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Annalisa Gasparre

Glocal Book Glocal University Network http://www.glocaluniversitynetwork.eu/


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Glocal Book Glocal University Network editor@glocaluniversitynetwork.eu www.glocaluniversitynetwork.eu All rights reserved Distributed under license Creative Commons Prima Edizione, Novembre 2011 Copertina: Populist, 2012 mixed media on canvas 24 x 24 inches Dave Kinsey
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Editoriale
Da anni parliamo della comunicazione e di una societ costruita attorno alla comunicazione.

In pochi vivono dentro la comunicazione.


Vivere dentro la comunicazione significa pensare per connessioni, imparare dai problemi, sviluppare e formalizzare il pensiero. Vivere nella comunicazione significa avere un progetto didascalico. Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo dellinformatica e della telematica ha aperto una nuova dimensione alla comunicazione visiva e alla fruizione dei testi: quella dellinterazione cibernetica mediata da oggetti grafici. Tutto cambia: cambiano gli artifici visivi, la interazione relazionale; cambiano i tempi, gli spazi, i processi di significazione, la partecipazione, le sensazioni, le riflessioni; cambia la politica, leconomia, la progettazione, la programmazione, i linguaggi; cambiano gli stimoli percettivi, in dispositivi semiotici, gli oggetti duso; cambia infine la scrittura in un lessico fatto prevalentemente di interfacce grafiche, iconiche, da quando cursori e pulsanti hanno sostituito penne e calamai popolando ormai il nostro spazio operativo di nuove funzioni Touch Screen. Ormai siamo definitivamente nella comunicazione, dentro la florida e incessante dinamica della ipermedialit. Ma non cambiamo noi. Cambiano molto pi lentamente le nostre capacit cognitive e culturali. Apprendiamo con le vecchie metodologie, le scuole e le universit continuano ad ignorare i processi di apprendimento nuovi della societ della comunicazione. Tra la vita scolastica istituzionale, pubblica e privata, e i processi di apprendimento della societ della comunicazione c un vuoto in cui crollano quasi tutte le professioni. Il Glocal University Network ha la grande ambizione di coprire quel vuoto, di entrare nella comunicazione globale con una serie di strutture universitarie locali, organizzate in sintonia con la multimedialit della nuova didattica Liliana Montereale
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PROFILO BIOGRAFICO
Laureata a pieni voti nel 2006 allUniversit degli Studi di Pavia con una tesi in Criminologia dal titolo La vittima del reato nellordinamento giuridico italiano, poi pubblicata con il titolo Dal vittimismo al protagonismo. Analisi di politica criminale. E dottoressa abilitata al patrocinio a norma dellart. 1 della legge 24.07.1985 n. 406 dal 2008, iscritta al registro speciale dei praticanti dellOrdine degli Avvocati di Vigevano (PV). Nel 2009 ha conseguito labilitazione alla difesa penale dufficio ex art. 29 c. 1 bis disp. att. c.p.p. Collabora con alcuni studi legali nel distretto della Corte dAppello di Milano, offrendo assistenza e consulenza legale in materia civile e penale. Scrive per alcune riviste giuridiche telematiche, tra cui Penalecontemporaneo.it, Penale.it, Overlex. it, Persona&Danno.it, Justowin.it, Osservatoriosullalegalit.org, Infocds.it su argomenti eterogenei, tra cui spiccano quelli inerenti il diritto e la procedura penale. Attualmente si sta occupando di due progetti editoriali: uno concernente i riflessi nellordinamento giuridico della peculiare situazione di chi soggetto a un disagio psichico e laltro concernente le vittime di truffa. Dal 2010 libero professionista e collabora con altri avvocati, sviluppando tematiche giuridiche e strategie difensive che privilegiano il rapporto con la persona o lente bisognoso di assistenza legale. In particolare, ha sviluppato una particolare esperienza in tema di difesa della vittima, persona fisica o persona giuridica, con un approfondimento delle questioni a 360 e contaminazioni tra strumenti e rimedi di tipo civilistico e penalistico. Si appassionata alle questioni inerenti la responsabilit medica, sia civile che penale.

Attivit di ricerca e redazionale

Monografia: Dal vittimismo al protagonismo: analisi di politica criminale, 2011 (codice ISBN: 978-88-6381-147-6) info@scriptaweb.eu ) Articoli pubblicati su riviste giuridiche (Persona&Danno, Penale, Penalecontemporaneo, Overlex, Justowin, Infocds)

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Dal Vittimismo al Protagonismo Analisi di politica criminale


Abstract:
La vittima del reato soggetto od oggetto politico? soggetto in grado di reclamare diritti oppure strumento di politiche sicuritarie e repressive? Lopera intende schiarire gli scenari in cui le vittime di reato ricoprono posizioni differenti, in una confusione di ruoli, spesso resa pi oscura dagli spazi offerti dai palcoscenici mass-mediatici, da un senso di insicurezza globale sul piano sociale, economico, di politica criminale che disorienta non solo gli utenti della giustizia, ma gli stessi operatori del diritto. Perch se vero che la colpevolezza del reo deve essere provata, il processo deve essere giusto e ampie le garanzie, altrettanto vero che la vittima deve essere difesa anche prima delleventuale condanna, anzi anche prima di divenire vittima; lo Stato ha assunto il monopolio di questa difesa, almeno in riferimento alla repressione del crimine. Ma si tratta di una risposta sufficiente? Ed il diritto penale a doversi occupare delle vittime di reato? E come reagisce il sistema politico alle istanze provenienti dalle vittime?

Inizialmente considerato mero oggetto su cui ricadeva lazione delittuosa, loffeso si visto riconoscere un ruolo sempre pi importante nel sistema dei delitti e delle pene. Lacquisizione della consapevolezza del ruolo della vittima stata graduale e ha fatto emergere la necessit di guardare alla vittima ai fini della comprensione del processo che induce allacting-out; nonch la necessit di mettere in rilievo la vittimizzazione susseguente al crimine, allo scopo di individuare gli elementi indispensabili da tenere in considerazione nelle scelte politico-criminali che si ispirano al criterio di salvaguardia delle vittime. Linteresse scientifico per la vittima esplose alla fine della seconda guerra mondiale senza, peraltro, produrre alcun risultato di rilievo in termini normativi. I primi approcci, in ossequio allideologia positivista allora dominante, focalizzarono la ricerca sullidentificazione dei fattori che potevano contribuire a delineare modelli non casuali di vittimizzazione e identificare le tipologie di vittime che potevano aver contribuito alla propria vittimizzazione. Dallanalisi degli atteggiamenti e delle qualit della vittima, si cercava di estrapolare i caratteri che conducevano, di regola, ad agevolare, avviare,
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incoraggiare o determinare la vittimizzazione. Lattenzione alloffeso determina una riconsiderazione della stessa struttura dellevento criminale: levento violento pu essere identificato come struttura imperniata sul rapporto autore-vittima che non possibile cogliere nella sua globalit se ci si limita allesame della personalit del solo agente. Questa prospettiva di analisi implica la caduta degli stereotipi relativi alla coppia criminale-vittima che vede questultima come soggetto necessariamente passivo. cos che, nellambito degli studi sulla vittima, si fanno strada diverse analisi dirette a comprendere, da un lato, gli elementi che contraddistinguono la vittima e, dallaltro, il rapporto che intercorre tra i due poli della c.d. diade criminale: il passaggio da un approccio statico e unidimensionale a una prospettiva dinamica, bilaterale e interazionista. La relazione autore-vittima una relazione particolare che non si limita alla semplice somma algebrica autore+vittima ma qualcosa di pi complesso e profondo, una terza creatura. Il crimine diventa loutput di un processo per lanalisi del quale deve porsi uguale attenzione alla vittima e al criminale. Fino ad ora, il crescente interesse maturato nei confronti della vittima ha prodotto un triplice ordine di effetti: sul versante del diritto positivo, una serie di interventi statali a sua tutela e un accrescimento dei poteri processuali; sotto il profilo ermeneutico, lo sforzo di modificare la prospettiva da cui viene abitualmente operata lesegesi della fattispecie penale in esclusivo riferimento, cio, al soggetto attivo e al bene giuridico tutelato ; sotto il profilo propositivo, la valorizzazione dello strumento risarcitorio nellambito del diritto penale, prospettandosi lopportunit di impiegarlo quale sanzione autonoma. Dunque, la figura della vittima si progressivamente emancipata (e liberata) dallisolamento in cui era stata relegata dal legislatore e dalla dottrina, offrendosi come oggetto dinteresse e di approfondimento. Dal punto di vista criminologico, gli studi hanno evidenziato lapporto qualitativo fornito dalla vittima offrendo unimportante chiave di lettura della genesi e della dinamica del crimine: gli studi hanno tentato di spiegare come e perch le interazioni tra i due attori della vicenda criminale generano e/o sviluppano la determinazione a delinquere. Poich il comportamento criminale dinamico, esso pu trovare spiegazione soltanto in un approccio che individui nella condotta dellagente e nellatteggiamento della vittima gli elementi inscindibili di una dialettica capace di condizionare levolversi della condotta criminosa.
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In particolare, la criminogenesi studia il perch del reato: analizza linterazione tra le diverse caratteristiche dellagente con le variabili sociali e ambientali. Il comportamento criminoso va considerato in stretto rapporto alla persona e allambiente in cui si collocano le vittime: molteplici sono le relazioni che possono sussistere tra vittima e autore del reato, cos come infinite sono le combinazioni dei rapporti interpersonali che possono formarsi tra questi soggetti. La criminodinamica studia il come del reato: focalizza lattenzione su come levoluzione delle interazioni tra criminale e vittima conduce il soggetto a scegliere di delinquere. Non riguarda, quindi, la dinamica dellevento criminale bens la dinamica delle interazioni tra i soggetti della c.d. diade criminale. Lo studio della dinamica spiega la scelta del tipo, del momento e delle modalit con cui verr commesso il reato: si riferisce a un momento antecedente al reato e, quindi, non al modus operandi. Oltre a quanto appena accennato, stato messo in evidenza il ruolo delloffeso quale filtro selettivo del fenomeno criminale. Invero, lavvio delle indagini in larga misura dipende dalla collaborazione delloffeso che, mediante lattivit propulsiva costituita dalla denuncia, porta la notizia di reato a conoscenza del pubblico ministero: la vittima fornisce limpulso (input) essenziale affinch sorga linvestigazione pubblica e si attivino le agenzie istituzionali di controllo. Pertanto, la vittima ricopre un ruolo decisivo per lemersione della criminalit: loffeso gioca un ruolo fondamentale nella ricostruzione del fenomeno criminale poich possiede la capacit e il potere di selezionare il crimine. Infatti, in un ipotetico modello di selezione ad imbuto la criminalit commessa entra se e in quanto la vittima compie lattivit di denuncia. Dunque, la vittima costituisce il primo filtro selettivo nella rappresentazione sociale del fenomeno criminale: mediante la denuncia, loffeso in grado impedire che la criminalit confluisca nel c.d. campo oscuro e che se ne determini la sommersione; viceversa, la sua inattivit produce un allargamento del c.d. campo oscuro e un innalzamento della c.d. cifra nera; risulta evidente, pertanto, la capacit della vittima di restringere o ampliare larea di conoscibilit del crimine da parte delle istanze di controllo sociale. Per la scoperta, il perseguimento e la condanna dellagente , dunque, di vitale importanza il contributo della vittima; peraltro, lattivazione concreta da parte della vittima risulta determinata da alcune condizioni: la percezione, cio la consapevolezza che il fatto esige una reazione adeguata; la definizione del fatto come reato, intesa come classificazione mentale dellevento come delittuoso; leffettiva disponibilit della vittima alla denuncia (decisione). Loffeso predisposto a denunciare quando, ex ante, prevede che il fatto sia penalmente perseguibile e quando percepisce la gravit e lintensit dellattacco alla sfera giuridica, il che
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avviene a seconda del contesto e dellambito sociale di riferimento (si pensi, ad esempio, alle sub-culture). Allopposto, tra i fattori che inibiscono la denuncia si indicano il senso dimpotenza del denunciante e la concreta possibilit di superare il conflitto in altro modo. Per quanto concerne, in particolare, la bassa propensione alla denuncia, le inchieste di vittimizzazione hanno permesso di enucleare alcune cause tipiche, cio situazioni in cui la vittima: ritiene il fatto troppo esiguo per meritare la sanzione penale; vuole evitare le conseguenze pregiudizievoli in capo allautore, perch, ad esempio, legata ad esso da rapporti sentimentali o familiari; pu recuperare i costi derivanti dal reato (ad esempio, nei casi di furti nei grandi magazzini), quindi ha la concreta possibilit di superare il conflitto in altro modo alternativo; non vuole rivelare condizioni personali e, dunque, desidera evitare uningerenza sulla propria vita privata (in altre parole, non vuole diventare co-protagonista della vicenda processuale ed esporsi al rischio di subire la c.d. seconda vittimizzazione); teme ritorsioni e rappresaglie (ad esempio, nei casi di violenza domestica o nei reati che concernono organizzazioni criminali); nutre sentimenti di avversione o ostilit nei confronti degli organi di polizia (ad esempio, nelle sub-culture); non condivide le scelte legislative di incriminazione di un determinato comportamento (ad esempio, per i reati connessi alluso di stupefacenti); non ha fiducia nel sistema giudiziario. Sulla scelta di attivarsi o meno, decisiva la percezione della legittimit delle scelte operate dal sistema penale; in altre parole, risolutivo (nel senso di favorire o inibire la denuncia) latteggiamento della vittima nei confronti delle scelte istituzionali. Il dato del consenso deve essere attentamente valutato: la vittima pu non condividere i valori espressi dallordinamento oppure ci pu essere distacco tra la percezione della vittima e le scelte legislative, nel senso che il soggetto passivo non si rende conto neanche di essere stato vittima di un fatto perseguibile e sanzionabile penalmente. Spesso il cittadino comune non percepisce nemmeno di essere stato vittima di taluni reati, quali i fatti colposi di particolarit gravit, i reati ambientali, che colpiscono poco la coscienza collettiva, o i fatti che attentano alle finanze dello Stato (e ai beni collettivi in generale), perch li considera assolutamente normali e fisiologici allinterno della societ. La decisione di denunciare pu comportare conseguenze di un certo rilievo: prima fra tutte la possibilit che la vittima subisca una seconda vittimizzazione. Invero, quando il
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fatto criminoso portato allattenzione del sistema penale, loffeso pu essere danneggiato dallinterazione con gli operatori che possono avere pregiudizi, trattarlo duramente oppure provocare danno pari a quello gi subito, quando chiedono alloffeso di ricostruire i fatti. Per questa ragione, stante limprescindibilit di reperire informazioni proprio dalla vittima, lattivit degli operatori deve essere costantemente informata al criterio del rispetto della persona, della sua dignit e della sua sofferenza. In conclusione, si pu affermare che la vittima influenzata da unanalisi costi-benefici che include una valutazione dei rischi di vittimizzazione secondaria derivanti dalloperare delle agenzie di controllo formale; lesito dellanalisi sar decisivo nel determinare la vittima a denunciare: accetter il rischio di vittimizzazione secondaria solo se la previsione dei benefici ricavabili dallattivazione del sistema penale sar positiva nel senso che il perseguimento del reo, la sua condanna e leventuale risarcimento dei danni, siano idonei a superare i disagi, i pregiudizi, le preoccupazioni e i timori riscontrabili nella vittima che si rende protagonista e responsabile dellattivazione delliter processuale. Individuare quali sono i diversi fattori di selezione (che spingono la vittima ad attivarsi o meno per far emergere il crimine), utile anche sotto il profilo politico-criminale, in quanto orienta su cosa e su come depenalizzare, cio su quali devono essere oggetto e tecniche della depenalizzazione legale: pertanto, i motivi su cui si basa la selezione rilevano in quanto possono costituire ratio o elemento costitutivo del modello legale di depenalizzazione prescelto per il singolo reato o per la singola categoria di reati. Ad esempio, la mancata o debole percezione della meritevolezza di pena del fatto pu trasformarsi da fattore empirico e prasseologico di selezione (da parte della vittima) in ratio di depenalizzazione legale. Oppure, se lesiguit del fatto criterio di selezione dovuta allo scarso valore del bene patrimoniale colpito (si pensi ai reati contro il patrimonio), tale parametro potr entrare come elemento oggettivo in sotto-fattispecie tipizzate, ovvero, tradotta in un preciso valore numerico che giunga a rappresentare il limite normativo tra reato contro il patrimonio e illeciti extrapenali. In taluni casi, il legislatore sceglie di attribuire riconoscimento alla valutazione di opportunit della vittima di perseguire il reato. Tecnicamente, la querela una dichiarazione facoltativa con la quale la persona offesa da un reato, la cui perseguibilit subordinata dalla legge alla querela, o un altro soggetto agente nel suo interesse, esprime la volont che il pubblico ministero proceda in ordine al reato. Le ragioni per le quali la legge esige tale condizione di procedibilit (e, pertanto, deroga allordinaria perseguibilit dufficio), sono principalmente: la tenuit del reato, che induce il legislatore a ritenere che la repressione penale debba attivarsi solo se la persona offesa la richiede; la volont di lasciare libero loffeso di decidere se al pregiudizio arrecatogli dal reato convenga aggiungere quello che
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potrebbe derivargli dalla risonanza data al reato dal processo (strepitus fori), ad esempio, quando si tratti di reati contro lonore o contro la libert sessuale. Lambito di applicazione dellistituto , infatti, ristretto a reati rispetto per i quali stabilita la necessit di una manifestazione di volont da parte delloffeso a che gli autori del reato siano perseguiti. A differenza dellordinaria denuncia, quindi, la querela si qualifica per essere condizione di procedibilit che legittima lo svolgimento delle indagini preliminari, promuovendo lazione penale. In prospettiva vittimologica, la previsione di una procedibilit a querela indica lopzione a favore di una depenalizzazione di fatto, perch concretamente idonea a condizionare lattivazione e lestinzione dellazione penale, che risulta ancorata ad una decisione privata, quella del soggetto passivo offeso dal reato. Attualmente si registra una centralit politica della vittima del reato, divenuta vero e proprio soggetto in grado di reclamare diritti e prerogative, ridotte o negate nei sistemi giuridici moderni. Negli ultimi anni, infatti, ruolo ed esigenze di tutela della vittima sono tornate prepotentemente al centro del dibattito politico-criminale. Nel mondo occidentale la vittima sta vivendo una stagione di forte protagonismo, soprattutto sul piano politico, grazie anche allopera di ingegneria mediatica svolta dai mezzi di comunicazione. I massmedia sempre pi spesso danno rilievo alle notizie di vittime di crimini violenti o che, comunque, urtano in via immediata lemotivit dellopinione pubblica; spesso enfatizzano le fasi di un processo, la notizia di un arresto, indugiano sui dettagli drammatici o di forte impatto emotivo. Scarsa importanza , invece, prestata ad altre forme di criminalit. Ne consegue che il cittadino comune non percepisce nemmeno di essere vittima di taluni reati, quali i fatti colposi di particolare gravit integranti reati ambientali, che colpiscono poco la coscienza collettiva, o i fatti che attentano alle finanze dello Stato (e ai beni collettivi in generale), perch spesso considera tali fatti assolutamente fisiologici allandamento della societ. La vittima ha finito con lassumere un ruolo essenzialmente simbolico di un allarme sociale non raramente strumentalizzato e amplificato dai mass media. Il rischio che porta con s il protagonismo delle vittime sulla scena politica quello di confondersi (e fondersi) con movimenti politici meri portatori di istanze sicuritarie e repressive. In questo senso, lassociazionismo delle vittime diventa spesso soggetto reale o pretestuoso di negoziazione politica: prima di adottare alcune decisioni, il sistema politico interpella le vittime del reato oppure legittima le proprie scelte avvalendosi del fatto di averle interpellate. Invero, si riscontra sovente che la vittima strumentalizzata dal potere politico per sostenere legislazioni sicuritarie e repressive; tali scelte politico-criminali utilizzano il
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dolore delle vittime e dei familiari, nonch il senso di insicurezza collettivo, per mettere in atto leggi idonee ad offrire una sicurezza solamente simbolica e temporanea, non mancando di risolversi, addirittura, in provvedimenti che paradossalmente possono essere criminogeni, perch connotati da elementi che determinano un disorientamento culturale e sociale. Nel nostro Paese, la vittima gradualmente divenuta destinataria di precisi interventi istituzionali. Si tratta, invero, di istituti eterogenei tra loro, quali il Fondo di Garanzia per le vittime della strada (Legge 990/1969); gli interventi risarcitori a carico dello Stato in favore delle vittime del terrorismo e della criminalit organizzata (Legge 302/1990); listituzione del Fondo di Sostegno per le vittime di richieste estorsive (Legge 172/1992); lincentivazione di prospettive di riconciliazione del reo con la vittima (D.P.R. 448/1988 Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni; Decreto Legislativo 274/2000 Disposizioni sulla competenza del giudice di pace); la possibilit di accesso della parte offesa non abbiente al gratuito patrocinio (art. 1 Legge 30 luglio 1990 n. 217); la misura cautelare dellallontanamento dalla casa familiare da parte dellimputato di maltrattamento a danno di familiari (Legge 154/2001 Misure contro la violenza nelle relazioni familiari che ha introdotto lart. 282 bis c.p.p.). Pi di recente, il legislatore italiano sostenuto dal clima di insicurezza intervenuto in modo incisivo sullordinamento penale mediante leggi che presentano profili interessanti se osservati dalla prospettiva delle vittime: Legge 13 febbraio 59/2006, Modifica allarticolo 52 c.p. in materia di diritto allautotutela in un privato domicilio; Legge 251/2005 Modifiche al codice penale e alla Legge 26 luglio 1975, 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione, meglio nota come ex Cirielli; Legge 46/2006 Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilit delle sentenze di proscioglimento, meglio nota come Legge Pecorella. La legge n. 251/2005, meglio nota come ex Cirielli, interviene su due argomenti cardine del sistema penale, vale a dire la recidiva e la prescrizione, nonch sullinterazione tra i due istituti. Salva, in ogni caso, la libert del legislatore di ispirarsi a un determinato disegno politico-criminale, coerenza impone che a maggior ragione quando il provvedimento unitario le norme ivi contenute vadano nella medesima direzione. In chiave critica si osserva che, nel caso in oggetto, questo elementare requisito di logicit e di congruenza
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non stato osservato, al punto tale che autorevole dottrina ha parlato di doppia anima della Legge ex Cirielli. Invero, per quanto concerne la recidiva, ci si trova davanti scelte legislative ispirate a un criterio di rigore repressivo, mentre le norme sulla prescrizione sono in qualche misura garantiste nei confronti di imputati di una serie di reati selezionati pi in modo discrezionale che in base alla gravit di cui sono espressione. Quanto allistituto della recidiva, gli elementi pi significativi della riforma sono riscontrabili: nella modifica dellambito di rilevanza della recidiva1; nella reintroduzione di casi di obbligatoriet della contestazione; nellinnalzamento e/o irrigidimento dei requisiti per fruire dei benefici carcerari; nel tendenziale allungamento dei termini di prescrizione dei reati per i soli soggetti recidivi2. Trattasi di modifiche che incidono pesantemente sulla disciplina del recidivo perch sono ispirate a un esplicito criterio di rigore repressivo. stato acutamente osservato che la Legge ex Cirielli ha comportato un aberrante ritorno al diritto penale dellautore, cos spostando lattenzione della legge penale dalla recidiva al recidivo, identificato come tipo che, in quanto tale, destinatario di un trattamento sanzionatorio pi rigido, a prescindere dalla gravit del reato per cui si trova ad essere giudicato. Limpostazione politico-criminale che si accolta quella della c.d. tolleranza zero, che, ad esempio negli USA, prevede un notevole rigore nei confronti di chi riconosciuto per tre volte colpevole, a prescindere dal tipo e dalla gravit dei reati addebitati: con il c.d. three strikes and youre out, il criminale qualunque siano i tre reati di cui si reso colpevole (vale a dire i tre colpi) , viene assoggettato alla pena dellergastolo; pertanto, viene definitivamente espulso dalla societ (youre out), perch recluso permanentemente dentro il carcere. Tale impostazione si basa sul presupposto che listituzione carcere funzioni, cos attribuendo assoluta centralit alla pena detentiva che tesa a creare un falso senso di sicurezza. Reclamizzata come legge a tutela delle vittime dei reati, in quanto ispirata alla suddetta logica di tolleranza zero nei confronti dei soggetti caratterizzati da abitualit, professionalit e recidiva, in realt, la legge non posta a salvaguardia delle vittime perch la loro tutela nulla ha in comune con la scelta di introdurre un nuovo tipo dautore. Non pare azzardato in prospettiva vittimologica ritenere il recidivo come vittima del sistema penale; invero, la finalit rieducativa della pena, imposta dalla Costituzione, si trasforma in finalit vessatoria e il reo si vede negare un diritto riconosciuto dallordinamento costituzionale, oltre ad assistere allo svilimento di ogni
Lambito di rilevanza della recidiva oggi circoscritto ai soli delitti non colposi. 2 in relazione a questultimo effetto che prescrizione e recidiva interagiscono. Si ncora un allungamento della prescrizione allinterno di un impianto generale tendente a ridurre i termini a elementi soggettivi quali la personalit del reo desunta dalla recidiva o dal suo stato di abitualit o professionalit nel reato, anzich alla gravit oggettiva del reato commesso.
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ipotesi trattamentale e allimpraticabilit delluscita dal carcere per fruire delle misure alternative, con ulteriore accentuazione della separazione tra dentro e fuori. Laccenno alle modifiche operate allistituto della prescrizione parte dalla possibilit di dimostrare lincoerenza e lirrazionalit interna della legge, frutto di una politica legislativa quasi schizofrenica, che conduce a un sistema penale dominato dallincertezza destinato a produrre unulteriore perdita di credibilit delle istituzioni, ma anche vilipendio e ulteriore vittimizzazione della vittima. Nata come baluardo della civilt giuridica e come incentivo alla prontezza della pena, la prescrizione nel tempo si rivelata pericoloso agente patogeno insidiatosi nel corpo del sistema penale, sia perch finisce per operare unincontrollabile selezione prasseologica nei confronti di un ipertrofico sistema penale, sia perch segna lepilogo di un significativo numero di procedimenti, e, in definitiva, il fallimento della giustizia. Ma il momento in cui pi nefasti sono gli effetti della prescrizione quello in cui linteresse punitivo dello Stato si gi manifestato. In linea generale, si riconosce che il reato non pu cadere nelloblio quando gli organi giudiziari avviando un procedimento esprimono interesse a perseguire il reato e, in questa direzione, compiono una serie di atti idonei a determinare linterruzione del corso della prescrizione. Tuttavia nonostante lo Stato dimostri con concreti atti giudiziari la volont di perseguire il reato linterruzione opera nel senso che latto compiuto determina s un arresto del decorso del tempo utile a estinguere il reato, ma a partire da tale atto, il corso della prescrizione ricomincia a decorrere, seppur ex novo. Su questo aspetto, la riforma assegna un termine preciso al decorso successivo allinterruzione (come gi nella normativa previgente), ma ne anticipa in modo significativo lintervento: ne discende che a partire dallatto interruttivo il tempo riservato allo svolgimento delle attivit di accertamento risulta notevolmente ridotto. Al contrario, le principali legislazioni europee considerano nel settore penale il tempo degli accertamenti processuali come un tempo sospeso, non computabile in nessun modo ai fini dellestinzione del reato. Agendo anche quando sono state gi compiute attivit di accertamento, la prescrizione travolge gli atti compiuti e determina un dispendio di risorse economiche e processuali che vanno a incidere in maniera cospicua sia sui bilanci dello Stato, sia sulla fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia, determinando una sorta di disaffezione per la legalit. Fine dichiarato della riforma era sanzionare lirragionevole durata del processo mediante unanticipazione della soglia oltre la quale si verifica la prescrizione; lintento era, quindi, porre laccorciamento dei tempi come deterrente alla lentezza/lunghezza dei processi, cos incentivandone unaccelerazione, mediante minaccia di travolgimento degli
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accertamenti eventualmente gi effettuati. Ci malgrado, abbastanza utopistico pensare di risolvere il problema della durata dei processi solo attraverso la minaccia della prescrizione, senza che a ci si accompagni una revisione completa della materia processual-penalistica. Solo un legislatore poco informato circa la struttura accusatoria del nostro processo penale (e della prassi) poteva farsi illusioni e dare alla luce una legge funzionale solo a creare sovraffollamento di illegalit, anzich snellezza processuale. Invero, la promessa o forte probabilit di impunit non distoglier dal crimine e provocher, pertanto, maggiore insicurezza allinterno della comunit. Riducendo il tempo necessario alla prescrizione, la riforma ha prodotto effetti a cascata, quali la forte limitazione del rischio di condanna da parte dellimputato che scelga di restare allinterno della procedura ordinaria, mentre aumenta linteresse a mettere in atto strategie processuali dilatorie che favoriscono la diminuzione della convenienza a ricorrere al patteggiamento. Spesso, infatti, lautore del reato auspica nella lentezza della giustizia per ottenere limpunit e, pertanto, preferisce attendere la conclusione del rito ordinario o, meglio, lepilogo della vicenda processuale tramite estinzione piuttosto che accettare una pena pi mite, ma certa, quale quella comminata in seguito al ricorso al patteggiamento. Appare evidente, quindi, come il perseguito intento di deflazionare la macchina giudiziaria mediante intervento sui termini di prescrizione non sia idoneo, nemmeno teoricamente, a produrre utili risultati. La dottrina precedentemente allentrata in vigore della legge in commento reclamava una riforma della prescrizione, perch la riteneva il morbo che infettava il sistema di giustizia penale e metteva in guardia il legislatore da una scelta politica che avrebbe potuto di fatto decriminalizzare numerose norme centrali del sistema che, pur minacciando pene severe sarebbero state minate dalla quasi certezza dellimpunit. Purtroppo, il risultato una legge da molti ritenuta criminogena (anzich a tutela delle vittime), perch la garanzia dellimpunit ivi contenuta invita a compiere crimini gravissimi, di fronte ai quali nella vittima reale o potenziale si amplifica senso di insicurezza e paura. Quello che desta giustificata preoccupazione limpatto della Legge ex Cirielli sui consociati, o meglio, su quella parte di consociati consapevoli della reale portata delle norme, nonch gli utenti della giustizia penale che verranno a trovarsi nella condizione di attivare un procedimento, investire in esso risorse materiali, tempo e fiducia nella giustizia, che produrr un output tuttaltro che adeguato alle esigenze evidenziate dalla ricerca vittimologica. Non solo loffeso non ricever lagognato ristoro globale per la ragione che il processo penale non sistematicamente strutturato ad adempiere a questo fine, ma vedr
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completamente frustrato anche il primitivo bisogno di pervenire alla condanna del reo. Grazie al gioco della prescrizione combinato con la durata media dei procedimenti, si prescrivono di fatto reati come: furto in abitazione, corruzione per atti contrari ai doveri dufficio, violazione di domicilio, falsit materiale ed ideologica del pubblico ufficiale in atti pubblici, contraffazione di carta filigranata, fabbricazione di strumenti destinati alla falsificazione di monete, vilipendio di cadavere, millantato credito, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, circonvenzione di persone incapaci, frode nelle pubbliche forniture, favoreggiamento reale, induzione alla prostituzione, abbandono di persone minori o incapaci, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili e molti altri. Infine, si pensi ai frequenti casi di malasanit: in base alla nuova legge, la morte cagionata da colpa professionale si prescriver nel pi breve termine di sei anni, nonostante laccertamento delle responsabilit professionali sia oggetto di indagini lunghe e fondate su perizie che contribuiscono ad allungare i tempi processuali. Colui che si reso colpevole della morte di pi pazienti, non solo godr di un termine prescrizionale pi breve e, pertanto, difficilmente la vittima vedr la conclusione del procedimento che si presume cadr in prescrizione prima della decisione finale, ma anche nel caso assolutamente raro in cui il processo giunga al suo naturale epilogo e si concluda con una sentenza di condanna, il professionista sar immune da contestazioni di recidiva perch imputato di delitto colposo (e non doloso). Un risultato aberrante se si pensa alle gravi conseguenze derivabili da colpa professionale e dallelemento della reiterazione che pu sussistere in concreto, ma che esclude la contestazione della recidiva solo perch inerente la natura colposa e non dolosa del delitto. La maggiore facilit con cui un reato cadr in prescrizione andr a detrimento delle vittime, che si sentiranno ancora pi frustrate nelle loro esigenze legittime di giustizia per divenire soggetti della c.d. terza vittimizzazione, vale a dire il danno ulteriore che si determina in capo a chi non riceve giustizia. Ci si domanda cosa resti di quella tutela delle vittime tanto sbandierata a giustificazione di un provvedimento legislativo che, in realt, da un lato, vuole salvare alcuni imputati dal carcere e, dallaltro, continua a considerare il carcere come il luogo dove alienare soggetti ritenuti meritevoli di soggiornare nella discarica sociale. Alla luce di quanto accennato, permangono grandi perplessit circa la valutazione globale da dare alle recenti scelte di politica criminale che, pur reclamando la difesa delle
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vittime, si connotano per mancanza di coerenza logica interna e sistematica, oltre che per unimprobabile capacit di assolvere le finalit di tutela effettiva (ed efficace) delle vittime dei reati. Sullargomento, si noti come sia finito completamente nelloblio il disegno di Legge quadro per lassistenza, il sostegno e la tutela di vittime di reati n. 2464, presentato il 1 agosto 2003 alla Presidenza del Senato. Il disegno di legge faceva proprie le indicazioni fornite dalla Decisione-quadro relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, approvata dal Consiglio dellUnione Europea in data 15 marzo 2001. Innanzitutto, il provvedimento si sforzava di riconoscere unidentit alla vittima (che abbiamo visto essere molto importante) mediante una definizione del seguente tenore: si intende per vittima la persona offesa dal reato e, quando questa sia deceduta in conseguenza del reato, i suoi prossimi congiunti, chi legato alla persona offesa dal vincolo di adozione e chi, pur non essendo suo coniuge, come tale conviveva stabilmente con essa; il disegno di legge prevedeva alcuni diritti di informazione (ad es. tempi, modi, luoghi relativi alla presentazione della denuncia o della querela). Erano poi previste alcune modifiche del codice di procedura penale, quali: il diritto alla notifica anche al difensore delloffeso del deposito di ordinanze in materia cautelare, e in particolare di quelle che dispongono la liberazione dellindagato o dellimputato, ove vi siano seri pericoli per lincolumit delloffeso; la modifica delle regole di inammissibilit dellopposizione alla richiesta di archiviazione, in verit gi recepita dalla Corte costituzionale3; la possibilit di chiedere direttamente lincidente probatorio; lobbligo di notifica dellavviso di chiusura delle indagini ex art. 415 bis c.p.p.; lobbligo di notiziare a persona offesa delludienza di esecuzione per leventuale liberazione condizionale del reo. Infine, prevista: lintroduzione di un Fondo di assistenza alle vittime di reati gravi; la costituzione di un Comitato per lassistenza e il sostegno delle vittime dei reati; la realizzazione, presso ogni Ufficio Territoriale del Governo (Prefettura), di uno Sportello per le vittime di reati, che attua le linee operative del Comitato e coordina le attivit, al fine di fornire adeguata assistenza e informazione alle vittime;
3 Il termine raddoppia, passando da 10 a 20 giorni. La Corte, anticipando il disegno di legge, con sent. 11 aprile 1997 n. 95, ha rilevato che la persona offesa pu presentare lopposizione non solo in presenza di indagini incomplete, ma anche nellipotesi in cui intenda dimostrare la non infondatezza della notizia di reato. La disciplina dellart. 410 c.p.p. idonea a tutelare le ragioni della persona offesa, sia nel caso in cui questa intenda contrastare carenze e lacune investigative, sia quando lopposizione sia basata su una valutazione dei fatti ovvero su ragioni di diritto diverse da quelle poste a base della richiesta di archiviazione del pubblico ministero.
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listituzione di una giornata della memoria. Lattuazione della decisione-quadro doveva avvenire entro il 22 marzo 2002, ma di fatto nulla si sa rispetto ai tempi di discussione del disegno italiano proposto gi con ritardo il 1 agosto 20034. Le maggiori (e reali) possibilit proposte dal disegno di legge sono naufragate nel mare magnum del discorso sicurezza, parola magica capace di ubriacare masse inconsapevoli e necessitanti di un nemico da combattere. Si constata non senza amarezza che lattivit legislativa si orientata verso leggi-manifesto, anzich in direzione di una politica criminale che riconosca il ruolo della vittima e promuova gli strumenti legislativi, giudiziari e sociali per la sua tutela (si rinvia alle leggi commentate nel Capitolo V entrate in vigore in tempi successivi a quelli in cui si doveva tradurre in legge positiva la decisione-quadro europea). Ha trovato invece attuazione (anche se solo sulla carta) la direttiva 2004/80/ CE relativa allindennizzo delle vittime di reato. La Direttiva delinea un sistema di cooperazione volto a favorire laccesso allindennizzo. La Direttiva prevede che Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano lesistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime. Inoltre, la Direttiva prevede che il risarcimento sia, nella pratica, facilmente accessibile, indipendentemente dal luogo dellUnione Europea in cui un cittadino sia vittima di un reato, mediante la creazione di un sistema di cooperazione tra autorit nazionali operativo dal 1 gennaio 2006. In Italia, lattuazione seppure in ritardo avvenuta tramite il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 204. Ci malgrado, secondo il Tribunale di Torino5, il sistema delineato con il D. Lgs. 204/2007 si limita a definire gli aspetti formali della procedura di richiesta, senza prevedere nessun elenco di reati che possono dare luogo allavvio della pratica di indennizzo. Secondo il Tribunale di Torino, nellordinamento interno manca una norma che riconosca il risarcimento per i reati violenti intenzionali diversi da quelli gi regolamentati prima dellentrata in vigore della direttiva e che prevedono gi sistemi di indennizzo per le vittime; tali sistemi di indennizzo previsti per le vittime di atti di terrorismo e di criminalit organizzata (Legge n. 302 del 1990 e Legge n. 206 del 2004) e di reati estorsivi e di usura (Legge n. 44 del 1999) non sono idonei a ricomprendere altre tipologie di reati contro la persona, quali ad es. i reati di natura sessuale, come quello da cui scaturisce la pronuncia
RIPONTI, in Profili vittimologici del danno alla persona, www.altalex.com, articolo del 06 aprile 2007, riporta lexcursus che ha portato alla formulazione del disegno di legge, richiamando altres la pubblicazione del Libro Verde (28 settembre 2001 COM 2001/536) e della proposta di Direttiva sul risarcimento alle vittime del reato (17 ottobre 2002). 5 Tribunale di Torino, sez. IV, sent. n. 3145/2010.
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in esame. evidente che il legislatore ha tralasciato di cogliere le opportunit suggerite anche dallordinamento comunitario di approntare un sistema normativo in grado di delineare un sistema di protezione e tutela delle vittime di reato6. In una prospettiva politico-criminale pi ampia, si rammenti che il riconoscimento di un ruolo attivo nel processo allimputato unacquisizione relativamente recente, opera del passaggio dal processo inquisitorio al processo accusatorio. Qualche spiraglio in tal senso stato senzaltro previsto nel codice del 1988 anche riguardo alla vittima del reato e, perquanto riguarda entrambe le parti private, importanti strumenti sono stati previsti in materia delle indagini difensive. Ebbene, i tempi sono certamente maturi anche per andare incontro allaltra parte della questione criminale, la vittima. Di fatto, ostacolano la realizzazione resistenze di status, riserve culturali che vedono nei difensori delle vittime dei competitors nellaccertamento dei fatti (non diversamente da quanto avveniva e tuttora avviene, in taluni casi, nei confronti del difensore dellimputato che pretenda un ruolo attivo), nonch concorrenti nella repressione del crimine che, invece, in quanto prodotto sociale, proprio in una rinnovata dimensione sociale, pu trovare la soluzione per il suo contenimento. Si pu ipotizzare un recupero del valore rituale del processo, attraverso lobbligatorio tentativo di mediazione, per taluni reati o altre forme che mettono laccusato di fronte alla vittima e alla collettivit, senza che questo debba passare attraverso il deleterio palcoscenico dei mass media. Certamente, una riforma in tal senso dovr tenere conto dellinderogabile principio di non presunzione di colpevolezza, ma potr risultare di qualche utilit in tutti quei casi in cui si in presenza di un patteggiamento e sicuramente nei casi di fattispecie perseguibili a querela di parte, che pur essendo quelli meno offensivi per la collettivit, sono anche quelli che affollano le udienze dei giudici monocratici, ingolfando il sistema. In verit, in queste ipotesi, la vittima sentita in udienza per verificare la possibilit di rimettere la querela, ma ci del tutto insufficiente a porre di fronte imputato e vittima, soprattutto a distanza di tempo e senza prevedere lobbligatorio intervento di un soggetto terzo, che svolga il ruolo di mediatore (soggetto diverso dai difensori che hanno contatti tra loro ai fini delleventuale remissione della querela). Del resto, non si vede perch debba pesare sulla vittima un sistema penale ipertrofico e un settore giudiziario intasato, con carenze di organico e di risorse. La vittima, se si affida
6 Lespressione sarcastica, poich le decisioni comunitarie devono essere attuate nellordinamento interno. Si vuole evidenziare lassoluta incapacit di andare incontro alle vittime con strumenti concreti, quandanche liniziativa e il percorso provengano da indicazioni esterne allo Stato.
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allo Stato, monopolista nella repressione del crimine, non deve subire ulteriore vessazione derivante dalle inefficienze dello Stato medesimo che non solo non stato in grado di prevenire, ma neppure di curare il dramma della consumazione di un reato. Le vittime ma soprattutto le potenziali vittime, che rispetto a quelle effettive hanno maggiore lucidit nel valutare ci che accade devono sforzarsi di reagire alla strumentalizzazione che di esse si fa utilizzando ancestrali paure, per divenire attori e registi della propria esistenza e pretendere effettive ed efficienti politiche criminali e sociali. necessaria e urgente una rivoluzione culturale. Ma questa unaltra storia.

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