La semiotica la disciplina quadro di linguistica e filologia. L'oggetto della 1 SEMIOTICA (o SEMIOLOGIA) la lingua parlata, considerata come aspetto essenziale della natura umana. A parte i casi di patologia linguistica, nei quali il soggetto non riesce a comunicare tramite la parola, la comunicazione umana avviene attraverso l'emissione e la ricezione di suoni (significanti) provvisti di significato. I gesti che accompagnano questa emissione sono detti paralinguistici e non hanno un valore semantico proprio: non possono cio sostituire l'atto linguistico, se non in alcuni casi circoscritti (cenno del capo per dire di s o di no; rotazione della mano per dire pi tardi). Come detto sopra, la semiotica la disciplina quadro di tutte le scienze della comunicazione. Essa, infatti, si occupa di tutti i sistemi di comunicazione, siano essi sistemi animali o umani. Fra questi rientrano manifestazioni linguistiche secondarie quali quella mediata dalla scrittura.
La LINGUISTICA, invece, ha come oggetto la comunicazione linguistica umana e considera l'atto linguistico spogliandolo di tutte le caratteristiche che non sono pertinenti. Infine, la FILOLOGIA si caratterizza per l'ampiezza del campo di competenza. Per prima cosa, il filologo lavora su codici e grafie antichi: ha nozioni, cio, di paleografia, bench sia il paleografo il titolare di una conoscenza specifica in questo mbito.
In secondo luogo, egli deve avere conoscenze di storia della cultura, che gli permettano di individuare gli autori di un certo testo, il loro retroterra culturale, l'ambiente in cui s'inseriscono, ecc. Va poi sottolineato come linguistica e filologia si implichino a vicenda. Se la filologia restituisce la lezione originale di un testo antico, lo pu fare solo ricorrendo anche a strumenti della linguistica. C' per una differenza fra il metodo linguistico e quello filologico. Il primo cerca riscontri concreti, nei testi, per apriorismi teorici, princpi formulati deduttivamente. Il secondo lavora sulla multiforme variet dei testi e non ne sacrifica la diversit alla ricerca di costanti. Quindi, possiamo dire con Weber che la linguistica una scienza nomotetica (ossia normativa), perch volta a stabilire regolarit, leggi [il richiamo qui alla designazione del metodo delle scienze naturali fatta da Kant e poi da Windelband]. La filologia, al contrario, ideografica [riferimento alla distinzione operata sempre da Windelband in relazione alle scienze storiche o dello spirito], ossia si rivolge al singolo, al particolare, e rifugge dalle generalizzazioni.
La SEMEIOTICA si occupa invece di studiare i sintomi di una malattia. La SEMIOLOGIA CONNOTATIVA, invece, interpreta fenomeni tipicamente umani come la letteratura e la moda come sistemi di comunicazione (cfr. Barthes, Miti d'oggi, Torino, Einaudi, 1974).
Il pensiero classico
Il pensiero linguistico classico
Aristotele inaugur il pensiero linguistico classico dando una preminenza alla logica sulla linguistica. Nelle Categorie e nell'Interpretazione, egli esamina il linguaggio come riflesso del pensiero, e sulla base di questo analizzer le categorie grammaticali e la loro combinazione come manifestazione concreta del modo di pensare umano. Solo con Leibniz la logica si smarcher dalla linguistica. La prima assumer, grazie al filosofo tedesco vissuto tra il Seicento e il Settecento, forma matematica. La logica simbolica che nasce permette cos da un lato un rinnovamento radicale della logica classica, dall'altro nuovi interessi sperimentali per le lingue. La variet delle lingue ignorata L'impostazione dell'analisi linguistica greca ellenocentrica. Sia la tradizione aristotelica sia quella alessandrina, infatti, ignorano l'esistenza di altre lingue. I motivi di ci possono essere due: 1) i greci non consideravano le lingue dei barbari degne di considerazione; 2) le categorie che si erano trovate per il greco dovevano essere valide anche per tutte le altre lingue.
Questa idea di universalit prosegu anche con la tradizione grammaticale latina il cui contributo scarsamente originale, come sottolinea Renzi che eviter di analizzare altre lingue e di evidenziare le differenze fra latino e greco (l'indubbia somiglianza fra le due lingue che in epoca posteriore sar ricondotta alla comune matrice indo-europea favoriva questa operazione).
Da ci si ricavano categorie universali, il cui valore indipendente dalla lingua cui si applicano. La prassi scolastica attuale continua a considerarle valide universalmente, tant' che sono considerate filtri per passare, nelle due direzioni, dall'italiano al latino, al greco e alle altre lingue moderne. Il pensiero linguistico greco, in sostanza, si esaurisce nella grammatica, che ancora si insegna oggi nelle scuole: analisi logica e grammaticale sono infatti il retaggio mediato dalle traduzioni alessandrina, romana, medievale, rinascimentale e cartesiana di quell'apparato di analisi creato dalla filosofia greca antica. Se vero che il sistema scolastico attuale ancora fermo sostanzialmente al primo paradigma, va ricordato che, in mbito accademico, il secondo paradgima non ha portato novit nei modelli sintattici, preferendo innovare piuttosto fonetica e morfologia. Il cambiamento linguistico negato La scuola alessandrina ha inaugurato quello che poi sar riconosciuto come
errore classico (classical fallacy). Essa infatti afferm la superiorit della lingua scritta su quella parlata (grammatica significa arte dello scrivere): lo scopo dei grammatici era quello di restituire lo stato linguistico originale dei testi e di corredarli di commenti e spiegazioni. Perci, essi ritenevano che il cambiamento linguistico dovesse essere sottoposto a un vaglio normativo: tutto ci che si discostava dalla primigenia purezza era considerato corrotto. Ancora, la linguistica sconta ancora, in certi mbiti umanistici, il pregiudizio secondo cui sarebbe al servizio della letteratura. Ma evidente che, stante l'oggetto della linguistica, essa non si pu limitare alla letteratura, ma si deve piuttosto occupare di tutte le manifestazioni linguistiche, letterarie e no. Il cambiamento linguistico stato considerato, da questo paradigma, come un tralignamento, una degenerazione da combattere, giacch la buona lingua non si cambia, cio non si corrompe (cfr. il Purismo tra Sette e Ottocento). Tutto questo complesso di errori classici verr tramandato dapprima nel Medioevo e poi nel Rinascimento e nel Classicismo razionalistico.
Sennonch, se la linguistica stata liberata del fardello della logica da Leibniz, la letteratura si affrancata dalla retorica, nello stesso periodo, da un lato nella Querelle des Anciens et des Modernes, dall'altro nell'opera di pensatori inglesi e soprattutto tedeschi, che si smarcarono dal pensiero estetico classicista dell'Illuminismo.
In Inghilterra, invece, il francese importato dai Normanni divenne la lingua della corte e dell'aristocrazia (ma anche di altri strati sociali) fino al XIV e XV secolo. Opere dedicate a ortografia e pronuncia Orthografia Gallica, in latino, fine XIII o inizio XIV sec. Prima grammatica vera e propria opera di un parigino attivo in Inghilterra, Jehan Barton: Donat franois, inizi XV sec. Scopo: probabilmente tenere viva la norma della buona lingua francese in un periodo di riscossa dell'inglese, desiderio di tutelarne la purezza in terra straniera.
lingua, 1601) parlarono di qualcosa di simile al concetto ottocentesco di latino volgare. Il problema non era tanto l'individuazione di tale concetto, quanto il posto in cui esso s'inseriva. Infatti, l'idea era quella di una degenerazione, di una corruzione del latino, successivamente aggravata, nella visione umanistica, rinascimentale e pi tarda, dalle invasioni barbariche che inquinarono la lingua. Una compensazione contro la tristezza dei tempi il sentimento di una superiorit culturale italiana. Mentre Benedetto Varchi nell'Ercolano trov per primo la via giusta parlando non di corruzione, ma di generazione, altri seguirono altre vie, cercando origini differenti. Giambullari (Origine della lingua fiorentina) rintraccia l'origine del toscano nell'etrusco. Monosini (1604) sostiene invece l'ipotesi di una discendenza greca. Ma sono posizioni isolate. In Francia sono rappresentate sia le idee di una derivazione dal greco (Bud, De analogia, 1532; Estienne, Trait de la comformit du langage Franois avec le Grec, 1567), sia quelle di una mescolanza di gallico e latino sia, infine, quelle della commistione di latino, greco e ebraico. Cos anche per lo spagnolo, Valds e Aldrete sostengono l'ipotesi della mescolanza di lingue. Bench riguardi la lingua, per, la questione, che porter a incessanti confutazioni delle stesse tesi, non veramente intorno alla lingua, ma concerne l'eccellenza, la nobilt linguistica. Si tratta, insomma, di rinvenire antenati gloriosi (il greco, l'ebraico) per il proprio volgare, cercando cos, con questi titoli di nobilt, di superare in prestigio le altre lingue. Nasce cos una questione genealogica che prolunga il concetto di nobilt linguistica in quello di nobilt delle origini.
Il primo vocabolario europeo (non bilingue) quello dell'Accademia della Crusca (1612). Seguiranno il Dictionnaire de l'Acadmie Franaise (1694) e, pi tardi, il Diccionario de la lengua castellana (1726-1739). Nel 1789 esce il Diccionario da lingoa portuguesa. Abbiamo parlato di portoghese, spagnolo, italiano e francese perch sono queste le lingue che emergono nell'et moderna. L'occitanico e il catalano, invece, cominceranno il loro declino, mentre nel Cinquecento inizia a muovere i primi timidi passi il rumeno. In Italia, fioriscono le lessicografie dialettali, che proseguiranno fino all'Ottocento.
L'erudizione settecentesca
Il fermento di erudizione settecentesco dovuto all'attivit degli studiosi illuministi ha prodotto una messe di discussioni e opere sul medioevo e sulla prima letteratura volgare. Tuttavia, va ricordato che essi agivano ancora all'interno del paradigma classico. In Francia, va ricordata l'opera di Jean-Baptiste Lacurne de Sainte-Palaye. Egli si prefigge l'intento di dissipare le nebbie del Medioevo: questo proponimento di carattere razionalistico portato avanti per con un metodo improvvisato. Ci nonostante, Sainte-Palaye riuscir a avere alcune importanti intuizioni, come quella del cambiamento sensibile tra lingua d'oc e lingua d'oil fra il XII e il XIII secolo, e quella sull'origine del futuro romanzo. A lui si deve il recupero della poesia dei Trovatori: eppure la sua Histoire des Trobadours pubblicata postuma a Parigi in tre volumi nel 1774 non riusc a suscitare interesse attorno alla poesia trobatorica, verso la quale Saint-Palaye cercava di mantenere un atteggiamento neutrale.
Il rinnovamento linguistico schlegeliano ber die Sprache unde Weisheit der Indier, 1808: pietra miliare nel rinnovamento della linguistica. Qui Schlegel espone per la prima volta nella storia della disciplina una divisione tipologica, fra lingue flessive e lingue isolanti. Il fratello di S., August Wilhelm, e poi Schleicher svilupperanno questa bipartizione, aggiungendo un tipo, quello delle lingue agglutinanti. Non esistono lingue isolanti e flessive pure. Schlegel, per, colloca a un capo del continuum il sanscrito (antico indiano) e poi, in una scala dalla lingua perfetta a altre lingue sempre pi imperfette, il greco, il latino, il persiano, il germanico, le lingue slave, l'armeno, il celtico. Tutte queste lingue, secondo S., hanno nel sanscrito il capostipite (successivamente si capir che a unirle una lingua non attestata, l'indoeuropeo). La perfezione della lingua flessiva per eccellenza secondo S. dovuta alla sua somiglianza con un elemento biologico che crescendo prende forme e funzioni diverse. All'altro capo del continuum, invece, sta il cinese, tanto puro nella sua essenza isolante quanto lo era il sanscrito per quella flessiva. Il difetto del cinese risiederebbe nella sua natura non organica, quasi fosse composto di atomi aggregati. Con S. si guarda per la prima volta alle differenze fra lingue anzich ai tratti comuni. Ma la dicotomia asserita da S. non porta a una semplice separazione fra lingue, ma a un'organizzazione che mira a lumeggiare i rapporti genealogici tra esse. L'opera di S. segna la nascita del metodo storico comparativo (che fior nell'Ottocento) e degli studi tipologici. Per S. il primo e i secondi dovevano andare insieme (egli riteneva che il cambiamento pu avvenire solamente
all'interno di un tipo linguistico), oggi, invece, si separa lo studio del cambiamento linguistico dal tipo.
Jakob Grimm Attratto dal folclore popolare delle nazioni germaniche, raccoglitore assieme al fratello Wilhelm delle celebri fiabe, i suoi sforzi si concentrarono con vigore sullo studio del problema delle origini.
Friedrich Diez
Diez pu considerarsi il perfetto esecutore delle intenzioni ancora imperfette e talora velleitarie di quelli che l'hanno preceduto. Fra il 1836 e il 1843 pubblica a Bonn la Grammatik der romanischen Sprachen (Grammatica delle lingue romanze) e nel 1854 il Etymologisches Wrterbuch der romanischen Sprachen (Dizionario etimologico delle lingue romanze). Nell'elenco delle lingue romanze include le sei principali lingue di cultura: italiano, valacco (rumeno), portoghese, spagnolo, provenzale e francese. Queste opere rimarranno i pilastri della romanistica fino al Meyer-Lbke. D. lasci contributi importanti anche nell'mbito della Provenzalistica.
Diez fu il vero iniziatore della disciplina della filologia romanza, assieme a Bopp e Grimm: egli mise in atto una tecnica atta allo svolgimento di una ricerca orientata dal metodo. La sua attenzione, per, prevalentemente per la lingua. Cultura e lingua, al contrario di quando avviene in Herder, Schlegel e Humboldt, sono separati. Lo studio letterario si concentra sulla poesia provenzale, senza tuttavia cadere nel punto di vista romantico della ricerca di origini mitopoietiche dei popoli.
Esempi di leggi fonetiche Le e latine si sviluppano, in italiano, in [e]: STEM in ste, STA in sta. Ci sono per parole oltre a lenticchia < LENTCULAM che spiegabile con l'analogia che presentano esito [i]. Sono pi spesso parole con latina che con : lingua < LNGUA, vigna < *VNJA; ischio < SCLUM. Questa non un'eccezione, ma un'altra regola: le e davanti a nasale + palatale o velare oppure davanti a laterale [l] + [j] o [sk] + [j] confluiscono in [i]. Lo stesso fenomeno vale per le e . In francese, l'esito della A tonica latina (breve e lunga confluiscono senza dare esiti diversi gi in latino volgare) presenta diverse leggi fonetiche:
a) in sillaba chiusa, si mantiene come tale (tranne nel caso in cui il gruppo consonantico che chiude la sillaba occlusiva + r, es. pre < PATREM): part < PARTEM) b) in sillaba aperta, se seguita da consonante nasale, dittonga in [ai] + N (consonante nasale): es. faim < FAMEM. c) in sillaba aperta, se preceduta da [] esito di [k] latina, dittonga in fr. a. in [je] (semplificato in francese moderno in [e]): es. CAPRAM > chivre > chvre. d) nei casi rimasti fuori, diventa [e]: es.
CANTATUM
> chant.
La grafia non deve per trarre in inganno: clair (lat. CLARUS) non potrebbe, stante la seconda legge, dare come esito un dittongo (nel francese antico) e, stante la quarta legge, dovrebbe dare origine a una [e]. La spiegazione che la grafia latineggiante: nel fr. a. si scriveva cler.