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La Valle del Belice, in particolare Gibellina, si trasformata in questi decenni in un laboratorio dove unintera popolazione (nonostante lassenza dello Stato e politiche regionali scellerate) ha deciso di far rinascere il proprio territorio sotto legida dellarte e della cultura
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Alberto Samon
n questi mesi in cui il Nord Italia stato scosso dai terremoti, forse opportuno ricordare come siano ancora aperte le ferite causate dal sisma che nel 1968 distrusse diversi paesi della Valle del Belice in Sicilia. Gibellina, Salaparuta, Santa Margherita, Poggioreale sono alcuni nomi dei centri abitati maggiormente colpiti, che ancora oggi, dopo quarantaquattro anni, portano i segni di quella tragedia, nonostante i fiumi di denaro spesi per discutibili ricostruzioni mangiasoldi. E tuttavia, fra i tanti errori di questi decenni e i miliardi spariti nel nulla, proprio la Valle del Belice, e in particolare Gibellina, in provincia di Trapani, si trasformata in questi decenni in un laboratorio dove unintera popolazione - nonostante lassenza dello Stato e politiche regionali scellerate - ha deciso di far rinascere il proprio territorio sotto legida dellarte e della cultura. Una sfida iniziata proprio allindomani del sisma, quando lallora sindaco di Gibellina, Ludovico Corrao (morto tragicamente nellagosto scorso a 84 anni), lanci un accorato appello ad artisti italiani e stranieri, chiamandoli a interpretare con la propria creativit la
di questi territori. Un festival, da cui ventanni fa nata anche lomonima Fondazione Orestiadi - oggi presieduta dalla docente Francesca Corrao - che proprio a Gibellina ha anche dato vita al Museo delle trame mediterranee, un museo che guarda al Mare nostrum e che da qualche anno ha aperto una sede anche nel cuore della medina di Tunisi. Le Orestiadi, con decine di compagnie teatrali che nei mesi estivi giungono a Gibellina, sono oggi la continuazione di quel sogno delle popolazioni terremotate che, avendo perso tutto, riconobbero nellarte la scommessa su cui investire il proprio futuro. Il festival, diretto dal regista Claudio Collov, questanno vede sulla scena nomi come Malou Airaudo, Denis Koon Kuhnert, Szu-Wei Wu, Antonio Rezza, Flavia Mastrella e altri ancora, per un cartellone di altissimo livello che vanta anche una prima mondiale assoluta. Questa esperienza di rinascita negli anni ha, inoltre, attratto nel piccolo centro del trapanese anche diversi nomi della grande poesia internazionale, fra cui il siriano Adonis, ritenuto il massimo esponente della poesia araba contemporanea e, fra gli italiani, poeti come Mario Luzi e Giovanni Raboni. Della serie: la cultura qualcosa pu fare!