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4 Tensori

In tutto il capitolo supponiamo che V sia uno spazio vettoriale di dimensione n


sullo R , per quanto le considerazioni che si faranno valgono in genere anche su
C .
4.1 Spazio duale
Denizione 4.1 Unapplicazione lineare da : V R si chiama funzionale
(lineare) o covettore.
La somma di due funzionali e il prodotto di un funzionale per una costante sono
denite da
(
1
+
2
)(v) :=
1
(v) +
2
(v)
(k)(v) := k((v))
Sono veriche di routine controllare che la somma di due funzionali `e un funzio-
nale e che il prodotto di un funzionale per una costante `e ancora un funzionale.
Linsieme di tutti i funzionali `e uno spazio vettoriale rispetto le operazioni di
somma e prodotto per una costante, denite sopra (anche queste sono veriche
di routine).
Come ogni applicazione lineare, un funzionale resta univocamente denito
quando si assegnino i valori che assume sui vettori di una base.
Denizione 4.2 Lo spazio vettoriale dei funzionali lineari su V si chiama spa-
zio duale e si indica con V

.
Proposizione 4.1 Se V ha dimensione nita, allora dimV

= dimV .
Dim. Sia {e
1
, . . . , e
n
} una base di V , sia
i
per 1 i n il funzionale su V
denito da

i
(e
j
) =
i
j
.
dove
i
j
`e la funzione delta di Kronecker, che vale 1 se i = j e vale 0 se i = j.
{
1
, . . . ,
n
} `e una base di V

. Infatti
1. sono linearmente indipendenti, perche da
n

i=1
a
i

i
= 0
segue che, applicando il funzionale a un qualunque vettore e
j
della base
di V , da un lato
n

i=1
a
i

i
(e
j
) = 0(e
j
) = 0
e dallaltro
n

i=1
a
i

i
(e
j
) =
n

i=1
a
i

i
j
= a
j
.
Da cui necessariamente a
j
= 0 per ogni j;
53
2. generano tutto V

, perche , per ogni funzionale V

, si ha
=
n

i=1
((e
i
))
i
,
infatti per dimostrare luguaglianza dei due funzionali basta vericarla sui
vettori di una base; cos` facendo abbiamo per ogni e
j
n

i=1
((e
i
)
i
)(e
j
) =
n

i=1
(e
i
)
i
(e
j
) =
n

i=1
(e
i
)
i
j
= (e
j
).

Denizione 4.3 La base {


1
, . . . ,
n
} di V

si dice base duale della base {e
1
, . . . , e
n
}
di V .
Avendo V e V

la stessa dimensione sono spazi vettoriali isomor, ma non vi `e
un modo canonico di associare un funzionale a un vettore
28
, con ci`o intendo dire
che bisogna ricorrere a un arbitraria scelta delle basi per denire un isomorsmo.
Notiamo invece che `e possibile denire un isomorsmo canonico fra V e lo
spazio biduale (V

)

. Deniamo
: V (V

)

v (v)
dove
(v) : V

R
(v).
Lasciamo al lettore la verica che (v) `e eettivamente un funzionale lineare su
V

e che la cos` denita `e lineare (basta applicare le denizioni); dimostriamo
invece che `e iniettiva. Se (v) = 0, allora per ogni V

, (v)() = 0;
cio`e, per ogni V

, (v) = 0 e questo `e possibile solo se v = 0, infatti per
ogni v = 0 posso completare v in una base e considerare il funzionale che su v
assume il valore 1 e su tutti gli altri vettori della base il valore 0. Concludiamo
che `e un isomorsmo, perche V e (V

)

hanno la stessa dimensione.


Come si vede per denire non si `e fatto uso di scelte di basi. Poiche ogni
vettore si comporta come un funzionale sullo spazio dei funzionali, identicando
v con (v), possiamo concludere che non solo i covettori sono funzionali sullo
spazio dei vettori, ma anche i vettori sono funzionali sullo spazio dei covettori.
28
a meno che non si aumenti la struttura di V , introducendo un prodotto scalare, ma
discuteremo di considerazioni di questo tipo pi` u avanti.
54
4.2 Convenzione di Einstein
La convenzione di Einstein `e una convenzione che semplica la notazione. Essa
prevede che:
1. i vettori di una base dello spazio vettoriale V , {e
1
, . . . , e
n
} si indiciano
con indici in basso,
2. i vettori della base duale {
1
, . . . ,
n
} si indiciano con indici in alto,
3. le coordinate di un vettore si indiciano con indici in alto,
4. le coordinate di un covettore si indiciano con indici in basso,
5. si ometta il simbolo di sommatoria, se questa si riferisce a un indice che
si trova una volta un basso e una volta in alto,
6. ogni qualvolta si incontri uno stesso indice in alto e in basso in un prodotto
si intende che si deve eettuare una somma al variare di quellindice fra 1
e la dimensione di V ,
7. si dispongono gli indici in alto o in basso in modo di evitare se possibile
di dover fare una sommatoria, rispetto a un indice ripetuto due volte in
basso (o in alto); se questa situazione dovesse essere inevitabile si mostra
esplicitamente il simbolo e lindice di sommatoria,
8. usualmente in una formula che contiene unuguaglianza un indice non ri-
petuto in basso (in alto) a sinistra delluguale deve comparire non ripetuto
in basso (in alto) anche a destra delluguale
Per quanto alcuni ritengano che dietro questa notazione non ci siano fatti
particolarmente rilevanti da un punto di vista scientico
29
, noi ne faremo uso
nelle pagine che seguono.
Pertanto la decomposizione di un vettore v rispetto alla base E = {e
1
, . . . , e
n
}
si scriver`a
v = x
j
e
j
(28)
piuttosto che
v =
n

j=1
x
j
e
j
o v =
n

j=1
x
j
e
j
Se E

= {e

1
, . . . , e

n
} `e unaltra base avremo
v = x
i
e

i
(29)
e le relazioni che danno il cambiamento di base nella forma
e

i
=
j
i
e
j
o e
j
=
i
j
e

i
(30)
29
ma molti sici matematici non sono daccordo con questa opinione
55
mentre quelle che danno il cambiamento di coordinate (che si ricavano sosti-
tuendo le (30) nelle (28) e (29)) sono
x
j
=
j
i
x
i
o x
i
=
i
j
x
j
. (31)
Per ricollegare queste formule al nostro modo di rappresentare le matrici
cambiamento di base, osserviamo che
M
E

E
(id) =
_

i
j
_
1 i n
1 j n
e
M
EE
(id) =
_

j
i
_
1 j n
1 i n
.
Inne il fatto che le due matrici sono una linversa dellaltra si rappresenta

i
j

j
k
=
i
k

i
j

k
i
=
k
j
.
4.3 Denizione di tensore
La nozione di tensore pu`o essere introdotta in modi diversi. Possiamo qui fare un
parallelo con la nozione di vettore (di cui comunque il tensore rappresenta una
generalizzazione). Il vettore pu`o essere introdotto come terna (n-pla) di numeri,
come segmento orientato, come elemento di uno spazio vettoriale. Similmente un
tensore pu`o essere introdotto come un pacchetto di numeri variamente indiciati,
come unapplicazione multilineare, o come un elemento del prodotto tensoriale
di spazi vettorali.
Utilizzeremo qui lapproccio che descrivere il tensore come unapplicazione
multilineare.
Denizione 4.4 Siano V
1
, . . . , V
r
spazi vettoriali su R. Unapplicazione F :
V
1
. . . V
r
R si dice multilineare se `e lineare in ciascuna delle variabili.
Formalmente per ogni indice i, per ogni a, b R e per ogni v, w V
i
F(v
1
, . . . , v
i1
, av + bw, v
i+1
, . . . , v
r
) =
aF(v
1
, . . . , v
i1
, v, v
i+1
, . . . , v
r
) + bF(v
1
, . . . , v
i1
, w, v
i+1
, . . . , v
r
)
Denizione 4.5 Si dice tensore sullo spazio vettoriale V di ordine covariante
r e ordine controvariante s (o di tipo (r, s)) unapplicazione multilineare
T : V , . . . , V
. .
r
V

, . . . , V

. .
s
R
Esempio 4.1 Ogni covettore V

`e un tensore covariante di ordine 1, es-
sendo un funzionale lineare su V .
56
Esempio 4.2 Avendo indenticato V con il suo biduale (V

)

, anche ogni vet-


tore v V `e un tensore controvariante di ordine 1, essendo un funzionale su
V

.
Esempio 4.3 Ogni forma bilineare su V `e un tensore covariante di ordine 2.
Esempio 4.4 Il determinante, inteso come funzione delle colonne di una ma-
trice n n `e un tensore covariante di ordine n sullo spazio vettoriale R
n
.
La somma di due tensori di tipo (r, s) e il prodotto di un tensore per uno
scalare sono deniti in modo analogo a quanto fatto per i covettori:
Denizione 4.6 Siano T, R tensori di tipo (r, s) e k scalare. Deniamo
(T+R)(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
) := T(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
)+R(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
)
(kT)(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
) := kT(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
).
`
E verica di routine che T +R e kT sono ancora tensori.
`
E altrettanto verica
di routine che linsieme dei tensori di tipo (r, s) forma uno spazio vettoriale
rispetto le operazioni sopra denite. Lo indichiamo con T
r
s
(V ).
4.4 Il prodotto tensoriale
Deniamo un prodotto fra tensori, che a un tensore T di tipo (r, s) e uno T

di
tipo (r

, s

), associa un tensore T T

di tipo (r + r

, s + s

).
Denizione 4.7
T T

: V , . . . , V
. .
r+r

V

, . . . , V

. .
s+s

K
T T

(v
1
, . . . , v
r
, v
r+1
, . . . , v
r+r
,
1
, . . . ,
s
,
s+1
, . . . ,
s+s
) :=
T(v
1
, . . . , v
r
,
1
, . . . ,
s
)T

(v
r+1
, . . . , v
r+r
,
s+1
, . . . ,
s+s
)
Sono veriche di routine controllare che T +T

`e un tensore, cio`e unapplicazione


multilineare.
Il prodotto tensoriale gode delle propriet`a
(T + T

) T

= T T + T

T
T (T

+ T

) = T T

+ T T
k(T T

) = (kT) T

= T (kT)
pertanto
: T
r
s
T
r

s
T
r+r

s+s

`e bilineare.
57
Il prodotto tensoriale `e anche associativo, cio`e
(T T

) T = T (T

T)
e pertanto possiamo omettere le parentesi in un prodotto di tre tensori e, per
iterazione, denire anche il prodotto tensoriale di un numero maggiore di tensori;
in tal caso si comporta come unapplicazione multilineare.
Sia {e
1
, . . . , e
n
} una base di V , e {
1
, . . . ,
n
} la base duale di V

.
Calcoliamo il tensore
i
1

i
2
. . .
i
r
su una qualunque r-pla di vettori
della base di V, e
j
1
, e
j
2
, . . . , e
j
r
. Abbiamo

i
1

i
2
. . .
i
r
(e
j
1
, e
j
2
, . . . , e
j
r
) =
i
1
j
1

i
2
j
2
. . .
i
r
j
r
,
questo numero vale sempre 0, eccetto il caso in cui gli indici i
1
, . . . , i
r
siano
rispettivamente uguali a j
1
, . . . , j
r
, nel qual caso assume il valore 1.
Proposizione 4.2 Linsieme dei tensori {
i
1
. . .
i
r
}, al variare di i
1
, . . . , i
r
fra 1 e n forma una base dello spazio dei vettori covarianti di ordine r, T
r
0
.
Dim. La dimostrazione della lineare indipendenza si fa testando la gene-
rica combinazione lineare dei tensori del nostro insieme sulla generica r-pla dei
vettori della base di V :
a
i
1
,...,i
r
{
i
1
. . .
i
r
} = 0
implica che per ogni r-pla (e
j
1
, . . . , e
j
r
)
a
i
1
,...,i
r
{
i
1
. . .
i
r
}(e
j
1
, . . . , e
j
r
) = 0(e
j
1
, . . . , e
j
r
) = 0,
ma daltra parte
a
i
1
,...,i
r
{
i
1
. . .
i
r
}(e
j
1
, . . . , e
j
r
) = a
i
1
,...,i
r

i
1
j
1
. . .
i
r
j
r
= a
j
1
,...,j
r
,
quindi per ogni r-pla (j
1
, . . . , j
r
), a
j
1
,...,j
r
= 0.
Il fatto che {
i
1
. . .
i
r
}, al variare di i
1
, . . . , i
r
, generino tutto T
r
0
segue
dal fatto che per ogni un tensore covariante di ordine r, T, vale la seguente
T = T(e
i
1
, . . . , e
i
r
)
i
1
. . .
i
r
, (32)
la quale pure si dimostra testandola sulla generica r-pla dei vettori della base
di V , (e
j
1
, . . . , e
j
r
). Infatti
T(e
i
1
, . . . , e
i
r
)
i
1
. . .
i
r
(e
j
1
, . . . , e
j
r
) =
T(e
i
1
, . . . , e
i
r
)
i
1
j
1

i
2
j
2
. . .
i
r
j
r
,
=
T(e
j
1
, . . . , e
j
r
)

58
In modo del tutto analogo, ricordando che i vettori della base di V , si com-
portano come funzionali sui vettori della base di V

, si perviene a dimostrare
che
Proposizione 4.3 Linsieme dei tensori {e
j
1
. . .e
j
s
}, al variare di j
1
, . . . , j
s
fra 1 e n forma una base dello spazio dei vettori controvarianti di ordine s, T
0
s
.
e pi` u in generale
Proposizione 4.4 Linsieme dei tensori {
i
1
. . .
i
r
e
i
1
. . . e
i
s
}, al
variare di i
1
, . . . , i
r
e j
1
, . . . , j
s
fra 1 e n forma una base dello spazio dei vettori
con ordine di coovarianza r e e ordine di controvarianza s, T
r
s
.
Ne segue che
dimT
r
s
= n
r+s
.
4.5 Gli operatori come tensori di tipo (1, 1)
Denotiamo con End(V ) lo spazio vettoriale degli operatori su V . Esso ha di-
mensione n
2
. Deniamo
: End(V ) T
1
1
(V )
F (F)
dove
(F) : V V

K
(v, ) (F(v))
La bilinearit`a di (F) `e conseguenza banale della linearit`a di F e di , il che ci
assicura che (F) `e un tensore.
Proposizione 4.5 `e un isomorsmo canonico di spazi vettoriali
Dim. La linearit`a di `e conseguenza diretta delle denizioni.
`e iniettiva, infatti se (F) = 0, allora per ogni v V e per ogni V

,
(F(v)) = 0. Dal fatto che per ogni V , (F(v)) = 0, segue che F(v) = 0,
e poiche questo vale per ogni v V , allora F `e loperatore nullo.
Inne, avendo End(V ) e T
1
1
(V ) la stessa dimensione, si conclude che `e
un isomorsmo, che si dice canonico, perche la sua denizione non dipende da
scelte arbitrarie, quali potrebbe essere la scelta di una base.

In matematica, quando vi `e un isomorsmo canonico, si `e soliti identicare


i due spazi vettoriali. Ne segue che ogni operatore lineare T : V V viene
interpretato come un tensore con ordine di covarianza 1 e controvarianza 1 e
viceversa un tensore di tipo 1-1 pu`o essere interpretato come operatore lineare.
59
4.6 Tensori e cambiamenti di base
Siano {e
1
, . . . , e
n
}, {e

1
, . . . , e

n
} due basi di V e {
1
, . . . ,
n
}, {
1
, . . . ,
n
} le
rispettive basi duali.
Abbiamo gi`a scritto le relazioni relative ai cambiamenti di base (30)
e

i
=
j
i
e
j
e
j
=
i
j
e

i
(33)
con

j
i

k
j
=
k
i
. (34)
Consideriamo il covettore
i
j

j
e applichiamolo al vettore e

k
. Applicando le
(33) e (34) e la denizione di base duale, per cui
j
(e
h
) =
j
h
, abbiamo

i
j

j
(e

k
) =
i
j

j
(
h
k
e
h
) =
h
k

i
j

j
(e
h
) =
h
k

i
j

j
h
=
h
k

i
h
=
i
k
.
Poiche, daltra parte,
i
(e

k
) =
i
k
ne segue che
i
e
i
j

j
assumono gli stessi
valori sui vettori di una base di V , pertanto

i
=
i
j

j
. (35)
La (35) rappresenta la formula di cambiamento di base per la base duale
30
.
Si osservi che la matrice che permette di passare dalla base {
1
, . . . ,
n
} alla
base {
1
, . . . ,
n
} `e linversa
31
di quella che occorre per passare dalla base
{e
1
, . . . , e
n
} alla base {e

1
, . . . , e

n
}.
Dalla (35) seguono poi le relazioni per il cabiamento di base nellordine
inverso

j
=
j
i

i
. (36)
Si calcolano, poi, le relazioni per i cambiamenti di coordinate; se un covettore `e
rappresentato in due basi diverse da = s
i

i
= s

j
abbiamo
s
i
=
j
i
s

j
s

j
=
i
j
s
i
(37)
I covettori si dicono covarianti, perche le loro coordinate variano, al cambiare
della base di V , e conseguentemente al cambiare della base duale, con la matrice
di cambiamento di base di V ; mentre i vettori si dicono controvarianti, perche
le loro coordinate variano, al cambiare di base, con la matrice inversa rispetto
a quella del cambiamento di base, come mostrato in (31).
Si scriva un tensore T covariante di ordine r come combinazione lineare dei
vettori della base {
j
1
. . .
j
r
} di T
r
0
T = t
j
1
...j
r

j
1
. . .
j
r
(38)
30
Si noti come nelle sostituzioni eettuate per dimostrare la formula (35), talvolta, abbiamo
dovuto cambiare il nome degli indici al ne di evitare ripetizioni indesiderate.
31
esattamente linversa se si conviene di rappresentare la base duale come un vettore colonna,
e leggere la (35) come un prodotto fra matrici (che `e la scelta preferibile), e la trasposta
dellinversa se si conviene di rappresentare la base duale come un vettore riga.
60
e come combinazione de vettori della base {
i
1
. . .
i
r
}
T = t

i
1
...i
r

i
1
. . .
i
r
. (39)
Sostituendo la (35) nella (39) abbiamo
T = t

i
1
...i
r
(
i
1
j
1

j
1
) . . . (
i
r
j
r
)
j
r
= t

i
1
...i
r

i
1
j
1
. . .
i
r
j
r

j
1
. . .
j
r
(40)
e confrontando questa con la (38) otteniamo che le coordinate dei tensori co-
varianti di ordine r variano al cambiare della base di V (e conseguentemete al
cambiare della base di V

) in un verso secondo la formula
t
j
1
...j
r
=
i
1
j
1
. . .
i
r
j
r
t

i
1
...i
r
(41)
e nellaltro secondo la formula
t

i
1
...i
r
=
j
1
i
1
. . .
j
r
i
r
t
j
1
...j
r
(42)
In modo analogo se si scrive un tensore controvariante T di ordine s come
combinazione lineare dei vettori delle basi {e
j
1
. . . e
j
s
} e {e

i
1
. . . e

i
s
}
di T
0
s
:
T = t
j
1
...j
s
e
j
1
. . . e
j
s
= t
i
1
...i
s
e

i
1
. . . e

i
s
,
otteniamo le formule di cambiamento delle coordinate di un tensore controva-
riante
t
j
1
...j
s
=
j
1
i
1
. . .
j
s
i
s
t
i
1
...i
s
t
i
1
...i
s
=
i
1
j
1
. . .
i
s
j
s
t
j
1
...j
s
(43)
Inne un tensore T r-volte covariante e s-volte controvariante si rappresenta
rispetto la base {
j
1
. . .
j
r
e
k
1
. . . e
k
s
} di T
r
s
T = t
k
1
...k
s
j
1
...j
r

j
1
. . .
j
r
e
k
1
. . . e
k
s
e rispetto la base {
i
1
. . .
i
r
e

h
1
. . . e

h
s
} di T
r
s
T = t
h
1
...h
s
i
1
...i
r

i
1
. . .
i
r
e

h
1
. . . e

h
s
da cui le formule di cambiamento di coordinate di un tensore misto di tipo (r, s),
t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
=
k
1
i
1
. . .
k
s
i
s

h
1
j
1
. . .
h
r
j
r
t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
(44)
t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
=
i
1
k
1
. . .
i
s
k
s

j
1
h
1
. . .
j
r
h
r
t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
(45)
Si osservi come nelle coordinate (o componenti) di un tensore gli indici di
covarianza siano quelli in basso e gli indici di controvarianza siano quelli in alto.
61
4.7 Collegamenti con il calcolo dierenziale
In molte applicazioni le matrici che intervengono nel calcolo tensoriale sono la
matrice jacobiana e la sua inversa. Vediamo il perche.
La prima e immediata osservazione `e che se
y = Ax
`e unapplicazione lineare da R
n
in se , allora A coincide con la matrice jacobiana
di questa applicazione,
A =
_
y
i
x
j
_
1 i n
1 j n
Possiamo applicare lo stesso concetto alla matrice cambiamento di coordinate
(31), per cui, posto che v si scriva v = x
i
e
i
nella base {e
1
, . . . , e
n
} e v = x
j
e

j
nella base {e

1
, . . . , e

n
}, abbiamo
x
j
=
x
j
x
i
x
i
x
i
=
x
i
x
j
x
j
(46)
Pertanto le matrici di cambiamento di coordinate utilizzate in tutte le for-
mule sui tensori possono essere sostituite dalla matrice jacobiana e la sua inversa:
_

i
j
_
1 i n
1 j n
=
_
x
i
x
j
_
1 i n
1 j n
_

i
j
_
1 i n
1 j n
=
_
x
i
x
j
_
1 i n
1 j n
.
Le (46) hanno il vantaggio, rispetto alle (31), di evitare ogni possibile confu-
sione fra la matrice cambiamento di coordinate e la sua inversa. Cos` la formula
generale di cambiamento di base per i tensori si scrive senza possibilit`a di equi-
voci
t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
=
x
k
1
x
i
1
. . .
x
k
s
x
i
s
x
h
1
x
j
1
. . .
x
h
r
x
j
r
t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
(47)
t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
=
x
i
1
x
k
1
. . .
x
i
s
x
k
s
x
j
1
x
h
1
. . .
x
j
r
x
h
r
t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
(48)
Ma vi `e una ragione pi` u profonda nel rappresentare con la jacobiana la
matrice cambiamento di coordinate.
Ad ogni vettore v = a
i
e
i
dello spazio dei vettori applicati in un punto
x
0
R
n
, si pu`o associare loperatore dierenziale a
i
x
i
, che ad ogni applicazione
f C

(U), dove U `e un intorno di x


0
, associa la derivata direzionale
32
(nella
32
dovremmo scrivere

x
i
|x
0
, ma in tutti gli operatori dierenziali che seguiranno eviteremo
di mettere il simbolo di |x
0
che signica calcolato in x
0
perche non avremo ragione di cambiare
il punto di applicazione dei vettori.
62
direzione di v) di f in x
0
,
n

i=1
a
i
f
x
i
.
Adottata questa identicazione fra operatori e vettori applicati, i vettori
della base di V , {e
1
, . . . , e
n
}, sono rappresentati dagli operatori dierenziali
{

x
1
, . . . ,

x
n
}.
Conveniamo che, nelle espressioni del tipo

x
i
o
x
j
x
i
, gli indici delle variabili
che si trovano sotto la linea di frazione siano da considerarsi indici in basso. La
formula di cambiamento di base `e data ora da

x
i
=
x
j
x
i

x
j
.
Anche i covettori hanno uninteressante lettura in termini di calcolo die-
renziale.
Il dierenziale di una funzione f C

(U), nel punto x


0
R
n
, si indica
con df
|x
0
(ma noi scriveremo semplicemente df) ed `e denito come il funzionale
lineare che a ogni vettore v applicato in x
0
R
n
associa la derivata direzionale
di f rispetto a v in x
0
. Cio`e se v = a
i
e
i
= a
i
x
i
(df)(v) = df(a
i

x
i
) = a
i
f
x
i
I dierenziali delle funzioni coordinate, dx
i
, . . . , dx
n
, risultano essere i vettori
della base duale, perche
dx
i
(

x
j
) =
x
i
x
j
=
i
j
.
Le formula di cambiamento di base per la base duale risulta coincidere con
la formula di dierenziazione di funzione composta.
dx
j
=
x
j
x
i
dx
i
.
4.8 Una denizione alternativa di tensore
Le formule di cambiamento di coordinate per i tensori (47), (48) sono spesso
utilizzate per denire i tensori. In questo approccio la denizione di tensore `e
seguente
33
Denizione 4.8 Si dice tensore (o campo tensoriale) di tipo (r,s) un oggetto
denito da un insieme di numeri t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
in un sistema di coordinate arbitrarie
(x
1
, . . . , x
n
), la cui espressione numerica dipende dal sistema di coordinate se-
condo la seguente relazione: se `e x
k
= x
k
(x
1
, . . . , x
n
), x
j
= x
j
(x
1
, . . . , x
n
),
con x

(x(x

)) = x

, vale la formula di trasformazione


33
la denizione esposta `e tratta da Novikov, Dubronik, Fomenko,Geometria contemporanea
1, con qualche adattamento alle notazioni da noi usate.
63
t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
=
x
k
1
x
i
1
. . .
x
k
s
x
i
s
x
h
1
x
j
1
. . .
x
h
r
x
j
r
t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
in cui t
i
1
...i
s
h
1
...h
r
`e lespressione numerica del tensore nelle coordinate (x

) e t
k
1
...k
s
j
1
...j
r
lespressione numerica del tensore nelle coordinate (x); tutti gli indici variano
da 1 a n , essendo n la dimensione dello spazio considerato.
4.8.1
La denizione di tensore data in funzione delle coordinate varia, nel suo signi-
cato, in funzione dei sistemi di coordinate ammessi. Se ad esempio siamo in
uno spazio euclideo, (spazio vettoriale di dimensione nita dotato di prodotto
scalare), `e logico assumere solo riferimenti ortonormali. In questo caso le matrici
cambiamento di coordinate sono ortogonali e pertanto
34
x
i
x
j
=
x
j
x
i
(49)
Non vi `e dunque modo di distinguere un vettore da un covettore basandosi sul
comportamento delle sue componenti al variare della base fra un insieme di basi
ortonormali.
`
E per questo motivo che, talvolta, nellalgebra tensoriale in spazi
euclidei non si fa dierenza fra vettori e covettori, fra ordine di covarianza e
ordine di controvarianza.
Chiariamo questi concetti con un esempio. Supponete che abbiate descritto
un fenomeno sico per mezzo di tre numeri (t(1), t(2), t(3)) che dipendono dal
sistema di coordinate usato nello spazio, dove di proposito ho messo gli indici in
linea. Questa terna rappresenta un vettore, un covettore o altro? Metto lindice
in alto o in basso? Si ha la risposta guardando come cambiano questi numeri
al cambiare del riferimento. Se, in un altro riferimento, con la stessa origine, il
fenomeno `e descritto da (t

(1), t

(2)

, t

(3)) e avete
t(i) =
3

j=1
x
i
x
j
t

(j) (50)
e questo vale qualunque sia il secondo riferimento scelto, allora stabilite che
si tratta di un vettore controvariante e scrivete gli indici in alto. Se, in-
vece, in un altro riferimento, con la stessa origine, il fenomeno `e descritto da
(t

(1), t

(2)

, t

(3)) e avete
t(i) =
3

j=1
x
j
x
i
t

(j) (51)
e questo vale qualunque sia il secondo riferimento scelto, allora stabilite che si
tratta di un vettore covariante (o covettore) e scrivete gli indici in basso. Se,
34
si noti come nella formula lindice in alto a sinistra `e uguale allindice in basso a destra e
lindice in basso a sinistra `e uguale allindice in alto a destra!
64
inne, esiste un riferimento, per cui non vale (50) e un riferimento per cui non
vale (51) allora stabilite che si tratta di altro.
Ma `e probabile che gli unici sistemi di riferimento rispetto ai quali possiate
(o siate interessati) a descrivere il fenomeno, siano sistemi ortogonali, in tal caso,
per la (49), non vi `e dierenza fra la (50) e la (51). In questo caso parlerete solo
di vettore (ovvero tensore del primo ordine) senza distinguere tra covarianza e
controvarianza.
4.8.2
Notiamo come la denizione di tensore data tramite le coordinate, che utilizza
la matrice jacobiana, si presta a essere estesa anche a cambiamenti di coordinate
non lineari, purche abbiano siano di classe almeno C
1
e con matrice jacobiana
non nulla.
`
E il caso delle coordinate polari: se vogliamo esprimere in coordinate
polari un tensore sullo spazio vettoriale dei vettori applicati in un punto P del
piano diverso dallorigine, dovremo utilizzare, per passare dalla rappresentazione
in coordinate cartesiane a quella in coodinate polari, la matrice jacobiana delle
formule di cambiamento di coordinate (4).
La cosa assume particolare importanza quando si voglia fare del calcolo ten-
soriale su supercie curve (e pi` u in genererale su variet`a dierenziali). In questo
caso le funzioni di cambiamento di coordinate fra diversi sistemi di coordinate
locali sono generalmente non lineari.
Un approccio indipendente dalle coordinate per denire tensori su oggetti
geometrici diversi da R
n
, le variet`a dierenziali, comporta, in primo luogo la
necessit`a di denire lo spazio dei vettori tangenti in modo intrinseco, cio`e senza
ricorrere a unimmersione delloggetto in uno spazio euclideo. In tale contesto si
utilizzano come denizione dei vettori applicati in un punto (i cosiddetti vettori
tangenti) gli operatori dierenziali, che soddisfano la regola di Leibnitz quando
sono applicati a un prodotto di funzioni. La geometria dierenziale si occupa
dello sviluppo di questi concetti.
4.8.3
Osserviamo come la denizione di dierenziale di una funzione df =
f
x
1
dx
1
+
. . . +
f
x
n
dx
n
e la denizione di gradiente di una funzione, che comunemente
si trova sui testi di analisi, f =
_
f
x
1
, . . . ,
f
x
n
_
, corrispondano allo stesso
tensore letto nei due diversi approcci: applicazione lineare o insieme indiciato
di numeri. Del dierenziale abbiamo gi`a detto; il gradiente, invece, `e una n-pla
di numeri che varia al cambiare delle coordinate secondo la regola
f
x
i
=
f
x
j
x
j
x
i
e che `e dunque un covettore ai sensi dellultima denizione.
Nel dierenziale abbiamo lespressione della decomposizione del covettore
nella base duale, mentre nel gradiente si rappresentano solo le componenti.
65
In genere si richiede che il gradiente risulti un vettore controvariante e non
un vettore covariante; la cosa non presenta inconvenienti se si utilizzano esclu-
sivamente riferimenti ortonormali, ma dobbiamo apportare una correzione alla
denizione di gradiente se vogliamo esprimerlo anche in altre ccordinate.
Indichiamo i titoli di quelli che potrebbero essere i successivi argomenti di
algebra tensoriale
4.9 Lisomorsmo canonico indotto dal prodotto scalare
fra V e V

4.10 La contrazione degli indici
4.11 Il prodotto esterno
4.12 Pullback dei tensori covarianti
66

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