiche opportune, che eliminino gli ostacoli istituzionali alla mobilit del capitale e del lavoro. Smith critica in questo senso le politiche protezionistiche e di incentivazione del mercantilismo, proponendo un limitato intervento dello stato nelleconomia: una volta eliminate le barriere istituzionali dovute a politiche errate, la societ civile si avvier spontaneamente verso unimprenditorialit diffusa in grado di alimentare mercati concorrenziali. Le condizioni di monopolio non sono invece vantaggiose, perch alterano i prezzi e le quantit, in modo tale che ci che viene domandato sia ottenuto in modo pi costoso dai consumatori. Linteresse del capitalista sempre di allargare il mercato e restringere la concorrenza, ma in realt sono pi vantaggiose, per lo sviluppo economico, le difficolt a ottenere o mantenere il profitto, perch stimolano limprenditorialit del singolo capitalista e favoriscono la crescita della produttivit. Per Smith un alto tasso di profitto deleterio, perch distrugge la parsimonia, virt connaturata al carattere del mercante, e spinge verso un lusso dispendioso, che influenzer i costumi di tutta la parte attiva della popolazione. Due sono le condizioni istituzionali che definiscono lassetto del capitalismo concorrenziale:

Limpegno diretto del capitalista come imprenditore nella gestione dellimpresa Smith contrario alle societ per azioni, perch i manager, per il fatto di amministrare denaro non proprio, hanno meno incentivi a comportarsi in modo efficiente di quanto non possa fare il proprietario. Lo stimolo a reagire alla concorrenza e ad accrescere la produttivit sar pi elevato nelle imprese gestite direttamente dal proprietario; Norme di comportamento che limitino gli effetti della concorrenza sul salario dei lavoratori Smith considerava negativamente le organizzazioni sindacali, per i rischi di distorsione del mercato del lavoro.

Riteneva invece opportuna, per migliorare la produttivit, una politica unilaterale da parte degli imprenditori di alti salari, che avrebbero indotto gli operai ad essere pi attivi, pi diligenti e svelti di quando i salari sono bassi, e incoraggiato la produttivit in caso di pi elevate possibilit di mobilit sociale. RUOLO DELLO STATO NELLO SVILUPPO ECONOMICO Smith considerava positive per lo sviluppo economico tutte quelle condizioni istituzionali che potevano favorire la combinazione di bassi profitti e alti salari. Lo stato doveva quindi restare fuori dalleconomia e limitarsi ad assolvere queste tre funzioni: Assicurare la difesa nazionale Garantire lamministrazione della giustizia Provvedere a opere pubbliche necessarie alle attivit economiche e allistruzione Tutte attivit di estrema importanza per la societ che non possono essere svolte adeguatamente dal settore privato. Il capitalismo concorrenziale pu assicurare pi sviluppo se anche le attivit statali sono permeate da quei principi di responsabilizzazione e impegno personale che sono presenti nella societ civile, dove sono stimolate dal mercato. Le istituzioni sono in grado di conciliare efficienza economica e consenso per due ragioni: Perch producono pi sviluppo (e con lo sviluppo aumenta il benessere di tutte le classi sociali); Perch il mercato concorrenziale riduce le disuguaglianze (porta a bassi profitti e alti salari) di quella misura giudicata necessaria affinch il desiderio di migliorare la propria condizione possa produrre insieme un impegno maggiore ed un beneficio collettivo.

CAP.2 La svolta economicista e i suoi critici: storicismo e marxismo LA CRITICA DI MARX Marx condivide la visione pi pessimistica dello sviluppo che si era fatta strada con Malthus e Ricardo, ma mentre questi ultimi parlavano di limiti naturali allo sviluppo, per Marx esistono vincoli sociali legati alle istituzioni fondamentali delleconomia capitalistica, cio la propriet privata dei mezzi di produzione e il lavoro salariato come strumenti che regolano la produzione dei beni e la distribuzione dei redditi. Alla visione armonica di Smith, Marx contrappone una visione dialettica, influenzata dalla filosofia idealistica tedesca. Il capitalismo genera una polarizzazione crescente delle classi sociali, e ci porta ad una progressiva intensificazione del conflitto, che a sua volta determina il superamento delle vecchie forme di organizzazione economica. Mentre lo storicismo insiste sulle differenze nazionali che si accompagnano allo sviluppo, Marx guarda a quelle di classe. Lo storicismo resta legato alla visione idealistica dello sviluppo storico, in cui levoluzione culturale condiziona lorganizzazione economica, mentre Marx ribalta il rapporto tra gli aspetti culturali ed economicosociali, individuando in questi ultimi il motore dello sviluppo storico. Marx non si propone di mostrare una generica interconnessione tra i diversi aspetti della realt sociale, vuole piuttosto formulare una teoria generale dello sviluppo storico. Lobiettivo di Marx non ne sviluppare lindagine economica in senso stretto, n di fondare una sociologia economica, ma gettare le basi per una scienza complessiva della societ in cui aspetti economici e aspetti istituzionali sono strettamente collegati e non separabili. In tal modo sar anche possibile prevedere lo sviluppo storico e fondare scientificamente una guida per lazione politica. Da qui limpegno di Marx e Engels non solo sul terreno scientifico, ma anche su quello politico come organizzatori del movimento dei lavoratori. LA TEORIA DELLO SVILUPPO STORICO Marx imputa ai classici di considerare naturale la divisione di classe che regola le modalit di produzione dei beni e distribuzione dei redditi proprie delleconomia capitalistica, e quindi di non valutare adeguatamente le differenze storiche nelle forme di organizzazione economica. I classici non ritenevano che lo sviluppo dovesse portare inevitabilmente al conflitto di classe e che tale conflitto dovesse a sua volta generare un superamento delleconomia capitalistica3 . Marx invece si pone due obiettivi

Storicizzare lanalisi economica, individuando sia forme di organizzazione corrispondenti a societ diverse, a stadi differenti dello sviluppo, sia meccanismi di passaggio tra stadi. Mettere in evidenza il ruolo del conflitto di classe nelleconomia capitalistica e il mutamento che esso imprime allintera societ.

Per Marx non possibile studiare leconomia prescindendo dalle istituzioni che la regolano, perch la produzione sempre un processo sociale e non solo economico. Da ci discendono una serie di conseguenze, tra loro collegate. I RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE, cio i rapporti sociali entro i quali gli individui producono, sono per Marx lelemento essenziale. Essi fondano la divisione in classi, nel senso che i membri di una determinata societ si dividono a seconda del modo in cui partecipano alla produzione. I rapporti di propriet sono la forma giuridica dei rapporti di produzione. La distribuzione del prodotto, e quindi la disuguaglianza sociale, saranno condizionate dalla posizione di classe. Marx insiste sul fatto che la societ capitalistica non pu essere concepita secondo il modello individualisticoutilitaristico delleconomia classica.

Per Smith, lo sviluppo capitalistico avrebbe favorito cooperazione ed integrazione sociale. Per Malthus e Ricardo, vincoli naturali legati alla dinamica demografica e alla scarsa disponibilit di terre avrebbe costretto la classe operaia a livello di sussistenza, impedendole di organizzarsi per mutare le proprie condizioni.

Essa non costituita da un insieme di individui isolati, con pari opportunit, che si scambiano beni e servizi cercando di massimizzare il loro interesse. Coloro che dispongono solo della propria capacit di lavoro sono costretti ad accettare le condizioni di scambio imposte da chi controlla i mezzi di produzione, cio dai capitalisti. Lordine sociale si basa dunque, sulla coercizione esercitata dalle classi dominanti. I rapporti di produzione e le relative classi, non variano accidentalmente: essi corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive, cio linsieme dei mezzi materiali di produzione. I rapporti di produzione corrispondenti a un determinato grado di sviluppo delle forze produttive costituiscono la struttura della societ. La struttura economica condiziona a sua volta lorganizzazione sociale e politica, lordinamento giuridico e le forme di sviluppo culturale, religioso e artistico. Linsieme di questi aspetti rappresenta la sovrastruttura della societ. Lordine sociale si mantiene fino a quando lo sviluppo delle forze produttive non ostacolato dal modo di produzione, con i suoi specifici rapporti e le sue classi. In questa situazione permane la congruenza tra struttura e sovrastruttura. I valori della classe che controlla i mezzi di produzione riescono a imporsi e sono condivisi anche dalla classe dominata. Anche le forme della politica sono congruenti con il modo di produzione, perch riflettono gli interessi della classe dominante e contribuiscono a rafforzarla. Lordine sociale non si mantiene perci solo sulla coercizione, che sarebbe costosa, ma sul consenso. La societ caratterizzata da un determinato modo di produzione destinata a cambiare, perch viene messa in discussione quando lo sviluppo delle forze produttive non pu pi essere contenuto nel precedente modo di produzione e trova in esso dei vincoli crescenti. La nuova classe emergente lotta contro la vecchia classe dominante e i vecchi rapporti di produzione che costituiscono ora un vincolo per le forze produttive. Nel corso del conflitto viene meno la congruenza tra struttura e sovrastruttura. Le stesse istituzioni politiche non riescono pi a difendere adeguatamente la classe dominante e i preesistenti rapporti di produzione. Alla fine del processo un nuovo modo di produzione si afferma. Laffermazione di una nuova classe, e il conflitto di classe, non possono essere accidentali, ma sono fondamentalmente ancorati alla relazione tra forze produttive e rapporti di produzione. Marx non rinnega mai il ruolo attivo nel processo storico della coscienza di classe e dellazione politica, ma questi fattori possono esplicarsi pienamente solo quando si danno le condizioni economiche favorevoli. Vengono individuati quattro tipi di societ, ciascuna si basa su un modo di produzione dominante Antica schiavit Feudale servit della gleba Borghese lavoro salariato Asiatica subordinazione dei lavoratori agricoli allo stato Le prime tre si sono succedute nella storia occidentale, mentre quella asiatica si riferisce alla specifica esperienza di paesi come India e Cina. In Europa, lespropriazione dei contadini, e la successiva appropriazione da parte della nascente borghesia dei possedimenti ecclesiastici, sono alla base della formazione del capitale e del lavoro salariato, cio dei rapporti di produzione necessari per leconomia capitalistica. Marx per, sottolineando il ruolo della violenza e del conflitto politico, lascia intravedere una dinamica del processo che non congruente con la sua teoria generale dello sviluppo storico. Non , infatti, la crescita economica della borghesia a generare le modificazioni del quadro istituzionale necessarie per il funzionamento del capitalismo, ma piuttosto un processo politico che crea i presupposti per la crescita della borghesia. LO SVILUPPO CAPITALISTICO Marx vuole dimostrare che lo sviluppo capitalistico crea, nel corso della sua evoluzione, le condizioni economiche per il rafforzamento della classe operaia. In uneconomia capitalistica, basata sulla propriet privata dei mezzi di produzione, non ci pu essere produzione di beni se non c profitto per i detentori del capitale. Nello stesso tempo per il valore di scambio delle merci riflette la quantit di lavoro in esse incorporata.

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Marx riprende la teoria del valorelavoro di Ricardo, per cui la forza lavoro una merce con una caratteristica particolare, nel momento in cui utilizzata nel processo produttivo crea un valore aggiuntivo rispetto a quello necessario a produrla, e quindi ad acquistarla sul mercato. Il valore della forza lavoro, cio il salario, fissato dalla quantit di lavoro incorporata nelle merci necessarie ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione dei lavoratori e delle loro famiglie. A differenza delle altre merci per, la forza lavoro crea pi valore di quello necessario ad acquistarla, cio il salario con cui viene retribuita. Il tempo di lavoro delloperaio salariato , infatti, superiore a quello necessario per produrre un valore corrispondente al suo salario. Questa differenza costituisce un pluslavoro che fonte di plusvalore. Lentit del plusvalore rispetto al salario anticipato dal capitalista d la misura del tasso di sfruttamento. Sar interesse del capitalista aumentare tale tasso allungando la giornata lavorativa o riducendo il salario a parit di orario. Il progresso tecnico nella misura in cui accresce la produttivit del lavoro, si risolve in un aumento del plusvalore prodotto. Posto che:

Per CAPITALE VARIABILE sintendono le anticipazioni salariali, e che Il CAPITALE COSTANTE quello rappresentato dagli impianti e dalle materie necessari per la produzione,

Secondo Marx il capitale costante non crea valore aggiuntivo (solo il lavoro ha questa qualit), perci il tasso di profitto diminuir al crescere della composizione organica del capitale, cio il rapporto tra il valore del capitale costante e quello del capitale variabile. In una situazione di concorrenza, i singoli capitalistiimprenditori sono forzati ad introdurre nuove macchine e quindi ad aumentare il capitale fisso a spese del lavoro, cos riducono il costo del lavoro e godono di maggior profitti fino a quando anche gli altri capitalisti non saranno spinti ad introdurre le stesse innovazioni e questo ha due conseguenze fondamentali: Fa aumentare la disoccupazione e peggiora le condizioni della classe operaia; Determina una caduta tendenziale del saggio di profitto che riduce lo stimolo alla produzione. Il livello dei salari dipende dallentit della disoccupazione, cio da quello che viene chiamato esercito industriale di riserva: quando cresce la domanda di lavoro, tale esercito si riduce e i salari aumentano, determinando una diminuzione del saggio di profitto e quindi un successivo calo della domanda di lavoro e un abbassamento del salario. Uneventuale crescita dei salari costituisce inoltre un incentivo alla sostituzione di lavoro con macchinario. Secondo Marx, quindi, la tendenza alla meccanizzazione determina nel lungo periodo un ingrossamento dellesercito industriale. Solo le imprese pi grandi riescono a mantenersi nel mercato, facendo crescenti investimenti in capitale fisso. Si determina cos una proletarizzazione dei piccoli produttori. La disoccupazione non dunque per Marx dovuta alla pressione demografica, ma al funzionamento stesso dellaccumulazione capitalistica. Lintroduzione di nuove macchine si accompagna inoltre al processo di alienazione dei lavoratori, ridotti ad insignificante appendice della macchina. Laccumulazione capitalistica ha inoltre conseguenze sociali negative per i capitalisti, visto che quando le innovazioni si sono diffuse, si determina un abbassamento complessivo del saggio di profitto dovuto al maggior peso del capitale costante rispetto a quello variabile, e quindi al minor plusvalore. I limiti delleconomia capitalistica non sono pi naturali, come per Malthus e Ricardo, ma sociali: sono legati ai rapporti di classe che connotano il processo produttivo. Le contraddizioni per non portano automaticamente alla crisi e al suo superamento, ma costituiscono le premesse che determinano la progressiva trasformazione della classe operaia da un aggregato di individui in concorrenza tra loro sul mercato del lavoro, ad un gruppo sociale coeso, attore storico. Solamente quando questo processo si compie, e la classe operaia si organizza politicamente si determina la trasformazione del vecchio modo di produzione.

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IL CIRCOLO VIZIOSO DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA DI MARX Lesigenza di non separare lanalisi economica dal contesto istituzionale ha innanzitutto portato Marx a una teoria dei diversi modi di produzione e della loro evoluzione nel tempo, e ad analizzare un classico problema della sociologia economica, in genere tralasciato dagli economisti, eccetto Smith, cio le origini delleconomia capitalistica. Tra i punti di forza dellinterpretazione marxiana del capitalismo, va annoverata la capacit di render conto degli aspetti dinamici delleconomia e degli effetti di destabilizzazione sociale e di conflittualit, che non trovano adeguato posto negli schemi degli economisti classici. Il CIRCOLO VIZIOSO questo: la crisi economica dipende dal conflitto di classe, che porta alla crisi economica. Un punto critico che lintroduzione di nuove tecniche fa in genere aumentare la produttivit del lavoro, e se i salari non salgono pi della produttivit, ci non determina un calo, ma una crescita dei profitti. Questi possono essere destinati a nuovi investimenti e quindi ad una nuova domanda di lavoro che compensa quella eliminata dalla meccanizzazione.

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Il conflitto di classe invece viene sopravvalutato per due motivi:

1. Al mancato realizzarsi di quelle previsioni pessimistiche sullandamento delleconomia che Marx


pensava di stabilire con precisione da scienze naturali

2. La maggiore rilevanza delle determinazioni sovrastrutturali delle classi, cio allinfluenza autonoma
di fattori socioculturali e politici. La forte sottovalutazione dello stato, che riflette limmagine del capitalismo liberale di tipo inglese, impediva a Marx di prevedere come il conflitto potesse essere attenuato o controllato dal sistema politico, ponendo pochi vincoli allorganizzazione della classe operaia e accogliendo le domande economiche, sociali e politiche delle organizzazioni di rappresentanza. Gli esiti rivoluzionari si sono avuti in paesi come la Russia e la Cina dove le forze produttive erano pi arretrate, e non laddove maggiore era il loro sviluppo, come la teoria suggeriva. Marx era convinto sin dalla giovent della necessit della rivoluzione e tutta la sua analisi spinge a ricercare delle leggi che mostrassero linevitabilit (non solo la necessit) di questa. La soluzione viene trovata nelle leggi delleconomia classica, modificate con linnesto dellelemento storico costituito dal conflitto di classe. Ci richiedeva per di ridurre drasticamente la variabilit del comportamento umano, facendolo dipendere in ultima istanza dalle istituzione economiche, conducendo ad una teoria troppo rigida, in cui poco peso hanno le istituzioni non economiche.

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CAP. 3 Economia neoclassica e sociologia economica (omissis) CAP. 4 Origini e sviluppo del capitalismo: SIMMEL e SOMBART IL CAPITALISMO COME PROBLEMA Leconomia classica teneva conto del capitalismo in termini di propriet privata, mezzi si produzione, lavoro salariato, ruolo del mercato e dello stato, senza per preoccuparsi di indagare sulle origini e sullevoluzione del capitalismo come fenomeno storico. LA FILOSOFIA DEL DENARO DI SIMMEL Lobiettivo di Simmel quello di chiarire la genesi e i caratteri della societ moderna, e di valutare il senso, il significato ultimo che essa assume per la vita degli uomini. La societ non per lui un sistema, un organismo costituito da varie parti tra loro funzionalmente collegate; piuttosto formata da un insieme di istituzioni che nascono dallinterazione tra gli uomini e, una volta consolidatesi, ne condizionano il comportamento. Simmel parla in proposito di forme pure. La sociologia studia le origini e i caratteri di tali forma, ovvero dei modelli di comportamento istituzionalizzati. IL DENARO UNA DI QUESTE ISTITUZIONI, ma per Simmel ha unimportanza cruciale, nel senso che condiziona sempre pi estesamente e profondamente le relazioni tra gli uomini nella societ moderna. Chiarire le origini e le conseguenze delluso del denaro, ovvero delleconomia monetaria, essenziale per comprendere la societ moderna. In questo, Simmel presenta somiglianze con Marx, Weber e Sombart:

Linsistenza sui presupposti culturali e istituzionali delleconomia monetaria e del capitalismo; Il riconoscimento del fatto che alcuni soggetti (stranieri, ebrei), in virt della loro condizione sociale di marginalit, esercitano un ruolo primario per la diffusione delleconomia monetaria; Limmagine delle conseguenze sociali delleconomia monetaria in termini di crescente spersonalizzazione e razionalizzazione delle relazioni sociali e degli ambiti di vita; Limmagine del socialismo, in contrasto con quella di Marx, come ulteriore sviluppo della razionalizzazione delle relazioni sociali e degli ambiti di vita.

LE CONDIZIONI NON ECONOMICHE DEL DENARO Il capitalismo come sistema economico presuppone: Accumulazione privata del capitale la quale, a sua volta, richiede che Il denaro si diffonda come strumento degli scambi e si allarghi dunque la cerchia dei soggetti coinvolti nelleconomia monetaria; serve per una condizione non economica: Occorre che cresca la fiducia nel denaro come aspettativa che il suo impiego possa sempre disporre di una contropartita in beni concreti. Laccumulazione del capitale presuppone dunque unaccumulazione di fiducia, e questa condizione culturale a sua volta sostenuta da fattori istituzionali: La legittimazione e lefficacia del potere politico e le garanzie fornite dallordinamento giuridico. Il denaro diventa cos unistituzione pubblica. Tra leconomia monetaria e lo stato centralizzato e il sistema giuridico, si stabilisce un rapporto di interdipendenza. La prima cresce grazie ai secondi che la garantiscono, ma questi a loro volta si rafforzano in relazione agli effetti indotti dalla diffusione del denaro come mezzo di scambio. Leconomia monetaria stata un fattore di dissoluzione delleconomia naturale basata sullautoconsumo, favorendo in tal modo la formazione dello stato centralizzato, che doveva svolgere la funzione di controllo della moneta. I protagonisti della diffusione del denaro e degli scambi sono soprattutto gli individui e i gruppi sociali esclusi dal pieno godimento dei diritti vigenti in una determinata societ, che si dedicano pi facilmente allaccumulazione di

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denaro come strumento per il conseguimento di posizioni sociali che non possono raggiungere con i mezzi tradizionali. Nei riguardi di questi non valgono le sanzioni giuridiche che nella societ tradizionale delleconomia naturale allontanano dalluso del denaro. La marginalit sociale alimenta lo sviluppo di attivit commerciali e finanziarie negli stranieri e negli ebrei, nei moriscos in Spagna, i paria in India, e nei quaccheri in Inghilterra. Sono questi i principali agenti del mutamento che prepara le condizioni per lo sviluppo del capitalismo. LE CONSEGUENZE DELLECONOMIA MONETARIA Da questo punto di vista, Simmel mette in luce lambivalenza del fenomeno, che presenta aspetti positivi e negativi:

Il denaro favorisce la crescita della libert individuale. Leconomia monetaria rende sostituibili i rapporti sociali nella sfera dello scambio come nella sfera della produzione, attenuando la dipendenza; possibile scegliere tra fornitori diversi e questo spersonalizza le relazioni tra chi compra e vende e aumenta lindipendenza reciproca di entrambi. La libert si accresce anche nei riguardi degli oggetti, rompendo la fissit e la ritualit delle forme di consumo tradizionali; Nella sfera della produzione, al rapporto di dipendenza totale del servo della gleba nei riguardi del signore subentra uno specifico e determinato contratto di lavoro, che spersonalizza il rapporto, lo lega al perseguimento di un obiettivo limitato che non include la sfera extralavorativa, e soprattutto lo rende sostituibile da una parte e dallaltra; Peggiorano le condizioni dei lavoratori rispetto alleconomia naturale, in cui vi era lobbligo di protezione sociale dei subalterni da parte dei signori (ma questo il prezzo della libert). Per Simmel un prezzo che vale la pena pagare, per acquisire la consapevolezza di s e per fornire solo una prestazione che vale precisamente il suo equivalente in denaro; La caratterizzazione tecnico-funzionale delle prestazioni lavorative favorisce laccettazione delle posizioni di superiorit e di subordinazione tra i lavoratori, in unorganizzazione che rende risultati vantaggiosi. Lallargamento e la pluralizzazione delle cerchie sociali in cui il singoli sinserisce per sua scelta lespressione e lo strumento attraverso cui si forma la personalit individuale. Il denaro aumenta la libert individuale, ma da mezzo per il raggiungimento di determinati scopi tende a trasformarsi in fine esso stesso. Leconomia monetaria viene a condizionare sempre pi il comportamento individuale con le sue esigenze, ma gli uomini perdono il controllo sui fini ai quali il denaro piega lorganizzazione sociale. Non solo i mezzi tendono a trasformarsi in fini, ma anche la vita quotidiana caratterizzata dalla perdita di qualit dei rapporti sociali, con una spersonalizzazione crescente di questi. Si diffondono la razionalizzazione e il calcolo in tutti gli ambiti di vita: la calcolabilit diventa lessenza dellepoca moderna. I valori qualitativi si trasformano in quantitativi; luso del tempo e dello spazio sono sempre pi piegati alle esigenze delleconomia monetaria che dissolve le vecchie solidariet tradizionali. Gli uomini acquistano maggiore libert individuale, ma si ritrovano anche pi soli e pi incapaci di definire le loro mete collettive.

Simmel non condivide i giudizi di Marx sul carattere problematico dei rapporti di produzione.

CAPITALISMO E SOCIALISMO Simmel non vede nel socialismo una soluzione per le conseguenze delleconomia monetaria. Per lui il socialismo nello stesso tempo razionalismo e reazione al razionalismo, reazione alla perdita dei vecchi legami collettivi tradizionali e il tentativo di ricostruire nuove solidariet collettive. Ma la reazione destinata ad accentuare le caratteristiche costrittive, perch la centralizzazione assoluta dei mezzi di produzione nelle mani della societ porterebbe inevitabilmente ad un socialismo di stato, ben lontano dagli ideali di nuova solidariet.

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Il cambiamento del capitalismo dovrebbe per Simmel seguire due direzioni:

Le istituzioni delleconomia capitalistica troverebbero maggiore legittimazione quanto pi fossero fondate su motivi tecnico-funzionali, cio sulla valorizzazione delle competenze e dei meriti, senza alimentare stabili e ingiustificate disuguaglianze sociali. Ridurre lumana tragedia della concorrenza, attraverso lo sviluppo tecnico finalizzato a mettere a disposizione nuove risorse della natura per ridurre la concorrenza degli uomini per lacquisizione di beni scarsi; e attraverso la crescita dei beni collettivi, cio la capacit di ridurre di produrre risorse la cui fruibilit da parte di alcuni non va a scapito di altri.

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IL CAPITALISMO MODERNO DI SOMBART Per Sombart centrale lobiettivo della costruzione consapevole di una sociologia economica. La nuova scienza sociale della vita economica ha obiettivi teorici, vuole contribuire alla spiegazione scientifica dei fenomeni economici, ma in un quadro storico, nellambito di coordinate spaziali e temporali ben definite (distinguendosi dalleconomia politica e dallo storicismo). ELEMENTI DI SOCIOLOGIA ECONOMICA Per Sombart leconomia lattivit umana volta alla ricerca dei mezzi di sussistenza. I bisogni umani variano nel tempo e accanto a quelli relativi alla sopravvivenza fisica si aggiungono nel corso dello sviluppo storico nuovi bisogni culturali, ma sempre necessario produrre dei beni e dei servizi che vengono distribuiti e consumati secondo alcune regole condivise.

La mentalit economica o spirito economico, linsieme dei valori e delle norme che orientano il comportamento dei soggetti economici Lorganizzazione economica, complesso di norme formali e informali che nellambito di una societ regolano lesercizio delle attivit economiche da parte dei soggetti La tecnica, riguarda le conoscenze e i procedimenti utilizzati per produrre beni e servizi e soddisfare i bisogni degli individui

Questi tre aspetti variano nel tempo e nello spazio, nel loro insieme consentono di individuare un SISTEMA ECONOMICO, una forma particolare di economia, una determinata organizzazione della vita economica nel cui ambito regna una determinata mentalit economica e si applica una determinata tecnica. Il concetto di sistema economico riassume il carattere tipicamente storico della vita economica. Relativamente allo SPIRITO ECONOMICO, Sombart distingue tra:

Orientamento volto alla copertura del fabbisogno, dove il comportamento economico solo rivolto al soddisfacimento di bisogni naturali e culturali, la produzione orientata al consumo; Orientamento di tipo acquisitivo, che comporta il fatto che lattivit economica sia sottoposta alla ricerca di maggiori guadagni monetari e orientata al mercato.

Lo SPIRITO TRADIZIONALISTICO, si basa sullobbedienza passiva a regole tramandate, mentre lo SPIRITO RAZIONALISTICO ricerca sistematicamente i mezzi pi adeguati allo scopo, disposto allinnovazione ed aperto a nuove tecniche. La mentalit economica pu infine essere di tipo solidaristico o avere orientamento individualistico. Per lORGANIZZAZIONE vengono considerati diversi aspetti: Carattere vincolato dellattivit economica, legato a norme che ne regolano il funzionamento; Lesistenza di una sfera di libert economica riconosciuta giuridicamente; Propriet pubblica o privata dei mezzi di produzione; Lorientamento al consumo o allo scambio attraverso il mercato; Organizzazione aziendale basata sulla piccola impresa familiare o grande impresa con lavoro salariato. La TECNICA pu essere basata su procedimenti empirici, se si fonda su conoscenze tramandate e accettate passivamente, o su procedimenti scientifici, che consentono una spiegazione scientifica dei fenomeni e unapplicazione razionale delle conoscenze. Il sistema economico capitalistico quindi caratterizzato da una mentalit acquisitiva, razionalistica e individualistica, che si esercita nellambito dellorganizzazione economica libera, basata sulla propriet privata dei mezzi di produzione e su aziende che utilizzano il lavoro salariato. Sombart distingue questo sistema da altri due tipi: leconomia diretta, nella doppia forma di diretta contadina e del proprietario terriero, e leconomia artigianale.

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Per ogni sistema si possono individuare tre periodi: gli albori, la maturit, e il tramonto. Questo fa s che un sistema allinizio conviva con altri in fase di transizione. Per il capitalismo Sombart considera il primo capitalismo quello che si conclude alla fine del 700 ed il capitalismo maturo quello che diventa dominante, contrassegnando lepoca economica che abbraccia tutto il XIX secolo e si conclude con la prima guerra mondiale. LE ORIGINI DEL CAPITALISMO Sombart vuole dare una spiegazione del mutamento a partire dalle specifiche motivazioni individuali dei soggetti e dalle conseguenze delle loro azioni. Le forze motrici dello sviluppo vanno cercate in quei soggetti, gli imprenditori, che allinterno del vecchio sistema precapitalistico si fanno portatori di una nuova mentalit economica e introducono dei cambiamenti nel modo in cui vengono combinati i fattori produttivi e viene organizzata leconomia. Le innovazioni dapprima sono limitate, perch i soggetti coinvolti sono pochi e la loro azione non riesce ad incidere in profondit sullorganizzazione del vecchio sistema economico; nel tempo per la nuova mentalit economica si diffonde e porta ad un cambiamento delle istituzioni. LO SPIRITO CAPITALISTICO Lo spirito capitalistico uno stato danimo risultante dalla fusione in un tutto unico dello spirito imprenditoriale e dello spirito borghese. Lo SPIRITO DI INTRAPRESA aspirazione di potere, intesa come volont di affermazione e di riconoscimento sociale che spinge gli uomini a rompere la tradizione e a cercare nuove strade. Questo processo si manifesta dapprima nella politica, con la costruzione dello stato moderno, e nella conoscenza scientifica. Solo pi tardi lo spirito di intrapresa si estende anche alleconomia e sidentifica con una ricerca di guadagno, che si esercita in modo sistematico allinterno dellorganizzazione dellattivit produttiva, e non pi nella conquista, avventura o ricerca di metalli preziosi. Perch possa nascere il sistema economico capitalistico necessario che lo spirito di intrapresa si fonda con quello borghese. Lacquisivit si deve combinare con la razionalit con unordinata e disciplinata amministrazione del capitale. Le origini di questi tratti sono per Sombart strettamente legati alla matrice religiosa cristiana-ebraica e prendono forma soprattutto nelle citt europee. LA FORMAZIONE DELLIMPRENDITORIALITA

Per Sombart non bastano la matrice cristiana e lambiente urbano per spiegare la formazione dellimprenditorialit borghese. Lattenzione posta su tre gruppi: gli eretici, gli stranieri e gli ebrei. Gli eretici sono i non appartenenti alla chiesa di stato, come i cattolici nei paesi protestanti o il contrario e soprattutto gli ebrei. Il loro status quello di semicittadini, cui sono preclusi laccesso ai pubblici uffici, o altri riconoscimenti sociali e professionali. Esclusi dalla vita pubblica non potevano che estrinsecare la loro forza vitale nelleconomia, che era lunica che poteva offrire la possibilit di procurarsi quella posizione di rilievo nella comunit che lo stato negava loro. Gli stranieri. Le migrazioni implicano sempre una selezione che fa compiere la scelta di partire ai pi intraprendenti, audaci e determinati. Questi, una volta diventati stranieri in un paese diverso dalla loro origine, sono portati a rompere con le vecchie abitudini e con le relazioni sociali tradizionali. Il guadagno diventa lunica cosa importante, lunico mezzo con il quale costruire il futuro, visto che la mobilit sociale molto limitata in settori diversi dallattivit economica. Gli ebrei hanno dato un contributo rilevante allo sviluppo capitalistico. La situazione di marginalit sociale in cui si trovano come stranieri rafforzata dallattitudine stessa a isolarsi, a non identificarsi in una determinata nazionalit

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e a mantenere legami internazionali nellambito della comunit ebraica. Questo fattore alimenta i rapporti fiduciari che facilitano le attivit economiche nel mercato internazionale. IL MODELLO DELLO SVILUPPO CAPITALISTICO Sombart d dunque particolare importanza all'imprenditorialit per spiegare lo sviluppo capitalistico. Essa caratterizzata da una determinata mentalit economica, che alimentata dalla religione cristiana e dalla citt occidentale ed stimolata in particolar modo dalla condizione di marginalit sociale in cui si trovano determinati gruppi. La mentalit capitalistica si afferma, infatti, in stretta interdipendenza con un complesso di fattori istituzionali che contribuiscono alla sua formazione e ne sono a loro volta condizionati. In questo senso si pu dire che per Sombart gli imprenditori sono l'elemento catalizzante che fa scoccare la scintilla dello sviluppo capitalistico:

1. Sombart, come Simmel, considera anzitutto cruciale il contributo dello STATO. Nella costruzione dello stato
moderno si esprime, originariamente, lo spirito di intrapresa occidentale. Lo stato stimola a sua volta lo sviluppo tecnico, che essenziale per aumentare l'efficienza militare e quindi per il suo rafforzamento. Alla lotta per la supremazia tra i vari stati anche legato il sostegno alla politica di conquista e alle intraprese coloniali, e in genere l'orientamento mercantilista. L'obiettivo quello di accrescere la disponibilit di metalli preziosi, che aumentano le risorse della finanza pubblica e quindi la potenza militare;

2. L'interdipendenza che si stabilisce tra stato, sviluppo tecnico e politica di acquisizione dei metalli preziosi
ha influenze sia dirette che indirette sullo sviluppo capitalistico. Per quel che riguarda le prime, gli aspetti principali sono i seguenti: a) Lo stato influisce sull'imprenditorialit di origine politica attraverso le politiche mercantiliste (protezione tariffaria, politiche coloniali, ecc.), ma influenza anche limprenditorialit dal basso, in particolare, contribuendo a creare la situazione sociale degli eretici, estranei alla chiesa di stato, che attraverso le migrazioni alimentano anche limprenditorialit degli stranieri. Inoltre, con le sue commesse militari, lo stato contribuisce a allargare il mercato perla nascente industria; b) La nuova tecnica razionale, basata sul progresso delle conoscenze scientifiche, importante per lo sviluppo capitalistico soprattutto perch facilita, a sua volta, la crescita dell'industria e migliora le condizioni di trasporto dei beni; c) Le politiche coloniali e di conquista, che incrementano la disponibilit di metalli preziosi, favoriscono la crescita dei consumi e l'allargamento del mercato. Le influenze indirette della costruzione dello stato si esercitano soprattutto nel processo di formazione della ricchezza borghese:

a)

Linterdipendenza tra stato, tecnica e afflusso dei metalli preziosi alimenta anzitutto la formazione del capitale privato, che un presupposto essenziale dello sviluppo. Il mercantilismo stimola cio, secondo Sombart, l'accumulazione del capitale; b) La formazione della ricchezza borghese porta a nuovi bisogni, specie negli strati sociali pi ricchi. In questo modo si allarga ulteriormente il mercato, perch una domanda privata di beni si aggiunge a quella statale.

3. Il fattore decisivo che consente di sfruttare il capitale, il mercato e le nuove tecniche produttive e di
trasporto per Sombart l'IMPRENDITORIALIT dal basso, con il decisivo incontro tra spirito di intrapresa e spirito borghese. Lo spirito borghese ha un'origine indipendente dallo stato. Si forma infatti sotto l'influenza culturale della religione cristiana e nell'ambiente particolare delle citt europee, segnate dall'esperienza dei comuni. Lo stato entra in questo processo contribuendo a creare quelle condizioni di esclusione dalla cittadinanza che rendono eretici, stranieri e ebrei pi sensibili di altri gruppi sociali alla formazione della mentalit capitalistica;

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4. Una volta che l'imprenditorialit borghese ha fatto scoccare la scintilla dello sviluppo capitalistico, si
determina un vasto processo di dissolvimento degli antichi ordinamenti economici. Sombart si riferisce alla dissoluzione delle forme tradizionali di economia agricola, del lavoro a domicilio nelle campagne e dellartigianato. Per effetto di questi cambiamenti economici e politici si determina un processo di proletarizzazione del lavoro agricolo e di crisi dellorganizzazione artigianale, che libera forza lavoro per la nascente industria moderna;

5. Nel tempo lo sviluppo capitalistico contribuisce al mutamento dellordinamento giuridico e delle politiche
statali: aumentano le spinte per un orientamento pi liberista dello stato in economia e per il riconoscimento di unampia sfera di libert economica in cui si possono ora muovere le imprese. Si accresce inoltre la sicurezza del processo economico, sia attraverso l'azione repressiva dello stato, che favorisce la sicurezza dei traffici, sia con l'introduzione di un sistema monetario razionale che facilita a sua volta gli scambi. Si afferma cos, nel XIX secolo, il capitalismo maturo.

Fig. 4.1. Il modello dello sviluppo capitalistico di Sombart. IL CAPITALISMO MATURO Per Sombart, i cambiamenti intervenuti nella fase di piena maturit del capitalismo, che si conclude con la prima guerra mondiale, si possono tutti ricollegare al processo di razionalizzazione che investe leconomia e si esprime nella tendenza a ricercare e applicare i mezzi pi adatti al perseguimento del profitto di impresa. Questo principio condiziona sempre pi la produzione, la distribuzione e il consumo dei beni. Possiamo valutare gli effetti della razionalizzazione considerando le diverse componenti del sistema economico.

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LO SPIRITO CAPITALISTICO Anzitutto, per quel che riguarda lo spirito capitalistico, esso cresce di intensit e si estende a gruppi sociali pi larghi e a nuove aree geografiche. Il processo dovuto sia a un cambiamento interno che a fattori esterni. Quello interno legato alla trasformazione ideologica della mentalit imprenditoriale che porta alla secolarizzazione dello spirito capitalistico: le motivazioni religiose che sostenevano il comportamento degli imprenditori lasciano il posto a un credo pi laico, che porta a valutare l'impegno nel lavoro e il rendimento come fonte primaria del benessere economico e del riconoscimento sociale. Si sviluppa cos un amore della propria attivit che spinge gli imprenditori a trascurare interessi diversi dal lavoro (per esempio, l'arte, la politica, le amicizie, ecc.) e ad a intensificare rispetto al passato le energie vitali che vengono incanalate nell'attivit economica. Tra i fattori esterni c la spinta verso la maggiore specializzazione della funzione imprenditoriale, che consente di delegare a altri dipendenti una serie di compiti prima poco differenziati, e permette quindi all'imprenditore di concentrare il suo impegno in alcune funzioni di direzione strategica. In tal modo Sombart lascia intravedere - pur se implicitamente - un cambiamento importante nella formazione dell'imprenditorialit: se alle origini del capitalismo le componenti normative4 erano pi importanti delle componenti cognitive (es. le conoscenze produttive e commerciali), con il maturare del capitalismo, in una situazione in cui linnovazione economica non pi ostacolata ed anzi socialmente legittimata, lequilibrio si inverte. In questo quadro si afferma una democratizzazione dell'imprenditorialit, per cui pi facile accedere al ruolo di imprenditore da tutti i gruppi sociali. Ci che pi conta ora disporre delle conoscenze adeguate. Le istituzioni creditizie giocano un ruolo importante in questo processo di maggiore apertura, poich mettono a disposizione di chi ha buone idee i capitali necessari per la loro realizzazione (un tema che sar ampiamente ripreso anche da Schumpeter). Vi sono poi altri fattori di contesto che si aggiungono alla secolarizzazione e alla specializzazione nel favorire l'intensificazione dello spirito capitalistico. Tra questi vanno considerati alcuni stimoli negativi: Linasprimento della concorrenza sul mercato dei beni, e del rafforzamento del movimento operaio, che condiziona il mercato del lavoro, Per quel che riguarda in particolare quest'ultimo aspetto, da notare come Sombart, a differenza degli economisti, sottolinea i positivi contributi che ne possono discendere per lo sviluppo economico dalla distorsione del funzionamento del mercato del lavoro che il movimento operaio pu comportare. Con le rivendicazioni sindacali e politiche del movimento operaio, infatti, migliora lintegrazione sociale dei lavoratori, mentre gli imprenditori sono spinti a innovare continuamente per aumentare la produttivit e compensare cos i maggiori costi del lavoro. Accanto a quelli negativi vi poi un potente stimolo positivo all'intensificazione e all'estensione dello spirito capitalistico. Si tratta degli effetti che discendono dall'evoluzione della tecnica, che genera continue occasioni per modificare le condizioni di concorrenza. Ne discende anche una spinta alla razionalizzazione dello sviluppo tecnologico, che si manifesta attraverso una maggiore istituzionalizzazione della ricerca applicata e della formazione, e una crescente incorporazione di queste attivit all'interno stesso delle imprese, soprattutto delle pi grandi.

I valori che sono stati importanti nella formazione dei primi imprenditori, e cio lo spirito borghese alimentato dal retroterra religioso e stimolato dalle condizioni di marginalit sociale.

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LORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA ECONOMICO Il rafforzamento dellimprenditorialit capitalistica spinge sia indirettamente, sul piano politico che direttamente sul piano economico, verso una razionalizzazione dei meccanismi regolativi, in modo da aumentare le possibilit di profitto delle imprese. Un primo ambito riguarda lordinamento giuridico e lintervento dello stato in campo economico. Si afferma altres la razionalizzazione del lavoro, del consumo e dellazienda, di cui si fanno portatori gli imprenditori stessi. Lesodo dalla campagne verso le grandi citt industriali assicura forza lavoro per le nuove attivit industriali, ma si poneva il problema di adattare i lavoratori dal punto di vista culturale e professionale al lavoro di fabbrica (un aiuto importante venuto in questo senso dalla religione protestante). La scarsa disponibilit di operai qualificati rendeva poi pi elevato il costo del lavoro. Da qui la spinta alla decomposizione del lavoro: le mansioni complesse vengono scomposte in una pluralit di compiti pi accessibili anche agli operai meno qualificati. In questo senso Sombart, come aveva fatto Marx, percepisce la subordinazione del lavoratore alla macchina. La razionalizzazione tende ad estendersi anche allazienda nel suo complesso, e porta, come conseguenza ad una spersonalizzazione dellazienda, dal momento che si riduce lo spazio per quegli elementi della conduzione dellimpresa legati alla personalit dellimprenditore e ai rapporti tra questi e i dipendenti. Lazienda comincia a burocratizzarsi, con procedure e gerarchie dei ruoli. Altro aspetto della razionalizzazione interna costituito dalla condensazione aziendale, ovvero lo sfruttamento intensivo di economie di spazio, di materia e di tempo (= crescente concentrazione di macchine e uomini allinterno dellazienda per aumentare la capacit produttiva). Nel capitalismo maturo, le imprese si fanno pi grandi per sfruttare le economie di scala e controllano maggiormente lofferta. Influenzando landamento della moda lindustria pu accelerare il ritmo di introduzione di nuovi prodotti, ma ha anche maggiore possibilit di standardizzare i bisogni creando un mercato di massa. Questultima tendenza si realizza creando beni di qualit inferiore che imitano i modelli dlite imposti dalla moda e richiesti ora da un largo pubblico di consumatori.

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IL FUTURO DEL CAPITALISMO Nel capitalismo maturo e nella sua razionalizzazione sono gi insiti i germi che porteranno al declino questo sistema economico. Sombart non si aspetta il crollo come Marx: lo sviluppo tecnico e laumento del capitale fisso non comportano necessariamente una caduta del saggio di profitto e una crescente disoccupazione. Le nuove tecniche aumentano la produttivit e se i salari non crescono pi di questultima consente di aumentare i profitti e di destinarli a nuovi investimenti che possono compensare e assorbire la disoccupazione, che per Sombart congiunturale, generata dalla continua ristrutturazione produttiva, ma non destinata a crescere strutturalmente fino ad alimentare un processo rivoluzionario. I sistemi economici si fondano su economie di piano, con un maggior intervento dello stato nelleconomia. Si va insomma verso un capitalismo stabilizzato e regolato. Il sistema economico capitalistico sindebolisce dal suo interno stesso. La mentalit economica vede attenuarsi lo spirito di intrapresa a spese della componente del razionalismo dello spirito borghese. Lorganizzazione del sistema economico capitalistico caratterizzata da crescenti restrizioni alla libera ricerca del massimo profitto, alcune di queste autoimposte. Altre forme di regolazione sono invece imposte dallesterno (lo stato), legate alla legislazione sociale e del lavoro, sollecitata anche dal movimento operaio, o a controlli sui prezzi o sulle modalit del processo produttivo.

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CAP. 5 Capitalismo e civilt occidentale: Max Weber La sociologia delleconomia di Weber si articola e arricchisce, in un percorso ricco, articolato e ambizioso sino a divenire una sociologia della storia dellOccidente moderno. La ricerca sulle origini del capitalismo diventa una ricerca sulle origini del razionalismo occidentale. LE PRIME RICERCHE SULLA SOCIET TEDESCA Weber rimase colpito dalla tendenza dei lavoratori impegnati nelle tenute dei grandi proprietari (Junker) a lasciare la condizione di contadini fissi, legati pi stabilmente allazienda, per quella di salariati, o addirittura ad emigrare. I lavoratori volevano liberarsi dai pesanti rapporti di dipendenza nei riguardi degli Junker, nonostante la perdita di sicurezza economica che ci comportava nellimmediato. Anche il comportamento degli operatori di borsa tedeschi, che Weber considera nel suo studio su La borsa, non comprensibile in termini strettamente utilitaristici, secondo gli schemi della teoria economica. In GB e USA le borse sono dei club riservate ai soli commercianti di professione, istituzioni autogestite che decidono autonomamente i loro criteri di ammissione. I posti si tramandano e se si acquistano necessaria una consistente cauzione. Questo non avviene in Germania, dive il quadro istituzionale pi esposto ai rischi di comportamenti non corretti. Le ricerche di Weber sollevano importanti interrogativi e attirano lattenzione sul ruolo cruciale di condizioni non economiche di natura culturale e istituzionale per comprendere il comportamento economico. Lattivit imprenditoriale non considerata una costante ma una variabile che dipende dal contesto istituzionale in cui i soggetti sono inseriti. Ne consegue che come per il lavoro e per la finanza (mercato dei fattori), anche per la produzione (mercato dei beni) essenziale un appropriato quadro istituzionale. Solo se esso sostiene la crescita dellimprenditorialit si pu generare lo sviluppo economico. LO SPIRITO DEL CAPITALISMO (per Weber) Non sidentifica affatto con limpulso acquisitivo e lavidit di denaro, sempre esistite in tutte le epoche e societ, dove la ricerca del profitto pu essere ancor pi spregiudicata perch non vincolata da norme etiche. Lorientamento economico tradizionalistico appare contraddistinto da due aspetti principali:

Profitto non giustificato dal punto di vista etico, ma tollerato. La ricerca avviene con gli estranei alla comunit, stranieri; Acquisivit nel commercio, ma non nella sfera della produzione governata da routine tradizionali.

Weber critica Sombart per non aver riconosciuto che il carattere tradizionalistico dello spirito economico pu essere proprio anche di una economia gi organizzata in forma capitalistica, con imprenditori dallatteggiamento statico, che si accontentano del solito livello di profitto e si muovono sui binari di tradizioni consolidate. Anche gli operai non sono spinti a lavorare di pi. Lo spirito del capitalismo si differenzia nelle due dimensioni dellorientamento tradizionalistico:

Profitto non solo tollerato ma sollecitato sul piano etico. Limpegno nel lavoro diventa impegno etico e viene condannato ogni godimento spensierato o finalit edonistica nellimpiego dei guadagni. Il profitto deve essere fatto fruttare reinvestendo il capitale in attivit produttive e non impiegandolo solo per accrescere il patrimonio familiare. Ricerca del profitto basata sul calcolo razionale del rendimento del capitale, nella sfera della produzione; lacquisivit si esprime nellorganizzazione razionale del processo produttivo, rompendo la staticit delleconomia tradizionale.

Il tradizionalismo viene travolto da una nuova imprenditorialit fortemente motivata a combinare in modo pi efficiente i fattori produttivi. Gli imprenditori modificano i prodotti, i metodi di produzione, i rapporti con i fornitori e con il mercato, alla ricerca del massimo profitto. Non dispongono di molto capitale, ma di qualit etiche che alimentano lenergia e limpegno nel lavoro che caratterizzano i nuovi soggetti economici.

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LETICA ECONOMICA DEL PROTESTANTESIMO La diffusione dello spirito del capitalismo vista da Weber come conseguenza inintenzionale delletica economica della componente calvinista del protestantesimo (calvinismo, metodismo, pietismo e sette battiste). Gli eletti sono predestinati, scelti da Dio al momento della creazione. Il loro destino non pu essere modificato, n con le proprie azioni n con mezzi ecclesiastici Vediamo quindi rigettati come superstizione e empiet tutti i mezzi magici di ricerca della salvezza. Il calvinismo determina anche profonda solitudine nel credente. Lidea di predestinazione genera angoscia e bisogno psicologico di rassicurazione. Il credente deve comportarsi come se fosse eletto e impegnarsi in modo rigoroso nel mondo, con il proprio lavoro. Il successo della sua attivit professionale viene interpretato come un segno della sua elezione e ci spinge ad impegnarsi ancor di pi per mantenere e rafforzare tale condizione. Non solo ricerca del profitto come dovere etico, ma anche impegno a un impiego produttivo e condanna del consumo di lusso e dei piaceri. Il risultato della combinazione tra spinta allimpegno rigoroso nel lavoro e restrizione del consumo un orientamento verso lattivit economica che favorisce la formazione del capitale attraverso la costrizione ascetica al risparmio. Vi profonda differenza per il comportamento individuale tra lessere membro di una chiesa o di una setta. CHIESA - associazione che amministra la grazia (beni religiosi che garantiscono la salvezza) e pretende obbligatoriet per tutti. SETTA - associazione volontaria che raggruppa coloro che per la loro condotta appaiono qualificati eticamente. Nella chiesa si nasce, nella setta si ammessi, ma per diventare membri occorre mostrare di essere osservanti di determinate norme e una volta ammessi, occorre confermare la propria qualificazione eticoreligiosa con i comportamenti successivi. Si determina quindi anche un interesse materiale a mantenere un comportamento eticamente qualificato, interesse che acquista via via maggior rilievo con lattenuarsi delle originarie motivazioni religiose. Le sette hanno una forma organizzativa che tende a stimolare un comportamento pi rigoroso di quanto non accada con la chiesa.

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CARATTERI E ORIGINI DEL CAPITALISMO MODERNO LA DEFINIZIONE DEL CAPITALISMO MODERNO Per capitalismo moderno sintende una forma di organizzazione economica che consente il soddisfacimento dei bisogni attraverso imprese private che producono beni per il mercato sulla base di un calcolo di redditivit del capitale da investire (cio delle aspettative di profitto), e che impiegano forza lavoro salariata formalmente libera Questa definizione contiene tre elementi che sono per Weber rilevanti per distinguere il capitalismo moderno sia da forme di organizzazione economica non capitalistiche, che da altri tipi di capitalismo pi tradizionali.

Il primo il

SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI TRAMITE IL MERCATO, che distingue il capitalismo moderno dalleconomia domestica, in cui la produzione di beni volta in misura prevalente allautoconsumo, ovvero alla copertura del fabbisogno di una famiglia o di una comunit locale;

Il secondo la

grazie ad accorgimenti contabili e organizzativi (come la tenuta razionale dei conti e la separazione giuridica tra impresa e patrimonio familiare dellimprenditore). Questa a sua volta favorita, sempre secondo Weber, da una terza condizione, assente nelleconomia domestica e nel capitalismo tradizionale:
RAZIONALIZZAZIONE DEL CALCOLO DEL CAPITALE RAZIONALE DEL LAVORO SALARIATO FORMALMENTE LIBERO: solo sulla base del lavoro libero (governato da accordi salariali) , infatti, possibile un calcolo razionale del capitale.

LORGANIZZAZIONE

Per Weber, invece, le forme tradizionali si manifestavano:

Nel commercio di beni e nel credito (specie con gli stranieri), quando orientate dalle opportunit di profitto offerte dal mercato (opportunit economiche); Oppure concentrate in attivit che sfruttano opportunit politiche.

Per Weber, se si eccettuano il commercio e il credito, le forme tradizionali sono soprattutto di tipo politico, ovvero si basano sulluso della forza come nel caso del capitalismo predatorio e davventura (guerre, pirateria, ecc.), o sulluso di risorse garantite politicamente, cio dallo stato (come nel caso di appalto di imposte, acquisto di uffici pubblici da parte di privati, monopoli di commercio coloniale concessi dallo stato, ecc.). TAB.5.1. Capitalismo politico ed economico SFERA DELLA CIRCOLAZIONE SFERA DELLA PRODUZIONE Capitalismo di guerra e di avventura. Capitalismo industriale con lavoro servile Pirateria Capitalismo coloniale e di appalto fiscale. Usura Capitalismo commerciale, creditizio, di Capitalismo industriale borsa formalmente libero con lavoro

RISORSE POLITICHE

RISORSE ECONOMICHE

Alla distinzione tra capitalismo economico e politico corrisponde quella tra imprenditorialit economica e politica. Per Weber, quindi, il vero tratto distintivo del capitalismo moderno il capitalismo industriale; una forma di organizzazione economica che sfrutta opportunit di profitto determinatesi nel mercato dei beni con attivit che si localizzano nella sfera della produzione5. In questo senso, ed in sostanziale accordo con Marx su questo punto, Weber ritiene che non ci pu essere capitalismo moderno senza classe operaia, e che i passaggi preliminari essenziali di questa forma di organizzazione (che quando si diffonde connota unintera epoca economica) sono:

1. Lappropriazione dei mezzi di produzione da parte dei capitalisti, 2. La formazione del lavoro salariato.
5

E non solo in quella della circolazione, come per il capitalismo commerciale e finanziario.

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Per Weber, il capitalismo moderno proprio solo dellOccidente, e per dimostrare ci imposta unimponente indagine comparata con lo scopo di individuare i fattori causali cruciali presenti nellesperienza occidentale, e assenti, o presenti solo in parte, altrove. In pratica si tratta delle condizioni che rendono possibile il soddisfacimento dei bisogni con imprese private che operano sulla base del calcolo del capitale, producendo per il mercato con capitale fisso e forza lavoro libera:

La prima condizione che vi sia APPROPRIAZIONE DEI MEZZI DI PRODUZIONE DA PARTE DELLIMPRENDITORE e lassenza di vincoli alla loro commerciabilit; La seconda condizione che vi sia LIBERT DI MERCATO, ovvero che non operino vincoli di natura culturale e politica sia al consumo di determinati beni che allimpiego dei fattori di produzione (terra, capitale, lavoro); La terza condizione lESISTENZA DI FORZA LAVORO LIBERA (contrapposta a forme di organizzazione che si basano su schiavi o servi), in quanto consente di anticipare con precisione il costo del lavoro necessario per determinati investimenti e riduce i costi fissi; La quarta condizione la TECNICA RAZIONALE, in particolare la disponibilit di una tecnologia meccanica che consente di calcolare con esattezza i costi di fabbricazione dei beni e, inoltre, permette un abbassamento significativo dei costi, e quindi una produzione per il consumo di massa; La quinta condizione la COMMERCIALIZZAZIONE DELLECONOMIA, ovvero la disponibilit di strumenti giuridici come le azioni e i titoli di credito, che da un lato facilitano la separazione tra patrimonio familiare e patrimonio dellimpresa e quindi di nuovo il calcolo pi razionale dellimpresa e dallaltro favoriscono la trasferibilit del capitale e rendono anche possibile un collegamento pi razionale tra risparmio e investimento (per arrivare alla creazione della borsa); La sesta e ultima condizione lesistenza di uno STATO CHE SOSTENGA IL DIRITTO RAZIONALE , ovvero di un ordinamento giuridico che riduca i rischi e renda pi prevedibili le relazioni tra privati, e tra questi e la pubblica amministrazione.

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LE CONDIZIONI DEL CAPITALISMO MODERNO Tra i motivi per i quali il capitalismo moderno si sono affermati in Occidente, Weber distingue:

Un complesso di condizioni che egli considera SPECIFICAMENTE OCCIDENTALI, essenzialmente di due tipi: Quelle culturali, che riguardano linfluenza delletica economica di origine religiosa sulla formazione dellimprenditorialit; Quelle istituzionali fanno invece riferimento soprattutto a tre fattori: la citt occidentale, lo stato razionale e la scienza razionale. Altri fattori complementari, NON NECESSARIAMENTE OCCIDENTALI, ai quali non viene per attribuito un molo decisivo. Ne vengono menzionati, in particolare, quattro: Le vicende belliche, Le conquiste coloniali e lafflusso di metalli preziosi, La domanda di beni di lusso delle corti, Le condizioni geografiche favorevoli.

Letica economica Le condizioni culturali sono centrate sulletica economica. Questo aspetto stato messo in luce da Weber nei suoi studi sui rapporti tra etica protestante e spirito del capitalismo. Con studi successivi, lautore integra e ridefinisce la prospettiva originaria in pi direzioni:

In primo luogo, conferma il RUOLO ESSENZIALE DELLETICA ECONOMICA per lo sviluppo capitalistico occidentale, mostrando come le religioni non cristiane prevalenti altrove avessero alimentato un orientamento economico sfavorevole al capitalismo moderno; In secondo luogo, ATTENUA IL PESO ATTRIBUITO ALLIDEA DI PREDESTINAZIONE rispetto a quella di vocazione professione, enfatizzando soprattutto il ruolo delle sette protestanti. Inoltre, pi in generale, accanto al contributo dato dal cristianesimo al processo di demagizzazione e alla razionalizzazione della condotta di vita, Weber accentua limportanza della tradizione religiosa occidentale per il superamento del dualismo tra etica dei virtuosi e delle masse, che si affermer in forma radicale con il protestantesimo.

Tutte le etiche economiche sono state a lungo caratterizzate dal tradizionalismo (rispetto per le pratiche produttive e commerciali tramandatesi nel tempo), anche per linteresse materiale di coloro che sarebbero stati colpiti dallinnovazione economica (principi, burocrati, proprietari terrieri, mercanti, ecc.), che spesso utilizzavano la magia per legittimare la tradizione. Credere, infatti, che il mondo sia dominato da potenze soprannaturali, scoraggiava qualsiasi innovazione per il timore di una reazione degli spiriti. Questa situazione cominci a mutare con il superamento delle societ primitive frammentate e lemergere delle religioni mondiali6 , che port alla separazione tra mondo naturale e soprannaturale: il destino individuale non pi affidato al capriccio degli spiriti da propiziarsi con pratiche magiche, ma dipende dalla capacit degli uomini di conformarsi ai precetti morali imposti dalle divinit che vivono nel mondo soprannaturale. Per motivare il comportamento terreno e di razionalizzare la condotta di vita, assume quindi particolare importanza la salvezza nellaldil. Le grandi religioni hanno due importanti conseguenze:

Contribuiscono alla riduzione dellinfluenza della magia (demagizzazione), ponendo quindi i presupposti per una spiegazione razionale del mondo naturale sulla quale potr crescere la scienza e la tecnica; In secondo luogo, esse, tendendo al monopolio del rapporto con le divinit e, considerando le proprie come le uniche degne di venerazione, sono pi universalistiche delle religioni primitive a connotazione magica.

A partire dal V secolo A.C. con il confucianesimo, il buddismo, la filosofia etica greca e l'ebraismo, e pi tardi il cattolicesimo e l'islamismo

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Queste ultime erano, infatti, confinate ai gruppi sociali ristretti (famiglia, trib, stirpe), ciascuno dei quali con le proprie divinit. Dal punto di vista economico, questultimo aspetto ha importanti implicazioni perch incide sulle possibilit di superamento del dualismo etico, ovvero di quella doppia morale legata allesistenza di

UnETICA INTERNA, valida per i membri della famiglia, del gruppo parentale, della trib, che esclude il perseguimento del profitto e si basa invece sulla reciprocit, laiuto fraterno, il prestito gratuito, e UnETICA ESTERNA, da applicarsi nei confronti degli estranei alla solidariet primaria, sancita religiosamente, che prevede invece la possibilit di ricercare il profitto nelle transazioni economiche senza alcun vincolo etico.

Per Weber non ci pu essere uno sviluppo del capitalismo moderno senza un superamento di questo dualismo etico tipico del tradizionalismo, dal momento che la ricerca del profitto, peraltro eticamente vincolata, deve accompagnarsi ad un allargamento delle relazioni sociali allinterno delle quali tale ricerca pu esercitarsi. Non tutte le religioni contribuiscono per allo stesso modo al processo di riduzione della magia e del dualismo etico. Ci si pu comprendere se si tiene conto che esistono due tipi essenziali di profezia:

Quella esemplare, ove il profeta non si presenta come mediatore di Dio, ma indica con lesempio la via della salvezza e non pretende obbedienza dalle masse7; Quella etica, tipica dellebraismo e del cristianesimo, nella quale il profeta si presenta come mandato da Dio a predicare dei comandamenti per i quali richiede a tutti (intellettuali e masse) obbedienza come un dovere morale. Solo seguendo letica prescritta si pu accedere alla salvezza nellaldil.

Weber, opera dunque una prima importante distinzione tra le grandi religioni universali dellIndia e della Cina, dove la profezia etica non aveva attecchito, e il ceppo ebraicocristiano nellambito del quale essa si era invece maggiormente sviluppata. Le prime danno un contributo limitato al processo di demagizzazione e al superamento del dualismo etico8. invece in Israele che si afferma la profezia etica: i profeti richiedono obbedienza in nome di un Dio trascendente e interpretano fortune e sventure del popolo in relazione alla fedelt a una divinit che per ancora presentata come il Dio dIsraele. Ci porta al superamento della magia, ma non a quello del dualismo etico: anche dopo la diaspora, infatti, gli Ebrei, per il fatto di essere considerati un popoloparia, al di fuori della comunit politica, pratica s attivit economiche, ma sempre su basi rigidamente tradizionalistiche (attivit commerciali e finanziarie credito, usura nei riguardi dei privati e degli stati, cio di estranei, che escludono il formarsi di quello spinto del capitalismo eticamente vincolato che alla base del capitalismo moderno, in particolare di quello industriale). Con il Cristianesimo, tutti gli uomini diventano fratelli in quanto figli di Dio, ed in tal modo vengono rotti i confini ristretti dellidentit religiosa ebraica e poste le basi di una prospettiva etica universalistica. La religione cristiana pu cos diffondersi e unificare il mondo occidentale. La religione cristiana, per Weber, porta lindividuo ad avere un rapporto con Dio non pi collettivo e tribale, ma personale ed individuale, con una rottura sempre pi marcata dei rapporti di solidariet interni alla propria comunit.
7

Tipico il caso del profeta Buddha in India. Egli indica con il suo esempio che chi vuole salvarsi deve uscire dalla vita mondana e dedicarsi alla vita contemplativa. Ma ci il frutto di una libera scelta: non tutti devono accedere al Nirvana dopo la morte. Ne discende che solo nuclei limitati di intellettuali religiosamente qualificati seguono la strada indicata facendosi monaci ed eremiti, mentre le masse rimangono in preda alla magia e al tradizionalismo. In India, si afferma la profezia esemplare che porta le lite intellettuali verso il disimpegno dalla vita attiva e lascia le masse in preda alla magia e agli effetti paralizzanti del sistema castuale. Secondo la dottrina ind della reincarnazione, infatti, soltanto il rispetto rigoroso degli obblighi di casta, che scoraggiano qualsiasi innovazione economica, permette d reincarnarsi in una posizione migliore. In Cina, manca una vera e propria profezia; il confucianesimo non , infatti, una religione di redenzione che prevede la salvezza nell'aldil. Si tratta essenzialmente di un insieme di precetti etici che prescrivono il rispetto della tradizione, e lasciano intatte una serie di credenze magiche con effetti scoraggiami sulla razionalizzazione del comportamento economico.

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Tuttavia, sia la riduzione della magia che quella del dualismo etico trovano ancora dei limiti nellesperienza della chiesa cattolica. Questultima, infatti, attraverso i sacramenti9, continua ad creare nellimmaginario dei fedeli una sorta di atmosfera magica che attenua la responsabilit individuale e la razionalizzazione della condotta. Nello stesso tempo, la chiesa mantiene una differenziazione tra etica dei virtuosi (es. i monaci) e etica delle masse, che comporta una forma, seppure attenuata, di dualismo etico. Per Weber questi limiti vengono definitivamente superati solo con la Riforma, soprattutto con il Calvinismo protestante, la cui etica rifiuta ogni mediazione tra il credente e Dio; questindividualismo crea le condizioni per legare il successo nellattivit mondana e nei propri affari (e quindi il primato allinterno della propria comunit) alla benevolenza divina. Fig. 5.1. Il modello dello sviluppo capitalistico di Weber

CAP. 6 Le conseguenze sociali del capitalismo: Durkheim e Veblen LE CONSEGUENZE SOCIALI DELLA DIVISIONE DEL LAVORO Durkheim nel complesso ottimista circa le capacit di una societ a elevata divisione del lavoro di generare quella solidariet di cui ha bisogno, anche se si rende conto che tale esito non scontato, dal momento che, in realt, lo sviluppo della divisione del lavoro si accompagna in realt a tensioni e conflitti sociali. Durkheim affronta il problema degli effetti socialmente destabilizzanti della divisione del lavoro, considerando, in prima approssimazione, come eccezionali e anomale le situazioni in cui la specializzazione non si accompagna alla crescita della solidariet. Egli distingue tra due modalit prevalenti attraverso le quali la divisione del lavoro produce effetti socialmente destabilizzanti:

Quando essa TENDE A CRESCERE PI RAPIDAMENTE situazione di anomia (carenza di norme);

RISPETTO ALLE REGOLE ISTITUZIONALI:

si determina dunque una

Quando LE REGOLE CI SONO MA SONO INADEGUATE RISPETTO AI PROBLEMI: la divisione dei compiti assume allora un carattere coercitivo,

LA DIVISIONE ANOMICA Per Durkheim, la principale fonte di anomia nelle societ moderne il forte sviluppo delle attivit economiche, non perch esso si accompagnato a una crescita della divisione del lavoro, ma perch questo processo si affermato senza unadeguata istituzionalizzazione.
9

In particolare la confessione e la comunione, attraverso le quali si pu riacquistare lo stato di grazia perduto con i peccati.

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Due forme tipiche attraverso le quali si manifesta lanomia sono le crisi industriali e commerciali e lantagonismo tra capitale e lavoro. LE CRISI ECONOMICHE Divenute pi frequenti, sono dovute allespandersi del mercato come meccanismo di regolazione delle attivit economiche: la crescita della divisione del lavoro e della produzione per il mercato comportano, infatti, la possibilit che si determini uno scarto tra produzione e consumo tra offerta e domanda che genera crisi ricorrenti (di sovrapproduzione o d sottoconsumo). La conseguenza che ogni industria produce per consumatori che sono dispersi su tutta la superficie del paese o anche del mondo intero. Il contatto non quindi pi sufficiente, dal momento che il produttore non pu pi avere sotto gli occhi tutto il mercato n immaginarselo. Alla produzione mancano cos sia i freni, sia le regole; da qui le crisi che turbano periodicamente le funzioni economiche. Durkheim non nega la tendenza del mercato allequilibrio tra produzione e consumo, ma afferma che ad esso si arriva attraverso continue e prolungate destabilizzazioni delle relazioni sociali, di cui i fallimenti e la disoccupazione sono un pesante segno.

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ANTAGONISMO TRA CAPITALE E LAVORO Un fenomeno di anomia molto simile si manifesta nei rapporti tra capitale e lavoro. Esso riguarda sia il mercato che lorganizzazione del lavoro. Sotto il primo profilo Durkheim nota che la diffusione delloccupazione industriale avvenuta senza unadeguata regolamentazione (e quindi tutela) giuridica del rapporto di lavoro, specie in relazione alle variazioni dellandamento del mercato. Sotto il profilo della divisione del lavoro allinterno della fabbrica, una parcellizzazione dei compiti, una routinizzazione e una perdita di qualit del lavoro che riducono loperaio ad appendice di una macchina. Tutto ci, secondo Durkheim qui vicino allanalisi dellalienazione svolta da Marx , entra in contrasto con gli ideali di arricchimento e perfezionamento individuale che sono alla base della coscienza collettiva nella societ moderna, e produce, oltre ai conflitti sociali, anche una difficolt di integrazione dei singoli individui nellordine sociale. LA DIVISIONE COERCITIVA Il disordine sociale che si accompagna alla diffusione delle moderne attivit industriali anche da collegare alle regole che presiedono alla distribuzione del lavoro che generano una divisione coercitiva del lavoro. Tutto questo va letto in un duplice senso: nellassegnazione dei singoli individui ai ruoli specializzati e nella regolazione delle ricompense del lavoro che viene prestato in tali ruoli. ASSEGNAZIONE DEI SINGOLI INDIVIDUI AI RUOLI SPECIALIZZATI Una societ basata su unelevata divisione del lavoro presuppone un allentamento della coscienza collettiva, che lascia ora pi spazio alle scelte individuali. Si affermano cos ideali che assegnano un valore morale al perfezionamento e alla realizzazione della personalit individuale ed un culto dellindividuo, per il quale ognuno destinato alla funzione che pu adempiere meglio e riceve la giusta remunerazione per le sue prestazioni. Questi ideali entrano per in contrasto con un insieme di regole10 (spesso frutto di una fase precedente della societ), che ne limitano la piena attuazione. Lassegnazione dei singoli ai compiti specializzati finisce per essere imposta piuttosto che scelta, dal momento che non corrisponde pi alle vocazioni individuali, ma ai condizionamenti esercitati dalla classe sociale di origine. Perch gli effetti negativi di fattori istituzionali di questo tipo non si verifichino allora necessario che si modifichino queste regole e che nuove norme garantiscano che nessun ostacolo impedisca agli individui di occupare nei quadri sociali il posto che pi risponde alle loro facolt. Solo in condizioni di questo tipo la concorrenza tra i singoli individui pu generare solidariet.

10

Esempi di regole (giuridiche e morali) che producono effetti di questo tipo si possono riscontrare nel diritto ereditario, che altera la concorrenza tra gli individui per assumere determinati ruoli sulla base delle loro capacit; o ancora nelle regole che limitano l'accesso ai ruoli pubblici su basi di classe.

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REGOLAZIONE DELLE RICOMPENSE DEL LAVORO Questa seconda forma di divisione coercitiva del lavoro relativa alle ricompense da assegnare ai compiti divisi. Perch una societ basata sulla divisione del lavoro generi solidariet necessario che tali ricompense corrispondano alleffettiva utilit per la societ dei servizi prestati, ovvero al valore sociale che ne discende. La stima del valore da assegnare alle diverse attivit lavorative non per molto chiaro. La Teoria neoclassica della distribuzione del reddito, in condizioni di mercato concorrenziale, vuole il compenso dei fattori produttivi, tra cui il lavoro, determinato dal contributo da essi dato al valore della produzione (teoria della produttivit marginale). Durkheim non contesta, in linea di principio, che il mercato possa essere uno strumento efficace per stabilire la corrispondenza tra valore di scambio di un bene, o anche del lavoro, e utilit sociale; evidenzia per il fatto che il valore assegnato attraverso il mercato alle diverse attivit lavorative, pu nascondere uno squilibrio di potere tra i contraenti che porta ad allontanare la ricompensa dalleffettiva utilit sociale e impedisce ai meccanismi di mercato di stabilire leffettiva equivalenza tra i due fenomeni11. Si verifica cos secondo Durkheim una violenza che finisce per minare la legittimit dei contratti e per generare disordine e conflitti sociali. Anche in questo caso, come gi per laccesso ai ruoli specializzati, la condizione necessaria per contratti giusti costituita dal fatto che i contraenti si trovino in condizioni esteriori uguali. Occorre dunque fare in modo che le remunerazioni siano determinate dal merito sociale e non da altri criteri. Solo questa situazione pu far accettare la disuguaglianza in una situazione di elevata divisione del lavoro. Durkheim si preoccupa quindi delle condizioni morali dello scambio, normalmente trascurate dagli economisti. Ci richiede una regolazione del mercato che non si limiti soltanto a perseguire le frodi e a far rispettare i contratti, ma incida efficacemente su quegli squilibri di risorse che possono portare a uno scambio ingiusto e quindi generare conflitti che mettono a repentaglio le stesse attivit economiche.

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L'esempio che Durkheim porta quello del mercato del lavoro: se una classe della societ obbligata per vivere ad accettare qualsiasi prezzo per i suoi servizi, mentre un'altra pu farne a meno grazie alle risorse di cui dispone, non necessariamente dovute ad una superiorit sociale, la seconda impone ingiustamente la sua legge alla prima. In altri termini non possono esservi ricchi e poveri di nascita senza che vi siano contratti ingiusti.

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CORPORAZIONI E SOCIALISMO Due aspetti particolari del contributo di Durkheim alla sociologia economica riguardano: I rimedi ai quali egli pensava per far fronte ai problemi sociali posti dalla divisione del lavoro e I rapporti tra tale prospettiva e quella di Marx e quella del socialismo non marxista.

Durkheim, riconosce che gli effetti socialmente destabilizzanti indotti dalla divisione del lavoro sono molto diffusi e strutturali (fino a costituire una caratteristica essenziale della societ moderna) e propone una nuova regolamentazione, sia giuridica che morale, delle attivit economiche che definisca i diritti e i doveri dei datori di lavoro e dei lavoratori, la quantit del lavoro e la giusta remunerazione. In particolare, Durkheim concentra la sua attenzione sui soggetti istituzionali che dovrebbero realizzare questo nuovo tipo di regolamentazione dei mercato. Egli ritiene che un compito di questo genere non dovrebbe essere affidato esclusivamente allo stato, troppo rigido e troppo lontano dai bisogni e dalle esigenze specifiche dei diversi settori di attivit economica. Lo stato dovrebbe invece limitarsi a fissare i principi generali, lasciando alle corporazioni il compito di adattarli alle esigenze specifiche dei diversi settori di attivit. Le CORPORAZIONI sono istituzioni costituite da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori di ogni settore. Come concepite da Durkheim, le corporazioni sono istituzioni pubbliche obbligatorie (e non volontarie), organizzate in modo gerarchico sul territorio (dal centro alla periferia), con funzioni di:

Rappresentanza congiunta dei diversi interessi, Soluzione di controversie economiche e di lavoro (attraverso tribunali costituiti dalle rappresentanze
congiunte di lavoratori e datori di lavoro). Accanto a queste funzioni, specificamente economiche, esse avrebbero dovuto svolgere anche compiti collaterali di:

Assistenza sociale, Formazione tecnica e professionale, Organizzazione di attivit culturali e ricreative.


Durkheim poneva sicuramente una fiducia eccessiva nelle corporazioni, senza rendersi conto che problemi come la regolazione del ciclo economico, del conflitto tra capitale e lavoro, e pi in generale delle disuguaglianze sociali, si sarebbero dimostrati al di l della loro portata. La forma pubblica obbligatoria e gerarchica, poi, ne avrebbe ancor di pi limitato il possibile contributo integrativo e le avrebbe fatte diventare uno strumento di regimi autoritari o totalitari per cercare di controllare dallalto la societ, (come fecero il fascismo e il nazismo tra le due guerre, o come successivamente avvenne, per esempio, in America Latina). Spogliata di tali limiti, lanalisi di Durkheim anticipa comunque alcune importanti tendenze delle societ pi sviluppate dellOccidente, ossia il passaggio da un sistema politico liberale ad uno di tipo pluralista, caratterizzato dal peso crescente di gruppi di interesse organizzati (associazioni sindacali, imprenditoriali, di categoria) nel processo politico. A partire dalla prima guerra mondiale questo processo si sarebbe intensificato, portando in alcuni casi verso quelle forme di corporativismo autoritario e dallalto cui prima si accennava, mentre in altri si ponevano invece le basi per un corporativismo societario o dal basso (basato sulla collaborazione volontaria tra grandi gruppi di interesse organizzati quali quelli di imprenditoriali e sindacali). In questo senso pi limitato dunque come anticipazione del ruolo crescente delle associazioni degli interessi nella regolazione delleconomia lanalisi di Durkheim resta di notevole interesse. REGOLAZIONE DEL MERCATO DI DURKHEIM E PROSPETTIVA SOCIALISTA Entrambi gli autori riconoscono che la divisione del lavoro un fattore che se da una parte contribuisce notevolmente allaumento della produttivit del lavoro e alla crescita della ricchezza, dallaltra ha come risvolti negativi:

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Una crescita della disuguaglianza tra capitalisti e lavoratori, che Marx definisce alienazione dei lavoratori dal loro prodotto (crescita dello sfruttamento) e Durkheim divisione anomica e coercitiva; Una parcellizzazione e dequalificazione del lavoro operaio, che Marx definisce alienazione nei processo lavorativo e Durkheim ancora una forma di divisione anomica. MARX riteneva che lo sviluppo ulteriore della divisione del lavoro avrebbe inevitabilmente aggravato le diverse forme di alienazione, innescando un conflitto sociale sempre pi dirompente che alla fine avrebbe travolto le stesse istituzioni capitalistiche. Per DURKHEIM, invece, il disordine sociale e la crescita della conflittualit sono dei fenomeni transitori, dovuti non tanto alla divisione del lavoro in quanto tale, quanto allassenza o alla carenza di regole istituzionali.

A questo punto, per, cominciano le divergenze. Esse si manifestano in particolare su due aspetti:

1.

2.

DURKHEIM, in contrasto con Marx, riteneva per che le societ sviluppate non potessero fare a meno della divisione del lavoro, pena la regressione e lincapacit di soddisfare la quantit e la qualit dei bisogni individuali in esse presenti. In questo senso la specializzazione diventa un dovere morale da perseguire, perch corrisponde alle esigenze funzionali della societ moderna (anche se le sue forme concrete devono essere adeguatamente regolate). MARX riteneva invece che il problema delle disuguaglianze fosse risolvibile solo eliminando la stessa divisione del lavoro, anche se egli collocava in un futuro indefinito questa possibilit e la legava al massimo sviluppo delle forze produttive (in particolare nellIdeologia tedesca).

Occorre per notare che queste divergenze con Marx non sono sottolineate da Durkheim, che cerca invece di distinguere la dottrina del comunismo dalle idee del socialismo.

Per Durkheim, la dottrina del comunismo apparsa pi volte nei corso della storia e assume sempre un carattere utopistico (v. Platone, Moore, Campanella). Lidea di fondo che la ricchezza nociva e occorre estrometterla dalla societ. Di conseguenza i sostenitori di questa prospettiva si pongono tutti lobiettivo di limitare fortemente la divisione del lavoro e di mettere in comune il prodotto del lavoro. Si tratta insomma di una specie di impossibile ritorno alla societ primitiva; Ben diverso il caso del socialismo (nel cui alveo Durkheim colloca lo stesso Marx), definito un fenomeno tipicamente moderno, che presuppone la crescita della divisione del lavoro ed esprime lobiettivo di porre rimedio ai problemi sociali che questo fenomeno ha prodotto tra la fine del 700 e il secolo successivo. Il socialismo quindi non vuole limitare la divisione del lavoro e ridurre la ricchezza, ma si pone lobiettivo di sfruttare al massimo la divisione del lavoro per rendere possibile un maggior grado di soddisfacimento dei bisogni da parte di tutti gli individui e per controllare quindi le disuguaglianze. Ci richiede una maggiore regolamentazione delle attivit economiche da parte dello stato.

Durkheim dunque certamente pi vicino alla prospettiva socialista, perch ritiene necessaria una regolamentazione della divisione del lavoro, ma se ne distanzia perch convinto che il socialismo trascuri la dimensione morale (ovvero la solidariet, sottoforma di legami morali che si sostituissero a quelli della solidariet meccanica). Ci che necessario perch lordine sociale regni che la maggior parte degli uomini si accontenti della propria sorte; ma ci che necessario perch se ne accontentino non che posseggano di pi o di meno, ma che siano convinti di non aver diritto ad aver di pi. perci indispensabile che vi sia unautorit di cui venga riconosciuta la superiorit e che decida i diritti degli uni e degli altri (senza questautorit, lindividuo, abbandonato alla sola esigenza dei propri bisogni, non ammetter mai di essere arrivato al limite estremo dei suoi diritti). in questa prospettiva che Durkheim concepisce il ruolo delle corporazioni, pi adatte dello stato a svolgere un ruolo di regolazione morale oltre che economica, quella funzione di freno senza il quale non si potrebbe avere la stabilit economica.

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Nei suoi lavori non usa il termine capitalismo, anche se le sue analisi si possono anche considerare come una critica (sociale, non economica) al capitalismo liberale, cio a quella specifica forma di capitalismo in cui il mercato ha un ruolo preminente nella regolazione delle attivit produttive e nella distribuzione del reddito. In conclusione, per Durkheim, affinch il mercato possa essere un efficace strumento di regolazione delle attivit economiche specializzate, necessario: Che ci siano alcune regole giuridiche e morali che diano stabilit ai contratti facendoli rispettare e perseguendo le frodi;

Che sintervenga sulle risorse dei soggetti che si confrontano nel mercato, riducendo gli squilibri di potere,
ad esempio, attraverso legislazioni antimonopolistiche, sul lavoro o mediante la contrattazione tra associazioni degli interessi; Che, soprattutto, laccesso ai diversi ruoli si avvicini alle effettive vocazioni e capacit dei soggetti, con le remunerazioni congruenti al merito sociale. In questi casi si svilupperebbe una forte coesione sociale che da un lato porterebbe gli individui a impegnarsi maggiormente nei compiti specializzati e dallaltro ridurrebbe i conflitti, a beneficio dello sviluppo economico.

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CAP. 7 La Grande Crisi e il tramonto del capitalismo liberale: Polanyi e Schumpeter L800 fu il secolo doro del capitalismo liberale: senza grandi guerre per circa cento anni, lEuropa vide il mercato affermarsi come principio regolatore delleconomia interna e internazionale, assicurando una forte crescita della produzione e degli scambi. Col tempo emersero per le tensioni sociali e politiche legate, in particolare, alle nuove domande di riconoscimento sociale e di integrazione politica della classe operaia, che cresceva insieme con limpetuoso sviluppo delle attivit industriali. Gi negli ultimi decenni del secolo cominciano a manifestarsi pi distintamente le difficolt del capitalismo liberale a tenere insieme crescita economica, integrazione sociale e rapporti pacifici tra gli stati. Il primo conflitto mondiale comport costi economici e sociali altissimi e acceler il mutamento istituzionale. Nonostante i tentativi di ricostituire lordine prebellico, nulla torn pi come prima e le condizioni economiche e sociali restarono estremamente instabili. Malgrado gli ingenti prestiti forniti dagli Stati Uniti, In Europa la ripresa economica lenta e la disoccupazione resta elevata; Il commercio internazionale stenta a riprendersi e a tornare ai livelli prebellici, anche se la produzione di manufatti cresce a ritmi elevati, grazie alle innovazioni tecnologiche e organizzative ed al formarsi di grandi imprese. Si trattava di una situazione ad alto rischio, perch linterruzione dei flussi creditizi americani, legata a motivi interni di quel paese, avrebbe potuto avere effetti a catena disastrosi sulleconomia europea e mondiale. Ed proprio questo che si verific in seguito al crollo della Borsa di New York nel 29. La Grande Crisi trascin tutta leconomia dei paesi sviluppati in una gravissima e prolungata depressione, con crollo della produzione, fallimenti a catena delle imprese e picchi di disoccupazione mai raggiunti in precedenza. Il capitalismo liberale, gi stato minato dalla grande guerra e dagli eventi successivi, viene progressivamente sostituito, in forme diverse, da un nuovo quadro istituzionale nel quale rilevante importanza andava ad assumere il ruolo dello stato. su questo sfondo che si colloca la riflessione di Karl Polanyi e Joseph Schumpeter. Mentre Durkheim e Veblen contribuirono a mettere a fuoco le conseguenze sociali del capitalismo liberale, Polanyi e Schumpeter si concentrarono sulla crisi di questa forma di organizzazione economica. Essi cercano di dare una risposta, dal punto di vista della sociologia economica, agli interrogativi sulle cause del declino, e insieme delineano i processi che, a partire dagli anni 30, porteranno alla formazione di un capitalismo pi regolato, in cui lo spazio del mercato si riduce e leconomia viene reincorporata nella societ (Polanyi).

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DOMINIO DEL MERCATO E AUTO DIFESA DELLA SOCIET LECONOMIA COME PROCESSO ISTITUZIONALE Karl Polanyi un istituzionalista di matrice socialista riformista che ritiene che lazione economica sia influenzata dalle istituzioni sociali (e quindi non comprensibile in termini individualistici), e che vuole dimostrare, con i suoi studi, che la ricerca del guadagno una motivazione che non stata sempre alla base del comportamento economico. Solo negli ultimi secoli, con il crescere delleconomia di mercato, il perseguimento del guadagno diventato rilevante. Ci avvenuto perch leconomia ha cominciato a essere sempre pi regolata dal mercato, cio da unistituzione che favorisce e incentiva unazione economica improntata alla ricerca del guadagno. Critica, quindi, lidea di Adam Smith di una propensione naturale delluomo al commercio (da cui doveva nascere il concetto di uomo economico) ed afferma che lindagine economica non pu essere separata dal contesto storico. Polanyi individua tre principi fondamentali di regolazione delle attivit di produzione, distribuzione e scambio dei beni, che egli chiama forme di integrazione delleconomia, ciascuna delle quali si differenzia dalle altre sia per lorganizzazione delle attivit economiche che per i rapporti tra tali attivit e le altre sfere della vita sociale (la famiglia, la politica, la religione, ecc.):

RECIPROCIT, REDISTRIBUZIONE SCAMBIO DI MERCATO.

Fig. 7.1. Rappresentazione grafica delle forme dintegrazione secondo le indicazioni di Polanyi Quando prevale la RECIPROCIT, come nelle componenti primitive, beni e servizi vengono prodotti e scambiati sulla base di aspettative di ricevere altri beni o servizi secondo modalit e tempi fissati da norme sociali condivise. Tali norme di reciprocit si fondano su specifiche istituzioni (in particolare famiglia e parentela) che la sostengono e sanzionano in varie forme coloro che non le rispettano. Gli scambi di beni e servizi non avvengono necessariamente tra gli stessi gruppi ma sono, comunque, sempre simmetrici: leconomia delle societ primitive si basa, infatti, su complessi flussi di doni e controdoni regolati da norme sociali condivise, che sanciscono obblighi nei riguardi

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dei diversi gruppi parentali. In queste situazioni diventa fuorviante voler vedere la ricerca del guadagno individuale come motivazione delle azioni economiche. La reciprocit, peraltro, continua a regolare, attraverso la famiglia e la parentela, aree consistenti delle relazioni economiche anche nelle societ sviluppate, dove non pi la forma di integrazione prevalente (es. Sostegno economico dei genitori ai figli giovani o dei figli nei riguardi dei genitori anziani, o, ancora, scambi di aiuto tra familiari e parenti). Quando prevale la REDISTRIBUZIONE, come nelle societ pi evolute dellantichit con dimensioni territoriali ed unit politiche pi ampie (es. i grandi imperi dellantichit Mesopotamia, Egitto dei faraoni, Impero romano o anche il feudalesimo europeo), i beni e servizi vengono prodotti e allocati sulla base di norme che stabiliscono le modalit delle prestazioni lavorative, lentit delle risorse che devono essere trasferite a un capo politico un capo trib, o un signore con un apparato amministrativo il quale a sua volta le redistribuisce ai membri della societ secondo determinate regole. I meccanismi di redistribuzione possono essere egualitari o comportare forti disuguaglianze tra i gruppi sociali. Perch funzioni questa forma, deve esistere un centro politico, che disponga del potere necessario per fare accettare le complesse modalit di redistribuzione dei beni. Le istituzioni politiche diventano quindi pi importanti di quelle familiari e parentali, mentre prendono forma embrioni di organizzazione statuale e di centralizzazione amministrativa, appunto per regolare le attivit economiche e far rispettare, anche con la coercizione, gli obblighi di fedelt politica, di solito giustificati su base religiosa. Per la redistribuzione, come per la reciprocit, non si pu ancora parlare di ricerca del guadagno come motivazione dellazione economica, che in questo caso traggono invece origine da obbligazioni di tipo politico. La redistribuzione pu persistere nelle societ pi evolute (Polanyi interpreta come una ripresa di forme di redistribuzione, con il declino del capitalismo liberale, anche il nuovo stato sociale, che attraverso la spesa sociale redistribuisce12 le risorse acquisite attraverso la tassazione risorse). Lo SCAMBIO DI MERCATO una forma di integrazione delleconomia che appare solo di recente nella storia dellumanit e raggiunge il suo culmine nel corso del XIX secolo. Lo scambio dei beni avviene solo attraverso il commercio, regolato dal mercato sulla base del meccanismo dellincontro tra domanda e offerta. Il mercato, attraverso i prezzi, regola anche la produzione dei beni e servizi e la distribuzione dei redditi (si decide di produrre sulla base dei prezzi per determinati beni e si remunera il lavoro sulla base di prezzi che si formano anch essi allincrocio tra domanda e offerta). Lascesa del mercato a forza determinante nelleconomia pu essere ricostruita osservando la misura in cui la terra e il cibo venivano mobilizzati mediante lo scambio e il lavoro trasformato in una merce liberamente acquistabile sul mercato. In questo caso quindi essenziale lesistenza di mercati regolatori dei prezzi (o MERCATI AUTOREGOLATI). Ci comporta anche che siano presenti quei prerequisiti istituzionali dei mercati autoregolati, gi indicati da altri autori, da Marx a Weber:

La propriet privata dei mezzi di produzione (capitale, terra, lavoro), Il lavoro salariato, La piena commerciabilit di tutti i fattori produttivi.

solo in questo quadro che secondo Polanyi si pu propriamente parlare di motivazioni utilitaristiche dellazione economica. Vi sono due aspetti della riflessione metodologica di Polanyi da tenere presente:

1. LIDEA
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Tale concetto, tipico della tradizione della sociologia economica, viene utilizzato legandolo a quello di forma di integrazione. Questultima acquista un carattere prevalente in una

DI SISTEMA ECONOMICO.

Potere d'acquisto dai gruppi pi ricchi a quelli pi poveri

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determinata economia e quindi definisce un sistema economico nella misura in cui si estende alla sfera produttiva e in particolare quando regola luso della terra e del lavoro. Ci vale anche per la reciprocit e la redistribuzione;

2. Per Polanyi, le

STADI DELLO SVILUPPO. Non vi una sequenza temporale necessaria lungo la quale esse si avvicendano, e di solito pi forme si combinano in un sistema economico in cui una prevalente (ad es. i mercati sono stati spesso importanti, anche se non prevalenti, nellantichit, mentre le altre forme sono a volte ricomparse anche nellepoca dello scambio di mercato, soprattutto nei momenti di crisi di tale modello). Per questo motivo, soprattutto studiando il sistema economico basato sullo scambio di mercato, occorre tenere conto della situazione storica nel corso della quale si sviluppa leconomia. quindi un errore stabilire unuguaglianza fra leconomia umana in generale e le sue forme di mercato. In questo senso Polanyi parla di fallacia economicistica.
FORME DI INTEGRAZIONE NON RAPPRESENTANO

per evitare questo errore che egli introduce la distinzione tra significato formale e sostanziale di economia:

Nel SIGNIFICATO FORMALE, economia sinonimo di economizzare, ovvero il processo razionale di allocazione di risorse scarse (definizione tipica delleconomia neoclassica); Il SIGNIFICATO SOSTANZIALE di economia fa invece riferimento alla sussistenza umana, e sottolinea il fatto che luomo dipende per la sua sopravvivenza dalla natura e dagli altri uomini (il suo ambiente naturale).

La fallacia economicistica tende a legare la sussistenza allallocazione razionale di risorse scarse da parte di soggetti che cercano di ottenere il massimo reddito dai mezzi di cui dispongono, cosa che, nella realt, avviene effettivamente solo dove si affermato lo scambio di mercato. In altri sistemi economici il soddisfacimento dei bisogni e la sussistenza delluomo avvengono in base a regole che non coincidono con quelle della massimizzazione dellinteresse individuale in un contesto di mercato. Per questo egli ritiene importante per le scienze sociali storia, antropologia, sociologia economica un concetto pi ampio di economia che pu permettere lo studio, e la comparazione nel tempo e nello spazio, di sistemi economici diversi.

LA GRANDE TRASFORMAZIONE La grande trasformazione quella che investe le societ occidentali a partire dagli anni 30, quando: Viene superato il capitalismo liberale affermatosi nel XIX secolo, Viene ridimensionato lo spazio del mercato come forma di integrazione delleconomia, Lo stato assume un ruolo pi rilevante per la regolazione delleconomia e della societ (con la diffusione di forme moderne di redistribuzione). Gli interrogativi ai quali Polanyi cerca di dare una risposta sono due:

1. Quali sono le origini storiche del mercato autoregolato (e come si affermata questa forma di
integrazione);

2. Quali sono le conseguenze sociali del mercato autoregolato e gli effetti che ne derivano per il
funzionamento delleconomia, dagli ultimi decenni dell800 alla Grande Crisi del 1929 dalla quale si avvier la grande trasformazione. ORIGINI STORICHE DEL MERCATO AUTOREGOLATO Per Polanyi uneconomia di mercato un sistema economico controllato, regolato e diretto soltanto dai mercati; lordine nella produzione e distribuzione delle merci affidato a questo meccanismo di autoregolazione per il quale tutta la produzione in vendita sul mercato e che tutti i redditi derivano da queste vendite. Si produrr, quindi, solo se c una domanda e dei prezzi tali da garantire un profitto, e si guadagner un reddito che dipende dal valore del proprio lavoro sul mercato.

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Tra i fattori che hanno contribuito a questa modalit di organizzazione delle attivit economiche, uno appare decisivo: linvenzione e la realizzazione di macchinari complessi e costosi che rivoluzionano il modo di produrre. Queste macchine, che consentono di abbassare i costi di produzione, possono essere utilizzate con profitto solo se possibile smerciare il pi gran numero di beni che con esse si fabbricano in modo regolare; e solo se possibile alimentarle stabilmente con le materie prime e il lavoro che sono necessari. Deve quindi esserci un mercato ampio, e tutti i fattori produttivi devono essere disponibili; se queste condizioni non ci sono, linvestimento nelle nuove macchine diventa troppo rischioso. Qui lanalisi di Polanyi si avvicina a quella di Weber, come pure quando individua la figura sociale del mercante che, grazie alle macchine, avvia le nuove forme di produzione per il mercato e diventa imprenditore capitalistico. Il commerciante, che prima acquistava le materie prime e le faceva lavorare da altri, per esempio con il lavoro a domicilio nel tessile, a un certo punto, investe il suo capitale nelle nuove macchine disponibili, si trasforma in imprenditore e crea la fabbrica moderna impiegandovi lavoro salariato. Tutto ci per possibile, per, solo se si hanno dei mercati sia per le merci da vendere che per le materie prime e il lavoro da acquistare. Le motivazioni allazione economica passano dalla sussistenza al guadagno individuale ( questo il motivo per cui, secondo Polanyi, il passaggio dalla sussistenza al guadagno non naturale, ma storico). In particolare, la formazione dei mercati per i fattori produttivi (la terra e il lavoro) avviene come conseguenza di interventi politici, di misure amministrative (a volte di vere e proprie forme di violenza privata).

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Per quel che riguarda la TERRA, tutto ci port alleliminazione del controllo feudale, alla secolarizzazione delle propriet della chiesa, fino al pieno riconoscimento giuridico della commerciabilit dei diritti di propriet. Con la crescita delle citt, e con le esigenze di mantenimento della popolazione urbana, si svilupp inoltre la piena commercializzazione dei beni stessi prodotti dalla terra, a partire dal grano, e i proprietari terrieri furono spinti a incrementare la produzione per la vendita sul mercato, mentre venivano eliminate le restrizioni di natura giuridica o consuetudinaria che limitavano in passato la quota di produzione commercializzabile, garantendo il soddisfacimento delle esigenze di autoconsumo locale. Relativamente alla formazione del MERCATO DEL LAVORO fu necessario eliminare le forme di controllo sociale e giuridico che regolavano i rapporti di lavoro (derivanti dalle corporazioni di origine medievale). In particolare, in Inghilterra, la persistenza di salari bassi port allerogazione di sussidi ai lavoratori che ricevevano un salario inferiore ad livello previsto (che teneva conto del carico familiare), introducendo, di fatto, un reddito minimo garantito. Questo sistema determin un abbassamento dei salari e una crescita consistente dei sussidi, dal momento che i lavoratori preferivano i sussidi al lavoro (anche se ci li teneva in condizioni di vita degradate), con il conseguente peggioramento delle finanze. Fu cos che, sotto la pressione degli imprenditori e della classe media, si arriv nel 1834 allabolizione del sistema dei sussidi. Da quel momento cominci a funzionare pienamente in Inghilterra un mercato del lavoro concorrenziale. CONSEGUENZE SOCIALI DELLAFFERMAZIONE DELLO SCAMBIO DI MERCATO Le conseguenze sociali della piena affermazione del sistema economico basato sullo scambio di mercato, porteranno alla Grande Crisi della fine degli anni 20. Il lavoro, la terra e la moneta sono dunque trasformati in merci, cio in beni prodotti per essere comprati e venduti sul mercato. Queste merci non sono, per, come tutte le altre, perch: Il lavoro legato alla vita umana che non prodotta per essere venduta, La terra un aspetto della natura, che non prodotta dalluomo, La stessa moneta un simbolo del potere di acquisto e non un prodotto. Non si tratta dunque di vere merci ma di merci fittizie; tuttavia, trattarle come tali, come richiesto dal sistema economico basato sui mercati autoregolati, porta a conseguenze distruttive per la societ:

Per Polanyi, la RIDUZIONE DEL LAVORO A MERCE, il cui valore fissato dalla domanda e dallofferta sul mercato, ha pesanti conseguenze sulle condizioni di vita di masse crescenti di popolazione:

Prende avvio una progressiva distruzione delle forme di protezione tradizionale, sia quelle legate alle strutture della parentela, del vicinato, della professione, che quelle dipendenti dal potere politico; Gli individui e le loro famiglie sono cos sradicati dal contesto ambientale e sociale in cui vivono e costretti a spostarsi per ricercare occasioni di lavoro. Le loro condizioni di vita vengono cos a dipendere esclusivamente dagli alti e bassi del mercato; Specie nella fase iniziale della rivoluzione industriale, a ci si accompagna una forte INSTABILIT DEI GUADAGNI, la formazione di sacche di disoccupazione e di nuova povert nelle periferie delle citt industriali, condizioni di lavoro e di vita degradate.

Insomma, con il mercato del lavoro si crea anche una miseria moderna, fino ad allora sconosciuta alle societ tradizionali, dove la sussistenza era sempre stata garantita dal modo in cui le istituzioni sociali e politiche incorporavano e regolavano leconomia.

Dal punto di vista della NATURA, la piena commercializzazione del fattore terra e labolizione di restrizioni istituzionali al commercio dei beni agricoli (ovvero il libero scambio dei prodotti), accompagnato dal miglioramento dei trasporti, mise in crisi quote crescenti di produttori agricoli, specie in Europa, presto inondato dal grano americano. I contadini dovettero abbandonare le campagne alla ricerca di un lavoro e si determin la distruzione della societ rurale, con conseguenze dirompenti sullambiente, in particolare

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sullintegrit del suolo e delle sue risorse e sul clima del paese a causa della spoliazione di foreste, con erosioni e formazioni di deserti (tutti fenomeni che dipendono tutti dal fattore terra);

Anche la RIDUZIONE DELLA MONETA A MERCE acquistata e venduta sul mercato determina conseguenze sociali dirompenti. Nei mercati autoregolati dell800, la moneta diventa un mezzo di scambio legato alloro. In questo modo venivano a essere incoraggiati gli scambi internazionali, perch si garantiva la stabilit del cambio, ma crescevano i rischi per leconomia interna: Ad una crescita delle importazioni, corrispondeva un deflusso di oro e quindi una riduzione della quantit di moneta circolante in un paese e, di conseguenza, una diminuzione della moneta disponibile per i pagamenti interni e quindi un calo delle vendite, con danni alle attivit produttive ed alloccupazione. vero che labbassamento dei prezzi, col tempo, determina un aggiustamento delleconomia interna che avvantaggia le imprese esportatrici ristabilendo lequilibrio dei conti con lestero. Tuttavia, nel frattempo, i costi della deflazione per leconomia e per la societ sono molto alti.

Se, quindi, vero che i mercati del lavoro, della terra e della moneta sono essenziali per uneconomia di mercato, anche vero che la societ non pu a lungo sopportare i costi che le vengono imposti da tali modalit di funzionamento delleconomia. Per questo motivo la SOCIET mette in atto dei MECCANISMI DI AUTODIFESA, attraverso provvedimenti e misure politiche destinate a controllare lazione del mercato relativamente al lavoro, alla terra e alla moneta:

Protezionismo del lavoro: la reazione si esprime con lo sviluppo del movimento operaio, la crescita delle organizzazioni sindacali e dei partiti socialisti. A ci si accompagna a una nuova legislazione nel campo sociale e del lavoro (regolamentazione dellorario di lavoro, del lavoro minorile e femminile, forme di assicurazione contro gli infortuni, le malattie, la disoccupazione, la vecchiaia, ecc.); Protezionismo agrario: a partire dal 1870, si diffondono interventi di protezione tariffaria e di sostegno allagricoltura. Contadini e proprietari terrieri si alleano per difendere la societ tradizionale minacciata dal mercato; Protezionismo del mercato della moneta: la centralizzazione ed il controllo dellofferta di credito ad opera delle banche centrali nei vari paesi permetteva di mitigare gli eventuali effetti negativi derivanti dalle transazioni internazionali (in particolare, gli effetti deflattivi della riduzione di moneta dovuta a pagamenti internazionali potevano essere attutiti attraverso la crescita dei prestiti).

Tuttavia, il nuovo protezionismo se dal lato della societ, attenua i costi e le tensioni legate al diffondersi dal mercato, dal lato delleconomia genera vincoli crescenti che intralciano il funzionamento dei mercati autoregolati nel campo dei fattori produttivi. Si riduce la flessibilit e cresce il costo del lavoro, mentre le tariffe doganali limitano gli scambi commerciali (oltretutto, le diverse forme di protezionismo sinfluenzano a vicenda).

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Leffetto di tutto ci, nota Polanyi, un restringimento del commercio e degli scambi internazionali, che limita le possibilit di smercio dei beni proprio nel momento in cui il progresso delle tecniche aumenta la produttivit delle imprese. Per combattere le crisi di sovrapproduzione, si gli stati si muovono lungo due direttive:

1. Attuando politiche coloniali e di imperialismo economico, per procurarsi materie prime a pi basso
costo e possibili mercati in regioni politicamente non protette (queste strategie, per, anche per il nazionalismo politico sempre pi diffuso ed estremizzato che le accompagnava, finiranno per preparare quel clima economicopolitico che sfocer nel primo conflitto mondiale);

2. Attraverso la diffusione dei prestiti e del credito a livello internazionale, che effettivamente riuscirono ad
evitare la crisi economica, specie negli anni successivi alla prima guerra mondiale Il continuo ricorso al credito per alimentare le imprese e sostenere la bilancia dei pagamenti dei vari paesi per, a lungo non poteva reggere, ed alla fine i nodi giungeranno al pettine con la Grande Crisi del 29, che per Polanyi segna il tramonto del sistema economico basato sui mercati autoregolati e porta al superamento del capitalismo liberale. Insomma, per lo studioso ungherese, la fine della civilt del XIX secolo che sincarnava nel capitalismo liberale non fu dovuta alle conseguenze della grande guerra, n allavvento del socialismo in Russia e dei regimi fascisti in Europa. Piuttosto, questi fenomeni ne aggravarono la crisi, furono pi dei sintomi che delle cause profonde della malattia. il conflitto di fondo tra il funzionamento del mercato e le esigenze della vita sociale a generare le tensioni che portarono alla fine della societ del capitalismo liberale. Le nuove forme di regolazione sociale e politica che si sperimentano con lavvio della grande trasformazione sono soluzioni di segno diverso al problema di sottrarre il lavoro, la terra e la moneta ai mercati. Per Polanyi, questi esperimenti possono essere comunque compatibili con la persistenza del mercato e con quella della libert:

Relativamente al primo punto, egli sostiene che la fine della societ di mercato non significa in alcun modo lassenza di mercati; questo vuol dire che i mercati concorrenziali possono continuare a funzionare per la produzione di beni e servizi, assicurando la libert del consumatore, influendo sul reddito dei produttori e in ultima analisi agendo come strumento di calcolo per il soddisfacimento pi efficiente dei bisogni della popolazione. Il mercato, infatti, non necessariamente in contraddizione con gli obiettivi e gli strumenti di programmazione economica necessari allo sviluppo dellindustria; La reincorporazione delleconomia nella societ non sarebbe parimenti per la libert: il collasso del capitalismo liberale metterebbe, infatti, a repentaglio solo la libert di sfruttare gli altri uomini, o quella di realizzare guadagni non commisurati ai benefici collettivi che discendono dalla propria azione; resterebbero invece valide quelle libert di elevato valore (di coscienza, di parola, di riunione, di associazione, di scelta del proprio lavoro) che, cresciute insieme al mercato, in realt non dipendono solo dallesistenza di mercati autoregolati.

La fine del capitalismo liberale, quindi, non comporta necessariamente quella del mercato e della libert.

DECLINO DELLA BORGHESIA E POLITICHE ANTI-CAPITALISTICHE Joseph Schumpeter (pi economista che sociologo) analizz in modo particolare la dinamica storica e linfluenza delle istituzioni, ponendo al centro dellanalisi il cambiamento economico. Tale prospettiva lo spinge inevitabilmente a misurarsi con il ruolo delle istituzioni. ECONOMIA E SOCIOLOGIA ECONOMICA Schumpeter diede particolare importanza, fin dai suoi primi lavori, al problema della definizione dei confini tra

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teoria economica, storia economica e sociologia economica, senza trascurare la conoscenza della storia e del ruolo delle istituzioni. Egli difende, infatti, la validit delleconomia neo classica, sottolineando per che per analizzare le attivit economiche concrete occorre tenere conto della loro collocazione nel processo storico. Da qui limportanza della storia economica, perch per il suo tramite possibile comprendere come i fatti economici e quelli noneconomici si combinino tra loro nellesperienza concreta, e come tale combinazione cambi nel tempo. Daltra parte, limportanza che assumono i fattori non economici, cio gli aspetti istituzionali, nel condizionare le attivit economiche e la loro variazione nel tempo e nello spazio fa s che si debba anche prendere in considerazione il contributo della sociologia economica. IMPRENDITORIALIT E SVILUPPO ECONOMICO Schumpeter, pi interessato alla teoria piuttosto che alla sociologia economica, ritiene necessario separare nettamente i due approcci, che devono essere combinati solo nelle analisi di taglio storicoempirico. Punto di partenza della sua analisi linsoddisfazione per i limiti della prospettiva economica tradizionale, giudicata incapace di uscire da una visione statica dellequilibrio economico. Per questo motivo, egli distingue la crescita dallo sviluppo:

La CRESCITA un fenomeno graduale, fatto di continui aggiustamenti:

Lo SVILUPPO invece una discontinuit ed caratterizzato dallintroduzione di nuove combinazioni. La novit pu riguardare cinque dimensioni: La creazione di prodotti, Lintroduzione di metodi di produzione, Lapertura di mercati, La scoperta di fonti di approvvigionamento di materie prime o semilavorati, La riorganizzazione di unindustria (es. con la creazione o la distruzione di un monopolio). Schumpeter quindi interessato alle cause endogene dello sviluppo. Egli riconosce che la discontinuit rispetto alla routine del flusso circolare che corrisponde ad uneconomia che si perpetua senza sostanziali variazioni nei modi di produrre e nei rapporti tra consumatori e produttori , pu derivare da motivi extraeconomici, come la crescita della popolazione, o da improvvisi rivolgimenti sociali e politici. Il suo interesse si concentra per sullo sviluppo legato allazione degli IMPRENDITORI, singoli individui che introducono nuove combinazioni dei mezzi di produzione, realizzano uninnovazione in una o in pi delle dimensioni prima indicate, che riguardano i prodotti, i metodi di produzione e i mercati.

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Per Schumpeter, non basta, infatti, differenziare tra il capitalista, proprietario dei mezzi di produzione o del capitale, e limprenditore, dirigente di unimpresa che pu non esserne proprietario: occorre distinguere quando le attivit di direzione e gestione delle imprese (cio di management) hanno un carattere di routine e quando portano allinnovazione, a realizzare cose nuove; a queste ultime che va collegato in senso specifico il concetto di imprenditore. Da questimpostazione discendono una serie di conseguenze.

a)
b) c)

Limprenditore pu essere sia il classico uomo daffari autonomo, sia un lavoratore dipendente (manager); Non necessario un rapporto continuativo con una singola impresa; Gli imprenditori non appartengono a una specifica classe sociale. Per effetto della loro attivit possono conseguire un successo economico che li trasforma in proprietari dei mezzi di produzione o del capitale, cio li fa diventare capitalisti. Non tuttavia necessario che essi lo siano quando svolgono la loro attivit innovativa, dal momento che spesso, in questa fase, gli imprenditori attingono al credito per introdurre le nuove combinazioni di mezzi di produzione.

Schumpeter sottolinea dunque il LEGAME TRA CREDITO E INNOVAZIONE, anche se ben conscio del fatto che per utilizzare concretamente il capitale a fini di sviluppo innovativo limprenditore deve essere dotato di rare e particolari qualit di leadership (poco diffuse tra i membri di una determinata societ). Un soggetto che voglia realizzare uninnovazione, infatti, deve essere in grado di: Misurarsi con carenze di informazioni, con condizioni di maggiore incertezza di quando si opera in un contesto di operazioni tradizionali e consolidate;

Combattere e vincere i propri schemi mentali gi consolidati (che possono essere un ostacolo);

Superare le resistenze dellambiente sociale, che si possono presentare come impedimenti giuridici e politici, o come disapprovazione sociale per pratiche che fuoriescono dai canali della tradizione o, ancora, come resistenze legate a vari fattori (gruppi minacciati dallinnovazione, difficolt di trovare la cooperazione necessaria o di convincere i consumatori a cambiare prodotti...). Questi ostacoli fanno s che limprenditore che vuole introdurre con successo linnovazione deve combinare un insieme di qualit e andare oltre il puro calcolo razionale. Schumpeter, per questo, introduce dei requisiti di tipo psicologico, legati alla personalit individuale, ma lascia anche intravedere i possibili collegamenti con il retroterra sociale e istituzionale, accennando inoltre anche alla marginalit sociale come possibile fonte di imprenditorialit. In un successivo testo, sulla base dei legami dellimprenditore-innovatore con il suo contesto sociale, lo studioso austriaco distingue quattro tipi di imprenditore:

Il padrone di fabbrica, figura che prevale nella fase iniziale delleconomia di mercato e che unisce insieme compiti amministrativi, tecnici, commerciali. Egli anche proprietario dei mezzi di produzione, pur se di solito la propriet una conseguenza della capacit di innovazione;

Il capitano dindustria, o il manager di formazione tecnica (nella fase pi evoluta del capitalismo), a
seconda che limprenditore innovatore sia proprietario del capitale azionario, o che sia distaccato dagli interessi capitalistici e spinto a innovare dal suo orientamento alla buona prestazione professionale;

Il fondatore di imprese, ovvero limprenditore puro, che ha con esse solo rapporti temporanei.
In ultima analisi, per Schumpeter il profitto il guadagno dellimprenditore legato al successo della sua innovazione (che fa crescere le entrate rispetto alle spese); si tratta quindi di una temporanea rendita di tipo monopolistico, che si mantiene fino a quando linnovazione non riesce ad essere imitata anche dagli altri concorrenti. Linnovazione consente a Schumpeter di affrontare meglio il problema, irrisolto nelleconomia neoclassica, dei CICLI ECONOMICI:

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La fase espansiva del ciclo collegata allintroduzione dellinnovazione e alla sua prima diffusione, che aumenta la domanda di beni di produzione e di consumo; Successivamente, le vecchie unit produttive, sempre pi aggredite dalla concorrenza delle imprese innovative, sono costrette a imitare le prime o ad uscire dal mercato, con effetti recessivi sulleconomia; Si entra cos nella fase discendente del ciclo, fino a quando non si ristabilisce un nuovo equilibrio temporaneo che verr poi alterato da un nuovo ciclo di innovazione.

La teoria di Schumpeter, pur presentandosi come un tentativo di dare una spiegazione endogena (interna alleconomia) dello sviluppo economico, ha quindi, a differenza della teoria economica neoclassica, evidenti collegamenti con il contesto sociale e istituzionale, in particolare sotto il profilo dellinfluenza di questultimo sullimprenditorialit. PU SOPRAVVIVERE IL CAPITALISMO? Il funzionamento delleconomia capitalistica ha determinato un cambiamento della cultura e delle istituzioni che, a sua volta, ha fatto inceppare i meccanismi di autoregolazione dei mercati. Si passati quindi da un capitalismo non regolato a uno regolato, che secondo Schumpeter avrebbe dovuto preparare gradualmente la strada al socialismo. Era questo un esito che egli peraltro non auspicava, ma che riteneva inevitabile, anche se per motivi diversi da quelli previsti da Marx: il capitalismo non sarebbe sopravvissuto, non per fattori di natura economica13, bens per le reazioni culturali e sociali che il suo funzionamento provocava. PERCH IL DECLINO NON HA CAUSE ECONOMICHE? Schumpeter inizia con il contestare la tesi che vuole levoluzione del capitalismo implichi un aumento della disoccupazione: la crescita dei disoccupati negli anni 30 risultata s anormalmente elevata, ma si trattato di un fenomeno temporaneo, legato alla fase di recessione che di solito segue, nel ciclo economico, una fase di prosperit legata a un periodo di innovazione. Insomma, la crisi del 29 il frutto di un insieme di cause che aggravano gli effetti di una fase discendente particolarmente acuta del ciclo. Tali fattori si collocano per tutti sullo sfondo di un irrigidimento complessivo dei meccanismi di autoregolazione dei mercati per effetto di quelle che Schumpeter chiama le politiche anticapitalistiche, e che Polanyi chiamava invece nuovo protezionismo sociale. In realt, secondo Schumpeter, se il sistema economico guidato dal mercato fosse stato lasciato libero di funzionare e di riequilibrarsi autonomamente, avrebbe potuto assicurare un tasso di sviluppo tale da ridurre i problemi di povert. La disoccupazione non sarebbe stata eliminata del tutto (perch legata al meccanismo dellinnovazione e del ciclo economico che ne segue), ma si potrebbero per creare le risorse necessarie per attenuare il problema della mancanza temporanea di lavoro dei disoccupati per evitare loro le conseguenze in termini di povert. In ultima analisi, quindi, non stato il capitalismo di mercato a creare meno sviluppo, ma altri fattori di natura istituzionale, come le politiche anticapitalistiche, che hanno portato il capitalismo ad operare con sempre minore efficienza. Anche lidea che il passaggio a una fase in cui prevalgono aziende monopolistiche e oligopolistiche implichi di per s minore efficienza e minor dinamismo, per Schumpeter, non condivisibile, in quanto leffetto frenante sullo sviluppo indotto da fenomeni di oligopolio o di monopolio, con prezzi pi alti e restrizioni della produzione, limitato al breve periodo; a medio e lungo termine si diffondono invece vantaggi legati alla qualit e ai costi, che migliorano per effetto dellinnovazione. Dal punto di vista dinamico, la concorrenza di tipo oligopolistico o monopolistico, quindi, creando nuovi beni, nuove tecniche, nuove fonti di approvvigionamento e metodi di organizzazione a lungo andare espande la
13

Per Schumpeter, dal punto di vista economico il capitalismo liberale, basato sul ruolo preminente del mercato, avrebbe potuto continuare ad assicurare dinamismo e sviluppo.

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produzione e riduce i prezzi. Infine, Schumpeter passa a confutare la tesi del declino delle opportunit di investimento. A suo avviso, al contrario delle idee delleconomista inglese Keynes, le potenzialit di innovazione e quindi di sviluppo del capitalismo non sono affatto esaurite: sono state le politiche governative, che con la leva fiscale e della spesa dovrebbero sostenere la domanda e gli investimenti per contrastare il ristagno, ad aggravare il male che vorrebbero curare. Fattori come la pi alta pressione fiscale sulle imprese o le politiche di protezione del lavoro hanno avuto leffetto di frenare le aspettative di profitto e gli investimenti. Per questo motivo, secondo Schumpeter, occorre trovare una diagnosi diversa per il ristagno. Esso non ha motivi economici, ma socioculturali e politici, nella fattispecie latmosfera ostile che, col tempo, lo sviluppo del capitalismo ha alimentato spingendo verso politiche anticapitalistiche. LE CAUSE CULTURALI E SOCIALI DEL DECLINO Per Schumpeter, quindi, le cause del declino del capitalismo liberale sono culturali e sociali. Gli aspetti sui quali si concentra lattenzione sono essenzialmente tre: lindebolimento sociale e politico della borghesia, la distruzione degli strati sociali che sostenevano la borghesia stessa, il diffondersi di unatmosfera ostile al capitalismo.

1. LINDEBOLIMENTO DELLA BORGHESIA a un processo complesso che, sua volta, dipende da vari fattori, legati alle
trasformazioni economiche e alle loro conseguenze sociali e politiche;

a)

La decadenza della funzione imprenditoriale, per il fatto che le grandi imprese burocratizzate soppiantano sempre pi le piccole e medie aziende. Linnovazione, tende a spersonalizzarsi e ad automatizzarsi, mentre gli imprenditori perdono la funzione sociale di motori dellinnovazione per diventare amministratori di possessi ereditati; La disintegrazione della famiglia borghese, che viene sostituita da uno spirito utilitaristico, che si manifesta anche in una spinta a mettere al mondo meno figli e nel guardare ad un futuro sempre pi prossimo. Ci, scoraggia il risparmio e gli investimenti a pi lungo termine, influenzando anche il comportamento politico: la borghesia crede pi nei suoi ideali di vita, e quindi non si batte pi con forza contro quelle politiche anticapitalistiche (specialmente nel campo fiscale e della legislazione sociale) che indeboliscono le imprese private. In particolare laristocrazia, che nei paesi europei aveva assumendo un ruolo essenziale per la formazione della classe dirigente. Lesaurirsi del ruolo storico dellaristocrazia priva la borghesia di una risorsa importante per affrontare quei problemi politici interni e internazionali che essa, per le sue attitudini e la sua storia, non in grado di governare da sola; Un mutamento sociale di rilievo poi legato anche alla distruzione dellimpalcatura di istituzioni della societ capitalistica, per la progressiva eliminazione di piccole imprese agricole, artigianali, industriali e commerciali. Ci ha rilevanti conseguenze politiche, perch priva la borghesia dei suoi tradizionali alleati sociali, non rimpiazzati dalla nuova classe manageriale e amministrativa delle grandi imprese burocratizzate che, non essendo interessata alla propriet, non motivava a difendere efficacemente il capitalismo liberale dagli attacchi dei suoi nemici.

b)

2. La DISTRUZIONE DEGLI STRATI SOCIALI CHE SOSTENEVANO LA BORGHESIA: a)

b)

3. Questo progressivo indebolimento sociale e politico della borghesia favorisce linstaurarsi di unATMOSFERA
SOCIALE OSTILE AL CAPITALISMO LIBERALE,

soprattutto per lattivit degli intellettuali che fomentano ed organizzano il risentimento popolare dovuto alle crisi cicliche ed alla disoccupazione legati alleconomia capitalistica; questi intellettuali, in realt, sono professionisti della parola, (giornalisti, avvocati, leader politici), e hanno in comune lattitudine a criticare con lo scopo di mettersi in mostra e costruire il loro status sociale. Essi riescono, in questo modo, ad influenzare la politica e le sue decisioni (ad esempio radicalizzano il movimento operaio anche al di l delle richieste dei sindacati);

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4. Lelemento decisivo che porta allindebolimento del capitalismo liberale costituito dalle POLITICHE
ovvero da quel complesso di misure legislative e amministrative 14 che si vanno diffondendo nei vari paesi, parallelamente allindebolimento della borghesia e alla crescita del malcontento fomentato dagli intellettuali. Tutte queste politiche, che hanno avuto unaccelerazione dopo la Grande Crisi del 29, pongono vincoli crescenti al funzionamento delle imprese private e introducono un graduale spostamento dei principi di regolazione delleconomia dai mercati autoregolati a forme di pianificazione socialista.
ANTICAPITALISTICHE,

Fig. 7.2. Le cause culturali e sociali del declino del capitalismo liberale secondo Schumpeter. Schumpeter vede nel capitalismo americano del New Deal, e poi in quello che si sarebbe affermato dopo la guerra in America e in Europa, una sorta di capitalismo laburista, in cui le imprese private sono sottoposte a oneri fiscali e regolativi crescenti. Schumpeter pi scettico sul fatto che questa forma di capitalismo pi regolato politicamente possa sopravvivere a lungo; il capitalismo per lui legato , infatti, una specifica struttura istituzionale e uno schema di valori: una civilt. Gli risulta quindi difficile credere che un capitalismo che abbia eroso le basi istituzionali su cui poggiava possa continuare ad esprimere un elevato dinamismo economico. Per Schumpeter, il declino del capitalismo liberale prepara gradualmente il passaggio al socialismo, inteso come forma di organizzazione della societ in cui i mezzi di produzione sono controllati dallautorit pubblica (responsabile anche delle scelte relative alla produzione dei beni e alla distribuzione dei redditi) che egli ritiene sia
14

Si tratta di tutti quegli interventi che estendono il ruolo dello stato o della contrattazione collettiva: le politiche della spesa pubblica in deficit per sostenere la domanda e ovviare alle crisi cicliche; le politiche redistributive, volte a realizzare una maggiore uguaglianza sociale, in particolare attraverso una crescita della pressione fiscale; strumenti regolativi come quelli legati alle misure antitrust per contrastare le imprese monopolistiche, e al controllo per via amministrativa dei prezzi; la diffusione di imprese pubbliche; la legislazione assistenziale e del lavoro e la crescita della contrattazione sindacale nel mercato del lavoro.

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efficiente sul piano economico, sia compatibile con la permanenza della democrazia politica15.

15

Questa tesi, sebbene formulata con cautela, avrebbe trovato delle chiare smentite nella successiva esperienza storica dei paesi socialisti.

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CONVERGENZE ANALITICHE E DIVERGENZE POUTICHE Polanyi e Schumpeter sono due autori che non appartengono allo stesso ambiente culturale e non hanno interazioni tra loro, anche se furono entrambi segnati dal clima della Vienna di inizio secolo. Luno era un socialista laburista e gildista, laltro un liberista conservatore. Nonostante queste differenze, entrambi contribuiscano sul piano analitico a mettere a fuoco secondo linee convergenti il problema del declino del capitalismo liberale e della grande trasformazione che si avvia dopo la crisi degli anni 30. Polanyi un istituzionalista, Schumpeter un economista che esce dagli schemi tradizionali della disciplina e riconosce limportanza delle istituzioni per comprendere il cambiamento delleconomia. Polanyi limita drasticamente la validit scientifica delleconomia e ne storicizza i risultati. Gli strumenti della disciplina servono per comprendere il funzionamento delleconomia solo quando questa dominata dai mercati autoregolati. La sua efficacia dunque ristretta al secolo nel quale trionfa il capitalismo liberale: l800. Estenderne la portata allindietro nel tempo significa cadere nella fallacia economicistica. Da questo punto di vista, Polanyi dunque pi vicino a Durkheim e soprattutto a Veblen: il suo un istituzionalismo pi alternativo che integrativo rispetto alleconomia di tipo neoclassico. Per Schumpeter leconomia teorica una disciplina analitica, e come tale non fonda la sua scientificit sulla verifica empirica dei suoi schemi e non richiede pertanto di essere storicizzata. Tuttavia, nellambito delleconomia deve esservi spazio sia per la componente teorica, di taglio analitico, che per quella storicoempirica. Questultima prende in esame il rapporto tra fenomeni economici e contesto istituzionale, basandosi sul contributo della storia e della sociologia economica. Ed proprio alla sociologia economica che Schumpeter fa ricorso quando sinterroga sul cambiamento del capitalismo e sul suo futuro. Da questo punto di vista, egli si avvicina, di fatto, a un tipo di indagine simile a quella condotta da Polanyi. Quanto alle cause del declino, essi convergono in sostanza nel sottolineare che le conseguenze sociali innescate dal prevalere dei mercati autoregolati nellorganizzazione economica scatenino delle reazioni sociali e politiche le quali, a loro volta, inceppano progressivamente il funzionamento dei mercati stessi, la loro capacit di riequilibrarsi. Contrariamente quindi a quanto pensava Marx, le cause del declino sono sociali prima che economiche, anche se esse si ripercuotono poi sul funzionamento delleconomia. Si potrebbe dire che in un certo senso viene ribaltata lenfasi di Marx sulle crisi economiche come fenomeni di accelerazione del cambiamento sociale e politico: per i nostri due autori vero il contrario. Polanyi parla in proposito di autodifesa della societ, un processo che si esprime con la diffusione di varie forme di protezionismo (sociale e del lavoro, agrario, creditizio). Schumpeter fa invece riferimento alle politiche anticapitalistiche che vedono unaccelerazione dopo la Grande Crisi, ma trovano un terreno favorevole nellindebolimento del quadro culturale e istituzionale del capitalismo liberale e nella crescita del malcontento sociale. Polanyi vede gi avviati alla fine dell800 i processi di cambiamento istituzionale che preparano il declino e raggiungono lapice nella crisi del 1929, mentre Schumpeter tende a spostare pi in avanti i fenomeni di irrigidimento dei mercati autoregolati, considerando tali fenomeni pi come una conseguenza delle reazioni istituzionali alla crisi del 29 che come fattore che prepara la crisi stessa. Ma soprattutto una questione di enfasi. Anchegli, infatti, vede negli anni 30 uno spartiacque che separa lepoca del capitalismo non regolato da quella del capitalismo regolato; un fenomeno che prepara, in una prospettiva pi lunga e pi incerta, lavvento del socialismo. poi significativo che entrambi gli autori arrivino a conclusioni simili sui requisiti non economici per il funzionamento del mercato: si tratta di un giudizio che acquista un rilievo particolare per lanalisi storicoempirica, perch sottolinea come il funzionamento dei mercati concreti non sia comprensibile senza prendere in esame come essi siano integrati nella societ, cio in che modo si combinino con un contesto istituzionale che fornisce le risorse per motivare gli attori a un comportamento economico congruente, e per far loro accettare le conseguenze sociali che discendono, dalloperare dei mercati. Questi ultimi non possono dunque esistere in concreto senza un adeguato supporto istituzionale.

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Seguendo questa prospettiva, Polanyi e Schumpeter mostrano sul piano storico come laffermarsi del mercato eroda le vecchie istituzioni, generi instabilit sociale e politica, e porti alla sperimentazione di nuove istituzioni. Anche sul terreno dellanalisi del processo di trasformazione del capitalismo vi poi una convergenza significativa tra i due autori, pur se essi divergono nettamente nella valutazione politica di tale fenomeno. La direzione di marcia che entrambi tratteggiano , infatti, quella del passaggio a un capitalismo in cui il ruolo del mercato pi limitato e pi regolato socialmente e politicamente. questa la grande trasformazione di Polanyi, mentre Schumpeter parla di un capitalismo laburista che avrebbe preparato un probabile passaggio a una forma di organizzazione economica di tipo socialista. Tuttavia, Schumpeter non giudica favorevolmente il processo in corso, egli resta legato ai valori della civilt capitalistica che vorrebbe difendere, ma che gli sembra in un declino difficilmente arginabile. Polanyi ritiene invece che il passaggio ad uneconomia pi reincorporata nella societ, pi regolata socialmente e politicamente, sia non solo inevitabile, ma anche auspicabile, sia per il futuro dei paesi occidentali che per i nuovi paesi sottosviluppati che si andavano affacciando sulla scena della storia, e che non avrebbero necessariamente dovuto sostenere i costi sociali del mercato.

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