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Universit` degli Studi di Bari a

Corso di Laurea in Fisica

Lezioni di Fisica non lineare

Giuseppe Gonnella

Dipartimento di Fisica via Amendola 173, 70126 Bari, Italy gonnella@ba.infn.it

Indice
1 Fisica non lineare 1.1 Esempi di comportamento non lineare in sica 1.2 Modelli di evoluzione biologica . . . . . . . . . 1.3 Equazioni idrodinamiche e teorie dei campi . . 1.4 Onde non lineari . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 4 8 10 15 17 21 28 33 39 39 42 47 52 54 65 65 68 76 82 87 93 99 100 103 109 112

classica . . . . . . . . . . . . . . .

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2 Semplicit` e complessit` a a 2.1 La mappa a tenda . . . . . . . . . . . . . 2.2 La mappa logistica . . . . . . . . . . . . 2.3 Universalit` della mappa logistica . . . . a 2.4 Sistemi deterministici e sistemi stocastici

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3 Oscillatori non lineari 3.1 Spazio delle fasi e ritratto di fase . . . . . . . . 3.2 Loscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Teoria delle perturbazioni: loscillatore quartico 3.4 Oscillatori smorzati . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5 Oscillatori forzati . . . . . . . . . . . . . . . . .

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4 Sistemi dinamici 4.1 Sistemi dinamici dierenziabili . . . . . . . . . . . . . 4.2 Variet` invarianti e attrattori . . . . . . . . . . . . . a 4.3 Attrattori strani e insiemi frattali . . . . . . . . . . . 4.4 Sistemi dissipativi e conservativi; teorema di Liouville 4.5 Misure di probabilit` invarianti e teoria ergodica . . . a 4.6 Moti caotici ed esponenti di Liapunov . . . . . . . . .

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5 Teoria della stabilit` e comportamento intorno ai punti ssi a 5.1 Criteri di stabilit` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a 5.2 Sistemi lineari bidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Esempi di analisi di stabilit`: modelli di popolazioni interagenti a 5.4 Classicazione dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali . . . i

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ii

INDICE

5.5 5.6

Comportamento non lineare intorno ai punti ssi: analisi delle biforcazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 Sviluppo a scale multiple per la biforcazione transcritica . . . . . 121 127

Indice Analitico

Prefazione
Nei tre o quattro decenni appena trascorsi ` emersa la possibilit` di descrivere in e a modo unitario una classe abbastanza ampia di fenomeni caratterizzati da unevidente complessit` del comportamento evolutivo o della morfologia delle strutture a osservate. Questi fenomeni si incontrano nelle scienze siche, in biologia ed in altri campi delle scienze fondamentali ed applicate. Il comportamento osservato, seppur fondato sulle leggi della sica classica o su ipotesi dinamiche estremamente semplici, risulta molto diverso da quello tipico dei sistemi della sica classica. Nelle lezioni qui raccolte si daranno degli esempi di questi sistemi e si introduranno i concetti e le tecniche analitiche necessarie al loro studio. Verranno considerati sistemi con un numero nito di gradi di libert` ma le nozioni date a sono in genere estendibili a sistemi continui o con un numero di gradi di libert` a innito. I capitoli 2 e 3 sono introduttivi e contengono esempi che faranno da riferimento ai concetti sviluppati nel seguito. La complessit` di comportamento a a cui si ` fatto riferimento dipende essenzialmente dalla natura non lineare del e rapporto causa-eetto presente in questi sitemi che si traduce in una descrizione analitica basata su equazioni di evoluzione alle dierenze nite, dierenziali ordinarie o alle derivate parziali non lineari. Nel capitolo 4, che costituisce la parte centrale di questo libro, verranno descritti gli elementi introduttivi della teoria dei sistemi dinamici non lineari. Il ruolo degli stati stazionari nellevoluzione dei sistemi dinamici ` particolarmente rilevante perch` sono questi gli stati che e e in genere si osservano in natura. Nel capitolo 5 ` sono esposte le tecniche che e si applicano per individuare questi stati e per determinarne le caratteristiche di stabilit`. a Il materiale di questo libro ` stato utilizzato nel corso di Fisica non lineare e del secondo anno del nuovo ordinamento triennale del corso di laurea in Fisica dellUniversit` di Bari. Vengono utilizzate nozioni elementari di sica generale, al a livello dellultimo anno di studi delle scuole medie superiori, nonch` gli elementi e basilari del calcolo analitico. Per questo motivo il libro potrebbe risultare interessante anche per tutti coloro che in ambiti scientico-tecnici diversi da quello delle scienze siche, disponendo di una cultura scientica di base, volessero avere unidea non vaga o acquisire unintroduzione alla conoscenza analitica dei concetti e delle tecniche che si applicano nello studio dei sistemi non lineari. Giuseppe Gonnella Bari, giugno 2005 iii

iv

INDICE

Capitolo 1 Fisica non lineare


La relazione causa-eetto pi` semplice che si riscontra nello studio dei fenomeni u della natura ` la legge di proporzionalit`. Questa si traduce in una relazione e a lineare tra le variabili matematiche che quanticano le cause di certi fenomeni e quelle che descrivono gli eetti osservati. Un esempio noto ` la legge di Ohm. e Quando si applica una dierenza di potenziale ad un corpo conduttore si misura una corrente elettrica proporzionale alla dierenza di potenziale applicata. Si pu` quindi predire, ad esempio, che se per una dierenza di potenziale di 1 Volt o si ha una corrente di 0,5 Amp`re, per 3 Volts si misureranno 1,5 Amp`re e cos` e e via. Nel caso di fenomeni dinamici o evolutivi la proporzionalit` tra causa ed a eetti ` descritta da equazioni dierenziali di tipo lineare. La forza di richiamo e che una molla, compressa o allungata, esercita su un corpo di massa m ad essa collegato ` proporzionale alla variazione di lunghezza della molla rispetto alla e lunghezza a riposo. Segue dal secondo principio della dinamica che la relazione tra la posizione del corpo e la sua seconda variazione temporale (laccelerazione) ` lineare. Per i sistemi distribuiti spazialmente la relazione di proporzionalit` e a ` si esprime mediante una equazione lineare alle derivate parziali. E il caso della legge che lega il campo elettrico ad una data distribuzione di cariche. Proprio lelettrostatica suggerisce la validit` di una propriet`, il principio di a a sovrapposizione, per tutti i fenomeni descritti da leggi lineari. Il campo elettrico corrispondente ad una certa distribuzione di cariche ` uguale alla somma dei e campi di ciascuna carica della distribuzione agente singolarmente. In generale, per i fenomeni descritti da leggi lineari, leetto dellazione combinata di cause concomitanti ` pari alla somma degli eetti prodotti da ciascuna causa isolata. e Non ` sempre vero, tuttavia, che la relazione di proporzionalit` tra causa ed e a eetto ` valida. In alcuni casi questa pu` essere ancora ottenuta a partire da quale o che approssimazione. Questi sono casi fortunati perch le equazioni lineari sono e le uniche che possono essere studiate facilmente. Nella trattazione del pendolo semplice, ad esempio, lequazione del moto ` di per s non lineare a causa della e e presenza del termine sinusoidale; tuttavia, nel limite di oscillazioni con piccola 1

1. FISICA NON LINEARE

ampiezza, ` possibile approssimare con un termine lineare la funzione sinusoie dale. Lequazione del moto, linearizzata, risulta allora facilmente risolvibile e si ottengono i noti risultati per il pendolo semplice. In altri casi, per`, loperazione o di linearizzazione non ` possibile o non ha senso. Non si pu` linearizzare la fune o zione sinusoidale se lampiezza delle oscillazioni non ` sucientemente piccola. e La relazione matematica tra variabili di causa ed eetto risulta quindi essere una equazione dierenziale di tipo non lineare. Nel seguito di questo capitolo saranno illustrati alcuni sistemi non lineari rilevanti nellambito delle scienze naturali e della sica. Per i sistemi descritti da leggi non lineari non vale pi` il principio di sovrapu posizione. La cooperazione tra pi` cause pu` produrre eetti nuovi e inattesi, u o come avviene ad esempio nelle transizioni di fase dei sistemi termodinamici. Pu` o anche venir meno la possibilit` di predire in modo signicativo levoluzione di a un certo sistema. Data una storia evolutiva con certe condizioni iniziali, una piccola variazione di queste condizioni pu` comportare una storia totalmente difo ferente. Questo comportamento, dovuto alla presenza di termini non lineari nelle equazioni di evoluzione, ` tipico dei sistemi caotici. e Il termine oggi in voga di scienze della complessit` fa proprio riferimento allo a studio dei sistemi non lineari e delle caratteristiche dinamiche comuni a questi sistemi che spesso si incontrano in contesti molto dierenti. Anche se lo studio dei sistemi non lineari si ` sviluppato a partire dalla sica classica, questo studio ha e assunto in seguito un carattere interdisciplinare. Nel seguito di queste dispense, per limportanza che rivestono anche in altri contesti, unattenzione particolare sar` rivolta allo studio dei modelli di evoluzione biologica. a

1.1

Esempi di comportamento non lineare in sica classica

Lo studio dei sistemi non lineari si ` sviluppato con i progressi compiuti nellanalisi e dei sistemi meccanici a partire dalla seconda met` dellOttocento. Un sistema a molto studiato in meccanica, a cui, per la sua importanza, sar` dedicato un a capitolo successivo, ` loscillatore anarmonico. In questo capitolo ci limiteremo e ad una breve illustrazione degli eetti pi` sorprendenti prodotti dallazione dei u termini non lineari nelle equazioni del moto di un oscillatore. Consideriamo un oscillatore smorzato soggetto alla forzante periodica f = A cos(t). Lequazione del moto per questo sistema, come si vedr` meglio nella sezione 3.5, ` data da a e
2 + 2 + 0 sin = A cos t

(1.1)

La gura 1.1 mostra alcuni risultati ottenuti integrando numericamente la (1.1) per 2 diverse terne di valori dei parametri (A, , ) . Risulta che, quando lampiezza A della forzante ` maggiore di un certo valore critico, la variazione dellangolo e

1.1. ESEMPI DI COMPORTAMENTO NON LINEARE IN FISICA CLASSICA

Figura 1.1: Transizione al caos nelloscillatore forzato. (a) Moto regolare corrispondente a piccoli valori dellampiezza della forza applicata. (b) Moto caotico. (c) e (d) Traiettorie nello spazio corrispondenti ai casi (a) e (b). diventa molto irregolare, caotica secondo la denizione precisa che verr` data a in seguito. La rilevanza dei termini non lineari ` provata dal fatto che il moto e risultante dalla versione linearizzata delleq.(1.1), per qualsiasi valore dei parametri, non ` caotico. Le gure 1.1(c) e 1.1(d) mostrano il comportamento delle e traiettorie del sistema nello spazio per i due casi di moto regolare e caotico. Un altro esempio che pu` illustrare come intervengono termini non lineari in o sica classica sono le equazioni di Maxwell. Queste possono essere scritte nella forma divE = 1
0

(l divP )

rotE =

B t
0

divB = 0

1 rotB rotM = JL + 0

E P + t t

(1.2)

dove E e B sono il campo elettrico e magnetico, l e Jl sono la densit` di cariche a e di correnti libere, P e M sono i vettori di polarizzazione e magnetizzazione indotta nella materia esprimibili come Pi = 0 (ij Ej + ijk Ej Ek + ijkl Ej Ek El + ...)
(1) (2) (3)

(1.3)

1. FISICA NON LINEARE

M (B) B (1.4) 0 Si vede che le equazioni di Maxwell nella materia sono lineari solo quando si trascurano i termini (2) , (3) , etc. e quando M non dipende da B. In molti casi la presenza dei termini non lineari va tenuta in conto. Nei ferromagneti, ad esempio, M dipende dal campo magnetico anche tramite eetti di memoria. In certi materiali i termini (2) e (3) non sono trascurabili. Il termine (2) descrive macroscopicamente il fenomeno di generazione di radiazione di seconda armonica nellinterazione luce-materia. Quando su un materiale con (2) = 0 incide radiazione con frequenze 1 e 2 , in emissione si avr` anche radiazione con a (3) frequenze 1 2 . Il termine ` legato invece alla dipendenza del coeciente e di assorbimento e dellindice di rifrazione dallintensit` del campo. a M=

1.2

Modelli di evoluzione biologica

Un settore importante della matematica applicata si occupa dello studio di modelli di evoluzione biologica. Questi modelli servono a descrivere la dinamica di una o pi` specie in un certo contesto ambientale. Possono descrivere levoluzione u della popolazione umana o di una specie in pericolo, oppure la crescita di colonie batteriche o la diusione di un virus. Anche in ecologia, cio nello studio del e complesso di relazioni tra specie viventi e ambiente, vengono utilizzati in misura sempre maggiore modelli dinamici analitici. Come in sica, anche in questi contesti i modelli servono a meglio comprendere i processi dinamici alla base dei fenomeni osservati e a rendere possibili predizioni di qualche utilit` pratica. In a questi ambiti, la possibilit` di avere modelli realistici ` sempre legata alla presenza a e di termini non lineari. Lo studio di questi modelli ha una lunga tradizione che risale almeno a Leonardo da Pisa e ai suoi studi sulla crescita delle popolazioni di conigli (vedi cap.2). Lelenco delle applicazioni odierne ` cos` lungo che un solo trattato non e sarebbe suciente per una descrizione esaustiva. In un capitolo successivo sar` a analizzato esaurientemente il modello di evoluzione logistica, rilevante anche per la comprensione della dinamica di molti sistemi sici. In questa sezione saranno invece brevemente descritti alcuni modelli che nellinsieme possono fornire un quadro introduttivo per la dinamica evolutiva dei sistemi biologici. Questi modelli sono stati scelti per la rilevanza che hanno in ambito biologico e per il ruolo importante che in essi svolgono i termini non lineari. Consideriamo dapprima il modello pi` semplice per levoluzione di una specie u biologica isolata. Sia N (t) la popolazione, cio il numero di individui della specie e in esame, al tempo t. Il ritmo di crescita della popolazione pu` essere espresso o con lequazione di bilancio dN = nascite morti + migrazioni . dt (1.5)

1.2. MODELLI DI EVOLUZIONE BIOLOGICA

Figura 1.2: Evoluzione di una popolazione secondo il modello di Verhulst per diverse condizioni iniziali.

Trascurando in prima approssimazione le migrazioni si pu` assumere che i termini o di nascita e di morte siano proporzionali a N . Si ha quindi dN = bN dN N (t) = N0 e(bd)t dt , (1.6)

dove b, d sono costanti positive e N0 ` la popolazione iniziale. Si vede che, dipene dentemente dai valori di b e d, la popolazione cresce esponenzialmente o scompare. Questo modello, proposto da Malthus nel 1798, ` piuttosto non realistico. Anche e se un confronto con i dati noti sulla crescita della popolazione mondiale non fa apparire cos` assurda lidea di una crescita esponenziale, i biologi credono che alla lunga vi siano sempre fattori che limitano una crescita innita. In natura, in condizioni di normalit`, cio se non vi sono catastro particolari, succede a e spesso che la popolazione di una certa specie ` stazionaria o oscilla intorno a e un valore stazionario. Il modello di Verhulst (1838) contiene un meccanismo di autolimitazione per la crescita e pu` essere scritto come o dN = rN (1 N/K) dt (1.7)

dove r e K sono costanti positive. Lautolimitazione ` prodotta dal termine e (1 N/K) che rende piccola la crescita dN/dt quando N si avvicina a K. Il modello ` strettamente imparentato con la mappa logistica del capitolo 2 (vedi e problema 2.2); nella gura 1.2 se ne mostra levoluzione per diversi valori della condizione iniziale. Osserviamo che questo modello ha due stati stazionari o di equilibrio dove dN/dt = 0, N = 0 e N = K. Si pu` mostrare che lo stato o N = K ha le caratteristiche giuste di stabilit` per essere lo stato stazionario di a una popolazione biologica. Una piccola variazione di N rispetto a K ` destinata a e scomparire col tempo. Lesistenza di uno stato con queste caratteristiche, nonch e

1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.3: Ecosistema descritto dal modello di Lotka-Volterra.

la crescita con esso (N0 < K) tipica di molti sistemi evolutivi, sono rese possibile dalla presenza di termini non lineari. Un altro modello molto utilizzato negli studi di dinamica delle popolazioni ` e il modello di Lotka-Volterra che descrive una dinamica di tipo preda-predatore. Il matematico italiano Volterra introdusse questo modello nel 1926 per spiegare le oscillazioni osservate nel numero di pesci di alcune specie pescate nel mare Adriatico. Dette N (t) e P (t) le popolazioni delle specie preda e predatrice al tempo t, si assume che queste quantit` evolvono secondo le equazioni a dN dt dP dt = N (a bP ) = P (cN d) (1.8)

dove a, b, c, d sono costanti tutte positive. I termini che appaiono nei membri di destra delle due equazioni possono essere spiegati in questo modo. Il termine che dipende da a implica una crescita malthusiana senza limiti del numero di prede in assenza di predatori. Tuttavia, la crescita pro capite del numero di prede diminuisce in modo proporzionale al numero di predatori e questo meccanismo si traduce nella presenza del termine bN P . Per quello che riguarda levoluzione della popolazione dei predatori si assume che in assenza di prede il numero di predatori diminuirebbe con un ritmo di morti pari a d mentre il contributo delle prede alla crescita della popolazione dei predatori ` dato da cN P , cio ` propore ee zionale alla quantit` totale di cibo disponibile. Questo modello verr` analizzato a a nei problemi del cap.5. La gura 1.4 mostra schematicamente il risultato di que-

1.2. MODELLI DI EVOLUZIONE BIOLOGICA

Figura 1.4: Soluzioni periodiche per le variabili u( ) = cN/d, v( ) = bP/a, = at denite a partire dal modello di Lotka-Volterra nel caso a = d, u(0) = 1.25, v(0) = 0.66.

sta analisi. Si vede che le popolazioni delle due specie oscillano cos` come era stato inizialmente suggerito a Volterra. Queste oscillazioni sono il risultato della presenza di termini non lineari nelle equazioni di evoluzione. Generalizzazioni del modello di Volterra sono utilizzate attualmente per lanalisi di dati sperimentali. Concludiamo questa sezione sui modelli evolutivi con una generalizzazione del modello di Malthus che tiene conto della possibilit` che gli individui o i a componenti di un certo sistema possano muoversi diondendo nel contesto in cui sono posti. Come variabile dinamica si utilizza la densit` di popolazione ovvero il a numero di individui per unit` di volume. La densit` sar` funzione della posizione a a a spaziale nonch del tempo. Lequazione evolutiva risultante ` quindi data da e e dn = rn(1 n/K) + D dt
2

(1.9)

dove D ` la costante di diusione e lequazione ` nota come equazione di Fishere e Kolmogoro. Fisher propose questa equazione nel 1937 per descrivere la diusione di un gene favorevole in una generica popolazione; Kolmogoro ne studi` o le propriet` analitiche. Limportanza dellequazione di Fisher-Kolmogoro va a al di l` del contesto per cui fu inizialmente scritta. Essa ` utilizzata in molti a e problemi, anche sici e chimici, dove si hanno fenomeni di crescita o reazione in presenza di diusione. Lequazione di Fisher-Kolmogoro ` anche usata per e descrivere la diusione dei linguaggi, lindoeuropeo ad esempio, o la diusione della spece umana moderna (homo sapiens sapiens) dallAfrica (vedi gura 1.5) al resto del mondo. In questo caso la costante di diusione ` valutata pari a e 2 D = 640Km /generazione.

1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.5: Una teoria recente spiega laermazione mondiale della razza sapiens sapiens in termini di onde diusive piuttosto che di semplice migrazione. Le date nella gura (tratta da Current Anthropology, vol. 43 p. 749) si basano su evidenza empirica. Il modello matematico di supporto a questa teoria ` lequazione di e Fisher-Kolmogoro. Il ritmo di crescita non ` nullo solo nelle regioni che ad un e certo tempo sono raggiunte dallonda.

1.3

Equazioni idrodinamiche e teorie dei campi

Nello studio della teoria quantistica relativistica, del comportamento delle uttuazioni termiche in un sistema classico, della uidodinamica o della cinetica del raggiungimento dellequilibrio termodinamico, ci si imbatte spesso in equazioni non lineari molto complicate. In sica teorica sono stati svilupati metodi per la soluzione di queste equazioni che sono anchessi molto complessi in quanto i sistemi considerati nelle teorie prima elencate sono tutti caratterizzati da un numero innito di gradi di libert`. Lo stato di questi sistemi non ` pi` descritto da a e u un insieme di variabili algebriche ma da un campo che risulta essere la variabile dinamica del sistema. Ad esempio, lo stato di un uido viscoso incomprimibile ` e descritto dal campo di velocit` v(x, t) e le equazioni dinamiche che deniscono i a valori di questo campo sono le equazioni di Navier-Stokes v 1 p+ +v v = t
2

(1.10)

dove ` la densit` del uido, p ` la pressione e ` la viscosit` cinematica. I e a e e a termini non lineari presenti in questa equazione sono responsabili dei fenomeni di turbolenza che si osservano a basse viscosit`. a

1.3. EQUAZIONI IDRODINAMICHE E TEORIE DEI CAMPI

Figura 1.6: Congurazioni a tempi successivi di una miscela binaria descritta dalleq.(1.11). Al tempo t = 0 il sistema ` nello stato disordinato con 0 e ovunque. Poich i parametri scelti nella simulazione corrispondono ad un punto e al di sotto del punto critico, le due componenti della miscela, rappresentate dai due diversi colori nella gura, tendono a separarsi.

Un altro esempio di teoria di campo, che illustreremo brevemente, ` un modele lo di natura molto generale utilizzato per analizzare la cinetica delle transizioni di fase. In accordo con le idee di van der Waals, Landau e Ginzburg, la termodinamica di un sistema con transizione di fase pu` essere descritta introducendo una o energia libera funzionale di un campo detto parametro dordine del sistema. Un funzionale ` unapplicazione che fa corrispondere ad una funzione un numero e reale; nel caso in questione ` lintegrale sullintero spazio di . e Come sistema di riferimento per questa discussione consideriamo una miscela di due uidi, anche se lapproccio che stiamo descrivendo ` generale e pu` essere e o applicato allo studio delle transizioni di fase in molti altri sistemi, ad esempio ai materiali superconduttori o nella sica delle alte energie. Nel caso della miscela binaria il campo rappresenta la dierenza di concentrazione locale tra le due componenti della miscela. Il ruolo del funzionale ` di stabilire i valori del campo e corrispondenti allo stato di equilibrio: questi sono dati dal minimo del funzionale, cio dellenergia libera. La transizione di fase che si osserva nelle miscele binarie ` e e tra uno stato mescolato o disordinato al di sopra di una temperatura critica Tc e le 2 fasi pure delle 2 componenti della miscela separate per temperature inferiori a Tc . La fase disordinata ` descritta da valori del campo (x, t) nulli ovunque, e mentre nelle fasi pure il campo ha valori non nulli. La transizione di fase avviene ad esempio quando il sistema, inizialmente a temperature maggiori di quella critica viene posto in contatto con un bagno

 

10

1. FISICA NON LINEARE

termico a temperature inferiori a Tc . La cinetica di questa transizione, e quindi le modalit` con cui questa si realizza, sono descritte dallequazione a =M t
2

(a + b3

(1.11)

dove a, b, sono costanti positive. In questa equazione il termine non lineare ha un ruolo essenziale: senza di esso lequazione non avrebbe soluzioni sicamente signicative. La presenza di questo termine rende impossibile lapplicazione delle usuali tecniche di soluzione che fanno uso della trasformata di Fourier. La teoria dei campi suggerisce le metodologie di studio da applicare allo studio delleq.(1.11) per ottenere risultati analitici. La dicolt` di questo studio ` dovuta allimposa e sibilt` di trattare il termine non lineare in modo perturbativo sicch tutte le a e tecniche analitiche basate su sviluppi in serie non possono essere applicate (vedi problema 1). Nella gura 1.6 sono riportati i risultati di una simulazione numerica dellequazione (1.11). Lo stato iniziale del sistema corrisponde a valori del campo ovunque molto prossimi a zero. I parametri scelti nella simulazione corrispondono ad una situazione di coesistenza con non nullo; ne consegue che le due fasi del sistema tendono a separarsi e i corrispondenti domin rappresentati da colori , diversi nella gura, crescono al passare del tempo. Si pu` mostrare che ` possibile o e denire una taglia tipica L(t) per i domin a ciascun istante di tempo che cresce come L t1/3 . Una propriet` importante che caratterizza la separazione di fase a ` la simmetria delle funzioni di correlazione rispetto alla cosiddetta operazione e di riscalamento dinamico: denita la funzione di correlazione C(r, t) tra i valori del campo a distanza r, questa verica la relazione C(r, t) = F (r/L(t)). Si vede che la funzione di correlazione non dipende separatamente dalle variabili spaziali e temporali ma da una loro combinazione adimensionale. Questa propriet` ` ae vericata sperimentalmente in moltissimi sistemi.

1.4

Onde non lineari

Nel 1834 lingegnere scozzese Scott Russell, cavalcando lungo un canale nelle campagne di Edinburgo, osserv` che allarresto improvviso di una barca in navigazioo ne corrispondeva la creazione di ... unonda costituita da una grande elevazione solitaria di acqua, con forma ben denita, che iniziava il suo moto a partire dalla prua della barca e continuava la sua corsa lungo il canale senza cambiare di forma e variare la velocit`. Scott Russell segu` londa, ne misur` la velocit`, laltezza e la a o a larghezza. In seguito ripet` queste osservazioni in un laboratorio creato alluopo e cercando, invano, di dare una interpretazione sica del fenomeno osservato e del fatto che la velocit` dellonda solitaria variava con laltezza dellonda. Soltanto a nel 1895 due matematici olandesi, Korteweg e De Vries, riuscirono a dare per la prima volta una descrizione teorica del fenomeno riportato da Russell. Korteweg

1.4. ONDE NON LINEARI

11

e De Vries ricavarono una equazione non lineare per la propagazione monodirezionale di onde sulla supercie di un canale poco profondo. Detta l la profondit` a del canale a riposo e l + lelevazione del livello perturbato dal fondo, il moto dellonda risulta governato dallequazione 3 = t 2 g 2 1 1 2 l + 2 + 2 l x 3 2 3 x (1.12)

dove = l3 /3 T l/g, T ` la tensione superciale del liquido, la densit`, g e a laccelerazione di gravit`. Introducendo le nuove variabili a 2l x 2l2 g t

u = /8l

(1.13)

si ottiene lequazione di Korteweg e De Vries u u 3u + (1 + 12u) + 3 = 0 (1.14)

dove il fattore 12 corrisponde ad una scelta arbitraria della variabile u. Unonda solitaria o solitone deve essere tale da non cambiare prolo durante la propagazione, cio deve essere del tipo u = u() con = a + . Inoltre u e le derivate e di u devono tendere a zero per || . Si pu` mostrare (vedi problema 2 ) che o esistono soluzioni dellequazione KdV di questo tipo e sono date dallespressione 1 1 u = a2 sech2 [a (a + a3 ) + ] 4 2 (1.15)

Una caratteristica notevole di questo tipo di onde, che le dierenzia dalle usuali onde soluzioni di equazioni lineari (le onde piane ad esempio), ` la dipendenza e della velocit` 1 + a2 dallampiezza, in accordo con le osservazioni di Russell. a Una trattazione pi` dettagliata delle questioni legate alla propagazione delle u onde non lineari ` al di l` degli scopi di queste dispense. Due altre propriet` e a a importanti delle onde solitarie vanno comunque evidenziate. La prima ` implie cita nella forma donda (1.15): i solitoni sono onde non dispersive, la loro forma rimane inalterata nella propagazione. Va poi sottolineato il cosiddetto comportamento particellare di queste onde. Quando due onde solitarie che soddisfano lequazione KdV collidono, esse non si disperdono o rompono ma si attraversano reciprocamente acquisendo soltanto una variazione di fase. Questo comportamento ` illustrato nella gura 1.7 che evidenzia che anche nella zona di collisione e le ampiezze delle due onde non si sommano.

12

1. FISICA NON LINEARE

Figura 1.7: Collisione di due onde solitarie di Korteweg-de Vries.

Bibliograa

G. Nicolis, Introduction to nonlinear science Cambridge University, 1995. J.D. Murray, Mathematical Biology, an introduction, Springer, Berlino 2002. H.G. Schuster, Deterministic Chaos, an introduction, VCH, Weinheim (Germania) 1988. L. Landau e E. Lifshitz, Fluid Mechanics e Classical theory of elds, Pergamon, Oxford 1959. R.K. Dodd, J.C. Eilbeck, J.D. Gibbon e H.C. Morris, Solitons and nonlinear wave equations, Academic, Londra 1984.

1.4. ONDE NON LINEARI

13

Problemi
1. Utilizzare le trasformazioni x x = a/x, = b/a, t t = 2M a2 /t per riscrivere lequazione (1.11) in termini delle nuove variabili x , t , . Osservare che lequazione cos` scritta non dipende pi` dai parametri ori u ginari a, b, , M . Dedurre dallespressione ottenuta che non sono possibili sviluppi perturbativi. 2. Utilizzare le trasformazioni di variabili suggerite nel testo per ottenere leq.(1.14). Mostrare che (1.15) ` soluzione di (1.14). e

14

1. FISICA NON LINEARE

Capitolo 2 Semplicit` e Complessit`: la a a mappa logistica


In questo capitolo mostreremo che alcuni modelli matematici molto semplici, originariamente introdotti per descrivere levoluzione temporale del numero di individui di una o pi` specie in un certo contesto biologico, possono avere un comu portamento estremamente complesso, eventualmente caotico nel senso discusso nel capitolo precedente. Limportanza di questi modelli non ` legata solo alla loro e rilevanza in ambito biologico, di per s gi` enorme. Le modalit` con cui il regime e a a caotico si instaura in questi modelli e nella mappa logistica in particolare, che sar` largomento principale di questo capitolo, sono le stesse che si trovano in sia stemi estremamente pi` complicati quali i uidi soggetti a un gradiente termico o u in regime turbolento. La mappa logistica funge quindi da modello paradigmatico per lo studio di dinamiche caotiche anche in altri contesti. I modelli evolutivi considerati in questo capitolo sono deniti per valori discreti della variabile temporale e per questo sono chiamati mappe. Dal punto di vista biologico lapprossimazione del tempo discreto risulta spesso ragionevole. Per molte specie la sovrapposizione tra generazioni successive ` trascurabile e e si pu` pensare che eettivamente la popolazione evolve a intervalli discreti di o tempo. Questo tempo pu` essere un anno in molti casi, ma pu` anche essere un o o giorno per la mosca della frutta, qualche ora per gli organismi cellulari o molto meno per i virus e i batteri. Per comodit` si pu` porre il tempo tra generazioni successive pari a 1. I a o modelli pongono allora in relazione la popolazione al tempo t + 1, denotata con Nt+1 , con la popolazione Nt al tempo t. Si ottengono quindi equazioni del tipo Nt+1 = f (Nt ) (2.1)

dove f (x) ` in genere una funzione non lineare di x. Come si vedr` nel corso e a del capitolo, ` molto dicile ottenere la soluzione analitica Nt delleq. (2.1) a e tutti i tempi in funzione delle condizioni iniziali, ma, ciononostante, si possono in 15

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` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

genere ricavare dallo studio della (2.1) molte informazioni quantitative che ben illustrano il comportamento di Nt . La forma particolare della funzione f dipende dal particolare sistema che si vuole studiare. Il primo modello evolutivo con tempo discreto fu introdotto nel 1202 da Leonardo da Pisa (chiamato pi` tardi, nel diciottesimo secolo, Fibonacci). u Nei suoi libri di aritmetica Leonardo consider` un problema legato alla crescita o di una popolazione di conigli. Indicato con Nt il numero di coppie di conigli al tempo t, Leonardo consider` la seguente relazione tra il numero di coppie a tempi o successivi Nt+1 = Nt + Nt1 , t = 2, 3, . . . . (2.2) Questo processo, posto N0 = 1, produce la sequenza di numeri detta di Fibonacci 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, .... (2.3)

dove ciascun termine della serie ` la somma dei due precedenti (vedi Problema e 1). Questa sequenza ` piuttosto nota perch in molti contesti naturali si trovano e e serie di ni , ni+1 , . . . elementi dove ni , ni+1 , . . . sono numeri successivi di Fibonacci. Nelle pigne di un pino, ad esempio, si trovano sempre 21 spirali di scaglie in senso orario e 34 in senso antiorario. La forma della funzione f deve tenere conto dei problemi di sovraollamento ` e delle capacit` del sistema di autoregolarsi. E quindi ragionevole che la funzione a f abbia un massimo a qualche valore NM e diminuisca per N > NM . La mappa logistica, che ` la versione con tempo discreto del modello di Verhulst del 1838 e (vedi Problema 2), ha proprio queste caratteristiche e pu` essere introdotta con o le seguenti considerazioni. Sia zn il numero di individui di una certa popolazione, ad esempio di una specie di insetti, al tempo n . Si assuma che, per ogni anno n, le condizioni dellambiente dove gli insetti depongono le uova, il numero di larve sopravvissute, o il numero di predatori siano in media gli stessi. Sia r il numero medio di uova che ciascun insetto depone in un anno. La schiusura delle uova produrrebbe quindi un numero di insetti pari a zn+1 = rzn e quindi una legge di crescita esponenziale zn = rn z0 . Tuttavia, se il numero di insetti diventa troppo grande, si pu` pensare che la disponibilit` di cibo non sia suciente per tutti o a e che un certo numero di insetti muoia prima di riprodursi. Il numero di uova eettivo (quello che comporter` una variazione della popolazione) rilasciato da a ciascun insetto pu` essere posto uguale a r(1zn /) dove z ` una sorta di numero o z e critico per la popolazione, raggiunto il quale non vi ` pi` cibo e non vengono e u rilasciate altre uova. La legge di evoluzione della popolazione ` data quindi da e zn+1 = rzn (1zn /). La mappa logistica dellequazione (2.8) si ottiene dividendo z lequazione precedente per z e introducendo la nuova variabile xn = zn /. z Prima di passare allo studio della mappa logistica, introdurremo nella sezione successiva un altro sistema, la mappa a tenda, che ` utile per lo studio della mape pa logistica e che costituisce di per s un esempio particolarmente signicativo e di sistema con comportamento caotico. Concluderemo questo capitolo con un

2.1. LA MAPPA A TENDA

17

Figura 2.1: (a) La mappa a tenda. (b) Rappresentazione graca della mappa a tenda in termini delle operazioni di stiramento (stretching) e piegamento (folding).

esempio di modello evolutivo di natura totalmente dierente, costruito a partire da considerazione di carattere probabilistico. Lo studio di questo esempio consentir` di comprendere meglio il carattere deterministico della mappa logistica e a dei sistemi che verranno considerati nei capitoli successivi.

2.1

La mappa a tenda
1 2

La mappa a tenda ` denita dalloperazione e xn+1 = 1 2 xn (2.4)

con xn [0, 1] (vedi gura 2.1(a)). La scelta dellintervallo [0, 1] ` consistente se e si vuole che ad ogni iterazione la mappa agisca sullo stesso intervallo chiuso e limitato. Infatti, con una condizione iniziale x0 negativa, si avrebbe x1 = 2x0 , x2 = 2x1 = 4x0 , ... e xn per n . Daltro canto, anche per x0 > 1

18

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.2: La linea continua e quella tratteggiata rappresentano due traiettorie della mappa a tenda originate da condizioni iniziali distanti = 103 .

risulterebbe x1 < 0 e quindi xn per n , come nel caso precedente. Invece, per xn nellintervallo [0, 1], si ha che 0 1 2|xn 1/2| 1 e quindi xn+1 ` ancora un punto dellintervallo [0, 1]. Lo stesso ragionamento vale per tutte le e iterazioni successive. Quindi, per 0 x0 1, lorbita rimane limitata e connata allintervallo [0, 1] per ogni valore di n; questo ` il caso pi` signicativo dal punto e u di vista sico e matematico ed ` quello che considereremo nel seguito. e La gura 2.1(b) illustra gracamente in un altro modo lazione della mappa ` sullintervallo [0, 1]. E possibile scomporre questazione in due operazioni distinte. Lintervallo [0, 1] ` dapprima uniformemente stirato o dilatato no a raggiungere e una lunghezza doppia di quella iniziale: questa operazione ` detta di stiramento. e La seconda operazione consiste nella piegatura dellintervallo stirato su stesso: il risultato ` un intervallo della stessa lunghezza di quello iniziale. La gura e 2.1(b) pu` essere utilizzata per determinare gracamente levoluzione di un punto o qualsiasi dellintervallo [0, 1]. Ad esempio, dalla gura si pu` dedurre che il punto o xn = 1/4 diventa 1/2 dopo lo stiramento, e non cambia valore dopo la piegatura cos` che xn+1 = 1/2. Loperazione di stiramento ` responsabile dellallontanamento di orbite iniziale mente vicine. Questo fenomeno ` illustrato nella gura 2.2 dove viene mostrata e levoluzione temporale della mappa in due casi con dierenti condizioni iniziali separate da = 103 . Le orbite rimangono vicine per alcune iterazioni ma poi si allontanano luna dallaltra senza alcuna correlazione apparente. Si dice che la mappa soddisfa una condizione di sensibilit` rispetto alla variazione dela le condizioni iniziali e in attesa delle denizioni pi` quantitative del capitolo 4, u prenderemo questa come denizione di moto caotico. La presenza combinata delle operazioni di stiramento e piegatura ` una carate teristica generale di tutte le mappe unidimensionali con dinamica caotica. Infatti

2.1. LA MAPPA A TENDA

19

` lazione di stiramento che provoca lallontanamento di orbite inizialmente mole to vicine. Daltro canto, loperazione di piegatura ` necessaria anch le orbite e e siano limitate. Si pu` anche osservare che la mappa, a causa della piegatura, non o ` invertibile. Questo ` in realt` un risultato generale che non dimostreremo e e e a che pu` essere cos` enunciato: tutte le mappe unidimensionali caotiche sono non o invertibili. La relazione tra struttura della mappa e dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali pu` essere ulteriormente illustrata considerando il comportamento della o mappa iterata mvolte denita da xn+m = M m (xn ) M (M m1 (xn )), xn+1 = M (xn ) (2.5)

dove M 1 (x) M (x) e M 0 (x) x. Nella gura 2.3 vengono mostrate lazione della mappa M 2 e M m sullintervallo [0, 1]. I gra di queste gure possono essere costruiti osservando che una doppia applicazione della mappa ai punti x0 = 0, 1/2, 1 d` come risultato xn+2 = 0, mentre se xn ` uguale a 1/4 o 3/4 si a e ha che due applicazioni della (2.4) danno xn+2 = 1. La gura 2.3(a) si ottiene osservando che la variazione di xn+2 tra i punti prima considerati ` lineare. Dalla e gura 2.3(b) (che pu` essere costruita ripetendo pi` volte il ragionamento preceo u dente) si vede che, scelta una condizione iniziale x0 in un intorno di raggio 2m di un qualsiasi punto x in [0, 1], il punto M m (x0 ) pu` trovarsi ovunque rispetto a o m M () nellintervallo [0, 1]. Quindi, comunque sia buona la conoscenza della pox sizione della mappa ad un certo istante, dopo un numero sucientemente alto di iterazioni, verr` persa qualsiasi informazione sulla posizione dellorbita, a meno a di un calcolo esplicito. In generale, si dice che una mappa M percorre unorbita periodica di periodo p se lorbita passa ciclicamente dai punti distinti x0 , x1 , . . . , xp1 , ovvero se xj+1 = M (xj ). Allora dalla relazione xj = M p (xj ) j = 0, 1, ..., p 1 , (2.6)

si vede che un punto di unorbita periodica di periodo p per la mappa M ` un e p punto sso della mappa M . Lo studio delle propriet` delle mappe iterate pu` a o quindi risultare utile per lanalisi del comportamento delle orbite della mappa originaria. Nel caso della mappa a tenda si pu` osservare che la mappa M p ha 2p punti o ssi deniti dalla relazione xf = M p (xf ) , (2.7)

ottenibili gracamente dalle intersezioni della retta bisettrice con la mappa M p . Poich vi sono due punti (x = 0 e x = 2/3) che sono punti ssi della mappa e originaria (xf = M (xf )), si ha che vi sono 2p 2 punti ssi di M p che non lo sono di M . Il lettore pu` dimostrare, con un ragionamento analogo a quello o

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` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.3: Rappresentazione graca della mappa a tenda iterata 2 e m volte.

suggerito nel problema 5 per la mappa logistica, per il caso p = 2, che questi punti appartengono a orbite particolari di M che hanno carattere periodico. Pi` u in generale si pu` dimostrare che se p ` un numero primo, i 2p 2 punti ssi di o e M p che non lo sono di M appartengono a orbite periodiche di periodo p; se p non ` un numero primo ( p = pn1 pn2 ...), allora alcuni di questi punti apparterranno a e 1 2 orbite di periodo pi` basso p1 , p2 , .... Quindi, se p ` un numero primo, il numero u e p delle orbite periodiche di periodo p ` Np = (2 2)/p. (Per p non numero e primo il numero delle orbite periodiche di periodo p non soddisfa la relazione precedente ma per grandi p vale comunque la relazione Np 2p /p.) Il numero di orbite periodiche tende quindi a innito con laumentare del periodo. Questo sembrerebbe essere in contraddizione con quanto prima detto sul comportamento generalmente caotico, non periodico, della mappa a tenda. La contraddizione ` risolvibile, con le nozioni che verranno date nei capitoli successivi, valutando e quantitativamente il peso relativo e la stabilit` delle orbite periodiche e di quelle a caotiche. Si pu` dimostrare che, pur essendo le orbite periodiche dense in [0, 1], o sono le orbite caotiche quelle tipiche della mappa, che si osservano con probabilit` a di gran lunga maggiore nel caso di condizioni iniziali scelte casualmente. Inoltre, le orbite periodiche risultano essere instabili.

2.2. LA MAPPA LOGISTICA

21

2.2

La mappa logistica

In questa sezione verr` studiato il comportamento della mappa logistica gi` a a introdotta allinizio di questo capitolo e denita dalla legge evolutiva xn+1 = rxn (1 xn ) . (2.8)

La mappa ` denita nellintervallo [0, 1] per 1 r 4; in questo modo si ottengoe no traiettorie sempre comprese nellintervallo [0, 1]. Con una denizione diversa, ad esempio r > 4, partendo da x0 = 1/2 si avrebbe x1 > 1, x2 < 0 e xn per n e questo, analogamente a quanto visto per la mappa a tenda, ` un e caso poco interessante da considerare. La mappa logistica a r = 4 ` trasformabile nella mappa a tenda eettuando e un cambiamento opportuno di variabili. Infatti, introdotta la nuova variabile y n a valori in [0, 1] denita dalla relazione xn = sin2 si ottiene dalla (2.8) sin2 1 1 yn+1 = 2(1 cos yn )(1 + cos yn ) 2 2 2 2 2 = 1 cos yn = sin yn yn 1 = (1 cos yn ) 2 2 , (2.9)

(2.10)

yn+1 = yn + s (2.11) 2 con s numero intero qualsiasi. Se imponiamo il vincolo di appartenenza di yn allintervallo [0, 1], si ottiene yn+1 = 2yn yn+1 = 2 2yn 0 yn 1/2 1/2 yn 1 (s = 0, segno+) (s = 1, segno)

le cui soluzioni sono

(2.12)

che ` proprio la denizione della mappa a tenda. Allora, poich la mappa a tenda e e ha comportamento caotico, possiamo dedurre che la mappa logistica ` anchessa e caotica per r = 4. Inoltre, come si era discusso per la mappa a tenda, anche nel caso della mappa logistica con r = 4 si avranno innite orbite periodiche ma il peso statistico di queste orbite risulter` trascurabile rispetto al peso delle orbite a caotiche. La rilevanza di questi risultati va anche apprezzata in relazione alle implicazioni per i sistemi biologici descrivibili dalla mappa logistica che possono quindi avere comportamento caotico. Di notevole importanza, come si vedr`, ` a e anche il comportamento della mappa a r < 4. Lo studio della mappa a diversi valori di r illustra i regimi dinamici che possono precedere il comportamento caotico di un sistema.

22

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.4: (a) La mappa logistica con r = 2.6. Si vede come ` possibile e determinare gracamente la stabilit` dei punti ssi. a

Per studiare il comportamento della mappa a r = 4 conviene per prima cosa calcolare i punti ssi della mappa, cio risolvere lequazione (2.8) con xn+1 = xn ; e le soluzioni sono 1 xf = 0, xf = 1 . r Il primo di questi punti ssi ` instabile per r > 1. Questo signica che se consie deriamo una condizione iniziale x0 vicina a x = 0 e iteriamo pi` volte la mappa, u il punto xn rappresentativo della mappa si allontaner` da x = 0 al crescere di n. a Questo comportamento ` illustrato nella gura 2.4 che mostra come ` possibile e e analizzare gracamente la stabilit` di un punto sso di una mappa unidimensioa nale. Analogamente si pu` vedere che laltro punto sso xf = 1 1/r, per il caso o della gura con r = 2.6, ` stabile, cio` le traiettorie che partono in vicinanza del e e punto sso tendono a tornare su di esso. La condizione di stabilit` o instabilit` a a per una mappa unidimensionale pu` essere espressa analiticamente calcolando il o valore assoluto |dM/dx| della derivata della mappa. Se |dM/dx|x=xf > 1 il punto sso xf ` instabile; se |dM/dx|x=xf < 1 il punto sso xf ` stabile. Il signicae e to di queste condizioni analitiche, che sono un caso particolare dei risultati pi` u generali del capitolo 5, pu` essere compreso facendo nuovamente riferimento al o procedimento graco illustrato nella gura 2.4. Dalla valutazione della derivata risulta che il punto sso xf = 0 ` sempre instabile nellinsieme dei valori di r e considerati. Dalla relazione |dM/dx|x=11/r = |2 r| si vede invece che il punto sso xf = 1 1/r ` un attrattore solo per 1 < r < 3. Si pu` inoltre mostrare che e o in questintervallo di valori di r non vi sono orbite periodiche con periodo p > 1

2.2. LA MAPPA LOGISTICA

23

sicch ogni condizione iniziale x0 che soddisfa 0 < x0 < 1 d` luogo a traiettorie e a della mappa che si avvicinano a x = 1 1/r. In casi come questo, si dice che lintervallo [0, 1] ` il bacino di attrazione dellattrattore x f = 1 1/r. e Abbiamo visto che a r = 4 la mappa ` caotica e vi sono innite orbite perioe diche (instabili) dense in [0, 1]. Per 1 < r < 3 vi sono solo due orbite periodiche di periodo unitario (i punti ssi) e non vi ` caos. Per analizzare il meccanismo e di passaggio da una situazione allaltra quando 3 < r < 4 (vedi problema 3), conviene considerare il comportamento della mappa iterata due volte M 2 . Nella gura 2.5 si mostra gracamente il comportamento della mappa M 2 per due valori di r, uno di poco minore e laltro di poco maggiore di r = 3. Osserviamo le seguenti propriet`: a La mappa M 2 , che ` un polinomio del quarto ordine, ha tre estremi. e Il punto sso di M , ovviamente, ` un punto sso anche per M 2 . e Un punto sso instabile per M lo ` anche per M 2 . Infatti, se il punto sso e xf di M ` instabile allora |dM/dx|x=xf > 1, ma |dM 2 /dx| = |dM/dx|M (xf ) e |dM/dx|xf = (dM/dx)2 f > 1. x Per r > 3 appaiono due altri punti ssi che sono soluzione dellequazione r3 x3 2r3 x2 + r2 (1 + r)x r 2 + 1 = 0 (vedi problema 4). Si pu` mostrare, o 2 o anche dedurre dal grafo di M , che questi punti ssi sono stabili per la mappa M 2 . I due punti ssi di M 2 che non lo sono di M devono necessariamente appartenere ad unorbita di periodo due di M (problema 5). Perci`, quando o a r = 3 lorbita di periodo 1 diventa instabile, appare unorbita stabile di periodo 2. Tutte le traiettorie saranno attratte da questorbita eccetto le orbite costitute dai punti ssi instabili x = 0 e x = 1 1/r e dal punto x = 1. Questo cambiamento nella struttura delle orbite ` schematicamente e mostrato nella gura 2.5(c) ed ` noto come biforcazione con raddoppio di e periodo. Le curve continue rappresentano nella gura 2.5(c) le orbite stabili mentre la linea tratteggiata ` la soluzione instabile dellequazione di punto e sso. Il coeciente di stabilit` in xf = 1 1/r ` 1 = dM/dx = 2 r e diminuisce a e linearmente da 1 a 1 per 1 r 3. In questo intervallo il punto sso ` stabile e mentre diventa instabile per r > 3. Allo stesso modo i punti ssi di M 2 hanno un coeciente di stabilit` che vale 1 per r = 3 e che diminuisce no a diventare a -1 a r = r2 quando lorbita di periodo 2 diventa instabile (vedi problema 5) . Per r appena maggiore di r2 , analogamente a quanto successo vicino a r1 = 3, appare unorbita di periodo 4. I punti di questorbita sono i 4 punti ssi stabili della mappa (M 2 )2 = M 4 . Le mappe M 2 e M 4 svolgono ora il ruolo che prima avevano avuto M e M 2 . Nella gura 2.6 si vede che M 4 ha in totale 8 punti

24

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.5: La mappa logistica iterata due volte M 2 per r appena minore (a) e maggiore (b) di 3. La linea tratteggiata ` tangente a M 2 nel punto xf = 1 1/r. e (c) Rappresentazione della biforcazione a x = xf dove appare unorbita stabile di periodo due. La linea tratteggiata rappresenta il punto sso diventato instabile.

2.2. LA MAPPA LOGISTICA

25

Figura 2.6: La mappa logistica iterata quattro volte a r = 3.5.

26

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.7: Cascata di biforcazioni con raddoppio di periodo.

ssi: i 4 punti ssi di M 2 e 4 nuovi punti ssi. Lorbita di periodo 4 ` stabile e no ad un certo valore r3 dove diventa instabile mentre una nuova orbita di periodo 8 = 23 risulta stabile nellintervallo r3 < r r4 . La comparsa di nuove orbite di periodo sempre pi` grande 2m , stabili nellintervallo rm < r rm+1 , ` il u e cosiddetto fenomeno della cascata di biforcazioni rappresentato schematicamente nella gura 2.7. Si pu mostrare analiticamente, o utilizzando un calcolatore, che o esiste un punto di accumulazione per la successione rm dato da r lim rm = 3.5699456...
m

(2.13)

Nellintorno sinistro di r si accumulano orbite periodiche di periodo sempre pi` grande; a r = 4 il sistema ` caotico. Per analizzare il comportamento u e del sistema nellintervallo r < r < 4 si pu` utilizzare la seguente procedura o numerica: (a) Si sceglie un valore di r appena pi` grande di r . u (b) Si itera la mappa un numero di volte dellordine del migliaio e si riportano su un grafo i risultati delle ultime (qualche centinaio) iterazioni. (c) Si aumenta di r 102 il valore di r e si riparte dal punto (b). Il risultato di queste operazioni ` riportato nella gura 2.8 che mostra essene zialmente le caratteristiche dellattrattore della mappa al variare di r. Come gi` a detto, per r < r lattrattore ` costituito da orbite periodiche di periodo sempre e pi` grande mentre a r = 4 lattrattore riempie lintero intervallo [0, 1]. Per gli u altri valori di r si possono evidenziare i seguenti comportamenti:

2.2. LA MAPPA LOGISTICA

27

Figura 2.8: Diagramma delle biforcazioni per la mappa logistica.

28

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

per r appena pi` piccolo di r = 4 lattrattore ` costituito da un singolo u e intervallo strettamente contenuto in [0, 1]; le orbite sono caotiche ma non invadono tutto lo spazio a disposizione. Per r < r < r0 si ha una nuova serie di biforcazioni con il sistema che ha caratteristiche contemporaneamente caotiche e periodiche. Per r appena pi` piccolo di r0 lorbita oscilla tra due bande o intervalli separati, ma in u ciascuna di essi il moto ` caotico. In altri termini, se ad una certa iterazione e la mappa assume valore in una banda, alliterazione successiva la mappa ha valore nellaltra banda e, al susseguirsi delle iterazioni, entrambe le bande sono ricoperte completamente dalle orbite. Diminuendo ulteriormente r, a r = r1 lattrattore diventa a 4 bande toccate ciclicamente dallorbita. Proseguendo in questo modo si otterr` una successione rm convergente a anchessa a r . La gura 2.8 mostra un ulteriore fenomeno. Per r > r vi sono anche intervalli di r dove lorbita dellattrattore ` periodica ma non caotica. Il e pi` largo di questi intervalli, per r compreso tra 3.8 e 3.9, ` occupato da u e unorbita di periodo 3. La gura 2.9 ` lingrandimento della gura 2.8 in e questintervallo; si vede che lorbita di periodo 3 appare a r3 , ` seguita e da una serie di biforcazioni con raddoppio di periodo in cui sono prodotte orbite di periodo 3 2m . Si ha poi un insieme di bande caotiche (cos` come si era discusso al punto precedente) che si uniscono inne in tre bande che scompaiono di colpo a r = rc3 dove appare nuovamente una singola banda. Lintervallo compreso tra r3 e rc3 ` chiamato nestra di periodo 3. Si e pu` mostrare, ma non discuteremo ulteriormente questo punto, che vi ` un o e numero innito di nestre di periodo arbitrariamente grande nellintervallo caotico r r 4. Alcune di queste sono distinguibili nelle gure 2.8 e 2.9.

2.3

Universalit` della mappa logistica a

Il comportamento dinamico della mappa logistica, con le cascate di biforcazioni illustrate, ha una rilevanza che va al di l` dei sistemi di evoluzione biologica perch a e ` tipico di molti altri sistemi con comportamento caotico. Questa universalit` di e a comportamento ha anche, come vedremo, un fondamento quantitativo. Consideriamo dapprima la successione di biforcazioni con raddoppio di periodo osservata per r < r . La lunghezza dellintervallo di r dove ` stabile unorbita e m di periodo 2 diminuisce, per m grandi, secondo la legge rm = r costante m (2.14)

` 2.3. UNIVERSALITA DELLA MAPPA LOGISTICA

29

Figura 2.9: Ingrandimento della nestra di periodo tre.

30

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Figura 2.10: (a) Rappresentazione schematica del cambiamento dello spettro di Fourier dopo una biforcazione.

che implica lespressione rm rm1 m 4.669201 . . . rm+1 rm . (2.15)

Dalla relazione precedente si deduce che se si ridisegna il diagramma delle biforcazioni della gura 2.7 in funzione della variabile log(r r), la distanza tra biforcazioni successive tende alla costante log per r r . Unaltra costante importante ` legata alla distanza dm , nell orbita di periodo 2m per r < r , tra e il punto pi` vicino a x = 1/2 e x = 1/2 (vedi gura 2.7). Si ha che u dm m 2.5029078750 . . . dm+1 (2.16)

Propriet` simili valgono anche per r > r . Ad esempio, nelle nestre di periodo a p > 2, la sequenza dei raddoppi di periodo verica una legge analoga alla (2.14) con lo stesso valore di . Le varie sequenze di biforcazioni furono studiate, tra gli altri, da Feigenbaum nel 1978. Feigenbaum mostr` che la cosiddetta strada verso il caos osservata nella o mappa logistica, ovvero linsieme delle biforcazioni prima descritto, ` caratterie stica di tutte le equazioni alle dierenze nite del primo ordine, ovvero del tipo xn = f (xn1 ), dove f (x) ` una funzione con un massimo xM nellintervallo di dee nizione. Inoltre, il valore delle costanti e dipendono soltanto dallordine del massimo. Ad esempio, per tutti i massimi quadratici con f (xM ) = 0, f (xM ) < 0, e assumono lo stesso valore della mappa logistica. Luso del termine universalit` ` quindi ancora pi` motivato: la sequenza delle orbite degli attrattori a e u

` 2.3. UNIVERSALITA DELLA MAPPA LOGISTICA

31

Figura 2.11: (A) Schema di un circuito RCL non lineare forzato. (B) La corrente osservata al tempo t+T vs. la corrente osservata al tempo t. (C) Determinazione di dai valori del parametro di controllo V0 . (D) a-c: subarmoniche nello spettro di potenza allaumentare di V0 ; d: raronto con la teoria di Feigenbaum (linee orizzontali) (da Linsay, Physical Review Letters 1981).

osservata nella mappa logistica ` osservata in una classe molto vasta di sistemi e con comportamento caotico al variare di un parametro di controllo esterno. Le costanti e sono universali nel senso che sono le stesse per tutti questi sistemi e non sono legate alla natura specica del sistema. Osserviamo che le ipotesi di Feigenbaum, utilizzate per dimostrare i risultati enunciati, sono di natura abbastanza generale. Questo ` in accordo con losservazione che la cascata di bie forcazioni con raddoppio di periodo precede in molti sistemi sperimentali, anche se non in tutti, il regime completamente caotico. Lesistenza sperimentale di sistemi con una cascata di biforcazioni con raddoppio di periodo ` stata accertata confrontando, in vari casi, lo spettro di potenza e di segnali eettivamente misurati con lo spettro che si pu` ottenere dalla mappa o m logistica. Consideriamo un ciclo di periodo 2 costituito dai punti xm , xm , ..., xm . 1 2 2m m m Per un generico elemento xj del ciclo ( 1 j 2 ), possiamo considerare le componenti di Fourier am date da k xm = j
k

am e 2m k

2ik

(2.17)

32

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

La periodicit` del ciclo a xm = x m m j j+2 impone che i valori di k su cui eettuare la somma (2.17) devono vericare la relazione e2ik = 1 sicch e k = 0, 1, 2, . . . 2m 1 . (2.18)

Si vede quindi che ad ogni biforcazione, quando m m + 1, lindice k potr` a m m assumere 2 nuovi valori a cui corrisponderanno 2 nuove subarmoniche con frequenza k/2m+1 (k = 1, 3, 5, ...) cos` come viene mostrato nella gura 2.10 per la biforcazione da unorbita di periodo 2 ad unorbita di periodo 4. Ad ogni biforcazione appaiono quindi subarmoniche con frequenze a met` degli intervalli a tra le coppie di frequenze vicine gi` esistenti. La comparsa di nuove subarmonia che, al variare dei parametri di controllo del sistema, ` lindicatore sperimentale e pi` importante per la presenza di una cascata di biforcazioni con raddoppio di u periodo. Si pu` anche mostrare che le componenti di Fourier che appaiono ad ogni o biforcazione vericano le relazioni |am+1 | 1 |am (2k+1)/2 |, 2k+1 con 1 = 1 4 2 1+ 1 2 = 0.1525 . . . (2.20) |am+1 | |am | k 2k (2.19)

Si vede che le componenti con periodo pari rimangono inalterate mentre quelle dispari sono pari alla media delle vecchie componenti dispari contigue (per 1 semplicit` denotata con |am a (vedi Problema 6). (2k+1)/2 |), ridotta di un fattore Spettri di potenza con caratteristiche simili a quelle descritte sono stati osservati in molti esperimenti, ad esempio nellesperimento di Bnard sulla convezione e di uidi soggetti a gradienti termici, o in vari sistemi di oscillatori forzati. Nella gura 2.11(a) viene mostrato uno di questi sistemi costituito da un oscillatore elettrico forzato dove lelemento non lineare del circuito ` la capacit` di un diodo. e a La relazione tra la corrente misurata nel circuito, in un ciclo della forza elettromotrice applicata, e la corrente del ciclo successivo ` riportata nella gura 2.11(b). e Questa relazione verica le ipotesi di Feigenbaum. Nella gura 2.11(d) sono riportati gli spettri misurati allaumentare di V0 . Si pu` osservare la comparsa di o subarmoniche successive secondo lo schema prima descritto. Identicando con V0 il parametro r della mappa logistica si pu` anche ottenere una stima sperimentale o del valore di che risulta vicino a 4.5 come si evince dalla tabella riportata nella gura 2.11(c). Questa ` una delle tante prove sperimentali note che confermano e luniversalit` del comportamento della mappa logistica. a

2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI

33

2.4

Sistemi deterministici e sistemi stocastici

I sistemi considerati in queste lezioni sono deterministici. Questo signica che, note le condizioni iniziali, lequazione di evoluzione determina univocamente la traiettoria del sistema. Pur con le limitazioni sulleettiva predicibilit` del coma portamento del sistema, anche le orbite estremamente irregolari osservate nei regimi caotici sono univocamente determinate dalle condizioni iniziali. Esiste un modo dierente di descrivere i fenomeni sici o naturali che tiene conto della presenza di uttuazioni stocastiche nelle leggi di evoluzione. Nel caso della mappa logistica, ad esempio, si pu` pensare che il numero di individui ad un certo o tempo dipenda anche da cause uttuanti quali ad esempio la maggiore o minore abbondanza di cibo dovuta a variazioni climatiche, malattie, etc. Le uttuazioni stocastiche sono descritte da variabili aleatorie. Una variabile aleatoria, dal punto di vista matematico, ` una funzione che a ciascun evento di un insieme di eventi e possibili, caratterizzati da una data distribuzione di probabilit`, fa corrispondere a un numero reale. Nel semplice esempio dellinsieme di eventi costituito dai risultati di due lanci di una moneta, una possibile variabile aleatoria ` il numero di e teste su due lanci. Levoluzione temporale di un sistema descritto da variabili aleatorie ` nota e come processo stocastico. Si consideri ad esempio il numero di telefonate ricevute da un centralino in un intervallo di tempo di durata t. Questo numero ` una e variabile aleatoria che chiameremo X(t). Per ogni valore di t si ha una variabile aleatoria e linsieme X(t) di queste variabili costituisce un processo stocastico. Anche nei processi stocastici la traiettoria che rappresenta levoluzione dello stato del sistema risulta estremamente irregolare ma la natura di questa irregolarit` ` completamente diversa da quella osservata nei sistemi caotici deterministici. ae Questa considerazione ` importante anche dal punto di vista pratico perch lanae e lisi della natura delle irregolarit` pu` risultare rilevante per la comprensione dei a o meccanismi del funzionamento di un certo sistema. Va osservato che dal punto di vista pratico in genere si ha a disposizione soltanto un segnale prodotto da un sistema ma non le equazioni che lo descrivono! Illustriamo la questione con un esempio di segnale che ` stato analizzato per molto tempo sia dal punto di vista e dei processi stocastici che da quello dei sistemi deterministici. Si consideri la lunghezza dinterbattito ricavata da un elettrocardiogramma. Se si riporta su un grafo questo segnale in funzione del numero di battiti o del tempo si ottiene una spezzata estremamente irregolare (vedi gura 2.12). La natura stocastica di questo segnale potrebbe essere attribuita a uttuazioni chimiche, termiche, etc. nelle parti del sistema nervoso che regolano il funzionamento del cuore. Una possibile natura deterministica dovrebbe invece dipendere da leggi dinamiche univocamente denite. I siologi ritengono che si debba scegliere per la seconda opzione. Si ` persino appurato che i diversi livelli di caoticit` riscontrati nel segnale cardiaco e a possono anche essere utilizzati per caratterizzare diversi stati siopatologici. In certe situazioni (vedi lesempio delle telefonate) un sistema non pu` che o

34

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

0.88 0.86

intervallo R-R (secondi)

0.84 0.82 0.8 0.78 0.76 0.74 0.72 0 30 60 t (secondi) 90 120 150

Figura 2.12: Andamento temporale della distanza tra i picchi (onda R) successivi di un elettrocardiogramma di un individuo sano (Da Aiguo Xu, G. Gonnella et al, International Journal of Modern Physics B, 2005).

essere descritto come un processo stocastico. Tuttavia, anche in casi in cui una descrizione deterministica pu` funzionare, come ad esempio nella mappa logistica, o gli eetti delle uttuazioni stocastiche vanno tenuti in conto. Per valutare gli eetti di uttuazioni stocastiche sullevoluzione prodotta da leggi deterministiche, ed anche per mostrare in un caso semplice come si studia un processo stocastico, consideriamo ancora un esempio di processo evolutivo in biologia. Consideriamo il modello deterministico di Malthus dN/dt = rN (2.21)

dove N ` il numero di individui di una certa popolazione al tempo t e r ` il numero e e di gli che nascono da ciascun individuo nellunit` di tempo. La soluzione di a questa equazione ` N = N0 ert . Si pu` facilmente denire il modello stocastico e o corrispondente. Si assuma che nellintervallo di tempo t un individuo dia vita a un altro individuo con probabilit` rt e a nessun individuo con probabilit` 1rt. a a ` possibile, come vedremo, ricavare da queste assunzioni la probabilit` che ad un E a certo istante di tempo la popolazione consti di un certo numero di individui. Si potranno successivamente confrontare i risultati previsti dal modello stocastico con quelli del modello deterministico. Per studiare il modello stocastico denito nel paragrafo precedente ` necessae ria una breve introduzione matematica sul metodo in genere utilizzato per trattare problemi con variabili aleatorie che assumono solo valori discreti. Sia X una

2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI

35

variabile aleatoria che pu` assumere solo i valori interi 0, 1, 2, ... e la probabilit` o a che X assuma il valore k sia pk , cio e P r{X = k} = pk , k = 0, 1, 2, ...,
k

pk = 1

(2.22)

Si denisce funzionale generatore di probabilit` della variabile X la quantit` a a

P(s) =

pk sk
k=0

(2.23)

che pu` essere riscritta come o P r{X = k}sk e che ` uguale al valor medio o di e X X attesa E(s ) della nuova variabile aleatoria s , con s variabile reale. Si vede che la serie converge almeno per 1 s 1 e che P(1) = 1. Dalle relazioni

P (s) = e

kpk sk1 ,
k=0

1 < s < 1

(2.24)

P (s) = si ha che

k=0

k(k 1)pk sk2

(2.25)

E(X) e E(X(X 1)) Poich e


k

k=1

kpk = P (1) .

(2.26)

k(k 1)pk = P (1)

(2.27)

E(X 2 ) = E(X(X 1)) + E(X) = P (1) + P (1) si ha che la varianza di X pu` essere espressa come o var(X) E(X 2 ) [E(X)]2 = P (1) + P (1) [P (1)]2 .

(2.28)

(2.29)

Torniamo allo studio del processo stocastico corrispondente alla (2.21). Sia pn (t) la probabilit` che al tempo t la popolazione abbia un numero totale N (t) a di individui pari a n. La probabilit` pn (t) verica la seguente equazione a pn (t + t) = pn (t)(1 rnt) + pn1 (t)r(n 1)t + o(t2 ) Dalla (2.30) si ottengono le equazioni pn (t) = nrpn (t) + (n 1)rpn1 (t), n 1 p0 (t) = 0 . n1 . (2.30)

(2.31)

36

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

` E possibile risolvere queste equazioni una volta ssate le condizioni iniziali. Scegliamo per semplicit` le condizioni iniziali p1 (0) = 1 e pi (0) = 0 per i = 1, a cio il sistema allistante iniziale consiste di un solo individuo (N0 = 1). Per e n = 1 si avr` a p1 (t) = rp1 (t) (2.32) con soluzione p1 (t) = ert Per n = 2 lequazione (2.31) diventa p2 (t) + 2rp2 (t) = rp1 (t) = rert . (2.34) . (2.33)

Questequazione pu` essere risolta osservando che la funzione e2rt ` soluzione o e 2rt dellomogenea associata. Ponendo poi p2 (t) = e g(t) nella (2.34) si ottiene g (t) = e2rt rert da cui si ricava dopo una semplice integrazione e2rt p2 (t) = rert dt = ert + c2 (2.35)

dove la costante di integrazione c2 vale -1 dovendo essere p2 (0) = 0. Si ha quindi p2 (t) = e2rt (ert 1) = ert (1 ert ) Procedendo per induzione si trova pn (t) = ert (1 ert )n1

(2.36)

n1

(2.37)

e p0 (t) = 0. Il funzionale generatore di probabilit` corrispondente ` dato da a e P(t, s) = ert (1 ert )n1 sn = sert 1 s(1 ert ) . (2.38)

n=1

La media e la varianza di questo processo sono calcolabili applicando le formule (2.26,2.29); il risultato (problema 7) ` e E(N (t)) = ert ; var(N (t)) = ert (ert 1) . (2.39)

` E lasciata come esercizio al lettore la dimostrazione che nel caso di condizioni iniziali corrispondenti ad una popolazione di N0 individui al tempo t = 0 le formule precedenti si modicano per la presenza di un fattore N0 (E(N (t)) = N0 ert , var(N (t)) = N0 ert (ert 1), vedi problema 8). Si pu` ora confrontare il comportamento del processo stocastico (2.30) con o quello del modello deterministico (2.21). Si vede che la popolazione media del modello stocastico ` la stessa del modello deterministico. Tuttavia, per valutare e leetto delle uttuazioni si deve calcolare il coeciente di variazione di N , denito come il rapporto tra la radice quadrata della varianza e il valor medio. Solo

2.4. SISTEMI DETERMINISTICI E SISTEMI STOCASTICI

37

se questo rapporto ` piccolo, il valor medio rappresenta bene lo stato del sistema. e Dalla (2.39) si vede che il coeciente di variazione di N nel limite t si comporta come [var(N )] 2 /E(N ) N0
1 1 2

(2.40)

Perci`, se N0 ` molto grande, si pu` concludere che il modello deterministico foro e o nisce una descrizione adeguata del comportamento della popolazione. In modelli pi` complicati non sempre leetto delle uttuazioni risulta trascurabile. Esiu stono modelli evolutivi, ad esempio, dove la presenza di uttuazioni comporta una probabilit` nita di estinzione per qualcuna delle specie biologiche del sistea ma. Si pu` ragionevolmente assumere che leetto delle uttuazioni pu` essere in o o prima approssimazione trascurato in corrispondenza dei punti di equilibrio sta` bile del sistema. E importante comunque aver chiara la distinzione tra modelli deterministici e modelli stocastici.

Bibliograa

E. Ott, Chaos in Dynamical Systems, Cambridge University, Cambridge 2002 J.D. Murray, Mathematical Biology, an introduction, Springer, Berlino 2002 H.G. Schuster, Deterministic Chaos, an introduction, VCH, Weinheim (Germania) 1988 J. Maynard Smith, Models in Ecology, Cambridge University, Cambridge 1974. J. Medhi, Stochastic processes, Wiley Eastern Limited, New Delhi 1982

38

` ` 2. SEMPLICITA E COMPLESSITA

Problemi
1. Risolvere lequazione (2.2) ponendo Nt = t e N0 = 1. Dimostrare che per 5). grandi tempi si ottiene Nt 1/2(1 + 1/ 5)t con 1 = 1/2(1 + Il rapporto 1 e Nt /Nt+1 tra due numeri successivi di Fibonacci a grandi t vale ( 5 1)/2 ed ` chiamato numero doro o media doro. 2. Il modello di Verhulst per levoluzione di una popolazione composta da N individui ` denito dallequazione e dN = rN (1 N/K) dt dove r, K sono costanti positive. Studiare levoluzione temporale di N (t) per N0 > K, N0 < K/2, K > N0 > K/2 dove N0 = N (t = 0). 3. Analizzare gracamente la stabilit` del punto sso x = 11/r della mappa a logistica per r > 3. 4. Dimostrare che le soluzioni dellequazione dei punti ssi per la mappa logistica iterata due volte sono xf = 1 1/r, x = [4 + (4 + )]/[2(3 + )] dove = r 3. 5. (a) Mostrare che i punti ssi x della mappa M 2 (vedi problema 4) vericano le relazioni M (x ) = x . (b) Mostrare che x+ e x sono stabili per = r 3 abbastanza piccolo. (c) Calcolare il valore di r1 . 6. Calcolare le frequenza che appaiono nello spettro della mappa logistica a m = 3 e m = 4 indicando quali sono le nuove subarmoniche che sono apparse. Scrivere esplicitamente per questo caso le relazioni (2.19). 7. Calcolare la media e la varianza del processo con il funzionale generatore di probabilit` dato dalla (2.38). a 8. Calcolare il funzionale generatore di probabilit` per il processo (2.30) nel a caso di una popolazione iniziale di N0 individui.

Capitolo 3 Oscillatori non lineari


Questo capitolo ` dedicato ai sistemi meccanici oscillanti costituiti da un singolo e oscillatore. Molti concetti che nei capitoli successivi costituiranno la base della teoria dei sistemi dinamici (spazio delle fasi, ritratto di fase, sistemi conservativi e dissipativi, etc.) derivano, con opportune generalizzazioni, da nozioni della meccanica classica. Pu` quindi essere utile illustrare dapprima queste nozioni nel o contesto classico della meccanica del punto materiale. In particolare, e si ricordi anche quanto detto nel capitolo 1 a proposito del pendolo forzato, lo studio della dinamica dei sistemi oscillanti non lineari fornisce un bagaglio ricco di esempi rilevanti per lo studio generale del comportamento dei sistemi con pochi gradi di libert`. a Obbiettivo di questo capitolo ` anche dare unidea delle complicazioni matee matiche che sorgono nella trattazione analitica dei sistemi non lineari con i limiti che esse pongono. Senza sottovalutare la rilevanza degli studi analitici, va detto che in molte circostanze, in particolare quando non ` possibile trattare i termini e non lineari come una perturbazione di un sistema lineare, luso di metodi numerici risulta essenziale per la descrizione e la comprensione del comportamento del ` sistema. E cos` ad esempio, che sono state chiarite le caratteristiche caotiche del , moto del pendolo forzato. Si deve inne osservare che, nonostante tutti gli studi eettuati, la sica dei sistemi di oscillatori non lineari con molti gradi di libert` a presenta fenomeni ancora non compresi ed ` oggetto di intensa attivit` di ricerca. e a

3.1

Spazio delle fasi e ritratto di fase

Lo stato di un sistema meccanico ` completamente denito dai valori della vee locit` e della posizione delle particelle del sistema. Per una particella in moto a nello spazio ordinario tridimensionale la descrizione dello stato del sistema richiede quindi la conoscenza di sei variabili. Nel corso dellevoluzione dinamica le sei variabili cambiano valore ed occorre allora determinare sei funzioni del tempo. Questa richiesta, tranne nei casi pi` semplici come quello delloscillatore armou 39

40

3. OSCILLATORI NON LINEARI

nico, comporta spesso dicolt` insormontabili dal punto di vista matematico. a Tuttavia, fortunatamente, dal punto di vista pratico ` spesso suciente avere e informazioni limitate sulle caratteristiche del moto; ad esempio, per un moto limitato in una regione nita di spazio, pu` bastare conoscere i valori massimi o e minimi del vettore posizione. In generale, la conoscenza della relazione tra velocit` e posizione, anche quando non ` nota separatamente levoluzione tema e porale di queste quantit`, consente di comprendere le caratteristiche principali a dellevoluzione dinamica del sistema. La rilevanza e le modalit` di analisi di un grafo posizionevelocit` possono a a essere illustrate considerando come esempio il moto di una particella di massa m in un campo di forze corrispondente ad energia potenziale V (x) = A cos x, In termini dellenergia totale 1 E = mx2 A cos x 2 si pu` ottenere unespressione per 1/x = dt/dx che integrata d` il risultato o a t t0 = m 2
x x0

< x < ,

A>0

(3.1)

(3.2)

dx E + A cos x

(3.3)

Dovendo essere lenergia cinetica sempre positiva, nel caso E < A, il moto risulta limitato ad un intervallo [x1 , x2 ] [, ] con x1,2 = arccos(E/A). I valori di questo integrale, chiamato integrale ellittico completo di tipo K, sono tabulati e quindi il periodo del moto pu` essere calcolato numericamente. Nel caso limite o E = A il sistema non pu` che essere fermo nellorigine. Il periodo cresce con o E no a diventare innito a E = A: i punti x = non sono raggiungibili in tempi niti. Daltro canto, sempre per E = A, un sistema inizialmente fermo in x = o x = non cambier` pi` la sua posizione (punto di equilibrio instabile). a u Inne, quando E > A il moto non ` pi` limitato perch non esistono valori di x e u e per i quali si annulla lenergia cinetica. Tutte queste considerazioni sono illustrate nella gura 3.1 dove a ciascun valore dellenergia E corrisponde una curva nel piano x v. Nel caso di moti limitati (A E A), queste sono curve chiuse denite dallequazione v= 2 (E + A cos x) m . (3.4)

Per valori di E prossimi a A il potenziale ` sviluppabile al secondo ordine in x e e dalla (3.2) si ottengono le ellissi di equazione 2E = mx2 + Ax2 , E = A + E (vedi sezione successiva). Per valori pi` grandi di E le ellissi sono distorte cos` u come si osserva nella gura. Quando E = A, le curve (3.4) passano dai punti x = (2n + 1), v = 0; per E > A, inne, si ottengono curve non limitate.

3.1. SPAZIO DELLE FASI E RITRATTO DI FASE

41

Figura 3.1: (a) Energia potenziale V (x) = A cos x e (b) ritratto di fase del sistema.

42

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Un graco come quello della gura 3.1 ` chiamato ritratto di fase del sistema e dinamico ed il piano x v costituisce lo spazio delle fasi del sistema. (Pi` preu cisamente il piano x v andrebbe chiamato spazio delle fasi delle velocit` che ` a e diverso dallo spazio delle fasi delle coordinate e dei momenti generalizzati della meccanica hamiltoniana; vedremo in seguito come verr` denito lo spazio delle a fasi per un generico sistema dinamico). Ciascun punto nello spazio delle fasi denisce uno stato del sistema e levoluzione del sistema corrisponde ad una curva o orbita nello spazio delle fasi. Una certa scelta di condizioni iniziali corrisponde alla selezione di una curva nello spazio delle fasi. Alcune orbite nello spazio delle fasi hanno caratteristiche particolari. Lorigine degli assi, corrispondente al punto di equilibrio stabile, ` unorbita che consiste e di un solo punto. Le curve corrispondenti allenergia E = A sono chiamate separatrici perch separano i moti limitati da quelli non limitati. Nella regione e da x = a x = la separatrice consiste di quattro orbite: le due orbite che collegano i punti x = e x = con tempo di percorrenza innito e i due punti di equilibrio instabile a v = 0 e x = (vedremo in seguito che questi punti vericano la denizione di punti singolari). Il ritratto di fase, con tutte le possibili orbite e i punti singolari, fornisce una descrizione completa della dinamica del sistema. Abbiamo visto nellesempio trattato che per tracciare le orbite nello spazio delle fasi non ` necessario conoscere e tutti i dettagli dellevoluzione cio lequazione oraria. Tuttavia, vi sono propriet` e a importanti che possono essere descritte solo con una trattazione specica delle equazioni del moto. Ad esempio, nella sezione 3.3, lapplicazione della teoria delle perturbazioni consentir` di ricavare alcune caratteristiche peculiari del moto a periodico di una particella con energia potenziale (3.4), quale la dipendenza del periodo dallampiezza delle oscillazioni. Prima di far questo pu` essere utile o ricordare il comportamento di un oscillatore in approssimazione lineare.

3.2

Loscillatore armonico

In questa sezione descriveremo il comportamento delloscillatore armonico smorzato al variare dei parametri del sistema. Lequazione del moto per una particella di massa m che occupa la posizione x(t) allistante t, soggetta alla forza elastica Fe = kx e alla forza di attrito Fa = 2bx, ` data da e
2 x + 2 x + 0 x = 0

(3.5)

2 o con 0 = k/m e = b/m. Questa equazione pu` essere riscritta come un insieme di due equazioni del primo ordine. Questo metodo, tipico della meccanica hamiltoniana, ` in genere utilizzato nello studio dei sistemi dinamici in quanto e consente lidenticazione del numero totale dei gradi di libert` che ` necessario a e

3.2. LOSCILLATORE ARMONICO

43

Figura 3.2: Ritratto di fase delloscillatore senza attrito.

considerare. La (3.5) ` equivalente a e x = y 2 y = 2y 0 x

(3.6)

che ammette la soluzione banale x = y = 0 (punto stazionario o di equilibrio con il sistemo fermo nellorigine), oppure le soluzioni non nulle del tipo x = ux et , y = uy et , purch il determinante dei coecienti del sistema di equazioni e
2 0 ux

ux uy = 0 + (2 + )uy = 0

(3.7)

sia diverso da zero. Le radici dellequazione caratteristica sono = 2 2 0 sicch la soluzione pi` generale delle equazioni del moto ` data dalla e u e combinazione lineare x(t) = c+ u+ e+ t + c u e t x x y(t) = c+ u+ e+ t + c u e t y y

(3.8)

dove c+ , c sono costanti dipendenti dalle condizioni iniziali del moto e i vettori (u , u ) si ottengono risolvendo le (3.7) con . y x Il comportamento delloscillatore armonico per una data coppia di valori ` , 0 dipende dalla posizione delle radici nel piano complesso. E possibile distinguere i seguenti cinque casi.

44

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.3: Traiettoria delloscillatore armonico sottosmorzato; lorigine ` il fuoe co del sistema. Le ellissi tratteggiate sono le curve ad energia ssata del caso senzattrito.

In assenza di attrito si ha = 0. Le due soluzioni con x = u ei0 t x ( = i0 ) corrispondono a un sistema oscillante con frequenza 0 . Da una delle equazioni (3.7) risulta u = u , da cui, tenendo conto che y x (+ ) = , si ottiene u+ = u+ , u = u e quindi u+ /u = x y y y x y u+ /u K. La prima delle (3.8) pu` essere riscritta come x = c+ u+ ei0 t + o x x x c u+ /Kei0 t . Allora, anch x sia una quantit` reale, si deve porre e a x c+ u+ = x0 ei , c u+ /K = x0 ei con x0 , reali. Si ottiene quindi lespresx x 2 2 sione x = x0 cos(0 t + ) e x = y = 0 x0 sin(0 t + ). Nello spazio delle fasi le traiettorie sono un insieme di ellissi concentriche intorno allorigine (chiamata centro del sistema, vedi gura 3.2). I semiassi delle ellissi sono pari a x0 e 0 x0 e ciascuna ellisse corrisponde ad una scelta diversa di condizioni iniziali. Inoltre, larea delle ellissi ` proporzionale allenergia del e sistema (vedi Problema 1).
2 2 In presenza di attrito e con 0 > 2 > 0 si ha = i 0 2 . Un esempio di traiettoria con > 0 ` mostrato nella gura 3.3. Nel caso < 0 e la stessa traiettoria ` percorsa in senso inverso, cos` come si ricava dale le propriet` di simmetria delleq.(3.5) rispetto alloperazione di inversione a temporale. Le equazioni della traiettoria nello spazio delle fasi si ottengono applicando la procedura generale sviluppata nel capitolo 5. Allo stesso modo si potr` procedere anche nei casi seguenti (vedi Problema 3.2). Si pu` a o

3.2. LOSCILLATORE ARMONICO

45

comunque facilmente vericare che la soluzione delleq.(3.5) ` data da e x(t) = et (Aeit + A eit ) = et (a cos t + b sin t) con = (3.9)

2 0 2 e le costanti a, b dipendenti dalle condizioni iniziali.

Nel caso con > 0 la traiettoria ` una spirale che tende con lo scorrere del e tempo allorigine che ` chiamata fuoco stabile del sistema; il sistema oscilla e intorno a x = 0 con unampiezza che diminuisce nel tempo. Nel caso meno rilevante dal punto sico con negativo lorigine ` detta fuoco instabile. e Nel caso |0 | < || i valori di sono entrambi reali e negativi per > 0 o reali e positivi per < 0. Si pu` vericare che, posto = i, la traiettoria o oraria ` data da e x(t) = et (aet + bet ) (3.10) Nello spazio delle fasi le traiettorie hanno come tangente nei limiti t e t le rette passanti per lorigine di pendenza ( + ) e + , rispettivamente. Il sistema, detto sovrasmorzato, presenta non pi` di una u oscillazione e lorigine ` detta punto nodale. Nella gura 3.4 ` mostrato il e e caso con > 0.

Figura 3.4: Ritratto di fase delloscillatore sovrasmorzato. Lorigine ` un nodo; le e ellissi tratteggiate sono le curve a energia costante del caso senza smorzamento. La retta tratteggiata ha pendenza + . Nel limite di grande dissipazione 0 si ottiene il ritratto di fase della gura 3.5 con il moto caratterizzato da scale temporale molto diverse per ciascuna direzione. Il sistema raggiunge velocemente la retta x = cx con c 0 e su questa retta compie il resto del moto.

46

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.5: Ritratto di fase di un sistema sovrasmorzato nel limite di grande dissipazione.

Quando 0 = (+ = ) si ha lo smorzamento critico e la soluzione delle equazioni del moto ` data da e x(t) = et (a + bt) (3.11)

Nella gura 3.6 sono rappresentate le possibili traiettorie nello spazio delle fasi; si vede che il rapporto x/x tende a per tempi innitamente lunghi positivi o negativi. Dipendentemente dal segno di le traiettorie convergeranno o si allontaneranno dallorigine che ` detta nodo degenere. e
2 2 Per completezza va inne considerato il caso 0 < 0, = 2 + |0 |. Questo caso costituisce unapprossimazione molto brutale per la descrizione del moto del pendolo semplice quando la posizione iniziale della massa oscillante ` vicina al punto di equilibrio instabile. Ovviamente la forza di e gravit` tende a far allontanare il punto dalla posizione di partenza sicch a e lapprossimazione ` valida solo per i primi istanti del moto. Tuttavia il e ritratto di fase della gura 3.7 del cosiddetto pendolo lineare capovolto ` e interessante da considerare anche perch ` tipico dei sistemi con comportaee mento caotico. Nel caso particolare senza smorzamento la soluzione delle equazioni del moto ` data da e

x(t) = Ae0 t + Be0 t = a cosh(0 t) + b sinh(0 t)

(3.12)

con A = (a+b)/2 and B = (ab)/2. Se x0 e x0 sono le condizioni iniziali del moto corrispondenti allistante t = 0, si ha a = x0 e b = x0 /0 . Il ritratto di fase pu` essere ricostruito considerando le superci a energia ssata o
2 2E = mx2 m0 x2

(3.13)

che sono iperboli nei settori in alto e in basso se lenergia ` positiva o e nei settori a destra e sinistra se lenergia ` negativa. Ad energia nulla le e

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: LOSCILLATORE QUARTICO

47

traiettorie diventano le linee rette x = 0 x che sono gli asintoti di tutte le iperboli. Lorigine in questo caso ` chiamata punto sella. e La gura 3.8 riassume i comportamenti precedentemente descritti nelle diverse 2 regioni dello spazio dei parametri 0 .

Figura 3.6: Ritratto di fase di un oscillatore con smorzamento critico; sono rappresentati i casi con > 0 (a sinistra) e < 0 (a destra).

Figura 3.7: Ritratto di fase del pendolo capovolto.

3.3

Teoria delle perturbazioni: loscillatore quartico

Nella sezione 3.1 abbiamo studiato il ritratto di fase del moto di una particella in un potenziale periodico senza calcolare esplicitamente le traiettorie. In realt`, a nellesempio trattato, non era possibile risolvere esplicitamente le equazioni del moto. Questa dicolt` ` comune a molti sistemi dinamici e giustica la necessit` ae a di sviluppare metodi che consentano di valutare in modo quantitativo, anche

48

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.8: Diagramma dei comportamenti dinamici delloscillatore armonico smorzato. ( 0 ) se approssimato, il moto del sistema. La teoria delle perturbazioni, utilizzata in versioni dierenti in molti campi della sica, ` uno di questi metodi. La e formulazione di una teoria perturbativa si basa sullindividuazione di un sistema risolvibile esattamente che dierisce di poco da quello che si vuole studiare e non si sa risolvere. La soluzione del sistema non risolvibile andr` quindi espressa come a unapprossimazione della soluzione nota del sistema risolvibile non perturbato. Ad esempio, come si vedr` in questa sezione, il moto di un oscillatore non lineare a pu` essere studiato considerando piccole perturbazioni delloscillatore armonico o il cui comportamento ` stato descritto nella sezione precedente. In questo modo e ` possibile giungere ad una valutazione quantitativa degli eetti dei termini non e lineari sulla dinamica del sistema. Ovviamente, per loro natura, i calcoli perturbativi si possono eettuare solo quando ` possibile individuare un parametro piccolo nelle equazioni del moto. Si e potrebbe pensare che luso dei computer, consentendo lo studio dei sistemi non lineari per qualsiasi valore dei parametri in gioco, renda inutile la teoria delle perturbazioni. Linterpretazione dei risultati numerici non ` comunque sempre e semplice o univoca e la teoria delle perturbazioni, se applicabile, pu` consentire o un controllo analitico. In questa sezione studieremo il moto del pendolo o oscillatore quartico. Si considerino i primi due termini dello sviluppo a piccoli x del potenziale (3.1) o e si applichi la relazione F = V . Lespressione della forza cos` ottenuta pu` x essere generalizzata introducendo un nuovo parametro che moltiplica il termine quartico del potenziale. Lequazione del moto ` quindi data da e m d2 x + k(x x3 ) = 0 dt2 (3.14)

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: LOSCILLATORE QUARTICO

49

dove, per comodit` di notazione, in questa equazione il tempo ` stato denotato a e . con t 2 Per = 0 si ottiene il moto armonico con 0 = k/m. Si pu` mostrare o ` utile per prima cosa riscrivere lesistenza di moti periodici anche per = 0. E lequazione del moto in termini delle variabili adimensionali X = x/A t = 0 t (3.15)

dove A ` una costante legata alle condizioni iniziali del moto tale che X = 1 se e = 0. La (3.14) diventa quindi X d2 X + X X3 = 0 dt2 (3.16)

con = A2 . Lesistenza di moti periodici ` legata alla presenza di punti di e inversione della traiettoria nello spazio delle fasi. Lenergia del sistema conserva tivo (3.16) ` data da E = X 2 /2 + X 2 /2 X 4 /4 e i punti di inversione devono e soddisfare lequazione 1 . (3.17) E X2 + X4 = 0 2 4 Per < 0 ( < 0) lenergia non pu` che essere positiva ed ` sempre possibile o e trovare una soluzione dellequazione precedente: tutte le traiettorie sono chiuse nello spazio delle fasi. Per > 0 le traiettorie sono chiuse solo per sucientemente piccolo: in questo caso, infatti, deve ancora essere E > 0 (lequazione dellenergia deve essere soddisfatta a X = 0) e la (3.17) ammette soluzioni reali solo per < 1/(4E). Volendo limitare questa discussione soltanto allanalisi dei moti periodici, considereremo solo il caso < 1/(4E) per > 0. Prima di cercare una soluzione esplicita delle equazioni del moto, si osservi inne che il sistema (3.14) pu` essere inteso come un sistema armonico con costante elastica eettiva o dipendente dalla posizione k(1x2 ). Losservazione suggerisce la possibilit` che a vi siano moti periodici con frequenza dipendente dallampiezza delloscillazione. Lo studio con metodi perturbativi delle equazioni del moto si basa sulla speranza che per sucientemente piccoli la soluzione delle equazioni possa essere scritta come una serie convergente nel parametro perturbativo. Come primo tentativo si pu` considerare la serie o X(t) = X0 (t) + X1 (t) +
2

X2 (t) + ...

(3.18)

dove X0 (t) ` la soluzione esatta del problema non perturbato (in questo caso e loscillatore armonico). Per determinare le funzioni X1 (t), X2 (t), ... si applica la seguente procedura iterativa. Si sostituisce la (3.18) nella (3.16) e si considerano le equazioni risultanti ai vari ordini in . Allordine 0 si riottiene lequazione delloscillatore armonico mentre al primo ordine si ha d 2 X1 3 + X1 = X0 dt2 . (3.19)

50

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Consideriamo la soluzione allordine 0 X0 = cos t. Nella (3.19) il termine noto ha lo stesso periodo della frequenza naturale di X1 ed ` possibile che appaiano e termini risonanti non limitati nel tempo inadatti a descrivere soluzioni periodiche. Questo ` proprio quanto succede. Infatti, usando leguaglianza e cos3 t = 3 1 cos t + cos(3t) 4 4 (3.20)

` facile vericare che un integrale particolare della (3.19) ` dato da e e X1 (t) = 3 1 cos(3t) + t sin t 32 8 . (3.21)

La soluzione completa della (3.16) si ottiene aggiungendo alla (3.21) lintegrale generale dellomogenea associata A1 cos t + B1 sin t. La presenza di un termine proporzionale a t nella soluzione costituisce un problema piuttosto serio per laccettabilit` delle (3.18,3.21) come soluzione della (3.16). Infatti, la crescita non a limitata dellampiezza delle oscillazioni, indipendentemente dal valore di , contraddice le considerazioni prima fatte sullesistenza di moti periodici per piccoli valori di . Continuando con questa strategia di calcolo perturbativo, agli ordini successivi dello sviluppo apparirebbero ulteriori termini dello stesso genere, proporzionali a ( t)n . Questi termini sono chiamati secolari perch compaiono spesso e in problemi di astronomia risultanto rilevanti su scale temporali dellordine dei secoli. La presenza di questi termini, tuttavia, fa s` che la soluzione (3.18) pu` o essere presa in considerazione solo per descrivere il moto su scale temporali molto piccole rispetto al periodo naturale del sistema, e non per il moto periodico nella sua interezza. I termini secolari hanno origine nella presenza nel membro di destra della (3.19) di termini con la stessa frequenza del moto non perturbato. Abbiamo detto che una soluzione accettabile dovrebbe essere priva di questi termini risonanti. La soluzione a questo problema fu fornita da Poincar` nel suo trattato di meccae nica celeste. Poincar` sugger` di introdurre una dipendenza della frequenza del e moto da e quindi dallampiezza delle oscillazioni. Introdotta la nuova variabile temporale legata implicitamente a t dalla relazione t = + f1 ( ) + si cercano soluzioni del tipo X(t, ) = X0 ( ) + X1 ( ) + ... (3.23)
2

f2 ( ) + ...

(3.22)

periodiche con frequenza naturale 1 in e dipendenti da una volta riespresse in funzione di t. Le funzioni f1 ( ), f2 ( ), ..., al momento arbitrarie, verranno ssate eliminando ad ogni ordine in la presenza dei termini risonanti. In pratica occorre

3.3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI: LOSCILLATORE QUARTICO

51

per prima cosa calcolare le derivate dX dt dX0 d + d dt dX0 = 1 d = dX1 d + o( 2 ) d dt df1 dX1 + o( 2 ) + d d

(3.24)

e quindi d2 X = dt2 12 df1 d d 2 X0 d2 f1 dX0 d 2 X1 + + o( 2 ) d 2 d 2 d d 2 (3.25)

che va sostituita, insieme alla (3.23), nellequazione originaria del moto (3.16). Allordine 0 si ottiene nuovamente lequazione del moto armonico mentre, annullando i termini che appaiono nella (3.16) proporzionali a , si ha d 2 X1 df1 d2 X0 d2 f1 dX0 3 + X1 = X0 + 2 + d 2 d d 2 d 2 d Scegliendo X0 = cos e applicando la (3.20) si ottiene inne d 2 X1 3 1 df1 d 2 f1 + X1 = cos + cos(3 ) 2 sin cos d 2 4 4 d d 2 . (3.27) . (3.26)

Nel membro di destra di questa equazione, cos` come nella (3.19), appaiono ancora ` termini con frequenza unitaria, la stessa cio del membro di sinistra. E tuttavia e possibile utilizzare larbitrariet` della funzione f1 per eliminare i termini risonanti. a Si pu` imporre che o sin d 2 f1 df1 3 +2 cos = cos 2 d d 4 . (3.28)

Questultima equazione pu` essere risolta moltiplicando ambo i membri per sin o in modo da ottenere d df1 3 sin2 = cos sin (3.29) d d 4 che pu` essere facilmente integrata e ha soluzione f1 = 3/8 . Si ottiene quindi la o relazione 3 t = (1 + ) + o( 2 ) (3.30) 8 che pu` facilmente essere invertita allordine dando = t(1 3/8 ). Si pu` o o allora riesprimere la funzione X0 ( ) in funzione delle variabili originarie t, , cio e X0 (t, ) = cos[(1 3 /8)t]. Il calcolo allordine pu` essere poi completato o risolvendo lequazione per X1 d 2 X1 1 + X1 = cos(3 ) 2 d 4 (3.31)

52

3. OSCILLATORI NON LINEARI

che ha come integrale particolare la funzione 1/32 cos(3 ) e come integrale generale A1 cos + B1 sin . Avendo imposto condizioni iniziali tali che X(t = 0) = 1 e X(t = 0) = 0 si deve porre B1 = 0 e A1 = 1/32 da cui segue che la soluzione completa calcolata no allordine ` data da e X(t, ) = cos[(1 3/8 )t] + 32 {cos[(1 3/8 )t] cos[3(1 3/8 )t]} . (3.32)

Si vede che questa soluzione ` limitata, si riduce al moto armonico ovvero alla e soluzione di riferimento quando 0 e soddisfa le condizioni iniziali. Inoltre pu` essere calcolata no a qualsiasi ordine in . Dierentemente che nel caso del o moto armonico, la (3.32) oscilla con una combinazione di 2 frequenze una il triplo dellaltra, con una frequenza di base dipendente dallampiezza delloscillazione. I risultati dimostrati evidenziano le cautele di cui ` necessario munirsi nei cale coli perturbativi: non sempre lo sviluppo apparentemente pi` naturale ` quello u e che conduce ai risultati corretti. Si deve notare, inne, che i metodi illustrati in questa sezione sono il punto di partenza per gli sviluppi a multiscala del capitolo 6, utilizzati nello studio delle biforcazioni e nellanalisi di sistemi estesi o idrodinamici descritti da equazioni alle derivate parziali.

3.4

Oscillatori smorzati

Nella sezione 3.1 abbiamo considerato alcune caratteristiche generali del comportamento dei sistemi conservativi. In questi sistemi (si ricordi anche lesempio del pendolo rovesciato della sezione 3.2) si pu` utilizzare il valore dellenergia, o integrale delle equazioni del moto, per catalogare le orbite nello spazio delle fasi. Nei sistemi dissipativi, oggetto di questa sezione, questo non ` ovviamente e possibile. Si possono comunque fare alcune considerazioni generali sul ritratto di fase di questi sistemi in aggiunta a quanto gi` detto nella sezione 3.2 a proposito a delloscillatore lineare smorzato. Nella sezione 3.2 si era visto che la presenza di dissipazione comporta il contrarsi delle orbite sui punti che, in assenza di dissipazione, erano il centro delle ellissi. Questo ` un risultato generale: si pu` mostrare, anche se qui non verr` e o a fatto, che i centri delle orbite di un sistema conservativo diventano, in presenza di dissipazione, dei punti di attrazione per le stesse; i punti sella, invece, risultano stabili rispetto allintroduzione di forze dissipative. Il ritratto di fase di un sistema dissipativo non lineare pu` risultare abbastanza o complicato. Consideriamo ad esempio un sistema costituito da una particella di massa m soggetta alla forza peso che pu` muoversi su una guida cos` come nella o gura 3.9 e che perde energia per attrito in modo proporzionale alla distanza percorsa quando si trova a destra del punto B o a sinistra del punto A. Il ritratto di fase del moto di questo sistema ` disegnato nella gura 3.10 (vedi problema 3). e I punti A e B sono di equilibrio stabile e tutte le orbite, a parte i casi eccezionali

3.4. OSCILLATORI SMORZATI

53

Figura 3.9: Esempio di sistema con dissipazione di energia.

Figura 3.10: Ritratto di fase del sistema della gura 3.9.

che vedremo, possono essere catalogate secondo che vengano attratte dal punto A o dal punto B. La curva separatrice separa le orbite che niscono in A da quelle che niscono in B. Lorigine ` un punto di equilibrio instabile e nello spazio delle e fasi ha lo struttura di punto sella. Per questo punto, dierentemente da tutti gli altri, passano 4 possibili orbite: le 2 con la particella, inizialmente pi` in alto u di H, che ha energia suciente proprio per fermarsi nellorigine, e le 2 orbite, con tempo innito di percorrenza?, che separano dai restanti i moti connati a ciascuno dei 2 semipiani. Consideriamo ora il sistema (3.1) della sezione 1 quando sono anche presente forze di smorzamento. Se lo stato del sistema ` descritto dalla variabile angolare e , lequazione del moto sar` data da a m + b + A sin = 0 Si pu` ricavare il ritratto di fase del sistema studiando lequazione o d b + A sin = d m (3.34) (3.33)

54

3. OSCILLATORI NON LINEARI

dove = d/dt. Si vede che le tangenti alle traiettorie sono verticali nei punti di intersezione con lasse = 0 e orizzontali nei punti sulla curva = A/b sin tratteggiata nella gura 3.11 dove sono i riportati i ritratti di fase per i casi b2 < 4mA e b2 > 4mA. Il moto non ` periodico e tutte le traiettorie, tranne e quelle che portano il sistema a fermarsi nei punti instabili = , tendono allorigine. Concludiamo questa sezione con alcune considerazioni sula possibilit` di ota tenere moti periodici anche in presenza di forze dipendenti dalla velocit` solo apa parentemente di attrito. Il comportamento mostrato nella gura 3.11 ` del tutto e generale soltanto no a quando i termini di forza dipendenti dalla velocit` soa no realmente dissipativi, cio se x 0. Esistono dei sistemi, sperimentalmente e realizzabili, tali che x > 0. In questo caso si vedr` che sono ancora possibili a moti periodici. Come esempio specico consideriamo una forza dattrito del tipo = bx2 e un oscillatore descritto dallequazione 2 + x2 + x = 0 x (3.35)

dove i valori numerici delle costanti sono stati ssati in modo da semplicare la notazione. Si vede che la forza dattrito si oppone al moto per x > 0 ma lo favorisce per x < 0. Le equazioni delle curve integrali nello spazio delle fasi si ottengono da dy x + y2 = (3.36) dx 2y dove y = x. Leq.(3.36) pu` essere riscritta come d(y 2 )/dx + y 2 = x che pu` o o essere integrata con il risultato y 2 = Cex + 1 x ovvero (y 2 x 1)ex = C (3.38) dove C ` una costante. La famiglia di curve integrali (3.38) ` disegnata nella gue e ra 3.12. Per 0 > C > 1 si ottengono curve chiuse intorno allorigine. Per C 0 le curve hanno rami che si estendono a innito. Al valore C = 0 corrisponde la parabola y 2 = 1 x che funge da separatrice tra i due possibili comportamenti. Allinterno della separatrice il moto ` periodico ma non sinusoidale con un ame piezza interamente determinata dalle condizioni iniziali, cos` come si era visto nel caso dei sistemi conservativi. (3.37)

3.5

Oscillatori forzati

In questa sezione studieremo il comportamento di sistemi oscillanti soggetti allazione di forze che variano periodicamente nel tempo. Per prima cosa descriveremo

3.5. OSCILLATORI FORZATI

55

Figura 3.11: Ritratto di fase per il sistema (3.33) nei due casi (a) b2 < 4mA e (b) b2 > 4mA.

56

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.12: Ritratto di fase del sistema descritto dallequazione (3.35).

brevemente il comportamento delloscillatore armonico forzato in modo da rendere pi` evidenti gli eetti dinamici legati alla presenza di termini non lineari u nelle equazioni del moto. Loscillatore armonico senza smorzamento. Consideriamo il moto di una particella di massa m soggetta alla forza di richiamo elastica F = kx e alla forza dipendente dal tempo F (t). Lequazione del moto si pu` scrivere come o
2 x + 0 x = f (t)

(3.39)

con f = F/m e 0 = tipo

k/m. Limitiamoci inoltre a considerare forze esterne del f (t) = f0 cos t (3.40)

A meno che sia = 0 la soluzione generale della (3.39) ` data dallespressione e x(t) = A sin(0 t + ) + f0 cos t 2 0 2

Si pu pensare che in questo caso la risposta delloscillatore lineare sar un moto con la stessa frequenza della forzante; cerchiamo quindi integrali particolari della (3.39) del tipo xp (t) = C cos(t + ). Se inseriamo questa espressione nella (3.39) si trova f0 = 0, C= 2 (3.41) 0 2

(3.42)

dove A e sono costanti di integrazione che dipendono dalle condizioni iniziali. La soluzione generale del moto dipende quindi da 2 frequenze, 0 e . Si vede che lampiezza e la fase della parte oscillante con 0 dipendono dalle condizioni iniziali, mentre quelle del termine oscillante con dipendono da oltre che da f0 . In particolare, lampiezza del termine in tende a crescere in modo illimitato quando tende a 0 . Il caso = 0 va trattato a parte; si puo` mostrare (vedi o

3.5. OSCILLATORI FORZATI

57

Figura 3.13: (a) Potenza media dissipata in un oscillatore forzato per diversi valori dello smorzamento. (b) Dierenza di fase tra forzante e risposta.

problema 4 ) che la soluzione ` data da e x(t) = A sin(0 t + ) + f0 t sin 0 t 20 (3.43)

con la parte non omogenea cresce linearmente nel tempo; si vedr` che questeetto a scompare in presenza di smorzamento. Loscillatore lineare smorzato. Consideriamo ora il moto descritto dallequazione 2 x + 2 x + 0 x = f (t) (3.44) con f (t) ancora data dalla (3.40). Per studiare questa equazione conviene considerare le soluzioni nel piano complesso. La soluzione sica si otterr` prendendo a la parte reale della soluzione a valori complessi. Una soluzione della parte omoge2 nea della (3.44) ` xo (t) = e(+i)t con = 0 2 e costante complessa. e

58

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Introducendo la rappresentazione polare = aei con e reali si ottiene che la parte reale di xo (t) pu` essere scritta come xo (t) = aet cos(t + ). o Il termine forzante va anchesso esteso al piano complesso, cio f = f0 eit con e f0 numero complesso. La forza sica realmente agente sar` la parte reale di f . a Se f0 ` reale la forza sicamente agente ` f0 cos t; altrimenti la fase di f0 ` la e e e fase della forza. Possiamo cercare a questo punto soluzioni generali della forma x(t) = e(+i)t + eit Inserendo la (3.45) nella (3.44) si ottiene =
2 0

(3.45)

f0 2 + 2i

(3.46)

e quindi la soluzione generale consiste ancora di due termini: il primo (termine transiente) oscillante con la frequenza naturale del problema smorzato e con ampiezza che diminuisce esponenzialmente nel tempo; il secondo o (termine dello stato limite) oscillante con frequenza con valori niti anche quando = 0 . La forza applicata f0 eit e la risposta eit non risultano essere necessariamente in fase (o sfasati di come nel caso senza smorzamento). La dierenza di fase tra i due numeri complessi f0 e ` la fase del loro quoziente e f0 2 = 0 2 + 2i ed ` quindi data da e tan =
2 0

(3.47)

Si vede pure che lampiezza della risposta || =

2 2

(3.48)

2 (0 2 )2 + 4 2 2

|f0 |

(3.49)

2 assume il valore massimo a = M 0 2 2 . Nello stato stazionario lenergia ` dissipata con la stessa velocit` con cui ` e a e pompata nel sistema dalla forza applicata; la potenza dissipata pu` quindi essere o espressa come 2 f x = ( + 2 x + 0 x)x x (3.50)

La quantit` pi` interessante da calcolare ` in realt` la potenza media I dissipata a u e a in un periodo 2/. Si pu` mostrare facilmente che lintegrale di xx e xx su un o periodo d` risultato nullo sicch a e I= 2
2/

2[ cos(t)]2 dt = ()2
0

(3.51)

3.5. OSCILLATORI FORZATI

59

Figura 3.14: Il sistema descritto dallequazione (3.54).

Tenendo conto della (3.49) si ha quindi I= |f0 |2 2 (0 /2 1)2 2 + 4 2 (3.52)

che ` massima alla risonanza. La curva (3.52) ` detta lorentziana di . Nel e e punto di risonanza si ha tan = e quindi la forza applicata e la risposta sono sfasate di /2. La gura 3.13 mostra in funzione di landamento di I e tan . Il fattore di qualit` Q denito come Q = M /2 ` una misura della larghezza a e della risonanza. Loscillatore quartico smorzato. Consideriamo ora il sistema non lineare con equazione del moto
2 x + 2 x + 0 x + x3 = f1 sin t + f2 cos t

(3.53)

La (3.54) per x << a pu` essere sviluppata in serie e con le opportune ridenizioni o di variabili d` la (3.53). Considereremo solo il caso con > 0 e 2 > 0 ( a a > l nellesempio (3.54). La forza applicata pu` anche essere riscritta come o f0 sin(t + ) dove f1 e f2 , in termini delle nuove variabili f0 e , sono esprimibili come f1 = f0 cos e f2 = f0 sin . Non sono note soluzioni esatte delleq.(3.53). Il metodo delle approssimazioni successive che ora descriveremo ` stato sviluppato da Dung nel 1918 e si basa e

Nella gura 3.14 viene mostrata una realizzazione di questo sistema con equazione del moto m + 2 x + kx[1 l(a2 + x2 )1/2 ] = f (t) x (3.54)

60

3. OSCILLATORI NON LINEARI

sullidea che la comparsa di armoniche successive nella risposta legata alla considerazione di ordini sempre pi` alti nello sviluppo in . Conviene per prima cosa u riscrivere lequazione (3.53) nella forma
2 x = 2 x 0 x x3 + f1 sin t + f2 cos t

(3.55)

In prima approssimazione si consideri valida la soluzione delloscillatore armonico forzato x1 (t) = sin t (3.56) Per ottenere la soluzione approssimata al secondo ordine si deve inserire x1 (t) nel membro di destra della (3.55) che diventa
2 x2 (t) = (f2 2) cos t + f1 0

3 3 1 sin t + 3 sin 3t (3.57) 4 4

Questa equazione pu` essere integrata esplicitamente due volte e si ottiene o x2 (t) = x0 + v0 t + (2 f2 /) cos t 2 0 + 3 3 f 1 3 4 sin t sin 3t + 2 362

(3.58)

Le costanti di integrazione x0 e v0 devono essere poste uguali a zero perch genee rerebbero a questordine dello sviluppo (v0 = 0) o agli ordini successivi (x0 = 0 ) termini non periodici e non limitati. Nella soluzione (3.58) si possono distinguere, come nel caso delloscillatore lineare, due parti. La prima parte consiste di due termini con la stessa frequenza della forza applicata ed ` chiamata isocrna. e o La seconda parte ` unarmonica di frequenza tripla rispetto a quella della forza e applicata. Lassunzione di Dung consiste nellimporre che lapprossimazione al secondo ordine dierisce da quella al primo ordine solo nel termine armonico. Si deve quindi imporre luguaglianza tra la parte isocrona di x2 (t) e x1 (t). Si ottengono quindi le due equazioni
2 f1 = (0 2 ) +

3 3 4 (3.59)
2

f2 = 2 e
2 f0

2 0

3 + 2 4
2

+ 4 2 2

(3.60)

che costituisce una relazione, al primo ordine in , tra lampiezza della risposta e i parametri f0 , . Per comprendere meglio questo risultato conviene risolvere

3.5. OSCILLATORI FORZATI

61

la (3.60) per 2 : 0
2

= 1 2 4

0 0

2 3 f0 + 6 40

0
2

3 f3 1 60 0

1/2

(3.61)

La soluzione del moto approssimata al secondo ordine pu` quindi essere scritta o come 3 sin 3t (3.63) x2 (t) = sin t 362 dove ` in linea di principio ottenibile invertendo e risolvendo la (3.61) in fune zione dei parametri della forza applicata. Si pu` vericare che nel limite 0 o si riottengono i risultati (3.46,3.48) per lampiezza e la dierenza di fase della risposta (vedi problema 5). Prima di analizzare gracamente la (3.61) ` necessario fare unosservazione e sulle condizioni iniziali. Dalla (3.63) si vede che a questordine di approssimazione la soluzione trovata verica le condizioni iniziali x2 (0) = 0, x2 (0) = 1 2 122

2 dove 0 = f0 /0 . Inoltre, in accordo con le (3.59), la dierenza di fase soddisfa la relazione 2 tan = 2 (3.62) 3 0 2 + 4 2

(3.64)

cos` che le condizioni iniziali sono interamente determinate dalla forzante. Non ` possibile in questa approssimazione, a ssata forzante, ottenere altre soluzioni e con dierenti condizioni iniziali. Questo ` un limite del metodo di Dung che e pu` essere superato solo in trattazioni molto pi` elaborate. o u Nella gura 3.15 ` riportato landamento di |/0 | in funzione di (/0 )2 e per diversi valori di e ssato valore di f0 . Il grafo ` una versione distorta di e quello delloscillatore lineare smorzato della gura 3.13. Una distorsione analoga rispetto al sistema lineare si osserverebbe anche nel caso qui non trattato delloscillatore non smorzato. A causa della distorsione vi sono intervalli di valori di nei quali assume pi` di un valore. La possibilit` che sia una funzione u a polidroma comporta una discontinuit` nella dinamica del sistema. Seguiamo ad a esempio il comportamento del sistema sulla curva con = 0.050 della gura 3.15. Loscillatore sia inizialmente soggetto ad una forza con frequenza sufcientemente piccola che lo stato delloscillatore sia a sinistra del punto A in gura. Si immagini quindi di aumentare lentamente la frequenza in modo che i transienti siano trascurabili e il sistema possa essere considerato sempre nel suo stato limite. Allora potr` aumentare no al punto B. Ad un ulteriore aumento a

62

3. OSCILLATORI NON LINEARI

Figura 3.15: Ampiezza della risposta, per diversi valori dello smorzamento, in funzione della frequenza della forza applicata per il sistema descritto dallequazione (3.53).

di si vede che dovr` necessariamente compiere un brusco salto verso il valore a pi` piccolo D; continuer` poi a diminuire lentamente sul resto della curva al u a crescere di . Se, invece, arrivati in D si inizia a diminuire lentamente il sistema giunger` in E dove eettuer` un brusco salto in F. Questo comportamento ` a a e chiamato isteresi e la regione EFBD costituisce un ciclo di isteresi. Si vede che per valori pi` grandi di larea del ciclo di isteresi diminuisce e per sucienteu mente grandi non vi ` pi` isteresi. Pi` piccolo ` il ciclo di isteresi pi` facile sar` il e u u e u a passaggio dello stato del sistema da un ramo della curva allaltro. La coesistenza di pi` stati ` leetto delle non linarit` presenti nel sistema. u e a

Bibliograa
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3.5. OSCILLATORI FORZATI

63

Cambridge University, Cambridge 1998. J. Keworkian e J. Cole, Perturbation Methods in Applied Mathematics, Springer, Berlino 1981. A.A. Andronov, A.A. Vitt e S.E. Khaikin, Theory of oscillators, Dover, New York 1987.

Problemi
1. Il ritratto di fase delloscillatore armonico senzattrito consiste di ellissi, ciascuna determinata dalle condizioni iniziali. Esprimere larea delle ellissi in termini dellenergia E del moto. 2. Calcolare le traiettorie delloscillatore armonico smorzato, nei vari casi della sezione 3.2, applicando la procedura del capitolo 5. 3. Discutere il moto del sistema della gura 3.9. 4. Dimostrare che la traiettoria oraria delloscillatore armonico forzato senza smorzamento ` data dalla (3.43). e 5. Vericare che nel limite armonico 0 (vedi (3.53), si riottengono da (3.61 - 3.62) i risultati (3.46,3.48) per lampiezza e la dierenza di fase della risposta delloscillatore.

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3. OSCILLATORI NON LINEARI

Capitolo 4 Sistemi dinamici


Nei capitoli precedenti sono stati esaminati esempi di modelli dinamici ed evolutivi rilevanti in diversi ambiti, in sica e biologia. In questo capitolo introdurremo in modo generale la nozione di sistema dinamico e gli elementi di teoria basilari per descrivere il moto del sistema nello spazio delle fasi. La distinzione tra sistemi dissipativi e conservativi, e la loro caratterizzazione, nota in meccanica elementare, pu` essere estesa a questo contesto pi` generale. o u ` E il comportamento a tempi lunghi di un sistema dinamico che determina lo stato di equilibrio o stazionario del sistema. Questo comportamento ` in genere e regolato dalla presenza di attrattori delle traiettorie. In molti casi, ad esempio nella mappa logistica, la struttura dellattrattore ` piuttosto complessa dal punto e di vista geometrico. Questa complessit` richiede lintroduzione di concetti nuovi, a ad esempio la dimensione frattale, per la descrizione geometrica dellattrattore, e suggerisce la necessit` di una descrizione probabilistica del moto del sistema a sullattrattore. La descrizione probabilistica ` alla base della teoria ergodica che e riguarda le relazioni tra medie temporali e medie sullo spazio delle fasi. Questa teoria costituisce il fondamento teorico per la descrizione statistica di sistemi con un numero innito di gradi di libert`. a La sezione 3 contiene la denizione di insieme frattale; nelle sezioni 4 e 5 si introduce la nozione di misura di probabilit` nello spazio delle fasi con una a generalizzazione del teorema di Liouville al caso di sistemi dissipativi. Nella sezione 6, inne, verranno deniti gli esponenti di Liapunov che consentono di valutare quantitativamente il grado di caoticit` di un sistema. a

4.1

Sistemi dinamici dierenziabili

Un sistema dinamico ` una prescrizione matematica deterministica per levolue zione temporale dello stato di un sistema. Lo stato di un generico sistema, a ciascun istante, ` rappresentato dalla posizione di un punto in un appropriato e spazio delle fasi . pu` essere una variet` dierenziabile o, per sistemi con o a 65

66

4. SISTEMI DINAMICI

numero innito di gradi di libert`, uno spazio di Banach o di Hilbert. In questo a capitolo verranno considerati solo sistemi con coincidente con RN o una sua parte. Lo stato istantaneo di un sistema sar` quindi denito dai valori di N coora dinate (X1 , X2 , . . . , XN ), ovvero dal vettore X. Un sistema dinamico ` dunque e la legge del moto per il punto rappresentativo del sistema in . Pi` precisamente, un sistema dinamico dierenziabile ` denito dallequazione u e di evoluzione dX(t) = F [X(t); ] (4.1) dt nel caso di tempo continuo, o dalla mappa X n+1 = M [X n ; ] (4.2)

se il tempo ` discreto. Il requisito di dierenziabilit` che appare nella denizione e a ` soddisfatto se le funzioni F e M sono derivabili con derivate prime continue. e Questa denizione include la maggior parte dei sistemi dinamici studiati ed ` e giusticata sicamente dalla considerazione che le quantit` siche evolvono in a modo continuo su brevi scale temporali, con eetti piccoli in corrispondenza di piccole variazioni di stato. Il parametro (o linsieme dei parametri) , che a volte verr` omesso per comodit` di scrittura, ` chiamato parametro di controllo a a e e riette in generale la struttura interna del sistema. Pu` essere la viscosit` nelle o a equazioni di Navier-Stokes o il coeciente r della mappa logistica. I parametri di controllo hanno un ruolo importante perch al loro variare si possono avere e comportamenti molto diversi del sistema dinamico, cos` come si ` visto nel caso e della mappa logistica. Ogni sistema meccanico che soddisfa le equazioni di Hamilton costituisce un sistema dinamico secondo la denizione data. Nel caso di una particella in moto nello spazio tridimensionale, le equazioni del moto sono date da qi = H ; pi pi = H ; qi i = 1, 3 (4.3)

dove q, p sono le coordinate e i momenti generalizzati della particella, e H(q, p) ` e la funzione hamiltioniana. Si vede che il vettore X (q, p) soddisfa le equazioni (4.1) con F = ( H , H ). La denizione data, tuttavia, descrive levoluzione di pi qi una classe molto pi` vasta di sistemi, cos` come si ` visto nei capitoli 1-3. u e Dato un certo stato iniziale, linsieme dei punti che rappresentano il sistema in a istanti successivi, secondo il moto regolato dalle equazioni (4.1) o (4.2), si chiama traiettoria o orbita. Nel caso di tempo continuo, il vettore dX/dt rappresenta la velocit` nello spazio delle fasi ed ` tangente alla traiettoria. Linverso dei a e coseni direttori degli angoli che il vettore velocit` forma con gli assi coordinati ` a e dato da ds i = 1, . . . N (4.4) i dXi

4.1. SISTEMI DINAMICI DIFFERENZIABILI

67

dove ds = Si ottiene

N k=1

2 dXk ` la lunghezza di un arco innitesimo di traiettoria in . e

i =

1+
k=i

dXk dXi

1+
k=i

Fk Fi

(4.5)

Dalleq.(4.5) si vede che i coseni direttori, e quindi la direzione della tangente alla traiettoria, sono ben deniti ovunque eccetto che nei punti Xs dove F1 (Xs ) = F2 (Xs ) . . . = FN (Xs ) = 0 (vedi problema 1). Tali punti Xs sono detti singolari e, nei sistemi autonomi, ovvero nei sistemi con F indipendente dal tempo, sono anche punti ssi per levoluzione del sistema. I punti (m, 0) con m intero positivo o negativo sono punti singolari nellesempio 3.1. Linsieme delle traiettorie regolari (quelle non contenenti punti ssi), dei punti singolari e delle traiettorie tra due punti singolari o tra un punto singolare e innito, costituisce il ritratto di fase del sistema. La determinazione del ritratto di fase, come si ` visto e nel capitolo 3, fornisce informazioni sullinsieme di tutte le possibili evoluzioni di un certo sistema dinamico. Una propriet` importante per la struttura dei ritratti di fase consegue dal a teorema di Cauchy sullunicit` delle soluzioni dei sistemi di equazioni dierenziali a ordinarie. Questo teorema aerma che dato un sistema di equazioni dierenziali dx1 = P1 (x1 , x2 , . . . , xN , t) dt ... ... ... dxN = PN (x1 , x2 , . . . , xN , t) dt

(4.6)

con N intero arbitrario e Pi funzioni continue in una certa regione aperta R, con derivate parziali continue rispetto a x1 , x2 , . . . , xN , t, si ha che per ogni punto M0 = (t0 , x0 , . . . , x0 ) di R esiste un intervallo di t contenente t0 (t1 < t < t2 ) ed 1 N un unico sistema di funzioni xk = k (t) k = 1, 2, . . . , N (4.7)

denite in questintervallo che vericano le seguenti propriet`: a (a) k (t0 ) = x0 ; k (b) per tutti i valori di t (t1 < t < t2 ) il punto M = (t, 1 (t), . . . , N (t)) appartiene alla regione R e le funzioni k (t) soddisfano il sistema (4.6); (c) data una qualsiasi regione chiusa R, interamente contenuta in R, vi sono valori t e t (t1 < t , t < t2 ) tali che i punti M1 = (t , 1 (t ), . . . , N (t )) e M2 = (t , 1 (t ), . . . , N (t )) giacciono al di fuori di R. Il teorema di Cauchy esclude le intersezioni di due traiettorie soluzioni di (4.1) o le autointersezioni nello spazio delle fasi eccetto che nei punti singolari. La condizione (c) assicura che la soluzione (unica) corrispondente a certe condizioni iniziali esiste no alla frontiera di R. In generale le soluzioni k (t) possono

68

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.1: Esempio di supercie di sezione di Poincar. e

essere scritte in funzione delle condizioni iniziali come xk = k (t, t0 , x0 , . . . , x0 ); 1 N nei sistemi autonomi, come si pu` facilmente vericare, le soluzioni dipendono o soltanto dalla dierenza t t0 . Osserviamo inne che ` possibile denire un sistema dinamico con tempo e discreto a partire da un sistema con tempo continuo. In alcune circostanze questa operazione pu` favorire lanalisi del comportamento dinamico del sistema. Il o passaggio pu` essere eettuato applicando il metodo di Poincar che comporta o e anche una riduzione dimensionale dello spazio delle fasi del sistema. Il metodo si basa sulla scelta di una supercie o sezione S (N 1)-dimensionale nello spazio delle fasi del sistema continuo e sulla considerazione della ricorrenza denita dalle intersezioni delle traiettorie in con S. Il metodo ` illustrato nella gura e 4.1 per un generico caso con N = 3. Scelta la sezione S di equazione x3 = costante = K, si vede che le intersezioni dellorbita con S (con la traiettoria proveniente sempre dallo stesso lato di S) generano una successione di punti X0 A, X1 C, ... univocamente determinata dal sistema dinamico continuo e denita ora in uno spazio bidimensionale.

4.2

Variet` invarianti e attrattori a

Nello studio del ritratto di fase di un sistema dinamico ` importante per prima e cosa stabilire la possibile esistenza di variet` compatte invarianti di dimensione a D < N . Queste sono denite come i sottoinsiemi I di (compatti di dimensione D < N ) tali che per ogni punto appartenente a I levoluzione di questo punto ` ancora un elemento di I; inoltre ogni coppia di punti di I, se I contiene pi` e u

` 4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI

69

di un punto, si trova sulla stessa traiettoria. Gli stati rilevanti per levoluzione asintotica di un sistema dinamico, come si vedr`, andranno ricercati tra le vaa riet` invarianti. I punti ssi deniti nella sezione precedente sono un esempio di a variet` invariante di dimensione D = 0. Infatti, per denizione, un punto sso a ` caratterizzato da dXi /dt = 0 sicch il punto sso ` un punto stazionario o di e e e equilibrio per levoluzione del sistema. Allaumentare della dimensione di si possono avere variet` invarianti con struttura geometrica pi` complicata, curve a u chiuse per N = 2, superci o ipersuperci per N 3. Prima di considerare esplicitamente i casi di dimensionalit` pi` bassa, ossera u viamo che per la caratterizzazione delle variet` invarianti le propriet` di stabilit` a a a sono importanti al pari di quelle geometriche. Le propriet` di stabilit` sono a a legate al comportamento delle traiettorie nelle vicinanze della variet`. La loro a rilevanza ` ovvia. Dato uno stato di equilibrio, ` importante sapere se un punto e e posto nelle vicinanze di questo stato si allontana da esso indenitamente o se vi si avvicina con il passare del tempo. Nel primo caso, la rilevanza sica di questo stato ` minima perche piccole perturbazioni renderanno in pratica impossibile e losservazione dello stato se non per un breve transiente. Nellaltro caso lo stato stazionario ` eettivamente osservabile. e Si dice che uno stato di equilibrio Xs ` stabile nel senso di Liapunov se, per e ogni intorno U di Xs con raggio , esiste un intorno U() di raggio () tale che se il punto rappresentativo del sistema ` in U() a t = t0 , la traiettoria sar` e a contenuta in U per ogni t > t0 . Lo stato di equilibrio ` instabile se per un dato e non ` possibile trovare un valore () con le propriet` indicate. In aggiunta, e a si dice che uno stato Xs ` asintoticamente stabile se ` stabile e se la traiettoria e e tende a Xs per t . In questultimo caso si dice anche che Xs ` un punto e attrattore del sistema. In generale, gli attrattori sono i sottoinsiemi di dove si accumulano le traiettorie a tempi molto lunghi. Facciamo alcune considerazioni sulle denizioni date: (1) il tempo necessario per raggiungere lungo una traiettoria un punto di equilibrio (asintoticamente stabile) ` innito. Infatti, se non fosse cos` la traiettoria e , inizialmente in t0 raggiungerebbe il punto di equilibrio allistante t1 . Allora, essendo il punto di equilibrio stesso una triaiettoria nello spazio delle fasi, si avrebbe che mentre a t1 vi sono due traiettorie nello stesso punto, le due traiettorie sono in punti diversi a t0 , in violazione del teorema di Cauchy sullunicit` della soluzione. a (2) Le propriet` di stabilit` di un punto sso possono dipendere dal valore a a dei parametri di controllo. Si chiamano punti critici, nello spazio dei parametri di controllo, i punti dove cambia la stabilit` dei punti ssi. La determinazione a dei punti critici ` importante per la descrizione del comportamento del sistema e dinamico. Nel caso della mappa logistica, ad esempio, si ` visto come ai punti e critici corrispondono le biforcazioni che danno luogo alla cascata di Feigenbaum. Lo studio generale del comportamento del sistema intorno ai punti critici verr` a fatto in un capitolo successivo.

70

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.2: Ritratti di fase di sistemi unidimensionali.

(3) Una terza osservazione riguarda la diversa rilevanza delle nozioni di stabilit` date. Si consideri il caso delloscillatore non smorzato della sezione 3.2. Le a traiettorie nello spazio delle fasi sono ellissi il cui centro ` un punto di equilibrio. e Verichiamo le caratteristiche di stabilit` di questo punto. Considerato un intora no U del centro, nella forma di un quadrato di lato , si pu` disegnare lellisse pi` o u grande tutta contenuta nellintorno. La parte interna a questa ellissi ` un intorno e U() che verica la condizione di stabilit` di Liapunov: infatti, ogni traiettoria a passante ad un certo istante per un punto interno a U() sar` sempre connata a allinterno di U . Si vede che questa nozione di stabilit` ` indicata per i sistemi ae conservativi mentre quella di stabilit` asintotica risulta appropriata per i sistemi a con dissipazione, quale ad esempio loscillatore smorzato della sezione 3.2, con le traiettorie tutte convergenti verso il centro del sistema. Questo discorso verr` a ripreso nella sezione successiva. Le considerazioni fatte sono sucienti per stabilire le caratteristiche generali dei ritratti di fase dei sistemi con tempo continuo e N = 1. Infatti in questo caso le uniche variet` invarianti sono i punti ssi. Se si escludono le traiettorie a che divergono a X = si ha che i ritratti di fase non possono essere che del tipo illustrato nella gura 4.2. I punti ssi P0 , P1 , P3 sono stabili. Il punto P2 ` e instabile. Il numero di punti ssi instabili pu` essere variabile, ma ciascuno di o essi avr` sempre due punti ssi stabili contigui. a Negli spazi con N > 1 vi possono essere curve chiuse che sono variet` invaa rianti. Queste curve C sono orbite periodiche di periodo T se, denito loperatore di evoluzione temporale f t mediante la relazione f t [X(t )] = X(t + t ) , (4.8)

con X(t) soluzione delle equazioni del moto, si ha che f T [X] = X e f t [X] = X per 0 < t < T e ogni X appartenente a C. Le ellissi del moto armonico sono ovviamente orbite periodiche. Esiste un altro tipo di orbite periodiche che sono isolate e fanno da limite al moto risultante dalle altre orbite del sistema. Queste orbite sono chiamate cicli limite e anche per esse si pone la questione della stabilit`. Si denisce dapprima la propriet` di stabilit` orbitale di una a a a curva chiusa C. La propriet` ` vericata se, dato > 0, esiste > 0 tale che se ae X0 ` un punto su unaltra orbita a distanza da C ad un certo istante, allora e t f [X0 ] avr` distanza da C non superiore a per ogni t > 0. Se C verica la a

` 4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI

71

Figura 4.3: Rappresentazione di tre diversi tipi di cicli limite: asintoticamente stabile (in alto a sinistra); instabile (in alto a destra); asintoticamente stabile solo per traiettorie esterne al ciclo.

propriet` di stabilit` orbitale e se la distanza tra f t [X0 ] e i punti di C si riduce a a a zero per t si dice che C ` asintoticamente stabile. In questo caso C ` una e e curva attrattore o ciclo limite stabile per il sistema dinamico. Un ciclo limite ` e instabile se la distanza tra le traiettorie e il ciclo tende a zero nel limite t . Nella gura 4.3 sono disegnati tre cicli limite asintoticamente stabile, instabile, e stabile o instabile a seconda che si considerino traiettorie che si avvicinano al ciclo dallesterno o dall interno. Le nozioni di stabilit` orbitale e stabilit` secondo Liapunov non si implicano a a a vicenda. Si consideri ad esempio il sistema dinamico dx = y(x2 + y 2 ); dt dy = x(x2 + y 2 ) dt . (4.9)

Si pu` mostrare (vedi problema 2) che le curve integrali di questo sistema sono o date da x = K cos(K2 t + 0 ), y = K sin(K2 t + 0 ). Nello spazio delle fasi R2 a queste curve corrispondono circonferenze di raggio K. Si vede facilmente che ciascun punto di queste circonferenze ` instabile secondo Liapunov. Infatti, scelto e

72

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.4: Le coordinate cicliche 1 , 2 deniscono la posizione di un punto su un toro.

un punto su una circonferenza ed un intorno di questo punto, comunque si scelga un altro punto in questo intorno, la traiettoria passante per questaltro punto, un cerchio di raggio K , uscir` da questintorno dopo un certo intervallo di tempo. a Con argomenti simili si vede invece subito che ogni traiettoria verica la propriet` a di stabilit` orbitale. a Nella costruzione dei ritratti di fase in spazi bidimensionali si deve tener conto che le variet` invarianti possono essere punti ssi, curve chiuse, ma anche curve a che collegano due punti singolari. Queste particolari traiettorie sono chiamate eterocliniche se collegano due punti singolari dierenti, e omocliniche o separatrici se partono e ritornano sullo stesso punto singolare. Queste curve, oltre che gli attrattori costituiti da singoli punti o dai cicli limite, possono essere esse stesse curve limite per levoluzione del sistema. Linsieme di queste curve ` sufe cientemente eterogeneo per rendere piuttosto complicata, ma ancora possibile, la catalogazione dei possibili ritratti di fase nel caso N = 2. Questa catalogazione richiede preliminarmente lo studio delle caratteristiche di stabilit` dei punti a singolari isolati che sar` fatto nel prossimo capitolo. a Nei casi con N 3 il ritratto di fase pu` essere molto pi` complicato, a causa o u anche della presenza di variet` invarianti bidimensionali, ed una catalogazione a completa non ` disponibile. Va notato che le curve chiuse (e le traiettorie omoclie niche), dierentemente che nel caso N = 2, possono essere annodate senza violare il teorema di unicit`. a

` 4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI

73

Le superci invarianti sono lelemento nuovo pi` importante da considerare u per N > 2. Nella catalogazione di queste superci vanno esclusi i cilindri, i coni, gli iperboloidi e tutte le superci non compatte. La proiezione stereograca della sfera su un piano tangente a uno dei suoi poli crea inoltre una corrispondenza tra i moti sulla sfera (e sulle superci ad essa omeomorfe) e i moti su un piano; lo studio del moto sulle variet` invarianti sferiche pu` quindi essere ricondotto a o allo studio dei casi che si hanno in N = 2. Rimangono da considerare soltanto le superci toroidali e, per esigenze di brevit`, ci limiteremo a esaminare i moti sul a toro semplice (vedi gura 4.4). Il moto sul toro semplice costituisce in realt` la tipologia pi` tipica di moto su a u supercie invariante per N > 2. Nel caso pi` semplice, N = 3, la posizione di un u punto sul toro ` denita dalle coordinate cicliche 1 e 2 e il moto ` in generale e e biperiodico (vedi g. 4.4). Detti T1 e T2 i periodi relativi alle due coordinate angolari, se T1 /T2 = p/q (p, q interi) (4.10) allora il moto risulter` periodico. Ovvero, ogni p giri per una coordinata e q giri a per laltra, il punto torner` su una posizione precedentemente occupata (g. 4.5). a Se invece non vale una relazione come leq.(4.10), cio se le due frequenze sono e incommensurate, il moto si dice quasi-periodico e corrisponde a unelica che si avvolge sul toro senza chiudersi mai su stessa e senza auto-intersezioni. I moti quasi-periodici sono un elemento tipico dei ritratti di fase dei sistemi con tempo continuo cos` come lo sono gli stati stazionari, i moti periodici e quelli caotici. Sono importanti in particolare nella meccanica dei sistemi hamiltonia` ni. E noto, infatti, che esiste una certa classe di sistemi detti integrabili con hamiltoniana H(p, q) indipendente dal tempo e N costanti globali del moto reciprocamente indipendenti fi (p, q) con parentesi di Poisson [fi , fj ] = 0 per ogni i e j. Per questi sistemi ` possibile trovare un opportuno insieme di trasformazioni e canoniche (queste sono denite come le trasformazioni di coordinate e momenti che lasciano invariata la forma delle equazioni di Hamilton) che consentono di riscrivere le equazioni di Hamilton nella forma dIi = 0 dt di = i ({Ij }) dt

i = 1, . . . , 3N

(4.11)

dove N ` il numero di particelle del sistema. Le Ii e i sono rispettivamente e chiamate variabili dazione e variabili angolari. Si pu` mostrare che il moto del o sistema avviene su un 3N -toro e le variabili angolari descrivono proprio il moto del sistema su questo toro. Lintegrazione delle (4.11) ` immediata e si ottengono le soluzioni e Ii = Ii0 = costante i = i t + 0 i (4.12)

74

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.5: Nella parte in basso della gura ` rappresentata unorbita con rape porto tra i periodi relativi alle due coordinate angolari pari a 3. Nella parte in alto ` rappresentato un moto quasi periodico. e

` 4.2. VARIETA INVARIANTI E ATTRATTORI

75

Figura 4.6: Lattrattore di Feigenbaum. Gli istogrammi sono stati costruiti calcolando il numero di iterazioni che producono un risultato compreso in ogni intervallino di larghezza x. Sono state tenute in conto le ultime 49000 iterazioni su un totale di 50000 iterazioni; x = 103 , x0 = 0.3 (in alto a sinistra), x = 104 , x0 = 0.81 (in alto a destra), x = 105 , x0 = 0.88 (in basso a sinistra), x = 106 , x0 = 0.892 (in basso a destra). (Questa gura ` stata realizzata e da Michele De Musso.)

76

4. SISTEMI DINAMICI

che descrivono un moto multi-periodico nello spazio delle coordinate angolari. Moti multi e quasi-periodici sono osservati in meccanica celeste e anche in diversi sistemi non hamiltoniani nei regimi precaotici.

4.3

Attrattori strani e insiemi frattali

Dallo studio della mappa logistica ` emersa lesistenza di attrattori con carattee ristiche molto diverse dai punti ssi o dai cicli limite discussi nella sezione precedente. Al punto limite r = 3.5699456 della cascata di biforcazioni la mappa ` e attratta dal cosiddetto attrattore di Feigenbaum di cui ` data una rappresentae zione nella gura 4.6. Si pu` mostrare che sparse e dense nellinsieme dei punti o di questo attrattore vi sono tutte le orbite periodiche di periodo 2p con p qualsiasi, orbite periodiche che risultano essere instabili. Questo signica che scelto un aperto qualsiasi contenente una parte dellattrattore, laperto conterr` almeno un a punto appartenente ad unorbita periodica. Si pu` dimostrare, nella teoria degli o insiemi, che lattrattore di Feigenbaum ` un insieme di Cantor, ovvero un insieme e chiuso consistente soltanto di punti di frontiera. Alla dimensionalit` di un tale a insieme si ` tentati di attribuire un valore compreso tra 0 e 1. Una denizione e geometrica precisa ` possibile e richiede lintroduzione della nozione di insieme e frattale. Il problema della misurazione della lunghezza dei perimetri di oggetti molto frastagliati suggerisce come introdurre in modo semplice una dimensionalit` a frazionaria. Consideriamo la costa della Norvegia mostrata nella gura 4.7 e cerchiamo di misurarne la lunghezza utilizzando una griglia di celle quadrate di lato . Detto N () il numero di celle necessarie per ricoprire una porzione di costa (ad esempio la parte nord-occidentale), una stima della sua lunghezza ` data da e L() = N () . (4.13)

` E ovvio che con abbastanza grande il perimetro di molti ordi non sar` preso a in considerazione. Diminuendo , i ordi pi` profondi contribuiranno alla misura u del perimetro ma potrebbe succedere che il utilizzato ` ancora troppo grande e per la misura della costa delle isolette nella parte sudorientale. Si scopre, quindi, che la lunghezza della costa aumenta al migliorare della risoluzione con cui ` e misurata. Nel caso di un oggetto lineare non frastagliato la lunghezza (macroscopica) non varia con la risoluzione e si ha N () = L0 /; questa relazione pu` o D essere generalizzata per oggetti frastagliati come N () = L0 / . La lunghezza della costa della Norvegia pu` essere dunque espressa come o L() = L0 1D . (4.14)

Lesponente D, chiamato dimensione frattale, di cui verr` data una denizione a pi` precisa, per valori di compresi tra 1 e 100Km, vale D = 1, 52 per la u

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI

77

Figura 4.7: La costa della Norvegia.

78

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.8: Illustrazione del calcolo di N ( ) per insiemi costituiti da (a) due punti, (b) un segmento di curva, (c) una porzione di supercie interna a una curva chiusa.

Norvegia e D = 1, 3 per la Gran Bretagna. Il valore non intero compreso tra 1 e 2 corrisponde ad un perimetro frastagliato a tal punto da poter essere con siderato unentit` di natura intermedia tra una lunghezza e unarea. Il valore a specico di D pu` quindi essere usato come caratterizzazione quantitativa delle o propriet` geometriche di un certo oggetto. a Per denire in modo pi` generale la dimensione frattale di un insieme conu tenuto in un spazio cartesiano N dimensionale si considera una griglia di cubi N -dimensionali di lato in questo spazio e si contano il numero di cubi N ( ) necessari per contenere linsieme. La dimensione frattale ` denita come e D = lim
0

ln N ( ) ln 1/

(4.15)

Gli esempi della gura 4.8 mostrano come per un insieme costituito da 2 punti isolati D = 0 (N ( ) = 2 ), mentre per una curva regolare D = 1 (N ( ) = l/ ). Analogamente, per un insieme costituito da unarea regolare, si trova D = 2. Vediamo invece come la denizione data risulta signicativa per insiemi con struttura particolare. Consideriamo linsieme di Cantor della gura 4.9 ottenibile dividendo lintervallo [0, 1] in tre parti, eliminando la parte centrale e ripetendo

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI

79

Figura 4.9: Procedura per la costruzione dellinsieme di Cantor del terzo di mezzo.

Figura 4.10: (a) Costruzione della supercie di Sierpinski triangolare. La dimensione frattale ` D = ln 3/ ln 2 = 1.58 . . .. (b) Costruzione del tappeto di e Sierpinski. La dimensione frattale ` D = ln 8/ ln 3 = 1.89 . . . . e

ad innito loperazione per tutti i segmenti ancora presenti. Per misurare D si pu` considerare una successione n 0 per n in modo da calcolare la o dimensione frattale come D = lim Si scelga
n

ln N ( n ) n ln 1/ n

(4.16)

= (1/3)n . Per costruzione si ha N ( n ) = 2n e quindi D = ln 2/ ln 3 = 0, 63 (4.17)

che descrive la natura intermedia tra punto e linea dellinsieme di Cantor considerato.

80

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.11: Foglia metallica cresciuta per elettrodeposizione di zinco allinterfaccia di una soluzione di solfato di zinco. La dimensione frattale ` D = 1.63 (da e Matsushita et al., Physical Review Letters 1984).

Nelle gure 4.10,4.11 sono illustrati altri esempi di insiemi frattali matematici (ovvero con propriet` frattali a tutte le scale di lunghezza) o sici (frattali su a scale di lunghezza denite). Una caratteristica notevole di molti sistemi frattali ` la propriet` di autosomiglianza: una parte dellinsieme pu` riprodurre lintero e a o insieme se opportunamente ingrandita. Questa propriet` vale per i sistemi delle a gure 4.10,4.11. Nel caso dellinsieme di Cantor, ad esempio, lingrandimento 2 dellintervallo [ 3 , 7 ] con un fattore 9 riproduce lintero insieme di partenza [0, 1]. 9 La dimensione frattale dellattrattore di Feigenbaum ` 0,5388. Gli attrate tori con dimensione frattale non intera sono detti strani. Un altro esempio di attrattore strano ` la variet` invariante della mappa di Hnon e a e xn+1 = x(1) n xn+1 = A (x(1) )2 + Bx(2) n n
(2) (1)

(4.18)

Lattrattore ` rappresentato nella gura 4.12. Lattrattore di Hnon verica la e e propriet` di autosomiglianza. La sua dimensione frattale ` D 1, 26. a e Gli attrattori strani delle gure 4.6,4.12 risultano dallo studio di mappe con tempo discreto. Immaginando tali mappe ottenibili da una sezione di Poincar e di sistemi con tempo continuo, ci si pu` chiedere quale sarebbe la forma della o (iper-)supercie invariante nello spazio delle fasi del sistema con tempo continuo che d` luogo alla struttura frattale degli attrattori. Si pu` pensare che la variet` a o a invariante ` una supercie ripiegata su se stessa un numero innito di volte (vedi e gura 4.13). Lintersezione delle orbite con una sezione trasversale alla supercie pu` produrre un insieme di Cantor del genere degli attrattori delle mappe o esaminate.

4.3. ATTRATTORI STRANI E INSIEMI FRATTALI

81

Figura 4.12: (a) Lattrattore di Hnon. (b) Ingrandimento della regione denita e dal rettangolo in (a). (c) Ingrandimento della regione denita dal rettangolo in (b).

82

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.13: Il processo di piegatura pu` comportare lesistenza di insiemi frattali o quando si considera il usso nello spazio dele fasi.

4.4

Sistemi dissipativi e conservativi; teorema di Liouville

Loscillatore armonico senza attrito e loscillatore smorzato sono esempi di due dierenti classi di sistemi. Nel caso senza attrito le traiettorie nello spazio delle fasi sono ellissi di area pari al valore dellenergia, che ` una quantit` dinamie a camente conservata. Le traiettorie delloscillatore smorzato tendono invece, per ogni condizione iniziale, allo stato di quiete che ` lattrattore del sistema. In e questo caso lenergia non ` pi` conservata ed il sistema si dice dissipativo. In e u generale, la presenza di attrattori nello spazio delle fasi, con la conseguente contrazione del volume racchiuso dalle orbite, ` la caratteristica che distingue i e sistemi dissipativi da quelli conservativi. La quantit` che con il suo comportamento permette di distinguere tra sistemi a ` dissipativi e conservativi ` la divergenza di F (vedi eq.(4.1)). E noto che le e linee di usso di un campo a divergenza nulla sono curve chiuse. Allo steso modo, le traiettorie di un sistema dinamico denito dallequazione (4.1) sono curve chiuse se divF = 0. Poich le orbite chiuse sono tipiche dei sistemi con e energia conservata, un sistema dinamico si denisce conservativo se ` vericata e ovunque la relazione divF = 0 . (4.19)

4.4. SISTEMI DISSIPATIVI E CONSERVATIVI; TEOREMA DI LIOUVILLE

83

Un sistema dinamico si dice invece dissipativo se esistono traiettorie tali che per tempi molto lunghi, successivi ad un certo tempo iniziale t0 (t/t0 1), risulta che 1 t (divF )t dt divF (X(t ), t ) < 0 . (4.20) t t0 In molti sistemi dissipativi, ad esempio loscillatore smorzato (vedi problema 3), la condizione divF < 0 ` sempre vericata. La denizione pi` debole (4.20) tiene e u anche conto di alcuni sistemi particolari in cui la condizione ` vericata solo in e media, su tempi lunghi. Il signicato delle denizioni (4.19) e (4.20), in relazione alle propriet` di a conservazione o contrazione dei volumi nello spazio delle fasi, pu` essere meglio o chiarito introducendo il concetto di insieme o ensemble statistico. Consideriamo un insieme di punti nello spazio delle fasi ciascuno di essi rappresentante uno stato del sistema con diverse condizioni iniziali. Lensemble statistico ` costituito e dallinsieme di questi punti. Equivalentemente, lensemble pu` rappresentare lo o stato di un certo numero di copie non interagenti del sistema originariamente considerato. La nozione di ensemble ha un ruolo importante in meccanica statistica e tutte le volte che ` necessario eettuare operazioni di media sullo spazio e delle fasi, come si vedr` nella sezione 4.5. Le considerazioni che seguiranno sula levoluzione della congurazione dellensemble nello spazio delle fasi sono anche importanti per quei sistemi reali, ad esempio i fasci di particelle, costituiti da un numero molto elevato di componenti che interagiscono in modo trascurabile. Per descrivere il moto dellensemble nello spazio delle fasi si introduce la densit` di probabilit` (X, t) tale che la probabilit`, ovvero la frazione del numero a a a totale di copie del sistema, che al tempo t si trovano nellelemento di volume d = dX1 dX2 . . . dXN ` data da e p(t)d = (X, t) d . (4.21)

Utilizzando la propriet` di unicit` delle soluzioni della (4.1), ` possibile scrivere a a e unequazione di continuit` che descrive levoluzione di a partire da una certa a distribuzione iniziale. Consideriamo un volume ssato . Lincremento p, relativo al tempo t, della probabilit` di trovare un punto rappresentativo del a sistema in ` dato da e p = t

dX t

(4.22)

Poich il numero di traiettorie che partono da un certo insieme di condizioni e iniziali, se non vi sono punti singolari, si conserva, risulta che la variazione di probabilit` p pu` anche essere espressa in funzione del usso di probabilit` X a o a come p = t X ds = t div( X)dX (4.23)
()

84

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.14: Evoluzione di un volumetto di stati nello spazio delle fasi.

dove () ` la supercie che limita , ds ` un vettore normale a () e e diretto verso lesterno di questa supercie e, nellultima uguaglianza, ` stato e usato il teorema della divergenza. Eguagliando le due espressioni per p, e data larbitrariet` di , si ottiene a + div( X) = 0 t . (4.24)

Lequazione (4.24) pu` essere riscritta introducendo la derivata totale o d = + dt t


N

Fj
j=1

Xj

(4.25)

equivalente alla derivata fatta rispetto ad un sistema di riferimento solidale con i punti in moto, ovvero valutando la densit` lungo una traiettoria X(t). Si a ottiene d = divF (4.26) dt ovvero d ln = divF . (4.27) dt Questa equazione descrive levoluzione della densit` degli stati nello spazio delle a fasi vista da un osservatore solidale con il usso di probabilit`. Dalla (4.24) si a

4.4. SISTEMI DISSIPATIVI E CONSERVATIVI; TEOREMA DI LIOUVILLE

85

ottiene invece la variazione della densit` di probabilit` in un punto ssato X a a dello spazio data da (X, t) = div( F (X, t)) t . (4.28)

Dallintegrazione della (4.27), formale in quanto non sono state risolte esplicitamente le equazioni del moto, si ottiene (X(t), t) = (X(t0 ), t0 ) exp(t(divF )t ) . (4.29)

che mostra come cresce la densit` di un volumetto di punti dellensemble nel corso a dellevoluzione di un sistema dissipativo. Denotati t e t0 i volumi occupati da N stati agli istanti t e t0 , poich il numero di stati N si conserva, si ottiene e t = 0 exp(t(divF )t ) . (4.30)

Nei sistemi conservativi (divF = 0) lequazione di continuit` in una delle a forme (4.28) o (4.26) si chiama equazione di Liouville; dalla (4.30) si vede che il volume occupato da un certo numero di stati si conserva durante levoluzione del sistema. Lequazione /t + X , ovvero d /dt = 0, ` la stessa che regola e levoluzione della densit` di massa di un uido incompribile (divv = 0, v velocit` a a del uido); per questo motivo, per i sistemi conservativi, si parla a volte di uido di probabilit`. Nellesempio delloscillatore senza attrito, il volumetto nero della a gura 4.14, corrispondente ad un certo insieme di condizioni iniziali, manterr` a ` sempre la stessa area, ma non la forma, ad ogni istante dellevoluzione. E chiaro che tutti i sistemi hamiltoniani sono conservativi perch per essi vale sempre la e relazione div F = 0. Nei sistemi dissipativi lequazione (4.30) implica una contrazione dei volumi ` nello spazio delle fasi (vedi problema 5). E il caso degli oscillatori smorzati dove un certo volumetto iniziale di stati si contrae col tempo tendendo al volume nullo dellattrattore nellorigine. Esiste una classe interessante di sistemi che pur essendo conservativi hanno alcune caratteristiche simili a quelle dei sistemi dissipativi. In questi sistemi una contrazione in certe direzioni dello spazio delle fasi ` accompagnata da una espansione nelle altre direzioni. Si consideri ad e esempio il pendolo capovolto della sezione 3.3 denito dalle equazioni d = v dt dv 2 = 0 dt

(4.31)

Nella gura 4.15 ` rappresentata levoluzione di un volumetto nello spazio dele le fasi di questo sistema denito dalle coordinate x = v + 0 t e y = v 0 t.

86

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.15: Deformazione di un volume nello spazio delle fasi di un sistema dinamico con un punto iperbolico.

Lorigine risulta essere un punto instabile e le traiettorie sono delle iperboli. Per questa ragione i sistemi di questo tipo sono detti iperbolici. Alcuni studiosi ritengono il comportamento di questi sistemi rilevante per la spiegazione di come in natura fenomeni dissipativi e irreversibili sono osservati macroscopicamente in sistemi descritti a livello microscopico da leggi dinamiche conservative ed invarianti rispetto allinversione della direzione temporale. Per concludere, osserviamo che unequazione di evoluzione per la densit` di a probabilit` pu` essere denita anche nel caso delle mappe. Data la densit` n (x) a o a al tempo n, lequazione di Frobenius-Perron

n+1 (x)

dy[x M (y)] n (y)

(4.32)

fornisce lespressione della densit` al tempo n + 1. Ricordiamo che le propriet` a a della distribuzione di Dirac sono tali che g(x) = dy(x y)g(y). Il cambiamento di variabili z = M (y) nella (4.32) consente di riscrivere lequazione in 1 modo dierente. Denotate con y M (z) le soluzioni dellequazione z = M (y) (pi` di una se la mappa non ` invertibile), si ha che la (4.32) pu` essere riscritta u e o

` 4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA

87

come
n+1 (x)

1 M ()

1 1 |M (M (x))|

dz 1 (x z) n (M (z)) 1 |M (M (z))|
1 n (M (x))

(4.33)

o La mappa ` conservativa solo se | det M | = 1. Si pu` dimostrare, infatti, che e x solo in tal caso il volume occupato da un certo numero di stati nello spazio delle fasi costante. e

4.5

Misure di probabilit` invarianti e teoria era godica

Si ` gi` discusso come nello studio di un sistema sico o di un modello evolutivo sia e a soprattutto importante conoscere il comportamento del sistema a tempi lunghi. Nei sistemi dissipativi questo comportamento ` legato alle caratteristiche degli e attrattori presenti che, come si ` visto, possono avere una struttura piuttosto e complessa. Risulta che lo studio della dinamica asintotica, eettuato sulla base delle propriet` geometriche degli attrattori, ` abbastanza complicato dal punto a e di vista matematico gi` discusso. Per questo motivo si preferisce una descrizione a probabilistica del comportamento del sistema nelle vicinanze dellattrattore. La quantit` matematica utilizzata per tale descrizione ` la densit` di probabilit` a e a a introdotta nella sezione precedente. La necessit` di introdurre un approccio probabilistico non dipende soltanto a da ragioni tecniche o dicolt` di carattere computazionale. Una descrizione a puntiforme dello stato di un sistema nello spazio delle fasi implica la possibilit` a di determinare con accuratezza arbitrariamente elevata lo stato del sistema. In un qualsiasi processo di misura, tuttavia, tale accuratezza non ` ottenibile ed e ` quindi pi` giusto considerare regioni di volume non nullo nello spazio delle e u fasi. La questione assume rilevanza particolare per i sistemi caotici dove per piccole variazioni delle condizioni iniziali si osservano evoluzioni molto dierenti nello spazio delle fasi. Per i sistemi caotici, quindi, una descrizione dinamica in termini di densit` di probabilit` appare naturale. a a Nella sezione 4.2 si ` visto che la determinazione dei punti ssi e delle variet` e a invarianti ` il punto di partenza nello studio delle propriet` dinamiche asintotiche. e a Analogamente, se si vuole arontare questo studio considerando la densit` di a probabilit` come variabile dinamica, occorrer` per prima cosa stabilire lesistenza a a di soluzioni stazionarie delleq.(4.24) o dellequazione di Frobenius-Perron (4.32). Tali soluzioni s sono chiamate densit` di probabilit` invarianti. Nel caso delle a a mappe unidimensionali, a cui per semplicit` limiteremo le considerazioni di questa a

88

4. SISTEMI DINAMICI

sezione,

soddisfa lequazione
s (x)

dx0 [x M (x0 )] s (x0 )

(4.34)
s.

In alcuni casi semplici ` possibile giungere ad una determinazione analitica di e Ad esempio, nel caso della mappa a tenda (2.4), scritta la (4.34) come
1/2 s (x) = 0 1

dx0 (x 2x0 ) s (x0 ) +

1/2

dx0 (x 2 + 2x0 ) s (x0 )

(4.35)

e introdotte le nuove variabili y = 2x0 e y = 2 2x0 rispettivamente nei due termini del membro di destra della (4.35), si ottiene la relazione
s (x)

1 2

s(

x )+ 2

s (1

x ) 2

(4.36)

con soluzione
s (x)

=1

(4.37)

La quantit` s (x)dx rappresenta la probabilit` che il sistema si trovi sullattrattoa a re tra x e x+dx; s (x) = 1 implica che questa probabilit` ` costante nellintervallo ae [0, 1]. In questo senso s (x)dx fornisce una descrizione globale dellattrattore. Da questo risultato si pu` anche dedurre la densit` di probabilit` invariante logi4 (x) o a a s per la mappa logistica a r = 4. Utilizzando lespressione (2.9) e la relazione
logi4 (x)dx s

tenda (y)dy s

(4.38)

si ottiene
logi4 (x) s

1 [x(1 x)]1/2

(4.39)

Notiamo che in questo caso s ` singolare ma integrabile agli estremi dellintervallo e di denizione. La densit` di probabilit` pu` anche avere una struttura molto pi` complicata a a o u che rispecchia le caratteristiche geometriche dellattrattore. Nella gura 4.6 ` e rappresentata la densit` di probabilit` invariante dellattrattore di Feigenbaum. a a Un altro esempio ` illustrato nella gura 4.16 dove si mostra la densit` invariante e a della mappa logistica a r = 3.8, ottenuta da uno studio numerico. Si pu` ossero vare la presenza di numerose singolarit` che, allaumentare dellaccuratezza dello a studio, appaiono sempre pi` numerose e pronunciate. Si pu` in realt` dimostrare u o a analiticamente che s ` singolare su un insieme numerabile di punti denso in un e intervallo di [0, 1]. Si vede anche in questo caso come la densit` invariante pu` a o dare informazioni sul moto del sistema sullattrattore. Le considerazioni precedenti inducono le seguenti osservazioni:

` 4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA

89

0.0175 0.015 0.0125 0.01 0.0075 0.005 0.0025 0.2 0.4 0.6 0.8 1

Figura 4.16: Densit` invariante della mappa logistica a r = 0.8. (Si ringrazia per a questa gura la cortesia di Michele De Musso.)

Nellesempio della mappa a tenda e della mappa logistica con r = 4 ` stato e possibile determinare esplicitamente lespressione della densit` di probabia lit` invariante. Questi sono casi particolarmente semplici e in genere non a ` possibile ottenere unespressione analitica di s . Occorre quindi stabilire e una procedura generale per la valutazione di s . La densit` di probabilit` ` stata denita considerando un insieme di copie di a ae un dato sistema, ciascuna corrispondente a dierenti condizioni iniziali. La densit` invariante descrive il comportamento stazionario di questinsieme. a Daltro canto, si pu` pensare che informazioni sullo stato stazionario del sio stema possano provenire anche dallo studio del comportamento dinamico a ` tempi lunghi di una singola copia del sistema. E importante chiarire la relazione tra il comportamento stazionario dellensemble e il comportamento a tempi lunghi di un suo singolo elemento. Questa relazione ` particolarmente e rilevante nel contesto della sica statistica. Le medie termodinamiche sono eettuate utilizzando la distribuzione di probabilit` invariante s ma ana ch` queste medie abbiano senso deve essere che, indipendentemente dalla e particolare condizione iniziale, la singola realizzazione del sistema tenda a riempire lo spazio delle fasi con una densit` pari a s . a Lintuizione suggerisce che la probabilit` che il sistema si trovi vicino ad un a certo punto dellattrattore debba dipendere dalla frazione di tempo spesa

90

4. SISTEMI DINAMICI

dal sistema nelle vicinanze di quel punto. In altri termini, la densit` di a probabilit` deve risultare pi` grande laddove il sistema trascorre una parte a u maggiore della sua evoluzione. Anche questa relazione non ` presente nelle e considerazioni nora fatte. A causa della presenza di singolarit`, la densit` di probabilit` non ` una a a a e quantit` matematicamente sempre ben denita. In una teoria ben fondata a ` quindi necessario considerare altre quantit`. e a A queste problematiche cerca di fornire risposta la teoria ergodica che tratta delle relazioni tra medie temporali e medie spaziali. Questa teoria, a causa dellultima delle osservazioni prima fatte, non fa riferimento alle densit` ma alle a misure di probabilit` che sono quantit` ben denite dal punto di vista matematico. a a Daremo allora la denizione generale di misura di probabilit` e poi di misura di a probabilit` invariante. Seguir` quindi una breve descrizione della teoria ergodica. a a Una misura di probabilit` , denita su una regione limitata R dello spazio a delle fasi, ` una funzione che assegna un numero non negativo ad ogni sottoinsieme e di R, il numero 1 a R, ed ` additiva in modo numerabile, ovvero, per ogni famiglia e numerabile di insiemi Si disgiunti contenuti in R, vale la propriet` a
i

Si

=
i

(Si )

(4.40)

Dato un sottoinsieme S di R e una mappa M , limmagine inversa di S secondo M denotata M 1 (S) ` denita come linsieme dei punti mappati su S dopo unie terazione (solo nel caso di mappe invertibili la corrispondenza tra S e M 1 (S) ` e biunivoca). Si pu` quindi dare la seguente denizione. Una misura ` invariante o e rispetto alla mappa M se per ogni sottoinsieme S di R ` vericata la relazione e (S) = (M 1 (S)) . (4.41)

Si osservi che mentre il volume occupato da un certo numero di stati nello spazio delle fasi si conserva nel corso dellevoluzione solo se il sistema ` conservativo, il e volume calcolato con la misura invariante si conserva sempre, anche nei sistemi dissipativi. Si pu` mostrare che una densit` di probabilit` invariante s induce una misura o a a di probabilit` invariante s su R. Infatti, per ogni sottoinsieme C di R, si pu` a o denire s (C) =
C

dx s (x)

(4.42)

che ` una misura di probabilit`, come ` facile vericare, ed ` invariante perch si e a e e e

` 4.5. MISURE DI PROBABILITA INVARIANTI E TEORIA ERGODICA

91

ha s (C) =
C

dx s (x) =
C

dx

1 1 s (M (x)) 1 |M (M (x))|
1 s (M (C)) = s (M 1 (C)) (4.43)

1 M (C)

dy s (y ) =

dove ` stata prima utilizzata la relazione (4.33), con n+1 = n = s , e poi ` stata e e 1 eettuata la sostituzione y = M (x). Una misura di probabilit` invariante rispetto a una mappa M si dice ergodica a (o anche metricamente non decomponible oppure metricamente transitiva) quando non ` possibile scrivere e = p1 + (1 p)2 , 1>p>0 (4.44)

dove 1 e 2 sono a loro volta due misure di probabilit` invarianti distinte per a M . Il numero reale p che appare nella (4.44) assicura la positivit` di e le sua a normalizzazione. Dalla denizione si deduce che lo spazio delle fasi di un sistema ergodico non pu` essere decomposto in sottospazi in cui le traiettorie sono intrapo polate per tutta levoluzione del sistema. Infatti, se tali sottospazi esistessero, ad essi corrisponderebbero densit` di probabilit` invarianti concentrate in regioni a a diverse dello spazio delle fasi. Varrebbe quindi una relazione del tipo (4.44) in contraddizione con la propriet` di ergodicit` inizialmente assunta. a a Si possono a questo punto esaminare le relazioni tra medie spaziali e medie temporali e tra levoluzione di una singola copia del sistema e il comportamento stazionario dellensemble statistico. Considerata una traiettoria percorsa dal sistema, corrispondente ad una certa posizione iniziale x0 , si pu` denire una o misura di probabilit` in funzione della frazione di tempo spesa nel corso dellea voluzione lungo questa traiettoria nelle varie regioni dello spazio delle fasi. Si denisce dapprima la densit` di probabilit` a a (x) = lim 1 n n
n1

i=0

(x M (i) (x0 ))

(4.45)

o, analogamente, per un sistema con tempo continuo (x) = lim 1 T T


T 0

dt(x x(t))

(4.46)

Inoltre, data una grandezza sica A(x), si pu` denire la media temporale di A o come n1 = lim 1 A(M (i) (x0 )) . (4.47) A n n i=0 La densit` induce una misura invariante nel senso prima denito; infatti, a

92

4. SISTEMI DINAMICI

posto (C) =
C

(x)dx

(4.48)

con C sottoinsieme dello spazio delle fasi R, si ha 1 (C) = lim n n = = =


n1 C

1 n n lim 1 n n lim

i=0 n1

dx(x M (i) (x0 )) dy |M (y )|(M (y ) M (i) (x0 )) dy (y M (i1) (x0 )) (4.49)

i=0 n1

1 M (C)

i=0

1 M (C)

(M (C)) 1

= (M 1 (C)) .

dove, nel passaggio dalla prima alla seconda riga, ` stata eettuata la sostituzione e 1 y = M (x) e, nel passaggio dalla seconda alla terza riga, ` stata utilizzata una e propriet` della distribuzione di Dirac ((f (z)) = i (z i )/|f (i )| in cui i a sono le radici dellequazione f (z) = 0 e f ` una funzione reale nel nostro caso e i data da f (z) = M (z) M (x0 )). Si noti che le quantit` , A, dipendono dalla a condizione iniziale x0 . Il teorema ergodico (Fermi 1923; Birkho 1926) consente di stabilire la relazione tra s e o, equivalentemente, tra s e . Il teorema generale aerma che se una misura di probabilit` ` ergodica, allora, per quasi tutti i valori di x 0 a e in , eccetto che per un insieme di misura nulla rispetto a , la misura indotta dalla media temporale (4.45) o (4.46) riproduce . Se come misura di probabilit` a ergodica si considera la misura indotta dalla densit` di probabilit` invariante s a a (per certi sistemi dinamici possono esistere pi` misure ergodiche), per quasi tutti u i punti x0 rispetto a s , riproduce s . Quasi ovunque nel senso della teoria della misura si ha dunque che (4.50) s = . Nelluso pi` comune si dice che un sistema ` ergodico se la misura di probabilit` u e a invariante indotta da s ` ergodica. e Si pu` poi dedurre che, se un sistema ` ergodico, per ogni grandezza sica A o e vale la relazione < A >

dxA(x)

dxA(x) = A

(4.51)

dove, nellultimo passaggio, sono state utilizzate le denizioni (4.45-4.47). Una conseguenza importante ` che, eccetto che per un insieme di misura nulla, le e medie temporali (4.45) e (4.47) non dipendono dalla condizione iniziale x0 .

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV

93

Va ribadita limportanza della (4.51) che consente di esprimere le medie spaziali come medie su una singola storia evolutiva del sistema, indipendentemente dalla condizione iniziale scelta. Alla base di questo risultato vi ` lassunzione di e ergodicit`, che ` uno dei fondamenti della meccanica statistica e che, a partire a e dallultimo lavoro di Fermi, ` stata oggetto di molti studi. Un limite del teorema, e inne, deriva dal fatto che risulta indipendente da quasi tutte le condizioni iniziali rispetto alla misura s . Questa misura, per`, pu` avere una struttura molto o o particolare, si pensi ad esempio al caso degli attrattori strani, e non essere la pi` u signicativa nello spazio delle fasi. Per una classe particolare di misure ergodiche (dette di Sinai, Bowen e Ruelle) ` stato dimostrato che ` indipendente da e e tutte le condizione iniziali eccetto quelle corrispondenti a insiemi di misura nulla secondo Lebesgue.

4.6

Moti caotici ed esponenti di Liapunov

la distanza tra le due traiettorie dopo n unit` temporali. Questa quantit`, per n e a a ssati, risulta in genere dipendente da x0 e caratterizzata da un comportamento molto irregolare. Tuttavia, eettuando una media su un insieme numeroso di condizioni iniziali, si ottiene un risultato simile a quello mostrato nella gura 4.17 relativo ancora allesempio della mappa logistica con r = 4. Nella gura 4.17 si possono osservare tre dierenti regimi: un crescita iniziale con la distanza tra le traiettorie che rimane piccola; un regime intermedio con le traiettorie che si allontanano con legge esponenziale ed un punto di esso a che si pu` dimostrare si trova a n ln 1/; ed un regime nale stazionario in cui la o distanza media tra le due traiettorie ha raggiunto un valore di saturazione. La caoticit` di un sistema ` legata al regime in cui la velocit` di allontanaa e a mento tra due traiettorie inizialmente vicine ` esponenziale. Per misurare questa e velocit` si introduce lesponente di Liapunov (x0 ) denito da a (x0 ) lim lim u (n, x0 ) 1 ln n 0 n .

Nei capitoli precedenti sono stati visti esempi di sistemi con moto caotico caratterizzati da una dinamica sensibile alla variazione ovvero fortemente dipendente dalla variazione delle condizioni iniziali. La gura 2.2, relativa alla mappa logistica con r = 4, gi` aveva chiarito, da un punto di vista qualitativo, il comportaa mento di due traiettorie inizialmente vicine in un sistema caotico. La distanza tra le traiettorie aumenta col tempo e diventa poi comparabile con le dimensioni stesse dellattrattore. In questa sezione si vedr` come denire in modo quantitativo a la caoticit` di un sistema. a Limitandoci ancora per semplicit` allo studio di mappe unidimensionali, si a considerino due traiettorie corrispondenti alle condizioni iniziali x0 e x0 + ( << 1). Sia u (n, x0 ) = |xn (x0 + ) xn (x0 )| (4.52)

(4.53)

94

4. SISTEMI DINAMICI

Figura 4.17: Valutazione numerica della dipendenza temporale della distanza media tra due traiettorie nella mappa logistica con r = 4. La media ` eettuata e su 10000 coppie di storie distanti inizialmente = 104 .

Risulta allora, per piccoli, che u (n, x0 ) en(x0 ) . (4.54)

Osservando che |u (n, x0 )/| ` proprio la derivata dM (n) /dx calcolata in x = e x0 e applicando la legge di derivazione delle funzione composte e una nota propriet` dei logaritmi si ottiene a 1 (x0 ) = lim n n
n1

i=0

ln |M (xi )|

(4.55)

Si vede che lesponente di Liapunov ` dato da una media temporale. Per i sistemi e ergodici questa media non dipende dalle condizioni iniziali e pu` essere sostituita o dalla media spaziale = dx s (x) ln |M (x)|. (4.56)

Nei sistemi caotici si ha > 0. Il valore specico di pu` essere interpretato o come un indice della caoticit` di un sistema. Nei sistemi multidimensionali si ha a uno spettro di esponenti di Liapunov e il sistema ` caotico se alcuni esponenti e dello spettro sono positivi. Dal punto di vista pratico non sempre ` semplice ape plicare la denizione data di esponente di Liapunov perch il regime esponenziale e ` osservato nei regimi temporali intermedi che possono anche risultare abbastane za brevi. Sui trattati specialistici sono illustrate le procedure da utilizzare per un calcolo corretto dello spettro degli esponenti di Liapunov.

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV

95

In conclusione, per esaminare un caso specico piuttosto semplice, calcoliamo lesponente di Liapunov per la mappa a tenda generalizzata xn+1 = r 1 2 xn 1 2 . (4.57)

Dalla denizione (4.53) si vede che |M (x)| = 2r e quindi = ln 2r. La mappa ` e caotica per r > 1/2. Per r < 1/2 si pu` mostrare che lorigine ` il solo attrattore o e della mappa che si comporta come la mappa logistica con r < 3 (vedi problema 4).

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96

4. SISTEMI DINAMICI

Problemi
1. Si consideri il sistema dinamico (oscillatore armonico di massa e costante elastica unitaria) dx = y dt dy = x . dt Si mostri che le traiettorie sono orbite circolari nello spazio delle fasi e che la formula (4.5) corrisponde eettivamente allinverso dei coseni direttori delle traiettorie. 2. Si consideri il sistema dinamico dx dy = y(x2 + y 2 ); = x(x2 + y 2 ) . dt dt Mostrare le seguenti aermazioni: (1) le curve integrali di questo sistema sono date da x = K cos(K 2 t + 0 ), y = K sin(K2 t + 0 ). (2) Tutte le soluzioni tranne il punto x = y = 0 sono instabili secondo Liapunov ma vericano la propriet` di stabilit` orbitale. a a (3) Eettuato il cambiamento di variabili x = r cos(r 2 t + ), y = r sin(r 2 t + ), esprimere le soluzioni nelle nuovi variabili (r, ) e mostrare che sono stabili secondo Liapunov. 3. Vericare che per loscillatore armonico smorzato con dinamica descritta 2 dallequazione x + 2 x + 0 x = 0 ` sempre vericata la relazione divF < 0. e 4. Studiare i punti ssi con relativa stabilit` della mappa (4.57). a 5. Si consideri un volumetto di stati dt0 allistante t0 nello spazio delle fasi N dimensionale di un sistema dinamico denito dallequazione (4.1). Allistante t = t0 + t gli stessi stati occuperanno il volumetto dt = I(t, t0 )dt0 (4.58)

dove I(t, t0 ) ` lo Jacobiano della trasformazione di evoluzione temporale dato dal e determinante della matrice N N - dimensionale I(t, t0 ) = det X j (t) X l (t0 ) . (4.59)

Mostrare che I(t, t0 ) = 1 + (div F )t0 t + 0(t)2 sicch e dI(t, t0 ) = (div F )t0 dt . (4.60)

4.6. MOTI CAOTICI ED ESPONENTI DI LIAPUNOV

97

Dedurre che nei sistemi conservativi il volumetto corrispondente ad un certo numero ssato di stati non cambia nel corso dellevoluzione.

98

4. SISTEMI DINAMICI

Capitolo 5 Teoria della stabilit` e a comportamento intorno ai punti ssi


Nei capitoli precedenti ` stata pi` volte sottolineata la rilevanza della nozione e u di stabilit` per gli stati dei sistemi dinamici. In questo capitolo verranno ila lustrati dei criteri utili a determinare le caratteristiche di stabilit` di un dato a stato stazionario. Nella sezione 1 si vedr` come lo studio della stabilit` in un a a sistema non lineare ` riconducibile allo studio della stabilit` nel corrispondente e a problema lineare. La classicazione degli stati di equilibrio dei sistemi lineari, che nella sezione 2 verr` illustrata per i sistemi bidimensionali, ` utile anche in a e questa prospettiva. Alcune generalizzazioni del modello di Lotka-Volterra (vedi capitolo 1) sono discusse nella sezione 3, come esempio di sistemi sistemi non lineari bidimensionali. Nella sezione 4 si descriver` brevemente come procedere a per una classicazione completa delle orbite possibili nei sistemi bidimensionali non lineari. Le propriet` di stabilit` di uno stato cambiano al variare dei parametri di a a controllo del sistema. Nella mappa logistica, ad esempio, si ` visto che il punto e sso x = 1 1/r ` asintoticamente stabile per r < 3 ed instabile per r > e 3. In corrispondenza dei valori critici dei parametri di controllo, dove variano le propriet` di stabilit` di uno stato stazionario, possono emergere nuovi stati a a stazionari. I diagrammi di biforcazione illustrano il comportamento degli stati stazionari nellintorno dei punti critici dei parametri di controllo. Nella parte nale di questo capitolo si mostrer` la procedura generale che si utilizza nello a studio delle biforcazioni. Introdurremo lo sviluppo a scale multiple e mostreremo come questo costituisce un metodo di studio perturbativo dellintero problema non lineare. 99

100

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

5.1

Criteri di stabilit` a

Si consideri il comportamento di un sistema nelle vicinanze di un punto sso Xs . Se ad un certo tempo iniziale il sistema si trova nella posizione X0 = Xs + x0 , ad ogni istante successivo lo stato del sistema X(t) si dierenzier` da Xs per una a quantit` x(t) che chiameremo perturbazione. Dalla relazione a X(t) = Xs + x(t) , (5.1)

dalla (4.1) e dalla denizione di punto sso (F (Xs ) = 0), si ottiene la legge di evoluzione per la perturbazione dx(t) = F [Xs (t) + x; ] dt . (5.2)

Assumendo che sia possibile considerare lo sviluppo di Taylor di F intorno al punto Xs F (Xs + x) = F (Xs ; ) + F Xi xi +
Xs

1 2

2F Xi Xj

xi xj + . . .
Xs

(5.3)

(ogniqualvolta appaiono indici ripetuti si sottointende loperazione di somma sullindice), si ha che lequazione di evoluzione per la perturbazione pu` essere o riscritta come dxi (t) = Lij xj + hi (x) (5.4) dt dove Fi Lij (5.5) xj ` detta matrice di stabilit` e hi (x) tiene conto dei termini dello sviluppo di F di e a ordine superiore al primo. Il teorema o principio della stabilit` lineare, nella sua versione pi` semplice, a u stabilisce che considerato il sistema dinamico (4.1) con la relativa equazione di evoluzione per la perturbazione (5.4), considerata inoltre la versione linearizzata di questa equazione dxi (t) = Lij xj , (5.6) dt si ha che se tutti gli autovalori di Lij hanno parte reale negativa risulta che x = 0, e quindi X = Xs , ` una soluzione asintoticamente stabile non solo del e problema linearizzato ma dellintero problema (5.4). Se qualcuno degli autovalori di Lij ha parte reale strettamente positiva, allora lo stato di equilibrio x = 0 ` instabile per lintero problema. e

` 5.1. CRITERI DI STABILITA

101

Il teorema non d` informazioni sulla stabilit` dello stato di equilibrio x = 0 a a nel caso in cui le parti reali degli autovalori di Lij sono tutte eguali a zero o se qualche autovalore ` nullo e gli altri autovalori sono negativi. e Limportanza del teorema precedente consiste nel fatto che lo studio della stabilit` di un certo punto sso pu` essere eettuato considerando il problema a o linearizzato che ` molto pi` semplice. La relazione tra segno della parte reale e u degli autovalori di Lij e stabilit` del punto sso del problema linearizzato pu` a o essere dimostrata facilmente. Lequazione (5.6) ammette soluzioni del genere x = uet con e ui rispettivamente autovalore ed autovettore della matrice Lij , cio e Lij uj = ui . (5.8) (5.7)

In generale vi sono N autovalori (m) della (5.8), corrispondenti ad autovettori non nulli, dati dalle soluzioni dellequazione caratteristica det |Lij (m) ij | = 0 . Allora, la generica soluzione dellequazione (5.6) pu` essere espressa come o
N

(5.9)

x=
m=1

cm u(m) e

(m) t

(5.10)

dove le costanti cm dipendono dalla scelta delle condizioni iniziali e u(m) ` laue tovettore associato allautovalore (m) . Espresso ciascun autovalore come (m) = Re (m) + iIm (m) (5.11)

si vede dalla (5.10) che x = 0 ` un punto asintoticamente stabile per il problema e (5.6) se la parte reale di ogni autovalore ` negativa. Si vede pure che ` suciente e e che vi sia un solo autovalore con parte reale positiva perch il punto x = 0 sia e instabile per il problema linearizzato. Prima di accennare alla dimostrazione del teorema per il caso particolare di un sistema bidimensionale, osserviamo che la matrice Tjm uj
(m)

(5.12)

con le colonne date dagli autovettori di Lij , pu` essere utilizzata per diagonalizo zare Lij . Le equazioni del moto (5.6) possono essere infatti riscritte come dxi (t) 1 1 1 = Tim Tmk Lkl Tln Tnj xj = Tim Dmn Tnj xj dt (5.13)

102

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

con
1 Dmn = Tmk Lkl Tln

(5.14)

Utilizzando la (5.12) si vede che


1 Dmn = Tmk Lkl ul (n) 1 1 = Tmk (n) uk = Tmk Tkn (n) = mn (n) (n)

(5.15)

e quindi le equazioni (5.6) possono essere scritte nella cosiddetta forma canonica dzm (t) = (m) zm dt dove
1 zm Tmk xk

(5.16)

(5.17)

Nella dimostrazione del teorema della stabilit` lineare si utilizzano le variabili a canoniche (5.17). Ripetendo i passaggi (5.13-5.17) per il problema non lineare, si ottengono le equazioni dz1 (1) 2 (1) (1) 2 1 = (1) z1 + T1i hi (x) = (1) z1 + (d11 z1 + 2d12 z1 z2 + d22 z2 ) + . . . dt dz2 (2) 2 (2) (2) 2 1 = (2) z2 + T2i hi (x) = (2) z2 + (d11 z1 + 2d12 z1 z2 + d22 z2 ) + .. (5.18) dt Dalla somma della prima delle equazioni precedenti moltiplicata per z1 e della seconda moltiplicata per z2 si ottiene la relazione 1 d 2 2 = (1) z1 + (2) z2 + . . . = (z1 , z2 ) , 2 dt (5.19)

2 2 con = z1 + z2 . Dimostreremo il teorema nel caso di autovalori entrambi reali e negativi. Per la dimostrazione degli altri casi si pu` consultare il libro di Andronov (vedi o bibliograa). Si consideri la curva (z1 , z2 ) = 0 che per il caso in esame ` un punto isolato e nellorigine, massimo locale per la supercie z = (z1 , z2 ). Risulta dunque che esiste una regione S nellintorno dellorigine con (z1 , z2 ) < 0 e (0, 0) = 0. Lesistenza di questa regione consente di stabilire facilmente le propriet` di stabilit` a a dello stato di equilibrio corrispondente a z1 = z2 = 0. Si ssi infatti una regione intorno allorigine e si scelga un intorno circolare dellorigine di raggio contenuto interamente nelle regioni S ed (vedi gura 5.1). Se il punto rappresentativo del sistema si trova inizialmente nellintorno di raggio , il punto non lascer` mai questintorno e non ne raggiunger` mai la frontiera a a perch in questa regione d/dt < 0. Inoltre diminuir` monotonicamente a e a partire dal valore iniziale 0 , non potendo che tendere, per t , a zero o ad un limite 1 > 0. Ma questultima possibilit` in realt` non pu` realizzarsi perch a a o e

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI

103

Figura 5.1: Le regioni S, ed denite nel testo e utilizzate nella dimostrazione del teorema della stabilit` lineare. a

se 0 1 con una velocit` nita |d/dt| > > 0, non pu` che diminuire a o col tempo di una quantit` arbitrariamente grande e ad un certo istante risulter` a a quindi < 1 . Si deduce allora che e le componenti originarie x1 , x2 della perturbazione tenderanno a zero per t . Lorigine risulta quindi essere un punto asintoticamente stabile, come enunciato nel teorema. In modo analogo si dimostrano gli altri casi. Concludiamo questa sezione con lenunciazione di un criterio per la stabilit` orbitale dei cicli limite nei sistemi bidimensionali. Si denisce esponente a caratteristico la quantit` a 1 h= T
T 0

F1 ((t), (t)) F2 ((t)(t)) + dt x1 x2

(5.20)

dove x1 = (t), x2 = (t) sono le coordinate di un moto periodico di periodo T sul ciclo limite. Il criterio stabilisce che un ciclo limite ` stabile se h < 0, instabile e se h > 0. Al caso h = 0 possono corrispondere cicli stabili e instabili.

5.2

Sistemi lineari bidimensionali

Prima di iniziare lo studio dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali osserviamo che nei sistemi unidimensionali la matrice Lij si riduce ad un unico elemento e la soluzione dellequazione caratteristica (5.9) ` data dallautovalore reale = e F | . Pi` ricco ` linsieme dei casi che si presentano per N = 2. u e X X=Xs

104

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.2: Ritratto di fase con un nodo asintoticamente stabile (gura a sinistra) o instabile (gura a destra).

Consideriamo le equazioni di evoluzione dx1 = L11 x1 + L12 x2 dt dx2 = L21 x1 + L22 x2 dt che hanno come soluzione x = u(m) e
(m) t

(5.21)

con

(L11 m )u1m + L12 u2m = 0 L21 u1m + (L22 m )u2m = 0 dove si ` posto m (m) , uim ui . e autovalori ` data da e
2 m Trm + = 0 (m)

m = 1, 2

(5.22)

Lequazione caratteristica per gli m = 1, 2 (5.23)

dove con i simboli Tr e si denotano rispettivamente la traccia e il determinante della matrice Lij , cio e Tr = L11 + L22 , (5.24) Le soluzioni dellequazione (5.23) sono date da 1,2 = = L11 L22 L12 L21 . (5.25)

Tr D 1/2 Tr (Tr2 4)1/2 = 2 2

(5.26)

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI

105

Figura 5.3: Ritratto di fase di un sistema bidimensionale con un punto sella nellorigine. Le rette separatrici sono disegnate in grassetto.

dove D ` il discriminante. La natura delle soluzioni, che dipende dal segno di Tr, e e D, determina le caratteristiche generali delle traiettorie e il ritratto di fase intorno al punto sso x = 0. Le soluzioni possono essere scritte in generale come x1 (t) = c1 e1 t + c2 e2 t x2 (t) = c1 u1 e1 t + c2 u2 e2 t (5.27)

dove le costanti c1 , c2 dipendono dalla condizioni iniziali del moto e si ` posto e u11 = 1 = u12 , u1 = u21 , u2 = u22 . Si osservi che la traccia (5.24) coincide con la quantit` (div F )Xs . Nei sistemi conservativi, quindi, si ha sempre Tr = 0. Si pu` a o a questo punto passare allesame dei vari casi possibili. Radici reali di eguale segno (D > 0, > 0). Si consideri dapprima il caso con radici negative e sia 2 < 1 < 0. Dallesame del rapporto tra le equazioni (5.27) x2 c1 u1 + c2 u2 e(2 1 )t = x1 c1 + c2 e(2 1 )t (5.28)

si deduce che le traiettorie corrispondenti alle condizioni iniziali con c1 = 0 si trovano sulla retta x2 = u 2 x1 (5.29) e tendono allorigine dello spazio della fasi essendo 2 < 0. Analogamente, le traiettorie con c2 = 0 si trovano sulla retta x2 = u 1 x1 (5.30)

106

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.4: Ritratto di fase con una retta di punti di equilibrio stabile.

e tendono anchesse esponenzialmente allorigine. Nel caso generico con c1 e c2 non nulli, le traiettorie non sono pi` linee u rette ma il punto rappresentativo del sistema tende allorigine ed ha come asintoto la retta (5.30) per t ; la retta (5.29) fa invece da asintoto alla traiettorie per t (vedi g. 5.2). Il punto sso corrispondente allorigine nello spazio delle fasi ` chiamato nodo ed ` asintoticamente stabile e e nel caso considerato con radici entrambe negative. Il caso con radici positive ` analogo, ma lorigine, invece di essere un attrattore, risulta essere un e repulsore, ed ` chiamata nodo instabile, poich le traiettorie tendono ad e e allontarsi da essa (vedi problema 1). Radici reali di segno opposto (D > 0, < 0).

Si supponga, senza perdita di generalit`, che 1 > 0, 2 < 0 e |2 | > 1 . Il a moto corrispondente alla traiettorie con c1 = 0 avviene sulla retta (5.29): i punti inizialmente su questa retta verranno attratti esponenzialmente verso lorigine. La retta (5.29) ` chiamata variet` stabile del punto sso. Per e a c2 = 0, invece, il moto avviene sulla retta (5.30) che ` la variet` instabile e a del punto sso. I punti inizialmente su questa retta si allontanano esponenzialmente dallorigine. Tutte le altre traiettorie sono iperboli che hanno come asintoti le rette (5.29) (5.30). Le rette (5.29) e (5.30) sono chiamate separatrici: esse dividono lo spazio delle fasi in quattro regioni non connesse da traiettorie che passano da una regione ad unaltra. In generale, sono denite separatrici di uno stato di equilibrio le traiettorie che in uno dei limiti t o t tendono allo stato di equilibrio considerato

5.2. SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI

107

Figura 5.5: Ritratto di fase di un sistema bidimensionale con un fuoco (gura a sinistra) od un centro (gura a destra) nellorigine.

e che risultano instabili dal punto di vista orbitale rispetto alla direzione temporale che fa tendere allo stato di equilibrio. Lorigine ` chiamata punto e sella. La gura 5.3 mostra un esempio di ritratto di fase con un punto sella (problema 2). Si osservi che nei sistemi conservativi vi possono essere punti sella ma non nodi. Una delle due radici ` nulla ( = 0). e Sia 1 la radice nulla. Dalla forma generale della soluzione (5.27) si vede che per c2 = 0 si ottiene la retta di punti di equilibrio x2 = u1 x1 . Ciascun punto inizialmente su questa retta manterr` la propria posizione a tutti i a tempi successivi. Le traiettorie con c2 = 0 corrispondono ad una posizione iniziale in un punto qualsiasi dello spazio delle fasi non appartenente alla retta (5.30). Nel caso 2 < 0, il sistema tender` alla posizione di equilibrio a stabile x1 = c1 , x2 = u1 c1 che raggiunger` in un tempo innito. Nella gura a 5.4 si vede un esempio di ritratto di fase. Nel caso con 2 > 0 il ritratto di fase ` simile ma i punti della retta x2 = u1 x1 sono punti di equilibrio e instabile. Radici complesse coniugate (D < 0). Riscritte le radici come con = Tr/2 e = 1,2 = i , (5.31) D/2, si consideri dapprima il caso con < 0.

Considerate le (5.27), dovendo essere le soluzioni x1 e x2 reali, si vede che

108

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

` necessario imporre c1 = c e quindi u2 = u . Si pu` allora scrivere e o 2 1 x1 (t) = et (c1 eit + cc) x2 (t) = et (c1 u1 eit + cc) . (5.32)

Introdotte le veriabili reali C, K, , tramite le relazioni 1 i c1 = Ce 2 u1 = Kei , le (5.32) possono essere riscritte come x1 (t) = Cet cos(t + ) x2 (t) = CKet cos(t + + ) .

(5.33)

(5.34)

Si pu` studiare il ritratto di fase anche considerando la rappresentazione o canonica (5.16) che in questo caso si riduce allequazione

Queste equazioni descrivono una traiettoria oscillante intorno al punto sso x1 = x2 = 0. Le oscillazioni sono smorzate se < 0 (cio se Tr < 0) o e amplicate se > 0 (cio se Tr > 0). Si noti che mentre i parametri C e e sono determinati dalle condizioni iniziali, K e dipendono dalla matrice Lij .

dz = ( + i)z (5.35) dt e alla sua complessa coniugata. Introdotte le coordinate polari r, mediante la relazione z = rei , (5.36) dalla parti reale e immaginaria della (5.35) si ottengono le equazioni dr = r dt d = dt e quindi dr = r d r = r0 e(/) ,

(5.37)

(5.38) (5.39)

con soluzione dove r0 ` una costante di integrazione. La (5.39) rappresenta una famiglia e di spirali logaritmiche. Nel caso < 0, il punto rappresentativo del sistema tende allorigine che ` chiamata fuoco stabile ed ` un attrattore. Lorigine e e ` un fuoco instabile per > 0. Nel caso = 0, il solo che si pu` realizzare e o nei sistemi conservativi, la (5.39) si riduce ad una famiglia di cerchi intorno allorigine che ` detta centro del sistema (vedi gura 5.5). e

` 5.3. ESEMPI DI ANALISI DI STABILITA: MODELLI DI POPOLAZIONI INTERAGENTI

109

Figura 5.6: Diagramma dei ritratti di fase che si ottengono nei sistemi bidimensionali lineari al variare della traccia (indicata con il simbolo Tr nel testo) e del determinante della matrice Lij . Radice doppia (D = 0). Questo caso ` riconducibile al primo dei casi trattati. Essendo 1 = 2 , si e ha anche u1 = u2 e le due rette (5.29,5.30) risultano sovrapposte. Lorigine ` un nodo degenere stabile o instabile a seconda che Tr < 0 o Tr > 0. e Il diagramma riassuntivo dei ritratti di fase al variare della traccia e del determinante della matrice Lij ` mostrato nella gura 5.6. e

5.3

Esempi di analisi di stabilit`: modelli di a popolazioni interagenti

Consideriamo dapprima il modello di Lotka-Volterra nella sua versione originaria (1.8). Denite le nuove variabili u( ) = cN/d, v( ) = bP/a, = at, = d/a, si possono riformulare le equazioni dinamiche (1.8) come du = u(1 v) d dv = v(u 1) d

(5.40)

110

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.7: Traiettorie nello spazio delle fasi uv del modello di Lotka-Volterra. I valori del parametro H che appare nella (5.42) sono posti uguali a H1 = 2.1, H2 = 2.4, H3 = 3.0, H4 = 4, H5 = 5.

I punti ssi del sistema (5.40) sono (uS1 , vS1 ) = (0, 0) e (uS2 , vS2 ) = (1, 1). Dallintegrazione dellequazione v(u 1) dv = du u(1 v) (5.41)

si vede che le traiettorie nello spazio delle fasi u v vericano la relazione u + v ln u v = H (5.42) dove H ` una costante sempre maggiore di Hmin = 1 + , valore che si ottiene per e u = v = 1. Le traiettorie sono chiuse, il punto di inversione per u si ha quando v = 1 e per v quando u = 1, come si vede nella gura 5.7. Essendo le traiettorie chiuse, il modello di Lotka-Volterra ` conservativo. e Gli autovalori della matrice di stabilit` che si ricava dalle (5.40), calcolata a nellorigine (vedi problema 3), sono 1, . Ne consegue che lorigine ` un punto e sella che attira le traiettorie nella direzione v e le respinge nella direzione u. Gli autovalori della matrice di stabilit` relativi al secondo punto sso sono 1,2 = a i (vedi problema 3). Risulta che il punto u = v = 1 ` il centro di un insieme e di orbite periodiche di periodo 2/ . Introduciamo ora una variante del modello di Lotka-Volterra dove le due specie sono in competizione inibendo ciascuna, con la propria presenza, la crescita

` 5.3. ESEMPI DI ANALISI DI STABILITA: MODELLI DI POPOLAZIONI INTERAGENTI

111

dellaltra specie. La competizione pu` essere ad esempio legata alle risorse di o cibo, comuni alle due specie. Per ciascuna delle due specie si introduca anche un termine di crescita logistica, ottenendo cos` il modello N1 dN1 N2 = r 1 N1 1 b12 dt K1 K1 dN2 N1 N2 = r 2 N2 1 b21 dt K2 K2

(5.43)

dove r1 , r2 , K1 , K2 , b12 , b21 sono costanti positive. I parametri b12 e b21 misurano gli eetti di competizione tra N2 e N1 ; i valori dei due parametri non sono in genere eguali. Dierentemente dal modello di Lotka-Volterra (5.40), il sistema (5.43) non ` conservativo. e Introducendo le variabili u1 = N1 , K1 u2 = N2 , K2 = r1 t, K2 , K1 a21 r2 r1 K1 = b21 K2 =

a12 = b12 il sistema (5.43) diventa

(5.44)

du1 = u1 (1 u1 a12 u2 ) = f1 (u1 , u2 ) d du2 = u2 (1 u2 a21 u1 ) = f2 (u1 , u2 ) d Gli stati stazionari del sistema (5.45) sono u1 = 0, u1 = 0; u2 = 1, u2 = 0; 1 2 1 2 1 a21 1 a12 , u4 = u4 = 1 1 a12 a21 2 1 a12 a21

(5.45)

u3 = 0, u3 = 1; 1 2 . (5.46)

Lultimo di questi stati va considerato solo se a12 a21 = 1 ed ` lunico caso che e prevede la sopravvivenza di entrambe le specie. Per studiare la stabilit` degli stati stazionari si considera la matrice L ij a relativa ai quattro stati. Per lo stato (0, 0) si ha L1 = ij 1 0 0 (5.47)

che ha autovalori entrambi positivi. Lorigine risulta quindi essere un nodo instabile. Per il secondo e il terzo degli stati stazionari si ha L2 = ij 1 a12 0 (1 a21 ) (5.48)

112

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

e L3 = ij 1 a12 0 a21 . (5.49)

Dallo studio degli autovalori della (5.48) e (5.49) risulta che lo stato (1, 0) ` stabile e se a21 > 1, instabile se a21 < 1; analogamente lo stato (0, 1) ` stabile se a12 > 1, e instabile se a12 < 1. Lo studio della stabilit` del quarto stato stazionario ` pi` complesso perch a e u e gli autovalori (vedi problema (4)) 1,2 = [2(1 a12 a21 )]1 [(a12 1) + (a21 1) (5.50)

[(a12 1) + (a21 1)]2 4(1 a12 a21 )(a12 1)(a21 1)]

possono essere reali o complessi ed il segno della parte reale dipende dal valore di , a12 , a21 . I quattro casi (a) a12 < 1, a21 < 1, (b) a12 > 1, a21 > 1, (c) a12 < 1, a21 > 1, (d) a12 > 1, a21 < 1 vanno esaminati separatamente. 4 Esaminiamo ad esempio il caso (b). Lo stato stazionario (u4 , u2 ) si trova nel 1 primo quadrante dello spazio delle fasi ed i suoi valori sono tali che 2 < 0 < 1 (vedi problema 4). Lo stato stazionario ` dunque un punto sella e le traiettorie e sono attratte da uno dei due stati stazionari (u2 , u2 ) o (u3 , u3 ). Una separatrice 2 1 2 1 divide i bacini di attrazione dei due stati. La gura 5.8 mostra il comportamento delle traiettorie del sistema per i quattro casi (a),(b),(c) e (d). Concludiamo questa sezione con alcune osservazioni sulle implicazioni di questi risultati in ecologia. Nel caso (a) le due specie descritte dal modello (5.43) possono coesistere. Nella situazione (b) vi possono essere tre stati stazionari ma lanalisi di stabilit` mostra che soltanto una delle specie sopravvive, dipendentea mente dalle condizioni iniziali del sistema. Nel caso (c) sopravvive la specie 1, nel caso (d) la specie 2. Nei casi (b) (eccetto che per il moto sulla separatrice), (c) e (d) la competizione ha comportato leliminazione di una delle due specie. Nel caso (b), inoltre, la specie che risulta vincente ` selezionata dalle condizioni e inziali. Si osservi che, a dierenza dei parametri a12 e a21 , il rapporto tra i ritmi di crescita delle due specie non ` rilevante per la stabilit` degli stati stazionari. e a

5.4

Classicazione dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali

In questa sezione esporremo brevemente alcuni risultati generali sulla topologia dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali. Sulla base di questi risultati ` e possibile catalogare in modo completo le traiettorie dei sistemi bidimensionali. Questo viene fatto nel trattato di Andronov et al. Per prima cosa, ` necessario introdurre la nozione di traiettoria singolare. e Questa nozione fa riferimento a quella di stabilit` orbitale introdotta nel capitolo a

5.4. CLASSIFICAZIONE DEI RITRATTI DI FASE DEI SISTEMI BIDIMENSIONALI

113

Figura 5.8: Schematizzazione del comportamento delle traiettorie nelle vicinanze dei punti stazionari del sistema (5.45) nei vari possibili casi. (a) a12 < 1, a21 < 1. Soltanto il quarto stato stazionario, qui denotato S, ` stabile e tutte le traiettorie e tendono a questo stato. (b) a12 > 1, a21 > 1. In questo caso gli stati stazionari (0, 1) e (1, 0) sono entrambi stabili ed hanno i rispettivi domini di attrazione separati dalla curva separatrice che passa dal quarto stato stazionario che risulta essere un punto sella. (c) a12 < 1, a21 > 1. Lunico stato stazionario ` (1, 0) e e tutto il quadrante positivo dello spazio delle fasi appartiene al suo bacino di attrazione. (d) a12 > 1, a21 < 1. Questa situazione ` analoga al caso precedente e con il ruolo del secondo e terzo stato stazionario invertiti. I casi (b-d) illustrano quello che in ecologia ` noto come principio di esclusione competitiva secondo e il quale due specie che vivono utilizzando in competizione le stesse risorse non possono in generale coesistere.

114

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.9: Classicazione delle traiettorie possibili nei sistemi bidimensionali strutturalmente stabili.

5.4. CLASSIFICAZIONE DEI RITRATTI DI FASE DEI SISTEMI BIDIMENSIONALI

115

Figura 5.10: Esempi di celle elementari con frontiera costituita da un punto sella e curve separatrici.

4. Si deniscono singolari le traiettorie che non godono della propriet` di stabilit` a a orbitale in entrambe le direzioni t e t . Le ellissi che appaiono nei ritratti di fase delloscillatore armonico vericano la propriet` di stabilit` a a orbitale in entrambe le direzioni temporali; i cicli limite, invece, sono un esempio di traiettorie singolari. Nei sistemi bidimensionali si hanno i seguenti possibili tipi di traiettorie singolari: Stati di equilibrio. (Per convenzione si considerano singolari anche i centri che, a rigore di denizione, sono stabili dal punto di vista orbitale). Cicli limite. Traiettorie non chiuse che almeno in una direzione sono separatrici di uno stato di equilibrio. (Vedi sezione 2 di questo capitolo.) Si considerino ora sistemi per i quali il numero di traiettorie singolari in ciascuna regione limitata di spazio ` nito e che siano strutturalmente stabili. La e propriet` di stabilit` strutturale si riferisce ad una classe abbastanza ampia di a a sistemi il cui ritratto di fase rimane invariato per variazioni sucientemente piccole delle funzioni F1 , F2 che deniscono la legge di evoluzione. Questa propriet`, a che non deniremo in modo rigoroso, ` abbastanza plausibile dal punto di vista e sico. Essa corrisponde ad una richiesta di stabilit` delle caratteristiche generali a del moto rispetto a piccole variazioni delle cause F1 e F2 che lo producono. Le funzioni F1 e F2 , per ogni dato sistema sico, dipendono in linea di principio da un numero elevato di parametri sici che ne rendono impossibile una loro determinazione completa. Tuttavia, la dipendenza da alcuni di questi parametri ` ` debole e non ` in genere considerata. E ragionevole quindi limitarsi a consie e derare sistemi dove piccole variazioni di F1 e F2 non producono modiche nelle caratteristiche del moto.

116

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Date queste premesse si pu` dimostrare che la traiettorie singolari che si o possono avere nei sistemi strutturalmente stabili sono dei seguenti tipi: Stati di equilibrio con = 0 e, se > 0, T r = 0. Questi stati includono i punti sella, i nodi, i fuochi ma non i centri. Cicli limite h = 0 (vedi Eq.(5.20)). Separatrici che non collegano punti sella. Si consideri quindi una regione limitata G nello spazio delle fasi di un sistema strutturalmente stabile; la frontiera di questa regione sia una curva chiusa C tale che non vi siano traiettorie del sistema tangenti a questa curva. ` E possibile classicare tutte le traiettorie racchiuse in G o che attraversando C entrano nella regione G ad un certo istante di tempo. Queste traiettorie sono rappresentate nella gura 5.9 e possono essere raggruppate in insiemi dierenti. Le traiettorie 1-3 della gura sono gli stati di equilibrio: fuochi e nodi stabili (1) o instabili (2) e punti sella (3). Le traiettorie del tipo 4-5 sono i cicli limite stabili (4) o instabili (5). Si hanno poi le separatrici 6-10. Nei casi 6 e 9 la separatrice collega un punto sella ad un fuoco o ad un nodo; nei casi 7 e 10 la separatrice tende al ciclo limite per t o per t , rispettivamente. Nel caso 8 la separatrice entra nele regione G attraverso C. I casi 1-10 esauriscono le possibili traiettorie singolari nella regione G. I casi 11-13 rappresentano le possibili traiettorie non singolari che tendono ad un nodo o ad un fuoco stabile. I casi 14-16 rappresentano le traiettorie non singolari che tendono ad un ciclo limite stabile. Per completare la catalogazione dei ritratti di fase dei sistemi bidimensionali si introduce inne la nozione di cella elementare: queste sono le regioni di G i cui punti stanno tutti su orbite non singolari. Le frontiere di queste regioni sono costituite da traiettorie singolari. La casistica delle celle elementari ` piuttosto e complessa, ma interamente nota. Esempi di celle elementari sono mostrati nelle gure 5.10 e 5.11.

5.5

Comportamento non lineare intorno ai punti ssi: analisi delle biforcazioni

Il principio di stabilit` lineare, secondo quanto esposto allinizio di questo capia tolo, consente di analizzare le caratteristiche di stabilit` di un dato punto sso a di un sistema non lineare. Lanalisi si basa sullo studio degli autovalori della matrice Lij che rappresenta la parte lineare della legge di evoluzione del sistema. Al variare dei parametri di controllo del problema ` quindi possibile determinare e il punto critico dove un certo punto sso da essere asintoticamente stabile diventa

5.5. COMPORTAMENTO NON LINEARE INTORNO AI PUNTI FISSI: ANALISI DELLE BIFORCAZIONI

117

Figura 5.11: Esempi di celle elementari con frontiera costituita da un punto sella, un ciclo limite e curve separatrici.

instabile. Superata la soglia del punto critico, le equazioni del problema linearizzato predicono la crescita illimitata delle perturbazioni del punto sso nella direzione corrispondente allautovalore che ha sviluppato una parte reale positiva, ma non forniscono informazioni sulla presenza di un ulteriore punto sso o stato stazionario del sistema. Al ne di determinare lesistenza di nuove soluzioni stazionarie, ` necessario allora ritornare allesame dellintero problema non e lineare. Si consideri lesempio della mappa logistica. A r = 3, il punto sso x = 11/r diventa instabile e appare unorbita stabile di periodo 2. Il diagramma delle soluzioni stazionarie intorno al punto critico r = 3 prende il nome di biforcazione a diapason. Altri casi comuni di biforcazione sono mostrati nella gura 5.12. Per determinare il tipo di biforcazione rilevante in un dato problema e quindi, per calcolare esplicitamente le soluzioni del problema non lineare in un intorno del punto critico, si applica un metodo noto come sviluppo in serie su scale multiple. Per introdurre questo metodo, ` utile riconsiderare lanalisi del comportamene to dinamico delloscillatore quartico sviluppata nel capitolo 3. In quel caso, per ottenere risultati corretti a tempi lunghi, non aetti dalla presenza dei cosiddetti termini secolari, era stato necessario introdurre una nuova variabile temporale = (t, ) con uno sviluppo in serie del tipo Y (t, ) = Y0 ( ) + Y1 ( ) +
2

(5.51)

Y2 ( ) + ....

(5.52)

118

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Figura 5.12: Diagrammi di biforcazioni transcritiche (a,a), a diapason (b,b), di Hopf (c,c). Le lettere S e U si riferiscono al ramo stabile ed instabile della soluzione.

5.5. COMPORTAMENTO NON LINEARE INTORNO AI PUNTI FISSI: ANALISI DELLE BIFORCAZIONI

119

Si consideri ora un altro sistema, loscillatore armonico smorzato. Lesistenza di una soluzione esatta per questo sistema consente di evidenziare meglio i problemi che si possono avere con soluzioni costituite da sviluppi in serie non appropriati. Si riscriva la (3.5) in termini di variabili adimensionate come dY d2 Y +2 +Y =0 2 dt dt (5.53)

con condizioni iniziali Y (0) = 0, Y (0) = 1, analogamente a quanto fatto nel capitolo 3 con la trasformazione (3.15). Si pu` mostrare che uno sviluppo pero turbativo regolare, analogo a quello che produrrebbe i termini secolari nel caso delloscillatore quartico (vedi problema 7), darebbe la soluzione Y (t, ) (1 t + 0( 2 t2 )) sin t (5.54)

che non ` uniformemente convergente a tempi lunghi. Infatti, dalla soluzione e esatta del problema e t sin 1 2 t (5.55) Y (t, ) = 1 2 si vede che la soluzione perturbativa (5.54) deriva dalla rappresentazione in serie dellesponenziale che appare nella soluzione esatta (5.55) valida per t << 1. Per ottenere una soluzione valida anche nel limite t , si pu` generalizzare o lo sviluppo di Poincar della sezione 3.3 tenendo conto che in questo problema e vi sono due scale temporali, quella relativa ai tempi di smorzamento e quella naturale delle oscillazioni. Si introducono allora le due funzioni ausiliarie L = t e V = t(1 + 2
2

(5.56) + ..) (5.57)

chiamate, rispettivamente, variabile temporale lenta e veloce. Il parametro 2 va determinato nel corso dello studio. Si considera quindi lo sviluppo Y (t, ) = Y0 (L , V ) + Y1 (L , V ) +
2

Y2 (L , V ) + .....

(5.58)

Inserita la (5.58) nella (5.53), ed eliminati i termini risonanti ordine per ordine in , si ottiene (vedi Cole, pagina 89) la soluzione Y (t, ) = e t sin(1 1 2 )t + 0( 2 ) 2 (5.59)

valida ad ogni tempo e per piccoli, come si deduce dal confronto con la (5.55). Vedremo ora come sviluppi perturbativi di questo genere, che utilizzano pi` scale u temporali, possono essere applicati allo studio delle biforcazioni, risultando essere lo strumento di analisi pi` adeguato per questi problemi. u

120

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Si riconsideri la (5.4) e sia c un valore critico del parametro di controllo tale, cio`, che le soluzioni dellequazione e dxi (t) = Lij (c )xj dt sono del tipo (5.7) con Re(c ) = 0 ovvero x = ueic t (5.62) con c = Im(c ). In altri termini, a c , il punto sso intorno al quale si ` consie derata la perturbazione (5.60) ha perso le sue propriet` di stabilit`. La ricerca di a a altre soluzioni stabili pu` essere fatta applicando alla (5.4) una generalizzazione o dello sviluppo (5.58). Per prima cosa si considera uno sviluppo del parametro di controllo in funzione di un parametro ausiliario : c = 1 +
2

(5.60)

(5.61)

2 + ...

(5.63)

Si introducono poi le due nuove variabili temporali 1 = 1 (t, ) t e 2 = 2 (t, )


2

(5.64) . (5.65)

Si noti che queste variabili contengono termini di ordine o superiore e quindi, con riferimento al commento che segue le (5.56,5.57), possono essere entrambe intese come variabili lente. La derivata temporale pu` essere allora espressa come o d = + dt 1
2

+ ... 2

(5.66)

Si pu` inne sviluppare la variabile dinamica della perturbazione come o x = x1 (1 , 2 ) +


2

x2 (1 , 2 ) + ...

(5.67)

mentre lequazione allordine 0( 2 ) ` e Lij (c )xj 2

Si vede che per 0, c e x 0 come ` giusto che sia. Inserite le e espressioni (5.63,5.66,5.67) nella (5.4) si ottengono equazioni di ordine successivo in . Allordine 0( ) si ha Lij (c )x1 j = 0 (5.68) xj 1 Lij j 1 = h i xj xk 1 x jk 1 1 1 2 1

(5.69)

5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA

121

dove la derivata di Lij rispetto a ` calcolata al punto critico e e hi = jk 2F i xj xk (5.70)

Nella sezione seguente considereremo un caso particolare di biforcazione con c = 0 per il quale non sono rilevanti i termini dello sviluppo di ordine successivo a quello della (5.69).

5.6

Sviluppo a scale multiple per la biforcazione transcritica

In questa sezione cercheremo soluzioni non nulle dellequazione (5.4) nel caso di un punto critico caratterizzato da N 1 autovalori con parte reale negativa ed un autovalore con parti reale ed immaginaria entrambe nulle. Si consideri lautovettore u corrispondente allautovalore nullo. Per questautovalore lequazione (5.8) diventa Lij uj = 0 e corrisponde alla (5.68), cos` che si pu` porre o x1 = c(1 , 2 )u (5.72) (5.71)

dove c ` al momento una funzione non nota. Si osservi che lequazione allordine e pi` basso perturbativo non fornisce in questo caso la soluzione completa del u problema a questordine. Sostituendo la (5.72) nella (5.69) si ottiene Lij (c )xj = 2 c i 1 2 i j k Lij j u c hjk u u c1 u 1 2 (5.73)

che contiene le incognite c e xj e non ` invertibile dovendo essere det Lij = 0. e 2 Si consideri allora lautovettore uT della matrice trasposta di Lij denito da Lji uj = 0 e si moltiplichi la (5.73) per ui . Denito il prodotto scalare tra due T T vettori a e b come (a, b) = i ai bi , si ottiene 0= c 1 Lij j (uT , u) c2 ui hi uj uk c1 ui u T jk T 1 2 , (5.74)

ovvero, dividendo per (uT , u), c = 1 cP1 c2 P2 1 (5.75)

122

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

con i coecienti

ij ui uj T P1 = (uT , u)

ui h i uj uk T jk P2 = (uT , u)

(5.76)

determinati completamente dalla struttura del sistema dinamico, cio` ricavabili e dalla funzione F . Lequazione (5.75) pu` essere riespressa in termini delle variabili originarie o del problema e della nuova variabile z= c (5.77)

che rappresenta lampiezza della perturbazione x al primo ordine dello sviluppo. Moltiplicando la (5.75) per 2 risulta dz = z( c )P1 z 2 P2 dt con punti ssi dati da z (1) = 0 ; z (2) = ( c )P1 . P2 (5.79) (5.78)

Le (5.79) sono le soluzioni stazionarie per lampiezza dei vettori di stato XXs nelle vicinanze del punto critico = c . La soluzione z (1) = 0 corrisponde al punto sso x = 0, o equivalentemente X = Xs , considerato inizialmente. La seconda soluzione descrive un altro punto sso di cui lanalisi dellequazione non lineare completa (5.4) ha mostrato lesistenza. Lapplicazione del principio di stabilit` lineare consente di stabilire le caratteristiche di stabilit` di questo a a secondo punto sso. Si trova che z (1) ` stabile (e z (2) instabile) se ( c )P1 < 0 e mentre z (2) ` stabile (e z (1) instabile) se ( c )P1 > 0. Allora, a seconda del e segno di P1 si ottengono le 2 biforcazioni in alto nella gura 5.12 (vedi problema 8). Si osservi che un vantaggio della procedura considerata ` di aver ridotto un e problema inizialmente con N gradi di libert` ad un problema unidimensionale. a Lequazione (5.78) ` del tutto generale ed ` valida nch` c = 0 e P2 = 0. e e e La biforcazione corrispondente a questo caso si chiama transcritica. Nel caso in cui P2 = 0 (e c = 0) ` necessario estendere lanalisi perturbativa allordine e successivo in . Si ottengono cos` le soluzioni z (1) = 0 ; z (2)(3) = [( c )P1 /P3 ]1/2 (5.80)

con il coeciente P3 anchesso calcolabile a partire dalle equazioni di evoluzione. La biforcazione corrispondente a questa soluzione si chiama a diapason e se ne ` e vista una realizzazione nel capitolo 2 nel corso dello studio della mappa logistica. Anche questa biforcazione ` illustrata nella gura 5.12 insieme alla biforcazione e di Hopf che si ottiene quando c = 0. La biforcazione di Hopf, ritenuta rilevante

5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA

123

per la dinamica dei sistemi turbolenti, corrisponde al passaggio da un punto sso stabile ad una soluzione ciclica stabile con ampiezza proporzionale a c . Osserviamo, inne, che esistono altri tipi di bifocarzioni meno comuni che sono trattate nei testi specializzati.

Bibliograa
G. Nicolis, Introduction to nonlinear science, Cambridge University, 1995. A.A. Andronov, A.A. Vitt e S.E. Khaikin, Theory of oscillators, Dover, New York 1987. J. Keworkian e J. Cole, Perturbation Methods in Applied Mathematics, Springer, Berlino 1981. J. Cole, Perturbation Methods in Applied Mathematics, Blaisdell, Waltham Massachusetts 1968.

Problemi
1. Descrivere il ritratto di fase del sistema dinamico dx1 = x1 2x2 dt dx2 = 3x1 4x2 . dt 2. Descrivere il ritratto di fase del sistema dx1 = 2x1 + 2x2 dt dx2 = 2x1 3x2 dt

124

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

3. Si consideri la versione linearizzata del modello di Lotka-Volterra (5.40). Si eettui lanalisi di stabilit` lineare intorno ai punti ssi. Si calcolino numea ricamente le orbite nello spazio delle fasi per alcuni valori di H a scelta (vedi eq.(5.42)) e si verichi che il sistema ` conservativo secondo la denizione (4.19). e 4. Dimostrare la formula (5.50). Discutere il segno delle due radici (5.50), la posizione e la stabilit` dello stato stazionario (u4 , u4 ) nei casi (a), (b), (c), (d) a 1 2 elencati nel testo. Discutere quindi i ritratti di fase della gura 5.4. 5. Una descrizione qualitativa del comportamento della temperatura media degli oceani in relazione allestensione della calotta glaciale ` data dal sistema di e equazioni d = dt d = b a 2 . dt dove e rappresentano rispettivamente le deviazioni della latitudine a cui si estende la calotta polare e della temperatura media degli oceani da uno stato di riferimento. Calcolare i punti ssi di questo sistema classicandone il carattere in termini delle loro propriet` di stabilit` al variare dei parametri a e b. a a 6. Il bilancio energetico globale del pianeta terra ` descritto qualitativamente e dallequazione C( dT ) = (energia solare incidente) (energia emessa nell inf rarosso) dt = Q(1 (T )) T 4

dove T ` la supercie media della supercie terrestre, C ` la capacit` termica della e e a terra, Q = 340W m2 ` la costante solare, ` la costante di Stefan, = 0.61 e e ` un fattore di emissivit` che tiene conto delle deviazioni dalla radiazione di e a corpo nero, ` lalbedo modelizzabile come una funzione costante a basse e alte e temperature e lineare con pendenza negativa a valori intermedi di T . Mostrare che vi sono tre soluzioni stazionarie, due delle quali stabili e una instabile. Discutere quantitativamente il caso = 0.8(T < T1 ), = 0.25(T > T2 ), = a bT (T1 < T < T2 , a = 2.75, b = 0.0085). 7. Dimostrare che lequazione (3.5) pu` essere riscritta in termini di variabili o adimensionate se si eettuano le trasformazioni x t t, xY = , = A dove A ` una scala di lunghezza legata allampiezza delle oscillazioni. Dimostrare e la (5.54).

5.6. SVILUPPO A SCALE MULTIPLE PER LA BIFORCAZIONE TRANSCRITICA

125

8. Applicare il teorema della stabilit` lineare allo studio della (5.78) e dei suoi a punti ssi.

126

` 5. TEORIA DELLA STABILITA E COMPORTAMENTO INTORNO AI PUNTI FISSI

Indice analitico
stazionari, 99

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