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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italia


n. 1/2006

• EDITORIALE 3

Laicità e Postmodernità. Elementi di riflessione in margine ad un discorso intorno


alle prospettive dell’identità massonica europea di fronte alla crisi del “moderno”
Gustavo Raffi

L’influenza della Cabalà nel Rinascimento 9


Giuseppe Abramo
Maestri e confusioni. Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20 33
Pietro Mander
II Cinabro sintesi dello spirito 55
Bent Parodi
Memoria e iniziazione in Se questo è un uomo di Primo Levi 65
Paolo Cristiani
Sugli estremi biografici di Marziale Reghellini “de Schio” 73
Edoardo Ghiotto
La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849 79
Roberto Balzani

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 91
• RECENSIONI 103
Maestri e confusioni.
Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20
di Pietro Mander
(Università di Napoli “LOrientale”)

Crossing our ego’s borders in order to reach the Identity with ourself, that is an
intimate way of living I use to call “Esoterism”, is a really solitary journey. It takes
on difficult tasks, as being totally responsible and conscious of our choices; we can
draw on many different Authors considering them as “Master of thought”, but we
can never lie down their words. In the present article the Author speaks about some
of the most reliable Masters and shows some of their “errors”. In fact, in the ‘20 and
‘30 of the last century some esotheric authors approached the Fascist movement,
thinking that in some way it would have been the right route to the restauration of
the Traditional society. The Author shows how this idea was built on an irremedi -
able misunderstanding.

§ 0. Scopo del presente articolo necessita di un’adeguata “influenza spiri-


tuale” sulla quale occorre innestare e svi-
on tutti i Fratelli riconoscono luppare un profondo lavoro interiore, lavo-
all’Istituzione una finalità “eso- ro che nessuno – né Maestro o libro – può
terica”. Mi chiarisco. sostituire. Questo sforzo è quindi l’unica
Intendo, col termine “esoterico”, la ricer- via per conseguire la Conoscenza diretta,
ca del Sé assoluto, raggiungibile superando l’Intuizione del Sé assoluto, che chiamiamo
quella barriera costituita dall’“Io” e dalle “la Luce”. Ritengo questa precisazione
sue pulsioni; tale scopo non può esser con- necessaria, perché il termine “esoterismo” è
seguito operando solo individualmente, ma usato anche con diverse accezioni1.

1 Faivre (1994: 4-10, traduzione dall’originale francese del 1986) fornisce tre interpretazioni: a.
comprensione di un senso segreto mediante sforzo personale e successivi livelli di penetrazione (p. 4);
b. tipo di conoscenza proveniente da un centro spirituale raggiungibile attraverso tecniche e modi ade-
guati (ibid.); c. criterio di classificazione fattuale del materiale occidentale di letteratura e tradizioni del
mondo greco-romano, ebraico, cristiano e islamico, con particolare riferimento alle esperienze cultura-
li dell’Europa latina del XV sec. Il senso da me scelto è prossimo al primo (a.), ma implica il raggiun-
gimento di un Centro (il Sé), criterio della seconda classificazione (b.).
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In questo articolo gli attribuirò solo il sen- Lo studio delle opere di questi Maestri
so da me indicato alla nota 1. costituisce, senza alcun dubbio, un formi-
L’Istituzione Muratoria non pos- dabile stimolo, ma esso non potrebbe dare
siede dottrina, ma solo Rituali frutto se chi legge mantenesse un
(sono essi che formano la atteggiamento passivo, limitando-
struttura portante per il si alla “metabolizzazione” del
metodo di lavoro su se testo recepito: gli Antichi dice-
stessi) e ognuno – par- vano, e a ragione: numquam
tecipandovi con la iurare in verbis magistri!3
dovuta serietà – può
farne l’uso che ritiene § 1. Fiorire di pubblicazioni
più opportuno; chi negli anni ‘20-’30
scrive si colloca –
L’Europa si riprendeva a
con tutta evidenza –
stento dal trauma della Gran-
tra gli “esoterici”, ma –
de Guerra, mentre regimi tota-
ribadisco – altre “letture”
litari, accampando pretese salvi-
dei Rituali sono possibili e
fiche di età venture luminose, si
quindi legittime2.
affermavano in diversi paesi. Le ditta-
Qui sarà considerata la prospetti-
ture si giustificavano alla luce di un felice
va esoterica.
futuro che certamente non sarebbe manca-
In questo intervento faremo riferimento al
to, se i cittadini tiranneggiati avessero
pensiero di importanti e significativi autori
accettato la fase dolorosa della tirannide:
esoterici attivi attorno agli anni ‘20 del
così promettevano. D’altro canto, aspri fer-
secolo trascorso; abbiamo scelto, per la sua
menti sconvolgevano la vita nei paesi
immediatezza, l’aspetto più vicino alla poli-
democratici, dove le differenze sociali ed
tica, in particolare in Italia.
etniche causavano tensioni.
Il presente articolo intende indicare come
Il futuro, lungi dall’esser fulgido, vedeva
questi Maestri di esoterismo non possano
addensarsi le nubi di una ancor più terribile
sostituire – ci ripetiamo ancora – la ricerca
tempesta, la Seconda Guerra Mondiale.
interiore, che dev’esser compiuta – con l’in-
Aldo A. Mola4 delinea molto nitidamente
sostituibile sostegno del Lavoro Rituale – in
le caratteristiche di quel periodo di crisi,
totale solitudine.

2 Le due concezioni non sono affatto antitetiche, bensí “coassiali”. Coltivare la moralità (uno
dei cardini dell’interpretazione non-esoterica, quella morale/umanitaria) può costituire la fase iniziale
privilegiata per realizzare le finalità dell’interpretazione esoterica. Si veda a proposito l’articolo in L a
lettera G (n. 1/2004, pp. 15 ss.).
3 Mai giurare su ciò che il maestro ha detto!, a indicare totale adesione alla sua dottrina; vd.
Castiglioni - Mariotti, 1996: 705.
4 Mola, 1992: 591 ss.
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

riconducendo ad esse “il vigoroso impulso ficazione della distribuzione dei beni, in cui
verso l’esoterismo”: l’Europa industriale, la vita era coartata, repressa e diretta alla
dominata da una borghesia trionfante, ave- violenza.
va ritenuto, fino a quel momento, di avan- Ho selezionato queste poche righe,
zare ineluttabilmente verso ma il passo intero è estremamente
magnifiche e progressive sorti, illuminante.
creando un mondo organizzato Non condivido pienamente tut-
razionalmente, in cui si tavia la conclusione di Mola,
sarebbero trovati inclusi allorché spiega l’intensifica-
infine anche popoli zione di studi esoterici
“meno civili” (ovvero: negli anni tra i due con-
colonizzati) e strati flitti mondiali come
sociali emarginati o esito della difesa
sfruttati. nei paesi borghesi
Ma la grande dall’impostazione
guerra aveva rivelato bolscevica della produ-
(e determinato) una zione; secondo lo stori-
situazione profondamente co, infatti, tale difesa
nuova. Non solo gli uomi - avrebbe condotto all’esal-
ni distruggevano; non solo tazione della ragione signorile del potere
tutto ciò che andavano inventando e appre - [...] Di lì il ritorno alla superstizione5.
stando [...] era subordinato e finalizzato a Certamente preoccupazioni di questo
piani di distruzione; ma veniva in chiaro genere hanno agito – in maniera più o meno
[...] che i meccanismi regolativi della socie - consapevole – da stimolo nel delinearsi di
tà nella[ . . . ] guerra trovavano la necessaria talune posizioni, ma non è solo in esse che
valvola di sicurezza per uscire dalle crisi si devono cercare le radici del fenomeno.
ricorrenti. Occorreva avere un nemico, con- Infatti si potrebbero elencare nomi e orga-
tro cui mobilitare gli apparati industriali; la nizzazioni iniziatiche (o sedicenti tali) atti-
guerra era sempre davanti: svaniva così il ve almeno dai due secoli precedenti6, org a-
sogno della liberazione dell’uomo. La bor- nizzazioni che hanno costituito le premesse
ghesia poteva solo creare società di merci- del fiorire di studi degli anni ‘20-’30.

5 Ibid., p. 593 (corsivo dell’autore).


6 Cazzaniga (1999: 18 s.) riferisce come Pitagora e Platone, il neo-platonismo ellenistico e lo
stoicismo romano abbiano svolto il ruolo di punto di riferimento per la Massoneria del XVIII sec. per
rifondare il legame sociale, di cui il più insigne esempio di realizzazione fu “la cittadinanza, dalle for-
me tardo-repubblicane alla forma imperiale generalizzata”. Almeno fin qui affondano le radici della
“Tradizione Italica”. Ma – per una visione più esaustiva – occorre risalire ancora più indietro, a Pleto-
ne e Giulio Pomponio Leto (XV sec.): cfr. Introvigne, 1990: 345 ss. (ripreso da molti senza citazione).
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Apparvero allora gli scritti di Annie aveva ampi consensi anche altrove, in Euro-
Besant (1847-1933), Oswald Wirth (1860- pa) il movimento fascista. In quegli anni,
1943), Rudolf Steiner (1861-1925), Giulia- assurse al potere, dando vita ad un governo
no Kremmerz (1861-1930), Anan- dittatoriale che durò un ven-
da Coomaraswamy (1877- tennio, durante il quale
1947), Arturo Reghini (1878- compì due atti particolar-
1946), René Guénon (1886- mente rilevanti per il
1951), Julius Evola (1898- nostro argomento:
1974) e il “Gruppo di 1. Il bando delle
Ur” (1927-1929)7, per associazioni segre-
citare solo alcuni tra i te (con cui chiuse
più conosciuti (la lista le Logge: 19 Mag-
potrebbe allungarsi) e gio 1925)
i più frequentemente 2. Il concordato con
citati e stimati autori, che la Santa Sede (11 Feb-
elenco senza entrare in giudi- braio 1929).
zi qualitativi. Possiamo a Questi due eventi ebbe-
ragione ritenerli dei Maestri, al ro, in modalità differenti,
seguito del cui pensiero si sono for- esiti traumatici per i fautori della
mate delle vere e proprie scuole o correnti, “Tradizione Italica”. Infatti essi credettero
a tutt’oggi in pieno sviluppo, ed i cui nomi che il fascismo fosse – o, almeno, avrebbe
sentiamo spesso nelle discussioni a sogget- potuto essere – la realizzazione storica del-
to esoterico. l’affermazione di detta Tradizione, che,
In particolare volgeremo l’attenzione finalmente, grazie proprio al fascismo,
all’Italia e al sorgervi di un fenomeno tipi- avrebbe potuto infrangere i ceppi del predo-
co di quel frangente storico, ovvero la for- minio della Chiesa Cattolica. L’imperiali-
mulazione della teoria della “Tradizione Ita- smo “pagano”, ovvero la proiezione nella
lica” (nota anche con altre denominazioni), storia della riaffermata Tradizione Italica,
la cui esistenza fu propugnata soprattutto da avrebbe dovuto avere carattere spirituale e
Reghini, Evola, de Giorgio, Kremmerz e non militare, come avranno invece le
altri. Di questi, solo Reghini era massone. avventure condotte dal fascismo, fino a tro-
vare nell’ultima di queste la sua catastrofe.
Tornando agli anni ‘20-’30, in quello stes- Roma, centro di una élite spirituale, avreb-
so periodo si era affermato in Italia (ma be sparso la sua luce sul mondo.

7 Sulle vicende di questo gruppo, e del successivo “Krur”, v. De Turris, 1987: 12-21. Un seve-
ro e motivato giudizio è espresso da Di Luca, 2003: 105.
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

Risulta chiaro quindi che, se la chiusura sione, allorché ci rendiamo conto che anche
delle Logge e la persecuzione dei massoni egli scambia, come i comuni mortali “luc-
procurava al regime il dissenso di Reghini ciole per lanterne”, ovvero “fascismo” per
(e il consenso di Evola, che anzi, “Tradizione Italica”. L’ i n s e g n a-
nella sua lite proprio con mento esoterico non può
Reghini, lo segnalò all’autori- cadere nel campo degli even-
tà, esortando di inviarlo al ti storici del momento e ruo-
confino8), il Concordato tare attorno ad essi come
costituì la pietra tombale un satellite attorno ad
dei sogni dei tradiziona- un sole. Il Maestro,
listi italici9. quando impartisce le
Il rapporto di questi sue concezioni, non
Maestri con la Tradizione dovrebbe “sentire” la
da un lato e con il fascismo storia o la cronaca più di
dall’altro mi offrono lo spunto tanto; egli deve passarle
per alcune considerazioni: accanto, senza farsi da quel-
voglio mettere a fuoco il ruolo la deviare.
del Maestro, ovvero la sua capacità di Se – come ho detto – così non è,
trascendere le contingenze storiche, nel ci sentiamo delusi. Ma questa delusione è
momento in cui si esprime pubblicamente – un limite nostro, non del Maestro, limite
e soprattutto a mezzo stampa – divulgando forse generato dall’inconsapevole ricerca,
i tratti del proprio insegnamento esoterico. da parte nostra, di una guida fidata, cui
Perché, inutile negarlo, questo ci aspettiamo demandare scelte che invece non possono
dal Maestro, ed è difficile accettare la delu- che pesare sulle nostre spalle.

8 Cfr. Di Luca, 2003: 118 s.


9 Di tutt’altra natura è il rapporto che legò alla figura dell’Imperatore la serie di governi giap-
ponesi che affiancarono le potenze dell’Asse nella guerra. Con questo non si intende certo dire che quei
governi avessero realizzato ciò che per i tradizionalisti italici rimase un’illusione: si vuole solo preci-
sare che le realtà sono notevolmente diverse. Come considerazione preliminare, si tenga ben presente
che “esoterismo” è un concetto meramente occidentale, del quale difficilmente si trovano corrispon-
denti univoci in Oriente (cfr. Faivre, 1994: 6). In questa differenza di fondo, si consideri questo parti-
colare relativo alla figura dell’Imperatore (si rammenti che l’Imperatore era ritenuto, fino al 1945, figlio
della dea del Sole Amatarasu) del dibattito tra Mishima e il suo coetaneo Furubayashi Takashi, un cri-
tico letterario di formazione marxista. M. (= Mishima) [...] Il sistema repubblicano è frutto di idee rela -
tivistiche; come potrebbe l’Assoluto aderire al relativismo? F. (= Furubayashi) Ma anche l’Imperatore,
dopotutto, è qualcosa di relativistico. M. Su questo non sono d’accordo. Come minimo è qualcosa al di
sopra del relativismo. In tutta quella fase del dibattito, davanti ad uno sconcertato Furubayashi, Mishi-
ma continuò a sostenere il ruolo dell’Imperatore, visto chiaramente come manifestazione dell’Assolu-
to, concetto che il suo interlocutore neppure riusciva ad immaginare. Cfr. Furubayashi - Kobayashi,
2001: 36-44, orig. giapp. 1970, anno del suicidio di Mishima.
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Il Maestro comunica le sue idee e queste – Mi limiterò agli aspetti pertinenti il tema
come nel caso dei nomi che abbiamo consi- particolare qui considerato.
derato – meritano tutte attenzione. Ma se Le vicende umane sono considerate da
noi ci aspettiamo una specie di infallibilità, Guénon sotto l’aspetto della trasmissio-
allora inevitabilmente ci porremo, nei con- ne della Tradizione Primordiale (di
fronti del suo insegnamento, in un atteg- origine non-umana) che assume for-
giamento passivo, che è confacente ad me diverse, adattandosi ai periodi
un devoto che si rivolge ad un santo, e alle peculiarità sia dei popoli
ma mai ad un Libero Muratore che che delle civiltà e culture.
cerca la Luce. Tale trasmissione è inqua-
In altre parole, scambieremmo drata nella legge che rego-
un Maestro per un Profeta. la la successione dei
cicli cosmici. Nel
§ 2. Guénon e il rifiuto della democrazia momento presente ci troviamo nella fase
conclusiva del ciclo, che gli indú chiamano
Il primo autore su cui desidero soff e r m a r- Kali yuga, periodo in cui l’umanità è il più
mi è René Guénon, la cui influenza è stata lontana possibile dai Principi spirituali, dei
così forte che ancora oggi esercita una quali ha quasi (e l’Occidente quasi comple-
capacità di propulsione ampiamente pro- tamente) perduto i necessari collegamenti e
duttiva: vorrei addurne come recentissimo la relativa sensibilità.
esempio la pubblicazione, proprio in questi Se si vuole valutare il Guénon politico
ultimi due anni, della rivista La lettera G, (ammesso che esista), si deve partire da
ad opera di Fratelli torinesi, ricca di artico- queste premesse.
li interessanti, che sviluppano le linee di Nel suo libro Sérant10 mette ben in luce
pensiero metafisico partendo dall’imposta- come Guénon considerasse la democrazia
zione guénoniana. un’estrema degenerazione di un sistema
Su questo autore molto è stato scritto e politico tradizionale11, ma, con argomenta-
non giova certamente riassumere – neppure zioni tanto ampie quanto ineccepibili,
in linee generali – i termini del dibattito. Sérant dimostra come sia assolutamente

10 Sérant, 1990: 37-66 (traduzione dall’originale francese del 1977).


11 Un sistema politico tradizionale si fonda sulla discendenza dai Principi: un esempio paradig-
matico è quello indú (cfr. Sérant, 1990: 57 ss.; Bizzarri, 2003: 10 s.), dove la casta dei brahmani (i sacer-
doti, coloro che attingono direttamente al mondo divino attraverso i riti, quindi fonte dell’autorità spi-
rituale) trasmettono la forza spirituale agli amministratori (i guerrieri), gli k s≤a t r i y a,che a loro volta diri-
gono (a loro compete la funzione regale) armoniosamente il lavoro della terza casta, i mercanti v a i¢a,
al di sotto dei quali si trova l’ultima casta, gli ¢udra, lavoratori manuali. Infine ci sono i “fuori-casta”.
Bisogna precisare che però la divisione in caste è già segno di allontanamento dai Principi: in origine
non c’era che una sola casta. La società riflette la cosmologia derivata dalla metafisica, in particolare
con riferimento ai tre gun≥a, ovvero le tre qualità (o condizioni, colorazioni dell’esistenza) dell’Essere:
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

impossibile classificare Guénon quale fasci- più illustre: il rifiuto della democrazia, la
sta12. Infatti, il riconoscimento di validità di disistima dei caratteri materialisti e positi-
trasmissione spirituale, rispettivamente ini- visti assunti dal pensiero occidentale, la
ziatica alla Massoneria ed essoterica valutazione del carattere assoluta-
alla Chiesa Cattolica, e di primato mente ingannevole dell’idea
al pensiero metafisico orientale di progresso che informa-
(Islam, India e Cina) costitui- va l’ideologia delle
scono posizioni inaccettabi- società borghesi pote-
li per i sostenitori dell’i- vano ben offrire un
deologia nazionalista in terreno d’incontro.
generale (si considerino le Ma accanto alle con-
incomprensioni con la filo- testazioni, i due autori
occidentale Action françai - condivisero proposte
se13) e fascista in particolare. positive, le più impor-
Il Maestro francese, tuttavia, tanti delle quali furono l’i-
si accostò (e collaborò, inviando dea di un’“aristocrazia” (nel
articoli che furono pubblicati) agli senso letterale, ovvero “governo di
ambienti di studiosi esoterici italiani che – sapienti iniziati”) e il primato della spiritua-
sia pure in maniera diversa – simpatizzava- lità sulle esigenze economiche e sociali.
no o addirittura aderivano al regime: mi Guénon si esprime più volte circa l’é l i t e
riferisco alla collaborazione e corrispon- intellettuale e sacerdotale che egli immagi-
denza con Arturo Reghini14 e al rapporto na dovrebbe costituire il vertice della socie-
con Julius Evola, rapporto quest’ultimo che tà16, inquadrandone aspetto e ruolo nell’in-
condusse ad una serie di articoli pubblicati sieme del pensiero metafisico. Egli tuttavia
su Diorama, supplemento del Regime Fasci - non fornisce soluzioni pratiche, né progetti
sta diretto dal gerarca Roberto Farinacci15. politici di sorta, per realizzare gli ideali pro-
Indubbiamente esistevano dei fattori che posti, limitandosi ad approfondire la rela-
accomunavano Guénon a quegli ambienti zione tra il particolare della società umana
fascisti di cui Evola costituiva l’esponente governata da detta élite e la visione totale

Sattwa, R a j a s, e T a m a s,rispettivamente: Luce della Conoscenza (= essenza pura dell’Essere), impulso


espansivo, oscurità. Si veda L. M., I tre guna e l’iniziazione, La lettera G 2/2005, pp. 41 ss.
12 Sérant, 1990: 251-254.
13 Di Vona, 1993: 69-73.
14 Cfr. Bizzarri (2003), che raccoglie la traduzione degli articoli di Guénon pubblicati sulle due
riviste dirette da Arturo Reghini, Atanòr e Ignis (anni 1924-1925), oltre al “versante guénoniano” del-
la corrispondenza tra Guénon e Reghini (per quanto è stato possibile recuperare).
15 Questi articoli sono stati raccolti e pubblicati in traduzione italiana: si veda Guénon 1988.
16 Si vedano, a proposito: Di Vona, 1993: 226; Sérant, 1990: 76 ss., 91.
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della dottrina metafisica17. È Evola invece responsabilità, laddove fosse davvero pos-
che intende trasformarla in azione18. sibile conseguirla. Un potere diffuso tra
Questo è uno scopo che mi sem- individui maturi potrebbe fungere da
bra irraggiungibile, poiché “brodo di coltura” o da germe per
infatti, secondo la dottrina la formazione dell’é l i t e al
dei cicli cosmici, non maturarsi dei tempi.
può realizzarsi, in piena Certo, il mondo odierno
fase finale del Kali è davvero incompatibile
yuga una società org a- con le concezioni di
nizzata secondo le Guénon, se egli dichiara
modalità proprie di Massoneria e Chiesa
un’Età dell’oro. L’unico Cattolica (due istituzioni
scopo raggiungibile, e che non sembrano pro-
Guénon ne era ben consa- prio conciliarsi armonio-
pevole, consiste nel prepa- samente tra loro!) uniche vie
rare l’inizio del ciclo successi- di legittima trasmissione spiri-
vo19: da qui l’assenza di indicazioni tuale, per poi convertirsi all’Islam21,
“pratiche”, assenza che Evola ha voluto col- mentre scrive per Regime Fascista di Fari-
mare. In questa direzione, il “cambiamento nacci. Un percorso tortuoso ed involuto,
di mentalità”20 rimane il compito principale, quello di Guénon, quasi come la sua prosa22,
e non è riduttivo, dal momento che il con- difficilmente comprensibile anche alla luce
giungimento col Sé consiste in un processo delle concezioni metafisiche.
pur sempre conoscitivo, anche se l’Intuizio- Eppure la concezione metafisica nelle
ne che deve compierlo non è l’intuizione opere e negli studi di Guénon è così chiara-
della vita di tutti i giorni. mente delineata (sì, nella sua pur pessima
Se quindi non è concepibile il governo scrittura!) che lo studio di Guénon costitui-
dell’élite sacerdotale, il cammino attraverso sce un momento di crescita irrinunciabile.
la democrazia appare l’unica possibilità di Essa dà ragione dell’importanza di questo
crescita individuale di consapevolezza e Maestro, e dell’influenza da lui esercitata.

17 Riconosciuta come quella islamica dei Sufi (Di Vona, 1993: 24, 41 et passim) ma coincide con
quella indù.
18 Ibid. p. 27.
19 Sérant, 1990: 78 s.
20 Si veda L. M., Cambiare mentalità, La lettera G, 1/2004, pp. 15 ss.
21 Gattegno (2001) intitola un paragrafo: Cristiano nell’Islàm?
22 In Francia, dove esiste il culto dell’eleganza dello stile! Un altro punto a favore dell’inattua-
lità guénoniana!
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

§ 3. Reghini e l’imperialismo pagano Si può concepire l’estrema asprezza anti-


Con la figura di Reghini entriamo diret- clericale come reazione ad uno strapotere
tamente nel cuore dell’argo- soffocante esercitato per secoli sull’I-
mento. Fu infatti Reghini talia24; ma, leggendo gli scritti
ad introdurre questo “politici” – ripeto: anche
tema nel contesto del tenendo conto del momen-
periodo tra le due to in cui furono scritti –
guerre; egli formu- si rimane interdetti.
lò il concetto di Da un lato non si può
“imperialismo non godere della graf-
pagano” in più fiante arguzia e della
occasioni, accen- verve polemica (da
nandovi anche in “toscanaccio”), ma dal-
altre sue opere23. Gli l’altro non si può igno-
aspetti essenziali posa- rare – pur nello stile scin-
no sulla medesima con- tillante – l’incongruenza
cezione espressa da Gué- della tesi esposta25.
non, ovvero una manifestazione Con riferimenti tanto audaci che
della Tradizione Primordiale, solo che l’au- brillanti, Reghini riconosce il pitagorismo
tore, acceso da un vero e proprio furore come fonte della trasmissione Tradizionale
anti-cristiano, interpreta quella manifesta- in Occidente, individuandone i tratti conti-
zione come conflitto secolare tra le più di- nuativi anche nella Libera Muratoria26. E fin
sparate scuole di pensiero e i più disparati qui il discorso regge ed è sufficientemente
personaggi storici (entrambi, scuole e per- motivato; anzi, è decisamente interessante.
sonaggi, rigorosamente italiani o considera- Che però Pitagora fosse “italico” (mentre
ti tali, anche contro l’evidenza) da un lato, e era “al 100% greco”!27) e che la sua dottrina
il Cristianesimo rappresentato dalla Chiesa fosse quindi autoctona della terra italica mi
di Roma, dall’altro. sembra sfrenata fantasia. Di Pitagora gli

23 Il saggio si trova raccolto nel libro di Evola (2004: 303 ss.), nelle edizioni italiana e tedesca.
Il volume è corredato da un importante saggio introduttivo di Claudio Bonvecchio e da due appendici
che riportano i testi di Reghini sul tema e della lite tra Evola e Reghini; chiude un saggio di Gian Fran-
co Lami sul rapporto tra fascismo e cristianesimo. Insomma: un’edizione esemplare!
24 Si vedano, a riguardo, i libri di Guerri 1992 e 1997.
25 Un’altrettanta brillante analisi, che “rimette le cose al loro posto” si trova in Toth, 1987: 143-
155. Ad essa rinvio per un giudizio equilibrato ed esaustivo.
26 Cfr. Reghini 1947 (postumo), ristampato nel volume Numeri sacri e geometria pitagorica, I
Dioscuri, Genova 1988, pp. 9-25
27 Così Toth 1987.
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antichi stessi riportano che avesse soggior- ra di Dante31. Nello stesso periodo era niti-
nato e studiato in Asia ed in Egitto. Ora che damente individuata l’influenza islamica
questa notizia, come altre simili relative a sulla Divina Commedia32, dato questo che
grandi figure del pensiero greco, i fautori della “Tradizione Italica”
siano un topos letterario piutto- (sulla scia di Reghini) sottovalu-
sto che cronaca – come tano con ammirevole
oggi si è propensi a crede- costanza33. Non mi soffer-
re – sarà pur vero, ma mo su questo versante
dire che il pensiero degli studi danteschi, in
pitagorico sia un ger- quanto non direttamente
moglio della terra italica pertinente al tema. Trovo
è davvero insostenibile, invece valida la sequenza
anche se una tradizione Virgilio–Dante e la presen-
lo dice di padre etrusco28. za di una numerologia che
Dopo il pitagorismo Reghini si può legittimamente definire
passa alla religione di Roma. “pitagorica” nell’opera di quest’ul-
Naturalmente la religione romana costi- timo; peraltro, lo stesso schema dantesco
tuisce un pilastro dell’intera vicenda, da cui del De monarchia, in cui la conquista del
si diparte un filone che, attraverso Virgilio, mondo ad opera dei Romani è considerata
giunge fino a Dante, l’altro pilastro della propedeutica alla diffusione del Cristianesi-
concezione di Reghini. mo, offre delle notevoli assonanze per le
Non si deve trascurare che nello stesso tesi di Reghini (con la cospicua dissonanza
periodo, un ex-allievo di Giovanni Pascoli, del ruolo alla Chiesa Cattolica!).
Luigi Valli29 e Adolfo Ricolfi30 impressero Non mi diffondo oltre su questo argomen-
un nuovo vigoroso impulso alle ricerche to, rinviando all’articolo di Toth, citato in
volte all’interpretazione esoterica dell’ope- nota, per ulteriori valutazioni critiche; mi

28 A Cortona si conservano i resti di un sepolcro detto “di Pitagora”; è stato fatto osservare che
potrebbe esservi stata confusione tra “Cortona” e “Crotone”.
29 Prematuramente scomparso nel 1931, mentre era in piena attività di ricerca.
30 Pubblicò Studi sui ‘Fedeli d’Amore’. I. Le ‘corti d’Amore’ in Francia ed i loro riflessi in Italia;
II. Dal problema del gergo al crollo d’un regno, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, rispettiva-
mente nel 1933 e nel 1940.
31 Pascoli scrisse tre importanti saggi sull’argomento: Minerva oscura (1898), Sotto il velame
(1900) e La mirabile visione (1902). Tutta la produzione di questa corrente interpretativa è quasi total-
mente non considerata dalla critica contemporanea.
32 E non solo islamica, come bene mette in luce Guénon, L’esoterismo di Dante, apparso nel
1925 (oggi edito da Atanòr).
33 Cfr. Miguel Asín y Palacios (Saragozza, 1871 - San Sebastián, 1944) arabista spagnolo, auto-
re del saggio La escatología musulmana en la Divina Comedia (1919).
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

preme ora invece considerare la consisten- tica nel mondo, come vuole Reghini, è una
za della tesi dell’esistenza della “Tradi- tesi insostenibile.
zione Italica”. Di nuovo ci troviamo di
Nella corrispondenza tra Reghi- fronte a limiti impres-
ni e Guénon34 quest’ultimo si sionanti nel pensiero
pronuncia su tale Tradizione, di chi, per altri versi,
e v i d e n t e m e n t e 35 a c c e t t a n d o è senza dubbio da
le affermazioni di Reghini36 considerare un Mae-
(forse per cortesia?) e chie- stro. Occorre tener
dendogli ulteriori illumina- presente che la stima
zioni. Tuttavia la linea Pita- di Guénon per Reghini
gora–Roma (Numa)–Virg i- non poteva non essere
lio–Dante, è solida e Gué- basata su più che solide
non l’accetta sostanzialmente fondamenta. Gli studi pita-
senza esitazioni37. gorici e quello su Agrippa sono
È difficile dire perché Guénon non letture non solo raccomandabili, ma –
abbia considerato (se non sporadicamente) così ritengo – necessarie, così come i nume-
la Tradizione Occidentale dopo il Medioe- rosi articoli. Si deve però “scartare” la sto-
vo38. L’introduzione di Reghini allaF i l o s o - ria della “Tradizione Italica” da Pitagora ai
fia Occulta di Enrico Cornelio Agrippa giorni presenti (ovvero, data l’epoca in cui
dimostra molto chiaramente la validità del- Reghini scriveva, i giorni di Mussolini, epi-
l’Ermetismo; del Ponte ha ragione, d’altra gono della grandezza italica!).
parte, quando menziona la Pax Deorum
come tratto peculiare di una Tradizione che § 4. L’imperialismo pagano e il fascismo
è certamente da esso connotata come mani-
La formulazione più esaustiva si deve ad
festazione di Quella Primordiale39. Ma l’Ita-
Evola (che, anzi, ne fornì addirittura due,
lia di Roma, come unico faro di luce inizia-
una per il pubblico italiano nel 1928 e una,

34 Cfr. Bizzarri, 2003: 120.


35 Non possediamo la lettera cui questa missiva risponde.
36 Guénon riconosceva per l’Occidente solo le tradizioni metafisiche di Aristotele e della scola-
stica (S. Tommaso d’Aquino), ritenendole però incomplete; il suo riferimento erano le tradizioni meta-
fisiche islamica, indù e cinese. Si deve osservare però che Guénon non escluse affatto l’esistenza di altre
tradizioni, pienamente valide come quelle orientali odierne, delle quali purtroppo sopravvivono solo
scarsi frammenti. Cfr. Di Vona, 1993: 58-59 n. 27 e p. 64 n. 64.
37 Bizzarri, 2003: 24 n. 14.
38 Guénon considera il Rinascimento come l’inizio della lacerazione totale ed irreversibile con
la Tradizione Primordiale.
39 È nota la disistima di Guénon per la civiltà romana in genere.
• 44 •

diversa, per quello tedesco nel 1933). ne metafisica, disegno che Evola – come s’è
Anche De Giorgio40 affrontò il tema, cer- detto sopra al § 2 n. 18 – intendeva trasfor-
cando di coniugare fascismo e cristianesi- mare in progetto42. Mi lascia perplesso l’a-
mo, ma qui mi soffermo su Evola. desione al fascismo, pur da una posi-
Non regnava affatto accordo zione molto critica43; non
tra questi autori: Reghini ed intendo qui diffondermi
Evola si scontrarono dura- sugli aspetti del pensiero
mente, dopo un fecondo di questo autore e dei
periodo di collaborazione, suoi rapporti col pote-
giungendo financo a re, aspetti pienamente
rivolgersi agli avvocati. studiati negli scritti di
Guénon era sempre criti- Di Vona e Bonvecchio
co con gli elaborati di citati prima. Evola
Evola41: un atteggiamento rifiuta una validità,
ben diverso da quello che rispetto al suo ideale di
teneva con Reghini. Tuttavia organizzazione sociale Tra-
l’intera impostazione del pensie- dizionale, alla dirigenza del
ro di Evola poggia sul concetto di Tradi- PNF, duce incluso44, al nazionalismo, e
zione, così come esposto da Guénon; il pun- a Hitler. Si schierò contro la guerra e la sua
to di distacco riguarda, come s’è detto, la posizione rispetto al razzismo è davvero
realizzazione di quel disegno che Guénon peculiare, ma è lontana dalla strada che poi
aveva ricavato all’interno di una concezio- condurrà ad Auschwitz.

40 De Giorgio (1890-1957) 1989 (pubblicato la prima volta solo nel 1973).


41 Di Vona, 1993: 25 s.
42 Di Luca (2003: 104 s. n. 16) riferisce un interessante brano di Veneziani, in cui si pone bene
in luce come il primato del guerriero, ovvero la preferenza evoliana per colui che agisce rispetto al sacer -
dote – a colui che contempla e conosce attraverso l’intuizione intellettuale abbia costituito il nucleo del
contrasto con Guénon.
43 Cfr. Bonvecchio, Evola e l’Impero interiore: una fine e un inizio, in Evola, 2004: 25 n. 41.
44 Questa posizione di Evola è consistente con il suo pensiero; si rimane perplessi invece nel-
l’apprendere degli episodi occorsi a Mussolini (cfr. Del Ponte, 1987: 33) e presentati quali sorta di inve-
stitura che il duce avrebbe ricevuto (o di rituale a suo favore) da parte di custodi o entità correlate alla
“Tradizione Romana”. Mi riferisco agli episodi relativi all’uomo che annunciò a Mussolini a piazza S.
Sepolcro che sarebbe diventato console d’Italia (console non nel senso moderno, presumo, ovvero di
agente diplomatico che cura funzioni pubbliche o amministrative all’estero, ma nel senso che il termi-
ne aveva a Roma antica; solo che i consoli erano due, e l’altro console, oltre a Mussolini, chi avrebbe
dovuto essere? Che predizione nebulosa!) e a quell’altro, vestito di rosso, che, dopo la marcia su Roma,
offrì a Mussolini un fascio littorio rinvenuto in uno scavo (clandestino, con tutta evidenza). Evola ave-
va la vista ben più lunga di questi “consacratori” del duce.
• 45 •
Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

Credo che, se al termine di un percorso te la più antica manifestazione documenta-


ferroviario, invece che alla stazione d’arri- bile di detta Tradizione – è perlomeno
vo, ci si trova con tutto il treno in un “esterno” alla vita della Roma arcaica46, e
pantano, si debba dedurre non ci sono riscontri docu-
che i binari solo apparente- mentabili per un impianto
mente erano paralleli, e che pitagorico della religio roma-
quindi il convoglio è na delle origini (per
deragliato. Intendo quel che se ne sa).
dire che, se si giunge Inoltre, mi sembra
a concludere che la piuttosto artificiale –
Riforma Protestante, la facendo riferimento ad
Terza Internazionale, un’età così antica –
la Chiesa Cattolica e separare la penisola
il bolscevismo sono italiana, quale distinta
“vittorie semitiche”, o se ci unità culturale (come si pre-
si aggroviglia tra tradizione senta nei secoli dal Medioevo
nordica e mediterranea (aqui- a oggi) dalle altre aree su cui
la e croce), i binari su cui si è fatto scor- Roma esercitò il suo dominio.
rere il treno delle argomentazioni non erano Sembra si voglia, con quella denomina-
proprio ben allineati. Ancor più, non si può zione, proiettare sulla remota antichità pre-
criticare il Cristianesimo e riconoscere un cedente l’impero romano l’attuale Italia
interlocutore nella Chiesa Cattolica, per via unita, dalle Alpi a Lampedusa, con capitale
del linguaggio magico e simbolico della sua Roma. Ma se, proprio ai confini di Roma
liturgia45. Il semplice buonsenso nega vali- arcaica (e poi anche dentro, perché i Tarqui-
dità a queste affermazioni. ni la dominarono!), si estendeva un popolo
(gli Etruschi) il cui idioma (e la lingua è
§ 5. Roma e l’Italia (antica, anzi: antichis - certamente un fattore culturale determinan-
sima) te di primo piano) non era neppure indoeu-
ropeo come il Latino!
Non accolgo la denominazione “romana e E che dire dei Punici?
italica” (che altri scelgono) per quella che Perché quindi Liguri ed Etruschi sarebbe-
ho fin qui chiamata “Tradizione Italica”. ro stati più “italiani” dei Galli o dei Traci?
In primo luogo, l’apporto pitagorico (Pita- Solo perché abitavano regioni che sarebbe-
gora è datato tra il VI-V sec. a.C.) – ritenu- ro entrate successivamente (ovvero secoli e
to determinante, se non addirittura fondan- secoli dopo) a far parte del territorio nazio-

45 Vd. Bonvecchio, in Evola, 2004: 47 s.


46 Anche se il re Numa si dice avesse seguito gli insegnamenti del filosofo greco.
• 46 •

nale? Avevano ragione i patrioti del Risor- religio, la connessione e l’equilibrio tra i
gimento a cantare dell’Italia che “schiava di concetti di f a s, i u s (e m o s). Non si sa quasi
Roma Iddio la creò”, perché si riferivano niente per i periodi anteriori al V sec. a.C.,
alla realtà del XIX sec. dopo Cristo! ma, per quanto ci è noto, non vi possono
Non mi sembrano quindi affidabili i crite- essere dubbi.
ri che basano sulla religione di Roma una Quanto poi alla continuità ininterrotta
tradizione che sarebbe stata comu- dalla caduta degli dèi pagani ai
ne a tutti i popoli della penisola, giorni nostri – escluden-
ovvero voler vedere Roma, fin do, per le ragioni
dai periodi più arcaici, come anzidette, da tale
paradigma o centro dei continuità gli epi-
popoli italici. sodi che sarebbero
Roma arcaica aveva occorsi a Mussolini, di
le sue peculiarità, cui sopra alla n. 44 – ne
discendenti dal mondo lati- chiede notizia Guénon a Reghi-
no, etrusco e anche greco, ma erano ni (v. sopra) e lo affermano De
sue e solo in parte – ed in misura e modali- Giorgio e Del Ponte (che sta approfonden-
tà distinte – comuni ai popoli della Peniso- do questi aspetti)48. Al momento sono dub-
la (e non a tutti). bioso, ma aspettiamo di vedere prove certe.
Parlare invece di “Tradizione Italica” mi E poi, ritorna l’Oriente. E rientra a diversi
sembra più equilibrato, in quanto consente livelli. Come si può, infatti, distinguere una
di includere tanto Roma che le realtà che “tradizione romana e italica” e separare
costituirono quella koiné culturale47 (che, l’arte divinatoria etrusca, che tanta parte ha
dal II sec. a.C. diventerà la koiné mediterra- avuto nel pensiero romano, dal Vicino
nea), cui, in misura diversa e con peculiari- Oriente Antico? L’aruspicina, l’arte di leg-
tà proprie, afferivano la Magna Grecia, gli gere il futuro nelle viscere della vittima
Etruschi, i Liguri, i Punici, i Sanniti etc. sacrificata, è di diretta importazione babilo-
Ma, ribadisco, non è minimamente in dis- nese: si veda il “fegato di Piacenza”. Ma il
cussione la validità della Tradizione Roma- confronto potrebbe continuare.
na, quale manifestazione della Tradizione Che dire dell’asse Pitagora–Virgi-
Primordiale, e, per accertarsene, è suffi- lio–Dante, quando è ormai appurato che
ciente studiare le fasi più antiche di quel non solo gli esordi del pensiero speculativo
pensiero religioso, il significato del termine greco hanno origini orientali49, ma anche la

47 Per esempio, l’adozione diffusa di varianti dell’alfabeto di Cuma, o il culto al santuario di


Pyrgi (ragione per cui abbiamo una specie di bilingue in punico ed in etrusco su due lamine auree), o
edificando templi (così a Roma arcaica) con evidenti criteri architettonici greci.
48 Del Ponte, 1987: 17 s. e n. 8.
49 Cfr. West 1993 (prima edizione del 1971).
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

poesia omerica (modello di quella virgilia- (molto probabilmente: aspettiamo notizie


na) ha pesanti debiti nei confronti della tra- contrarie da Del Ponte) e poco conosciute,
dizione dell’Asia occidentale50? Infine, e come la ricerca di un percorso attraverso
abbiamo già ricordato che perfino l’e- lo studio e l’azione, con l’esclusione della
stremità più recente dell’asse (Dante) regolare trasmissione iniziatica (il che mi
ha ricevuto influenze vicino-orientali appare come una forma di titanismo), sia
(islamiche)51. fonte di smarrimenti e confusioni: si
Ma, in generale, possiamo affer- noti la posizione cristallina di Gué-
mare che tutta la cultura greca e non, che si è tenuto lontano, da un
mediterranea ha accolto cospi- lato, da queste contaminazioni e
cue e determinanti influenze dall’altro la contraddizione di
asiatiche; non mi soffermo a aver collaborato con articoli e
tracciare un quadro che scritti ad un supplemento di
sarebbe vastissimo, e mi un giornale chiamato
limito a rinviare al Regime fascista!
lavoro di Burkert52.
È chiaro che non
§ 6. Alessandro e il
si possono separare
nodo di Gordio
nettamente i feno-
meni culturali che si sono verificati nella Certamente, la matassa è ingarbugliata.
penisola italiana dal mondo asiatico e quin- Rifiuto della democrazia e regimi fascisti,
di è del tutto arbitrario contrapporre una gerarchie spirituali e razzismo, nazionali-
“tradizione romana e italica” a tradizioni smo e Tradizione “romana-italica”, esalta-
dell’Asia Anteriore. zione militarista e ruolo cosmico dei sacer-
Appurato questo aspetto, chiediamoci da doti-guerrieri, bolscevismo e dèi arcaici: e
dove nasca l’esigenza di tracciare quell’ar- questa è solo una parte dei concetti che, in
tificiale distinzione. Non è certamente un un periodo storico così disperato – come
caso che questa nasca mentre esplodono i abbiamo rilevato innanzi – s’intrecciano
fermenti di quel movimento che porterà il alla vigilia del più terrificante massacro del-
fascismo al potere. la storia europea (e non solo).
Concludiamo, dopo aver rilevato come sia Se ci mettessimo a dipanare i singoli temi,
azzardato ricollegarsi a tradizioni estinte cercando di distinguerne percorsi, deviazio-

50 Cfr. West 1997.


51 Su scala più ridotta, anche il sottoscritto ha avuto occasione di rilevare notevoli parallelismi
tra episodi della Divina Commedia e l’importante filone poetico mesopotamico detto Epopea di Gilga -
mesh. Cfr. Gilgamesh e Dante: due itinerari alla ricerca dell’immortalità, in Placella - Palumbo [eds.],
1995: 281-297.
52 Burkert 1992.
• 48 •

ni, assimilazioni, sdoppiamenti e altro, non mezzo secolo, l’aggettivo “fascista” è di uso
riusciremmo comunque ad uscirne con un comune – non solo a Sinistra, ma persino a
quadro chiaro ed esauriente: in Destra! – per definire chi
altre parole, usando un’imma- o ciò che si presenta
gine storica, se facessimo come autoritario, reazio-
così, non avremmo mai nario, con marcata con-
potuto divenire signori del- notazione negativa. Sic
l’Asia. semper tyrannis!
Alessandro il Grande, Ma vediamo quale
invece, dopo aver invano nodo va reciso su un pia-
tentato di sciogliere il no esoterico.
nodo53, estratta la spada, lo Se, come qui si è stabi-
recise. E regnò sull’Asia54. lito quale assunto, il fine
La spada fa parte degli stru- del percorso esoterico consiste
menti del Libero Muratore55: nella liberazione dagli involucri
davanti a questo nodo, sguainiamo la nostra dell’e g o, ovvero nel superamento dell’“Io”
spada e tagliamo, separando la confusione per l’Identificazione Suprema con il Sé,
dal cuore della questione. occorre subito dire che il nodo è piuttosto
Sul piano storico, il nodo dell’imperiali- facile da recidere.
smo romano redivivo, intrecciato col fasci- L’“Io” vive in un regime di dualità, quale
smo, a sua volta annodato al desiderio della l’opposizione tra “soggetto che conosce”
volontà di potenza e alle vicende dei rituali (l’“Io” o ego) e l’“oggetto conosciuto” (il
su cui riferisce Del Ponte, volti ad assicura- resto del mondo, ovvero l’altro).
re la vittoria alle armi italiane (prima nella Non è possibile ora addentrarci in una sia
Grande Guerra, poi durante il fascismo)56, pur breve e superficiale descrizione delle
fu reciso definitivamente a Roma dalla spa- proprietà o caratteristiche dell’“Io” rispetto
da del 4 Giugno 1944. Da allora, dopo oltre al Sé; dobbiamo solo, nella presente circo-

53 Si tratta del “nodo di Gordio”, custodito in un tempio, nodo del quale si diceva che chi fosse
riuscito a scioglierlo avrebbe regnato sull’Asia. Alessandro, mentre avanzava col suo esercito in Asia
Minore, combattendo i Persiani, entrò nel tempio e sciolse a modo suo il nodo. Una più profonda lettu-
ra del simbolo (che non interessa il livello che qui consideriamo) è fornita da Guénon, 1991: 24.
54 Raccomando di leggere la versione romanzata (ma storicamente pienamente affidabile) del-
l’episodio nella trilogia sulla vita di Alessandro Magno scritta da Valerio Massimo Manfredi (1998, vol.
II: Le sabbie di Amon, cap. 44). Così Manfredi descrive il colpo sferrato da Alessandro sul nodo: la lama
balenò come una folgore (ibid.).
55 Tanto per fare un esempio, anche il Copritore Interno impugna la spada per “ammettere” ciò
che è ammissibile e “ricevere” ciò che in seguito deve svilupparsi nell’ambito del Lavoro Rituale.
56 Del Ponte, 1987: 32-34
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

stanza, notare come la divisione tra “Io” e esoterico, perché permette di rientrare dalla
“non-Io” possa assumere degli involucri finestra a quelle pulsioni che credevo di
esterni più ampi. Mi spiego. aver espulso dalla porta.
Io posso dire che non mi curo tan- Risulta quindi davvero curioso che
to di me stesso come individuo, un nazionalismo, per non dire un fasci-
anzi, che sacrifico volentieri me smo, che del nazionalismo è una
stesso, ma voglio che 1. la mia variante particolare, ma che con esso
patria, 2. la mia razza, 3. la mia spartisce l’idea dell’affermazione di
chiesa, 4. il mio partito, etc. si un “involucro esterno dell’Io”57,
a ffermino o, addirittura, possa fungere da sede ideologi-
sovrastino 1. le patrie ca e politica per una Tradi-
degli altri, 2. le razze zione (sia essa italica,
degli altri, 3. le chiese romana, nordica o altro),
degli altri, 4. i partiti che è di natura esoterica.
degli altri etc. Non posso ad un tempo affer-
Nel dire questo, lungi dal liberarmi del- mare la MIA parte e tendere al superamen-
l’involucro del mio ego, io lo rafforzo, in to dell’e g o, perché esprimo due volontà che
quanto, da un lato, scorgo di meno l’e g o vanno in inconciliabile contraddizione tra
(infatti dico che non mi curo tanto di me loro58.
stesso) e lo desidero però trionfante, come E, con questa succinta considerazione,
parte di un’unità superiore (ma sempre egoi - ritengo di aver assestato un primo fendente
ca!) perché la patria, la razza, la chiesa, il al nodo.
partito che voglio vincenti sono quelli in cui
IO mi trovo, di cui IO faccio parte, con § 7. Esoterismo e “democrazia”
esclusione delle analoghe unità degli altri. La Loggia massonica ha, non solo simbo-
La coltivazione di questi involucri esterni licamente, ma anche storicamente, la valen-
si oppone pertanto nettamente al percorso za di un universo in sé concluso.

57 Molto più complesso del caso del nazionalismo è quello del fascismo, in cui l’individuo è fun-
zionale alla società (Per il fascismo la società è fine e l’individuo è mezzo, e tutta la vita della società
consiste nell’assumere l’individuo come strumento dei fini sociali, affermò Alfredo Rocco), ma questa
si riconosce solo a livello di parcellizzazione della specie umana: che sia stato possibile confondere la
subordinazione dell’individuo a favore della società (così come concepisce il pensiero fascista) con il
superamento dell’ego, in funzione dell’identificazione con il Sé Supremo è davvero opera demoniaca!
58 Bisogna dire che Evola prese le distanze dai presupposti di quelle teorie, allorché polemizzò
contro Gentile (Gentile non è il nostro filosofo, Ordine Nuovo I, 4-5, luglio-agosto 1955, pp. 25-30). Il
dissenso verteva proprio sul tema della volontà concreta ovvero della storicità dello spirito, negando le
quali quindi si contestavano le basi teoriche stesse dell’idealismo gentiliano, che militavano contro l’i-
dea di imperialismo propugnato da Evola, in quanto realizzazione della Tradizione (realizzazione che
il fascismo avrebbe dovuto attuare).
• 50 •

Questa dimensione storica, su cui ci sof- In contro-tendenza a queste spinte, si pose


fermiamo, è stata ben posta in luce in studi invece – nella prima metà del XX secolo –
recenti59; in essi si è documentato come – il fascismo, il cui pensiero attribuí il prima-
fin dalla prima metà del Settecento – si to alla società – quale parcella della specie
costituissero nelle Logge forme di biologica – sull’individuo, consi-
auto-governo, in cui i membri derato solo come mera com-
godevano di pari “fraterna” ponente di quella61.
dignità, pur inquadrati in Mi chiarisco con un
una gerarchia meritocrati- confronto. Non sono pie-
ca che – a differenza di namente d’accordo con
quella della società “pro- Sérant62 quando pole-
fana” – non derivava dalla mizza contro un concet-
nascita. Dette forme to di fondo formulato da
appaiono quindi come espe- Louis Pauwels e Jacques
rimenti tesi a creare un nuovo Bergier63, sul comune carat-
tipo di socialità, per molti versi tere “universalista e ottimi-
contrapposto allo stato “esterno alla sta” delle due ideologie, pur divi-
Loggia” del tempo, dominato dal dispoti- se e contrapposte (liberalismo e comuni-
smo, dalla stratificazione sociale per censo smo), cui facevano riferimento i vincitori
e dalle chiese. della Seconda Guerra Mondiale. Ad essa si
Naturalmente non si deve pensare ad una opponeva un’altra ben diversa concezione,
contrapposizione netta “Mondo delle Log- pessimista sull’umanità, considerata divisa
ge” contro “stato della monarchia assoluti- tra razze superiori ed inferiori (quindi anti-
stica, dell’aristrocazia e del clero”; la realtà universalista), che Sérant invece avvicina al
era molto più sfumata e variegata. Comun- totalitarismo sovietico. Egli inoltre pole-
que attraverso le esperienze delle Logge si mizza con i due autori sull’accostamento
costituì un “brodo di cultura” in cui si svi- del fascismo “alle dottrine tradizionali e al
lupparono i germi della società moderna, e loro antimodernismo”.
da cui presero l’avvio i movimenti politici Sia il comunismo/socialismo che il libera-
di massa democratici quali il liberalismo e lismo – pur nelle loro deviazioni o aberra-
il socialismo60. zioni – discendono entrambi da movimenti

59 Rinvio a Jacob 1995 (trad. dall’originale del 1991) e Cazzaniga 1999.


60 Cazzaniga, 1999: 18 et passim.
61 Rinvio al bellissimo Reich 1974 (orig. del 1933), le cui tematiche sono poi ampliate nel suo
testo del 1972 (orig. 1953). Reich ha idee originali e discutibili, ma le sue intuizioni e analisi sono cer-
tamente penetranti.
62 Sérant, 1990: 251-254.
63 Concetto espresso nel loro libro, Il mattino dei maghi, 1963 (trad. dall’originale del 1960).
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

ideologici64, che nelle Logge settecentesche za (Hitler, Mussolini) o, su un piano ben


hanno i loro precursori e antenati. Tratto diverso, s’intende, la fede nei destini impe -
comune ad entrambi è l’accento posto sulla riali di Roma contro i [...] sogni del pacifi -
felicità dell’individuo e sui suoi diritti nei smo, dell’umanitarismo, della demo -
confronti dello stato65, e quindi Pauwels crazia, del socialismo (Reghini).
e Bergier hanno ragione al di là delle Vediamo meglio la posizione di
contingenze storiche riferite da Reghini, che, a diffe-
Sérant, che invece rifuta di consi- renza dei due ditta-
derare il comunismo sovieti- tori fascisti, agogna-
co – ricordiamo che il suo va un primato soprat-
libro è del 1977 – discen- tutto spirituale per l’I-
dente dallo stesso cep- talia pagana.
po delle democrazie Dante nel De monarchia
occidentali. aveva considerato i Romani
Ma ha invece ragione Sérant (e torto Pau- come popolo prescelto per unifi-
wels e Bergier) nel distinguere il Pensiero care il mondo (o cospicua parte
Tradizionale dall’ideologia fascista. Infatti di esso, preciseremmo oggi) sot-
la subordinazione, ovvero la “compressio- to il loro impero, affinché il Cri-
ne” dell’“Io” è richiesta dal pensiero fasci- stianesimo vi si potesse diffondere agevol-
sta per una finalità biologica di sopravvi- mente. Un disegno della Provvidenza divi-
venza e affermazione di quella parte della na, che dev’essere inquadrato sia nel conte-
specie che è la società, mentre il supera- sto delle opere di Dante, sia nel contesto
mento delle barriere dell’e g o per consegui- politico del tempo, travagliato dal conflitto
re l’Identificazione Suprema ha un’incom- tra papato e impero. In questa fase storica la
parabilmente diversa traiettoria e finalità. concezione politica dantesca discendente
L’errore di Pauwels e Bergier è comple- dal poema sul viaggio ultramondano della
mentare a quello dei fautori dell’“imperiali- Divina Commedia, assume il suo reale
smo pagano”. Ma, per tornare alla spada di significato.
Alessandro, mi sembra semplicemente Ma Reghini recupera – soltanto in pieno
assurdo che si possa trovare un nesso che XX secolo, 6 secoli dopo! – lo stesso sche-
unisca in una medesima concezione la ma adottato da Dante (ma senza l’inquadra-
visione di Dio che Dante descrive nel canto mento di una Divina Commedia!), sosti-
XXXIII del Paradiso66 e la difesa della raz- tuendo cristianesimo con paganesimo (pita-

64 Cfr. Cazzaniga 1999.


65 Jacob, 1995: 32-35.
66 Nell’interpretazione esoterica della Divina Commedia questo è l’episodio che rappresenta l’I-
dentità Assoluta.
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gorico). Roma – e qui il deragliamento è menti relativi alla Massoneria a Napoli


irreversibile – è sempre Roma, o meglio l’I- durante la Rivoluzione Francese, scrive: La
talia di cui Roma è il centro, come dottrina delle nuove logge non era più
nello schema dantesco. L’inattua- quella tradizionale: non si stu -
lità è per taluni un vanto (e diava più il simbolismo nei
già Dante, nel suo XIV gradi superiori, la kabba -
sec., era inattuale), ma lah, l’alchimia e le altre
quella di Reghini (e scienze occulte, ma si
di Evola dietro a lui) è parlava di politica, di
al di là di ogni ragio- libertà, di abbattere i
nevole eccentricità! tiranni e così via.
Fin qui abbiamo
spesso sfiorato, senza Non è questa la
mai toccarlo, un altro sede per toccare un
problema, relativo al argomento così com-
rapporto tra “consenso” plesso; ricordiamo solo
ed “investitura”, ovvero tra che storicamente nelle Log-
elezione “dal basso” o “dall’al- ge, fin dagli inizi del XVIII
to”, rapporto che si riflette in parte su sec., non si praticava certo la
quello “libertà, uguaglianza e fratellanza” democrazia diretta [...] [ma, anzi,] i rappre -
rispetto alla “gerarchia”. sentanti eletti [...] governavano in modo
Molti Maestri hanno scritto pagine di fuo- quasi autoritario70.
co sull’argomento: Guénon ha parlato di Chi scrive ritiene che l’Istituzione Libero
“penetrazioni democratiche”, accusando Muratoria abbia saputo fin dai suoi esordi
Anderson e Desaguliers (pastori protestan- nella sua forma moderna, coniugare armo-
ti, e quindi anti-cattolici!) di aver perpetra- niosamente le due direzioni, quella del con-
to scientemente con le Costituzioni nel senso e dell’investitura: ma questo è un
1723 questa deviazione67. Reghini incolpa il argomento così vasto e complesso che
movimento dell’Encyclopédie per aver ini- richiederà uno studio a parte.
ziato un coinvolgimento politico che culmi- Mi limito ad un accenno introduttivo per
nerà nella partecipazione alla Rivoluzione questo tema.
Francese68, e, analogamente, Gastone Ven- La Massoneria è l’Istituzione cui Guénon
tura69, descrivendo l’evolversi degli avveni- riconosce validità iniziatica; ad essa quindi

67 Cfr. Sérant, 1990: 196-201


68 Cfr. Di Luca, 2003: 137-139.
69 Ventura, 1980: 30.
70 Jacob, 1995: 28.
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Sulla “Tradizione Italica” negli anni ‘20, P. Mander

spetta il ruolo di formare la nuova élite che l’unica che possa stabilire l’ordine, e,
– secondo Guénon – preparerà la restaura- accanto ad essa, mantiene anche la demo-
zione dell’ordine normale (ovvero: Tradi- craticità, quale uguaglianza e armonia dei
zionale)71. Giustamente Essa mantiene quin- tanti, tessuto della nuova era, quando, ter-
di la struttura verticistica, che consente la minato il Kali yuga, si tornerà alla società
discesa dall’Alto dell’influenza spirituale, con un’unica casta72.

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71 Cfr. Sérant, 1990: 76-79.


72 Guénon, 1972: 16 (orig. del 1929).
• 54 •

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II Cinabro sintesi dello spirito
di Bent Parodi
Saggista

True Alchemy is an initiatory process, and the alchymist is, in his turn, an initi -
ate, who knows that his neverending work does not aim at the profane gold, but at
the inner gold, which represents the real athanor. The Cinnabar, i.e. the sulphur
sulphide, is nothing but the essential symbol of a process of inner research, which
the Author tries to describe in its complex esoteric implications.

iamo i n questo mondo senza tut- perennis o sanathana dharma, per dirla alla
tavia essere di questo mondo: non maniera degli indù: ovvero religiosità eter-
è un gioco di parole, bensì una na, che si nutre e sostanzia della dialettica
conquista della coscienza, che indica un nascita-morte-rinascita.
modo d’essere, quello pertinente all’inizia- Iniziato è colui che sa vivere simbolica-
to. D’altronde è ben evidente che l’in-ire mente, che in ogni cosa legge costantemen-
presuppone una metànoia, una radicale te la cifra dell’unità. Ed è proprio la r e d u c -
“conversione” (da cum e vertere) che è tio ad unum la naturale propensione dell’E-
esattamente l’esito dell’Opus magnum. soterismo, che nell’ambito d’una generale
È bene ricordare che il mito, il rito e il dimensione simbolica si affida a molteplici
simbolo (quello della luce, in particolare) linguaggi o metodiche.
costituiscono il fulcro di qualsiasi esperien- Fra questi un ruolo essenziale è rivestito
za iniziatica autenticamente vissuta. dall’Alchimia, l’arte regale. Essa non è
L’Esoterismo – come dicevo altrove – comprensibile senza un’adeguata decodifi-
non è una moda che ciclicamente risorge cazione simbolica. Ai più il suo caratteristi-
dalle ceneri del razionalismo materialista: co linguaggio suonerà astruso, infantilmen-
esso è una modalità esemplare, un approc- te incomprensibile; a coloro, che hanno
cio specialissimo nei confronti della realtà acquisito la chiave maestra, i suoi segreti
universa. In tal senso è senza tempo, sophia appariranno in assoluta evidenza.
• 56 •

Totius rei imperator è l’iniziato all’Al- Buddha l’aveva ben compreso: il Nirvana,
chimia: egli, se ha ben compreso l’“arte”, in verità, non è una condizione di annichili-
non sarà mai uno stupido libertino o un ateo mento, bensì di indefinita espansione di
semplicemente perché, appresa la lezione, coscienza, la grande conquista dell’alchimi-
saprà dominarsi e dominare, plasmando sta-iniziato, che velò la verità in termini
nuova vita in forme inedite. In tal senso simbolici tali che gli immatu-
l’alchimista stesso sarà ri non seppero comprende-
diventato Rebis, l’an- re, ma che pure erano
drogino ritrovatosi assai semplici (chi è quali-
sulla soglia del ficato non ha mai diff i c o l-
massimo mistero tà a coglierne il senso).
conoscitivo: l’i- “Fare Alchi-
dentità del rea- mia” non vuol
le, l’Unità del- dire affatto fare
l’Essere. sfoggio di elucubrazioni vane, ma padro-
L’autentica via che conduce alla libera- neggiare la realtà facendosi Realtà. E non
zione (la salvezza è il fine delle religioni occorre neppure leggere tanti libri, basta
storiche) è la “Via della parola”, il control- solo interrogarsi nel profondo, isolandosi
lo del mythos che è altra cosa dal Logos, la dalle distrazioni della routine: ciascuno ha
“parola umana” espressione della ragione in sé tutto ciò che occorre, tutto è nell’inti-
discorsiva che frammenta, rende molteplice mo (panta éisó, come diceva Plotino), il
l’unità del pensiero intatta nel mythos, la mondo non è che l’autodisvelarsi della
“parola sacra”. Coscienza.
Perciò, recuperare la “parola perduta” è San’a al-Kimiya, “Arte della pietra filo-
riacquistare la dimensione vera del mito, sofale”, o più semplicemente al-kimiya.
ovunque e comunque esso si presenti alla II termine – come noto – è arabo, ma di
coscienza. L’Alchimia non può ambire di ispirazione vetero-egiziana: k e m i, nell’anti-
più: essa è tecnica della metafisica, la sua ca lingua dei faraoni, sta per “terra nera”, il
traduzione a livello sperimentale. L’alchi- limo del Nilo che garantiva l’esistenza in un
mista – lo ripeto – è un iniziato e ogni ini- paese perennemente insidiato dall’avanzare
ziato che si rispetti è un genuino alchimista: del deserto.
egli sa bene che sia il “vil metallo”, sia Questa associazione semantica fra
l’“oro”, non cercherà il fornello ma se stes- “Alchimia”, nel senso tradizionale della
so in se stesso, l’athanor al centro dell’esse- parola, e l’antico egiziano kemi è del tutto
re profondo. Il tramite di questa riscoperta è giustificata. Il limo, nero e apparentemente
il pensiero, fonte inesauribile di potere che amorfo (corrisponde allo stato della nigre-
va solo disciplinato in modo conforme do, l’opera al nero), celava gran varietà di
all’ordine cosmico, creativo: retto pensiero forme, ricche di vita, fertilizzava il suolo
si esplicherà in retta azione. E questo il ormai arido dell’Egitto, puntualmente al
• 57 •
II Cinabro sintesi dello spirito, B. Parodi

mese di Luglio di ogni anno (inizio dell’i- Alchimia, o “Arte Reale”, è propriamen-
nondazione). K e m i, dunque, rappresentava te l’arte della trasmutazione: insegna a crea-
il “preformale”, il “potenziale” da cui sareb- re, modificare le forme imitando la natura
be scaturito l’universo delle forme (al modo divina, i processi dinamici del Demiurgo, il
del rapporto essenza-sostanza, vir- Divino impersonale. L’alchimi-
tuale-effettivo). sta, che deve essere necessa-
Questo limo, sedimentazio- riamente un iniziato, coopera
ne delle acque nilotiche, corri- coscientemente con il piano
spondeva, allo stato semili- del Grande Architetto dell’U-
quido, a ciò che, materia- niverso (per rifarci a una
lizzato, si definisce “pie- definizione tipicamente
tra grezza”, nel linguag- massonica).
gio massonico. E perciò era Dal fraintendimento
suscettibile di trasmutazione, di del linguaggio alche-
raffinamento continuo in forme di mico, fra un tenta-
vita sempre più perfette e assimi- tivo mal riuscito e
labili al modello esemplare, l’op - l’altro dei cosid-
timum dell’individualità, la sua detti “soffiatori”, è
massima espressione. nata la chimica moderna: con tutto il suo
L’Alchimia, evolutasi in ambiente ales- bagaglio tecnico, la quale perciò è storica-
sandrino, non è che espressione sperimenta- mente creatura spuria d’un modello a torto
le dell’insegnamento ermetico, del fondo malfamato (ciò che accade allorché si perde
sapienzale contenuto nel Corpus Hermeti - i1 senso autentico delle parole, delle formu-
cum, rivelazione di Ermete Trismegisto, il le). L’Alchimia, in senso letterale, è “chimi-
“tre volte grandissimo”. ca trascendentale”, laddove la scienza
Anche l’India antica e la Cina taoista moderna, che ne è derivata, non è che bana-
hanno conosciuto forme notevoli di Alchi- le applicazione di alcune leggi a livello
mia, la quale perciò non è cresciuta nel- fenomenico. Ciò malgrado si è confusa la
l’Occidente, ed è d’altra parte riscontrabile “parte” con il Tutto, si è privilegiata la fra-
in nuce anche al livello di culture tribali, zione applicativa con l’intero complesso
sciamaniche. dell’edificio arcaico, sul quale era già cadu-
La verità è che la sapienza, l’unica ta la polvere quando fiorì l’Alchimia stori-
sapienza, parla la stessa lingua in tutte le ca di età medioevale (la “perdita del centro”
società, al di là della specificità espressiva risale – in realtà – al tempo del collasso del
delle differenti terminologie. Ovviamente, mondo antico).
comunque, il linguaggio dell’Alchimia La “trasfigurazione” operata dalle nor-
mediterranea ci è più familiare e solo per me alchemiche è, in fondo, evidente a chi
comodità ci rifaremo a esso, nelle sue linee sappia riflettere sul significato dei simboli,
fondamentali. costituiti in questo caso dai caratteristici ter-
• 58 •

mini della Alchimia tradizionale. Qui basti tempo, è “riunire ciò che è sparso”, disper-
esaminarne solo alcuni e si vedrà subito il so, frammentario. Si tratta di ricomporre in
senso profondo che essi prefigurano. unità gli aspetti molteplici del mondo, o
L’alchimista, fondamentalmente, dell’individuo (il che fa lo stesso, per la
si propone di trasformare il “vil nota analogia fra micro e macrocosmo).
metallo” in “oro”, operazione Ciò vuol dire che “riunire quel che è spar-
tentata alla lettera nel Medio so” equivale esattamente a suturare i vari
Evo. Ma l’oro, qui, ha il piani del Reale.
significato evidente dell’a- Al medesimo significato rinvia
nima, liberata dalle sue l’altra immagine esemplare dell’Al-
incrostature storiche, final- chimia: il Rebis. Si tratta dell’An-
mente ricongiunta al Prin- drogino primordiale, l’Essere ases-
cipio cosmico. suato in cui le polarità (maschile-
E l’oro alchemico non è femminile) sono compresenti in
altro che un modo per dire quanto divenute unità
“pietra filosofale”, cioè lo compiuta.
spirito che costituisce il noc- L’operazione, a
ciolo energetico dell’anima carattere trascen-
individuale. Questa “pietra”, dentale, costitui-
ripresa dal lessico dei Liberi sce l’opposto
Muratori, equivale al “Graal” del- paradossale del
l’esoterismo cavalleresco di età medioeva- processo creativo, il quale per sua natura
le: il reale per eccellenza, il “ciò che vera- tende a differenziare, laddove la reductio ad
mente è” di platonica memoria, l’ unica per- unum consiste nell’azione inversa, riporta-
manenza autentica nel mobile flusso delle re la realtà molteplice all’Unico indifferen-
i m p e r-manenze fenomeniche. E che cosa ziato. Il segreto dell’Alchimia è celato nel
c’è di veramente stabile, indefinitamente momento (intemporale) in cui l’individuo è
durevole, in questo universo dalle forme recuperato all’Assoluto, con un atto di
poliedriche? appercezione metalogica. È l’assimilazione
L’energia, o spirito per dirla al modo al Divino, che nella misteriosofia ellenica
religioso. corrisponde all’identità Atman-Brahman
Questa forza, di matrice trascendentale, della mistica indù. Questo atto costituisce il
crea continuamente, è circuito integrato di culmine del sentiero alchemico, il suo uni-
vita incessante. Ecco, la vita è l’espressione co fine: la divinizzazione dell’uomo.
dell’Essere nel mondo dell’esistenza, esse- Recuperare l’androginia primordiale, la
re che si “fa” atto col sacrificio mistico del- condizione sferica cui allude Platone, o la
la vibrazione esemplare. Compito dell’al- beatitudine dello stato edenico, in termini
chimista, come già del cavaliere del Graal, simbolici, e perciò concreti, è l’obiettivo di
del Templare, dell’iniziato autentico d’ogni ogni iniziato. Per farlo occorre conoscere le
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II Cinabro sintesi dello spirito, B. Parodi

modalità dello spirito, definibile come ener- Generazione-dissoluzione-rigenerazio-


gia indifferenziata allo stato puro o infinito, ne: sono le tre fasi, fondamentali, del lavo-
e n e rgia, tuttavia, che è protesa a “differen- ro alchemico nell’athanor, il mitico forno
ziarsi” per sovrabbondanza ontologica. che allude al complesso dell’individuo,
L’alchimista sa bene che non è possi- alla sua anima che vive il
bile trasfigurare la realtà, o autotra- travaglio della palingenesi
scendersi in modo immediato (cioè iniziatica.
“senza mediazione”). Il “vil metallo” che era
Perciò la sua “opera” sarà rivolta il “profano” si trasfigura,
a rimodellare l’oggetto, così come lo nel tempo, in “oro”, l’inizia-
scultore crea sulla pietra informe, to autentico (e non virtuale)
l’artigiano sull’argilla informe, ma che ha conosciuto all’interno di
suscettibile di forme indefinite. sé la vicenda cosmica della mor-
L’alchimista, che è artista esem- te e della resurrezione, l’invol-
plare, obbedisce alla legge del solve versi e il ri-evolversi dello spiri-
et coagula, processo di maturazione, to che è in ciascuno di noi.
apparente annichilimento cui fa Il simbolismo del lessico
seguito una nuova “solidificazio- alchemico (bastino gli esempi
ne”, materializzazione del modello fin qui citati) è chiaro a chi
intuito. Dalla nigredo all’albe- ha orecchie per intendere.
do, dal “nero” (il virtuale, prefor- Resta, invece, da dire mol-
male assimilabile alle acque abis- to sulla tecnica dell’Alchi-
sali, al chaos del linguaggio mitico) al mia una volta svelato il suo scopo (l’im-
“bianco”, la manifestazione creativa, nuova mortalizzazione dell’individuo, la sua rein-
alba del processo universale, l’alchimista fa tegrazione nell’Assoluto). In altre parole,
opera d’arte (e, perciò, il suo opus è ars come si fa in concreto a trasformarsi e a tra-
regia, arte regale). Dal sale al mercurio, dal sformare, da “vil metallo” in “oro”? Qual
mercurio allo zolfo, dalla materia via via era il segreto dell’artista? Una risposta com-
mondata allo spirito ripristinato nella sua piuta può darsi solo comprendendo a fondo
informità, la trasfigurazione, o metamorfo- la natura della realtà, facendo ricorso alla
si, appare itinerario graduale, che richiede suprema sapienza dell’esoterismo universa-
pazienza e concentrazione. L’Alchimia non le: il cosmo è mentale, il processo della
deve aver fretta; in altre parole la “pietra” creazione è, letteralmente, una ideofania,
deve essere sgrossata con progressività, raf- “rivelazione dell’Idea”.
finata e, infine, resa cubica, poi circolare, Tutto il complesso dell’universo manife-
col segreto iniziatico della “quadratura del stato è incessante movimento, all’apparen-
cerchio”, cioè del “ritorno all’Uno”, per za senza fine: ogni cosa, in ultima analisi, si
usare una tipica espressione della filosofia riduce a vibrazioni, a frequenze vibratorie,
neoplatonica. più precisamente. Tutte le cose, in verità,
• 60 •

sono manifestazione diretta dell’unica For- Questa conoscenza non ha nulla a che
za che crea e conserva i mondi, riplasman- vedere col pensiero discorsivo (la ragione,
doli indefinitamente (l’Energia è l’Alchi- la diánoia dei Greci), è “identifi-
mista universale, modello di ogni ini- cazione mistica”, atto transra-
ziato autentico). zionale che si risolve – per
L’universo è una sola, grande dirla con Plotino – in un
idea, l’Idea del Grande Architetto al incontro di “solo a solo”. E
quale basta pensare le cose per di conoscenza in conoscen-
crearle nella varietà dei colori (sen- za si vanno saturando i
sazioni psichiche) e dei loro feno- livelli della realtà “univer-
meni (emergenza dell’Essere mani- sa”, rivolta all’Uno.
festato). Ma conoscere in senso
Ammettiamo pure, per eccesso di radicale significa “realizzare”,
cautela, che l’uomo costituisca un dal momento che ogni azione
unicum nella storia universale. è preceduta a livello logico e
Ebbene, il ragionamento di fondo metalogico da un pensiero cor-
non può mutare: se l’intelligenza si è rispondente, emanato dall’ar-
manifestata e tende ad autovaloriz- chivio cosmico della Mente
zarsi ciò vuol dire, e in modo infinita che è al di là dello
incontrovertibile, che l’universo spazio e del tempo.
stesso è Idea, che esso contiene in Non si ceda alla tentazione
nuce il pensiero come possibilità supe- del pampsichismo solipsista:
riore di manifestazione. dire che l’universo è mentale, idea
In piccolo, ciascuno di noi può aver fat- del Divino impersonale, non signifi-
to talvolta personale esperienza del sostra- ca che tutto, almeno sul piano del
to psichico della realtà. Quante volte, in relativo, sia sogno instabile da scartare
fase di relax, abbiamo immaginato ciò che, assieme al rifiuto della vita ordinaria dell’a-
poi, si è effettivamente concretizzato, in zione. E se anche i nostri atti individuali e
ossequio alla legge della volontà, del desi- collettivi, di società, al fondo si rivelano e
derio. Un regime simpatetico (nozione, que- sono manifestazione di idea e idee, ciò rive-
sta, tipicamente ermetica) rende solidali gli la semplicemente la verità del processo ana-
esseri fra loro, lega i piani della manifesta- logico uomo-Dio. L’ideofania cosmica è
zione: così il simile conosce il simile, ogni reale, in quanto emanazione diretta del Prin-
conoscenza autentica risolvendosi in identi- cipio, un’idea qualsiasi non ha, neppure in
ficazione fra soggetto che conosce e ogget- campo umano, minore realtà di un evento,
to conosciuto. E così soltanto, ammettendo una azione qualsiasi. Solo il suo grado di
l’unità del Reale e l’omogeneità di tutta la realtà è, ovviamente, più debole di quello
creazione, può spiegarsi la possibilità che espresso dalla Forza trascendente, iperco-
ha il “piombo” di trasmutarsi in “oro”. smica: sta all’individuo autotrascendersi
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II Cinabro sintesi dello spirito, B. Parodi

alchemicamente per realizzarsi in modo Si sfugge al destino, agli effetti delle


più compiuto, conforme all’idea- cause, semplicemente vibrando a una
zione universale. diversa frequenza, più elevata: il
Questo progetto implica, che equivale a dire che basta
in ogni cosa, una volontà imparare a pensare in modo
determinata, il desiderio diverso, a manifestare un
creativo; presuppone l’i - diverso stile di pensiero e
mitatio Dei secundum conoscenza per sfuggire alla
naturam, perché solo ruota della necessità, del
rendendosi simili al flusso incostante delle avver-
Divino si è davvero sità. A tanto vale l’iniziazio-
divini nell’essenza e ne, che è propriamente uno
nella manifestazione scarto ontologico, una
conseguente. mutazione cosciente del
La vera Alchimia è proprio regime esistenziale.
mentale, non lasciatevi Iniziarsi significa realmente
trarre in inganno dalle dif- autotrascendersi, morire alla
ferenze linguistiche. Quel condizione profana per rinascere a
che conta è il senso autenti- un nuovo e più puro stato di com-
co e fondativo delle cose. Se il prensione totalizzante.
mondo è musica, in quanto pro- Non bisogna dunque cedere alla ten-
dotto delle vibrazioni dell’unica tazione di continuare a considerare l’alchi-
Forza, musica come armonia di mista circondato da alambicchi e provette,
note è il nostro pensiero, il Pensie- o con il berretto a punta. Immagine stereo-
ro stesso come realtà autonoma. Le sue tipata e del tutto obsoleta: fare seriamente
vibrazioni sono di ordine più sottile, certo Alchimia non richiede alcuna esteriorità.
non percepibili a orecchio profano, oppres- L’obiettivo è quello di realizzare il
so dal frastuono dei metalli vili. “cinabro”, ovvero il solfuro di mercurio.
L’alchimista deve dunque apprendere Esso è simbolo essenziale, rappresenta un
l’arte della trasmutazione mentale e impa- momento cruciale della ricerca interiore
rare a vibrare su ottave sempre più elevate dell’esoterista: un traguardo – certo – ma
della scala musicale del cosmo. Il mondo è anche un indizio nella riscoperta di sé, di
duale nella sua espressione esteriore, unita- quel Sé che è poi il vero oro filosofale. E se
rio nella sua realtà interna (Dio, Allah, dico- il Sale è la “materia prima”, la corporeità, il
no i Sufi islamici, è a un tempo zahir e Mercurio l’anima e lo Zolfo lo spirito, ecco
batin, “occulto” e “palese”), la materia non che il cinabro (variamente definito nelle
è che un “precipitato” dello spirito, una sua fonti), il cinabro dei savi è in realtà il M e r -
epifania instabile, un momento del proces- curio sublimato, purificato, fissato al rosso,
so ideofanico universale. chiamato zolfo. E allora diventa quel servi -
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tore rosso di cui parla Trevisano. Con altre In breve, di che si tratta? Armonizzare,
parole, più moderne, il nostro “cinabro” fondare nel medesimo processo la ragione
corrisponde alla spiritualizzazione dell’ani- discorsiva e analitica e l’intuizione sintetica
ma e segna la terza tappa della ascesi alche- del reale imparando a dare a quest’ultima il
mica, l’Opera al rosso primato.
che segue quella al Occorre,
nero e al bianco, più semplice-
egualmente indispen- mente, riflet-
sabili nella prima tere con la
fase della ricerca. ratio sui dati
Con il cinabro si che ci proven-
tratta di andare “oltre gono dalla
lo zero”, come ho sottoli- pura appercezione
neato in una delle mie ultime opere. Lo trascendentale in cui si esplicita il pensiero
“zero” non corrisponde qui al nulla e va intuitivo. Potrebbe sembrare facile, ma non
inteso, in senso neoplatonico, come limite lo è. Da troppi secoli l’uomo comune del-
estremo del mondo formale. l’Occidente ha perso la capacità di liberare
Con esso si varca il limite della corpo- le sue forze intuitive. Ma qui può aiutarlo –
reità, di ogni dimensione grossolana per e in modo decisivo – l’antico pensiero
accedere al mundus informalis del Brah- orientale. Si tengano presenti i precetti sug-
man Nirguna, come dicono gli indù vedan- geriti dallo Yoga di Patanjali: l’arresto del
tini, l’Assoluto senza forma, il Non-essere turbinio caotico della mente, il fissare un sol
al di là dell’Essere, la suprema potenzialità punto (o oggetto, sia esso formale che infor-
o Possibilità universale, a dirla con Guènon. male), indi la concentrazione, la meditazio-
È un’impresa ardua, ma non proibitiva. ne profonda e infine l’estasi del samadhi,
La metànoia ha inizio col recupero del pen- che è propriamente una condizione di uni-
siero intuitivo, della nóesis in luogo della versale simultaneità, di compresenza sim-
diánoia, l’estenuata ragione discorsiva e patetica nel raggiungimento dell’Uno.
analitica. Aprire le porte all’intuizione comporta,
Con le armi del mito, del rito e del sim- innanzitutto, l’esercizio frequente della
bolo che alla appercezione intuitiva sono meditazione. È solo così che la mente può
strettamente connessi, può intraprendersi un ricevere la sollecitazione della coscienza
cammino esaltante verso la “divinificazione cosmica che anima e presiede il Reale.
dell’uomo”, verso la sua assolutizzazione. Ottenuta l’ispirazione, sarà poi possibile
Bisogna fondare una nuova gnoseologia (e nulla lo vieta) riflettere sul dato, analiz-
– ricordavo in Oltre lo zero – una nuova zarlo, ma nel modo del tutto nuovo dell’au-
prassi conoscitiva che potremmo sintetizza- tentico alchimista.
re in una definizione inedita: “riflessione La manifestazione è un arcobaleno di
noetica”. luce – ricorda Raphael – una combinazione
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II Cinabro sintesi dello spirito, B. Parodi

di fuochi ritmati, condensati o radianti, che vita; la comprensione dei Fuochi universali
esprime qualità focali. La massa, costituita ci svela il Fuoco dell’Essere; l’identità con
dai fuochi condensati, deve divenire Ener- la Essenza del Fuoco ci svela la Realtà
gia pura, fuoco-luce radiante, suprema non-manifesta. La “Via del Fuoco”
acciocché l’ente possa conqui- non è scritta nei libri, non è
stare l’immortalità. La scienza modellata sulla carta
ha dimostrato che la “mas- perché non è frutto
sa” può essere convertita di erudizione. La
in energia radiante e “Via del Fuoco”
viceversa.L’Arte peren- nasce, cresce e si
ne e sacra, da tempi risolve nel vivere
immemorabili, ha inse- creativo; si matu-
gnato a vivere questa ra nella sperimenta-
verità. Chi si accosta all’Arte, si accosta al zione diretta, nella consapevolezza di esse-
Fuoco, e il Fuoco può imprigionare, rende- re. Nella nostra “fornace” sono compresi il
re mortali, oppure dare la liberazione e Fuoco, la genesi del Fuoco, la via che con-
l’immortalità. Se studiamo i nostri Fuochi duce alla conoscenza del Fuoco e alla stes-
condensati, reazioni psicofisiologiche ego- sa soluzione del Fuoco. Non cerchiamo di
centriche, ci accorgiamo di quanto ci abbia- “trasformare” gli altri. Trasformiamo noi
no reso metallizzati, riduttivi e unilaterali. stessi. Solo la nostra compiutezza rende
C’è da stupirsi di quanto il nostro Oro sia compiuto lo spazio di vita che ci circonda.
stato costretto in una caverna di piombo. La “Via del Fuoco” è risolversi per risolve-
La “Via del Fuoco” ci dice che il nostro re. La Via dell’Immortalità si svela a chi,
piombo è possibile trasmutarlo in oro: il con dignità, sa “morire” stando in piedi.
“futuro” è nelle nostre mani, la radianza è in Ed è ancora Raphael a sottolineare: Bea -
noi e solo noi possiamo sprigionarla e ren- to colui che sa costruirsi una “tomba” con
derla manifesta. La comprensione dei nostri le proprie mani. La morte dei Saggi non è la
Fuochi interni ci svela la sintesi della nostra morte di coloro che ignorano l’Arte.

Riferimenti bibliografici

Burckhakdt, T. (1981) Alchimia. Guanda, Milano.


Eliade, M. (1980) Arti del metallo e Alchimia. Boringhieri, Torino.
Gilchrist, C. (1983) L’Alchimia. Xenia, Milano.
Parodi, B. (1986) L’iniziazione. Pungitopo, Marina di Patti.
Parodi, B. (1992) Oltre lo zero. Pungitopo, Marina di Patti.
Raphael (1986) La triplice via del fuoco. Asram Vidya, Roma.
L’opera dell’artista Giorgio Facchini
Il piccolo formato della scultura in una medaglia del Bicentenario del Grande Oriente d’Italia
La medaglia è stata un ornamento, un sigillo d’arte minore. Rappresentava una didattica “storica”.
A n che la medaglia degli artisti diventa una rappresentazione scultorea con le carat t e r i s t i chedi una pre-
cisa visibilità moderna e contemporanea.
La mini scultura realizzata dall’artista Giorgio Facchini per il Bicentenario della Massoneria Italiana 1805-
2005, riflette nel definito labirintico simbolico, alcuni dettagli: luna, sole, occhio, capitello, squadratura di
un pavimento, terra, acqua, che evidenziano una capacità di liberarsi dalle limitazioni oggettive, in un
progetto di un nuovo interesse visivo.
La medaglia è coniata in 150 esemplari in bronzo con bagno galvanico di doratura; è inserita in un con-
tenitore di perspex con una custodia a libro nera.
Per ordinare l’opera: studio di Giorgio Facchini
tel. 0721.802849 Fax 0721.838609
E-mail: giorgio.facchini@libero.it

Foto di P. Mosconi

Nato a Fano nel 1947. Studia a Fano e Venezia. All’età di 10 anni frequenta la bottega orafa di un grande arti-
giano dove apprende le conoscenze tecniche. Successivamente, l’incontro con lo scultore Mannucci è determi-
nante per la sua formazione. Opera nelle Marche (a Fano, sua città natale, ha lo studio) e Milano, dove è docente
di Discipline plastiche all’Accademia di Belle Arti di Brera. Straordinario quanto realizza nella piccola dimen-
sione scultorea; gioielli, medaglistica, oggetti, un filo conduttore che si unisce all’ampiezza della grande scultura.
HIRAM, 1/2006
Direttore: Gustavo Raffi
Direttore Scientifico: Antonio Panaino
Condirettori: Antonio Panaino, Vinicio Serino
Vicedirettore: Francesco Licchiello
Direttore Responsabile: Giovanni Lani
Comitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bon-
vecchio, Gianfranco De Santis

Comitato Scientifico:
Presidente: Orazio Catarsini (Univ. di Messina)
Giuseppe Abramo (Saggista) - Corrado Balacco Gabrieli (Univ. di Roma “La Sapienza”) - Pietro Battaglini (Univ. di Napoli) - Euge-
nio Boccardo (Univ. Pop. di Torino) - Eugenio Bonvicini (Saggista) - Giuseppe Cacopardi (Saggista) - Giovanni Carli Ballola (Univ.
di Lecce) - Paolo Chiozzi (Univ. di Firenze) - Augusto Comba (Saggista) - Franco Cuomo (Giornalista) - Massimo Curini (Univ. di
Perugia) - Eugenio D’Amico (LUISS di Roma) - Domenico Devoti (Univ. di Torino) - Ernesto D’Ippolito (Giurista) - Santi Fedele
(Univ. di Messina) - Bernardino Fioravanti (Bibliotecario del G.O.I.) - Paolo Gastaldi (Univ. di Pavia) - Santo Giammanco (Univ. di
Palermo) - Vittorio Gnocchini (Archivio del G.O.I.) - Giovanni Greco (Univ. di Bologna) - Giovanni Guanti (Conservatorio Musi-
cale di Alessandria) - Giuseppe Lombardo (Univ. di Messina) - † Paolo Lucarelli (Saggista) - Pietro Mander (Univ. di Napoli L’Ori-
entale) - Alessandro Meluzzi (Univ. di Siena) - Claudio Modiano (Univ. di Firenze) - Massimo Morigi (Univ. di Bologna) - Gian-
franco Morrone (Univ. di Bologna) - Moreno Neri (Saggista) - Maurizio Nicosia (Accademia di Belle Arti, Urbino) - Marco Novari-
no (Univ. di Torino) - Mario Olivieri (Univ. per stranieri di Perugia) - Massimo Papi (Univ. di Firenze) - Carlo Paredi (Saggista) -
Bent Parodi (Giornalista) - Claudio Pietroletti (Medico dello sport) - Italo Piva (Univ. di Siena) - Gianni Puglisi (IULM) - Mauro
Reginato (Univ. di Torino) - Giancarlo Rinaldi (Univ. di Napoli L’Orientale) - Carmelo Romeo (Univ. di Messina) - Claudio Saporet-
ti (Univ. di Pisa) - Alfredo Scanzani (Giornalista) - Michele Schiavone (Univ. di Genova) - Giancarlo Seri (Saggista) - Nicola Sgrò
(Musicologo) - Giuseppe Spinetti (Psichiatra) - Gianni Tibaldi (Univ. di Padova f.r.) - Vittorio Vanni (Saggista)

Collaboratori esterni:
Giuseppe Cognetti (Univ. di Siena) - Domenico A. Conci (Univ. di Siena) - Fulvio Conti (Univ. di Firenze) - Carlo Cresti (Univ. di
Firenze) - Michele C. Del Re (Univ. di Camerino) - Rosario Esposito (Saggista) - Giorgio Galli (Univ. di Milano) - Umberto Gori
(Univ. di Firenze) - Giorgio Israel (Giornalista) - Ida Li Vigni (Saggista) - Michele Marsonet (Univ. di Genova) - Aldo A. Mola (Univ.
di Milano) - Sergio Moravia (Univ. di Firenze) - Paolo A. Rossi (Univ. di Genova) - Marina Maymone Siniscalchi (Univ. di Roma
“La Sapienza”) - Enrica Tedeschi (Univ. di Roma “La Sapienza”)

Corrispondenti esteri:
John Hamil (Inghilterra) - August C.’T. Hart (Olanda) - Claudiu Ionescu (Romania) - Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca) - Rudolph Pohl
(Austria) - Orazio Shaub (Svizzera) - Wilem Van Der Heen (Olanda) - Tamas’s Vida (Ungheria) - Friedrich von Botticher (Germania)

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EDITORIALE
Laicità e Postmodernità
Elementi di riflessione in margine ad un discorso intorno
alle prospettive dell’identità massonica europea
di fronte alla crisi del “moderno”

di Gustavo Raffi
Gran Maestro del Grande Oriente dItalia

Contemporary world presents a number of complex problems derived from the


explosion of religious fundamentalism, which has assumed an overwhelming social
impact. Continuous attacks against Modernity and Statal independence in the
name of the (various) theological truths open a new framework, where the laical
space is accused of relativism, and where common social and legal rules risk to be
subjected to strict confessional concepts to be imposed on the entire community. In
this context, the traditionally tolerant and laical approch of Freemasonry comes to
assume again a meaningfull cultural role, which underlines the positive function
of any religion, but in the clear respect for the independence and the autonomy of
the laical State.

he il mondo moderno sia in stessa progressiva politicizzazione della


crisi appare tremendamente religione, sia sul piano mondiale, sia
palese: lo scenario inter- nazionale, appare come un fenomeno di
nazionale ha visto non solo il progressivo antimodernità, giacché il suo radicalismo
delegittimarsi degli organismi internazio- apre scenari in cui il ruolo dello Stato e, con
nali, spesso incapaci di agire oppure messi esso, la sua sovranità, garante del legame
in condizione di non poter svolgere il pro- sociale, corrono il rischio di essere forte-
prio mandato, ma anche il ritorno sempre mente limitati. Sebbene la difficile dialetti-
più marcato delle ideologie religiose come ca tra libertà e sovranità, tra coscienza indi-
surrogato, di norma fondamentalista, della viduale e valori propugnati dai singoli grup-
dialettica tra società e culture diverse. La pi di pressione e di influenza etico-culturale
•4•
EDITORIALE

e religiosa, tra pulsioni alla chiusura delle autorità religiose; ovvero, tale aspira-
autoidentitaria e multiculturalismo, costitu- zione si declina come la manifestazione di
isca una delle sfide necessarie e positive un aperto desiderio di riacquisizione di un
lungo il cammino dell’ininterrotto processo campo precedentemente reputato equidi-
democratico volto alla costruzione di una stante (almeno in linea teorica), in cui
società aperta (ma non per questo lo Stato doveva essere l’arbitro
insicura), la messa in discussione delle libertà e delle diversi-
dello spazio laico dello Stato e tà dei cittadini, mentre
la “ripoliticizzazione” delle oggi dovrebbe acco-
fedi, tendenti in sostanza a gliere come un nuovo
proporsi come comunità collante spirituale ed
alternative, disegna scenari identitario il suppor-
molto pericolosi. to proveniente dalle
Di fatto, ci troviamo di gerarchie ecclesiasti-
fronte al rischio che, in un che. In altri termini,
numero crescente di campi lo Stato non dovrebbe
(matrimonio, divorzio, fecon- più cercare di consolida-
dazione, aborto, scuola, etc.) si re, attraverso una sua dialet-
vengano a limitare gli spazi di libertà tica interna, capace di mediare
individuale. Tale fenomeno prende corpo la complessità culturale del corpo sociale, il
sulla base non di considerazioni storico- principio di garanzia dell’individuo, ma
sociali e (soprattutto in determinati contesti) dovrebbe attingere nelle sue deliberazioni e
scientifiche, fondate, quindi, anche sull’op- nei suoi orientamenti alla fonte “superiore”
portunità e sul rispetto delle diverse sogget- espressa proprio dall’istanza religiosa.
tività in gioco, bensì in nome di fondamen- Queste considerazioni possono sembra-
ti teologici, pur legittimi in se stessi (nel- re forti, ma le controtendenze apertesi nella
l’ambito dell’autonoma autodeterminazio- società contemporanea e così violentemen-
ne etica dei credenti), ma che verrebbero te indirizzate a ridisegnare lo spazio laico,
imposti indistintamente a tutto il corpo del- come una “Terra di Nessuno” tra fedi dalla
la società proprio attraverso lo Stato. Que- crescente aggressività, ci lascia molto per-
sto tentativo di pretendere uno spazio pub- plessi e preoccupati. Infatti, una volta aper-
blico sempre più rilevante per le Chiese, to il varco, la distinzione tra fedi diverse
spazio mai negato, ad esempio, proprio in diverrà impossibile e la richiesta di conce-
Italia, a tutte le religioni, ma ora rivendica- dere spazi ulteriori alle istanze delle comu-
to come se in questo paese si fosse vissuti nità non solo cristiane, ma islamiche o di
per decenni nel periodo del Terrore aperto- altre fedi, spesso prive nella loro versione
si con la Rivoluzione Francese, è una chia- operativa di alcuna seria distinzione tra teo-
ra richiesta allo Stato di autoriduzione del logia e diritto civile, sarà inevitabile. La
suo potere e delle sue prerogative a favore funzione fondamentale delle religioni nella
•5•
Laicità e Postmodernità, G. Raffi

società moderna, il cui ruolo non deve esse- pacità di capire che alcuni occidentali non
re sminuito, come sottolinea lo stesso J. condividono affatto il contenuto e/o la for-
Habermas in modo esplicito nello stimolan- ma di tali vignette, ma riconoscono, secon-
te dialogo con Joseph Ratzinger, tro- do il principio della libertà di stam-
va una maggior libertà nell’au- pa, il diritto di pubblicarle,
tonomia reciproca tra Stato e salvo poi esprimere riserve
Chiese ed in modo parti- o, se necessario, intra-
colare nella forte capaci- prendere altri e più cir-
tà etico-morale delle costanziati atti giudi-
fedi diverse di costitui- ziari contro il loro
re uno spazio ulteriore contenuto. L’ i c o n o-
di discussione e di clastia islamica non
armonia. giustifica la violenza
Forme aggressive di manifestata contro la
fondamentalismo attra- pubblicazione di tali
versano tanto il mondo vignette, ma, in questo
islamico, quanto quello cri- caso, la politicizzazione
stiano, sia cattolico sia prote- della sfera religiosa rende
stante. La recente vicenda delle ogni distinzione impossibile. Pro-
“vignette danesi” ha assunto proporzioni prio per questa ragione, la difesa della laici-
stupefacenti, ma istruttive. Al di là di ogni tà, della sua autonomia rispetto all’istanza
considerazione sull’opportunità o meno del- religiosa, che, anzi, deve, per dialogare,
le singole immagini, resta il principio che accettare le regole della dialettica e del con-
alla satira si risponde con la satira, con la fronto, non quelle del tribunale religioso, è
polemica, con l’invettiva argomentativa, imprescindibile ed estremamente attuale.
non con l’incendio delle rappresentanze Essa distingue e denota la nostra Moderni-
diplomatiche o con sfilate di bambini tra- tà, o meglio accompagna la transizione alla
sformati in volenterosi, quanto ignavi, mar- Post-Modernità, nonostante gli attacchi
tiri esaltati della fede contro l’Occidente molteplici e concentrici alla sua legittimità.
blasfemo. La faziosità non dialoga, emette Infatti, sempre in questo contesto, dob-
sentenze contro un intero mondo, vuole biamo notare che alcuni pensatori di casa
teste e sangue; non conosce neppure l’arma nostra da qualche tempo si sono scagliati
della dialettica o della replica. Da questo con inusitata virulenza contro il relativismo
punto di vista, quanto avvenuto mostra l’in- tipico della Modernità nel nome della veri-
capacità di una società ancora pre-moderna tà assoluta di cui sarebbero gli indiscussi
(ossia non laica), di utilizzare, anche da un latori. In tale complesso scenario, gli attac-
punto di vista religioso, uno spazio laico, chi contro la Massoneria si sono moltiplica-
che preveda non il rogo, ma la discussione, ti, giacché la Libera Muratoria viene consi-
la polemica e l’ironia. Mostra anche l’inca- derata, a torto o a ragione, il laboratorio ori-
•6•
EDITORIALE

ginario di questa Modernità da imbrigliare non cesseremo di esercitare il nostro diritto


e riportare nei limiti della “fede” e non in di parola e di espressione come voce atten-
quelli della memorabile ta e attuale della contempora-
“ragione”, tanto tempo or neità. Né mancheremo di
sono vagheggiata da Kant. esprimere il nostro biasimo
Una Ragione, quella a cui ci verso quelle espressioni di
ispiriamo, che non si con- fondamentalismo illiberale,
trappone alle fedi, ma che che intendono ridurre la filo-
costituisce lo spazio di liber- sofia, il diritto e soprattutto la
tà critica, in cui le diversità scienza a povere ancelle della
dialogano tra loro e cercano teologia, di qualsivoglia teo-
di fondare una società che si logia. Da questo punto di
distingua per le sue apertu- vista, nella libertà di ricerca
re, piuttosto che per le chiu- che ciascun massone ha intra-
sure. In tal senso – è forse preso, noi ci muoviamo arma-
paradossale – la Massoneria appare piena- ti di una sorta di fede filosofica, che rispet-
mente ritornata a svolgere, soprattutto nei ta le Fedi rivelate, ma che difende lo spazio
paesi latini come in quelli islamici, un ruo- laico della libertà, inteso come il luogo
lo storico ed etico-culturale. Non club eliti- aperto alle diversità, di per se stesso, per sua
sta, bensì cenacolo interculturale, spazio costituzione, garante anche delle religioni,
dialogico, luogo di confronto tra uomini di della loro autonomia e del loro pensiero.
fedi e orientamenti diversi, ma, all’interno A più riprese abbiamo anche chiarito di
della laicità dello Stato e della democrazia, non essere affatto dei relativisti, nel senso
soggetti pienamente compatibili, anzi con cui tale termine viene inteso da alcuni
mutualmente stimolanti e arricchenti. teologi. La Massoneria non mette in discus-
Chi pensava, in buona o mala fede, che sione le verità rivelate delle diverse fedi e
la Massoneria fosse un’anticaglia ammuff i- per giunta non nega l’esistenza di una veri-
ta da secoli è costretto ora a ricredersi. Il tà suprema. D’altro canto, la Libera Mura-
nostro compito storico, reso ovviamente toria ritiene che la storia abbia dimostrato
molto più difficile dalla complessità sociale che le verità religiose spesso sono state
del post-moderno e dai fenomeni di globa- applicate secondo schemi relativi e contin-
lizzazione, è ritornato ad essere molto più genti, ossia di natura storico-politica, che
significativo di quanto si potesse vagamen- con la Verità poco o nulla hanno da condi-
te sperare. Diversi secoli di storia ci hanno videre, mentre propugna l’idea che proprio
insegnato qualche cosa; non ci interessa l’esercizio critico del dubbio, della ricerca
cadere, o ricadere, in una sorta di anticleri- aperta, abbia molto più contribuito al benes-
calismo di bandiera o violare in qualsivo- sere della società (nonché degli stessi fede-
glia forma i princìpi fondamentali della li delle diverse religioni) della cieca obbe-
nostra sociabilità esoterica e spirituale, ma dienza a verità assolute. La politicizzazione
•7•
Laicità e Postmodernità, G. Raffi

di tali verità teologiche, proprio perché noi siamo, quindi, permetterci di insistere con
non costituiamo un’associazione politica o forza, come si diceva, sempre in modo cri-
impegnata direttamente nell’agone politico, tico ed autocritico, su tutti i valori indero-
ci sembra una forma dannosa di relativi- gabili della laicità – lo ribadiamo – intesa
smo, giacché la mancan- come forma della
za di ogni disponibilità Modernità demo-
ad accettare il principio cratica, della cre-
di verifica e falsificabi- dibilità dello Stato e
lità, proprio, ad esempio, della serenità della
delle teorie scientifiche e società civile. A c o l o-
filosofiche, rende la rap- ro ai quali non piace
presentazione della real- la Modernità – e
tà (e soprattutto la soluzione non piace a molti,
pratica dei problemi) dog- se le invettive acriti-
matica e valida solo all’in- che e generalizzate,
terno di uno schema pre- quasi da stadio, contro
determinato, ovvero relati- il pensiero moderno e
vo e circoscritto alla illuminista, si sono
“cornice” di una determi- ripetute con una
nata e inevitabilmente foga martellante –,
limitata prospettiva. Al rispondiamo che il
contrario, dal nostro punto ritorno all’Ancien
di vista, la verità resta un fine, che non pos- Régime ci sembra molto più pericoloso, e
sediamo, ma che ci costringe ad una conti- non cambierebbe molto se a guidarlo fosse
nua ricerca e ad una inevitabile altrettanto a questo punto una qualsivoglia autorità
continua autocritica. religiosa, magari nascosta dietro un potere
Il fatto di non avere un compito politico, laico eteroguidato o continuamente “ispira-
di non essere per nulla assimilabili ad un to” (spesso, non per ragioni etiche, ma solo
partito, né di voler assolutamente surrogare di opportunità contingente e tattica) o, peg-
il compito di tali legittime istituzioni della gio ancora, se, in ogni Stato, le Religioni si
società democratica, ci permette di avere accordassero per spartirsi la loro fetta di
un’autorevolezza etica straordinaria, perché spazio politico ed il loro diritto secolare,
le nostre idee, le nostre proposte non sono all’interno di un labirinto di comunità sepa-
soggette ad un andamento elettorale, a son- rate ma potenzialmente in guerra e non più
daggi o a compromessi opportunistici. Pos- in una società veramente aperta.
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento
di Giuseppe Abramo
Gran Segretario del Grande Oriente dItalia
(Palazzo Giustiniani)

The wish of research and the anxiety of inquiry, peculiarities of that age so rich of
turmoils and developments, to be defined - and with some reason - “unrepeatable”
in the history of thought, was not able to escape from the fascination and from the
influence of the Cabala, a doctrine with a deep spirituality, which often, fraudu -
lently or guiltily, has been ignored by the “official culture”, or it has been misin -
terpreted in its real essence.
After having searched for a not easy definition of the Cabala itself and of some of its
leading ideas, and after having claimed to the Jewish genius the originality of the
essence of the cabalistic thought, in confrontation with other cultures, the Author
analyzes the enormous interest caused by the Cabala, in the age of the flourishing
of the Humanistic studies and of the Renaissance, and the involvement, not occa -
sional, but deep and conscious, of important personalities, great protagonists of the
evolution of thought, not only of that age.

Il mondo della Cabalà finati e profondi studiosi – con particolari


riferimenti alla cultura ermetica e magica
Nessuna scienza può essere più efficace
del Rinascimento senese – hanno brillante-
a dimostrare la divinità di Cristo che non
mente documentato nei loro articoli sag-
la Magia e la Cabalà.
gistici pubblicati nel n. 3/2005 di Hiram,
numero quasi monografico.
osì affermava Pico della Ciò premesso, anche se tra le righe di
Mirandola per testimoniare questi scritti di Hiram emerge con suff i-
l’interesse che gli Umanisti del ciente chiarezza che la “magia” non impedì
Rinascimento riservarono alla Cabalà, del- né contrastò gli studi cabalistici, l’interesse
la quale certamente subirono il fascino e per la Cabalà, che l’impegno del quotidiano
l’influenza, e non solo alla “magia” o non sempre mi consente di coltivare come
all’“ermetismo” o all’“alchimia” come, raf- vorrei, mi spinge a raccogliere lo stimolo
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alla ricerca, per tentare di ritagliarmi nel- Cominciamo perciò con il definire la
l ’ a ffascinante, pur se com- Cabalà non solo come la
plesso mondo della Caba- corrente più vitale ed
là un piccolo “spazio” di originale del Giudai-
riflessione e di studio, smo, che partendo da
che, devo confessare, non antichissimi movi-
sembra proprio privo di menti mistici arriva
difficoltà, anche perché, fino alla grande fiori-
in effetti, questo “spazio” tura del classicismo
forse riguarda uno dei moderno, ma anche
primi, se non il primo come una dottrina di
vero e serio approccio profonda spiritualità
occidentale alla tradizio- che spesso, con dolo
ne ebraica e cabalista. o con colpa, è ignora-
Tuttavia, per entrare, per così dire, nel ta dalla “cultura ufficiale” o male interpre-
cuore dell’argomento, è necessaria qualche tata nella sua vera essenza, nonostante l’in-
premessa. fluenza esercitata nei secoli su tante attività
Un’ormai antica impostazione mentale o del pensiero. Si può pertanto affermare che,
culturale mi spinge, ogni qualvolta mi trovo ancora oggi, in parte anche nella cultura
ad affrontare un tema di studio e di rifles- ebraica in cui affonda le proprie radici, la
sione, a fissare, con ogni possibile chiarez- Cabalà sia un po’ una “Cenerentola” della
za, i termini che delimitano gli elementi da cultura e della conoscenza esoterica.
indagare.
Ma, in questo caso, ritengo di dover met- Ma che cosa significa Cabalà?
tere da parte l’antico sistema, dato che un’e- Propriamente significa “tradizione”, in
sposizione, sia pure sintetica, delle caratte- un certo senso orale, di fronte alla “scrittu-
ristiche proprie della Cabalà o del Rinasci- ra” della Torà. Inoltre se la Torà si rivolge
mento rasenta l’impossibile, essendo quan- alla folla dei fedeli, passivamente prostrati
to meno necessario uno spazio assai più davanti al Tabernacolo del Santo dei Santi,
ampio di quanto ci si possa permettere in la Cabalà viene sussurrata all’orecchio dei
questa sede. più mistici ed impegnati dei Sapienti.
Tuttavia, pur dovendo sacrificare l’antica Quali sono le sue fonti?
consuetudine metodologica di studio, credo Ve ne sono di leggendarie. Infatti, molti
che sia necessario fare qualche sforzo per cabalisti, negano l’esistenza di un qualun-
avvicinarci ad almeno uno dei due termini que sviluppo storico nella Cabalà, in quan-
in esame, vale a dire la Cabalà, e cercare di to per molti essa è una rivelazione primor-
individuare quanto più è possibile l’oggetto diale concessa ad Adamo o alle prime gene-
della nostra indagine, o almeno una sua razioni. Questa particolare natura della
idea-guida. sapienza esoterica venne espressa in opere
• 11 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

apocrife come il Libro di Enoch ed è addi- te occidentale in Linguadoca. Di là è stata


rittura riportata dallo stesso Zohar. trapiantata nel primo quarto del secolo
È anche abbastanza XIII, in Aragona e in Casti -
nota ed accettata la glia, dove in seguito
leggenda secondo la doveva conoscere il suo
classico svolgimento.
quale la Cabalà
Essa rappresenta dun -
sarebbe la parte eso- que una manifestazione
terica della Legge della vita ebraica nel -
data a Mosè sul l’Occidente cristiano.
Sinai.
Mosè si contrap- Pur accettando sostan-
pone ad Aronne, il zialmente il discorso del-
Sacerdote, perché, a lo Scholem, che, come abbiamo visto, affer-
differenza del primo, questi poteva tradurre ma che la Cabalà come fenomeno storico
la verità per il popolo e talvolta ripiegare sul nasce nel XIII secolo, dobbiamo dire che il
Vitello d’Oro, più adatto a ridestare la loro suo è uno svolgimento lungo e vario, che
obbedienza e ad accendere il loro fanati- copre un periodo di quasi duemila anni.
smo. Mosè invece aveva diretto contatto Infatti, la fase iniziale, che è anche la più
con Dio, e non poteva tradire la Verità a lunga, si può far risalire ad almeno un seco-
nessun costo. Pertanto ad Aronne spettava il lo prima della nascita di Cristo, mentre le
ricorso alla Torà; Mosè invece aveva acces- sue ultime manifestazioni giungono fino a i
so alla Torà ma soprattutto alla Cabalà, la nostri tempi.
sua essenza più profonda e nascosta. Per comodità quindi possiamo distingue-
Questo rapporto, con acuta sensibilità, re due periodi: il primo, quello che si esten-
direi non solo musicale, ha ben messo in de fino al XIII secolo, ed è il periodo della
evidenza Arnold Schoenberg nel suo Moses crescita graduale, dello sviluppo e del pro-
und Aaron. gresso della dottrina cabalistica, il secondo
Ma anche a prescindere dalle sorgenti è quello che va dal XIV secolo in poi e che
leggendarie e mitiche della Cabalà, le sue ha avuto alterne vicende.
radici effettivamente storiche sono nobilis- Lo Zohar (XIII sec.), vero tesoro, sup-
sime. Gershom Scholem, una delle massime porto e codice del sistema, costituisce l’api-
autorità negli studi cabalistici, in una delle ce nella storia della Cabalà, ma non va
sue opere più famose1 così si esprime: comunque dimenticato che la letteratura
[la Cabalà] […] in quanto fenomeno cabalistica vanta almeno tremila volumi
storico nell’ebraismo medievale, è nata in editi ed un numero ancora maggiore di testi
Provenza, o più esattamente nella sua par - inediti.

1 Sholem 1965.
• 12 •

Per mantenerci in un campo non leggen- La mistica ebraica ebbe origine dunque
dario né mitico ma, per quanto possibile in Palestina e certamente venne praticata
storico, possiamo individuare una prima nelle cerchie dei più importanti rappresen-
epoca della mistica ebraica che, senza dub- tanti della Mishnà rabbinica ortodossa.
bio, ebbe una non trascurabile influenza sul- Mishnà significa “ripetizione, insegnamen-
lo sviluppo posteriore della Cabalà. Si trat- to” e rappresenta il
ta di quel nucleo sostanziale
periodo che, della “Legge orale”
raccogliendo del Giudaismo e del-
l’eredità del- la raccolta canonica
l’opera di della giurisprudenza
esegesi della scritta dei Tannaìm.
Torà iniziata- Inoltre il Talmud
si con i S o f e - riferisce più volte di
rim approfon- discipline esoteriche
dita dai Tannaìm e dalle Scuole targumi - fiorite nell’ambito dell’esegesi biblica. Si
c h e, passando per l’epoca della composizio- tratta dei Sitrè Torà (“Misteri della Legge”)
ne della doppia redazione del Talmud, vede che assumono il doppio aspetto di Màaseh
sviluppare ai margini della letteratura tradi- Merkavah – “Opera del Carro” o “del Tr o-
zionalista della Torà un’importante circola- no” – e di Màaseh Bereschith – “Opera del-
zione d’idee che assumeranno corpo e con- la Creazione”.
sistenza dottrinaria. Sempre nel Talmud (Hag. 12a), in tema
Le tracce di queste dottrine sono chiara- di mistica del Berescith, troviamo evidenti
mente riscontrabili nel Talmud, ma la loro tracce di quell’ideologia della parola crea-
genesi è estremamente complessa, anche trice che tanta importanza avrà nel Sefer
perché non si può escludere una certa Yetzirah (“Libro della Formazione”, una
influenza di correnti mistiche riservate e delle più antiche opere di Cabalà) e forse le
segrete (come del resto gli scavi di Qumran prime tracce di quelle che saranno poi le
ci hanno confermato e dai quali è emerso dieci Sephiroth:
con chiarezza che gli Esseni, gli Autori
Dieci cose furono create nel primo gior -
degli ormai famosi rotoli, avevano una
no, e cioè Cielo e Terra, Deserto e Vuoto,
impostazione cabalista) né di correnti di Luce e Tenebre, Aria ed Acqua, e la Divi -
pensiero filosofico greco-alessandrino; in sione della Notte e del Giorno.
verità la Cabalà, come meglio vedremo, pur
sfiorata o coinvolta da altri sistemi di pen- D e v a r i m, che in ebraico significa “detti,
siero, assorbì quel tanto o quel poco che era parole”, è il termine usato per indicare que-
congeniale alla tradizione ebraica e sostan- ste dieci realtà archetipali che non sono
zialmente riespresse concetti già affrontati altro che lo strumento creativo di cui si ser-
come idee assolutamente originali. ve la divinità. Ecco il “Verbo” di cui tanto si
• 13 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

disputerà, ecco i “dieci detti” con i quali divino che si avvale di un complesso di tec-
Dio crea l’universo. Se leggiamo la storia niche, anche rituali e talora ascetiche, per
della creazione, sebbene Dio parli più di instaurare tali rapporti.
dieci volte, solo dieci
L’idea fonda -
volte è scritta la frase mentale che non
VAIOMER ELOHIM, deve mai essere
“e Dio disse”. La pri- ignorata è l’as -
ma di tutte è il fiat lux: soluta inade -
Vaiomer Elohim iehi or guatezza della
ve-iehi or, “e Dio disse creatura a pene -
sia la Luce e la Luce trare il mistero
fu” (1,3). dell’essenza
intima di Dio e
della possibilità, invece, di accedere alla
Lasciati i lidi sicuri della storia e della sfera del numinoso attraverso le manife -
tradizione, più arduo è affrontare il mare stazioni del divino.
aperto delle concezioni cabalistiche e tenta-
re, non dico di penetrare, ma almeno di Pertanto, stadi successivi di illuminazio-
avvicinarsi alla Cabalà, e magari cercare di ne conoscitiva porteranno all’esperimenta-
darne una definizione, il che non solo è zione di piani e di livelli diversi dove la
estremamente difficoltoso, ma ogni tentati- contingenza storica annulla la sua presa sul-
vo in tal senso non può che essere assoluta- l’io che si avvicina e/o si unisce al numino-
mente inadeguato. Infine, va anche consi- so, senza però che avvenga un totale o fina-
derato che la Cabalà non è un sistema unico le annullamento, come spesso accade in
che può essere definito e spiegato in manie- tanti ambiti religiosi.
ra sistematica, ma consiste piuttosto in una Nella Cabalà, anche in quella più antica,
molteplicità di sistemi con vari approcci lo scopo viene raggiunto attraverso una
spesso separati e talora completamente duplice possibilità. Si tratta di quelle che
diversi l’uno dall’altro. possiamo chiamare le due anime della
Ciò premesso, dobbiamo, comunque, Cabalà, non sempre scindibili e separabili:
sforzarci di individuare quanto più è possi- la tendenza estatico-profetica e quella teo-
bile l’oggetto della nostra indagine, o alme- sofico-speculativa2.
no una sua idea-guida. La prima si connette alla via mistica ed
La Cabalà, per le piccole e modeste idee operativa, nota come Opera del Trono o del
che siamo riusciti a costruirci, può essere Carro: il ritorno all’origine è realizzato
definita come la scienza dei rapporti con il attraverso una esperienza psico-fisica tra-

2 Di Nola, 1984: 97-103.


• 14 •

sformante (l’estasi), nella quale le cono- essere “captata”, “sentita”, “vissuta” su


scenze intellettuali hanno un fine che pos- diversi piani e in diverse tonalità. La parola
siamo definire preliminare, di esercitazione (orale o scritta) è una conseguenza di fone-
preparativa all’unione mistica. mi o segni grafici (come forma, mai casua-
Tutta la letteratura di le, ma sempre portatrice di
riferimento di questa via è il arcane significazioni) o un
racconto della visione di Eze- simbolo, o un significato. In
chiele: quindi viaggi fanta- ogni caso essa è un’orma di
stici attraverso mondi altret- Dio e nello stesso tempo un
tanto fantastici. mezzo strumentale evocativo.
La seconda, il cabalismo Lo Zohar – la summa della
teosofico e speculativo è una sapienza cabalistica – non è
via tipicamente conoscitiva, altro che un commento alla
connessa all’Opera della Torà, ma un commento del
Creazione, all’ideologia del tutto particolare: fatto
linguaggio e della scrittura: in essa si opera parola per parola, o meglio lettera per lette-
attraverso un’ascesi della mente, trasforma- ra, segno per segno, che penetra in una pro-
ta nelle sue attitudini conoscitive e resa fondità d’intensa e luminosa spiritualità che
capace di accedere al luminoso. si eleva in esaltanti vicinanze con Dio.
La letteratura di riferimento di questa Tuttavia, una delle prime difficoltà che si
seconda via è il racconto della creazione: si incontrano quando si affronta un testo caba-
parte dunque dalla visione cosmogonica per listico è l’assenza di una struttura logica, nel
aggiungere poi momenti teosofici e specu- senso della logica filosofica moderna.
lativi di natura diversa3. Invece di un argomento che viene svolto
In tale ultima via conoscitiva e speculati- seguendo una linea sintattica e morfologica
va, la Cabalà, oltre che come commento intellettuale, troviamo una struttura assai
alla Torà, è anche vista come un secondo diversa, più intima, più legata a quella che
senso da attribuire alla Bibbia e di conse- si potrebbe chiamare la “logica del cuore”.
guenza, in tale contesto, assume una parti- La tecnica è più musicale che letteraria o
colare importanza la parola, la quale aiuta a filosofica: c’è un “soggetto”, un “contro-
scoprire una serie di “chiavi” adatte a spie- soggetto”, un “trattamento”, uno “svilup-
gare vari “modi di essere” dell’Universo po”. Non mancano le “variazioni”, né il
sensibile e di quello sottile. Ogni realtà può “contrappunto” – attento a tutti gli echi e

3 Solo per completezza di esposizione, ma sostanzialmente rifiutandola, insieme ai maestri cabali-


sti, dovremmo far cenno della cosiddetta Cabalà pratica, e cioè quell’insieme di tecniche di magia operati-
va, di difesa, di offesa, di potenza, che risulta dall’applicazione per fini utilitaristici di princìpi di cabalismo
teoretico, il quale ne esce assolutamente profanato.
• 15 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

alle profonde risonanze intime dell’Autore Anche se ci fermiamo a considerare la


– né l’“armonia” che trasforma la lettura in Cabalà soltanto dal suo esistere storico e ne
un raffinato e continuo fluire di verità con- datiamo la nascita, come fa lo Scholem, in
template, di sentimenti che si intrec- quel Medioevo che l’uomo
ciano in un tessuto finissimo. moderno sistematicamente cerca
Basta aprire, per esempio, il Libro di ricacciare nelle tenebre del suo
dello Splendore (lo Zohar) per com- inconscio collettivo, non possia-
prendere quanto sia diverso un tale mo non ritrovare nell’introversio-
testo da un’opera filosofica; ma ne dell’uomo medioevale il suo
anche da un libro di rivelazione nel tendere all’antinomia intellectus
senso cristiano. – ascetica (Scolastica e Mistici-
Per poter analizzare le parole del- smo francescano) e cioè quello
le Scritture Sacre, per scoprire i stesso conflitto creativo da cui
significati nascosti nel testo letterale, traggono origine alcune altissime
i maestri cabalisti idearono una vasta espressioni medioevali, come la
serie di raffinati strumenti e di tecni- Divina Commedia e le Cattedrali
che particolari che spesso finiscono Gotiche.
con il complicare le cose ai non Dalla terra bruciata di Spagna,
addetti ai lavori. Tale è per esempio all’angolo opposto di Europa, il
il notaricon che usa le lettere come “sapiente” ebreo – anche se a
nozioni indipendenti, in modo che la volte è detto Sefardita (o spagno-
parola diventa un intero concetto, un lo) e a volte Askenazita (o tede-
pensiero, un discorso; il siruf la “permuta- sco) – vive l’antinomia ed il conflitto, e por-
zione”, che traspone le parti componenti ta con sé la Cabalà che offre allo “studioso”
una parola in tutte le possibili combinazio- di ogni regione la consolazione di una con-
ni così da trarre parole nuove; oppure, infi- cezione eterna e mutevole, immensa e rac-
ne, la ghematria che utilizza la possibilità di colta, adatta per il Santo e per il peccatore,
trasformare le lettere in un valore numerico per l’eroe e per il mendicante.
e quindi impiegarle a mo’ di numeri. È chiaro che con le rapide note innanzi
Con quanto precede, appare chiaro che, esposte e con una più o meno arida esposi-
nonostante ogni buon volere, non siamo zione di piccolissimi frammenti della strut-
riusciti a dare della Cabalà se non una tura cabalistica non ho inteso fare altro che
modesta immagine, perché essa è innanzi- cercare di suscitare l’interesse ed il gusto
tutto e soprattutto un’atmosfera, un mezzo per una dottrina che ha certamente avuto un
tecnico d’integrazione dell’Io e di perfezio- suo peso ed una sua influenza su tante
ne spirituale. Attraverso la Cabalà, dice il manifestazioni del pensiero.
cabalista, si lasciano le bassezze della vita Proprio quest’influenza sarà oggetto del-
quotidiana e ci si dilata in mondi di sconfi- l’ulteriore sviluppo della presente ricerca,
nata dolcezza e di terrificante potenza. sia pure limitata, come abbiamo enunciato
• 16 •

nel titolo, ad una determinata epoca storica là, più di qualunque altra dottrina, sembra-
e a quei personaggi che si sono avvicinati no rispondere ad esigenze interne proprie,
alla Cabalà fiduciosi di scoprire in essa che si avvalgono delle circostanze ester-
un pensiero solido, capace di offrire ne solo per meglio essere se stesse;
qualche risposta ai numerosi interro- pertanto, esse prendono dall’esterno
gativi che l’Universo ci propone. quel tanto o quel poco che è loro con-
geniale e si esprimono in maniera del
Prima di affrontare le possibili tutto originale.
influenze della Cabalà su particolari Facciamo un esempio: consideriamo
correnti di pensiero, credo che non sia il tema fondamentale dell’Ebraismo (e
fuori tema porsi la domanda contraria, non solo), quello del Dio Unico.
ovvero cercare di indagare se negli La percezione di una energia, di una
elementi essenziali o fondamentali forza, di una potenza che non si presta
della Cabalà si possono rintracciare o ad alcuna figura, ad alcun oggetto, ad
si trovano, in qualche modo presenti, alcun segno palpabile di antropomorfi-
dottrine estranee all’Ebraismo. In altri smo, in un mondo dall’immaginazione
termini è possibile individuare dottri- popolata da centinaia di miti, è una
ne o correnti di pensiero che in modo luce spirituale di una portata conside-
conscio o inconscio siano rifluite nel- revole, unica nel suo genere e costitui-
la Cabalà, oppure essa nel suo aspetto sce un elemento chiave della vita non
originale si collega prevalentemente solo religiosa del popolo eletto. È l’in-
al genio giudaico? In particolare, ed in dizio di un processo spirituale che supera
chiare lettere, possiamo ritenere che influs- in profondità gli apporti di tutte le epoche.
si di natura platonica o neoplatonica, o Questa essenza astratta concentrata nel Dio
addirittura gnostica o cristiana o perfino Uno, totalità suprema, afferrata e sentita con
islamica abbiano permeato di sé il mistici- una intuizione penetrante, si pone d’un trat-
smo ebraico? to nel cuore stesso della più alta speculazio-
La vexata quaestio ha avuto protagonisti ne filosofica.
imponenti, sia culturalmente che scientifi- Questo Dio Uno fu certamente percepito
camente4. anche da altri popoli, ma solo per l’ebreo
Tuttavia prima di indagare se esiste qual- quell’Entità unica è tale per sua stessa natu-
che analogia fra quelle dottrine e i princìpi ra e non per l’esclusiva scelta di un uomo o
metafisici della Cabalà, dobbiamo osserva- di un popolo, il che lo differenzia in modo
re che la vexata quaestio, come l’abbiamo assoluto dal Marduk di Hammurabi e dal-
innanzi definita, va affrontata con un metro l’Aton egiziano. Questo Dio che non trova
particolare, in quanto l’Ebraismo e la Caba- riscontro nella volontà di un uomo o di un

4 Per tutti: Scholem 1966 e dello stesso Autore 1965; Franck 1842; Serouya 1989.
• 17 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

popolo è dunque per conseguenza il Dio tuttora condiviso da molti, proprio per l’au-
dell’Universo, dell’umanità intera, anche se torevolezza dell’Autore, che sostanzial-
un popolo solo lo conosce e lo serve. mente consiste nel far derivare molti aspet -
Prescindendo comunque da ti del pensiero mistico giudaico dallo Gno -
queste considerazioni che sticismo, così da spiegare
rischiano di farci apparire le dottrine cabalistiche alla
solo come appassionati difen- luce di una categoria stori -
sori, magari di ufficio e peral- ca e concettuale a essa in
tro non richiesti, di una certa gran parte estranea 5.
concezione dell’Ebraismo, È pur vero che lo Gno-
riteniamo doveroso osservare sticismo, al pari della
che il mondo ebraico ha sem- Cabalà, nasce come spe-
pre manifestato onestà intel- culazione teologica, ma
lettuale su quelli che ha stima- purtroppo la sua accesa
to suoi maestri o maestri in simpatia per sistemi
generale. Il Talmud, ad esem- metafisici sovraccarichi di
pio (Trattati Rosh Hashanà e Sanedrin), allegorie, di reminiscenze classiche e di
non ha alcuna difficoltà ad ammettere che astruserie neo-teologiche ben presto l’al-
furono gli Assiri che fornirono i caratteri di lontanano da ogni accostamento alla tradi-
cui gli Ebrei si servono ancora. La Misnhà zione ebraica.
non lesina positivi apprezzamenti alla lin- Infatti, è sufficiente considerare che il
gua greca. Aristotele, conosciuto con l’in- radicale dualismo di un Dio estraneo, oppo-
termediazione araba, è rispettato quasi sto ad un universo malvagio, è in totale con-
come un saggio locale. Lo Zohar non traddizione con la tradizione ebraica, nella
nasconde la sua considerazione per libri quale la creazione divina è sostanzialmente
dell’Oriente che rispettano la legge divina. buona e il Dio trascendente finisce con il
Ed infine il Talmud condanna chi si appro- concedersi alla conoscenza della sua crea-
pria di idee altrui senza citarne le fonti. tura. È inoltre assolutamente estranea alla
Tutto questo, dunque, per dire che se il mistica ebraica la visione di un cosmo dove
cabalista avesse utilizzato altri sistemi di dominano il peccato e la morte e dove il
pensiero non avrebbe avuto difficoltà ad mondo divino è nettamente separato da
ammetterlo. Pertanto la vexata quaestio v a quello della materia.
affrontata e risolta alla luce di queste impo- Com’è possibile inglobare nel corpo del-
stazioni e di conseguenza, con tutto il pos- le dottrine cabalistiche l’influenza di temi e
sibile rispetto, diventa difficile accettare di esperienze il cui scopo – fra l’altro – è
perfino l’approccio teorico dello Sholem, l’interpretazione del messaggio cristiano, e

5 Busi 1989.
• 18 •

che partono dal tempo degli Apostoli per spesso, più che di contatti storici e concreti
giungere alla fine del IV secolo, ma che si tratta solo di relazioni fenomenologiche.
a ffondano le loro radici nelle concezioni Anche se nelle dottrine di celebri eresiar-
astrologiche dei chi gnostici, come
Babilonesi, nella Basilide o Valentino
mistica popolare non è difficile trovare
orientale, nella elementi caratteristici
misteriosofia elle- della Cabalà – come
nistica? l’unità della sostanza,
Al di là di certe il passaggio dalla con-
immediate analo- centrazione all’espan-
gie, o di certi rap- sione graduale della
porti accidentali, luce divina necessario
se non artificiali, per formare le cose, la
quegli enigmatici teoria dei quattro mon-
pensatori dei pri- di, le tre anime, fino al
mi secoli che significato simbolico
logoravano la loro dei numeri e delle let-
vita in un’opera tere dell’alfabeto – non
sterile di disposizione degli eoni, in logo- è sufficiente per codificare rapporti tra
machie fantastiche ritenute di tanto valore Cabalà e movimenti gnostici, in quanto è
da indurre uomini come I r e n e o edE p i f a n i o inaccettabile che apporti culturali esterni
a scrivere confutazioni voluminose, non ci caratterizzati da concezioni dualistiche
sembrano adatte ad animare il misticismo abbiano potuto alimentare un mondo in cui
ebraico e le risposte che esso ha dato, in la creatività trova la sua manifestazione e la
quanto “visione del mondo” ai problemi sua possibilità di espressione unicamente in
dell’esistenza, all’origine dell’universo e forme antidualistiche.
alla composizione dell’uomo. Infine, tenuto conto della stretta connes-
Tuttavia, non possiamo escludere tratti sione tra lo Gnosticismo e il Cristianesimo
comuni fra scritti cabalistici e antiche testi- si può affermare – senza timore di smentite
monianze dello Gnosticismo, come, peral- – che tutti i princìpi metafisici e religiosi
tro, accade con altri movimenti spirituali, che sono serviti di base alla Cabalà sono
ma questo fa parte della storia delle idee. anteriori ai dogmi cristiani e che pertanto
Non è sufficiente la somiglianza delle non possono aver influenzato, in alcun
idee metafisiche che sono alla base di una modo diretto o indiretto, la sua dottrina fon-
dottrina, per dire che sono state prese in damentale.
prestito da altre scuole di pensiero; anzi al
contrario la facile percezione di affinità non L’elemento essenziale del misticismo
deve trarre in inganno, in quanto molto ebraico, la base indiscutibile del sistema
• 19 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

cabalistico, vale a dire l’unità assoluta, può Invece, ricordando Spinoza per meglio
aiutarci a dimostrare che esso resta indenne penetrare il sistema, nelle Sefiroth predomi-
anche dalla influenza dei pensatori na l’essenza metafisica ma la mate-
greci e in particolare dal platoni- ria non è separabile dalla struttura
smo e dal neoplatonismo che del Tutto.
sembrano avere una parentela più Esse rappresentano insieme le
intima con la Cabalà. forme dell’esistenza e del pensie-
Per quanto attiene alla filosofia ro, gli attributi della sostanza iner-
di Platone, mentre ribadiamo te e della causalità intelligente.
ancora che, se i cabalisti vi si fos- Sono i padri e le madri, che
sero ispirati, non avrebbero esita- derivano da un’unica fonte, l’En-
to a riconoscerlo, dobbiamo dire Sof, che poi si confondono nel
che è del tutto estraneo al loro figlio, per poi separarsi nuova-
mondo il dualismo tra spirito e mente e di nuovo confondersi.
materia, o tra causa intelligente e
sostanza inerte. L’unità è fonda- Se non è facile separare il mon-
mentale ed irrinunciabile: Dio è do cabalista da quello platonico,
in egual tempo causa, sostanza e ancor più difficile diventa porre
forma di tutto ciò che è, come di delle distinzioni nei confronti del-
tutto ciò che può essere. la filosofia neoplatonica.
Tuttavia nella lotta tra bene e La difficoltà consiste proprio
male o tra spirito e materia, tra forza nel sapere se certe idee parallele che si tro-
fisica e morale, di cui parla il profeta nella vano in Plotino e nei suoi discepoli e negli
Bibbia, silenziosamente compare la dualità, adepti della Cabalà hanno origine da questi
che i cabalisti fanno derivare da ciò che o da quelli.
distingue la generazione delle cose finite da Ma lo stretto legame di queste idee con
quelle infinite. elementi biblici e midrashici dà sempre una
Inoltre, in nessun modo, la teoria delle colorazione tanto ebraica che diventa poi
idee di Platone può essere avvicinata alle difficile non assumerle come un’emanazio-
Sefiroth. È vero che entrambe le teorie si ne della vita intellettuale cabalistica.
riferiscono alle forme inferiori, ma la prima Tuttavia le somiglianze fra le due dottri-
è fondata sulla dualità e la seconda sulla ne non sono di poco conto. Entrambe, ad
potenza dell’Unità. esempio, postulano la necessità di un prin-
Infine, le “idee” di Platone si distinguono cipio assoluto (l’Uno) da cui è stato origi-
dalla sostanza inerte, hanno per essenza il nato il mondo. Ma si tratta di un Uno che è
bene, sono eterne ed incorruttibili, recano il più alto grado dell’astrazione, è l’ignoto,
l’impronta divina, rappresentano l’essenza il mistero che trascende tutte le categorie
degli esseri, ma escludono ciò che si riferi- del conoscere ed è pertanto indefinibile sul
sce alla materia, al principio inerte. piano teologico.
• 20 •

Per quanto abbiamo detto e come vedre- parlato di tutto e di tutti, non fa alcun cenno
mo in seguito, non c’è da meravigliarsi se il all’autorità giudaica, al Gran Sacerdote, ai
Neoplatonismo del Rinascimento si troverà T a n n a ì m,alle famose polemiche di Hillel e
straordinariamente a suo agio a contatto Shammai; eppure sono tuttora in molti quel-
della Cabalà, il che li che lo indicano come
farà dire a Frances A. il vero ispiratore o
Yates: se si dovesse inventore del mistici-
cercare il punto cul - smo ebraico.
minante del neopla - Anzi, anche questa è
tonismo rinascimen - una leggenda da sfata-
tale, lo si troverebbe re. Basterebbe solo
nel libro De arte considerare che, no-
Cabalistica di Joan - nostante la sua fama,
nes Reuclin, pubbli - non solo ad A l e s s a n-
cato nel 15176. dria d’Egitto, il Tal -
Nonostante l’aff e r- mud non parla assolu-
mata e scarsa differenza che esiste fra i due tamente di lui, ed è completamente ignora-
sistemi innanzi indicati, dobbiamo dire che to dagli ebrei del Medioevo, da Sa’adià, da
non è facile ammettere che i dottori della Maimonide, dai loro discepoli e dai cabali-
Palestina abbiano potuto attingere alla cul- sti antichi e moderni.
tura greca, in quanto non avevano una Fermo restando il più assoluto rispetto
conoscenza tale della lingua da poter pene- per Filone, dobbiamo dire che, in fondo, il
trare nel suo pensiero filosofico. Infatti, era suo sistema fu il migliore esempio di quella
loro nota, solo per sentito dire, la versione fusione di idee e di dottrine che si manife-
biblica dei Settanta e, non si può proprio starono nel centro della cultura ellenistica
dire che essi avessero un filo diretto con gli allora predominante: Alessandria. Nella sua
ebrei che parlavano greco e che conosceva- filosofia, in sostanza, entrarono elementi
no la filosofia pagana. platonici, stoici, rabbinici e non si può pro-
Accantonata, in qualche modo, l’idea di prio dire che essi siano frammisti in modo
rivendicare alla cultura greca e al neoplato- sempre armonioso.
nismo momenti ispiratori della Cabalà, dob- Il tentare un esame completo del mistici-
biamo chiederci se non abbia esercitato, su smo di Filone va oltre lo scopo di questo
di essa, un’influenza diretta o indiretta il lavoro. Tuttavia in questa sede è opportuno
filosofo Filone. rilevare quanto sia fondamentale per Filone
Cominciamo con il precisare che Filone, l’idea che tutta la materia è male; perciò
pur essendo ebreo e, com’è noto, avendo Dio deve essere messo fuori dal mondo.

6 Yates 1982.
• 21 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

Ma se questa è la sua filosofia, la sua Infine c’è anche da rilevare l’assenza di


religione, il Giudaismo, gli insegnava altri- ogni traccia di metempsicosi nell’Islam,
menti. Obbligato a trovare qualche via di teoria che ha un aspetto non trascurabile
uscita che lo togliesse dalle difficoltà, si fer- nella tradizione ebraica.
mò sull’idea dei Logoi,
agenti divini che, pur
essendo in qualche senso Gli studi ebraici dei
inerenti a Dio, sono sotto pensatori cristiani del
altri aspetti ed in tempi Rinascimento
diversi esteriori a Lui. A
questo punto sembra piut- Fatte queste modeste
tosto difficile dire che egli premesse, possiamo ora
abbia derivato questa teo- a ffrontare lo studio del
logia da fonti cabalistiche davvero enorme interes-
o abbia ispirato gli adepti se manifestato per la
di questa dottrina. Cabalà all’epoca della
In definitiva, dunque, fioritura degli studi uma-
tutto concorre ad eviden- nistici e rinascimentali.
ziare che gli scritti di Filone di cui peraltro Il distacco da quanto abbiamo appena
non vi è proprio nessuna traccia né nello accennato è comunque grande e, innanzi
Zohar, né nel Sefer Yetzirah, non hanno tutto, il problema da chiarire, è quello di
esercitato alcuna influenza sulla Cabalà. cercare di capire come le idee e i motivi
Eliminata, per così dire, “la concorrenza” della Cabalà, che nella storia – almeno fino
della civiltà greca di Alessandria o del Pla- ad ora – ci appaiono prevalentemente se
tonismo, prima di definitivamente afferma- non esclusivamente validi e vitali nell’am-
re l’originalità della costruzione cabalistica, bito dell’ebraismo, possono aver interessa-
dobbiamo ancora dare uno sguardo a possi- to i pensatori cristiani e come e perché gli
bili rapporti con l’Islam. ebrei – in qualche modo – aprirono le por-
Già dal punto di vista religioso, pur te se non a sistemi di pensiero diversi, per-
essendoci apparentemente delle somiglian- lomeno a personaggi che tali sistemi rap-
ze importanti, non vi è un rapporto diretto presentavano.
fra le idee arabe e quelle ebraiche, anche se Per penetrare il problema e per tentare di
si può ammettere che, molto probabilmente avvicinarci alla soluzione dobbiamo anda-
sono fiorite, attraverso vie diverse, da una re, per così dire, “al di là della barricata”,
fonte comune. cioè dobbiamo cercare di sforzarci nella
Inoltre, mentre la dottrina ebraica tende comprensione del mondo ebraico, più che
più particolarmente alla metafisica, quella di quello cristiano.
araba si rifà ad idee di ordine generale Gettando solo un rapido sguardo alla
comuni a tutti i misticismi. società e alla cultura ebraica che costituiva-
• 22 •

no l’alveo naturale della Cabalà, notiamo ve, cosmogoniche e teosofiche, il che le face -
che, come spesso accade nella storia di que- va assumere un ruolo, in un certo senso,
sto popolo, gli ebrei dell’epoca, pur avendo antagonista della filosofia scolastica.
essi stessi messo in A causa della crisi
moto un processo di quest’ultima, crisi
di evoluzione tipi- dalla quale l’intero
co dell’epoca di cui pensiero europeo uscì
stiamo parlando, completamente rin -
erano pur sempre novato, la Cabalà
presi dalla necessi- ebbe campo libero
tà di definire la presso gli ebrei.
propria identità, Riempì, quindi, il
fatto che rendeva vuoto lasciato dalla
poi estremamente scolastica e penetrò
difficile la ristruttu- in tutti i campi dal -
razione della socie- l’attività intellettuale
tà e della cultura ver- alla pratica religiosa quotidiana. Il suo suc -
so la secolarizzazione e la modernità. cesso, a nostro avviso risiedette, fra l’altro
Occorreva pertanto un qualcosa che faci- nella sua natura ambivalente, antropocen -
litasse l’operazione. Questo ruolo fu aff i d a- trica per un verso, ma al tempo stesso teo -
to alla Cabalà la quale, dopo un lungo centrica per un altro. Fu proprio quest’am -
periodo d’incubazione esoterica, coltivata bivalenza a permetterle di fungere da agen -
da un numero assai ristretto di seguaci, era te di modernità rimanendo radicata nel
uscita dalla clausura per occupare un posto Medio Evo, di promuovere la secolarizza -
d’onore nella cultura della società ebraica, zione pretendendo di essere profondamente
nella quale era ormai largamente penetrata. religiosa, di favorire la mondanità presen -
Inoltre, essa appariva, oltre che come un tandosi ammantata di mistica ultraterrena7.
sistema di pensiero, anche come una produ- Non fu difficile, a questo punto, avendo,
zione letteraria, profondamente influenzati come si suol dire, sistemato le cose all’in-
l’uno e l’altra da tendenze mistiche. terno delle proprie coscienze, arrivare per-
Sicché essa al momento si presentava, in fino all’insegnamento pubblico della Caba-
particolare a quella parte del mondo ebrai- là, sia pure con le dovute cautele.
co tesa verso il nuovo, come un’interpreta -
zione originale, piena d’idee neo-platoniche Tornando ora alla cultura e alla società
della tradizione midrashica (la tradizione cristiana nella quale fioriva, come sappia-
orale), soprattutto delle sue parti speculati - mo, insieme al culto dell’antichità il Neo-

7 Bonfil 1991.
• 23 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

platonismo, dobbiamo riconoscere che non Ciò premesso, cerchiamo ora di evocare
fu difficile – in un’epoca, in qualche modo o perlomeno di avvicinarci il più possibile
di transizione, che accetta- al clima del Rinasci-
va, talora acriticamente, i mento, epoca enor-
testi più strani provenienti memente ricca di
dalle tradizioni più diver- fermenti e di svi-
se: ermetica, zoroastriana, luppi tanto da
pitagorica – arrivare allo poterla – e non a
studio e ad un utilizzo par- torto – definire
ticolare della Cabalà, che “irripetibile” nella
peraltro ne decretò il suc- storia del pensiero.
cesso da lì un avanti. Fra le tante carat-
E qui, anticipando qual- teristiche tipiche
che conclusione, ed anche dell’epoca stessa
per la migliore compren- spicca quell’ardore
sione di quanto vedremo appassionato di
in seguito, diciamo subito ricerca e di investi-
che la Cabalà venne utilizza- gazione dell’antichi-
ta come “strumento di ricerca” di motivi e tà, che spingeva gli umanisti a peregrinare di
sostegni alla fede cristiana. paese in paese per disseppellire, dalla polve-
Ebbe così inizio un contatto umano e re delle biblioteche monastiche, i capolavo-
personale particolare tra gli spiriti assetati di ri dimenticati della letteratura classica.
sapere della cultura cristiana da una parte, e A questa sete di conoscenza e di ricerca
dei più colti fra gli ebrei, in particolare quel- non potevano certamente sfuggire i monu-
li convertiti, dall’altra. menti dell’antica letteratura ebraica, con-
Queste le cause esterne o storiche del- servati o consacrati nelle pagine delle Sacre
l’incontro, ma in realtà, dobbiamo dire che Scritture, e le opere degli ebrei medioevali
i cristiani, nel profondo della loro ricerca, che insieme con gli arabi erano stati, per
aspettavano (se non pretendevano) dagli lunghi secoli, i depositari dell’antica sapien-
ebrei un servizio e cioè quello di ottenere za ellenica.
da loro argomenti giustificativi della verità Inoltre, da lunga data, la tradizione cri-
cristiana allo scopo di condurre a buon fine stiana riconosceva l’utilità dello studio del-
il processo d’appropriazione della Bibbia l’ebraico sia per l’esegesi biblica, sia per la
ebraica già iniziato al tempo dei Padri del- conoscenza del T a l m u d, il cui contenuto
la Chiesa. In pari tempo non avevano poteva diventare materia di dibattito nelle
abbandonato l’idea di sfruttare il contesto dispute teologiche.
dell’incontro intellettuale per aggiungere Uomini come Ruggero Bacone, o Rai -
altre conversioni di ebrei al trionfo finale mondo Lullo avevano indicato la strada da
del Cristianesimo. percorrere.
• 24 •

Infine, non fu estraneo all’interesse per fiorentini di elezione, che si danno allo stu-
l’ebraico, il desiderio di un approccio indi- dio della lingua sacra: uno, l’abbiamo già
pendente al testo biblico, mentre la Chiesa citato, fu Poggio Bracciolini (1380-1459) e
cattolica del periodo rinascimentale consu- l’altro fu Ambrogio Traversari (1436-
mava una crisi profonda e da più parti si 1489), i quali entrambi si limitarono ad una
auspicava la riforma dei costumi e degli conoscenza superficiale della grammatica e
atteggiamenti del lessico.
religiosi. Ma già un altro
Contro que- studioso, Gian -
sta tendenza nozzo Manetti
insorsero anche (1396-1459),
qualificati testi- come ci risulta
moni dello spi- dalle Vite di
rito riformatore uomini illustri
e della lettura del sec. XV di
umanistica del Vespasiano da
Testo biblico, Bisticci, ebbe una
come Erasmo da conoscenza più
Rotterdam, che temeva, come effetto di ampia e sicura della lingua e della letteratu-
questo culto della lingua e della cultura ra ebraica.
ebraica in genere, di veder trionfare que- Senza far torto a questi eruditi personag-
st’ultima piuttosto che il Cristianesimo. gi, spostiamo la nostra attenzione sui gran-
Ma numerosi umanisti italiani e stranieri di protagonisti del pensiero dell’epoca che
furono di tutt’altro avviso: Poggio Braccio - ebbero una conoscenza vasta e non superfi-
l i n i, Giannozzo Manetti, Egidio da Viterbo, ciale degli autori ebrei.
papa Leone X de’ Medici, Domenico Gri -
m a n i, Francesco Zorzi, ma soprattutto Mar - Innanzitutto ricordiamo il maestro ed il
silio Ficino e ancor più, come vedremo, capo del Neoplatonismo fiorentino Marsi -
Pico della Mirandola. lio Ficino (1433-1499), il quale ebbe due,
ed entrambe valide, motivazioni allo studio
Gli umanisti italiani, per studiare la lin- della cultura ebraica.
gua e la letteratura greca si erano rivolti agli Infatti, da una parte, la sua fede cristiana
eredi diretti dell’antico ellenismo, cioè ai gli suggeriva l’approfondimento della lette-
dotti greci di Bisanzio, così per lo studio ratura ebraica sia religiosa che filosofica,
della lingua e della letteratura ebraica ricor- allo scopo di potervisi validamente contrap-
sero all’insegnamento degli eruditi ebrei. porre ed anche per scoprire elementi di
Firenze, in modo particolare, fu centro sostegno alla sua religione (a somiglianza di
cospicuo di studi ebraici. Già fin dall’inizio quanto si proponevano in molti e così anche
del Quattrocento incontriamo due umanisti, il Manetti).
• 25 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

D’altra parte poi lo sconfinato amore per che provano la mancanza di effettiva cono-
Platone ed i suoi seguaci, lo spingeva a scenza dell’ebraico ovvero una conoscenza
penetrare ed acquisire per vie indirette.
la conoscenza del Infatti, in parti-
misticismo cabalisti- colare nell’opera
co che presentava innanzi indicata, si
non pochi punti di muove con estre-
contatto con il misti- ma facilità nei
cismo neoplatonico. campi più vari del-
Né Marsilio pote- la letteratura ebrai-
va ignorare quella ca. Cita i Targu -
corrente neoplatonica m i m, il Seder
che faceva capo al O l a m, il T a l m u d, i
sistema del celebrato Midrashim, i com-
autore del Fons Vitae, menti biblici di
Shelomò ibn Gabirol, per quanto l’intera Rashi e di Nachmanide, il Libro delle cose
generazione di Ficino non ne conoscesse da credere di Sa’adia Gaon, il Deuterono -
l’origine ebraica. mio e la Guida dei perplessi di Maimonide
Tuttavia, per molti studiosi ed anche da e così via.
un modesto esame che io stesso ho potuto Dimostra inoltre una non superficiale
fare di qualche sua opera, appare abbastan- conoscenza di cose ebraiche in genere, attri-
za chiaro che Ficino ebbe una relativa cono- buisce il giusto valore alla venerazione del
scenza, diretta o indiretta, della lingua Tetragrammaton, all’autorità del Targum
ebraica. Molto probabilmente egli faceva presso gli ebrei, non ignora le modalità di
ricorso a traduzioni latine, oppure a quei computo del calendario, e perfino episodi
vasti commenti sparsi in tante opere in lati- della storia postbiblica degli ebrei (come la
no. Era questo il sistema al quale ricorreva rivolta sotto Adriano).
nei confronti dei testi arabi; infatti, del Ma, nonostante tutto questo, a titolo di
Corano, che spesso cita nel De cristiana esempio e diciamo pure di curiosità, che
religione, e di un trattato di Avicenna pos- nulla toglie alla statura del personaggio e
sedeva una traduzione che fra l’altro prestò dei suoi studi, specialmente i nomi propri
a Pico della Mirandola e che, come risulta citati da Marsilio risultano assolutamente
dalle Epistole, con una lettera dell’8 settem- storpiati, come quando cita Chalchadias per
bre 1486, ne sollecitò la restituzione. Sa’dia, Camedrim per Sanhedrim, Ceder
Dall’insieme della sua produzione lette- lophan per Seder Olam.
raria, mentre da una parte appare una indi- Talvolta, i titoli di trattati talmudici sono
scussa conoscenza della cultura e della tra- presi per titoli di libri autonomi e qualche
dizione ebraica, dall’altra è possibile con- volta incorre in malintesi nelle idee e nei
statare inesattezze, se non addirittura errori fatti (come quando parla del nome di dio
• 26 •

Elohim e precisa heloym plurale est, singu - Infatti, in un primo periodo, quando Pico
lare enim eius est heluel e non, come avreb- era preso dalla filosofia aristotelica, la lette-
be dovuto dire, El). ratura ebraica ebbe la
Tuttavia nelle opere sola funzione di facili-
posteriori al De cristia - tare l’accesso ai pensa-
na religione si può dire tori arabi e ai loro com-
che le cose migliorano, menti alle opere aristo-
anche perché Marsilio teliche e pertanto in
diminuisce le citazioni, questa fase furono suf-
ed addirittura nel De ficienti anche delle
vita celitus comparan - semplici traduzioni dal-
da (1489), parlando l’ebraico.
dei sacrifici presso gli Ma ben presto Pico
ebrei, esplicitamente passò ai testi originali
dichiara di volerne quando i suoi studi
lasciare l’investigazio- filosofici assunsero una
ne all’amico Pico della caratteristica più eclet-
Mirandola, dimostran- tica e, fra l’altro perse-
do di avere un relativo guivano, da una parte,
interesse agli studi l’ideale di conciliare
ebraici e non quel fervore e quella profon- Platone ed Aristotele, e dall’altra la religio-
dità, con la quale vi ci si dedicherà Pico. ne e la filosofia, nonché il desiderio di cer-
A differenza di Marsilio Ficino, Angelo care e trovare prove di verità cristiane ed
Poliziano (1454-1494) ebbe nozione diretta una migliore comprensione della Scrittura.
della lingua ebraica, e pur senza addentrar- Nel primo periodo egli ebbe a guida Elia
si nello studio della relativa letteratura, sep- del Medigo, il quale a torto è indicato come
pe certamente trar profitto dalle sue cono- suo maestro di ebraico, mentre in realtà si
scenze per accostarsi al testo ebraico della limitò a tradurre per lui in latino opere
Bibbia e ai commentatori ebrei medioevali. ebraiche; nel secondo, dopo aver appreso la
Chi invece ebbe una conoscenza larghis- lingua ebraica e quella caldaica o aramaica
sima, profonda e diretta dei testi ebraici fu dal dottissimo convertito Samuel ben Nis -
certamente il dotto amico del Poliziano, che sim Abulfaraj, divenuto Raymond Monca-
probabilmente gli fu di valido aiuto nei suoi da e conosciuto anche come Flavio Mitrida-
studi e cioè Giovanni Pico della Mirandola te, trovò, per la letteratura e per il pensiero
(1463-1494), il quale, sin da quando, giova- ebraico, un maestro degno di lui, in Jocha -
nissimo studente a Padova, si dedicò allo nan Alemanno.
studio dell’ebraico, non abbandonò per tut- Purtroppo la sede non consente di occu-
ta la sua vita, anche se fu condizionato dai parci, in modo specifico e diretto, di questi
suoi studi filosofici. personaggi che ebbero tanta parte nella vita
• 27 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

e nella cultura del Signore di Mirandola. Anteriormente a Pico, già c’erano stati
Essi, però, non furono i soli ebrei con i qua- altri tentativi di far conoscere la Cabalà
li Pico ebbe rapporti per ragioni di studio. È ebraica al mondo cristiano, ma in verità
noto, infatti, che a Firen- solo il Signore di
ze, Pico, teneva presso di Mirandola raggiun-
sé un giovane ebreo di se risultati efficaci
nome Clemente che, poi, nel collegamento di
indotto da lui e forse diverse manifesta-
ancor più da Girolamo zioni del pensiero
Savonarola, si convertì al che diede origine a
Cristianesimo e indossò quell’indirizzo che
l’abito monacale. si chiamò appunto
La vastissima dottrina con il nome di
ebraica che Pico acquistò Cabalà cristiana.
con le frequentazioni di mol-
ti dotti ebrei e le larghissime letture di testi
ebraici, che raccolse in numero considere- Lo Scholem fa risalire la Cabalà cristiana
vole, determinarono l’indirizzo del suo pen- a due fonti: la prima che fu rappresentata
siero. Anzi, oserei affermare, che proprio in dalle speculazioni cristologiche di un nume-
questa forte commistione di elementi ebrai - ro rilevante di ebrei convertiti, speculazioni
ci consiste l’originalità di Pico. che – dato il loro scopo missionario, scoper -
Infatti, il suo sistema filosofico, sostan- tamente tendenzioso – non ebbero molta
zialmente, non è che un Neoplatonismo presa sugli spiritualisti cristiani seri, a diffe-
entro il quale sono commisti svariati ele- renza, invece, della speculazione cristiana
menti eterogenei, ma con ciò non si può che si sviluppò intorno all’Accademia pla-
ancora parlare di originalità, la quale, inve- tonica fiorentina che proseguì gli orizzonti
ce, scaturisce dalla fusione organica di tutti aperti dal Rinascimento.
questi elementi – che abbiamo definito “ete- Questi circoli fiorentini – afferma lo
rogenei” – con la Cabalà ebraica, che tentò Scholem – ritenevano di aver scoperto nel-
di cristianizzare e di adattare alle credenze la Cabalà una rivelazione divina originale
cattoliche. all’umanità che era andata perduta e che ora
D’altra parte, la Cabalà, come abbiamo veniva recuperata, e con l’aiuto della quale
visto, in alcuni suoi momenti, trova accordo era possibile non soltanto comprendere gli
o riscontro nella filosofia neoplatonica e in insegnamenti di Pitagora, Platone, gli orfi -
diversi punti delle dottrine cristiane in ci, da loro grandemente ammirati, ma anche
quanto derivate dall’Ebraismo. i segreti della fede cattolica8.

8 Sholem 1982.
• 28 •

Il vero fondatore di questa scuola di re omiletico, anche se la Halakah (“via, pro-


Cabalà cristiana fu dunque Pico, il quale, cedimento, norma”) non era sconosciuta alle
come appare dalle sue opere, aveva acqui- opere da lui possedute. Inoltre, cita qualche
stato una profonda passo talmudico nel testo
conoscenza non solo originale, con esatta
nelle dottrine cabali- indicazione del luogo.
stiche, ma anche in Dimostra familiarità
altri rami della vasta e con tutti gli sviluppi del-
molteplice letteratura l’esegesi ebraica dalle
ebraica, e nei più versioni caldaiche o
diversi indirizzi del Targumim, ai Midrash-
pensiero ebraico. im (le tradizioni orali) e
La dimostrazione agli esegeti medioevali
migliore di tutto ciò la ed arriva infine allo stu-
troviamo nella sua dio della Bibbia, oltre
produzione letteraria che nelle antiche versio-
che può essere classi- ni caldaica, greca e lati-
ficata tenendo conto na, direttamente nel
dei diversi interessi testo ebraico.
dell’Autore. Infatti, Questa conquista gli
dalla conoscenza della consente una conoscen-
lingua e della lettera- za ed una penetrazione
tura ebraica ottenne il delle Scritture molto più
risultato e la soddisfazio- profonda ed esatta di quan-
ne di poter tradurre in latino l’opera di Abu to avrebbe potuto ottenere dalle versioni
Bekr ibn Tofeil: il Chaj bel Joktan. note alla sua epoca. Di qui all’opera esege-
Dai filosofi ebrei medioevali attinse tica, il passo è breve. Scrive infatti un opu-
motivi e riflessioni non solo per leC o n c l u - scolo in difesa della versione di S. Girola-
sioni, ma anche per altre opere nelle quali mo contro le critiche ad essa mosse da par-
appare spesso anche la menzione di medici, te degli ebrei; una difesa analoga della tra-
astronomi e astrologi ed anche di storici duzione greca dei Salmi; un’illustrazione
ebrei. del racconto biblico della creazione di cui
Anche dei costumi degli ebrei non solo parleremo più avanti e un amplissimo com-
contemporanei, del loro calendario e delle mento ai Salmi, diretto ad illustrare il senso
loro vicende Pico si mostra informato. letterale e i molteplici significati che sotto il
Conosceva la letteratura talmudica, cer- velo della lettera egli credeva di poter
tamente per quanto attiene alla Haggadà riscontrare.
cioè ogni insegnamento non giuridico (reli- Ma, come abbiamo già accennato, ciò
gioso, morale, storico) con un certo caratte- che a Pico più interessava nell’Ebraismo era
• 29 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

la Cabalà. Tra le novecento Conclusioni vi Infine, completamente fondata sulle dot-


sono due serie di argomento cabalistico: trine cabalistiche è l’opera di Pico intitolata
quarantasette9 sono altrettanti estratti di Heptaplus, de septiformi sex dierum gene -
opere di cabalisti ebrei e seos enarratione,
altre settantadue10 espri- dedicata a Loren-
mono opinioni persona- zo il Magnifico
li di Pico nel campo nel 1489.
della Cabalà. Entrambe L’opera contie-
le serie richiedono una ne sette successi-
decisa conoscenza della ve interpretazioni
Cabalà e delle opere del racconto
cabalistiche. biblico della crea-
Nonostante l’uso zione: nelle prime
della Cabalà per dimo- quattro, con l’aiu-
strare la validità delle to delle parole
credenze cristiane Pico della Sacra Scrit-
fu condannato dal papato e pertanto nella tura, riscopre i quattro mondi della Cabalà;
sua “Apologia” egli ebbe occasione, per la quinta vede nel testo un accenno a tutti e
giustificare se stesso, di parlare ampiamen- quattro i mondi successivamente; la sesta
te della Cabalà, di cui sostiene l’identità con espone i rapporti dei mondi tra di loro, ed
la legge orale e di chiarire quella che secon- infine la settima mostra come tutte le cose
do lui ne era l’origine prima e cioè che create tendano a Dio, nel quale esse ritrova-
sarebbe stata insegnata da Dio a Mosè insie- no la beatitudine suprema.
me con la legge scritta, e che, trasmessa Alla fine dell’opera Pico si propone di
verbalmente di generazione in generazione, dare al lettore un’idea del sistema cabalisti-
sarebbe poi stata posta per iscritto da Ezra co delle permutazioni delle lettere e riferi-
in libri conservati gelosamente come tesori sce a titolo di saggio quanto egli è riuscito a
di segreta dottrina dei sapienti ebrei. dedurre con questo sistema dalla prima
In questi libri cabalistici che gli ebrei parola del testo biblico: Bereshith.
tramandarono attraverso i secoli, Pico cre-
de di poter trovare, contro le loro credenze L’esempio di Pico contribuì forse ad
e da loro inconsciamente custodita, la indurre allo studio dell’ebraico altri eruditi
migliore e più efficace testimonianza della fiorentini fra i quali certamente Girolamo
verità cristiana. Benevieni (1453-1542), la cui passione per

9 Conclusiones cabalisticae numero XLVII secundum secretam doctrinam sampientum Haebreo -


rum cabalistarum, quorum memoria sit semper in bonum.
10 Conclusiones cabalisticae numero LXXI [sono però 72] secundum opinionem propriam, ex ipsis
Hebraeorum sapientum fundamentis Christianam religionem maxime confirmantes.
• 30 •

la Cabalà giunge a fargli ritenere che perfi- Firenze intorno al 1490; rimase incantato
no nella Guida dei perplessi, opera squisita- dall’aria platonica che vi spirava, raccolse
mente filosofica di Maimonide, sotto il l’eredità di Pico, morto giovane, ed elevò la
velame della forma filosofica si Cabalà a livello di scien-
possa trovare un recondito sen- za filosofica platonica.
so cabalistico. La sua profonda
E, per finire, è il caso di conoscenza della Caba-
citare l’ampia erudizione ebrai- là gli consentì la pubbli-
ca di Sante Pagnini (1470- cazione, in latino, di due
1541) che consacrò la maggior scritti (De verbo mirifico
parte della sua vita, a questi – Sul nome miracoloso,
studi ai quali fu probabilmente 1494 – e De arte cabali -
avviato, certamente incorag- stica – Sulla scienza
giato, da Girolamo Savonarola, della Cabalà, 1517) che
dal 1494 provinciale dei dome- furono le prime opere di
nicani, il quale, con vivo zelo, Cabalà redatte da un
promosse fra i suoi frati lo stu- non ebreo.
dio dell’ebraico e delle altre lin- Secondo lui la conver-
gue orientali, non solo per migliorare la genza della Cabalà con i dogmi dell’inse-
comprensione dei testi sacri, ma anche allo gnamento cristiano avrebbe garantito la
scopo di valersi di queste conoscenze lin- verità dell’una e dell’altro.
guistiche per la conversione degli infedeli. L’influenza dell’opera di Reuclin sugli
Naturalmente anche oltre le mura di ebrei è la prova migliore del suo impatto sul
Firenze e anche al di là delle Alpi la Cabalà pensiero dell’epoca. Taluni, come Todros
esercitò il suo fascino e la sua caratteristica ha Koen si convinsero a tal punto delle veri-
influenza. tà esposte da Reuclin da farne la base ideo-
Come di consueto, la sede non consente logica della loro conversione al Cristianesi-
di dilungarci più di tanto, ma non possiamo mo. Todros ha Koen, chiamato in seguito
assolutamente tacere di qualche grande per- Ludovico Carretto, pubblicò a Parigi nel
sonaggio che al pari di Pico si è lasciato 1544, un libro dal titolo Epistola Ludouici
conquistare dal pensiero cabalistico. Carreti ad Iudaeos, nel quale espone le sue
È questo il caso di Joannes Reuclin ragioni ed invita i confratelli di un tempo a
(1455-1522), uno dei più illustri sapienti del seguirlo nel suo cammino.
Rinascimento, che nutriva un profondo di- Invece, gran parte dei confratelli di
sprezzo per la scolastica tedesca e che trovò Todros erano terrorizzati dalla pericolosità
nella Cabalà una base positiva, un fattore di delle teorie di Reuclin per la purezza delle
grande importanza per i movimenti religio- fede ebraica e cercarono di dimostrarne la
si della Riforma. non appartenenza al campo dell’elaborazio-
Reuclin, ebbe occasione di soggiornare a ne cabalistica.
• 31 •
L’influenza della Cabalà nel Rinascimento, G. Abramo

Eppure, nella prima delle due opere cita- A questo punto, purtroppo, non mi resta
te, che è anche la più originale, Reuclin cer- che chiudere, senza spingere oltre le ricer-
ca di dimostrare che ogni saggezza e vera che sull’influenza che la Cabalà ha esercita-
filosofia vengono to nei secoli.
dagli ebrei e che Pla- Tuttavia, pos-
tone, Pitagora, Zoroa- siamo notare
stro hanno attinto le che la sua
loro idee religiose tendenza, i
dalla Bibbia, la cui suoi simboli
lingua e le cui creden- appaiono in
ze hanno lasciato modo talora
tracce nei libri sacri di evidente nel-
tutti i popoli. le dottrine e
Il principale contri- nel pensiero di
buto di Reuclin fu la sua associazione del molti uomini illustri non solo del ‘500,
dogma della Incarnazione con una serie di come, ad esempio, mi limito solo a citare, il
ardite speculazioni sui nomi divini. tedesco Teofrasto Paracelso, l’italiano Gero -
È sua la tesi che la storia umana poteva lamo Cardano, l’olandese Joannes Baptista
essere divisa in tre periodi: nel primo, o van Helmont, l’inglese Robert Fludd e
“periodo naturale”, Dio si rivelò ai patriar- soprattutto il mistico tedesco Jacob Boehme,
chi con il nome di tre lettere (shin-dalet-yud la cui dottrina è considerata dagli studiosi
= Shaddai). Nel periodo della Torà si rivelò tedeschi come lo Zohar per la Cabalà.
a Mosè con il nome a quattro lettere (Yud - Ma di là dagli elementi mistici, gli ele-
Hey-Vav-Hey), a proposito del quale Reu- menti metafisici della Cabalà appaiono in
clin riteneva possibile che la tetractys pita- maniera ancora più decisa in personaggi
gorica ne fosse un ricordo e di conseguenza come Giordano Bruno, Spinoza, Leibniz,
Pitagora con il suo culto della decade inten- Pascal, Milton, etc.
deva ricordare ed onorare le dieci Sefiroth Secondo l’Enciclopedia Giudaica, Bruno
della Cabalà. Infine, nel terzo periodo, cioè ha desunto molte idee dalla Cabalà. In ogni
quello della redenzione, Dio si rivelerà con modo le sue concezioni del mondo relative
il nome a cinque lettere che si ottiene con ad un’emanazione della monade divina, alla
l’aggiunta al Tetragrammaton di una shin totalità o al Tutto che è insieme materiale e
significante il Logos (e quindi avremmo animato, alla presenza di Dio motore in
Yud-Hey-Vav-Shin-Hey e cioè Yehoshua o ogni cosa, presentano aspetti che ricordano
Gesù). la Cabalà. L’onnipresenza di Dio, dove il
La sostanza divina nella sua assoluta uni- tutto partecipa all’infinità divina, è proprio
tà, indicata con il nome proibito di Dio, a un’idea cabalista.
quattro lettere, diventa pronunciabile con il Il legame che collega Spinoza alla Caba-
nome Jehova. là è forse ancora più deciso, nonostante il
• 32 •

fatto che egli ne parli in tono sprezzante nel mo concepito come un piccolo mondo, un
suo Trattato teologico-politico. È pur vero, universo in compendio, insomma un micro-
però, che Spinoza rifiu- cosmo; né è estranea
ta l’eccesso di imma- alla Cabalà l’idea del
ginazione, l’aspetto tutto continuamente
fantasioso e talora creato e della sua con-
puerile della Cabalà servazione, che è una
specialmente pratica, “creazione continua”,
ma molti elementi fon- e senza dire della
damentali della meta- visione della monade
fisica della Cabalà si come qualcosa di com-
avvicinano largamente pleto che contiene in
alle sue idee. sé tutto, così come
Per finire, un rapi- ognuna delle Sefiroth,
dissimo accenno anche a che pur essendo in sé
Leibniz, che certamente studiò la Cabalà, da definita e completa, si ricollega a tutte le
cui attinse l’idea, che fece propria, dell’uo- altre, per costruire e reggere l’universo.

Riferimenti bibliografici

Bonfil, R. (1991) Gli ebrei in Italia nell’epoca del Rinascimento. Sansoni, Firenze.
Busi, G. (1989) La Cabala. Edizioni Mediterranee, Roma.
Di Nola, A.M. (1984) Cabbala e Mistica Giudaica. Carocci, Roma.
Franck, A. (1842) La Kabbale. Parigi.
Serouya, H. (1989) La Cabala. Edizioni Mediterranee, Roma.
Sholem, G. (1965) Le grandi correnti della mistica ebraica. Il Saggiatore, Milano.
Sholem, G. (1982) La Cabala. Edizioni Mediterranee, Roma.
Yates, F. (1982) Cabbalà e occultismo nell’età elisabettiana. Einaudi, Torino.
Memoria e iniziazione
in Se questo è un uomo di Primo Levi
di Paolo Cristiani
Saggista

Se questo è un uomo (1947) is a novel about memory: at the centre the tragic
experience of the Author in the Monowitz’ nazist lager, near the more famous
Auschwitz. Primo Levi was one of the very few survivors and during his life he fol -
lowed the civil and moral duty of testify that particular period of the history of
mankind. Primo Levi was born in Turin in 1919 and there he suicided in 1987. In
one of His last interview He said: We want to show to the world that we still
exist. If it would be necessary we will do it with our death. The book tells
about a kind of initiation journey; there are many references to Dante’s Divina
Commedia, e.g. one of the most touching chapter, the “Ulysse’s chant”, is entire -
ly inspired by the Commedia and elsewhere Levi underlined the fact that Evil and
Hell are constantly present all over the book, like in the first part of Dante’s travel.

rimo Levi muore suicida l’11 quell’alone di mistero tipico di altri suicidi.
aprile 1987: si lascerà cadere dal La sua scelta si deve ricondurre all’offesa
terzo piano del suo appartamento ricevuta, alla impossibilità di comunicarla
torinese, lo stesso dove era nato il 31 luglio effettivamente, alla indifferenza delle nuo-
1919. ve generazioni. Significativo è l’ultimo
È sempre difficile trovare moventi intor- appello dello scrittore, che dice: Non
no a un suicidio. È una matassa che non si dimenticate!,non “Non dimenticatemi!”. È
riesce a sbrogliare. Filosofi, sociologi, psi- significativo altresì che egli dedichi un inte-
cologi, psichiatri se ne occupano da tempo, ro capitolo (il sesto) de I sommersi e i sal -
tentando di volta in volta interpretazioni, vati al filosofo austriaco Jean Améry (il suo
spiegazioni, rimedi anche. Ma si resta sem- vero nome era Hans Mayer), torturato dalla
pre nel campo delle ipotesi. Forse la defini- Gestapo perché aveva aderito in Belgio a
zione più corretta, a mio avviso, viene da un un movimento della Resistenza, e deporta-
“non addetto ai lavori”, Honoré de Balzac, to poi, perché ebreo, nel campo di Mono-
il quale scriveva che ogni suicidio è un poe - witz, lo stesso dove fu prigioniero lo scrit-
ma sublime di malinconia. tore: il quale però non si ricordava di lui,
Il suicidio di Primo Levi ha sicuramente mentre il filosofo lo ricordava, pur confon-
a che fare con la malinconia, ma non ha dendolo con Carlo Levi. Améry morirà sui-
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cida a Salisburgo nel 1978. Levi, nel primo […] Proprio per la costante immedia -
capitolo dello stesso libro, cita alcune frasi tezza della morte, mancava il tempo per
lasciate scritte dal filosofo prima della mor- concentrarsi sull’idea della morte.
te e che avrebbe potuto scrive- E cita un passo de La
re lui stesso: coscienza di Zeno, là dove
Chi è stato torturato rima - Svevo descrive l’agonia del
ne torturato. […] Chi ha subi - padre del protagonista:
to il tormento non potrà più
Quando si muore si ha ben
ambientarsi nel mondo, l’abo -
altro da fare che di pensare
minio dell’annullamento non
alla morte.
si estingue mai. La fiducia nel -
l’umanità, già incrinata dal
primo schiaffo sul viso, demo - Dopo la data dell’8 settem-
lita poi dalla tortura, non si bre (inizia così il calvario nar-
riacquista più. rato in Se questo è un uomo)
Levi si unisce a un gruppo di
I sommersi e i salvati doveva essere il partigiani operanti nelle montagne della Val
titolo del primo romanzo di Levi, è invece d’Aosta, ma il 13 dicembre 1943 viene arre-
l’ultima opera dello scrittore, una summa stato con altri due amici dai fascisti. Ha
delle sue meditazioni sul lager; opera – è documenti falsi e rischia la fucilazione. Per
stato scritto – di un grande moralista, che evitarla svela la sua vera identità, confes-
chiude la sua tragica esperienza umana di sando di essere ebreo, e per questo viene
un momento storico tra i più terribili della assegnato al campo modenese di concentra-
storia dell’uomo. Assolto il suo dovere mento di Fossoli. Nel febbraio del 1944 il
morale e civile di testimonianza, non essen- campo è in mano ai tedeschi, i quali rin-
doci altro da fare, seguì la strada che oltre chiudono come bestie i prigionieri ebrei nei
ad Améry avevano seguito il poeta Paul vagoni merci e li avviano ad Auschwitz.
Celan, il critico letterario Peter Szondi e il Auschwitz era il nome che i tedeschi ave-
critico d’arte Robert Klein. In una delle sue vano dato a una cittadina polacca dell’Alta
ultime interviste, Levi aveva detto: Slesia, a sud della Polonia, annessa alla
Germania nazista nel 1939: a partire da
Vogliamo dimostrare al mondo che quella data tutto venne ribattezzato con
ancora esistiamo. Se occorre lo dimostrere - nomi tedeschi. Il campo di Auschwitz era,
mo morendo. per così dire, la capitale amministrativa di
un complesso sistema concentrazionario
Alcuni storici hanno osservato che i casi comprendente una quarantina di campi.
di suicidio durante la prigionia sono stati Dopo cinque giorni di interminabile
rari. È vero, e lo scrittore ce ne offre una viaggio verso il nulla, verso il fondo, Levi
felice motivazione in un’altra pagina del- giunge al campo di Monowitz, situato a cir-
l’opera già menzionata: ca sette chilometri a est di Auschwitz.
• 67 •
Memoria e iniziazione in Se questo è un uomo di Primo Levi, P. Cristiani

L’alba ci colse come un tradimento. 1945 arrivano le truppe dell’Armata Rossa


che porteranno loro aiuto.
Questo endecasillabo in un In ricordo di questi eventi
contesto narrativo segna il tragici, il 27 gennaio lo
senso malinconico e dram- Stato italiano, con legge
matico del primo incontro del 20 luglio 2000 n. 211,
con il lager dove, da ora in ha istituito il “Giorno della
poi, si abbatteranno su lui e i Memoria”.
suoi compagni le violenze È ovvio che l’intento
più assurde. Levi diventa dello scrittore è quello di
subito un Haftling (è il pri- testimoniare, ricordare, e
gioniero ultimo arrivato, il tutta la sua vita ha avuto
niente assoluto), il suo nome praticamente questa finali-
sarà il numero 174517 tatua- tà: se non avesse vissuto (è
to sul braccio sinistro. I dete- lui stesso a dirlo nell’A p -
nuti in buona salute vengono pendice del 1976 dell’edizione scolastica
impiegati nella Buna, una fabbrica di gom- einaudiana) la stagione di Auschwitz proba-
ma annessa al campo, gli altri vengono bilmente non avrebbe scritto nulla. Egli ha
avviati alle camere a gas. I turni di lavoro avuto la fortuna di essere tra quel cinque per
sono massacranti, la fame, la sete e le per- cento di deportati italiani che hanno fatto
cosse riducono i prigionieri a larve umane, ritorno a casa:
in feroce competizione gli uni con gli altri:
Forse mi ha aiutato anche il mio inte -
all’interno del campo infatti vige la legge
resse, mai venuto meno, per l’animo uma -
spietata della sopravvivenza, e solo chi è
no, e la volontà non soltanto di sopravvi -
abbastanza astuto da eludere in parte la vere (che era comune a molti), ma di
disciplina (anche a spese dei compagni più sopravvivere allo scopo preciso di raccon -
deboli) può avere qualche possibilità di sal- tare le cose a cui avevamo assistito e che
varsi. La conoscenza della chimica e della avevamo sopportate.
lingua tedesca permetteranno a Levi di otte-
nere un incarico nel laboratorio della fab-
brica, e questo segna un parziale migliora- E Levi vuole raccontare tutto, vuole che
mento delle sue condizioni di vita. Nel gen- la memoria dei fatti drammaticamente vis-
naio del 1945 l’Autore si ammala di scarlat- suti sia “intera”. Nel capitolo nono, I som -
tina, ma la circostanza lo salverà: infatti i mersi e i salvati (che, si è detto, in origine
tedeschi, in fuga davanti alle truppe russe, era il titolo del libro), pone a se stesso una
abbandonano lui e tutti i malati, portando domanda: se sia bene che di questa eccezio -
con sé solo i prigionieri sani (che moriran- nale condizione umana [la vita del Lager]
no tutti). Le ultime pagine del libro vedono rimanga una qualche memoria. La risposta
il protagonista e i compagni alle prese con il non poteva che essere affermativa. Nella
freddo e la fame, finché il 27 gennaio del poesia Se questo è un uomo, posta a epigra-
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fe del libro e che darà il titolo al romanzo grigia” del collaborazionismo, del compro-
(sarà il critico letterario e suo primo editore messo, nella logica sempre di lotta per la
Franco Antonicelli a sug- sopravvivenza.
gerirglielo), Levi si E così c’è la sto-
rivolge direttamente ai ria di Schepschel
lettori invitandoli ener- che si arrangia a
gicamente a ricordare: fare il ciabattino
Vi comando queste del lager, qualche
parole… Ripetetele ai volta perfino canta
vostri figli. È talmente e balla davanti alla
importante, per lui, il capanna degli ope-
ricordo che la poesia si rai slovacchi, che
chiude con una invetti- lo ricompensano
va contro chi non con gli avanzi del-
dovesse ricordare: O vi si la loro zuppa, ma non
sfaccia la casa, /La malattia vi impedisca, esita a fare la spia per migliorare di posto.
/I vostri nati torcano il viso da voi. C’è la storia dell’ingegner Alfred L., egoi-
Si diceva prima, memoria intera. Nel sta e calcolatore, che cerca di conservare un
lager ci sono due categorie di uomini. La aspetto rispettabile perché, nel lager, trova
quasi totalità dei prigionieri appartiene ai la migliore garanzia per essere rispettato;
“sommersi”, mentre i “salvati” sono pochi, perciò viene assunto nella Buna come tec-
anche se molteplici e diversissime sono le nico di laboratorio. C’è la storia di Elias, un
modalità attraverso le quali ci si salva. Lo nano forte come un Ercole, lavoratore d’ec-
scrittore cita una frase del Vangelo che ci cezione, fisicamente indistruttibile, ed è
farà da guida in questo capitolo: anche una eccezione nella storia del lager
vissuto da Levi, il quale dice che per quan -
A chi ha sarà dato; a chi non ha, a quel -
to ci è possibile giudicare dal di fuori, e per
lo sarà tolto.
quanto la frase può avere di significato,
Elias era verosimilmente un individuo feli -
È noto che la frase intende condannare ce. C’è infine la storia di Henri, giovane col-
coloro che non hanno meriti o qualità mora- to e intelligente, che pratica i metodi del-
li davanti al tribunale di Dio. Ma nel lager, l’organizzazione, della pietà e del furto, poi-
dove “ognuno è disperatamente solo”, la ché nel lager non si salva il virtuoso, ma
sentenza evangelica è ridotta nella sua cru- l’uomo che si “organizza” a spese del pros-
da immediatezza letterale. Nel lager i simo e che sopprime ogni sentimento di
muselmann (i deboli, gli inetti, i votati alla solidarietà; Henri è duro e lontano, chiuso
selezione) sono quelli che “non hanno” ed è nella sua corazza, nemico di tutti, inuma -
a loro che “sarà tolto” (la vita, sicuramente). namente scaltro e incomprensibile come il
I “salvati” sono coloro che abitano la “zona Serpente della Genesi.
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Memoria e iniziazione in Se questo è un uomo di Primo Levi, P. Cristiani

Ma nel lager c’è anche chi non è riuscito peculiarità questa che ha dato forza a Levi
a diventare un “tristo”, vale a dire un uomo per superare quei momenti terribili, non tan-
che le sventure hanno reso non to per l’aiuto materiale che
solo triste, ma anche malvagio e Lorenzo gli ha gratuitamen-
odioso agli altri (definizione in te offerto, quanto perché la
nota dello scrittore, Torino, sua presenza gli ha ram-
2002, p. 67). mentato che esisteva ancora
È il caso di Alberto, il miglio- un mondo giusto, non cor-
re amico di Primo, che “sa” chi rotto, non selvaggio. Il lager
bisogna corrompere, chi bisogna è un mondo senza razionali-
evitare, chi si può impietosire, a tà, senza dignità umana,
chi si deve resistere e che per- dalle SS ai Kapos, ai promi-
tanto incarna quel tipo di uomo nenti (sono prigionieri pri-
buono, ma nello stesso tempo vilegiati che rivestono le
forte ed equilibrato, contro cui cariche più alte), agli Haft-
le forze del male non riescono a ling; Lorenzo però è al di
prevalere, contro cui si spunta - fuori di questo mondo e
no le armi della notte, dice Levi grazie a lui lo scrittore è
riprendendo il titolo del roman- riuscito a non dimenticare
zo forse più meditato dello scrit- di essere un uomo.
tore francese Vercors, Le armi Le circostanze hanno
della notte (ambientato pure in un favorito il narratore a non
campo di sterminio), in cui il protagonista dimenticare di essere un uomo, la fortuna ha
constata amaramente che il vero delitto dei avuto pure la sua parte a farlo uscire vivo da
nazisti non è stato tanto quello di uccidere Auschwitz, tuttavia la sua sensibilità, la cul-
degli uomini, quanto quello di privarli arta- tura scientifica e umanistica hanno contri-
tamente della loro “qualità” di uomini. buito, in parte, al superamento di quell’uni -
Ma più ancora, a mio avviso, in tanta cum che è stato il mondo concentrazionario
degradazione e abbruttimento nella vita del nazista nella pur sanguinosa storia dell’u-
lager, la “qualità” umana si manifesta in manità. Certo la ferita non si è mai rimargi-
Lorenzo, un operaio civile italiano che per nata, i tedeschi hanno vinto, anche se scon-
sei mesi portò al nostro autore un pezzo di fitti militarmente; è Levi stesso a dirlo nel
pane e gli avanzi del suo rancio, gli donò penultimo capitolo:
una maglia, scrisse per lui in Italia una car-
Distruggere l’uomo è difficile, quasi
tolina e gli fece avere la risposta. E per tut- quanto crearlo: non è stato agevole, non è
to ciò non chiese mai alcuna ricompensa, stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi.
perché non pensava che si dovesse fare il
bene per un compenso. Lorenzo ha donato il In ogni caso egli è riuscito a darne testi-
“superfluo” a chi ne aveva bisogno: è una monianza attraverso un’attività durata, tra
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alti e bassi, quarant’anni. È vero (lo dice lui prima ancora che fosse a fondamento della
stesso e lo abbiamo già accennato) che se nostra e di ogni libera Repubblica, la Mas-
non ci fosse stato Auschwitz probabilmente soneria elevava a simbolo di utilità e perfe-
non avrebbe scritto nulla, ma pro - zione, considerandolo primo dovere
babilmente (adoperiamo lo stes- e massima consolazione dell’uomo;
so avverbio) aveva in sé latenti il lavoro sarà qui, in un luogo con-
le qualità dello scrittore, che non cepito per uno sterminio program-
possono così marcatamente matico, mezzo per infliggere di-
e m e rgere, pure in considerazio- sumane sofferenze. Mentre nel-
ne di una esperienza così amara l ’Inferno dantesco la scritta ha una
come quella del lager, altrimenti sua logica coerente con il luogo di
avremmo dovuto avere altri “eterno dolore” che attende coloro
Levi nella moderna letteratura che in vita variamente peccarono,
europea, tenendo conto dei nel lager non ha alcun senso se non
superstiti (pochi) dei campi di quello della beffa. Come non ha
concentramento nazisti. senso il divieto di bere in presenza
Da intellettuale qual era, Levi dell’acqua e sotto la spinta di una
concepisce la narrazione di Se sete feroce; o l’obbligo di mettersi
questo è un uomo come un viag- in fila nudi nel vento gelido del
gio iniziatico e non poteva esse- nord Europa; o il togliersi le scar-
re altrimenti, perché quella situa- pe, metterle in un angolo e poi
zione era troppo assurda e irrazionale. Pro- venire uno con la scopa a spazzarle fuori
prio come Dante egli si trova improvvisa- dalla porta in un mucchio. Tutto è insensato
mente catapultato nella “selva oscura” del nel lager, perché il fine è quello di distrug-
lager. Non è un forzare il testo, è l’autore gere l’individuo. Il nostro scrittore ha sete,
stesso a dire che il ricordo dell’I n f e r n o cor - vede fuori dalla finestra un bel ghiacciolo,
re costante per tutto il libro (cfr. nota 21 lo stacca, ma un tedesco glielo strappa bru-
dell’edizione Einaudi cit.). Non a caso il talmente. Vuol sapere perché, ma gli viene
primo capitolo del romanzo si intitola Il risposto: qui non c’è perché; la frase, per
viaggio: alla fine del capitolo un soldato analogia, gli fa pensare a due endecasillabi
tedesco, novello Caronte, scorta i prigionie- danteschi: […] Qui non ha loco il Santo
ri destinati al lager non gridando il classico Volto! /qui si nuota altrimenti che nel Ser -
Guai a voi, anime prave, bensì chiedendo chio, che sono le parole con le quali i diavo-
denaro e orologi. li di Malebolge si rivolgono a un dannato
Nel secondo capitolo siamo davanti alla lucchese, a sottolineare la differenza tra il
grande porta del lager, la porta dell’Inferno, mondo terreno e quello infero.
sulla quale anziché la scritta Per me si va Il terzo capitolo si intitola Iniziazione ed
nella città dolente […], campeggia l’assur- è pertanto abbastanza esplicito per determi-
da scritta ARBEIT MACHT FREI (vale a nare il carattere che Levi ha voluto dare alla
dire, “Il lavoro rende liberi”). Il lavoro che, sua narrazione. Comincia l’inferno vero e
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Memoria e iniziazione in Se questo è un uomo di Primo Levi, P. Cristiani

proprio, e per non morire un suo amico gli Pikolo e Primo devono ritirare, a un chi-
suggerisce di lavarsi con energia; di dare il lometro di distanza, la zuppa di cavoli e
lucido alle scarpe; di camminare senza stra- rape, che viene poi distribuita ai prigionieri
scicare gli zoccoli: gesti che pos- affamati: all’andata si anda-
sono sembrare inutili ma che ser- va leggeri, ma poi bisogna-
vono a negare consenso alla pro- va ritornare con la marmitta
pria disfatta, a salvaguardare la di cinquanta chili infilata
forma della civiltà proprio là nelle stanghe. Perciò all’an-
dove essa è perduta. data, scegliendo opportuna-
Un’altra efficace analogia con mente una strada più lunga,
l’Inferno dantesco si rinviene fanno in modo di avere
quando Levi deve sostenere l’e- un’ora a disposizione per
same di chimica davanti al Dok- parlare tra loro da esseri
tor Pannwitz, capo della com- umani. Così ricordano le
missione, formidabilmente”sedu- loro case, i loro studi, le
to dietro una scrivania: l’avver- loro letture, le loro madri…
bio rievoca l’orribilmente e rin - Pikolo ama l’Italia e vorreb-
ghia del giudice Minosse. Pann- be imparare l’italiano. Pri-
witz, come Minosse, non userà la mo inizia la “lezione” par-
parola per esprimere il suo giudizio sul can- landogli di Dante e della Commedia, poi gli
didato, ma segni incomprensibili che la sua recita a memoria alcuni versi del XXVI
mano di pelle bionda scrive su una pagina canto dell’Inferno: Lo maggior corno de la
bianca, ed è come se scrivesse il destino del fiamma antica […]. I versi danteschi hanno
nostro scrittore. il potere di evocare una lingua musicale
Immagini suggerite dalla Commedia tro- contrapposta a quella “aspra e chioccia” del
viamo sparse qua e là nel romanzo, ma il lager. Vi è un vuoto di memoria durante la
capitolo undicesimo, uno dei più toccanti declamazione dei versi, ma poi riprende:
dell’intero libro, intitolato Il canto di Ulis - […] Ma misi me per l’alto mare aperto. Il
s e, è interamente dedicato al noto passo del- verso dà un senso di spazio e di pace che fa
l’opera dantesca. contrasto con la prigionia, la tensione e
Il protagonista di questo capitolo è Jean, l’ansia sempre costanti nel lager.
ventiquattrenne studente alsaziano sopran- Così tra lacune di memoria e pause for-
nominato Pikolo (vale a dire, “fattorino- zate (hanno da fare adesso un chilometro
scritturale”). Egli pulisce le baracche, con- con il recipiente pieno), Primo arriva alla
segna gli attrezzi, lava le gamelle, conta le famosa terzina Considerate la vostra semen -
ore di lavoro complessive e viene tenuto in za […], che acquista un valore terribilmen-
considerazione dal Kapo perché gli prepara te attuale per l’autore e il suo amico, perché
il quotidiano rapporto sulle prestazioni nel lager si vive come bruti, la “semenza”
degli operai. umana è calpestata, virtù e conoscenza sono
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relegate solo a momenti di pace come que- Per concludere. Il viaggio iniziatico di
sti. Ma i versi hanno una loro valenza non Levi non ha avuto peculiarità catartiche, nel
solo per contrasto, ma soprat- senso che non dobbiamo
tutto perché hanno la capaci- pensare a lui come a un
tà di evocare l’essere umano “salvato”, ma come ad
nella sua completezza mora- una vittima: uno che è
le: la compagna picciola da la morto ad Auschwitz qua-
qual non fui diserto dà il sen- rant’anni dopo. Il lager è
so della fraternità fra gli stato per lui, come per
uomini, la dolcezza di figlio, il altri superstiti, una Uni-
debito amore, la pietà del vec - versità (cfr. I sommersi e i
chio padre, il culto della fami- salvati, Torino, 1986, p.
glia; la montagna bruna del 114), nel senso di averlo
Purgatorio diventa nostalgia aiutato a scrutare meglio il
della patria, facendo ricorda- mondo, a misurare gli
re a Primo le sue montagne uomini. Una Università
che comparivano nel bruno che non gli ha inculcato la
della sera quando tornavo in fede in Dio, alla quale
treno da Milano a Torino. avrebbe potuto pur aggrap-
Ma è soprattutto il desiderio di cono- parsi in quei giorni tremendi. Non lo ha fat-
scenza che dona ai due amici un momento to. Solo una volta ha ceduto alla tentazione
di speranza: quella che al di là delle colon- della preghiera: nell’ottobre del 1944,
ne d’Ercole del presente vi sia un mondo davanti alla “commissione” che con un’oc-
migliore. Intanto sono arrivati a destinazio- chiata doveva decidere se lui era per il gas o
ne, il naufragio è in vista, la breve parente- se era idoneo per continuare a lavorare.
si umana è finita, e il verso che chiude il Ma, dice Levi:
canto di Ulisse, chiude anche il capitolo del
Non si cambiano le regole del gioco alla
romanzo: infin che ‘l mar fu sopra noi rin - fine della partita, né quando stai perdendo.
c h i u s o.Per un attimo l’intelligenza ha trion-
fato sulla brutalità, per un attimo Jean e Pri- Per rimpiazzare la mancanza di fede in
mo sono dei “salvati” nel senso più nobile: Dio, Levi scelse la cultura, che non salva
non attraverso le piccole miserie umane, ma nessuno dalla morte né assicura una vita
attraverso la memoria culturale che si è fat- migliore, aiuta però a non viver come bruti,
ta parola poetica, speranza della ragione per a utilizzare coscientemente e conoscitiva-
chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato mente gli strumenti della ragione di fronte
una cosa agli occhi dell’uomo. alla morte e alle negatività della storia.
Sugli estremi biografici di
Marziale Reghellini “de Schio”*
di Edoardo Ghiotto
Ricercatore

The Author presents some results of his researches about Marziale Reghellini, born
in Zara on June 18th 1766, from a family whose origins were deeply rooted in Schio
(Vicenza). This character has been a very important figure in the European Freema -
sonry between 1700 and 1800.

el dedicare alcune pagine del confirmer par des recherches dans les
suo fondamentale saggio su archives italiennes. Or, à en juger par ce
Laïcité et Franc-Maçonnerie qu’en dit un des meilleurs spécialistes de
a Marziale Reghellini “de Schio”, lo stori- l’histoire de l’illuminisme, même dans son
pays, on sait peu chose actuellement, sur
co John Bartier lamentava l’incertezza in
Reghellini1.
cui erano immersi molti dati della sua
biografia e, pur riconoscendo che alcune
Anche di recente Gian Mario Cazzaniga
informazioni su di lui era possibile
lamentava una pauvreté de données biogra -
ricavare dalle sue opere e dal suo carteg-
phiques ed il fatto che:
gio, avvertiva della necessità di poterle
confermare per mezzo di dati raccolti Les œuvres de Marziale Reghellini de
negli archivi italiani. Schio sont parfois citées mais trés peu
connues. La vie même de l’auteur consti -
De ses œuvres et de sa correspon - tue une page blanche de l’historiographie
dance on peut tirer quelques données littéraire et maçonnique du XIXe siècle2.
biographiques. Mais il faudrait les

* Il presente saggio richiama, aggiornandoli, alcuni miei precedenti scritti sull’argomento, appar-
si soprattutto in Numero Unico, Schio 1992 e 1996.
1 Bartier, 1982 : 203-224, nota tuttavia che il saggio in questione è del 1964. L’Autore accenna
a Francovich, 1962: 46 n. 19.
2 Reggiani, 2000: 19.
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Nessuno, che io sappia, ha mai messo in Eppure, i registri canonici custoditi nel-
dubbio che Marziale Reghellini sia nato a l’Archivio del Duomo di Schio e di varie
Schio. Lo aveva sempre dichiarato lui stes- località vicine, pur ricchi di informazioni su
so, nel frontespizio suoi omonimi e paren-
delle sue opere, rive- ti, tacevano inspiega-
lando un commovente bilmente su di lui.
attaccamento alla ter-
La casa Reghelli -
ra d’origine. Lo aveva ni – informa agli ini-
scritto nel suo La zi del Settecento
Maçonnerie ove ave- Giacomo Pozzolo –
va “spiegato” ai letto- è famiglia antica del -
ri che la sua terra era la contrada sopra
collocata entre Véro - Schio, chiamata li
ne et Vicence3. Lo Reghellini: al presen -
aveva confermato, tra i te vi sono il signor
tanti, in una sua gelida scheda bio-biblio- Giovanni e il signor Angelo, suo nipote,
benestanti e buoni chirurghi; il detto
grafica il Rumor agli inizi del secolo scor-
signor Giovanni è asceso al grado di ser -
so4. Lo si poteva desumere dall’acte de gente della milizia nuova, e il suddetto suo
décès stilato il giorno successivo alla morte nipote inoltre fa il maestro, tenendo scuo -
sopraggiunta il 19 agosto 1853 a Ixelles5. la a fanciulli di primo latte: del resto sono
Non lo poneva neppur lontanamente in di- civili e vestono pari d’ogn’uno del luogo7.
scussione il Bartier visto che, dopo aver
riconosciuto e lamentato la carenza di dati Dei due Reghellini ricordati dal Pozzolo
biografici sul Reghellini, proseguiva in tut- interessa, ai fini della nostra ricerca, A n g e-
ta serenità con le parole: lo, il nonno paterno di Marziale. Nato intor-
Quoi qu’il en soit, il était originaire de no al 1685, Angelo Reghellini viene ricor-
Schio […]6. dato da Gaetano Maccà8 come autore di una

3 Reghellini, 1842: 222.


4 Rumor, 1907: 609.
5 Marziale Reghellini morì nell’Hospice di Ixelles, popoloso sobborgo a sud-est di Bruxelles.
Giovanni Meneghini (1978: 56-57) riporta (tradotti in italiano) l’atto di morte redatto nel Comune di
Ixelles (n. 300) in data 20 agosto 1853 nonché quello redatto in Bruxelles, primo distretto (n. 3658) in
data 11 ottobre 1853. È questo il documento citato dal Bartier (1982: 205-6 e 212) con la segnatura Etat
Civ. Bruxelles 3658/1853. Marziale vi figurava fils de Brunon Reghellini et d’Anne Decorron, veuf de
Jasqueline Sineck et de Blanche de Stephene, senza figli.
6 Bartier, 1982: 206.
7 Pozzolo, 1876: 37. Cfr. pure Pietro Maraschin, Mss. Maraschin, VII, p. 64.
8 Maccà, 1814: 90.
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Sugli estremi biografici di Marziale Reghellini “de Schio”, E. Ghiotto

Antigrammatica per istruzione de’ princi - Reghellini sergente della milizia nuova che
pianti che, stampata a Vicenza nel 1725, abbiamo sopra menzionato.
conobbe una seconda edi- Sulla traccia del da Schio,
zione nel 1756, ad un Brunoro ebbe da Anna Decor-
anno dalla morte del suo ron, Marziale, Angelo ed Anna
autore. Sposato a Dome- Domenica, andata sposa in
nica Amorevoli (1695 ca.- Schio (1781) a Giovanni Nico-
1773), Angelo ebbe alme- letti. Particolarmente interes-
no undici figli, alcuni dei sante la pista di ricerca fornita
quali (particolarmente l’a- dall’atto di morte di Anna
bate Marziale, pievano di Domenica, stilato nel 1839: in
San Giacomo di Rialto in esso la si dice di anni 78, catto -
Venezia, revisore alle lica, possidente, fu moglie del fu
stampe dopo il 1742; Gia- Giovanni Nicoletti, nata in
no, “medico e cerusico” Zara, domicialiata in Schio,
attivo in Padova, Firenze, contra’ Oltreponte11.
Venezia, città queste ultime Il sospetto che non fosse
ove fu in contatto rispettivamente con A n t o- Schio il luogo di nascita di Marziale
nio Cocchi e con il console inglese Joseph Reghellini, malgrado le sue affermazioni e
Smith) raggiunsero in diversi campi grande la concordanza di quanti alla sua biografia
notorietà. Altra scelta di vita fece il settimo si erano interessati, derivava ulteriore con-
figlio, quel Giuseppe Brunoro, noto tuttavia sistenza da questo atto di morte e diveniva
con il solo secondo nome, che vide la luce quindi certezza una volta verificati gli scar-
in Schio nel 1723. Di lui il Maraschin e il ni e non di rado confusi dati biografici di-
conte Giovanni da Schio9 forniscono alcune sponibili.
informazioni di assoluta importanza ai fini Sulle prime tappe della sua formazione
della nostra ricerca: il primo fa sapere che culturale ben poco era dato sapere: il citato
egli ebbe impiego a Zara dove fece molte ric - Rumor sorvolava sull’argomento:
chezze, il secondo lo dice militare a cavallo
[…] Lasciò in giovane età la patria
dei veneti, col grado di cornetta10, e aggiun- [Schio] e l’Italia e si diede a girare il mon -
ge che si fece ricco a Zara. Aveva evidente- do. […] Non ebbe princìpi morali né reli -
mente seguito le orme di quel Giovanni g i o s i.

9 Persone memorabili in Vicenza, Biblioteca Bertoliana, Vicenza, ms. Gonz. 6.10. 1-11 (3396),
sub voce.
10 “Cornetta” – spiega Giuseppe Boerio (1856: 199) – sotto la Repubblica Veneta era titolo di
uffiziale di cavalleria, corrispondente all’alfiere nella fanteria o sia di sottotenente.
11 Archivio e Biblioteca del Duomo. Schio, Registri civili. Morti, XII, anno 1839, n. 147.
• 76 •

Ripeteva sostanzialmente queste parole il registro) e niente affatto promovente. Egli


anche il Màntese della Storia si dichiara dunque nato
di Schio e delle Memorie intorno al 1766, fatto
storiche, ma non quello questo che – alla luce
successivo dell’Itinerario degli eventi di poco suc-
archivistico ove lo definiva cessivi all’esperienza nel
un uomo d’ingegno e colto; Seminario – appare pie-
seminarista, volteriano e namente credibile.
massone12. Il Bartier, a sua
volta, sulla scorta di alcune Acquisito un dato
note autobiografiche rica- pressoché sicuro (ma da
vate dall’Examen du verificarsi) circa la data
mosaïsme (III, Bruxelles di nascita, restava da fis-
1834, p.71) del Reghellini sare con certezza quello
stesso, affermava: relativo al luogo. A que-
sto interrogativo veniva data una prima
Lui-même avait conquis à Padoue une
attendibile risposta grazie ad una successi-
licence en droit et il gardait un souvenir
va ricerca presso l’Archivio dell’Università
ému d’un de ses professeurs l’immortel
Cesarotti. padovana, alla quale il Reghellini si era
iscritto dopo essere uscito dal Seminario. Il
“Seminarista” dunque; ma non a Vi c e n- 30 marzo 1785 il Magistrato dei Riformato-
za, ove i registri dedicati allo Status cleri - ri, esaminata la supplica prodottagli dallo
corum Seminarii rimanevano desolatamen- scolare uscito da codesto Seminario, Mar -
te privi di qualsiasi accenno ad un Marziale ziale Reghellini, giudica conveniente di per -
Reghellini figlio di Brunoro, bensì a Pado- mettere al medesimo di poter essere ammes -
va, ove figura essersi iscritto (incumbit in so alla terza terziaria corrente in codesta
humanitatem) in data 16 novembre 1783. Università, sotto la disciplina de pubblici
Vi risulta filius N.N. et N.N., de Schio, fra - professori d’anno primo, ed in seguito di
trem unum habens superstitem, annorum presentarsi agli esami quallor consti con
17 circiter13. Non è dato sapere per ora che documenti immancabili che adempito abbia
cosa lo abbia determinato ad entrare nel egli il corso de studi nel Seminario delle due
Seminario di Padova accompagnato da una terziarie precedenti, e munito sia in tutto e
qualifica così insolita (se non unica in tutto per tutto dei requisiti prescritti14. Il 4 giu-

12 Màntese, 1955: 485 n. 69; Idem, 1982: 775 n. 112; Idem, 1986: 235.
13 Biblioteca del Seminario di Padova. Status clericorum Seminarii patavini, ms. 864/2, n. 1097.
14 Archivio Antico dell’Università. Padova (A.A.U.P.), ms. 513, alla data. Quanto al termine “ter-
ziaria”, il Boerio (1856: 745), ci informa che era voce che usavasi nell’Università di Padova e che chia -
• 77 •
Sugli estremi biografici di Marziale Reghellini “de Schio”, E. Ghiotto

gno 1785 – ci informano i registri d’Uni- ta, allora sotto dominazione veneziana, con-
versità giurista – sostenne gli esami previ- fermava contemporaneamente i due dati sul
sti15. Ma furono i primi ed luogo e sull’anno di nascita
anche gli ultimi; non pro- che gli elementi sopra
seguì infatti negli studi ma riportati avevano anticipa-
chiese ed ottenne di passa- to. In esso sono custoditi
re all’Università per lettera gli atti di battesimo di tre
datata 28 novembre 1785; figli di Brunone (Bruno-
non risulta tuttavia aver ro) Reghellini ed Anna
frequentato né avervi Maria Coronelli: Domeni-
sostenuto esami16. ca, Angelo Michele e, per
Ma i registri di terzaríe l’appunto, Marziale. Que-
dell’Archivio Antico del- sto il testo del fondamen-
l’Università ci forniscono, tale documento:
oltre alle indicazioni sul
magro curriculum di studi A dí 19 giugno 1766.
del Reghellini, anche quei Io don Michele Cettina
dati che nei registri del canonico e curato di questa
Seminario non avevamo reperito: ce lo metropolitana, a motivo di imminente
dicono infatti “figlio di Brunoro” e “di pericolo, ho dato l’acqua battesimale ad un
bambino nato li 18 corrente, figlio del
Zara” (corretto peraltro su “vicentino”).
signor Brunoro Reghellini e della signora
Nessuna informazione sulla data di nascita
Anna Maria17 sua legittima consorte, al
che purtuttavia già abbiamo visto fondata- quale ho posto nome Marziale Catterin.
mente collocabile nel 1766. Padrina la signora tenenta Catterina
Una ricerca effettuata nell’archivio del- Soranzo, riservate le sante preci al tempo
la parrocchia metropolitana della città croa- opportuno18.

mavansi terzeríe le tre fedi o attestazioni che a Natale, a Pasqua e alla fine dell’anno scolastico, ogni stu -
dente doveva riportare dai rispettivi professori dell’intervento assiduo alle lezioni, per poter essere
ammesso agli esami annuali, e quindi al dottorato.
15 A.A.U.P., Nuovo impianto di registro di terzarie. Legali, ms. 554, c. 19r.
16 A.A.U.P., Nuovo impianto di registro di terzarie. Artisti, ms. 554, c. 25r.
17 Il cognome della madre si ricava per esteso dall’atto di battesimo del fratello di Marziale,
Angelo Michele (13 dicembre 1764). Il cognome Decorron che abbiamo sopra incontrato è una proba-
bile storpiatura o adattamento di Coronelli.
18 Archivio della parrocchia metropolitana di sant’Anastasia. Zara, Liber baptizatorum XIX
(1761-1777), p. 76. Quanto al termine “tenenta”, il Boerio (1856: 742) spiega: dicesi la moglie d’un
tenente militare.
• 78 •

Riferimenti bibliografici

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me, d’aprés des documents inédits. In Laïcité et franc-maçonnerie. Études rassemblées et
publiées par Guy Gambier. Bruxelles.
Boerio, G. (1856) Dizionario del dialetto veneziano. Venezia.
Francovich, C. (1962) Albori socialisti nel Risorgimento. Contributo allo studio delle
società segrete (1776-1835). Firenze.
Maccà, G. (1814) Storia del territorio vicentino, XI/1. Caldogno (Vicenza).
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Màntese, G. (1986) Itinerario archivistico nella vita vicentina del primo Ottocento, a cura
di Vittoriano Nori. Vicenza.
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29 giugno. Schio.
Pozzolo, G. (1876) Notizie della terra di Schio scritte dall’anno 1712 al 1714. Padova.
Reggiani, L. (2000) [a cura di] Les origines de la Franc-Maçonnerie dans les œuvres de
Reghellini de Schio. In Massoneria e cultura. Il contributo della Massoneria alla forma -
zione della cultura nel Belgio francofono (1830-1914). Bologna.
Reghellini, M. (1842) La maçonnerie considérée comme le résultat des religions égyptien -
ne, juive et chrétienne, I. Paris.
Rumor, S. (1907) Gli scrittori vicentini dei secoli XVIII e XIX, 2. Venezia.
La Costituzione al tempo di Mazzini.
Un dibattito del 1849
di Roberto Balzani
(Università di Bologna)

Giuseppe Mazzini ruled in the time between March and July 1849. He led the
Roman Republic, an ephemeral democratic experiment, during the great Euro -
pean revolutionary period of 1848-49. The aim of the Democrats was not to estab -
lish a local alternative power different from that imposed by the Church: they were
drawing the profile of the future Italian Republic and their work was the concrete
proof of the vitality of democratic ideals. This is the reason why the deputees, even
after the fall of the Roman Republic, spended all their energy for writing a Con -
stitution Act. But, how to compile a Constitution? Where to find an inspiration,
in the ancient Roman tradition or in the more recent European experiences? There
were many whirling discussion about these matters and they probably stand as
one of the hightest moment in the Italian political life.

Per dirigere la guerra – così Giuseppe Costituzione romana, secondo me, non
Mazzini all’assemblea romana, il 18 mar- deve farsi, una Costituzione italiana non
zo 1849, in un famoso discorso – avete può farsi [...]. Parmi che Roma dovrebbe
necessità di un potere; d’un potere che, avere dalla Commissione che incaricaste di
quanto più i capi sono straordinari quan - redigere la Costituzione, una dichiarazio -
to più l’urgenza è grave, sia rivestito di ne di principi, un’espressione di fede [...].
poteri straordinari, abbia in sé un concen - Una dichiarazione di principi; una serie di
tramento di facoltà straordinarie. [...] guarentigie, per la libertà individuale, di
Abbiate dunque un potere uno, un potere coscienza, di associazione, di stampa, per
capace di tutta l’energia richiesta dalle cir - tutte le libertà che costituiscono il vostro
costanze [...]. Voi avete dichiarato che diritto più sacro; e un’organizzazione del
fareste una Costituzione. Ed io vi dico che potere: quando avrete queste tre cose,
una Costituzione non può farsi oggi. Vi avrete per me tutto quello che in questo
sono due speci di Costituzioni, Costituzio - momento, pendendo la guerra [...] voi
ne italiana e Costituzione romana. Una potete, e dovete avere1.

1 Le Assemblee del Risorgimento. Roma, III, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1911, pp.
786-787. Cfr., sul 150° della Repubblica Romana, il recente fascicolo speciale della Rassegna storica del
Risorgimento, 1999. Fra i contributi più recenti sul testo costituzionale del 1849, cfr. Bassani, 2001: 305-
340; Manzi 2003.
• 80 •

Il consiglio di Mazzini cadde nel vuoto. si, Giuseppe Galletti, e poi Ballanti e Liza-
Ed egli accettò, quindi, senza grande entu- be-Ruffoni. Siamo di fronte a un campione,
siasmo, l’idea di è stato scritto, di ten -
una discussione denze e provenienze
sulla Costituzio- diverse: democratici
ne. Le sue lettere influenzati dal sociali -
di quelle settima- smo, democratici lega -
ne non recano ti alla tradizione gia -
tracce significati- cobina, democratici
ve dei lavori: tut- mazziniani, liberali
to ruotava, per moderati che avevano
lui, intorno alla aderito alla Repubbli -
“questione mili- ca perché avevano
tare”, ai rapporti visto in essa l’unica
internazionali e alle concrete possibilità di soluzione possibile in quel momento dei
resistenza. Anche le relazioni epistolari con gravi problemi che agitavano lo Stato roma -
gli amici inglesi e francesi, che rappresen- no. Possiamo affermare, di conseguenza,
tavano per Mazzini uno dei canali privile- che la Costituzione fu il prodotto di un
giati per “europeizzare” il moto italiano, incontro riuscito (dopo molti scontri) fra le
glissano sulla Costituzione. L’héroïsme, diverse anime della democrazia e del libe-
scriveva, per esempio, a George Sand, il 28 ralismo democratico italiano; e ciò, credo,
giugno, s’era développé dans un peuple au ne aumenta notevolmente l’importanza.
contact d’une grande idée et de quelque Ma quale idea di Costituzione avevano
homme de foi2. Il punto di vista istituzionale in mente i rappresentanti del “popolo roma-
lo interessava poco: a contare era la testi- no”? Esistono due progetti di carta fonda-
monianza di una “fede”. mentale. Il primo, di cui fu relatore all’as-
La Costituzione della Repubblica non semblea Cesare Agostini, risale ai primi di
fu, perciò, il frutto di un impegno diretto di aprile del 1849, e tende – come vedremo –
Mazzini. Gli uomini che più ne discussero, a praticare una “via italiana” alla democra-
fra aprile e giugno 1849, furono altri: Quiri- zia politica, sulla scorta del modello repub-
co Filopanti, Carlo Luciano Bonaparte, blicano “classico”3. Agostini fu l’estensore
Aurelio Saliceti, Cesare Agostini, Enrico materiale di un testo che, tuttavia, fu il frut-
Cernuschi, Livio Mariani, Giovanni Gril- to di una commissione costituita ad hoc, il
lenzoni, Rodolfo Audinot, Giuseppe Gabus- 13 febbraio 1849. In realtà, poiché molti dei

2 Mazzini, 1950: 175.


3 Battaglini, 1991: 435-460.
• 81 •
La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849, R. Balzani

membri designati erano ministri o si trova- forse in polemica col preponderante potere
vano comunque coinvolti in attività gover- esecutivo incarnato dai triumviri – per una
native, i lavori procedettero a rilento e vide- forte sterzata in senso assembleare del futu-
ro l’impegno costante ro assetto istituzionale della
solo di alcuni deputati, Repubblica.
fra cui Bonaparte, Sturbi- Roma antica5 e la Fran-
netti, Galletti e Agostini. cia contemporanea rappre-
Quest’ultimo, in assem- sentarono, quindi, i due
blea, si assunse la pater- modelli presenti nei lavori
nità del testo nelle sue della Costituente. Agostini,
linee fondamentali. Gli senza dubbio, aveva guarda-
stretti rapporti fra Mazzi- to alla prima per il suo pro-
ni e Agostini, che fu suo getto. Esso prevedeva un’u-
segretario, lasciano sup- nica assemblea; un consola-
porre che l’intervento del to, formato da due persone
triumviro, almeno nelle e, soprattutto un tribunato di
settimane fra marzo e aprile, non fu trascu- dodici membri, tutti eletti a suffragio uni-
rabile. Il 17 aprile Agostini comunicò all’as- versale. Il tribunato aveva il compito di
semblea l’esito del suo lavoro, la cui di- “contenere” il potere esecutivo ed esercita-
scussione fu poi rimandata. Perché? Proba- re un controllo di legittimità costituzionale
bilmente per lo stesso impianto della Costi- sulle leggi. Rispetto a Rousseau, che nel
tuzione, che si allontanava vistosamente dai Contrat social aveva previsto un tribunato
più celebrati modelli europei. Sta di fatto conservateur des lois et du pouvoir législa -
che la Costituente votò una nuova commis- tif, l’ambiente repubblicano romano del ‘49
sione, sui cui lavori nulla sappiamo, che era andato oltre. I tribuni dovevano “veglia-
produsse un nuovo progetto. Fu reso noto re” a garanzia delle “leggi fondamentali”, è
nei primi giorni di giugno ed accompagna- vero, ma potevano rinviare all’assemblea
to dalla relazione di Aurelio Saliceti, un giu- per due volte le leggi che non ritenevano
rista abruzzese di solida formazione demo- costituzionalmente fondate; giudicare i con-
cratica4. Rispetto al primo che, come vedre- soli alla fine del loro mandato ed eventual-
mo, prevedeva una sorta di triplo potere mente porli in istato d’accusa; convocare i
consacrato dal popolo (quello legislativo, comizi straordinari; giudicare l’operato del
quello esecutivo e quello tribunizio), il dittatore – figura anch’essa tratta dalla tra-
secondo si qualificava, invece – forse per dizione classica e concepita come un potere
esplicita reazione al “modello francese”, straordinario a tempo. Non solo. Qualora i

4 Morelli, 1990: 291-296; Nocilla, 1989: 231-244.


5 Cfr., a questo proposito, Treves 1962; Skinner 1998. E, nello specifico, Meloni, 1993: 187-210.
• 82 •

consoli fossero stati posti in istato d’accusa, quando nel testo si parlava di “responsabili-
tre tribuni si sarebbero ad essi sostituiti nel tà”, non si trattava mai di responsabilità
disbrigo dell’amministrazione fino al termi- politica: la responsabilità in questione era,
ne del giudizio6. piuttosto, quella morale,
Il principio su cui fondava connessa alle inevitabili
il progetto repubblicano era la cadute morali dei magi-
derivazione di ogni potere strati nell’esercizio delle
direttamente dal popolo. Non loro funzioni. E, per la
era neppure presa in conside- verità, questa impostazio-
razione l’idea di un consolato ne risultava prevalente
responsabile nei confronti del- anche presso buona parte
l’assemblea, e dunque da essa dell’assemblea7.
in qualche modo controllabi- L’enfasi posta sul tribu-
le. La divisione delle funzioni, nato dipendeva dal valore
garantita dai tribuni – gli uni- educativo attribuito alla
ci a poter interpretare ruoli Costituzione. Una Costi -
diversi, in caso di necessità – tuzione repubblicana –
era ritenuta argine sufficiente aveva sentenziato Agosti-
al dispotismo o alla formazio- ni, presentando il suo pro-
ne di oligarchie. I deputati getto – utilizzando e perfe -
duravano in carica tre anni; i tribuni cinque zionando quanto v’ha di buono nella vita di
anni, ed erano rieleggibili; i consoli scade- un dato popolo, e ravviando e dirigendo
vano ad anni alterni, e non erano immedia- quanto v’ha d’imperfetto e di male, deve
tamente rieleggibili. Non v’è dubbio che, educare il popolo al miglioramento delle
grazie ad uno straordinario potere d’interdi- proprie condizioni morali, intellettuali e
zione e di controllo, i tribuni dovessero politiche affinché possa progredire nella sua
esercitare un potere davvero decisivo nella vita e giungere un giorno ad incarnare nel
Repubblica. Agostini, professore di storia, fatto quell’idea di perfetta democrazia, che è
non si poneva il problema di un eventuale vera fratellanza, con la semplicità dell’ele -
conflitto d’interessi e non prevedeva la for- mento patriarcale e la robustezza dell’ele -
mazione di partiti: da mazziniano, egli rite- mento romano8. I tribuni, in quest’interpre-
neva che il “popolo”, nella sua globalità, si tazione formativa e formatrice della Repub-
sarebbe spontaneamente indirizzato verso la blica, acquisivano perciò il ruolo di censori,
scelta degli individui più adatti. Non a caso, di maestri, di vigili, si potrebbe dire, del

6 Battaglini, 1991: 440-441.


7 Ibidem, p. 450 ss.
8 Le Assemblee del Risorgimento. Roma, IV, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1911, pp.
190-191.
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La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849, R. Balzani

traffico delle emozioni e dei sentimenti che transalpino anche per un’altra, fondamenta-
attraversavano lo spazio del potere. le ragione: Noi – da intendersi come noi
La chiave etica è decisiva per compren- romani – non abbiamo storia. Un’aff e r m a-
dere il debito culturale che il zione paradossale, soprattut-
nuovo repubblicanesimo to se fatta nella città capita-
aveva contratto con l’antico. le di un antico e grande
Lettori di Machiavelli, i impero. Agostini spiegava:
costituenti del ‘49 avevano il governo clericale aveva
in mente un mondo fatto non compresso il popolo, lo
tanto di pesanti interessi aveva costretto ad un ruolo
organizzati, quanto di perso- subalterno, ma lo aveva
nalità avide e malvagie. Il lasciato per secoli in una
topos retorico e letterario condizione, per così dire,
dell’Italia corrotta dall’egoi- d’infanzia politica. Niente
smo individuale e dalla bra- classi sociali, nessuna ari-
ma di ricchezza e di potere stocrazia di sangue; un’“ari-
prevaleva sull’analisi di una stocrazia delle ricchezze”
realtà non ancora evidente non organizzata. Il commer -
ma in formazione, nella qua- cio e l’industria ha formato
le l’opinione pubblica andava – proseguiva – poche grandi
prendendo corpo, dividendosi non solo sul- fortune. D’altronde le condizioni economi -
la base delle idee, ma anche di robusti inte- che dello Stato sono eminentemente agrico -
ressi collettivi. le; soppressi i vincoli dei passaggi alle pro -
Agostini aveva ben presente, ovviamen- prietà fondiarie, usato giustamente ed equa -
te, la Costituzione francese del ‘48. Ma essa mente il cospicuo patrimonio nazionale e
– osservava – non lusingava già troppo la mobilizzando eziandio le proprietà con del -
nostra attenzione, perché una Costituzione le provvide istituzioni, può asseverarsi che
di nuova Repubblica, la quale lascia aperta la vera aristocrazia delle ricchezze è fra noi
al Potere esecutivo la via di abbandonare la impossibile, impossibile quindi l’organizza -
causa dei popoli generosi che si sollevano zione di una classe che demoralizza e rovina
per la libertà, non è certo una Costituzione i popoli concentrando in poche mani i beni
per noi, per noi che onoriamo ogni diritto di materiali della vita, e condannando le mas -
nazionalità, e vogliamo proclamato il prin - se a fremere, a piangere, a odiare l’umanità.
cipio della fratellanza dei popoli9. Ma il caso No, questo snaturamento non è pel nostro
romano non era paragonabile con quello popolo!10

9 Ibidem, p. 194.
10 Ibidem, p. 193.
• 84 •

La proverbiale arretratezza italiana commissione Saliceti, nella quale avrebbe


diventava agli occhi di Agostini una risorsa. prevalso un disegno marcatamente assem-
Niente sviluppo, quindi nien- bleare. Secondo il nuovo pro -
te lotta di classe, niente bor- getto – riassumeva Saliceti
ghesia rapace, niente partiti all’assemblea, il 10 giugno :
“sociali”. Il popolo ingenuo Ne’ Comizi il suffragio è
delle origini, dell’età medie- pubblico; Non v’ha Tribuna -
vale, sopravviveva cristal- to; I Consoli son tre; L’As -
lizzato dall’ignoranza e pre- semblea li nomina; Hanno
servato nella sua integrità un Ministero responsabile;
dal dominio clericale. Rotto Non si riconosce dittatura.
l’incantesimo dei preti, ecco L’eliminazione del tribunato
la Repubblica, come il prin- e la prevalenza della Came-
cipe delle favole, risvegliare ra, moderata solo dalla dop-
la principessa addormentata. pia lettura richiesta per l’ap-
Qui l’astrattezza ideologica provazione delle leggi, erano
si sposa con un poderoso gli assi portanti del nuovo
mito culturale: quello dei modello. Che cos’era stato il
“secoli d’oro”, della mitica tribunato classico? – si chie-
età incorrotta e felice nella quale sarebbero deva Saliceti. Una “conquista della plebe
vissuti, un tempo, gli uomini. Agostini era sulla tirannia patrizia”. Ebbene, se la distin -
un isolato? Come vedremo, no. La matrice zione fra plebei e patrizi […] [aveva fatto]
culturale e letteraria del Risorgimento indu- del Tribunato una necessità – sillogizzava
ceva a questo tipo di valutazioni, che spes- il relatore – essendo a noi ignota quella
so convivevano con analisi assai accurate e distinzione, ed essendo noi tutti eguali, non
credibili di quanto accadeva fuori d’Italia. dovevamo accettare l’idea d’un Tribunato11.
La Francia, dunque, aveva anzitutto una Come si può osservare, la posizione di par-
storia con la quale fare i conti; la storia del tenza era analoga a quella di Agostini: l’i-
popolo italiano, invece, incominciava in nesistenza, cioè, di un popolo frammentato
quel momento. in classi. Posto che Roma godeva di questa
L’utopia del popolo puro, del popolo insperata e favorevole condizione, sarebbe
“buono” avrebbe comunque prevalso, in stato inutile inserire nell’ordinamento un
seno alla Costituente. Diverso il destino del- elemento di frazionamento e di complica-
l’impostazione neo-romana e moralistica zione istituzionale, giustificabile solo all’in-
del progetto Agostini, che invece sarebbe terno di una società organizzata sulla base
stata drasticamente ridimensionata dalla di classi contrapposte, e quindi bisognosa di

11 Le Assemblee del Risorgimento. Roma, IV, cit., pp. 749-750.


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La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849, R. Balzani

un assetto “misto”, di una mediazione fra le Evidente la correzione di rotta dopo l’in-
diverse forze in campo. tervento francese: dannosa l’elezione diret-
Quanto alla funzione di ta dell’esecutivo; temi-
garanzia attribuita da bile la dittatura (Vio -
Agostini al tribunato, lare la Costituzione
Saliceti la considerava per salvarla è come
illusoria. La sola possibile uccidere per campar
garanzia contro gli abusi la vita13); inutile il
dell’Assemblea – diceva – controllo di legitti-
sta nell’ordine giudiziario mità. Meglio punta-
[...]; e nella natura stessa re tutto sulla mora-
dell’Assemblea, la quale lizzazione dell’as-
essendo nominata con semblea, eletta per
suffragio diretto ed uni - di più – e questa era
versale deve presumersi la un’ingenuità neo-
parte più sana del paese. romana che ben
Il caso francese dimostra- metteva a nudo l’in-
va, del resto, che non era- sussistenza di una
no possibili altri correttivi formali: riflessione matura sul problema della rap-
presentanza – a suffragio palese. D’altron-
Ove un paese abbia la sventura di esse - de, il suffragio palese era un riflesso del
re tradito dalla sua Assemblea, dite pure moralismo populistico che già abbiamo
che la corruzione presso quel popolo è messo in evidenza: il popolo “bambino” è
giunta a sì alto grado da rendere impossi - uno, e va educato alla Repubblica. Farlo
bile una buona elezione; ed allora, malgra - votare pubblicamente è un modo per inse-
do tutti gli Statuti del mondo, tutte le
gnargli i rudimenti della democrazia.
maggiori previsioni, e tutte le più sottili
Il 16 giugno 1849 cominciò l’esame del
guarentigie, la libertà sarà ancor dessa
impossibile, e la Repubblica una menzo - nuovo testo in aula. E subito, attraverso le
gna. Allora quel governo, se costituziona - parole di un deputato, Livio Mariani, ricom-
le, andrà a distruggere le Costituzioni, se parve l’incubo del “modello francese”.
repubblicano andrà a strozzar le Repub - Mariani si schierava risolutamente dalla
bliche; e nell’assassinio politico, balzato parte del tribunato. La Costituzione france-
dal primo posto, andrà carnefice in secon - se del ‘48 era “imperfetta” proprio perché,
do a tenere legata la vittima che altri deve a suo giudizio, quando [era] unito Presi -
sgozzare12. dente, Assemblea e Ministerio, si [poteva]

12 Ibidem, p. 751.
13 Così ancora Saliceti: ibidem, p. 752. Sul bonapartismo, Cassina 2001.
• 86 •

calpestare impunemente la Costituzione. Di marmi: la “questione della repubblica”. Il


qui l’opportunità di un “potere conservato- testo redatto dalla commissione Saliceti
re” e di uno spirito di moderazione che parlava chiaro: La Sovranità è per diritto
Mariani avrebbe visto eterno nel popolo. Il
all’opera anche nella popolo dello Stato
riduzione dei consoli romano è costituito in
da tre a due, in Repubblica democrati -
omaggio a un princi- ca pura15. Esso riassu-
pio di collegialità meva, per così dire, i
che la storia dram- commi I e II del préam -
matica dei triumvira- bule (La France s’est
ti romani aveva inve- consituée en Républi -
ce ampiamente scon- que [...]; La République
fessato. Ma era vero française est démocrati -
pure il contrario: e que, une et indivisible)
qualcuno non tardò a e l’art. 1 del testo costi-
r i c o r d a rgli che il numero di due era [...] tuzionale del 4 novembre 1848: La souve -
un’evocazione classica, una reminescenza raineté réside dans l’universalité des cito -
della patria storia non più proponibile nella yens français16. Bonaparte, in un emenda-
modernità14. Per Carlo Luciano Bonaparte, mento, proponeva semplicemente: La
invece, il tribunato doveva essere d’ostaco- Sovranità risiede unicamente nel popolo17. E
lo all’“onnipotenza parlamentaria”, facile a altri – Ballanti e Grillenzoni – invece: La
trasformarsi in tirannia. Il tribunato non sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il
passò. La tendenza ad accentuare la centra- popolo dello Stato romano è costituito in
lità simbolica dell’assemblea, enfatizzata Repubblica; e ancora: La Repubblica ha per
dall’assedio francese a Roma, finì per trion- principi la libertà, l’uguaglianza, la fratel -
fare su altre considerazioni di funzionalità e lanza, ha per base la giustizia e per iscopo il
di garanzia costituzionale. miglioramento progressivo morale e mate -
Ma è soprattutto su un elemento, legato riale di tutto il popolo18. Che era, parzial-
direttamente al confronto con la realtà d’Ol- mente modificato, il calco del IV punto del
tralpe, che mi preme in questa sede soffer- préambule, da cui si discostava per una

14 Così Ballanti, il 17 giugno, in Le Assemblee del Risorgimento. Roma, IV, cit., p. 853.
15 Ibidem, p. 754.
16 Per le citazioni relative alla Costituzione francese del 4 novembre 1848, cfr. Godechot, 1970: 263
ss. Cfr., inoltre, Craveri 1985.
17 Le Assemblee del Risorgimento. Roma, IV, cit., p. 842.
18 Ibidem, p. 891.
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La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849, R. Balzani

maggiore astrattezza. Nel modello, infatti, “eterno” non c’era nulla. E quella, quindi,
si legge: [La République] a pour base la non era una verità. Obiettava Saliceti: l’e -
Famille, le Travail, la Propriété, l’Ordre ternità era una menzogna, se riferita alla
public. Più espliciti gli legge. Ma c’era un
emendamenti di Quirico diritto più alto, natu-
Filopanti, il più “sociali- rale, sinonimo della
sta” dei deputati romani: ragione considerata
La Repubblica colle leggi, come regolatrice delle
colle istituzioni, coll’edu - azioni umane, che
cazione cura il migliora - era “eterna” perché
mento delle condizioni veniva da Dio. A que-
morali e materiali di tutti sta base occorreva
i cittadini; La Repubblica agganciare la sovra-
dee, secondo i limiti de’ nità popolare per ren-
suoi mezzi, assicurare la sussistenza dei cit - derla legittima. Quanto
tadini necessitosi, procurando il lavoro a alla Repubblica democratica pura, già aff e r-
quelli che non hanno altro modo di procac - mata nel decreto fondamentale del 9 feb-
ciarsene, e fornendo sussidi a coloro che non braio 1849, essa era una necessaria specifi-
ne possono avere dalla loro famiglia, e che cazione. Di repubbliche potevano essercene
sono impotenti al lavoro19. Anche in questo tante, e non necessariamente democratiche.
caso, era trasparente il riferimento ai punti Nel lessico giuridico-politico era ancora in
VII e VIII del préambule. voga, fino agli inizi del secolo, la propen-
Battaglia sui princìpi, dunque. E non si sione ad usare il vocabolo “repubblica”
trattò di una battaglia puramente accademi- semplicemente per “governo” regolato.
ca. Bonaparte non voleva definire la Repub- Nessuna superfluità, dunque, nella specifi-
blica; non voleva evocare entità metagiuri- cazione “democratica”, e soprattutto nell’e-
diche. Non voleva rifondare il patto sociale, piteto p u r a, che designava unaR e p u b b l i c a
come pure sarebbe piaciuto a qualche costi- dove non [era] frammisto alcun elemento
tuente. La Costituzione doveva essere la aristocratico, alcun elemento monarchico.
fotografia nitida di una realtà giuridica. La “Pura”, cioè, e non “mista”, in base ad una
sovranità risiedeva unicamente nel popolo. definizione funzionale-sociale dalla radice,
Questo era un fatto. Si voleva aggiungere ancora una volta, classica (Ogni scienza ha
“imprescrittibile” e “inalienabile” (come le sue distinzioni, e l’ha ancora la politica.
nell’art. 1 della Costituzione francese del Essa vi distingue il Governo in monarchia,
‘48)? Bene. Ma non si dicesse “eterno”: di democrazia, aristocrazia. Nulla di meno fat -

19 Ibidem, p. 844.
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te queste tre divisioni vi possono essere dei romana restò “pura” fino al 1° luglio, quan-
Governi intermedi, i quali mentre appar - do, nel testo definitivamente promulgato,
tengono ad una for - scomparve misteriosa-
ma, partecipano anco - mente). Mi fermo qui.
ra de’ caratteri di Concludendo: che cosa
un’altra, ecc.)20. Che fu la Costituzione della
si trattasse, però, di Repubblica romana? Ave-
una declinazione tec- va senza dubbio ragione
nico-giuridica un po’ Nino Cortese quando
rétro e non così diffu- poneva in risalto la “deri-
sa, lo testimoniò, vazione dialettica” dalla
sempre il 24 giugno, carta francese del ‘4822:
l’intervento del Bal- molte norme erano state
lanti, cui l’aggettivo votate per impedire il rin -
suonava pericoloso: Di più questa parola novarsi a Roma di quegli sviluppi che ave -
pura, abbenché il senso che ci si vuole attac - vano avuto o stavano per avere in Francia le
care sia giusto, sia retto (ed io non mi situazioni interne. Di qui, ad esempio, la
oppongo) pure in bocca di taluni che profes - scelta assembleare. Giocò molto, senza
sano teorie comunistiche o le multiformi dubbio, anche l’esperienza del triumvirato,
specie di socialismo è parola usata come un governo forte, soprattutto quando a diri-
segno di uguaglianza di beni, di uguaglian - gerlo era stato un uomo come Mazzini. Ma
za di salari, di comunione di vita. Una vol - del modello classico originario non soprav-
ta adunque che questa parola è stata usata visse granché: le denominazioni delle magi-
in questo senso, e che noi vogliamo che strature, non la sostanza. Dunque, nessuna
abbia in senso tutto diverso, io non so vede - specifica “via italiana” al costituzionalismo
re la ragione per cui si debba mettere la democratico. Piuttosto, un ibrido frutto del-
parola pura come epiteto alla Repubblica. le tensioni e delle crisi del momento: un
Saliceti obiettò che la tutela delle persone e ibrido che trovava la sua parte migliore,
delle proprietà, solennemente prevista dalla come del resto aveva immaginato Mazzini,
Costituzione, allontanava qualsiasi equivo- nei princìpi fondamentali. Che erano poi
co di comunismo21. Anche Agostini era del- quelli, in sostanza, ispirati alla luminosa
la stessa opinione (e infatti la democrazia esperienza della Francia repubblicana.

20 Ibidem, pp. 907-908. Sulla teoria del governo misto e sulla sua ricezione in età umanistica, cfr.
Sasso 1987.
21 Le Assemblee del Risorgimento. Roma, IV, cit., pp. 909-910.
22 Cfr., a questo proposito, Rusconi, 1850: 121-146, che alla Costituzione romana, e al suo “model-
lo” francese, dedica un’acuta analisi. Cfr., inoltre, Cortese 1951.
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La Costituzione al tempo di Mazzini. Un dibattito del 1849, R. Balzani

Riferimenti bibliografici

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Romana del 1849: il tribunato e la normativa sulla responsabilità ministeriale, Rassegna
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Cassina, C. (2001) Il bonapartismo o la falsa eccezione. Napoleone III, i francesi e la tradi -
zione illiberale. Carocci, Roma.
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nale del 1848 in Francia. Guida, Napoli.
Godechot, J. [a cura di] (1970) Les Consitutions de la France depuis 1789. Garnier- F l a m-
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Mazzini, G. (1950) Scritti editi ed inediti, XL. Galeati, Imola.
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mento, fasc. III, pp. 291-296.
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Sasso, G. (1987) Machiavelli e gli antichi e altri saggi, I. Ricciardi, Napoli.
Skinner, Q. (1998) Liberty before liberalism. Cambridge U.P., Cambridge.
Treves, P. (1962) L’idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX. Ricciardi, Milano-
Napoli.
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Segnalazioni editoriali

A CURA DI CLAUDIO BONVECCHIO


Il Sacro e la Cavalleria
Scritti di Claudio Bonvecchio, Maria Luisa Picascia, Paola Schulze
Belli, Vincenzo Ahmad ‘Abd al Waliyy, Teresa Tonchia, Pio Filippani-
Ronconi, Ezio Albrile, Alessandra Anteghini, Paolo Bellini, Valentina
Tirloni.
Mimesis, Milano 2005, pp. 211  17,00

In risposta alle ricorrenti banalità letterarie e volgarità culturali


che trovano spazio nei libri, nei media e nelle istituzioni, scrivere
della Cavalleria, nei suoi multiformi aspetti, significa soffermare
l’attenzione su qualcosa di importante e di particolare. Non solo perché la Ca- valleria
rappresenta una cospicua parte della storia politica, religiosa, culturale e letteraria del-
l’Occidente, ma anche perché si presenta come un punto di riferimento ed un sicuro
richiamo identitario. Un richiamo apparentemente fuori da ogni schema e forse dalla
stessa realtà, che sembra una delle tante utopie. Tuttavia, “l’utopia cavalleresca” – o il
suo sogno – non ha soltanto infiammato gli animi di una stagione storica, il Romanti-
cismo, e creato una moda culturale che giunge sino al presente. Ha dato anche corpo e
vita simbolica a quell’archetipo dell’eroe che costituisce la personalità di cia- scuno e
la cui assenza provoca sicuro disagio, nonché il rischio strisciante di nascoste psicopa-
tologie. La Cavalleria si presenta allora - ben lungi dall’essere la saga romanzata di
un’epoca forse inesistente - come il racconto cifrato, ma fondante, di quello che l’uo-
mo dovrebbe essere per diventare ciò che è. Che poi abbia o non abbia il crisma della
cosiddetta realtà poco importa. In questo – come in altri consimili casi – è opportuno
ribadire che l’unica realtà è quella che ciascuno sente dentro di sé. La sua sintonia con
l’esterno dipende esclusivamente dalla simpatia che l’uomo ha in comune con ciò che
lo circonda e non con le proiezioni ideologiche che troppo spesso egli produce.

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

MIRKO SLADEK
La Stella di Hermes. Frammenti di Filosofia Ermetica.
Mimesis, Ermesiana, Milano 2005, pp. 175  15,00

La Filosofia ermetica, riconducibile a Ermete Trismegisto e alla


tradizione egiziana, è considerata da molti autori una “filosofia
eterna”, rimasta sostanzialmente immutata nel tempo a pre-
scindere dalle trasformazioni storico-culturali. Malgrado l’alone
di segretezza che ha da sempre circondato questa tradizione eso-
terica, nel corso della storia delle idee è possibile rintracciarne
alcuni frammenti significativi. Guidato dai bagliori di questa au-
tentica Stella di Hermes che dall’antichità fino al XVIII secolo
riappare nell’opera di svariati autori, il testo ripercorre le tracce della teoria platonico-
ermetica che rappresenta uno degli assi fondamentali della Filosofia della Natura.

FABIO BOTTO
Madre della Filosofia. L’inganno consueto.
Parte prima. Nichilismo e immaginazione.
Mimesis, Milano 2005, pp. 131  13,00

Il nichilismo costituisce uno dei problemi centrali del tempo pre-


sente. L’Autore di questo lavoro ha voluto affrontarlo utilizzan-
do in modo originale l’ottica “immaginale” di James Hillman, a
partire da alcune domande fondamentali.
Osservando in trasparenza le principali interpretazioni del
nichilismo, è ancora possibile sostenere che la civiltà occidentale,
nel suo complesso, doveva necessariamente divenire la “terra del Nulla”? In quale
misura i fondazionismi metafisici che hanno costituito la strada maestra della storia
occidentale hanno rappresentato l’altra faccia di un bimillenario processo di rimozione
dell’immaginazione e dei suoi prodotti?
In che senso la “tradizione immaginale” del pensiero rinascimentale si è sottratta all’e-
sito nichilistico che ha interessato la corrente istituzionale del sapere filosofico occi-
dentale? E come si configurano gli ambiti in cui la “civiltà del nulla” si esprime più
clamorosamente, ovvero la cultura di massa e il sapere accademico?
Nel corso della riflessione, l’autore cerca di ricostruire quella matrice immaginale dal-
la cui sistematica rimozione, a partire dal Timeo di Platone, si è costituito il destino
nichilistico occidentale. Accostandosi a quella “spazialità immaginale” (C h˛r a) che è

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

sua “Madre”, il lógos filosofico deve cedere il passo a un “immaginare chorasofico”. La psi-
cologia archetipica potrà riconoscersi come legittima erede di quel “contro-movimento
immaginale” che – da Eraclito a Jung, passando per il pensiero musulmano-ebraico
medievale e per la tradizione alchemica rinascimentale – sembra offrire uno dei più fecon-
di e suggestivi approdi per chi ritenga che la cultura occidentale non si identifichi senza
residuo con le sue manifestazioni più clamorose e di superficie.

VINCENZO TARTAGLIA
Misticismo Platonico Esoterismo Massonico.
La sapienza platonica e la sapienza massonica espressione della
medesima luce.
Bastogi Editrice Italiana, Foggia 2005, pp. 116  12,00

[…] Ai tempi di Platone aumenta sempre di più il numero di co-


loro, le cui anime erano pronte per accogliere “razionalmente”,
chiaramente la saggezza, e che potevano perciò imprimere alla
storia del pensiero umano quella svolta che nel linguaggio mas-
sonico corrisponde al passaggio di un Apprendista a Compagno
Muratore: devo dire che la razionalità ha relazione con il 4, quindi con il quarto anno
muratorio e con il quarto “passo”. Appunto l’epoca di Socrate e Platone ha stretti rap-
porti con questo numero.
La fase di evoluzione del Compagno, dal terzo al quinto anno muratorio, è assimilabile
all’evolversi dell’uomo dalla fase sensitiva (sensazioni) a quella della vera conoscen-
za, attraverso la razionalità. Allo scopo di accelerare tale evoluzione sorsero nell’anti-
chità le scuole iniziatiche, e per l’analogo motivo Platone fu dagli esseri superiori inca-
ricato di scrivere i suoi libri spiritualizzanti, capaci di elevare l’anima umana verso la
più alta meta: l’immortalità. […]
dalla Prefazione dell’Autore

VINCENZO TARTAGLIA
Oltre il velo.
Simboli, espressioni velate, arcani della Massoneria iniziatica.
Bastogi Editrice Italiana, Foggia 2005, pp. 132  12,50

Nell’opera, l’Autore presenta le seguenti tematiche: I 7 gradini


all’Oriente; La catena d’unione (bocca-orecchio, orecchio-boc-
ca); Sole e Luna; Il testamento iniziatico; Colpi attenuati di
Maglietto; L’abbraccio tra il neofita e il Venerabile; Gli 8 passi;
La lettara G al centro del Pentalfa; L’uovo sodo; Il +; Tempio al

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

buio, nella semioscurità, illuminato; Il gallo; Passaggio del neofita dalla testa della Colon-
na dei Compagni all’ultimo posto a Settentrione del Tempio; La musica; Il Tau; Sala dei
passi perduti; Il Gabinetto di riflessione; La Luce accesa dal 2° Sorvegliante dopo l’aper-
tura dei Lavori; La Stella Fiammeggiante (a cinque punte) o Pentalfa dei Pitagorici; I Guan-
ti bianchi; L’elemento terra; L’acqua; L’aria; L’intuizione che trascende il raziocinio; Mi-
nerva; Venere; Il Tronco della Vedova; Il fuoco.

THE BOOK OF BAHIR


Flavius Mithridates’ Latin Translation, the Hebrew text, and an
English Version
Edited by Saverio Campanini with a Foreword by Giulio Busi
The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola, Giulio
Busi General Editor, 2
Nino Aragno Editore, Torino 2005, pp. 563  60,00

[...] È ragionevole che uno o più cabalisti abbiano redatto il


Libro di Bahir tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo. Alcu-
ni concetti contenuti nel testo si adattano perfettamente al clima culturale dell’Europa
meridionale in epoca medievale. Allo stesso tempo bisogna ammettere che le origini
pre-cabalistiche di altri elementi ci restano in parte o del tutto sconosciute. [...] Tenterò
di dimostrare che il redattore del testo utilizzò di proposito un linguaggio simbolico li-
mitato, talvolta mescolato con metafore per conferire alle teorie cabalistiche ivi espresse
un senso più “allusivo”. Verranno analizzati da un lato alcuni elementi linguistici e
retorici riconducibili a precisi contesti storico-culturali e dall’altro il testo sarà letto e
ordinato secondo alcune aree tematiche generali che riflettono gli interessi e le prospet-
tive mistiche del redattore. [...]
dalla Prefazione del Curatore

KENNETH L. FEDER
Frodi, miti e misteri. Scienza e pseudoscienza in Archeologia.
Avverbi Edizioni, StoricaMente 5 coll. diretta da S. De Santis
Roma 2004, pp. 426 14,00

Quali sono le oscure origini delle migrazioni precolombiane e


da dove arriva l’enigmatica civiltà dei Costruttori di tumuli in
Nordamerica, per lungo tempo sottovalutata in nome di un ma-
linteso eurocentrismo? Chi ha scoperto “davvero” l’America:
Cristoforo Colombo, i vichinghi, i celti, i cinesi, gli africani o
una delle dodici Tribù perdute di Israele?
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SEGNALAZIONI EDITORIALI

I libri dedicati alla cosiddetta archeologia misteriosa affollano gli scaffali delle librerie e
non c’è quasi giorno che nuove, audaci ipotesi non si affaccino dalle pagine dei giornali o
delle riviste sui buchi neri del nostro passato ancestrale. Ma quanto c’è di vero in queste
stuzzicanti supposizioni? Quanto di scientificamente provato e quanto di falso?

A CURA DI DONATELLA BIAGI MAINO


L’immagine del Settecento.
Da Luigi Ferdinando Marsili a Benedetto XIV
Umberto Allemandi & C., Torino 2005, pp. 159  18,75

Scienze e arti nella Bologna dei Lumi.


La storia della cultura artistica bolognese del Secolo dei Lumi
vista attraverso il cannocchiale dello scienziato, ovvero nuove
riflessioni sul divenire dell’arte nella seconda città dello Stato
Pontificio. I saggi di questo volume conducono a un’inedita
interpretazione delle vicende intrecciatesi tra l’Accademia delle
Scienze e l’Accademia Clementina di Pittura, Scultura e
Architettura sotto l’egida dell’Istituto delle Scienze, organismo di punta dell’Europa
settecentesca ed esempio per i cenacoli intellettuali d’avanguardia, nei due momenti
vitali della sua storia: la fondazione, voluta dal generale Luigi Ferdinando Marsili, e la
rifondazione attuata da Benedetto XIV. Affrontato da un inedito punto di vista i rapporti
tra le arti del disegno, nelle figure di Giuseppe Maria Crespi, Donato Creti, di Ercole
Lelli, e le scienze di natura, si evidenzia del Settecento bolognese la vivacità e l’inter-
nazionalità, favorita dalla presenza di due mecenati di straordinaria lungimiranza. La
nuova chiave interpretativa del periodo preso in esame è volta alla chiarificazione del
ruolo della cultura anche pittorica bolognese nell’Europa illuminista.

A CURA DI GENNARO BARBARISI


Vincenzo Monti nella cultura italiana
Volume I*, I**
Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia
Quaderni di Acme 74
Cisalpino Istituto Editoriale Universitario, Milano 2005, pp. 1154

Il Comitato Nazionale per le Celebrazioni del 250° Anniversario


della nascita di Vincenzo Monti (19 febbraio 1754), costituito
presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha sostenuto
la pubblicazione degli Atti di tutti i Convegni svoltisi sotto l’Alto Patronato del Presi-

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

dente della Repubblica. In questo primo volume, diviso in due tomi, sono raccolti, in for-
ma riveduta e talvolta consistentemente arricchita, i testi di tutti gli interventi presentati nei
Convegni di Alfonsine (19 febbraio 2004), Ferrara (20 febbraio 2004), Ravenna (21 feb-
braio 2004), Forlì (12-13 marzo 2004), Milano (27 maggio 2004) curati da Alfredo Cotti-
gnoli, William Spaggiari, Arnaldo Bruni, Franco Gavazzeni, col coordinamento di Gennaro
Barbarisi. La figura di Vincenzo Monti in queste occasioni è stata affrontata sotto vari aspet-
ti, dalla prima formazione emiliano-romagnola alle opere più complesse della sua lunga
attività critica e poetica, dai suoi profondi rapporti col mondo classico ai crescenti interes-
si linguistici e filologici: particolare attenzione è stata dedicata alla sua presenza nella vita
letteraria del suo tempo ed alla contrastata fortuna critica. Superati definitivamente i
pregiudizi moralistico-risorgimentali nei confronti di un personaggio troppo calato nella
realtà del suo tempo per sapersene distaccare con la ferma coerenza che fu di pochi, i
numerosi studiosi che si sono impegnati nel non facile compito di interpretare nuovamente
la sua multiforme opera ne hanno globalmente evidenziato l’alto valore letterario ed il peso
che ha esercitato sulla tradizione italiana. L’ininterrotta presenza ha pesato anche sull’opera
di grandi autori combattuti fra il riconoscimento della sua imprescindibilità e la necessità
di procedere oltre. I Convegni successivi intendono concentrare l’attenzione sui periodi e i
luoghi fondamentali della sua attività: Roma, Parigi, Milano.

ANDREA SEGRÈ
Lo spreco utile. Il libro del cibo solidale.
Trasformare lo spreco in risorsa con i Last Minute Market: food
and book.
Edizioni Pendragon, Bologna 2004, pp. 189  13,00

Viviamo nella società dei consumi. E sempre di più, a fianco di


uno sfruttamento esasperato delle risorse del nostro pianeta,
cresce la quantità di rifiuti e scarti di merce considerata “non
commerciabile”. Tonnellate e tonnellate di prodotti alimentari
prossimi alla data di scadenza vengono così distrutti, con enorme
spreco di risorse e danno ambientale.
Questo libro racconta di come un professore universitario e un gruppo di studenti
abbiano osservato attentamente questo fenomeno e siano riusciti a organizzare una vera
e propria struttura imprenditoriale che ritira questi “scarti” e li fa arrivare sulla tavola
dei più bisognosi. I supermercati risparmiano i costi dello smaltimento, gli enti assi-
stenziali ricevono cibo gratuitamente, e noi viviamo in un ambiente più sano, perché ci
sono meno rifiuti. Un clamoroso esempio, unico al mondo, di “cibo della solidarietà”.
Nelle azioni di recupero possono entrare in gioco anche i prodotti non alimentari: oggi

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

i libri destinati alle comunità italiane all’estero (Last Minute Book: il libro della solidari-
età); domani, grazie a un disegno di legge in corso di discussione in Parlamento (“Legge
anti-sprechi”), anche altri prodotti che serviranno a completare l’assistenza a chi ne
abbisogna. I Last Minute Market offrono beni e servizi, diffondono valori etici e di legame,
innescano un’economia solidale che pone la gratuità e il dare al centro del suo operato.
Con i contributi di: F. Ambrosini, S. Angelini, P. Avanzi, M. Barbieri, D. Bedin, O. Buriani,
P.U. Calzolari, P. Castagnotto, A. Chiappini, I. Cremonini, V. Donato, V. Errani, L. Fala-
sconi, S. Golinelli, R. Grandi, M. Guidi, M. Mantini, B. Missanelli, A. Modonesi, S. Mor-
ganti, R. Nigido, P. Orsatti, E. Pavani, M. Prestamburgo, E. Raisi, D. Regazzi, P. Stefanini,
G. Tacchini, W. Vitali.

ASSOCIAZIONE ONDE AMICHE


PATRIZIA BRUNORI, GIANNA CANDOLO, MADDALENA DONÀ DALLE
ROSE, MARIA CHIARA RISOLDI
Traumi di guerra.
Un’esperienza psicoanalitica in Bosnia-Erzegovina.
Presentazione di Silvia Amati Sas
Piero Manni s.r.l., Lecce 2003, pp. 254 15,00

Anch’io avevo una mamma / ma la granata l’ha fatta a pezzi /


avevo anche un fratello / ma le granate gli hanno staccato una
gamba, / Chissà se un giorno vedrò apparire mio padre! / A che serve il sogno / se poi
non si avvera?

Questa è una poesia per la mamma scritta da una bambina bosniaca. Ma potrebbe essere
scritta dai bambini afghani, israeliani, palestinesi, iracheni… le ferite delle guerre,
quelle del corpo e quelle dell’anima, sono tutte uguali. L’urlo del dolore che chiede aiu-
to è un urlo universale.
Il testo descrive sei anni di lavoro clinico e di formazione: vengono raccontati traumi
di guerra, sofferenze individuali e collettive, lacerazioni del tessuto sociale e civile,
implicazioni etnico-religiose; viene descritta la nascita e la crescita di un gruppo mul-
tidisciplinare e interculturale.

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

FRANCESCO PULLIA
Ciò che ritorna quando s’affaccia l’alba
Poesie dell’evidenza
A cura del Circolo Rhegium Julii
Villa San Giovanni 2005, pp. 59

Come lo stesso titolo indica, la silloge scorre tutta sul filo della
memoria, una sorta di incessante ritorno, non ordinato, generato
da luoghi, da gesti, da riflessioni e da creature care, o vive o
scomparse, che erano e sono, la sfera degli affetti, esplicitate non
soltanto nella figura del padre e della madre, ma per
omologazione all’umano, nella tenera immagine dei gatti. Ombre, talvolta, e voci,
suoni, immagini, scolpite nel cuore e nella mente, che si proiettano sugli oggetti e sul-
lo stesso corpo, che ne sente la presenza e il flusso vitale. Spirano venti, avvertibili solo
dall’anima, come da non luoghi; voli ed ali, che sono forse il segno di ciò che è eterno
ed è spirito puro, il tramite fra l’umano e il divino. Ritorno che non è solo memoria pre-
gressa, ma anche una sorta di nostalgia e di ritorno al futuro, in una tensione teleologi-
ca e di non scalfibile fede, conquista di pace e salvezza dall’assurdo, preludio alla fine
dell’erranza, alla comprensione del tempo e l’eternità, con l’equilibrio sancito dalla
nudità della preghiera. Il poeta interroga e si interroga, riferisce, descrive, annota, re-
gistra: campo di azione e di osservazione è la vita, attraversata dagli eventi e dalla sto-
ria, ancorata al presente ma volta anche al futuro, in una proiezione non lineare, spes-
so casuale e discontinua, ma resa coesa dall’equilibrato telaio della coscienza: ordito e
trama si incrociano per tessere la realtà, che è il mondo come teatro degli eventi e l’uo-
mo come persona, o singola o collettiva, come umanità in senso lato.

FEDERICO GARBEROGLIO
Il gioioso camposanto
Nuove Amadeus Edizioni, Fontaniva (PD) 1993, pp. 43  9,00

La storia che sto per narrare accadde molti e molti anni fa, in quei
tempi lontani ed incantati in cui il giorno del Santo Natale di
Nostro Signore trascorreva, immancabilmente, in una magica
atmosfera, sotto un manto di neve splendente. Non chiedetemi,
ve ne prego, quale sia la fonte da cui attinsi questa mirabile
vicenda, giacché essa mi giunse avvolta in un mistero che non
posso qui svelare.

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

FEDERICO GARBEROGLIO
Le tre fiabe dell’incantesimo
Illustrazioni di Sira Zuffi
Rienzi Editore, Collana I Mondi Remoti I, Ferrara 1997
pp. 70  7,50

[…] Come presentare degnamente, con parole concrete e chiare,


un autore effimero e indecifrabile come uno scrittore di fiabe?
[…] siamo tanto presi dal mondo delle realtà contingenti
(parolone che vogliono dire: affari, soldi, lavoro, cibo, abitudini)
che ci riesce difficile entrare in quegli altri mondi, nei mondi effimeri e impalpabili
delle fiabe (così dicono i concreti uomini).
Entrare nei Mondi Remoti appunto, come indica la collana in cui il giovane editore
Rienzi sta cominciando ad infilare le perle che vorrà conservare. Perle che hanno il
compito lieve e importantissimo di sollevarci da questo mondo delle realtà apparenti,
per trasportarci nel mondo delle realtà concrete della fantasia. Rendere più lievi, puri e
colmi d’amore i brevi istanti di questa nostra vita, che ci viene donata, e che è nostro
dovere nobilitare e rendere unica.
dalla Presentazione di Alfred Twice

ALAIN CORBIN
Storia sociale degli odori
Introduzione di Piero Camporesi
Traduzione di Francesco Saba Sardi
Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano 2005, pp. 332  15,00

Corbin racconta la storia degli odori tra Settecento e Ottocento,


ma molte e preziose notizie ci racconta attorno alla lunga carrie-
ra degli aromi, dei profumi, dei tanfi, delle puzze, degli incensi,
delle mofete e delle acque di rosa. Non v’è dubbio, per il bene e
per il male, noi viviamo in un’epoca postodorosa. Peggio: quel che ci resta di odorato
ci serve essenzialmente a metterci in guardia contro cibi deteriorati, acque inquinate,
aria tossica.
La lettura di questa dotta, un po’ elegante, storia degli odori ci suggerisce quel che pare
ovvio, ma può venir trascurato: cioè, che l'igiene è un prodotto del tutto artificiale e tec-

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

nologico, ed esige una organizzazione centralizzata, scientifica, aggiornata. È una tecnica


[...], una ideologia artificiale, ignara della puzza collettiva, e intesa a punire i tanfi indivi-
duali; ha in sé qualcosa di maniacale, come la ginnastica e la dietetica.
Temo che qualunque decorosa proposta di miglioria del cosmo debba cominciare con una
carezza sulla repulsiva testolina del malodore, e un brindisi al liquame.

Giorgio Manganelli

GEORGES BATAILLE
Storia dell’erotismo
A cura di Franco Rella
Fazi Editore, Roma 2006, pp. 211  19,50

La Storia dell’erotismo, di cui qui si presenta la prima edizio-


ne italiana, è un testo centrale nell'opera di Georges Bataille.
Essa costituisce infatti la seconda sezione della P a rte maledet -
ta. Saggio di economia generale, ovvero del grande progetto di
storia culturale ed economica dell’uomo pensato da Bataille
come l’esito ultimo del suo lavoro. L’erotismo (ES, 1997) non
ne è la versione compiuta, ma un libro sensibilmente diverso in
cui molti temi vengono attenuati. Questo è invece una sorta di cantiere aperto e risulta
sotto vari aspetti, come spiega Franco Rella nella sua ricca introduzione, in modo mol-
to interessante.
Nella Storia dell’erotismo Bataille affronta un paradosso. L’uomo, per essere tale, deve
distaccarsi dall’animalità, ponendosi dunque divieti che riguardano il sesso, la morte,
le deiezioni. Ma ciò che differenzia la mera sessualità dal’erotismo è che in esso i divie-
ti vengono posti e contemporaneamente trasgrediti. È questa trasgressione la trasfigu-
razione specificamente umana della sessualità: rappresenta la nudità dell’uomo di fron-
te all’altro, la ferita che lo apre alla “comunità inconfessabile”, una sorta di vertigine in
cui si giunge al culmine del possibile. È un “lusso della vita”, un’affermazione di vita
pronunciata fin nel cuore della morte. L’erotismo è dunque la “parte maledetta per
eccellenza” e scriverne una storia è, come sostiene lo stesso Bataille, un compito real-
mente all’altezza del “tempo maledetto”, vale a dire sella sua e della nostra contempo-
raneità in cui qualsiasi possibile comunità è stata distrutta.
L’edizione italiana proposta, nel suo rigore e nella sua completezza, restituisce Batail-
le a se stesso e ai suoi interlocutori. Il testo è arricchito da un saggio di Susanna Mati
sul rapporto teorico di Bataille con Hegel, oggetto di un confronto costante e dramma-
tico lungo tutta la riflessione del pensatore francese.

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

ABY WARBURG
Opere I
La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1889-1914)
A cura di Maurizio Ghelardi
Nino Aragno Editore, Torino 2004, pp. 700  40,00

[...] Come ha osservato Erwin Panofsky, fin dai primi anni War-
b u rg aveva definito abbastanza bene quello che sarebbe poi
diventato determinante e fatale per la sua attività: la lucida visio-
ne per cui era necessario collegare tra loro le vie quasi del tutto
distinte dell’analisi formale, del significato iconografico e dell’esegesi delle fonti. E
poi: l’attenzione assoluta per i dettagli meno significanti, nella analisi accorta dei qua-
li egli aveva scorto sempre la premessa di ogni conoscenza. Ma pure la volontà, meglio
la necessità di considerare la vicenda della cultura alla stregua di una storia delle pas-
sioni umane, che nella loro orrida semplicità – volontà di possedere, di donare, di ucci-
dere, di morire – permanevano identiche in uno strato profondo della esistenza umana
che solo in apparenza è imbiancata dalla civilizzazione. [...]
La via che Warburg credeva di riconoscere nella storia dello spirito moderno – cioè la
strada che conduce per monstra ad sphaeram –, egli fu costretto a percorrerla non solo
nel suo lavoro, ma anche nella sua stessa vita. Perciò i testi presentati in questo volume
costituiscono solo una prima, pallida testimonianza di questo costante e ossessivo Stre -
ben, di quel demone che, come ha scritto Panofsky, aveva caratterizzato non solo la sua
ricerca, ma la sua intera vita: Chi, prima di un discorso su Aby Warburg, intendesse
apporre un motto sulla sua vita, conclusasi il 26 ottobre 2929, forse non potrebbe sce -
gliere che questa meravigliosa frase di Leonardo: non torna indietro chi è legato ad una
stella. Giammai, come in questo caso, il cammino di un’esistenza dedicata allo studio,
che sembrava condurre non solo a ciò che non era stato ancora affrontato, ma perfino
quello che si doveva ancora affrontare, era stato guidato infatti così fermamente da una
forza ineluttabile e immutabile. Né mai una mente aveva potuto trasformare così per -
fettamente un tale dovere demoniaco in una volontà consapevole.

dalla Nota ai testi di Maurizio Ghelardi

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SEGNALAZIONI EDITORIALI

L’IPOTENUSA
n. 7 - Solstizio d’Inverno 2005, quinta serie
Edito a cura del Centro di Documentazione Ipotenusa di
Pinerolo

M. Raffo, Editoriale
L. Sacchi, Lettere al Direttore
G.P. Berra, Orizzonti della Bioetica, la questione della vita
P. Brute, La Foresta Magnifica
A.R., Il silenzio nel Tempio
L.E. Fontana, Il pavimento del Tempio
M.M. Brighenti, Hiram: l’infinito si nasconde in una parola (II parte)
G. Gabotto, Re Davide e Joab
F. Ponzana, L’eresia mistica
A. Macchioni, Il viaggio e il viaggiatore
G. Brunod, Le parti del mondo secondo la geografia qualitativa medioevale
G. Maccari, Le cattedrali del mistero
M. Talpone Enrietti, L’Ordine della Stella d’Oriente
J. Routier, Cronaca massonica dell’Alto Delfinato 1775-1816

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Recensioni

GIORGIO GIANNINI
Il Giorno della Memoria. Per non dimenticare.
Edizioni Associate, Roma 2005, pp. 404  18,00
a cura del Servizio Biblioteca del GOI

Con questo suo ultimo lavoro, il prof. Giannini, autore di altri saggi a carattere storico e
di un centinaio di articoli sulla Obiezione di Coscienza al Servizio Militare e sulla Resi-
stenza popolare non armata, quali L’obiezione di coscienza. Saggio storico-giuridico ( E d i-
zioni Dehoniane, Napoli 1986) e Lotta per la libertà. Resistenza a Roma 1943-1944 ( E d i-
zioni Associate, Roma 2001), ha inteso dare un contributo concreto per la conservazione
della Memoria delle tragedie compiute nel secolo scorso dal nazifascismo, affinché non sia-
no dimenticate e restino come monito per le nuove generazioni, come dispone la Legge 20
luglio 2000 n. 211, che ha istituito il Giorno della Memoria, celebrato il 27 gennaio di ogni
anno, soprattutto nelle scuole.
Il libro si compone di cinque parti. La prima, Dall’antisemitismo alla Shoah, tratta del-
le origini dell’antisemitismo in Europa, dall’antigiudaismo cristiano alle secolari discrimi-
nazioni e persecuzioni degli ebrei, fino all’antisemitismo nazista, che ha portato al tentati-
vo di genocidio del popolo ebraico (la Shoah).
La seconda parte tratta del Genocidio dimenticato dei Rom, che in oltre 300.000 periro-
no nei campi di sterminio nazisti, raccontando anche la secolare persecuzione da essi sop-
portata fin dal loro arrivo in Europa nel XII secolo.
La terza parte tratta delle Vittime dimenticate del regime nazista: i Testimoni di Geova
e gli omosessuali. I primi furono duramente perseguitati per il loro rifiuto di onorare la ban-
diera, di rendere il saluto nazista e soprattutto per il loro rifiuto di prestare il servizio mili-
tare. Anche gli omosessuali furono discriminati duramente fin dall’Ottocento e poi perse-
guitati dai nazisti per il loro “modo di essere diversi”.
La quarta parte tratta delle Leggi razziali, introdotte dal fascismo nel 1938 alla fine di
una lunga campagna antisemita condotta sulla stampa e fomentata in particolare dalla Rivi-

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RECENSIONI

sta La difesa della razza, che portarono alla progressiva discriminazione degli ebrei dalla
società italiana ed alla loro deportazione nei campi di sterminio nazisti dopo l’occupazione
militare tedesca del nostro Paese, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943.
La quinta parte tratta degli Internati militari italiani in Gemania, ossia della tragica
vicenda degli oltre 630.000 soldati italiani catturati dopo l’8 settembre in Italia e sui vari
fronti di guerra e deportati nei campi di prigionia del Terzo Reich con la qualifica non di
prigionieri di guerra, bensì di “internati militari”, fattispecie non prevista dalle Convenzio-
ni Internazionali e quindi con un peggioramento del loro status giuridico e materiale.
Ogni parte è arricchita da documenti e da molte note, che consentono di approfondire
gli argomenti trattati. Sono anche illustrati i simboli antisemiti, nazisti e fascisti. Si conclu-
de con una ricca bibliografia, utile per approfondire gli argomenti trattati.
Il lavoro, inoltre, presenta un’A p p e n d i c e, nella quale è raccontata la storia dei due più
importanti uomini “Giusti” italiani, riconosciuti dallo Stato di Israele: Giorgio Perlasca e
Giovanni Palatucci.

LUIGI POLO FRIZ E GIOVANNI ANANIA


Rispettabile Madre Loggia Capitolare Trionfo Ligure all’Oriente di Genova. Uno sguardo
alla Massoneria ligure dall’Unità ad oggi.
Ed. Associazione Culturale Trionfo Ligure, Genova 2005.
a cura di M. Elisabetta Tonizzi (Università di Genova)

Da studiosa della società e dell’associazionismo genovese nell’Ottocento accolgo con


grande piacere e interesse la pubblicazione del libro curato da Polo Friz e Anania, che copre
un’oggettiva lacuna storiografica. Infatti, a differenza di altre città e regioni della Penisola,
Genova e la Liguria, se si esclude un contributo di Luigi Polo Friz, erano pressoché assen-
ti dal panorama della storiografia sulla Massoneria italiana. Mi sono testé riferita a “Geno-
va e Liguria” in quanto il volume, anche se il lettore ne è avvertito molto sommessamente
soltanto nel sottotitolo, non contiene esclusivamente i risultati della ricerca riguardante le
vicende interne della singola Loggia Trionfo Ligure ma è anche, e direi tutto sommato non
meno, uno studio che verte in generale sulla Massoneria genovese e ligure dall’Unificazio-
ne ai giorni nostri. Ciò mi offre la possibilità di ampliare il raggio delle mie riflessioni.
La lettura del libro mi ha consentito di rispondere in maniera documentata ad un quesi-
to che mi ponevo circa un anno fa presentando il lavoro di Fulvio Conti sulla Massoneria
italiana tra Risorgimento e epoca fascista. Dalle numerose tabelle e grafici di questo si vede
come, nella ranking list della presenza massonica in Italia, la Liguria sia ai primissimi posti;
la Loggia Trionfo Ligure (nata nel 1856) è poi tra le prime a rispondere, nel 1859, alle istan-

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RECENSIONI

ze per la formazione del Grande Oriente. La nostra è in sostanza un’area ad altissima “inten-
sità massonica”: tra secondo Ottocento e primi Novecento è infatti sempre al terzo posto
dopo Sicilia e Toscana e nel 1902 passa al secondo, superando la Toscana. Se consideriamo
che la Liguria è nettamente più piccola delle altre due regioni citate, il tasso relativo di pre-
senza della Massoneria risulta ancor più accentuato anche se, a quanto mi risulta, nel perio-
do storico considerato né liguri né genovesi assumono posizioni di vertice.
Nel tentativo di individuare i fattori che potevano spiegare questo dato, richiamavo la
presenza a Genova, durante il “decennio di preparazione” 1849-1859, di molti esuli politi-
ci che vi avevano trovato rifugio grazie allo Statuto Albertino. Tra questi molti personaggi
che, seppur non ancora iniziati sarebbero diventati di lì a non molto esponenti di spicco del-
la Massoneria, come Adriano Lemmi, Gran Maestro del GOI dagli anni Ottanta al 1896,
Giuseppe Civinini, Luigi Orlando, Agostino Bertani.
Negli anni Cinquanta dell’Ottocento sono presenti a Genova anche Mauro Macchi e
Ausonio Franchi (pseudonimo di Cristoforo Bonavino, figura su cui abbiamo, tra gli altri,
studi di Polo Friz), anch’essi in procinto di divenire massoni importanti, i quali diffondono
in città il pensiero razionalista che apre la via al positivismo imperante nella seconda metà
del XIX secolo. Durante il Risorgimento Genova è inoltre, come ben noto, una centrale
organizzativa del movimento democratico mazziniano, e se Mazzini non era massone, lo
era invece quasi tutto il suo stato maggiore, dal genovese Federico Campanella, al non
genovese Aurelio Saffi. Massoni sono anche, sempre per rimanere nell’ambiente democra-
tico, Nino Bixio, membro della Trionfo Ligure dal 1858; Giuseppe Garibaldi, che nella spe-
dizione dei Mille utilizza due navi della compagnia Rubattino fornitegli dall’amministra-
tore di quest’ultima G.B. Fauché, anch’egli massone; Stefano Canzio, garibaldino, genero
dell’“Eroe dei due mondi” e, nel 1903, primo presidente del Consorzio Autonomo del Por-
to (CAP), ente di gestione nato, sotto gli auspici del liberalismo giolittiano, grazie alla col-
laborazione tra la borghesia d’idee più avanzate progressiste e l’area socialista più riformi-
sta. Teniamolo a mente perché ci torneremo più avanti.
Quella che però, a mio avviso, doveva essere la principale e più convincente ragione
dell’alta diffusione della Massoneria a Genova era il carattere aperto e cosmopolita della
città, grande centro marittimo, di rilievo primario nel Mediterraneo, sede di una vivace
comunità di uomini d’affari stranieri e luogo d’origine di un vasto fenomeno migratorio,
molto in anticipo rispetto alla Grande migrazione otto-novecentesca dal sud d’Italia, diret-
to soprattutto verso l’America meridionale. Lo studio di Polo Friz e Anania conferma
appieno questa ipotesi. Infatti, se guardiamo ai prospetti che riportano i nomi dei membri
fondatori della Loggia Trionfo Ligure troviamo, oltre a vari cognomi stranieri, un’ampia
rappresentanza delle dinastie dell’armamento e del commercio marittimo (particolarmen-
te fiorente quello del grano sulle rotte verso il Mar Nero e la Crimea) del capoluogo ligu-
re e delle aree vicine. Ricordo che nel 1856 siamo ancora in prima età della propulsione
eolica con scafo in legno, quando le figure dell’armatore, capitano di nave e commercian-

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RECENSIONI

te marittimo si assommano in un’unica persona; la separazione dei ruoli si avrà solo verso
il concludersi dell’Ottocento, con l’affermazione della navigazione a vapore con scafo in
ferro e più tardi acciaio.
Il radicamento e la presenza della Massoneria a Genova, così intenso e precoce come
abbiamo appena sottolineato, perdura durante tutto il secondo Ottocento e gli anni che pre-
cedono la Grande Guerra, tanto è vero che il noto giornalista Luigi Arnaldo Vassallo (1852-
1906), che aveva chiesto l’iscrizione alle logge cittadine negli anni Settanta dell’Ottocen-
to, scrive nel 1904 sul Secolo XIX, di cui è direttore dal 1897 al 1906, che la Massoneria
vale, come si diceva, anche per la seconda metà dell’Ottocento, in cui essa esprime un for-
te coinvolgimento nella vita politico-amministrativa genovese. Dalla metà degli anni Set-
tanta infatti una ragguardevole compagine di massoni siede in Consiglio comunale, tra que-
sti Jacopo Virgilio, Emanuele Celesia, Giuseppe Berio, Ugo Carcassi etc., e si impegna stre-
nuamente per la laicizzazione dei cimiteri, la cremazione, l’“umanizzazione” della vita del-
le prostitute, la promozione dell’istruzione popolare, l’eliminazione dell’insegnamento reli-
gioso nelle scuole elementari, proposta, quest’ultima, che in quello stesso periodo è pre-
sentata in Parlamento dall’allora Gran Maestro Giuseppe Mazzoni. In sostanza, i consiglieri
comunali massoni si fanno portavoce di istanze volte alla secolarizzazione dello Stato, al
progresso sociale e all’affermazione della libertà di coscienza. Al loro fianco si schierano
alcune testate giornalistiche: l’importanza della presenza massonica nella stampa cittadina
è giustamente sottolineata dal volume di Polo Friz e Anania. Mi limito quindi a ricordare il
Caffaro, fondato nel 1875, diretto dal massone Anton Giulio Barrili che fino a quell’anno
era stato il direttore del Movimento, foglio d’ispirazione garibaldina molto ideologizzato.
Al Caffaro collaborano, tra gli altri, l’iniziato Ugo Carcassi e Luigi Arnaldo Vassallo, che
tra il 1887 e il 1894 sostituirà Barrili alla direzione. Il giornale esprime una posizione di
sinistra costituzionale e si colloca in posizione intermedia tra la stampa democratico-repub-
blicana-radicale e quella liberal-conservatrice. Il Commercio di Genova, continuazione del
Commercio-Gazzetta di Genova, esce dal 1889 al 1891, ha una posizione liberal-moderata
e si occupa soprattutto di temi industriali, commerciali e marittimi: lo dirige Antonio Gran-
dis, massone anch’egli. Dal 1884 al 1887 esce il giornale la Stella d’Italia, di orientamento
democratico-repubblicano, accesamente anticlericale; in politica estera è irredentista e quin-
di contro la Triplice Alleanza (stipulata tra Germania, Austria-Ungheria e Italia nel 1882),
sostiene il principio di nazionalità e di conseguenza disapprova le imprese coloniali in cui
l’Italia è impegnata proprio a partire da quegli anni. Vale comunque la pena di richiamare
anche l’impegno in campo giornalistico di Giacomo dall’Orso, esponente di rilievo della
Loggia Stella d’Italia, che, tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta dell’Ottocento, colla-
bora attivamente a numerose, per quanto effimere, testate genovesi d’ispirazione democra-
tico-repubblicana.
Le seppur molto concise indicazioni riguardo al diverso orientamento di queste testate
ci restituisce efficacemente uno dei tratti caratterizzanti della fisionomia della Massoneria

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genovese, come di quella italiana nel suo complesso, e cioè la divisione politica interna e i
contrasti che scuotono la compagine delle logge genovesi. Il libro non manca di diffonder-
si sui gruppi più legati alla sinistra liberale e costituzionale e altri d’ispirazione repubblica-
no-radicale. Il collante era dato dall’anticlericalismo, da intendersi però, almeno a Genova,
come insofferenza nei riguardi dell’invadenza del “fanatismo vaticanesco”, per usare la ter-
minologia dell’epoca, e non in senso anti-religioso.
Divisioni a parte, l’operato della Massoneria assume particolare spicco anche nella pro-
mozione della realizzazione e posa del monumento a Giuseppe Mazzini nella sua città nata-
le. La statua, realizzata dallo scultore Pietro Costa ancor oggi visibile nei pressi di Piazza
Corvetto, viene collocata nel 1882, nel decennale della morte di Mazzini e rimane per lun-
ghissimo tempo l’unica in Italia. La Massoneria, a Genova come nel resto d’Italia, si pro-
pone quindi come attivo agente della nazionalizzazione e integrazione dei ceti medi nello
Stato unitario; la pedagogia patriottica attuata dalle logge genovesi è rivolta soprattutto
all’assunzione del principale esponente della democrazia, Mazzini appunto, nel Pantheon
dei “padri della patria”. Nel primo decennio del Novecento, nel quadro di fondo della poli-
tica giolittiana, si assiste anche a Genova alla conciliazione tra la borghesia liberal-pro-
gressista e le forze del radicalismo e del socialismo riformista in nome della modernizza-
zione. Frutto principale del nuovo clima politico è il Consorzio Autonomo del Porto (CAP),
cui già si è fatto cenno, il cui primo presidente è il massone Stefano Canzio, garibaldino e
genero dell’“Eroe dei due mondi”: lo affianca, come segretario generale del Consorzio,
Cesare Festa, anch’egli membro delle logge genovesi.
Resta da ricordare il ruolo svolto dalla Massoneria nella promozione di nuovi organi-
smi associativi e nell’integrazione dei reticoli associativi esistenti. È ben nota la presenza
massonica nell’associazionismo operaio di carattere solidaristico che fa capo alla sinistra
mazziniana; il libro richiama spesso questi aspetti su cui non mi dilungo. È invece assai
meno conosciuto e studiato il ruolo di questa nei riguardi dell’associazionismo borghese
liberal-progressista. Mi riferisco in particolare alla Società di letture e conversazioni scien-
tifiche, nata nel 1866 nei locali della libreria Beuf, oggi libreria Bozzi. Scopo esplicito del-
l’associazione è riunirsi per leggere e dibattere su argomenti riguardanti le scienze e il pub-
blico benessere ai fini di confrontarsi con i problemi derivanti dallo sviluppo economico
e contribuire in modo concreto al progresso civile di Genova. Gemmazione della Società
di letture e conversazioni scientifiche sono, negli anni Settanta dell’Ottocento, il Circolo
filologico e stenografico e il Comitato ligure per l’educazione del popolo, impegnati nel-
la diffusione della conoscenza delle lingue straniere e dell’istruzione dei ceti popolari
(compresa la componente femminile), intesa, secondo una visione gradualistica, umanita-
ria e filantropica delle relazioni tra le classi, come principale fattore di emancipazione
sociale ed economica.
I membri di queste società rappresentano dunque un gruppo di osservatori attenti e di
attori propositivi della modernizzazione della città, animati da una forte volontà di prota-

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gonismo politico e civile. La presidenza delle Letture scientifiche e del Circolo filologico
è ricoperta dall’economista, docente universitario, amministratore comunale, giornalista e
massone Jacopo Virgilio.
Nella base associativa la presenza dei massoni è di tutto rilievo, mi limito a ricordarne
alcuni con riferimento agli anni Settanta-Ottanta dell’Ottocento: Giuseppe Berio, Paolo
Boselli, Nino Bixio, Anton Giulio Barrili, Michele Giuseppe Canale, Stefano Canzio, Mau-
rizio Caveri, Emanuele Celesia, Lazzaro Gagliardo, Edoardo Maragliano, Paolo Mante-
gazza, Piero Tortarolo. I lettori mi scuseranno per questa noiosa lista di nomi, che i geno-
vesi non avranno difficoltà a ricollegare in molti casi a vie cittadine, ma si tratta di perso-
naggi importanti, impegnati nella vita amministrativa, scientifica e culturale locale e che
spesso ricoprono responsabilità politiche a livello nazionale. Molti di quelli che ho nomi-
nato infatti sono, sono stati o saranno, deputati o senatori a riprova dell’esistenza di un fit-
to network di relazioni personali, di cui l’appartenenza alla Massoneria rappresenta uno dei
denominatori comuni, potenzialmente utilizzabili ai fini della promozione in sede istitu-
zionale degli interessi della città.
Il giorno 8 maggio ricorre, e viene festeggiato in tutta Europa, l’anniversario della fine
della seconda guerra mondiale e della sconfitta del nazismo. Per concludere non posso fare
a meno di ricordare un momento cruciale della storia di Genova cui non sono mancati gli
apporti da parte di esponenti della Massoneria. Mi riferisco alla liberazione della città dal
nazismo e dal fascismo repubblicano suo alleato, avvenuta tra il 23 e 25 aprile del 1945. Tra
gli esponenti, in rappresentanza del Partito Repubblicano, del Comitato di Liberazione
Nazionale che si pone alla guida della liberazione di Genova, troviamo Vittorio Bartolomeo
Acquarone, affiliato alla Massoneria ai primi del Novecento e nel secondo dopoguerra a
lungo Maestro Venerabile della Loggia Trionfo Ligure. Giulio Bertonelli, membro del
Comando Militare Regionale Unificato e organizzatore delle formazioni partigiane Giusti-
zia e Libertà, è anch’egli già iniziato al momento dell’avvento del fascismo e sarà Maestro
Venerabile della Trionfo Ligure nel 1945-1946.

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ANTONIO BRESCIANI
Lionello o delle Società Segrete
A cura di Moreno Neri
Nota bio-bibliografica e Postfazione di Virginio Paolo Gastaldi
Raffaelli Editore, Rimini 2005, pp. 344,  20,00
a cura di Claudio Bonvecchio

Ad onta dei giudizi stilistico-storici di Benedetto Croce e di


quelli ideologico-politici di Antonio Gramsci, padre Antonio Bre-
sciani S.J. mostra, tuttora, un qualche interesse. Rappresenta – se
non altro – un interessante esempio di retorica ottocentesca, chiesastica ed antipatriottica,
cui faceva da contraltare una non meno stucchevole retorica anticlericale e risorgimentali-
stica. Oggi fortunatamente – come mette in rilievo nella sua acuta Postfazione Virginio Pao-
lo Gastaldi – il quadro culturale è profondamente mutato, facendo sì che ci si possa acco-
stare al romanzo di padre Bresciani senza tema di passare per gesuita o massone: a secon-
da dei casi e degli ambienti. Semmai, si può essere giudicati meritevoli per l’abnegazione,
la pazienza e il coraggio con cui si scorrono le pagine – talora frizzanti ma per lo più grevi
– di questo gesuita, intelligente comunicatore e acuto propagandista dei suoi valori: anche
se, troppo spesso, in malafede.
Il bersaglio privilegiato (e ossessivo) di padre Bresciani – da cui “brescianesimo” –
sono, infatti, le Società Segrete: la Carboneria, la Giovane Italia e, naturalmente, la Libera
Muratoria. Tuttavia, come supporto per il suo livore di legittimista, conservatore e anti-libe-
rale non utilizza gli strumenti “classici” della reazione del suo tempo. Nulla, insomma, ha
a che vedere con le cupezze teoriche di un Donoso Cortes o con la lucidità teorica di un De
Maistre. Per mettere in guardia giovani e meno giovani dalle Società Segrete – “sentina” di
ogni disordine morale – si serve della letteratura e dello stile romanzesco. È uno stile espli-
citamente (e parossisticamente) romantico che – malgrado l’antiromanticismo professato
dal Bresciani – del romanticismo possiede molte caratteristiche: dalle “atmosfere” gotiche
alle descrizioni leziose e bucoliche della natura, dall’impianto del Bildung Roman alle
sventure famigliari, dagli inserti di “cappa e spada” all’introspezione soggettiva e così via.
In più ci mette, però, un grandguignolismo ante litteram ed un compiacimento estetico-
decadente che non sarebbe dispiaciuto a Huysmans. Tutto ciò è funzionale a confezionare
un “prodotto” certo ostico e farraginoso per il lettore moderno, ma che si presenta sicura-
mente accattivante, fascinoso e, comunicativamente, intrigante per quello a lui coevo. In
questo lo aiuta la trama – almeno apparentemente elementare – in cui un giovane (ovvia-
mente) nobile, ricco, bello e pure generoso viene traviato da cattive compagnie, da amici
malvagi e da frequentazioni pericolose e spiritualmente sospette. Complice il lassismo del
tempo, l’ideologia illuminista e l’onnipotente presenza di Satana, il protagonista – Lionel-

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RECENSIONI

lo – si travia irrimediabilmente, finendo nelle grinfie delle aborrite (da padre Bresciani)
Società Segrete: le già citate Carboneria e Giovane Italia, alle cui spalle s’intravvede la mal-
vagia presenze della Massoneria. Esse, ovviamente, sono “infettate” – e qui l’influenza di
Barruell è esplicita – dall’esempio nefasto dell’Ordine degli Illuminati di Baviera e del “sul-
fureo” Weishaupt: concepiti acriticamente come la “minaccia del secolo” e come la forma
attualizzata delle più antiche e perverse eresie gnostiche e templari. In un drammatico cre-
scendo di orrendi crimini commessi dal depravato Lionello si giunge – in fine – all’epilo-
go “faustiano” della vicenda: il suicidio del protagonista, solo e disperato, in una squallida
camera d’albergo.
In questo scenario barocco e orrifico (e per questo pedagogico), padre Bresciani si muo-
ve con consumata e provetta abilità, evocando scene da “sabba” che sembrano anticipare i
deliri demonico-massonici di Leo Taxil, di qualche decennio posteriori. Con fantasia sfre-
nata, minuziosità inquisitoriale e sensibilità da anatomo-patologo, padre Bresciani raccon-
ta di presenze e patti diabolici, cannibalismi ed omicidi rituali, orge di sangue e crudeltà.
Sono tutti messi in conto alle Società Segrete che vengono presentate come vere e proprie
“sinagoghe di Satana”: anche se ammantate dai “veli” della cultura illuminista.
Di fronte a questo apparato da “film dell’orrore”, verrebbe spontaneo – di primo acchi-
to – di archiviare i deliri antimassonici e l’esasperato conservatorismo del Bresciani negli
psicologismi di una epoca contraddittoria, non oggettiva, polemica a dismisura e di “torbi-
do” sentire. In realtà, il “brescianesimo” rappresenta qualcosa di più interessante ed inquie-
tante. Rappresenta, infatti, per un verso l’ansioso ripiegamento su di sè di un mondo fragi-
le ed insicuro: un mondo che non osava misurarsi con la crisi dei suoi valori e con le dina-
miche socio culturali che ne erano causa e moltiplica. E che, per questo proiettava acritica-
mente, come un’ombra, le sue paure sulle Società Segrete. Società Segrete, a loro volta, che
– se di questo nuovo che avanzava erano le punte più audaci – in realtà concordavano, assai
più di quanto potesse immaginare il Bresciani, su molti di quei valori di cui voleva ergersi
difensore. Dall’altro verso, il “brescianesimo” è indicativo di un atteggiamento che tende,
costantemente, a riprodursi: indipendentemente dalle epoche e dalle culture e quindi dal
“brescianesimo” stesso. È quell’atteggiamento “debole” che preferisce demonizzare il sup-
posto avversario piuttosto che affrontarlo con le armi della dialettica, dell’intelligenza e del-
la tolleranza. Virtù queste che sono estranee a padre Bresciani che preferisce la politica dei
“colpi bassi”, l’arma della menzogna, l’arte delle allusioni, e la pratica delle insinuazioni e
del discredito: utilizzando, con ciò, ogni possibilità, anche quelle teoricamente poco signi-
ficative e culturalmente improprie. In questa direzione, padre Bresciani è un interessante
anticipatore di quella che sarà – indipendentemente dall’antimassonismo – il polemismo
politico (e culturale) del Novecento: un polemismo non più indirizzato a pochi sapienti ma
alle masse. Si tratta di un polemismo – simile a quello confuso e confusionario del Bresciani
– che non è più sorretto da una robusta cultura, ma solo dal desiderio di stupire, che non uti-
lizza il ragionamento ma solo facili immagini e immediate suggestioni, destinate a colpire

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RECENSIONI

la fantasia più che a far pensare. In questo, padre Bresciani – con la disinvoltura di un
moderno scrittore di fantasy – accosta il vero ed il falso, interpreta la storia, attribuisce
patenti e, purtroppo, colpe e responsabilità.
Indagare la natura di siffatto stile in cui insicurezza, ipocrisia, buona (qualche volta) e
cattiva fede (più spesso), violenza verbale e sottigliezza propagandistica si mescolano insie-
me è, pertanto, particolarmente utile. Serve, certo, a comprenderne il significato recondito,
ma anche a capire un meccanismo – quello del “capro espiatorio” – che è scattato molte vol-
te e che è destinato, drammaticamente, a scattare ancora. Dovrebbe servire anche – si spe-
ra – ad evitarne la ripetizione.
È merito, dunque, del curatore Moreno Neri aver riproposto il romanzo di padre Bre-
sciani – all’epoca largamente diffuso (fu pubblicato a puntate sulla rivista Civiltà Cattolica
ed in seguito, come libro, ampiamente tradotto in Francia ed Inghilterra e più volte ristam-
pato) – ma che, oggi, è di difficile reperibilità. Ed è merito di Virginio Paolo Gastaldi aver-
ne illuminato il contesto storico-teorico nella sua Postfazione. Diverrà merito del lettore –
se lo farà – leggerlo con intelligente attenzione: non per deprecare, ma per imparare come
non si deve cadere nel “brescianesimo”.

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RECENSIONI

GINO BERTINI
Da Chartres a Rosslyn. Alla Ricerca della Verità.
Documentario DVD - durata 32'

La verità è unica, immortale ed eterna e l’uomo, alla continua


ricerca di essa, in accordo tra spirito e ragione, può soltanto
immaginarla, idealizzandola.

Inizia così il nuovo lungometraggio dell’autore-regista Gino Bertini che, dopo aver
esplorato con la sua cinepresa il mondo dei templari, con i due documentari I Templari.
Monaci e guerrieri e I Templari. Misteri e leggende, adesso si cimenta nella descrizione di
un altro aspetto legato a questi guerrieri leggendari: le cattedrali gotiche e il loro simboli-
smo. Bertini cerca di leggere tali libri di pietra, nei quali sono nascosti segreti di sapienza e
conoscenza, che parlano il misterioso linguaggio della mistica e della tradizione esoterica.

Nella seconda parte il documentario si sofferma in maniera dettagliata sulle immagini


della Collegiata di San Matteo, vicino ad Edimburgo, meglio conosciuta come la cappella
di Rosslyn. Vengono evidenziati tutti i particolari di cui è ricca questa meravigliosa costru-
zione, tempio della spiritualità e del misticismo, monumento commemorativo dell’Ordine
del Tempio, con una quantità di simboli che continuano a turbare il sonno di storici ed eso-
teristi, e che affascinano la fratellanza massonica ed i suoi membri che arrivano da tutto il
mondo per esaminarli con attenzione.

Il documentario, DVD, della durata di 32' è stato scritto, diretto e prodotto dal Fr Gino
Bertini della Loggia Francesco Burlamacchi nr 1113 Or di Lucca.
Il costo è di 15 Euro (più le spese di spedizione), parte dei quali vanno in beneficenza.
Per ordini rivolgersi a:
Gino Bertini – Via San Filippo 504 – 55100 LUCCA
Tel. 335 6658140 – 0583 48296
E-mail: nogitinirbe@iol.it

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