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Turchia

Istanbul vista dallo stadio


Elif Batuman, The New Yorker, Stati Uniti

Passione. Violenza. Amore incondizionato. In Turchia il calcio una questione molto seria. E la rivalit tra le squadre della capitale accesissima. I tifosi del Beikta raccontati da Elif Batuman
n una fredda e umida mattina di dicembre sbarco a Istanbul per assistere a una partita di calcio tra il Beikta e il Bursaspor, la squadra della citt di Bursa, antica capitale dellimpero ottomano. Sentir parolacce di ogni genere, mi dice il tassista. Cose che non ha mai sentito e che nessuno dovrebbe mai sentire. Sembra sinceramente preoccupato. Non c problema, gli dico. Sto cercando di approfondire la conoscenza del turco. Non sono sicuro che assistere a una partita del Beikta sia il modo migliore per farlo. Per un po proseguiamo in silenzio. In Turchia il calcio una questione molto seria. Nel 1981, a una partita tra due squadre di Smirne, il Karsikaya e il Gztepe, hanno assistito pi di ottantamila spettatori. Nel 2003, durante unamichevole tra le due squadre, un tifoso morto accoltellato. Il fanatismo e la violenza sono una piaga di tutto il calcio europeo, ma non succede spesso che un incontro tra due club di secondo piano della stessa citt sia vissuto come una questione di vita e di morte.

In Turchia quasi tutte le citt hanno una squadra, ma la maggior parte dei turchi fa il tifo per una delle tre grandi di Istanbul: il Galatasaray, il Fenerbahe e il Beikta. Negli anni ottanta tra le loro tifoserie scoppi una vera e propria guerra, con tanto di agguati, linciaggi e scontri in strada. Negli anni novanta una tregua ha attenuato la violenza, ma non lha eliminata del tutto. Nel 2000 due tifosi del Leeds United, una squadra inglese, sono stati uccisi a coltellate prima di una partita con il Galatasaray. Sempre nel 2000, quando il Galatasaray si qualiicato per la Champions league, i tifosi hanno festeggiato sparando in aria. Le pallottole vaganti hanno provocato un morto e quattro feriti. A ogni squadra di Istanbul corrisponde un preciso stereotipo. Il Galatasaray, il club pi antico, legato alla vecchia lite ottomana del Lyce Galatasaray. Il Fenerbahe la squadra pi ricca e vanta i sostenitori pi illustri (tra cui il primo ministro Recep Tayyip Erdoan e il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk). Il Beikta il parente povero, la squadra degli operai, famosa per lentusiasmo dei suoi tifosi. Il regista

BRUNO BARBEy (MAGNUM/CONTRASTO)

Zeki Demirkubuz ha deinito il Beikta la squadra pi surreale al mondo. Per il Fenerbahe e il Galatasaray conta solo vincere, sostiene. Il Beikta, invece, una squadre irrazionale, e quindi umana. Il linguaggio dei suoi tifosi volgare ma allo stesso tempo caratterizzato da una certa poetica del desiderio e dellamore: un amore folle e non corrisposto che porta alla morte. Era un giorno di pioggia quando ti ho visto, dice un coro del Beikta, portavi la maglia a strisce bianche e nere.

Siamo tutti neri


Il giorno della partita le strade intorno allo stadio Inn, dove gioca il Beikta, diventano inaccessibili. Mi faccio lasciare dal taxi davanti a una fermata e proseguo in metropolitana. LInn situato sulla sponda occidentale ed europea del Bosforo, vicino al palazzo Domanbahe, dove regnarono gli ultimi sei sultani ottomani e dove Mustafa Kemal Atatrk, il fondatore della repubblica turca, stabil la sua residenza nella capitale. A due ore dallinizio della partita, il tratto di strada che costeggia i giardini del palazzo gi inondato di tifosi con le sciar-

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Tifosi del Beikta allo stadio Inn di Istanbul

pe e i cappelli bianconeri. Ogni dieci metri ci sono signori anziani che vendono bandiere e cerate antipioggia del Beikta. Appoggiata contro un muro, una giovane donna ossuta con la testa avvolta in un fazzoletto e protetta da un impermeabile da quattro soldi vende ombrelli del club. I tifosi del Galatasaray e del Fenerbahe sono sparsi in tutta la citt, mentre quelli del Beikta si concentrano nellomonimo quartiere operaio dove, da qualche tempo, i piccoli hotel di lusso, le boutique ricercate e i fast food convivono con le vecchie botteghe di barbiere e le sale scommesse. Il principale gruppo organizzato di tifosi del Beikta si chiama ari, che signiica pi o meno mercato o centro della citt. Nei pressi di ogni spazio pubblico del quartiere il mercato del pesce, il parco dei poeti o la piazza davanti al pub Kazan c un luogo consacrato alle riunioni del ari. Nel logo del gruppo le lettere sono scritte in bianco o in nero, con il simbolo anarchico in rosso al posto della A. Su internet o sui telefoni cellulari lortografia corrente Ari. Tra i simboli del gruppo ci sono unaquila nera, emblema del Beikta, e il

volto di Che Guevara. Prima della partita con il Bursaspor dovevo incontrare Alen Markaryan, un amigo del ari, cio uno dei tifosi che dirigono i cori durante le gare. Amigo Alen il volto pubblico del gruppo: va in televisione e rilascia interviste. Quando per ho provato a contattarlo, mi hanno spiegato che non era disponibile perch gli avevano appena sparato. A premere il grilletto era stato un altro amigo, meno famoso di lui. Dopo un periodo di rapporti tesi, i due si erano dati appuntamento per chiarire le cose su un molo nella zona orientale del Bosforo. Ma lincontro non andato bene. E ora amigo Alen in ospedale, dove stato operato per una ferita darma da fuoco al ginocchio. Chi gli ha sparato, invece, in attesa del processo. Non potendo parlare con Alen, ho preso appuntamento con un suo amico, uno studente di nome Deniz, magro e con una zazzera incolta color paglia. Eccoci, dice Deniz sorridendo. Questa Beikta. Alla nostra sinistra ci sono la facciata rosa del Palazzo Domanbahe e la distesa argentata del Bosforo, disseminata di navi. Alla nostra destra, lo stadio Inn si erge come un

colosso su una collina, mentre la folla si accalca ai suoi piedi, con la polizia schierata dietro le transenne. Latmosfera si fa sempre pi elettrica e il tempo sempre pi inclemente. Un iume di uomini tra i quindici e i quarantacinque anni avanza in marcia sotto raiche di pioggia, intonando i dolenti cori del Beikta. Le voci attraversano la folla e poi si disperdono. Deniz richiama la mia attenzione verso i pullman dei tifosi arrivati da Bursa, riconoscibili per il coccodrillo del Bursaspor dipinto sulle iancate. la prima volta dopo sette anni che assistono a una partita della loro squadra in casa del Beikta. Probabilmente ci saranno incidenti, dice Deniz, strizzando gli occhi. Seguendo il suo sguardo, mi trovo davanti a una specie di formicaio con tante minuscole igure indistinguibili. C la polizia. Proveranno a dividerci. Succeder sicuramente qualcosa. Comincio a distinguere i vari gruppi: i tifosi del Beikta, la polizia con gli scudi antisommossa, i sostenitori del Bursa in verde coccodrillo. meglio andarsene, continua Deniz. Rimane immobile per qualche minuto, alzandosi in punta di piedi per vedere meglio. Poi si gira e, afrettando il passo, mi fa strada lungo il viale alberato che porta al centro di Beikta. Proviamo a entrare al pub Kazan, ma pieno ino a scoppiare. Cos ci sediamo in una vicina sala da t allaperto. Nel ari c gente di tutti i tipi, mi spiega Deniz. Professori, medici, ragazzi di strada. Deniz stato allo stadio per la prima volta quando aveva ventidue giorni, in braccio al fratello. Nella nostra strada, tutti i palazzi, tranne uno, sono beiktali, dice. La parola indica un residente del quartiere o un tifoso della squadra. Negli ultimi sette anni, Deniz andato a tutte le partite del Beikta, in casa e in trasferta. Ne ha saltate solo due. Mi racconta che il Beikta una squadra imprevedibile, che parte sempre sfavorita. Poi mi parla degli striscioni esposti dal ari allo stadio. Siamo tutti neri, hanno scritto dopo gli insulti razzisti di una tifoseria avversaria a un loro giocatore, il franco-senegalese Pascal Nouma. Quando qualcuno del Fenerbahe ha preso in giro un allenatore del Beikta perch il padre faceva il bidello, sugli striscioni hanno scritto: Siamo tutti bidelli. E quando lUnione astronomica internazionale ha escluso Plutone dalla lista dei pianeti, il ari ha preso a cuore la causa: Siamo tutti Plutone. Non siamo ultras, dice Deniz. Siamo a un altro livello. Seduti a un minuscolo tavolo con la pioggia che batte sulla tettoia
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sopra di noi, beviamo t dai tradizionali bicchieri a forma di tulipano. Siamo per lamore, non per la guerra. Ma se c da fare la guerra siamo i migliori. E non permettiamo a nessuno di entrare nel quartiere con la maglia del Fenerbahe o del Galatasaray. Che vuol dire che non glielo permettete?. Gli facciamo togliere la maglia. Non raro, mi dice Deniz, vedere tifosi avversari andare in giro a torso nudo dinverno. Gli chiedo di amigo Alen. armeno, osserva Deniz. La prima cosa che tutti mi dicono di Alen che armeno. Una volta un giornale ha deinito la tribuna del Beikta lunico posto in Turchia dove la questione armena stata risolta. Tra i cori pi in voga sugli spalti ci sono Alen papa e, a pasqua, Alen, dacci la benedizione. Deniz racconta che lincidente con la pistola non particolarmente grave. Sono cose che succedono tra noi. Succede che vi spariate?. Be, mica sempre. La sparatoria precedente tra tifosi del ari era scoppiata nel 2007 per alcune discussioni su uno striscione che insultava un ex allenatore della squadra. Deniz guarder la partita dalla roccaforte del ari, la tribuna coperta dello stadio. Ma la maggior parte dei tifosi va nelle pi economiche tribune scoperte, dove mi accomoder anchio. Deniz mi accompagna allingresso e poi sparisce tra la folla. Vedo una massa di gente che si lancia a ondate verso i cancelli. In un attimo mi ritrovo incastrata in un muro umano di gomiti, spalle e schiene. A un certo punto mi sento sollevare da terra. Mi sforzo di andare avanti, ma continuo a scivolare di lato, ino a quando un tizio dallaspetto robusto con un giubbotto di pelle mi riporta in ila, in mezzo a una pozza di fango. Una folata di vento mi fa volare via il cappuccio. Il tipo sorpreso. C una signora qui!, grida. Facciamoci da parte! Fate passare la signora!. Sono sbalordita: tutti si fanno da parte e mi lasciano passare. Come in un sogno, arrivo sugli spalti sulle note dellinno nazionale. Uicialmente lo stadio ha una capienza di trentaduemila spettatori, ma per le partite di cartello si vendono migliaia di biglietti in pi. Dopo essermi incuneata in una ila gi piena mi volto per guardare verso il campo. Il prato, sotto i rilettori, di un verde brillante, come una pietra preziosa in uno scrigno. Quasi mi stavo dimenticando che c una partita di calcio. Purtroppo non riesco a concentrarmi sul match: sembra che qualcuno stia cercando di strangolarmi. Guardando in basso, vedo un signore dallaspetto distinto con i capelli grigi scompigliati, una corta barba brizzolata e gli occhiali forse uno dei professori o dei medici di cui parlava Deniz che mi agguanta una spalla nel tentativo di issarsi sulla scala di passaggio. Con la mano libera aferra il collo di un ragazzo accanto a me. Senza mai staccare gli occhi dal campo, il ragazzo mette la mano sotto il gomito del signore e lo aiuta a scavalcare. Quando inisce linno nazionale tutti gli uomini intorno a me alzano il braccio destro e cominciano a cantare in coro: Ehi, voi! Bursa froci, Bursa froci!. Il gruppo organizzato dei tifosi del Bursa, il Texas, seduto alla nostra destra in una gabbia di metallo. I giocatori entrano correndo. Quelli del Beikta hanno la maglia bianconera a strisce, che brilla sotto i rilettori. Dalla vitalit dei loro gesti durante il riscaldamento sembra quasi che siano di unaltra razza rispetto ai tifosi. strano pensare che questi due gruppi di persone i tifosi e la squadra si rappresentino a vicenda. Chi dei due che fa pi sul serio? I giocatori giocano la partita, spiega un tifoso del ari. Noi la viviamo. Il sociologo Ahmet Talimciler, autore di un libro sul tifo nel calcio turco, di recente ha chiesto a quindicimila tifosi turchi quanto sia importante per loro la squadra del cuore. Per il 62 per cento degli intervistati la squadra viene solo dopo la famiglia e la patria e per il 30 per cento pi importante di qualsiasi altra cosa. Stando a unaltra statistica, il 76 per cento dei turchi tifa attivamente per una squadra di calcio. una rete di agenti per salvaguardare i valori turchi dalle iniltrazioni culturali delloccidente. Giocare a calcio era vietato. Il calcio, per, si difuse tra i greci che vivevano nel paese, e le partite amichevoli contro gli inglesi venivano seguite da un gran numero di spettatori turchi. Il calcio era esclusivamente uno sport da guardare. La prima squadra musulmana fu fondata nel 1901 da uno studente dellaccademia navale di nome Fuat Hsn Kayacan, che un giorno, grazie allottima conoscenza dellinglese, riusc a comprare un pallone usato. Kayacan ingaggi un gruppo di giovani che frequentavano un caf del quartiere e diede al club un nome inglese (Black Stockings, Calze nere) per depistare gli ispettori del sultano. Nonostante lespediente, i Black Stockings furono arrestati in blocco dopo la prima partita, una sconitta per 5-1 contro una squadra greca. Kayacan, che aveva segnato lunico gol dei turchi, fu processato e condannato per aver indossato gli stessi abiti dei greci e fatto esercizi con la palla. Ma non scont la pena, forse perch iglio di un famoso ammiraglio. Nel 1908 lassolutismo del sultano fu mitigato dallarrivo dei Giovani turchi, che consideravano il calcio uno strumento utile per loccidentalizzazione della giovent del paese. Molti musulmani, tuttavia, disapprovavano. Ai loro occhi, calciare una palla delle dimensioni di un cranio umano era la rappresentazione simbolica di un trauma nazionale: nel 680 il nipote di Maometto, Hossein, fu decapitato e i suoi assassini presero a calci la testa. A ogni modo, nel 1910 cerano abbastanza calciatori musulmani per organizzare un campionato da disputare il venerd, che avrebbe aiancato il torneo non musulmano. Dopo la prima guerra mondiale, durante loccupazione di Istanbul da parte degli Alleati, i turchi esultavano per le vittorie di Fenerbahe, Galatasaray e Beikta contro le squadre dellesercito britannico. Il calcio assunse nuovi signiicati politici in seguito a uno dei passaggi fondamentali della storia turca del dopoguerra, il colpo di stato del 1980. Allora una giunta militare sciolse il parlamento, epur e mise in carcere tutti i cosiddetti estremisti, e istitu una dittatura militare ispirata a princpi del nazionalismo e del secolarismo. Visto che la capitale di Atatrk doveva assolutamente avere una squadra nella massima serie, il leader della giunta, il generale Kenan Evren, intervenne personalmente per ottenere la promozione di un club di Ankara in Sper lig. Alcuni anni dopo, alla vigilia delle

Il pallone vietato
Il calcio fu introdotto nellimpero Ottomano intorno al 1870 dai mercanti britannici provenienti dai porti di Salonicco, Smirne e Istanbul. Il suo arrivo coincise con linizio del dispotismo del sultano Abdlhamid II, che nel 1878 abol la costituzione approvata due anni prima, sciolse il parlamento e cre

Deniz mi accompagna allingresso e poi sparisce. Una massa di gente si lancia verso i cancelli. In un attimo mi ritrovo incastrata in un muro umano

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Il ari in trasferta nello stadio del Manisaspor, a Manisa elezioni del 1987, il presidente in carica Turgut zal promosse di diritto le squadre di Kocaeli e Bursa dalla seconda alla prima divisione nel tentativo di accaparrarsi i voti dellAnatolia nordoccidentale. zal ordin anche la reintroduzione del defunto terzo torneo professionistico, deinito da Talimciler una specie di campionato politico. In questo modo ogni citt turca poteva essere manipolata attraverso il calcio. Secondo il sociologo Talimciler, in Turchia il calcio loppio del popolo. Negli anni successivi al colpo di stato del 1980, quando le manifestazioni politiche erano proibite, il governo ha usato il calcio per riempire quel vuoto. Non a caso il ari, che nato in quegli anni, ha assunto molte delle caratteristiche di un partito. Le posizioni del gruppo sui temi di rilevanza politica sono regolarmente riportate dai giornali. I suoi rappresentanti sono invitati in parlamento e ai comizi. Un membro del gruppo mi ha confessato di non amare il calcio e di essersi avvicinato al ari per le sue posizioni di sinistra sui temi sociali. Ma il ari esprime delle energie politiche o si limita ad assorbire delle idee dallesterno? un gruppo politico o il semplice simulacro di un partito? Quando chiedo a uno dei fondatori perch porta limmagine di Che Guevara sul cappello, mi risponde in tono perentorio: Ho il Che sul cappello da ventanni. Un altro tifoso mi spiega che molte tifoserie venerano Atatrk, ma che quelli del Beikta lo amano per i suoi tratti pi umani, come il suo debole per lalcol. Sulle orme di nostro padre/ moriremo tutti di cirrosi, recita un coro. Imparo pian piano ad apprezzare questi versi perch sono capaci, in modo profondamente umano, di rivelare allo stesso tempo troppo e troppo poco, di moltiplicare le contraddizioni invece di risolverle. Il ari la gente della curva ma non un gruppo di persone. un incorreggibile spirito ribelle, una ilosoia in bianco e nero, un amore folle, una forma di morte, una battuta di spirito. Il ari giura di non avere n gerarchie n capi. Non tiene elezioni n incontri uiciali. In realt, non siamo neanche unassociazione o unorganizzazione vera e propria. E non abbiamo un capo, ha dichiarato alla stampa amigo Alen. Il ari non un gruppo: uno spirito condiviso. Il ari, per, ha una cerchia interna composta da vari fratelli maggiori, con cui alla ine riesco a mettermi in contatto attraverso lamministratore del loro sito web, Alaattin am. am un impiegato pubblico sulla quarantina e lavora a cinque ore da Istanbul. Assiste a tutte le partite del Beikta e coordina i programmi di solidariet del ari negli ospedali infantili e nelle case di riposo, raccoglie fondi e si occupa anche delle donazioni di sangue, molto popolari tra i tifosi. Andiamo in un posto dove possiamo parlare, mi dice Alaattin davanti
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Senza capi
Nessuno sa dire quanto grande il ari, come ci si entra e come fanno i suoi capi, che non si chiamano capi, ad acquistare il potere che hanno. Quando le domande si fanno pi insistenti, i membri del gruppo citano una lunga poesia intitolata Cos il ari?, che tutti sembrano conoscere a memoria. Il ari nella domanda: Quanto stanno?, fatta da un uomo appena salvato da una frana nella miniera di Zonguldak. la gente della curva: un medico, un operaio, un uomo dafari, un ragazzo analfabeta, un professore. Sono gli uomini di sinistra, di destra, i pellegrini, i musulmani, gli armeni, gli ebrei, i cristiani che saltano su e gi, spalla contro spalla, con le lacrime agli occhi, gridando a perdiiato: Mio Beikta, mio solo e unico amore!.

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al pub Kazan, dove ci siamo dati appuntamento. Poi si avvia a grandi falcate nellaria piovigginosa del pomeriggio. Lo seguo per una serie di stradine secondarie nei pressi dello stadio ino a una gelateria. Saliamo le scale e ci sediamo sulla terrazza deserta. Un cameriere ci segue e accende il calorifero. Ordiniamo due t. Voglio aiutarti, dice Alaattin accendendosi una Marlboro. Ma prima volevo incontrarti e vedere che tipo sei. Evidentemente gli sono sembrata innocua, perch poco dopo mi porta dai fratelli maggiori del ari. Si incontrano allEagle Caf, un locale al centro di Beikta con le pareti bianche tappezzate di oggetti del club. Un gruppo di signori anziani con le sciarpe bianconere gioca a carte sotto lampadine luorescenti mentre un uomo pi giovane con limpermeabile ingobbito su un giornale. Il gruppo del ari seduto intorno a un tavolo in fondo alla sala. Ayhan, un tipo dalla voce soffusa e dallet indeinibile ha i tratti giovanili e i capelli bianchi mi viene incontro per salutarmi. Poi mi presenta due dei fondatori del gruppo, Hakan e il Cammello, e un uomo pi giovane soprannominato Autobahn. Molti membri del ari si conoscono solo per soprannome. Laggi c Dervish, dice Ayhan, indicando un tipo massiccio con gli occhiali di plastica che a quanto pare lavvocato del gruppo, e quello Tatar. Possiamo parlare in inglese se vuoi, mi dice Dervish. Tatar fa lavvocato. Quando ne abbiamo bisogno ci d una mano, spiega Ayhan. Chiedo se il ari ha spesso bisogno di assistenza legale. Tutti fanno segno di s. Largomento del giorno la nuova legge sulla violenza legata al calcio, che prevede il carcere per chiunque provi a portare allo stadio pistole, coltelli e altre armi. Qualcuno del ari dovr andare ad Ankara per essere ascoltato da una sottocommissione parlamentare sulla violenza nello sport. Chi andr, ora che amigo Alen costretto a letto? Tutti sembrano propensi a mandare Ayhan, eccetto Ayhan stesso. Alla ine sar lui a essere scelto. In efetti, quando si parla di politica, preferisce rimanere deilato. La conversazione si sposta sulla storia della squadra. Il Beikta Gymnastics Club fu fondato nel 1903 nel giardino di una villa di propriet di un esponente dellamministrazione ottomana, dove gli studenti della vicina scuola per uiciali si incontravano per esercitarsi alle parallele. Molti di loro sono morti nelle guerre balcaniche o nella prima guerra mondiale, dice Ayhan. Nel suo racconto, questi giovani uiciali-ginnasti non erano che dei poveri diavoli, soldati di fanteria di un impero in declino che cercava di resistere agli ultimi assalti europei. Siamo la prima tifoseria organizzata della Turchia, dice Dervish. Il primo gruppo di ultras del paese. Vi considerate ultras?, domando, ripensando alle parole di Deniz: Il ari non un gruppo di ultras, a un altro livello. S, conferma Dervish. E non riconosciamo come ultras nessun altro gruppo turco. Qui in Turchia, no, interviene Autobahn. Ma ce n qualcuno allestero. I fondatori del ari hanno cominciato ad andare alle partite del Beikta da bambini o da adolescenti, alla ine degli anni settanta. In quegli anni gli stadi del Galatasaray e del Fenerbahe erano chiusi, e gli incontri importanti si disputavano allInn. Considerato che i posti non erano numerati, i tifosi del Beikta dovevano impedire ai supporter avversari di accedere alla tribuna coperta, che aveva la vista e lacustica migliori. Si scaten allora la famosa guerra dellInn: prima delle partite centinaia di tifosi del Beikta rimanevano a dormire allo stadio per difendere i loro posti. Usavano pugni, bastoni e sassi e, man mano che gli scontri si facevano pi violenti, coltelli a serramanico, mannaie e gli ailatissimi coltelli da kebab, lunghi come spade. Dopo il colpo di stato del 1980 per qualche tempo la guerra dellInn cal dintensit. Con le forze dellordine impegnate a far rispettare il coprifuoco ino alle cinque di mattina, non era pi possibile passare la notte allo stadio. Ma ogni volta che cera una partita, alle 5 e 01 in punto schiere di tifosi si riversavano per le strade. Alla ine il Beikta conquist la tribuna coperta, e il Galatasaray e il Fenerbahe tornarono nei loro stadi. Questo, per, non mise ine agli scontri. A met degli anni ottanta cerano tifosi che andavano in giro armati. Istanbul era spaccata, ricorda Ayhan. Cerano scontri ventiquattrore su ventiquattro. Vivevamo di tifo per sette giorni a settimana. La sera nessuno andava a casa: avevamo paura che venissero coinvolte le famiglie. Dormivamo tutti nello stesso posto. Alle tre o alle quattro del mattino squillava il telefono: cera uno scontro in corso. Ci precipitavamo tutti, centinaia di persone, qualcuno armato. Hai presente il ilm Braveheart? Era esattamente cos.

Unopera globale
Qui nessuno ha una sola parte del corpo intatta, dice Hakan. Parla con una cadenza strascicata ma chiara, e somiglia a un intellettuale cecoviano, con gli occhiali, la barbetta, i bai e la carnagione giallastra. La gente scendeva in strada con le spade da samurai. Nel 1991 un tifoso del Beikta fu ucciso a calci da una quarantina di tifosi del Galatasaray. Qualche tempo dopo i tifosi del Galatasaray e del Fenerbahe chiesero di incontrare quelli del Beikta per concordare una tregua. Una settantina di persone si present armata allincontro, al parco Abbasaga. Sembrava di stare in un film di mafia, racconta Ayhan. Dopo la tregua, che dura ancora oggi, non ci sono stati pi accampamenti fuori dello stadio n agguati n sparatorie. Se un tifoso passeggia con una donna nessuno pu dirgli nulla. Ayhan ordina un altro giro di t, e per un po lunico rumore il tintinnare dei cucchiaini nelle tazze. Chiedo cosa cambiato per il ari negli ultimi trentanni. La diferenza che oggi sono pi i morti dei vivi, risponde Hakan. Quindici dei fratelli maggiori originali sono morti, solo cinque per cause naturali. Nella guerra dellInn qualcuno ha perso un occhio, qualcun altro rimasto menomato, dice Ayhan. Qualcuno morto in un incidente, qualcun altro stato ammazzato. Anche quelli che sono morti per cause naturali si erano rovinati per il Beikta. Hanno avuto incidenti, si sono ammalati per colpa dellalcol. Oggi i ragazzi guardano le partite dalla tribuna coperta, ma non sanno quello che ci costato. Ayhan mi porta nella tribuna coperta a vedere una partita, relativamente poco importante, contro il Rapid Vienna. Fa freddo, il calcio dinizio alle dieci di sera. Nelle strade vicino allInn dei poliziotti incappucciati nei loro impermeabili neri impediscono ai passanti di attraversare la strada. Fascisti, commenta Ayhan. Vieni, andiamo, mi dice attraversando la strada in mezzo al traico. tutto inutile: restiamo bloccati per dieci minuti dietro a un paio di

I fondatori del ari hanno cominciato ad andare alle partite del Beikta da bambini o da adolescenti, allinizio degli anni settanta

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Tifosi del Beikta a Manisa tizi vestiti come due gigantesche pantofole pelose. Mentre siamo in coda Ayhan mi racconta di essere stato alla prima partita del Beikta nel 1981, ad Ankara, la sua citt. E ricorda di essersi inspiegabilmente appassionato alla squadra. Quando aveva tredici anni ha cominciato ad andare a Istanbul e a frequentare i tifosi del Beikta. Dopo il secondo anno del liceo scappato di casa, si stabilito deinitivamente a Istanbul ed entrato nel ari, che allora era un gruppo non organizzato di tifosi ventenni. Hai capito subito che il ari sarebbe diventato cos importante?, gli chiedo. No, ho sempre pensato che avrei fatto larcheologo. Improvvisamente lInn si staglia imponente di fronte a noi. Troviamo un posto in tribuna vicino ad Autobahn, al Cammello e ad altri della vecchia guardia. La squadra esce dal tunnel e comincia il riscaldamento. I tifosi intonano in coro i nomi dei singoli giocatori. Chi viene chiamato corre verso la tribuna e saluta il pubblico. uno di quei momenti esaltanti in cui la realt dei tifosi si sovrappone a quella della squadra. Cinquemila uomini gridano: Guti. E Jos Mara Gutirrez Hernndez si stacca dai compagni come una marionetta, alzando il braccio quasi in segno di resa. Mentre lamore per il Beikta incondizionato, latteggiamento dei tifosi verso i singoli giocatori ambivalente e volubile. Si racconta di membri del ari che hanno fatto amicizia con i giocatori tagliando le gomme delle loro auto e poi ofrendosi di accompagnarli a casa, oppure di tifosi che devastano gli spogliatoi e poi si presentano il giorno dopo portando baklava e mazzi di iori. Nel 2002, per, il campo dallenamento del Beikta si trasferito lontano dal quartiere, e oggi linvadente affetto del ari si manifesta solo in occasione delle partite. Durante lincontro con il Rapid Vienna, la tribuna coperta intona cori contro il Fenerbahe, un classico del repertorio a prescindere dallavversario. Nel pi famoso coro contro il Fener, cantato sullaria di Those were the days, i tifosi invocano per tre strofe la ine della volgarit verbale nel calcio. Poi, nel ritornello, concludono: Ma per lultima volta, yarram ye, Fener (succhiami il cazzo, Fener). Su YouTube c un numero incredibile di filmati della cosiddetta Fener opera, cantata da turchi e stranieri a ogni latitudine del pianeta, dal Vaticano al Circolo polare artico. Dei sudanesi la cantano davanti a un parcheggio di camion; un francese la intona solitario davanti al Taj Mahal; un gruppo di cubani, in una piazza dellAvana, la accompagna con bonghi e chitarra. C anche una versione appena sussurrata da un macedone ubriaco durante un banchetto, e unaltra di un paracadutista israeliano che si registra sul telefonino mentre si lancia dallaereo. C qualcosa di commovente e allo stesso tempo inquietante in queste manifestazioni extracalcistiche di una faida tutta interna a Istanbul, che si trasforma in gioioso canto globale. Alla ine il Beikta batte la squadra viennese per 2-0. Durante un coro particolarmente fantasioso sulla madre dei tifosi del Fenerbahe guardo Ayhan. Strizzando gli occhi e muovendo silenziosamente le labbra, guarda isso la partita e stringe tra le dita una sigaretta ridotta a una colonna di cenere.

A casa di Alen
Due giorni prima di capodanno riesco inalmente a incontrare amigo Alen nel suo appartamento a skdar, un quartiere residenziale nella parte asiatica della citt. Per arrivarci divido il taxi con Ayhan, Hakan e il Cammello. Ci apre la porta igdem, la moglie di Alen, una ragazza bruna e graziosa di poco pi di trentanni. Nel soggiorno c una sedia a rotelle pieghevole appoggiata a un letto da ospedale. Ci sono trofei e targhe
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in abbondanza e un albero di natale addobbato con luci intermittenti. Una gigantesca aquila di bronzo appoggiata sul tavolo accanto a una fotograia pesantemente ritoccata di Alen e igdem il giorno del matrimonio. Guardano sognanti nel vuoto, inquadrati di tre quarti. Lamigo, un tipo robusto, con il collo taurino e le spalle muscolose, disteso su un divano vicino alla inestra, con lespressione disorientata di un uomo dinamico che costretto a letto. Guardate, ripete agli amici spostando il lenzuolo che gli copre le gambe. Prima di voltarmi dallaltra parte, mi sembra di intravedere un paio di grosse cosce maschili e una crosta nerastra. Non niente, dice Hakan. Ti ricordi quando hanno sparato a Optik? I medici dicevano che sarebbe rimasto zoppo. Amigo Alen ha cominciato facendo lorafo nel bazaar grande, passando da apprendista a maestro nel giro di sedici anni. Dieci anni fa ha realizzato il suo sogno di aprire un ristorante di kebab a Beikta. La fede per il Beikta di famiglia: Alen lha ereditata dal padre. Il novanta per cento degli armeni tifa per il Beikta, dice. Perch gli armeni sono artigiani. E il Beikta la squadra degli artigiani. Hakan cita un famoso clich: Gli armeni tifano per il Beikta, gli ebrei per il Galatasaray e i greci per il Fenerbahe. Nessuno dice mai per chi tifano i curdi, la pi grande minoranza presente in Turchia. Alen ha cominciato a partecipare alla guerra dellInn quando aveva sedici anni. Ho lasciato le superiori dopo il primo anno e sono diventato attivo nel ari, dice. A venticinque anni era un amigo. Ayhan gli porge un pacco avvolto nella carta di giornale: una scultura di vetro, un premio per la tifoseria pi calorosa. Alen se lo rigira tra le mani, soddisfatto e rammaricato allo stesso tempo. Discutono di dove metterlo. Alen fa notare che le targhe custodite nel suo appartamento sono solo una piccola parte: il resto nel suo ristorante. Poi comincia a parlare con gli amici di quanto sia diicile mettere la sedia a rotelle in macchina, dei beneici della isioterapia e dei dettagli della sua ferita. Racconta di una lunga conversazione con il medico sulla rottura della cartilagine e la ricostruzione del ginocchio. Tutti sembrano confusi. Pensa solo a riposarti e prendi molto calcio, dice alla ine Ayhan. questa la cosa singolare di Alen, mi spiega dopo la visita, mentre io, lui e Hakan siamo a cena in una tavola calda. Alen riceve premi, parla alla tv, scrive articoli.

Durante la partita contro il Rapid Vienna, i tifosi intonano cori contro il Fenerbahe: lo fanno sempre, a prescindere dallavversario
Non facile fare quello che fa lui, aggiunge Hakan. Alen sa parlare e sa controllarsi. Probabilmente non sa come perdere il controllo. Ti faccio un esempio. Magari qualcuno in sua presenza nega lesistenza del genocidio degli armeni, solo per provocarlo. Quando sente nominare il genocidio, Alen diventa bianco come un cencio. Eppure in una situazione simile non dice nulla. Capisci cosa signiica?. Sembra in grado di tollerare qualsiasi cosa, dice Hakan. Non perde mai la pazienza. una persona gentilissima. La sparatoria stata una cosa terribile. Non doveva succedere.

Il prossimo striscione
Dicono che il ari si imborghesito, che non ci sono pi le side di una volta. Ormai i giovani si rivolgono al gruppo per chiedere consigli di ogni tipo: per esempio come organizzare una protesta contro la Nato. Improvvisamente mi torna alla mente uno degli slogan pi inquietanti del gruppo: Il ari contro se stesso. Lo capirai quando sarai pi vecchia, mi risponde Alaattin am quando gli chiedo cosa voglia dire quella frase. Pi cresci, pi sei costretto a voltare le spalle alle cose in cui credevi. Cambi la tua identit. Il ari non fascista, perci non oppone resistenza ai cambiamenti. Dopo cena torniamo allEagle Caf. Si parla della legge contro gli hooligan. Tra le misure previste c la reclusione di un anno per chi porta armi allo stadio e di due anni per chi canta cori osceni, razzisti o blasfemi. Come fanno a stabilire cosa blasfemo e cosa no?, chiede Hakan. Lascio i tifosi alle loro discussioni e torno verso la metro, accompagnata da Autobahn. un personaggio dallaspetto anacronistico, con la coda di cavallo, il pizzetto e un largo sorriso che lascia scoperto un incisivo mancante. stato soprannominato cos perch andava in trasferta facendo lautostop. Con una cantilena nasale mi di-

ce che nei prossimi giorni lavorer a uno striscione di duecento metri. Gli chiedo di raccontarmi la sua giornata tipo allo stadio. La mattina mi alzo, dice, e la prima cosa che penso che devo vedermi con il mio amore. A letto indosso un pigiama bianconero: quando mi guardo allo specchio la prima cosa che vedo. Il suo amore per il Beikta, spiega, sintetizzato da un vecchio detto turco: Ho un problema e non lo cambierei con mille soluzioni. Svoltiamo sul viale principale e Autobahn si accende una sigaretta, discutendo e gesticolando in modo stravagante. Parla della sua visione del mondo e del suo quartiere: Per indicare chi di Beikta si usa la parola Beiktali. Ma io non sono di Beikta: io sono Beikta. Cosa sarebbe il quartiere se non ci fossi io? Un pezzo di terra. Beikta la gente. Ci avviciniamo allo stadio. Proprio accanto alle tribune c un piccolo snack bar che non avevo mai notato prima. Davanti allentrata un giovanotto con il viso rotondo maneggia una grossa griglia, preparando kebab, peperoni e pomodori. Laria impregnata del profumo di agnello arrosto. Quando riconosce Autobahn, il ragazzo si illumina in volto. I due si abbracciano e si baciano. Autobahn fa il giro del locale, salutando la signora alla cassa e alcuni uomini seduti che fumano. Questa gente incredibile. Tiene aperta la tavola calda ventiquattrore su ventiquattro, dice. Dormono qui e si danno il cambio nel caso venga qualcuno a chiedere un panino. Scuote la testa ammirato. Senti, va bene se ci fermiamo a dare unocchiata agli striscioni?. I cancelli dello stadio sono sbarrati, ma alcune porte laterali sono aperte, nonostante il freddo. Due uomini con i giacconi di montone seduti a un bancone guardano una imprecisata partita di calcio su un minuscolo televisore. Sulle loro teste pende uninsegna illuminata con unaquila bianca e nera. tutto a posto, non vi alzate, dice Autobahn, entrando in un piccolo magazzino. Appoggiati alle pareti coperte di graiti del ari ci sono vari rotoli di stofa. Ripenso alla partita con il Rapid Vienna e cerco di immaginare come sar il prossimo striscione. Verr srotolato sopra le teste dei tifosi, che lo faranno scivolare sugli spalti come una gigantesca onda, mostrando lo slogan sotto i rilettori e il cielo stellato. u fas
LAUTRICE

Elif Batuman una scrittrice statunitense di origine turca. Ha scritto The Possessed: adventures with russian books and the people who read them (New York 2010).

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Internazionale 913 | 2 settembre 2011

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