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iTiUSEPPE TOFFANIN

LA FINE
DELL'

UMANESIMO

%'b2

^
a ^

ac

g^

Milano -

TORINO

- Roma

FRATELLI BOCCA
Depositario per la Sicilia
:

EDITORI
-

Orazio Fiorenza
e

Plsbiio.

Deposito per :^apoli

Provincia

Societ Editrice Dante Alighieki (Axbhighi, Segati e C.) Italian Booe CoitPANT - New York

Napoli

1920

PROPRIET LETTERARIA

Padova

Tipografia del Seminario

AVVERTENZA

Questo lavoro era gi quasi del tutto pronto in appunti

quando venne

la

guerra

fu finito e steso in questi ultimi mesi.


s,

Tale notizia cronologica che, di per

non avrebbe im-

portanza alcuna,

mi permetto

di far presente al cortese lettore

per metterlo in guardia dal sospetto che, su qualche giudizio^


sullo stesso spirito generale dell'opera,

abbiano

influito

le

tendenze dell'ora che noi viviamo.


sto.

Il

sospetto sarebbe ingiu-

Questo un libro di
e

storia

condotto

su

indagini

molto

lunghe e pazienti

l'autore,

come pu intendere chiunque

abbia lavorato per un fine scientifico, non sarebbe punto contento se dovesse credersi, per esempio, che, nei suoi giudizi, lo

abbia talora incitato una civile avversione al germanesimo.


Si trattava,
siero
critico

insomma,
che
vuol

di

studiare

le

origini
le

del

pen-

dire

anche,
il

in parte,
e
i

origini

della

letteratura

moderna -

fra

1548

primi

decenni

del seicento,
sotto

in Italia. Tali origini io compendiai,

nel titolo,

la specie pi

comprensiva

la fine dell'

umanesimo. Sco-

prire questo nucleo fondamentale del pensiero italiano, dal quale


si

svolge quello del periodo cartesiano in Francia e del pre-

lessinghiano in Germania, sul quale meditarono

Cervantes in

IV

AVVERTENZA
e in Inghilterra Shakespeare, significava avventurarsi

Ispagna
in

un

territorio rimasto

quasi inesplorato, pur fra le tante pre-

ziose e spesso disinteressate ricerche degli ultimi cinquant'anni,

ne

si

poteva far ci senza eccedere, piuttosto che scarseggiare,

in precisione e pazienza.

Non
,

che manchino, pure


il

su questo
del

argomento, opere di pregio. Oltre

volume fondamentale

Flamini sul Cinquecento


del Saintsbury
;

ci

sono la Storj of criticism


dello

La

critica letteraria nel rinascimento

Spingarn
italiana

esce tuttavia,

in dispense, la Storia della critica


(l'

del Trabalza. Tutte opere d' innegabile pregio


fatto

aver

potuto correggere qualche inesattezza di


facile

vanto

molto

a quelli che vengono dopo),

ma

sempre ispirate a quel

sentimento della nostra storia letteraria su cui Francesco


Sanctis pose
il

De

suggello del suo fortissimo e nobilissimo ingegno.

Cotale affermazione cos largamente illustrata nel libro,

che sarebbe perditempo insistervi anche in questa nota preli-

minare. Basti ripetere che, per

il

De
il

Sanctis,

la

critica

mo-

derna comincia con Lessing e tutto


degli anni della controriforma

lungo travaglio nostro


esistesse.

come non

Mi

pare
di

che sia perfino non al

tutto

chiaro

(sebbene

con

un

po'

buona volont
riuscisse

si

possa giustificare questo ed altro) come egli


la

conciliare

sua fede nella storia come


disprezzo

eterno
secoli

progresso, con quel suo travolgente


della nostra vita letteraria,

per

due

nella quale non

un germe d'avla

venire gli

capit

di

discernere.

Suggell

con

sua

mano

sicura queir enorme cumulo di commenti aristotelici, e non si


accorse d' essersi cos preclusa la via a trovare, nel corso della
storia letteraria italiana,

una cosa italianissima


problema

punto tradei

scurabile:

il

sorgere

del

critico. L' unilateralit

suoi giudizi sulle idee del romanticismo non che


di questa cagione.

un

effetto

Gli storici venuti di poi, fra

quali

maggiori ricordati

pi su, seguirono

tutti,

su questo punto, l'iniziatore

De

Sanctis

AVVERTENZA
e solo per dovere di studiosi disinteressati
fecero

si

ad aprire
che

anche

grossi volumi sigillati

da

lui.
si

Ma

un

po' vero

difficilmente si

trova quello che non

cerca e che, a scorrer


della scienza, senza
dialet-

quelle pagine per


fede, nel

un

cos rassegnato

amor

valore intrinseco di esse e nello svolgimento


storia,

tico della loro

ma

solo con la speranza di

racimolarvi

sperduti presentimenti di idee moderne, per lo pi in contrasto

con

lo

spirito del

tempo

loro,

difficilmente la materia riveler

quegli altri aspetti rimasti in ombra nel primo giudizio sommario. Per intenderci,

mi spiegher con

l'

esempio del Trabalza


merito
di

tanto pi notevole, quanto maggiore

il

quell'in-

signe studioso la cui opera, ad ogni modo, per altri suoi pregi
molteplici ed evidentissimi, viene

a colmare una lacuna della

nostra storia letteraria e rester, per gli studiosi, prezioso sussidio.

Ma le

secondo

il

mio

fallibilissimo avviso

a far co-

noscere

origini del pensiero critico italiano in questo breve,

unico, interessantissimo

momento

della nostra storia, quell'opera

non

si presta. Il

Trabalza, in perfetta coerenza con quel presup-

posto de sanctisiano, mette insieme, senza dare importanza all' e-

norme

distacco,

autori della

prima
e

e autori della seconda

met

del cinquecento,

un Fracastoro
uni e gli

un Varchi,

uomini

ancora

imparentati con l'Ariosto e uomini gi presi nel raggio della


controriforma
:

gli

altri accoppiati

sotto

quella luce

dei presentimenti moderni, cosi fioca,

sbiadita, insufficiente a

lumeggiare

contrasti di quell' et.

Ma, invero, pochi momenti


met

della storia si presentano in cos improvviso e quasi fulmineo


conflitto

come

la

prima

la

seconda

del

cinquecento.
:

Meno che
intorno al
del

di decenni proprio questione di anni. Considerate

1540

si

parla ancora

di
i

letteratura
facili
:

con

le

idee

Sannazzaro

e del

Fontano, con

comodi concetti

convenzionali

dell'

adornare

e simili

portatevi nel decen!)

nio successivo (venf anni appena dopo la morte dell' Ariosto


e vi

trovate in

uno sterpaio

di problemi critici e di questioni

VI

AVVERTENZA

dialettiche che vi
tato

il

capogiro,

come

se

il

mondo

fosse

muuno
di

dalle fondamenta.

Ma
si

gli

uomini sono anch'essi mutati


anni prima,
.

in realt. Alessandro Piccolomini che,

era

spregiudicato umanista,

raccoglie allora
il

in

un

fervore

meditazioni sullo sfondo delle quali


gli
si

problema della
anch' egli

critica

rivela

Benedetto Varchi

si

fa

contemporaquella

neamente pensoso della letteratura

e dell'

anima

vuol

rinnovare in Aristotele, questa nel sacerdozio.


Proprio fra quegli anni della
cento,
s'

seconda met del cinque-

erge,
il

come

fosco castello in

mezzo a campagna comgli

battuta,
le

Concilio di Trento
e

dove

ambasciatori

di tutte

inquiete

contrastanti idealit

dell'ora

sembrano darsi
si risolve

convegno per una suprema diatriba. Questa non

con

una

pace,

ma

con una sfida pei


s'

secoli,

nella quale
parlato,
si

anche la
comproi

letteratura,

di cui
il

implicitamente
si
:

resta

messa. Quando

convegno

scioglie,

partono

da essa

rappresentanti di due mondi

latinit e

germanesimo.

Per quanto
di dir troppo,
tico

ci
i

riguarda, possiamo affermare, senza tema


rapporti fra
il

che

nascere del problema cri-

controriforma e riforma, non erano stati studiati


ecco,

mai.
qua,

Ed
quel
vita,
dell'

a considerare quegli

autori
di

movendo
nuova
e

di

mondo
un

di piccoli

uomini

s'anima
si

intensa

palpito di

comuni esitanze

trasmette dal ragionare


si

uno a quello

dell' altro, e tutto

quel moto di idee

svolge

in cos stretta progressione dialettica che questo solo basta a


farvi persuasi d'avere infilata la via maestra.

Ma, proprio a questo punto,


diventare anche

lo

storico

in

dovere

di

un

po' pi noioso che all'


il

argomento gi grave
fermarsi a isolare
e,

non sembri convenire. Si sa bene che

per quant' possibile, finire, certe figurette secondarie e scolorite

come un Robertelli
dialettiche,

un
in

Maggi,
certi
si

seguirle
aspetti
di

in

loro

an-

gustie

studiarle
quelle,

loro

umacon

nit travagliata da

come

potrebbe

ben

fare

AVVERTENZA

Vii

personaggi di grande rilievo, necessariamente un' umile fatica,

massime quando

il

mezzo ideale

si

trovi

ad

essere

la
se,

filosofia

scolastica galvanizzata dal Concilio di Trento.

Ma

poi,

da questa paziente ricostruzione, voi sentite che vien fuori

davvero la fisonomia di un' et e vi par di capire quello che


v' era

rimasto oscuro dapprima, allora prendete animo a


fai'ci

du-

rare nel vostro sforzo e a

durare
Il

il

lettore

con la propoi

messa

d'

un

compenso
di fatica.
e

adeguato.

quale

un

pro-

lungamento
della

Perch, quando siete arrivati in fondo


avete

prima parte

ben

inteso

che

cosa

sia

questo
tutta

italianismo
la critica

dal quale, bene o male, prese le mosse


allora
vi

moderna,

appare,

come apparve a me,


che,
se no,

necessit inerente alla natura stessa

dell'opera,

resterebbe

monca

e povera di

significato,

vedere come

questo

primo tormentato nucleo di pensiero

critico fosse elaborato nel

mondo
tedesco,

della riforma, che conduce a Lessing e al romanticismo


in

quello latino di

Cartesio,

che

conduce

al

nostro

romanticismo.

Per arrivare a

ci

era

necessario

decidersi

studiare

questi piccoli uomini nel loro ambiente storico senza prevenzioni e senza fretta.

Questo

io

credo

d'aver fatto

con

una

lettura scrupolosissima dei documenti letterari che ci rimangono.

Aggiungere

al

libro

una

bibliografia,
:

specie

dopo l'ulla

tima del Trabalza, mi parrebbe superfluo


natura stessa
dell' opera,

ma, poich, per


di

sovente m' avviene

trovare

inte-

resse in scritti che possono

non essere
le

ricordati altrove, io

ho

sempre

citate

pie

pagina

opere

di

cui

parlavo,

alle

quali attingevo o pensavo che altri, volendo approfondire quel

punto, potesse attingere. Cos la


essere,

mia

bibliografia si trova ad

nel libro stesso, razionalmente disposta.

'Mctggio

1919

G. T.

CAPITOLO

I.

Umanesimo
SoiMABio.

e controriforma.

Poetica di Aristotele
se n'

1. Una data: 1548. Il Concilio di Trento e il primo commento alla - Perch il Medio Evo non se ne occup - Perch non occup il rinascimento - Vaghe curiosit critiche di Benvenuto da Imola
-

e di Coluccio Salutati

Il

trionfo di Platone - Il Poliziano e

la

Uo\.r,z'.xri.

2. Improvviso sorgere del problema


-

critico tra la riforma e la controri-

forma

Improvviso culto della Poetica

come reazione

al

rinascimento

Desiderio di una scolastica critica parallela alla filosofia scolastica del Medio

Evo
si
-

La Chiesa prende
i

le

parti di Aristotele contro Platone.


- Il

3. Come
di

debbano intendere

rapporti fra Chiesa e letteratura


-

Cardinal Sirleto
queste
le

Schiette e profonde inquietudini del tempo


critiche

Sotto

1'

impulso
quali

r Italia concreta le prime idee mosse tutte le nazioni europee.

moderne

dalle

prendono

In quel progressivo intristire dell'ambiente

letterario

civile,

che

si

manifesta gi nella prima met del secolo


e

XVI, procede
del
seicento,

via

via fino agli oscuri fenomeni del secentesimo

ed

spesso chiamato, con espressione piena di allusioni, et del


di Trento,
di

Concilio

molta evidenza,

una data non molto adoperata nei servigi della storia, ma ci si offre come punto di partenza e come comfatti

pendio dei primi

relativi a quel

movimento

spirituale

che ora
lavorava,

intendiamo descrivere. Neil' anno 1548, mentre a


cui doveva uscire cos mutato e contrastante
ropa,
stica,

Roma

si

fra illusioni e dubbi, a preparare e a procrastinare quel Concilio


l'

da

aspetto spirituale d'

Eu-

un giovine udinese,
offriva a
di'

sceso a Firenze con molta dottrina umaniil

Cosimo de Medici

primo commento

all'

Arte poe-

tica

Aristotele.

L'animo

del Robertelli

non sospettava - ne siam

certi

- che quella sua ambizione erudita, iniziava, per la letteratura,


del Concilio di Trento
:

r et

ma

il

genio della storia aveva stabilito

ToFFA^ix.

La

fine dell'

umanesimo.

CAPITOLO

I.

COS perch,

da quel giorno - proprio da quel giorno il

1'

Arte poe-

tica

diventa

canovaccio su cui una gente, preoccupata e offuscata


le

da grandi pensieri e da meschini pregiudizi, tesse


scolastica letteraria e si prepara

trame d'una
si

due

secoli di

decadenza che
fine

chia-

mer prima secentesimo


ticismo.

e poi

Arcadia e avr

solo

col

romand'im-

Ma
non v'

perch dunque

il

famoso frammento
che non professi
i

aristotelico

che,

provviso, veniva in luce


letterato,

come

dispensiere unico
di

di

sapienza, sicch
e
si

poeta,

conoscerlo

non
suc-

pretenda di svelarne qualche segreto, e

commenti

ad
1'

esso

cedono via via, interminabili, monotoni, grevi, perch

Arte poetica

prima

di quel

tempo, pur fra tanto culto delle cose antiche, era stata

Medio Evo la spiegazione assai facile non conoscevano il greco graecum est, non potest legi; e della Poetica parafrasata e ingenuamente commentata da Averro non si ricorda
lasciata in disparte ?

Per

il

che una versione latina nel 1256

fatta

da Ermanno

il

tedesco. Nes-

sun bisogno
lacuna

si

poteva sentire, in quel tempo, di una teorica lavorata


;

su capolavori non conosciuti


tal

n, d' altra parte, potevano

dolersi
s'

di

gli scolastici la cui sconfinata

reverenza al maestro
ereditate,

apdi

pagava volentieri
risalire
alle

di formule

aristoteliche

senz'obbligo

fonti.

Solent quidem plerique ex duobus vel


fabricare
:

trihus
(*)

Aristotelis dictis,
lor

dogma integrum

>

dir

il

Patrizzi

di

metodo per
il

rispetto alla filosofia

per rispetto alla poetica avevano

gi

dogma
il

del poeta theologus.

Ma non
libro tenne

affatto inesplicabile neppure

il i

silenzio che su questo

Rinascimento, anche dopo che


i

maestri greci avevano

portato dalla patria

modelli ispiratori di esso,

anche dopo che

gli

umanisti nostri s'erano dati a frugare, nella polvere degli archivi,


i

dimenticati manoscritti tra

quali affiorava sovente

il
:

cimelio ari-

stotelico.

r apersero,

lo lessero, lo ricopiarono,

anche

ma

lo ripo-

come un importuno stonato e pericoloso. tanta la distanza che separa lo stato d' animo degli umanisti da quello della Poetica d' Aristotile (almeno come fu poi intesa tra noi, e quale entr nella formazione delle nostre prime idee critiche) che non un
sero, poi, tra la polvere,

naturale progresso del rinascimento poteva condurci a familiarizzare

con quella,

ma

piuttosto, se mai,

una rivoluzione

la

quale avvenne

veramente nel periodo del Concilio di Trento.

Questo principio mi

(')

Cfr.

Rbnan

Averroa

et

V Averroisme

(Paris 1861) p. 386.

UMA^'ESDIO E CONTRORIFORMA

par fondamentale per la intelligenza della storia della critica italiana


e di quella europea.

L'ammirazione quasi fanatica del rinascimento per l'antichit


fece bens abbattere o dimenticare
il

vecchio concetto del poeta


altro.

teo-

logo,

ma non

arriv

a sostituirvene alcun

Quell'appassionato
all'

entusiasmo, che, per sua natura, non pu mai arrivare


al giudizio critico, si risolse

analisi e

anche allora in una sconfinata ammira-

zione del particolare, cio della forma, e in

un

dispregio notevole del

recente passato.

facile

conchiudere che, per questi uomini, un vero

problema
qualche

critico

non

ci fu (*) e

invano

si

cercherebbe di concretare

pensiero complesso e preciso da ci che resta di Giambattista

Pio e Filippo Beroaldo, di Ermolao Barbaro e di Scipione Fortiguerri, di Codro Urseo e di Agnolo Poliziano. Quanto a certi pi intimi
aspetti del loro

modo
con

di considerar la poesia, ci verr spontaneo

di

riconoscerli e accennarli via via, quasi

sempre per ragion

di contrasto,

paragonandoli

quelli

dei

loro tardi successori cinquecenteschi.


i

Chi poi voglia considerare come veri successori di quelli piuttosto


grandi ribelli
dell'

ultimo cinquecento, come

il

Bruno e

il

CampaneDa,
dai
si

deve
padri,

riferirsi

non a idee concrete che questi abbiano


i

ereditato

ma

a quel generico sentimento di libert ch'essi

trovarono
del
alla

a provare e iniziare per

primi vincendo la

soggezione
fino

Medio
morte

Evo. L'essenza dell'umanesimo, dai suoi


dell'

primordi

Ariosto, gioia di liberazione dagli impacci d'

un mondo defunto
divorzio fra

e quell'oblio che significa, ripetiamo la vecchia parola,


l'arte e la vita.

Ma

ne avevano bisogno per accogliere e assimilare


i

quel reduce spirito antico, sicch

non

sopiti

dubbi sulle

finalit e

l'essenza dell'arte venivano facilmente acquetati con le

immaginose
se

affermazioni che la poesia d' origine divina, simbolo e velame di

sapienza

alle quali

non corrispondeva poi nessun principio

non

r entusiasmo
e porre
il

schietto

ma

vago e

la

conseguente rinuncia ad accettare

problema.
gli intellettuali laici, i

In quel ribasso della scolastica, fra

Greci
al

giungono a Firenze portando con s


cristianesimo Platone o Aristotele
;

la questione se pi

convenga

e le universit nostre

si

dichiarano

per l'uno o per l'altro:

Firenze platonica,

Padova

aristotelica;

(*)

Si

vedano ad ogni modo

le sottili

osservazioni
*

del

Vossixb: Poetisehe

Theorien in der italienisehen Friihrenaissance

(Berlin 1900).

CAPITOLO

I.

ma
li

gli

umanisti, allora, sembrano non sospettare che una tal questione

potr riguardare
il

un giorno

assai

da vicino.

E non

solo sfuggiva

loro

problema massimo dei rapporti


il

fra letteratura e morale, tanto


li

pi che r uso e

culto di lingue morte, ignote alla maggioranza,

poteva ripersuadere del distacco fra arte e vita:


stioni formali e tecniche

ma

neppure

le

que-

un

po'

complesse riuscivano a prender figura


antica
in

in quella loro estatica ammirazione della bellezza

cui

la

venust della forma e la serenit del pensiero parevano occupar


lo sforzo dell' intelletto.

soli

Altro che Poetica d'Aristotele


si

Eppure

lo sa-

pevano che c'era e che vi


Vedete un piccolo e

trattava

della

poesia

con

profondit.
d'a-

isolato episodio.
il

Quando un pensoso uomo,


si

nimo
che
si

fra

r antico e

moderno, come Benvenuto da Imola,


alla

pens

di preludere al suo

sforzasse di

commento vedere un

Divina Commedia, con un prologo


cos' era

po' addentro che


?

in

sostanza

r alta tragedia di Dante, sapete che fece


tare

Solo- solo

venne a consularabo
il

r unica parafrasi
s'

della Poetica aristotelica che ci fosse, quella di

Averro e

attenne

all'

ingenua interpretazione del


aveva assegnato
se le

filosofo

(')

che, ignaro del teatro greco,

alla tragedia
filosofo

fine di
in-

lodare e di biasimare,
tese cos.

come

parole del

andassero

Ma
zion

gli

umanisti non provavano di questi bisogni:

il

loro quasi

mistico entusiasmo
critica
:

non arrivava neppure a quel tanto

di

rielabora-

necessario per cercare di riprodurre o imitare le opere


e se qualche

degli antichi

minore tent ingenui ricalchi della comnessuno os far ci coi


tra-

media

classica e del Teatro di Seneca,

gici greci. Il loro stato d'

animo, a questo proposito, pu essere rap-

presentato dal pi vero umanista fra gli umanisti, Coluccio Salutati,

coetaneo di Benvenuto.

Ripensate al bellissimo fatterello raccontato in una sua lettera

(*).

Una

notte egli

si

trova desto con

questo improvviso pensiero:

che,
gli

alla fine, anch' egli

avrebbe potuto scrivere un poema epico come

antichi. Detto fatto, considerando

quam
ft-a

aride

pugnam
all'

Thessaloni-

cam Lucanus
s'accorge che,

adnotasset
l

pensa di

mettersi
l'altro,

opera.

Veramente

per

l,

gli

manca,

l'argomento.

Ma

ere-

(')

Benvenutus DE

Imola.

Commentun super Dan li." Adinhiri/ Comnrdidm


F.
iorau
-itUUi'l (i<\
i'ihMlCi.l

(Barbera, Firenze 1887) p. 8.


(*)

Coluccio Salutati: Epistolario a aura di


1.

Italiano. Fonti per la storia d' Italia), V. Ili,

6, p. 58.

UMANESIMO E CONTRORIFORMA
dete che questo gli sembri grave impaccio ?

No qualunque argomento
:

sarebbe stato buono, purch

egli

avesse saputo

adnotare

>

e allettare

con
fini

la

torma

il

gusto del pubblico. Dei vasti ed oscuri congegni - e


:

- del poema epico, Coluccio non vede che 1' adnotare e tosto si sarebbe messo all'opera, ci assicura, se, per sua fortuna, non si fosse fatto a considerare quante noie avevano a^1lto gli antichi, per esempio
Ovidio, dallo scriver poemi, quanto fosse incauto mutare la serenit

del lettore con l'inquietudine dell'autore, quanto fosse savio godersi


in pace la lettura degli antichi

poemi concessi da Dio


di nuovi.

alla

sua gene-

razione, e

non pensare a farne

E cos fece. Un poema epico


tanti scrupoli
il

la storia,

per tacer d' altro ?


del

quei rapporti
di

fra storia e poesia che, sul

finire

rinascimento,
letterati ?

turberanno

cuore dei poeti e dei

Non una
fatto

parola di

tutto ci.

Certo quel vago Platonismo


tener lontane pi stringenti

ficiniano

pareva
all'

apposta
dell' arte

per

domande intorno

essenza

che
la-

un sopravvivere
sciare senza

dello

schematismo scolastico non avrebbe potuto


risposta.
la poesia si viene a

una qualche

Dal Petrarca in poi


dalla vita e ispirando a
vita se

mano a mano

staccando
la

un
il

culto della bellezza che

non ha con
e

non

le relazioni di
ci

un sogno. Nessuno pensa a domandarsi


progressivo peggiorare dei costumi
la

che rapporti

siano fra

letteratura, o se questa possa venire adoperata in vantaggio di quelli,

sicch, in cos aperta scissione fra

ideale

e reale,

il

Pulci

guarda

ironico dal suo spensierato realismo plebeo, l'irraggiungibile idealit


ficiniana, e
il

Ficino vede appena, dalla sua altezza, le lontane

(').

fa-

bellae
pii,
i

Pidcianae

Non

dunque meraviglia che uomini anche


con fervore principi
lette-

quali, magari, in altra sede, diffondevano


poi,

di

morale e di religione, applaudissero

senza scrupolo, in

ratura, forme

non

caste di poesia o certe beffarde uscite


:

ariostesche

come quella famosa


fu

il

vincer sempre mai laudabil cosa,

vincasi o per fortuna o per ingegno.

Forse a chi avesse loro opposto:

Non

vi pare che possa riuscir

(*)

Della. Torbe

Storia dell' Accademia Platonica^ p. 828 (Firenze, Carne-

secchi 1902).

CAPITOLO

1.

pernicioso al lettore questo abbellirgli con la poesia

l'

errore e la colpa,

questo rappresentargli vittoriosi gli iniqui ?


di rispondere a sufficienza

essi

avrebbero creduto
est

con

l'

antico

lasciva

nobis

lingua^

sed vita proba

Qualcuno avrebbe potuto anche dire al Poliziano Se dunque r arte dei Toscani pi. non ti piace, torna veramente alle forme degli antichi che tu adori Ma sai tu che cosa sia un poema epico ? Che cosa sia una tragedia ? E su che cosa l' una e l' altra si reggano ?
!

allora

il

grande umanista sarebbe rimasto forse interdetto e avrebbe

ripensato a quel suo

poema

epico

interrottosi

quasi da

s,

press'

poco come

il

sogno di Coluccio.
le figure dei

Questi due episodi avvicinano strettamente


nisti,

due umainterru-

il

sogno di Coluccio appare

il

commento migliore
s'

all'

zion delle

Stanze

Anche

il

Poliziano
in

era

accinto

scrivere
di

un poema
nell'

epico quasi

sbadatamente,

un improvviso
il

rifiorire

luminosi fantasmi antichi, come se tutto

segreto

dell'arte

stesse

adnotare

Ma
il

tosto che

il

primo volo

di fantasmi si fu spie-

gato,

il

sogno epico svan, com' era svanito in sul nascere quello di

Coluccio.

E
:

forse

Poliziano avrebbe risposto

al

suo

mefistofelico

oppositore
ci

Io molto

amo

e quasi adoro veramente gli antichi,

ma

che tu

dici ignoro e quasi

bellezza di qualche antica favola


ai

non oso indagare. Vedi? Quando la mi seduce, io non oso appressarmi

congegni dell'antica tragedia che Sofocle conobbe,


nell'

ma

cerco

pi

da presso a me,

umile sacra rappresentazione, la forma


il

facile e
>

piana di cui, per esempio, vesto, come posso


Cotal discorso del mefistofelico oppositore
retorica pura,

mitico dolore di Orfeo

ma

ci

suggerito da

e indimenticabili in cui la storia

non del resto immagine uno di quei particolari minimi adombra sovente le sue confidenze
il

pi profonde. Perch, un giorno,

Poliziano
i

si

trov

veramente a
e

faccia a faccia col suo Mefistofele tra

plutei
si

d'una biblioteca:
in
1'

ne sostenne curiosamente

lo
Il

sguardo

ma

ritrasse
<

tempo per

non rimanerne

offuscato.
il

suo Mefistofele fu

Arte poetica
s'

di alta

Aristotele. Ci racconta

Robertelli che, quand' egli


>
1'

accinse

all'

impresa d ripulire
s'

ex maculis

opera inesplorata e quasi sepolta.


manoscritte, che

imbatto, con sua meraviglia, in due copie


tutte o

dovesua,

vano essere

due

di

mano

del Poliziano. L'

una era certo


accinto

r altra, che pareva


fatica se

di parecchi
il

anni anteriore, quasi per certo.


a

chi altri - si chiede

Robertelli - poteva essersi

quella

non

il

Poliziano,

vir mehercule curri

antiquis

eonfereri-

UMAXESIMO E CONTRORIFORMA

diisH

(').

Dunque l'infaticato
il

esploratore della bellezza antica aveva pur


di
l'

Toluto riconoscere

codice critico
di

quella, ci

s'era

fermato

su,

e' era tornato su a distanza

anni,

aveva anche
quasi,

trascritto.

Ma
ri-

non ne aveva

fatto

nulla;

l'aveva riposto senza impararne motto,

senza lasciarne cenno nell'opera


cordare. C'era forse perfino
del

sua

e,

senza

volersene

dispetto

nel

Poliziano
il

che

risep-

pelliva tra le vecchie carte la

sua fatica:

c'era

medesimo

stato

d'animo che un dimenticato poeta moderno rappresent nel marito


di

Monna

del Giocondo

il

giorno in cui Leonardo gli present

il

ri-

tratto della moglie

dall'ambiguo sorriso. Ricordate la graziosa


< bei gigliati

lirica
>

del Panzacchi ?

sereno mercante tutto inteso ai

d'oro

amava con

fiduciosa efi'usione la sua

donna

dalla

fresca

bellezza e
il

non aveva angustie nel cuore.


verista, le fa, alla

Ma un

bel giorno Leonardo,

primo
lei

sua maniera, un
fa

ritratto,

e svela sul volto di

certo
tutto

ambiguo sorriso che un misterioso intimo

intravvedere a Francesco del Giocondo

inafiferrato in quella

sua donna che egli


ri-

credeva di possedere completamente. Sotto l'impressione di quel


tratto, gli

parve che la Gioconda

gli

sfuggisse; se la prese
il

un poco

col pittore, da cui forse, prima, aveva sollecitato


fece col

lavoro,

capo un cenno

di scontento
(^}.

il

ritratto

rimase al suo pittore

Anche
quasi con
l'

il

Poliziano era innamorato

dell' antica

poesia e

V amava
la

istessa effusione serena del

mercante fiorentino per

sua

donna

forse anch' egli era venuto a

guardar

la poesia nello specchio

della poetica aristotelica,

con

l'

istessa ingenuit

con cui l'altro era


specchio
gli

andato a guardare
tutto

il

ritratto.

Ma,

ora, quello

svelava

un mistero

di inafferrabili intimit e di difficolt insospettate.

Fece col capo un cenno di scontento

e rinascose la Poetica tra le carte della


legislatore del rinascimento rimase, se
tore, alieno dall' impicciarsi

biblioteca

medicea. Cos

il

mai, Orazio, bonario

legisla-

con

la filosofia e dal porre troppo categoil

riche questioni, cos accomodante che


et

solo suo verso

un

po' rigido

prodesse rolunt

et

deleetare poetae

(')

RoBKKTELLi

Commento Pref.

(edizione cit cap. Eobertelli).

PANZACcm

Poesie. Zanichelli, Bologna 1908. p. 543.

8
si

CAPITOLO

I.

poteva leggere benissimo, con rispetto


:

della

metrica

del

buon

senso

aut prodesse volunt aut deleetare poetae.

Ma, quando,

sotto

l'

inquisizion di Lutero,
il

un improvviso
nelle

fer-

vore di responsabilit

occup

pensiero

latino

sue manife-

stazioni molteplici, anche la letteratura si sottopose a queir universale

esame

di coscienza. Il

primo impulso

al concretarsi

d'un problema
del quale

critico nel cinquecento,

venne da un problema morale, dopo


pi.

presero forma tutte le altre questioni


la poesia cerc di chiarire le

strettamente letterarie. Allora


i

sue origini,
di cui
:

suoi

fini,

suoi rapporti

con quella corruzione del mondo

la

rivolta
l'

luterana

aveva

dato rapida e pungente consapevolezza

e cos, sotto

assillo di questi

nuovi bisogni

spirituali,

col favor della

Chiesa che prendeva decisa-

mente
fra le

le

parti

di Aristotele contro Platone,


i

della decadenza della scolastica tra

dotti,

mani

degli umanisti

quasi da s

non ultimo responsabile Arte poetica venne sola, s'accord alle nuove
1'

inquietudini, e le inform.
si

fenomeno rarissimo
critico
:

la rapidit

con cui

un decennio mut l' aspetto della letteratura. Vedete per esempio: nel 1547 un problema critico che ci tiri fuori dalle idee generali del rinascimento non esiste ancora nel 1557 e' gi tutto un sistema di concezioni e di opere che sembrano nate dal nulla, tanto sono nuove e diverse, nella sostanza, da
concret allora
il

problema

quelle di pochi anni prima.

Bisogna

insistere su questa analogia fra

il

costituirsi della filoil

sofia scolastica

medievale intorno aV opus aristotelico e

costituirsi

di questa tardiva e alquanto

morbosa

scolastica letteraria intorno alla


filosofia,

Poetica proprio quando

cominciava per Aristotele, in

una

clamorosa decadenza. Proprio allora, per usar la frase d'uno straniero,

mirabilmente versato, per esser


stra,
la

tale,

nella vecchia storia di casa no-

dottrina di Aristotele ascende allo stesso grado di autorit


cattolico
(').

del

dogma

Pare che

nostri

scrittori

s'

accorgessero
rispetto

d'improvviso che V opus scolastico era rimasto monco, per


alla letteratura, e che, in quella repentina reazione al
s'

rinascimento,

accingessero a completarlo con fretta


il

un

po' inquieta,

prima che

tempi nuovi portassero via tutto

sistema.

Ma, se

si

vuol insistere

f)

Il

Spingahn

La

critica letteraria nel rinascimento (Bari, Laterza 1905).

UMANESIMO E CONTRORIFORMA
nel paragone, la differenza essenziale fra

l'

uno

V altro

fatto,

quella
si

che gi abbiamo

indicata: si che, mentre

Dante,

per

esempio,

poteva muovere libero e creatore pur

nell' orbita scolastica, sicch al

suo tomismo non sono

estranei

elementi
della

di

avicennismo,
mistica

averroi;

smo,

agostinismo

di

tante

correnti

medievale

in

quest' ultimo suo trionfo, invece, Aristotele diventa inesorabile e duro

con

l'assillo delle

sue formule aguzzate da una sagace indagine


s'

filo-

logica. Cos, alle vecchie rivalit grammaticali,

aggiungono a rinfoe
della
:

colare le gelosie

umanistiche,

quelle della filosofia

morale.
(')

Non

sono pi

feroci umanisti del

400 - osserva H Dejob


raro
fra

luc-

cichio di

pugnali

balena tuttavia non di

l'una

e l'altra

interpretazione d' un rigo della Poetica, sicch questo nascente fosco


edificio ideale

viene cementato anch'esso da


si

quel

sangue

umanista

che un secolo prima

versava piuttosto per la conquista d'un ma-

noscritto o l'interpretazione di

un verbo.
d' Aristotele,
e' era,

favorire

questa

palingenesi

dicemmo,
e

il

risveglio della Chiesa

come

forza politica, la quale, turbata dagli effetti

dell'umanesimo,

si

volgeva ad esso con animo sospettoso


si

mutato,

considerava quanto peggio del vecchio Stagi rita


la religione
il

fosse accordato

con

nuovo Platone

e,
il

conservatrice per eccellenza, mirava


passato che a rinnovarsi e a rinno-

piuttosto a richiamare in vita


vare.

Questo solo spiega

la tenace e assidua
i

guerra che vien


fiorentini

mossa
tempi,

in questo

tempo a Platone, dopo


,

suoi

trionfi

dell'acca-

demia quattrocentesca: ed
fede,

tal

guerra, luminoso segno

dei

perch ispirata non da un'effettiva sostanza di pensiero avverso alla

ma,

Mi
vano
trov
le

soccorre

una specie di pregiudiziosa antipatia. una peregrina citazione. Alcuni anni fa, quando infieripolemiche sul modernismo, uno scrittore gesuita intransigente,
si

direbbe, da

trovandosi a rievocare, di passata, questo

periodo
:

del

rinascimento
neo-

modo

di sbozzare
la
filosofia

il

paragone seguente

La

filosofia dei

moderna di quel tempo > (*). Il paragone, certo, tirato, ma, intanto, da un competente fu fatto. Basti un solo episodio riferito dal Dejob. Nel 1574 il Mureto, umanista largo d'idee, ma
platonici era

devotissimo, incomincia

un suo

corso su Platone alternato con

uno su

(})

Charles Dejob

Un

professeiir

fran^is en

Italie

dans

le

seconde moi-

ti

du
(-)

XVI
Padre

siede

(ed.

Thorin 1881).
:

Ramondo Rciz

modernisno religioso. Conferenze (Torino 1911)

p.

15.

10

CAPITOLO

I.

Cicerone e basta conoscere un poco


autore non
l'

il

Mureto, per pensare che


difficili

il

primo
il

avrebbe tratto a conclusioni molto pi

che

se-

condo.
tore

Ma

il

nome
l'

solo di Platone
il

dava noia.

tosto

giunge

al let-

r ordine

di troncare

corso su questo e di

continuare invece

a suo

beli' agio

altro su Cicerone. Parlasse di Giovenale, di Tacito,

di Seneca,

ma non
si

parlasse di Platone

Perch
altra

Per

la

stessa

ra-

gione per cui, invece,

le edizioni di Aristotele, belle o brutte,


l'

con o

senza commento,
travveleno

succedono

una

all'

come

fossero

un con-

un

talismano.

Ne
mento.

di

apro a caso una del milleseicentocinque, nuda e senza comPerch - mi chiedo - 1' editore ne ha sentito il bisogno?

Trovo
filosofi

la risposta nella

breve prefazione

per combattere

perfidi

Germania.

la Poetica

ne beneficiava.
anche su
per

Ma, prima

di andar oltre, bisogna intenderci


storia di

ci

evitar di confondere la

questo

svolgimento

spirituale con

quella dei suoi indizi esteriori, la causa con gli

effetti;

per non
del

ri-

dare luogo alle vecchie,


tembrini
il
:

affrettate,

sempliciste

conclusioni

Set-

falso della falsato


;

forma nasce dal


stessi

falso della

coscienza ....
la

buon gusto fu

da quelli

che avevano falsata


si

co-

scienza, dai gesuiti


s

e per quella maniera che

(').

chiama marinismo
controriforma
:

deve chiamar secentismo

Nessuno pensa certo


storia

di negare gli

influssi

della

sulla letteratura e un' aperta vigilanza di quella su questa

e se

una

documentata
di

di tali rapporti

non

stata

ancora messa insieme


facile e breve)
libri

con rigore
di essa si
tal

metodo (che non sarebbe impresa


riferiscono.
i

molto
che a

pu comodamente raccogliere da opuscoli e


si

materia

Sono questi
zia della
s'
il

giorni in cui la vaga

e,

in certo senso, sentimen-

tale inquisizione del

Medio Evo

si

schematizza nella logica burocrail

Congregazione del Santo Uffizio che

21

Luglio

1542
l

istituiva

su proposta del Cardinal Carafa (futuro Paolo IV). Di


;

pensiero religioso ufficiale giudica, vaglia, indirizza

ed uno degli
lette-

Uffici della
rati.

Congregazione assegnato alla corrispondenza coi


sulla scorta dei manoscritti, che oggi

se,

permesso di conUf-

sultare negli Archivi Vaticani, varchiamo la soglia di quel tale

(')

Settembrini

Lexioni di letteratura italiana,

t.

II,

cap. LXIII.

UMA^iTSIMO E CONTRORCFOEMA

11

fizio, vi

troviamo, vive, vigilanti, operanti, certe rappresentative, grandi


l'

figure di Cardinali, ai cui piedi talora

inquietudine del secolo

riflui-

sce e si aggira

come una povera acqua cosparsa


gli altri,
il

di cose morte, intorno

a marmorei Nettuni, Spicca fra

infrangibile e

pur dolce nel


di calabrese,

suo convinto rigore,

Cardinal

Sirleto,

mistico volto

cui la purezza degli intendimenti concilia


zione,

una simpatia, un'ammirail

un
il
(').

interesse pi forti d'ogni

malignit e d'ogni pregiudizio.

Egli

confessore d' Italia

<

e non solo d' Italia - osserva


cattolico
i

De-

job i

Da
non
la

tutti

punti del
il

mondo

sapienti gli

propongono

loro dubbi, implorano

suo consiglio, testimoniano, coi loro ringra-

ziamenti,

solo della sua scienza,

ma

anche della sua compiacenza


molte
e

>

Yale

pena

di ricordare

qualcuna delle
sola busta
solo
gli
il

interessanti

notizie che

il

Dejob ha ricavato

aprendo nella Biblioteca Vaticana


(*).

(fondo Regina di Svezia)


chio davanti al
loro piet,

una Cardinale non

Vi

si

scoprono in ginoc-

innumerevoli famosi per la


ci

ma

anche uomini quali

Sigonio che oggi

appare come

uno

degli spiriti

meno

impacciati del tempo suo.

E
tori,

mentre

il

Sigonio gli chiede

come debba
intomo a

regolarsi

con una
il

notizia poco canonica da

lui scoperta

S. Pancrazio,

Vetsi

che vorrebbe procurare un'edizione espurgata del Boccaccio,

rivolge perci al Cardinale

medesimo che aveva

raccolto

note innue pro-

merevoli non solo sul Boccaccio,

ma

su

tutti gli autori sacri

fani per tenerle a disposizione dei dotti.

Ed

era,

il

Sirleto,

nobilis-

simo mecenate, n chiedeva, in compenso dei


o carmi o marmi,

largiti favori, apologie

come

suoi colleghi del braccio secolare,

ma

piet

di tal natura quale si

manifesta per esempio in questa lettera d'un


il

umanista di Bevagna: Alfonso CeccareUi,


la richiesta d'

quale cos conchiudeva


se

un

difficile

favore

<

.... io gli prometto,


cose, e

ho

da

vivere,

come

spero, palesare al
libri

mondo gran

doner a S. V.
che ho a casa,

Hl.ma, oltre questi


fra
li

che gU dar adesso,

altri libri

quali ne sar
().

Apostolica >
disporre in

uno che vale un thesoro un altro non gli scriveva

in

favore della S. Sede

d' essere riuscito

a cos

non molti volumi

tutta la sacra theologia in

modo che

De V tnfluenee de la Controriforme ur la litterature (*) DbjOb beaux artes (1884, p. 21).


:

et

les

(^)

Dejob
Op.

Un

professeur, gi

cit.,

p.

239.

cit.,

p. 478.

12
alcuno pi per
1'

CAPITOLO

I.

avvenire non havesse n a scriverne, u

quasi

parlarne

Ma non

occorre por

mano
:

alle

buste

Vaticane
della

fermarsi al
ecclesia-

Sirleto per riconoscere questi assidui


stica e del pensiero laico

contatti

potest
del

basta leggere le

lejttere

Cardinal Bacontro
il

ronio e del Cardinal Bellarmino, le

due

stelle

della lotta

protestantesimo, o le tante corrispondenze degli umanisti; basta consultare gli archivi delle facolt italiane dove questa vigilanza dell' autorit religiosa sulla scienza laica

documentata. Gli archivi di Pa-

dova, per esempio, e quello relativo dei Frari, a Venezia^ attestano


gli sforzi del

pi liberale fra gli Stati italiani d'allora - Yenezia -

per tutelare quella sua rispettosa e classica libert di pensiero che fa

pegno della sua libert

civile:

mostrano quanto fosse temuto nelle


il

universit, per rispetto alla religione,


d'

contagio dei vaganti studenti


l'

Alemagna

(').

Quanto pi

s'

accentua, col passar degli anni,

abisso

dischiuso dal Concilio di Trento fra latinit e germanesirao, tanto pi


si rivela,

quasi in ogni forma di pensiero e di coltura, una

sostan-

ziale diversit di

fondamenti ideali cui la religione non estranea.

Ma

dall'

avere largamente riconosciuto tutto ci sarebbe ingenuo assai


fatto talora nei

conchiudere - come fu
tutto quel
cattolica,

tempi andati - considerando

movimento di idee chiamato, nella sua generalit, reazione come il sovrapporsi al pensiero di una forza estranea, autoesso,

noma

e indipendente da

adoperando quei documenti


negare
ai

di

vita

esteriore che

abbiamo

indicati, per

problemi del tempo svol-

gimento e

vita,

riservando tutto l'interesse nostro agli oppositori ed


il

alle vittime, lo Zanetti,

Carnesecchi,

il

Bruno,
:

il

Paleari, accettando

alla lettera la fiera sentenza di quest' ultimo

una spada sospesa

sulla testa di chi pensa

Sarebbe, ripetiamolo, un confondere cause


quegli
e

ed

effetti.

Il

pensiero sempre libero e

inquisitori che
di

noi

Siam

tratti

a rappresentare

come

s viatori

corruttori

esso,

non
l'im-

furono, in realt, se

non

idoli creati dal pensiero stesso sotto


:

pulso di moventi ideali eterni, e in quel punto, prepotenti


quali, disgraziatamente, la reazione cattolica (la quale

idoli, ai

non vuol dire


nel

certo religione) pose

il

suggello della sua contingente autorit, sicch

lo spirito fin quasi col costituirsi a loro

come

vinto e smarrito

(')

Cfr. in

Bhugi

Per

la storia della

giurisprudenxa

delle

universit

italiane (Unione Tip. Ed. Torinese 1914) al cap. Gli scolari nello studio di Pa-

dova nel 500,

p.

122 e

seg.

UMANESIMO E CONTRORIFORMA

13
tutto

SUO sforzo. Del


questo
la
si

resto, per

quanto riguarda

la critica letteraria,

pu esprimere in forma assai piana ed evidente, ripetendo legittima conclusione cui venne per esempio il Dejob, dopo letta
<

molta corrispondenza di umanisti con ecclesiastici rappresentanti del


pensiero
ufficiale.

Possiamo bens -

egli dice

- trovare delle

confi-

denze piccanti sulle istruzioni cai dovevano conformarsi,

ma non

pos-

siamo sospettare ipocrisia sotto quella lor sommissione


la

> (').

In realt,

conoscenza del mezzo storico in cui

si

costituirono le prime
il

nuove

teorie di critica letteraria,

dovrebbe non scemare


:

nostro

interesse

per queste,

ma

accrescerlo

e accrescere, insieme,
il

il

desiderio di sce-

verare r artificioso dallo spontaneo,


Anzitutto in quel senso
a dare sulla

contingente dall' etemo.

d' insoddisfazione,

che la poesia cominci

met del 500, come noia del rinascimento e nostalgia del Medio Evo, dopo due secoli di contrario sentire - quel senso da cui prese vigore come prevalente forma letteraria la critica - e' era
appunto
la coscienza del divorzio
;

avvenuto

fi:^

arte e vita

dopo

la per-

duta sintesi medievale

e la volont, o velleit, di rinnovare in qualsotto l'impulso d'aspirazioni che


il

che modo quella

sintesi,

rinasci-

mento aveva
d'

intiepidite e quasi spenta.

E come

quel complesso stato

animo non pot esprimersi e

trionfare in poesia, quasi unico e fedele

e penoso documento di esso, la critica,, la quale, tentando di riporre r arte sotto una luce di eternit, viene a scontrarsi naturalmente coi massimi problemi del pensiero e quindi con quello religioso. E non

importa che in quell' atmosfera satura di diatribe dialettiche, e povera


di luce poetica e di grandi ingegni, al paradossale e all'assurdo e a
la
ci
il

pensiero critico
della

si

sviasse fino

una concezione

poesia che

negazione di essa. Poich

l'

impulso ideale era sincero e grande,


vitale.

doveva pure essere in quell'assurdo qualche germe

Insomma
cora, per
dell' arte,

l'

Italia in

quel fosco tramonto del suo primato, an-

r ultima

volta, la

prima a concretare

il

problema

critico

quasi a conclusione della sua opera e ad epilogo della sua

gloria precorritrice. Formulato in quel

modo

paradossale, essa lo conil

segua, insieme col tesoro della cultura umanistica, a tutto


alla

mondo

Spagna, aUa Francia,

alla

Germania,
le

all'

Inghilterra,
di
l,

le

quali,

modificando e reagendo,

ma

prendendo

mosse

elaborano le
l'

nuove concezioni che

si

possono chiamar nazionali.

Italia,

dive-

(')

Dejob

De V influence

gi

cit.

p.

40.

14
nuta da ispiratrice
il

CAPITOLO

I.

ispirata, parecchio

tempo dopo ritrover

distrigato

viluppo in cui s'era come impigliata, per opera della sua grande

affine la Francia, la quale,

avendo sceverato da molta scoria


di vitale,

sofistica
si

quello che c'era di

buono e

nell'eredit degli Italiani,


l'

ritrover presto a fianco, spontaneamente,


si

Italia.

accosteranno al romanticismo, quasi in uno stato


Quindi, chi non cerchi d'intendere e

una e V altra d'animo istesso.


l'

distinguere
in
Italia,

in
fra

che cosa
la
gli

consistette

il

costituirsi del
i

problema

critico

met
sfugga
se-

del cinquecento ed

primi decenni del seicento, facile che


le

non

solo,

per quanto riguarda

cose nostre,

la

formazione del

centismo, ma, di pi, qualche ragione fondamentale della teoria pseudo-classicista francese, della stessa rivoluzione lessinghiana, del
teorico in cui lavorarono,
il

mezzo

non senza

risentirsene e trarne ispirazione,

massimo Cervantes e

il

vero araldo del romanticismo, Shakespeare.

CAPITOLO n.
Il

Fracastoro.
prima met del cinquecento. Formule l' originale - Valore d' una interpoladi

SoMMAJMO.

1. Accenni
:

alla nonrjtixi^ nella

aristoteliche

loro scarsa parentela con


>

zione nel Baldus


zione.

del

Folengo

Interesse di questo periodo


il

transi-

2.

Vida

critico oraziano:

Trissino e le regole;

il il

Daniello:

sua visibile
delle
tica
le
-

tendenza a inquadrare
morali
dell' arte

nelle
Il

formule

aristoliche
il

problema

finalit

tra

3,
le

Fracastoro e

Dialogo

De Poe-

nuove timide aspirazioni letterarie e idee del rinascimento assai conforme alla figura storica del Fracastoro.
Presenta

un contrasto

pu parlar pi quasi con le stesse parole di filosofia e di poesia, d' arte e di scienza - Come non si pu pi parlare con la vaghezza 1' uno accomodante d' un tempo dell' utile e del diletto assegnati alla poesia si

4. Come non

altro
-

Critica del rinascimento nelle persone del Sannazzaro e del

Fonpoeta

tano

Si cerca di chiarire le loro confusioni e correggere e avvivare le loro


d' Aristotele - Il sorriso del
il

vaghe idee con fraintese parole


di

Navagero.

Il

imita secondo l'universale: cio soltanto

bene.

5, Gravi conseguenze
dell' indi-

questa prima correzione aristotebca


-

Acutissimo presentimento

rizzo che prender la poesia

1 destini del

poema

eroico - Oggetto della poesia


:

del rinascimento
di divisione fra

la

natura
e
l'

oggetta della poesia moderna


:

1'

uomo

Punto

V una

altra

il

problema del bene e del male.

Se

il

primo deliberato commento


si

alla IIoitjxixt]

del
che,

1548 - e
reagendo
secenqual-

con esso prende forma quel moto di pensiero


in parte al rinascimento,

critico

complica e

si

esaurisce tosto nel

tismo -

il

cimelio di Aristotele, tuttavia, comincia a destare


esoterico,

un

che interesse quasi

nella

cerchia

degli

studiosi,

fin

da

qualche decennio innanzi col primo manifestarsi di quelle tendenze


alla

riflession

critica e, a lor

modo,

filosofica,

che

sono

l'indizio

pi certo del mutarsi dei tempi.

Non

bisogna dimenticare che echi

16
di espressioni aristoteliche ci

CAPITOLO

II.

potevano

essere

in

qualche

orecchio,
eru-

almeno
dito,

fino dal

1498

quando l'arditissimo
quell'antico
la

Valla,

capriccioso

non

solo aveva trascritto al pari del Poliziano,

ma

aveva pur
il

osato tradurre primo in latino

frammento. Nel 1536

Pazzi aveva compiuto, secondo,

fatica

medesima,
in quell'

mentre

Aldo
prima
puri

Manuzio, editore
edizione

d'

avanguardia, dava fuori

anno

la

dell'originale:

ma

erano,

l'una e l'altra
si

versione,

sfoggi accademici di perizia nel greco,

adattavano

molto caute e
e
si

generiche ai passi di significato

per

allora

indecifrabile

desti-

navano

al

compatimento degli interpreti


si

futuri.

Dal modo come


e da

presentano le prime

allusioni

alla

IIonrjTixT]

nel Daniello, nel Trissino, nel Fracastoro, nello Speroni, nel Giraldi,

una vaga dichiarazione

di questo rilevata

anche dallo Spingarn

(')

(son citazioni monche, con aria di reminiscenze di scuola, frasi staccate dal contesto e alienissime da
quello)
si

ha l'impressione
il

che,

essendosi convenuto sulla quasi inesplorabilit di tutto

frammento,

alcuni maestri, forse per dare autorit e coerenza ai loro rudimentali


precetti ricavati dalla lettura
dattico,

dei

classici,

ne

facessero, a scopo diri-

dei molto ingenui e schematici compendi, con particolare

guardo a certe regole, senza darsi pensiero della ragione che


presente

le posi

teva avere ispirate. Questi primi contatti con Aristotele dai quali

come

alla cieca

il

poema

regolare Virgiliano - pensiero della


il

generazione futura - meglio che da tutto

resto,
l'

sono testimoniati
d'

da un indovinello folenghiano che ha tutta


zione. Sulla quale io ebbi la fortuna di

aria

una

interpolal'edi-

fermarmi confrontando

zione Toscolana del Baldus(1521) con quella di Vigasio Cocaio (1552)


seguita recentemente dal Luzio. Nel canto

IX Zanordanus

si

trova a
tri-

elogiare l'oratoria di barba Tognazzus, che l'ha preceduto

dalla

buna

di

un

tino,

con questi versi


caneer,

....

quantum bene barba Tognaxxtis

parlavit, parens alter Cieeronus, et ille

grandiis Aristotel, eeeinit qui cannine doeto


scribere clericulis,

Trojae qui primus ab oris

(').

In grammatica questi versi sono assolutamente indecifrabili perch

non

e'

barba di filologo maccheronico, che possa giustificarne la co-

(')

Op.

cit.

p. 64.
V.

()

C. LX,

447

(ed.

Laterza p. 201).

IL

FRACASTORO

17

struzione.
cile

Ma

su quel che

il

poeta intendeva dire, press' a poco,


<

diffi-

non trovarsi

d' accordo.

canchero

quanto parl bene barba

Tognazzo, parendo un nuovo Cicerone, e quel grande Aristotele che


insegn a cantare
(?)

col

carme dotto (che


al

si

propone da scrivere agli

scolaretti?) Trojae qui primiis ab oris>. -

Nessun dubbio, insomma,


si

che questa una beffarda allusione cevano studiare


portavano
al
gli scolaretti,

nuovo metodo con cui

fa-

ricavando da Aristotele certe regole che

carme

dotto, cio a compitare su Virgilio per imitarlo.

Ma

quando fu

scritta?

da chi?

Nell'edizione Toscolana
versi

ci

la sola vigilata del

Folengo - questi

non

ci

sono

n forse

sarebbero potuto essere. Troppo presto.


(')

Compaiono

in quella

Cipadana del 40
carattere

con

l'

aggiunta

d'

un

altro

oscuro verso pure di


verso, in quella

scolaresco:

rimangono,
1552.

senza

detto

postuma

di Yigasio Cocaio del


1'

Ma
brato

di chi

sono ? Sebbene

espunger versi mi sia sempre sem-

una sapienza temeraria, questa volta mi ci affido con bastante sicurezza e affermo: i versi citati non sono del Folengo. Per due ragioni, almeno: la prima che il Folengo scrittore maccheronico

ma non
;

agrammaticale e anarchico come sarebbe in questo


la

caso forse unico

seconda

che, nella logica del contesto, essi stanno


si tratta di

a pigione e son perfino contradditori con quella. Difatti qui


descrivere l'oratoria di barba Tognazzo, e
lo fa
il

Folengo, naturalmente,

paragonare a un novello Cicerone (parens alter Ciceronus addice appunto la Toscolana


(*)
)
:

essum

e sta bene.

Ma

che

e'

entra
regole

barba Tognazzo oratore col poema epico di Virgilio e con


aristoteliche

le

che

gli scolaretti

imparavano in Aristotele? Assommate

l'assurdit grammaticale a quella logica e vedrete se

non

vi toccher

fermarvi

all'

idea dell' interpolazione.

allora ?

Vedete allora singoiar

valore che questi rozzi versi assumono per la storia del regolarismo
aristotelico nei suoi primordi, intorno al

1540. Editore della Cipadana


il

fu

il

cugino di Teoflo, Francesco Folengo, che s'ebbe consegnato

manoscritto da quello partente per l'eremo nel 1530.


dieci anni

L'opera

usc

dopo durante

l'

assenza di Teofilo che

ci s' interess

sempre,

ma

di lontano:

onde

le

mende secondo

la stessa

avvertenza prelimi-

(')

Intorno all'assegnazione di questa data


ed. Laterza 1911,

cfr. le

ragioni del Lazio (Folengo:

Opere Latine
(-)

V.

II p. 364).

Dove questo

episodio al C. Vili (ed.

Amsterdam

lt)92, p. 145).

ToFFANix.

La

fine dell' utnanesimo.

18
Lare.

CAPITOLO

II.

La spiegazione

di questo passo

della

sua presenza mi
il

par
s'

proprio che sia d' attribuirlo al cugino editore

quale, mentre

ac-

cingeva alla stampa di quella

grande

satira

del

mondo umanistico

contemporaneo vedeva far capolino^ nel metodo di esso, la novella tendenza scientifico - aristotelica della quale il suo poeta non aveva
avuto
sentore.

Sicch, a proposito o a
di cacciarvi dentro
e,

sproposito,

quasi

colmar sgram-

una lacuna, pens

un accenno a
il

quella^ conciso

come un
maticato.
quelli

seguito di appunti

in

nome

dello stil maccheronico,

Furono

interpolati

dunque

fra

30 e

il

40

e son proprio,

anonimi

versi, la

voce della breve et del Fracastoro la quale

introduce in questa satira del


gi

morto,

la

satira

del

poema romanzesco, che in realt era poema classico-aristotelico che non era

ancor nato.

Bicordo un

excerptum

della

versione di Averro fatto

da

Ermanno
stoteliche

il

Tedesco (vedete come siam lungi dalla sorgente) e stam(');

pato a Yenezia nel 1481

e penso che le ingenue

citazioni

ari-

con cui
i

il

Trissino e lo Speroni giovane cercavano di concritici

validare

loro

primi pensieri

derivassero del testo

di

Ari-

stotele per tramiti di questo genere.

parleremo

al capitolo

Y, un

tal

Per ragioni d' ambiente, di cui metodo doveva attecchire meglio che
quale
altro
S'

altrove nella scuola padovana

alla

informarono del resto

il

Fracastoro e

il

Trissino.

non ad

che a questa prima


il

ridu-

zione della forma classica a regole attinse


corritrice passione

Trissino quella sua pre-

della

regolarit classica cos vuota, in lui, d' in-

timit, di comprensione, di gusto.

Era una specie

di

espediente dii

dattico con

il

quale

si

cercava di accostarsi e far accostare

discepoli

ai classici, epici e tragici^

con qualche criterio scientifico: onde, nel


di

1548,

il

vanto

del

Kobertelli

accingersi a sconvolgere,
i

con

il

suo commento, la scuola. Per allora,


e

vari quesiti si trovavano

belli

compendiati in formule di maestri, delle quali una, senza dubbio,


fra

doveva essere questa: differenza

storia e poesia: quella

bada

al

particolare, questa all'universale: interpretazione.

Codesto periodo di vigilia aristotelica che va dai primi


del

decenni
affer-

1500

al

1548, ha un suo particolare interesse, perch, queir


bisogno
critico,

marsi

del

di cui

il

bisbiglio intorno

alla IXonfjTix-^

(')

Aristotelis Rhetorica ex arabico latine reddita interprete

desoo ecc. Excerptum ex Aristotelis poetica per

alemanno Toeundem Ermannum de Averrois

Textu (Filippus Venotus 1481).

IL

FRACASTORO

19
degli

era

un

effetto e

un segno, indusse
si

taluni

ultimi

umanisti a

cercare di compilare essi quella poetica ragionata che l'et loro

non
siste-

aveva avuto. E, in quello sforzo,


matico agli incerti sentimenti
timi rappresentanti
d'

trovarono a dare

aspetto

un periodo,
dalle

di cui essi erano gli ul-

gi turbati

tendenze e dalle
il il

critiche

dei

tempi che

si

preparavano.

Un

di loro, in particolare,

Fracastoro,

arriv a scrivere
nell' atto di

una poetica
il

in cui par davvero che


si

rinascimento,
si

cedere

passo a un' altra et,

riassuma e

confessi

di fronte a quella: sicch la possibilit di

un
i

raffronto e di
caratteri del

un con-

trasto ci lascia vedere in nitidissimo spicco

momento.

Chi vuol sapere se


critico,

il

rinascimento

ebbe o non
!

ebbe

un problema
del
Tris-

legga la poetica del Fracastoro


e,

La sua
sino,

in misura

assai

minore, quelle del Vida,


i

del Daniello, come, del resto


il

primi moti del cenacolo Sperosi

niano, rappresentano appunto


stesso, e,

rinascimento che

fa

pensoso di se

qua e

l,

cerca di vagliarsi alla prova di certe isolate espres-

sioni aristoteliche che gi

suonano

strane e aspre

agli

orecchi

di

molti umanisti.

In Girolamo Vida, quello che


il

ci

interessa

quasi

unicamente
trat-

fatto eh' egli

abbia sentito

il

desiderio di scrivere

un organico
il

tato di poetica e l'abbia scritto in realt.

Quanto

al trattato,

suo

autore era ancor troppo


,

uomo
(

del

rinascimento

(1'

opera fu pubbli-

cata nel

1527

(')

e fu scritta

anche prima) troppo meritevole della


feconda
inesauribil vena ) per

lode ricevuta dall' Ariosto


riuscire altro che

< d' alta,

un
Il

lussuoso e mirabile sfoggio di eleganze latine

intorno ai luoghi comuni che


generali di forma.
(

hanno per oggetto questioni piuttosto Vida, insomma, lavora sulla falsariga di Orazio

pi euritmica di quella di Orazio

chiam

la

sua

trattazione

lo

Scaligero) e cerca di ridurre le idee degli umanisti a quelle


cile legislatore latino.

del fa-

Sulla scorta di questo, sfiora

problemi com-

plessivi dell'arte poetica

con

le frasi fatte

di lui, cio
et

non
*

li

tocca;

come quando
Berni che,

ripete

il

famoso

delectare

prodesse
di

e tira via.
il

Certo, gi allora, qualcuno avrebbe


forse, fastidiva di

desiderato
i

pi dal Vida e

buonora

nascenti

filosofi

della lettera-

C) Vida

De Arte Poetica

(1527).

20

CAPITOLO

II.

tura, lo rimeritava della sua critica spensieratezza con

una lode punto


primi
quattro
traccer-

accademica

ma

pi espressiva che una definizione

(').

N
cia di

si

pu dir nulla

di pi profondo, intorno ai

libri della poetica del Trissino pubblicati nel

1529

{").

Nessuna
di

discussioni

aristoteliche, se si tolga

quella

passione

car regole in questioni di grammatica e di tecnica che fa di lui


cos poco interessante precursore del pi pedestre aristotelesimo.

un
Per

questa via, con

molta
l'

spontaneit,

egli

accenna
storia alla

che,

per

imitare
:

Omero,

si

deve togliere

argomento dalla

maniera

di quello

idea che allo Schlegel parve originalit e al


tica e alla quale egli dovette,

Manzoni incapacit criad ogni modo, la disinvoltura, non pi


mise a imitare
le

raggiunta di poi, con la quale

si

forme

classiche.

Ma
i

di ci si parler di proposito col Tasso.

Col Daniello la nostra attenzione


suoi argomenti

si

fa interesse.

In

generale

non

sono diversi da quelli del Yida: ci sono espres-

sioni stile rinascimento puro,

osserv

il

Saintsbury

(^),

ma solo un lettore pu non accorgersi che


della noiTjTtxii^.

superficiale,
egli

come
tra

ha avuto

mano qualche frammento


scimento
:

qualcosa di pi del rina-

e'

che

il

suo umanistico amore della forma e della bellezza l'anno

non senza

esitazioni e sospetti. 11 trattato gi del 1536,


:

della versione del Pazzi

il

Daniello

uomo

di fede e le preoccupazioni
egli riconosce che, fra

della Chiesa sono cominciate

da parecchio. Ora
secondo attributo.
intinti nell'

imitare e insegnare,

e'

contraddizione evidente,
il

ma non
si

disposto a

eliminare come accessorio

trae d' impaccio

con argomenti del rinascimento


e riformati dalle limitazioni di

acqua santa del Medio Evo


disse C) (argomento
dilettar

una convenienza molto moderna. Dice


filosofia si

che, in fondo, la poesia anticamente

retorico degli umanisti) e che, poich essa

deve insegnare e
il

parimente

(^)
:

(versione moralistica di Orazio)


ossia,

poeta deve

essere

un

po' filosofo
i

senza essere

perfetto

Theologo

et Filosofo et

avere almeno
filosofia

principi della

sopra-naturale,

naturale

morale

C)i

imitare di preferenza le cose buone e

non dare scan-

(') (2)

Behni

Capitolo in lode di Gradasso (Formiggini 1915)


:

p.

56.

Tbissino

La
:

Poetica (Vicenza 1529).

Q) Saintsbury
1900-904).
('') ()

history of critioism V.

II,

p.

43 (Edimburg
p. 21.

Londra

Bernardo Daniello: Della Poetica (Venezia 1536)


Id. p. 25.
() p.

27.

IL

FRACASTORO

21

dalo

quando

la limitazione

tenda a sdrucciolare nel male,

ma

miti-

garla con qualche senso allegorico


e di ispirazione modernissima).

(argomento di sapore medievale


Poetica
valore

Ma
nario,

importa notare che

egli,

su certe parole della


capito nulla del loro

ha

indubbiamente meditato.

Non ha
secolo

origi-

ma r

ha colpito un punto - uno dei centri nervosi del libro


tanto lavorio
di

da cui ragger per mezzo


sentito che,
l

pensiero e,

ha ha

sotto,

e'

era una questione inevitabile

senz' altro,

cercato di chiarirsela e di risolverla con

una parafrasi
tanti

falsificatrice e

ingenua che io riferisco qui senza commenti,


farne, a questo proposito, nel seguito del libro.
si

ci

toccher

di

Similmente bavere

dee riguardo che la favola della tragedia sia dirittamente composta. per essere la tragedia
imitatrice
si

E
sti

delle

pi

terribili o miserabili

cose,

non

lecito

panni che in essa

debbano introdurre uomini giu-

e virtuosi, in viziosi ed ingiusti per avversit della fortuna can:

giati

cosa piuttosto scelerata che misera e spaventevole


alla figura del Daniello,

(').

Ecco un' ultima pennellata


sentante del rinascimento che

primo rappredella

si

esaurisce in

un amore
il

forma

puramente

retorico,

mentre

gli influssi della

contro-riforma, anzich
processo di

risanguarlo di ispirazioni

pili

profonde, ne favoriscono
si

decomposizione verso
abbia usata la parola

il

secentismo. Il Daniello
bordello

duole
>
,

che

Dante

parola disonesta
sonanti

e loda invece

come degne
onde

{*).

di molto uso le

parole

tromba - splendore -

Ma
tempo
si

colui che

veramente

intu

ed

espresse

lo

spirito

del suo

di transizione, e, in

uno

scritto teorico, os indicare

che cosa
at-

preparasse ad essere la poesia,

con evidenza

che

gli

merita

tenzione singolarissima, fu un umanista veronese, non massimo ingegno


forse,

ma

genialissimo spirito, e tra gli estremi rappresentanti del

ri-

nascimento come sintesi di dottrina e


di cui fu espression

d' arte e universalit di sapere,

massima Leonardo
egli diviso

e che ormai si perde in quel


fra

divergere di scienza e letteratura davanti alle quali,


anni,
si

non

molti

sentir

pur

Il

dialogo

De

un uomo degno di Leonardo, Galileo. Poetica fu scritto fra il 1540 e il 1550_(*):


nell'

puro

stile

rinascimento nella cornice ciceroniana,

andatura serena

(2) p. 83. Q) p. 38. C) Hieronymi Fraeastori Veronensis

opera (Genevae 1671)

22
e

CAPITOLO

II.

un po' diffusa, nella idillicit campestre dello sfondo il Navagero illustre letterato veneziano, depositario
Bardulo che
la

si

svolge tra
verit, e

della

va a stuzzicare e

incitare,

con

le obiezioni, nel

pene

siero di quello. Il disegno logico di

una evidenza
abbiamo
il

cristallina

va

indicato subito.
Il

concetto della poesia che noi


del
:

ereditato

dai

grandi

maestri

rinascimento e'

il

Sannazzaro e

Fontano - oggi non


completamente
errato,

basta pi

oggi

in noi

un bisogno

di poesia pi

espressiva dell' animo nostro, che lo fa parere, se


pleto e

non

incom-

monco. Quelli

si

accontentavano dell'arte come soddisfazione

al nostro naturai desiderio di bellezza e


e'

non chiedevano
pi

di pi

oggi

qualcosa nell'aria che ci spinge a cercarne


;

addentro

le ra-

gioni

e'

tica serenit,

un dubbio di natura filosofica che, sovrapponendosi all' annon ci lascia andar oltre se non ha avuto risposta.
?

D' onde venuto questo dubbio

Da

Aristotele ?

Non
si

lo

affermano

non

si

spacciano neppure per profondi conoscitori della Uonfixfi^

ri-

conoscono per che quella definizione pontaniana


modificandola e integrandola con una espression
nell'aria. Essi,

pu salvare
di

solo

d' Aristotele la

quale

manco a

dirlo, la

fraintendono,
:

mostrano
accalorano
(Si

non

averla neppur letta

direttamente

nel testo

ci s'

intorno
il

con un certo umorismo come per una sciarada.


storo,

badi

Fraca-

medico e

d'

educazione padovana, rappresenta gi in medicina


(').

la pi classica tradizione aristotelica

precursore nella poetica non segna bene


lare

Or questa sua capatina di il momento in cui il seco-

aristotelismo

padovano

s'

allarga e tende a compendiare in se,

come

scienza, anche la letteratura ? Il che sta per avvenire col cena-

colo dello Speroni ed gi avvenuto in potenza,


di ci,

ed
per

Trissino.

Ma,
la

nei prossimi capitoli).


essi

Quel che importa che

muovono

di

riconoscere

necessit di considerare la poesia sotto una specie pi alta e pi com-

prensiva che quella della forma e della pura


grave
:

admiratio

questo

che,

venendo a discutere

d'

una pi
e

alta specie, gli interloil

cutori, anzich ingrandirsi, sentono limitarsi e offuscarsi

loro sen-

timento di poesia e di libert poetica

il

dialogo

si

chiude con un

(')

Cfr.

(Ms. 1675) Voi.

Morelli: Notixie per servire alla storia dello Studio "Vedi anche Rossi G. ; Fracastoro e I, p. 349-50.

di Padova
l'

aristotele-

simo (Pisa

1893).

IL

FRACASTOEO

23

sentore di rinuncia che ai nostri orecchi suona

come
il

la

squilla

fu-

nebre del rinascimento.

Se dunque - dicono
essere pi
l'

nostri

ragionatori -

diletto
l'

non

pu

unico fine della poesa, in che cosa consiste


le

utile ?

come
<

avviene che

due cose risultano talora opposte

da che dipende

ut

idem locus alterum poetam, alterum phlosophum faciat ? > ('). Le ragioni che erano di moda una volta, oggi non soddisfano
pi: nessuno avrebbe
il

coraggio di ripetere che

il

poeta sa

tutto e

insegna tutto [<historiam,


ras, vitae instituta,

locorum

descriptiones,

regionum natude patrefa>

multa de imperatore, de
e,

milite,
)

milias^ de republica, de re mistica, de re nautica

perch queste

sono divenute altrettante discipline speciali


torno ad esse,
tano.
si

chi voglia erudirsi inai poeti

guarder bene dal rivolgersi

che

ne

trat-

Ma

l'abbattere questa
:

conseguenze

tra le quali

menzogna convenzionale non di poche una totalmente sfuggita agli umanisti che
:

utile
:

non pu

essere soltanto

conductitium poetae cio accessoparole

rio
il

con la poesia o contro la poesia. In altre


lo consideri specialmente nella

questo

dilemma: e chi

sua seconda parte


cui
si

capisce subito che cosa significhi quell' inquietudine morale di


parla e che
il

suggello del

tempo. Ecco:

o l'utile strettamente

necessario alla poesia, cio la informa; e allora essa utile e morale:

non
il

necessario: e allora resta attributo


il

fondamentale
indifferente,

di

quella
scivola

diletto,

quale, lasciato a s,

non cosa

ma

per sua natura nell' immorale e nel lascivo, vere miniere del piacere.

Quindi

la poesia

immorale,

Si prodesse a primario poetae fine

seiunxerimus, nihil video superesse praeter delectationem : sic autem, ut prius dicebatur, in indigna et ludicra relabemur (').

con

me

o contro di

me! Su questo punto


il
il

il

Fracastoro,

con

mirabile senso storico, mette a fronte


del Sannazzaro e del

rinascimento - nelle persone


la

Fontano - e

tempo presente con


Bardulo i

riesuma-

zion

di

Aristotele.

Ma

allora - osserva
si

nostri

buoni
ri-

padri del rinascimento, che cosa


solto

credevano di aver chiarito e

con quella lor sicura e comoda teoria che il poeta imita pe'fectiones et excellentias rerum ? Perch - dice egli - io mi ricordo
.

di aver udito dire dal

Sannazzaro (1456-1530)

il

quale, a sua volta,

l'aveva inteso dal Fontano (1426-1503),


esse apposita dicere

<offcium. poetae ac finem


(*).

ad ammirationem

(')

p.

324.

C)

Id.

(')

p.

337.

24
Proprio cos - risponde
nulla
!

CAPITOLO IL

il

Navagero -

non avevano
storia,

risolto

Quel vecchio
poesia

concetto

umanistico

non

contraddistingue per
che,

nulla la

per

esempio

dall'oratoria e dalla

an-

ch' esse, specialmente la prima,

insegnano a dire

apposita ad

aml'

mirationem

senza che queste belle

apposita per abbiano

ob-

bligo di essere incitatrici di sentimenti utili e morali.

Anzi ....
s
si

Colpito da questo giudizio, Bardulo

si

raccoglie in

stesso e

da quella meditazione salta fuori Aristotele. Sicuro; egli


di aver letto in
forse,
e'

ricorda
per,

un

misterioso libro

un oscuro

inciso

in

cui

la chiave del segreto. Aristotele dice di^erre


alii siigulare
!

poetam ab
(').

aliis

quod

ipsum, poeta vero universale considerat


il

Ci avviciniamo

esclama sorridendo

Navagero
(*)
l'

ed veramente sua

ben salutata

dall'

arguto riso del veneziano

entrata di questa vi-

tale formuletta aristotelica (sebbene

travisata

qui

anche

nella

espressione letterale) nel vivo delle discussioni critico-filosofiche degli


Italiani. L' essere la

citazione

sbagliata
il

(nella

citazione

aristotelica
il

non

si

tratta di differenza fra

poeta e gli altri


il

ma

fra

poeta e

lo storico) ci

conferma nella persuasione che

Fracastoro stesso, pur


poi della
il

versato nell' aristotelismo del tempo suo,


tica

non avesse

Poerive-

conoscenza

diretta.

Queir arguto sorriso

specifica forse

larsi d'

una verit grave

di sapienza in un' espressione adoperata fin

qui

come ricordo
Allora

di scuola.

gli interlocutori del

dialogo

si

fermano a pensarci
;

su, e
il

ne

traggono un significato molto semplice e pedestre

quello che

loro

domanda il poeta non essere libero. Ma, di fantasmi platonici come sono, danno a quel pensiero un' esfreschi pressione platoneggiante che veste d' un colore di rinascimento la pritempo gi
di controriforma
:

ma

incarnazione aristotelica. In realt,


:

per,
siffatte

essi

riescono a trovare

quello che cercano


conflitto fra
il

vedono chiarita in
l'

parole la questione del

diletto e

utile e

intendono che

il

poeta consideri le cose


ci
il

sotto

un

aspetto universale

quando prescinde da
utili.

che esse hanno


particolare
degli

di

brutto e moralmente nocivo (questo sarebbe

altri) e le riduce

ad essere belle e

Il

poeta prescinde dal male,

(')
C"^)

p.
Il

338.

Navagero
:

figura di scrittore pure interessante per la storia dell'

uma-

nesimo veneto in questo periodo di transizione fra rinascimento e controriforma. La storia di Venezia (Milano 1919) p. 217-19 con le anSi veda E. Musatti
nesse ricche indicazioni bibliografiche.

IL

FRACASTORO

Z
passioni, e
s'

dallo sconcio, dalla descrizion


resto.

delle

erranti

attiene al

Senonch, a questo
i

concetto

profondamente

empirico e acco-

modante,
filosofico;

nostri dialoganti trovano

modo

di dare espressione di tono fine

dicono che

il

poeta non mira

ad alcun

particolare,

tranne a quello tsinpliciter bene dicendi circa

unumquodque
cosa,
ci

pro-

positum

sit >

(Per

<

dicere simpliciter

circa qualche

inten-

dono appunto
Dicono che

trattare di quella cosa semplificandola

da

che pu

recar nocumento o esser male e abbellendola


il

coi lenocini della forma).

poeta vuole anch' egli ammaestrare

e persuadere,

ma

non intorno a

singoli argomenti, sebbene rispetto a

fetto sullo spirito

ideam

sibi faciens

liberam

et

un generale efin universum ptdquaeret

chram. Dicendi omnes ornatus, omnes pulchritudines


illi
il

quae
an-

rei attribu
?

possunt

(').

il

rinascimento? e

il

Sannazzaro? e
principi
;

Fontano

In fondo anch'
il

essi partivano dagli

stessi

ch' essi riconoscevano che

fine di abbellire

ed esaltar con la forma,


s'

ma non
in tutti

avevano badato

alla limitazione

che oggi

impone,

e,

invece,

di considerar l'arte singulariter ,


i

consideravano piuttosto la realt


d

suoi aspetti, anche d'impurit e di lascivia e, perfino,

volgarit, sicch la definizione

e integrata dal

Navagero

cos

buona nei fondamenti, viene corretta e Quam ob rem, recte Pontanus dice(*).

bat finem esse poeticae apposita dicere ad ammirationem, sed adden-

dum
si

erat simpliciter et per universalem beyie dicendi ideavi-

In questo modo dunque

la

preoccupazion

moralista

del

tempo

fonde, per la prima volta, con

sbozzare una teoria: per la prima volta


limitato e rimpicciolito

una incolpevole riga aristotelica a il campo della poesia viene da questa nascente teorica, e li enim singu-

lare imitantur, hoc est

impliciter

rem nudam uti est, Poetam non hoc: sed ideam pulchritudinibus suis vestitam, quod universale Ari(*).

stoteles vocat

Si uscirebbe di carreggiata, se, in queste espressioni


filosofica del

di

natura
il

Fracastoro (gemelle del resto

ad

altre

del

Daniello

quale, mettendosi nell'orbita degli stessi

pensieri,

aveva

pur

detto,

per esempio, che

il

poeta
>
)

non

solo imita la natura

ma
idee

migliore la

rende e pi perfetta
derne,

si

vedesse
realt,

un presentimento
per
rispetto a tali

di altre idee

mo-

un accenno. In

moderne,

(')

Id.

(2)

p. 340.

e)

Id.

26

CAPITOLO

II.

queste sono piuttosto un regresso dal rinascimento nel quale, con


po' di

un

buona volont, un

tale

accenno

si

pu riconoscere almeno nella

spregiudicatezza dello stato d'animo generale.


bile si

la riprova
il

irrefutasi

ha nelle gravi e rigorose conseguenze che

Fracastoro

vede

costretto a trarne, contro sua voglia, e pi

come

riconoscimento della

strada per cui


tate,

il

mondo

letterario si
fatti

dovr avviare, avendole accetgi palesi.

che come rilievo di indizi o

Mentre

egli scrive,

la poesia,

come

tale,

non ha

rivelati

ancora palpiti e sintomi nuovi.


il

Conseguenze nelle quali bisogna ammirare F intuito e


del Fracastoro, perch esse son veramente

senso storico
dei prossimi

un disegno
fedelt.

tempi colorito poi dalla storia con deplorevole

La prima conseguenza
rester limitato in

dunque questa
( in

che, accettata la
il

corre-

zione aristotelica alla teoria del rinascimento,

campo

della
erit

poesia
poetica

modo penoso
,

angustum valde

res ), perch se, teoricamente, facile consigliare ai poeti

sermo-

nem

simpliciter

pulchrum

in pratica quasi tutte le forme di poesia

ne resteranno escluse o
sono
mischiate

storpiate,

specialmente

in quanto

si

riferi-

scono all'uomo nella sua vera sostanza


alle

umana

in cui le cose nobili


inscindibili
:

indigna
accettabile

et

ludicra

e quasi

da
Di-

quelle.

Rester

solo

un' unica

forma

d' arte
l'

il

poema

eroico

se

il

poeta non vorr saperne di trattare


simpliciter et in
erit et fere

eroico ?

cendi

modus qui

omnibus pulcher
egloga,
et

sit

- osserva Bar-

dulo - valde rarus

unus: quare neque comoedia ncque

tragoedia, pars poeticae erunt,

neque

magna lyricorum

pars .... ('). (Quante erranti passioni, quante volgarit in queste

forme d'arte!). Eh! sicuro! conviene


lud absolute pulcherrimum fere

il

Navagero:

Genus enim
:

il-

unum

est ut forte

heroicum

per illud

tamen non semper scribere poeta vult > {'). Quando verremo a parlare delle angustie
il

dei poeti

italiani

per

poema

eroico, bisogner che

il

lettore si ricordi di
il

queste
si

prime
esso

avvisaglie. E, proprio a questo punto,

rinascimento

raccoglie in
di

s stesso quasi a difesa,

e,

per bocca del Fracastoro,


pii

figlio

nell'anima, pronuncia le sue parole

profonde.
il

In fondo per - osserva

il

Navagero

poeta, se tale, trova

sempre in ogni argomento un


grande
il

lato

simpliciter

pulchrum

>

e,

poi che

prestigio della parola, se pure non insegna nulla di pre-

(')

p.

346.

p.

347.

IL FRACASTORO

ciso,

abbellisce, allieta,
(').

pulchritudineni

nuUam

omittit

quae attribu

rebus possit

Se, per esempio, deve descrivere un capitano, gli

attribuisce qualit che

non ha ...
Bardalo,

Piano! -

gli ribatte

che,

questa volta,
la

veramente

la segreta coscienza

del
il

Fracastoro. - Vedi che,

tua

correzione

aristotelica

non

diventi

vangelo della retorica e della

falsit.

Altro

che

il

simpliciter

Con quel tuo


le

simpliciter

vieni a dire, infine,


e

che

poeta imita soprattutto

cose

che sono

extra

rem

e,

se

non vuoi proprio considerarle e extra rem > ma, piuttosto, come un bel vestito rispetto a un uomo, insomma son false.

Navagero non troverebbe da opporre

di meglio

che

la

solita

menzogna convenzionale
di genio, che

dell' allegoria implicita nel falso, se

una vera intuizione


in

del

momento

storico e

un lampo un palpito
gli facesse

di rimpianto verso gli antichi

amori del rinascimento, non

intravvedere,
sotto
l'

un baleno, che qualche cosa di profondo si questo superficiale mutar di teorie. Perch, questo bisogno
l'

come

cela
del-

allegoria si manifesta con


:

entrare negli
le

argomenti
le

poetici

d'

un

argomento nupvo
con
le

l'

uomo, con
:

sue passioni, con

sue miserie e

sue forme
la

d' arte

la tragedia soprattutto.

Ma

vera poesia classica del rinascimento, quella

del

Magninatura,

fico e del Poliziano,

non

tutta

ispirata
totale
et

dalla

gioia

della
dell'

delle cose, della luce

con una quasi


:

indifferenza

uomo

Udite queste parole del Navagero

hoc aliud

addara
si

Bardulo,

quid, diis testibus, silvae huius afi&rmo sancioque nulli

forent poetae

non habere mundi pulchritudines, qui eas nossent


a rivelare la bellezza dell'agricoltura?
(*).
:

Non

fu Virgilio

Queste parole

son

vera-

mente parole

d'

uomo

del rinascimento

le

ultime e forse le pi belle.


critico,

Del rinascimento che, senza porselo come pensiero


rava la poesia quale esaltatrice

conside-

della natura e rivelatrice

(pure

at-

traverso figurazioni mitologiche) delle sue bellezze e delle sue gioie.

Ma
ci

questo bisogna ricordare: che

si

fermava

alla

natura,

non
:

considerandone quasi altro aspetto che non fosse quello

descrittivo

che rendeva

difficile il

sorgere

d'

un problema morale, anche


fronte alla
il

pre-

scindendo dallo stato

d'

animo degli umanisti. Di


il

natura
senso

era facile trovare congiunti

delectare e

prodesse, in quel

di cordiale simpatia per le cose che la poesia ispira, rendendole per-

(')

p. 354.

(2)

p.

360-1.

28
fectiora et

CAPITOLO

II.

magis chara

e prescindendo con facilit dal deforme e dal


all'

brutto.
il

Ma, davanti

all'

uomo, cio

anima umana, sorge


fuso',

inevitabile

problema del male, tanto questo in essa


;

e confuso col bene,


le

tanto facile rendere


pericolose tra le

perfectiora et

magis chara anche


pi

pi

umane

passioni.

Ed

ora appunto la non

ingenua

poesia del rinascimento, diventata adulta, poneva gli umanisti a considerare la grande arte antica - duce Aristotele - da pari a pari
;

rinnovare

le

forme complesse della

tragedia e dell'epos:
delle
si
:

poeti,

usi a scherzare tra le selve col fremito


delle ninfe e
il

fronde e

il

folleggiar

lungo ridere dei fauni,

trovavano invece tra


l'
;

mano

una materia

strana, cangiante, misteriosa


terribile,
il

plume, debole e

cui pensiero, a
il

uomo questo bipede imKe Lear fuggente per la

selva, faceva piti ribrezzo che

crosciante uragano.

CAPITOLO m.
Francesco Robertelli.

Sommario.

1,

Il

Robertelli e

il

suo commento

Genesi accademica

dell' opera.
:

Desiderio di chiarire e disciplinare gli amori letterari del rinascimento


sia fine di questo
-

os-

Necessit di affidarsi alla


-

Ti.o.r^v.y.r^

Abisso tra questa

r epistola di Orazio mento aristotelico.


getto di essa
il

Acute previsioni del Robertelli sui destini del fram-

falso

2. D come

fine della poesia l'utile o

il

diletto?

Se l'ogil

nella poesia mitologica del rinascimento,

fine ari-

dev' essere

il

diletto

Ma
il

se si tratta dell'uomo V

3. Prime questioni
1'

stoteliche che lo costringono a considerar la letteratura sotto questa seconda

specie e a impostare
dev' essere o

problema morale. Se

si

rappresenta

uomo, questo
-

buono

o reo.

4. La catarsi
-

L' Xeo? xal cp^o; della tragedia


l'

pagana applicato

alla poesia cristiana

Come

intendessero gli antichi

In-

terpretazioni e fraintendimenti moderni e un' arguta teoria del Pareto


riconoscibilit di Dio negli eventi

La

umani secondo
-

il

paganesimo

di Aristotele

il

cristianesimo di Platone

Edipo e Giobbe

Tutti gli attributi della tra-

gedia nella teoria aristotelica sono corollari della catarsi


steva in

- La quale consiuna quasi fatalistica rinuncia a riconoscere la traccia degli dei negli eventi umani - Aristotele e Euripide. {>. Il Robertelli davanti a questo problema - La sua buona dissposizione a intenderlo troppo sviata dalla volont di dedurne un significato cristiano. Il problema morale gli si concreta sotto la penna suo malgrado - Se si rappresenta 1' uomo nella sua complessa vita, non si pu pre-

una pagana

riconciliazione con la vita per

scindere dalle passioni e dal male

quali sono contagiosi. Fabula et mores.

Quindi, per ragion di chiarezza, per vedere come


la
IIo'.TrjxtxTf^

si

presentasse

una prima sistematica


lavorio di pensiero
si

interpretazione, e

come

tutto

questo

incerto

polarizzasse

intorno a poche
critico

precise affermazioni di essa, costituendo la base


destinato a subito
il

dell'edificio

montar sublime in pochi anni, sar bene che noi leggiamo


del Robertelli

commento

rimandando a poi

lo studio di altre

30

CAPITOLO m.

manifestazioni precorritrici, specialmente quelle della scuola padovana,


che, per ragioni di analogia e di tempo, dovrebbero trovar posto ac-

canto alla poetica del

Fracastoro.
in

Tanto

pi interessante

il

compunto

mento del Kobertelli


altro

quanto costui non era punto


il

filosofo e

era disposto ad allargare

significato della lettera o a vederci dentro

da quello che

il

ranei, anzi, lo lodano

suo tempo voleva che ci vedesse. I contempocome poeta e uomo di gusto, ( decus novem so(') ).
l'

rorum

lo dice

il

Giraldus

Figlio

del

rinascimento,

egli,
e,

per
per

sua natura, avrebbe preferita

antica libert poetica dei padri

conto suo, anche la professava, quando la lettera di Aristotele, scontrandosi con le idee del suo tempo, non lo costringeva a parlare in
contrario. E, forse, la genesi del suo lavoro,
tare, fra altro,

come
della

si

pu argomenpi
di

da alcune ingenue confessioni

prefazione,

ancora che un reale amore della materia un pensiero


capricciosa vanit letteraria Q)j

acuta e

Questo umanista straniero, appena trentenne, accolto con protezione nel cenacolo mediceo, celava, sotto la sommission delle forme,

una molto umanistica


ai suoi pari.

alterigia, e la
si

volont di prevalere in virt di


ai suoi protettori

quella dottrina per la quale

pretendeva superiore

Da un

tale stato d'

animo pot formarsi in


la

lui

l'

audacis-

simo disegno
i

d' accingersi

a impresa che, avendo spaurito

fin l tutti

sapienti, 'desse al

mondo umanistico

misura del suo valore. L'

in-

titolazione dell'opera, del resto, molto chiara per rispetto alla psi-

cologia dello scrittore. L' umilissima dedica a Cosimo

non

lascia

dubbio
t'

sulla

superbia

dell' offerente.
;

De

Medici, poi,
Tutti - egli
offrirti

dice -

Cosimo,

offrono cose grandi

io,

che

non posso

cose grandi, te n' offro almeno

una

assai peregrina, perch

nessuno

r ha mai
e faccio

tentata.

Son

tre

anni che annunciai questo lavoro a colui

che a te mi present (Francesco Carpano): son tre anni che medito


voluti area

quadam virium mearum periculum

in
l'

inter(*).

pretando Aristotelis libro hoc

ora

il

lavoro finito e te

offro

(')

LiLius Gregorius

Giealdus:

De

poetis

nostrorum

temporum
Arte

(Basilea

1580) Dialog. IL
(^)

Francisci Kobertelli Utinensis: In librum Aristotelis de

Poetica

explieatones.

Qui ab eodem authore ex manuscriptis


ut

libris,

multis

in

loeis

emendatus

fuit,

jam

diffieillimtis

oc obscurissitnus liber a nullo ante decla-

ratus facile ab omnibus possct intelligi (Basilea 1555).

C) Dedica.

FRANCESCO EOBERTELLI

31
ri-

Bisogna riconoscere per che, dopo questo sfogo di vanit,

guardando
bene
si
il

alla

sua opera e considerandone

il

contenuto,

egli

vede

posto che essa viene ad occupare nella storia: cos bene che
altro cedergli la parola.

pu senz'

Vede, insomma, che, per questa


/
Magnifico
quali
gli

via aristotelica, si apre l'et della consapevolezza critica e si chiude

quella del Poliziano, del Ficino,

del

appari-

scono come in

un mondo sorpassato^
da oggi, comincia ad essere una scienza.
Infatti
si
;

La
la

letteratura,

vera grandezza del filosofo Aristotele, per rispetto alla poesia, seppe redigere

le

eh' egli
arti

ad certam quandam rationem ac seriem


confuse ac perturbate tractatae erant

quae antea ab

aliis

ci fece

non seguendo un

criterio volgare, guidato dalle facili impres-

sioni e distinzioni del volgo,

ma

cercando

il

perch

delle

cose, la

ragione intima e insostituibile del loro esser cos. Questa la gloria


di

queir eterno

legislatore di poesia,

il

quale

<

summo

Consilio

ac

singulari industria ea perquisivit quae in penitissimis artium partibus


latent et remotissima sunt a vulgi cognitione >
-

(').

Quelli

che
il

oggi

ino detti filosofi aristotelici, studiano e

commentano bens
da

filosofo

negli altri suoi scritti,

ma

saltano a pie pari quest' operetta, credendo


lui

di poter rendere la scienza della poetica indipendente

che ne

riduce invece a cos rigoroso valore scientifico le leggi.


(

cosa turpe

ego semper existimavi turpe esse


i

la

mancanza
fisica

d'

una scienza
:

che studi

singoli fini e

rapporti delle varie arti liberali tra loro

che tuttavia sono strettissimi. Nel campo della


nia,
^i

e deU'astrono-

per esempio,

si

riconoscono tante leggi: in quello della poetica


,

va a tentoni.

questo turpe: e turpissima

di

conseguenza,

r ignoranza nella quale siam


forme
ci

lasciati a proposito dell' antichit, le cui


e

sono illustrate da questa poetica

neglecta in tenebris

>

Basterebbero queste affermazioni per farci intendere che siamo in

un mondo nuovo
ritico

e che

il

rinascimento
:

finito. Infatti

il

primo concetto

che ne scaturisce questo


1'

il

rinascimento, che ha tanto amato


1'

r antichit, non

ha mai intesa e non

ha neppur veramente
pisana - che

stu-;
tra,
,

diata. Il Robertelli sale la cattedra dell'

Universit

poco sar illustrata da qualche inesorabile incitatore del secentismo,

come

il

Mazzoni - con un programma che,

volendo

esser

integra-

zione dell'eredit umanistica,


porsi davanti al suo uditorio o

una

rivoluzione. Egli
filologia

ad insegnare

non vuol pii come poteva

32
fare

CAPITOLO m.

fare

un pedante del 400, un Poliziano vuole


:

o a legger delle liriche selve

come

soleva

studiare le leggi poetiche cui obbedivano gli

antichi nei loro capolavori e insegnarle a coloro che


di imitarli.

vogliono

osar

Id

cum apud me

esset statutum,

non habui quem maipsum,


qui
(').

jorem aut certiorem sequerer ducem quam

Aristotelem

totam hanc poetarum facultatem, apte, distincte, ordinate descripsit

Allora, da quella che a lui pareva tanta altezza,

si

volse a con:

siderare

il

codice poetico del rinascimento


di

l'

epistola di Orazio

che stupor dovette esser compiuto,


!

e di che superbo

compatimento

Quella non

piuttosto

uno zibaldone contenente


collectas

una poetica ma praeceptiones quasdam confuse


era
;

in

unum

Ora noi, senza pigliare sul serio le auto-esaltazioni del Robertelli, dobbiamo riconoscergli per questa sua singolarissima posizione storica dovuta per buona parte al caso: e dobbiamo tenergli conto di due sue osservazioni che sono anche due modeste profezie. Anzitutto cosa magni negotii - egli dice - interpretare un tal libro per primo. Quando ci sono dei predecessori, gli stessi errori e fraintendimenti di questi giovano a quelli che vengono di poi e li mettono
in condizioni di poter intendere meglio. Il che avviene davvero
i

per

molti commenti alla nonrjTtxT], la cui storia una vera catena, tanto

le interpretazioni

dell'uno offrono addentellati ed aiuti a quelle


osserva

del

successivo.
altri,
si

Egli

ancora che, a spiegar


e'

libri gi

esposti da
e'

vede a colpo d' occhio dove


spediti e si

da insistere e dove
belle e pronte.

da
la

andare

trovano le questioni

per

Poetica

fu proprio cos.

Laddove

primi

commentatori

mettono
la
far-

sullo stesso piano quasi tutte le questioni aristoteliche,

onde

raginosit di quei volumi, anche a prescindere dai residui

del

pre-

giudizio medievale
le

dell'enciclopedia,

a poco a

poco, nei successivi,

cose inutili restano per via, mentre le

particelle

su

cui

gravita

l'interesse del tempo, si chiariscono, si isolano, si concretano in pro-

blemi particolari, sicch, fra non molto,


scomparire
per
lasciare
il

veri

commenti tenderanno a
fondate sui principi o

posto a poetiche

pseudo-principi di Aristotele. Sotto questo rispetto, egli pu quindi


a ragione
vantarsi
d'

aver

aperte le vie

della

poetica

aristotelica.

()

Id.

FRANCESCO ROBERTELLI

33

Semper

insita fuit in

omnium animis

sententia, librum

bone Ariposset

stotelis de Arte Poetica obscurissimam esse adeo ut a

nullo

satis intelligi >

(').

Cos noi, che conosciamo gi l'opera dei suoi sucfare,


lui,

cessori,

possiamo anche

con V aiuto di questi,

ci

che

essi fecero

giovandosi della fatica di


zione sulle parti del suo

e fermare senz' altro la

nostra

atten-

commento che interessano


ex professo
il

la storia.

Nel proemio
se
il

poi, egli tratta sia

il

problema del giorno


con
pi
si

fine della poesia

l'utile o
la

diletto, e,

chiarezza

ancora che nel Fracastoro,

saa anima

d'

umanista,

trova divisa
la poesia

tra la facile soluzione del rinascimento,

che,

riguardando

solo sotto la specie del mito e della fantasia, le riconosce senza dissidi

una

finalit edonistica,

vagamente temperata
della

dall'

ammettere

gli

utili effetti

della bellezza
il

come sublimatrice

dignit

dell'intel-

letto

e,

d' altra parte,

novello prospettarsi della poesia quale agialla quale


la

itrice

d'una materia nuova: l'anima umana; davanti


s'

>erenit di quell' antico concetto

oscura.
retorica,

Anche secondo

l'Aristotele della
(la

delle

cinque

facolt

quae circa orationem versantur

dimostratoria - la dialettica - la

retorica - la sofistica - la poetica - a tacer della

grammatica

quae
il

minutiora quaedam considerat


vero, la dialettica
ci
il

),

la dimostratoria
il

ha per oggetto
la

probabile, la retorica

persuasivo,

sofistica

che probabile
il

ma
e
!

ha l'apparenza del verisimile,


et

falso e
est

favoloso:

Poetica lippos habet oculos

(|^ poetica il prorsus caeca

(*).

Povera poesia
il

Quando

s'

ammesso

ci,

bisogna

riconoufficio

scere che

suo regno la finzione e

la favola e

che

il

suo

di mettere bene insieme finzioni e favole.;

Cum
et

igitur poetica su-

biectam

sibi

habeat pr materia actionem fictam


et

fabulosam, patet:

ad poeticen pertinere, ut fabulam


huius
se

mendacium

apte confingat

nul-

liusque alterius artis proprius magis esse mendacia comminisci

(').

quam
imita
fos-

Ma
che

poich, d' altra parte, essa deve imitare e


,

non

si

non

ci

la poesia, naturalmente, accetta le favole

come

sero verit e, senza dubbi, o rimorsi, o paura di far male, descrive

Cerbero,

mostri,

centauri

ogni

altra

fantasia

scaturita

dalla
:

mente deE' uomo.


lettare
!

a che cosa mira con ci ?


dell' utile tanto

Ma

si

sa bene

a di-

Se poi rechi anche

m^lio. Nunc

illud con-

(')

Id. p.

Vm.
La
fino dell'

(n Proemio.

f)

Id.

TorFAMx.

umamamo.

34

CAPITOLO

III.

sequi videtur, qiiod ante fuerat a


tatis

me
si
:

propositura, ut de

fine

facul-

huius aliquid dicamus. Poetice,


confert ad oblectandum

quis diligente! attendat,

omues
Fino
:

suam vim
Cerbero,
i

et si

prodest quoque

(*).

a qui, per, siamo sempre nell' orbita della poesia del rinascimento
mostri,
i

centauri.
si

Ma, a questo

punto,

il

Kobertelli

ci

avverte che la poesia non


getti e che, per quelli,

ferma qui, che essa ha


sull'

pure

altri

og-

bisogner tornare
!

argomento con maggior


egli si limita a

calma, Sed de hoc alias copiosius

ci

torner nel corso del comintanto,

mento condotto a mano da


poetiche per - egli dice -

Aristotele.

Per

indicare di sfuggita quelli altri oggetti.

Le
di

descrizioni, le imitazioni

come sono
alla virt incitati

varia

natura,
il

cos

pos-

sono recare agli uomini vantaggi vari. Perch se


tazione
si

racconto o imi-

riferisce,
gli

poniamo,

ed

ai meriti di

un

qualche

uomo
si

illustre,

uomini sono
vizi,
gli

da ci

alla virt.

Se, invece,

rappresentano dei

uomini devono
Quindi, se

essere
si

infrenati

dalla

vista di questi, e trattenuti con

maggior forza che se


si

usasse qualun-

que

altra

forma

di esortazione.

presenta sulla scena lo


la

spettacolo di cose e di pericoli orribili,


folle

ne deve restare diminuita

audacia e la temerit degli uomini. Se, invece, lo spettacolo


essere
volto a mansuetudine e
e

miserando, l'animo di chi ode deve


piet.

Che pi

Ogni forma di imitaxiotie

di recitazione ijoetica
actione coniuncta)

che sia congiunta con un' azione

umana

cum

deve scuotere, comuovere, incalzare, incitare, abbattere, infiammare

l'animo degli uomini ......


Altro che
l'

si

prodest.
;

quoque

Ma, questo, non


commentatore.

veniva dal-

animo

del Kobertelli

veniva da Aristotele a fronte del quale giova


il

veder subito nel corso del commento

La prima

volta che

il

nostro ardito esploratore

si

trov proprio

a faccia a faccia col pensiero dei tempi nuovi, senza veder pi dietro a se le rive fiorite del rinascimento,
d' Aristotele
si

fu davanti a quella particella

dove

si

parla appunto della poesia

cum

actione coniun-

cta .

ne rimase smarrito. Lesse nel


le

imitano

persone in azione

li

testo che, quelli che imitano, quindi necessario - conchiuse -

che gli imitati siano o buoni o improbi, in maniera che un carattere intonato a queste lor qualit

accompagni lungo

tutta l'opera

(*).

(')

1(1.

p.

17.

FRANCESCO BOBERTELU

35
per noi. Ma, per uno che

Pare una cosa molto semplice


usciva dal rinascimento, luce ? Forse nell' Orfeo
>

ed

forse,

in
,

qual

forma

d' arte

poteva egli trovar


Poliziano,
del Pontano,

o nelle Stanze

del
>

o nei

Beoni

del Magnifico, o nelle

Ninne Nanne

dove
del-

di
l'

problema psicologico come

analisi

e interpretazione

morale
il

uomo non

traccia ? Il

nostro autore cap subito che

Maestro

parlava altro linguaggio e


allor gli fu

r orgoglio
l'

caduto,

che non os neppure tentarne


a quell'unico che

interpretazione da solo,

ma

si

rivolse
fosse

aveva pur
d'

fatta

un tempo

la

stessa

strada,

pur guidato dalla bussola


ro: e
si

una ambigua dottrina medievale, Avercon sorprendente umilt.


moltissimo
le

mise sotto

la protezione di quello

questo proposito - disse - a

me

piacciono

cose
si

dette da Averro: le quali, se a taluno sono parse

nidia (credo
di

debba tradur medievali) ci avvenne, penso, per mancanza


terprete. Io, quali esse sieno le registrer:

un

in-

sarebbe

gi

abbastanza
ispirato

poter capire
testo di

j> .

Ond'

io rispetto

il

latino
illius

del

Robertelli

dal
est

Averro: Imitatio, seu (ut

utar verbo) assimilatio

per

quam

intenditur convenientia assimilati

cum suo

assimilabili provitii.

pter ostensionem decentis et iurpis, id est virtutis et

Ex quo
Idem

consequitur necesse esse ut imiteniur aut boios

aut

malos.

paulo post
sibi

ait:

Omnes

repraesentatores et assimilatores

habent hoc

propositum ut incitent ad quasdam actiones quae circa roluntaria


et

consistant

retrahant a qnibusdam. Eruiit igitur necessario ea


virtutes

quae intendunt per suas repracsentationes aut

aut

vitia.

Omnis enim
Dove
che
tra
il

actio et

omnis mos non versatur, nisi circa alterum


(').

isto)-um, l'idelicet virtutem et vitium >


si

vede che

s'

avvia a diventar

sillogismo

quello

che

il

Fracastoro aveva messo innanzi


diletto
s

come

sospetto,

quando aveva

scritto

un

non forse indifferente quanto alla morale, ma oscilla un no. Ma qui, in pi, e' gi un 'autentica allusione
che viene chiamato in causa,
()a

al libero arbitrio

quasi

senza
circa

che

il

Robertelli se n' accorga,


taria consistunt

Averro.

Actiones

quae

volun-

....

Ma un
(')

tuffo

pi sconcertante nel mistero della nascente

poesia

Op.

cit.

p. 17.

36
fece
il

CAPITOLO m.

j)

Robertelli

quando tocc

l'altro passo della poetica, quello della


di

Il

catarsi,

dov'

secondo la frase

un moderno,

il

centro della poesia

tragica pagana,
rale che
il

parte le peculiari condizioni dei tempi, era


critico,

natu-

giovanissimo pensiero

mettendosi a scrutare nelprodotto


l'antica

l'intimo quanto di pi profondo e sintetico aveva


poesia, ne ricevesse

come una scossa


pure
il

e,

nel tentativo di dedurne

significato universale, riferibile

alla

un moderna (tanf era poesia


fosse

ancor viva l'illusione che

rinascimento

l'antichit
il

risorta),

mettesse quasi di fronte l'una e l'altra, cio due mondi,


e
il

cristiano

pagano, e rivelasse una inconciliabilit destinata a generare una

rivoluzione.

cos fu.
il

Perch

se,

in quel
si

primo sforzo troppo supemostr impotente e


si

riore ai suoi mezzi,

pensiero italiano

pro-

str vinto, esso diede inizio per a

un

lavorio d' intelletto che pass


ri-

in Francia,

si

trasfigur in

Germania
del

nelle ribellioni di Lessing",

visse in tutta

Europa nel fervore


famosa

romanticismo.''nPoich

l'argo-

mento
sia,

lo merita,

apriamo, intanto, una parentesi a indicare che cosa


catarsi

in sostanza, quella

intorno a cui

furono
il

spese
:

tante e spesso superficiali parole. Il passo d' Aristotele

seguente
e

E dunque
forma

la tragedia imitazione di
;

persone che agiscono

non

in
li-

di racconto

la quale, col

mezzo

della piet e del terrore,

bera l'animo da

siffatti

sentimenti

('),

(Le parole in corsivo sono

l'oggetto della difficile interpretazione).

Ma

sono poi molto

difficili

intendere queste parole ? Il riviverne integralmente


lo stato d'

lo spirito, rifarsi

animo genuino con cui furono pronunciate


impossibile.
Il

allora, cosa

pi

che
si

difficile,

passato

tanto

pi

irrevocabile

quando
_^della

tratti di
si

sentimenti associati e confusi a religioni


riferiscono senza

cadute.
religiosa

^v^^pS^ queste parole

dubbio

alla

sostanza

tragedia greca. Ma, quanto a intendere per via di logica, cio


il

approssimativamente,

loro significato, quanto a vedere che si

ri-

feriscono all'eterno dubbio sull'umano destino nei suoi rapporti con


la divinit, la cosa, a costo di parer semplicista,

non mi par davvero


alfeil

molto

difficile

e pu far meraviglia che

si sia
il il

andato a cercarne

trove la spiegazione.

Un

sociologo insigne,
sotto

Pareto, consider

nomeno

di tali
e,

moderni sconfinamenti

rispetto della sua teoria

dei residui,

a parte l'irriverenza del sarcasmo paretiano, venne a

(')

Aristotele: L'arte Poetica trad. da 0. Bareo

(Loesoher

Torino 187(5)

p.

10-11.

FRANCESCO ROBERTQ.LI

37
S'

conchiusione che non

si riesce

a trovare sbagliata del tutto.

(').

tanto parlato - egli osserva - della serenit dei Greci per rispetto ai

problemi della vita e della morte, e della lor confidenza


che,

coi

numi
questa

quando

ci si

present qualcosa di loro in contrasto con


si

opinione tradizionale,

prefer

non accorgersene

piuttosto che negare

modificare l'assioma.

In realt, su questo punto, la tragedia greca

si

accosta al severo

monoteismo del Vecchio Testamento e


cosa di quello di Giobbe,
Lutero.

il

dolore di Edipo ha qualche

come
Ora

intu, ai suoi

tempi

(e lo

vedremo)

quale favoleggi poi di

un

misterioso provvidenziale rap-

porto tra le due religioni.


suoi fondamenti

la serenit

greca cosa vera:

ma

non son poi molto


solito,

chiari e si differenziano alquanto


:

da quelli che noi, di

soliamo porre alla serenit

sicch molti

moderni, studiosi del tempo antico, piuttosto che cercare queste nuove
difficili

basi,
lo

con pericolo che

l'edificio vacillasse, preferirono

- e

il

Pareto

documenta citando qualche manuale

di

prim' ordine - se-

guitare a ripetere che l'ottimismo greco


fidente nella divinit
qui, j^^e fecero

si fondava su una fede concome protettrice dei buoni e punitrice degli iniinsomma una cosa sola col nostro deprecato pessi-

mismo

cristiano.

Come
ci

poi uomini versati

nello

studio contrasto
:

del

mondo
i

antico potessero arrivare a conchiusioni cos in

con

do-

cumenti che di esso


la tragedia greca

rimangono, cosa strana


il

ma

il

fatto sta

che

afferma -proprio
e che, a

contrario e ha

origine
la
il

da

uno
per

stato

d'animo opposto:

cercar

d'intendere

catarsi

quell' altra via,

non

ci s' arriva.
tre,

Prendete Euripide

quale, per escritica

sere
il

il

pi scettico dei

ha formulato pi di sovente in forma


distinguono

pensiero delle sue tragedie, e vi troverete affermazioni

come quecat-

ste:
tivi

Da
(*)
:

nessun segno

degU Dei
:

si

buoni dai

come

quest' altra

Quale dei mortali avendo

scrutato

r ultimo fine delle cose pu affermare d' aver trovata cosa che sia dio non dio o un essere intermediario, considerando i disegni delle cose volgere or qua or l e di nuovo contrari, sorgendo in insperati eventi ? >
(f).

poi ripensate alla pi perfetta (spirito e forma)

delle tragedie greche, Edipo, e vi sar

anche

facile intendere (relati-

(')

Y. Pareto:

Trattato

di

Sociologia generale

(Barbera 1916)

Tol.

Il,

422-24.

Q) Hkbctxes furens v. 669-70. (3) Elena v. 1137 1143.

38
vamente) che cosa

CAPITOLO

m.
contro

sia la catarsi e

perch Platone insorgesse

essa col suo divinante spirito cristiano.

Zeus - diceva
il

egli nel

De

Republica - dispensatore solo del bene: e

male

lo infligge agli

uomini solo per


il
l'

il

bene di questi. Gi che


di

ci

siamo, consideriamo
dell'Edipo, delle

significato del libro

Giobbe

accanto a quello

Hercules Furens, delle Baccanti, controlliamo su questi modelli


corollari

leggi della tragedia poste da Aristotele (veri

della

catarsi)
ci

e sar la via pi breve per arrivare a

una conclusione che


il

per-

metta di tornare
Ricordate
il

all'

umile Robertelli senza


L,

rimorso della oscurit.


e'

dolore di Giobbe ?

parimente,

un

essere

umano migliore

piuttosto che peggiore,

un uomo comune, insomma,

che viene travolto nel dolore senza sua colpa.


uomini, rappresentata dalla varia schiera dei

la

gran platea degli


si

visitatori,

domanda:
che

mai
Dio
s'

possibile che

un innocente

sia cos percosso dalla sventura


?

senza averla in qualche


di

modo

meritata

E mai
?

possibile

F ira

abbatta cos ciecamente suU'


essi

uomo

Pieni di terrore e di
in

commiserazione
qualche
torto,

cercano di liberarsene,
d'

ammettendo

Giobbe

qualche mancato atto

ossequio a Dio, un qualche im-

punito delitto dei padri.


testa la
tatori.

Ma

Giobbe, conscio di non aver peccato, provisi-

sua completa innocenza fra la sgomenta incredulit dei


di

(Fermiamoci qui, per un momento, e tralasciamo


rischiara la

considedei

rare l'ultimo episodio del libro in cui la presentita Rivelazione

Nuovo Testamento
cio,

penombra
gli

dell' antico

la

voce divina,
cos colpiti
di Dio.

scende ad annunziare che

uomini possono essere

anche senza colpa loro o dei padri e certo senza ingiustizia


Rivelazione che preannuncia
il

Cristianesimo e la giustizia dell' oltre-

tomba e
colare,

fa forse, di

Giobbe, una delle immagini precorritrici di Cristo).


i

Considerate ora
il

protagonisti della tragedia greca,

e,

in
il

parti-

classico

Edipo e troverete
lo stesso,

che la

tragedia - ossia

pro-

blema ideale -
stotele
il

ed eguale l'impressione d'orrore e di


l'

piet, cio d' intellettuale

ripugnanza, che

osservatore ne prova. Aridella

non

fa

che ridurre a regole, nella sua teoria

tragedia,
di

modo

di suscitare quella impressione.

Onde

(senza aver l'aria


in

scoprir

r uovo

di

Colombo

aria

detestabile

queste venerabili
trovata
s'

diatribe) si

pu ben permettersi

di affermare che a torto fu


pij

troppo laconica la definizione della catarsi e

a torto ancora

and

a cercare luce in un' altra allusione della Retorica .|A torto, perch
tutta la teoria della tragedia

non che uno sviluppo

della

sintetica

definizione: e quelle molte regole rigorose alle quali

deve sottostar

FRANCESCO ROBERTELLI
questa forma d'arte convergono a chiarire in che
ottenere lo strano effetto di

39

modo
piet

essa

possa

purgare l'orrore e la

per

mezzo
poetico

di essi medesimi. Rigorosit indispensabile, se si vuol portare lo spet-

tatore

dapprima a una
i

specie

d'

assurdo

morale e perfino
all'

(quello stesso che


e che

visitatori

provano davanti

angoscia di Giobbe

ognun

di noi risente davanti alla brutalit della folgore caduta

sull'incolpevole viandante) e risollevarlo poi


d'

da

quella

impressione
dal

assurdo con un sentimento


superiore

che,

nel

libro di Giobbe, dato

monito di Dio

all'intelletto

dell'uomo,

e,

nella

tragedia
senti-

greca, si risolve in

una purgazione

del terrore e della piet:

mento

religioso
tutte le

come
nista

pur questo e non molto dissimile da quello. Vedete clausole della tragedia convergono a fare del protago-

un Giobbe. Anzitutto costui deve essere un tipo d' uomo il pi n troppo buono simile possibile alla comune umanit degli spettatori
:

n troppo

cattivo

ma,

se mai,

piuttosto
si

quello che questo.

Arisi

stotele spiega

che ia vera piet

ottiene

quando l'osservatore

sente

un

po'

compromesso
essere
di

dall' altrui

sventura ed esposto agli stessi


filantropia.

casi: ogni altro sentimento fredda

In secondo luogo la
che
al

favola deve

un

cos

evidente

orrore

solo

udirla
ef-

narrare
fetto

ci si

senta accapponar la pelle.

Ma

non basta: perch T


fra

sia

completo

occorre

che

il

cozzo

avvenga non
i

persone
si

estranee,

ma

possibilmente

fra consanguinei

quali,

per

giunta,

vogliano magari bene. Siccome, tuttavia, questo cumulo di particolari


difficilmente si

pu trovare
il

associato, la tragedia ricorre a

due espe-

dienti: la peripezia e

riconoscimento.

un improvviso rivolgimento che porta la disperazione non dov' attesa o temuta, ma proprio l dove avrebbe dovuto portare la gioia; e avviene non per scelleratezza, ma per un

La

peripezia

gran

fallo,

jtj

8i {layOnrjp'lav

XX

St'

pLaptiav {ts^XrjV.
ti

n
sta;

riconoscimento un colpo di scena che

svela in due eroi

posti in conflitto tra loro

due consanguinei.

Ma

tutto questo

non

ba-

bisogna che

il

riconoscimento avvenga
l'

o quando l'irreparabile

gi stato,
evitare
il

quando

eroe

non ha pi

la possibilit e la forza di

sangue e

la strage.

Ultimo evidente corollario che conferma


inverosimile e quasi impossibile nella
il

senza pi dubbio alcuno l'origine e lo spirito religioso della tragedia:

essendo un tale genere di


realt, questa

fatti

forma

d' arte

deve avere per suo oggetto


:

mito, trattenersi

anzi tra poche famiglie mitologiche

di

Alcmeoue,

di Edipo, di Oreste.

Or dunque

in che cosa consiste la catarsi, cio la liberazione da

40
questo accijmulato

CAPITOLO

III.

orrore e insostenibile

piet e la

relativa

assunconsi-

zione del fatto tragico a poesia ? (Consiste - o meglio dovette


stere - in

un sentimento

religioso che, dalla veduta di quella stessa


divinit, la quale col-

incommensurabile e impenetrabile potenza della


v^'^'

pisce e annienta secondo criteri imperscrutati, traeva argomento a ri-

conoscerne la

presenza, a

dimettere,

quindi,
all'

queir orrore e quella


opera di dio, sono
ir-

piet che, per essere sintomi di ripugnanza


religiosi.

Sotto l'impulso di questo sentimento di rinuncia ad

inten-

dere, succedeva

insomma, una specie

di panica riconciliazione con la


di fatalismo. Fa-

vita che, nel paganesimo, poteva

anche avere aspetto


greca,

talismo sereno, perch serena l'anima

esso

riconduceva a

riamar

le

cose con

la

persuasione
i

che

Dio non cieco ed per


mostrerebbe
di

vano cercar

di scoprirne

segreti.

Chi poi volesse pi particolarmente


si

specificato e descritto
difficile

un

tale sentimento,
tutt' al

molto

contentatura: ed io potrei,

pi, limitarmi
all'

ad insistere

nel paragone col libro di Giobbe, anche per rispetto


piet dell'

orrore e alla

uno e

dell' altro.

molto probabile, del

resto,

che anche

il

profondo Aristotele

parlasse pi con

obbiettivit di critico e coscienza di storico che

con
che

partecipazion

d'

animo
s'

onde

il

suo

concordare
altri,

con

Euripide

come

scettico -

era attenuto pi degli

cio con pi timodella

rata coscienza

critica,

a questo formulario
lo

religioso

tragedia.
ri-

Contro quelli che non l'intendono, egli


terreno ed essa morr. Dice infatti

difende con parole da


tragedia
quella

cordare, perch par che significhino: togliete la


:

da

questo

<

Adunque

tragedia

che

secondo

le regole dell'arte giudicata bellissima

dipender da un insopra
detto

treccio di questo genere. quelli che fanno carico

per incorrono

nell'errore

ad Euripide perch tiene questo modo nelle

sue tragedie e molte di esse hanno


v

una

catastrofe

dolorosa, perch

qui sta
sentendo

il
il

giusto

(').

Di qui anche l'insorgere di Platone che, pre-

cristianesimo,

cos pagano.

non poteva partecipare a uno stato d' animo Or dunque, per conchiudere, non par che si possano in
se,

alcun
tate

modo

accettare le varie spiegazioni esotetiche della catarsi ten:

dai moderni
Op.
cit.

invece, per esempio, in quella che

il

Christ

{")

(>)
('^)

p. 25.

WiLUKM Christ: Oeschichte der Orieschisehen

Literatur, Miinchen 1905

p.

190.

V. anche Festa:

tura, aprile 1913.

La

teoria

aristotelica
:

delta catarsi,

Nuova Cul-

Vedo ora Luigi Russo

La

catarsi aristotelica Caserta od.

E. Marino 1919)

breve storia delle varie interpretazioni della Catarsi,

FKAXCESCO ROBERTELLI
tolse al Festa (vi si considerano gli ultimi atti della tragedia

41
con la
se-

sepoltura, le lagrime,

canti funebri,

come una
cos.

restituzione alla

rena realt della vita operata nell'anima dello spettatore)


cosa di questo

c'

qual-

modo

di vedere,

meglio

Per quanto

poi si rife-

risce ai nostri umanisti, della catarsi gi detto abbastanza.

Figuratevi

un umanista
il

del rinascimento davanti

all'

aspetto pi

profondo e pi irrevocabile della poesia antica e capirete l'impaccio


del Robertelli e
scergli

suo penoso arzigogolare. Tuttavia bisogna riconolo

un merito che
egli,

contraddistingue da
al

tutti

suoi
Il

successori

e lo

pone pi dappresso

genuino pensiero dell'antico.


ipotesi

merito
in-

questo: che

dopo essersi involto in

e fantasticherie
l'

genue, alla

fine,

davanti a uno dei corollari della catarsi, ebbe

im-

provvisa intuizione dell'essenza religiosa di quella; cap che non la


si

poteva spiegare se non trasferendosi nel tempo in cui fu concepita,


il
:

ed espose questo suo pensiero con una vaghezza tra


cristiano che gli fa onore.

pagano e

il

Ecco

le

sue

precise

parole

Q Hic
in

vero

metus piane

nihil aliud est,

animi hominum devinciuntur


tate et observantia erga

quam religio quaedam meticulosa qua nam vera religio ea est, quae cum pie:

Deos coniuncta

est

maximis illorum
est

huho-

manum genum
mines raeritam

collatis beneficiis.

Maxime enim aequum


est

ut
et

diis iramortalibus gratiara divinis

honoribus

meac

mori mente gratoque animo persolvant. Hic


tus

optimus deorum culpietatis

idemque castissimus

atque sanctissimus plenissimus

verae religionis ut eos semper pura mente et voce veneremur tanquam


auctores nostrorum

omnium commodorum, non autem estimescamus


(')

tamquam

crudeles tirannos

T\
dii >

una

pagina cos libera con quel suo


e

che potrebbe forse


leggendola,

essere sostituito dall' altra parola


a qualche spregiudicato spirito di

Dio

che

si

ripensa,
;

mezzo

secolo innanzi

di quelli che,

per virt d'intuizione, senza vera consapevolezza


talora in s, veramente,
chit :

critica,

risentivano
dell'antisott'

qualcuno dei pi genuini


Kobertelli scrisse

aspetti

una pagina che

il

non avendo pi
alla

occhi

quella tiranna lettera aristotelica,

ma

dando ascolto

sua schietta
tutto
sterile

natura di umanista. kFu per un lampo fugace e sopra


perch, ormai, lo spirito critico diventato scolastico.

Non

si

tratta

insomma
(')

di capire Aristotele

ma

di fare di Aristotele

un maestro e

GOBEBTELU:

Op. Cit. p. 112.

42

CAPITOLO

III.

uu impostatole

di principi,
:

come

se

fondamenti

del

suo

pensiero

fossero buoni tutt' ora

si

tratta di cercare nella

sua catarsi

pagana

un
rata

significato cristiano, senza


;

mutare

la lettera.
si
il

L'impresa dispeperde, ossia, nel vano


loro contrasto e
di Trento.
:

il

Robertelli a tu per tu con quella ci


i

tentativo di conciliare

due mondi, accentua


press' a

pone

senza saperlo

le basi della

poetica del Concilio

Io

non
:

ne capisco nulla
dal

confessa

poco

il

Robertelli

ossia dice

momento che

la tragedia contiene cose lugubri e atroci,

naturiso

rale che ispiri commiserazione e terrore, allo stesso

modo che

e letizia nascono dalla


I

poi al resto (la


alla catarsi
lecito

commedia perch ne contiene di ilari. Quanto relativa purgazione) io mi ricordo di un altro accenno
(e lo riferisce).

che nella politica

Da

quell'
pii

accenno

argomentare che Aristotele

intendesse parlare

a lungo di

questa purgazione. Tuttavia uu fatto che oltre a queste parole egli

non ha aggiunto verbo,

meno che
il

tale

aggiunta non fosse in quella

parte del libro che noi sospettiamo perduta


Allora, con molta industria,
stare
i

.... ('). buon Robertelli si mette a


qualche
;

rovialla

libri aristotelici

per trovarvi

passo o riferibile
ci

catarsi o in cui se

ne parli copiosius

ma non
come

ripesca altro che la

gi da lui ricordata definizione della virt tus

giusto mezzo.

Vir-

medium

obtinet

locum

Inter

duo extrema quae sunt alterum ex


Virtutem esse medium
virtutem in nulla
recte

defectu, alterum
stoteles.

ex abundantia: ut copiose declarat in Ethicis Ari:

linde praeclare est ad Horatio dictum

(^).

vitiorum utrumque redactum


rita

Dalla quale appunto mi pare scatu:

queir altra definizione pure aristotelica

<

ali;i

re consistere

quam

ut homines discant laetari,

amare, odisse,
ut assuescaut

nuUaque

in re magis oportere homines exerceri

quam
suo

judicare recte ed laetari


actionibus

(^).

mausuetis
gli

ac

probis

raoribus

laudatisque
e

Questa

pare che faccia al caso

convenga
della

anche

alla poesia in genere.


il

Onde conchiude

Se,

insomma, qualaristotelica

cuno domandi

vero significato della


:

definizione

tragedia, rispondo

Quello giudica che, assistendo alla rappresenta1'

zione di essa restano purgati questi due sentimenti,

orrore e la piet.

Perch, durante

la recita,
si

gli

spettatori

vedono

personaggi fare e
s'

dire cose che molto

avvicinano alla realt stessa:

abituano quindi

ja dolere, a temere e al sentimento della coupass^ioneA'No sussegue

(i)
1.

45.

(") p.

17.

(')

p. 46.

FRANCESCO ROBERTELLI
che, accadendo poi a loro qualche disgrazia, essi se
(^miniis doleant oc timeant) perch,

43
ne turbino meno
che
chi

insomma, necessario

non ha mai avute disgrazie se ne dolga di pi, quando gliene accade qualcuna impreveduta. Aggiungi che spesso gli uomini si turbano
{dolent ac timent) per bazzecole, laddove
i

poeti tragici mettono in-

nanzi persone e casi veramenti


per un savio;
sicch, a teatro,

degni di piet e di spavento


si

anche
son

impara a distinguere
pi facilmente poi

quali

quelle cose che veramente debbono eccitare cotali sentimenti. Inoltre


gli uditori e spettatori di tragedie
si

consoleranno
col ri-

nelle loro disgrazie con

un conforto certamente validissimo:


ad
altri

cordo, cio, che anche

prima

accaddero

le

sventure

mesuo
coi
>.

desime

(').

Come

si

vede

la catarsi

pagana tentava per


poesia

la

prima volta

il

ingresso nel patrimonio

ideale della
:

cristiana

travestita

pann^-di.J^n proverbio domestico

Mal comune mezzo gaudio


stesso

Ma non

bast^ perch, cos, s'andava a urtare contro lo scoglio gi

avvertito dal Fracastoro e


citata prefazione.

ben osservato dal Robertelli


questa

nella

fargli riosservare il pericolo

volta

venne

Platone

il

quale, per bocca del fido Proclo parve ricordargli:


tu

^Ma
del
fatta

non hai convenuto


bene e che
con intenti onesti,

pure che

il

male anche pi contagioso

la rappresentazione o imitazione dell'


te
li

uomo,
di

sia

pur

mette

innanzi
jtia-rjrr/cv

tutti e

due

necessit? jTJ

Proclo, infatti, diceva

Ogni
di

dei vari costumi

umani

fa

presa facilmente sugli animi di coloro che odono; ragion per cui, con

questa

comune imitazione

ogni specie di costumi, molti son turbati

e traviati dalla retta via e dalla regola della virt,

perch essa virt

qualche cosa di semplice e

massimamente simile a Dio. Perci noi


t ov
.

affermiamo massimamente eccellere

(Ricordate

come Dante
d'

aveva

risolta la questione per conto

suo mettendola in conto

Ari-

stotele ?

La natura
. . .

opera di Dio
.

r arte vostra quella, quando puote,


il

segue come
s

maestro

fa

il

discente,

ehe rostr' arte a Dio quasi nipote).

Ma

la libert del

que, osserva penosamente

Medio Evo era morta. Secondo Platone, dunil Robertelli Soccorre che chi vuole atteil

nersi a questo t ov che

bene, fugga le cose ad esso contrarie.

C) l.

44

CAPITOLO

III.

se la jrotxtXia, cio la variet dei costumi, ci

s'

insinua nell' animo,

questi, alla fine dell'opera, saran tutti

da purgare. La tragedia e la
di affetti vari, son
l'

commedia quindi, come rappresentazione


gire,

da fug^

perch riempiono la vita di quei mali che ne sono

effetto

{'U

egli trova altra obiezione se

non questa che


:

se si tratta di mitigare

le impressioni

troppo violente, gli uomini potranno anche


contrahere

pr

virili

affectiones
izoiv.ikia.

animi

Ma
buone

quanto

ai

maligni

effetti

della

difficile

negarli con

e,

ragioni.

Noi imitiamo

tam
ai

bonos quam malos


lit

se vero che la poesia deve badare

all' uti-

e all'educazione degli uomini,


ai savi, perch,

bisogna limitare
gli
. .

l'imitazione

buoni e

appunto secondo Proclo,


tutti

uomini godono
.

per natura delle imitazioni e


.

siamo

ptXoji^oc

Quindi

l'

imi-

tazione

ttoixiXy]

potr essere giocondissima,


(*).

ma non

giovevole

all'

eduil

Vcazion degli uomini

L' osservazione del Fracastoro diventa qui

dilemma

di Proclo.

Ma
cordasse

non e' era bisogno n di Platone n di Proclo che gli riil memento. Si pu dire che ogni nuova pagina del testo
il

esplorato riconduceva

povero

commentatore

al

punto medesimo.

Egli
gli

si

appena sciolto da questo interminabile impaccio e Aristotele


:

ripropone un' altra distinzione innocua in apparenza


si

ma

latet in

cauda venenum. Nella tragedia, dice F antico,


di cui le principali sono: fabula et mores.

distinguono sei parti

Quale di queste
vi

due va
tra-

messa innanzi

La

favola,

perch senza azione non


a
:

pu essere

gedia n passaggio di
dalla psicologia degli

felicit

infelicit.

Ma
:

l'azione dipende

pure

uomini

cio dai

mores

ex moribus actiones

proficiscuntur

Quindi scrivere una tragedia vuol dire impostare un

seguito di questioni psicologiche di effetto morale; secondo quello che


il

Robertelli ha gi

ammesso

fin dalle
virti

prime pagine

'

conviene che

le cose

che

si

imitano siano o

o vizii ^

Egli veramente
i

non
suoi

trae anche questa ultima conseguenza,

ma

troppo chiaro che

prossimi successori se la troveranno posta fra mano.

Per ultimo ci sarebbe ora da illustrare il non spregevole commento alla questione della differenza tra storia e poesia, l' una espressione del particolare, l'altra dell'universale,

secondo Aristotele.
decenni, pi

Ma
an-

poich

si tratta di

questione agitatissima in questi

(') p.

47

(*) Id.

FRANCESCO ROBEETELLI
Cora che per se stessa, per

45
le

l'

importanza che

diede

il

Tasso col suo


solo,

poema, coi suoi


a
lui,

scritti teorici

o con la sua follia,

non

arrivati

ci

toccher di riassumere le varie opinioni dal Robertelli in su

(e sar

cosa breve perch, se qualche favilla d' ingegno in taluno non


la

manca,

monotonia e

le ripetizioni

sovrabbondano),

ma come

questo

principio aristotelico

diede subito inizio alla

sconcludente

ribellion

del Giraldi, sar bene che, al prossimo capitolo,

prima
di

di parlare di

quella e quasi a confronto,

esponiamo

il

commento
s'

del
lui

Robertelli.

^^

Quanto poi a un giudizio complessivo sull'opera


possiamo anche dispensarcene dopo quel che
il

credo

che

detto, tant' chiaro

significato della sua

modesta e simpatica
autentico che
si

figura. Egli, in

una

pa-

rola, l'ultimo

umanista
il

trova

ad

essere

ad un

tempo, senza saperlo,

primo

critico letterario della

controriforma;

l'ultimo sincero edonista della poesia che mette per caso le basi del

moralismo. L'avete ben veduto.

Il

dubbio

appena

intravvisto

sugli
estradi-

orizzonti dal Fracastoro sulla possibilit di

un

diletto poetico

neo

alla questione morale, incontrandosi

con la lettera aristotelica


il

venta, nelle incolpevoli

mani

del commentatore,

dilemma

di Proclo.

La questione

se

sia

possibile

rappresentare

liberamente

in

poesia

r anima umana, veduta in compagnia di Aristotele suscita un vespaio


di scrupoli che

sono

nell' aria e
s'

ricadono sulle parole di quello. Quanto


affanna ad uscirne, tanto pi vi
si in-

pi

il

povero commentatore

terna. Cos la sua opera, sebbene

non suggellata da una vera imil

pronta personale, e forse appunto per questo, (a parte

merito della

interpretazion della lettera che valse allo studioso l'ammirazion del suo

tempo) diventa come


a quel modo.

il il

programma
Robertelli

quel rinascimento che

di una amava

sistematica demolizione di e
si

credeva d integrare

CAPITOLO IV.
Aristotele fra
il

romanzesco e

l'eroico.

Sommario.

1' una rappresenta secondo il parPrima vaga interpretazione del Robertelli - Diffidenza verso il romanzesco. 2, Effmera e futile ribellione ad Aristotele del Giraldi - Ragione delle simpatie che egli suole ispirare - Ana-

1, Differenza fra storia e poesia

ticolare,

altra secondo

1'

universale

logia della sua poesia e delle sue teoriche

con

quelle
s'

inglesi

del

periodo

pre-shakespeariano

Da

noi in luogo di Shakespeare

ebbero

teorici lette-

rari della controriforma.

3. Per

il

Giraldi

non

esiste differenza tra storia

e poesia

Storpia

nuovi concetti

moralistico-aristotelici
-

difesa dell' Ariosto e del


della fantasia.

romanzesco

Interpreta questo

per una pretesa com esasperazione

dissoluzione di questo,

4. Vano tentativo di conservare il rinascimento e reale come lo dimostra la poesia stessa del Giraldi - Il Pigna

sostiene le stesse teorie

ma

con maggiore coerenza aristotelica ed ha perci

un accenno

alla

peripezia.

5.

Perch questa
-

critica dell'eroico sostan-

zialmente giusta non poteva avere efficacia

L' eroico

come soluzione
-

del pro-

blema morale.
critico-morali
tra
il

6. Incertezza
il

dei poeti epici in

queste prime discussioni

Effetti dell' aristotelesimo su

Bernardo Tasso
e l'eroico
-

Sue

oscillazioni

deleetare e

prodesse, tra

il

romanzesco
-

Simile

ma

piii

coee
al

rente contegno di Luigi Alamanni

Sua
1'

definitiva adesione all' eroico

prodesse nonostante

1'

ammirazione per
lo

Ariosto

Inquietudine
-

e follia di
ipocrisie
-

Bernardo nelle contradizioni delle


con
il

lettere e dei sonetti

Sue ingenue
e

Giraldi,

con l'Alamanni, con

Speroni

Bernardo

Torquato

Insuccesso del Giraldi.

Se

tutte cotali questioni riguardano la poesia piuttosto in ipotesi,


la quale,

essendo ispirate di preferenza dalla forma tragica

per allora,
do-

non era
minante,

in fiore, chi
il

le

avesse invece riferite al genere


le

poetico

romanzesco,

avrebbe vedute cadere sovr' esso come un


singolare particella aristotelica che,
colpito la fantasia del Fra-

peso deformante.

per

quella

gi al suo primo uscire dall'

ombra aveva

ARISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E

l'

EROICO

47
della

castoro

poesia, quella

come elemento indispensabile si riferiva in realt non

alla
alla

futura
poesia
:

definizione
in

generale

ma

alla differenza fra

questa e la storia, e insegnava


.

universalia, historicum vero particularia

Poetam sectari Per una generazione affan-

nata dal bisogno di farsi un' idea

critica

della

poesia

conforme

ai

molti suoi scrupoli, naturale che quelle parole di


rissero

Aristotele appa-

come una

rivelazione e

non

fossero

pi dimenticate.

Parve

che

ivi fosse il

vero segreto della rappresentazione di quelle

umane

passioni >
alla poesia

che, per lo innanzi,

erano state
il

l'

oggetto

pi
>

estraneo

ed ora stavano per diventare

pi proprio

Tolgo questa espressione da un trattatello del Capriano sul quale


ci

fermeremo
il

di qui a

qualche pagina.

Il

Robertelli
si

cap veramente

a fondo

pensiero dell'antico?

Pi che non
consentiva.

creda, forse, e certo

quanto

lo spirito dei

tempi

gli

Ne

cap di sicuro

uno

dei

significati eterni, quasi


il

domestico a noi,
il

ma

al

quale non era giunto

rinascimento e oltre
il

quale non andr alcuno dei suoi successori

compreso

Tasso. Gli scrupoli condurranno anzi a


la storia,

un

regresso. Cap

insomma che
gini poetiche,

per quanto

<

adnotata
il

>

e abbellita da
se

imma-

non pu diventar poesia se


;

poeta non

ne faccia

una

sintesi

sua

che

non

v'

grandezza o bellezza di personaggio

storico suscettibile di passare nella poesia cos


storia,

come

sta;

che,

nella

quale
(')
:

si

scriveva allora,

e'

era

una parte

sola di

ispirazione

poetica

le concioni poste in

bocca agli uomini

illustri dalla fan-

tasia dello storico.

Di qui forse sarebbe giunto a qualche osservazione


la

degna dei moderni, se

preoccupazion moralistica
:

della

iro^^ta

non r avesse inceppato. In quella afl'ermazione < poesim philosophieum quiddam magis in se habere quam historiam, hoc est philosophiae magis esse similem, quia poesis exprimit ac sectatur universalia,

historia

autem particularia

C)y nella quale


s'

una

delle

menzogne
una vera
in

convenzionali del rinascimento aveva inteso che

alludesse a sapienza

allegorica recondita nei miti, egli intese che si trattava di

elaborazione

poetica. Disse:

Si

sit

effingendus
esse

prudens

rebus

agendis Ulisses, non qualis ipso


eircumstantia,

est,

considerandum

sed, relieta

transeundum ad universale et effingendum esse qualis prudens callidusque, ab omni parte absolutus, describi solet a philosophis C) Ma - si osserver subito - in queste parole non e'
.

0) Op.

cit.

p. 90.

C-)

P- 91-

V)

id-

48

CAPITOLO IV.

tanto la teoria della libera intuizione poetica quanto quella d' un assoluto morale cui e le sue azioni.
il

poeta deve aver

l'

occhio rappresentando

l'

uomo

Certo anche questa idea implicita nelle sue parole: tanto implicita

che
se

suoi successori

non
di

vi coglieranno e

non terranno per

buona

non quella. C'erano


e dargli

mezzo

pericoli della ;toixtXta e si

sa bene che cosa voleva dire foggiare

un personaggio
S'

ab omni parte

absolutus

un

significato filosofico, affidandosi ai filosofi del

tempo, gente di non


ogni probabilit^
principio
assai pi
e,
il

facile contentatura.

intende dire che, secondo


tutti gli effetti

Robertelli
alla

non prevedeva

di

quel

conforme

sua natura, dava a quello

un

significato

umano

e pi semplice.
il

Non

piccola

novit,

del

resto,

aver capito che

materiale greggio della storia non diventa poesia,

per quanto fregiato e abbellito, se non ricreato dal poeta.


pensiero, tuttavia, egli diede l'espressione che
affid ai filosofi.
il

questo
si

tempo esigeva e

Resta per una obiezione da

fare.

Perch dunque
il

il

Robertelli,

per questa via, arriv a svalutare alquanto


credere che

poema romanzesco, a
quasi
solo

un

tale universale si

potesse

attingere

nel

poema eroico? (*) Sta bene che Aristotele parlava di poema eroico, forse che l' Ariosto ma quello non aveva conosciuto il romanzesco. non sectaverat universalia pur con la materia romanzesca ? Forse che egli aveva seguito il metodo degli storici ? La risposta sar data
anche troppo in lungo e troppo chiaramente nelle pagine successive
e'
:

era di

mezzo

la Tuoixdia considerata

appunto dai

filosofi.

Quindi, prima di venire ai successori del


nel

Robertelli

immediati
ribellione

tempo

e nello spirito,

consideriamo la presto

domata

del Giraldi sul terreno di

quest'arduo principio aristotelico.

un" gran peccato, per, che cotesta famosa e futile

ribellione

fosse tentata da

un uomo inferiore agli aristotelici stessi per forza d' ingegno, e nascesse non dall' avere inteso ci che v' era di falso in quei loro principi, ma dal non aver inteso ci che v' era di buono
:

in parecchi
bertelli.

per esempio in quost' ultima modesta conquista del Roegli confondesse la

pure un peccato che

sua protesta con I

la difesa dell' Ariosto,

traendone immeritate simpatie tra contemporanei


ro-

e posteri, e che da quell'aria di indipendenza che la tradizione

(')

p. 96.

ARISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E

l'

EROICO

49
sempre

manzesca conservava nella fetontea Ferrara


fa

(sicch a lei poi

capo una sorda opposizione

alle idee correnti col Castelvetro, ferle

rarese di animo, col Patrizio, col Guarino, con

Accademie

citta-

dine, tutta gente piena di rimpianti ariosteschi) egli

prendesse lena

non a

liberarsi dalle maglie dell' aristotelesimo,

ma
e

a ridur questo a

significati

punto interessanti.
di gloria

Pure ebbe un momento


in lui
si

come poeta

come
di

teorico che
il

equivalgono.

Un

savio critico della vecchia

scuola,

Ca-

merini, quando faceva le sue prime armi col

nome

Giulio

Anti-

maco, defin
raldi (e
al

i Discorsi intorno al comporre dei romanzi > del Ginon li defin male per rispetto all' impostazion dello stile e momentaneo successo che ebbero) La prefazione al Cromwel del
:

lor

tempo

(')

il

Carducci onor

il

poeta di questa complicata de-

finizione: l'Euripide romantico

della

Corte

d'Este

(*).

Eppure
e,

sapete quali sono

meglio collocati per veder bene che cosa rappre-

senta
forse,

il

Giraldi ? Sono gli Inglesi.


l'

un
il

paradosso

esattissimo

per

istessa ragione,
all'

peggio collocati siam noi.

chio al passato e

Ariosto, dopo

quale

ci si

Avendo l' ocpresenta un lungo


600 insomma,
che qualcuno

declinare della poesia, noi, per


ci

un

bel pezzo, fino al


le

disponiamo a un sospiro di simpatia tutte


richiami a lui a
fatti

volte

ci

o a parole,

se

non

in quella forma d'arte,


dei

tate le possibilit poetiche

come se non ci fosse salvezza come se non fossero gi di molto mutempi. Ma di queste non abbiamo
s, a

chiara coscienza, perch nessun poeta ce le svela. Gli Inglesi che, invece,

hanno l'occhio davanti a


volte
dalla

Shakespeare, sono disposti a


di

un
il

rigoroso controllo tutte le

che,

questi anni,

si

presentino

forme d'arte travolte poi


Giraldi per,
e'

rivelazione
assai

shakespeariana.

Per

un' analogia

pi sostanziale e
degli
Inglesi,

riconosciuta

che lo mette cos in luce all'occhio


fra noi

Egli rappresenta

proprio quella forma di

poesia che

Shakespeare, apparendo,
trasfigur
i

trov in conflitto con la


scintilla dell'umanit.

sua e abbatt o

mettendoci

la

Gli Inglesi

distinguono

due

momenti con
terribile.

queste due espressioni: la poesia del periodo elisabettiano la poesia dell' orribile,

queUa

di

Shakespeare la poesia del

(')

G. B. GraALDi

Scritti critici.

Pref,

di Giulio

Antimaco

p.

(Milano,

DaelU 1864).
(2)

CARDCca

Saggi

tre

suW Aminta

(Firenze, Sansoni 1895) p. 54.

ToFFANLN.

La, fina delf uinanesimo.

50
Il

CAPITOLO IV.

?'

Giraldi

(')

fra noi

il

rappresentante

genuino della poesia

elisabettiana dell' orribile.


I'

la differenza tra questi

due aggettivi
terribile ci

sa-

pete qual'

L' orribile ci che

non ha anima

il

che

ha. Il

primo
il il

la strage cieca e spettacolosa

che turba solo la fandestino

tasia, l'altro

misfatto in cui c'

un baleno dell'umano

che

e'

investe

pensiero
il

il

primo pu essere dato anche da persosi

naggi burattineschi,
zioni

secondo

sprigiona solo dalle grandi

figura-

umane; per
il

il

primo pu bastare un ignoto poeta del periodo


secondo
i

elisabettiano, per

il

ci

vuole Shakespeare. Per


dell'orribile e

gli Inglesi

cos chiaro

distacco tra

due periodi

del

terribile

che, mettendosi a studiare

tempi nostri paralleli a quelli, non posil

sono sfuggire

al

ravvicinamento. Anche per

(^).

Saintsbury,

l'

Orbecche

The

chief italian horror-tragedy

Se noi, invece del Tasso, avessimo avuto uno Shakespeare,


per restare in casa nostra,
Sanctis stesso
(')

o,

un Manzoni, come a
nelle

giudizio

del

De

sarebbe stato

aspirazioni

del

tempo,

allora,

certo, intorno al Giraldi

non sarebbero oggi


si

possibili equivoci.
i

Invece
se-

di avere

uno Shakespeare o un Manzoni avemmo


limitarono a sentirne

critici

della
e,

conda met del 500 che


smarrirono
riosto,
nell' assurdo.

il

bisogno

con
si

lo sforzo del loro teorizzare,

parvero auspicarli
il

poi deviarono e
l'

Sicch

nostro sospiro rimase sempre


via che tornare
sotto

AIl

come

se

non
il

ci fosse stata altra

a quello.
cui
si

Giraldi godette

beneficio delle grandi insegne

mise:

ma, in

realt,

egli cap l'Ariosto

non pi

di

quello
in

che intendesse
il

Aristotele e rimase, in teoria pi ancora che

pratica,

genuino
tra-

rappresentante, tra noi, dell'

horror-tragedy che, in fondo,

gedia da burattini.

Insomma, a ridurre nei brevi


per

limiti ch'essa merita

la

tesi
l'

del

Giraldi piena di vittorughiana albagia (dei suoi due


i

discorsi,

uno
1'

romanzi del 49,

l'

altro per la tragedia del 53) se

ne ricava
u-

questo.

Non

punto vero che quella distinzione aristotelica fra


il

niversale e
e
il

particolare consideri

una vera differenza

tra lo storico

poeta nell' ispirazione e nel

modo

di trattar la materia.

Se noi

(')

Cfr.

11 Conciliatore
cit.

(f.

II,

anno

I,

p.

293).

(')

Saintsburt op.
:

voi. II, p. 58.

C) De Sanctis

S. Leti. S. voi II, p.

135 (Napoli

Morano

1913).

AEISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E

l'

EROICO

51

leggiamo volentieri in prosa - tuona egli con cos alta voce che non
si

ha

il

coraggio di interromperlo - la vita di Temistocle, di Corio-

lano, di

Romolo,

di

Teseo e di

altri eccellenti

uomini, perch

ci

do-

vr essere

men
{')

grata e

men

profittevole a leggerla composta in verso


(')

di gentile e saggio

poeta?

L'epopea non che storia e storia


tale

in versi

>

La sua veemenza

che non solo

non
il

riesce

rimetterlo in carreggiata l'oscuro Aristotele,

ma

neppure

bonario

Orazio col motto pieno di buon senso

Nee gemino bellum troianum orditur ab

oro.

Ma come?
sua vita
leide e,
>
.

Risponde Cinzio: se dalla cuna quest'eroe diede segno


dalla

della sua grandezza,

cuna

si

devono cominciare
versi

le azioni della

Su questo
si <

bel fondamento mise in

la

sua

Erco-

l,

dimostr tanto accorto critico quanto valente sebben coeIo

rente poeta,

mi son molte

volte riso

egli dice

di quelli

che

hanno voluto chiamare in


dell' arte di

tutto gli scrittori dei

romanzi

sotto le leggi

Aristotele e di Orazio,

non considerando che n

questi

quegli conobbe questa lingua e questa maniera di comporre

C).

Ma

perch a nessuno

salti

in

mente

di attribuirgli per tali parole

alcun

pensiero profondo, egli affronta risoluto l'espressione di Aristotele, e

invece di dire che essa non fa al caso suo (tant' ormai


di quel

il

prestigio
quell' as-

nome),

s'

impunta a volerla spiegare e giudica che

segnare al poeta la trattazione delle cose come dovrebbero essere, al


>ntrario dello storico che le tratta
ficato critico
filosofico

come sono, non ha alcun

signi-

o intimo:

ma

si

riferisce

piuttosto

a
i

una
sacri-

questione di contorno. Virgilio, per esempio, quando descrive


fici

Enea non studia i costumi del tempo di quello, ma si riferisce comodamente ai tempi di Ottaviano. ^E questo avviene perch non scrive il poeta - come ho detto - le cose quali erano e sono ma quali
d'
;

debbono essere per

dilettare e giovare insieme, soddisfacendo agli uo:

mini di quella et nella qu^l^ scrive


lecito a chi scrive storia

il

che non per

modo alcuno

ridotto

Q.\ Tutto

il

giovare del

poeta

a questa molto comoda facilitazione


gli

dell' intelligenza della storia

per

ignoranti

e proprio in tal
filosofico

modo

gli

pare che
!

il

poeta giovi agli


fanatico

uomini e

sia pi

dello

storico

Ammiratore

del

meraviglioso, del

fantastico, dell'orribile egli si valse di questa


notrjT'.x-j],

sua

singolare attitudine a storpiare la

conosciuta da lai neU

()

Op.

cit.

p. 24.

(^)

Id. p. 25.

Id.

p. 51.

C)

p.

65-66.

52
solite formule,

CAPITOLO IV.

per teorizzare la

sua riforma che consisterebbe nel

trasportare nella tragedia la materia o meglio la maniera romanzesca.

si

appoggi su

altri

due passi

aristotelici.

Quello
rea,

aveva
l'

detto:

Chiunque abbia coscienza


tutte le cose

della tragedia

buona o

avr ancora
1'

dell'

epopea, perciocch nella tragedia, sono le cose che ha

epopea,

ma

non sono

nell'

epopea che ha la tragedia

(').

lui,

che non capiva nulla di catarsi e di elemento mitico

religioso,

fece

comodo intendere che quello avesse


epopea passare
alla tragedia senza

detto

il

contrario,

potersi

dalla

mutare o aggiungere nulla,

una tra- dissero i commentagedia di argomento immaginario: ammissione tori venuti dopo - strappatagli dalla sua amicizia per l'autore del
Aristotele avea stentatamente
la possibilit di

ammessa

Fiore

Agatone
cap

il

deliciae Aristotelis
:

Platonis

familiarisque

(').

Il Giraldi
il

contrario

che cio

la

vera materia del poema fosse

fantastico.

questa stata la ragione i

esclama

egli

eh' io

(non curando quello che ne sieno per dire


la

morditori) ho composto

maggior parte delle mie tragedie di soggetto nuovo da


sia

me trovato
greci,

ancora che non ve ne

esempio appresso

tragici

n
di

latini ch'oggid si leggono,

volendo piuttosto errar

col

giudizio

Aristotele (se poi

si

pu dire errare chi segua


ai ai loro

cos giudizioso filosofo)

che compiacere coloro


essi
i

quali ogni cosa dispiace se

non quello che

fanno che conforme

(^).

discorsi contrari molte volte a tutti


si

buoni giudizi

Ora, quando

dice

che

il

Giraldi propugn
si

l'abbandono dei tragici greci per un ritorno a Seneca,


vera,

dice

cosa

ma

che spiega assai poco

la psicologia dell'
il

uomo
o

e lo
il

spirito

della sua molto personale riforma. Seneca

pretesto
i

presup-

posto storico di quella sua bizzarria alla quale

classici

greci

non

avrebbero prestato

il

loro consenso

laddove

il

latino,
l'

col

suo spa-

gnolesco amore del portentoso e del truce, aveva


sore
:

aria d'

un precurla

se se ne tolga per quel terzo

elemento

della

tragedia

sententia - cos cara al poeta stoico e cos sconosciuta allo scapigliato


italiano.

Onde

la

conchiusioue del suo programma di riscossa:


poesia,
si

si

butti

via cotesta pretesa di trovare un perch alia

mettano in
se

un

fascio

poemi

e tragedie, si miri alla novit e alla sorpresa e

(')

Aristotele op.

cit.

p.
:

10.

()

Cfr. Petri Victorii

Commcntarii in primtcm
:

l.

A. de A. P. Florontiae
p.

1460,

p.

152.

PiccoLOMiNi
p.

Annotazioni

all'

A. P. citato poi,

146.

Op.

cit.

65-66.

AEISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E l' EROICO

53

davvero
/

gli eroi

romanzeschi son venati a noia,


si

si

faccia

plicissima cosa,

prendano

gli eroi antichi e si trattino

una semcome altret:

^1 tanti

Orlandi e Rinaldi. (Ecco

le

sue parole di vero gusto vittorughiano


?

Volete trattare argomenti antichi

Ma

trattateli

Alcuni dicono che


le

le cose antiche

non sono
!

atte a pigliar quella

forma che pigliano


lo

finte di

nuovo .... Oib

Io sento che molti

stanno tentando e

che avendo fastidio degli Orlandi e dei Rinaldi fanno dei soggetti
antichi altrettanti Orlandi e Rinaldi >
(').

Molti lo stanno tentando

attendevano
ai

il

povero Cinzio.

Oh vedremo subito quante delusioni Come gli uccelli di passo si commovono


!

richiami che Saigon dal prato e fanno


fiutato

l' l'

atto di raccogliere

il

volo,

ma,
i

appena

l'

inganno, riprendono

aria delusi e stanchi, cosi

poeti italiani si volsero al richiamo del Giraldi che

pareva quello
riaffidarono

del rinascimento.
al destino dei

Ma, come capirono

la falsificazione, si

tempi nuovi. Perch

la figura del Giraldi, in fine,

non
il

n fuori posto n strana .^gli rappresenta

un

tentativo di rifare

rinascimento in un' et che

non era pi

tale e

non aveva ancor


la

tro-

vata altra via. Ma, del rinascimento, egli non vede che

bellezza
gli effetti

senza la sostanza (basta pensare che non intese

il

Pulci),

senza la causa e

gli

pare che, per rinnovarlo, basti uscir dalle maglie


l'

di Aristotele o allentarle, senza comprendere che, invece,

unico

modo
il

sarebbe stato

d'

intendere quello a fondo, senza rendersi conto che


il

divino Ariosto non aveva scritto


lo storico fa della storia,

Furioso facendo della poesia come

badando solo a ammassar meraviglie,


i

ma

aveva proprio considerato


*

suoi paladini sotto

l'

umana

luce

dell' u-

niversale. Cos -

come avviene sempre

nelle recise antitesi -

F opera

sua gemella a quella degli aristotelici e rappresenta, massime negli


scritti poetici,

quel disfarsi del rinascimento al quale gli aristotelici

(lavoravano,
ci

invece, tentando di teorizzare qualche cosa di nuovo.


il

d anche un presentimento di ci che doveva essere

secentismo.

Ma

come, anche dalla dissoluzione di una forma poetica, pu germoil

gliare

misterioso fiore della poesia,

e'

in lui qualche

spunto

di

P"

decadente bellezza tutta vuoto intimo

ma pur

riuscita per certi baleni

di sensualit, di fantasiosit appassionata che appunto arte di deca-

denza. Vedete quella sua vantata Orbecche piena

di

meraviglie

in-

ventate da lui, concludente a catastrofi meravigliose sullo sfondo d'

un

(')

Id.

54

CAPITOLO IV.

lussurioso oriente dove Seneca travestito proprio da Oscar


e
il

Wilde,
ario-

mito classico del cuore offerto nel vaso - o serena ironia


!

stesca

- ha sensuali iridescenze Wildiane.


l'aveva poi letto Aristotele costui?
Il

Ma

Pigna, che poi

si

lagn

d'essere stato derubato da lui della tesi (ma ebbe fama di maligno)
gli ricorda intanto

che nelF originale no


il

di sicuro,

perch

il

greco non
la-

lo sapeva. Certo

avea ragione

Pigna: non in greco e male in

tino. In realt quella

sua grande sicurezza veniva da esuberante e

non spregevole ignoranza d' uomo che ha dentro di s un suo mondo poetico. Infatti il Pigna che, per il culto dell'Ariosto, aveva fatto
r anno prima (1553) di meglio che queste chiacchere, pubblicandone primo le poesie latine, sostiene le stesse cose ma con pi finezza e
coerenza
:

e,

certo, sarebbe passato lui alla storia invece del Giraldi,

se avesse potuto raccomandarle


poetico. Egli crede

come
che
1'

l'altro a

un
il

discreto

bagaglio

insomma

(')

universale voglia dire variet

il

particolare monotonia. Gli par quindi che

poema

eroico,

con

tutte quelle regole, riuscir a trovarsi in conflitto

con questo stesso

universale: sar monotono insomma. Anch' egli approva l'idea di mettere nelle tragedie la materia dei romanzi,
di Aristotele e lo colpisce, fra gli altri, quel
alla

ma

rispetta le distinzioni
(^)

punto della peripezia

quale

s'

era gi appigliato, con incredibile fortuna storica,


il

un

addentellato opportunissimo tra


aristotelico della

romanzesco e

il

come classico, un
l'

akro

prima ora

lo Speroni.

Apprezza anche
i

obie(*);

zione che facilmente

per la poesia indotti siamo a dipingere

vizi

ma
non

risponde con un argomento che rivela in loro, dico in lui come

nel Giraldi,
si

un

sincero stato d'

animo

di parecchi anni innanzi,

quando

vedeva rapporto tra vita e letteratura. Risponde che vero;


il

ma

che la poesia cosa di pochi, che

popolo non ne capisce nulhi

e gli eletti si regolano. Infine,

uomo

erudito, riconosce senza strappi


il

giraldiani la assoluta sovranit di Aristotele e afferma che sforzo fu

proprio
nel

non

di ribellarsi a lui,
(*).

ma

di

seguirlo

e interpretarlo

modo

migliore

Ed

ora vien fatto di domandare

queste obiezioni contro


vittoriose,

il

poema
erano

regolare aristotelico

non erano per fondate e

almeno per

rispetto ai pericoli della

monotonia e del poco interesse?

Non

(')

G. B. Pigna
p. 28.

Romanxi

(Venezia 1554)
{")

p.

1.

(2)

(')

p. 30.

p.

65.

ARISTOTELE FRA H. ROMANZESCO E

l'

EROICO

55
cui alla poesia

tali si

da disanimare

poeti, specie in

un momento

in

continuava a chiedere meraviglia e splendore?

se, anzi, il

culto

dell' Ariosto, pur fra pochi e stentati contrasti, cresceva, che cosa aveva

fatto di

male
?

il

poema romanzesco per


fatto di

essere respinto con tanta


il

ri-

pugnanza
cotanto ?

che cosa aveva

bene

poema

epico per attirare


fosca al-

Che cosa era

in fine questa aspirazione incerta e

l'eroico, questo cruccio delle

due ultime generazioni del 500 nel vo;

lere

un poema

epico ? Nulla

avveniva quello che

il

Fracastoro aveva

intuito
tati

guardando

con vero occhio medico la piega dei tempi tormen:

dal problema del bene e del male. Kicordate

Genus enim
per

illud

absolute pulcherrimum fere

unum
:

est ut
>

forte

heroicum:

illud

tamen non semper scribere poeta vult

Avveniva proprio

cos

la risposta

al

Giraldi

al

Pigna,

la

spiegazione del dubbio del Fracastoro venivano da ogni parte; erano

neir aria. Io apro per esempio

il

trattato

della

vera

poetica

>

del

Capriano

(')

frutto di questi anni fl555), e vi trovo

tutto

un inno

a quella grande e pericolosa gloria della poesia che la rappresen-

tazione dell' uomo. Anzi


le
e'

il

pi proprio subietto della poetica sono


jrotx'.Xia

umane
che

azioni

{').

Ma

fra le sirti della


:

psicologica

non

un ancora

di salvezza

il

variando e rappresentando
e

le azioni

poema eroico. Perch la poesia umane in quel modo che do-

rranno essere occorse

ragionevolmente succedute e riducendole in

idee universali di azioni e di

costumi (che questa una delle prinil

cipali differenze fra lo storico e

poeta) istruisce e

ammaestra

l'a-

nimo

e la vita nostra or con questa sorte d' azioni or con quell' altra,

sulla via del vero

bono

e beato vivere....

se

qui alcuni dicessero

che grandissimi per l'opposto son quei


questa arte da chi perversamente
turpi e che dall'onest
si
l'

nocumenti

che

nascono da

usa imitando e rappresentando cose

e greci e latini
delphini,
l'

(*), si

come han fatto molti degli antichi risponde raccomandando l' imitazione ad usum
partono,

allegoria e altri ripieghi

ma

soprattutto additando la grande


illustri,

via di scampo, l'imitazione di


quelli che bazzicano solo nel
il

personaggi

sublimi,

perfetti,

castigato

suprema

poema eroico e coi quali solo si accorda stile di questo. Deve il poema essere ammirabile di rara squisitissima invenzione ancor nel suo genere, e non d' in-

(')

Gio. Pietro
p.

Capriano bresciano
(3)

Della vera poetica (Venezia 1558).

14.

p. 3.

56

CAPITOLO IV.

venzione comune o mediocre... d'elocuzioni dilettevolissime parimente...


e oltre di ci... avere pi che mediocre giudiziosissima e grandissima

osservazione delle cose, massime


questo,
il

delle

cose

umane;
il

perocch,

da

vero e buon poeta forma e ordina

filo

della

imitazione

dei costumi degli affetti degli

uomini e similmente a presso a quella


chiama
cercate

(').

parte di filosofia che morale

si

Ma,

perci, per avere


i

il

personaggio ab omni parte absolutus


dini bizzarri e cercate
l'

in questo senso, via


illustri,

pala-

epos

azioni

anzi illustris-

sime
che

il

(*)

ragion per cui aveva perfin torto Aristotele a non capire


epico ognora
preferibile
alla

poema
si
il

tragedia

dove tra

le

quinte

aggira sempre l'iniquit. Cos Virgilio sale pi in onore di

Omero
quello

quale scivola nell' indecente pi spesso e pi volentieri di

f ).
questa arida prosa di
in
critici

Ma

- e

piccoli

- che spiega

ma

non illumina. Per vedere


bisogna badare
ai poeti,

palpitanti

anime quale occulto


l'

assillo

incitasse spesso contro genio,


ai

ma

fatalmente, verso

eroico,
illusi

migliori,
istante

pochi poeti del tempo che,


il

un

dalla promessa del Giraldi di rinnovare

rinascimento, risposero al

suo appello,

si

sforzarono anche di persuadersi e poi, a capo chino,

ripresero via verso l'eroico


retorica questa,
logici,

come

altrettanti romei.

Non

immagine

ma

strettissima verit. Ci sono dei dietroscena psico-

delle sottili intime angustie che

danno

il

tono di quegli anni


:

altro indizio. Penso a due uomini molto rispettabili Bernardo Tasso e Luigi Alamanni che bisogna conoscere un po' da

come nessun
vicino.

La
e

storia delle

lunghe alternative
:

di

Bernardo

fra

il

romanzesco
Bernardo,
alla

r epico gi nota per sommi capi


:

meno famosa
dell' istessa

quella dell' A-

lamanni
per
et.

eppure

l'

una

1'

altra

son

natura.

per educazione, per ragion

di gusto, inclinava

poesia

romanzesca e non era stufo della buona tradizione

ariostea.

Eppure,

un
in

bel giorno, venuto in possesso di

un romanzo spagnolo e cadutogli


l'

mente

di

cavarne un poema, non riusc a cacciare

idea di farne
?

la perfetta azione d'

un

solo .

Che

cos' era

avvenuto

Spirito inasi

dattissimo alla critica, probabile che, dapprima, neppure egli

ren-

desse conto di quanto tale sua idea letteraria fosse legata con quella
religiosa.

Del

resto, in tante

sue divagazioni teoriche, non

gli

riusc

(')

p. 13.

p.

10.

p.

21.

ARISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E

l'

EROICO

57

mai

di veder

bene questo rapporto che pure

lo

torment cos a lungo

non

riusc a dire perch volesse ridursi all'epica dalla quale lo disaltro,


il

suadeva fra r
le idee lo

pauroso esempio del Trissino. Pili ancora che


gli

impacciavano

uomini che

le

rappresentavano e lo im-

pauriva

il

biasimo loro, dandogli una perplessit malata, cos analoga


si
i

a quella del figlio che mai, forse, la legge dell'ereditariet


fest in

maniprimi

forme pi precise e in oggetti pi

delicati.

Certo

tassativi

commenti

alla Poetica gli

passarono

sull'anima

come un
e
(';,

monito vago e penoso, del quale resta documento neUe sue prose non
per alcuna analisi o critica,
quasi irragionevole

ma

per una sua


accolto nell'

sommissione umile
di

come quando,

Accademia
poesia,

Venezia
si

vi pronunciava quel suo ragionamento della

dove

allude

all'Arte poetica tanto tempo nell'oscure tenebre dell'ignoranza del

mondo
mente

sepolta e perfettamente nella latina favella tradotta e perfettadall'

erudito Robertello, dal nostro giudixiosissimo

M. Vincenzo
(').

Maggi, e

dall' eccellente

M. Pier

Vittorio esposta e interpretata, quasi

sicura e fidata scorta per


intendere
il

le difficili

strade della poesia

(Per
si
ri-

valore di quel giudiziosissimo attribuito al Maggi


si

cordi che esso vale piissimo, essendo costui (ci che

vedr
i

fra

non

molto)

il

primo che ridusse a


:

stretto significato moralista

passi con-

troversi della Poetica

onde

s'

intende pure, senz' altro, ci che signi-

fichino gli attributi di sicura e fidata dati a questa).

Ma
nascere

dopo questo caloroso


;

atto d' ossequio

invano voi cercate qualche

che argomento pi solido


il

uomo

della

generazione

avea visto

Furioso

egli,

della Poetica,

non

ci

capiva nulla. Platone


la

- dice Bernardo - condannava la

tragedia

avendone essa solo


la
la

dilettazione proposta: la epica invece


.;_

proponeva con
con

dilettazione
gli

insieme
si

la virt e quella

norma
{').

di vivere

quale
co'

uomini

p-

congiungono

co'

Dei

Questa congiunzione

Dei (bella frase


:

quattrocentesca) gli pareva

si

operasse attraverso le regole classiche

ma non una
lui.
lit

di quelle regole merit la fortuna di essere illustrata


si

da

Anzi, quando

sforz di spiegare quella tanto riconosciuta finai

morale della poesia, invece che

difficili

argomenti degli aristo-

(')

Rime

di B.

Tasso colla vita nuovamente descritta del


pref.
p.

sig.

abate Pieran-

tonio Serazzi
(2)

(Bergamo 1749)
:

32.
il

B. Tasso

Delle lettere, aggiuntovi

Ragionamento della poesia (Pa-

dova
Q)

1733)

p.

525.

l. p. 517.

58
telici,

CAPITOLO IV

gli

veunero sotto
Il

la

penna

quelli blandi e

oscillanti

dei

loro

predecessori.
le

fine della poesia

- disse - non
con

altro

che imitando

umane

azioni con la piacevolezza della favola, con la soavit della

parola in bellissimo ordine congiunto,

l'armonia del verso,


virt,

gli
(').
il

umani animi,

di

buoni e gentili costumi e di varie


si

adornare

Non

solo,

ma quando

sforz di spiegare in che cosa consistesse

diletto

dell'

antica poesia, confess che, in Virgilio, quel che gli piail


il

ceva, per esempio, era

famoso episodio
segnacolo
dell'

di

Didone

d'

Enea

(^)

ormai diventato come


lectare
*

ardua

conciliazione fra

de-

prodesse

Della sua
giorno, egli

partecipazione

intellettuale

al

grande

contrasto del

non

riusc a lasciare negli scritti teorici


piii

alcuna traccia

pi chiara o spiegazione
stione d'intelletto;

profonda. Appunto perch non era que-

ma

si

trattava di

un'anima

che,

se

la

frase

concessa, subiva l'ambiente. Invece nella storia delle sue alternative


tra
il

romanzesco e l'epico, dei suoi


ingenue

abbandoni,

dei

suoi

rimorsi,

delle sue

ipocrisie, tutte cose evidenti nelle lettere agli

amici
ari-

arcigni e implacabili
stotelici dall' altra),

come

tiranni

(il

Giraldi da

una
si

parte, gli

egli lasci a quella

breve traccia teorica un comscorge, disegnato

mento indimenticabile.
punto per punto,
dopo, su cui
il

bisogna vederlo, perch vi

lo

schema

di quelle altre alternative di


il

venti anni
follia.

figlio

Torquato mise

colore pauroso della


di

frenologi, ripeto, quelli che credono all'ereditariet

questi

mali,

farebbero bene a ritornare

sull'

esempio dei due Tasso.

Non meno

il

interessante poi, per rispetto alla conoscenza del tempo,

caso di Luigi
o,

Alamanni che esord pure


e,

egli poeta
la

del

rinasci-

mento
rici in

in altre parole, ariosteo,

seguendo

curva di una pa-

rabola che va dal 1541 al 1555,


cui egli spieghi
il

fini

aristotelico deciso. Trattati teo-

perch del suo mutamento non risulta che


meditare, probabile che

ne scrivesse, ma, natura non aliena dal


egli leggesse
telica

un

po' pi addentro del collega in quella fatalit aristoil

che era divenuta come

comune gorgo
e,

delle

anime

letterarie

contemporanee. Certo quello strano repubblicano era foggiato


pasta
ci si

d'una
casuali

meno

incoerente che non Bernardo

arrivato alla conversione,

ferm suscitando l'invidia del


per,

lontano

compagno.

Le

frasi teoriche di lui,

non sono pi profonde

di quelle del

Tasso

(')

Id.

p. 525.

()

Id. p. 522.

ARISTOTELE FRA IL ROMANZESCO E

l'

EROICO

59
il

anzi, nello spirito, le ricordano assai

da vicino.

Non

so se

concetto

informatore della classica castissima

Avarchide

fosse fedelmente
il

espressa dalle parole che ad essa premise con altre


tore (l'opera fu pubblicata

suo primo edicorrisole,

postuma)

de

unit
che,

aristoteliche
di

pondono con

la perfezione

morale:

parole

per

potrebbero essere
spirito inquieto,

di

Bernardo.

Ma

molto

probabile

che

quello
in

portando l'ancora scapigliato umanesimo


I,

italico

quella corte di Francesco

dov' esso, sotto la protezione della spiri-

tuale Margherita di Navarra,

preparava

la

sua seconda primavera,


pii

fecondato dalle guerre di religione, intendesse

addentro che quella


di

mania

delle regole

non era soltanto

sterile
il

pretesa

grammatici.

Forse in quella stessa ammirazione che


al nostro

facile
e'

Francesco I tributava

rinascimento egli sent che non


la nostra letteratura
'

era se

non

l'

ammirazion

di

un passato e che

doveva mettersi a paro coi

tempi nuovi.

Come
alla

si

pu dare un semplice

significato di capriccio letterario


affatto

alle parole di

un uomo che non era

un

letterato
al

puro,
e

dico

mal contenta dedica premessa dall'Alamanni

suo

Giron cor-

tese

iu relazione con

l'

episodio che lo origin ?


all'

H buon

Francesco I
fran-

aveva quasi messo tra mano


cese, perch
diletto

Alamanni un vecchio romanzo

ne ricavasse qualche bella cosa sul genere del suo pre>


.

Furioso

L' esule poeta obbedisce

ma, nella dedica a Enche


i

rico II,

invittissimo

re

di

Francia, annuncia

suoi sguardi
I,

sono ormai rivolti altrove e promette a quel successore di Francesco


<

se

Dio

gli

conceder

tal

grazia e

lunga

vita,

altra

nuova opera
ma-

di poesia

meno indegna

del valore di tanto Re, fatta secondo la

niera e la disposizione antica dell'imitazione (quanto in lui sar) di

Omero, Virgilio e degli


intendere che
l'

altri

maggiori

>

(*).

Parole

le quali ci
l'

fanno

editore dell' Avarchide > avea ben colto

animo del
insinuava
!

suo autore. Eppure gi nelle ottave del


tanto moralismo e

Giron Cortese

s'

una preoccupazione civile punto ariostea pure l'Alamanni era un grande ammiratore dell'Ariosto.

{')

Ep-

(')
("-)

Alamanni

Giron Cortese (Bergamo 1757)


altro

p.

XXXIV,
di-

Quali poi siano le finalit morali del Giron Cortese questione


l'

scussa e ridiscussa. Cfr. fra

H. Hatjvette

Un

exil florentn

la eour son oeuvre

de Franee

au

XVI

siede

Iniigi

Alamanni

(1495-1556)

sa vie

et

(Hachette, Paris 1903).

60
il

CAPITOLO IV.

ferrarese

mio chiaro

e gentile (')

Ma

la prefazione del

1548, l'anno del commento del Robertelli


pensiero
del

il

cui primo apparire forse bast a concretare nel

poeta

quei molti scrupoli che egli era gi venuto mulinando


di cui Aristotele

da
il

solo,

ma

d'improvviso

gli

dava

la chiave.

Onde

suo non

retorico augurio di potersi riscattar

quasi

in

un'opera nuova.
riusc a finire
il

Ma
due

anch'

egli,

in questo pure simile al Tasso,

non

poema

della conversione,

come

se la morte avesse voluto falciare questi


il

transfughi del rinascimento prima che essi posassero


successiva.

piede nell' et

Ma veniamo a conoscerli pi. da vicino. Le lettere di Bernardo - poco simpatico genere di pubblicazioni messo in voga dall'Aretino sono un emporio di notizie non molto interessanti sulle minuzie del
secolo:

ma
il

la corrispondenza col Giraldi, brilla, l nel decennio an-

teriore al sessanta,

come un piccante
e,

segreto svelato. Il Giraldi

che

faceva

capo scuola,
i

a torto

ragione,

considerava

seguaci

suoi tutti

cultori del genere romanzesco, credeva di


Il

poter annove-

rare tra questi anche Bernardo.

quale, invece, in

un momentaneo
il

sopravvento di scrupoli e di buoni propositi (usciva allora

comos-

mento del Maggi), pensava


sequente alle regole.
intanto, da Parigi,
i

di fare della

sua Amadigi un poema


pensiero

confermarlo in questo
dell'

giungevano
il

primi canti

Avarchide in cui
il

fraterno
solo

Alamanni, non vacillante

neofita, seguitava

suo

poema non
il

scevro dalle macchie d' amore e tutto a virt maschia indirizzato

ma

anche perfettamente foggiato


;

sull' Iliade.

Bernardo non ha
s'

co-

raggio di fare diversamente

ma, a mano a mano che


sua religiosit
il

inoltra nelsi

r opera,

si

rende conto che la

si

acqueta e

ritrae

tutta nella

forma classica:

ma

suo gusto cerca quella romanzesca.


nel figliuolo la scena rievocata poi
i

(Ricordate

come rimase impressa

neir

Apologia
il

Bernardo

che legge

primi canti del suo poema

regolare e
ostante
il

pubblico
il

che sbuffa). Senonch suo cuore,


s'

mentre
le

il

poeta, nondell' eroico,

pubblico e

inoltra per

vie

ecco cadrgli l'occhio

sulla

prefazione al
di

Bernardo mette un sospiro


paragone calza il

gioia
si

quale, mentre

Cromwel del Giraldi. K come farebbe un penitente - il prepara a sciogliere un voto

(')

Satire:

M. Antonio Bruciali,

v. 109-111.

ARISTOTELE FRA

IL

ROMANZESCO E

l'

EROICO

61
che glielo -

difficile e

duro,

si

trovasse da lato un liberale confessore


egli scrive

sciogliesse.

Vi sono molto grato


col

allora

al

Giraldi

per

aver

voi

dottissimo

giudicioso

vostro

discorso,

ad un

tratto difesa la gloria del

divinissimo

nostro Ariosto ricoperta d'algli

cuna nube
cuni
:

di

biasimo e di riprensione che

era stata data da

al-

orme impresse da quel leggiagiudicioso poeta con questo mio poema cammino, di rispondere dro e il che per avventura non avrei fatto n con tanta alle loro obiezioni
e tolta la fatica a

me

che per

l'

dottrina,

n con tanto giudizio saputo fare > ('). Come pare sicuro di s il buon Bernardo
!

buio, infida

la
fa
:

strada, egli
la

ha paura e
:

s'
l'

imbatte finalmente in un amico. Allora


uccidete voi,
l'

voce grossa

se

non

uccido io - dice
di

- ossia

m'

avete tolto la noia di rispondere alle fiabe


dietroscena
psicologico del

costui

Senonch,

nel

povero pellegrino, c' sempre una


dietroscena
si

gran paura

di quegli altri e

quel

scopre aprendo

il

volume

delle sue

rime a

un

sonetto

contemporaneo,
riferentesi,

secondo ogni

probabilit, alla lettera

del

Giraldi, e

senza

dubbio
dice
:

di

equivoco, allo stesso argomento.

sentite quel che egli

all'A-

lamanni

(il

tono della voce potrebbe essere del figliuolo)


Voi che cercate
i

campi ampi ed aperti


tutti
;

Luigi, pieni di fiori e di frutti

Leila filosofia che gi per

Spaziate per sentier securi e certi

Ditemi come per

li

calli incerti

Di questi
Leghi
il

irati

e tempestosi flutti

mio
del

picciol legno ai lidi asciutti


i

Al Dio
Ch'
io

mare
Tifi,
i

panni umidi

offerti.

non son

e gi debile e frale

Rotte

le vele e

remi

la

mia barca
1'

E
Se non

r orrida tempesta ognor

assale.

d' ogni mio ben gravosa e carca Sommerger nell' onde il mio mortale Dal mare aperta e delle merci scarca.

(j)

Salvo poi a dir corna dell'Alamanni;


corna, che gentile era
1'

o,

se

non proprio
di

dir

animo

di Bernardo, a disperarsi

avergli

(>)

Lettere gi

cit.

p.

194-195.

() Rime^

ediz. cit. p. 32.

62

CAPITOLO IV.

dato retta, chiamando fiorita quell' arida poesia e perdendo forse cos
le

simpatie del Griraldi. Al quale^

infatti,

tornava
d'

rivolgersi

con

quest' altra lettera che

come
il

la

ricerca
l'

un

modus vivendi

Non

dubbio alcuno che


:

fiore e

eccellenza del poeta deve essere

nel giovare e nel dilettare


nostri,

ma come

per

l'

imperfezione degli animi

molto pi la dilettazione che


pi. diletta

l'utile si suol desiderare e

senza

dubbio alcuno assai

questa nuova maniera di scrivere dei


:

romanzi che quella antica non farebbe


sono assuefatti
orecchi e

forse meglio ad imitazione


i

di questi scrivendo dilettare che di quelli


dire. Gri
gli
il

lettori

saziare e infasti-

gusto degli uomini del no-

stro secolo a questo novel

modo

di poesia di sorte
:

che ninna altra


l'

maniera

di scrivere

li

pu

dilettare

e se ne vedr in breve

espetosto

rienza neir

Avarchide del dottissimo M. Luigi Alamanni che


:

verr in luce

nella

composizione
s
si

della

quale

questo

eruditissimo

ingegno ha osservato

minutamente

l'artifcio

che us

Omero

nel-

Iliade che nulla vi

pu desiderare. Nulladimeno,

per

relazione

di alcune persone di molto giudicio che

l'hanno vista e considerata

non
tal

diletter forse pitt per difetto nel giudizio di chi la legger che

di chi l'ha composta. [Pazzo ripiego di

auto-illusione

che

torner

quale in Torquato]. Ma, come si sia, io ho con tutte le forze in

quest' opera
saria e pi

mia

atteso alla dilettazione


al

parendomi che
(').

sia pi neces-

difficile

poeta da asseguire
di

Dunque
feriore

un

atto

debolezza,
al

se

non

un vero
si
sia,

peccato,
in-

questo di Bernardo, che per piacere


cara alla vanit di quello
?

pubblico, segue

un'arte

In

quel

come

vera-

mente chiaro
si

che
irati

egli

no.n

Tifi,

ma uno
della

smarrito nocchiero che

affida

agli

tempestosi

flutti

sua Amadigi

occhi
bi-

chiusi,

fidando

nella

misericordia
la

dei

numi.

Ad

ogni

modo
fra le

sogna osservare che per

prima volta qua dal contrasto


dell'

due

opposte tendenze, del Giraldi e

Alamanni (quello
filosofia

dell' <

Avarchide
per
l'

piena dei

fiori

dei

frutti

della

moraleggiante), scaturisce
critica

l'intuizione alla quale

non arriv mai per via

forza

d'astrazione:

il

romanzesco essere inconciliabile col prodesse,

eroico

piuttosto col delectare.


il

il

Giraldi, che lo

doveva tenere nel gozzo


<
(')

transfuga Alamanni, non essendosi dimenticato n del

Giron cora Ferrara,

tese, n d'averlo avuto spettatore plaudente nel 1541

(')
(*)

Lettere, p. 522.

Vita di L. Alamanni premessa

all'

<i

Avarchide

(Bergamo 1761)

p.

XA'.

ARISTOTELE FRA n. ROMANZESCO E l' EROICO

63

iu

uno

(lei

suoi

non frequenti
stata
la

ritorni in Italia, a quel trionfo

d'arte

romanzesca che era

prima

rappresentazion

dell'

Orbecche,
:

rispondeva a Bernardo con superba rampogrna vittorughiana

la

sua
al

Amadigi le far sig. Alamanni


ciolava
i

di molto pi lode che


(').

non

far la sua
l'

Avarchide

tanto per

non perder

occasione gli

risnocin-

capisaldi del suo discorso riconfermando la sua


Ho'.r^zi'A-fi
(*).

libera

terpretazione della
Il
il

buon Bernardo
Giraldi,

la faceva volentieri

da discepolo, sebbene avesse


i

crine canuto, e premeva, nel


il

profondo cuore,

discordi pensieri,
i

finche morto

morto F Alamanni, ingrossando

tempi,

si

de-

cise a offrir sul serio al


cielo
:

Dio del mare

panni umidi e a quello del

r anima intera chiuse quindi la vita lavorando a un poema in r eroico faceva finalmente la parte del leone. Ma l'ironia della storia non aveva scritto ancora il suo ultimo verso. Trent'anni dopo
cui
il

figliuolo,

fermandosi a illustrare criticamente nel suo discorso sulla

il

Gerusalemme
Robertelli
quelle,

la storia della

sua giovinezza, fermer


e scriver parole

1'

occhio fra

al'* Avarchide

non molto sincere


il

neppur
dre.

ma
io

in cui

si

perpetua, dalle origini,

dolore del pale

Laonde

scriver

il

quale dopo

Omero non vedevo


se

vestigia di alcun altro che

mi

facesse la strada

non l'Alamanni

poeta d' argomento in tutto finto e favoloso e per libero nel poetare

signore affatto dell'azione, rimasi dubbio....

(').

Ma

si

noti

Bernardo anima

sola, cio angustiata

da quel bisogno
figlio

di molti consensi e

appoggi esteriori che diverr nel


il

mania

di

persecuzione, non aveva certo oscillato solo fra

Giraldi e l'Alamanni.
il

C'era un altro aristotelico della prima ora, pretensioso da quanto


Giraldi, con ancor pi arie da capo

scuola di quello

e,

soprattutto,

con l'apparenza d'aver conciliato


(del cui sapere nella
dell' arte. L' uscita

meno da
tenevau

orecchiante con Aristotele

sua

citt si

le chiavi)

una

certa libert
il

dei primi
:

commenti

regolari sfat in parte

suo

prestigio aristotelico

ma

egli

aveva sempre, per imporsi, quella gran


intimidito

sicurezza di se, dalla quale doveva

uomo

di

rimanere Bernardo che non ne aveva punto.

quel

buon

Cos, facendo le corna al Giraldi e all'Alamanni, a lui si rivol-

geva con questo pi accorato accento di preghiera

()
(2)

Lettere, p. 198.
T.

()

p.

209.
(p.

Tasso

Oiudixio sopra la Gerusalemme

143) (ed. Luigi Plet, Ve-

:zia

1835) P. H.

64

CxVPITOLO IV,

Spero del mio ingegao unico duce,

Che dalla strada pi fallace e torta, Lo stile avete e la mia penna scorta

quel sentier che

1'

uomo

al ciel

conduce

Son senza Voi qual cieco senza luce Ch' andar non sa senza la fida scorta,
E, se pur In

muove

il

passo,
il

il

pie lo porta
;

un

abisso ove

mai

Sol non luce

qual querulo augel senza compagna

Lungi dal nido e dagli amati figli Che a tutte 1' ore si lamenta e lagna.
Consolatemi voi con quei consigli

Che dare

altrui solete
i

onde non piagna


(').

notte e giorno

miei gravosi esigli

Ma

il

gran male

si

che questa dei gravosi esili,

sonetto del resto,

non

pura

immagine
da

poetica

che,

come tutto il non potenErrore


se,

doci andar lui a Padova, a far

scolaro, vi

mand

il figlio.

che la storia

gli

perdona meno volentieri dei suoi poemi. Perch


senza
quell'andata

forse, Torquato,

a Padova, non

avrebbe

scritta

r Aminta, senza
pi sereno poeta.

di quella, tuttavia, sarebbe stato pi savio

uomo

Cos, per tornare al principio, col ripiegare


il

di

Bernardo Tasso,
in

numero

dei persuasi dalla prefazione


si

al

Cromwel
s'

diciottesimo
si

del Giraldi,

riduce a molto poco.

Come

detto, se

vuol

tro-

varne
o non

riflesso lo spirito in
ci

opere di poesia,

pi che nei poemi che,


in

furono, o

non ebbero pregio, bisogna cercarlo

quella

specie di decadentismo fantastico che si manifest tra la fine del rina-

scimento e

il

costituirsi dell' aristotelesimo,

con un sensuale amor del

colore e dell' irreale,

come

si

pu vedere

non

solo

nei

poemi

del

Giraldi, ma, per esempio, in quella singolarissima versione dell'

An-

guillara che maneggi in voluttuose ottave le favole d' Ovidio suU' aria
di

un

fantastico

romanzo Giraldiano: come

si

pu vedere,
e,

infine, nelle

idee degli accademici

Infiammati

di

Padova

in ispecie,

ma

senza

ammirare, nella

Canace

di

Sperone Speroni.

(*)

Rime,

ed. cit. p. 186.

CAPITOLO V.
Padova, Sperone Speroni e la peripezia
.

Sommario.
a
lei

1. Padova, e
come
il
il

la tradizione aristotelica
-

Perch questo periodo


sui

fa

capo
-

rinascimento a Firenze

Ancora

della vigilia trissiniana

Lo

Speroni e
e r eroico

suo aristotelismo formale: sue conformi idee

rapporti tra

storia e poesia.
-

2. E sulla peripezia come conciliazione tra il romanzesco Sua pretesa d' essere con ci pi aristotelico del Trissino - La 3. Polemica intomo alla Canace nel 1550 - 1 criteri delCanace (1542). applicati a quella per iniziativa del Cavalcanti l' aristotelismo morabsta

Vane
forma
la

difese dello Speroni.


1'

4.

Sostanziale affinit dello Speroni e del Gi-

radi che rappresentano


-

esaurirsi del rinascimento in

un vano amor
la

della

Inferiorit poetica

deUo Speroni
d'

grande interesse della Canace per

storia della formazione del secentismo il

La

grandiosit classica,
all'

sen-

tentia e

concettino

Questo stato
i

animo comune
-

Infiammati noti come


lo

primi secentisti

Importanza

di

Accademia degli questa Accademia vera origine della

Ci che

Speroni rappresenta.
-

il

5, La sua peripezia

favola pastorale
sito
-

La

discordia fra
dell'

De

Sanctis e
dalla

il

Carducci a questo propo-

Evidente derivazione

Aminta

Canace e dalla scuola padovana

Conformi dichiarazioni dello Speroni e del Guarini.

Padova
fiaccola

la vestale dell' Aristo telesimo.


il

Ne
si

ten viva la scialba

tra

coreo

del

rinascimento che

pu

dire

platonico,

non perch Platone

vi avesse

molta parte,

ma

per significare che la


le

supremazia del suo rivale storico era cessata. Quindi, a guardar


cose nel loro complesso,
si
il

pu dire

che

il

rinascimento

fa

capo

Firenze, come a Padova

periodo immediatamente successivo.


fra gli entusiasmi e
i

Xon
primi

appena ritorna l'equilibrio


umanisti, e
si

dileggi

dei

manifesta la possibilit di ritrovare una tradizione non

tornando, in tutto, al medio evo,

ma

conservandone e integrandone

quel che

e'

era di buono, Padova, votata a S.

Tommaso con

il

suo

ToFFAXiN.

La

fina delP

umanesimo.

66

CAPITOLO V,

studio, rimasta ognor fedele, per certo gusto scientifico, ad Aristotele

con

suoi Barbaro e con


si

suoi Vernia e con la sua illustre scuola

medico-filosofica,
il

rifa innanzi.

mentre, con qualche solitario come


presupposti e dalle

Pomponazzi, cerca
il

di liberare

dai

deduzioni

religiose

pensiero tradizionale

(ma anche
i

in questo caso senza pa-

lese soluzione di continuit), con


cie

pi dei suoi maestri, invece, spela filosofia

quando

si

tratta di

lumeggiare con

la

letteratura,

si

riaccosta alle grandi fonti scolastiche. Si capisce quindi che, al primo

vigoroso prevalere
essa
si

dell' aristotelesimo,

nella

seconda

met

del

500,

trovasse quasi alla testa del

movimento
al tutto in

intellettuale

contemqui,
gli

poraneo e che solo l'essere rimasti

ombra,

fin

aspetti della letteratura cinquecentesca che noi

veniamo studiando, ab-

bia impedito di chiarire in che cosa consista questa sua gloria dubbia

ma

incontestabile.
il

La

singolarit del fatto sta in ci: che mentre, al-

lora,

vecchio aristotelesimo filosofico vacillava scompaginato da una


lette-

opposizione vigorosa e molteplice, questa non arrivava per alla


ratura e non disturbava
tico
il

tardivo fondersi del nascente pensiero cri-

con

gli

elementi della filosofa scolastica.

Onde

la disperata

im-

presa del

De

Sanctis di trovar traccia di idee letterarie veramente in

contrasto con quelle del tempo e veramente conformi al loro anti-aristotelesimo, nel Bruno, nel Campanella, nel Telesio.

Perci Kenan che, come

tutti

gi preti, aveva con

Aristotele
la

una specie
sue offese
scelto
:

di question personale, sacrifica a

Padova perfino

sua
delle

maldicenza melensa e incorona questa terra della mediocrit


piti

aspre

(*).

Certo quello di Padova non

un vanto molto
dell' ari-

e se

una

citt potesse scegliersene

uno con

cui raccomandarsi

alla storia,

non preferirebbe

forse quello di rappresentante

stotelesimo, in

un tempo

in cui tanto rinascere di antichi sogni

pola

teva distribuire glorie pi belle. Ma, per ragionar


botte d del vino che

come

Sancio,
:

ha e ogni medaglia ha

il

suo rovescio

e anche

r aver conservato
stici

nella sua cerchia, tra gli splendori del rinascimento,

qualcosa della tradizion medievale, non per


di santi o pugnace' piet di filosofi,

inconscia

poesia di midi

ma

per

attaccamento

pu essere per lei il segno di una individualit bene impressa ed omogenea nell' ombroso scolorito disordine dello sue strade distratte, fra cui solo la lentissima acqua di un fiume suscita
letterati dialettici,

a quando a quando un lume di poesia.

()

Renan > Averros

et

l'

averroisme (18G7)

p.

322-6.

PADOVA, SPEEOXE SPERONT E LA PERIPEZU

>

67
in-

Bisogna dunque pensare a questo carattere


tender quel troppo famoso
ai suoi

di

Padova per
si

tempi,
(')
:

Sperone Speroni (1500-1588)


tra
i

uomo

del rinascimento

ma

padovano

primi che

rivolgessero

ad Aristotele

come

a scienziato della letteratura senza sentirsi in con-

trasto, per questo,

con un' aperta tradizione umanistica. La scorreria


di

dello scienziato Fracastoro nella letteratura sotto gli auspici


stotele

Ari-

non

fa che

un

isolato e

veramente simbolico episodio


certo che
il

di queci
si

sto

stato

d'animo padovano.

primo luogo dove

ferm con intendimenti dottrinari su qualche frase della

nonrjtixir]

fu

Padova dove

il

risorgere di questa dovette apparire

come un'

attesa

integrazione della coltura tradizionale. Ma,

come

tempi erano acerbi

per rispetto agli influssi e alle inquietudini della controriforma, e Pa-

dova non era


la

la

pi esposta a sentirli e presentirli, che anzi, se mai,


il

repubblica veneta vi teneva desto


di

suo fortunato e fortunoso

spi-

rito

indipendenza,

quello

che

si

dedusse dalie

prime compitaarte antica

zioni sulla Poetica furono certe regole rudimentali e pedestri. Si in-

trawide insomma, per quella

via, la possibilit di imitar

l'

con metodo, cio secondo precetti e astuzie di


e sospettavano le ragioni intime e inimitabili.
^ Orti Oricellarii
i

cui

non

si

capivano
po' negli

Un

po' qui,

un

si

form quel disgraziato Trissino che volle imitare


se
il

classici a questo

modo come
la

segreto della bellezza loro fosse in

quattro regole da lui racimolate ad orecchio; e ne mise insieme quei

due capolavori che sono

Sofonisba e

F Italia

liberata

Que-

sto secondo frutto di tale vigilia aristotelica, usciva proprio nel

1548

r anno del commento base


il

al

grande

edificio critico

filosofico.

Onde

povero Trissino, che, nel 29, aveva scritto quella sua prima poetica

tutte
si

minuzie grammaticali e formali, prima di morire (mor nel 1550)


lo mettesse a

ingegnava a compilare una seconda parte che


tempi egli
il

paro

coi

precursore

e vi parlava di catarsi, di univer(*).

sale e di particolare
resto,

con parole altrui


I

Di gusto

trissiniano,

del

poco meglio, sono

dialoghi della storia


tutti

dello

Speroni

in cui gli interlocutori


epico.

hanno

in

tasca lo
i

schema del poema

Vedete

lo

Speroni metter a

reggere

ragionamenti

niente-

meno che uno Zabarella


cento in su,
si

(Girolamo), nel cui

nome

di famiglia, dal tre-

sintetizza la coscienza aristotelica cittadina.

infatti

() Per la vita dello Speroni


1909).
(-)

si

pu vedere: A, Fano: S. Speroni {Faiova


(1563).

Trissino: Poetica p.

V-YI

68

CAPITOLO V.

non

si

levano
il
:

d'

un palmo su

l'

arido precetto normale. L' antico aveva


lo

detto che

poeta imita secondo l'universale,

storico

secondo

il

particolare
altro

dunque quello deve prendere un


i
.

fatto solo e
i

ampliarlo (che

pu voler dire universale?) e questo prende


racconta con
loro particolari (che altro
.
.

fatti

come stanno
parti-

li

pu voler dire

colare?).

Dunque

dunque neppur

Virgilio cap

bene Aristotele,

perch la sua Eneide urta contro taluna di queste regole. Egli sceglie e

prende per sua materia tutta l'impresa che fece Enea in

Italia

coi doi eserciti e doi


l'

armate per fondar

Roma

che

capo

fusse

del-

Universo

il

clie

cosa da storico ed isterica similmente quell' am-

mirabile sua brevit la quale per vero cos conviensi a chi vuol narrare

Giraldi

come a chi amplifica si disconviene quando disse che il racconto dei


;

>

(')-

Cos sbagli anche


dell'eroe

il

fatti

pu

essere
il

cominciato da molto lontano


filosofo

sbagli per la semplice ragione che

dice

il

contrario

(^).

Lo Speroni

era
lui,

altezzoso e
fin

cocciuto

il

povero Torquato, venuto a scuola da


sapersi ribellare.

per temerlo come

un nemico senza
di

una sua

lettera in cui dice che

nessuno ha tanta paura come dello Speroni.


d'

ne rest soggiogato
di antipa-

per tutta la vita


tia,

una soggezione in cui tralucevano baleni

sebbene traesse dalla scuola di

lui la ragion poetica dell'

Aminta.
fra

Ma

poemi

epici

con tutto quel suo chiaccherare di rapporti


al

storia e poesia (cominci intorno

1540

e la

morte che

lo

colse

quasi novantenne
posito) lo Speroni

gli

interruppe un' ultima chiacchierata a quel proscrisse e lasci che ci lasciasse le

non ne

penne

il

suo spennatissimo collega Trissino.

Di questo
messi nella

egli volle invece


,

correggere gli
volle correggere,

sbagli

tragici

comCa-

Sofonisba

come

sempre rimanendo
e
scrisse
la

nella tragedia/ gli eccessivi liberismi del Giraldi,

nace

Avvenne

in lui quello che era naturale avvenisse negli

uma-

nisti eruditi del

tempo

quali,

avendo l'occhio

al

meraviglioso della

poesia romanzesca, e mettendosi a girare e rigirare le regole per de-

durne qualcosa conforme


alla

al

gusto di quello,
il

si

fermavano fatalmente
Giraldi,

peripezia

Ricordate
i

Pigna che, messosi a rabberciare, da


dell'

erudito qual' era,

facili

proclami

olimpico orecchiante

il

(')

Opere di

M.

Sperone Speroni degli Alvarotti


II,

tratte

dai manoscritti

originali (Venezia 1740) Voi.

p.

201.

CO p. 202.

PADOVA, SPERO^E SPERONI E LA PERIPEZIA


era fermato pure egli a questo aspetto della poesia

69
pi

s'

antica

il

conciliabile, in apparenza,

con

il

gusto ariostesco.

Non

importa che

poi, in origine, la peripezia fosse

uno

dei pii stretti anelli della ca-

micia di Nesso aristotelica e uno dei suggelli pi enigmatici della catarsi.

S'intende anzi benissimo come, negata di quelle regole l'anifentasia.


il

ma, essa apparisse come sprone della

Legatissimo alla lettera delle regole, lo Speroni vide


chfe si

partito

poteva trarre da questo particolare dell'arte antica

e,

erudito
di

com'

era, fu indotto a fare un'

opera di poesia

da

tale

scoperta
il

grammatico e dalla speranza


sino che

di far restare

con tanto di naso

Tris-

non l'aveva saputo vedere e adoperare. (Diciamolo subito:


tempi
l'

a parte la poco poetica natura dello Speroni, nessuna meraviglia che


di questi- fiacchi

ispirazione venga da vedute critiche, e che

quella dello Speroni abbia avuto tanta fortuna dando

incremento
:

una forma

d' arte

non ispregevole
frutti

e d' ingenue apparenze


si

la

Favola
cre-

pastorale). Anzi, dalla

sua tardiva apologia,


dell' infelice

ricava

che

egli
il

dette di godere

esperienza del Trissino

cui infe-

successo gli parve da attribuire in gran parte alla


dele imitazion degli antichi ossia a

non raggiunta

una troppo acerba conoscenza del


il

Maestro.

Il Trissino,

per esempio, aveva usato

verso sciolto:

egli

adoper una mescolanza di settenari e quinari tramezzati da qualche


raro endecasillabo
:

con

il

qual metro

gli

parve di avvicinarsi di pi

ai sistemi anapestici.

casillabo

Ergo nella nostra tragedia non cape l' endeper essere verso immobile e non atto alla mobilit delle
e delle cose che in tragedia si trattano
il

azioni

umane

e tanto

quello che senza rima,


se
il

quale sopra

modo
il

pigro e tardo.

verso senza rima

si

dovesse mai usare,

che

niego,

meno Onde manco


azioni

male saria l'usarlo nell'eroico che nella tragedia poich


conviene la
stabilit e turgidit

nell'eroico

ove

non

si

rappresentano

umane ma per
Il

narratione

si
1'

imita

(').

Trissino aveva tolto

argomento dalla

storia, egli,

secondo la
evi-

buona regola
modello
tollerato,

delle tragedie greche, lo toglie dal mito

non senza

tar tuttavia l'altro eccesso dell'indotto Giraldi che


il

aveva preso

per

fantastico

Fiore

>

di

Agatone. Questo

Fiore era stato

non lodato da
il

Aristotele essendo anzi bene,

secondo l'opi-

nion di costui, che


l'

pubblico conosca gi per fama la materia del

opera

il

cui svolgimento

non

altrimenti

diletter

che la pittura

) Op.

cit.

Yol. IT, p. 213.

70
di quelle cose che
resto, che,

CAPITOLO V.

conosciamo o amiamo

>

(').

(C

da osservare, del

con questo

allora la lettura dei

medesimo stato d' animo, si andava a udire poemi romanzeschi). Ma la nuova e sovrana belsi

lezza dell' opera, quella per la quale egli

attribuisce

modestamente
la quale pot

omne

tulit

punctum oraziano

la peripezia,

merc

prendere un argomento foggiato secondo


liarlo col meraviglioso
:

le regole dell' antico e conci-

irraggiungibile sogno

di

Bernardo Tasso. Di
le

pi nel 1550, quando

gli si

avventarono contro con

armi del moralidel

smo
lit

aristotelico affilate sui


egli

commenti

del Robertelli e
il

Maggi,
la

si

prov a dimostrare che


:

aveva conciliato

tutto

anche con

mora-

ma

questo era

un

po' forte e dovette tacere.

Ma, con quella


:

regola,

egli fece poesia

piena tutta di novitadi e di meraviglia

della qual

meraviglia abbonda quasi egualmente cos la colpa dei due gemelli,

come

la

pena come

la

morte che

l'

accompagna

ed oltre allo essersi

cotal materia tutta

umana ed
la

accostumata, siccome quella che tuttavia


:

par che pur dica (ben

intendeva Platone)

Discite iustitiam moniti et

non temnere divos,


peripezia

(^).

una

due volte form

il

poeta

con

la

favola e fu la
riferisce

prima
il

nell'

adoperar della cesta ecc. ecc.

qui

tutto

meraviglioso dei colpi di scena cui la peripezia d luogo facendo


le cose al contrario di ci

sempre accader

che

si

aspetta.

L'argo-

mento

della

Canace
:

in succinto, spogliato dei suoi chiaroscuri pe-

ripezieschi, questo

Eolo, piacevole re dei venti,

memore

della sua

origine eterea, in questa


incostanza,

umana

figurazione, solo per certa impetuosa


figli

un

bel giorno viene a scoprir la culpa dei suoi due


e,

Maccareo e Canace

accecato dall'ira,
fatto,

manda

subito

a quella l'or-

dine d' uccidersi. Detto

Canace ubbidisce e Maccareo, che non


lui.

vuol essere da meno,


che cattivo,
si

si

uccide pur

Ma

Eolo, assai pi impetuoso


si

pente subito di suo ordine crudele,

ricorda

che,
ri-

in fondo, Giove e Giunone, pur

avendo

fatto altrettanto,

sono due

spettabilissimi sovrani e, detto fatto,

manda

a ritirare

il

crudele mes-

saggio.

Ahi disinganno!

il

contrordine arriva troppo


figliuoli!

tardi

ed

Eolo

resta orbato di quei

due bravi

La

tragedia fu scritta e divulgata nel 1542, nella acerba ed indell'

genua stagion

Orbecche

quando

si

poteva ancor non capire

(')

Id. p. 95.

()

p.

152, Voi. IV.

PADOVA, SPERONE SPEROXI E LA PERIPEZIA


di quali elementi veniva caricandosi

71

subito che siamo fuori di strada e che


si

saranno scaricati
!

nell' aria altro

F atmosfera. Ma il lettore capisce non appena quegli elementi che < omne tulit punctum povero
:

Speroni

Vedete puntualit della storia


e,

ad accorgersi che
antiaristotelica,

la tragedia
si

era perfettamente immorale

come

tale,

aspett

ancora un poco

anzi la pubblicazione che diede inizio alla polemica

(posto pure che si tratti di ristampa di cosa

nel

prima non considerata), 1550 nel qual anno,, per avventura, usciva pure il fondamen-

tale commento del Maggi. f^E la polemica non fin l, ma si protrasse come fochereUo acceso sotto la cenere fino a congiungersi e perdersi

in quella per
che, al

il

Pastor fido
<

ove ebbero

le

prime

parti

coloro

tempo

della

Canace

avevano
si

agito, giovani, in sott' ordine


finire:

e senza rendersi ben conto di dove

andava a

dico Giason

De Nores

e Faustino

Summo.
cenacolo in cui egli troneggiava e fu
tipografo lucchese Vincenzo
(^)

La prima voce

di autentico aristotelesimo si lev contro lo Spe-

roni forse dal seno stesso del

anonima. Insomma nel 1550

il

Busgrado
Robertelli

stampava
al

(o

ristampava) im' aspra critica

della

Canace considerata
il

lume

delle questioni aristoteliche quali le

aveva poste
dal
le

e quali le

vedremo confermate ed
di

allargate

Maggi.

Chi

fosse

r anonimo cosa

nessun interesse, perch


dire che, per invidia

sue sono idee ormai

comuni nel 1550. Basti


col

che

il

Giraldi

avesse

dello Speroni, difficile attribuire a lui

uno

scritto cos in contrasto

suo temperamento e che ogni buona ragione persuade di tenerne

autore

un

illustre assiduo del cenacolo

speroniano Bartolomeo Cavalcanti

(uno di quei profughi fiorentini che ebbero tanta importanza nei rapporti fra
fido

Padova e Firenze); e non tanto perch ce l'assicura


(*),

l'in-

Crescimbeni

quanto perch

lo

Speroni stesso la pensava cos

il

Forcellin, nella vita, ci assicura che


Il

ne aveva paura notevoleveramente


i

supposto Cavalcanti

si

trova a sfondar

un uscio
noti criteri

aperto quando, nelle battute del suo dialoghetto, applica

intorno alla possibilit di imitare


Speroni.

Che voleva
si

lo

umane, all'opera dello Speroni insegnare agli uomini al maestrale azioni


le

mento dei quali

fanno

tragedie ? Che le sorelle

si

congiungono

coi fratelli ? Q). Si potr rispondere che la

punizione finale dovrebbe

Q) In Speroni (ed.
{^)

cit.)

Tomo

IV.
1.

Cbescimbexi Storia della Volgar Poesia (Venezia 1731)


P- 74.

II,

p. 353.

72
servire di freno;

CAPITOLO V.

ma

gli

interlocutori del

dialogo

conoscono
di loro
si

ormai

troppo bene

segreti della psicologia

umana: onde un
il

com-

menta
la

mala
(').

cosa insegnar prima

male perch poi


scellerati
i

impari

pena

Si tratta

insomma

di

due

quali ci ispirano,
stesse

della piet: pericolosissimo sentimento e contrario alle regole


di Aristotele, dice
il

Cavalcanti,

il

quale, per

avere una vaga intuizione del valore della


l'ebbe
il

un momento, sembra catarsi presso i Greci come


sembra ammetteredite,

Robertelli. Infatti, su questo punto, egli

l'unica possibilit di difesa per lo Speroni.

Se voi mi
al

egli ar-

gomenta

press' a poco, che costoro furono tratti

delitto

non per
sarebbe

malvagit loro

ma

per volere dei numi

(il

nume

in

parola

Tenere) come avvenne, pare, di Clitemmestra, Oreste, Elettra, Egisto,

pu anche darsi che


commiserazione
(*)
;

sia possibile

levar la

colpa e farli

degni

di

preso bene Aristotele.


corre serio pericolo di

pu anche darsi, insomma, che voi abbiate comMa pur chiaro che a questo modo la poesia

non insegnar

nulla.

Lo Speroni
di

s'appigli, nella sua apologia, a queste deboli


il

con-

cessioni del suo oppositore che, del resto, era ormai

rappresentante
aristotelici

una

fitta

schiera, e prov a difendersi con

argomenti

prima maniera. Intanto tenne duro, e qua purtroppo aveva ragione, sulla assoluta regolarit della sua opera - una regolarit quasi irraggiunta fin l - e sulla sua perfetta riproduzione della peripezia
della
:

quanto

alle finalit morali,


il

si

prov a dire che

egli,

infine,

aveva

posto sulla colpa


dell'

suggello della punizione


al lettore

finale,

sicch
si

l'effetto

opera poteva essere un monito

a che

guardasse dal

cadere negli stessi peccati.

Quale colpa

ci

aveva

egli

il

poeta

se,

invece,

il
il

lettore

si

osti-

nava a partecipare
cor

di quelle passioni ?

Era degno

lettore del rim:

provero che Virgilio


se'

muove

a Dante in
?

una

simile occasione

Anche
con-

tu degli altri sciocchi

Q).

Ma

lo stesso

Speroni cap
si

siffatti

argomenti non bastavano pi, che, ormai, la questione

siderava da
e

un punto
insistere.

di vista tutto

nuovo, oscuro a lui


il

nel

1540,
(*)

non os

Ossia

ci

racconta
d'

Forcellini

nella

Vita
gli

che lo Speroni, punto persuaso

aver vinta la partita con

argo-

menti della apologia,

fatic a

lungo su un suo particolare commento


la

della Poetica che doveva servire a difendere pi e meglio

Canaco.

(')

p. 87.

()

p. 80.

C)

p.

162.

C) T. V,

p.

XXXI.

PADOVA, SPERONE SPERONI E LA PERIPEZIA

73

Ma

commento and perduto, dice il Forcellini, o, piuttosto, possiam non possibile che andasse perduto un cos capitale lavoro d' uomo tanto ambizioso e tanto vegliato da adoratori. Ma, a mano a mano che i tempi mutavano e che, proprio sul punto controverso
il

dire noi,

della sua

<

Canace

>

veniva svolgendosi, specialmente

nell'

Universit

padovana,
ci egli

alla

quale la casa dello Speroni faceva da contraltare (in


la tradizione di

non faceva che rinnovare

Ermolao Barbaro

e di Pietro

Bembo)

il

pensiero ufficiale aristotelico, e in

modo

cos

preciso e dogmatico che

non poteva dar luogo a scappatoie, il grande prudente predicatore rimise a una a una le pive nel sacco: tanto
i

pi che

suoi stessi adoratori, su quel punto, parevano abbandonarlo.

C'

di pi;

rimane una sua accorta

lettera del

1565

(')

dove,

con

molta disinvoltura facendo le viste di averle trovate da


alle idee dei novelli aristotelici,
il

s, si associa

Maggi

il

Yarchi, ripete la loro

interpretazione della

catarsi e pensa

anche

lui a un' arte


!

che abbia
Tutte
cose

particolare riguardo alle condizioni politiche di Venezia

molto poco sospettate nella

Canace

>

Vedete? Perfino
che verso la tomba
si

il

vecchio Giraldi, che non era un puritano, o


convertisse

volta tanto, trovasse

un poco anche lui, o che, una comodo valersi degli argomenti dei nemici per dare addosso al rivale, in una lettera del 1558, conciava lo Speroni cos Hoc spectaculum non est dignum matronis patavinis in quibus
:

summa
cetto,

gravitas
il

cum

honestate viget

>

(*).

E, per conformarsi
forte.

al con-

usava

latino che

non era

il

suo

Eppure

lo

Speroni, a parte la differenza


il

di coltura e di

appa-

rente indirizzo,

vero fratello spirituale del Giraldi e rappresenta


della nostra storia letteraria.

uno

stesso

momento

Che importa
L'

se l'uno

mirava a ricondurre

scientifica imitazione dell'antichit e l'altro a

uno

V altro rappresentano
d'
all'

il

la poesia a una pi una pi cervellotica? decomporsi del rinascimento in una

quasi teorizzata essicazione


spicco soltanto

ogni linfa ideale

che

lascia

valore e

esteriorit della
e,

forma

la quale, nel, Giraldi, gi


si

secentismo in potenza

nello Speroni, anche in atto, e

manifesta

in aspetti cos singolari tra l'Ariosto e la


il

controriforma, prima che

gran pensiero del

destino

dell'uomo

si

riaddensi

sull'orizzonte

nelle

forme aduggianti e gravi ond' essa


Voi. V, p. 187.

lo vest.

Tutti e

due

inte-

()

e) V. lY,

p.

282.

74
sero male
stessa dell'
costarsi
il

CAPITOLO V.

passato e

non presentirono

l'

avvenire. Forse nella scelta


lo

argomento - un mitico incesto ai

Speroni pens di riac-

anche in questo, punto per punto,


i

grandi modelli ed ebbe

presenti Edipo, Egisto, le Baccanti,


la

classici

insomma, ma, in
che

effetto,

sua megalomane pretesa di emularli, lo accost pi

mai

al

Giraldi che voleva integrar l'opera di quelli del

rinascimento
i

scio-

gliendo le briglie ai destrieri del romanzesco pur fra


tragedia.

chiusi

della

la

Canace

si

va a mettere

accanto

all'

Orbecche

perch, nell'una e nell'altra,

non

si

pensa che

l'arte

antica o

modello

derna possa avere altro fine che la meraviglia. La fantasia del Giraldi vuota di ogni ispirazione

umana come
plasmando
tra

la

peripezia

Speroni.

Onde

l'erudito

Pigna,

con

maggior coerenza
che
fosse),

scientifica le teorie di quello,

(plagiario o
i

plagiato

scol'oc-

perse involontariamente la parentela


chio sulla

due

quando ferm
caso
e

peripezia.

Ne venne

fuori,

nell'un
si

nell'altro,
l'

quella poesia decadente "tutta esteriorit di cui

parlato, con

u-

nica differenza che

il

Giraldi fu per natura poeta, cio scrisse talora


e riusc, quindi, a dare alle sue fantasie

per bisogno

dell'

animo

una

espressione sincera, originale, isolabile, fuor dai rovi teorici, sotto la


luce invariata della bellezza
;

e lo Speroni fu retore, spronato a scrisulla

vere nelle sue pretensiose vedute critiche

traccia

delle

quali

fece cose insignificanti per rispetto alla poesia

ma

appunto per questo

pregiate dallo storico. Pregiate, dico, perch, in tempi di transizione


in senso stretto, le

opere

non

riuscite e certi

tentativi

incoerenti,
loro,

specialmente se vengono da capi-scuola


sogliono far capire assai
del naturalista
pii

consapevoli

dell'esser

cose di quelle riuscite,

come

all'

occhio
pii

un

frutto

non giunto a maturazione pu essere


Canace

caro d' uno perfetto.


le teorie del

la

cos coerente

suo molto critico autore, resta

come poesia con come un vivente modello


con
alla
la

anatomico della prima formazione del secentismo da tenere in gabinetto.

Essa

la

prima tragedia
ed

italiana fatta
,

mano

mo-

delli greci e le regole tutte;

in pari tempo,

prima nostra
tale
ca-,

opera secentesca: anzi tra

le

pi secentesche. L'origine di

rattere dello Speroni poeta (in prosa


sto

non era
fu,

secentista, anzi per


il

que-l

suo analitico amore dei classici

dopo
('))

Caro,

il

prosatore

cinquecentista pi pregiato dal Leopardi

tutta nella pretesa di


letti

emulare

tragici antichi,

che per sua disgrazia egli aveva

e pon-

(')

Leopardi Zibaldone {Le Monnier 1900) V, VI, p. 29.

PADOVA, SPERONE SPERONI E LA PERIPEZIA


derati, al contrario del Giraldi

75
poetico
per-

che un discreto

mondo
la

jnale aveva reso

immune da

troppo stretto contatto con quelli.


solo
il

non avendo nulla nell'animo, e


ticolari e la grandiosit che,

negli

occhi

sagoma
i

delle

scene antiche, lo Speroni pose tutto


nelle

suo intento a riprodurne


di quelle, quasi

par-

immagini
con

sem-

pre inerente al concetto e qui, tenuta in piedi appena da una larva


di pensiero, si risolve nel concettino
effetto

non

piccolo

di
si

pa-

rodia. Disse

bene

il

De

Sanctis che la vuotezza del contenuto

ma-

nifesta in bizzarre peregrinit formali.

Ma

questa verit complessiva


vi
si

ha nello Speroni, quasi un carattere


che doveva diventare
il

di esperimento;

vede ci

rinascimento finito come innamorata poesia

e arrivato a cultura. Aprite a caso la


ci che fa per voi.

Canace e subito troverete


Dionisio
nelle

Ecco l'altisonante prologo detto dall'ombra vengran concetto, a cos


dire, degli an:

dicatrice del trucidato infante e ispirato da quello di

Baccanti
tichi

e vedete, in esso,
il

il

diventare

concettino dei secentisti.


Io misero innocente

Per esempio

Che non mi essendo

accorto

D' esser mai stato vivo

Non

credea d' esser morto

(*).

si

pu leggere pi

oltre:

n
e si legge ancora:

figliuol

pur mo' nato


(-)

padre della sua morte

Si che mi passi

il

core
(^)
;

quel tuo coltello e non questo dolore

dove

si

vede, fra l'altro, quale valido incremento abbia


il

dato

al

se:

centismo

terzo degli attributi

della

tragedia,

secondo

Aristotele

la sententia.

come, delle molte seminate nelle tragedie greche, pi


(i

colpivano le brutte che le belle

caratteri della

bruttezza
tutto

son

pi
e

evidenti e facili a imitare) e delle brutte sopra


il

l'esteriorit

suono, queste risonavano nella inane suggestione dello Speroni


si

come

trombe stonate: quando non


Il

trattava dei soliti

giuochi

di

parole.

secentismo, insomma, ha sempre qualcosa della parodia e


oggi.

non ne

mancano esempi anche

Ai giorni nostri

la

pi strana dimostra-

C) Capace: V, IV, p. 287.

(^)

Id. passim.

(^)

Id.

passim.

76
zion critica del
risulti

CAPITOLO V.

come
il

dalla troppo volontaria

imitazion degli antichi

spontaneo

secentismo, resta sempre la

Prefazione

al

pi

che l'amore di Gabriele d'Annunzio.

Ma

e'

di piti

lo

Speroni non fu un

caso

sporadico.

Fu
:

l'

e-

spressione pi pregiata dell'Accademia degli Infiammati di

qual prese con


lattia del

lui,

un

po' forse da lui, la stessa malattia

Padova la la macagione a

rinascimento che sotto l'azion d'Aristotele tende a decomsecentismo.

porsi e a diventar

Non

si

pu

vedere

altra

questo strano aspetto di Padova, foriera improvvisa di esso, senza che


nella sua natura e nella sua letteratura n' avesse dato

prima
bene,

alcun

sintomo, senza alcun influsso spagnuolo. Era, badate

malattia

accademica, originata dalla tirannia di Aristotele in cervelli di umanisti che,

non avendo

il

buon senso
comune,

di rinunciare alla poesia, risenil

tivano, in particolare e in

fenomeno portato

alla celebrit

dalla

Canace

Questo loro carattere non fu scoperto dai moderni e


Speroni pare che intendesse colpire in
i

gi

il

citato oppositore dello

lui tutti gli

Infiammati

quali

han

pensato che

1'

altezza e la

gravit deUo stile tutto stia nelle gonfiate voci, negli intricati parlari,

neir accogliere disusati modi di dire


fortuna,

(').

Se

voler fu
si

destino o
allora

non

so,

ma

che nomi
Speroni,

d'alto

suono

usarono

nel-

l'Accademia:

Sperone
!

Trifon

Gabriele,

Giason de Nores,

Bernardino Tomitano Che pi? Quest'ultimo, autentico pappagallo dello


Speroni, in
dicare

un suo

discorso sull' artifcio delle prediche e


di orazioni sacre del

del pre(*)

premesso a una raccolta

Musso

non

os enunciare quella teorica delle piacevolezze che fra qualche anno

vedremo succhiare
spagnola ?

la

magra

oratoria sacra italiana

sotto

l'infiuenza

(*)

dire che lo stesso Tomitano in certi

dialoghi
i

in-

teressanti, se vogliamo,

perch vi

intervengono
si

tutti

pezzi

grossi
gli
fi-

dell'Accademia, os appunto sostenere che


scrittori

dovevano preferire
gusto
di

diremo cos profondi a quelli


si

ne' quali alcun

losofia

non
aveva

sente

Questo

egli sentiva
:

piuttosto
si

negli antichi

e,

dei Toscani, in
sofia,

Dante e nel Petrarca

ma

vede che, di quella


della

filo-

lo stesso concetto

che lo Speroni

sententia

dei

tragici: si trattava

insomma

di concettino e di piacevolezze
il

formali.
prestigio

Eppure, con

l'

importanza delle regole cresceva la fama e


degli

dell'Accademia

Infiammati.

Quale

sia stata

la

sua influenza

()
(')

V. IV,

p. 23.

()

CoKNELio Musso: Prediche (1555).

Padova 1570.

PADOVA, SPEROXE SPERONI E LA PERIPEZIA

77

non
sivo al
altre

facile dire,

ma

purtroppo vero, che in quel decennio successi

1540 (quella degli Infiammati

sciolse presto

poi vennero

accademie, degli

Elevati

dei

Costanti
illustre

degli

e Eterei

>

eh' erano della stessa pasta)

non

v' quasi

letterato
il

italiano

che non abbia bazzicato con loro. Onde, per esempio,

Salviati,

com-

memorando

il

Varchi, poteva,

dall' alto

del seggio consolare di quella

fiorentina, alludere cos alla

celebratissima e fiorentissima accademia

degli Infiammati di

Padova

nella quale era la nobilt e lo splendore


(').

d'Italia tutto raccolto insieme

Intendo che
gli

complimenti degli
si

accademici somigliano un po' a quelli che

avvocati

tributano a

vicenda in tribunale: ma, in questo, c'era del vero, purtroppo.


Si badi per: l'origine del secentismo

non

fu
si

Padova

il

suo

cenacolo e le idee rappresentate da esso: qui non

fece che

disso-

dare

il

terreno e preparare

1'

ambiente. Quel vero e proprio


la

corpus
del
se-

di preconcetti e di scrupoli

che costituisce

fredda

anima
dallo

centismo fu tutto elaborato sulle basi poste


telli

dall'

inconsapevole Rober-

e dal prudentissimo

Maggi per

vie

imprevedute

Speroni

che, a certo punto, forse, se

ne meravigli

ma non

os contraddire

pago della sua riconosciuta competenza. Aristotelico deUa prima ora


fu anche l'ultimo edonista dell' aristotelesimo puro,

come
tra
i

s'

intender

meglio procedendo nella lettura di questo studio.

Fu

primi e pur

tra gli ultimi (su questo chiodo continu a battere,


fino all'estremo della prolungatissima vita)

nonostante tutto,

che

preposero

Omero
i

Virgilio per la documentabile ragione che quello era pi fedele

alle

regole di questo.
sori,

Per

lui le regole

eran tutto: invece,

per

succes-

esse furono spesso,


Cos,

come

s'

detto,

un

pretesto.
letterario
:

insomma,

lo

Speroni rimase per l'Aristotelismo

un promotore poco consapevole di dove quel moto avrebbe condotto un promotore, quindi, che non nemmeno un precursore. Ragion
per cui
ticato,
il

suo nome, cinto di tanta gloria in

vita, fu

presto

dimenche
cose

tranne dalla vanit campanilista dei discepoli


rifarsi

immediati,

pretendevano di

sempre da

lui

anche quando

dicevano

alienissime dallo spirito del maestro, e che gli posero


dal volto
tr

forse

un mezzo busto arcigno in un angolo del Duomo di Padova dove l'inconpassando (cittadina gloria !) Emesto Renan e gii fece
:

le

coma.

(')

Salviati: Opere:

Orazione in marte di B. Varchi, Voi. V,

p.

125 (Mi-

lano 1810).

78

CAPITOLO V.

Eppure questo mondo padovano ha pur

esso

il

suo

titolo di glo-

ria: quello di aver fermato l'occhio alla peripezia,

d'averla

messa

in luce con lo Speroni, d'averla insegnata a Torquato che ne trasse

r Aminta

e prepar la strada al Guarino.

Senza

dubbio

il

primo a

trarre dalla peripezia

una tragicommedia, sebbene credesse

di farne

una

tragedia, fu lo Speroni, e l'unica novit del Tasso fu

di

mutare in
si

pastorale

il

mondo

piscatorio (se si

pu dir novit perch


origine
discute,

tratta
tragirisolta
ori-

sempre
cos: la

di Ninfe).

Onde

l'antica questione sulla

della

commedia

pastorale, se alcuno ancor ne

pu

essere

tragicommedia una peripezia ed ha, segno dei tempi,


il

gini prettamente critiche:

culto delle regole

di

Aristotele tra
del

cui

primeggi quella menp in contrasto con


Si ripensi
l'

la poesia

rinascimento.
Sanctis sul-

un poco

alla discordia del


Il

Carducci
Sanctis
rivela
il

dal

De
vita

origine della favola pastorale.

De
che

aveva

osservato
sociale

che
prosi

r ideale posto in un mondo pastorale


('),

una

saica e vuota di ogni idealit

poeta, esule dalla vita,


;

rifugia nelle selve, e altre belle cose del genere

le

quali, del resto,


letterarie.

sono un po' entrate nel patrimonio delle nostre comuni idee

Ma

il

De

Sanctis osservava le cose dalla solita sublime e talor


;

pericolosa altezza desanctisiana

il

Carducci
alla

gli

opponeva che,
civile

guardar bene,

il

prosaico e le allusioni

vita

non

erano

proprio assenti in quella poesia e altre ragioni notevoli. Ora, a parte

che non bisogna scambiare per accenni alla vita civile


tici delle

gli strascichi poe-

beghe accademiche e di corte, pur- vero che queir idealismo

desanctisiano persuade

ma

-non spiega

non

fa chiaro

6ome avvenisse
e
si

che un bel giorno


dero alle selve.
Il

poeti dichiararon morta la vita civile

die-

Carducci, allora, cade nell'eccesso opposto


1'

e,

con

quella sua rigorosa documentazione, dimostra che gi morta, che questa

ecloga allora, era

nuova forma non

si

pu

far

derivare

n da

quelle recenti del Sannazzaro e del Magnifico, n da quelle medievali


di

Nemesiano
ritorno
(').

e di Calpurnio e afferma, per ci, che la tragicommedia

del Tasso e del

Guarino

l'

ultimo

frutto perfetto del classicismo

come
qui
s'

ai

greci, parallelo all'invenzione

del

verso

sciolto

del

Trissino

certo siamo molto vicini al vero, ma, a rigore,


bel giorno venisse in

neppur
-di

intende

come un
cit.

mente

al

Tasso

for-

(') (^)

Dk

Sanctis, op.

p.

154.

Cakducci: Saggi tre sulV

Aminta

(gi cit.j.

PADOVA, SPERONE SPERONI E LA PERIPEZIA >

79
nuova,

mare

a quel modo, e senza punto pretesa di far


dal suo epistolario,

cosa

come

si rileva

V ultima forma

perfetta del classicismo .

Invece, per la poesia di questi esausti

momenti
poi,

della storia, lo studio

accurato delle idee critiche


delle

ci

conduce spesso
l'

fin

proprio alle sorgenti

forme poetiche. Xel caso in parola,


il

ambiente in cui fu edu-

cato

Tasso

ci
si

spiega anche troppo bene le sue iniziative.

Il

Tasso

form

alla scuola dello

Speroni: ne assunse
(tutte

le

dot-

trine,

pauroso nelle sue domate ripugnanze

cose

documentate
del maestro,

dall'epistolario e nei

volumi del
secondo
i

Solerti)

e,

per primo frutto del suo


e

ingegno,

diede
:

fuori,

dettami

l'esempio

r Aminta
era
ripezia

tragedia detta poi tragicommedia che, insomma, in origine,


: :

una peripezia. Riassumiamo Aristotele aveva detto La peil mutamento delle cose fatte nel senso contrario al fine proposto e ci, secondo la nostra teoria, conformemente alle leggi
delle verosimiglianza e della necessit.
l'

Cos nell'Edipo venendo


dall'
l'

il

nunzio per farlo

lieto e

sgombrargli

anima

orrore del sospetto

concepito, dichiarandogli chi

egU

fosse, ottenne

opposto effetto e nel

Linceo essendo l'uno condotto a morte e seguendo l'altro per farlo


uccidere
-:u
si

verific

il

contrario perch dallo svolgimento dell'azione

che

questo fa ucciso e quegli

fu

salvo

(').

Neil' Apologia

io Speroni,

parlando in terza persona, cos spiega


e due volte form
il

la

sua fedelt aUa

regola

E una

poeta con la peripezia la favola

e fu la prima nelF adoperar della cesta dentro la quale avendo posto


la

buona femmina quel

fanciullo che, sotto specie di cosa

sacra

di

trafugare intendeva, in contrario, sola essa cesta con

quei due
:

fiori

che

r adornavano ha finalmente
sia questa la

l'

occasione

di

palesarlo

il

qual
nondi-

contrario avvenimento, bench altrove e in altro luogo


e

ci sia distinto

non

prima volta che ne

sia

fatta

memoria,
gli

meno
Lrere

in questa guisa di poesia molto di grazia


l'

seppe

aggiun-

amico. Mentre acciocch pi e meglio tal peripezia apparisse,


il

che
lei

famiglio di Maccareo con sua grandissima meraviglia, loda

che facilmente trovasse un

modo non pi pensato onde


il

ascon-

dere quel parto che celarlo lunga fiata parve a lui e al padrone impossibile. Dietro a questo, l verso

fine della tragedia^

ha l'altra

orribile peripezia .... quella del ministro

che giunge a disdir la


all' incontrario
(^).

condanna e giunge in

ritardo.

La

cosa
si

a^^ene tanto

che Maccareo, vista morta Canace

uccide pur lui

Se quel-

(})

Ed.

cit.

p. 20-21.

(-)

Speroni, ed.

cit.

Voi. lY, p. 152.

80

CAPITOLO Y.
quelle due

r ultima

ultime

ciambelle

fossero

riuscite

col

buco,

Canace sarebbe
dia lo stesso
lieto fine.

una tragicommedia a lieto perch, tal forma d' arte non ha

fine.

Ma

tragicommeaver

stretto obbligo d'

Infatti considerate la peripezia dell'

chiara fedelt allo

Aminta e vi troverete la pi stampo speroniano. Aminta vien condotto al fonte

perch

s'

incontri con Silvia,

ma

l'

incontrario

avvenimento del
essendo
invece

sa-

tiro costringe Silvia

a fuggire come sdegnosa

inna-

morata. Mentre Aminta se ne dispera e Silvia cerca affannosamente


di lui avviene

un

altro contrario accidente;


il

Nerina,

ninfa

gentile,
lupi.
fa

porta

il

velo di quella trovato fra


!

sangue gustato dai


!

sette

velo
il

sangue,

Silvia

Tu

se'

morta dice Aminta. Si


contrario

dare

velo e fugge a cercar la morte. Ma, altro

evento.

Silvia viva e cerca di

Aminta. Ultimo colpo di scena, non so se


della

del

tutto

contrario questa volta, giunge la notizia

morte

di

A minta onde Silvia pu finalmente conchiudere con una cabaletta che una specie d' elogio della peripezia o un accenno ai nuovi orizzonti eh' essa aprirebbe se il poeta non fosse deciso a farla finita
:

Ah
a

se la falsa morte
l'

di chi tanto

odiava

r un

tolse la vita;

ben sarebbe ragione


che la verace morte
di chi tanto
l'

amava
la vita
(').

togliesse a

me

Pare un inchino
lo raffigurasse

al

maestro Speroni questa cabaletta


il

e,

infatti

nell'opera stessa, presente


in

ricordo della persona di

lui.

Pare che

Mopso

censore
si

importuno

il

quale,

veramente
quel-

dotto e prodigo del suo sapere,

ideava poi che tutti lo mettessero

a ruba dice

il il

savio Camerini

(*).

Ed
filo

proprio

del

Tasso

l'ombreggiare

Maestro, quale maestro, in maniera che non se ne

potesse offendere

ma non
gli

senza un

di

antipatia.

Del

resto
il

lo

Speroni accettava l'omaggio affermando, come ricorda sempre


merini, che r
la

Ca-

Aminta
:

pareva lucidare ed oscurare ad un tempo


chiaro

sua Canace

dov'

che

il

lucidare

da

attribuire alla

tecnica e agli insegnamenti -dottrinali, l'oscurare alla

bellezza della

(')
()

Tasso:

Aminta
pref. p.

(od.

Sansoni 1888)

p.

77.

Op.

cit.

2.

PADOVA, SPERONE SPERONI E LA PERIPEZIA

81

forma. Infine
tutti
il

il

Guarino che,

dell'

argomento, se ne intendeva, e che

riconoscono per prosecutore del Tasso, riconosceva a sua volta


(').

Tasso imitatore della Cauace

La prima

radice era sempre la


l'

teoria della peripezia, autentico trait-d' union tra

aristotelesimo e

il

romanzesco, in

nome
addice

della quale si convertiva alla tragedia pastorale

anche

il

Giraldi. Tutto questo fittizio


s'
;

mondo
nell'

di Ninfe

ha

la

vera

ori-

gine che gli


della

un' idea critica. Chi poi sofisticasse che quelli

Canace non sono pastori come

Aminta, smetta pure anche


Trissino, era
(*)
:

questo burocratico dubbio. Allo Speroni che, fedele ad Aristotele, non

voleva togliere

l'

argomento dalla

storia

venuta a

mano una
il

favola del mitico

come l' errante mondo piscatorio


si

altri,

per

esempio

Tasso, trovarono pi

comode

ispirazioni nel mitico

mondo
pi-

pastorale pi ricco e florido di leggende e

affidarono a quello sail

pendo

di

non mutar nulla

di sostanziale.

(A parte che

mondo

scatorio rifece per


'^lei

sempre capolino nelle tragicommedie secentesche

sudditi della Serenissima

gorie della sua gloria marinara) fu

quando vollero ingraziarsela con alle('). Anzi il termine pastorale non


l

dapprima che un aggettivo messo


divenne sostantivo

a specificare

la

qualit

dei

personaggi, quand' eran pastori


stori,

e, poi, come si trattava sempre di paLa Pastorale ) sviando le traccie degli

orici

con danno dello Speroni e dei suoi

diritti

di precursore.

(')

Lettere del signor Cavalier Battista


p. 25.
e'

Guarino (Venezia 1595) Lettera

allo

Speroni {') Anzi

era stato

un

tal

Giovanni Falug che aveva trattato poco innanzi

classicamei^te, sulle

orme

del Trissino, la favola di

Canace

cf.

F. Neri

La

tra-

gedia italiana nel 300 (Firenze 1904).


(*)

Cfr.

Medin
p.

La

storia della Repubblica di

Venexia nella poesia

(ed.

Hoepli 1904)

50.

ToFKAM.v.

La

fine dell'

umanesinw.

CAPITOLO VI.
Il

pius Madius.
dell' edificio critico aristotelico della
all'

Sommario.
-

1. "Vero inizio

controriforma
-

Entusiasmo del Segni,

apparire del
fra le

commento

del

Robertelli

Suo
-

compendio di esso in volgare (1549)


portanza del fatto
:

mormorazioni degli umanisti

Imela-

ingenuit del pensiero del Segni.

2. Prima vera
esteriore

borazione cristiana del pensiero pagano col

Maggi
-

Storia

dei
si

commenti come

effetti di
-

vanit personali e di plagi


:

Fino a che punto

deve tenerne conto


Maggi.
telli

Esempio
del suo

il

caeo Maggi

Assurde complicate calunnie


reciso dissenso dal
il

di plagio mossegli dal Castelvetro -

Evidente originalit e rara onest del


-

3. Origine

commento
-

Suo

Robersia
la

nella interpretazione della catarsi

Nega che

fine

di

essa
i

liberazione dal terrore e


cristiani -

dalla

piet

contrastando

questo

con

principi

Ne propone un

altro cristiano

con una deformante interpretazione


Lessing
-

della lettera che

avr corso glorioso

fino a
:

Cos concilia

il

pen-

umanesimo - Il Maggi e il dantista Varchi - Risrgere di puri fantasmi medioovali come presunta integrazione del rinascimento. 4. Altre interpretazioni del Maggi.
siero di Aristotele e quello di

Dante

vera fine

dell'

Ed

ora,
il

data un' occhiata al precursore aristotelesimo padovano,


terreno dagli oscillanti e
dall'

sgombrato

dagli inconsapevoli

di

quel

periodo di transizione che va


riforma,
l'

Ariosto ai veri anni della contro-

quando

il

regolarismo classico non era animato ancora dal-

ansia di un' idea, rifacciamoci dal Robertelli e osserviamo di anno

in anno,

d'uomo

in

uomo,

il

rapido crescere e

il

fosco

integrarsi
d gover-

dell'edificio letterario aristotelico in cui

le regole,

invece

nare, son piuttosto governate e deformate dalla supremazia d'


siero.

un penche,

Fu

tale l'entusiasmo suscitato dall'opera

del

Robertelli

subito dopo,

un insigne

letterato del

tempo, Bernardo Segni, quarto

IL Plus

MADITS

83

Console

parafrasi
le

Accademia fiorentina (') stendeva in italiano lin' ampia non solo della Retorica ma della stessa Poetica, e insieme pubblicava. Trattare e tradurre in volgare una cosa voleva dire,
dell'

in quei tempi, riconoscerle diritto di cittadinanza nel pensiero degli


indotti.

Voleva dire tributare

al Robertelli la

pi grande delle

lodi,

come
di
ci

se egli avesse rotto finalmente e per


il

sempre quell'incanto

di

Medusa. Tale appunto


tal sorte
(^),

pensiero del Segni. Robertelli - egli dice -

ha

fatto

aperta quest'opera

che nessuna oscurit pi


i

resta

La cosa

dovette aver sapore di scandalo tra


il

letterati

del tempo, forse presso lo stesso maestro del Segni,

Vettori,

gramcritica
alle

matico massimo che,

invece,

lavorava

una sua edizione

della Poetica, col rispetto, la pazienza e la titubanza che si

deve

cose elette e

difficili.

Egli doveva considerar diminuito

il

suo prestigio
plebee
la

da quella leggerezza d'entusiasmo che

passava

mani

competenza

d' un'

opera scesa pur

ieri dalle alte vette del


si

greco aUa

medianit del latino. Di questa impressione


critico delle cose

faceva eco
si

un arguto

umane,

il

Gelli, e Giusto
:

Bottaio

udiva confi-

dare dalla sua anima questo

Ritrovandomi a questi giorni dove


Segni aveva fatta

erano certi

letterati e

dicendo uno che Bernardo

volgare la retorica di Aristotele, uno di loro disse che aveva fatto un

gran male e domandato della ragione rispose


che
ogni
volgare abbia a saper
quelle
fatica

perch non

ist
si

bene
sar

cose che

un

altro

guadagnato in molti anni con gran


v' era appiccicata, la cosa

su pe'

libri greci e latini (*).

Giusto parla complessivamente della Retorica, ma, per la Poetica che

doveva parer anche pi grave.


il

Eppure
per cui
il

il

Segni non faceva che esprimere

destino dei tempi


il

pi accademico soggetto di discussione dovr diventare


civile.

pi connesso a tutte le questioni della vita

Ma, in sostanza,
nel corso della

avevan poi ragione quei vecchi pedanti, e


sua
nel
fatica,

il

Segni,

dovette accorgersi che

non era

tutto oro quel che brillava

commento del Robertelli. iLo parafras alla meglio e con relativa fedelt. Ma, nelle questioni lasciate insolute dal suo stesso interprete,
s'

affid alla mentalit

accomodante, cio moderna, cristiana, e punto

(')

Sai,tiso

Saltim: Fasti consolari


et

dell'

Aeeademia Fiorentina (Firenze


lingua
Ed. M.)
volgare

1747)

p.

15-21.

(2)

Retorica

Poetica d' Aristotele


p. 286.

tradotta di greco in

da Bernardo Seoxi (Firenze 1549)


(^)

Gelu

La

Circe e i Capricci di Oiusto Bottaio

(Ist.

p.

244.

84
classica,

CAPITOLO VI,

del

buon borghese

fiorentino

come

s'

era impegnato

di

dimostrare che la Poetica era ormai cosa da


moralit corrente l'arduo parlare dell'antico.
fatti

tutti,

ridusse a
si

buona
in-

Cos

comport

al bivio della catarsi, e


il

per queste ragioni, non certo sospettate


tra
i

da

lui,

Segni merita di essere annoverato pur egli


aristotelico.
il

primi

artefici dell'edificio

Ma

che cosa intende


il

filosofo

per purgare

gli

affetti ?

- si

domanda
imitazioni

buon

Fiorentino. -

Vuol

dire che nel considerare simili


e

ove succedono casi


:

terribili

compassionevoli

noi

pur-

ghiamo l'animo
'

ma

in che

modo? Ovvero con

considerare tale imi-

tazione che ci arreca piacere facendoci imparare

quei

casi

seguiti?

ver quello che meglio

Perch leggendo noi

simili

casi
le

avve-

nuti in persone eccellenti, pi agevolmente comportiamo

calamit

nostre

ovvero impariamo a sopportarle

et in tal
1'

modo

se noi siamo
;

iracondi o intemperanti, venghiamo a purgar

anima

di tali affetti

considerando quei pericoli e quei mali che incontrano a chi


vizi involto e a chi fitto nelle perturbazioni
:

ne'

dalle quali conside (').

razioni forza che ne risulti piacere grandissimo


siero, chi

Maligno pen-

ben legga, in cui

il

mal comume
parte.

liano, cui esso si riduce in sostanza,

mezzo gaudio robertelreso anche pi modestamente

umano
che

dalla riserva della

prima

vero,

dice nella

seconda,
quello

dallo

spettacolo

delle

altrui

sventure

noi

impariamo

che meglio e possiamo trarre argomento a diventar migliori,


dice nella prima, in fondo
1'

ma,

udir narrare
?

il

male degli

altri

non

sempre cosa interessante e piacevole

J'

Il

primo che entr nella Poetica non con


con

la personalit
il

un

p"

vaga e adattabile degli umanisti in genere, compreso


(adattabilit conciliabilissima
l'

Robertelli

e rigida coscienza d'

acume del pensiero), ma con solida uomo moderno che considerava le interpretazioni

e le idee non quali argomenti accademici,

ma
il

per rispetto agli uni-

versali principi morali e religiosi del suo tempo, fu Vincenzo

Maggi

bresciano.

allora

non

fu

pi

possibile

languido

tranquillo

adattamento della personalit moderna all'antico pensiero, ma, dalla


volont risoluta di dedurne
trito

un

significato vitale,

cominci

quell'at-

che sorgente di calore e di idee nuove. Ma, come, in questa


letteraria

novella scolastica

nessuno certo pensava a negare o

infir-

()

V.

)).

294.

IL Plus

MADIUS

85

mare

l'autorit di Aristotele (in tal caso

commenti non avrebbero

avuto ragione di essere) cominci sulla

Ilo'.Tjt'.xT;

un lavoro
lo

di quasi

sempre inconsapevole deformazione che ne mut

spirito,

finch

non
que

venne
il

dissipare

l'equivoco,
di

Lessing.

Ben
il

a
*

ragione
pius
il

dun-

Maggi

merita

restare

nella

storia

Madius
giudizio-

come

lo

vedo chiamato sovente dai contemporanei


Tasso.

o
ci

sissimo Maggi di Bernardo

Ma,

gi

che

siamo,

sar

bene sgombrar prima

il

terreno, proprio col chiarissimo esempio del

Maggi, da certa critica possibile quasi a ogni capitolo di questo studio, chi indulga agli scrupoli

storia esteriore di
lit,
il

una troppo sottile erudizione. La questi commenti una sequela di beghe, rivadi

calunnie,

rivendicazioni
;

meschine,

fra

cui

corre

frastagliato
all' in-

rivolo dell' idea

cos contaminato, sovente, che, a guardare

grosso,

non

si

vede altro stimolo a tanto guerreggiare se

gelosia e spirito di contraddizione.

Anche

non vanit,
vecchie

questa troppo marcata

apparenza contribu, credo, a disamorare


pagine polverose d'un periodo tutto

dall' interessarsi alle

astii personali, tutto

polemiche,

come

se,

sott'essi,

quel sottile rivolo ideale non scorresse pi.

Ma,

a parte l'intensit del fenomeno, esso


iniziativa si

cosa vecchia. Ogni sincera


riflesso

manifesta sempre

cos

nel

di

umane

passioni

che, talora, riesce difficile sceverare da taluna di queste la


ideale di quella.

ragione

si

arriva alla forma pi disperata di

nichilismo
ritro-

storico, se ci si vale di questa

impressione per dispensarci dal

vare la presenza di quella con indagine pi accorta e paziente.


se,

Ora

ad ogni atteggiamento nuovo di queste scolorite figure


i

cinque-

centesche, ci fermassimo ad ascoltare le accuse e

rimbecchi di ru

bacchiamenti, di plagi, di finzioni, onde ciascun d'essi


gnato, non
Grli

accompa-

si

finirebbe pi di scrivere.

con quale frutto ? JS'essuno.

uomini, con loro dispiacere, non possono mentire che fino a


:

un

certo punto

difficilmente

uno sostiene un' idea

si

fa

innanzi a

rappresentare in un' opera e nel


a tutto
il

mondo una

parte, se in quella, oltre

resto,

vuol dire sincerit.

non c' una certa conformit col suo spirito: che Or noi dunque ci limiteremo a cercare quella,

sceverandola dal resto delle


necessario o prudente.

umane
ci

miserie o accennandovi solo dov'

Se no,

sarebbe

da

disperare

in

questo

astioso gioco d' oscure polemiche in

cui ci tocca di lavorare.

E dire
armi,

che questa brava gente era preoccupata soprattutto della immoralit


dell' arte
!

Si

ha

l'

impressione che

il

gusto di torneare con


gli Italiani, si

le

che andava sempre pi decadendo fra

tramutasse tutto

86
in ispirito litigioso nella

CAPITOLO VI.

vana palestra

delle

vanit

letterarie: pen,

sate alla quantit di polemiche, intorno alla


stelvetro e
il

Canace

fra

il

Ca-

Caro, intorno alla Gerusalemme, intorno a Dante, inal

torno

al

Pastor Fido, intorno


al

Maggi

e sentirete che aria

Fermiamoci appunto
tutti.

Quando
rivalit
l'

caso Maggi e
di costui, la

illustriamolo

uno

per

usc

l'

opus

sfaccendata

inquisizione
l'

letteraria del tempo, al vedere rinnovato

a cos breve distanza

au-

dace tentativo del Kobertelli,

istitu

subito

un

raffronto e, con esso,

immagin
dice
del

d'uomini e di scuole. Come poteva non sorgere,


?

tra le altre,

accusa di plagio

Se voi

ascoltate, per esempio, ci che

Maggi quella buona lingua


Son calunnie
lealt polemica,

del Castelvetro, vi passa subito


alle

la voglia di leggerlo.

quali

il

Castelvetro,
il sottile,

che,

quanto a

non guardava troppo per

tent di
riscald,

dare peso valendosi di pretese confidenze ricevute.

ci

si

diramandosi questo fuoco dal grande incendio della sua polemica con
il

Caro, per la buona ragione che


di quello attraverso
il

il

Robertelli era amico

suo

il

Maggi

Varchi: lunghe e inevitabili complicail

zioni nella piccola Italia accademica d'allora. Assicurava

Castel-

vetro di avere ricevuto in confidenza dal Robertelli che costui aveva

apparecchiata una fermissima difesa contro

le

opposizioni del Maggio


il il

e oltre a ci aveva formate molte opposizioni contro


lui sopra la predetta poetica, le quali

commento

di

non

so - dice
cose, gli
il

Castelvetro -

come avrebbe potuto schifare e s' era Che il Cemento il quale


intitolato

tra le

altre

opponeva una
di
lui

stampato sotto

nome

ed

a Cristoforo Maduccio Cardinale, non era suo,

ma una

parte

era preso da quello che eSso Robertello aveva scritto nella sua sposizione, un'altra parte era stata formata

da un Francesco Davanzati

Fiorentino, che, per salario grosso ricevuto, secondo che pubblica


voce, dal Maggi, aveva

non solamente
Il

fatto

questo,
in

ma

compilato
al
fine,
raf-

ancora tutto
di

il

Commento

e ordinato dal

principio

fino

suo

stile

disposizione.

che dimostrava chiarissimamente


scritti

frontando quel commento stampato con gli


a parola raccolti dalla bocca del

che furono parola

Maggio quell'anno che esso spoFerrara e


Pisa
:

neva pubblicamente
telli

la poetica di Aristotele in

il

Roberquali

parimente la

sponeva
si

pubblicamente
il

in

per

le

scritte

non solamente

conosceva che

commento pubblicato non


d'esso
Robertello
e
del

era suo n di sustanzia n di

forma

ma

Davanzati
stati

anzi appariva che orrori gravi e pressoch infiniti erano


de' quali

ammendati,

erano ripieni quei predetti

scritti.

La quale

IL Plus

MADIUS

87

difesa e le quali opposizioni,

due

cagioni.

L'una

delle quali era che pubblicandole

non pubblicava secondo che diceva per vedeva che si

sponeva a pericolo manifesto nel quale sarebbe agevolmente caduto


per opera degli amici obbligati del Alaggi, da' quali in simili brighe
altri

era stato in altri tempi maltrattato

l'

altra

era

che vedeva
gra-

chiaramente, se faceva simile pubblicazione, che perderebbe la


zia e
il

favore di molti scolari,


li
li

specialmente
di

de' Bresciani,

non

meno

cento di numero,

quali andavano

continuo ad ascoltarlo

con grande attenzione e


suo, che incontanente
al
l'

riempivano la scuola con non poco onore


dell' ingiuria

odierebbero per rispetto


l'

fatta

Maggio
Il

e per isdegno

abbandonerebbono >

(').

bello si che, in

tatto ci,

non v'ha una parola


dal

di vero.

Conciliare del resto le validissime opposizioni preparate


telli

Rober-

con r accusa

di plagio cos

rigorosamente formulata, cosa che


Castelvetro.
il

doveva riuscire
di infirmare la
e*

difficile

anche
il

al

Ma
Si

pur

difficile

gli

riusciva dimenticare

che

Varchi e

Maggi avevano

tentato, pare,

sua alleanza col Robertelli.

badi invece: se
rappresenti

uno

scrittore della

seconda met del 500

che

un

indirizzo tutto contrario alla scuola del


stelvetro
:

Maggi quello

l'eretico Ca-

e la rabbia

onde costui

l'

assaliva, spronato dal Robertelli,

(o tirandolo in ballo

per forza) la pi bella


spirito

prova che nel com-

mento del
senta in chiaro

rivale

e'

era veramente uno

nuovo
il

destinato

con

probabilit a trionfare nel prossimo avvenire. In realt

Maggi

si pre-

una luce
noi

di onest
ai

non frequente
il

in quei tempi ed cos


lato originale

(a

come

contemporanei)

della

sua

figura che ci baster illustrare quello per veder cadere da


sto castello di ipotesi criminose contro
il

s code-

quale

si

accanirebbero forse
di
lui
ci

invano

le

documentazioni della
del

storia.

L'esempio
casi.

basti

come quello

metodo da tenere
col

in simili

Strettosi in amicizia

veronese Bartolomeo Lombardi,


la

l'uno
aule

e l'altro pensarono di suggellare


dell'

loro

amicizia

nata

nelle

universit patavina con


:

tica di Aristotele

il

libro

un commento in comune all' arte poedell' ora. Il Lombardi mor prestissimo

(')

Correzione di alcune cose del Dialogo delle lingue del Varchi, e una

giunta del primo libro delle prose di


-campatole) p. 39-40.

M.

Pietro

Bembo

dove si ragiona della

'olgar lingua^ fatta per Lodotneo Castelvetro. (Basilea 1572, senza

nome

di

CAPITOLO VI.

(1540)

ma

poco o molto che avesse contribuito all'opera,


quello

il

suo

nome
e
ci

rimase accanto a

dell'amico

nell'edizione

del

1550

torna a onore del Maggi. Avessero o no assodate molte loro idee in


proposito gi otto anni prima che
certo
il

commento

robertelliano uscisse,
il

r ultima stesura
d'

dell'

opera fu posteriore a quello, onde


il

Maggi

non disconosce

averne tratto qualche vantaggio e chiama


et latinis Utteris
:\ l'

Robertelli
indiscuti-

virum graecis

doctum

{').

Ma

la

sua

bile originalit questa

aver negato che


e,

si

potesse,

dalle regole

aristoteliche implicanti

un

valore morale

in primis, dalla catarsi,

dedurre per

la via seguita dal predecessore

un

significato che

fosse

veramente regola

alla

moderna poesia

l'

aver trovato
i

un

altro

punto

di partenza dal quale si potesse tener d' occhio

capisaldi della

mo-

rale religiosa e regolarsi su queUuj^

Appena
lustris...,

letta la definizione

tragoedia est imitatio actionis

il-

per misericordiam vero atque terrorem perturbationes


,

hu-

iusmodi purgans
di protesta.
citur, qui

egli

oppone all'interpretazione data


sit

fin

un no
.

Ex

hac tragoediae definitione quis

eiusdem

finis eli-

sane non est

animum

a terrore ac misericordia purgare...

Col suo

modo

di ragionare gli riesce facile dimostrar per


di

absurdum
e
di

r impossibilit
si

una

letterale interpretazione di questo passo. Allora

sente in diritto di riprendere

in

mano

il

testo

aristotelico

cercare in quell' huiusmodi

(toiotodv)

famoso
j
1

fino

al

Lessing.

possibile,

un nuovo valore che pensa egli, che una


i

rester

regola
della

aristotelica insegni

un principio

in conflitto con

fondamenti

jdottrina cattolica ?

Poich dunque l'

egli dice

la tragedia libera

l'

animo dalle
miseri-

perturbazioni con

intervento del terrore e della misericordia, se noi


lo stesso terrore
:

intendessimo per perturbazioni


cordia
il

e la

stessa

senso sarebbe questo

la tragedia col

mezzo
dalla

del terrore e

della misericordia libera l'animo dal

terrore
;

e
e,

misericordia.
l'

Ne

seguirebbe una specie di auto-distruzione

con

indurre quei

due sentimenti, noi


intellectus

cacceremmo insieme l' uno e l' altro. < Quod capere non potest Non sarebbe ben degno di meraviglia
.

che

tragici dovessero togliere all'


i

anima umana

il

terrore e la misoffrirebbe ?

sericordia senza

quali essa

anima molti gravi danni

(')

Vincenti Madii Brisiani

et

Bartolomaei Lombardi Veronenais in


exsplicationes (Venetiis 1550) p.
l(j.

Aristotelis librum

De

poetica

communes

n,

pirs MADius

89

Xam

si

misericordia careremus quomodo indigentibiis


>

opem praeprima

staremus.... ?

Si

sente che l'obiezione

una

protesta: e nasce,

che dall'intelletto, dal cuore.

Longe

igitur melius est - continua

grave

il

pius

misericordiae et terroris interventu expurgare


tot

animam ab
pene

Madius ira qua


est

neces fiunt

ab avaritia quae

infinitorum

malorum

causa:

a liixuHa, cuius gratia nefandissima scelera saepissime

pa-

trantur.... .

Longe melius

est ?

vien fatto di domandare.


il

Ma

si tratta

di

esporre le proprie preferenze o di illustrare

pensiero del filosofo?

Appunto, udite

His

itaqiie

rationibus

Aristotelem nolle tragoediae finem esse


misericordia ve expurgare
:

haudquaquam dubito animam humanam a terrore


di
questi)

sed his idi (valersi


:

ad

alias

perturbationes ab animo removendas


virtutibus exornatur
:

ex quarum remotione animus

nam

ira verbi gratia depulsa, succedit


ita

mansuegreco

tudo

expulsa avaritia, succedit liberalitas, atque


sta bene,

de

caeteris... >
il

diciam noi
i

ma

bisogna accontentare anche

di Aristotele

che ha
il

suoi

diritti.

Ed
;

ecco entrare in scena vestito

di foggie

nuove

famoso Toioxwv

;:aOTjjtTa)v.

To'.otmv non vuol


e si\1

dire cotali, questi, o cos fatti

mali

vuol dire semplicemente


y>^

mili a questi^

va tradotto <.huiusmodi

Vult igitur Aristoteles non perturbationes hae, terror inquam


generis aliae, quae ideo

et

misericordia propellantur, sed huiusmodi, id est his similes, ira

videlicet, luxuria et eius

dicuntur

terrori
:

ac misericordiae similes, quoniam

animum

exagitaut atque perturbant

non minus
atque
ita

ira

quam

terror,

non minus luxuria quam misericordia,


igitur Aristotelis verba ita

de reliquis.

Cum

se

habeant

per misericordiam vero atque

terrorem, perturbationes

huiusmodi

purgans

non de terrore

et

de misericordia purgandis, sed de periis

turbationibus huiusmodi, hoc est

similibus (uti

monuimus)
mutato
i

intelli-

genda sunt
Il

(').

pensiero di Aristotele, chi ne


>
.

dubita ?

ab

imis

fundamentis
egli dice -

quell' unica e tiratissima analogia fra


i

sentimenti
altri

di terrore e misericordia ed

peccati relativi (gli uni e gli

hanno

il

carattere voluto dal filosofo di turbar l'animo,

e s'accontenta) vien fatto di dubitare perfino della


l'

buona fede
tutt' al

del-

interprete.

Ma non

certo

neppur

malafede. Si tratta

pi

(')

p.

97-98.

90
d'

CAPITOLO VI.

una inconsapevole autoillusione che viene da una segreta pena


troppo
grosse
si

dell'anima. Senza paura di usar parole

pu dire

che questa falsificazione d'Aristotele cos feconda

d'effetti

un

av-

venimento decisivo, esprime


mento)
e,

la

fine

dell'umanesimo (come rinascipili


il

con questo,

il

ritorno a

una tradizione

radicata,

pi

intima, pi universale che quella umanistica.

falsificatore

non
di

no questo piccolo Maggi,


lui
:

ma

uno ben pi grande e possente


si

Dante Alighieri. Quel gran padre nostro spirituale


i

fa strada

tra gli oblii,

dispregi e le calunnie del rinascimento e ritorna, imstirpe.

mortai voce, nella coscienza della sua

Avete osservato come nel


alla

latino

del

Maggi accanto
l'

all'

Ira e

Lussuria venuta a

mettersi, quasi surrettiziamente,

Avarixia,

la terza fiera dantesca ?

Non
!

e'

dubbio che queste sono


che
arbitraria
;

le tre fiere
!

dantesche. Altro che regole

Altro

interpretazione
:

Vedete

l'

ira sarebbe cacciata dal terrore


;

e sta

bene

la lussuria

sarebbe cacciata dalla misericordia

e sta bene.

Ma

l'

avarizia ? Ohi
chi ?

r ha chiamata

Qui Dante ha

parlato.

per bocca di
io

Non

neppur questo un mistero. Padova non aveva, che


tradizione di studi danteschi
(il

sappia,

una

dantismo del Bembo, posto pure che


l'aveva

non

fosse

antidantismo,

ben povera cosa) come

sempre
gli In-

avuta, ad onta di tutto, Firenze.

Da

Firenze era venuto tra

fiammati
capitolo
:

un innamorato

di
;

Dante

del quale parleremo nel prossimo


s'

Benedetto Varchi

e questo Varchi

era stretto col


il

Maggi
a

in intima comunione di studi (ne divenne poi

porta-bandiera

Firenze)

e in profonda amicizia durata quanto la vita. (Mi duole per

r ombra

del Castelvetro,

ma

il

Maggi

ci

appare con
il

gli

amici fedele
si

vuol dire che era un galantuomo).

Padova
il

Varchi

accese di

fervore aristotelico e ne fece tutt' uno con

culto di Dante.
il

Ma

e'

molto di pi. Quando


svolgere nello Studio
al
:

si

tratt di

assegnare

corso di lezioni da
affidata la

al

Maggi pi maturo fu
(').
1'

Poetica

Varchi pi giovine l'Etica


il

parallelamente leggevano.

Ma
non

come poteva leggere


grande interprete
pensare che
della catarsi,
al
il

Varchi
il

Etica

senza ricordarsi del pi


?

di essa,

suo concittadino Dante


fin

E come

Maggi meditante

da quel tempo sul gran dubbio


in aiuto forse

Varchi non accorresse

con la terzina

()

Salvuti

op.

cit.

T.

V,

p.

126 (Commemorazione del Varchi).

IL

Plus MADIUS

9i

Non
con

ti

ricordi di quelle parole

le quali la

mia

Etica pertratta
il

le tre disposition

che

ciel

non vuole

e che invece nell'Etica,

sempre oscura nel

testo, gli

schiudesse

da-

vanti la

Divina Commedia

cristiana ?

Col Maggi la poetica comincia ad essere veramente una rinascita


di pensiero medievale che fu, per
allora,

un apparente regresso ma
sa-

che celava in germe


tira

il

romanticismo. Vedi eterni fantasmi della


il

umana

Sapete con che appellativo

Robertelli,
il

uomo
suo

foggiato

piuttosto sullo

stampo

di

un

Valla, soleva irridere


il
:

commensottoscritto

tatore rivale (appellativo al quale

Castelvetro avrebbe
cio cornacchia
:

a due mani) ?

Cornicula

illa (*)
all'

che suona come

la beffa del vinto

rinascimento

et che si prepara.

^
il

il

Maggi ne
casuali e

consapevole artefice, perch quelle sue analogie fra

terrore e la

misericordia e le passioni contrastanti con essi

non sono n
della

superficiali

son frutto di uno spirito religioso, educato

indasia

gator^Che
domata dal

l'ira (e

con essa

il

tumido vento

superbia)
fra

terrore, pensiero

comune

e quasi intuitivo

quelli

proposti dalla religione,

ma

il

rapporto tra la lussuria cuius gratia


e la misericordia pi sottile ; e per
del
cristiane-

nefandissima scelera patrantur


si

ispira a

una

delle verit fondamentali e immortali

simo, rifiorente qui,

d'improvviso in

questa
al

fosca

alba
pili

di

tempi

nuovi che pare un tramonto. Si ripensa


nella voce di S.

Medio Evo
voi
la

profondo
e

Agostino:

(')
;

sradicate

in

concupiscenza

piantatevi la carit

e al

Medio Evo pi gentile per una

deli-

ziosa odicina alla Vergine che finisce:

Nos
si

niites fac et eastos

ripensa a

un

altro
:

miti rivolto agli

altari della

Vergine dal non

superficiale

Manzoni

de' tuoi miti altari


le

benedette soglie

ricordargli

il

conflitto fra
il

l'avarizia

la

liberalit,

come

espressione di carit, venne

padre Dante.

Quando

s'

detto ci del

Maggi

s'

detta ogni cosa.

Non

e'

(')

TiKABOSciii: op.

cit.

T. VII, p. 4, p. 408.

(-)

Sant' Agostino

Sermone CCCXI.

92

CAPITOLO VI.

neppiir bisogno di ricordare che tutti gli altri corollari della catarsi
cos negata

da

lui si disfecero nelle sue

mani come neve


1'

al

sole.

Sicch

il

Maggi, deciso a non voler mai infirmare

autorit del mae-

stro filosofo se la cav

con piccole

industriosit.

Che cosa voleva


lo

dir per esempio Aristotele


gli

quando escludeva dal mondo tragediabile


catastrofi,
se,

uomini iniqui e

le loro

invece,

spettacolo

di

queste ci riempie di un sacro orrore e di una benefica


al

ripugnanza
ad-

male

Dubium

videri alieni posset ....

dice

il

Maggi e

duce molte ingenue ragioni. Gli riusciva poi alquanto duro a intendere

come

potessero essere personaggi tragediabili, secondo la teoria


piuttosto
lui,

dell'uomo

buono che iniquo, gente


parevano
egli

come
e

Tieste,

Oreste
di
(').

Egisto che a
loro

poco amico degli dei pagani


misteriose,
degli

poco persuaso
scellerati
i

istigazioni

autentici

Qualche meraviglia pu fare che


ricoli

non abbia veduto meglio


:

pe-

che poteva presentare

l'

altra particella

se sia pi importante

la favola o la rappresentazione psicologica dei personaggi. Qui,

come

sempre del resto dove


egli

la

questione non implichi


:

un
i

interesse morale,

cammina
risalto

paro col Robertelli

ripete che la
i

parte

principale

la favola e che subito dopo vengono

caratteri

quali, anzi, pren

dono

da quella.

Per actiones raores complectuntur


certo punto, conclude
fieri

ripete

col Robertelli.

Vero che a

tragoedia

non

sino fabula sed


sia

tamen sine moribus


al

potest

(').

Ma
pietre

credo che

pura fedelt di traduttore


il

pensiero del filosofo, senza malizia.

Pare che

Maggi, pago di avere posto

una

delle

angolari

dell' edificio critico

letterario della controriforma,^ si riposi e lasci la


ai

continuazione dell'opera
verr fondata appunto
colabile

successori. Infatti l'altra pietra

angolare
incalil

su

questa

vitalissima
Difatti,

questione
il

con

beneficio

del

secentismo.
la

se

rappresentare
fra la

male pericoloso per


ispirata dai

corrotta natura dell'

uomo,

tragedia

mores

- inevitabile confusione di bene e di male -

e la tragedia che, poniamo,


bile la

ne faccia senza, non ognora


scoloriti

preferi-

seconda? Dei pochi e

accenni del Maggi ai rapporti

fra storia e poesia

diremo una parola a proposito del Tasso.

(')

V. per
109.

es.

il

commento

alle particelle

LXVI, LXVII, LXX.

() p.

Ztl Zf. Zl^ Tf^ ^1^ Zl^ Zj^ at^ ^t5 ^t5

ZffMW

CAPITOLO vn.
Benedetto Varchi e
1*

aristo telesimo integi*ale.

Sommario.

1. Perch
s'

il

Varchi rappresenta
si

il

punto centrale del movimento


-

aristotelico che

incontra e
si

fonde con la filosofia scolastica

Con
il

lui

r aristotelesimo padovano
bandiera del Maggi
-

diffonde a Firenze dove egli diventa

porta-

Elementi platonici riconoscibili, suo malgrado, nel suo


Prevenzioni contro di
lui -

modo
telli

di esprimersi
il

Poco rispetto del Rober-

cui edonismo svanisce col prevalere dell' aristotelesimo padovano.


idee del Robertylli alla luce della scolastica
-

2. Le
bens

Oggetto della poesia

il

falso,
-

ma

il

suo mezzo l'esempio


1'

- L'

arte riceve la sua nobilt


e
felice
-

dal fine

li

fine della poesia far


-

uomo

perfetto
dell'
-

La poesia
-

strumento dei reggitori di Stato


posti a fronte dal Varchi
d'

Secondariet

elemento estetico

Una

aggiunta definitiva alla definizione di Aristotele

Il

Maggi e

il

Eobertelli

di

Le regole come espressione di quello stato animo - L' inquisizione. Ij. Un nobile effetto di queste idee V amore Dante come poeta e pensatore - Esempi D Varchi e il GiambuUari.

Lo Spingam,
cursore,
lo costringe

storico acuto,

anche quando

la

sua qualit di pre-

quasi, in questo

campo

di studi, e di straniero, per giunta,


il

ad essere di necessit approssimativo, dice che


(*)
:

Varchi

rappresenta bene la critica del medio 500

ma non

ne spiega a

fondo

le ragioni.

Forse

sentiva che egli stesso non avrebbe saputo


d'

render conto adeguatamente

un pensiero
i

di cui intuiva la giustezza

senza riuscire a disegnarne bene

contorni e misurarne la portata.


il

Yarchi rappresenta, in una parola,

pensiero critico del 500


piuttosto formali,
ora,

che, sorto

dapprima come complesso


la

di

questioni

ha poi chiarita

sua natura moralista col Maggi ed

con

lui.

(')

Spix&ars op.

cit.

p. 318.

94

CAPITOLO

VII,

trova finalmente la sua pseudo-integrazione ideale in un pi grande


aristotelesimo
:

quello scolastico.

ad esso

si

inchina e da esso

ri-

ceve chiarimenti, amputazioni, e costrizioni paralizzanti. Tuttavia

si

pu dire

che,

dopo

il

Varchi,

il

periodo formativo chiuso, la stella


la

trovata e tutte le

tristi

conseguenze per

poesia

venute di poi

non sono che deduzioni da uno stesso principio. Perch il tomismo che, nel Medio Evo, aveva significato libert specialmente per l'arte, inteso come lo si intende in questa et di controriforma, significa
tirannia e distruzione di essa
;

e quel concetto di poesia

come

espres-

sione di filosofia in senso lato, diventa perno di rigidissimi principi


morali, sotto
la cui

tutela

l'arte

non pi bellezza ne sapienza,


della
politica.
Il

ma

soltanto strumento della morale e


il

Varchi

sta

proprio nel mezzo tra

periodo di formazione

il

rigoglio

delle

idee critiche della controriforma: rappresenta poi questo punto centrale

anche per un altro

rispetto. Egli

importa da Padova a Firenze


che cadel

r aristotelesimo e d
ratterizza la seconda
Robertelli, in idea,

inizio a quell' universalizzarsi di esso

met del 500.

S' intende

che

il

commento

non aveva avuto che vedere con questo

aristotele-

simo che

io

dico

era stato cosa tutta letteraria, sul gusto del rina-

scimento. L' aristotelesimo,

come

filosofia

e letteratura

ad un tempo,
su
quello

viene da Padova col Varchi e riesce a foggiare un poco

stampo

il

sorridente volto di Firenze che, per intenderci, io seguito


Il

a chiamare platonica.

Varchi rappresenta

berle, in fine,

anche nella

sua figura intellettuale, questo inchinarsi di


Volle
il

Platone ad Aristotele.
gli Strozzi,

destino che, seguendo

neUa

loro

disavventura

egli capitasse

giovane ancora a Padova e che, accolto nella cerchia


si

degli Infiammati,
nici

trovasse a lavare in Bacchigliene

suoi

plato-

panni
e,

fiorentini.

L trov un fare ben diverso da quello a cui era


filosofia ari-

abituato,

quel ch' pi grave, sent parlare prima di


anzi,

stotelica che di letteratura. Si prepar,

a questa

sui libri

di
gli

quella.

Onde, tornato a Firenze

e,

messosi a parlare di poetica,

venne naturale
state a

di integrare e sistemare gli insegnamenti del

Maggi,
erano

cui rest fedelissimo, con le

parallele dottrine filosofiche che

Padova

la

sua disciplina.

fu questa' la

sua

novit, tanto
l'

pi importante perch, da Padova a Firenze, a trasportarvi

aristo-

telesimo genuino, torn con lui tutta una schiera di esuli fiorentini

che costituirono quasi una scuola.

Da

allora in poi

il

Varchi segu
il

fedelmente, anche nella storia esteriore


quelle idee che erano le idee ufficiali

della sua vita,

corso

di

del

tempo

conducevano

BENEDETTO VARCHI E

l'

ARISTOTELESDIO LVTEGRALE

95
allo

una soggezione

di tutte le attivit dello spirito, poesia inclusa,


;

scrupolo religioso

finch, a settantadue anni, poco

prima

di morire,

nel 1574, conchiiise

come doveva conchiudere un uomo


anche pi delicato e
a
sottile

filosofico

par

suo

si

prepar a dire messa.


altro aspetto

Ma un

avrebbe potuto
impressione.
Il

rilevare in lui lo Spiugarn

conferma

della

sua

Varchi, che pretendeva ad aristotelico purissimo non solo per la sostanza del pensiero

ma

anche per

il

modo

di

atteggiarlo,

lasciava

poi trasparire ogni tanto, senza accorgersi, tra le pieghe del suo frasario ortodosso, qualcosa della vecchia mentalit umanistica di gusto

platonico,

ficiniano, o eclettico, che era

come una_smorfia. geniale


(').

su un volto mal disposto alla severit delle meditazioni coerenti

Questa luce di contrasto rappresenta bene, in


volevano imbrigliare e per

atto,

il

piegarsi del

li-

bero e antifilosofico spirito umanistico agli schemi dialettici che lo


i

quali la seconda met del

500

si

diil

stingue a puntino dalla prima.


Castelvetro, che,

Onde

il

fedel

nemico del Varchi,

ancor pi maligno che acuto, stava a bada di tutto

ci che vi potesse essere di stonato in quel nascente

mondo
di

ideale

cos
la

ostico

al

suo

cuore
di
i

di
e

negatore,

non

tralasci
(il

rilevare

cosa

in

tono

beffa,

Appone ancora
e la poesia

Varchi) ad
divina
:

Ari-

stotele

che che

chiami

poeti divini
il
i

cosa

C)-

E
vi

non

fa

ribattere

chiodo
poeti

piantato
ion

gi

prima

<

Anche

dovevate ricordare che

sono

solamente

da

Aristotele,

ma
Il

exiatido da Platone .... chiamati divini e la poesia cosa divina.

che non

fa Aristotele

ancora che adomi Omero del

titolo
(').

di

di-

vino,

ma

per altro che per essere semplicemente poeta

ba-

date che r osservazione coglie proprio nel segno, perch quell' aggettivo, nel

sistema del nostro autore, sta proprio


alla poetica

a
fra

pigione:
le

niente,
dello

meno che
stico.

inquadrata

dal

Varchi

facolt

spirito alla fredda luce scolastica, si


Difatti,

conviene quell'aggettivo umani-

d'ora innanzi, esso cadr di

moda

fra

rigoristi

sul
dif-

tipo del Varchi, e gli succeder, verso la poesia,

una freddezza

(')

Cfr. G.

Manacorda

Benedetto Varchi, Annali della Scuola

di

Pisa

V.

XYH
(2)

(1903) p. 18.

Corrextone d'alcune cose nel dialogo delle lingue di


p.

B. Varchi per

L.

Castelvetro (Padova 1744)

123

5.

Id p. 91.

96

CAPITOLO

VII.

fidente assai pi vicina, nella sostanza

se

non

nell'apparenza, agli

ostracismi dei rigoristi medievali, che agli entusiasmi del rinascimento.

D' altra parte quel suo ostentato rigore


chie disusate, ha sempre

aristotelico

il

quale, ad orec-

noie di contraria

un primo sapore di positivismo, gli procur natura e, come egli veniva da Padova dove il Pom;

ponazzi aveva cominciato a scindere


zioni della chiesa,
il

principi del filosofo dalle dedufedele platonico che

non manc qualche

sospett

Yarchi, spirito mistico e timorato, nientemeno che di

Pomponaz-

zismo.

Ma

la coscienza di

importare a Firenze qualcosa di nuovo ce

l'aveva e purtroppo attribuiva a questo qualcosa un esorbitante valore.

Quando, vari anni dopo

il

suo ritorno, nel 1553,

gli fu affidato
egli,

di trattare teoricamente della poesia,

nell'accademia fiorentina,

accingendosi a distinguerne

le

varie parti disse,

nel proemio d' una

sua lettura, fra


alle
l' l'

l'

altro,

queste parole che suonavano

come una

diffida

antifilosofiche improvvisazioni del Robertelli e alle critiche del-

inquisitore fiorentino ed erano


aristotelesimo integrale

un richiamo
:

ai severi

volumi

del-

padovano

per

fermo, se io non

mi

fussi (sono

gi molt'anni) in traducendo e
il

di Aristotele, senza

non mezzanamente in cos grande impresa

commentando la poetica quale non saprei muovere un passo, esercitato cotale materia non harei osato d' entrare in
(').

Il Robertelli, infatti,

con tutta

la

sua pretesa di svelare


i

la

Poetica
e pros-

/hon aveva estesa la sua conoscenza del filosofo oltre


poesia.

facili

simi confini della retorica e a questa solo aveva chiesto


definire la

lume per
la

Aveva quindi

ripetuto

delle

cinque facolt
il

dimostratoria ha per oggetto


torica
il

il

vero, la dialettica

probabile, la re-

persuasivo, la sofistica ci che probabile,


il

ma

ha

l'

apparenza

del verisimile, la poetica il falso e

favoloso. Poetica lippos habet

oculos et prorsus cacca est?. Perci aveva conchiuso esaltandola sotto


il

rispetto della bellezza e

chiamandola magari divina:


le

ma, quanto
ogni

al giovare, gli era


altra.

sembrato che

appartenesse

meno che ad
cinque

Et

si

prodest quoque ......


il

Oppone

Varchi

Se noi consideriamo queste

facolt

per rispetto al loro argomento, la pi secondaria certo

la poesia.

(')

Lexioni di M. B. Varchi academieo fiorentino

ecc.

(Firenze

Giunti,

1590), p. 599.

BENEDETTO VARCHI E L ARISTOTELESDTO IXTEtRALE

Per se quel vano parlare

finto e favoloso voi

l'

applicate alle azioni

umane

e lo considerate nella sua vera

luce,

sapete

che

cosa

esso
Il

diventa ^Unseoph).^

La
il

definizione allora va modificata cos:


favellare finto e favoloso; e
(').

subbiettoS

^a

poesia

il

suo mezzo

o strumento l'esempio

Ora l'esempio non


il

cos nobile stru:

mento
il

del pensiero

come sarebbe

sillogisma o l'entimema

ma

pi efficace. Si che, per trovare alla poesia questa sua vera luce,

il
il

Varchi non

si

limitato alla sapienza della Retorica,

ma

ha cercato
di

pensiero di Aristotele pi in
:

fondo:

nel

massimo

interprete

quello

S.
:

Tommaso.

Il

modo

di vedere del Robertelli

ne rimase cacancel-

povolto
lata e

la limitazione di lui (et si

prodest quoque >; fa


:

ne successe quest' altro pensiero

le

scienze hanno la nobilt

e perfezion loro dal subbietto principalmente,

ma

le

arti

principal-

mente dal

fine

Per questa via

egli ricondusse
il

anche

la

Poetica al
all' o-

gran cuore della scolastica medievale come


vile e present filosoficamente
risolto
il

figliuol

prodigo

dubbio del prodesse e del


<

delectare.

C insegna
il

S.

Tommaso
furono

- egli dice -

che tutte

le cose
dell'

che

sono sotto

primo

cielo

fatte e

ordinate per cagione

uomo,

cio per aiutarlo a conseguire la perfezione e beatitudine sua.

Laonde
sotto
il

essendo la poesia una di quelle cose che sono o


cielo,

si

fauno

non potremo errare dicendo che

il

fine della poesia far fine

V uomo
ciascun

perfetto e felice.

Anzi tanto chiaro che l'ultimo


l'

di

poeta condur

uomo

alla

sua

felicit

che niuno noi pu n d^bbe


il

negare
ci

(^.

Quest' ultimo argomento

pi

beli' indizio del

come

si

appresta ora a considerar la poesia.

Xon

si tratta

di vedere quale

sia la natura di essa,


si

ma
i

di stabilire piuttosto e insegnare l'uso che


egli

deve farne. Chi dubita -

dice - 'dovendo la poetica imitare


ella

le azioni, gli affetti,


dell'

costumi umani) che

non abbia bisogno


quanto uno che

i
(*).

Etica e della Politica ?

Onde

tanto

s'

inganna chi pensa di pocivile


si

ter essere poeta senza la filosofia

morale e

credesse di poter dipingere senza colori e senza pennello

Nell'estrema destra moralista avvenne proprio cos:


e
i

pennelli

colori per tratteggiare

personaggi furono

offerti dalla

pi tiranna

precettistica

morale

il

fine della poesia

non

fu altro che la felicit

umana
ste

la quale,
<

secondo la gi ricordata definizione tomistica, considell' intelletto possibile coli'

nella:

copulazione

agente

(*).

(')

Op.

cit.

p. 573.

(^)

p.

574.

f)

id.

{')

575.

TorFANiN.

La fmt

delT umanesimo.

98
S' intende quindi
sia,

CAPITOLO

VII,

come

dietro questi presupposti tomistici la poe-

da ultima delle

facolt quale sarebbe di per s sola, assurgesse

invece a prendere un primissimo posto tra tutte le arti e le scienze,


e venisse inquadrata fra gli strumenti principali ^lla civilt e della

moralit da consegnare ai reggitori degli Stati. ^


del poeta far perfetta
e
felice
1'

adunque

il

fine

anima
filosofo

l'

ufficio

suo imitare cio

fingere e rappresentare cose che fanno gli uomini


e per conseguenza felici ....

buoni e virtuosi
spetta

Al

morale

si

insegnare
i

che cosa sia vizio e che cosa sia virt, spetta alle leggi premiare
vizi

e le virt, uniformandosi in tutto e per tutto al politico

all' o-

ratore spetta rimuoverli con la retorica ....

In
il

nessuno
poeta,

di

questi
soltanto

modi

sbigottisce de' vizi e

infiamma

alla virt

ma

e principalmente coli' imitare, cio col fingere e rappresentare intro-

ducendo per

atto di

esempio ora un uomo vizioso

il

quale
al

degno

supplizio sortisca dalle scelleraggini sue, ora

un

virtuoso

qual^
(_')/
e'

degni premi delle sue virt e da Dio e dagli uomini renduti sieno

Qui non

e'

pi questione di

itoiv.ikioL

nei costumi perch

non

pi libert. Invece s'arriva gi a quell'estremo di esagerazione, parallelamente al quale vedremo sorgere, fra

non molto, per

inevitabile
;

forza di antitesi, la teoria del^sesceatisiiio^ome pura meraviglia

esa-

come strumento di conversione a Dio e valido aiuto della Chiesa. Le scienze e le virt - dice il Varchi - insegnano con strumenti pi nobili ma non pi utili perch gli uomini non vogliono e non possono servirsi di quelle
gerazione che consiste nel considerar la poesia per imparare

essendo
il

poco

d'altra parte

il

loro effetto persuasivo.

Chi colui

quale non' sappia

quanto

si

commovano
si

gli

animi

umani

nel vedere rappresentare alcuna cosa o spiacevole o terribile

sotto spaventevoli o

abbominevoli forme?

Non

raccapricciano gli
aspidi,

uomini quando sentono ricordare non che quando veggiono


botte e tarantole e altre cos fatte cose rozze e nocevoli ?
tice della poesia

(*) Il

ver-

dunque sarebbe una buona


terrificante
fini

predica di predicator

secentesco. Intanto, nei cenacoli ortodossi, vennero allora di

moda

le

tragedie di argomento

(quelle

del

Conte
con

Ugolino
quelli

per

esempio) non con

gli allegri
si

del Giraldi
gli

ma

stesi

che

il

predicatore

proponeva dipingendo

effetti

del
le

male./
sue regole
?

che cosa

e'

entra con tutto questo Aristotele e

(')

p.

576.

(2)

p.

577.

BENEDETTO VARCHI E

l'

ARISTOTELESDIO INTEGRALE

99
si

Non

sono che

il

punto di partenza

al

quale

il

Varchi
:

richiama

per esempio nella conchiusione di questo discorso

dove, per definir

finalmente la poesia, prende la prima parte della definizione di Aristotele e la integra (a lui

par di integrarla) col sugo dei buoni

ar-

gomenti esposti

quale insegna in quali


affetto e

La poetica - ^li dice - una fecolt la modi si debba imitare qualunque azione, costume con numero, sermone e armonia mescolatamente o

fin

qua.

di
al

per s per rimuovere


fine

gli

uomini da'

vizi e

accenderli alle virt


(/).

che conseguano

la perfezione e la

beatitudine loro >

(Le

virgolette sono del Varchi medesimo).

Ma

tutte queste idee, al postutto,

che altro rappresentano se non

uno sviluppo della nuova fondamentale interpretazione della catarsi data dal Maggi ? E chi altro il maestro se non quello ? Anzi, in
una successiva
della

lettura accademica sulla tragedia, trovandosi a parlare


( e

definizione della tragedia

non mediante

la

misericordia

ma

mediante il terrore ....) lo disse. - In queste ultime parole disse - pone il filosofo il principale intento e ultimo fine della tragedia
alla
il

quale non altro che indurre gli uomini, mediante la virt,


e beatitudine loro ...
il

perfezione
la

intendo per cotali passioni,


[il

non

misericordia e

terrore (come pare che vogliano alcuni)


cos irascibili

Robertelli]

ma le passioni

come

concupiscibili [Maggi]
d'

> (').

Ma

le

regole sono pur sempre

il

punto

appoggio e
se
la

1'

unico

modo per

tenere in freno e in carreggiata la poesia

si

vuol

conciliare con la felicit

umana. Toglietele queste


:

regole

sapiente-

mente integrate
spirito solo in

ne avrete quel che vorrete


arti.

anche, per esempio, la

pi bassa e corruttrice delle

La

poesia suprema facolt dello

quanto

si

lascia regolare; ragion

per cui

il

Varchi,

che non era uno stupido, deplorava le inique imitazioni del romanzesco Morgante e
all'

Ariosto, che

<

non condusse a quella perfezione


Furioso
>
,

che forse poteva e certo doveva


Cortese! dell'Alamanni.

> (*) e il

preferiva

U Giron

l'

Ma avrebbe

preferito a questo

medesimo
(e

A-

varchide

con nuova pena di Bernardo. Fa pur capolino purtroppo

col Varchi, la
la
<

prima

volta, la teoria

che lo Stato medesimo


1'

quindi

religione)

debba intervenire a regolare

applicazion delle regole.

Non

dubbio alcuno -

argomentava

egli

che

scienza o facolt (qualunque sia) fa

immediatamente o

come ciascuna con mezzo

(')

p. 578.

()

p.

660.

p. 585.

100
perfetta e
(sia

CAPITOLO

VII.

conseguentemente
si

felice

l'anima umana, cos ciascuna arte


all'

quale
:

voglia) e necessaria

essere e utile al bene essere al


ci

corpo

di

maniera che
arti

tutte quelle o scienze o arti che

fanno^

non

si

possano n
solo
:

chiamare n scienze se
piti

non equivocamente
le quali

e col

nome

anzi dir

oltre

che tutte quelle

invece

di arrecare

giovamento

alla vita le

portano nocumento devono essere

non meno biasimate e fuggite


leggi >.

dagli

uomini che vietate

punite dalle

Non
si fa

e'

possibilit di interpretazione benigna

l'

aristotelesimo
s'

strumento di inquisizione anche in letteratura e


teoria che, nella
:

esprime in

UDa

povera

Italia dei

prossimi giorni, avr rappre-

sentanti dappertutto

Jacopo Mazzoni a Pisa e Giason

De Nores

Padova.

Eppure questo suo fanatismo


tanti eccessi e gli procur
il

di neofita, che

lo fece

cadere

in

sarcasmo dei non preparati accademici


il

fiorentini
il

(i

quali ne subirono

contagio

ma

intanto gli dedicarono

bisticcio

famoso

Le canzoni per
ed ha cavato
al

gli

occhi ha lette

il

Varchi

gran Petrarca

gli occhi),

ebbe, fra gli

altri,

un

effetto

definitivamente

benefico:

il

ritorno di

Dante non come poeta, fosse pur grande poeta, volgare,


poeta nel senso
pii alto

ma come
Quando
sent

della parola cio maestro di vita

(').

mai, prima,

si

era considerata a questo


Il

modo

la poesia,

specialmente

quella volgare?

Yarchi,
il

ingegno non grande,

ma

risoluto,

con sincerit che


stione di regole,

ma

movimento da lui propugnato non era pura queimplicava una veduta del mondo nuova e or-

ganica e che

fosse ispirato era Dante.

siderio del

ne avesse avuto una cos fatta e ci si Con Dante tornava, dopo tanto oblio, il desuo meditante Medio Evo non certo come espressione di
il

solo poeta che

verit aristotelica (su questo punto, anzi, c'era

parecchio

da

dire)

ma come
rato cos
:

sintesi d'arte, di pensiero, di vita,

coscienza. Dai

suoi tempi in poi

come profondit di Dante non era mai stato considee


il

segno sicuro, questo, che

rinascimento finiva.

noi,

(3)

Si veda ad ogni

modo M. Barbi Della fortuna di Dante nel 500. An:

nali R. Scuola Pisa. V. VII, 1890.

BEXEDETTO V.VRCHI E

l'

ARISTOTELf.>Lyu

i.n

it.-TKALr,

101

moderni, se vogliamo scoprire


quella sua ascensione a

il

momento

in cui comincia per

Dante

massimo

interprete dell'anima nostra latina,

dobbiamo

rifarci a questi oscuri giorni del

Varchi.

Il

che vuol dire

che, fra tante miserie fevorite dalle esagerazioni pseudo-aristoteliche,

un' idea buona

e'

era.

Del culto dantesco


il

il

Varchi fu piuttosto un

promotore
e

risale a lui

primo tentativo

di

una edizion
;

critica della

Commedia > fatta con il collazionar sette testi il che per quei tempi non piccola prova d' amore. S' io dovessi scegliere poi fra i suoi
colleghi dell'accademia,

qualcuno che, con pi evidenza degli

altri

abbia incarnato questo culto di Dante


dottrina,
eh' era

come

fede in lui e
l'

nella sua

poi dottrina medievale, fermerei

occhio piuttosto

(nonostante la sua fama di pedante) sull'accademico Pier Francesco

Giambullari.
di

Non

solo

suoi discorsi di esegesi dantesca sono prova


oggi,

una conoscenza del poema notevole ancor


cosa
(si

ma, quel che pi


varia
('),

conta,

mirabile vedere

come anche

nei suoi scritti di


e influssi

cultura

legga per esempio quello sugli

celesti )

il

pensiero di Dante tomi quale guida pur coi molti pregiudizi di una
et tramontata.

(')

GiAMBCLLABi

Lexmi

lette

neW

Aeectdemia fiorentina (Firenze 1551.)

M^

a*!*

CAPITOLO
Il

Vili.

Minturno,

il

Concilio di Trento e lo spagnolismo.

SoMMAEio.

1. Modo opposto

di considerar la poesia

partendo dagli stessi prin-

cipi -

Naturale disposizione del Minturno

a questo altro
-

modo

Sua

ini-

ziale indifferenza per Aristotele e

sua critica

Suo eclettismo

ciceroniano

intorno alle teorie poetiche


rito del sig. Euscelli.

Italianit
Il

accademica delle sue opere per mela gravit delle obiezioni


-

2.

Minturno intende

Ma non crede agli effetti come nel rinascimento Sua ironia per le cabale della catarsi - Acuta e moderna liberalit nello sue con.^lusioni. 3. Sua andata a Trento come Vescovo e sua improvvisa conversione ad Aristotele - Modo singolare di pubblicare V Arte poetica - Condanna del romanzesco e riconciliazione con l' eroico per l'orrore degli oltramontani. 4. Lo spagnolismo come modo di evitare il
alla poesia

con la sua contagiosa variet morale

di questa perch considera poesia e vita distinte

<<

contagio delle passioni

Vantaggi

di esso di

contro
-

pericolosi

propositi

di

alcune tragiche sedute del concilio

Trento

Conseguente teorizzazione
-

della poesia degli angeli e dei romiti cara al Tasso

Ritorno

Pindaro
-

come espressione

di aristotelesimo e di

spagnolismo ad un tempo

Ricon-

ciliazione con la catarsi.

Anche qua^i due estremi


accettando
r,

si

toccano. Si vede chiaro


del

clie,

pure

tirannici^resupposti

Varchi,

si

poteva

arrivare a

considerar la poesia in
al tutto coerente

modo
Se

affatto contrario o,

appunto per questo,

con

essi.

la poesia, specie considerata

come

rap-

presentazione

dell'

umanit, deve sottostare a tante leggi e guardarsi

da

tanti pericoli, perch

non

si

potr invece, jdi


piuttosto

alleggerire
della

suoi

contatti

con quella,

facendone

un

diletto

fantasia,
ri

in

modo pi
?

coerente con la sua natura e con la tradizione del

nascimento

chiarire questa possibilit in principio quasi inconscia

IL

MIN'TURNO. IL CONCILIO DI TRENTO E LO SPAGNOLISMO

103

venne

il

malanno

dello spagnolismo. Chi intravyide primo, anche in


il

teoria, cotale soluzione fu

^Minturno.

Non

ch'essa apparisse a lui


al

in forma logica e rigorosa

come era apparsa


allo

Varchi

quel!' altra

ma, portato come era per sua natura


finalmente
il

spagnolismo, parve capire

partito che si poteva trarne, a Trento.

E come

questa

soluzione garbava perfettamente agli ortodossi ed era accetta ai profani, gli tu facile conciliarla

con Faristotelesimo; tant'era vero che,

in questo, ormai, le regole,

come puro
d'

precetto

formale, contavano
fede

poco. Il Minturno,

adorno

ogni scienza, di gran


le

non pur
sparse
e

per r antidetta poetica,

ma

per

sue prose

largamente
i

gremite di

scientifici

lumi, perloch con dovere fra

grandi ing^ni
il

del secolo del quale parliamo vien

numerato

(')

dice

Crescimbeni,
aristoil

era

napoletano

viveva quindi lontano dai maggiori focolai


idee di questi gli giungevano tuttavia per
il
:

telici letterari.^je

tra-

mite a lui caro delle accademie, per

quale, a

sua volta,

egli

co-

munic r amore
avventuriera
e,

dello

spagnolismo
settecento,
si

perche la fusione fra le varie


il

parti d' Italia che, nel

fu

fremito

di

una borghesia
umane,
e
la lontari-

nell'ottocento,

vest
di

di superbe idealit
letterati

era allora piuttosto velleit e

vanit

aristocra ti zzanti

aveva per suo strumento

le

accademie e

le dedicatorie.

Ma

nanza

gli

fu propizia e,
pii

sebbene

vivesse in ambiente, quanto a

gor religioso, punto

facile degli altri, gli


il

permise tuttavia

di ab-

bracciare nel suo complesso

movimento

aristotelico dei primi tempi,


il

di discernerne le varie correnii, di

riassumerne

concetto, e di giu-

dicarle con libert e con relativo scetticismo. Dell'importanza dell' aristotelesimo, e della necessit di
stigio, si

confermarne ad ogni costo


e,

il

pre-

persuase soltanto a Trento

allora,

scrisse

un secondo

trattato di poetica

ma

in

efi'etto

che egli chiam una versione in italiano del primo era una porrpzinnp Prinja pHr q ristnfp1iVQ_i_l_31intn rno

fu ciceroniano fervente.

Veniva dunque

alle discussioni

penose della

controriforma" da quelle deli'


le part' dell'

mgimgBro dOVB av^VOreso"cgn'ardore


intendere che quel primo amore non
fatto,

Arpinate.

facile

poteva tollerare molto appassionanti successori in un cuor cos


fosse

pur

quello di

un vescovo.

Difatti,

in

quel primo

fiorire
1'

di

discussioni sulla poetica, egli, scimmia di Cicerone, pens che

oc-

casione era buona per fare, con esse,

ci che

1'

antico

aveva

fatto

() Cbescimbem op.

cit.

p.

425 (V.

I).

104
con quelle
oratore

siili"

CAPILOLO

A'

III.

oratoria

scrivere

un

de poeta

'

parallelo

al

de

e condur bens la discussione con ordine e verso

una meta,
In

ma

con un certo eclettismo ciceroniano.


fosse di
il

Come

se la question di Aridi

stotele
realt,

pura letteratura

al pari di

quella

Cicerone

De Poeta

un

libro

ingenuo d'uomo che, sebbene^ve-

scovo,

non ha misurata
gli aspetti.

la portata del

movimento
la

di cui

si fa

a rias-

sumere
onde

Aristotele

non neppure

sua guida principale


:

egli

pu ecletticamente concludere nella prefazione


attigissent

Itaque ab
lin-

hoc ipso Horatio, ab Aristotele, a caeteris nobilissimis utriusque

guae scriptoribus, qui ea de re aliquid


tavi atque in

coUigendum pu-

unum

aliquod opus conferendum quod mihi ipsi ami*


(').

cisque ad hanc doctrinam adipiscendam proficeret


gli

Per

s e per
la-

amici

dunque

roba che interessa gli eletti e va scritta in


il

tino.

Del resto poi

libro d' ispirazione molto lontana perch, se


1'

vero

che usc nel 1559,

autore
molti

ci

assicura

che fu cominciato,

non decem aut novem

ma

pi anni
metterlo

prima
al

e,

forse,

gli

ultimi erano stati occupati, pi che a

corrente con
stile.

le
ISi

recentissime idee dei tempi, a ornarlo con le veneri dello


il

Minturno,

d' altra parte,

aveva cominciato a badar molto presto ad

Aristotele. Nelle sue lettere pubblicate nel l/49,

non mi avvenne

di

trovare nessuna di quelle prime allusioni aristoteliche che

vedemmo

per esempio gi cos preoccupanti nel Fracastoro, se se ne tolga forse

una molto problematica e scolorita {'). Di diffondere poi il libro s' incaric quel Gerolamo Ruscelli ravennate che, con svisceratezza
servile - figura da minuetto - pareva

porre

qual

meta

della

sua
ter-

vita quella di stringere in relazione

- vero

concilio di semidei

reni -

potenti italiani della tonaca, della cappa e

dell'accademia,
fine.

come

se la letteratura

non avesse,
fatto

oltre

questo,

altro

Per-

ciocch - diceva

egli nella dedicatoria al principe

Pignatelli

es-

sendomi gi da molt'anni

conoscere nel

mondo per

diligentis-

simo conoscitore e osservatore della nobilt vera e del vero valore


dei signori napolitani, e procurando per

ogni via di venir tuttavia

maggiormente dimostrando questa mia divotissima inclinazion d'animo, spero che grandemente sia ora per giovare a questo mio desiderio quest'ufficio di far uscir

questo libro sotto l'ombra di V.

S.

(*)

Antonii SEBASTiAta MiNTUBNi

Dc Poeta
p.

(Venetiis

1559/ p.

3.

^'u>^iaM'^'

MiNTUBNO

Lettere (Venezia 1549)

183.

IL

MI.VTURXO, IL CONXILIO DI TRENTO E LO SPAGNOLISMO

105
il

Ill.ma . Dei sei libri dell'opera quello che ci

interessa

primo

che appunto un compendio di tutte

le idee principali

del tempo.

Vedete stranezza
r obiezione moralista
eppure
egli,

il

Minturno ha intesa in
peso che le

tutta la sua

cavit
:

fatta alla poesia


il

come rappresenta tri ce dell'uomo


diede per esempio

vescovo, non le d

il

Varchi. Era ancor troppo umanista per ammettere che la poesia potesse avere
cos.

una qualche influenza


- egli dice,

siilla

vita? Credo che fosse proprio


la
l'

Ammesso

adoperando
il

vecchia espressione plaimitatore, a

tonica del Robertelli

- che

poeta cio,

rerum nainsegnadel

tura et ab ipsa veritate quasi tertius artifex distat quali

menti morali volete

ripromettervi dalla sua arte che

quella
e

relativo ? Egli rappresenta le cose dal lato che pi

Ip attrae
il

che
Si

non ha probabilit alcuna d'essere il giusto, il buono, vada assai cauti, dunque, nel tributar lode di sapienza
tutti gli artisti,

vero.

ai

poeti e a

la cui arte

si

fonda

sull'imitazione e
alle
strette,

sulle fallaci,

impressioni dei sensi.

Che cosa
il

significa,

quel

famoso

decere?. Forse che

poeta
illi

qui sermones moresque hominum


an centra turfanciullo
:

versibus exponit, quales

sint rectine atque honesti

pes et pravi perspiciet ? Egli,

in fondo,

fa

come

il

si

mette dal punto di vista del popolo che di per s non arriva a discernere quid
sit

honestum, quid turpe, quid deceat, quid secus


di guida.

ma
il

piuttosto

ha bisogno

Oggi l'entusiasma
le

il

bene, domani

male: descrive disordinatamente

umane

passioni,

senza avere

esatta conoscenza di esse e tenendosi


solo,

ben lontano dal Vero che,


essi
i

sempre eguale a se

stesso.

Anzi son

poeti che

scate-

nano

le passioni nell'

anima

dell' eroe,

la quale,

agitata quasi

tur-

bulentissimo ventorum conflictu in diversas rapitur sententias et quo


se vertat ignorat con pregiudizio dell'

anima popolare che ne supare, Platone


(*).

bisce

il

contagio

onde aveva ragione,

di

bandir

la

poesia che

non
si

fosse in lode degli dei e degli eroi


il

Come
anni.
ci

vede

Minturno

si

rende conto con perfetta chiarezza

del valore degli argomenti addensati contro la poesia in questi ultimi

Eppure i rimedi da

lui suggeriti,

per bocca

d'

un

altro dialogante,

assicurano che egli, allora, non credeva ai

pericoli
:

della

poesia.

Cotali argomenti -

oppone

l'

antagonista - son giusti

ma

che se ne

(')

De Poeta

p.

33-35.

106
deve conchiudere? Che
il

CAPITOLO

Vili.

poeta

debba

sistematicamente mentire e
e rabberciar

rappresentar casto Paride e giusti Eteocle e Polinice?


tutti
i

suoi eroi ?
Di che sarebbe Enea turbato e
tristo

Achille e Ulisse e gli altri semidei,

vien fatto di rispondere con due aridi versi del Petrarca.


Il

Minturno invece
di

si

limita a suggerire certi ripieghi di


il

moda
certe

che non obbligano poi troppo


scabrose contingenze

poeta.

Se

egli

s'

imbatte in

Enea

e Didone, di Paolo e

Francesca, per

esempio, procuri di calare in tempo

un provvido
tal

velo. [Suggerimento

molto elementare e diffuso

lo si

veda

quale

nella

poetica

del

Muzio]

(').

Consiglia, inoltre, di evitare, possibilmente quae timide,

praeter aequum, stulte, intemperanter cecidissent e


di ricordare l'ufficio

non dimentica

affidato al

morale che nella tragedia antica

coro. Infatti a distogliere gli

uomini dalle
reprehendat,

cose

disoneste

adhibet

chorum tragoedia quae


virum, qualis

illa

interdum etiam sapientem

fuit ille Tiresias

quem

vel apud inferos solum sapere


C).

Homerus

ostendit.
il

Adhibet eermones comoedia

Ma
cismo

bello

si

che questi argomenti son tutti tolti dal classiessi

pi.

puro e che, in fondo,

sarebbero

stati accolti

per buoni,
si

anche nei giorni pi spensierati del rinascimento. Quando invece


viene a quelli
crede e torce
il

tolti

dalle regole d' Aristotele


!

il

buon vescovo non

ci

naso

La

catarsi ?
fini

Ma

cos' questa catarsi, e chi

s'

pensato di andare a porre dei

morali in una cos tetra


liberorum,

cosa?

Scilicet, odia certaminaque fratrum, caedes

parricidia,

connubia, incesta, exilia,


tica illa>

flagitia

permulta quibus utique nitet poe-

tutte queste belle cose

insomma,

difficile

tirarle

un

significato

morale e benefico. Caetera vero ab eo philosopho parata

atque intenta ad tragoediam anteponendam [all'epica] quis negligenda

non putet
quello di

(^)

Almeno
e

l'

epica
il

ha

la

probabilit

d' essere

meno

immorale perche, insomma,

miglior

modo

di placare le passioni

non
d'

toccarle

questo valga contro

qualunque tentativo

di giustificar la catarsi.

Anche quelF

interpretazione d chiodo caccia

chiodo

un

beneficio derivante dall' esempio dell' altrui

male reg-

(')
()

GiusTiNOPOLiTANO
p.

Poettca
61-62.

cit.

poi,

p.

84.

38.

{)

p.

IL

MINTURNO, IL CONCILIO DI TRENTO E LO SPAGXOUSMO

107

gerebbe solo per un pubblico di disgraziati.

Ma
.
.

se
.

uno ha l'animo

placato, perch glielo volete p\aca,T nuovamente

suscitandovi delle

passioni?

(')

Idee piene di buon senso che gli permettono di arrivare a una

conclusione tanto spregiudicata per rispetto


acuta e moderna
poetica ?
;

all'

aristotelesimo, quanto

fra le pi

moderne
!

di questi tanti trattati.

Un' Arte

Ma

un' astrazione

Di
:

arti poetiche ce

ne son tante quanti


L'ispi-

sono

poeti e nessuno

pu

dire

qui puoi parlare e qui no, ut non


poetis praeesse
i

immerito

cura

Apolline,

Bacchum
i

velint .

razione di Dio e le parole,

piedi,

ritmi degli uomini,

onde

si

pu conchiudere
est alitar

malum poetam
illa

esse,

qui rem minus

recte,

hoc

quam natura
posse,

sua

effngat,

exprimi aut probe ne(').

quaquam Non
degno
di

quod imitantis intelligentiam fugit


del

conclusione sorprendentemente liberale, degna

del

cice-

ronismo del

Mintumo ? E il buon senso quello del De oratore ?

De

poeta >

non

Eppure questo

spirito libero e quasi antiaristotelico

and a Trento
neppure
a
del

come

a Canossa e torn aristotelico.

Anzi non aspett


al
la novella

ritornare.
concilio,

Da

Trento stessa

il

21 settembre 1564,

chiudersi

mand

agli accademici di

Como

Arte poetica >


nella

perch la pubblicassero. Veramente egli

ci fa intendere,

dedi-

catoria, che questi quattro libri eran gi pronti quando - scrive -

da'

comandamenti

di Nostro Signore

Pio IV creato da Dio a


perduto, fui

risto-

rare la santa Chiesa e a ridurla nella primiera sua dignit e

ri-

cuperare quanto

s'

della cristiana greggia

costretto a

venire in questa citt al concilio

Ma

era nelle abitudini del Min-

turno di pubblicare

le

cose

sue

con

qualche bugietta

accademica
le

che giustificasse la sua lontananza dal manoscritto e che


Cos aveva fatto per le Lettere e per
1'

rendesse
let-

preziose per la preventiva ammirazione di lontani concordi cuori


terari.
il

<

De

poeta
il

cos

fece per

Arte poetica

>

Ma

poich

il

letterato

perde

pelo

ma

non
il

il

vizio,

suo libro tra

parentesi.

e' da aver riluttanza a credere che una e l' altra seduta del concilio e nelle frequenti Certo non sarebbe stato bello far sapere che un Cardinal

non

egli scrivesse

l'

della Chiesa

s'

era

occupato,

fra

quei

frangenti,

di

arte

poetica.

Q)

p. 67.

(2) p.

68-75.

108

CAPITOLO

Vili.

poi sarebbe stato

un malinteso
n
ci

perch, forse, in qnell' opera,

il

Minaf-

turno non aveva creduto far cosa del tutto estranea alla missione
fidatagli

da Pio lY

(Del resto quel

aveva lavorato solo per ingannare il tempo. gran teatro di tutte le genti - secondo la frase del
:

Paruta - ebbe
dove
i

le

sue accademie. Ossia, nelle


alloggiati,

villette intorno a Trento,

commissari erano

continuavano, risuscitate, inasprite

e riformate dalle contese delle sedute, le vecchie discussioni accade-

miche.

Il

piti

bell'esempio da citare accanto al Minturno appunto

quello del Paruta che in

modo

consimile

(sebbene

egli

non
i

fosse

vescovo
loghi

ma un

semplice segretario di ambasciatore) pens


(').

suoi dia-

Della perfezione della Vita politica

Ma
e'

delle influenze
ci

del concilio sulle opere politiche del


d' intrattenere
il

tempo pu darsi che


Forse
era

avvenga
po' di

lettore in altra occasione).

un

rimorso

e'

era una riconciliazione con Aristotele cui


all'

l'

aveva sospinto

infuriar dei marosi impreveduti intorno


forse egli pens che, pi che con la

imbarcazion della Chiesa.

E
la

pura teologia, poteva giovare

buona causa con


devozione
dell'

il

suo ascendente letterario messo a servigio del

dittatore Aristotele. Cos corresse lo scetticismo del


la

De

poeta con

Arte poetica.

Ma
all'

poich l'animo
ortodossia
del

suo

non

si

poteva mutare, invece di arrivare


al

Varchi, arriv

suo diletto spagnolismo che, negli

effetti,

la equivaleva.

scrisse
pivi

in volgare, questa volta, perch la letteratura

non

gli

appariva

cosa indifferente

alla vita

ma

congiunta

ad essa per molti pericoli


quindi
i

dai quali bisognava insegnare a guardarsi. Pubblic

suoi

quattro ragionamenti
molti dialoganti,

non

tra le ubertose ciceroniane divagazioni dei


dell' antagonista e

ma

con l'arido metodo precettivo

del protagonista, senza internarsi

granch nelle ragion delle regole,


era

che

il

suo amore per esse non

spontaneo,

ma
e

sforzandosi

di

trovarle buone. L' esempio del Minturno,

vescovo

principe

della

letteratura, ci parla di quella generale spontanea


i

convergenza verso
Sirleto,

cardini

ideali

del

tempo rappresentati dai Gaetano e dai

meglio che molte schede di archivi segreti.

Ma

certo

1'

Arte poetica

non vale
Ini

il

De
il

poeta

Voi restato

quando udite un uomo come


ha spiegato
cos

condannare

romanzesco.

Ma

se egli

bene nel
leggi

De poeta
(')

che questo un gran signore e non accetta

se

Cf.

Paruta: Della perfezione della Vita politica

(ed.

Le-Monnicr
*

1852)

p. 40.

puro da leggere a questo proposito

il

proemio del

De

optivo

statu civitatis

(Cremona 1556)

del Vida.

IL

MIXTURXO, IL COXCHJO DI TRENTO E LO SPAQXOUSMO

109

non da se stesso ? Oh no - spiega il ^linturno nell' Arte poetica . - non Il poema romanzesco - e gli duole per il Boiardo e l' Ariosto V poesia 0, per lo meno, non forma encomiabile di poesia per una
!

ragion semplicissima

che contrario

alle

leggi

di

Aristotele

^a
.

piega impressa dalle pene di Trento solsuo ragionare Egli non~'e^cosr~sottile esegeta da discernere se il poema romanzesco

vedete novella

venga

dall' oltralpe fedele

o da

quello Luterano, e

tempi, d'altra a
s,

parte, son

gravidi di sospetto.

Non aveva
quei

egli

davanti

scri-

vendo, le fiere detestabili faccie di

vescovi

oltramontani che
se-

con diabolica ostinazione avevano lavorato per un interminabile


guito di sedute a scavare
Il

fra se e

latini

un incolmabile abisso?
le vele

vescovo fedele capiva che bisognava calar

anche in
barbari

lette-

ratura e stringersi ai principi

comuni senza eterodossie


i

personali.

Onde scriveva
tamente altro
ftiica

cos

De' romanzi furono inventori

m cer(')

questo che cercar legge in gente naturalmeyite iniil

di ragione e

vero nella vanit e nell' errore la certexxa...

Di chi parla

Ed

la
in

PeU' arte romanzesca o sua logica questa o quella di Bernardo Tasso


egli
?

dunque

di Lutero ?
?

Mi

ven-

gono
in

mente
stato

certi versi

che un poeta francese, prete anche

lui,

ma

assai pi scapigliato,

Mathurin Regnier, scriveva quarant'anni dopo

uno

d'animo molto simile

ma

ancor

pii

risentito
il

(ironia

celtica a parte).

anch' egli nella satira nona, difender


:

suo clas-

sicismo e le sue regole cos

Pour moi
que
je

les

Huguenots pourroient

faire

de miracles.

ressusciter les niorts, rendre de vrais oracles

ne poiuTois pas croire leur vrit.

En

toute opinion je fuis la nouveaut.

Aussi doit-on plastt imitar nos vieux pres

que suivre des nouveaux

les nouvelles

chimres

(*).

Non

credo che la simpatia del Minturno per Arinotele fosse di

di-

versa natura.

Ma

ci

aggiunse di nuovo lo spagnolismo

(si

disse pi spagnolista

degli Spagnoli) e poich si sa bene che chi cerca trova, lo trov in

Q) Arte poetica (ed. Napoli 1725) p. 32. (^) Mathubix Eegxier : Oeuvres compltes (Flammarioa ed.) p. 105.

110

CAPITOLO

Vili,

Aristotele o meglio nel classicismo di cui esso era

il

legislatore.

E
so-

Pindaro

gli

offerse gli elementi per la sua teoria del mito

come

luzione del dato storico e della ispirazione realista.

Ora
:

lo al
si

spagnovederlo

lismo era certo nell' anima e nel gusto del Minturno


assurgere a teoria in questa accorta

ma,

Arte poetica

non

pu non

pensare agli

effetti

che esso ebbe,

al partito

che se ne trasse dai pi

scalmanati rigoristi della Chiesa, e a certe sedute del Concilio di Trento

che lo misero

veramente in vista come ncora

di salvezza.

Abbiamo
chia-

veduto che nel

De

poeta

il

Minturno aveva riconosciuto, con


il

rezza fino a qui insuperata, la difficolt di conciliare


la poesia delle

prodesse con
trattato di

umane

azioni, chi

non ne volesse

fare

un

pedagogia o sistematicamente deformarle a dispetto della


storia.
I
I

realt<

e della
peso.

Ma

allora a quei pericoli morali


pili

non aveva dato molto

Trento fu richiamato a una

rigorosa osservazione di quelli ed

molto probabile che lo spagnolismo, liberando a suo

modo

il

poeta

dall'inestricabile ginepraio della Tzoiy.ikia delle passioni, gli apparisse

come
all'

Deus ex machina

e che, in quel suo aderire senza riserva


:

affermazione

aristotelica

conciosiach

senza
si

gli

affetti

possa

trovarsi poesia,

ma

senza

gli atti

trovar non

possa,

ci fosse,

con

l'amore dello spagnolismo, pi malizia che ingenuit^

Non

si

pu considerare quello che

fu lo

spagnolismo
Concilio
i

tra

noi

senza ripensare ad alcune tragiche sedute


(questo tragiche

del

di

Trento

non

mio

ma

di

Paolo Sarpi) in cui

teologi lu-

terani posero le fondamenta teoriche per la liberazione dal cos detto

pregiudizio morale, donde


un' antitesi in ogni
letteratura
;

si

lev, in breve, rigogliosa, contro

Roma
le

campo
il

del pensiero, sopra tutto nel diritto e nella

e,

da questa, una poesia orgiastica, sfrenata, irridente


restava pi che mai fedeli

nostre titubanze pur tra

superstite ossequio della tradizion classica


si
all'

umanistica. Mentre da noi


ligiosa latina e

idea redi

veramente platonica del

bene come

espressione

come sviamento delle umane passioni Minturno stesso nel De poeta era mosso da 'questi principi (il ricordando che il Vero solo sempre uguale a se stesso laddove
Dio, del male

come

antitesi e

l'arte,

rappresentatrice dei fenomeni, bazzica per sua natura, con l'eril

rore e con

male) ecco

teologi luterani presentarsi al concilio con


i

una

recisa negazione di tutto ci che fece allibire


il

latini:

una

ne-

gazione che, quanto alla poesia, scioglieva


al poeta
i

nodo morale schiudendo


fenomeni
facile al
tutti

territori

delle

umane

passioni e dei

con
il

queir incontrastata libert che, in Germania, rese

Lessing

IL

MINTTUNO, il concilio di TRENTO E LO SPAGNOLISMO

111

SUO teorizzare e cosi poco nuova, come


di Hegel.

modo

di sentire, la filosofia

Ecco

il

sugo di queste tragiche sedute riassunto dalla prosa del


si

Sarpi non tenero certo dei papi, quando


lor

trattava di lor torti e di

malizia

curialesca,

ma
l'

palpitante,

credo, di

partigianeria

per

Roma
S.

or eh' in gioco
la

interpretazione santa e vera delle parole di


Chiesa.
<

Paolo

distruzion della

Adunque furono
:

deputati

prelati e teologi a raccogliere gli articoli delle opere de' luterani

per

sottoporli alla censura. Gli articoli furono


1.

Dio

cotal causa delle

opere nostre, cos buone come cat-

tive ed propria opera di


rio di

Dio

la vocazion di
il

Paolo come l'adulte-

David, e la crudelt di Manlio e


2.

tradimento di Giuda.

Nissuno ha potest di pensare male o bene

ma

tutto

avl'as-

viene di necessit assoluta ed in noi non libero arbitrio


serirlo
3.

ma

una mera
11 libero

finzione.

arbitrio

dopo

il

peccato d'

Adamo
in

perduto ed

cosa di solo titolo e mentre fa quello che

sua

potest

pecca

mortalmente, anzi cosa


4.
11 libero
il

finita e titolo

senza cosa soggetta.


il

arbitrio solamente nel fare


ecc.

male

ma non ha

potest di fare

bene

Sovra
teologica
:

due

articoli

primi

si

parl pi in forma tragica che


frenetica,

che la dottrina luterana era una sapienza

che
:

la volont

umana come

formata

da loro sarebbe una mostruosit

che quelle parole cosa di solo


tentose
;

titolo e titolo

senza soggetto sono porla

che r opinione empia e blasfema contro Dio che


i
:

Chiesa

r ha condannata contro

manichei, Priscillianisti e ultimamente cone che era

tro Albailardo e Viglefib

una pazzia contro


castigo

il

senso co-

mune esperimentando
confutazione ma,

ogni

uomo

la

propria Libert che non merita


o

come
1'

Aristotele dice, o

pruova

esperi-

mentale

che

medesimi discepoli

di Lutero si

erano accorti della

pazzia e moderando

assurdit dissero poi esservi libert neU'

uomo

in quello che tocca le azioni esterne politiche ed

economiche e quanto

ad ogni giustizia civile

le quali sciocco chi

non conosce venire


la

dal consiglio ed elezione, restringendosi a negar


alla sola giustizia divina ecc.
Il

libert

quanto

ecc.

(')

Minturno assisteva a queste sedute come vescovo e non come

(')

Sabpi

Istaria del Concilio Tridentino (Basilea 1858) Y.

Il, p.

102-3.

112
teologo

CAPITOLO

vm.
Sarpi,
si

ma
il

anche

vescovi, dice

il

turbarono a cos

iieri

propositi degli oltramontani e, forse, pensarono al


tarsi

modo
cose.

di

compor vero

con
il

loro gregge dopo udite quelle orribili


fa allusione

Or

che

Minturno non
ab
del

alcuna alla genesi delle sue nuove

idee letterarie,

ma non

c' da aspettarsela,

per,

al

vederlo tam

mutatus

ilio

De

poeta, come non pensare


il

che qualche suo pensiero

gran nube passata sull'anima del pio vescovo ? Ora


teorico
si

orienta tutto verso


il

una poesia

alleggerita dagli inevitabili

residui del male, e


Il
e,

meno
il

in conflitto possibile con l'Unico

Vero./
;

classicismo stesso, con

suo fondo di paganesimo, gli fa paura


alle

vedete? dopo aver gettato uno sguardo di spregio

favole ro-

manzesche
altre favole
gli

che di sogni empion le carte

(^)

viene

ad auspicare
tali

(il

che vuol dire che non eran proprio esse come

che

davan

fastidio).

Aveva

l'antica poesia
la

gli

Iddii cos
i

celesti

come

gli infernali e terreni:

moderna ha
i

gli angeli e
i

santi del

cielo ed

un

solo Iddio e in terra

religiosi e
i

romiti.
le

Aveva
fate.

quella

gli oracoli e le sibille e le incantatrici quali


i

questa ha

negromanti e

maghe. Quella
In quella

furono Circe e Calipso, questa le

messaggeri di Giove eran Mercurio ed Iride, in questa alcuno degli


(').

angeli di Dio....

Ma

- vien fatto d' interrompere - questa


:

iii

fondo quella nefasta poesia romanzesca... - Sicuro


dalla religione o accettata in

ma

controllata
;

un

solo suo aspetto

il

meraviglioso

quella che non ha nulla pi che vedere con la fremente rappresentazione delle

umane
lei

passioni, la gelosia di
dell' arte;
il

Orlando o

la

fortuna di

Medoro. La meraviglia resta regina


ed ammiriamo
sola
:

nel Petrarca noi lodiamo


il

ma, pi che

Petrarca,

grande maestro
il

della lirica Pindaro. Inventare

un mito

e staccare con esso

let-

tore dalla realt delle cose e dei


poesia.

sentimenti,

ecco

il

segreto

della

Onde

il

Minturno propone come esempio se

stesso.

Quando

r imperatore Carlo
dall'

prese la goletta, fece tributaria Tunisi e torn

Africa vittorioso, non scrisse egli la canzone


Qual semidio anzi qual novo Iddio

nella quale ebbe la sovrana abilit di trovare le ragioni * di quella


vittoria noli' odio di

Giunone contro

tiranni ?

Non

so se

il

Chia-

brera

si

rendesse conto di queste ambigue origini del culto di Pindaro.

(')

op. cit. p. 25.

CO

id.

p. 31.

IL

ONTURXO, IL CONCELIO DI TRENTO E LO SPAGXOUSMO

113

Questo insomma spagnolismo genuino

(')

ed anche aristoteleossequente al
e,

simo puro, chi voglia dare

un' interpretazione molto

principio che la favola la parte principale della tragedia

in genere,
si

dell'opera poetica e che, degli

T^dir;,

cio dell' elemento psicologico,

pu far senza.
Cos
lico fedele
il

Mintnrno

si

sent senza contrasto spagnolista e aristote-

anche quando questo secondo aspetto del suo credo aveva


gli accenti del

qualche volta

credo quia absurdum


critica,

>

/Quando,

per"

esempio, in questa palingenesi


le parti della catarsi,

lo si

vede prenoSTcon calore

non

si

pu dimenticare che nel


ai

De

poeta

>

aveva
quella
tanea.

fatta parecchia ironia intorno


;

possibili

benefici

effetti

di

egli che,

allora,

voleva la poesia calda di sentimento e spon:

Ed

ora invece ne scrive

Con

tutto questo spavento e questa

piet dilettevolmente ci

purga perch nulla


:

pi raffrena l'indomito
si

furore della

nostra mente

perciocch niuno

vinto dagli sfrenati

appetiti che, se dalla

paura o dalla piet

dell' altrui infelicit si

muova,
i

non purghi l'animo degli affetti i quali di quell'infelice stato sono cagione e la rimembranza degli altrui gravi casi non solamente ci
:

rende pi pronti e pi presti a pazientemente

nostri

sopportare,

ma

pi savi ancora e pi avveduti a somiglianti mali fuggire


Tale
il

CT^^
Che
pre-

Minturno, tornato da Trento rigido moralista della poesia


sua

essendo partito piuttosto edonista^JIL. -^ssa e un ipocQ ^rpndeur.


poi lo spagnolismo
fosse sinceramente intonato
alla

natura, e
i

che
tesi

egli lo pregiasse

anche prima di riconoscerne per intero


il

vantaggi, cosa di poca importanza. Ci che importa


di quello spagnolismo in

reale

effetto

mano

dei ciechi rigoristi di

questo

periodo: dico
vita,

quell'allontanamento della poesia dalla realt e dalla

quel gran vuoto di pensiero che rendono lo spagnolismo sinodi ipocrisia morale.

nimo

di Fernando de (') Si paragona la canzone del Minturno con le eeneiens Herrera e particolarmente con quella per Giovanni d' Austria vincitore dei Mori, alla quale la prima tanto s' assomiglia nel pinderismo spagnolizzato.

^=-<S

ToFF.\>iN-.

La

fine dell'

umanesimo.

CAPITOLO IX.
S.

Tomaso contro Lutero


il

con lo Scaligero e

Piccolomini.

Sommario.

1. Ragioni

della fortuna storica dello Scaligero ultimo rappresen-

tante europeo del prevalente pensiero classico italiano


sensibilit filosofico-religiosa per cui

Ragione della sua

sembra presentire Cartesio


-

2.

Mo-

desta originalit del suo pseudo-antiaristotelesimo

Protesta contro l'equi-

voco dell' imitare aristotelico conservato dal Varchi


formit con la filosofia di S.
alla

Pi completa con-

Tomaso

La

recta ratio

come

risposai

negazion luterana del libero arbitrio e come soluzione del problema


-

moralistico-letterario

Gli
-

7]9-yj

e le SiaO-aeic

1'

L'imitare fabulam
actio

di-

venta doeere fabulam


tit del

Stretti rapporti

fra

poetica o

1'

affectus

del cittadino spectator sotto la specie della politica

3,
-

Effettiva iden:

pensiero dello Soaligero con quello del Varchi

Unica differenza

coraggiosa coscienza chele regole sono

un

pretesto.

4,

Il

Piccolomini
luci-

come

epilogo di questo teorico

movimento

rigorista -

Sua mirabile
-

dit dialettica e consapevolezza della sua posizione per rispetto


della controriforma.

alle idee

5. Esame

delle idee dei predecessori


-

Conchiuin-

sione

scolastica affermazione della responsabilit

Nessuna azione

differente sotto la specie del bene e del

male

nessuna rappresentazione

poetica dell'uomo

Valore negativo del suo pensiero in questa prima parto.

Questo ambizioso

scrittore,

Giulio Cesare Scaligero, fu


s'

trattato

bene assai dalla


tasse
e,

storia la quale

occup

di lui pi

che non

meri-

poich la merce eh' egli imbarcava non era di molto pregio,

la lasci passare sotto l'etichetta del suo

nome anche quando,

di suo,

non

v' era

che sua

il

modo

di confezionarla.

Ma

la

storia tenne
egli fu
il il

conto
prin-

pili della

efficacia

che della sua originalit perch

cipale diffusore delle nostre idee letterarie affermatesi tra

Varchi

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO ECC.

115
L'ultima

il

Minturno

in Francia e, di

l,

nella restante Europa.

voce italiana ascoltata come voce di maestro e come

espressione di

una cultura superiore e


consegna quasi agli

di

avanguardia quella dello Scaligero. Egli

altri

popoli,

come un
incapaci

epilogo,

l'ultima
il

nostra

elaborazione del rinascimento perch quelli vi risolvano


vanti al quale noi ci

nodo da-

mostrammo
curiosi
*

sicch,
i

d'

ora innanzi,

deposte quasi le armi, ce ne staremo ad aspettare

nuovi indirizzi
gli

come

discepoli e

come

Ma, appunto per


nostre

ci, tutti

stra-

nieri che si

sono occupati

di queste

cose,

dal

Borinski al

Saintsbury, indulgendo a

un

facile errore di prospettiva,

vedono
il

lo

Scaligero ingrandito dalla vicinanza e lo considerano


legislatore nostro in questo
del suo pensiero molto

come

vero

periodo,

laddove

il

contenuto

originale

poco e superficiale. Senonch, nel suo fondo

di coltura italiana, egli ricevette, dall'ambiente, fece sentire


il

una scossa che


e
1'

gli

valore

polemico

delle idee che rappresentava.


il

Se non
Arte
lavo-

da Trento

egli

scriveva,

negli anni tra

<

De Poeta
s'

poetica del Minturno, da posti pi universalmente inquieti

rava dappresso a quella linea del Reno dove

era gi manifestato
i

un

conflitto ideale di cui in Italia s'

ebbe idea solo dopo

resoconti

del Concilio e per via di deduzioni intellettuali,


sioni di popolo.

non

di sorde esplo-

se

non fu veseovo come


prendeva in quel
cos
il

il

Minturno, fiero della

sua pretesa discendenza da principi concep l'idea di divenir papa;


e chi sa quale parte

suo

diseguo

la

letteratura

concepita da lui in
egli

modo
la

ortodosso e varchiano!
latino

In

sostanza

non

fece ohe riaffermare

modo

di

vedere del Varchi ma,

forse, in relazione

con

minor contentabilit del suo pubblico, cerc


scolastica.

di dargli aspetto di

maggiore evidenza

Per questa via

gli

a^'venne di accennare a quella stella polare dello spirito, la ragione.


Lilla

quale

si

regoler veramenfe

il

suo grande successore Cartesio


spir
alla

per aprir le strade di quella filosofia antiaristotelica che


eredit letteraria degli Italiani l'alito della seconda vita.

Quando

si

parler deUa riforma psicologica cartesiana

il

lettore

abbia la bont di leggere questi paragrafi sullo Scaligero e vedr in

che cosa consiste la piccola parte di precursore che


sce.

gli

si

attribui-

Piccola parte ove

e'

perfino un' apparente

ribellione

ad Ari-

stotele poetico dovuta,

possiam crederlo, all'indocilit

dell'ambiente

che

gli fece sentire

pi forte la sua analogia e quindi la sua rivalit


il

con quell'Erasmo

quale, se fosse vissuto in quei giorni,

avrebbe
al-

espressa finalmente in modo profondo certa sua vaga ribellione

116

CAPITOLO IX.

l'antico dalla quale riceve ancor oggi


di molto

una luce d'interesse poetico

superiore alla reale portata dei suoi pensieri.

La modesta
scottante:

originalit

del

suo
il

molto parziale anti-aristotelecoraggio


di dire

simo consiste tutta nell'avere avuto


che
le regole

una

verit

sono

talora
fra

un

pretesto

per

inquadrarvi

dei principi affatto estranei:

che

questi e quelle, talvolta,


e che,

pu
caso,

mancare corrispondenza o essere contraddizione


occorre uscir dall'equivoco;

in

tal

negare

Aristotele

per

salvare

l'idea.

Uno

di

codesti

equivoci quello

dell'imitazione

come

fine

della

poesia; e fu consacrato dal Varchi e dagli altri aristotelici.

Costoro
a due
;

sapevano benissimo che con


assurdi
:

siffatta

idea

s'

arriva per lo

meno

il

primo, che ogni argomento sarebbe soggetto di poesia


il

il

secondo, che

male vi avrebbe una parte pi considerevole del bene.

tuttavia per

non negare
filosofia

Aristotele, si adattarono a limitare o desi

formare quel principio dicendo che


governata dalla
dalle leggi.

tratta bens d'imitazione

ma
il

morale,

regolata

dalla

politica,

minacciata

Ma

allora che imitazione questa?


l'

Bisognava avere
il

coraggio di abbattere
sia

idolo aristotelico e dire che

fine della poeest poeticae

non

imitare

ma

decere .

Propterea

quod non

finis imitatio:

sed doctrina jucunda, qua mores


iis

animorum deducan-

tur ad rectam rationem: ut ex

consequetur homo perfectam actio-

nem quae nominatur Beatitudo ('). La poetica! -esclamalo Scaligero ma chi dunque ci d il diritto di parlarne cos a cuor leg:

gero,

come

d'

una

facolt avulsa dalla

gran compagine della vita

ci-

vile?

Come

si

pu dimenticare poesim vero esse


alia

politica e partem,

quae sub legislatore quamquam

face atque

colore

continetur ?

Nani quae jussa sunt


rata

in legibus,

quae sunt apud concionatorem mo-

deratoremque populi suasiones, hae poetices opera certa atque sepa-

comparabuntur
{").

quibusdam amoenitatibus ad institutionem

ci-

vitatis

Ma
da cui
s.

queste non sono le idee medesime del Yarchi? Son le me:

desime appunto
egli
le

ed la medesima pur la fonte

filosofica, s.

Tomaso,

deriva.
egli

se fu

il

Varchi a insegnargli a consultar


di quello nella

Tomaso, or

ne ha ben pi bisogno
poco da lungi.

gran

dis-

puta che

gli s' agita

(')

luLii Caesabis Scalkf.ui clarissimi: l'Del ces lii/ri


p. 347.

septem (IbGl)

t^.

3i7.

CO

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO ECC.

117
data
al

Ora, se voi considerate la nuova

impronta

dialettica

concetto del Varchi, non potete dubitare che lo Scaligero aveva presente l'obiezione anticattolica di cui

vedemmo un

saggio

in

quelle

sedute di Trento, e intendeva dare una formale risposta.

qui av-

viene lo strano caso che, da questo nuovo e pi profondo tuffo nel

tomismo, salta

fuori,

per

la

prima

volta, in terra di

Francia, quel-

l'argomento della ragione come contrapposto


Cartesio doveva scavare tanto pi

del

luteranesimo

che

radioso e

da tanto pi profonde

sorgenti, sotto le rovine della scolastica.


I luterani

religione a

dunque negavano il libero arbitrio e, riducendo la immanentismo puro, affermavano che l'uomo, esponente
non pu volere che
il

delle sue passioni,


bile
:

male.

(Corollario

inevitafatta

che cosa volete mai fantasticare

d'

una

letteratura

tutta

di bene, e senza passioni o senza contagi, se cos fatta la natura

dell'uomo?).

Ed

ecco lo Scaligero riannodare la tesi del Varchi

al

principio del libero arbitrio illustrato

da

s.

Tomaso

e affermare ap-

punto

il

contrario: l'uomo, in quanto creazione di Dio,


il

non pu vonelle

lere che
azioni.

bene: e

il

libero
,

arbitrio

si

vede
la

proprio
frase

buone
effetto

deir

Quando un' azione amor che drittamente


i

per

usare

di Dante,

spira , quest' azione ha


recta ratio e

una sua
tale

for-

ma

che

filosofi

chiamano

come

ragioneest

vole e buona. Studiosarum

actionum

quasi
(').

forma

quaedam

quam rectam rationem


(Si rifa

vocant philosophi

appunto

di

qua

la terzina dantesca
si

Benigna volontate in cui

liqua

sempre l'Amor che drittamente spira

come

cupidit fa nell'iniqua)

(-).

Quando invece l' azione cattiva, quella forma manca. Il primo moto dell'anima che, per virt del libero arbitrio, tende a
quella forma, cio a Dio, o
all'

esse secondo

s'

esprime

s.
(*).

Tomaso,

fu sviato dalla cupidit e l'azione

ne rimase deformata

C)

Id.

(2)

Dante

Par. C.

XV,

v-1-3.

C) ScALiSEHo: p. 347-8. Cfr. S. Tomaso Summa 1^ 2 q. XVIII, a 1. Sic igitur dicendam est quod omnis actio, inquantum habet aliquid de esse, intantum habet de bonitate. Inquantum vero deficit ei aliquid de plenitudine essendi quae debetnr actioni

humanae, intantum

deficit a bonitate

et

sic

dicitur

determinata quantitas secundum rationem, vel debitus locus, vel aliquid huiusmodi . Passo commentato dai teologi appunto con
si

mala: puta

deficiat ei vel

118

CAPITOLO IX.

Ma

allora qui

vaghiamo lontano dalla poetica

di

Aristotele

"

quali conseguenze potr avere sulla letteratura questo nuovo


di atteggiare
il

modo
pu

concetto varchiano ?

Due domande
si

alle quali si

rispondere ad un tempo perch, vedete coni' era superficiale la spregiudicatezza dello Scaligero, le conseguenze

deducono adoperando
sul

con metodo scolastico quel

tal principio
l'

di Aristotele

quale

io

son venuto richiamando via via


dei pili gravidi
d'

attenzione del lettore


fosse

come su uno
e

avvenire,

non perch

una vera

propria

regola o avesse importanza nel pensiero del suo autore,

ma

per-

ch
Il

lo

spirito dei

tempi nuovi vi

s'

esprimeva con molta comodit.


parte
principale
dell'o-

principio quello solito; la favola la


detti

pera: gli "^^propriamente

son

secondari e trascurabili.
quella

Ma
le

questa volta lo Scaligero riannoda la questione a


arbitrio, la risolve

del libero

con

s.

Tomaso

e,

credo senza accorgersi, tocca

rivo del

mare donde s'imbarc Dante. Che cosa sono queste t^^, o mores,

di

cui possiamo,
definito

volendo,

fare a

stesso

meno? Son quelli che la scolastica ha primum motum haud emendabile a


Ora
se
il

con Aristotele
(parole

virtute

con-

sacrate dai versi di Dante).

poeta

rappresentasse

l'uomo
detutti

nei suoi

tj^yj,

cio nei suoi naturali impeti passionali,


!

altro che

cere filologi cari


i

Si vedrebbe in atto
1'

il

trionfo del

male con

suoi

effetti

contagiosi e
dal poeta
!

institutor populi riceverebbe davvero


allora che invece
gli
r^O-rj,

un

beli' aiuto

Come va

il

poeta pu tanto

giovare? Si che costui non rappresenta

che

son ciechi,

ma

le

Stat-asic,

che sono
il

veggenti;

rappresenta,

insomma, quegli
della

affetti

in cui brilla

discernimento perch son frutto


chiariti tutti

buona

ragione.

Ma, adesso che abbiamo

questi punti, bisogna

uscir dall'equivoco e cessar di dire

che

il

poeta

imitat

fabulam.

le parole

usate dallo Scaligero

Hinc

dici potest cuiii

quod bonitas moralis actus humani


nientia actus liberi

consistit in

communi theologorum quadam conformitate et coaveille

cum

rocta ratione et lege, ita ut

actus

dicatur bonus,

{De aet. hum. art. IV, n, 34). Cfr. anche Summa id. a II: Et ideo sicut prima bonitas rei naturalis attenditur ex sua forma, quae dat speciem ci ita et prima bonitas actus moralis attenditur ex objeoto convenienti, unde et a quibusdam vocatur bonum ex genere,
qui est couformis legi et rationi ut ait Liguori
;

puta uti re sua. Et siout in rebus naturalibus


rata non consequitur

quid loco

primum malum est, si ras geneformam specifcam, puta si non genoretur homo, sed alihominis; ita primum malum in actionibus moralibua est quod est ex
.

objeoto, sicut accipere aliena

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO ECC.


sottostare alla pericolosa apparenza
i fatti

119
delle

che implicherebbe

il

cose,

ma

docet fahulam, cio rappresenta


quelli

umani senza la passionalit,


le
dtados'.?,

y^^ (scegliendo quando si manifesta).


degli

ne

sono esenti o lasciandola da parte


cio
il

Ma

poich senza

gli

aff-

ctus

volont, nulla
noi,

pu avvenire, questi
tratti

fa
i

risaltare

poeta

in
gli

modo che
iniqui.

udendo, siamo

a seguire

buoni o fuggire
ut bonos

Docet

[imitat] affectus poeta

per actiones:

am-

plectamur atque imitemur ad agendum malos adspernemur ob absti-

nendum
Con
care

(').

la qual cosa si

vede che, cambiando

le

carte

aristoteliche

sulla tavola, egli


il

ha

finito col trarre la frase

del

filosofo

signifi-

suo contrario. Perch sta bene che lo Scaligero bandisce

gli

7;^, ma, per compenso, fa fare alle Sta^osi? la parte del leone: il fine della tragedia son esse, non la favola :^sia questa deve aver
per fine di suscitare quasi
(con lo Scaligero non
tadino) delle
si

nascostamente

nell'animo

del

cittadino/ j^

parla pi di spettatore o lettore


la

ma
in

di

cit-|

buone

tendenze^ Onde

letteratura e
politica

la

vita

ap-

paiono

al nostro critico alternate sotto la specie

questa

strettissima vicenda. Nelle opere di poesia quello che si rappresenta

un'azione:

ma

quello che deve restare nell'animo del cittadino quello

una

S'.O-so'.c.

Nella vita

che

ci

deve

muovere
visto

una

Sta

^soi?,

ma

quello che deve

restare
sit

un'azione:

che

beati-

tudo nihil aliud

quam

perfecta

actio .

Per cui
at in

nello

spettatore

- a

dirla

con

le

sue parole latine -

erit actio

quasi exemplar aut


cive
actio
il

instrumentum in fabula: affectus vero finis:


finis: affectus erit eius /forma
(*).

erit
{

Cos la poesia sarebbe

primo

passo verso la

felicit,

Ma
ci

se,

dopo ricostruito

lo

volgiamo a considerare che cosa


suo interesse. Si tratta

schema del ragionamento scaligeriano, ci sia di veramente nuovo, dopo

quello del Varchi, vediamo che forse

non

e'

nulla.

anche questo

ha

il

d'

uno
l'

sforzo di completare e integrare

di sostanzioso pensiero filosofico

idea varchiana, quasi per munirla


spirituale molto diverso dalle dolci

contro le intemperie di

un clima

e quete aure dell'accademia fiorentina. In quel clima la

letteratura

ha cessato per

lui d' essere

puramente

tale

diventata

un grande

problema umano, cos complesso da

fargli bandire,

quando occorreva,

C)

p. 348.

() Id,

120
perfino

CAPITOLO IX.

il

pregiudizio delle regole.


il

tuttavia, in questo inquieto tra-

vaglio di tutto

suo

spirito, lo Scaligero pii

che

l'

innovatore arriso
i

dal lampo

dell' idea,

somiglia

l'

avvocato che gira e rigira

vecchi

argomenti dell'ardua difesa per farne scaturire evidenza maggiore:

ma,

alla fine,

non

riesce che a

mutare

la disposizione di quelli.
all'

Per-

fino la

fondamentale sostituzione del docet


il

imitat cos
ispirata

vana
for-

che, quasi quasi, viene

sospetto che gliel' abbia


dell'

una

tuita e fortunata metatesi

esopiano

fabula

docet.
noi

poich
ci

l'originalit dello Scaligero tutta nelle cose

da

riassunte,

sono in fondo

al libro di lui certe

parole fra

tristi

e modeste

che

mi sembrano piene di una chiaroveggenza pi forte della consueta albagia. Quae si cui subtiliora quam res postulat videbuntur, ne
moleste ferat nostram diligentiam
si
;

nihil ei facilius,

quam
fidava

bis carere,
:

uti nolit

(').

Del suo

antiaristotel esimo

non

si

infatti la

sua intravista teoria della ragione divenne possente e vitale quando


Cartesio
l'

impugn contro

Aristotele.

Per ora

bis carere vuol dire

tornare al Varchi.

Si

pu dire che
definitiva, dal

l'

intima pena di

tutti questi

commentatori, dal
e,

Maggi
modo,
che

in su, compediata e atteggiata in forma dialettica,

a suo
anni,

pi profondo fra

gli scrittori

di

quegli
si

Alessandro PiccolomQl| Voi sentite che pi in l non


il

pu andare,

suo commento come un ultimatum posto dai rappresentanti

dello stretto

moralismo
perch

alla poesia.

r inconfutabile dimostrazione
duta la partita
si
:

della loro rigida tesi, essi

Ma, appunto per aver raggiunta avevano percol Piccolomini,


let-

la poesia
si

non muore. Onde, pu


dire, della

chiude

il

periodo aureo, se

controriforma

teraria: quello in cui a spiriti pensosi e sinceri era parso

come

at-

tuabile

il

sogno

d'

una poesia che

fosse al

tempo

stesso

espressione
di penuffi-

di religione e di bellezza.

Dopo

di lui questo teorico

modo

sare
ciale

non muore d'un


;

tratto:

anzi, in

apparenza, resta

quello

ma, in sostanza, non trova che rappresentanti convenzionali o


di

poco sinceri. La Chiesa stessa mostra


in realt,
si

riconoscerlo a parole

ma,

rassegna alle
v

follie del

secentismo e dello spagnolismo,

e anche se ne compiace,

prossimo commento, di autorit quasi

ufficiale,

verr da un

(')

p. 348.

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO ECC.


Riccoboni, e l'altro
l'altro
ci

121
da
del

professore di Padova,
suita,
il

il

successivo
il

Pontanus: l'uno e

daranno

tono

un genuovo

stato

d'animo
tra
il

della controriforma
ci

letteraria e delle

sue

rinuncie.

Ma,

Piccolomini e quelli,

sar stata la

gran polemica dei


i

Verrati, clie appassion e


e serv
teoriche.

compromise un
meglio che

po' tutti

letterati italiani

ad aprire

gli occhi

molti

anni

di

discussioni

In lode del Piccolomini basti dir questo: che, per avere


sentito

egli

con pi chiarezza d'ogni altro ci che


il

il

suo

tempo
di
fior

si

pro-

poneva,

suo

nome dovrebbe
il

essere

almeno pi
la poesia,

chiaro

quello
allora,

del suo antagonista,

Castel vetro]

Ma

quale
di
si

parve accordarsi meglio con

le incoerenti ribellioni
il
il

questo

che,

con

le serrate

deduzioni di quello, e
i

Tasso,

che

trov a fare

un paragone
fondo

fra

due, riconobbe

che
e,

Piccolomini era
fin

pi

pro-

ma

il il

Castelvetro pi facile

suo malgrado,

col seguire

piuttosto

secondo che
dell'

il

primo./ Anche noi, a proposito del Tasso,

parleremo

uno

e dell' altro e illustreremo allora le acute vedute

del Piccolomini intorno ai rapporti tra storia e poesia.

Per ora

ac-

contentiamoci di vedere la parte negativa dei suoi pensieri aristotelici,

per rispetto

ai

fondamenti della nostra vita

spirituale

quali si
dialet-

manifestano nella letteratura. Anch' egU, e con pi


tica

coerenza

che non

il

Varchi, lo Scaligero,

il

Minturno, impugn Aristorest di

tele contro

l'immanentismo luterano e

quell'opposizione

il

rappresentante pi completo e pi austero.


Senz' essere stato a Trento n sulla linea del

Reno,

sent

la

grandezza dell'ora che passava sul mondo:


roveggenza.
sto.

e,

forse, l'essere senese,

cio concittadino di Bernardino Ochino, fece pi pronta la sua chia-

Siena sorella
filosofia nelle

di

Padova,

ossia

il

suo contrappo-

Aliena dalla

sue forme dialettiche,

Siena conserv
profeti,
si

del

medio

evo,

con

il

culto dei suoi santi e dei suoi

la

sensibilit mistica; e,

al

primo svanire

del

rinascimento,
di

ridest!
in-|

non in fervore

di dispute scolastiche

ma

in fremiti

religiose

quietudini sentimentali che le permisero di ascoltare, unica forse fra


le citt italiane, le

lusinghe della riforma. Padova, aliena dai profeti


straniero), conserv del

e dai santi

(Sanf Antonio uno

medio evo

soltanto la passione dialettica e, al

primo apparire deUa riforma, se

ne

risent.

Ma, dovunque fosse nato,

il

Piccolomini era capace di abbrac-

122

CAPITOLO IX.

dare

lo

spirito dei

tempi per forza spontanea d'intuito

(').

Ed anche
il

in lui - fratello

maggiore

del Yarchi - si vede via via


il

riflesso

degli anni declinanti verso

dubbio e
l'

il

mistero.

Anch'

egli

dopo aver vissuto


all'

ultima
l'

spensieratezza del

rina-

scimento, dopo aver donato

arte per

arte di quello, le belle spre-

giudicate pagine della Raffaella


gi discendendo
1'

alla fine,

arco dei suoi anni,

s'accorse che l'essere spensierati non era

poi

cosa
si

tanto

facile,

si

guard intorno e nel cuore,


stotele
:

si

rivolse a

Dio e

convert ad
al

Ari-

tutto ci

con quella compunzione sincera che

suo grande

consanguineo Enea Silvio solo era potuto derivare, anni prima, dalla

maest della

tiara.

-^

Anch'
e del male.

io,

dice press' a poco

il

Piccolomini, ho cercato di vedere

se fosse possibile togliere l'arte dall'inesorabile alternativa del bene

Per un pezzo a quella

particella

aristotelica

in

cui

si

dice che l'imitazione si fa dei buoni o degli

iniqui

ho

cercato

di

dare una blanda interpretazione.

proposito di quell' altro pensiero

che

gli

imitati nella tragedia

devono essere migliori e nella commestudiato


di
riferire la

dia peggiori del comune,

mi sono

differenza

l^quasi solo al grado sociale dei personaggi [allusione evidente all'in-

genua sofistica del Castel vetro].

Ma
sentati

ora

mi son persuaso che

tutte queste distinzioni


fatti

implicano

la necessit di concretare sui

personaggi e sui

umani rappre-

un

giudizio morale. Anzi


tal concetto

credo che

pi assoluto.

il mio pensiero va pi in l; io non debba essere mitigato ma piuttosto reso Perch, se, nella versione del testo greco, si pu ag-

giungere qualche particella limitativa,

se,

sulla

scorta

dei

predica-

menti morali del maestro,

si

pu anche arrivare a trovare accenni


sotto la specie del

ad azioni umane indifferenti


effetto,

bene e del male; in

se noi vogliamo fare scudo alle nostre teoriche letterarie del


ci

vero pensiero scolastico, non

resta

luogo a limitazioni e a com-

(')

Quant' rigogliosa o trafogliosa

la bibliografia di molti fra questi

umaral-

nisti,

altrettanto povera quella del Piccolomini.

questa volta non

si

pu

legrarsene perch nella vita del P. trovo notizie che piacerebbe vedere illustrate.

Por esempio

egli fu a

capo di queir accademia degli Storditi

che fu poi accu-

sata di eresia.

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO

123

promessi.

Conciosiach sebben ira

il

buono

e il reo

universalmente

in tutte
tele dice

le cose

presi si potrebbe trovar 7nexxo, secondo che Aristo-

nei predicamenti,

nondimeno

nelle vere azioni

umane

accos
(').

cader

d non

possa:

e gli stessi teologi

non vogliono che tra


alcuna
itidifferente

fatte azioni si possa dare azione particolare

Ha

voluto Aristotele aver rispetto al giudizio

comune

dei pii degli

uomini, che come imperiti, veggendo alcuna volta alcuna azione in


cui concorron diverse circostanze cos per farla
rea,

buona come per


circostanze

farla

non san distinguere

e determinare

quali

pi

pre-

valghino
Il

(^.

Piccolomini non scriveva cotali parole senza aver molto penal

sato

prima

valore

di

esse

per rispetto all'arte

senza aver co-

nosciuto,

forse,

accanto alla regola dello Stagirita, quella regola dei

Telemiti, cavalieri del Libero Volere cos

compendiata da Rabelais:
:

En

leur reigle, n' estoit

que ceste clause

fay ce que vooldras,

parce que gens liberes bien nez, bien instruictz, conversans en compaignies honnestes, ont par nature

un

instinct

et aguillon

qui touils

jonrs les poulse faictz vertuex et retire de vice: lequel

nom-

mojent honneur

(').

dire che questa regola


di

si

sarebbe potuto inariosteschi


!

cidere benissimo sullo scudo

ognuno

dei

cavalieri

Onde

al

Piccolomini riusciva facile chiarire

quell'altra espressione

aristotelica intorno alla possibilit di rappresentare la favola

senza

costumi dei personaggi alla quale lo Scaligero aveva dedicata tanta


scaltrezza.

Ma come
il

- diss' egli - se cosa di

tanta

importanza
prescindere
di
tutti
il

xfar risaltare
''

valore delle azioni

umane come potremo

jnoi dalla psicologia dei personaggi? E, quasi a epilogo

movimento

ideale che a lui mette capo, ridusse a

sillogismi le
:

in-

tuitive ragioni di questa necessit.

Eccone un saggio
gli

[Gli operanti

sono buoni o

rei.
i

Gli imitatori

imitano

operanti.

Adunque

gli

imitatori imitano

buoni o

rei.

La minore proposizione

di questo

(')

Questione fieramente disputata coatro

Luterano-calvinisti alleati al Congli

nelio. Cfr.

Cone. Trid. sess. VI,

e.

7.

Cfr.

anche

undici articoli della

Sum-

ma

di S.
(2)

XVIII, 1* E*. Annotaxioni di Alessandro Piccolomini alla poetica d' Aristotele (Veq.

Tomaso

nezia 1572) p. 43.


(3)

Oargantina

1.

I,

chap. 57 (ed. Flammarion p. 130).

124
sillogismo prende Aristotele

CAPITOLO IX,

come manifesta
i i

e la

maggiore
gli

egli

prova

con questo paralogismo. Secondo


rei.
Grli

costumi sono

uomini o buoni
gli

operanti operano secondo


rei.

costumi: dunque

operanti
si

sono buoni o

La minore
i

posta per nota e la maggiore


la

prova
uo-

con quest'

altro sillogismo. rei


;

Secondo
si

bont o malizia sono

gli

mini
malizia
:

buoni

costumi
i

distinguono secondo la bont o la


gli

adunque secondo
buoni o

costumi sono

uomini buoni o

rei.

cos viene
tori

ad essere provata la gi detta conclusione che gli imitai i

imitano

rei

(').

vero: questo

scheletrico

sillogizzare

ci

mette quasi
il il

paura,
in
gio-

tanto pi. se ci ricordiamo che viene da

un uomo

quale,

vinezza, aveva sorriso di queste cose. Ma, poich


dersi conto della portata delle proprie idee gi

coraggio di renvirt che


al
di-

una

vide l'uomo dalla mediocrit, noi ci fermiamo

davanti
posta

Piccolo-

mini con molto


in

rispetto. Egli stesso sa d' avere

la

questione

un' ardua luce

di coerenza
(^)

che

gli

permette di polemicare per-

fino col pio

Maggi

e di sorridere davanti alla pretesa originalit

dello Scaligero cui solo la debolezza logica potette far fosse

credere

che

davvero un' idea nuova quel decere

sostituito all' imitare.


stretto

Ma

tutto

il

merito suo dunque d'avere

in

un

forte

fascio gli argomenti contro la libert della poesia senza portarne al-

cuno in difesa
proposito del

di quella?

Xon

tutto: riparlando di lui col Tasso, a

poema

epico ispirato dalla storia,


:

vedremo che stimolo

a tanta distruzione non era aridit di cuore

era

un

intravvisto fan;

tasma

di

grande arte come

sintesi di pensiero e di bellezza

un

fan-

tasma che nessun poeta venne a

colorirgli davanti

agli

occhi,

che

svan, quindi, con lui e forse in lui, e


storia.

non fu

certo avvertito dalla

Invece di avere dopo di s

il

Tasso
ai

egli

avrebbe
si

meritato

Shakespeare. Ma, come conchiusione


lui nulla
il

punti indicati, non


:

trova in

che non sia gi nel Varchi e nello Scaligero

si

trova che

poeta

deve

limitarsi a rappresentare

gli

uomini virtuosi e che,


tutte le

quanto

agli iniqui,

deve regolarsi a che non ispirino consentimento

ma

sdegno. Della catarsi trova

un

po' di

buono in
in

spiega-

zioni date fin qui dai

rigoristi, e s'attiene,
il

sostanza,

quella

fondamentale del Maggi innestandovi


allo Scaligero.
Il

principio della ragione tolto


i

poeta deve, se non svellere

sentimenti

inquieti

Op.

cit.

p.

41-43.

p.

114.

S.

TOMASO CONTRO LUTERO CON LO SCALIGERO


eccessi
della

125
di

dell'anima, mitigarli, perch non conducano agli

cui

si
(').

vedono sulla scena

gli

effetti

e porli in

mano

ragione >

Senonch

la ragione_del

Piccolomini somiglia molto al


ci dLce._s7~ vigilare
l'

tradizionale
di^

timor_^CD4a-su JEgli non

^ulT uso
:

cotesta

r^^one, troyasse necessaria

opera del Santo Sinodo


quelli

ma

forse
di

non

era alieno dall' ammetterla. Certo


d'

che

presunsero

andar

accordo con lui arrivarono a quella conchiusione prima che ad ogni

altra.

C)

p.

100-6.

CAPITOLO X.
I minori e la sorpresa del Riccobono.

SoMMAEio.

1, Lo

spirito dei

tempi nell'opera dei minori


-

Finalismo morale

ad oltranza sulle traccie dei maestri ricordati


nio

Una

scappata del Parte-

Ortodossia generale
-

Francesco Luisino, Alessandro Lionardi, l'Ac-

cademia fiorentina

Segni volgarizzatore e conciliatore del Maggi, del

Varchi, dello Scaligero e del Minturno


ligero e consequenziario rigoroso -

2, Il VijJerano discepolo dello ScaAdeguata interpretazione degli antichi letterati puri

Primo accenno a Paolo Beni


con quelle dei puri moralisti

Conformit di queste idee dei

aristotelici

come
si

il

conte

Luigi

Laudi.

3. Dopo

catartizzata la lirica del Petrarca


-

vuol catartizzare la novella


-

del Boccaccio

Esempio

il

Bargagli e la sua catarsi smontabile


-

Anche
del-

Catullo e Orazio son moralizzati


l'

Jacopo Mazzoni scopre


del

la

teoria

inquisizione

in Platone

^.

La sorpresa

Eiccoboni

(1584)

che

dalla cattedra di

Padova
-

tratta da sognatori tutti costoro -

Nuova

inter-

pretazione della poetica

Inconciliabilit del prodesse e del delectare

r uno

r altro

Che cosa intendeva


-

dire

Aristotele
la poesia

preponendo a ogni
sogno e deve strarapporti

altra parte nella tragedia la favola ? -

Che

niarsi dalla vita

Guardarsi dalla psicologia.

5^ Conseguenti
naturale

tra Poetica e Politica -

La scoperta

del Riccoboni

svolgimento

delle idee dei predecessori.

Se noi

ci

fermiamo ora a considerare

lo spirito dei riflesso

tempi neldi

r opera

dei minori,

non troviamo che


letteraria

un vasto
dall'ora.

queste

idee diffuso per tutta l'Italia

Quelli
d'

che abbiaingegno e
il

mo

ricordati
di

erano
studi,

maestri
i

riconosciuti

per

altezza

profondit
del maestro

quali,

essondo

andati a scavare
greco,

pensiero
poi

nella

Minerva oscura

del testo
fatto

l'avevano
nelle

composto nei ponderosi commenti e


gli studi e delle

risuonare

aule de-

accademie, dove

minori venivano a

rifornirsene

MINORI E LA SORPRESA DEL RICCOBONO

127

per diffonderlo poi da altre cattedre e in altre accademie

come

pa-

trimonio comune. L' opposizione clamorosa, e tuttavia molto prudente,


del Giraldi (in essa
l'

non

s'

osava negare

fondamenti

aristotelici del-

arte e si

mirava piuttosto a un compromesso)

non ebbe,

fino

al

Patrizio, che

un

solo rappresentante illustre e di scuola ferrarese,

Castelvetro. Onde, chi voglia chiuder ora gli orecchi alle voci della
vita, cio della poesia, e,

ritiratosi nell'

ermetica stanza del dominante


dagli
aspetti
di

pensiero critico contemporaneo,


il

indovinare

questo

tono di quella,

s'

immagina

che, di fuori, verdeggi una grigia poeleggiate

sia filosofica e didascalica.


d' uscir dall' orbita del

Qualunque cosa voi


il

non

vi riesce

pensiero segnato dal Maggi, dal Varchi, dallo


;

Scaligero, dal Piccolomini, dal Vettori


tra
i

qual' ultimo va annoverato

maestri, in grammatica e per

il

prestigio del

nome, ma, quale


fergli

interprete di Aristotele, cos fedele ai


>to a parte

due primi che

un

po-

difficile.

Se qualcuno

fra costoro osa volgere


si

una smorfia
poi

di

simpatia

all'indimenticabile delectare, costui

corregge

subito

con

garbato atto di contrizione che mette in rilievo quella smorfia

un come

una scappata

d' enfant terrible.

Leggete per intero


il

il

trattatello del

friulano Bernardino Partenio

(*)

quale

si

spaccia

per aristotelico

in senso stretto e, tuttavia, a certo punto,

non

vi sapete sottrarre a

quell'impressione che ho detta.


voi considererete che
il

La quale
ha
1'

sar tanto pi piccante se

trattatello

aria di

un

discorso tra gente

di chiesa. I principi vi son pi che

mai

rispettati e,

dopo
:

tutto,

si

conchiude in modo da sfidare ogni malignit


intende esprimere le azioni

di giudizio

la poesia

umane

e informar
l'

bene l'animo che


periodo
del

uo

soggetto e materia

(*).

Ma, tra

uno e V altro

lungo discorso,
par
si

gli esce dalla

dica al poeta in

una

strizzatina d' occhio

penna una qualche osservazione in cui Noi si predica a


:

questo modo, tu, per, intendi

che se t'avvenga di descrivere


il

una
tuo

cena
ufficio

d'

amore, come per esempio quella di Bidone ed Enea,


il

quello di incitar nel lettore

sentimento

dei

tuoi

perso-

naggi, e sarai tanto pi lodato da noi quanto sar pi intenso l'effetto. Leggete infatti questa prosa:

perch

poeti imitando le

perturbazioni ora dell' ira, ora del dolore, ora di questa cupidit, ora

(')

Della imitaxwne poetica di


et illustre
p. 93.

M. Bernardino

Partenio.

Al

molto re-

verendo
(-)

M.

Melchiore Gioja (Venezia 1560).

128

CAPITOLO X.

di quella, alcuna volta sciogliendo

il

riso, spesso

inducendo

il

pianto,

lasciano o per meglio dire


affetti

imprimono negli
e

ascoltatori
si

tutti

questi
ap-

onde temono e sperano

piangono e ridono,

adirano,

petiscono amano,
constanti,

hanno

in odio: in

modo alcuno ne

temperanti, n

n quieti possono essere: nella quale

condizione consiste

la sanit degli animi.

per questa ragione Platone sent male della


usata
l'

imitazione e dei poeti che cos


spetto ad Omero.

avessero,

avendo

poco

ri-

Ma

noi non

abbiam in considerazione n
sinceri,

tanti

buoni costumi, n animi corrotti e

ma

solamente riguardia-

mo

la bellezza, la meraviglia e la

grandezza del poeta e quello che


virt

per gran vizio reputa


attribuiamo.

Platone

noi a grandissima e suprema

sei

nostro poeta
(').

non

eccita di questi vizi egli vizio

sissimo vien riputato


lo stesso

Ma

simili scatti di sincerit

son rari e

Partenio non era affatto un ribelle.

Era

soltanto

un

po'

ciarliero

come
non

prete Pero del Giusti, e diceva pur cose che


fine,

sareb-

bero state bene non dette, tanto vero che, alla

conchiudeva
filosoficit

come

se

le

avesse dette

affermava

la

profonda

dell' arte.

Humanitatis studia nisi crebris

philosophiae luminibus

elu-

ceant obscura ac prope sordida lacere videntur.

Nam

quid aliud hu-

manitas est ?

(")

scriveva per esempio

Francesco Luisino concitta-

dino del Robertelli preludiando, nel 1551, a un suo corso di studi in


cui di

nuovo
il

e di profondo

non
(^)

e'

era proprio nulla. All' istessa maGiulio


III

niera

padovano Alessandro Lionardi dedicava a Papa


trattazion letteraria
in cui sentite
l'

una sua Maggi e


stiche,

eco delle letture del


altezze

del Varchi eh' egli


dei quali intese

non os seguire
:

fino alle

tomi-

ma
il

bene un' idea

la letteratura, la si associ
al

con

la retorica o
:

con

la politica,

deve mirare insomma

fine

co-

mune
ste

bene

civile.
il

Due

cose - spiega egli - sono


l'

sommamente
altra di que-

utili e necessarie,

parlare e l'operare: n

una n

l'

due

azioni

si

possono

compiutamente e convenevolmente
della

fare

senza la cognizione della

storia,

orazione, e dei

poemi

come

(')

P. 16.

(8)

Franoisci Luisini Utinenss: Parergon libri tres.

In quibus tam in

graeeis

quam
4.

in latinis seriptoribtis multa obscura loca deelarantur (Venetiis.

1551)

p.

Q) Dialogi di
nezia 1554),

M. Alessandro Lionardi

della Invenxione Poetica ecc. (Ve-

MINORI E lA SORPRESA DEL RICCOBOXO

129

quelli che e' insegnano a fare, a dire ci a questa vita in ogni

ma>.

niera di stato di et e di condizione

si

richiede,

mostrandoci nelle

operazioni e ne' parlamenti quel che

si

ha da imitare e da fuggire
serbava
nel

Che

pili?

Nell'accademia fiorentina, che pur

suo

seno tanto platonico amore della poesia senza pregiudizi,


tirsene vigorosamente in

da

risen-

danno del povero Torquato, quando


il

si tratt

di rivendicare sul serio la gloria dell'Ariosto,

Varchi

si

era

tro-

vato

d'

attorno parecchi suoi


il

compagni
sui

dell' esilio

padovano pronti a
per

difendere e a diffondere

comune
pes

pensiero. Si

pu dire che quelVarchi,

l'avventura
tutta
la

repubblicana

destini letterari di Firenze

seconda met del 500.


dell' aristotelesimo

Da Padova

torn
fu

il

primo

assertore

integrale

(1553):

suo
:

seguace un

appassionato difensore di esso nello scorcio del secolo

il

Bonamici
del

(').

Ma,

fra l'uno

e l'altro,
di vedere,

c' tutto
fra

un

seguito

d'opere

ispirate

questo

modo

cui

un

intero
i

commento
discorsi

Salviati

tuttora inedito.

Si

leggano,

per esempio,

che in quella

sede teneva nel 1573 M. Agnolo Segni, consanguineo di quello che,


trent'

anni prima, aveva schiuse

le

porte dell' accademia ad Aristotele


li

senza prevedere dove quel dittatore

avrebbe condotti.

vedete

ri-

prova che, chi

si

fa

narrare la storia del

nascente pensiero critico

mettendosi per una via diversa da quella seguita da noi fin qui nelle
varie questioni fondamentali,

non pu
questi
della

riuscire a far della storia. Il

Segni, premettendo alla lettura della canzon del Petrarca In quella


parte
il

dove amor
delle

si

sprona

suoi

ragionamenti,
in

compendia

problema

contemporaneo
questioni

poesia

modo da
non per
pi

ridurre a tre

il

numero
:

aristoteliche:

imitazione - favola - purle

gazione

quelle,

insomma,

che

valgono
i

i*egole

ma

perch
ideali.

il

tempo ha riassunto in esse


Segni assiste ammirato
dello

suoi

profondi

problemi

Il

ai fuochi incrociati del


si

Maggi, del

Varchi,

Scaligero,

del

Minturno, e

mette

via via or con

l'uno or con l'altro quasi senza aggiungere nulla di suo. Del Varchi l'idea che
la poesia riceve
la

sua nobilt

non dall'oggetto
la poesia

che

tratta,

ma

dal fine a cui mira,


tutta

perch essendo
apparenze,
in

imi-

tazione e favola, ponsiste


essere propria

in

idoU

e non pu
il

dell'intelletto

n gradita

da

lui

che

vuole

vero:

ma

dall'altra

parte

irrazionale sar

ricevuta

come

in proprio al-

(')

Discorsi Poetici (Firenze 1597).

ToFFANix.

La

fine dklP

tananenmo.

130

CAPITOLO X.

bergo, dico dall' appetito mediante


della fantasia interiore
cetto
(').

il

senso del vedere,

dell'

udire e
il

Propriamente dal Maggi deriva


nella
catarsi

con-

che non
se

si

possa
s'

trovare

un

significato

quae

lunque

non

la

interpreti

come purgazion

delle

passioni

non

del timore e della misericordia.


egli dice -

Io ho sempre

inteso e speri-

mentato -

che

il

fare
si

qualunque cosa pi volte e l'avritorna al simigliante, che


il

vezzarsi a fare causa che poi

il
.
.

fare

insegna a fare e che

si

fa

venir dietro sempre


alla

medesimo
gli

Per

quella opinione [della catarsi interpretata


tutta la dottrina di Aristotele

lettera]

rovinerebbe

morale che sempre dice che

uomini
le

col fare le cose giuste diventano giusti e poi di

nuovo fanno
sempre

me-

desime cose giuste meglio che prima

e cos in tutte le cose.


al
l'

Ma non

sappiamo noi che


dalla natura ?

il

simile condotto

simile

da Dio e

{').

Toglie allo Scaligero

uso della parola favola


:

con significato tutto moralistico e talvolta perfino allegorico


questa via arriva a conciliar quello con
a suo
il

per

Minturno

il

quale aveva

modo

catarticizzato

il

Canzoniere del Petrarca scoprendovi una


egli
[il

fabulosa delectatio .

Che

Petrarca] abbia favola cio ora-

zione mendace e falsa, non credo che alcuno dubiti se non vogliamo

semplicemente
stesso

al tutto

credere le meraviglie
delle sue

che

ei

dice.

Ma

egli

non dice ancora parlando


il

rime e dolendosi
et altrove:

di averle
fa-

smarrite: Ov'

favoleggiar
?
. . .

d'amore?
Quanto
e
si

la mia

vola breve gi compita


gli affetti

al fine

che

era

rimuovere
piacere
i

pare a

me

che dal

Petrarca

ricevono

buoni,

honesto e desio
loro contrari.
,

d'

onore e di virt

questi

cacciano e purgano

Che

gentil core udia proteso e lieto

Qual donna
di

attende a glorioso fine e molti altri luoghi fanno

fede

questo

che

io dico

(').

Come
Il

si

vede

il

Segni era un aristotelico pieno di buona volont.

Viperano, messinese e vescovo, invece, uno di quei disce-

poli cos fedeli al maestro, lo Scaligero nel caso suo, che,

con

il

por-

tarne fino alle

conseguenze

estreme

postulati,

riescono

perfino a
lo

un' apparente originalit.

La quale

in lui, aristotelico

da quanto

Scaligero, consistette nel mettere ancor meglio in chiaro la necessit

(')

Ragionamenti di M. Agnolo Segni gentiluomo Fiorentino sopra


j).

le

cose pertinenti alla Poetica ecc. (Firenze 1581) p. 46.


50-55.

1).

62.

MINORI E LA SORPRESA DEL RICCOROXO

131
vuol salvare
il

di

non badare

in tutto alla lettera del maestro se

si

docere dalle minaccie ^Wirnitari.

Non

sono possibili

mezzi termini secondo


fatta sulla

il

Viperano ;
di

1*

eroe

deve essere un' assoluta idealizzazione

scorta

rigorosi

principi morali a dispetto della realt: deve essere parente di santi.

Quid enim aliud

est poesis

- dice

il

Viperano - quam in

tctis

per-

sonis vivendi rationem docens philosophia?


rendi,

Non

tradit

leges

disse-

non explicationem habet naturae, non

res caelestes et divinas

contemplatur, sed quae vita et mores doceant

narum actionum mutatione demonstrat: atque

unumquemque bumaita auimum contra

omnem casum
exponat
(').

informai ut neque in secundis rebus se attoUat, neque

in adversis demittat,

verum ipsam
si

felicitatem in virtute et honestate

(Per vedere quanta strada


il

sia fatta in pochi

anni,

paragoni

lettore queste tre negative e


si

pagina del Fracastoro dove


del

T av^'e^sativa corrispondente con la tramandano le idee del Sannazzaro e


L
s*

Fontano e

s'

accorger che siamo arrivati agli antipodi-

a-

doperava piuttosto una negativa per quel che


la vita

riguarda

il

destino e

dell'uomo e

ti"e

avversative per

il

resto).

Tutte queste belle cose pareva al Viperano che Virgilio avesse


rappresentate nel suo

Enea e Omero nel suo Ulisse ma pi


;

il

primo

che
si

il

secondo come

facile

immaginare: onde

il

secolare paragone

volse in favore di quello.

Quando

poi la buona
del poeta

fede

del

lettore

non era abbastanza per salvare quella


alla alla

(ricorreva
si

sempre

mente

il

nefando episodio di Enea e Bidone)


si

tornava perfino

medievale simbologia virgiliana e

giustificava

con l'allegoria
conchiudere
pii regis

r ^apparente imitaxione del male


consigliando
il

(").

Cos era lecito

metodo

di Virgilio.

qui exemplo
.

Aeneae

atque magnanimi simulacrum effingit


pria opposizione ad Aristotele
rit coi rigori
:

Questa non era vera e prodella sua auto-

era

una conciliazione

morali del tempo la quale, d' ora innanzi, sar accetaristotelici

tata e

promossa anche dagli

pi arrabbiati tra

cui

cite-

remo quello che segna l'apogeo


pur
egli che,

di questo

movimento intransigente
Il

e che ci dar da fare tra poco: Paolo Beni.

quale

conchiuder

quando

si

tratta della assoluta

idealizzazion dell'eroe

come purissimo esempio

di virt

cristiana,

bisogna attenersi

non

(')
(-)

Jo. Antoni
p.

Viperam: De Poetica

libri tres (1579) p. 6.

73-74.

132

CAPITOLO X.

COS del tutto a sottili e difficili precetti di Aristotele

che non

resti

luogo alla platonica teoria

dell'
il

idea

('),

Ma non
punto
di

pu intendere

valore di questa

restrittiva

interpreil

tazion di Aristotele chi


contatto

non

tien conto che essa rappresenta


tra le regole e
il

vero
il

(o confusione)

pregiudizio^

quale, al solito, fa la parte del

leone.

Tant'
concilio

vero
di

che
Trento

le

regole

erano la porta per cui la reazione del


nella letteratura
cui, dal
!

entrava

Ecco

accanto a uno di questi trattatelli letterari in

Yiperano

al Beni, si

insegna

il

modo

di

atteggiare

l'eroe

del

poema

epico, aprite qualcuno di quelli altri strettamente morali


rigogliosi dei primi, fioriti anch' essi sotto
e,
l'

non meno

impulso della

controriforma
dell'illustre

per esempio,

il

secondo volume Dell' azioni morali


si

Signor Conte Luigi Laudi Dove

tratta delle virt


inla

intellettuali e delti

buoni

affetti delti

telligenxa Aristotelica, e delle

animi imani secondo la medesime cose trattasi secoido

dottrina cristiana (questa seconda parte del titolo stampata in caratteri di

due
il

terzi pi piccolo).

Anche
uomini
(e

conte Laudi vuol dare per edificazione e modello degli

perch no dei poeti?) una definizion dell'eroe e crede di

trovarla in Aristotele: quello consacrato dalla Chiesa. Eccola: l'e-

roe colui che abbraccia e tiene in s tutte le


tellettuali
(*)
;

virt

morali e indesi

onde

si

vede che

l'

eroe pi conforme a questa

finizione sarebbe Cristo. 11 contrario di essa

pare al Laudi
bestialit

che

possa esprimere tenendo


detta dai latini ferit.
tica lico

d' occhio la

matta
la

di

Dante
Poe-

Qual meraviglia che

lettera

della

dovendo accordarsi e fondersi a

cos rigoroso corpus

aristote-

dovesse finire col subire essa stessa

qualche

leggera

deforma11

zione dacch dello spirito originario non c'era pi quasi nulla?

Viperano non
erano
i

si

accorgeva che quelli che


i

si

irrigidivano sempre pi

tempi; e sosteneva, invece, che

suoi predecessori avevano

teorizzato troppo blandamente.


logico,

Dai

lor postulati egli, nel

suo rigor

deduceva poi un

altro pensiero che, nella Poetica,


il

non ebbe
ci

seguito alcuno (avvenne perfettamente

contrario)

ma
il

che

per-

mette di fantasticare che cosa avrebbe potuto essere

seicento se la
hi

malia del classicismo non avesse vinto. Se dunque - diceva egli -

(')

Paolo Beni: Comparaxionc di

Hoiitero,

Virgilio
ecc.

et

Torquato.

FA a

ehi di loro si debba la


(=)

palma
II,

nell'eroico
1.

poema

(Padova 1007).

Piacenza 1575, Voi.

Ul,

p.

75.

MINORI E LA SORPRESA DEL RICCOBOXO

133
intesa
al

parte pi

importante
s'

dell'opera

poetica la fabula,

modo che

visto, parrebbe che la

buona
pi

architettura di essa dodella

vesse contare pi d' ogni cosa e anche


perfino che quei versi d' Orazio
:

forma.

Gli

pare

Suraite materiam vestris qui scrujitis ae^iuara


viribus et versate diu, quid ferie re<3usent,

quid valeant humeri. Cui lecta potenter erit res

uec facundia deseret hunc, nec lucidas ordo

vadano

interpretati davvero
(').

come un

consiglio a badar pi al

conte-

nuto che alla forma


tutto
il

Difatti, fuori, nella poesia, stava

accadendo

contrario:

si

badava soltanto

alla forma.

E meno
insomma,
tonica
il

male che

s'

arrivasse a catarticizzare la lirica, perch,


poetici

patriarca dei
alle

amanti, Ser

Francesco

Petrarca,
pla-

aveva pur frammista


:

sue lacrime

umane qualche lacrima


Che
e
si

ma

chi avrebbe detto che perfino nelle bandite del Boccaccio


il

avrebbe osato por legge

severo- spirito dei tempi?


della

sarebbe
della

osato catarticizzare la novella, sorella

cronaca

prole

giocondit?

(E

con

essa,

naturalmente, la commedia,

di cui, per

amor d'evidenza, parleremo pi oltre). Eppure questo avveniva per d' un letterato senese, Scipione Bargagli, adorator del Boccaccio e smanioso di imitarlo, il quale, non avendo sottomano una propizia peste come quella che era stata pretesto e
esempio nei trattenimenti
incentivo alle scapigliate fantasie del suo maestro remoto,

pens

di

adibire allo stesso uso V assedio di Siena fatto dagli imperiali alleati
coi fiorentini nel 1554.

Umana

cosa aver compassione degli

afflitti

aveva detto

il

Boccaccio: ma, da un cos astruso vero, egli non aveva saputo

de-

durre se non

l'

opportunit di tenersi lontano da quelli. Per

il

Bardilet-

gagli, invece, la

paurosa descrizione messa sullo sfondo delle


il

tose novelle

ha
l'

suo scopo ed che veggendo nei molti e umani


riso,

accidenti che

estremo del
il

com'

altri

disse, assaglia

il

pianto,
egli '[il

ed allo incontro, che


lettore]

fine del dolore

occupa

l'allegi'ezza

sappia perci discernere sifatte


,

umane

condizioni

e,

secondo

quelle,

impari

la sicura via del reggersi in


Il

ciascheduna maniera di

questa varia nostra vita .

qual pensiero non che una delle pi

()

p.

64-65.

134

CAPITOLO X.

comuni

interpretazioni della catarsi.


lo fosse poi al

Xon

per che

il

Bargagli, per
facile l'ari-

quanto accademico,

punto da creder tanto

stotelizzazioue del Boccaccio:

ma

lo era
la

abbastanza per sentirsi in


:

dovere di far pagare anche a lui

dogana

lasciandolo passare
-

di
-

poi con la garbata teoria della catarsi smontabile. Se poi

egli dice

questo affare dello sfondo morale vi dispiace, voi potete anche


lasciare quella

tras'

mia

fosca descrizion

della

guerra, privandovi,

in-

tende, dei benefici frutti che ho detti

non mi essendo apparso cosa


le

nuova

le

mani

dei gentili spiriti e discreti sapere in sulle spine an-

cora, senza

veruna lor puntura, spiccare


il

vaghe e soavi rose

(^).

E non
tullo

solo

Boccaccio e

il

Petrarca e Virgilio;
il

ma

Orazio

e Ca-

venivano via via moralizzati e

concetto di eroe

come

spec-

chio di vera vita, nel significato pietista, trionfava.

leva che

poeti attuali lo presentassero a quel

Non solo si vomodo, ma che anche


Augustum laudare

gli antichi

l'avessero pensata cos.


utilitatem nobis poeta
attulisset si

Quam

eique solum gratum facere in animo fuisset?

Quare dicendum est Poetam sub Aeneae persona nobis ante oculos, hominem pium, iustum, fortem ac omnibus virtutibus praeditum posuisse, ut et nos similes esse studeamus (^), insegnava per esempio il modenese Orazio Guicciardi non indegno corregionale del conte Laudi. E che dire di Omero qui sub Ulissis persona viri sapientis exemplar nobis
ostendit ? .
le

Meno male che

il

Guicciardi ha la finezza di chiamare


.

sue considerazioni ingegnose

Ma

la

sua

ingegnosit
si

non

affatto

una eccezione.

Si arriv al punto che

non
che

ammisero nei
sono
si

personaggi neppure quegli errori


sabili a costituire
i

ed

omissioni

indispen-

contrasti drammatici dell' azione. Ci

potrebbe

illustrare

subito

con citazioni
ci

numerosissime, se non fosse che a

questo argomento medesimo

richiameranno via via


i

le

polemiche
di

sul Tasso, sul Guarino, su Dante, e che

rappresentanti
citazione.

quelle

non meritano davvero l'onore

di

una duplice

Ci basti dire che, di fronte a questa turba, gli

oppositori

son

pochi e fievoli e a nessuno, udendoli,

verrebbe in mente di pensare

che

essi

rappresentino

il

partito della vittoria.


il

Dopo

il

Giraldi, teo-

rico ad ogni

modo

incoerente,

slo Castelvetro suscit intorno a

(')
(-')

SciPioNK Bargagli:

I trattenimenti

(ed.

Carabba)

p.

12-13.
et

Ingegnose

et utili

eonsideraxioni sopra Virgilio,

Catullo

Horatio

(Mantova 1593).

MINORI E LA SORPRESA DEI. RICCOBOXO

135

un

certo clamore
il

ma

rimase sempre uno sbandato.


accanto al quale
si
i

ci fu,

ma
i

pi tardi assai,
quasi sempre

Patrizio,

possono
cui

mettere

antiteorici difensori dell'Ariosto,

saggi

migliori

sono anch' essi tardivi.


Quelle altre idee invece, oltre l'ascendente
della maggioranza,
della

parrebbe che dovessero avere avuto per


costituita.

l'appoggio

forza

Dico insomma che queste pedagogherie non solo condu-

cevano a catarticizzare Orazio e Catullo,


e Platone
il

ma

a trovare in Aristotele
inquisizione
lette:

suggello dottrinario al metodo della

raria. Cotali principi

trovavano voce sulle pi


di

illustri cattedre italiche

Padova per bocca

Giason De-Nores, a Pisa per bocca di Jacopo


si

Mazzoni: gente vacua, se

vuole,

ma

di cultura farraginosa e

cla-

morosa. Quest' ultimo, per esempio, aveva ricevuto facolt di leggere

anche Platone, tanto era persona

fidata.

Difatti

vogliate

udire

che

razza di cose sapeva egli far dire non solo ad Aristotele


a Platone, in un suo compendioso corso preparatorio
dell'

ma

anche

alla

dottrina
constituit
et

uno e

dell' altro

Pari ratione et Plato haec

eadem

in septimo de legibus.

Nemo

poeta praeter civitatis leges

justa,

rei honesta, rei boia, fingere

composuerii ulli
re judices

quidquam audeat. privatorum ostendere antequam


et

Nec

liceat

quae
cita-

constitnti hac de
.

legumqiie custodes viderint

approbaverint

[La

Quae verba videntur etiam sanctae inquisitionis officium redolere. Et post in eodem dialogo hoc addit: Insaniremus enim et tws omnino et civitas omnis si antequam magistratus viderint quae composuistis et dicenda ad populum
zione stesa in corsivo dal Mazzoni].
iudicaverint, admitteremus
(').

Questa sapienza per scendeva


Varchi.

in linea

diretta

da quella

del

Senon(5h se noi, sempre astraendoei dalle voci della vita, segui-

imo a

far entrare via via nella nostra ermetica stanza solo le

ma-

lifestazioni del pensiero critico, a certo

punto

ci capita di assistere

un

voltafaccia che

un vero

colpo di scena.
dell' aristotelesimo,

Nel 1584, da uno dei pulpiti pi femosi

lo

(^)

Jacobi Maxonii eaesenatis in almo Oiinnasio Pisano Arstotelem or-

inarie,

Aristotelis

Platonem vero extra ordinem profttentem. /n universam Platonis philosophiam praehcdia sire de comparatione Platonis et Ari-

telis^ (1597) p. 222.

136

CAPITOLO X.

studio di Padova, per opera di uno dei suoi rappresentanti di razza^


il

rodigino Kiccoboni, ci capita tra

mano un nuovo commento


tutti

alla

Poetica - opus di prim' ordine - in cui


trattati

quei predecessori son

da visionari e

l'

unico degno

d' essere

qua e

l rabberciato,

se

non

seguito, appare - vedete stranezza - quel

grande eretico del


ostentazione.

Castelvetro, edonista della poesia

per

tendenza e per

Sicch

il

Riccoboni propone senz' altro una nuova radicale interpre-

tazione della Poetica destinata a

mandare
che

in rovina lo

sforzo

tren?

tenne dei suoi predecessori.


risposta
si

Ma
:

cos' era

dunque avvenuto
le voci della vita

avr lampante e chiara ascoltando

La come

faremo nel prossimo capitolo


del Riccoboni avviene

per ora basti dire che la pubblicazione


il

un anno dopo

trionfo
il

del

Pastor

fido .

possiamo anche dir subito che essa segna

riaversi del pensiero


il

critico

da una lunga astrazione nella quale aveva perduto


solo

senso
di

della realt cui lo poteva richiamar

un clamoroso
il

trionfo

poeta.

Come
essa oggi

fu disgraziato Aristotele

osserva

Riccobono

(').

Questo

dittatore eterno della scienza poetica, cui


si

dobbiamo

tutto ci che di

sa,

ha avuto,

fin qui, interpreti cos infelici

che

io, tar-

divo commentatore, mi trovo a scavare Aristotelis sensum ex densissimis tenebris ,

come

fossi il

suo primo interprete e non riesco


e
solitario

a trovar qualche aiuto se non in un suo ormai vecchio

commentatore,

il

Castelvetro,

il

quale almeno

si
il

sforz di capire.

Di questo passo
suoi tempi con

egli viene a conciliare

rigido moralismo dei


fa la

V edonismo

di quel reprobo e

ne

sua novit. Delle


predecessori
(il

([uattro spiegazioni della poesia proposte fin qui dai

prodesse et delectare dello Zabarella - cio, in sostanza, del Robertelli


il

divenuto poi a Padova su^ maestro,


del

.- il

delectare del Robertelli


;

prodesse

Maggi jX-^el Varchi,


si

del Piccolonihii

il

f decere

fabulam dello Scaligero) nessuna


ex Aristotele ipso colligimus
!

regge. Quictwii ins

primi

Questo quinctum una cosa molto


le

naturale eh' egli fa scaturire mettendo a confronto


'

idee degli uti-

litaristi

e quelle de^li edonisti della poesia

mostrandone T incon
sua,

ciliabilit:

ed

il

secentismo.

La

parola,

naturalmente, non
il

ma

noi possiamo adoperarla con sicurezza di coglierne

pensiero a

(')

Poetica Aristotelis ab Antonio

Rieoobono latine conversa:


ecc. (Patavii

ejusdem

Riccoboni paraphrasis in Poeticam Aristotelh

1587) Prelazione.

MESORI E LA SORPRESA DEL RICCOBONO

137

puntino. Escludere
se

l'utile dai fini

deUa poesia non

si

pu perch,

non

si

mettesse al poeta quel freno, egli divagherebbe con facilit

restrema in quelle zone infette della natura e dello spirito che sono
jstate

tante volte illustrate.

Qui non
logici

si

pu dar

torto ai ragionamenti

del

Maggi
Ma,

e dei suoi successori.

d' altra parte,

siamo

proprio cosa possibile conci-

liare

r utile
le

col diletto ?

Prodesse et delectare ita repugnare Inter

se videntur ut

unum
il

eicere alterum existimetur .

voler poi chia-

mare

cose con

lor

nome, bisogna dire che


il

l'

imitazione non pu
quello

riferirsi

che al diletto e che

voler associare questo con

pretesa troppo superba.


pii

pu aggiungere anche un'osservazione


il

maliziosa

che V esempio di Platone,

quale pretese

d' essere

poeta in
-

filosofia,

non dissuader alcuno

dal riconoscere vero quanto

dBtto. Idcirco nonnullis Plato

parum

probatur, qui sub

dele-

ctationis involucris atque integumentis abdidit

philosophiam

Nel-

r aver avuto

il

coraggio ormai facile di mettere in chiaro una menla

zogna convenzionale, tutta


venuto fuori che
il

rivoluzione

del

Riccoboni

e n'
gli

pensiero critico, fin qui, ha camminato con


:

occhi attratti da una chimera

il

rinnovellamento della sintesi

d' arte

e di pensiero, gloria del raedievo.


esso

Ma, per inseguire quella chimera,


a

non

s'

accorto che, invece di giungere

dominare

il

regno

della\spirito, sottoponeva questo a insopportabile

amputazione. Che cosa

aveva concluso

il

Varchi

^he

il

prodesse spetta alla filosofia e

che, alla letteratura, in

quanto derivazione

da

quella,

esso

dovr

spettare per

accidens 3k\

il

Riccobonoj

quis
et
il

autem negaverit
doversi tenere

prodesse docendo esse

proprium^Mosophi
dedotto

hoc modo per accidens


poeta

poetae?.

Ma

il^V^rchi ne aveva

retto a quell'

accidens, lo Scaligero dover quello docere


Piccolomini
si

la realt,

non imitarla;
di Dio.
Il
^'

il

era

tenuto

alle

riserve

del

timor

Riccoboni fa una scoperta che veramente

1"

uovo
si

di

Co-

lombo. Dalla stessa testimonianza di costoro - egli dice -

deduce

che fra delectare e prodesse aperto contrasto che, con quel


ripiego dell' accidens > si rischia di essere assai pi filosofici che dilettevoli: che, in fine.:_la_v'era_poesia

ha bisogno di
accordo

sfp^zinre

libp ra e

>ivriferisce_soltanto al diletto'T)

E, allora,
rre
all'utile

come
e

si

mettono
di

d'

il

dovere di non contradiletto?

quello

badar soltanto
gli

al

Sembra un

indovinello.

Del quale, per,

ormai facile trovare la soluzione

138

CAPITOLO X.

solo che apra gli occhi, sebbene


Il

un

altro

prima

di lui l'avesse

gi

^intravista in teoria,

il

Minturno.V
dev' essere
il

Fine della poesia

una

fabulosa

delectatio

ma

togliete alla parola favola


rico,

significato esopiano, didattico-allegoil

datole dallo Scaligero, restituitele


s

suo valor vero di leggiadra che


cosa
volesse
nella
dire
tra-

invenzione. Adesso
Aristotele

s'intende

finalmente

quando dava tanto peso

alla favola!

Non

solo

gedia e nell'epopea,
niter singularium

ma

dappertutto essa regina.

Finis eommuenim
affirmavit

poesium sine duhio


non
si

est fabula: id

Aristoteles de tragoedia ubi fabulam caeteris


litatis

omnibus partibus quauomini, di carattere


et vo-

antetulit.

badi alla psicologia: basta che, naturalsi

mente, l'azione

sia,

per quanto

riferisce agli

morale. Actio ex virtute, consequentem habet iucunditatem


luptatem,

idemque

fit,

ac

si

dicatur

fabulosa
(^).

delectatio;

profedo
dice

aliiim finem quaerere noi debemiis


Differt
il

enim fabula a imitatione ut

species a genere

(^)

Riccoboni

cio la sua favola proprip quella autentica che, della

vita,

rappresenta solo aspetti

chimerici; /e poesia

non come
cose

sintesi
;

di umanit,

ma come
si

oblioL di essa e distacco

dalle

reali

la

quale va a scegliere proprio quegli argomenti


lontano

da
regno

cui

sar

portata

dove

pu incontrare davvero
fabula

il

dell' indifferente

morale;
Q-oei?.

l'autentica

senza
il

mores sieno

essi

tj^

o Sta-

Io son d' accordo - insiste

Riccoboni - che la poesia deve

accomodarsi ad

bonum commuue
:

e a quello dello Stato, se

non
di-

W ne vuol

essere bandita

^a

non posso ammettere che ne debba


fosse

/l

ventare

strumento

come

se questa qualit del giovare le

in-

I nataTl Illud
tuit,

dicitur alieni rei

naturale,

quod eius naturam

constiparti-

aut certe ipsius proprium est;

ut

homo

naturaliter

est

ceps rationis et aptus natusque ad rideudum.


constituere
illis

At

utilitas

Poeticae

aberat poetis quos expellebat Plato, non quod boni

naturam minime videtur quae ab ea abesse potest ut ab poetae non

essent [possimi

enim

esse boni pnelae, etiamsi

non prosint) sed quia


et illi
(').

nervos virtutis eliderent, bonis moribus nocerent,


publicae statui,

optimo

rei-

quem

ipse exquirebat adversarentur

Che quanto

[dire 4
idi

il poeta non ha punto il dovere di giovare: ha soltanto quello non disturbare e di non toccare argomenti scottanti.

(')

p.

1-4.

CO

p. 6.

MINORI E LA SORPRESA DEL RICCOBONO

139
Orazio passata

di

Onde si ritorna all'antico, moda da circa trent' anni


:

alla vecchia lezione d'

aut prodesse volunt aut delectare poetae

si

lascia

da parte queli' altra

et prodesse volunt et delectare poetae.

Oh

- dice

il

Riccoboni - finch la favola T elemento princi-

pale della poesia


scribat

si

ha un bel tentare di ridurre V imitare a docere


velit Scaliger .

quidquid

Il

pi bel vantaggio ricavato dal Riccoboni con


d'aver nettamente
divisi
i

la

sua innovadiletto

zione

si

due

campi:

della

poes ia e V interess edello^ Stato,

umanista
poeti

sta a_

il q uale ultimo al nostro ortodosso cuore non meno che i yfti rinnpcr nti predecessori. I

hanno per

fine la febulosa deiectatio e solo iu particolarisessi

sime contingenze

debbono cercare

di

uniformarsi
si aliter

ai

fini

della

Politica jubenti ut prosint. et minitanti,

faciant. se eos ex-

pulsuram

Che

quanto dire: la

suprema vigilanza su
alla
:

tutte le

ma-

nifestazioni del pensiero spetta

sempre

politica e

non

detto

che essa debba perdere

d'

occhio la poesia

non

detto neppure che

r Inquisizione non abbia


mensi poteri
che con
il

la

sua buona ragion

d' essere.

Ma

si tratta

di tenere in fi-eno e nulla pi.

se la Politica, investita degli im-

conferitigli dai tempi, fa la

voce grossa con

tutti e

an-

poeta, essa,

con

lui,

somiglia a quel burbero padre


si

che,

a pai'ole, pretende dal figlio grandi aiuti ma, in effetto,


di vederlo crescere senza
il

accontenta

tarlo del pensiero e senza

debiti.

Essa
(Pro-

dice in sostanza ai poeti: Yoi


e ai miei fini ed io
fecto

non date nocumento

alle

mie trame

non turber

la vostra fabulosa deiectatio.

alium finem quaerere non debetis).


:

"uedeie ironia della storia


se la poesia si

son pi di trent' anni che

si

discute
a

debba ridurre a Politica, a Retorica, a Morale,

Re-

ligione; ed ecco,

un

bel giorno,

un

critico
''

qualunque apre
di

gli occhi
a

si

accorge che_iL-Segreto_clelhi

p'jesia

uon impicciarsi con


con
la

Retorica, con la Politica^

con

la

Morale

Religione!

La

poesia destinata a

non essere che

favola, a diventare fantasia pui-a

e musica

'.3^

Del
Retorica ?

resto, osserva

il

Riccoboni, non avviene cos anche per la

Pu

darsi che essa sia assunta dalla Politica, ut civitati

140
persuadendo prosit

CAPITOLO X.

ma, in

effetto,

che altro essa se non la dolce


finalit

arte di persuadere, estranea

ad ogni

morale?
il

Se dopo
boni
ai

ci ci

fermassimo ad illustrare

commento

del Ricco-

vari paragrafi della Poetica

mostreremmo
tutti

di prendere sul serio

le regole

pi di lui e degli aristotelici


all'altro capitolo e

di questo periodo. Pasfilosofo

siamo invece
aristotelico
il

vedremo perch anche un

come Antonio Riccoboni poteva permettersi ormai

di fare

rivoluzionario senza originalit e senza pericolo.

CAPITOLO XI.

Le polemiche
Sommario.

sul Pastor Fido.

1. Forma
:

d' arte fiorita fra la

queste teorie in
-

apparente

stridente
d' arte ini-

contrasto con esse

tragicommedia
al

Fortuna di questo genere

ziato dallo Speroni - Origine del


rico delle polemiche

nuovo nome.

2. Massimo valore

stoillu-

intomo

Pastor Fido ^I ra ppresentanti del gi

strato
-

Figura di costui

moralismo letterario insorgono per mano del signor Giason De Xeres - Sue pose di continuatore dello Speroni e sua purgazion

dalle lodi gi tributate alla

Canace

Interpretazione ultra-varchiana della

Poetica come strumento della Politica in genere e della Bepubblica di Venezia in ispecie
-

La commedia considerata
-

in questo

modo medesimo.
-

3. Applicazione
condanna
stotele
di

di tali principi al

Pastor Fido e conseguente rigorosa


I cittadini si
effetti -

esso

Risposta del Yerrato ossia del Guarini


L' arte e la morale sono due

ridono della poesia e dei suoi buoni


:

Assurde attribuzioni ad
Replica del

Ari:

assurdit della tesi


s'

bisogna cercare che non

incontrino.

4.

mondi distinti De Nores e conConchiude

tro-replica del Guarini che cerca di parlare anch'egli

da

filosofo -

che

la poesia

non pu essere che vano giuoco


:

Il

poeta eviti la morale e

r anima umana
poesia nel

la

tragicommedia genere eccellente perch tra.sporta la

mondo

delle vanit e dei sogni.

posto

il

punto di partenza quello stesso del


al pensiero il

come minor male ed estraneo


largarsi della polemica
-

5. Il punto d'arrivo opDe Nores - L' incontinenza Eguale ipocrisia. 6. L'al-

Morto
-

dino
- Il

Summo

Sua

figura

De Nores prende il posto Anche questo si purga dalle lodi


-

di lui alla
il

Bernar-

Canace
contrasto

vero dietro-scena del secentismo

Summo

cerca di portare

r estrema destra moralista e gli edonisti guariniani davanti al tribunale dell'Inquisizione- Questo prende le parti dei secondi; il secentismo
fra

trionfa.

La vera sorpresa non

nella povera opera del Riccoboni

nello

spettacolo che ci si presenta levando gli occhi dai

volumi severi della

142
teoria e

CAPITOLO XI.

guardando

la vita

dove

l'

arte trionfa

in atto

col

Pastor

Fido

del Guarini (1583).


d' arte fiorita tra questi filosofici rovi

La nuova forma
liamo della

(non parnecessit

Gerusalemme
non

forma

antica, attesa

come una

dal Trissino in poi)


scalica
tati

ne un qualunque genere

di poesia dida-

n una confusione d'elementi


fosse

intellettuali e filosofici
:

cemenantifilo-

dalla rima,, dalla favola, dal dialogo


si

quanto di pi

sofco e antididascalico

veduto

fin

qui

la

tragicommedia.

Nuova ? Oh no
traverso r
-^

Essa discende in linea diretta dalla

Canace

at-

Aminta

ed ha, come fu dimostrato, la sua brava


peripezia

ori-

I gine aristotelica nella


i

scoperta ^allo; Sperwi>In realt,


s'

poeti, dico quelli che, ^grandi o piccoli,

esprimono per natura in

poesia,

non

filosofi

che vogliono

pur

esser poeti, s'erano

sempre
l'il-

attenuti alla facile tradizione giraldiana e speroniana che

dava

lusione di continuare la poesia del

rinascimento.

E,

prendendo
con

lo

mosse dalla vecchia ingenua conciliazion

di Aristotele

la fantasia

proposta dallo Speroni, preparavano una soluzione del problema del

tempo
;

che, in apparenza,
filosofi,

conduceva
ma, in

agli antipodi di quella sostenuta

dai teologi e dai

realt,

coglieva pi esattamente nel


l'arte.

segno
che,

ed era la quintessenza dell'arte per


gli

Basti dir subito

mentre

astratti rigoristi della teoria si


i

ostinavano a strillare
i

contro di quella,

pi intransigenti uomini di chiesa,

quali dove-

vano giudicarne
si

il

valor pratico nel mondo, la trovavano buona e la


Si che in
Tjdirj

favorivano come l'arte dell'avvenire.

essa, finalmente,
le S'.a-

riusciva a trattare la fabula senza gli

ed anche senza

{>aet(;,
/

sfiorar

la

vita

senza

toccarla
l'

senza

compromettersi.

f
I

Cos la tragicommedia rimase


giardino della controriforma.

come

albero

della poesia nel casto

J
<

J
e

Come
dell'

poi

il

conflitto tra teorici e poeti tardasse a scoppiare tino

ai giorni del

Pastor Fido

non divampasse gi prima

al trionfar

Aminta che con buone

cosa pi facile a spiegare con argomenti illusori


il

ragioni: del resto la storia fa sempre

comodo

suo.

E
di

forse essa vide gi troppo gravate lo bilancie del Tasso dai dolori

della

Gerusalemme

per lasciar cadere anche quest' altro


vita.

fardello

pene sul primo unico schietto trionfo della sua

La tragicommedia
\L
^

del Guarini

adunque deriva
, al

dalla

Canace
al

attraverso

il

chiaro tramite dell'

Aminta

di

qua e

di l

della quale si trova tutto


s'

un

seguito di scolorite opere minori.^ Come


quello di

arrivasse poi a questo

nome da

favola

pastorale

(il

LE POLEMI

....

....

PASTOR FTOO

>

143
graziosi anedla

quale del resto non scomparve mai) uno


doti del convenzionale culto delle

dei tanti

regole
Il

dell'antichit
della

quale
era
e
il

ha l'aria di essere presa


troppo debole per passare

in

giro.

pretesto

peripezia

nome
alla
si

di

favola pastorale

comu non

bastevole

orpello

aristotelico

era

suggello

abbastanza

classico.

Allora ci fu tutta una storia di ricerche in Aristotele per appiccicare

nuova forma

di poesia

un

polizzino pi

sicuro

rispettabile

prov a farla passare per ditirambica,


fece avanti Plauto
il

ma

fu invano.] Sul pi bello

si

quale non valeva certo

Aristotele
^

ma, per
defini-

antico, era antico e

aveva lasciato con F

Anfitrione

una

zione di esso che pareva adattarsi alla

meno peggio anche

a questo

nuovo genere

faciam ut co mmixta

sit

tragicomoedia
\

nam me

perpet uo facere,

^*

fi<;

CTU^f^'**!

"reges quo vehiant et Dii non par arbitror.

il

nome

rimase.

Quando

usc

dunque

il

Pastor Fido

che, di tutto quel


politici

co-

lossale attiraglio di
<sersi accorto

argomenti morali sociali e


si
il

pareva

non
ari-

neppure e
che

distingueva soltanto

per

una

'^procace

iascivial era naturale

gran partito della


all'attacco.

critica

veramente

stotelica si risentisse e

movesse

A
(^olpi.

chi poi esca a giudicar la contesa dall'ermetica stanza della

teoria parrebbe che quel partito dovesse aver battaglia vinta ai primi

Ma

le

cose andarono molto diversamente e la contesa serv a

mettere in tavola le carte del secentismo meglio che parecchi volumi


<r

indagini critiche e storiche.

sostenere

il

duello

si

present primo uno dei


il

pi

magnilo:

iuenti campioni
(juale fu, inoltre,

dell"

estrema destra,

signor Giason

De Xores
V

il

uno dei pi vacui

seccatori che

mai sieno

riusciti

a imbarcare
v^

il

loro

nome

sulla navicella della

storia.

Padovano
:

di famiglia, egli era stato discepolo e fedel pappagallo

/dello Speroni

sospetto anzi che sia proprio lui quel Zaco


storia.

d'un certo
il

[dialogo speroniano sulla

Perch bisogna sapere che


si

nostro
poi, fe-

^nasone,
ele al

oltre e

prima che De Nores,

chiamava Zaco
<

ma

gusto del fasto verbale professato nelF

Accademia
col

degli Insa-

fiammati

egli
!

aveva lasciato nella penna quel primo nome che


per ragiou
di

peva, ahim

di contado, e,

compenso,

pretesto

144

CAPITOLO

XI.

della nascita, aveva aggianto al gi sonante

De Nores

il

vaghissimo
ri-

appellativo di Ciprius. Poi, morto

il

maestro,

non aveva saputo


spirituale,

nunciare

al

prestigio che

gli

poteva derivare dalla sua celebrata

di-

mestichezza con quello e se n'era investito erede


se la

anche

nuova piega

toto corde,

del movimento non aveva con le idee

aristotelico,

al

quale egli aderiva

originarie del famoso pioniere che

una parentela molto lontana. Anzi proprio questo era il tallone di Achille suo e degli altri Padovani che volevano conciliare il raro
vanto d continuatori dello Speroni con
l'

ossequio alle idee aristote

liche quali si erano venute svolgendo dai tempi della

Canace

in

su, a dispetto della lettera della Poetica. Costoro, giovani ancora,

specialmente

il

Sumrao, avevano partecipato, disimpegnando

la classica

parte del coro, alle lotte pr


in quel

Canace

(cio pr

domo

sua),

che,

tempo lontano, erano parse in


si

difesa di Aristotele,

ma

che,

vedute a questa propizia distanza,

rivelavano per in

difesa della
la

pura arte

dilettosa.

Che
lo

altro era la

Canace

se

non

nonna

del

Pastor Fido?
se

Speroni stesso, in sostanza, che altro era stato

non un edonista
in
e,

dell' aristotelesimo

con quel suo farlo consistere

soltanto

particolari

di

forma

Poi

pur

egli

aveva

fiutato

tempi

in quella sua ricordata lettera del

1566 e in un non mai


e
storico
dell' attivit

rivelato
la

commento, aveva dato segno


:

di conversione volgendosi verso

catarsi

ma,

intanto,

il

periodo

aureo

letteraria speroniana restava cinto di

una fulgida aureola


dell'estrema

liberalesca.

Tant' vero (vedete puntigliosa malignit di quegli sfaccendati


nisti)

umail

che uno
il

dfei

pi

simpatici
l'

avversari

destra,
le

Malatesta,

quale, fra

altro,

doveva conoscere a fondo


introduceva
a

angustie

dei cenacoli patavini, partecipando alle polemiche del tempo in difesa


dell'arte edonista e dell'Ariosto
tesi
('),

sostener

la

sua

indovinate chi?

il

defunto Sperone Speroni.


costoro,
il
il

canacco

naturale

dunque che

De Nores
Il

il

Summo,

sen-

tissero la necessit di riparare

fianco dai ricordi del loro passato

apprestassero

una

giustificazione.
il

De Nores
il

cerc
il

di salvare

capra e

cavoli - dico

suo culto per


- riferendosi

maestro e

suo presente contegno


che forse
il

intransigente

a
in

un argomento
progresso
della
di

maestro stesso era venuto escogitando

tempo

cerc di ridurre la meraviglia pura (in origine)

peri-

(')

Malatesta: Dialogo in difesa

dell'

Ariosto (Verona 1897).

LE POLEMICHE SUL PASTOR FIDO

145
all' 'so?

pezia speroniana a qualche cosa di simUfi, nell' effetto,


'j,3o?
;

-/.al

e la moralizz a questo

modo.

/.Sebbeii

dunque

la peripezia
tal

- disse egli - congiunta con meraviglia, non per una


raviglia senza grande

me-

ammaestramento

della vita civile

7j.

il

Il

ripiego,

del resto, fu assai di

moda
il

fra coloro

che vollero salvare teorie sala e

cre e pratica profana.

Quanto valesse per

Canace

lettore

pu

giudicare da

s.

Difatti
il

Summo,

trovatosi qualche

anno dopo nello

stesso impiccio, sent


cale.

bisogno di ricorrere a un rimedio pi radicred di essersi giustificato abbastanza

Ma,

intanto,

il

De Nores

e di poter continuare la sua parte di intemerato

campione
lui

di

una
ci-

teorica poesia sostanziata di filosofia morale. Chi pi di

poteva

essere adatto a predicarla


vile ?

strumento e longa manus del potere

Pi

di lui che, statolatra,


tutti
i

aveva deposto
i

il

lucido

della

sua

prosa sulle scarpe di

Procuratori e
titoli

Prelati della Serenissima,


il

ricevendone in cambio, coi

e gli uffici civili,

diritto

di di-

vider coi grandi lo sdegno del gregge profano?


dalla Serenissima
serv, in questo

Da

ultimo ricevette
egli
la

una come

cattedra nello studio di

Padova ed
cattedra

negli altri uffici, servitore umilissimo.

Perche
se

altro

mai

gli

poteva aver affidato lo Stato

quella

non
e'

perch egli vi preparasse dei buoni ed obbedienti cittadini ?

Non
al

dubbio -

egli dice
< il

con parole che non sarebbero spiaciute

conte

Laudi
i

poema

eroico stato inventato per lodare ed esaltare

buoni e legittimi principi e per proponerli come

una

certa
il

idea
pro-

agli altri

che vivono in qualche grandezza ragion per cui


e

tagonista della favola deve essere di

suprema bont

>

{^).

In questo punto delle sue regole Aristotele aveva avuto l'occhio


ai nobili

:{^eva avuto

l'

occhio, invece, agli altri cittadini e alla vii

plebe con la questione della


quella

catafgLJ Quivi

egli
lo

mirava
di

liberar

dalla piet e dalla misericofHia


(')

con

scopo

farne

dei

buoni soldati

pronti ad

ammazzare

e a farsi

ammazzare (ad maioparticolarissimo

rem gloriam
la

reipublicae. Si era accorto poi, che, in certe leggi sulla

tragedia, Aristotele aveva tenuta presente in

modo

Repubblica di Venezia, dove

sta

bene

che c'era

un'oligarchia
il

abbastanza gelosa dei propri

diritti,

ma

guai a chi tentasse

giuoco

(*)

Discorso di Giason

crescimenti che la Commedia, la Tragedia


filosofia

De Nores intorno a quei principi, cau^e ed ace il Poema Heroico ricevono dalla
p.

morale (Padova 15S7)


p. 8.
(3)

19

bis.

p. 14.

ToPFAMN.

La

fine dell'umanesimo.

tt

146
di

CAPITOLO IX.

Marin

Faliero. Egli insegn infatti

la

tragedia la rappresen-

tazione della vita pubblica e dei cattivi principi

per

il

pi dentro
animi degli
belle
di

j
1/
I
''

la citt per purgare

il

terrore e la misericordia

negli

ascoltanti e per ispaventarli della tirannide;


simili cose insegnava pr~ui'Tarpbesia.
]\Ia7
si

Queste ed altre

siccome

il

pregio

questa la meraviglia, e la meraviglia


fortuna o peripezia,
egli,

fonda sulla tramutazion di


disinvoltura,

con invidiabile

riportava
che,

al

maestro codesta bella messe di conseguenze ed insegnava

con

essa meraviglia, la poesia indirizzata alla disciplina dei cittadini .n/

Con

tal

animo, persuaso che la poetica una parte

della retorica,

egli faceva

una eloquente introduzione a quella

di Aristotele col fine


felice

di insegnare quella filosofia

umana
Ma, in

che sufficiente a rendere


fine,

una gente e una


tiranni, .non
si

citt

(').

considerando che la poesia,

fra gli altri vantaggi, ha,

come ognun

sa,

pur quello

di

svelare

peritava di stendere di suo pugno una vera e propria

Poetica
neta.

aristotelica

che fu tutta una stamburata alla repubblica veil

In omaggio alla quale egli traduceva via via

testo

permet-

tendosi di queste

ingenue varianti

Sar

dunque

la poesia imita-

zione di qualche azione

umana

meravigliosa, compita e convenevolecc. ecc.

mente grande, o rappresentando o narrando


V
I

per introdurre

virt negli animi degli spettatori, degli uditori, a beneficio


'

di

una ben ordinata Repubblica^,

(^)

oppure

comune La tragedia imispettatori


ecc.

tazione

di cosa meravigliosa ecc. per purgare


e

gli

per farli abborrire la vita dei tiranni

pi

potenti .-^

(A proposito non
:

ricordai nel capitolo precedente, accanto a quella

della novella, la sorte catartica della

commedia perch avrei dovuto


e del Mazzoni, veri continuatori
il

premettere queste idee del


e integratori del Varchi.

De Nores
Se

questo punto

lettore

intuisce

gi da
la tra-

come andarono

le cose.
i

la facult civile

voleva che
i

gedia ammaestrasse
del

potenti ricordando loro che, in fondo,

padroni
cristiano

mondo eran

essi

(non altro in sostanza era lo

spirito

(')

libri della Rettorica d' Aristotele.

Introduxione di Giason De Nores ridotta in alcune tavole sovra tre Al valoroso et illustre signor Francesco
et

Bernardo, del chiarissitno signor Andrea Patron


(Milano 1831)
(^)

signor osservandissimo

p.

11.

Poetica di Oiason
rf'

De Nores
p.

nella quale per via di divisione si tratta

secondo V opinione

Aristotele della Tragedia, del

Poema Heroico

della

Commedia (Padova

1588)

5 e seg.

LE POLEMICHE SUL PASTOR FIDO


dei tempi) naturalissimo appariva che la

147
fosse fatta invece
il

commedia

per

poveri diavoli, per ammonirli, intendiamoci, che

lor destino
te-

era d'essere bastonati e di friggere in silenzio senza mettersi in


sta di voler insorgere, per questo, contro
i

potenti o di sconvolgere
i

un mondo

cos sapientemente ordinato. Chi legge

prologhi e le dedi

dicatorie delle

Commedie

dal '60 in sa (lo

schema

esse

restava

poi sempre quello illustrato dal Machiavelli e dal Bibiena) vi trova


atteggiati in diverse forme, pensieri di questo genere. Citer,

per un
Battista

esempio, un passo della dedicatoria con cui


Olgiati presentava nel
blico

il

signor

Gio.

1592 una Commedia del Platonico messo di moda dal Mazzoni Proclo,

Salviati, auspice
fratello

lam-

spirituale del
l'

De Nores -,
difficile
iella

a line di conciliare Platone e Aristotele contro

abusato e

come avr occasione

di ricordare pi oltre a proposito


1'

polemica su Dante. Scriveva per esempio


che in
tutti

Olgiati

<

sempre

>tato universale parere di quelli,

li

tempi

hanno dato

opera alle belle e polite


civile

lettere,

che, volendo dall'


li

un

lato la feicolt

ammaestrare in quei primi anni


trovavano innalzati
al

pi potenti, e quelli tutti


altri

<he

si

signoreggiare

uomini, perch

di

qui non avessero a confidarsi di soverchio nella fortuna

loro, dive-

nendo per conseguenza insopportabili e insolent nel loro governo,


introducesse la tragedia, la quale fosse

come un conveniente concui

trappeso all'arroganza della prospera fortuna loro, da


trarre giovevoli precetti e

potessero

temperamento dell'alterezza
volendo
l'

propria

per

tale stato; e che, dall'altro lato,

istessa facolt civile

imsi

primere nelle meiti de' cittadini di pi bassa fortuna


verso
li

V idMdienxa
wn
nella me-

loro superiori, acci


e

per

desiderio

di cose nuove

movessero a ritrosia

a ribellione,

ma

si contentassero

diocrit della condixione loro,

facesse

sorgere la

commedia, nellu

quale viene dimostrato simile inferiore sort^ di vita assai felice, e


capace ancora di molte consolazioni
(') ).

Chi dunque meglio del


del
^

De Xores
dell'

era adatto ad assalire destra ?

V autore
del
la

Pastor Fido in

nome

estrema

La persona
:

De Xores non avrebbe

meritata cos diffusa illustrazione

ma

me-

ritavano l'episodio e l'opportunit di

godere pi da

vicino questa

(')

//

Teatro classico del secolo


del Salviati p. 2.

XVI

(Milano Treves 1858) Dedica

d'una

ommedia

148
.luminosa polemica.
dei suoi argomenti
Il
il

CAPITOLO XI.

De

N'ores prese
il

dunque

sotto

il

fuoco infilato
fatto
;

Guarini e

Fator Fido

che pareva

apposta per prenderlo in giro!^ Suscit cos

ma

fece

un

fiasco tale

che

al partito del

un vespaio indiavolato De Nores non rest pi


;

neppure
era
altri

la possibilit di farne

aperta la strada. Fece

un

ribelle

un secondo e il secentismo si trov un gran fiasco anche perch il Guarini non ma, anzi, un uomo pio, come si deduce da tutti gli
ed era anche abbastanza
aristotelico.

suoi

scritti,

Soltanto

era

un poeta e insomma intendeva fare poesia./ Leggiamo la risposta che egli diede al De Nores sotto la maschera del Verrato. (Costui era un famoso comico ferrarese che mor appunto in quegli anni compianto da un sonetto del Tasso uomo di poca letteratura e di molta pratica coi poeti, se non di molto gu:

sto,

era

il

pi adatto a incarnare

l'

opposto del

De Nores uomo

di

poco gusto, e di molta letteratura. La difesa del Verrato poi vera


opera del Guarini o di qualche suo amico o dei suoi amici accademici ferraresi ? Molto se ne chiaccher allora e io non so se ne sia

mai venuta
dubitarne.

fuori la

documentazione sicura,

ma mi

par

savio

non
di

tacere che codeste risposte

in terza persona

erano

prammatica
pur

ma

venivano quasi sempre dall'autore (cui prodest


si

fecit),

in questo caso

tratta di prosa

molto elegante, arguta, e assennata,


tempo, e se qualcuno
l'avesse
essere

fra gli inevitabili pregiudizi del

saputo scrivere cos (l'osservazione del Malacreta


di

ma pu

ognuno

di noi),

non

si

sarebbe tenuto

celato.

In secondo luogo,

nella improbabilissima ipotesi che essa

non
l'

sia di

mano

del Guarini,

r ispirazione sua

di sicui'o, perch

indirizzatore doli'

Accademia
difesa, egli

ferrarese, in quel tempo, era lui e perch, dietro quella


si

tacque contento come se l'avesse scritta di suo pugno).

Tu mi

accusi - rispondeva

il

Verrato - di

disamorare

cittala
cit-

dini dai pubblici uffici invece di incitarli a quelli.

Oh

magari
fatti
i

mia poesia avesse tanto potere tadini. Della poesia se ne ridono.


abbia tralasciato di parlare della
si

Ma

vedi

come son
sol

Credi tu sul serio che Aristotele

tragicommedia
fondo

perch essa non

presta a insegnare?

cittadini, in

cose cattive,

ma

di liberare gli

quelle buone ... Se poi dici uomini dalla piet e dal terrore per farne dei buoni

non imparano che le sul serio quando parli

soldati, questa idea, oltre

che

cinica,

Dove mai
proclamato

Aristotele ha detta tutta


la

mi pare alquanto pericolosa. codesta roba ? Dove mai ha egli


alla politica?

sommissione della poesia

(E

gli

ricorda

LE POLEMICHE SUL PASTOR FHX)

149

il

SUO bravo Speroni cos stranamente allungato di corollari).

Ma
non

quali per Dio sono coteste regole e principi morali di cui voi dite
essere capaci alcune parti della Politica? Io per
in tutto
il

me non

so vedere

corpo della morale e particolarmente nella politica dove


il

sarebbe stato

suo luogo che

il

legislatore aristotelico ci

prescriva
si

leggi di poesia.

nella sua
di

n prima ne seconda Repubblica non


(').

vede vestigio alcuno


tici,

tal precetto >

Invece, a voler essere pra-

tra

difetti

che noi pur dobbiamo attribuire ai nostri personaggi,


al principio di Aristotele

anche in ossequio

che non

li

vuol pessimi
fatta

ma neppur

ottimi (e perch,

insomma,

la poesia

non pu essere

di niente), quale pi propizio della beata incontinenza che, in fondo,

non d scandalo a nessuno, essendo assai nota per inevitabile male comune e non frutto di intelletto n pericolosa allo Stato, ed ha, invece, un cos piacevole sapore anche quando la si ritrova nei pur
delittuosi

amori deUe tragedie?


impara nuUa
!

Ma

quanto a imparare dalla tragedia,


dell' eroico ?

non
che

ci

si

che dir

Chi potr prendere

mai buon esempio da quel guerriero che, per V amore di una cattiva
gli fu tolta,

abbandona
(').

la salute

e l'onore della sua nazione


il

e
si

deU' esercito tutto ? >


affatica

(Altro che

principe
felici

legittimo
i

che

per liberar da travaglio e per rendere

suoi compagni
il

e sudditi a differenza del tiranno di cui

aveva favol^giato
e'

De

Xores !).

Per le stesse ragioni che bisogno

di tirare in ballo ogni

tanto quella benedetta catarsi,

come
in
ci

se

non

si

potesse trattare argo-

menti drammatici senza di essa


rit

la quale, se

mai, sar una peculiadata

deUa tragedia
?)

confezionata

quella

certa

maniera

(la

greca

ma non

ci

pu e non

deve

essere
?

dappertutto

altri-

menti

la storia

sarebbe anch' essa tragedia

(*).

/Perch voler suin


>

scitare quegli imbrogliati sentimenti di terrore e ai misericordia

questo nostro genere di poesia dove


e
il

si

rappresentano favole finte

pubblico lo sa benissimo e

ci si

diverte
.
.

zione dalla storia e dalla realt ? Anzi

come a un' amabile distraanzi e' di pi. Appunto

perch la catarsi era


bisogna guardarsene.

una

il

caratteristica della tragedia antica, adesso

E, per venire aU' et nostra, che bisogno abterrore e la commiserazione con le tragiche

biamo poi

di

purgare

V)

Il

Verraio ovvero difesa di quanto ha scritto

M. Oiason De Nores

contro la tragieomnedia e la pastorale, in

un suo

discorso di poesia (Ferrara

1588) p. 5 bis e passim.


(^) p.

12.

(3)

p.

17

bis.

150
viste

CAPITOLO XI.

avendo

precetti santissitni
?

della

nostra

religione

che

ce

li

insegna colle parole evangeliche

/(

spettacoli son soverchi

n pare a

E per me che

quegli orribili e truculenti

oggi si debba introdurre

(').

azione tragica ad altro fine che per averne diletto


:

D' altra parte

\
]

non il caso di dire allora scrivete commedie, perch la commedia venuta in tanta noia e disprezzo che se non si accompagna con la meraviglia degli intramezzi non e' pi alcuno che la possa Onde proprio da questa nostra stanchezza, dal gran desisoffrire
.

derio di far cosa che unicamente


tellettuali

diletti,

libera da quel peso

di in-

angustie che voi avete

messe d'attorno

alla poesia,

nata
tutte

questa forma di tragicommedia la quale

una fusione

di

quelle parti tragiche e comiche che verisimilmente e con decoro pos-

sono stare insieme corrette sotto una sola forma dra?nmatica a fine
di purgar col diletto la wiestixicL} degli ascoltatori

(^).

La

poesia
il

dunque vuol
Presto

essere immaginazione e oblio.

difficile

esagerare

valore di questi due ultimi passi che sono due confessioni storiche.
li

vedremo

ampliati, chiosati, teorizzati

in

tutto

il

sistema
tali

del secentismo
ispirare

ma, in questo luogo, in questa polemica, son


senta la storia.

da

un poeta che

A
il

questa novissima e schiettissima risposta del Guarini replic


delle solite apologie
(')

De Nores con una


d'un passo

in cui

non dava

indie-

tro

dalla presa posizione,


filosofia,

ma, invece, involgendosi negli


aggiungeva molte lodi per
s.

argomenti della sua pretesa


Allora
il

Guarini,i,che, nella

prima

replica,

aveva parlato da Yerrato

autentico, cio col

buon

senso, in questa seconda si mise a logicizdi quello

zare un poco anche

lui e diede la dimostrazion ragionata

a cui era ridotta, in quel tempo, la

poesia
il

scrisse

il

Verrato

secondo.

Ma

poich, nel frattempo,

famoso comico era morto e


il

r insegna del suo nome piaceva

tuttavia,

Guarini

finse

che

un
si

nuovo polemista

(F Attizzato,

accademico ferrarese) replicasse in luogo

del morto. (Anche per la

buona ragione che questo Attizzato non


si

seppe mai chi fosse e non

fece vivo

per
il

alcuna
Guarini).

altra

opera, si

pu affermare che

io scrivente

sempre

(')

p.

29.

() Id.
:

(3) J.

De Nores

Apologia contro V Autore del Verrato (Padova 1590).

m
LE POLEMICHE SUL PASTOR FIDO >

151
l'arte

Voi sostenete dunque - seguitava costui - che


cotesti fini morali. ;

ha

tutti

Ora applichiamo
pu

al nostro proposito la dottrina

vagiamo
La
altro

se la poetica

essere, in
il il

quanto

al fine, alla
felicit.

morale

e politica subalterna. Qual'

fine di

questa? La

di

quella?

favola.

Se dunque

fine della

morale e

civile

filosofia

non

che

la felicit

o pubblica o privata, che bisogno ha

ella

di far felice

l'uomo

di favole ? >\(').
:

Ecco
ia

la parola usata finalmente


1'

nel suo senso proprio


verit vera
si
i

fja

morale
e II

cosa^

arte __iui![altt'a^ la

che, nell' interesse dell' una e dell' altra, occorre te-

ner distinti

due
il

territori,

cavallerizzo senza
l'

l'

opera del mortaio


altre e

non domerebbe
gliori

cavallo,

ma pu ben
(*).

uomo con
fine c'
!)

molte mi-

maniere purgar

gli affetti del terrore

e della misericordia che

er quello della

tragedia^
(l'

Per questo

ben

altro che la

poesia

e'

la

r educazione
poesia

educazione del 600


. .
.

la

quale sa benisriferirla

simo che

un gioco
la

Questa citazione bisogna

per intero :[j

Adunque

repubblica ha le sue l^gi che in ci prov-

veggono e comandano

agli educatori privati e pubblici

che

gli

animi

dei fanciulli avvezzino alla resistenza


col

del dolore e della volutt

non

mezzo

della poetica

ma

di saggi

ammaestramenti e

della continua

cura di

farli

astenere e sostenere nelle cose piacevoli e

spiacevoli
si

onde
loro
:

la vita interna eh' la ragione,

forma dell'uomo,

ecciti

in

in virt della quale tutti gli affetti


si

nonch

il

terrore e la com-

passione agevolmente

purgano...
i

Staremmo

freschi se altro

modo
la

di purgare e di reprimere

moti intemi dell'animo

non avesse

morale
profitto

filosofia

che

la favola tragica nella

quale trov Aristotele quel

non perch

fosse legge

fatta

per la morale n data dalla


delle

morale

ma

perch,
in

come
quanto

favola ed
ella pu,

immagine

umane

operazioni,

rappresentasse

alcune di quelle

viste,

che

gio-

vano

alla

purgazione di

detti affetti

traendo eziandio dalle cose piaavvis di far Palamede col

cevoli qualche frutto in quel

modo che

giuoco degli scacchi. Conciosiacosa che vedendo egli l'ingegno


abbisognare di ricreazione, ed essere
nato,
al diletto

umano
incli-

di sua

natura

immagin

di trovare al soldato

una

sorte d' intenimento s fatto

che dilettasse insieme e giovasse, che fosse quasi

un

ozio

rassomi-

(')

Il

n difesa del
(-)

Ver rato secondo or vero replica dell' Attizzato aeeademieo ferrarese Postar Fido contro V apologia del De Nores p. 63.

w.

152
gliante
il

CAPITOLO XI.

il

negozio e uno scherzo che sembianza avesse del vero perch


di discorrere e an(*).

soldato, eziandio nel giocare, avesse occasione


di

che non combattendo

procedere da soldato

L'arte un gioco: dobbiamo a questa immagine degli scacchi


se

vediamo

fiorir

finalmente nella sua luce definitiva una

particella

aristotelica nella quale

pu bene

acquetarsi perfino

il

Guarini. Il

iPoeta senxa la morale filosofa pu esercitar V arte sua e il suo {poema condurre ad ottimo fine imitando egli le axioni non i co'stumi C). Qui la parola costumi si intende proprio come fu intesa al concilio
bile passionalit.
:

la sostanza

psicologica dell'

uomo
!

nella sua

temi-

Ma se
il

per

costumi

intendete le esteriori apparenze

delle cose

oh quelle

il

poeta pu bene imitare

Non

dunque suo
che

fine di imitare
sia
il

buono

ma

di

bene imitare o buono o cattivo


poetando,
),

costume
l'

Come

se altri,

introducesse

una cerva,
fosse

per usar

esempio di lui [Aristotele]

avente le corna quantunque


se

ci fosse errore in natura

nondimeno
il

quella

cerva
1'

bene
(^).

imitata ancor che fosse cornuta

poeta avrebbe fatto

ufficio

suo

Come pu
litico ?

esser

dunque che

il

fine del poeta giovi a quello del


e' ,

po-

Anzi, se avete ben

letto Aristotele,

tra

l'

l'

uno

1'

altro,

un vero
si

e proprio contrasto. Egli insegna che


all'

abito attivo coni

tradditorio

abito fattivo, in sifatta maniera che

loro principi

non

possono confondere senza confusione delle dottrine e senza trascendall'

dere

un genere
il

all'

altro

che la morte del metodo. Se dunque


la

la favola

soggetto

come pu

poetica

dalla

morale

filosofia

riceverlo se quella nell' imitare, e


finte,

questa nell' operare,

quella

nelle

questa nelle vere, quella nelle cattive o almeno imperfette, que-

sta nelle
Il

buone

e attive operazioni fornisce

l'

ufficio

suo

(*)

Guarini non era certo mente

dialettica.

quindi

naturale
sofi-

che, messosi sul terreno del

De

Nores, egli gareggi con lui in

sticheria. Si badi solo alla conclusione

che finisce

con

l'escludere
perfino
:

ogni pur lontanissima subordinazione dell'arte alla

morale:

per quel sottilissimo rapporto che corre tra V aritmetica e la musica

l^onciossiach anche

la

musica

in

altro

modo

considera
e

il

suo nu-

mero che non


sonoro
:

fa l'aritmetica,

questa come astratto

quella

come
mo-

e pure sono legati

da vincolo subalterno ri

Ma

tra la

rale e la poesia

non ha luogo neppure questo rapporto

perciocch

() p.

63-64.

(2) p.

65.

C)

p.

66.

{')

p.

68-69.

LE POLEMICHE SUL PASTOR FIDO

153

il

numero, ciuantunque
musica non

s'alteri col sonoro,

nientedimeno quel medealtres nella inferiore,

simo numero che soggetto nella superiore


e nella
si

muta ma

s'altera e s'accompagna. Ck)s

non

nell'azione poetica da quella della

morale

fattamente

diversa

che l'una reale e l'altra immaginaria, l'una vera e l'altra rassomigliata,

insomma
(').

quella differenza che

si

vede tra Tessere e


l'

il

parere, tra la figura vera e la figura dipinta, tra


equivoco...
:>

nomo vero

l'

uomo

Onde

la teoria dell'imitazione,

che aveva indotto

Dante a concepir
a

l' arte come nipote a Dio arriva, perpaura del diavolo, come gioco e come fine a se stessa. ^L'arie dell'imitare riceve solo le immagini e non la essenza dell'operare e cos della vita e cos della felicit ed infelicit e co^ di ogni altra

concepirla

nxione
Ha^jisi,

buona o cattiva o vera o falsa o naturale o poetica che per non pu ricevere i suoi principi da quella facolt
predicamento
e
di diverso soggetto

che ha diverso fine di diverso

adeguato

(*).

La morale
que,

im

assoluto, l'arte
la

non

altro che favola.

Dun.

Dio eterno, ridurre

morale a

ministra di

favole ? >

Di

([uesto passo si potrebbe arrivare a


tatto
:

combinare un ragionamento cos


imporla

La

favola azione di felicit, la felicit quel fine


il

unte dell' Etica e


felicit

fine dell' Etica la felicit

umana

dunque

umana

una

favola

(').

v^

tuttavia, a certe battute di questo discorso guariniano, si re-

pira, specialmente

chi

esca

dall'

infemal

bolgia

aristotelica

dopo

averla percorsa in compagnia di Giasone.


<li

Ma non

che
si

un senso
riconosce

liberazione quasi materiale


il

poi, a

guardare un poco,

che

Guarini arrivato agli antipodi del

De Nores

solo
sia
il

perch

partito dal posto

medesimo e ne ha sommessamente il

pure con

sommissione pi coerente, geniale e gentile - accettato


vedere.

modo
del

di

se

n'ha chiaro

sentimento quando, sulla

fine

suo

discorso, r accademico ferrarese trova

una analogia

tra la sua difesa

del

Pastor Fido

e quella dell' Ariosto fatta dagli


ci

accademici

fio-

rentini.

Con

la

quale

porta a considerar vicine le due opere.


il

Ah

vento

dell' arte

non gonfia due volte


!

la

tua vela o rinascimento

0)

p. 69.

e)

p.

73.

e)

Id.

154

CAPITOLO XI.

Questa, del rinascimento,


L' Ariosto
s

non

continuazione

ma

catastrofe.

scriveva davvero parole in libert e la sua ispirazione

non aveva

freni

limiti.

Il

De Nores
i

ed

il

Guarini

riconoscono

ognuno che
nove decimi

la poesia, chiusa entro

confini della morale, urta contro


i

ostacoli inevitabili. Il

De Nores

esclude dal territorio della poesia

della realt e si chiude in quell' ultimo

lembo dove pu
il

vigoreggiar solo la tragedia ad

usum

delphini in cui

protagonista

un

assoluto (di solito

un

martire), ogni possibile lusinga del

male

non rappresenta un desiderio, rappresenta un rimorso la donna, esclusa. Il male poi, quello che indispensabile come antagonista del bene, rappresentato con caratteri cos
bandita e quella che, se
:

ripugnanti e inconfondibili, che diventa esso

stesso irreale

(').

Sola

cosa poetica in questa poesia resta la meraviglia.


Il

Guarini, accettato

il

principio,

presenta

una

soluzione
e

pi
forse

geniale, pi artistica, pi italiana,

ma

altrettanto

angusta

perfino di pi.

Dacch

la verit cos fatta,

perch

ostinarci a vo-

lerla ritagliare, trasfigurare,

domare, per farne


i

un' impossibile cosa


della vita

morale

Meglio non escludere solo

nove decimi

ma
1'
!

tutta

la vita dai regni della poesia.

Si starebbe

freschi

- dice

Attiz

zato - se la Provvidenza divina

si

dovesse giudicar dalle favole

{\r

/E, allora, facciamo della poesia un giuoco, qualche cosa di etereo, di


sfuggente, di sognato,

un puro

diletto,

assegniamole,

per missione,

non l'ammaestramento dell'uomo ma l'oblio, e sar questa la suk nuova catarsi. Qui il pensiero pi triste e pi inconsapevolmente
profondo del discorso. Poich c' tanta pena e
tanto

disgusto
il

nelj

mondo, facciamo che


scacchi a

l'

arte stia alle cose di esso


!

come

gioco degli
il

una

battaglia

Ma, vedete, per questa


ci
e,
il

strada,

Guarini,

che pure un galantuomo,


difetto dell'ipocrisia

indirizza a quel tanto rimproveratoci

quanto

per

gli

effetti

storici,

ancora di pi,

che

il

De

Nores.

Non che
il

Guarini,

lui,

fosse

un ipocrita;
lui,

ma,

negandola in

teoria, riconosceva in pratica la

dipendenza della poesia


il

dalla politica quanto


letto ci

De

Nores. Siccome, per, secondo

di-

vuole e

il

diletto

sempre legato

ai

pi ambigui sentimenti
volta
l'originario

della nostra corrotta

umanit (ricordate un'altra

('}

Per

la

tragedia dei Gesuiti cfr.

Beriana

La

tragedia

(Milano

Val-

lardi) p.

173. 284.

p.

LE POLEMICHE SUL PASTOR

FmO

>

155
i

dilemma
mortali,

del Fracastoro),

miriamo a quello che,

fra

sette peccati

non

solo

men Dio

offende e

men biasmo
all'

accatta.

ma ha meno di nenza. E allora


commedia, se
quanto
la

veleno per rispetto

opera del politico


favola

T incontio
tragi-

brindiamo a questa beata


volete

pastorale

nominare

classicamente,

dove

ci

potremo
(')j
1

smarrire come in un sogno popolato di eroi,


al

flutti

innocenti

pensiero,

estranei ai

velenosi

travagli dell'idea, alle in-

dagini sui perch della politica,


li

ma

di tanto

uomini interessanti che


della replica
storia

possa angustiare

il

dolce caro peccato d'

amoredel-

Questo
l'

il

senso della difesa del Verrato e


per
la

Attizzato che, associate insieme, restano,

letteraria,

la

polemica del Yerrati.

questa

la

possiamo chiamare la

pre-

fazione al

Cromwel

del secentismo.

Alla quale non inferiore negli

effetti,

poich la polemica pass


lasciateci

ma

il

secentismo rimase

e fra, tante

prose teoriche,
sola

da
cos

quel brutto fenomeno, non ce n' una

che

ne

rischiari
dire,
il

addentro

il

segreto. Quelle
si

due prose furono, a cos

perno

intorno a cui

aggir la commozione del


il

mondo

letterario italiano,

dalla quale fu integrato

valore della polemica. Cos essa rimase a rap-

presentar veramente una tappa della nostra storia ideale.


ressantissima cosa - con
l'

Ma fece

inte-

allargaci della polemica,


si

si

chiai'o

che

il

contrasto era pii di parole che di idee:

pu

anzi
del

dire
se-

eh' essa si confuse e svan nella

grande trionfante corrente


i

centismo. Eppure ad essa

parteciparono molti tra


il

famosi

letterati

polemisti del tempo tra cui


freschi,
fare,

Malacreta e

il

Pescetti, reduci, freschi

da quella tassesca

brava gente che, per non aver altro da

credeva di salvare

le lettere patrie

con queste belle prodezze.

Ma, sopra tutto, la scuola padovana, cos sberteggiata dal Guarini, non poteva non sorgere in difesa del suo maggior campione, il quale,
fra l'altro,

aveva avuto

la

debolezza di morire appena scritta l'apo-

logia, lasciando
tbilit

suUe spalle degli amici e dei discepoli tanta respon(Il

polemica.

pover'

uomo

dopo

tanti

salamelecchi

mor di
colpa
di

paura d'essere caduto in disgrazia della Serenissima

per

C) p. 284.

156

CAPITOLO XI.

un
fra

gaglioffo di figliuolo

!)

Si lev infatti Faustino

Suramo suo

disce-

polo in omaggio al classico principio cos scandito dal


i

pi classico

neo -classicisti francesi

Un

sot a toujours

un plus

sot qui

1'

admire.

Ma
pur
egli

questo, ammaestrato dall' esempio del maestro, cap che nep-

poteva entrare in lizza senza aver prima rammodernata e

ritinta
ilio

la

coda di paglia sua e di quelli


si

altri

Padovani

quali,

in

tempore,

erano sbracciati ad applaudire la nefasta Canace del


Faustino allora ricorse a una malizia la
i

patrono Sperone Speroni.


quale dimostra che, egli e
affari di stato di

suoi compagni, pur con quei benedetti


lor poetiche poliletterato di

cui

si

davan tanto pensiero nelle


quintessenza
del

ticanti,

erano poi, nelF anima, la

puro

anche pi dei loro avversari. Faustino riesum, come fosse


la

ieri,

polemica della

Canace

e pubblic (allora

!)

una sua
che

rispettosis-

sima

critica della tragedia,

avvertendo di aver tardata quella pubbli-

cazione qundici anni per

un riguardo

al

maestro

non voleva
buona
racervello).

saperne di morire. (Come se questa non fosse stata una


gione per lasciar dormire eternamente quel frutto del suo

l,

pur non lesinando

le lodi al

maestro come teorico ed


,

iniziafelicis-

tore di queir uso della

peripezia

madre

di

meraviglia e

simo

schema poetico, riconobbe che Canace e Maccareo avendo commesso volontariamente una grossa marachella (con tutto che lo Speroni ne attribuisse molta responsabilit alla malignissima Venere) mancavano ai fini morali della tragedia illustrati dallo Scaligero (vedete come costui" viene a sovrapporsi allo Speroni !), che lo Speroni, quindi, era stato un grand' uomo e aveva dei continuatori degnissimi ma che, lui, Faustino, alla Canace aveva battute le mani
solo per
alla

complimento

(').

Essendosi cos messo in corrente coi tempi,


egli pot

morte del

De Nores

prenderne

il

posto di battaglia con

altrettanto risoluto vigore e seguit a strillare che le

tragicommedie

favole pastorali eran opere

mancanti

di ogni direttiva
(*).

morale

erano

il

mondo

fatto a caso di

Democrito

Gli

pareva quindi na-

Discorso intomo al contrasto fra il signor Sperone (') Faustino Summo Speroni e il giudixio stampato contro la sua tragedia di Canaee e Maccareo (Padova 1B90). (*) Due discorsi di Faustino Summo Padovano V uno contro le tragMmmedie e moderne Pastorali; l'altro particolarmente contro il Pastor Fido
:

dell' ill.mo sig, cao.

Battista Guarini (Padova 1601)

p.

7.

LE POLEJnCHE SUL PASTOR FIDO

157
vivesse.

turale che, quel

mondo, essendo a caso


ninfa cantare
tra noi
:

nato, a

caso

Cos

quando ode

la bella

Proviam oggi
contro gli

noi le nostre armi

come da scherzo come uomini allor che ne fia tempo

r userem daddovero. Baciamo e si contenda


tra noi coi baci e quella che

ad ogni

altra,

baciatrice pi scaltra,

ne sapr dar pi saporiti e cari ne avr per sua vittoria


questa bella ghirlanda.

commenta
tutto
il

(n gli

si

pu dar

torto,

ma,

allora,

bisognerebbe abolire
:

seicento e la sua
si

anima

fatta di

equivoca vanit)

del qual

gioco non

pu sentire n un pi vano, n un pi disonorato, n

(').

un men

verisimile

Come mai dunque


scrivere al Guariui
:

il

Cardinal Scipione Gonzaga


si

aveva

potuto

Certo se obiezione alcuna


l'

pu

fare a que-

sta opera meravigliosa

essere troppo bella in quella guisa appunto

che

altri

potrebbe riprendere un convito dove non fossero altre vidi zucchero e di miele ?
(*).

vande che

Ah

- commenta

il

Summo.
questa

Non

possibile che queste pa-

role sieno

una lode

devono essere una larvata condanna. E, invece,

son proprio una lode.


del

Ma

astiosa
il

impotente insinuazione
del
se-

Summo

ha un dietroscena che

grande dietroscena
dell'

centismo. Ce lo svela, questa volta,


lodatore del

uno
(*)

estrema sinistra,

gran

Guarini, Orlando Pescetti,


se,

e ci fa ripensare a questa
silenziosa Inquiil

polemica dei Verrati come

in essa, la vigile e
il

sizione avesse posto veramente sulle bilance


tro,

suo pr e
il

suo con-

e si fosse decisa per

il

secentismo come per

male minore.

Ci fa intendere
il

il

Pescetti che

'De Xores o

il

Summo

V estrema destra (chi altri se non loro amici ?) avevano ben bussato alla
l'

porta dell' inquisitore per richiamarne

attenzione su tanto oltraggio


!

ad Aristotele.

Ma

avevano voglia a
li

strillare

L' inquisitore,
al

assai

pi avveduto di loro,

aveva messi

alla porta e,

Summo, non

()

Id p. 19 bis.

O
:

p. 6.

(3)

Orlando Pescetti
s'

Difesa del Postar Fido (Vicenza 1601) Prefiizione.

(Questo Pescetti,

intende,

un pseudonimo).

158
era rimasta se non

CAPITOLO XI.

l'arma spuntata dell'impotente


sua
il

minaccia

la

falsa insinuazione d' aver dalla


diritto

parere

di

persona
.

avente

titolo di Illustrissimo e

Keverendissimo

Il

Pescetti

va
let-

diritto all'augusta fonte e ne riceve in risposta questa piccante

terina per nulla in disaccordo con quell'opinione del Cardinale Sci-

pione Gonzaga

(')

...

si

disdice al

Summo

censurare opera cos apil

provata come

la pastorale del sig.


la

Guarino

quale

io

altrettanto

maniera di quel dottore col quale anco mi son doluto risentitamente - qiiod sub tnea persona suam fabuonoro quanto ho in ira

lam

egerit - di Cividale

li

16 Giugno 1600

Questa

s,

con

il

suo pauroso latino, era una fabula da mettere


terror et misericordia pii di quella consigliata

nel cuore del

Summo

dallo Scaligero stesso.

C'era

il

pericolo che, di quel passo, andasse


grinfie

a finir

lui,

invece del

Guarini, sotto le
fastoso,

della
il

Inquisizione.

Il seicento,

ahim! sudicio e

aveva ormai

suo salvacondotto.

(')

Sul perch proprio quell' opinione dovesse riuscire al

Summo

cos

incomil

prensibile e sconcertante

come un'
:

offesa personale vedi la nota che riguarda

Gonzaga nel capitolo

XIV

Il Tasso

CAPITOLO xn.
Segni dei tempi.
Dalla prima poetica di
alla

nn gesuita

polemica sn Dante.

Sommario.

1. lacobus Pontanus
-

Sua chiara interpretazione

dello

spirito

dei tempi

Le stesse idee

del Riccoboni (1590j espresse senza intonazione

polemica
nuocere
sione

La poesia in teoria deve insegnare: in pratica dilettare senza Sua novit: la teoria della lirica funerale, come para espresd'immagini nota omnibus et credibilia nemini>, cio secentismo

puro.

Muret.
Fido

del Pontanus - Una suggestiva lettera a lui del 3. La polemica su Dante in tutto conforme a quella sul Pastor Pretesto le regole sostanza se la Commedia risponda a quelle

2. Ascendente

finalit

morali che oggi


-

si

richiedono

all'

arte

Difesa del

Mazzoni disceec-

polo del Varchi

Suoi

artificiosi
-

argomenti.
jSi

il

4. Pi
La
la

coerenti (e guari-

niane) ragioni degli oppositori


clesiastica

invoca

giudizio dell'autorit
noix-.Xta
delle
di

come

nella polemica sul Pastor Fido'^

pas-

sioni dell' inferno

dantesco

pericolosa

nonostante

condanna

Dio

Timide
-

difese dello Zoppio, dello Speroni ed altri - Si

conchiude negando

ogni possibilit di fusione tra filosofia morale e poesia


rini

come con

il

Gua-

Vittoria degli antidantisti.

Ed
l'

ora

s,

senza ricordare

le dissertazioni di

Giacomo Savio

e di

Luigi Eredia,

gli scritti di

Ludovico Zuccolo,

di

Paolo Beni e dell'

Ingegneri, a questo proposito, (chi vuole veda

edizione veronese
di uscir dalla di

del Guarini del

1738 che ne

riporta moltissimi)
alla

tempo

cerchia delle Pastorali e di volger l'occhio


suita,

poetica

un
il

ge-

quella che inizia la lunga serie di scritti su questo argomento


di

dei

membri

quelF ordine.

E non

importa, questa volta, che

suo

160

CAPITOLO

xir.

autore, lacobus Pontanus, sia

un boemo:

l'occhio di lui
l'

certo alla

Boemia

d' allora

mira a riconoscere

aspetto del

non mira tempo


si

di cui ancora ispiratrice l'Italia, feconda al

Pontanus
armnira,

di corrispono,

denti e di amici. E, diciamolo subito, la


dir meglio, la si gusta.

si

se

vuol

La
il

si

gusta,

dico,

perch,

una volta amfatica

messo che
che sono
disfatti,

il

seicento

seicento,

una magra

star

spulciarlo, per trovarvi, tra le fodere, presentimenti di idee


il

moderne

pi delle volte sovrapposizioni nostre:

si

resta pi sod-

invece, al primo trovar qualcheduno che riconosca con chiai

rezza la piega dei suoi tempi e ne analizzi


lioni e senza entusiasmo.
Il

caratteri

senza

ribel-

Pontanus vede chiaro,


il

ma

con l'aria

di rilevare

una cosa
aveva
cre-

evidente, quello che

Riccoboni, qualche anno

prima,

duto di scoprir

lui,

per cerebral forza di penetrazione, nelle pagine

aristoteliche. Ricordate ?

Quinctum nos primi ex


(')

Aristotele

ipso

colligimus
Il

Pontanus, che

scrive intorno al 1590,

d delle semplici

istituzioni,

come

egli dice, e,

senza

riferirsi

n a polemiche contemche

poranee n a forme

d' arte particolari,

mantenendosi anzi in un lim-

pido cielo di teoriche astrazioni, ci mostra cos naturalmente a


cosa ridotta in sostanza la poesia che, ripensando,
lotta di
si

sorride della

Giasone contro

il

Guarini come di un contrasto fra due gestella.

melli generati sotto la

medesima
e che

Egli finalmente

l'

uomo

con-

vinto che
l'

si

debba rispettare

la tradizional definizione della poesia del-

insegnare dilettando

non

sia

bene screditare quel che ne


allo Scali-

dissero
gero.

copiose et subtiliter

uomini savissimi dal Vida

Ma, nella

pratica, egli pi che disposto a chiudere


il

un occhio
delle

suir attivit del poeta


seccature.

quale, in effetto, gi molto che


dei vantaggi al politico,
!

non dia

Quanto a recar

oh

lasciatelo sbizegli

zarrirsi a suo agio,

povero meravigliato fanciullo

Ond'

aggiunge
rela-

alle poetiche precedenti

una piccola novit;

cio

un discorso
perch
ali

tivo alla

poesia

lirica e funerale

Novit

relativa,

vedella

demmo
mentre

che la
il

lirica gi era stata accolta sotto le


il

grandi
pi

catarsi con

Minturno e

Riccobono

ma sempre

d' occasione,

la poesia s'

incammina a diventar

tutta lirica e

pi vaga an-

(') Jacoui Pontanus do sociotate Josu: Poeticarum instituHonum eiusdcm Tyrocinium Poeticwn (Ingolstadt 1594).

libri tres

SEGXI DEI TEMPI ECC.

161

cor della
sia
e

lirica, se fosse possibile.

Egli

non contraddice a che V arte


dicitur,
i

liominuai actiones effingens easque ad vitam instituendam ex-

plicans....

ma ammonisce:
!

probis dumtaxat accipias


cattivi....

quod de actionibus Bada di imitar solo

cave

de
i

buoni,

perch

non sono

poesia.

Ma

no! egli molto pi chiaro dei suoi

predecessori.

Qua

re ut ad superiora

redeam non quem imitentur,

quid narrent quid agant poetae:

sed

quamobrem, qua mente


(').

quila

busque rationibus, hoc iutuendum poesia, ma ricordatevi che essa ha

est
il

Tenetela

d'

occhio
Il

dovere di

dilettare.

decere

non

si

riesce a trovarlo nella Poetica del


fin

Pontanus neppure

in quella

che rimase

qui la sua rocca: la catarsi. Egli non


i

ci crede.
<

Pia-

cevole veder rappresentare


est horainibus

moti violenti
>
(*)
;

dell'

animo

quia dulce

ipsum artifcium

ma, quanto a quelli sti'umenti


il
:

di esso

per misericordiam et terrorem > egli trova

modo

di con-

segnarli sfatati al secentismo con questa trasformazione


et flebilia
.

per moesta

Noi

ci

divertiamo allo spettacolo dei malanni altrui per

questo solo

quia nobis

gaudemus
(').

et

gratulamur

quia

tantorum

malorum expertes sumus


Il

poeta pu ben guardare sorridendo le ardue pagine del Pic:

colomini e canticchiare da solo a solo

e lasciatemi

divertire

3>

Ma

questo mal confessato senso della vanit dell'arte e dei suoi diartifici

lettosi

(all'occhio

dello

storico poi

qua

la

vera,

triste e

anche profonda poesia del seicento) questo senso che traspira


gente anche da quella prima parte
dell'

pun-

opera del Pontanus, cos ossprigiona poi dopo, e quasi


la teorica

sequiosa nel tono alle idee tradizionali,


esulta,

si

da quella veramente nuova e originale che svolge

della lirica funerale, nido di ogni retorica, cancrena d'


riusc a dimenticare la profondit della morte.
Il

un

secolo che

componimento funebre deve somigliare

al

secentsco
:

ceno

tafio

dei

Don

Ferrante

d' allora.

Udite senz' altro la teoria

Yarii

sunt ordiues doctorum et sua cuiusque propria laus;

Theologorum,

Philosophorum, Jureconsultonim, Medicorum, Mathematicorum, praesertira

Astrologorum, Oratorum, Poetarum

Grammaticorum. In poecitharae, plectri, fon:

tarum tumulis meutio ^lusarum, Phoebi,


tium, fluminum Musis dedicatorum,

lirae,

quae omnia cumi mera fgmenta sunt, ut alia innumerabilia in studio poetico, nota omnibus et credibiia nemini, propter quemdam Icp.

camporum item Elisiorum

(*)

5-6.

()

p. 8.

p.

113.

ToFFANix.

La

fine deli

umanesimo.

12

162

CAPITOLO

XII.

porem tamen
gligi

et

suavitatis
cos,

grafia

videmus a plerisque
fin

non nefamoso

C)-

Chi scrive

pu parlare

che vuole della poesia come


a quell'oste

educatrice,

ma

voi

non

gli credete e ripensate

che, in teoria, faceva

gran professione di essere amico dei galantuola faceva assai pi

mini ma, in pratica, se

con quegli

altri
il

so-

spettate che gli somigliasse

un poco anche
al

il

Pontanus
e,

quale forse,

nella pratica, preferiva

il

Marino

De Nores
suo,
egli

chi lo sa ? al Tasso
della

medesimo. Chi sa che, nell'animo


poesia con amarezza e

non giudicasse

non pensasse che il mondo ne avrebbe fatto a meno volentieri e senza suo danno ? Certo quella sua teorica la negazione della poesia come espressione di vita. Par di essere veramente con essa davanti a taluno
dottori famosi in cui
e' ,

di

quei

cenotaf

secenteschi

di

tutt' intorno,

una confusione
esempio,

di angeli vo-

lanti e, a certo punto, la

morte

spettrale, e, pi su,

la

fama
gallo

e,

pi

su ancora, la tromba,
ciato.

e,

in alto, per
e'

un

bel

attic-

E
il

il

morto

Oh!
fatto

anche

il

morto magari.

Ma

che
il

e'

entra?

Quel monumento
blico,

per far restare a bocca aperta


rivolgere

buon pubper

quale, cos,

ammira senza

domande
gloria,

indis.crete, e

suscitare nelle persone colte, e nei vecchi colleghi del morto,


risolino all'indirizzo di lui che, fra tanta
terci perfino
il

un
di

ironico

rischia

rimet-

nome

(*).

E r influenza
tutto questo

del

Pontanus

Grande
si

perch,

se vero

che
bi-

vano teorizzare secentesco


il

presta

allo

scherzo,

sogna pur considerare che

Pontanus era

egli stesso

un

effetto della

generale inquietudine dei tempi travagliati dal terrore

del

male, e

che

il

suggello della sua autorit e della sua onest posto su quella


'

meditata soluzione del problema della poesia doveva avere un ascendente notevole. Fra le lettere degli umanisti a lui
indirizzate,
al

una |
|

mi ha sorpreso

e quasi

commosso

e la voglio

regalare

lettore.

()
('-')

p.

227.
altri

Tra

scritti di gesuiti riferibili,

di questi
il

anni,

alla poesia (vedi


dell'

il

catalogo del Ribadeneyra) da ricordare, per


ctatio

nome famoso

autore, la

Trusen-

Antonii Possevini (Lugdunii 1595). La quale, in tutto conforme

ai

timenti del Pontanus, non che un' antologia di poeti antichi muniti di altret-

tante cautiones sul


cio, nota

modo

di leggerli

secondo
.

canoni qui esposti

come

coso,

omnibus

et credibilia

nomini

SEGNI DEI TEMPI

EC':.

163

Marco Antonio Mureto ormai vecchio e assai prossimo alla tomba e soffre, la notte, d'insonnia. Dopo una di quelle tristissime notti, air alba, il Mureto prende la penna e scrive al Pontanus. Quelli che gli danno noia sono i suoi scritti passati: egli non riesce a trovare conforto alcuno nel riprenderli in mano e preferisce non leggere
;

nulla.

<

Obsequamur
crimen

igitur studio vestro - egli dice - ne

dum
si

ar-

rogantiae

effugere conor, hoc ipso in id

incidam,

indi-

cium

meum

iudicio vestro anteponere


?

voluro.
istic

Quid

iain ?

Quid

scribam aliud

Etiam ut

et tu et

quos

habere diceris tui erga

me

amoris socios, hunc miserum senem precibus vestris Deo comtot

mendetis atque ab eo petatis ut qui


vixi, benefcio ipsius

anuis in vitiorum sordibus


efficere et

hac saliem extrema aetate aliquid


et

edolare passim
pertineat. Vale,

quod

ad gloriam ipsius
et

et

posierorum utilitateni
*
(').

Fontane mi, vale


si

me ama. Roma 1584


la

Niente di eccezionale contiene questa lettera


essere del 1584, non
ci

quale poi,

per

riferisce di preciso alla Poetica.


il

interessa assai, se

pensiamo chi era

Eppure essa Mureto. Quel geniale umadell'et

nista francese era stato

uno

degli spiriti pi spigliati


i

sua;
;

^veva

amato senza

titubanze

poeti e

grandi

scrittori

antichi

era fin provato a leggere


sasse di Aristotele. Anzi,

Platone

ma non
agUi

risulta che si

interestra
i

strana

cosa, egli l'unico,

forse,

grandi umanisti

di

questi amii, nei cui


il

discorsi

non

mi
l'

sia

stato possibile discernere

sigillo delle questioni aristoteliche,

unico

forse che abbia potuto tener cattedra senza porla sotto la diretta tutela del tirannico dittatore.
il

questa lettera sorprende, Xeppur

lui,

Mureto, ha dunque potuto sfuggire a quel pensiero che, di qua dal


il

1550, stava come in attesa e aveva parimente sorpreso


il

Varchi e

Piccolomini.

Perch

il

Pontanus nel 1584 doveva gi essere

un

vigile

in-

dirizzatore dell'arte secondo le direttive della stretta ortodossia,

non

meno che
tro,

nel 1590.

Fa pena

e incute rispetto, per l'uno e per l'alsull' orlo della

questa romantica lettera del vecchio umanista che,


si

^'^mba,
ite

guarda intorno, sente che nel suo


del rinascimento e'
lo

illuso

cuore di

super-

uomo

al

Pontanus e

prega di

una solitudine inattesa, si rivolge invocargli da Dio la grazia di potere scri-

(')

Makh

AxTOSii MxTREn:

Orationes, Epistolae, Hytnnique saeri (Ingol-

adt 1592) p. 472.

164

CAPITOLO

XII.

vere qualche cosa sul gusto di

lui.

Ma

che cosa

.^

Forse

un com-

mento

alla Poetica ?

Da

questo punto

ci

riesce molto pi

spiccio
letterari

compendiare, con
del
secolo,

uno sguardo non mutano


tracciato.

retrospettivo, gli altri aspetti

che
noi
oltre

ma

colorano e riempiono

il

disegno

generale

da

La polemica

dei Verrati merita

un

posto

d' onore,

che per la sua clamorosa palpitante attualit, per quella arguta prosa
del Guarini
che, all'orecchio dello
storico,

ha un

tono

veramente

indimenticabile.

Ma

che altro la polemica pr e contro


il

Dante
gli

se

non non

la

sua sorella minore? Solo

pregiudizio retorico

che

uo-

mini di questo periodo fossero diventati


si

matti

per le regole e che

potesse

capirli se

non

mettendo

l'occhio a quel

minuscolo

spiraglio della storia, ha impedito

di accostare

strettamente, quanto

meritavano, queste due polemiche,

che, invece,

qua e

l si

toccano

anche

nei

loro

rappresentanti.

Non

raro

che, per

esempio,

un
oc-

campione dell'una scenda a spezzare una lancia


dell'altra, e

anche nella
calore;

lizza

con l'istesso animo, e con l'istesso


l'

onde

corre di veder venir a contrasto, per


ghieri e Giambattista Guarini.
Si sa: Ferrara e

Italia

accademica, Dante Ali-

Padova avevano
il

nelle loro cerchie

argomenti
e'

moderni come
teorico;

quelli offerti dallo Speroni e dal Guarini.

E non
il

era

bisogno di riesumare

passato per avere materia da sfogarvi

fuoco

ma dove imperava una


si

tradizione di troppo gloriosa poesia

volgare per essere soppiantata dalle opere d' attualit,

era
al

naturale

che quella
vaglio.

rifacesse

innanzi

per

venir

sottoposta

novissimo

La polemica

di Dante, certo

anche perch non ebbe dalla sua


di giovinezza,
di poesia,
aristotelica,

un poeta che vi portasse un si mantenne sur un terreno


e dovette la sua
inoltre per

po' d' ironia,

d' aridit precettistica, cio

fama a quella

della

vittima

illustre.

Si

distinse

un

certo carattere di garbatezza

nuova

negli annali delle


effetto

polemiche umanistiche che un pessimista potrebbe giudicare


di ipocrisia,

ma

che pi logico attribuire alla soggezione inspirata,

in fautori ed avversari, dalla

quisquiglie aristoteliche

ci
il

o tragedia o poema, se
trovi
il

ombra dantesca. Qui pure le come (se la Commedia sia tale, protagonista sia uno o sieu molti, se ci si
grande
furono, e
!

rispetto delle unit, se all' autore fosse lecito introdursi nello


dell'

svolgimento

azione

come

fece ecc. .ecc.)

ma

esse,

che pur

dila-

SEGXI DEI TE3IPT ECC.

165
alle chiazze progre-

garono in grossi volumi,


dienti via via per

si

possouo paragonare
il

un corpo malato quando


si

primo

focolaio

del

morbo non trova sfogo e


Il

suddivide invece e sfigura a quel modo.

primo focolaio fu
:

quell' unico
si

problema del bene e del male


che, se

ap-

plicato alla poesia

pu anzi dire
il

V insuccesso
il

dell'

estrema
2

destra

contro

il

Guarini fu

pi clamoroso,
in effetto,
il

caso Dante

(0

miseria di parole!) rappresent,


di quella.

vero fallimento ideale

tori del

Abbiamo veduto che i pi complessi e completi tra gli iniziamovimento moralista (pioniere massimo il Varchi) sentirono
quel concetto dell'arte con

la necessit di integrare

una conforme

filosofia e si rivolsero pieni di fede alla

vecchia scolastica e a Dante.


astratti sognatori.
i

Ma

quelli,

il

Varchi compreso, erano degli


i

di-

mostrarlo vennero

minori seguaci,

pratici,

quali,

meno

sensibili

a quella grande poesia, invece di elevarsi fiuo a Dante, abbassarono

Dante

fino a se stessi, lo fecero passare per

il

vaglio delle loro scheai


fini

matiche questioni e trovarono che costui


anzi, con la

mancava

morali,

sua spregiudicata rappresentazione delle azioni umane,

poteva raggiungerne di nocevoli press' a poco quanto lo Speroni.


Il

primo a portare

agli onori della celebrit la polemica dante-

sca, decidendosi a ribattere in

degli oppositori, che da

un organum ponderoso le ragioni tempo disputavano avendo dalla loro qualil

che

uomo

di

fama come
cio quel

Giustinopolitano, fu proprio

un

discepolo

del Varchi,

Jacopo

Mazzoni
dell'

che gi ricordammo a lato


estrema destra e
dell'

del

De

Nores, rigidissimo campione

Inqui-

sizione. Costui

avrebbe potuto trovare contro Dante argomenti vigo-

da buon seguace del Varchi, col quale aveva in comime, oltre il resto, una certa tendenza alla farragine e alcuni residui di reminiscenze platorosissimi e in tutto conformi alla sua natura. Invece,
niche, azzurreggianti tra gli schemi aristotelici, lo difese e cerc di

adattare la

Commedia

luce, nel 1573, la

agli argomenti del Maestro. Cos diede alla prima edizione della sua difesa di Dante >. Ci

dispiace di

del Varchi. Teoricamente

non poterne dare un' idea senza ripetere gli argomenti - dice il Mazzoni - il Robertelli e il Cail

stelvestro (del quale idtimo egli evita di ripetere


dell' eresia

nome per

orrore

onde quello era infamato) avrebbero ragione perch la poesia, abbandonata a se stessa, mira al diletto. L'utile, essenza della filosofia,

solo

un accidente
le

di essa

e,

a dimenticare quell'accidente,

c' da ripetere contro

Muse

l'invettiva del filosofo:

Quis -

in-

166

CAPITOLO

XII,

quit - has scenicas meretriculas ad

hunc aegrum permisit accedere, quae dolores eius non modo nullis foverent remediis, verum dulcibus insuper alerent venenis ? ('). La Poetica ha per fine il
dilettevole in

quanto trattenimento e giuoco,


dalla
facult

ha
;

per fine l'utile

in quanto viene qualificata


losofia,

civile

meno
fine.

della

fi-

quanto

all'essenza, pi

nobile

quanto

al

Questo e
il

gli altri postulati

varchiani sono le basi della difesa.

Ma

Mazzoni

riconosce che

il

caso di Dante non chiarissimo.


si

Devesi
sotto

dunque

sapere che l'utile della Poetica


differenti; cio per quello

pu considerare

due modi
nostri
,

che appartiene all'imitazione delle azioni


le passioni

umane, o per quello che rimira


se

eccitate nei petti

dai poeti. Quanto al primo caso nasce


il

un grandissimo dubbio ed
della
:

poeta sia tenuto, per la sopradetta qualificazione


civile,

poesia

che viene dalla facolt

a imitare sempre virtuose azioni

oppure
Il

se possa qualche volta condiscendere alla imitazion dei vizi C).

nocciolo della questione dantesca tutto in queste parole, perch, se


ci fu

poeta che mai fece d' ogni erba


il

fascio,
:

irridendo, due

secoli

prima,

cauto

ammonimento
!

del

Pontanus
se no se

cave de probis actio:

nibus dumtaxat accipias


scolastico e si rivel

quello fu Dante

buon per
in

lui

che fu

immortale,

chi sa
si

che

bolgia l'aalla

vrebbe

confinato

il

Mazzoni!

Ora^

vuol

salvare

buona
pi

letteratura Dante,
sottile dei postulati

bisogna

cercare

per lui

un' interpretazione quella


lui.

varchiani, vedere, tra l'altro, se

famosa

catarsi

non
si

offra

qualche appiglio teorico in favore di

Questa, fra le tante sofisticherie del Mazzoni, voglio ricordare.


Egli

prova a mettere Platone


il

in

servigio

di
il

Aristotele,

e,

posto da banda

solito

Proclo, che, di catarsi,

come
che

maestro, non

voleva saperne,

si

rivolge a Jamblico Platonico

gli

pare

aver

detto cosa conveniente al caso suo riducendo la catarsi a strumento


della
la

facult civile.

perch - dice egli - in questo ancora


civile,

poetica qualificata dalla facult


affetti,

per

ha, nel

movimento

ancora degli
se

per fine

1'

utile,

non potendo

di ragione destare

non quelle passioni che convengono e fino a un termine legittino. La qual cosa fu riconosciuta per Aristotele nella definizion della tragedia in queste parole
:

Per

la misericordia e lo

spavento purgando

(')

Difesa della
p.
I,

Commedia
La
()

distinta in sette libri di

Jacopo

Mazzoni

(Cesena 1587)
di

343.

citazione tolta dal


Id.
p.

De

consolatione philosophiae

Boezio

(lib.

pr. I).

254.

SEGNI DEI TEMPI ECC.

161

le

passioni cos fatte *.

Ora come

fosse questa purgazione

degli

af-

fetti non mente dimostrato Jambico Platonico

solo nella tragedia

ma

ancora nella commedia V ha chiarain quelle parole che


l'

si
:

leggono

nel primo dei misteri degli egizi presso

interprete latino

Huma-

narum
si

afifectionum vires nobis innatae perturbationum et affectuum,


et

comprimantur omnino, insurgunt acrius


risusque cohibiti
:

vehementius, instar flamin lucem, brevio-

mae compressae
res fiunt et

sed

si

erumpant

usque ad

modum mensuramque
Idcirco,
in

productae, modeste lae-

tantur et explentur....

speetaculis

comoediarum

et

tra(*).

goediarura spectantes aliorum affectus nostros constituimus....

La

definizione, del resto, vecchia nella sostanza

anche se pe-

regrina nella forma:

ma non

vale per Dante! Chi pi di lui e pi

sovente di lui ha mai varcato quel termine legittimo ? Ridurre Dante


a poeta secondo
i

principi dell'estrema destra era

un dar

battaglia

vinta ai suoi oppositori.

Difatti pi spiccio

veder subito

gli

argomenti di questi,
il

quali,

per contrastare

il

Mazzoni, non sentirono punto

bisogno

di

adodi-

perare altre armi che quelle gi provate contro


fesa del Pastor Fido.

U De Nores
s'

in

come, intomo a quello,

era

riunita

nueduera
il

merosa schiera

di satelliti, un'altra molto simile,

sebbene pi
la
il

cata e pi ragionevole, perch

almeno questa volta

bandiera
Borghini,
e, si

bella e buona, si riun intorno al Mazzoni.

C erano

padovano Carriere, anima in pena che disse e


gante di
tutti,

disdisse,

pi

ele-

queir Hieronimo Zoppio bolognese C) che


e

scontr
tur-

primo

col Bulgarini, massimo avversario dell'Alighieri

che,

bato da quel fervore di contrasti,

come

se

Dante avesse
dell'

scritto nelle

sue cantiche

alcuna cosa simile a quelle

Alcorano del perfido


ispirandosi

Maometto

scrisse

un

trattatello di poetica (')

a Dante

e sostenendo le solite ragioni con pi

buon senso
il

degli altri.

Eppure, con Belisario Bnlgarini, che


patico
tra
gli

pi

notevole e simin

avversari

del

Mazzoni e

sostiene,

questa

pole-

mica, la parte avuta dal Guarini nell'altra, sebbene

non

ne

abbia

(')
(*)

p.

25S.

Ragionamento

del sig.

Hebbosmo Zoppio in difesa

di

Dante

e del

Petrarca (Bologna 1583).


(^)

La

poetica sopra Daite di M. Uisbonimo Zoppio

(Bologna 1589).

168
il

CATITOLO

XII.

fine

umorismo, sentiamo che


:

ci

perfino
lai

meno
si

difficile

andare

d'

accordo. Vedete analogia

anche a
:

pare
accett

facesse

balenare
quel

la minaccia dell' Inquisizione

anch' egli

con

piacere

giudizio teologico dal quale


il

si

aspettava la stessa assoluzione che ebbe

Guarini. Cos parla in uno dei tanto pamphlets della polemica un


concittadino
il

difensore di Dante,
negli
atti,
il

del

Summo
messo

e molto

simile a lui
nello
dei

Carriere,

quale_,

dopo aver

fatta

una capatina
sotto
la

spirabil aere dell'arte per l'arte, si era


rigoristi

tutela

padovani.

...Non essendo io - egli dice - grazie a Bont


zelante della salute dell'

Divina, punto

meno

anima mia
di

(la

qual do-

mando a Dio continuamente con che sia egli e non men anco di
sottoporre ogni
dossa,

tutte le viscere del cuore) di quello lui

intendendo
decreti

voler

tuttavia

mio

atto a' santissimi

della

Cattolica,

Orto-

Romana
in

Chiesa.

Onde
gi
la

se

per disgrazia
dei

e igioranzia

mia

si ritrovasse

questo o in altro
io

miei

libri

alcuna

cosa a
offerisco

quella

ripugnante,
s^empre
>^

rit?'atto e la

rifiuto e

m'

prontissimo

a disdirla secondo che mi sar comandato

dai superiori

(').

Aveva ben ragione


gli

il

Bulgarini! Costoro
chiusi le
lo

difenri-

devano Dante perch


qualcuno

attribuivano a occhi

qualit

chieste dai loro inattuabili preconcetti e


si

non

leggevano.

Ma

se

fosse levato
!

davvero a scrivere allora una


i

Divina Com-

media

apriti cielo

Onde

buoni argomenti

del

Bulgarini.

Yoi
pren-

dunque - diceva - ammettete,


guardare

per salvar Dante,

che
:

l'arte possa
:

la realt e rappresentarla a fine di

bene
che

su dunque

diamo

le orribili catarsi dell'inferno dantesco.

Chi pi di quei danli

nati dovrebbe ispirare avversione al peccato

trasse
;

laggi?

Eppure cos fatto l' animo umano che ci non avviene quei peccatori hanno un fascino; Francesca (^) cos contagiosa che fa dimenticare r orrore della sua condanna essa somiglia a Didone e voi,
:

che conoscete

pericolosi effetti

dell'episodio

virgiliano,

potete

in

buona fede negarli a quello dantesco ?


punizione? Non basta.
far a ispirarvi
il

la catarsi cristiana della

poi, se quella

punizione

giusta,

come

poetico effetto della misericordia?


(')
:

non seppe rispondere a questa ragione

Lo non era pi tempo da

Zoppio stesso

(') Difesa di B. Bulgarini in risposta sandro Carrier (1598) p. 3. (-)


(')

all'

Apologia

Palinodia di Ales-

Id. p. 48-49.

Zoppio: Discorso in difesa gi

eit.

p. 21.

SEGNI DEI TJ3IPI ECC.

169

ci

se mai, la risposta migliore fu quella che diede, in principio della

polemica, lo Speroni con uno scritto su


fino a
_Iiore.

Dante

che rimase
la

inedito

mezzo

secolo fa

(*),

sebbene esso mi sembri

sua
del

cosa mi-

Yedete conferma

di

quanto fu detto a proposito

Varchi

del

Maggi; che

la

vera rinascita di Dante, come maestro di vita,

dovuta proprio a quelle angustie aristoteliche.

Lo Speroni, a

forza

di pensarci su, su quel vecchio affare della catarsi,

aveva convenuto

con

maestri

dell'

Universit cittadina in un' idea molto semplice e


:

per molto notevole per quei tempi


la storia di

che, insomma, la Commedia > un peccatore risorgente verso il bene e che un' opera sinceramente concepita cos deve pur essere morale (*). Ma fu idea appena intra vvista e senza effetti vitali.

Con le vigorose ragioni degli oppositori, invece, si cade in grembo alla grande secentesca rinunzia del Guariai. Meglio escludere l'arte da ogni superiore catarsi e da ogni finalit e farne un dolcissimo gioco. Non creda U Mazzoni che la poetica possa far parte
(Iella

morale
tutti

filosofia

essa un' arte e

<

da Aristotele e da Orazio
chiamata

e
e'

da

quelli che

ne hanno
ft-a

parlato

arte

(').

Non
alcun

alcun rapporto
essere

essa e la morale e
il

non potr
se
la

in

modo
dire
della

posta sotto

manto

della
di

filosofia

pratica o vogliam

operativa

come

converrebbe
si

necessit
salutari
possibili,

fnsse
del

parte

morale

>

(% Ne
i

farnetichi di

effetti

terrore e

della misericordia,

quali, se fossero

sarebbero tanto pi

da detestare perch farebbero paura

alle

gnerebbe
si
si

pensare a tutelar queste da

donne gravide C) ^ bisouna cos fatta poesia. Non


belli
effetti,

dimentichi

invece che Dante, per ottenere di questi


licenze con la
i

permise

certe

religione

come
di

quella

di

mettere
Poltre

all'inferno, di arbitrio suo,

giganti e l'altra

descrivere

tomba,
tiene

come

se fosse possibile

una

cosa, la quale

non pu essere
possa
poi

immaginata n capita
verisimile

dall'intelletto
:

umano,

si

con
sia

lingua mortale descrivere verosimilmente


il

e chi sapr che cosa

probabile ed

il

mi do a intendere sar di questa mede-

(')
() (^)

Speroni: Apologia di Dante scritta intomo al 1575 (Padova 1865).

V. specialmente

p. 53.
il

Considerazioni di B. Bulgabini in difesa di Dante sopra


fSiena 1583} p. 14.
15.

discorso

di J.

Maxxoni*
Id. p.

O
("')

^Replica di B. Bulgarixi

al

Capponi (Siena

1585),

170
sima opinione

CAPITOLO

XII.

(').

Lasciate quindi divertire

il

poeta
sia

se la poesia

stata trovata per dilettare convien che ella


graziose
le

di

cose

vaghe e
:

quali principalmente possano piacere al

comun popolo

e tali sono le imitazioni delle azioni e degli accidenti vari e fortunosi che avvengono agli uomini
bello artificio di

notabili

cantati e rappresentati

con

parlare

(^).

Come
r anima
il

si

vede, gli oppositori di Dante potrebbero scambiare gli


i

argomenti con

difensori del Guarini e questo

veramente
;

ci
il

svela

dei tempi,

e'

da sospettare una cosa

che, se

Varchi,
di

Mazzoni,

avessero

accettata la sfida proposta

dal Carriere
allora,
il

portar la contesa davanti all'autorit

teologica
nell' altra

di

quelli vi

avrebbero avuto uno scorno qual' ebbe

polemica

Summo.
scudo.

non credo che

l'autorit di

Dante sarebbe

stata bastevole

(')

Id.

p.

130.

(2) Id.

p. 24.

CAPITOLO

xm.

Sto ri a

Poesia

Il

problema del Piccoloiiiini e del Manzoni.

Sommario.
i

=
-

1.
-

Il

problema dei rapporti

fra storia e

,..v^...

o....

>.;";..,....

precedenti

La
il

catarsi e gli altri addentellati moralisti


il

attribuiti
-

anche
:

air epica
L'

Da
e

principio

problema della storia non fu rioonosciuto


-

Esempi

Alamanni

Trissino

Un vano
Perch

dubbio dello Schlegel a questo propo-

sito dissipato dal

Manzoni

tanea dalle pagine di Aristotele.


dai Latini e nel medioevo

rinascimento
storici,
si

il

Berni

manc Primo diniego che


lignificato
:

non poteva sorgere spon2. Come essa fu appena intravvii^ta Esempi Dante e Petrarca - Ironia del
la questione
:

il
:

poeta possa trarre

dai

fatti

come stanno, un
:

morale

il

Giusti nopolitano - Dubbio se


fatto

possa trasformarli

Ripiego

scegliere

un antico
- Il

favoloso

Inge-

nuit della soluzione

parole del Pellegrino

rispetto alla storia del

Maggi

Conformi idee del Varchi, dello Scaligero, del Mintunio. del Viperauo. 3. Gli edonisti dell' arte indifferenza del Roberteli - Fatuo amor delle
:

re-

gole dello Speroni

Semplicismo del Giraldi e dei Cruscanti.


-

4. Simile
non deve - La
puerile

atteggiamento del Castelvetro


rese)

Eipete

le idee del Giraldi


-

(tradizione ferra-

negando che

esista differenza fra storia e poesia

Il

poeta

trattare per lo stesso

argomento che
la storia

lo

storico

ma uno
d'

consimile
-

poesia

come gara con

pura
ogni

question
-

agudeza

Sua

interpretazione dell' universale e del particolare


fra
i

Ragione della sua fortuna


di idee

moderni sebbene

gli

manchi

presentimento

nostre

Il
Il

Castelvetro continuatore

dell'incapacit
;

critica del rinascimento.

5.

suo antagonista,

il

Piccolomini

suo intuito profondo che deduce


dell' arte

dall' incoe-

rente moralismo degli utilitaristi

del Castelvetro deformatore del pensiero aristotelico

questione di abilit

Oggetto della

un pensiero vitale - Sua critica come se la poesia fosse il vero - Il Piccolomini poesia come
:

172
precursore del Vico
simile
-

CAPITOLO

XIII.

Il

vero

conversione di esso col di mischiarvi


il

dovuto e col veriad un


stesse

Conseguente necessit
-

falso e di rispettare

tempo

la storia

Importanza del pensiero del Piccolomini.

6. Le

idee poste dal

Manzoni a base del suo discorso sul romanzo

storico

Il

problema dei rapporti


i

fra storia e poesia


se,

ha un addentellato
si

cos stretto con

precedenti che

a certo punto, esso non


cui

alil

largasse e splendesse in

un pensiero su
l'

medit

sterilmente

Tasso,

ma

da cui

fior

sublime

ispirazione al Cervantes, se
altri

ne po-

trebbe trattare compendiosamente con gii


Difatti
i

senza mutare registro.

nostri commentatori erano cos oppressi dal

problema
ed

morale che una vera e propria distinzione fra


riusciva al loro gusto convenzionale e
difficile.

tragedia

epopea

Ond'

essi

trovarono

savio di far cadere l'una e l'altra sotto quella stessa luce della catarsi

molto compendiosamente interpretata a dispetto di Aristotele e


delle
il

con falsificazione consapevole

sue parole e del


alle

suo

pensiero.

Quale

pili

sicura riprova che

rigoroso rispetto
esistito,

regole e alle
il

leggi dello Stagirita

non mai
punto

ma
le

esistito, invece,

ri-

goroso rispetto alle questioni ideali quali

impost

la

controrifor-

ma
ecc.
stri

S' arriv a questo

che mentre Aristotele


;

dice

chiaro

la tragedia si
:

compone di sei parti fabula, mores ecc. ha la r epica invece non ha alcun obbligo su questo punto
dopo
aver

catarsi
;

nodealtro

umanisti,

compulsata

la

Poetica
pi
chi

per

qualche

cennio, arrivarono a scoprirvi tutti, chi

meno, quest'

pensiero

tanto la tragedia quanto


Catarsi.

l'

epopea devono sottostare


l'altro;

al fine

morale rappresentato dalla


questo proposito
lui
il

L'uno vai

ricorder a

Vettori, tanto per dare finalmente voce

anche a

eruditorum coripheo cui debetur quidquid fructus hac aetate ex


lectione percipitur
(')
il
:

horum librorum
si

al

quale, tuttavia,
e
il

non

ci

riesce di assegnare

un

posto a parte, tra

Maggi

Varchi, tanto egli


in filologia.

tiene aderente a costoro riservandosi di brillare solo


la

Torna opportuna qui


lo tiene

sua ingenua tendenza alla conciliazione che

pi vicino all'opinion generale.

L' epopea - egli dice - opera con diffusa narrazione quella catarsi
dello spirito che la tragedia per ragioni di brevit e di tecnica costretta

u operare con terrore e misericordia.


stoteles

In extrenio autem ponit Ariest

tragoediam non utentem expositione, quae propria

epo-

(')

MuRETO: op.

cit.

(lettera Febbraio 1585) p. 470.

U.

PROBLELV DEL PICCOLOMINI E DEI. MANZONI

173
efficere
.

peae, sed misericordia et rnetu, ope

horum animi motuum,


et

huiiismodi pertiirbationum puro^ationem et levamentum in nobis

idemque effd ah utraque


variatisy
si
(').

poesi,

modo tantum
il

quasi indumentis
il

L'idea

era cos

geuerale che

Riccoboni,
si

quale
:

credeva rivoluzionario, sulla fine del secolo


la tragedia

trovava a ripetere

che
tal

induce la purgazione del terrore e della misericordia


(*).

quale come l'epica

Per

la stessa ragione, cio

perch riconosceva come


voleva

gli

altri la

presenza del problema morale e furiosamente


l'importanza,
si

disconoscerne

trov a ripetere le stesse cose l'altro pi autentico


:

rivoluzionario (nelle intenzioni)

il

Castelvetro.

Laonde - chiosava
o
rea
l'avr
le

egli - chiunque abbia conoscenza' della tragedia buona

ancora dell'epopea, perciocch neUa tragedia sono

cose

che

ha

r epopea

2>

(').

Del resto
:

la

prima confusione

risaliva al Giraldi.

Ma

si

capisce

la

questione della rappresentazione delle azioni

umane, quale fu impostata allora, non muta per


poetica - tragica o epica che questa sia - e tutti
tarsi si
i

mutare

di

forma

corollari della ca-

presentano sotto

la

medesima

luce.

se qualcuno, per scrul'

polo di rispetto alla lettera aristotelica, metteva innanzi


il

ipotesi

che

filosofo antico

avesse riconosciuto questa impressione di terrore e

di misericordia piuttosto nella tragedia

che neU' epopea, perch quella


in atto, e questa al

rappresenta

fatti

al

tempo presente, cio


buoni o

passato, cio in ricordo, la sostanza della questione


ci. Si
i

tempo non mutava per(cio

devono rappresentare

gli iniqui? la psicologia

mores) deve essere idealizzata cos da fare dell'eroe un exemplar

deve essere

afiatto tralasciata?

Da
del
tragedia.

principio, infatti, la questione

intomo

al

modo

e ai vantaggi

poema

epico

non

usc daU' orbita di quelle che sono

comuni

alla

patia di

Se ben ricordate, non era di diversa natura V inquieta simBernardo Tasso e di Luigi Alamanni per il poema eroico;
illustri

arena di personaggi

anzi illustrissimi >, cos suscettibili di


del

diventare exemplaria morali a dispetto dei loro colleghi


cavalleresco, che erano bens illustri

poema
quasi

pur

essi,

ma

di

fama

(')

Petri Victoru

Commentarti in prim,um librum


cit.

Aristotelis

de Arte

Poetarum
(-)

(Florentiae 1560).
p.

EiccoBOxi: op.
:

30.
>

p) Castelvetro
p.

Poetica d' Aristotele tolgarixxata e sposta (Basilea 1576

107.

174
sempre equvoca
accorti
e

CAPITOLO

XIII.

becera non di raro.

In principio

non

si

erano
pro-

neppure che

esistesse o si stesse concretando


:

un

vital

blema
in lui

di rapporti fra storia e poesia


al

ricorderete che Torquato Tasso,

accennando

suo unico precursore in poesia, l'Alamanni,


gli

vedeva

un inconsapevole che

aveva bens additata


e'

la

strada,
storia,

ma

senza neppure avvedersi degli intoppi che


fonte di poesia,

erano.
si

La

come

venne innanzi
il

di suo piede,

pu

dire,

perch era
dispetto

giunto

il

suo tempo: e

primo che se

la trov in casa a

di Aristotele,

come materiale
il

tradizionale da sostituire a quello delle


il

leggende antiche, fu

Trissino. Il quale le apr

passo senza
di

ca-

pire l'importanza di quel che faceva e per pura ragione


dit.
Il

comoche,

3Ianzoni in quel suo

discorso sul

romanzo
tuttora

storico

mio

avviso, l'occhiata pi profonda e

conchiusiva lanstiamo
si

ciata

da un moderno sullo spirito dei tempi che

studiando,
di

ha appagato, con quel suo ironico buon senso che


romantico tedesco:
Schlegel.

vergogna
d'

dover parere acume, talora, una meravigliata curiosit


lo

un famoso
oltre

(Bisogner

poi che

pi

cer-

chiamo

di

vedere un po' chiaro in quell'interessantissima questione:


il

quanto e fino a che punto


tedesco). Dice lo Schlegel
:

notabilissimo

Manzoni conoscesse come

del
il

romanticismo
coro nel suo
dal

Trissino, che si
il

picc di osservare le forme antiche fino a introdurre

componimento,

si

sia ardito di trasportare la tragedia


(').

dominio

della mitologia in quello della storia

Osservazione alla quale

il

Manzoni venne
certo

a dare

una implicita

risposta con un' altra che assai profonda


essere, allora, a tanti sfuggita,

non

ma

che,

per

non

riesce a vestirsi di cos domestici

panni che non

e' ispiri

un

po' di soggezione.
critici

E non

so

- dice
le

il

ManAri-

zoni - se alcuno o de' poeti o de'


stotele

che nella Poetica di

credevano doversi trovare se non tutte almeno


dell'arte,
s

pi impor-

tanti

norme

abbia notato

il

silenzio assoluto
[il

del

maestro
il

su questo punto

importante per loro;

modo
;

di

atteggiare

meraviglioso nel poema epico ispirato dalla storia]


essi

silenzio che ad

doveva parere strano e che parr naturalissimo a chi pensi che


la questione

quando Aristotele scriveva,


non
l' i

non era ancor nata e

forse

si

poteva prevedere. Aristotele parla dell'epopea omerica, delal

epopea praticata e conosciuta

suo tempo, di quella che prendeva


il

soggetti dai secoli eroici, soggetti nei quali

meraviglioso era in-

(')

G. SciiLKaEL:

Corso di Letteratura drat/imatica, Lezione IX.

IL

PROBLEMA DEL

PICCOLO.MLVI E

DEL MANZONI

175

nato.

Era quindi per Aristotele una cosa

sottintesa.

Fu
(').

dall'

aver

l'epopea presi per soggetti avvenimenti di


origine questa questione la quale
il

tempi

storici

che

ebbe

non pare aver


di notte
;

fine

Quindi

Trissino fece

come quei che va


la

infil

una strada nuova


di

credendo che fosse

vecchia e

solita.

Aristotelico dei primi tempi,

cio stretto alla lettera della

Ilo'.rjr'.xfj,

come codice

regole

purafra

mente formali,
forse,

egli

non sospett alcuna difierenza sostanziale

storia e leggenda (avrebbe potuto sospettarla,

ma

allora sarebbe stato,

un grand' uomo)

e fece dello scegliere o V

pura questione

di comodit.

poich a

lui,

una o V altra una (uomo erudito e cuore


d' essa

arido la sua parte) la storia poteva riuscire pi gradita ed era certo

pi comoda che le antiche leggende,


e,

si

valse

ingenuamente

con

la

<

Sofonisba

>

e l'Italia Liberata >, colm d'

un colpo due
:

dei principali vuoti classici deplorati nella letteratura italiana


t'

tan-

era lesto

come
le

disse appunto
alla lontana
si

il
l'

Manzoni

(*).

Pare che

egli

non

sospettasse
tragico
;

nemmeno

elemento religioso insito nel mito


i

angustie in cui

sarebbero trovati

prossimi posteri
egli, il Trissino,
il

rimettendosi a bazzicar con la storia in poesia.

Ma

aveva ben

diritto di sentirsi in regola

con Aristotele,

quale parla
dal
poeta

bens di differenze fra storico e poeta,


jjoeta

ma

di

storia

trattata

non parla

e dice

manifesto che non ufficio del

rappresentare le cose quali veramente


potuto essere, quali sono possibili
necessit: che
il

furono
la

ma

quali

avrebbero

secondo

verosimiglianza e la

poeta e lo storico non differiscono fra loro


si

perch

r uno scrive in prosa e F altro in versi, imperocch


dere in versi l'opera di Erodoto e non sar

potrebbe sten-

che senza

versi,

ma

ben differiscono in ci

meno storia in versi che F uno narra le cose

realmente accadute e F altro quali potrebbero accadere. Quindi la poesia qualche cosa di pi filosofico e pi elevato della storia, imperocch la
poesia
lari.
si

tiene piuttosto

all'

universale e la storia discende ai partico:

L' universale cosifatto

un

tale di tal indole

accade di dire
e della

fare tali cose secondo le leggi


cessit, al
il

della

verosimiglianza
le

ne;

che mira

la poesia

distinguendo

persone con un

nome

particolare invece quanto ha fatto e ha sofferto Alcibiade

(').

"^0

Aristotele

non avesse tenuto per

inteso che lo storico e

il

poeta

p.

C) Alessandro Manzo.ni; Prose Minori Discorso sul 215 (Sansoni 1897).


(-}

Romanxo

storico

Id. p.

205.

Aristotele: ed.

cit.

p. 17-18.

176

CAPITOLO XUI.

attingono, a ogni modo, a fonti diverse, qualche osservazione sul


di comportarsi nel caso che
fatta.
l'

modo

uno
l'

fosse fonte

all'

altro

l'

avrebbe pur

Ma
gli

egli teorizzava

avendo

occhio ai poeti del suo tempo che

non
in

potevano dare di questi pensieri. Anzi, a certo punto, come


parentesi, egli fa

una

un accenno

esplicito a questa ipotesi, ispi-

ratagli,

secondo probabile, dai

Persiani di Eschilo, opera

sin-

golarissima di celebrazione nazionale e quindi extra legem.

Tant'
di cose

vero che neppure

parla di argomenti
.

tolti

dalla storia

ma

realmente accadute

Che

se d' altro canto - egli dice - gli toc-

casse di poetare sopra cose realmente accadute,

non cesser

egli

per

questo di essere poeta, perch niente impedisce che alcune delle cose

realmente accadute sieno


possibilit del loro

tali

da recar seco
in

la verosimiglianza
le

la

avvenimento ed

quanto cos

imita egli

ne

sar

il

poeta
,

(').

Ma
si

come

si

vede, una ipotesi estranea agli elementi ai quali

ispira la sua teoria.

Eppure a questo bisognava


l'

arrivarci nel

secondo periodo
dall'et
dei

del-

umanit che

si

viene lontanando sempre pi

miti e
co-

che, negli anni di cui parliamo, acquista

una sempre pi acuta

scienza storica.

proprio su questo punto, che cosa sia la storia e

come

essa

si

presenti al vaglio della poesia - della grande poesia -,

fiorisce un' idea

nuova

e possente destinata alla letteratura

ma

con-

trollata sullo studiato mistero dell'

uomo
il

e del

mondo

un' idea che

scinde in due campi irreconciliabili

pensiero nostro e quello ger-

manico che
idea

allora fermentava e si preparava minaccioso.


ha,

Ma

questa

non ha che vedere con Aristotele ed

con

la

sua Poetica, un

molto convenzionale addentellato.


e spesso

tuttavia fu essa che, fra le tante


il

vane e

facili

regole aristoteliche, insinu


difficile

bisogno di troil

varne una cos astrusa e

che su quella, e non per

calun-

niato aristotelesimo letterario, Torquato Tasso impazz.

Prima

di quel
i

tempo una
i

tal

questione non aveva potuto


Silio
Italico,

sor-

gere che fra

Latini

quali,

con Lucano e con


di

ave-

vano creato una povera specie


storia gravata di mitologia.

poema

storico

che

poi

era

una

Ma
il

una

teoria in

proposito

non
il

l'ave-

vano

lasciata

restavano solo qualche frase di Cicerone, e


quale,

sintetico

giudizio di Petronio Arbitro

non trovando molta

diversit

(>)

Id.

p.

19.

IL PROBLEJIA

DEL PICCOLOMDCI E DEL MANZONI

177
a non

di materia fra lo storico e

il

poeta, consigliava quest' ultimo

spellar le

mani

sui ferri dell' altrui mestiere.


historici feciunt >

Res gestas versibus


Il

comprehendere longe melius


evo
poi,

(').

nostro

medio-

aprendo

alla poesia tutte le strade,

aveva sottomessa a quella

la storia

come

la scienza.
o,

Ripensate alla sintesi dantesca

se vi par meglio, al Petrarca

per cui r Africa > non era che un episodio verseggiato d' un suo grande
libro storico che

doveva cominciare

da
il

Romolo

e giungere a

Tito.

Omero

cos predice in

sogno a Ennio

futuro poeta storico:

Hic quoque magnorum laudes studiosus avorum


digeret estrema relegeus ab origine sortes

romulidas, vestrumque goniis. sermone soluto


historietis.

titulosque viris et
il

Domioa reddet

(-).

Ma, poco prima,


chiaro
:

Petrarca

si

esprime

in

modo anche

pi

Quidquid labor historiarum

est,

quidquid viitutum cultus documentaque vitae.


naturae studium quidquid, licoisse poetis
erede
Il
s'
{^).

rinascimento, infatuato del romanzesco e assente


:

dalla

vita,

era dimenticato della storia

dei diritti di essa rimane appena

non

so quale ironica reminiscenza nei versi del Pulci anarchico


giatore di ogni pi rispettata tradizione romanzesca.

maneg-

so che andar diritto

mi bisogna

eh' io

non

ci

mescolassi una bugia

che questa non istoria da menzogna


che, com' io esco

un poco

dalla via.

chi gracchia, chi riprende e chi

rampogna

^*).

Ma
tivi di

ora la questione, risuscitata dal Trissino e dai primi tentaepico,

poema

trovava

d' intorno
>

a se

ben

altra

risonanza.
ai
fatti

Rappresentare secondo V universale

voleva dire dare

e ai

personaggi un contenuto ideale rispondente a una complessa veduta

(')

Petronio Arbitro

Satyricon cap. 118.

(2)

Petrarca
di

Cfr. GitrsEPtE,
S.

Africa^ Padova 1874, Voi. IL libro EX. v. 257-260, p. 394. Kirxer: Sulle opere storiche di Fr. Petrarca Annali della R.
:

Normale
(')

Pisa
1.

voi.

XEU.

e*)

v 97-101, ed. cit. p. 387. Moro ASTE Maggiore c. XXV. ott. 116.
Africa
9,

ToFPANix.

La

firn

dell'umanesimo.

13

178
morale dell'universo da cui
narsi.
facile,

CAPITOLO

XIII.

la poesia

non aveva

diritto

di

allonta-

Fermandosi
perch
il

al mito,

per, la cosa poteva riuscire

abbastanza

mito presenta gi un materiale universalizzato. Di-

fatti il Robertelli,

che aveva l'occhio agli antichi, se n' era uscito con

una interpretazione da buon umanista, vaga ma coerente: il poeta deve descrivere Ulisse non quale fu ma ab omni parte absolutus,
qualis describi solet a philosophis

Ma, con quei personaggi antichi

e con la storia leggendaria, la cosa facile e senza pericoli. Se in-

vece

si

toglieva l'argomento dalla storia^ quella facile soluzione di-

veniva ardua all'estremo. Perch, posto che la storia


il

non presenti
videro
il

personaggio gi cos universalizzato

(e

pi

savi

subito

l'assurdo di questa ipotesi)

come
Ecco

si
il

dovr comportare

poeta? Do-

vr manomettere
il

la storia?
il

punto in cui videro cos a fondo

Piccolomini e

Manzoni.
al
il il

Fra
fu,

primi a negare
il

poeta un tale diritto di manomissione


quale, scrivendo sotto
la

eh' io sappia,

Muzio,

impressione

del disastro trissiniano (tra


la fine del

1548

il

1551)

(')

vaticinava, perci,
so-

poema

epico assunto dalla

storia e

propugnava una
suo

luzione pi buona in teoria che possibile in pratica. Egli ragionava


cos: nella

commedia

lo

scrittore

pu

inventare

il

argomento

senza scrupoli, perch, trattandosi di casi umani possibili ogni

mo-

mento, egli potr con

facilit scoprirvi il lato giusto


si

e sano e l'in
.

segnamento

di

ci

che fare e che non far

debbia

Con

la tra-

gedia, invece, la cosa molto pi difficile, perch essa ci prende la

mano. In quelle
tanta parte,
in essa:

grandi

catastrofi,

in

cui

il

caso

ci

appare

aver

non sempre

facile scoprire

un

significato ideale.

Poich

si

scopron di fortuna

gli

esempi miserevoli ed orrendi,

(si

ponga mente

alla parola

esempi)
la

convien fortuna averne

sua parte

con pericolo che, se

il

poeta
il

si

affida alla fantasia, questa faccia

la^

parte del leone. Quindi

poeta comico inventi pure,


storiche.

ma
i

il

tragico

no

lavori

intorno a cose

D' altra parte, per,

fortunosi

(')

Muzio Giu8TIXoploitano

Rime

diverse Arte poetica (lobi).

PROBLEMA DEL PICCOLOMINI E DEL MANZONI

179
si

eventi della storia mostrano sempre che fare e che non far

debbia ?

Non

tutti!

Non sempre! Questa


che

pare al Muzio la ragione:

la tragedia suole

fare agli usati titoli ritorno

e rimanersi fra poche famiglie [frase aristotelica].

Non
li

usa di montar

gli alti coturni

la nostra etade; e per

appena tocchi

hanno

nostri poeti 0).

Ora, se questo avviene per la tragedia, perch


venire qualche cosa di simile per
luta alla storia impossibile,
il

non dovr avfedelt

poema epico? La

asso-

come dimostra l'esempio


campo

del

povero

Trissino
(quel che in versi condusse armate in

e quinci e quindi le
isterico fra
i

romane squadre
rimase)
la storia.

versi

si

lecito,

d' altra parte,

mutare

Si

crei

quindi,

per

il

poema

epico,

un non
si

so quale ambiente storico leggendario simile a


la tragedia, valendosi di fatti

quello in cui

mosse prima
e
li

remoti e

mal determinati,
Egli spiega:

si

rimpolpi con la fantasia secondo l'universale.

Lascia
sotto

il

vero

all' istoria

e,

ne' tuoi versi,

nomi privati all'universo mostra che fare e che non far si debbia.
V

In che

modo

Quinci prender dovrai soggetto antico

onde favoleggiar senza contrasto


possa tua penna e trar di cielo in terra

Giove e Minerva e dare


che
il

lor consigli,
i

poema
si

divin

ne senza

Dii

poetar

conviene ...(*).

Consigliava, quindi, di trattare questi argomenti di storia incerta


alla
rati,

maniera del romanzesco. Nel qual giudizio mi


pili

sembrano
alla

sfio-

che toccati,

diritti

della storia

per

rispetto

poesia.

L' esempio del Trissino lo persuade che storia e poesia

andare d'accordo:
tica,

il

buon

senso, pii che

non possono una meditata ragion crigli

lo avverte la niateria

che

la storia

non pu essere liberamente maneggiata


appare risolvibile

come

romanzesca. La contraddizione

(')

Id. p.

73.

(*)

p.

81.

180

CAPITOLO

XIII,

con quella trovata degli argomenti storico-favolosi


che non
si

cara

ai

profani

sono provati a metterla

in

pratica.

Perch, a guardar
?

bene, questi argomenti di storia favolosa esistono davvero


sono, chi

quanti

non voglia far ritorno al gi sarchiato campo delle leggende? Difatti, quando gli accademici della Crusca, fedeli a questo

comodo concetto
il

del Muzio, tentarono di valersene

contro

il

Tasso,
ai

pi famoso difensore di questo pot rispondere vittoriosamente


:

Cruscanti

Se questi

siffatti

soggetti di tragedia

od epopea

avuti

per tradizione o storia


lentemente
trattati dall'

iicerta,

sono

stati

per avventura

tutti eccel-

ingegno

de' poeti de' secoli addietro, che deb-

bono fare coloro che nell'et nostra hanno


rannosi con
le

spirito
il

di

poesia?

Stala

mani

alla

cintola ?

(').

Se

Muzio prevedeva
degli
vita

fine della tragedia perch limitato era


Tiesti,

il

numero

Edipi e dei

neppure l'epica avrebbe potuto avere lunga


d'

perch di

guerre d Troia e di fughe


i

Enea non
il

ce n' era molte. Sicch, tra

difensori del rispetto alla storia,

pi vicino a metterne in luce


il

le ragioni ideali, resta

sempre

il

giudiziosissimo Maggi

quale, tutto
tesi

pieno di sentimento religioso, porta in favore della sua

un
onde

aregli
gli

gomento pi ingenuo
riesce

nell'

apparenza che nella sostanza.


l'

Anch'
:

vuole che fine della poesia sia

espressione dell' universale


il

un

po' diffcile

ammettere che

poeta possa allontanarsi dalla

storia e inventare

come
il

fece Agatone. Sar

pur

possbile - dice

il

Maggi - ma ne
sponde
il

risulter

un

diletto

minore.

perch? Perch -

ri-

Maggi tratta d

lettore o lo spettatore

quello che ode o che Tede.

Ma come?

vien fatto

non potr ragionare su d rispondere: ci


s

quando
is

si

un personaggio
sit novt,
:

poetico

non

su egualmente? Al Maggi pare di no.


qui cuus imitato
est
et

gtur - egli
et

pu ragionare osserva addiscere

ratiocinatur

discit,

autem iucundum
tato est,

utique qui actonem novt, cuus fabula imiafficietur,

malori voluptate
ratiocinar

quam
(').

is

qui

eam
il

ignorat quo-

niam de ea

non

potest

Secondo

Maggi, dunque,
fatto

bene che lo spettatore sia sicuro della storicit


sentato e magari
diletto.

del

rappre-

lo

conosca gi prima. Allora ne trarr


diflicle

veramente
op-

(S
s'

vede subito che non pi

sostenere la tesi

posta e

immagina che

fu sostenvita in realt).

degli accademici della (') Replica di Camillo Pellegrino alla risposta Crusca fatta contro il dialogo dell' Epica poesia (Mantova 1586) p. 46. (*) Maooi: op. cit. \. 134.

IL

PROBLEMA DEL PICCOLOMIXI E DtX MANZONI

181

Ma
formula

chiaro che
i

il

Maggi, assai alieno

dal

controllare,

neUa

pratica di poeta,

suoi concetti di teorico,

non esce dalla

cinta della

aristotelica, in cui

basta interpretare la

questione dell'uniil

versale e del particolare. Egli interpreta, e bene, che

poeta

deve

far risaltare dal dato storico la sostanza ideale (l'universale),


si

ma non
ci

rende conto che lavorando, poeta e storico, sul dato medesimo,

saranno, per quello, delle leggi particolari di cui taluna potr


tere in pericolo proprio
il

met-

rispetto alla storia di cui egli

si

fa pala-

dino. In questa incertezza

medesima

ci

lasciano

tutti

gli

amici e

successori ideali di lui

il

Varchi, per esempio, che gli


di interpretare la
lettera

cammin bene

da presso finch

si tratt

aristotelica,

ma
moRiil
(').

che, di fronte alla


str, nelle allusioni

questione
fattene,

sul
di

modo
si

d'atteggiar

la

storia,

non vederci molto pi


dolse

chiaro.

cordate?

Parlando

dell'Ariosto
<

che egli non condusse

suo poema a quella perfezione

che forse poteva e cerio doveva

Donde parrebbe che


romanzesca
secondo
il

l'

Ariosto avrebbe dovuto ridurre l materia

tino a

esprimerne quel significato ideale in cui consiste,


:

Varchi, la perfezione

ma

se avrebbe potuto,

poi, sfigu-

rare una materia ormai quasi storica

come

la tradizion

romanzesca,

cosa che pare dubbia

perfino al suo

tardivo

revisore.

Anche

lo

Scaligero, per Fistessa ragione, combatte

grigio materiale

storico

una poesia che sarebbe una vana poesis


il

costruita
historica,

col
e,

fedele al suo culto della ragione, vuole che a condurre con essa

poeta la elabori

fino
>
(*).

mores animorum
altri,
il il

ad

rectam

rationem

Non meno
le cose

furbo degli

Minturno vuole che l'Istorico narri


poeta

come sono avvenute,


>
(*).

mile dovessero avvenire


niva
si

Dove

come conveniva o par verisichiaro che il come conve anche sicuro che
il

riferisce all' effetto

morale

ma

Min-

turno parlava senza pensare al


tanto
il

modo

di mettere in pratica la teoria,

suo gusto poetico era lontano dai territori del poema epico.

>tra,

Non fa poi meraviglia che i pi intransigenti dell'estrema deil De Nores e il Summo per esempio, sieno passati accanto a

questa gran questione senza avvedersene e senza restare colpiti nep-

pure dai clamori deUa polemica tassesca. Nell'ansia di ridur tutto


a exemplar o simulacrum virtutis, essi, che a ci sapevano ridurre

(')

Vabchi: op.

cit.

p. 585.
p.

{-)

ScALiGEHo: op.

cit.

347.
cit.

(^ MiXTCRSo: Arte Poetica gi

p. 39.

182

CAPITOLO

XIII.

non

solo

Ulisse ed Enea,

ma Nerone

e Caligola, se
i

li

avessero avuti

per protagonisti, naturale che non avvertissero

diritti della storia

e non riconoscessero in quella se non un vivaio di simboli. non aveva attribuito questo metodo a Omero? A esempio
gi ricordato
il

S. Basilio

di ci

ho
ri-

Viperano

che,

per difetto di

argomenti migliori,
(^)

metteva in onore l'interpretazione allegorica


gliando al poeta

di Virgilio

riconsi-

questo

freddo

strumento

al cui

contatto avvizzibrulli

scono
cippi,

i
i

variopinti prati della storia e restano in piedi,


concetti morali.

come
della

A
storia,

mettere nei suoi termini veri,

in

teoria,

la

question

venne Alessandro Piccolomini.


uomini
all'

Ma, come questo lavorio

di

religiosi intorno ai rapporti

fra storia e poesia, mette capo

affermazione del Piccolomini, cos


dell' arte,

queir istessa questione, negata o disconosciuta dagli edonisti


mette capo alla negazione del Castelvetro.
I

due

uomini

rimasero

come

sintetizzatori delle
il

due opposte tendenze


l'

fra le quali si trov

sospinto
nemici

Tasso che chiam


.

uno

1'

altro,

non per non


lo

ischerzo,

suoi
alla

Che
il

gli

edonisti dell' arte,

quali avevano preso cos

leggera tutto

restante

lavorio

aristotelico,

fossero disposti a

prendere troppo sul serio quest' altro impaccio accattato, naturale.

Vedete

il

Robertelli che,
il

finch

il

poeta
si

tir

per

mano

spiegare l'universale e

particolare, ci
si

adatt e riconobbe l'im-

portanza della questione: ma, quando


gli

tratt di

andare pi

oltre,

parve che non ci fosse. pi nulla da spiegare e conchiuse: Dictum est ante poetam vel ex se fingere, vel arripere unam actionem veram C). Lo Speroni, formalista puro, che tuttavia s' aggir con pi
costanza di ogni altro intorno a questo punto della Poetica, ne aveva
fatta

una pura questione


s'

di fedelt a

Omero, disconoscendo perfino

Virgilio che

era attenuto alle regole

meno

di quello

(^).

Ma

dello

spirito della storia e della poesia


si

aveva capito assai poco, a quel che


Giraldi

legge in
Sotto

lui.

r impressione

del disastro trissiniano,


d'

il

ferrarese

aveva negato con pi clamore


della storia: a lui

ogni altro che

ci fosse

un problema
i

avevano

fatto

eco a Ferrara ed a Firenze

di-

(')
('')

Viperano: op.
ROUKBTELLI:
Speroni: op.
p.

cit.

p.

73-4.

491.
p.

cit.

201, Voi. IL

IL

PROBLEMA DEL PICCOLOMINI E DEL MANZONI


quali miravano a sostenere

183

fensori dei
tit

poema romanzesco,
con V eroico
:

T idenad

di questo

e figuratevi se essi potevano ammettere

una questione
sto in qua.

storica la quale, se

non
i

altro,

li

avrebbe

costretti

aprir gli occhi e riconoscere quanto

tempi erano mutati dall'Ario-

Per loro

il

poema

era sempre

un

bel gioco
la

della

fan-

tasia: accettavano quindi

con molta larghezza

proposta
la

storico-

leggendaria del Muzio che poneva loro tra


leggenda. Onde, pi tardi,
il

mano

storia

come

la
il

molto significante dialogo f^ essi e

Pellegrino difensore del Tasso.

Voi - diceva

il

Pellegrino

considerate la materia dell'eroico


:

come

quella che la gente prende per canzoni di canta in banca

romanzatori - dice l'Alunno - essere quelli

che

sopra

le

panche

cantano per
citt d'Italia

le piazze.

come
nel

in

Et non solo nel r^no di Napoli, ma in altre Roma, romanzatori vengon detti ciarladori o
strumento,

ciurmatori

che

pubblico, a suon di lira o di altro


.

cantano rime o versi


cotali

Cruscanti rispondevano

Appunto

devono essere

soggetti

delle tragedie e dell' epopea ...

Tutta gente, questa, che alla storia dava poca importanza.

Il

Castelvetro, ferrarese d'educazione, ribelle per istinto,

nega-

tore delle finalit morali dell' arte con

animo

d' eretico,

non

fece che

cercare di porre

il

suggello d'una sistematica


il

interpretazione

della

Poetica alle idee di costoro, verso

1570.

Negata importanza
agli effetti del

alla catarsi, alla rappresentazion psicologica,


ci

bene e del male, neg pure che


della sua rabbiosa

fosse

una question

della storia. Scrivendo nella patria del

poema, fece convergere specie


sofistica.

su questo punto

gli strali

Ma non

fii

neppure originale, sovente volle esser


fisticherie

tale per forza e

cadde in so-

meschine ed

inutili.

Straccio le cartelle, in cui le

avevo

notate,
di

per

un

riguardo
capitolo,

verso

il

lettore che, gi stufo delle cose noiose

questo

non ne vedrebbe venir avanti


si

volentieri di affatto inutili.

Ma come
certo,
gli

spiega che

il

Castelvetro passa fra gli studiosi

moderni per uno


antipatia

dei pi rispettabili e originali autori del suo


oltre

tempo ? Gli giov,


cui

un

particolare studio del Fusco, la

moderna

per

scrittori

imparentati con la controriforma conti'o


di

il

Castelvetro

ha fama

aver difesa

la libert dell' arte.

questo potrebbe essere

(')

Pellegrino

op. cit. p. 45-6.

184
vero
titolo

CAPITOLO

XIII.

di

onore se
si

la

difesa

fosse

assennata e originale
l'

ma
Ep-

quando, leggendo,
oppositori,

vede che essa supera in grettezza

opera degli
?

come

si

fa

a tenergli conto delle buone intenzioni


il

pure, vedete, perfino

rettissimo Spingarn,
sa,

il

quale, di solito,
si tratta

non

afferma se non ci che ha veduto e che


stelvetro gli attribuisce, con ha.
i!^ei

quando

del Ca-

una

citazion

monca, un merito che non


il

rapporti fra storia e poesia - egli dice -

Castelvetro

si

allontana non pure da Aristotele

ma

dalla

maggior parte dei

critici

contemporanei allorch afferma che l'ordine della narrazion poetica


la favola - scrive

pu essere uguale a quello della narrazione storica Nel formare - non dobbiamo aver niun riguardo a principio
.

a mezzo a fine

dell'

azione

ma dobbiamo
noi

diligentemente considerare
cio
diletto

se atta ad operare quello che

cerchiamo,

negli

uditori per narrazione di cosa fortunosa possibile ad avvenire e

non

mai avvenuta

(').

pensare che questa presunta ribellione


di vita e risaliva,

alle idee correnti

aveva

ormai quasi vent'anni

nientemeno,

al Giraldi, il
l'

quale, in quella sua cosidetta prefazione al


in giro

Cromwel,
:

aveva messa
per
pre-

come rimedio
un' assoluta

agli

sbagli

del

Trissino

e aveva

supposto

incomprensione del pensiero

aristotelico.

Ma
cuna

che principio mezzo

e fine! -

aveva gridato

costui -.

Se dalla
si

questo eroe diede segno della sua grandezza, dalla cuna

devono
con

cominciare

le azioni della

sua vita che


il

(').

Aveva provata
voluto

poi la sua
dire

incapacit di intendere

ci

maestro avesse

quel caotico poema


Il

dell' Ercoleide.

Castelvetro

non

fece

che

ispirarsi a quelle

facili

idee

del

mondo

ferrarese offuscandole con maligna sofistica e

dandosi l'aria

di dedurle

da una diretta profonda indagine della poetica.


il

Ma

la sodi

stanza loro
giustificarsi in

vecchio edonismo dell'arte


teoria e

il

quale,

ora,

cerca

una

non

ci

riesce.

Differenza fra storico e poeta?


dall'

Ma

nessuna di

quelle
l'

indicate

estrema destra

Non

che
il

il

poeta rappresenta secondo

univer-

sale e lo storico secondo

r ordine naturale dei fatti e cosa - egli ripete - a me non par dire Aristotele ancora che conceda per via di digressioni
si

non che quello conserva questo ne crea uno artificiale. La qual


particolare,

possano toccare delle cose

del

prin-

(')

Spingabn: op.

eit.

p.

4i.

(')

Giraldi: op.

cit.

p. 25.

IL

PROBLEMA DEL PICCOLOMIM E DEL MANZONI

185
si

cipio e del fine,

quando

la cosa fosse

troppo lunga se

prendesse

tutta, non essendosene presa se non una parte.

Ora

non

possiamo

credere che sia differenza tra l'ordine del narrare

historicamente e

r ordine

di narrare

poeticamente

perciocch se la poesia com' cosa

rappresentante riguarda nell'historia


tata,

come

in

una cosa rappresenlei nell'

per qual ragione dee essere differente da

ordine

? *

(').

Quand' cos, pensiamo noi, la storia raccontata in bei versi


essere poesia....
Affatto
!

potr

- risponde
i

il

Castelvetro

non

solo la storia,

ma

nep-

pur quella che


essere poesia.
Italico

poeti storici e naturalisti trattano poeticamente

pu
Silio

Onde sono

esclusi dal novero dei poeti

Lucano e
delle

come Lucrezio, Empedocle, Esiodo


si

il

Virgilio

Geor-

giche (^.

Allora tori

osa proporre timidamente - avevano ragione


il

loda-

di

Agatone che os inventare


affatto -

suo argomento da capo a fondo...


sofista
-.

Niente

ribatte

V implacabile

Le favole

di

tutte le tragedie o

epopee sono e deono essere composte di accidenti


Aristotele
si

che si })ossono domandare historici - avvegnach

abbia

diversa opinione per alcune altre ragioni - perciocch


storia

sa per hi-

per fama essere avvenuti

C).

E
sponde
sta,

perch dunque?
la poesia

ci

si

azzarda chiedere.
il

Non pu
il

prendere

suo argomento dalla storia -

ri-

Castelvetro - perch, essendo quella in tutto simile a quesi

non

avrebbe modo di distinguere

l'

una

dall' altra

e la storia

sarebbe poesia.
gione, la quale

Non

pu, d' altra parte, inventare, per quest' altra ra-

non significa nulla ma d modo al Castelvetro di plagiare il Muzio dandosi l' aria di dedurre la sua sapienza da assai maggiore profondit. Le cose incerte e non pi avvenute non bastano per soggetto alla poesia; perciocch la favola della tragedia e

dell'epopea

non

si

pu

costituire se

non

di
il

cose

avvenute e cono(*).

sciute, cos richiedendo lo stato reale sopra

quale ella fondata


po' incerta, velata

Scelga quindi

il

poeta argomento di fama

un

di
si-

leggende e ricca di lacune e lo ricostituisca

colmando

queste e

stemando quelle.

La soluzione

del

Muzio che

il

Castelvetro

si

guarda bene dal

(*)

Castelvetro Ludovico
p.

Poetica d' Aristotele mUgarixxata e sposta (Ba211.

silea

1576)

155-6.
(2)

p. 28.

p. 189.

(*)

p.

186
ricordare:

CAPITOLO

XIII.

ma

il

Muzio l'aveva propugnata appunto perch vedeva


differenza tra storia e poesia e intravedeva che a

una fondamentale

quella spetta di esprimere

un universale che
il

la
!

storia

nelle

sue

fredde pagine non presenta. Per


piace,

Castelvetro no

lui questa idea

non perch riconosca differenza sostanziale

fra quelle

due forme

del pensiero,

ma

perch, cos,

il

poeta avr

modo

di mettersi in
le

gara

con

lo storico sullo stesso terreno e di

emularne
agudeza

gesta

facendo
rassolei

prova della sua valentia e della sua


miglianza
dell' historia e

La poesia

segue

le

sue vestigia tutte essendo da

differente oltre al verso solamente nella materia, che la


sibile

sua

pos-

a avvenire m.a non avvenuta

quella delV historia gi avtragedia


ecc.

venuta
e della

('). Laonde da conchiudere che la favola della commedia dee contenere una azione di una persona

non
(^).

per necessit
Vedete dove
chio
il

ma
si

per dimostrazione dell'eccellenza del poetai


passo
in
l'

va a cacciar l'eccellenza! Di questo

che
oc-

cosa consiste quell' altra verit a cui, secondo Aristotele, dee aver
il

poeta [questo narra le cose


il

verisimile e

necessario, lo storico

come dovrebbero essere, secondo come sono, secondo il parti-

colare]? Semplicissimo.

Lo

storico l'ha gi tra

mano
il

la verit e

non
con

dee rompersi

il

capo a cercarla per induzione,

poeta

colma

questa le lacune del suo argomento arzigogolando secondo verisi-

mile sieno andate

le cose.

L' Historia in iscrivere le cose avvenute

non ha bisogno

di

riguardare n a verisimilitudine, n a necessit;


in

ma

riguarda solamente alla verit. La poesia

iscrivere

le

cose

possibili a avvenire riguarda, per istabilire la possibilit, alla verosi-

militudine e alla necessit poi


rit-
(').

che

non pu riguardare
del

alla

ve-

Son
bel

tutte di

questo genere le novit

Castelvetro, plagiario

in veste di ribelle.

Come

poi sia stato

possibile
della

vedere

in
teoria

questo
della

modo

di ragionare

un precorrimento

moderna

poesia
si

come

intuizione del particolare, cosa che stupisce

ma

che

spiega. Il

problema della

critica letteraria

blema

a s - e

come poteva

essere cos ? -

ma

non nasce come proper impulso di comson


guai.

plesse inquietudini ideali e religiose frammisto e subordinato a quelle.

volerne fare la storia

prescindendo

da

osse

D' altra

parte chi, accettata la teoria dell' arte

come

intuizione del particolare,

abbia dell'intuizione un'idea profondamente immanentista, prova por.

()

p. 178.

CO

p.

187.

(')

Id.

IL

PROBLOIA DEL PICCOLOMIM E DEL MANZONI


inframettenze
i

187
si

queste

originarie

religiose

notevole

repulsione,
e,

ostina a ricercare

suoi

precursori

al di fuori

di esse

quando
po' del

incontra qualcuno che le abbia negate, magari per leggerezza, subito


disposto a trovarlo simpatico e a
regalargli,

se

capita,

un

proprio pensiero.
ostile,
ci si

Come

avviene, insomma, se, in

terra straniera ed

faccia incontro

un concittadino
l

che, in patria, putacaso,


si

ci

sarebbe pareo ottuso: ma,

per

l,

ci

intorbida

la

memoria
confiri-

delle sue pecche e lo

troviamo d'improvviso acuto come un

dente. In realt

il

Castelvetro, nella sua apparente

vicinanza al
Guarini,

nascimento, rappresenta,
sfacelo di esso a questo
critica.

ancor pi

del

Giraldi e del
di

lo

primo formarsi

una complessa coscienza


di

Perch quel meschino e ridicolo concetto


timo segno
rire),

gara fra storico e

poeta, e di prova di abilit da parte di quest' ultimo,

non che
del

l'

ul-

di vita, dato in pretensiosa veste di teoria (prima di


i

mo-

dal pi ingenuo tra


:

vaghi

presupposti

critici

rinascialtri.

mento

dal pi ingenuo

ma

pi riconoscibile e afferrabile degli

rinascimento, innamorato della bellezza per la bellezza,

non
deve
quello

co-

nobbe, per esempio, in poesia, n traduzione n imitazione: concetti


^soppiantati e compendiati da quello di gara.

Al quale
(per

si

se
di

[qualcuno dei pi
;!loridano e

belli episodi dell'Ariosto


(a

esempio

Medoro),

mio avviso) leggermente


all'inattesa

sfigurato dalla

smania di tirar dentro Virgilio e Omero e di gareggiar con loro in

forma
[edoro

volgare.
:

Ripensate

lunghetta

invocazione

di

santa dea che dagli antichi

nostri...

quale rimase famosa appunto perch, come stonatura, spicc.

L'idea di gara

si

pu

dire,

il

tacito leit-motif di quelle

geri-

Fnerazioni di poeti che sentirono la poesia

come cosa perduta, da

itrovare pi che da ricreare; e forse, chi volesse proprio


ri

concretare

sentimenti critici del rinascimento, dovrebbe cominciare da questo.


l'

fD non diversa natura

ingenuo concetto del Castelvetro che


il

alla

[question dei rapporti fra storico e poeta, applic


le,

principio di gara
di

lungi dal presentire

le idee

moderne,

s'

imped

capire

quelle

;del

suo tempo.

Chi invece - e proprio sul punto della storia - riusc a chiarrire,

finalmente, in che cosa consistesse la filosoficit della poesia gi

188

CAPITOLO

XIII.

proclamata tante volte a sproposito, fu Alessandro Piceolomini. Egli


vide r inconsistenza della teoria
del

Castelvetro,

liber,

quant' era

possibile, dai pregiudizi e dalle ipocrisie di quell'inquieto


storico,

uno

degli impulsi vitali della controriforma e gli

momento die modo


Dire
e

di farsi strada verso le lontane foci del nostro

romanticismo.
dir

che in lui l'idea sia tutta lmpida e precisa

sarebbe

troppo

noi vedremo di riassumerla senza aggiungere n togliere nulla. Egli

doveva pur valersi del pregiudicato

linguaggio

contemporaneo^

poteva in tutto prescindere da molti obbligati concetti convenzionali.

Ma, pure plasmato in questa materia,


con quello che
romantici
nostri

il

suo pensiero brilla ab-

bastanza per mostrare la sua originalit e la


i

sua

stretta

parentela contro
i

professarono e difesero
della

loro colleghi tedeschi cui gli avi

riforma

avevano

commessa
per
lui,

un' eredit di opposti impulsi ideali. Gi nelle idee del Piceolomini

a proposito della catarsi e questioni


il

affini,

vedemmo

che,

poeta,

come

creatore, deve lasciare nelle sue rappresentazioni poe-

tiche la traccia del suo

sentimento

intorno a quelle.

Dicendo

che
il

non

ci

possono essere rappresentazioni poetiche

indifferenti
il

sotto

rispetto morale, egli

veniva gi a sostenere che

poeta non mai


rivissuti

\m semplice
siero

adornatore,

ma

lascia

impressa

nei

fantasmi
pen-

l'impronta della sua universale veduta del mondo.

Ma
ma

questo

non era

l s

chiaramente espresso da non poter esser confiso con

quello di molti contemporanei, religiosi

come

lui,

incapaci

di

dare alla loro religiosit un senso


trait-d'

molto

profondo.

Senonch,

per

union tra questi suoi pensieri

e quelli altri dedicati particotal

larmente alla question della storia (ebbe


ginalit che sent
tata prefazione)
si
il

coscienza della sua ori-

bisogno di compendiarli in
il

una breve e medigli

pu prendere
che meglio
la
i

suo commento a una delle ultime

pagine della Poetica

pareva prestarsi a giustificare

edonismi dei Castelvetro e

sua presunta intuizione del particolare.


due, la grande
superiorit
del

Qui

brilla, nel

confronto fra

Pic-

eolomini.
Aristotele
si

esprime
il

con

una

immagine. In sostanza suo mezzo e


1'

egli

dice - occorre che

poema

dia impressione di organicit e di eviil

denza, abbia cio

il

suo principio,

il

suo

fine, ac-

ciocch a guisa di intero e perfetto animale possa


vista e

uomo godere

la

r apprensione
Akistotele: trad.

di tutto insieme

(').

(')

cit.

p. 47.

IL

PROBLEMA DEL PICCOLOMLST E DEL MANZONI

189
argomento
del

Gli edonisti dell' arte,

come
il

il

Gastelvetro, u trassero
si

per giudicare che, secondo


estetica estranea alla

filosofo,

potesse considerare la virt

complessa vita psicologica e morale


per

poeta

e che

il

poema, cos messo insieme

opera
abilit,

di

abilit,
il

potesse
Piccolo-

riuscire cosa intera e vitale.

Ma

questa

secondo
il

mini, legata all'intima vita psicologica del poeta

quale

non

se

ne pu valere senza svelarne un poca, onde T inevitabile


rale della poesia.

effetto

mo-

Ecco

le parole del

Piccolomini

Presa occasione
dell'Epopea
principio
il

da quelle parole di Aristotele quando dice che


vuol essere una e intiera e perfetta, con
-uo mezzo e
il

la favola
il

avere
di

suo

suo

fine,

acciocch a guisa

un

intero e perfetto
di

animale possa l'uomo godere la vista e l'apprensione

tutto

in-

sieme, presa (dico) questa occasione, vogliono alcuni spositori in lin-

gua nostra che da questa


fine della poesia

si
il

possa inferire che

Aristotele

voglia

il

non

sia

giovare o

il

dilettare e giovare insieme,

ma

lo stesso diletto solo, e

per tale essi lo tengono, escludendo

da

questo r utile di cui non vogliono che la poesia tenga conto e questa particella aristotelica
sia

hanno per loro principale scudo.


vero

Ma

quanto

lontana questa opinione non solamente dal

ma
li

anche dal

giudizio dei migliori scrittori della poetica aite, e quel che importa

pi da Aristotele stesso,
pratici dei libri suoi, e

come ben

possono

sapere

grandemente
questa

quanto poco faccia in favor


luoghi ancora

d' essa

presente particella ho io detto nella prefazione dal principio di queste

mie Annotazioni: e in

altri

(').

Appunto

nella prefazione e negli altri luoghi egli svolge, specie


storia, la

con riguardo alla


getto della poesia,

sua profonda teoria del vero come ogfinalmente


si
il

eliminando

famoso

equivoco
egli

del

Maggi, del Varchi, dello Scaligero. Or

veda come

ricondusse

a questo pensiero, tanto caro al nostro romanticismo, queir intransigente


cicaleccio della destra alla quale aderiva

molto pi in

l.

Costoro,

con l' animo sebbene vedesse non avendo saputo trovare un rapporto tra
Verit, aveil

l'inevitabile falsit dell'elemento fantastico poetico e la

vano cercato

di nobilitar

l'

arte considerandone scolasticamente

fine,

costringendola a specchiarsi solo nelle astrazioni del

Bene Assoluto,
di

facendo dei personaggi poetici

altrettanti

esemplari
di

virt a di-

spetto della realt e della storia. Cos, invece


della poesia,

dare

una

teorica

uccidevano questa sostituendovi un'idea morale, come vede

(')

PiccoLOMixi: op.

cit.

p.

369.

190
ehi paragoni
i

CAPITOLO

XIII.

loro criteri con quelli

puramente pedagogici del Conte


falso,
:

Landi. Se, per questa via, essi intendevano purgarsi dalla taccia di
attribuire alla poesia,

come suo
l'

oggetto,

il

non
ma,

le

attribuivano

per certo

il

vero e

osservazione della

realt

piuttosto,

una

ipocrita astrazione assai pii simile a quello che a questi.

Invece

il

Piccolomini pose
il

le basi

del realismo affermando che

oggetto della poesia

vero.
i

Ma
con con

quello che

il

poeta vede con

suoi occhi
col

di

poeta
(*)
;

la
dirla

conversione di esso vero col dovuto e


le parole di lui
le
:

verisimile

la conversione

del

vero col certo

a dirla

parole usate dal Vico circa due secoli dopo, con

animo non
di

sostanzialmente diverso da quello del Piccolomini.

Voi

sentite in quel

dovuto

la relativa

vaghezza

un pendel-

siero estetico profondo che

non

riesce a integrarsi in
in esso
il

una conforme
insegnava
sicch,
al

espressione dialettica.
l'

C ,

insomma,

concetto critico
la

intuizione concepita alla luce

d'una

filosofa

quale
:

che r

uomo

primi principi non pu trovarli da se

fenomeno della intuizione, partecipa tutta l'intima vita


l'individuo religiosamente intesa.
carlo,
pi3

morale

del-

Perci

il

Piccolomini,
e,
il

nell' indi-

deve pur usare un modo di dire differente

in

apparenza,

ristretto,

da quello che userebbe un moderno


della realt nella

quale lo conce-

pisse

come l'assunzione

Luce Eterna che ognuno

di noi porta dentro di s (est


tico

Deus

in nobis).

Ma

il

concetto

esteri-

che ne risulta non sostanzialmente diverso ed anche

per

spetto alle idee dei

moderni

il

vero precursore
l'idea dalla

mi pare
si

il

Piccolo-

mini.

Mi par questa insomma


il

quale

rifece,

magari

senza saperlo,

Vico quando, a base della sua

filosofa della storia,

pose

una sapienza riposta che regolasse l' uomo a seconda delle massime che egli ha apprese dalla Sapienza Volgare della Religione

e delle Leggi C). Vico - per trovare appunto frasi vichiane corrispondenti a questa del Piccolomini - avrebbe chiamato cotale cor-

rispondenxa del vero


della

col

dovuto
con
la

la

convenienxa

della

Regola

Sapienza Volgare
(*)
:

Diviia

Architetta la Provvi-

denza

concetto non pleonastico o ingombrante,

ma

fondamentale in

quella teoria del progresso e nell' architettura della Scienza

Nuova >

(')
(')

Op.

cit.

Prefazione.

Vico: Principi di
Id.
1.

una scienza nuova,

1.

I,

cap.

11.

f)

II,

cap. n.

IL

PROBLEMA DEL PICC0L03IIM E DEL MANZONI


l'importanza di questo
stretto

191

Quanta
tra

sia

innegabile rapporto

qualche sprazzo di pensiero balenato nella mente dei nostri con-

troriformisti e le teorie del

Vico superfluo ricordare.


ci

L'insistervi
il

sarebbe anzi pericoloso perch


oltre misura.

porterebbe ad allargare

discorso

Basta ripetere che, dalla posta discendenza ideale Bruno-

Vico, deriv, fra l'altro, al


estetici dedotti dalle teorie
la

Bruno questo vantaggio: che


si

dei canoni

vichiane fu attribuita di conseguenza a lui

lontana progenitura, senza che alcuno

pensasse di rimuovere la
il

polvere dalla carta straccia dei suoi antagonisti. Per

Piccolomini

dunque
ssia

il

verisimile assegnato al poeta molto

pi

che

il

vero

un

aspetto eterno di esso che, nella sua

fugacit

fenomenica,
il

pu anche essere inverosimile quindi punto poetico.


tinitamente pi veggente dello storico, lo vede in

Ma

poeta, in-

modo immutabile.
vocale minuscola
e
si

Ossia la verit veduta da questo


e la verit,

si

scrive con la

veduta da quello, con

la

maiuscola

chiama
di

verisi-

mile:

un

verisimile su cui brilla la conferma

della luce

Dio e

che

egli

chiama
i

il

Dovuto.
i

Tali sono

termini in cui stanno

rapporti fra storia e poesia,


in luce
il

fra storico e poeta.

Onde quest'ultimo, per mettere


fenomenica,
si

vero

che egli vede nella realt


teria in

/trova a atteggiare
il
:

la

ma-

un suo modo
falso, per,

particolare e ad aggiungere

falso.

Questa
- dice,
se-

aggiunta di
stesso

non

artificiosa

ma

spontanea
il

nascente dallo
falso

modo

di vedere del Poeta.


il

Il dire

vero o
poeta

il

per esempio,

nostro pensatore - cosa al

accidentale,

condo che accidentalmente pu occorrere che quel vero o quel falso


sia stato

secondo

esser

doveva o che

verisimilmente o

necessaria-

mente esser poteva. La differenza dunque tra Thistorico o il poeta non consiste veramente in dire l' uno il vero l' altro il falso ma in
:

tener l'occhio l'uno a dire le cose vere e l'altro a dirle

tali

quali
es-

dovevano o ver quali verisimilmente o necessariamente potevano


sere

vere o false che


il

si

fussero:

quantunque per
le

V imperfexione
(').

dell'uomo
pi
s"

pi delle volte occorra che

sue azioni accaschino o

meno

fuora di quello che accascar dovrebbono >


il

D' onde
ne-

intende che

poeta crea dove la storia abbozza


gli

ma

che, di

cessit, il

suo intervento tra

elementi del dato storico non

sar

infrequente, essendo raro che quello abbia gi in s la sua conver-

sione col dovuto e col verisimile.

Per conseguenza -

egli dice al-

(') p.

125.

192
trove -

CAPITOLO

XIII.

(')

non possono

le

cose raccontate

nell'historia

esser
;

sog-

getto propinquo e a punto quadrante nella imitazion poetica

come

nella prefazione, che


specificato
:

il

compendio

di tutto

il

suo pensiero, aveva

insomma

il

vero pu divenir soggetto della poesia purverisimile:

ch
solo

si

congiunga col dovuto e col

ma

questo
l'

accasca

per accidente. Ben vero che siccome la natura e

arte molto

di rado arrivano nelle opere loro al

sommo
negli

della
affetti

lor

potenza, cos
suoi,

parimente l'uomo nelle sue


molto di raro suol toccare
spesso

il
il

azioni, o

e costumi

sommo...

onde
ed

nasce

che

molto

pi

falso

che
il

il

vero

si

suol trovare nella imitazione poetica


dice
:

Toccare
il

sommo

egli

frase

ambigua

in

cui

brilla

riflesso delle parenetiche idealizzazioni dei

personaggi allora
il

di

moda,

ma

che non permette di confondere con quelle


il
il

pensiero

del Piccolomini;

quale veniva

ad affidare
poi
il

al poeta, al postutto,

pi

il

falso che

vero (come disse

Tasso

disperato

di

non

potersi conformare alle sue teorie)


essere) dall'

ma

era ben lontano (o credeva di

ammettere una

falsificazion della storia per parte di quello.

E quando
se
il

entra in scena, col famoso esempio d' Agatone, la question


il

poeta possa inventare


di

suo

argomento,

egli
il

decisamente
plus

lo
al

nega a dispetto
quale talora
il

Aristotele
si

stesso C).

Come
cos

Madius,
il

Piccolomini

richiama, aveva insegnato che


storia,
il

poeta

deve dar modo di ratiocinari sulla


poter mancare sul lavoro
del poeta

questo
della

trova

non
Ci

suggello

storicit.

che

egli

propone non una

falsificazion della storia,


i

ma una

mesco-

lanza di falso che illumini di verit eterna


storica contingente.

colori sbiaditi di quella

Qua
che
1
il

e l, poi, sul finire per esempio, egli usa parole di plebeo


la

suono denoresiauo, come dove riprende


Tasso
si

famosa immagine

di Lucrezio
critici,

trov certo rinfrescata nella

memoria
diletto
si

dai suoi

Al quale

utile dato

per compagnia
volentieri

il

come

ministro e

compagno acciocch pi
qualche medicina
vero
il

l'uomo

ponga a ricevere quel


orlo ov-

giovamento nella guisa che


si

ai fanciulli

infermi che han da prendere


l'

addolcisce o con zucchero o con miele


(^).

labbro del vaso

Pensieri di

moda che sarebbe ingenuo


ra-

non

aspettarsi

ma

che non inceppavano per la vigoria del suo

gionare.

In questo, invece,

e'

era

un guaio ben pi grave


()
;572.

una coutrad-

()

p.

1(14.

CO

1).

i;n.

I.

IL

PROBLEMA DEL

PICCOLOillXI

E DEL MANZONI

193
risaltare

dizione che egli, teorico puro,


nuli

non iscopriva ma che doveva

appena

si

fosse accostato a quel

modo

di giudicare

un

poeta.

La questione venne ridiscussa dal Manzoni nel Discorso sul romanzo storico e non mut molto d' aspetto. Fu anzi concordanza non casuale ma consapevole e ispii-ata dalla continuit dei presupposti ideali: diversi soltanto

erano

tempi e

le

corrispondenze
il

col

pensiero filosofico contemporaneo, ben pi sottile


tuale a cui essa si trov sottoposta col Manzoni.

vaglio

intelletsi

Quel discorso

pu
:

dire

il

terzo della trilogia

manzoniana e
pensiero

l'

integrazion dei due primi

quello sulle tre unit e la lettera sul romanticismo. Se in tutti e tre


"2^1i

ha l'occhio
prende

al nostro

tradizionale e tiene

una

mano

>ulla Poetica di Aristotele, in questo, pi


egli le

visibilmente che altrove,

mosse dalla ragioni

ideali della controriforma e salva


critici di quell'et.

quel che c'era di buono nei primi tentativi

(Per
ri-

pura curiosit

si

pu ricordare che taluno degli


i

scrittori

da noi

cordati visibile ancora fra

libri del

suo studio).
,

La

giusta idea del vero


il

come

oggetto della poesia

per

lui,
il

quella del Piccolomini:


verisimile: ossia
il

vero veduto dal poeta non altro che


d'eternit

vero veduto sotto quella luce

che

il

Piccolomini chiama conversione di esso col dovuto e col verisimile.

E non
i

solo sensata
il

ma

profonda quella sentenza che


(materia
dell'arte)

il

vero

solo

bello; giacch

verosimile

manifestato e ai>
anzi

preso

come

verisimile,

un vero diverso

bens,

diversissimo
o.

dal reale,
lare

ma un

vero veduto dalla mente per


;

sempre

per

par-

con pi precisione, irrevocabilmente

un oggetto che pu bens

essere trafugato dalla dimenticanza

ma
il

che non pu essere distrutto


poeta,
la

dal disinganno

(').

Sicch, per lui,

pur mescolando

il

falso,

non pu
nel

farsi travisator della storia

ma

deve rispettare quanto

lo

storico, beato di ripetere agli altri

le ultime e vittoriose parole che,

poter dire a se
ooler
all'

momento pi felice della osservazione, si trovato contento di medesimo > (*). La parte fantastica poi che egli meelemento storico, luugi
dall'

oscurarlo o dal

sostituirvisi,

ur piuttosto

un modo

di metterlo nella sua vera luce;

onde

la bel-

lezza (o verit) della conseguente opera poetica dipender, per gran-

dissima parte, dalla verit dello sfondo storico di cui

il

poeta

si vale.

(')

Maxzom: Prose Minori gi


p. 184.

cit.

p.

179.

(2)

ToFFANiN.

La

fine dell'umanesimo.

14

194
Di qua
verit
di
la

CAPITOLO

xm.

sua osservazione che, se noi prendiamo per mezzo della


brilli

nostra invenzione un grigio periodo storico in cui non

alcuna
verr

umana,

la stessa verit (o bellezza) dell'opera

poetica

molto compromessa; sar una


si

povera poesia

Cos sarebbe, per


[il

esempio, del romanzo in cui

fingono azioni
:

contemporanee

Manzoni scriveva in giorni un po' monotoni ma la monotonia non una caratteristica del presente ? E non per questo che sol nel
passato
il

bello ?]

opera affatto poetica


verisimile.

poich

in

essa e fatti e

discorsi tutto

meramente
e

Poetica,

per, intendiamoci,

di quella povera poesia che

pu

uscire dal verosimile di fatti e di

costumi privati
Fin qui
deva in giro
il
i

moderni e collocarsi nella prosa (*). Manzoni era d'accordo con il Piccolomini
pi

e preni

meno
<

diretti successori del Castelvetro

quali

pensavano che

famosi

universale e particolare
pii

di Aristotele si

potessero interpretare in

modo molto
che

gaio, e

che quell' intromische di


dilettare
il

sion del poeta nella storia


lettore per via di abilit
;

non avesse
volesse
dire

altro fine

rappresentare gli avvenimenti quali


farli

avrebbero dovuto essere


teressanti secondo
ficolt
il

pi meravigliosi e

in-

capriccio della fantasia.

te trovare

delle difil

che secondo
e,

te

avrebbero

dovuto

ritardare o sviare
gli

corso
coi

dell'avvenimento
quali
si

naturalmente, a te trovare anche


;

sforzi

sarebbe dovuto superare


e,

a te immaginare accidenti, disegni

passioni

per far pi presto, uomini che avrebbero


te disegnar la

dovuti
strada

averci

una parte pi o meno importante; a

che

le

cose avrebbero dovuto prendere per arrivare dove sono arrivate.

Ho

detto - conchiudeva

il

Manzoni - che
proposto,

se

un

progetto

di

questa sorte venisse in


strano,

questi

tempi

a priori
che

parrebbe

non temerei
in

di dir

troppo
(^).

aggiungendo

non verrebbe

neppur

mente

a nessuno

()

p.

226.

(2)

p.

191.

->->

CAPITOLO XIY.
Il

Tasso.

SoM-AiAKio.

1. Critiche del Manzoni


il

all'

idea che
il

il

poeta
-

sia

signore

della

storia, oscillanti tra

Castelvetro e

Goethe

Difficolt pratiche
-

da

lui

riconosciute anche nella giusta teoria del

Piccolomini
l'

Impossibilit

di

fondere in
del vero
-

modo omogeneo
Questo
il

il

dato storico e

elemento fantastico nella luce

reale stato d'

animo

del Tasso

quando

rifece la

Geru-

salemme.
teorico

2. Suo penoso vagabondaggio


- Dall'

intelletttiale dall"uno all'altro

contemporaneo

edonismo del Robertelli


1'

al rigorismo del
-

Varchi,

dalle regole dello Speroni al

romanticismo pietista del Mintumo


afferma.

Da

clii

nega
fra
il

la catarsi nell' epica a chi

3. Sue definitive oscillazioni


ado-

Piccolomini e
il

il

Castelvetro - Difficolt incontrate cercando di

perare
-

dato storico

come conversione
i

del vero col dovuto e col verisimile

Vani mento
del

tentativi di attuare
definitivo -

principi del Piccolomini

Sua pena
-

Falliil

Conseguente morboso insorgere del Tasso contro


principi di questo

Pic-

colomini

Sua pazzesca condanna dei Castelvetro - La Conquistata .


si

Improvvisa difesa
interpretail

4. L' unica profonda idea di questo


-

periodo

perde

Acute osservazioni del Patrizio sulla fallace

zione del particolare e dell'universale


stelvetro
-

Sua

ferrarese simpatia per

Ca-

Sua

effettiva affinit col Piccolomini -

Qualche considerazione
stilistica.

su Annibal Caro come rappresentante di una nuova coscienza

Ma

il

Maazoni non parlava del Castelvetro


il

aveva

presente

Wolfango Goethe

quale sosteneva qualche cosa di simile partendo


Pic-

da un principio opposto a quello che egli aveva accettato dal

colomini, Cos, mettendo in luce le deficenze pratiche di quella giusta idea tradizionale,
,

il

Manzoni dava

al

suo discorso un valore di

altissima polemica; la polemica pi profonda sostenuta dal romanti-

cismo e dalla gente latina contro lo spirito germanico.


storia

Per

lui

la

opera di Dio e

gli

uomini possono bens cercare


vedute eterne
(il

di leggere

nelle sue pagine al

lume

di certe

dovuto > ),

ma

196

CAPITOLO XIV

non andar troppo

in l nel gindicar delle cause e degli


si
i

effetti.
il

Per-

ch, se la storia opera della Provvidenza,


di essa diventi cosa

intende che

rispetto

molto seria e

il

mutarne

caratteri molto

audace

per la
le

mano

dell'

uomo. Non che


fatti

la

Provvidenza

spieghi

lampanti
la

sue ragioni nei

storici

(sarebbe troppo

comodo) perch

conversione del vero col certo


al

accasca solo per accidenti


che,

tuttavia,

Manzoni, dovevano parer pi nel giusto quelli

indulgendo

un eccesso

di fede,

come

il

Bossuet, avevano osato, sempre nell'orritessere


la

bita di quel cartesiano ritorno a Sant'Agostino,

storia

del

mondo mettendo

in seconda linea

il

protagonista

uomo per
il

lasciar

campeggiare soltanto Dio,


il

Ma

se,

invece,

come pensava
(e

Goethe,
lo spirito

vero protagonista

lo
?),

spirito

dell'uomo

che altro
riflesso

se

non

le

sue passioni

la storia

non che un
non ha una
suoi
si

di quello,

e la confidenza che noi ci possiara prendere con


legittima.
esiste
:

essa

grande

questo

modo

la storia

realt a s: anzi
la

non

ed molto facile trovare, nei

fatti,

conversione del
creatrice

vero col certo, quando questo certo


divinit dello spirito

trovi

nell'attestata

umano, (Quanto questa idea

dello spirito crea-

tore di storia, integrandosi con quella dell'

uomo

creatore della mesi

desima, abbia pesato e pesi sui


dal fatto che essa costitu
il

destini

della

Germania,

misuri

pi

forte presupposto ideale della follia


il

pangermanista. Su questo concetto ritorn a pi riprese


nei suoi tre libri sulla

Borgese
lo

Germania e

gli ultimi

fatti

della

guerra

hanno incredibilmente confermato). Possiamo spiegarci con un esempio ponete


:

nelle

mani

di

Goethe
di

il

tema

storico dell' Adelchi. Quello


i

non

ci

vedr che un

cozzo
di

passioni, vedr compendiarsi

moventi ideali o nello sdegno


ribellion
e,

Devas-

siderio o nella fraterna piet di Adelchi, o nella


salli,

dei

neir ambizione di Carlo, e via dicendo

una volta sco


s'affider a

perta e sentita

una

consistente

verosimiglianza

umana,

questa e si rider della realt storica,

come

della larva che, estrat-

tane la possibile vita, non ha pi se non un interesse contingente.


Il

Manzoni non nega l'importanza e


;

l'interesse
tutto.
ci

di

questi

ele-

menti passionali

ma non

gli

pare che sieno

Gli pare, che,

negli aspetti della storia conosciuta

come
umane,

tale,

sia

una voce

assi-

dua

di religione (vanit delle cose

fallacia dello

ambizioni,

incitamento alla piet ed al perdono) staccata


passionale di quella
fatto,
:

dalla

stessa sostanza
si

la

presenza di un Dio che non


lui,

integra col
stata

ma

lo

trascende; una voce che,. secondo

era

udita

n.

TASSO

197
sue mani,

da Shakespeare come da uessnn


il

altro. Cos vedrete che, nelle

pur finissimo e tormentantissimo lavoro psicolo^co

dell'Adelchi

non un cerchio chiuso,


alto carattere religioso
lei

ma

si

risolve in quell'altro sentimento di


la

che

trascende

stessa

importanza

umana

personaggi e che

in fine, la ragione pi

vera del coro.

La questione, insomma, era molto profonda (il Tommaseo disse pi pericolosa che mai la falsificazion della storiai) (') e, lungi dal dubitare se il Manzoni si rendesse conto di quanto ^li si distanziava dal romanticismo tedesco, io direi che questo discorso
>i
il

audace tra

suoi scritti polemici.


:

forse clie, quand'egli scri-

veva per esempio

quel solito giudizio nato dal supporre che nella

storia si possa far lo stesso che nella favola, (^ s'era dimenticato


(li

quello che

il

Goethe

gli

aveva mandato a dire da oltre vent'anni?

forse che in quasi vent'anni (tanti


alla stesura del discorso) egli
-i

ne corsero dalla prima


troppo
a

idea

non

si

rese conto del perch oltr'alpe

poteva praticare diversamente senza trovarsi

disagio?

L'erto egli
:

non era uomo da porsi


d^^

di fronte ad altri,

non che a Goethe,


idee
:

Il

atteggiamento polemico, o

svolgere su quel totfo le sue

iua, in
letti
:

questo senso, io vorrei mitigato

un

giusto giudizio del Gal-

(^)

che

nostri romantici trassero


le idee di quelli tedeschi.

la lor forza

maggiore

dal

non conoscere
il

Vorrei

si

aggiungesse

che

Manzoni, se non conobbe molti di


anche per questo.

essi,

consider certo a lungo e


il

a fondo lo spirito di quel movimento, e pens quasi sempre


trario

con-

Ma -

potrebbe dire

il

lettore - noi
il

fummo
!

convitati a

un con-

vito tassesco e ci vien servito

Manzoni
;

Io

non

n^o

che questa

chiaccherata sia riuscita troppo lunga

ma

fuori di strada

non siamo.

Di qua

si

vede

la continuit del

progresso del pensiero nostro latino

piuttosto in contrasto con quello germanico, che per impulso di esso:

iche si vede
[echino

come

giudizi del

De
il

Sanctis sul Tasso e sul Manzoni


gli

per uno stesso preconcetto che, ad un tempo,


discorso
di

imped di
di

)rendere in seria considerazione


chiaro nelle angustie poetiche
di

questo

veder

quello.

Parlando della

cGerusaessere

mme >

il

De

Sanctis disse

La base

di questo

mondo doveva

(')
( )

To3oiASEO

Ktwci
202.

scritti (Venezia 1838) V. II. p. 195.

Op.

cit.

p.
:

f ) Galletti

Prefaxiane alla Lettera di Qrisostomo

(ed.

Carabba)

p. 27.

198
la seriet di

CAPITOLO XIV.

una

Aita presa dal vero, colta nella sua realt

storica

un mondo puramente intenzionale, un presentimento di una nuova poesia, uno scheletro che impolpato e colorito e animato da vita interiore si chiamer un
e animata da spirito religioso.

Rimase in

lui

giorno

Promessi Sposi

(').

Quasi che

il

far ci, al
il

Manzoni, fosse
si

parsa cosa molto facile e piana. Ma, come


gliava, quasi, che
il il

De
s'

Sanctis
la

meravidei

Tasso

non avesse intravvista


volta,

facilit

Promessi Sposi ,
scritto

Manzoni, a sua

aspettava di
:

trovare

da quello

il

discorso sul

romanzo

storico

e questa differenza

modo di pensare. Ma, Manzoni spiega il passaggio dalla Liberata alla Conquistata meglio che un libro ad hoc e il Tasso (o meraviglia !) trova nel poeta romantico, che punto l' amava e non lo stitra
i

due un
il

effetto
'

del loro differentissimo

intanto,

discorso del

mava granch,
Il

il

pi nobile interprete e difensore.

concetto del vero


il

mentava
ria,
fatti

come oggetto della poesia ottimo - comManzoni - ma, attribuito ai rapporti fra questa e la sto-

presenta certe pratiche difficolt quasi insormontabili.


illusione di teorici
(il

Non

in-

puri

il

credere

che

cotesto

indispensabile

elemento fantastico

falso del Piccolomini) possa cos


risalti

bene amalete-

gamarsi con quello storico senza che ne


rogeneit dell'

l'inconciliabile
:

uno

e dell' altro ? L' avete detto voi

la realt,

quando
n
sua
la

non rappresentata
istruisce

in

modo che
Ora

si

faccia riconoscere

per

tale,

n appaga
ci

(^).

la poesia,
dell' intruso,

se

non vuole che


impedire
di

inventiva

faccia la figura

deve

alla

sua

compagna,

la storia, di farsi riconoscere


lei.

per tale e
l'arte

distinguersi

apertamente da

Ma

forse a questo che

aspira?

Bello

sforzo in verit, bella operazione dell'arte quella che consistesse non

neir ideare cose verisimili,


sentate da essa sono reali
!

ma nel lasciare ignorare che E beli' effetto dell' arte quello

le cose pre-

che dovesse
(*).

dipendere da una ignoranza accidentale

(^).

Conoscere credere

va bene che, voi mi

dite,

la vostra
:

invenzione
il

spirito della storia a cui si associa

ma

lettore,

non guaster lo che non sa dove

finisca la parte di

questa e cominci la vostra, finisce col non poter

mai riposare n

sulle parole della storia,

n su quelle dell'invenzione

(*)
(')

Db
p.

Sanxtis

Storia della letteratura italiana


cit.
(')

(ed., cit.)

Voi. II, p. 135.

Manzoni op.
178.

p. 177.
p.

(3)

173.

IL

TASSO

199

e chi ne
in fondo,

prende di mezzo
anche
e,

la verit

come

tale e

come

arte.

Perch,
tutto
il

lo

storico deve ricavare

dal

suo racconto

vero che pu

allora, quella parte fantastica

con cui vorreste spri-

gionare lo spirito della storia non sar piuttosto

un modo

di diluirlo ?

Badate di non fare come quel buon uomo che, pensando

di trarre

maggior

profitto dall'olio del

suo lumicino, l'allungava con l'acqua


l'olio
(').

non pensando che quello che conta sempre e soltanto

Or noi non possiamo varcare


tassesco in miglior

le

soglie

dell'ombroso
del
cristallino

pensiero
ragionala

compagnia che
Il

questa

mento manzoniano.

Manzoni
il

lo

sapeva bene di aver proposta


i

buona via per intendere


losi
ilair

Tasso. Peccato che

molti studiosi delle

polemiche tassesche non ne abbiano approfittato abbastanza lascianspesso sviare da quel visibilio di chimerici argomenti proposto

interminabile inquietudine del loro autore.

Il

quale, tormentato

dalla malattia di suo padre e dall' impossibilit di risolvere

un

pro-

blema fondamentale, s'avvolgeva

in mille dubbi secondari e

dava del

capo contro ogni uscio critico nella speranza di


storico che lo segue troppo da vicino preso

trovarvi

dal

riesce a trovare

l'

uovo di Colombo gi scoperto dal


le

Lo non Manzoni. Mentre


pace.

capogiro

dappertutto

si

legge che furono


il

altrui
il

critiche
il

l'assillo

delle

regole a indurre

Tasso a rifare
Il

poema,

Manzoni aveva
il

gi
cri-

scoperto che la verit altrove.

Tasso rifece

poema con un
il

terio pressoch opposto a quello che gli

veniva suggerito in generale


pro-

dai critici

1'

assillo

suo

pii

acuto fu di non poter attuare

fondo pensiero del Piccolomini.


altrui

Non

furono sicuramente le critiche

che mossero

il

Tasso a dare un maggior posto alla storia nel


il

suo secondo poema - osserva

Manzoni - poich

la critica

che

gli

facevano su questo punto (spropositata davvero


era invece
:

ma

qui non importa)


fa-

che la Gerusalemme liberata mera istoria senza

vola

e Bastiano

De' Rossi

suo principale

avversario

in

quella

guerra, degna purtroppo dell' Italia di quel tempo, gli oppone


il

che

poeta

non poeta senza


altri,

l'

invenzione

per scrivendo istoria o

sopra istoria scritta da

perde l'essere interamente >.


E,
il

Dunque

la

cosa nata da tutt' altra cagione.


esser nata da questo,
che,
il

posso

ingannarmi,

ma

deve

avendo

Tasso preso quell' infelicissima

determinazione di rifere

suo poema, e dando

una ripassata

alle

(')

p.

185.

200

CAPITOLO XIV.

cronache delle Crociate, per vedere, a buon


fosse da ritoccare
il

conto,

se

qualcosa

ci

anche riguardo

alla storia, la storia abbia prodotto

suo

effetto

naturale che di parer pi a proposito dell'invenzione


(').

quando

la

materia sua e non dell'invenzione

Proprio

cos.

Ma

se,

voi, prima, volete

un saggio

di

quella

sua
e' ,
si

smania

di

cercare aiuto o difesa, facile accontentarvi.

Non

pu

dire,

autor critico dal 1540 in su, col quale quest'Ebreo Errante dell'e-

rudizione non abbia tentato

di

accordarsi.

certo

punto

lo
il

senti
fine

tributar gran lode al Robertelli e convenire quasi quasi che


dell' arte

il

diletto

ma,

qualche pagina
:

appresso,

eccolo

tutto

ligio

al

Maggi
al

e al Yarchi affermare

Il

poeta dover avere molto


egli

riguardo

giovamento, se non in quanto

poeta (che ci

come

poeta non ha per fine) almeno in quanto

uomo

civile e parte della

repubblica

(').

Allora

si

irrigidisce

col

Varchi nella pi rigorosa

interpretazione del pensiero aristotelico intorno alla rappresentazione


psicologica dei personaggi.
degli

Molto meglio

il

poeta accenderci

l'

animo
do-

uomini con l'esempio dei cavalieri


de' simili
lo

fedeli

che

degli

infedeli

movendo sempre pi l'esempio


mestici che degli stranieri.

che dei dissimili; dei


nell'
si

segue passo passo

affermare
il

r ossequio
poeta,

al politico.

De' due

fini

dunque
l'

quali

propone
.

r uno proprio

dell' arte sua,

altro dell' arte superiore

Ma

questo momentaneo rigore

varchiano

non

gli

impedisce

di

essere

conquiso, in altra parte, dai ragionamenti

del

Minturno

del

quale

apprezza r amore del fantastico e dell'immaginoso: onde

gli dedica, tra

r altro, un suo dialogo sul bello. Senonch, sulle spalle, gli sta sempre r incubo padovano e lo spauracchio di quelle famose regole trissiniane e speroniane per
le quali
i

Padovani, dopo avergli reso quemente, pretesero che


e,

sto bel servigio di contribuire a offuscargli la


il

merito d' aver

fatto

il

Tasso spettasse a loro

dal

Beni

in

poi,

reclamarono

la gratitudine della posterit.

Mi risovvieue

(dolce

(') (^)

Op.

cit.

p.

211

(ed.

Venezia 1835 gi

cit.).

L'edizione tassesoa su cui, a suo tempo


riforiti,

lessi,

ed annotai, sicch mi satra le

rebbe facile ritrovarvi gli incisi qui

non pu essere pi
si

mio mani.
rifare

Per
Jli

la solita sistematica indicazione della


:

pagina dove

trovano dovrei
la voglia

quella paziente lettura sur un altro testo

non ne ho n

il

tempo.

basta aver ritrovato e segnato alcuni passi che pi m' interessano.


basti.

mi pare

che

n.

TASSO

201

iella

memoria) T

ineffabile scritta che si legge sotto la sua

padovana
della

ratua settecentesca dedicatagli da

un procuratore
il

nazionalista

Sorenissima

quem
>.

patavina schola italicorum epicorura principem

designatum

dimiSit

Quanto pi sentiva
camera -

peso e

la

noia

dello
ec-

Speroni, tanto pi cercava di placare con le lodi


cellentissimo la cui privata
in
!ie

quell'uomo
e

egli dice - mentr' io studiava

Padova, ero
le

solito di

frequentare non

meno

spesso

volentieri

pubbliche scuole, parendomi

che mi

rappresentasse le

sem-

bianze di quella Accademia e di quel Liceo in cui Socrate e Platone

avevano in uso

di disputare.

Ma,

intanto,

si

deve

all'incubo
<

di

quella privata camera, se, per esempio, nel giudizio sopra la

Geru-

salemme
Virgilio

pone tra

grandi esempi da imitare

Omero

e ne esclude
1"

come

infedele a quelle regole formali che erano stata

unica

e tenace sapienza dello Speroni. Attenendosi al quale e al Minturno,

non riconosce
>ia

al

poema

la catarsi

in senso stretto

ma
il

cerca

di

ri-

lurre a quella la meraviglia.

Diremo dunque che


gli

poema epico

imitazione d' azione illustre, grande e perfetta fatta narrando con

altissimo metro a fine di

muovere

animi con

la

meraviglia e di

giovare in questa guisa. Salvo a rimettersi poi in regola con l'o-

pinione dei pi ed affermare:


l'eccesso delle simili qualit

Purga dunque Tepopeia l'animo con non solamente con le contrarie.


all'unit
della

Ed
favola

eccolo, in altro punto, ingegnarsi a cercare

una trascendentale ragion pitagorica udita

forse nella cella di

qualche inquieto frate coetaneo...

Ma
a rifare

tutto questo
il

non

e'

entra con la pena che condusse

il

Tasso
se-

poema:
che
i

ossia c'entra

anche questo,
quella

ma come

ragion

condaria

lo

coinvolge

in

oppression

moralistica
nella

co-

mune

a tutti
i

poeti del tempo. Il

perno di essa

question

della storia
sotto le

cui

due

aspetti

si

presentarono alla

mente del Tasso


quello
inteso

sembianze umane del Piccolomini e del Castel vetro:


suo
pensiero

caro
a
al

al

d'uomo
dal

intinto

in

ogni

dottrina

una grande arte che l'esprimesse a


suo cuore, offuscato
sapere,

pieno,

questo

assai gradito

anelante ad una
i

poesia

che lo

liberasse dall'

ingombro

di quello e gli schiudesse

liberi voli della

lussureggiante fantasia meridionale. Gi in


bre 1575, poco dopo letta
larsi ai suoi lati,
1'

una

lettera del

15 Ottoiso-

opera del Piccolomini, egli vedeva


degli
eruditi

fra la varia schiera


gli

contemporanei,

questi

due nemici che

tennero compagnia fino alla morte.

Mi

202
risolvo - scriveva egli

CAPITOLO XIV.

- che
:

due pi moderni commentatori volgari


quale fra
i

sian migliori dei tre latini

ma

volgari debba procedere


si

non me ne son
nel Castelvetro,

risoluto.

Maggiore erudizione ed invenzione


fra le sue invenzioni
:

vede

ma sempre

mescola

un non
sua

so che di ritroso e di fantastico

lascio

di ragionare di

quella

rabbia di morder ciascuno che questo vizio dell'appetito non dell'

intelletto.

Nel Piccolomini

si

conosce maggior maturit di giudizio

forse

maggior dottrina in minore erudizione:

ma

senza
libri

dubbio
aristote-

dottrina pii aristotelica e pii atta all'esposizione dei


lici
;

fece

bench i nemici a mio dispetto lodo (*). Ma, naturalmente, non gli riusc di placare n l' uno n l' altro solo degli approcci prima verso il Piccolomini, poi verso il Ca;

stelvetro,

con una cos evidente e

umana
del

storia di contraddizioni che

se al Manzoni, grande

maneggiatore

pasticcio

storico

poetico,

non

fosse lecito riconoscere, in proposito,


fatto di sospettare chfe egli,
sott'

una competenza
quel

divinatrice,

verrebbe

scrivendo

suo

giudizio,

avesse ben
Il

occhio le prosastiche confessioni del suo uomo.


in
pratica,
le

Tasso aveva ragione dichiarando inattuabili,


teorie del Piccolomini e

buone
cando

non aveva neppur


il

torto, quindi, cer-

di vedersela col Castelvetro, salvi


il

Yedete com' era onesto ed eccellente


cercava materia che
atta

buon senso e la programma del Tasso


eccellente
(*).

fede.

Egli

a ricevere in s quella pi

forma
d a

r artificio
il

del poeta cercher d' introdurvi


storia,
il

Dunque non mati

nomission della

ma

quella spontanea integrazione che


e
il

un tempo

bello,

buono

vero.

quale altra materia meglio che la storia delle Crociate poteva

prestarsi a ci ? Senonch,
essa, egli
s'

dando una ripassata

alle
l'

cronache

di

accorse di quanto fosse vero quello di cui

aveva messo
di

in guardia

il

Piccolomini stesso, che, come l'uomo


il

molto

raro

(per

non

dir mai) nelle sue azioni suol toccare

a prender la storia pi onesta e pia


palpitare naturale e spontanea

sommo, cos, anche (presumibilmente) non vi si sente


cristiana.

alcuna universale idea

E
Se

confess la sua delusione in pi d'

un luogo con amare

parole.

diam fede

agli storici

- egli scrive al pauroso confidente

sig. Silvio

Antoniani - molti di quei principi furono non solo macchiati d'in-

()
(')

Ed.

cit.

V.

II,

p.

375.
1.

Discorai aulV Arte poetica V.

p.

133.

IL

TASSO

203
ferit

continenza

ma

bruttati ancora di malizia e di

quelle

storie

ono in questo almeno conformi che ciascuna


agli occhi

d' esse ci

pone innanzi
che non era

molte imperfezioni di quei principi e sol Goffredo in tutto


ci

buono e pio
soffre

vien rappresentato
la

(').

(Buon per

lui

ancor nata allora

moderna

critica storica, la quale, vecchia zitella,


:

un poco

di spirito di contraddizione

ci tiene

a riabilitare
nell'

colpevoli,

ma non

isdegna mai di metterci

una pulce

orecchio
stato

sul conto dei galantuomini; e credo bene che

anche nello

di

ervizio di Goffredo avrebbe scoperta


che, se
si

qualche marachella).
col
si

dire
di

fosse trattato di

una conversione del vero

certo,

gusto goethiauo, quella confusa storia delle Crociate


prestata per benino. Forse la cronaca di Gildippe ed

sarebbe forse

Odoardo amanti

e sposi avrebbe potuto ispirare, senza rimetterci troppo della sua verit storica,

un appassionato poema

erotico-religioso e quella di

Ram-

baldo, di Tancredi e degli altri tutti, avrebbe fiorito spontanee ricostruzioni poetiche di profane passioni. Altro che
religioso

animare
il

di

spirito
!

una

realt colta dal vero


si

come voleva
certi

De
e,

Sanctis

Ep-

pure

il

buon Torquato non

disanim cos presto

per una buona


i

parte della vita, (e poi ancora di


i

nuovo a
tentava

momenti

egli seguit

ripetere col Piccolomini che l'oggetto della poesia

il

vero inteso
quello

come

verisimile e che invano

si

di

confondere

con
si

l'arido vero della storia.

Le dichiarazioni
dire in alcun

di lui

su questo punto

possono citare a

iosa.

^La
pud

poesia fwn rassomiglianxa dell' istoia

ma

della venia n si

modo che

la poesia

muti
:

l'istoria essendo la poesia molto, pi antica e


oltre a ci inconveniente .

veneranda

dell' istoria

non

si

pu immaginare

Pi bella liquidazione del Castelvetro Se egli o gi dunque contro di lui


!

altri replicasse

che l'istoria

prima per natura,

quantunque
il

sia

seconda per tempo come quella che scrive del vero


della sua somiglianza, io direi che
il

quale prima
il

poeta non considera

verosidi

mile se non come universale, per

si

doveva dar

prima

l'arte

scrivere questo universale, n fa mestieri di considerare se l'universale sia innanzi a tutte le cose

o sia dopo, come disse alcuna volta


(*).

Aristotele
il

basta che sia pi noto

ancora altrove
perfetta

Dunque

poeta non guasta la verit

ma

la riceve

supponendo in

(')
(')

Y.

II,

Lettere, p. 403.

Discorso sul

poema

epico.

204

CAriTOLO XIV.

luogo della verit dei particolari, quella degli universali


idee
(').

quali sono

Tutto

questo

piccolominisrno.

Senonch,

pensandoci
gli era

su,
di

specialmente dopo lo sfogo della

Liberata

che

uscita

mano

a dispetto delle teorie

(la

poesia quand' nel cuore trova semegli


si

pre una sua strada per scappar fuori)

accorse

che

quelle
Allora,

buone ragioni

del maestro erano di


i

impossibile

attuazione.
logica del

invece di rivelarne

motivi con la spassionata

Manzoni
com-

e di concludere che la colpa era del genere, egli, che sentiva

promessa, con quelle, la sua fama di poeta, prima cerc di trovare

una via
il

di mezzo, poi prese a rinnegare quasi con

astio

personale
la

defunto maestro, a

dimostrarne

Terrore

dir

che

colpa

era sua.

Rivolgendosi sempre con voce

di

pianto

al

solito

signor

Sci-

pione Gonzaga

('),

gli
il

disse d'aver trovato che

quel

tal

verisimile

non bastava a

fare

meraviglioso della poesia e che, aggiungendovi


(il

r elemento fantastico

meraviglioso insomma), questo non


e

si

amalsua

gamava

col

dato

storico

non F integrava,

ma

rivelava

la

natura contraria

Proponeva quindi un'

altra

soluzione.
il

Diver-

sissime, Signor Scipione, sono queste


il

due nature:

meraviglioso e
tra
loro.

verisimile e in guisa diverse


e

che sono quasi

contrarie

Nondimeno F una

altra nel

poema

necessaria.

Ma
io di

fa

mestieri
:

che arte di eccellente poeta

sia quella

che insieme

le

accoppi

il

che,

sebbene stato finora


il

fatto
si

da molti, nessuno (che

mi

sappia)
dot-

quale insegni come

faccia.

Anzi alcuni uomini

somma

trina,

veggendo

la

ripugnanza di queste due nature, hanno giudicato

quella parte che verisimile ne' poemi

non essere meravigliosa n

{*)
(-')

Apologia

op. cit. p. 178.

Questo un altro degli spettri padovani del Tasso.


giovinetto
d' alte e

Fu

proprio Sgipione

Gonzaga
Voi.

ben avverate

speranze descrittoci dal Cesarotti


(Cesarotti

nella sua breve storia delle

Accademie padovano

Opero

Pisa

1803

155 j che, approfittando d' un trasferimento dello Speroni a Roma, richiam quelle, gi impregnate di principi aristotelici speroniani, a
I

XVII Tomo

p.

queir aristotelesinio integrale che aperse

gli

occhi intorno
-

al vero essere

della
il

Canace

al

De Nores

e al

Summo.

Bench

conchiude

assai bone

Ce-

sarotti - p(ir la cieca adorazione degli oracoli del Peripato, le scienze filosofiche

avessero da essa piuttosto

pompa che

frutto .

Onde

vedemmo

a pag. 157
al

con

quanto irosa sorpresa


al quale

il

Summo

leggesse la lode data dal

Gonzaga

Guarini

anche costui aveva

finito col convertirsi.

U.

TA.s^u

205

quella che meravigliosa verisimile

ma
il

che,

nondimeno, essendo
il

ambedue
glioso, di
sia
si

necessari, si

debba ora s^uire


all'

verisimile ora

meravi-

maniera che V una

altra

non ceda
<

ma

V una

dall' altra

temperata

cos fece
il

e scrisse la

Conquistata in cui non

tratta pi di integrare

dato storico con l'elemento fantastico a


;

fine di ottenere quel tal


il

verisimile

ma

la storia resta

immutata e

meraviglioso, cacciato fra gli interstizi di quella, viene zavorrato


di

ben bene

allegorie

e di simboli che assolvono essi


egli dice

alle
io,

finalit

morali del poema.

Per queste ragioni in molte

nella ri-

forma della mia


era

favola,

cercai di farla pi simile al vero che

non
nella

prima,

conformandomi
l'allegoria.
si

cose

coli' istoria

ed

aggiunsi
e

all'istoria

In

modo

che,

siccome

nel

mondo

natura delle cose non

lascia alcun luogo al vacuo, cos nel

poema

non

si

lascia parte

alcuna alla vanit, riempiendo ciascuna di esse,


e

e le piccolissime ancora
riosi,

meno

apparenti, di sensi occulti e miste-

e bench negli episodi e in alcuna parte della favola cercassi


la

iudur

meraviglia

con

l'eccesso

della

verit, in ci

mi par
del

di

adempiere quel che proprio

offizio del

poeta e dell' arte sua .

Ma, poco persuaso


Piccolomini, egli

egli stesso di questo travisamento

vero

poetico, incapace di far tacere nella coscienza l'implacabile voce del


si

ridusse a cosa che, per me,


follia e della

il

documento pi
soste-

importante della sua


contro
il

natura di essa. Cerc di rivoltarsi


:

Piccolomini stesso e di liberarsene

e,

dopo averne

nute per circa dieci anni le ragioni, voile distruggerle per non udirle
lai

pi dentro e fuori di

s.

Poich questo verisimile, integrazione

del vero col fantastico, a lui

non era

riuscito di trovarlo, volle

di-

mostrare che esso era un sogno del Piccolomini, che, fra lo schietto

verismo della storia e

il

presunto verisimile non


il

e'

differenza

al-

cuna, e che ragionava assai meglio


la

Castelvetro sostenendo identica

natura della storia a quella della poesia.

Cos

la pi cara

delle

concezioni filosofico-letterarie del tempo suo cadeva in frantumi sotto


i

colpi della

sua

follia.

Semin

allora le sue pagine di sofismi


i

dove

della febbre e dell' allucinazione, dove

frenologi, che avessero

.empo e voglia di acclimatarsi in questo spinoso


potrebbero ritrovare
hbligato
:oria.
:

mezzo
arido
e
il

letterario,

il

cervello del Tasso.

Eccone un saggio sul tema


solo
l'

il

verisimile
:

non
Se
il

esiste

esiste

vero della

Svolgimento

verisimile
la

non vero

vero non

erisimile,

conviene ch'altra sia

natura del vero altra quella del

erisimile perciocch, se fosse lo

stesso,

Q vero sarebbe

verisimile

206
e
il

CAPITOLO XIV.

verisimile vero.

Ma
ma
il

se
le

il

verisimile altro che

il

vero convien

oh' egli sia estraneo,

cose estranee sono aliene e le aliene disil

simiglianti

laonde se

verisimile altro che

vero

dissimile

dal vero, e se dissimile


verisimile.

non

simile. Il verisimile
il

dunque non
ed

se questo sconveniente,

vero avr somiglianza con

se stesso secondo la- quale le altre cose saranno


egli dissimile dall' altre.
l'

da

lui dissimili

E
il

se al vero conviene la dissimiglianza dal-

altre cose, gli

converr la simiglianza con se stesso e per


vero

queste

ragioni necessario che

abbia

somiglianza

con

mede-

simo

(').

Non
come

fa
il

meraviglia che anche studiosi versati negli studi


Belloni, abbiano trovato indecifrabile
(*) il

tasseschi,

pensiero
contrad-

del Tasso e inesplicabile questa sua quasi repentina recisa

dizione con le idee sostenute altrove: contraddizione che di natura


cos chiara, chi la metta in rapporto coi precedenti del Piccolomini

e del Castelvetro e col passaggio dalla


Il

Liberata

alla

Conquistata

quale avvenne appunto su questo bel fondamento.

Qui

1'

arido e

prosastico vero delle Cronache


rarsi

non

tenta od osa neppure di trasfigu-

un poco (tranne
che
il

la solita timida esagerazione della realt) per

diventare poesia, dal


altra differenza
stici (

momento
verso.

che, fra questa e la storia,

non

si

Solo per rispetto agli scrupoli moraliil

pericolosissima - ripete

Tasso - sarebbe

la lezion de' poeti

se ne' casi

dubbi non

ci

mostrassero la via da seguire

quando

la

cronaca
goria
:

si

presenta ispiratrice di male, quel

male diventa

un'alle-

e tale,

non donna^ ne rimane Armida. Per

rispetto alla

me-

raviglia, poi, intervengono,

non

fusi,

ma

sovrapposti, quasi, al dato


i

storico le fate e

romiti cristiani secondo


il

consigli del Minturno.

Tra

il

il

Piccolomini e

Castelvetro chi beneficia della discordia

Minturno.

Cos

si

consum

tra

fami della

follia tassesca

un pensiero

che,
in-

in terreno fecondo,

avrebbe forse dato frutto anche allora e che,

vece,
ai
il

si

conserv vivo e senza sviluppo, in una specie di letargo, fino

grandi giorni del romanticismo.


lettore nel giro -tondo della

Non ho

il

coraggio di condurre
egli potr gli

polemica tassesca che

cono-

scere nelle opere del Solerti e del Vivaldi,

ma

che non

appren-

(')

Lettera al Cattaneo V. II

(*)

Belloni

p. 406 (ed. cit.). Studi in onore di O. Mavxoni V.

II.

n.

TASSO

207
questo
del
capitolo
col

iler

nulla di nuovo.

Invece, per

conchiudere

parere di persona intelligente, ricorder quello


taro agli studiosi, per
il

Patrizio,

uomo

suo dichiarato antiaristotelesimo e oggetto

un particolare studio del Croce.


Interessanti sono le sue vedute
oiioi

suUa question

della storia che, ai

tempi, era la questione tassesca.


1'

Con molta

finezza egli giustific la

sua ferrarese simpatia per

antitradizionale Castelvetro riducendo a


di

coerenza logica alcune idee sostenute da quello per puro spirito


contraddizione senza vederne
fin
il

fondo. Xel qual lavoro, naturalmente,

con l'incontrarsi
:

col Piccolomini.

Ricordate quella sciocca idea


la storia

del Castelvetro

eh' egli

non capiva perch


il

non

fosse poesia ?

Orbene

Patrizio trova

modo

di accettarne in

messa in versi una


apparenza
:

parte riducendola a quest' altra pure

antiaristotelica

che non bisogna poi credere essere fra storico e poeta


divario
di

un

assoluto
;

non pura cronaca che raccontare secondo il particolare non significa rinunciare a una sintetica rielaborazione intellettuale. Lo storico fa anzi un lavoro che
metodo
:

che

l'

opera

di quello

avvicina parecchio
lile,
'

il

vero e

il

particolare

dello storico

al

verisi-

necessario, universale del poeta.

se nella storia cos ordina

faccende che ne faccia una composizione, non ha egli una favola

rmata cos bene come


oria dispone che,

il

poeta ?

E
i

se cos bene le parti

della
il

hi-

mutatane o levatane una, mutazione senta


secondo
precetti
il

tutto,

non ha

egli la storia posta

di

Aristotele?

E
egli

in
fa

ci specialmente che, scrivendola

come

fatto
il

succeduto,

possibile e
ifferenza

il

verisimile altres e talora anche


in questi capi
aristotelici
il

necessario ? Quale
l'istorico

dunque

fra

ed

il

poeta ? Certo ninna.


[uesti precetti,

se ninna, lo isterico e
lo stesso ? >
(').

poeta perch, secondo

non sono
che
il

Questo acuto
se stesso con

ed
la

in

indo, l'obiezione

Manzoni faceva a
:

famosa

imagine

dell' olio.

Diceva

anche

lo storico cerca di rendersi


il

padrone

della sua materia, d' intenderla, di sentirla, sicch

poeta, arrivando
all' olio.

dopo di

lui,

pu
l'

fare

come

colui che aggiunge acqua

Ma

il
i

Patrizio aveva
'inali

occhio a quei poveri uomini dell' estrema


<

destra

credevano che raccontare


i

secondo

l'

universale

volesse dire
tutti

Realizzare

personaggi della storia fino

a farne

dei simboli

guali tra loro con assoluta indifferenza per la realt.

Ma

vedete -

(')

Francesco Patrizio

Della Poetica (Ferrara 1580) p. 160.

208
diceva egli - se
di
il

CAPITOLO XIV.

vostro

Omero

pratic

come voi

dite

Egli

fece

Agamennone,

Ulisse, Achille figure storiche nel senso

che sono

bens
torti

baroni soprani

ma

punto sprovvisti
(').
l'

di difetti o esenti

da

come

suol essere ogni vivente

Imperciocch - dice egli pi

oltre - se questa ragion fosse vera,


chille che d'
ella

Iliade

non pi a
fatta.

gloria d'

A-

Aiace o d'un altro valente sarebbe


tale,

potrebbesi
il

ad alcuno

suto anche ai nostri tempi, mutato solo


,

nome

accomodare. Perciocch quello che universale


posti con le

a molti sotto quello


L' Odissea

medesime o pari ragioni si pu non pi ad Ulisse conviene che a qualunque


in
ecc.

applicare.
altro

greco

capitano
e

che da Troia partendo patisse fortuna

mare,

quali

Teucro

proci

si

potrebbero attribuire a

Diomede Diomede (^).


e,

Qui parrebbe che


poesia
e per altro,

egli fosse sul

punto

di chiarire la teoria della

come intuizione anche meglio


si

del Piccolomini

per questo

spiega la simpatia del Croce per lui e le lodi punto


critico

frequenti d'

un

misuratissimo

Vittorio Rossi
si

f ),

possibile

per che la fortunata posizione polemica in cui


parlare meglio che

era messo lo facesse

non pensasse perch,


si

al postutto, egli

non

riesce

a intonare abbastanza bene con queste belle premesse la conclusione


del Castelvetro alla quale
ria e poesia sta nel verso.

attiene

che tutta

la differenza tra sto-

Non pu adunque
lui

poesia farsi a niun

(*;.

partito senza verso.

E
il

per conseguenza ella non pu farsi in prosa

Onde

si

vede che

buono derivava a

pi dal Piccolomini che

dal Castelvetro ed era


tato dal rinascimento
rito del poeta,
la
:

insomma quel
il

tal

pensiero non

mai concre-

.segreto della poesia essere intimo allo spiil

materia in fine non essere che

di quello e l'abilit di adornarla solo

un

fallace

modo di vederla modo di dire.


moderna
il

Quest'idea segna veramente

il

principio della critica


11 che,

ed interessante vederla albeggiare.


stelvetro, ci

meglio che

con

Ca-

avviene forse con

il

suo capital nemico Annibal Caro.

A
in

uscir, finalmente, dalla cerchia dei teorici di professione, per interro-

gare un poco gli

spiriti
effetto,

artistici

che,

sdegnosi

delle

teorie

pi
di

apparenza che in
tire

ci lasciarono traccia del lor

modo

sendella

quasi solo per accenni casuali e nella

visibile

disciplina

(')

p.

161-2.

()
I.

p.

164.

(0 Storia della L.
(')

(Vallardi 1912) V. II p. 269.


119.

Patkizio

oj).

cit.

p.

IL TASSO

209

lor prosa, assai pi

che dall'Aretino, tanto caro al

De

Sanctis

ma
il

decadente e strillone e incapace di ragionar


cflia

davvero

sulla meravi-

della sua spontaneit,

e"

da imparare dal Caro.

questo

ero iniziatore di quella riflessa prosa

moderna

in cui. non trovi pi

r impaccio
si

degli schemi latini e del classicismo di scuola,


disciplinata

ma

la

na-

turalezza per contiollata e

da un qualche cosa che


lo studio
si
il

chiama gusto

alla

formazion del quale hanno cooperato


di coltura. In
il

di quelli e tutta

una tradizion
scrittore

questo

senso

pu
;

dire che

il

primo

moderno, non
d'altri,
il

Macchiavelli

ma

Caro

ed io non so se sia mio o

ma

certo

giustificatissimo,
si

un

ravvicinamento di costui con

Flaubert.

Xon

pu non fermare
si

r attenzione sul Caro e sul suo momento storico quando


(he non muta anche accettando per intero la acuta

ripensa alla
:

complessa questione del classicismo e della prosa moderna


tesi

question

opposta dal

Romagnoli

agli antichi

argomenti del Bonghi

{').

Proprio alla questione del classicismo, nata nel 500,


i

mi pare
quando
la
si

trovasse di fronte
il

il

Foscolo, che pi di ogni altro aveva ricono-

sciuto

valore di esso

come

tesoro di luce e di armonia,


all'

die a tradurre Sterne e pens

opportimit di pulire
della

lingua

dalla ruggine dell'antichit e dalla falsa lega

moda
;

in

guisa
:

che ognuno potesse riceverla e spenderla con fiducia

e confess

Le donne
anni che
forse

gentili al parroco Jorik e a

me

suo chierico ins^narono

(").

a sentire e quindi a parlare


si fa

men rozzamente
scritta

La prosa
degli

dei primi

critica di se stessa in quella della versione del viaggio >

una pagina non mai

della

storia

esperimenti
torna
assi-

letterari foscoliani:

ma

la

questione molto complessa,

duamente
sto

fra

pensieri dello Zibaldone

leopardiano

e c'

materia

per un libro. I cui pi importanti capitoli riguarderebbero forse que-

momento

letterario d'Italia e di

Francia fra

il

cinque e

il

seicento

in cui

le donne gentili, con

la forza della loro ignoranza,

comin-

ciarono ad aver parte cos preponderante nella trasformazion della prosa.

Tutto ci non digressione, perch la prosa del Caro, specialmente quella


delle lettere, pare a

me

che dovrebbe avere un posto proprio

nella

storia della critica, tanto ci si sente

una nuova coscienza

stilistica (^).

(';

E. EosLG.NOLi

Perch la letteratura italiana non


I p.

popolare in Italia

(Rivista d' Italia, Febbraio 1919).


(-) (^)

Foscolo

Opere V.
La

314-15 (Napoli 1887).

Cf. anche le Osservaxioni del

Leopardi

Zibaldone V.

IT

p. 290.

ToTFAXiN.

fine cklf

umanesimo.

1S

210
Peccato che
il

CAPITOLO XIV.

Caro non

la chiarisse di proposito. Egli


e,

non

si

im-

pacci mai con Aristotele


:

quando

ci fu tirato,

mostr di conoscerlo

a orecchio e lo fals C) ebbe anche visibilmente a schivo le filosofeggianti diatribe suU' arte le quali stridevano con il suo vivissimo
e

immediato sentimento di quella,


gli sfugg.

ma

il

nodo

della questione

forse

non

E probabile, insomma, che queir idea ancor cos incerta, il poeta non essere un semplice adornatore e la forma non essere estranea
air intimo
suo,

ma

tutt'

uno

col suo

modo

di vedere

F oggetto,

in

lui fosse gi albeggiata.

Le

fuggevoli e quasi sempre incidentali allu-

sioni al
tere

problema

dell' arte,

che

si

possono leggere nelle sue

Let-

non sono mai cos recise e chiare da poter essere citate vittoriosamente come riprova d' una mentalit critica nuova, ma espressioni d' insolita raffinatezza sar facile cogliente a tutti.

Tanto che, dopo discorso


lare di quel

di lui, si trascorre

senza fatica a parfrase

gran pazzo di Don Chisciotte che disse una

sul

valor della quale

non

possibile contendere

la

penna

la lingua

dell'anima

[').

(')
C'^)

Caso

Opere (Laterza 1912) V.


:

I p. 51.

Ceevantes

Don

Chisciotte (ed. Sonzogno) V. II p. 99.

^^>*$^M^C<-^

CAPITOLO XV.
Il

Cervantes.
di cose trovato dal

^o>LM.vBio.

1. Questo medesimo stato

Cervantes

Necessottile

sit di conoscere queste idee critico-aristotelico-italiane

per una pi

intelligenza del

Don

Chisciotte

Li

satira letteraria di esso.


-

2. Scene
in

ispirate da questa sul principio della seconda parte

Tornato

patria
sacrifi-

Don

Chisciotte (la poesia e

1'

universale) riconosce la necessit di


il

care a se stesso Sancio (la storia e

particolare) -

Argomenti

suoi, indi-

gnazione di Sancio

Incredulit di

Don
-

Chisciotte quando viene a sapere


Si prova a interpretai^ con ipo-

che

il

suo poeta parla anche di Sancio


cosa
-

tesi aristoteliche la
le

Ma

gli
;

assicurano che in realt quel poeta narra


il

cose proprio

come andarono

secondo

particolare

Rappresaglia

di

Don

Chisciotte su Ulisse ed Enea.

3. Importanza

del libro

come
il

satira
alle

delle assurde idealizzazioni


fonti della realt
-

contemporanee:
di cose storiche -

vero ritorno della poesia

Poema
il

Don
:

Chisciotte

Goffredo

della Poesia

Sancio

Goffredo della Storia


reazione ad esso

L' opera

non un ultimo

frutto dei rinascimento

ma

unico glorioso fimtto della

controriforma

Ingenuit delle moderne idealizzazioni di

Don

Chisciotte

esempio

1'

Unamuno.

Ma
poco a
le cai-te

della mortificazione eh' io dovetti infliggere al lettore (e


stesso) col metter in tavola

un

me

quanto pi brevemente potei


scusarmi.
arri-

dialettiche della questione storico-poetica, cos poco allietata

dair intervento del Tasso, io

non ho ora pi ragione


se,

di

Valeva

la

pena

di

durare quella fetica

per essa, potemmo

vare a comprendere
del

un

po' meglio e

un

po' di pi la superba poesia


la gioia di
i

Don

Chisciotte. Solo

un poeta pu intendere

un

cri-

tico che,

dopo aver durato pazienza a spazzare

ciottoli e gli sterpi

212
di

CAPITOLO XV.

una via senza ombre,


sotto

d'

un

tratto,

a un' inattesa svolta di quella,


egli

vede stendersi,

una visuale nuova, un paesaggio che


l,

credeva

di conoscere gi e che, invece, proprio di

rivela la sua vera nad'

tura e una nuova bellezza.


ci la

]*^on eh' io

pretenda

avere scoperta con

grande e semplice poesia del Don


ci

Chisciotte:

ma

in quella

poesia
il

son pur vari aspetti e nessuno, credo, penser di vederci


tutti

fondo a

per intuito del

suo

naturale

buon

senso.

Non

incomparabile soddisfazione, insomma, sentire che di quel capolavoro

un aspetto offuscato dal tempo, che ci si ritrova pi da presso alla genuina ispirazion del poeta e quasi pi in consi

rimesso in luce

fidenza con lui? Tale


che, dissodando
il

il

caso nostro. D'improvviso

ci

si

accorge
s'

grande sterpaio della controriforma


il

letteraria,
il

venuto
che
la

a ricostruire
portentosa

mondo
tra

ideale tra cui si form

Cervantes

diatriba

l'eroe

catalano ed
satirico;

il

suo che
le

scudiero
ragioni

avulsa da esso perde parte del


della

suo sapore

poesia e dell'universale sono fra le

mani

di

Don
cose

Chisciotte

e quelle della storia e del particolare tra le

mani
la

di Sancio.

Disse
siane
:

bene

un acuto compianto

studioso

di

cervantedell' infatti

Nessuno finora ha

determinato

bene

misura

flusso italiano nello sviluppo intellettuale del Cervantes:

molti

particolari sono ancora oscuri e molte derivazioni e influenze


rali

genegli

non abbastanza

studiate

(').

Il

fatto sta che,

per conoscere
il

influssi di

un qualche cosa come un movimento

di idee,

pi ne-

cessario conoscere quel movimento. Cos la cagione di tale lamentata deficenza per rispetto- al Cervantes,

non

pigrizia o penuria di

studiosi suoi, che

il

Savi-Lopez, per esempio, se avesse avuto dove

metter
altri.

le

mani, l'avrebbe certamente colmata:


i

ma
ha

colpa di quegli
della

Fra

pochi che

si

sono occupati dei teorici nostri

condi

troriforma, nessuno (senza far torto a nessuno)


riferire

mai

cercjito

con un certo scrupolo che cosa

essi

pensassero;
il

almeno

questa lacuna vorrei che riuscisse a colmare

mio

studio.

Ma

il

troppo lauto compenso per

me

si

che, badando ad essa,

ho trovata
sono
ita-

come

risolta

da se

an(;he la question del Cervantes tanto


?) i

liani (e

che altro potevano essere allora

presupposti teorici di

lui.

segno tale che, a quella domanda del

Savi-Lopez,

si

potrebbe
chi

rispondere con una risposta molto complessiva e

punto

ardita,

(')

Paolo Savi Lopez

Cervantes

(ed. Ricciardi).

IL

CERVANTES

213
il

r intenda

col solito granello di

buon senso
il

primo

effetto

degli

influssi italiani sul


di lui l'altro

Cenantes

Don

Chisciotte.

Le
il

fonti

teoriche
:

furon proprio le medesime che tormentarono

Tasso

l'

uno e

ebbero tra

mano

gli stessi libri,

udirono parlare delle stesse


fatalit,

ose; frequentarono, forse, talora, gli stessi uomini. Vedete


(jli

anni della peregrinazione in Italia vanno, pel Cervantes, dal 1569

al

1575 e son
r
altra del

quelli che videro nascere la


:

poetica del
il

Gastelvetro

Piccolomini

anni capitali per

costituirsi di quel
illustrato.

gran

problema della storia e della poesia che noi abbiamo


il

Fra

Tasso e
si

il

Cervantes

ci

fu questa sola differenza: che dove l'uno

pianse e

disper, l'altro, genio sublime, sorrise.


il

Tutti sanno che

Don

Chisciotte

fra l'altro,

una

vittoriosa
trioniti

atira letteraria, la satira degli eroi


sto

romanzeschi che s'allarg e


il

in

sublime satira umana


il

ma

bello che. secondo

si

deduce
poleItalia

la

qualche passo,
letterarie,

primo germe del libro


superbo stare
cui
Castel vetro in

furono
in
si

le

nostre

miche

fu quel suo

ascolto

per
del

l'

del Piccolomini e
1

del

discuteva

poema

roico e dell'universale con quelle ridicole apologie dei personaggi

illustri

anzi illustrissimi

>

a dispetto

degli

umili

semplicemente

umani che venivano banditi nel che non ho simpatia alcuna per
ipere poetiche, e

particolare >

e nella storia.

Ed

io,

le sopravalutazioni finalistiche delle

mi meraviglio

di vederne cercare,

riosto e nel Tasso,

ma

perfino nel Manzoni,

m'accosto

non dico nell'Asempre pi


Chisciotte na-

all'opinione che questo scapigliato e freschissimo


scesse da un' ispirazione polemica che
s'

Don

integr con tutta la superba

fantasmagoria
vece,

cervantesiana,

ma non

disparse

giammai. Oggi,
penso
a

in-

mi pare che prevalga la


bubbolate
allo
dell'

tendenza

contraria -

uno
resti-

scritto del

povero Rabizzani - la quale pu anche essere buona come

reazione alle
tuire
il

Unamuno, ma, quanto


d' arte

voler

Cervantes

sfondo

del rinascimento - del nostro

rina-

scimento ariostesco - in una gioia

pura,

l'

arte per

1'

arte,

un onore da risparmiare a quella sua pensosa fronte


in lui qualche cosa della tristezza tassesca
;

castigliana.

e' ,

di

pi,

l'

ironia

superba del genio.


^fa. poich a

un

entusiasta del

Cervantes,

quale

io

mi sono,
conosce
gic

pu essere

facile passare la parte (e


:

qualcuno potrebbe accusarmi di


il

far della critica estetica)

poich, d' altra parte,

lettore

anche troppo

le idee critiche del

tempo, leggiamo insieme, nella


capitoli

se-

conda parte del Don Chisciotte, quei primi

che

son

tutta

214
lina revisiou

CAPITOLO

XV
poeticamente dal gran
portentosa,

critica dell'opera fatta

poeta
fino

inquadrata in essa con omogeneit

arriviamo

alla

sapiente conclusione del baccelliere Sansone Carrasco. Ascoltiamo


Chisciotte e Sancio che, reduci dalle loro campagne,
si

Don
vi-

svelano a

cenda
e

loro
il

cuori nel segreto delle consapevoli pareti

domestiche,
particolare,
i

vedremo

problema

dell'universale

quello del

diritti

della poesia e quelli della storia, le ragioni dell'ideale e quelle


realt, diventare schiettissimo pianto

della
di

umano

nelle

confessioni

Don

Chisciotte, formidabile

buon senso

nelle pretese di Sancio:


ci

e tutte

quelle pedagogherie italiche, dal Kobertelli in su,


alla

ritorne-

ranno

memoria leggere

e brillanti

come un raggio

di luna.

Ricordate ? Quel segreto colloquio fra


biere in materia di poesia interrotto da
fosse quel
lo

Don

Chisciotte

il

bar-

rumore non
storico.

lo

potrebbe dire

un rumore .... Che cosa Cervantes come poeta: ma


- racconta che
le voci udite

pu come

La

storia - egli dice

da

Don Oh

Chisciotte, dal curato e dal barbiere partivano dalla serva...


la storia
!

dessa

il

tormento di

Don

Chisciotte che, reduce


s lo
si

dalle sue peregrinazioni,

uscente

dalla poesia, discerne su di


storia.

sguardo spiante, maligno, inesorabile della

Allora egli

di-

spone a fare

alla poesia
:

l'ultimo

sacrificio

il

pi

doloroso

al

suo cuore buono


egli,

si

dispone a sacrificarle Sancio Pancia.


d'

Non
;

che
ne-

uomo

giusto,

non riconosca F iniquit

un

tal atto

ma

cessit lo impone.

entrare

nel

pelago

della

poesia

con Sancio

sente che quello lo tirereb.be al fondo con rovina


in

reciproca.
si

Onde,

gran segreto,
si

si

apparta col turbolento scudiero,

confessa a lui

prova a farlo tacere, a impietosirlo e a disporlo


che
,

al

grande

sacri-

ficio

per la celebrit di Sancio, una

specie

di

suicidio.

Ma
Chi-

lo fa

con parole cos profondamente umane che voi dite:

Don

sciotte

ha ragione e non difende


!

il

suo egoismo

ma

il

suo

ideale:

difende la poesia

Frattanto
e,

Don

Chisciotte

si

rinchiuse con
disse

Sancio
:

nelle

suo

stanze

trovandosi tutti e due

soli,

Sancio

Molto
le

mi
mie

pesa che tu mi vai incolpando di averti tolto di casa tua per


peregrinazioni
;

noi

siamo

usciti insieme

scambievole fu la nostra

colleganza e la nostra

varia fortiuia; una


:

vicende abbiamo corso egualmente


in aria con
io

e se tu fosti

medesima mutabilit di una volta sbalzato


ci

una coperta,

io cento volte fui

bastonato e in

solo

ho avuto una parte maggiore della tu^. - Quest'era ben

di do-

EL

CERVANTES

215
vanno
detto
il

vere, rispose Sancio, perch a detta di Vossignoria

le

svensei in

ture pi attaccate ai cavalieri erranti che agli scudieri. errore, Sancio mio, disse

Tu

Don

Chisciotte

giusta

il

caput dolet

>

- Non intendo

altro linguaggio

che

< quando mio - re:

plic Sancio. -

Ho

voluto dire, soggiunse


tutti gli

Don

Chisciotte,
:

che quando
quindi,
es-

duole la

testa,
il

dolgono anche

altri

membri
dei

e,

sendo

io

tuo padrone e sigiiore, sono la tua testa e tu parte di


il

me

per

essere

mio

servitore; e perci

provar
questo

dolore

del
disse

mio male come debbo


Sancio la

io sentirlo del tuo.


:

io

modo ero

dovrebbe essere

ma quando

membro
la

sbalzato

in aria sulla coperta stava


tile

la

sua testa dietro

muraglia del core,

vedendomi volare senza provar dolore di sorta alcuna,


i

se sono

obbligati
firn-ere
.

membri

a dolersi del male della testa,

era

la

testa

in

di dolersi dei membri. - Vuoi forse con ci inferire, o San-

disse

Don

Chisciotte,

che

io

non

sentissi

dolore

in

quel

fran-

gente? Se ci tu credi, non dirlo e non pensarlo nemmeno, perch

provavo

nell'

animo maggior tormento che tu nel corpo

ma

la-

amo da
dice di

parte questo discorso che verr tempo

di ponderarlo e

facciamoci a quello che importa di pi.

Dimmi, amico Sancio, che

me

in questa terra ? >

(')

nit dei personaggi eh' io preferirei

fusa all' umanon guastarla con chiose e non mporla con inframettenze critiche, tanto mi par facile intenderla

Scena deliziosa in cui

la satira letteraria cos

sentirla, e tanto le delicatissime

sfumature

di

essa

svanirebbero
il

nei miei
<?he

compendi

dialettici.

Don

Chisciotte,

insomma,
all'

personaggio

vuol salire dal particolare della storia


le

universale della poesia.


il

Ma, secondo
destinato
si

conchiusioni italiche e tassesche,

personaggio a ci

nutre del merito dei suoi compagni come


spalle di essi
Chisciotte, in
i

lascia sulle
filisteo.

suoi scacchi e

suoi

torti

un vampiro come un

Don

nome

del suo ideale, la poesia, si prepara

a diventare

vampiro e

filisteo.

Quelle accorte parole di lui a Sancio,


il

somigliano, pel contenuto, quelle che

superuomo Nietzschiano
Chisciotte

di-

rebbe alla sua vittima

ma

il

tono cos pieno di rassegnata tristezza

umana che ci vien da abbracciar Don pensarlo nemmeno, Sancio....

Non

dirlo,

n
lui

Allora sentiamo che la vittima non tanto Sancio

quanto

(^)

Dox CmsCTOTTE

op. cit.

V.

II p. 20.

216
stesso.

CAPITOLO

XV
io

Ma
ti

- egli dice - se tu sapessi e se


sofferto,

potessi
il

parlare

Anch'io ho poveramente
mentre
la

come

te,

ho diviso

tuo

dolore
dietro
stato

buttavano in aria con

la coperta e

tenevo la testa
anch'io

muraglia e fingevo di non occuparmi di


i

te;

sono

bastonato, anch'io ho provati


!

tuoi stessi sentimenti,

anch'io

sono

un povero uomo Ma tu non farmi la spia che io sono un povero uomo come te; e che la poesia non lo sappia Tu puoi piangere perch sei la storia, io non posso piangere, o Sancio, perch son la
!

poesia; fortunato te che puoi scomparire col fardello della tua


nit e lasciarmi solo nel vuoto aere della

uma-

mia

astrazione...

Ah

Figuratevi a questo punto la sorpresa di


sacrifici fatti e
il

Don
si

Chisciotte

quando, dopo tanti

da fare alla poesia,

sente dare a

bruciapelo la notizia che

romanzo

delle sue gesta gi stato scritto^


il

ma, incredibile e vero, vi


Pancia con
i

si

trova tal quale

nome

del misero Sancia

segretuzzi storici che quello porta con s. Sappia - gli


il

comunica costui - che rimpatri iersera


Carrasco,
il

figliuolo

di

Bartolomeo

quale ritorna dallo studio di Salamanca fatto baccelliere,


io stato

ed essendo

da

lui per dargli


si

il

benvenuto, mi disse che la


su
per
i

storia della Signoria

Vostra

leggeva

libri

col

titolo:

L'ingegnoso Idalgo Don Chisciotte della Mancia ecc..


ch'io vi sono ricordato col medesimo mio
cos 'pure
la

Aggiunse
e

nome Smicio Pancia


le
fatti

signora Dulcinea del


7ioi

Tohoso con

giunte di altri

segretuzxi fra

due

soli,

ch'io

mi son
venuti

mille segni di croce


di

per lo stupore che possano essere


scritti
(*).

notizia

chi

li

ha

La prima
aristotelica
:

idea che ne viene a

Don

Chisciotte

una questione
il

pensa che, se gi volava per ogni dove

racconto

di

sue gesta, l'autore di esso, non solo


averle sapute cos presto,

doveva

essere

un

mago per

amico

nemico

ma doveva pur essere una delle due, o amico per ingrandirle e innalzarle sopra le pi
per annichilirle
e

segnalate di cavaliere errante; nemico


ni di sotto delle

metterle

pi

vili
gli

che fossero

mai

state scritte di inglorioso


la

scudiero

Cio non

passa neppure

per

mente che codesto


al
si

autore abbia potuto scrivere le cose


e farne un'opera
bella e

come erano andate veramente,


contravvenendo
i

interessante

principio

aristotelico che, nella tragedia e nell'epica,

personaggi

rappre-

C) P. 21.

IL

CERVANTES
universale

217
inri-

sentano o migliori o peggiori della realt, secondo

l'

somma. Anzi
di
-

quest' ultima

immagine

dell'

inglorioso scudiero lo
si

chiama a considerare l'udita novella; nel suo libro


!

parla proprio

un umile scudiero come Sancio Pancia E con qual costrutto ? Eppure delle Dopo tutto questo andava fra se stesso dicendo imprese degli scudieri non si us mai di fare menxioie in iscritto quand'anche vi fosse una tale istoria, dovendosi riferirla ad er:

rante cavaliere, dovrebbe essere per


insigne,
s'
il

necessit

eloquentissima, alta,
il

magnifica,

veritiera

(')

(veritiera

secondo

necessario

intende). Difatti

l'umorismo certamente parodistico della scena tocca

suo vertice quando Sancio e

Don

Chisciotte, quello sordo al pro-

fondo latinorum del


concetto
farsi

quando caput
aristotelica,
si

dolet

questo
al

fisso

nel

suo

della

poesia

presentano
le

baccelliere per

rendere conto del come sono


tal

trascritte

loro

avventure

in
:

quel

romanzo.

E
si

Sancio chiede

al baccelliere

con tutta garbatezza

Favorisca dirmi:
il

parla mai dell'avventura dei mulattieri,


s'

quando

nostro

buon ronzinante

invogli di procacciarsi anch' egli avvendi Sancio,

ture? Sansone Sarrasco capisce, dagli occhi


a dispetto della gloria padronale,
brit,
si

che costui,
cele-

interessa alla sua propria

e gli risponde

Nulla ha omesso quel savio, racconta

ogni

cosa con fedelt, con esattezza, n tacque


fece
il

neppure

le

capriole
capriole

che
sulla
(').

buon Sancio

sulla coperta. - Io

non ho

fatte

coperta, rispose Sancio,

Figuratevi la sorpresa di

ma per aria, e furono pi del bisogno > Don Chisciotte, il quale, udendo il
particolare, si sforza

suo
in

poema scendere a
altro

cos

trito

d'interpretare
gli

modo

le

parole del baccelliere.


la

Sarrasco non

sa dar torto,
<

ma, intanto, rincara


tutto ci - replic
storia che
il

dose

dell'

amarezza

donchisciottesca.

Con

baccelliere - dicono alcuni che


dall'

hanno

letta la

avrebbero desiderato di veder

autore poste in dimensignor

ticanza le bastonate infinite date in diversi incontri al


Chisciotte
.

Don

Ma

Sancio che, per conto suo, non ha se non bastonate

da affidare
rit,

alla storia, lo

interrompe indispettito.

Queste sono vechi


rac-

rispose Sancio, e
(^).

non potevano essere dimenticate da


il

conta

Con
ha
sciolto

la
il

quale uscita

buon

senso

di

Sancio,

senza saperlo,
(la storia)

nodo deUa questione.

allora, contro

Sancio

C) p. 22.

()

id.

C)

id.

218

CAPITOLO XV.

ecco levarsi, armata dei suoi quattordici punti aristotelici, la poesia

(Don

Chisciotte). Il quale, rappresaglia per rappresaglia, al


i

veder cos

messi in tavola dalla storia

suoi propri

fatti

di casa, mette egli in


altro tacerle

tavola, allora, quelli di Ulisse e di

Enea

Poteano per

per giustizia - disse

Don

Chisciotte

- perch le azioni

dalle

quali

non viene cangiata od alterata zio quando tendano a mettere


mia fede ohe non fu Enea
prudente Ulisse come
ci s

la storia

possono passarsi sotto silenil

in discredito

protagonista.

per
s

pietoso

come

il

dipinse Virgilio, n

viene descritto da

Omero

Senonch, proscaturisce
la

prio da questo contrasto fra Sancio e

Don

Chisciotte,

rivelazione che

li

dovrebbe metter d'accordo e che definisce


storia...

lo stra-

nissimo libro. Esso non un romanzo: una

Dice benis-

simo Yossignoria - soggiunse Sansone ticamente, altro


il

ma

altro lo scrivere poe-

farlo storicamente.

cantare le cose
sere,

non

gi quali furono

E lecito al poeta raccontare o ma quali avrebbero dovuto esin


chi

mentre

lo storico invece

ha da scriverle non gi come avreb-

bero dovuto essere,

ma

quali realmente furono senz'alterare

un
ci

punto solo la verit o con mutazioni o con aggiunte......


ancora - disse Sancio - che

dicono che gode Sancio. E di me sono uno dei principali personaggi... Dio non mi dia bene - rispose
il

baccelliere

se voi

non

siete

il

secondo personaggio di quella


i

storia:

ed avvi taluni cui vanno a sangue

vostri ragionamenti an
(')

che

piti di quelli di

ogni altro ivi introdotto....

Don

Chisciotte
'

resta con tanto di naso.

Ora che

cos'

il

Don

Chisciotte ? Credo che sia la risposta pi


al

profonda data da un poeta, ed in poesia,


Il

questionario aristotelico.
di

poeta era spagnuolo ma, anche se non fosse stato

educazione
perch
il

italiana, la

sua cultura non sarebbe stata


si

molto
e pi

diversa,
tardi

rinascimento

manifest in Ispagna

meno

che altrove

e quello che vi prese piede fu appunto questo tardivo della controriforma.


Il

significato letterale e quello


:

morale del libro

sono

gi

noti e chiari

quello letterario
statato
il

mi pare non meno evidente


le

e punto

oscuro.

Vi

pregiudizio che

regole
di

aristoteliche

deb-

bano condur

la poesia a diventare astrazione

bene
e,

di

male,

parenetica descrizione di santi e di eroi o di dannati

quindi, ine-

(>)

p.

24-5.

n.

CERVANTES

219
una
esil

vitabile esagerazione della realt. Il pi difficile personaggio in

sere

commedia quello che uno stolto davvero

fa

la

parte dello stolto, perch


si

non deve
;

chi

propone di parer

tale

far dire
lucidi

Cervantes, poco pi oltre, al suo eroe in uno di quei


valli

inter-

che sono cos insistenti nell'opera. Onde


il

il

trionfo di

Sancio,
vera,

pi che
esatta,

trionfo

del

particolare
dell'

sull'universale,

quella gi
11

profonda interpretazione

uno

dell' altro

affiorata

appena nel pensiero del


senta

Piccolomini e del Patrizio.


il

poeta deve

sentire bens sotto specie d' eternit


;

particolare che vede e rappre-

ma

questo eterno
lui,

(o

universale)

non
lo

nella cosa

ma

in lui.
:

E, quand' in
bastonate di Sancio,
di lasciar nella

egli lo

vede e

sente

dappertutto

nelle

come
le

in quelle di di

Don

Chisciotte, senza bisogno

penna

prime o

ridur le

seconde

vittoriosi

tornei. Cos

il

particolare della storia, per diventar

poesia,

non ha
mutar
occhi e
di

bisogno di essere scritto in versi, come pensava la buon' anima del


Castelvetro;

ma pu

diventar tale anche


il

in

prosa

senza

Troppo d'aspetto,

solo che

poetalo veda e

lo senta

con

cuore

di

poeta.

Cos

il

Don

Chisciotte

un poema

cose

storiche (cio comuni) e scritto in prosa.


del Cervantes in quel

Ed

questa la

grandezza

momento

della storia;

una grandezza innanzi


la

a cui

il

povero Torquato arrossisce. Mentre, ormai,


il

poesia

incaso-

pace e paurosa di esprimere e di toccare


vente angusto

nuovo, complesso e
realt
il

mondo
e'

ideale, si isolava dalla

dalla

storia,

Cervantes

(e

non

era con lui, in Europa, se non

gemello suo Sha-

kespeare) la riconduceva senza rinuncie nel cuore della realt a cavallo del somarello di Sancio e la faceva danzare di giovinezza e di
libert proprio in quella cerchia

che

le

pareva preclusa:
pi

l'umanit

di tutti

giorni, con le sue miserie e le sue gioie

comuni.

r ideale non ne restava bandito,


e possente.

ma

s'

incarnava in essa rigoglioso

Chi legge questo poema, che


mile scritta in prosa, e
si

la storia di

una

fantasia verisi-

ferma

ai tanti trapassi
il

in cui la storia

contrapposta alla poesia, e tien presente via via


filosofico di quelli anni, capisce

pensiero critico-

che la satira assai pi direttamente


si sia

letteraria, e
fin

ad un tempo pi universale, di quel che non

detto

qua, attribuendola solo alle smanie romanzesche le quali non erano


e

poi tanto diffuse, quanto, per comodit, si ripete,

non dovevano
proprio la satira
il

portare dissesti gravi nelle fantasie del pubblico.


dell'eroico (in

cui

trova

posto,

del

resto,

anche

romanzesco)

220

CAPITOLO XV.

come accaparratore
il

dell'

illustre

distruttore
della
li
;

quale poi esso quel

tal

vero

oggetto

sciotte

Rinaldo,

Tancredi,

Goffredo,

quali

uomo poesia. Don Chivolevano il Dedell'

l'

Nores e

gli altri infatuati

aristotelici

del

tempo

altro

Rinaldo,
debolezze,

Tancredi, Goffredo, quelli della storia, con le loro

umane

coi pensieri ripugnanti, in apparenza, alla poesia e alla morale, si tro-

vano in Sancio e sono poesia tanto pi vera


in essa sta la follia di

universale

che

la

troppo universale e monca poesia dell'eroe castigliano. Nel voler vivere

Don

Chisciotte

e tutto
l'

il

poema appare come


i

un

risveglio dell' arte dal

vano sogno in cui


tale esso

avevano chiusa

let-

terati di quelli anni.

Dico che

appare a noi, ripensandoci,

perch Cervantes soprattutto poeta e pu darsi che la sua intuizione


di poeta arrivasse anche pii oltre che la sua

coscienza

di

critico.

Si ripensa alle parole con le quali

Don

Chisciotte, sdegnato
s'

di

ve-

dersi cos tradito dal suo poeta a beneficio di Sancio,


screditarlo,

ingegna di

Oh

adesso

eh' io sostengo, disse

Don

Chisciotte,
s

che

non
cuno

sia stato

un savio

l'autore della

mia

storia,

ma
e
si

bene quals'

di questi ignoranti cicaloni che, senza

verun

pretesto,

accin-

gono a scrivere, esca fuori quel che vuol


gliarlo a Orbaneia,
il
:

uscire,

pu rassomidi quello

pittore di

Ubeda, che, interrogato

(').

che

dipingesse, rispose

quel che verr fuori

Egli sentiva

dunque

in se la divina libert della poesia:


i

ed

possibile che, nel fervore dell' ispirazione, provasse per

critici

suoi

contemporanei un disdegno e intravvedesse soluzioni poetiche quali,


nella meditazione astratta,

non riuscivano
Nessuna

poi a comporglisi in mente,

con

altrettanta

chiarezza.

scritti teorici,

egli si

mostrasse
Il

meraviglia dunque che, negli meno chiaroveggente e pi impacciato


tutt' altro

dall' aristotelesimo

italico.

fenomeno
pi

che raro:

questo

sarebbe un altro punto di contatto del Cervantes con Dante.

Al quale

egli ci

fa

ripensare

d'una
di

volta,

specialmente
:

quando

s'

ode parlare della sua opera come di frutto del rinascimento


reazione, in

poich essa nasce piuttosto da un sentimento


periodo che prende

quel
l'

nome appunto

dalla reazione cattolica, od

u-

nico figlio forte e sano di essa nei


alla gloria del

paesi

latini,

quello

che

port
in

capolavoro ci che di grande


il

e di

eterno

v'era
al

quel moto di spiriti:

bisogno di autocoscienza

mancato

rina-

()

P- 26.

IL

CERVAXTES

221
tra
si

scimento. Se Torquato Tasso, invece di cadere


Speroni, o tra
i

le

grinfie

dello

miasmi
l'

della corte

Estense,

fosse

imbattuto

accompagnato, per

Italia d' allora,

con questo vagabondo cristiano,

chi sa che la letteratura del Concilio di Trento sarebbe riuscita

meno

miserevole

Perch
di contro al

il

mutilato di Lepanto

si

leva nella storia e nella poesia


di

movimento germanico come paladino

Roma.

Informandosi a una profonda consapevolezza religiosa, egli rappresenta r eterno problema dell' uomo, con una interezza e ima libert
assoluta, quale la

a Goethe. Voi trovate nel

Germania non avr, nel suo immanentismo, Don Chisciotte la vita come antitesi
all'

fino

inso-

lubile di ideale e di realt, di poesia e di volgarit, che si

conchiude

in onesta ironia fatta di incitamento

umilt

il

trionfo di Sancio.

In Germania con Lutero queir antitesi finisce in ironia fatta di


perbia e d'impeto. Quello che ci resta dalla lettura
sciotte

su-

del

Don

Chi-

una

sfiducia nelle forze dell' idealismo puro che religione.


il

Un

autore tedesco a\Tebbe conchiuso con


il

trionfo di

Don

Chisciotte

con
aitto,

bando

di Sancio.

Xe

volete

una riprova

? Oggi, ieri sopra-

ieri

sotto l'influsso delle correnti

germaniche,
im' esaltazione

l'opinione
dell'

ge-

nerale portava a vedere in quel libro


creatore,

idealismo

un

trionfo della gran febbre creatrice di

Don

Chisciotte, a
l'aria

calar quasi
fastidioso
tore.

un

sipario sull'opera di Sancio che


alle

aveva

d'un

ingombro posto

calcagna del cavaliere errante e crea-

chi, di questi ultimi anni,

non

l'ha ripetuto

un

po' pi di
la

quanto occorra per restare nei limiti del buon senso, scagli
pietra.

prima

Ma non

ricordate
il

come furon

battute le

mani a quel cicalone


d'

del signor

Unamuno

quale volle dar saggio di molto gusto e di molta


il

sapienza sottoponendo

Cervantes a quest' iniezione


si

idealismo ger-

manico, e quando,
che
il

all'

ultimo,

trov di fronte

all'

indiscutibile realt

suo autore

fa rinsavire

Don

Chisciotte, diede
il

prova di
Chisciotte

fiuis-

>imo acume critico sostenendo che


matto Cervantes
?
il

savio era

Don

il

Invece, ripensando a tutto

libro, a quel

contrasto

fra

due
si

personaggi davanti

al

baccelliere,

alla

conchiusione

dell'opera,

-ente che, l'eroe del poeta Sancio, segno del nostro incerto destino

mortale, cui sciocco ribellarci perch lo

dobbiamo portar

sulle spalle,

cercando di conformare ad esso,

il

meglio possibile, la povera vita.

CAPITOLO XVI.

Le
Sommario.

origini del secentismo.

1. Gesuiti e Spagnuoli come cagione del secentismo

in teorie ed
:

esagerazioni oltrepassate.
cattolica

2.

I tre veri
-

elementi del secentismo


-

reazione
di

esaurirsi del rinascimento

spagnolismo

Ci che v' era

buono

e di progresso spirituale negli impulsi originari del

primo
-

Aspetti del se-

condo e del terzo


essi stiano

Affinit e confusione

dei

due ultimi
che

In

che rapporti

con

la reazione cattolica d'


-

partito

questa
-

ne trasse

Il

secentismo come sviamento


al

un

effettivo risveglio letterario


lui e in altri

L' aspirazione

medioevo

di

Michelangelo

Accenni in
del

scrittori a contrad'

stanti elementi che si sarebbero potuti svolgere.

3. Fallimento
i

ogni

impulso migliore
aspetti di essa -

Effetto.: ipocrisia

pensiero e dell' animo


dell'allegoria

Multiformi

La consapevole menzogna

L' immoralit lar-

vata

In

nome

di tutte queste ipocrisie si riconciliano

partigiani del Do-

Nores
vata

e quelli del Guarini e la discordia loro sparisco


dell'

nel secentismo

Di-

sprezzo

anima umana
-

L' arte

superba tappezzeria

la

sublime trofra la teoria

dell'

eco

L'allegoria del Marino.


-

4. Somiglianza
Poetica

della poetica e quella dell' oratoria sacra

del

Beni

suggello delle teorie secentesche

Il

concetto poetabile -

La poesia

come non

deve essere

n chiara n

precisa
-

Volatizzazione
:

ossia

perfeziona-

mento
di

dello regole aristoteliche

Esempio

il

Marino.

5.
o
il

Identico stato

l'

cose

neir oratoria

sacra

Il

concetto

predicabile
1'

canoccliialo

aristotelico - L' oratoria sacra


delle cose

deve bandire

esperienza e

osservazione

umano
con

Puro

trastullo della fantasia - L' imagine della tappez-

zeria confacentesi ad ossa


d' Aristotele

com

alla poesia.

6^ Ultimo
si

perfezionamento
eccita e
si

la

poetica del

Donato
-

Aristotele vero teorico della tra-

gedia tolta dal martirologio cristiano

Proprio in ossa

purga
-

ad un tempo
I vescovi e
i

il

terrore e la misericordia secondo gli intendimenti di quello


-

baroni dol tempo eguali in dignit a Edipo o Alcmoone

An-

LE ORIGINI DELSECENTISMO
che in questo
classicismo

223

il

si

perde nello spagnolismo: satira del magister


il

Stopinus

Invettiva del Filicaia contro

seicento dalle soglie dell'Arcadia,

<

Hic enim

scit

saper omnes delinLibro della Sapienxa.

qaere qui ex terrae materia fraglia vasa


et scolptiliafingit
>
.

Il

Vale ora
il

la

pena

di discutere un' altra volta

come

si
i

formasse
Gesuiti e
si sia

fenomeno del secentismo, e quanta colpa vi avessero


gli

quanta

Spagnuoli

A me
corso

pare che a questa domanda


delle pagine precedenti e

gi

risposto abbastanza

nel

che

la ri-

sposta presenti
accolte

una chiarezza non


fatti

inferiore a quella di

molte altre

come

definitive,

conoscenza dei

per quanto pu essere chiara e definitiva la umani su questa oscurissima terra. Per procetornare a informare
il

dere con metodo rigoroso bisognerebbe


tore delle varie opinioni altrui senza
sia

let-

neppur domandargli se

egli

ne

informato di gi, e cominciare almeno da quelle del Settembrini,

cos recise e inquisitorie

che nessuno, oggi,


(').

si

sentirebbe di ripeterle

senza mitigarle alquanto

Ma non
fa,

creda

il

lettore

che

il

pi grande

rigore d'inquisizione sia stato raggiunto dal Settembrini.

Un

esempio

per

tutti

circa quarant' anni

Ugo Angelo

Canello,

nobilissimo

intelletto e nobilissimo cuore, dalla cattedra di

Padova, proprio quella


di catarsi, spie-

del

Riccobono e del De-Nores, quasi per un destino


il

irava cos

prevalere dell'Eneide sull'Iliade in questi anni di con

troriforma.
nita
sotto

L' Eneide

era
di
i

il

la

direzione

poema Roma,

dell'

umanit politicamente
il

riu-

l'Iliade

poema

dell'indipen-

denza nazionale, quindi


nale,
le

Gesuiti,

nemici dell'indipendenza
possibile che

naziodi

cultura
i

movevano guerra C). Ora come il Canello, ignorasse che,


sul

un uomo
almeno
sonni

nel cinque e nel

seicento,

Gesuiti,

problema dell'indipendenza nazionale,

cos

rigorosamente inteso, potevano dormire tranquillissimi


perch

anche

non
del

esisteva?

per

vero

che

queste

parole

suonavano

stranamente simili a certe altre del Mazzini che, parlando dei papi,

non

solo

cinquecento,

ma

dei

loro

predecessori

al

tempo

di

(')

Importantissime tuttavia mi sembrano


es.
:

le

opinioni in proposito del nostro


t.

romanticismo. Per

Gioberti:

Il Gesuita

Moderno (Losanna 1846)

II,

cap. VII, p. 593-4 e passim:


1.

Botta: St.

d' It. coni, di quella del

Guicciardini
627.

22

(ed.
(-)

1824, Voi. IV,

p.

186 e
leti.

seg.).

Ca-nello: Storia della

Hai.

nel

see.

XVI

(Milano 1880)

p.

224
Dante, scriveva
nit nazionale

CAPITOLO XVI.

I papi
(').

non potevano n volevano

fondare

l'

u-

Il

Mazzini, per, parlava da agitatore e simbo-

leggiatore e ci che pi importava, nelle sue parole,

non era

l'esat-

tezza storica

il

Canello parlava, invece, dalla cattedra.

Ma

ci

veniva,

come parecchi

altri,

dalle giornate garibaldine, e insegnando la storia

d' Italia gi intravista fra le passioni di

un mondo
estranee,

nascente, gli re-

stava nell'orecchio tanto frastuono di voci

da

confondere
scienza.

con

facilit

quelle della politica con le fredde parole

della

Si deve in parte a questo, io credo, se la questione delle origini del

secentismo, cos oppressa dall'

ombra

del

Concilio di
sia.

Trento, parve

meno semplice e chiara di quel che in realt non il campo da queste esagerazioni, facile trovarsi

Oggi, spazzato

d'accordo.

facile,

dico,

vedere in quale rapporto stieno fra loro quei tre


il

elementi

ai

quali, via via, secondo

gusto degli
letterario
:

storici, si

suol dare
cattolica,

la colpa di questo

grande

fenomeno

reazione

esaurirsi del rinascimento, spagnolismo.

Bisogna dir subito che quel primo elemento, che


bilissimo impulso,

si

formalizz

e inarid poi subito in oppressivi formalismi, era in origine


e,

inteso

con

la solita discrezione,

un noun vero prointerrotto


il

gresso sul rinascimento. Questo, infervorato da una febbre di riesu-

mazione, e ammaliato da un sogno di bellezza,


corso dei profondi pensieri medievali e sviato
il

aveva

cuore dell'uomo -

ma

assai pi l'arte

problema

del

bene e del

- dal problema del dolore umano che l'eteriu male. Che quell'interruzione rinnovasse

r aria

e,

rimettendoci a contatto col

mondo

antico, rendesse possibile

lo sviluppo delle idee

nuove

e della sintesi

moderna, cosa
s'

di cui

nessuno pu dubitare. Ma, intanto, quelli uomini


rati

erano
la

avventupassione

alla riconquista dello smarrito

mondo

classico

con

di navigatori che intravedono lontana sulle

acque una sirena e muoche non per-

vono verso
tusiasmo

di quella in

uno spasimo

di idealizzazione
si

mette di giudicare. Spettacolo sublime, perch se non


si

ammira
nelle
si

l'

en-

rinuncia alla vita, quello del buon Boccaccio che lascia


giocondit dell'arte sua, per
i

gli ozi e la

rintracciare,

polve-

rose biblioteche dei conventi,

cimeli di
si

Roma

ma non

esprime
po-

punto un' idea

pietista,

quando

aflerma che, per un

uomo che

(')

Mazzini: Opere (Daolli Milano 1862, V. IV,

p.

2iJ).

LE ORIGINI DEL SECENTISMO


teva leggere di gi Dante e S. Paolo,

225

il

ritrovamento, poniamo, del

De

Oratore di Cicerone non poteva essere, di per s stesso,


trionfo dell' intelletto.

un

supremo
e nel

Ma

il

Boccaccio credeva in Cicerone


;

De

Oratore e non

li
il

giudicava

e tutto lo sforzo del

rinasci-

mento
gacia

fu di ricostruire

mondo

antico per virt d' amore,

non

di
sa-

vera analisi e di sintesi. Esso,


il

che riusci a scoprire con

tanta

ritmo del periodo di Cicerone e imitare la musica del verso

di Virgilio,

non

s'

avventur poi mai a cercare di


si

rifar

seriamente

un poema o una tragedia, tanto

sentiva legato alla forma ed estra-

neo all'intimit di quell'arte desideratissima.

Ma

come, col
i

fiorire del

rinascimento, gli uomini sentirono sva-

nire dentro di s

grandi pensieri del Medioevo, cos,

con

l'illan-

guidire di quello,

risalirono a galla le ansie e le inquietudini

che

un' et di
dei tempi,

crisi,

orgogliosa e splendida, nell' aspetto,


interrotto.

come

la

pienezza

aveva

Userebbe un linguaggio molto ingenuo


cagionarono
manifest
detta
l'

chi dicesse che

le lotte di religione
si

la fine del

rinasci;

mento, invece di dire che, in esse,


'<

esaurirsi di questo

chi, parlando,

confondesse la cos

serenit

dei

Greci
d'

con

con quest' altra serenit. La quale ha pur sempre


serenit di crisi. Avete osservato

F aspetto
del

una
di

come

le

lettere

Poliziano so-

migliano

il

testamento di Sigismondo Malatesta, nella incapacit


di piangere

toccare gli argomenti del dolore, nell'incapacit

anche
d'a-

quando

gli

ammazzano
e

il

suo Medici?

11 risvegliarsi dallo stato

nimo
si

dal rinascimento fu

come

il

risveglio

da un sogno

il

Medioevo
era

svel

non morto

Dante apparve grande e vero come non


questo
disfarsi

mai

stato.

Parallelamente,

del

rinascimento,
strettamente

come
si

stato

d'animo

letterario, ebbe, in

quella che

pi

chiama

letteratura,

un prevedibile

effetto.

Svanito quel ferver quasi mistico,


per forza d'amore,

che accostava

alla bellezza antica

venne l'idea
debodi
al al

di analizzarla e di capirla meglio: pretesa scientifica che era

lezza d'entusiasmo. Quella pretesa legata, nella storia,


Aristotele,

nome

ben documentata in quella prefazione del Robertelli


(

suo commento

voglio spiegare io
si

un poema,
scienza,

di

quante parti

come si compongano
peccava

faccia
ecc.

una
ecc. ).

tragedia, o

Divenuto

il

rinascimento, che

gi

per

troppo

appassionato

amor

della forma,

mise

fuori,

senza indugio, quel suo fondo retorico


di splendore,

rimasto innocuo nei

momenti
utnanesimo.

ma non
nell'opera

tanto
dei

che

non

u affiorasse qua e l qualche segno pur


ToFFWi.v.

maggiori,
16

La

fine dell'

226
fossero pur essi
il

CAPITOLO XVI.

Petrarca o

il

Poliziano. Si disfece,

insomma, in
di

un

culto della forma senza entusiasmo, nella

pretesa

rinnovare

quella degli antichi con un' imitazione scientificamente regolata

che

diede luogo a vanit pompose e ridicole. Quindi


secentista
s'

il

primo

sintomo

ebbe proprio

fra

primi scienziati

del

classicismo, gli
(la

Infiammati di

Padova, e

il

primo lavoro secentesco

Canace)

venne dal pi pedante


nulla, se

fra essi, che, di secentesco, in s,

non aveva

non

la pretesa di

riprodurre da vicino la forma di Eschilo,

di Sofocle e di Euripide, senza la capacit di intenderne lo spirito.

tutta

r Accademia

soffr

del suo

male e

l'

aggrav

quanto
suoi

mag-

giore era la leggerezza - e talora l'ignoranza - dei

membri.

Che nomi, che sonanti nomi


siche,
stile

dalle

bene echeggianti vocali ud essa


nuovo,

risonare fra le sue pareti! Sentite che son le solite contraffazioni clas-

ma

che

e'

intorno

qualcosa

di

come una cornice


ma, a Padova,
e la

liberty.

Par
che
si

di trovarsi in

una

bolgia

di

spaguolisti

sappia, gli Spagnuoli

non hanno mai governato

Kepubl'e-

blica

Veneta usava una prosa molto piana e punto imaginosa da non


i

incoraggiare per nulla

capricci degli Infiammati. Si che

saurirsi del classicismo, ossia la degenerazione di esso, incoraggiava

in

modo

singolare
il

il

gusto della forma e


all'

dell'

imagine. Tutto ci era un


ii>

preparare
il

terreno

influenza spagnola. Giacch,


si

tutta

Europa,
fe-

classicismo, dopo aver trionfato,


di preziosit verbale

consumava
detta

in

un generale
a
e

nomeno

propriamente

secentismo,

di-

spetto degli Spagnoli. Senonch, in quello stato di cose,

naturalo
e

che la malattia di questi, favorita dalle fuggevoli fortune militari


politiche, ci avesse
il

suo quarto

d'

ora e che

il

contagio, in

un

ter-

reno cos lavorato,

si

diffondesse rapido e rigoglioso, tanto che nestutto.

suna regione, qual pi qual meno, ne fu esente del


gnolismo, che parlava per imagini e isolava
dal cervello, parve bellezza, parve
la

Lo

spa-

fantasia dal cuore o

un

modo d'eternare
stadio
di

imbal-

samare

il

rinascimento
;

giunto al suo

quasi

scientifica

auto-comprensione
malizzate sublimi

concettini di esso suonarono alle fantasie fori

come

concerti di Eschilo. Sovente


effetti

impossibile

delimitare dove finiscano gli

della

stanchezza
Il

classica e co-

mincino quelli dell'influenza spagnolista.


diffuse

fatto

sta

che questa

si

rapidamente e ce ne fu subito traccia a Napoli, come a Finei

renze e a Venezia, nella prosa dell'Aretino, come


Speroni, decadenti ad

versi

dello

un modo.

C erano,

allora, dei terribili veicoli

I.E

ORIGINI

DEX SECENTISMO
per

227
una
:

d'

Ogni infezione,

pi terribili dei moderni giornali,

loro
centri

maggiore forza

di accentrazione e d' incubazione, le

Accademie

letterari aristocratici nel pii

miserevole

senso

della

parola. E, co-

m' era gente che non aveva da


di laggi

fare e da dir nulla, bastava che

un

qualche menestrello, sul tipo del signor Girolamo Ruscelli,

venisse

con

le

ultime mode, perch

un qualche
sua

altro

menestrello

di

quass provasse a derivarle sulla


d'

cetra, invitando a

gara

letterati

una

citt

o d' una

regione.

Ma,
il

nella

congiunzione
ci

di

questi

due fenomeni,
;

non ancora

tutto

secentismo:

manca

r anima

a spirarvi la qukle, o meglio a costringervi e inaridirvi le


la

pi false malinconie della sua, venne


l'originario nobile impulso ideale
che,

reazione cattolica.

quel-

volgendosi a bene,

avrebbe

potuto trasfigurare e debellare lo spagnolismo medesimo,


vorirlo in quanto esso e lo diresse. Cos
il

fin col fa;

aveva di pi malato e di pi fatuo


divenne
anch' esso

lo regol
(il

secentismo

un

aspetto

principale) dell' universale

fenomeno
del

aristotelico.
il

Per questo

io dissi

che quella

minuscola

data

1548 -

Poetica - ha un' importanza capitale,


di

commento della L' avete veduto un umanista


primo
:

buona

fede, quasi ignaro dei

tempi che

si

preparano,

si fa

a esplo-

rare la precettistica dell' antico savio, per dedurne


e solida dottrina letteraria,

una pi completa
delle

e tuttavia, subito e suo malgrado, gli si

foggiano tra
s'

mano

quelle spinose questioni aristoteliche

quali

impadronir

lo spirito reazionario e spaurito dei

tempi per

fame

una specie

di monitorio. E,

sebbene tra reazione cattolica e secenti-

smo non ci sia alcuna affinit ideale evidente, tuttavia questo rest come riplasmato da quella, e piuttosto accentuato che mitigato nelle sue aberrazioni. Abbiamo gi detto come avvenne. Quel primitivo
bisogno di autocoscienza, sopravvenuto
col finire

del

rinascimento,
della

aveva degenerato, per orrore della


controriforma, in

riforma,

nelle scontrosit

una smania
il

di riformare ogni cosa e di invigilare

dappertutto; di sopprimere
contagi.

male, di celarlo, e di neutralizzarne

Spasimo

di pensiero
e,

che condusse a vagheggiare una

lette-

ratura parenetica
quella che pi
si

apparsa questa impossibile,

ad

accordarsi
del

con
pen-

disinteressasse delle paurose

ispirazioni

siero e della natura, e si mostrasse disposta a isolarsi dai loro contagi.

poco a poco

il

secentismo e lo spagnolismo,

che pur

pare-

vano, a prima vista,


(ricordate
si
i

cos

opposti a quella, lasciarono intravvedere


del Pontanus)
il

commenti del Riccoboni o

partito

che

poteva trarre da essi con la loro fatuit intellettuale, con la loro

228

CAPITOLO XVI,

indifferenza ai grandi problemi dello spirito, col loro


tastico

amore

del fandai
e,

inteso

come

trastullo.

Allora la controriforma,

sospinta

suoi pregiudizi, e dai suoi fanatismi, venne a patti col secentismo,


in letteratura,
si risolse si

in esso e lo assoggett col suo stesso aristotele-

simo. Forse la cosa

potrebbe esprimere con un' imagine secentesca.

ma

chiara

e,

ancor oggi, di moda.


bisogni

C era

nella coscienza del

tempo

un' ansia di nobili

spirituali

frammista a scrupoli e a prein essa via va fin dai tempi del

giudizi; tutte cose che, accumulatesi

Savonarola, non potevano non manifestarsi e operare una rivoluzione. Ma, come un esplosivo dentro un involucro, quando prendo fuoco, rompe lungo la linea di minor resistenza di quello, cos, nel-

r involucro

della letteratura, la linea di


si

minor resistenza fu
due

lo

spa-

gnolismo, e in esso

risolse,

quanto a letteratura, la controriforma.


diversissime, e pro-

Furono una cosa


curarono
la loro
il

sola essendo, in origine,

degenerazione reciproca.

Ma
fu
il

secentismo non fu solo,

suo error capitale -

lo sfacelo di

come pens un mondo

il

De

Sanctis - e

in decomposizione,
fuori
di

come non
come

vero che l'avvenire si preparasse


fosse, sia pure in parte,

tutto al di

esso e che ne

preparatore

qualche

ribelle

l'Aretino. Il quale invece, in realt, rappresenta l'ultima


sviluppi
possibili.
il

de-

cadenza del rinascimento senza speranza di


rebbe forse pi preciso dire che
il

Safal-

formarsi del secentismo

limento d'un risveglio letterario troppo rapido in

una

generazioii'
di
chi-

troppo impreparata, sotto l'incalzare violento di pregiudizi,

mere, di malaugurati influssi


il

civili,

che sfigurarono, in sul nascere,

nuovo mondo non debole ma corrotto (') di cui parla il Lenpardi. C erano in esso dei germi ignoti al rinascimento e non di
stillati

a morire sebbene restassero anch' essi sepolti, per

il

momenti',

sotto quella rovina.

Ma

il

romanticismo

li

ritrov.
di
s

Del resto

essi diedero

anche allora qualche glorioso segno

e qualche frutto: tale fu l'improvvisa resurrezione di


poeta,

Dante

conit

come

pensatore,
lui,

come uomo

onore che, a quel modo, non era

stato pi fatto a

n a

scrittore alcuno, dal

medioevo
quel
1'

in qua.

Di

esso si nutr la meditazione di ]\Iichelaiigelo in


anelito a un' arte che fosse espressione di tutto

suo

possente

uomo,

in quel suo

(>)

Zibaldone Voi.

I,

p.

79.

LE
disgusto del rinascimento

ORIGLNI DEL SECENTISMO

229

come

d"

un mondo che non era abbastanza


non
si

per

lui.

Ma

perch, rien fatto di chiedere,

manifest gi allont

qualche presentimento pi cDncreto del grande spirito del

romanti-

cismo? Perch un

tal

ritorno ideale al

Medioevo che, nel romanti\'itale,

cismo, fu sentimento complesso, profondo,


onuit (nei maggiori),
condi,
e, si

scevro

d'ogni

in-

svi qui subito in sogni chimerici e infe-

in Michelangelo stesso, si riconosce sovente


d'

un tormento

di

debolezza e

impotenza che

ti

d piuttosto

l'

impressione della vec-

chiaia ? Chi potr

vorr fidare delle prime

mai dare una risposta a questa domanda, o chi si al penfacili spiegazioni che ci vengono
di

siero? Certo era destino che toccasse alla Francia

rimetterci in

carreggiata, dopo queste prime disfatte, sulla grande via che conduce
al

romanticismo. Forse l'Italia era troppo oppressa dalla gloria del


lei

rinascimento perch fosse possibile in

una

cos rapida trasforma-

zione. Questa della fine del cinquecento pi che a

una

catastrofe di

vecchiaia somiglia a

una

crisi di giovinezza.

Tuttavia, soltanto per intenderci, per chiarir meglio questo


stro pensiero,

noloro

possiamo fare deUe

ipotesi,

le

quali,

chi

desse

valor di ragioni, ci condurrebbero ben lontani da quel rispetto alla


storia che si
la linea di

chiama buon senso. Se

lo

spagnolismo non fosse stata

minor

resistenza, chiss a che altro avrebbe potuto con-

durre, in letteratura, la controriforma!

Poniamo che
il

il

magico com
por-

senza lettere, Leonardo, fosse riuscito a ricontrollare sul suo


tentoso, spirituale e scientifico
liano,

amor

delle cose,

lirico vocabolario ita-

dando a quel suo bisogno d'una pi

stretta

adesione verbale

con esse una pi

efficace espressione di quella


il

accennata da lui nelle

pagine del Codice Trivulziano. Poniamo che


quello qualche anno pi tardi, e

rude e passionale

di-

sprezzo della forma del Savonarola fosse risonato nella gran voce di

non

solo entro la breve cerchia di

Firenze, e che Alessandro


gelo l'avesse udita
ostui di cui

YL non

l'avesse

soppressa,

e Michelan-

non

solo nei giovani

anni.

Fermiamoci anzi a
di

non so

se sia stato valutato abbastanza quanto potesse

ntluire sulla

sua nostalgia della medievale grandezza

Dante,

il

suo noviziato di piagnone. Pare tuttavia che qualcosa di quell' aspro


frate

gelo
'

irza
i

di s. Marco si trasfondesse nel selvatico cuore di Michelancome una forza grande e pure stanca (quest' impr^sione di grande e pure stanca ci danno le opere del Savonarola e quelle

Michelangelo) e accentuasse in lui quella sfiducia

nel

forma che

230
gli

CAPITOLO XVI.

faceva temere
vacillato
fiorita

il

finito.

Supponiamo che
qualcuno,

la

mano

di Michelangelo

avesse
gli

meno

trattando la penna e che una scuola di poeti

fosse

d'attorno e che
eh' egli

almeno,

avesse

inteso

r eterno valore umano

aveva saputo trarre dalle quisquiglie

d'una teologia
trice,

politicante, contro le negazioni

d'una riforma nega-

in quel sonetto degno di Dante:


Carico
d'

anni e di peccati pieno.

Supponiamo che Torquato Tasso


sua gloria
e" l'

fosse stato pi meritevole della

ingenuit paterna, invece di mortificarlo sotto la ferula


gli

pedantesca dello Speroni,


chi

avesse trovato un amico come

il

Cervantes

pu dire in qual modo

la letteratura di questo periodo

avrebbe
avreb-

finito

con r adagiarsi sulle attrezzature dello spagnolismo ?


le correnti contrarie

Non

bero potuto prevalere anche

che

troviamo

per

esempio accennate nel Viperano?

Non

si

sarebbe

potuto

arrivare
ri-

anche

al discredito della

forma? Qualcuno non avrebbe

potuto

cordarsi del trecentismo di Dante e dell'ingenuit dei preraffaelliti?

dopo tanto fervore


l'

di

Ciceronismo non avrebbe potuto tornare in

onore

aspro e possente
il

modo

d'

esprimersi di

s.

Paolo

Ma, poich
le

critico

non ha nessun dovere

di divertirsi a pater

bourgeois con ipotesi illegittime, sia pure col pretesto di


gli

chiarir

per imagini

aspetti della storia,

meglio smetterla e conchiudere

che

lo

spagnolismo, tra noi, avrebbe in ogni


il

modo

finito col trionfare

d'ogni rivale. Se
in

secentismo, in questo esaurirsi dei rinascimenti


della forma, 6

uno sviscerato amor

fenomeno europeo, come avrebbe

potuto non avere espressione acutissima in Italia, patria naturale del


classicismo e amica dei colori quasi quanto la

Spagna?

Cos, invece,

il

secentismo non fu che

il

miserevole

effetto

di

queir acuirsi di contraddizioni che abbiamo illustrato; fu, per dirla


in una parola, la soluzione che la reazione cattolica,
sospettoso pregiudizio e in gretta polemica, seppe

degenerata in
alla

trovare

sua

impossibilit pratica nel decomponentesi classicismo e nello

spagno-

lismo, con la rinuncia alla trattazione della realt nei suoi aspetti pi

profondi e

vitali.

l'impulso del

La poesia, che avrebbe dovuto diventare - secondo tempo - maestra di vita e di morale, divenne nega-

zion d vita ed esclusion di morale.

Tutto questo, pi ancora che dal contrasto delle due estreme ten-

LE OBIGCa DEL SECENTISMO

231
poesia

denze che abbiamo vedute nell'opera dei capiscuola, o dalla


secentismo,
rileva da certi

del pieno seicento, in cui tale contrasto appare gi sedato nella cor-

rente del

si

scritti

di

autori secondari,

sul finire del cinque e sul cominciare del seicento. Voi vedete allora

quelle due tendenze farsi

come pi leggere
ci

e confondersi
la

in

uno
azion

spontaneo processo di fusione, che

d per

pena d'una mente


per
l'

ancor giovane e sana la quale


d'

s'

addormenti e
ed

si sfaccia

un

narcotico.

Abbiamo
tesca per

visto nelle

ingegnose

utili

considerazioni

del

(ruicciardi, quell'intransigente

moralismo diventar libidinosit secen-

un processo

di ipocrisia chiaro in quelle


utili

due

stesse

con-

trastanti parole

ingegnose e

in cui

il

secolo
il

sudicio e fa-

stoso si svela.

Queir

utile ingegnosit, consiste, per

Guicciardi, nel
ipocri-

ritrovare ai classici antichi

un passaporto

di musicalit e di
fatto

tesche allegorie, press' a poco


luni degli antichi,
Virgilio rappresenta

come
ben

il

medioevo aveva
fede.

con

ta-

ma
in

con

altra

Anch'
virti

egli

ripete

che

Enea un
troppo
>

modello di

cui ci
attributo

dobbiagli
si

mo

conformare,

ma

chiaro

che questo

conferisce

ad honorem

essendo nient' altro la poesia


infatti
il

che musica

e fantasiosit.

Una

pagina impiega

Guicciardi per dimostrare

che nel cano


fetta
t"

virgiliano, concepita la poesia

{').

come una
ballo

per-

imitazione delle celesti armonie

si

tira in

san-

Agostino! Ecco l'ipocrisia che mette in gioco l'allegoria non per


veri,

simboleggiare in buona fede profondi


soltanto la verit pura e semplice.

ma
ci s'

per

tener

indietro

Ecco tornare in gioco


sorella e moglie di
il

l'

allegoria

quando
la

imbatte in Giunone

Giove

la

quale detta sorella e moglie di Giove,

qual

s'

intende per lo
sorella
(*).

cielo,

a cui

Giunone,

pigliandosi

per

r aria,
dell'

Ipocrisia pura, quindi effettivo compiacimento

immoralit e della lascivia nelle sue forme pi spregevoli, come


il

quando

Guicciardi medesimo, per corroborare (e chi ne sentiva

il

bisogno?) la fiera

ma
i

castigata invettiva di Virgilio contro le donne,

va a frugare
e
li

tutti
li

passi pi scandalosi di Properzio e di Marziale,

copia, e

sciorina sul libro,

come ferebbe un maligno

scolaro:

(*)

GtnccuRDi
14.

Ingegnose ed utili eonsideraxioni sopra Virgilio

ecc. (1593)

49.
(-)

p.

232

CAPITOLO XVI.

Questa stessa ipocrisia sar essa che tara abolire, tra poco, sul
teatro, la

donna, sostituendole delle

pseudo-donne, giovinetti novizi

camuffati da Rosaure e da Coralline

con indicibile beneficio della


i

morale. Sar per essa che

si

accorderanno

successori

del

De No-

res e quelli del Verato, proprio sul fine

della

tragicommedia, come

riconosceva gi nel 1600 uno degli ultimi campioni della polemica,


il

quale, osservando la piega presa da quella forma d'arte,

si

come

piaceva di notare

che

si

vedono a gara

gli

uomini comporre
tre
(').

appasticciare Pastorali, chi rnescolmido

due o

compiute azioni,

chi riempiendole

d'alti e filosofici

concetti
si

Come

se le

due

cose avessero la stessa importanza e

equivalessero.

Dafni e Cloe

che diventano

filosofi

e maestri di vita!
i

Leggerezza morale che tocca


si

confini del cinismo e diventa (se

pu

dire) aperto boicotaggio della poesia, in un' altra osservazione


l'

d'

un

altro tardivo teorizzatore ed esaltatore della Pastorale,


<

Ingesucveracin-

gneri. (E traduttore in ottave degli

Amori

di Ovidio,

cio

cessore dell' Anguillara e

integratore

dell'opera

sua,

perch
di

mente questi

secentisti sentono di rifarsi


e'
il

da quei

coloristi

quant' anni prima, fra cui

erano

l'

Anguillara e Bernardo

Tasso,

che primi avevano sentito


perare). Egli consigliava
il

classicismo

come una tavolozza da adodovesse riguardare


eletti
all'
il

poeta che

si

pi

che fosse possibile dagli homicidi volontari


cio dal venirne con precipizio o con altro
tolta pari pari dalla casistica dei Gesuiti]

per

disperazione,

a^^o

prossimo [frase
la

come che

persona

po-

scia si ritrovi
vita....

da qualche. buon accidente distornata e mantenuta in

Ed
il

in ci - dice -

mi

lascio di leggieri persuadere: concio-

siach

disperato (massimamente per sola cagion d' amore)

quando

si risolve

a voler morire, induce pi


all'

tosto

riso

che

compassione.

[Vedete come credeva


d'altro!]. Oltre che
la
il

amore questa gente che non sapeva parlar


il

personaggio in cui talora

poeta riduce tutta


e

somma

della

commozione, perde molto della sua nobilt


il

di quel
si

pregio
coiduce

ch'altramente

renderebbe
eh' ei

ragguardevole,
di

quand'egli

a tanta

vilt

pensi

darsi

morte,

per fuggir

la miseria nella quale si

trova: quasi noti gli basti

l'animo di

(')

Gio. Pietro

1600)

p. 92.

(Anche questo nome

Malackkta: Consideraxioni sopra un pKeudonimo).

il

Postar Fido (Vicenza

LE ORIGDa DEL SECENTISMO

233
vincere con

resistere

alle
>
(').

disgraxie

virtuosamente

di

valore

la

fortuna

Dov' da osservare che


e l'ironia per
il

se,

come metodo educativo,


anima umana
(

il

disprezzo
il

suicida possono
tutto

essere perfino giustificati,

porre
egli si

un

tal

pegno su

un

aspetto dell*
il

quand'

conduce a tanta vilt)


forse che

pi bell'epilogo di quel gran lavorio di


si

sospetti e di restrizioni pel quale


stessa.

riduce la poesia a ridere di s


d'

pur con verit


e di quello a cui

un poeta non pu parlare secondo il dovuto? Eppure


s'

un

suicida con piet


bella

di questa

roba,

era ridotto

il

gran dubbio della

catarsi, e'

pi

che una traccia nella


che,
all'

Conquistata

e nell' esausta
il

mente

del Tasso
d'

ultimo, riprendendo in

mano

poema,

s'

accusava

aver

lasciato

impunito non so se Rambaldo di non so pi qual sua ma-

rachella.

E, allora, che cosa resta della poesia ? Resta


di cui si
Il

il

puro secentismo

pu ritrovar per intero


d'

la teoria nell'Ingegneri

medesimo.
di-

successo

un' opera, pi che da ogni suo merito


e dal titolo che

intrinseco,
simile,

pende dalla messa in scena

dev' essere

una superba tappezzeria


sto
il

>

Q). Il bello poi che, secondo lui,

que-

vero pensiero aristotelico,

ma

perfezionato dall'elaborazione

di tanti anni e di tanti nobili ingegni.

La

stessa

Pastorale

>

cos
:

intesa, , anch' essa, derivata dai precetti di quel

gran maestro

se

poi

un qualche divario appare fra essa e la tragedia degli antichi non meraviglia che Terenzio, Plauto, Eschilo, e Sofocle non arcerte
cose, e

rivassero ai tempi loro a quel fiore d cognizione di

particolarmente d'alcuni decori dei

quali

l'et

presente
varie

pu aver
portano

molto bene affinato

il

giudizio, senza che vari secoli


:

con esso loro

le

consuetudini

costumi

si

mutano
al

colla

muta(*).

zione delle persone e in ispecie

dei

principi e delle

signorie >

Queste cose egli scrive non gi per contrastare


venerato e glorioso signor
la
\

defunto e tanto
alla

De

Nores,

ma

per

legittimare

fine

nova invenzione e rinnovata introduzione dei costumi


!)

avvenuta
decori
gli
>

sfido io

senza contrasto

ai veri

sentimenti di quello. L' accordo con


e

le
i

idee del

De Nores

era avvenuto per opera di tutti quei


il

quali diventavano essi

fine dell'opera.

Quanta sapienza

par

()

Della poetica rappresentativa e del

modo di rappresentar
p.

le

favole

'eniche Disearso di Angelo Ingegneri (Ferrara 1598)

39-40.

C)

p.

11.

(3)

p. 6.

234
che
ci

CAPITOLO xvr.

sia nelle tante buffonate del seicento e in quella


si

gran trovata
genio con
1'

dell' eco, introdotta sul palcoscenico da non

sa

qual

gran vaghezza della favola


tima perfezione
soluto onore
dell' arte e

(').

gli

pare che

abbia toccato

ul-

apportatone presso

tutti gli

intendenti asa

chi riesce a far entrare e uscire dalla scena

tempo
butta-

debito

fuori ),

personaggi C) (il poeta assunto alla che i soliloqui debbano avvenire in

dignit
lati

di

rimoti e lonta

nissimi da ogni suspizione di poter essere

sopravenuti

e possibil-

mente

di notte

(^),

che

il

tempo

della durata dell' azione


(*).

debba coin-

cidere con quello dello spettacolo

Siamo

al vaudeville e si con-

tinua ad attribuirlo ad Aristotele!

Che senso poteva avere


scusso dal Tasso,

tra costoro

il

problema della

storia di-

ma

dalle stesse sue

mani virtualmente
fantasia, la storia

distrutto?

Come

ogni cosa divenne dominio della

non

esi-

stette pili

quale suscitatrice di impressioni

complesse e tormentose,

ma

fu soltanto pretesto a meravigliose e stupefacenti innovazioni.


il

E
(o

ne nacque

Marino che assunse a


!)

oggetto

di

meraviglia

pura

ironia del secentismo

perfino quell' unica storia che al

Tasso

era

parsa capace di passare nella poesia senza severe


rispetto alla morale, la Storia Sacra:

amputazioni,
il

per

e meraviglia e stupore

Madalla

rino suscit dalla sua pur bella Strage degli Innocenti

come
d'

leggenda di Adone.

Ma come
sacra storia
finalit,
il

si

permetteva una cos libera descrizione

una

cos

seicento? In

modo
ci si

naturalissimo. Negata all'arte ogni


il

fu cos evidente che fra essa e

pensiero

dell'

uomo ogni
de-

rapporto era rotto, che non


diletto

fece quasi pi caso, e la lascivia -

puro della fantasia - entr a insediarvisi nel modo pi

plorevole,

non come passione

e dolore,

ma come

passatempo.

Cos avvenne che, nel fosco meriggio del seicento, nulla


gli pi al

somi-

Marinismo, non solo negli

effetti,

ma

perfino nelle regole

retoriche, che l'oratori^ sacra.


finare, abbiamo considerato
gli scritti
d'
il

noi che, fin qui, per paura di scon-

secentismo al suo primo formarsi, nedi ci

uomini ancor meravigliati

che avveniva, pi
transizione,

in-

teressanti per questo,

ma

tuttavia

sempre

di

consenti-

remmo

ora a un vano scrupolo cronologico e lasceremmo queste pa-

(')

p.

45.

(0

p. 27.

(3)

p.

30.

{*)

p.

13.

LE ORIGINI DEL SECENTISMO


gine quasi senza
rare
il

235

il

loro epilogo, se

non

ci

attardassimo a consideeffetti

fenomeno un

po' pi oltre nel


l'

tempo, nei suoi

pi neri

e nei suoi aspetti definitivi, quando

anima umana, e

la letteratura

che avrebbe dovuto esprimerla, parvero travolti da una catastrofe in

un fondo fangoso dove sembravano


e la

impossibili

il

moto,

la

reazione

resurrezione.

A
tempo

questo

si

arriva

gi

con

Paolo Beni, che ricordammo


sua
il

al

delle polemiche de-noresiane per certa

comparizione di
i

Omero, Virgilio

e Torquato stimata

da

lui

suo capolavoro, fra


l'

moltissimi di cui andava fiero (mi duole d' avergli scoperto, fra

altro,

una naturale disposizione


che anno pi giovane di
spiegare tutto
il

al

plagio;

ma

che, per essere di solo qual-

altri

della sua bella scuola, ebbe

modo

di

genio del seicento in


del

un suo Commento
il

alla

Poe-

tica d'Aristotele

1613.

Abbia

pazienza

lettore:

mandi gi
consideri

quest' ultima dottrina insegnata dalla cattedra di

Padova,

che, se essa

s'

inquadra benone con


di

l'

altra dei predecessori, per

anche qualcosa

nuovo

non pi Aristotele
stile seicento:
si

in via di diventar se-

centismo, Aristotele puro

consoli

pensando che,
discordi

una volta smaltita questa, non avremo pi modo


intorno al seicento, che, qui dentro,
cos
d'
l'

d' essere

e'

tutto. Credo che la pensasse


fece a maledirlo

anche

il

Filicaja perch,

quando
mente

si

dai

prati

Arcadia, lo identific con parole che, pi ancora del Marino o delAchillini, vi richiamano alla
il
i

precetti del

Beni. Di

singo-

lare e' che

commento

scritto in latino marinista per isfoggio di

sapienza.

Le questioni

aristoteliche son le solite,

ma

di

nuovo

'ossia

pi chiaro e spudorato che nei predecessori) salta

fuori

finalmente

questo bel precetto

la

poesia

non deve

essere n

chiara n pre-

cisa: dev'essere soltanto magnificai.

Non

possibile scrivere bene

trattando di cose precise e positive: quindi la poesia

deve

trattare

cose vaghe e pompose,

Etenim doctrinae ferme reliquae

et facultates

humili piane dictione pedestrique oratione utuntur, ut non


tore careatit et elegantia, sed

modo

ni-

mwiditia prope omni et cidtu. Ita sane illarum sermo horridus passim apparet et squalore obsitus : saepe etiam vulgi atque imperitissimae plebis oratione subdurior et
inquinatior. Poesis centra

admirabilem

refert

nitorem,

nullam

di-

cendi virtutera non sectatur, nullum orationis

et ornamentum non amplectitur. Denique quantum abundat ver floribus, autumnus pomis, aurora coloribus, coelum luminibus, tantum suavissimis orationis quasi floribus pomisque referta est poesis, et pulcherrimis co-

lumen

236

CAPITOLO XVI.

loribus luminibusque distinguitur ac variatur.


terae

Ut

milii

quidem
videatur.

cae-

uUae

artes atque doctrinae pedestres

atque humiles

incedere,

Poesis veluti quadrigis


poesis

invehi

ac

triumphum agere
et excolitur

At
eo

quo magis coloribus distinguitur

ornamentis,

gratior accidit mortalium oculis et iucundior, est

enim venustae puellae ornamentum, nullus splendor dedeceat: quin margaretis, auro, gemmis, purpura,
ac sponsae persi milis,

quam nullum
.

decus,

nullum

magna cum dignitate utitur ac laude ('). Una venusta puella la qual si cinga di codesto attiraglio si chiama con tutt' altro nome e quest' altro nome lo pronunci alla fine r Arcadia. Or voi vi meravigliate che, accanto a codesto nuovo
:

principio critico, che dichiara la poesia incompatibile con

la

verit

- e quindi, parrebbe secondo logica,


l'utile - restino pari pari, sia

con

le

finalit

morali e con
tutti
i

pure in latino

secentesco,

ri-

gidi concetti dei predecessori, impliciti nelle questioni aristoteliche?

Sicuro che
lore
!

ci

restavano, perch erano giochetti di pensiero senza vail

Risale anzi al Beni, credo,

definitivo prevalere della fortuna


:

del Tasso su quella dell' Ariosto


agli occhi del Galilei.
bile, quella

(*)

argomento

di cos geniale ironia

E
i

ci

resta,

ma

ampliata e resa

pi

inesora:

profonda interpretazione della catarsi,


per

tolta al
i

De Nores

la tragedia fatta

grandi

{% Che pi? Laddove


(il

suoi prede-

cessori di

buona fede avevano tentato

di ridurre la Poetica

ognuno

a una qualche compendiosa attivit dello spirito

Patrizio al

IX

li-

bro della Politica,

il

Maggi

alla Logica,

il

Piccolomini alla Politica


altri

e alla scienza civile, altri. alla

Grammatica,

alla Storia ecc.)

il

Beni s tutte.

faccia di

bronzo - trova che


il

la poesia

deve compendiarle in

Perduto

senso del valore delle parole, divennero costoro

degli inconsapevoli ironisti, e proprio cos fin la polemica tassesca.

Al poeta morto
delle sue grandi

nella pena di

non essere
i

riuscito ad attuare

nessuna
sincera-

idealit poetiche,

suoi ultimi

apologisti

mente riconobbero (supremo


Ripenso
al

oltraggio) eh' egli le aveva attuate tutte.


la

buon Guastavini che cominciava

sua

tardiva

apolo-

(*) Fatili Beni Eugubini in Aristotels Poeficam Commentar i. In quibus ad obscura quaeque decreta plenius adhuc dilticidanda centum Poeticae

controversiae interponuntur
(*)

et

copiosissime explicantur (Patavii 1613) p. 4.


e Torquato.

Comparazione di Omero Virgilio


ecc. ecc.

E a ehi di

loro si debba
del-

la
l'

palma neW Eroico Poema


Ariosto (Padova 1607).
(3)

in particolare si fa giudizio

Commento

p.

190-209.

LE ORIGIXI DEL SECEXTLSMO

237
grandisdi ri-

gi del Tasso

cos

fra

tutte le scienze io soglio trarre

simo

diletto dalla poesia, e ci in

vero avvegnach

mi

paia

trovare in essa quasi in compendio meravigliosamente

ridotto, tutto

quello che nelle altre scienze e facolt, nei luoghi propri, da


pri maestri largamente disteso
al Beni, costui
>
(').

pnv

Sfido io! Costoro o, per fermarci

possedeva l'arte secentesca (vero segreto del secolo)

di volatilixxare le teorie spolpandole di ci

che

importava e ridu-

cendole a nulla: arte la quale ha

qualche
il

analogia

con l'altra di
vi-

far lo

scemo

Per esempio

fermate

Beni davanti a quella


gli

tale question^e

che la poesia deve imitare


:

uomini xptTovtai; cio


sulla

in azione, e quindi buoni o cattivi


tutta
di

questione

quale

pesava
secolo

una

letteratura e

il

dilemma
il

del

Piccolomini e mezzo
fa lo

inquietudine. Vedete
il

come

Beni

scemo.

Ma
della

sicuro! - vi

risponde egli glia, e

poeta ben naturale che imiti

gente

sve-

non

della gente addormentata, perch da quella addormentata,

che
sibi

si

pu dunque imparare?

Cur enim poetae

otiosos

ac

segues

imitandos proponant, praesertim poemate toto, non vero agentes

ipsos in fabula habeant loco,

non video: praesertim vero quia

ubi

quis otiosos aut dormientes imitetur potius


attingat,

quam

agentes nec finem


ut

qui

est ut
:

nos in rebus gerendis


ille

instituat,

inde

beateque vivamus
infortuniis in

nec suam

industriara ostendit, quae

bene humanis

nostram utilitatem iucunde utiliterque

evolvendis de-

sudare debet

C).

Si che tutte codeste questioni aristoteliche erano neutralizzate dalla teoria del concetto poetabile enunciata nella prefazione e

pen-

devano dall'albero della sua Poetica come


poetabile parola gemella
all'

frutti di

carta.

Conoetto

altra di concetto predicabile usata per

le stesse ragioni dai predicatori spagnolizzanti, perch,

ormai,
si

le pre-

diche di questi,
sul
il
ili

canti del
Il

medesimo canone.
e,

Marino e Marino non

la poetica del
,

Beni

fondano

in teoria, aristotelico quanto

Beni

con

l'

istessa faccia di bronzo,

non

si

presenta tutto velato

morali allegorie?

Ma
alle

queste

non son

altro

che

monili

consi-

gliati dal

Beni

nel fulgore dei quali la poesia del

Marino diven-

tata

molto
:
,

simile...

prediche dei predicatori contemporanei. Pronei poemi del Marino, la questione

prio cos

in queste,

come

mo-

(')

Discorsi

Annotaxioni di GirLio Gcastavi.\i sopra la Oerusalernme


p. 3. p. 93.

Liberata (Padova 1593)


(^)

Commento

238

CAPITOLO XVI.

rale - lontano punto di partenza - occupa il posto medesimo un ingombro superato e ne rimane appena una languida eco (a noi pare
:

parodia) tanto arrivata alle

sue

conseguenze
e'

estreme

l'idea

del

Guarini che fra arte e pensiero non

modo
Adone

d' intendersi.

L' arte

diventata liscio e imaginazione soltanto.

E non
d'una

vi formalizzate al

fatuo particolare che, a certo punto,

suU'

- salutato al suo na-

scere da lodi prelatizie - scese la folgore


Il

condanna

papale.
alla

Marino, come Archimede, ne fece tante e di cos grosse, che

sua vita non poteva mancare neppur questa avventura,


allora, e

meno

frequente,

meno comoda che

ai giorni nostri,

ma non

scevra,

neppure

allora, della

sua parte di rinomanza. Senza contare che, ad ogni mo-

do, essa dipendeva pi che dall' intrinseco significato dell' opera, dalle

vicende della sua fortuna, in


sizione

virti

delle quali sulle

il

sospetto dell' Inqui

poteva

essere

richiamato
(')

Rime
del
la

dell'

arcidefunto
cavalier

messer

Bembo

(1585)

come su

quelle

vivacissimo

Clarino. (Sulle prediche spagnolesche,,, invece,

scomunica
i

cadeva

dal cuore dei credenti, anche allora). Se per voi leggete


preposti dal

compendi
Ma, se
lascivia

Marino

ai

suoi canti, venite a sapere che in quelle ero-

tiche divagazioni, si cela

una

lor

brava
che

allegoria

morale.
di

passate al poema,

non

ci

trovate

rappresentazioni

dietro cui sogghignava lo scanzonato

aguzzo volto

dell' autore.

Anche
si-

nei regni dell'Armida tassesca era avvenuto gi qualche cosa d'

mile: ma,
e,

il

Tasso, l'allegoria ce la voleva mettere in

buona fede
sul

dell'effetto

mancato, vedete conturbarsi, negli


lui,
il il

stessi suoi versi, il'

suo ieratico viso. Si che, con


e
il

secentismo era

nascere,

Beni non

gli

aveva ancor messo

cuore in pace spiegando coagere .


di

piosissime

poesim voluti quadrigis invehi ac triumphum

andate a cercar voi, ora, l'idea morale, in cotesto


!

barbaglio
il

colori e frastuono di suoni

quale altro ne potr essere

fine, se

non un
l'

illascivire della fantasia, sola cosa viva in quell'atrofia del-

intelletto cui mira,

a differenza

d'
Il

ogni

altra

dottrina,

la

poesia,

secondo la definizione del Beni?

concetto per

diventar

poetabile

non aveva da

far altro che diventar lascivo.

Una

lascivia phe arriva fino all'oratoria dei predicatori con


Il

hi

gemella teoria del concetto predicabile.

lettore

che se ne interessi

(')

Cfr.

Gian Dicci anni della vita di Messer

Bembo

(Toriuo 1885) p. 4G.

LE ORIGLVI DEL SECENTISMO


far bene a leggere la lucida illustrazione del Croce alla

239
quale
at-

tingo

(').

Chi metta in relazione questo con gli altri aspetti del sei-

cento, trover

modo

di

dare una soddisfacente risposta


cos

('per

quanto
d'

possibile

contentare

indiscrete pretese)
allo

alla

domanda

un

nostro vecchio amico,


di tanta miseria.

il

Dejob, davanti
fois

sconsolante

spettacolo

Mais encore une

- egli dice - pourquoi Paaii

nigarola, le
d' tra le

meilleur sermonnaire italien du seizime sicle,


d'

lieu
d'

un un homme qui n' ont manqu ni le talent de manier l'ironie, ni mme, en maint endroit, l'energie du style, mais qui ne sait dcouvrir les* replis cachs du coenr, ni porter au comble l'motion des auditeurs par une ordonnance habile et forte
n' est-il

prcurseur

un Bossuet,

que

le

prcurseur

Segneri,

e'

est--dire d'

du discours ? t" uno con i


dell'

(*).

Ora, a parte che

il

Panigarola non proprio tut-

predicatori spagnolisti, certo, per, che la sua teoria


(')

amplificazione

ottimo avviamento a quella del concetto predi-

cabile e che, con ci,


alla
fatto

si

risponde gi abbastanza, per quanto possibile,


;

domanda
che
l'

del

Dejob

sebbene

ci sia

sempre

di

mezzo

quell' altro

oratoria virti assai pi celtica che italica e che


fatto
il il

non

si

pu sapere che cosa avrebbe

Bossuet nascendo tra noi.


intellettuale fra cui

Ma

vedremo quanto fu
Bossuet
!

diverso

mezzo

nacque

ce

il Tesauro che io cito dal Cro- naturalmente arguti e nelle scolastiche dottrine perspicacissimi, trovarono, non gran tempo, questa novella maniera d' inse(*)

Alcuni ingegni spagnoli - dice

gnare dilettando e dilettare insegnando, per mezzo di


menti ingeniosi
rabili e
detti

questi

argo-

volgarmente

<

concetti predicabili

che con mi-

nuove metaforiche

riflessioni,

sopra la

Scrittura

Greca e

Santi Padri, abbassando le dottrine

difficili alla

capacit degli idioti


dotti, a guisa
i

ed inalxaido

le

basse e prave alla

sfera
i

dei

della
i

manna

e piacciono e pascono egualmente

piccoli e

grandi,

no-

(')
(*)

Croce

Dejob:

Saggi di letteratura italiana nel 600 (Laterza). Iksai d' introduetion V kistoire du sicle de

Louis

XIV

(Paris 1S84) p. 137-8.

Modo

() F. PA^^GAROLA: Questioni intorno aita favella del predicatore italiano. di comporre una predica (Milano 1584).

canocchiale aristotelico, a sia idea dell' arguta et ingeniosa elocu(^) xione che serve a tutta l'arte oratoria lapidaria et simbolica, esaminata co' principi del divino Aristotele del eonte et cancelliere Oran Croce D. Emanuele Tesauro patrizio Torinese (Torino MDCLXX) Croce op. cit. p. 172-4.

240
bili

CAPITOLO XYI.

e plebei.

per terra e per mare,


in Italia,

Le novelle merci, per cagion dell'Ispano commercio di col primamente sbarcarono a Napoli onde che non ancora li conoscea, fur chiamati concetti napoli:

tani: e tosto trovarono spaccio appresso a molti,

che

copiosamente

ne fornirono

le officine delle loro

prediche.
s'

Or

udite

come

la

nuova, teorica spagnola

intonava
e,

mirabil-

mente a quella da noi chiamata


interrompere
ottenere
il

del concetto poetabile

insomma,

alle ultime conclusioni della cosidetta critica aristotelica


i

che voleva

rapporti della poesia con le cose chiare e vere.


si

Per

concetto predicabile

doveva dunque lasciar da parte la

speculazione teologica e metafisica, la dialettica, la scolastica, F esame

V esperienza e l'osservazione delle cose umane e, per cambio di tutto ci, escogitare semplicemente un paragone. Dovendosi trattare, per esempio, del tema Iddio fece nascere il Salvatore quando l' umana malizia era pervenuta all' estremo,
della storia,
dirla in breve, in
:

il

predicatore

si

metteva a

riflettere sulle circostanze di esso, e no-

tava, per esempio, che


solstizio

Ges nacque nel punto

di

mezzanotte

del

invernale,
il

quando l'ombra notturna, essendo giunta


sole del tropico pi
il

all'ul-

tima lunghezza,

remoto comincia a rivolgersi

a noi, ed allungando

giorno raccorcia la notte.


il

Ora

l'

ombra

not-

turna e

il

Peccato,

il

Sole

Messia, la Luce la Grazia.

Ed
nel

ecco
dopi.
diffi-'

impiantato un concetto predicabile che dava luogo alla seconda

manda
colta

Perch Dio

fece nascere

il

suo

caro
nel

Unigenito
chiarire

crudo inverno? Lo svolgimento consisteva


discorsetto delle altre tre stagioni che

la

e l'oratore cominciava con l'amplificarla. Fingeva perci uu:


si

lamentavano
(').
il

col

Signore

per la preferenza data

all'

Inverno ecc.

ecc.

Or considerate
del

se questo

non

press' a poco,

procedimento
sacra, e

Marino

e la teoria del
il

Beni

applicati

all'oratoria

ve-

drete anche qui

lavorio classico-aristotelico sboccare nello spagno


l'

lismo come un fiume nel suo mare. Pare davvero che


gi cos cara al Castelvetro,
d'

argutezza

divino parto

dell'

ingegno gran madre


Oratoria e Poetica
condi-

ogni ingegnoso concetto, chiarissimo lume

dell'

elocuzione, spirito vitale delle

morte

pagine,

piacevolissimo

mento

della civil conversazione, ultimo sforzo dell'intelletto e vestidell'

gio della divinit

animo

umano...

(')

se

pur non fosse sbarnoi.

cata in Italia di Spagna, in

buona parte l'avremmo scoperta da


168.

()

Cuoce: op.

cit.

p.

1G4-5.

()

p..

LE ORIGINI DEL SECENTISMO

241

Qual meraviglia che V oratoria sacra,

cos concepita

come

tra-

stullo della fantasia, cadesse negli stessi difetti della restante arte e,

col pretesto d' attrarre e di piacere, diventasse perfino lasciva e ple-

bea ?

E non

si

confa ad essa a pennello la teoria della

tappezzeria

>

applicata dall'Ingegneri alla Pastorale? Sar caso: ma, proprio sotto


la specie di essa tappezzeria, queste

due forme

letterarie

mi

si

pre-

sentano accoppiate perfino in una invettiva del Segneri che, almeno,


il

buon senso l'aveva. Considerando quel che sapevano


egli si

fare

suoi

colleghi col pretesto di abbellire le prediche

trovava sulle
predicare] -

labbra

il

paragone della magnifica tappezzeria, suggeritogli, vero,

dalla Scrittura.

Troppo di

ci [di quel bel

modo

di

esclamava
silio,

egli

- mi hanno spaventato un Ugone, un Beda, un Bache, per figura


di

ed

altri lor pari,

una predicazione anche

scandalosa, adducono francamente quella rea


di allettare a s specialmente la giovent pi

femmina
curiosa
di

che, per desio

che

cauta, e

pi cupida che sconsigliata,


fondachi della sua
.stravi

si

era provveduta

tappezzerie,

non

Palestina,

ma
>

dall' Egitto,
(').

Lectulum

meum

tapetibus pictis ex Aeg}'pto

Un' ultima pennellata secentesca


ghi pi specialmente
pii,

il

quadro

finito.

Nei luo-

come
i

nei collegi tenuti dagli


di far

ecclesiastici,

era prevalsa l'idea, ventilata gi di buonora,

entrare

nelle

forme della tragedia classica


Si lascerebbe nell'opera

personaggi del martirologio cristiano.


se

una lacuna

non

si

ricordasse

come per

costoro fu perfexionato Aristotele in

sposto ad entrare nei loro canoni. Questa tragedia, in fondo,

un punto che pareva poco dinon aveva


intendimento
parenetico -

bisogno di lascia passare, perch

il

suo

ingenuit a parte - fa pensare alla Sacra Rappresentazione, Tuttavia


Aristotele aveva detto che
iniqui,
i

personaggi non

debbono essere troppo


la

ma neppure
e,

troppo buoni, per poter operare

catarsi

del

terrore e della misericordia.


santi!
altro

costoro,

altro

che

mediocri!

eran

che terrore! andavano

al supplizio

cantando!

La novella questione fu risoluta appunto da un aristotelico gesuita, in un suo compendio delle idee letterarie del tempo. Il Donato non sostiene che Aristotele tracciasse quella teoria
n particolare riferimento
alla tragedia

dei

martiri

cristiani

ma

(')

Segxeri

Quaresimale (Padova 1826)


La
fine dell'

prefaz, p. XV'III.
,

ToFFAM.N.

umanesimo.

17

242
scopre che essa
gico.
s'

CAPITOLO XVI.

adatta specialmente a questo

singolare

ciclo

tra-

E
la

proprio questa - egli dice - quella tal tragedia

che

eccita

terrore e misericordia, e al

tempo

stesso

non

l'eccita, e s presenta
d'

con

sua bella catarsi lampante senza bisogno


il

andarla a cercare

Un

po' di terrore lo eccita, e


all'

pubblico deve saperne trarre profitto

per abituarsi a fare,

occasione,

come

il

martire

fa

ed

eccita,

per

questa via, anche una


eccita terrore

certa

misericordia.

Ma,

in pari tempo,

non
:

perch si tormenta uno che non ha punto paura non eccita misericordia perch si pensa che, con quel tormento, egli si guadagna la beatitudine eterna e questa volta s avviene ut
,

finis tragoediae,

qui est

timoris et miseri cordiae repurgatio,

(').

certis-

simus etoptimus consequatur!


di cittadinanza a

Al quale

scopo, di dar diritto

cos

fatta tragedia cristiana, egli

aveva pensato di

un altro punto. Si tratta d' argomenti medievali, di solito: dunque il protagonista non pii un Ee come voleva Aristotele. Come non pi Re ? Certe tot ferme Reges Graecia numerabat quot urbes cum Oedipus, Alcmeon ecc. Nunc vero duces, Marchiones, Comites, Regulos, appellamus non
perfezionare Aristotele anche
in
:

solum castellorum vel urbium dominos,


hi veteres

sed etiam regionum, quare


inter-

Reges non modo aequant, sed aliquot eorum longo

vallo superant.

Eadem

dignitas ornat
('^).

Episcopos et sacros Antistites

tragica nobilitate

non impares

Di qui vien ricondotta pure ad Aristotele quella smaccata consuetudine adulatoria classicista del seicento che, nei due secoli precedenti,, si riscattava in uno spontaneo gusto dei travestimenti classici non scevro, nei

momenti buoni, da
disfarsi

certo

umorismo.
gusto

Qui

essa solo

pe-

sante artificio, vero

del

classico

nello

spagnolismo.

Onde
sta ai

il

(1571-1637) che, anche per il merito, poemi secenteschi come il suo grande predecessore Folengo
Magister
Stopinus

a quelli romanzeschi, poteva dire:


Si talvolta volunt grandes celebrare signores

heroum aut
niillo

stile

graviori dicere laudes

spagnolatas fngunt et mille chimeras

(juae

nimio faciunt risu crepare logentem

(').

(*)

Ars Poetica: Alexandri


Id. p.

Donati

Senensis e Soeietate

Jesu

(Milaii"

1668) p. 144.
C)
(^)

137.
:

Magistri Stopixi
(ed.

Gapriccia Macaronioa.
p.

De Laudibus

ignorantiae.

Ma-

enronica tertia

Carabba)

42.

LE ORIGfXI DEL SECENTISMO

243

questo tutto: questa la grande malattia della quale

non
essa
:

resta che aspettare l'esaurimento,

gustando

l'unico

frutto

di

(perch anche le malattie possono avere qualche aspetto piacevole)


il

melodramma.

E
dal

anche noi fermiamoci qui, aspettando


per distruggerla, far una
e

l'

Arcadia che, sul


gi
sul

finire

del secolo, trover la poesia nello stato

indicato

principio
chia-

Beni

e,

cosa

molto
>

semplice:

mer col suo vero nome la Il buon Filicaia, scappando


d'Arcadia, l'udiva battersi
....

venusta puella

descritta

da

quello.

dai
il

miasmi

del

seicento

nei

giardini

petto cos:

Oh tempi

Qual novella Frne


il

D' edera yHe e di vii mirto

crine

Cinsi e mille cantai lascivi amori.

Oh foss' io stata ( forza pur che Men bella e pi pudica Fiamma piova dal ciel eh' arda e
!

il

dica)

divori

Gli

empi volumi:
al

il

cenere profano
(').

Spargasi

vento ....

Ma,

purtroppo, questa

bella

confessione dedicata a Cristina

di Svezia: e si

vede che

la penitente

non ha avuto

la

mano

felice

nella scelta del confessore.

Xo
lilei

la catarsi

vera non poteva venire di qua

la breccia di

luce aperta di quelli anni nel buio dell'aristotelismo da Galileo Gas'irraggi punto sulla poesia.

La

catarsi vera dell'aristotelismo


ci

letterario italiano

avvenne in Francia,

restitu

alla

coscienza di

noi stessi, ci rese possibile di riprender via, dopo tanta rovina, verso
le vette del

romanticismo.

(')

Felicaia

Opere (1824), Canzone

La

poesia

p. 212.

IN

FRANCIA

LA RIFORMA CARTESIANA

wwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww

CAPITOLO XVII.
Cartesio e
il

classicismo aristotelico.

Sommario.

1.

11

problema della

critica letteraria

della

poesia
si

consegnato
il

dall' Italia alle altre nazioni.

2.

due periodi in cui


italianista,
il

divide

rina-

scimento francese

il

primo prettamente
-

secondo cartesiano
del

Qualche atteggiamento Breve storia del primo Diversi effetti dell" ambiente e del temperamento
loquenza.

singolare

Budeus

celtico sopratutto
-

sull' eeffetti

3. La riforma

psicologica di Cartesio
-

Suoi diversi
dell'

sulla poesia per


sitiva
:

rispetto alla psicologia scolastica


-

Fine

anima sen-

nuovi rapporti fra anima e corpo


-

Netta distinzione del bene e


L' evidenza del libero arbitrio

del

male

Anima =

ragione, corpo = passione


-

il

fenomeno

delle rappresentazioni

La passione

sempre un male.
le

4. Paragone

di questa concezione dei

fenomeni psicologici con quella scopassioni


attra-

lastica illustrata

da Dante

L'
-

anima compromessa con


-

verso r anima sensitiva

Misteriosit del libero arbitrio -

Come
Il

invece
di

per Cartesio essa


lui

si

distingue dalle passioni


dell' 5:

Vaghi accenni
<f pou.

negativi

al

problema

letterario

Xo-j

xai

ft.

trattato

delle passioni di Cartesio


tici di

come
-

precisa illustrazione dei procedimenti poei

Corneille e di Racine.

Opposizione fra

presupposti cartesiani e

modi

della tragedia greca -

Corneille e Racine continuano sulla via degli


a
significati

Italiani riducendo le formale aristoteliche

moderni

cio

simboli cartesiani nonostante la rivoluzione antiaristotelica del loro filosofo


-

Dubbi

degli ultimi italianisti francesi sulla aristotelicit del Cid. Proteste


-

di Corneille.

Suo lavoro

di riduzione
-

di

Aristotele

a Cartesio

visibile
y.ai

negli esami delle sue tragedie


<?3o'j s'

La
egli
-

catarsi

invece
il

che

sXsoy
-

esprime nella raison


si

Com'

spieghi
i

suo procedimento
risolti

In-

genui strattagemmi di cui


la

vanta

Tutti

dubbi degli Italiani

con

raison

Les passioos vives et allumes >


-

in gioco con essa nella teo-

ria e nella pratica

nel

Nicomede

La storia purgata della catastrofe e ridotta a raison La passione che non deve arrivare alle lacrime - L'ani-

248

CAPITOLO xvn.
mirazione della virt sostituita cos alla piet ed

all'

orrore
-

Il

dramma

del martirologio cristiano ricondotto a questa stregua

Trovata della Ro-

dogune per evitare 1' orrore - Cinna e la narcosi delle passioni Scuse e compromessi adoperati per 1' Borace - Simile condizione di
Eacine
Boileau
-

La conseguente
fatte dai

teorica

del

giusto

e accettata piamente da Voltaire.

mezzo compendiata dal 6. Critiche a questo proced'

dimento

giansenisti e da Bossuet sebbene molti ecclesiastici cre-

dessero nella soluzione cartesiana.

Eguale stato
di

animo antigermanico
si

di
-

Bossuet e dei giansenisti

Argomenti

Bossuet: non

risolto nulla

Quest' arte non arriva che a suscitare

umane

passioni senza alcun significato

superiore che le trascenda e doni alla poesia

un grande

valore ideale.

si

Ce que les anciens nous ont enseign est peu de chose, et, pour la plupart, si peu croyable, que je ne puis avoir aucune esprance d' approcher la vrit qu' en m' loignant des chemins

qu'

ils

ont sui vis

.
:

Cartesio

Des passms

engnral,

Cos s'esauriva

il

rinascimento italiano dopo aver dato vita


il

ai

rinascimenti europei. Consegnava in pari tempo alle nazioni


cetto critico della letteratura quale esso l'aveva impostato,
dissidi e
gloria,
il

consuoi
di

con

suo male. Esso

si

esauriva,

conchiudeva,

stanco

come avesse inceppato in un ostacolo troppo arduo, lasciando la nuova letteratura nascente nell'alternativa di superar quello o di non essere. In questo modesto senso possiamo dire che tutto che
nella poesia grande e augusto ancora italiano del

rinascimento.

Insomma non
ropee, se

si
si

pu intender nulla del sorgere


studia lo svolgersi e
il

delle letterature eu-

non

relativo liberarsi di esse


:

da

queir

italianismo che abbiamo studiato

il

fenomeno

italiano

appare monco e storicamente insignificante chi


st'aspetto degli altri umanesimi.

non
e

consideri

quefiitto,

Se un

tale studio fosse stato

mi permetto

di affermare che, intorno


si

all'origine

al

valore

dei

romanticismi europei,

sarebbe potuto gi da tempo dir cose assai


fin

pi semplici e vere di quelle che furono dette


chiarezza avrebbe contribuito assai
i

qua.

A
tal

questa

il

poter

discernere in

modo
essi.

comuni

aspetti originari conservati

ed elaborati da ognuno di
occulto
e
vittorioso
:

In cotale elaborazione pulsa davvero

il

genio

differenziatore delle varie piccole famiglie europee

misterioso genio,

oggetto di superbia e di pena, di gloria e di dolore, oggi che l'am-

biguo fascino dell'America passa sul


preparato.

nostro

vecchio

pensiero

ira-

CVRTESIO E IL CLASSiaSMO AEISTOTEUCO

249

Che cosa sarebbe divenuto il classicismo in Francia senza Cartesio ? Ecco una domanda alla quale sarebbe molto difficile rispondere, e che si fa
volentieri,
dell'

tuttavia,

perch

c' implicita in essa

un' idea
Il

l'

importanza
che
il

uomo

e dell' indirizzo eh' egli rappresent.


si

fatto sta
:

rinascimento francese

divide in due periodi ben


il

distinti

il

primo

di pretta derivazione italiana,

secondo, detto del


Il

pseudo-classicismo, dominato dalle idee cartesiane.


interessa quasi affatto, perch

primo non
i

ci

non

vi

troviamo elementi nuovi e

vecchi

sono

illustrati

abbastanza nelle opere dello Spingam e del Saintsbury.


il

A
le

parte

peculiare interesse che possono avere per

Francesi

prime scaramucce teoriche sul valore della nascente lingua volgare,

e le prime prove artistiche,

non

vi si esce mai, in sostanza, dall' or-

bita del pensiero letterario aristotelico.

Se

ivi poi,

l'

intrecciarsi delle

varie questioni contradditorie


lo si deve al fatto che
della lingua e della
l'

meno acuto ed

esasperante che tra noi,

interesse era in molta parte sviato da quello


le

grammatica nascenti e che, tra


facile

opere italiche,
scritte

dovevano avere

di necessit pi

diffusione
il

quelle
il

in

latino (famosissimi per esempio furono

Vida e

Minturnoi

ohe

non sempre sono le pi sottili e d'effetto pi penoso. Manc, per esempio, alla Francia quella nostra opprimente
gamachia
sulla catarsi,

lo-

ma

se ne risent
il

integralmente

l'effetto

che

fu di metter in piena luce

finalismo morale dell' arte. Sicch, dalle


inizi del secolo, all'
si

prime derivazioni teoriche del Bude sugli


Poetica del
di novit
;

Arte
della

De Laudun con

cui

il

secolo

chiude, non

e'

traccia

e la poesia, talora

non
il

tutta spregevole,

come quella

Pljade,

non ha mai

aspetto profondamente originale.

Proprio nel nostro 1548,

SibUet accennava, nella

sua Art
:

potique alle regole classiche, come soluzione del problema morale

non era poi un metter italiana ? L' anno dopo, il


e
gi conosciuto
il

la letteratura

francese

paro

di

quella

Du

Bellay che, con tutta probabilit, aveva


Robertelli,

commento

del

accennava ad Aristotele
fuori

come
la

a legislatore di poesia. Nel

1555 Guillaume Morel dava


nel

prima

edizione della IIoitjt'xtj e, finalmente,

1561,

il

nostro

Scaligero pubblicava a Lione quella sua Poetica, gi da noi ricordata,

che fu

il

pi efficace strumento di diffusione delle idee italiane fuori

d' Italia.

Era r ammirazione
Enrico

dell' italianismo

che, di quelli anni,

moveva

UI

a consigliare al

Yauquelin quella

sua

Arte

Poetica

250

CAPITOLO XVII.

cominciata nel 1574 e pubblicata nel 1605

e,

intanto, le idee nostre

entravano in Francia alla spicciolata o a schiera.

Nel 1572 Tacque


dell' ul'

de

la Taille toglieva al nostro Castelvetro


;

il

famoso principio
codificava
si
il

nit di luogo
dell'

in quegli anni

stessi,

il

Ronsard
:

altro

unit di tempo ammannitogli dal Minturno


si

preparava cos
secondo
classi-

quella triade delle unit su cui

travagli tanto

cismo francese divenuto ispiratore e duce del nostro.


glio allineare pi oltre un' arida schiera di date
:

Ma

io

non vogii

basti dire che

studiosi francesi scendevano per costume,

non so proprio

se a impa;

rare

a perfezionarsi, nelle nostre universit, specialmente a Padova(')


gi ricordato

basti ricordare che era francese quel


la cui

Mureto (Muret)
a

educazione

ci

appare cos visibilmente identica alla nostra.


scritti

Se mai, pi che negli


si

prettamente
d'

teorici,

me

pare che

potrebbe trovar qualche segno

una
il

sensibilit pi acuta, se

non

diversa, in certi scritti laterali in cui

problema

della

letteratura

considerato con

animo

meno
ad

letterario.

Xon
uno

vedo,

per esempio,
del

ricordato dagli studiosi di questo periodo

scritterello
(*),

Bude
di

De

transitu Hellenismi

Christianismum
sia

in

cui

mi pare
dire

che

la questione del classicismo

considerata

con

profondit

coscienza storica poco usata fra noi.


gli

pareva

Fa meraviglia udirlo aliquando de Hellenismo transeundum esse


(^)
:

che

efiicaciter

ad Christianismum
Malebranche.
tire.

parole che ci richiamano alle altre che sasecolo

ranno pronunciate in Francia circa un

dopo

per

bocca

di

Ma

naturale in lui questa

maggior intensit
si

di sen-

Egli viveva a fianco del

Re
a

Cristianissimo e

trovava in grado
(*)

di poter valutar

meglio di

altri

quella

germauam
il

stultitiam

che

gi allora tendeva a ridurre

paganesimo

culto

dell'antichit.

L' avere intravvista la necessit di dare al classicismo

un pi

solido
i

fondamento

intellettuale

un merito che

lo fa

degno di stare tra

possibili precursori del

secondo periodo cartesiano.

Ma

la cosa,

ri-

petiamolo, naturale. L'ambiente era assai pi agitato che da noi e


e'

era pi giovinezza nell' aria. Allo stesso modo, per considerar

1"

e-

(')

Cfr.

mile Picot

Les fran^ais italianisants au

XVI

siede

(1906)'

Dedicato
C^)

all'

Universit di Padova.

regia magistri, ad invictissimuvi

Budei Parisiensis consiliarii Regis supplicumquc libellorum in et potentissimtim prificipcm Franciseum Christianissimuvi regem Franciae (ediz. 1550 Parigi). La prima edizione del
0.

1534 (Parigi).

(')

p.

It.

p.

34.

CARTESIO E U. CLASSICISMO ARISTOTELICO

251
Hpital
avesse

loquenza, che
fatto
i

cosa importava che un

Michel

de

1'

suoi studi a

Padova

tra le freddure del secentismo

nascente?

Quando, tornando in

patria, si trovava

frammischiato a quelle dispe-

rate lotte di reliorione in cui si crogiolava la Francia

moderna, era

naturale che la sua eloquenza dimenticasse la retorica aristotelica e


trovasse accenti conformi alla sincerit e alla passione che la

moveUgodi

vano
notto
:

(*).

Essere antiaristotelico poteva voler dire passare per

e molti

ne furono sterminati

la notte di

S.

Bartolomeo, Cos
nella

potrete trovar anche qualche traccia di


S.

secentismo

prosa
di

Francesco di Sales

ma un

secentismo che vi

permette

pre-

entire Bossuet.
>i

certo,

insomma, che in qualche modo

la letteratura

sarebbe rinnovata anche senza Cartesio;


s'

ma

pur certo che con


critica
s'

nessuno di costoro

usciva

dall'

impostazione

italiana,

e,

per esempio, quella certa euritmia e regolarit che

incontra

nei

drammi

pastorali dell' Haidy, significa bens tendenza a uscire dalle

incompostezze del secentismo,

ma

assai pi

migliore e classico del Guarini che Cos


italiano e
si
il

come ritorno come preannuncio


secondo non

all'italianismo
del Comeille.
il

pu dire che, dei due rinascimenti


secondo cartesiano.
Il

francesi,
affatto

primo
ribel-

una
e'

lione all'eredit classica aristotelica:

una

rispettosa

soluzione del
interessa.

problema davanti a cui

nostri

s'

erano arrestati.

questa

Qual' dunque questa tanta


in letteratura,
in
e

importanza di Cartesio
francese,
di

non

solo

ma
si

in

tutto

il

pensiero

sicch,

per dirla

una parola,
il

pu ancor oggi parlare


sia

una Francia cartesiana


vien
il

suo

filosofo,

pure con qualche timidezza,

posto dagli
rischiaratore

torici di

gusto giobertiano fra Lutero e Dante, come

del genio nazionale ?

Troppe cose vi sarebbero da accennare a questo

proposito. Limitiamoci
alla

dunque a considerare Cartesio

solo per rispetto

poesia del suo tempo che fu quasi esclusivamente tragica e che,


le

dopo
logica

rinuncio italiane, riprese vigore da quella sua riforma psico

compendiata nel

Trattato delle Passioni


la

>

Veramente, sebbene

storia sia tutta piena di riformatori,

una

(')

Per

il

diverso mezzo fra cui


lui dedicate in

si

trov a vivere questo reduce da Padova


:

cfr. le

pagine a

Baudrillart

I.

des thories politiques et des ides conomiques


(Paris 1853).

Bodin et son temps. Tableau au seixime siede p, 48-60.

252

CAPITOLO XVII.

riforma psicologica parrebbe impresa alquanto esoterica, pi


di eifetti nel chiuso arringo dei filosofi

capace

che

nell' ispirazion

dei poeti.

forse che, senza

suggerimenti del

filosofo, Corneille e
il
-

Racine non

avrebbero saputo foggiare quei loro


nice? Gli uomini
gli
-

eroi,

Old, Britannico e Bere-

di

non sono rimasti sempre stessi? e i personaggi di Corneille non sono uomini come quelli Omero ? Senza dubbio ma i poeti hanno anch' essi la loro atmoossia
il

cuore

umano

sfera intellettuale nella quale s'informa la loro stessa originalit.


la

riforma psicologica cartesiana offerse

all'

ispirazion dei poeti, va;

cillante fra rimorsi e paure,

una specie

di

garanzia ideale
il

svel, nella
-

poesia, che,

avendo perduto, con


-

gli Italiani,

suo centro

la frase

di Weininger

s'

era resa inconciliabile con la morale,

un mera-

viglioso centro morale.

Quando
avremo

noi avremo illustrato

il
i

sistema psipresupposti

cologico di

Cartesio,

illustrato in pari

tempo
quello

intellettuali di Corneille e di

Racine

poeti.

Ma
;

procede alla
-

distruzione dei fondamenti scolastico-aristotelici gi minati


sofia
-

in

filo-

da quasi un secolo
li

di critica ininterrotta

questi, accettandone

le conclusioni,

applicano a quella tradizione aristotelico-letteraria


dal

confermata da quasi un secolo di elaborazione italiana,


dell' arte antica,

fascino

dalla coscienza della


il

comune

origine latina. Cartesio


i

stesso si meraviglia di essere lui

primo a chiarire

rapporti

fra

corpo e anima cos imbrogliati dal travaglio della precedente


fia.

filoso-

Dalla spiegazione dei quali egli vede scaturire un evidente rapil

porto fondamentale intorno a cui

problema del libero


riconoscere
e

arbitrio, e

del conseguente modificarsi dello spirito davanti alle rappresentazioni


dell'arte, si isola, si schematizza, si lascia

dominare

perfin dai poeti. I quali possono finalmente tornar a trattare (o imitare) le azioni

umane, buone o

cattive,

senza paura di levare scandi

dalo

di far male. Finisce la psicologia scolastica


la psicologia di Cartesio.
!

Dante e

co-

mincia

Oh

non

si

parli pi di un'
:

anima

inferiore sensitiva e di in

una
qua,

superiore ragionevole
naturali dalle volont
gli attributi

non
!

si

distinguano pi

essa gli

appetiti
fin

Come

furono grossolanamente confusi,

del corpo e quelli dell'

anima

Si favoleggi di lei

come
i

se lottasse con so stessa e con passioni sue,

come

se fossero suoi

fenomeni della vita propri soltanto del corpo.

Anima

e corpo

sono

due mondi totalmente


considerati

distinti
:

fi-a

loro e perfino suscettibili d'essere


e il

come autonomi

come

n'

y a en nous qu'une seule


:

me,

et cette

me

n'

a en soi aucune diversit de parties

la

meme

CARTESIO E IL CLASSICISMO ARLSTOTELICO

253
des volonil

qui est sensitive est raisonnable


ts > (cio appetiti buoni), cos

et tous ses apptits sont


e'

non

in noi che

un corpo
il

quale

invece possiede appetiti e passioni. Per questo, con facile astrazione,


noi possiamo considerare
pio delle bestie
solo eh' esso
il
i

due mondi a

s.

Vedete

cotidiano esem-

cui corpo funziona egregiamente anche senz' anima,


fare
il

non pu

famoso entimema

e noi possiamo anche dire che la bestia

cogito ergo sum uomo senz'anima, cio


:

macchina.

Come

poi l'anima possa esistere e agire

senza

corpo

(e

molto meglio e di pi) pensate agli

spiriti e agli angeli.

Quindi tutto ci che


da attribuire al corpo:

si

nota in noi ripugnante alla nostra ragione


tutto ci che in noi

ragione

va

attri-

buito all'anima ed anima.

Eppure, se V uomo composto


zione stanno questi due
dola pineale
:

d'

mondi

fira

loro ? L*

anima e di corpo, in che relaanima risiede nella glansituata

una certa minutissima glandola,


anteriori

nel

mezzo

della sostanza cerebrale, e talmente sospesa al disopra

del condotto

per cui gli

spiriti delle cavit


i

hanno comunicazione con


lei

quelli delle posteriori, che

minimi movimenti manifestantisi in


il

possono molto per cambiare


i

corso

di

essi,

e,

reciprocamente,
spiriti

minimi cambiamenti apparenti nel corso


il

di

questi

pos-

sono molto per cambiare

muoversi

di

tale

glandola.

L'anima,
il

scolta insonne e immutabile, sospesa in quel punto e,

come

corpo

una macchina eccitano il moto

perfetta e tutte le impressioni degli oggetti

estemi
del

degli spiriti animali (la scoperta del


all'

movimento

sangue aveva permesso


i

intuizione cartesiana di
nel

diventar

teoria)

quali corrono a suscitar


1'

cervello, suo centro, istinti, appetiti,

passioni, essa,
di tutto e
gioia,

anima, dalla soglia di quella glandola,


di questi

avvertita
:

come compromessa con ognuno

moti passionali

dolore, piet, ira. ardimento, paura.

Cos compromessa che

profani credono - o credettero fin qui - l'anima codeste passioni.

aver

essa

in

se

Ma

l'anima ragione pura e non ha


animali.

che

vedere
consenin

con

le azioni degli spiriti

Essa sta
spiriti

spettatrice

ziente finch
flitto

r assiduo moto degli


sua
natura.

animali

non
Dio,
gli

con-

con

la

Ma

essa,

venendo

da

libert

nel senso di libert di voler restare in Dio

quando

spiriti

ani-

mali, eccitati da oggetti peccaminosi, tendano a sviarla, orientandola

verso le relative passioni. Allora la volont libera


in conflitto con le passioni del corpo e reagisce
;

dell'

animo

si

trova

essa, in

una

parola,

la ragione

e la ragione

il

libero arbitrio nel cui potere stanno

254

CAPITOLO XVII.

via via le volont buone dell' animo.

Ma come

reagiscono
,

esse ?
1

come va che
fani e
i

d'

un fenomeno

cos semplice e quasi schematico

pro-

secoli antecedenti

ebbero impressione come di cosa complessa

e inafferrabile, cos da dubitare dello stesso libero arbitrio e dell' entit

della ragione ? Si che

l'

anima, di fronte
i

alle

passioni rapide

e impetuose del corpo, per cui

nervi a quelle corrispondenti allargli


orifizi

gano e restringono subito proporzionatamente


disponendo agli
effetti

del cuore,

di esse

muscoli

interessati dell'organismo,

l'anima

si

trova pressoch inerme e deve ricorrere a ripieghi. Essa


di fermare direttamente
:

non ha modo alcuno


di suscitare la

il

corso di queste pas-

sioni con la sua semplice volont

deve farlo indirettamente, cercando


di
es-

rappresentazione di cose che hanno costume


che

sere congiunte con le passioni che noi vogliamo avere e

sono

contrarie a quelle che noi vogliamo respingere. Cos, per eccitare in


se

r ardire

e respingere la paura,

non basta averne


esservi

la volont
gli

bi-

sogna applicarsi a considerare

le ragioni, gli oggetti,


;

esempi che
sicu-

persuadano

il

pericolo

non essere grande


fuga;
dall'

sempre pi
derivar

rezza nella difesa che nella


gloria
;

aver

vinto

gioia

e
:

laddove dalla fuga

e'

da attendersi solo rimorso e vergogna

e cose simili. Proprio questo d tanta variet e drammaticit e

al-

terne vicende alla lotta dell'anima con le passioni

la

fa

parere

essa stessa origine e oggetto di quelle. Perch, se avviene che


delle rappresentazioni a cui l'anima s'appiglia abbia per
facolt di

una un momento
loro corso,

cambiare

il

corso degli

spiriti,

pu darsi che quella sucdopo


il

cessiva

non r abbia,

e che essi riprendano subito

a cagione che la precedente disposizione dei nervi,

del

cuore,

del

sangue non punto cangiata. Perci l'anima


al

si

sente spinta

quasi

medesimo tempo a desiderare


Di qua
si

e a

non desiderare una


in lei

medesima

cosa.
si

tolse occasione a

immaginare

due potenze che


luogo
natura,

combattono.

Ma

l'anima, in realt, non pu vedere

le

cose da

altro

che da se stessa che ragione: ed tanto libera, per sua


che non pu mai essere costretta.

Pu

essere soltanto forte o debolo.

Forte, e quindi serena, e poco travagliata dallo sforzo delle passioni


del corpo, quell'anima che

pu

lottare contro di esse

con

le

suo

buone armi. Per buone armi intende Cartesio

giudizi ferrai e de-

terminati riguardanti la conoscenza del bene e del


i

male,

seguendo

quali l'anima ha risoluto di condurre le azioni della sua vita.


di tutte, invece,

Le

anime pi deboli

sono quelle che non

si

determi-

CARTESIO E n. CLASSICISMO ARISTOTEUCO

2oO

nano punto a questo modo a seguire

certi giudizi,

ma
d'

si

lasciano

andare continuamente 'alle passioni presenti [cio cercano di vincere


1?

una passione non suscitando

la

rappresentazione

un

giudizio

fermo, determinato e ben posseduto,

ma

corrono ai ripari a caso, va-

lendosi di qualunque altra passione accidentale contraria alla prim<i]


le quali

essendo sovente contrarie

le

une
stato

alle altre, la tirano

ogni volta

dalla loro parte, e, adoperandola a combattere contro s stessa, met-

tono l'anima nel pi deplorevole

in

cui

possa

essere.

Cos

quando

la

paura rappresenta

la

morte come un

male estremo
peggiore

che

non pu
morte

essere evitato che con la fuga; l'ambizione, d'altra parte,


l'

rappresenta
;

infamia di questa fuga come un male

della

queste due passioni agitano diversamente la volont, la quale,


all'

obbedendo or

una or

all' altra, s'

oppone continuamente a s

stessa,

cio rende l'anima


i

schiava e infelice.
i

Ben
le
(il

distinti

adunque
(il

cos

domini del corpo e

domini dell'anima,
la

passioni

male) ap-

partengono soltanto a quella,


^

ragione

bene) soltanto a questa.


di volont buone, di

iiz'anima l'uomo sarebbe

una macchina incapace

senza corpo sarebbe un angelo incapace di passioni, cio

male

con anima e corpo egli veramente l'uomo della terra. Ma, escluso
nuell'impacciante e pericoloso trait-d' union fra la carne e lo spirito,
eh' era, nella filosofia aristotelica,
l'

anima

sensitiva,

il

mistero

del

libero arbitrio che, nell' impostazione scolastica, aveva vacillato nelle

tragiche sedute del Concilio di Trento,


torioso e
si

si

risollevava vigoroso e vit-

chiamava

ragione. Essa diventava la voce sensibile del-

l'anima.
al

Le

passioni la potranno bens contrastare, e perfino ridurre

silenzio e definitivamente vincere,

ma

farla diventare essa

stessa

passione,
vole.
il

non mai

perch la ragione non pu


sia

diventare

irragionedi sentire
lette-

Quindi, chi

si

bene compenetrato

di questo

modo

mistero dell'uomo, vedr che, anche

nella

rappresentazion

raria delle

umane
il

passioni, gli riuscir pi facile trarne

un

effetto

buono, scoprire
parla e
della
,

punto in cui, tacendo quelle,

la

voce della ragione

s'

impone
la

nel cuore dello spettatore e del lettore. Agli effetti

morale

passione

sempre un male
si

la

verit

sta

nella

contemplazione e nella pace. L'anima


corpo e ritrover s stessa.

stacchi

un

momento

dal

impossibile esagerare

l'

importanza di questo modo di vedere


brilla
l'

cartesiano e dei suoi corollari su cui

impronta

latina.

Ma,

per cominciare a

capirla,

bisogna

riassumere

quell'altro

pensiero

256
scolastico che questo

CAPITOLO XVII.

nuovo veniva a soppiantare

bisogna paragonar

questo con l'aristotelesimo di Dante.

Dante lega l'anima


alla quale

al

corpo col

legame

dell'anima

sensitiva

d importanza grandissima. Perch quella tanta perfezione


in

e autonomia data da Cartesio al corpo era stata gi data

modo
a ter-

non molto

dissimile da Epicuro.
il

Ma

questo,

dopo

condotto

mine, col pensiero,

capolavoro del corpo


;

umano

- macchina pro-

digiosa e perfetta - se n' era insuperbito


tile

aveva trovato perfino inueh' esso

r intervento

dell'

anima dal momento

poteva

bastare

se stesso da solo. Quella perfezione egli aveva chiamato


sitiva e in essa
s'

anima senfatta

era fermato non trovando necessario

congiungerla

a Dio e non vedendo

come
:

Quello

scendesse in

lei.

L'aveva

quindi mortale col corpo

Dante aveva ascoltato e meditato.

Ma come
Non
Che pi

d'

animai divegna fante


:

vedi tu ancor

questo tal punto

savio di te gi fece errante,


f'

S che, per sua dottrina,


Dall'

disgiunto

anima

il

possibile intelletto

Perch da
Apri

lui

non vide organo assunto.


che viene
il

alla verit

petto

(')

Ci son forse in noi dunque due anime

una sensitiva ed una

razio-

nale?

Non due anime: una

sola:

eh' l'identificazione
il

dell'una

dell' altra,

ma

cos fatta ohe in essa risplende

mistero della fusione

fra spirito e carne, fra pensiero e sensi, fra

il

divino e

il

mortale.

Ed

ecco la storia

dell'

uomo

Sangue

perfetto che

dalle assetate vene, e che

mai non si beve rimane

quasi alimento che di

mensa

leve,

prende nel core a tutte


virtude informativa
(*).

membra umane

Quel sangue ha virt

di trasformarsi

in

una

nuova creatura

fino alla perfezione biologica di questa, fino a diventare

una

perfetta

anima

sensitiva. Cos

()

Purg. C.
V.

XXV,

V. 61 e

seg.

(2)

37 e seg.

CARTESIO E

IL

CLASSICISMO AKiMuitlLICO

2o<

anima
qual
d'

fatta la vii-tude attiva

una pianta

in tanto differente
(').

che guest'

in via e quella gi a riva

Se
animale.

si

fermasse a questo punto


se l'anima razionale
si

l'

uomo

sarebbe una pianta o un

sovrapponesse a quella sensitiva

rimanendone, come sostanza, disgiunta, avrebbe avuto ragione di dubitare,

secondo Dante, della sua presenza, Epicuro che non conosceva


:

la glandola pineale

comunque

paragonabile a quello illustrato

un processo psicologico da Cartesio. Ma no protesta Dante.


s'

avrebbe

L' anima sensitiva assunta da quella razionale


fallaci della

sensi

erranti

nostra carne sono assunti dalla perfetta creatura


di Dio, la quale si fa carne.

uscita

dalla

mano
si

Questo

il

divino mistero

sul quale

piegarono dubitosi
Apri
alla verit

teologi del Concilio di Trento.


il

che viene

petto,

e sappi che, s tosto

come

al feto

r articolar del cerebro perfetto,


lo

Motor primo a

lui si volge, lieto

sovra tant' arte di natura, e spila


spirito

novo di virt repleto,

che ci che trova attivo^ quivi tira

in sua sustanxia, e forma

un'alma

sola

che vive e sente e se in s rigira.

E perch
guarda
giunto
il

meno ammiri

la parola

color d^l sol che si fa vino

all'

umor

che dolila vite cola.


lino

quando Lachesis non ha pi

solvesi dalla carne ed, in virtute,

seco ne porta e

V umano

il

divino.

(-J

parte che, su questa concezione scolastica dell' anima,

si

fonda

la teoria dantesca delle

ombre

e,

per quanto possibile, la


(il

giustifi-

cazione scientifica della

Commedia

che ha poca importanza), im:

portanza massima,

al

caso nostro, ha, invece, quell' altra conseguenza

che non

il

corpo,

ma

l'anima tutta

direttamente

compromessa
la

nelle percezioni dei nostri sensi, che essa stessa

diventa

nostra
le

apprensiva soggetta a tutte

le illusioni

e gli errori, gli

amori e

(')

V. 52.

Q) V. 67.

ToFVAXiN.

La

fine dell'

umanesimo.

18

258
passioni del
che,

CAPITOLO XVII.

mondo

esterno.

Di fronte a questa debolezza

dell'

anima

immedesimata
il

coi sensi, volentier torna a ci

chela trastulla,

sente

sapore dei piccoli beni e dietro ad essi corre naturalmente,


il

sorge spontaneo

dubbio sull'essenza e sui limiti del libero arbitrio,


sue
fallaci

sulla responsabilit dell'uomo nelle

tendenze.

Dal

mo-

mento che V anima presa entro in desire eh' moto spiritale (si fermino nella mente queste parole e si mettano a paragone con
quelle di Cartesio) sorge spontanea F obiezione
....
:

1'

Se amore di fuori a noi offerto anima non va con altro piede va non
suo merto.... Q)
e,

se dritto o torto

Virgilio riconosce la gravit dell' opposizione


teoria dogmatica del libero arbitrio

pure riferendosi

alla

gi prospettata da Marco Lom-

bardo
(a

maggior forza ed a miglior natura

Liberi soggiacete) ()

s'arresta sulla soglia del mistero.

Quanto ragion qui vede


dir
ti

poss' io

da indi in

t'

aspetta

pure a Beatrice, oh' ovra

di fede.

Ogni anima umana un mistero


.
. .

per onde vegna

l'

appetito

delle

prime notizie uomo non sape


1'

n dei primi appetibili

affetto

eh' solo in voi, siccome studio in ape


di far lo mele, e questa

prima voglia
(^)

merto

di lode e di

biasmo non cape.

In fondo questo non che

l'

eterno mistero
:

del

Cristianesimo

prospettato dalle Lettere di S. Paolo


tagli

ma

1'

espressione filosofica da-

dalla scolastica ebbe un'

enorme importanza nel pensiero meil

dievale e nella poesia. Ricordate

contegno di quella dantesca cos

impressa da questa concezione dei rapporti fra anima e corpo. Fer-

matevi un momento a ricordar qualche passo

di

spicco

per

coni-

(')

(^)

Purg. Purg.

e.
e.

XVI,

v. 43.
v.

(-)

Id e.

XVI,

v.

79.

XVIII,

46

e seg.

CARTESIO E IL CTASSiaSMO ARISTOTEUCO

259
e
di quella

prendere poi meglio

il

contegno

di

quella cornelliana

raciniana ispirate da Cartesio.

Dice per esempio Adriano


Fino a
(luel

punto misera e partita


fai.

da Dio anima

del tutto avara,

perch, per lui, era stata l'anima che aveva avuto passione per

le

cose fallaci, e solo per

un caso

(o

che tale sembra

ai

mortali), essa

aveva potuto ravvedersi quando, sollevata


vide che l non
11
s'

alla dignit della tiara,


core
().

acquetava
e

il

quale core proprio essa


:

1'

anima semplicetta

>

nel

disperato

grido di Francesca

Amor

che

al
'a

cor gentil ratto

s'

apprende...
I

amor che

nullo amato

amar perdona

(*)

Kssa l'anima aveva amato l'errore ed era stata tratta a


dalla sua stessa forza d' amore. Ricordate

perdizione

come

il

felino

Guido
fare.

da

Montefeltro
egli,

si

ricerca d'attorno la configurazione delle

membra che
.

anima, spontaneamente atteggi e adoper in mal


Mentre
eh' io

forma

fui d' ossa e di polpe

(^)

Ma

la

voce del peccatore della Caina pi macabra


tosto che

r anima trade

(*).

Cito

Dante per

citare

il

rappresentante pi

autorevole

del

mondo
la
li-

pre-cartesiano.
bert

Per Dante, dunque, come per Schopenhauer,


:

un mistero

ma

lo risolve la fede.

In virt di essa pot egli


offuscata dai

scrivere un' opera libera e intera

non intaccata ed
s.

dubbi

e dagli scrupoli che quella fede stessa,

meno vigorosamente

sentita,

avrebbe potuto lasciare dietro di


libero arbitrio.
Innata
v' la

Egli credeva misticamente

nel

virt che consiglia


(^).

che

dell'

assenso de' tener la soglia


:

pensava anche
Avete
e
il

il

nuovo e

il

vecchio Testamento

Pastor della Chiesa che vi guida


!

e questo basti a vostro salvamento

(1) (*)

Id. e.

XIX

V. 112.
V.

CO Inf.

e.

v. 100.
e.

Id. e.

XXVII

v.

73.

Id. e.

XXXni

129;

(0 Purg.

XVni

v. 62.

260

CATITOLO XVU.

Ma F anima,
fare
il

di

per

s,

ama Francesca

e sente

il

contagio delle pasfatta,

sioni pi che delle idealit.

se l'anima cos

come potr
quella

poeta a parlare senza che ne vapori una lusinga per

semplicetta che sa nulla e se^ne trastulla ?

Dopo

il

Concilio di Trento

molto se n' erano occupati

gli Italiani

Ma

Cartesio rispose

Cessate di

rappresentare

le

passioni

nel
ra-

loro colmo e vi sar

sempre

facile di trovare,

nella voce della


:

gione, quel centro morale smarrito dagli Italiani

l,

presso la glan-

dola pineale, riconoscerete operante quel libero arbitrio di cui avete,


quasi, smarrita la traccia.
Il

mistero
1'

onde vegna
delle

appetito

prime notizie

e de' primi appetibili l'affetto

non
cos

pi tanto impenetrabile, dacch

l'

anima

il

corpo
cose

si

divisero

bene

le parti

e a questo spett l'amore

delle

terrene

fallaci,

a quella la veduta delle eterne e infallibili con la possibilit

di dar

merto di biasmo e

di lode alle prime.

Ma

guai a lasciarsi illudere dall'aspetto delle passioni o a giu-

dicare sotto

r impulso

di esse

Ricordate
i

il

famoso
dacch

5t'
s'

Xsoo xal ppoo

di Aristotele ? Cartesio

non amava

libri

era dato
forse
i

cer-

care la verit nella sua ragione, e


di ricordare - Aristotele.
i

non ricordava - o
se

sdegnava
tragici

Ma

ben

ne ricorderanno

suoi

quali troveranno la precisa condanna di quel passo - essi non diaffatto

ranno
il

condanna,

ma

interpretazion vera particolari,

non

solo in

tutto

sistema

ma

pure in passi
s'

dove
quelle

si

parla

di horreur
i

di

agrment e

incita a guardarsi da

fumane che
infatti

sensi
:

mandano verso

la luce dell'

anima. Essi potevano


et
d'

leggere in lui
d' tre

Ces passions d' agrment

horreur

ont

coutume
d' baine,

plus

violentes que les autres espces

d'amour ou
et

cause
ce

que

ce qui vient

l'

me par
:

les sens la

touche plus fort que


toutefois
elles

que

lui est reprsent

par sa raison,

que

ont

ordinai-

rement moins de vrit


celles-ci

en sort que de toutes


les

les passions ce sont


le

qui

trompent
(').

plus, et dont

on doit
leggere

plus soigneule

sement

se garder

potevano

anche

che

passioni

elles font paraitre

presque toujours taut les biens

que

les

maux

qu' elles reprsentent, beaucoup plus grands et plus importants qu'ils

(*)

Descartes: Des passions en general

(l':>ris

Curuier frres od.) p.227.

CABTESIO E IL CLASSICISMO ARISTOTELICO

261
les

ne

sont,

en sorte

qii'elles
d'

nous incitent rechercher


et plus

uns

et fuir

les autres
ble,

avec plus

ardeur

de soin qu'

il

n' est convena-

comme nous voyons


et que,
:

aussi que les btes sont souvent trompes


petits

par les appts

pour viter de

maux,

se precipitent
l'

en

de plus grands

e' est

pourquoi nous devons nous servir de

esp-

rience et de la raison pour distinguer le bien d' avec le mal et connatre leur juste valeur, afin de ne prendre pas l'un pour
et

l'autre,
utili,

de nous porter rien avec excs

(').

Innocue

anche

invece, sono quelle passioni,


al

come

la piet,

che voi provate davanti


piet

male

altrui,

vero o figurato, dell'arte: una

che,

in

certo

modo, rimane nei


di deviarne
il

sensi, e se arriva alla ragione,


('].

non pu aver forza

corso

Ora, chi tiene presente


l

il

Trattato delle passioni

>

di Cartesio,

dove questo spiega per esempi il suo sistema, ha pur presente lo schema della tragedia classica francese fondata sulla chiarifcaxione
del contrasto fra le passioni del corpo e le volont dell' anima, sul-

r implicita

fine dell' sX=o?.

ne usc

la poetica cartesiana C).

Parrebbe che nessuna


con la poesia - con Parrebbe: e

filosofia

pi di questa fosse in contrasto

la tragica,

specialmente - la quale attinge alle


si

passioni la sua ragion d' essere e


si

svolge con lo svolgimento di quelle.

ripensa alla tragedia greca che vuol pur sempre re:

stare modello di questa

si

ripensa a

Edipo che riceve sulla scena


con
le

la rivelazione dei suoi delitti e vi ritorna

occhiaie

vuotate.

La nuova

poesia

si

conforma in tutto

alla classica
l'I'Xso?

tranne su questo

punto e diventa pseudo classica perch


cartesiano. Corneille
l'

da

pagano diventa

intese cos bene che insistette

sempre su questo

punto negli

examens

delle sue tragedie: e, se volli analizzate a


t>

nuova poetica della raison che Boileau ricav fedelmente dai suoi tragici, come Aristotele da quelli
del

uno a uno,

vi trovate intera la

tempo suo.

Ma

questo bisogna notare: che, mentre Cartesio


Corneille, Racine, Boileau
i

il

sovvertitore
stotelici;

dell' aristotelismo,

sono

ari-

mentre Cartesio abolisce

libri

e costituisce la

nuova

teo-

(')

id.

p.

253-4.

CO

id.
:

280.

L' estktique de Descartes tudi^ e dans les (0 Cfr. anche I. E. Kraxtz rapports de la doctrne eartsienne avec la littrature elassique frammise au

XVII
p.

siede (Paris 1882).

Cfr.

anche

Boitbget

tudes

et

Portraits

(1898)

355.

262
ria

CAPITOLO XTII.

con

le

sole libere forze del suo pensiero,

quelli
il

sono

pi

che

mai

tradizionalisti^

leggono con grande rispetto


i

Mintnrno

e lo Sca-

ligero e se

ne sentono
col quale

continuatori. Quindi quell' inferiorit di anal

che questa letteratura di fronte


bens,
solo e

pensiero filosofico da cui dipende

ma

non

riesce a mettersi a paro se

non

in

un punto

appena quanto basta per superare l'ostacolo dell'italianismo,

e render possibile

un

lento

progresso

verso
il

il

romanticismo.

Con

questo finalmente, per la prima volta dopo


classico sar rotto e la letteratura si

Medio Evo, l'incanto


ad essere espressione
Ita-

trover
si

libera e intera dell'


liani, gli
i

anima umana. Qui


il

procede sulla via degli

quali,

mentre

loro pensiero filosofico si svolgeva allentando

impacci della tradizione, non ne risentivano quasi alcun beneficio

nella letteratura, oppressa da formule troppo rigide e da

un'ingom-

brante ammirazione degli antichi.


Noi, invece di leggere Boileau, osserviamo questo stato di cose
alla

sua origine

leggiamo

gli

examens

delle tragedie cornelliane

e raciniane.

Ab
s'

love principium: leggiamo


cos,

il

Cid, la quale,

com'era

la

pi

famosa delle sue tragedie,

secondo Corneille, era quella che pi


alla
perfettis-

accostava, nella perfezion tecnica e nella regolarit,


Il

sima Edipo: aristotelicamente parlando.


anche per un
segna bene
il

Cid

molto
la

opportuno
polemica,

altro particolare

storico

che, con
al

sua

passaggio

dall' italianismo

pseudo classicismo, per


i

l'intervento della modificazion cartesiana. Quand' esso usc,


deli
classicisti

pi

fe-

- fedeli al Minturno e allo Scaligero, avendo gi


:

la-

vorato a diffonderne le regole


il

il

Balzac e

lo

Chapelain - scrollarono

E tutti e due, ma specialmente il primo, eh' ora un solitario, come ogni solitario che si rispetti, doveva pur avere ogni tanto una qualche contemporanea menzogna convenzionale da metter in chiaro, osservarono che, il Cid, aristotelico non era. E Corneille a difendere s e Aristotele e l'inviolabilit di questo come legislatoi tv
capo.
e,

a fare, in apparenza, in letteratura,


Cartesio
st'eresia,

il

lavoro contrario a quello

olio

faceva in

filosofia.

Chi dunque aveva osato affermare

que-

che

il

Cid era opera riuscita contro

le regole di Aristotele,
il

e che costui ne aveva fatte di

buone per
i

Greci e per
V

suo secoKi,
-

non per quello

corrente, e per

Francesi
il

Questo secondo errore che


il

mio

silenzio

lia

confermato

scrive

mortificato Corneille -

non meno ingiurioso


della

per Aristo-

tele che per me. Questo grand' uomo, ha trattato

Potica

eoa

CARTESIO E IL CLASSICISMO ARISTOTEUCO

263
sono
al di-

tanto di giustezza e d'


di tutti
i

acume che
i

precetti tramandatici da lui


:

tempi

e di tutti

popoli

e,

ben lungi dal


circostanze,
egli
:

fermarsi
essere

particolare delle grazie e delle piacevolezze, che possono

verse
ai

seconda
dell'

che

son

diverse

le

ha mirato
egli

movimenti

anima

la cui natura

non cambia mai

ha mospet-

strato quali passioni la tragedia


tatori
:

deve eccitare in quella degli

egli ha indicato quali condizioni sono necessarie ai personaggi

che

s'
;

introduce e agli avvenimenti che


egli

si

rappresenta, per farle nastati

scere
il

ha lasciato

mezzi che sarebbero

capaci di produrre
ca-

loro effetto dalla creazione del

mondo
i

in qua, e che saranno


ci
i

paci di produrli ancora dappertutto, fin che


degli attori
;

sieno

dei

teatri

e,

quanto

al

resto, che

luoghi e

tempi possono muil

tare, egli l'ha trascurato,

non

ha
da

neppure
Orazio
il

prescritto

numero
di
lui.

degli atti che fu

regolato soltanto

molto

dopo

Certo

io

sarei

il

primo a condannare

contro le grandi e
filosofo
;

tCid s'esso peccasse sovrane massime che noi ricevemmo da questo


d' accordo, io

ma, purch restiamo

oso dire che questo forci


si

tunato
le

poema non

riuscito cos

bene se non perch

vedono
quel

due condizioni dominanti (permettetemi


raro

quest'epiteto)
:

che
si

gran maestro esige nelle tragedie


cos
di

eccellenti

le

quali

trovano
pi
dotti

insieme

in

im' opera

sola

che

un

dei

commentatori del suo divino


ed perseguitato non

trattato sostiene

tutta

l'antichit

non

averle vedute associate che nel solo


soffre

Edipo.
affatto

La prima che chi


:

sia

iniquo n affatto virtuoso

un uomo pi virtuoso che iniquo il quale, per qualche suo lato di debolezza umana, che non sia delitto, cade in una sventura non meritata l' altro che la persecuzione ed il pericolo non vengano punto da un nemico, ma da persona indifferente: da persona che deve amare quello che soffre ed esseme riamato. Ed ecco, per parina
;

larne saggiamente, la vera e sola causa del successo del e Cid , in


cui impossibile disconoscere queste

due condizioni senza

farsi cieco

da s a fine di fargli ingiustizia


Altro che riconoscerle
aristotelesimo
:

>

(').

Ma

questo cartesismo puro vestito da


si

credendo di parlare di questo,

parla di quello. Ve-

dete come.

La pagina
examei

citata dell' avertissement


si

preposto

alla
il

AgedR

neW

torna sull'argomento e

si

osserva

che

(';

CoRSEiLLE

Tieire choisi {ed. Lutetia) voi.

I.

p.

295-6.

264

CAPITOLO XVII.

Cid

un

po' pi aristotelico di Aristotele stesso e che quelle

due

condizioni son rispettate in misura superiore che nelle


dal filosofo greco.
alle

opere

citate

Le due grandi condizioni imposte da


che
si

Aristotele

tragedie

perfette,

trovano
il

cos
le

di

raro

unite
piii

presso
forte-

gli antichi e

presso

moderni,

Cid

associa

anche

mente

e notevolm,ente degli

esemplari proposti dal filosofo


il

(').

Voi

ricordate per che quelle due qualit matresses erano


dell'effetto catartico attribuito alla tragedia la

presupposto

quale doveva

cominabbat-

ciare col lasciare sgomenti appunto per la cecit del destino


tentesi
:

esempio classico

Edipo. Invece in Corneille - vedete qui


il

pr quo poetico - quelle due qualit sono


bussola del poeta,
sioni del corpo.
d'
il

presupposto della veg-

gente raison cartesiana la quale ha bisogno, per funzionare da vera

un contrasto

fra le volont dell'

anima

e le pas-

Cid, che corrisponde cos bene al precetto ari-

stotelico di presentar

personaggi n
fra loro,

iniqui n ottimi, e

non

disgiunti

da aperte ragioni d'odio


siano che

ma

anzi buoni

parenti e consan-

guinei, risponde anche meglio, e sopratutto, all'altro precetto cartes'

detto. Il qui

pr quo

infatti

non poteva durare che

fino

a un

certo punto.

Per

farlo durare, Corneille dovette dimenticare pari

pari che Edipo era tanto perfetto, quanto alle regole, perch

l'eroe

era al tutto irresponsabile dei suoi

delitti,

per la buona ragione, fra


e,

altro,

che non aveva

l'

onore di conoscerli,
il

se mai,

aveva
la
i

fatto

di tutto per evitarli.

Proprio

contrario accadeva nel Cid,


:

pi
suoi

perfetta delle trage(Jie francesi per quest' opposta ragione

che

personaggi sono consapevoli di ci che


al

fanno

ci

che
!

vogliono

massimo grado

possibile.

Son
d'

cartesiani, scappa detto

Di questo

passo, Corneille dimenticava che la grande perfezione dell' Edipo, de-

rivava da quel pieno senso


strofe
!)
;

orrore della sua catastrofe (e che cata-

laddove

il

Cid era tanto perfetto per quel rilevato e inquadrato


;

contrasto fra volont e passioni


sulti, che, alla fine, la

cos inquadrato, e senza strappi o susil

volont (o ragione) poteva prendere

sopravvento

esclamando

claudite

iam rivos
serbare

facendosi essa centro morale in

luogo della purgazion del terrore


pi
il
:

clie

non

c'era.

Ma

c' molto
della

di

e'

che,

per
la

limpida

questa

voce

ragione^

terrore - ossia

scena

ad

esso

specialmente

dedicata

de-

v' essere evitato

non solo

nell' epilogo

ma

pure nel corso dell'opera,

C) Id.

p.

384.

CARTESIO E IL CLASSIQSMO ARISTOTELICO

265
a

sicch lo spettatore arriva alla fine fresco e


l'alto

ben

disposto

udire
noi

suono di quella.

poich ormai siamo in diritto di

dir

le regole della

nuova

poetica, ecco la

prima

non
il

ci

deve
.

essere

terrore.

Cosa non

facile in

una tragedia: vedete

Cid

Fra tante

intrinseche virt esso ci aveva pure

un

difetto quasi inevitabile in un'oi

pera tragica
e

ci

aveva un morto, personaggio che' ha pure


alla chetichella, e

suoi diritti
i

non pu venire soppresso

che per, con


po' simili
al

suoi

diritti,

pu suscitare impressioni violente un


fare allora ? Sta

vecchio

horror cos nemico della raison.

E come
alle

qua

l'

abilit del poeta

nel dare

anche

scene necessariamente cupe tanto di agilit e leggerezza quanto

occorre per rendere percepibile la voce della ragione.


se ne vanta Corneille
!

vedete

funerali del
fossero fatti

conte

erano anch' essi


fine del

cosa imbarazzante, sia che


sia
>i

si

prima della
ne

come una dramma,


dire

che

il

corpo fosse rimasto visibile nel palazzo, attendendo che vi


avessi
lasciata
il

ponesse ordine. La minima parola ch'io


si

perch
l'

prendesse cura di quello, avrebbe rotto tutto

calore del-

attenzione, ed empito l'uditore d' un' idea triste.

Io credetti per

a proposito di trafugarlo alla sua attenzione col mio silenzio, come

avevo

fatto nelle quattro

scene del primo atto di cui

vi

parlai

son sicuro che quest'artifizio m' cos bene riuscito che solo poche
persone hanno
filtto

caso

all'

uno e

all' altro,

e che,

pi degli spetdi pa-

tatori, lasciandosi trasportare

da ci che vedevano e udivano

tetico nel

poema, non hanno punto pensato


>
(').

di fermarsi a queste

due

considerazioni

Quelle due qualit matresses han dunque condotto a seppellire


i

morti senza funerale per non turbare la

ragione

dello

spettatore

quella degli altri personaggi che sono in scena.


sciuto con tanta ingenuit
il

allora ? Scono-

fondo

religioso

della

tragedia

greca,

ecco venire a galla

un

altro

punto in

cui

nel Cid

perfezionato

Edipo e in Corneille Aristotele. Io sanguineo, ho potuto adoperare

ci dice egli

- invece di

un conai

come

antagonista...
potei

una donna innamiei


riu-

morata, e con l'aiuto del punto

d'onore,

attribuire

personaggi una bont e un reciproco affetto quali Sofocle non


sc

a dare ai suoi.

Un' innamorata che

il

dovere forza

pei*se-

guire la morte del fidanzato, la quale ella teme di raggiungere,

ha

(')

Id.

p. 392.

266
passioni pi vive
rito

CAPITOLO XVII.

e la sua sposa,

r aita virt in

pi accese di tutte quelle una madre e il figlio, un un naturale sensibile alle sue
e

possibili fra
fratello e la

un masorella
;

passioni, le quali essa

doma senza

indebolirle, e alle quali essa lascia tutta la

loro

forza

per poterne pi gloriosamente trionfare, ha qualche cosa di pi com-

movente, pi elevato, pi amabile di questa ?nediocre bont capace


d'

una debolezza

e perfino d'

un
il

delitto, nella

quale

nostri

antichi
e

eran costretti a circoscrivere


principi, ch'essi

carattere pi perfetto dei


eroi,

re

dei

prendevano per loro

acciocch queste macchie


si

e questi sbagli, deformando ci che essi lasciavano loro di virt,

accordassero

al

gusto e ai desideri degli spettatori e fortificassero l'orrore


concepito
si

eh' essi avevano

del

loro

dominio
capito
egli

della

loi'O

monarquelli.

chia

(').

Dove

vede che Corneille ha studiato Aristotele proprio nei

nostri aristotelici italiani e

non ne ha
Il

niente

come
l'

Tanto meglio

correggendo Aristotele,

corregge proprio
si
ci

impos-

sibile interpretazione italiana.

suo moralismo

esplica

ben diverinnanzi

samente. Con compiacimento da baccelliere egli


schematizzato
quella

il

rimette

giuoco di quelle passioni

vives et allumes e di
il

haute raison
:

in cui consiste la sua novit e


ici

suo

pro-

gresso. Leggete

Rodrigue suit
fait la

son devoir - sans rien relehor

de sa passion - Chimne
l -

mme

chose son tour - sans


elle se volt
fait

lais-

ser branler son dessein par


:

la

douleur o
lui

abme par

et,

si

la

prsence de son amaut


elle

faire

quelque faux

pas, e' est

une glissade dont


elle

se relve l'heure

mme,

et

non

seulement
elle fait

connat

si

bien la fante qu'elle nous eu avertit, mais


{').

un prompt
non avr
gli

dsaveu...

E
il

cos di seguito per alcune pa-

gine che costituiscono per Corneille


il

suo vanto pi nuovo

che

lettore

forse voglia di andare a rileggere.

Ma, se
e questi

piefo-

risce la poesia, eccolo servito in poesia.

Apra

il

Cid

com-

pendi in prosa

riappariranno in bei versi ad ogni scena, specialsi

mente
Sole.

in quei

monologhi che sono,


scena VII del 1
Rodrigo.

direbbe, veri riepiloghi caricil

siani: tirate che pare fossero fatte apposta per addormentare

IJe

Prendete
di

la

atto,

costituita

per

intero,

dal

monologo

Don

Que
Contre

je seus de rudes
-

combats

moa

propr lioanour

inou

amour

s'

interesse

(')

Id.

p.

384-5

CO

id.

CARTESIO E IL CLASSICISMO ARISTOTELICO

267
-

Il

faut venger

u pre
le cfpur

et perdre
1'

une maitresse

L'

un m' anime

autre retient

mon

bras. -

Rduit au

triste

choix

ou de trahir

ma
-

ferame

Ou

de vivre intme

Des deux cts mon mal


Dieul'trange

est infini.

pei nel

Faut Faut
Pere
-

- il il

laisscr

un
le
-

affront

impuni

V
V

punir

pre de

Chimne
-

maitresse

honneur
-

amour
1'

Noble et dure contrainte

aimable tyrannie

Toos me3
L'

plaisirs sont

moits
-

ou

ma

gioire ternie.

un me rende malheureux

autre indigne

du jour
-

Cher

et cruel espoir d'

une ime gnreuse

Mais ensemble amoureuse Digne ennemi de mon plus grand bonheur,


Fer qui cause
M'est-tu donne pour venger

M' es-tu donno pour perdre

ma peine mon honneur V ma Chimae? (').


Rodrigo, che, come preoccupazione
ischerza.
;

Ma

si

consoli

il

signor

Don

dialettica, neppiir la signorina

Chimne non
mon

Ma

passion

s'

oppose

ressentiraent

Dedans raon ennemi


Et je sens qu'
Rodrigue dans
Il

mon amant en dpit de tonte ma colere mon ca?ur - combat encore mon
je trouve
le presse,
il

pre

l'attaque,

il

cde,

il

se defeude,

Tantt fort - tantt faible

et tantot

triumphaut

Mais en ce deux combat de colere et de fiamme.


Il dchire

Et quoique

mon eoeur mon amour


-

sans partager
ait

mon me.
-

sur moi

de pouvoir
devoir
;

Je ne consulte point

pour suivre
-

mon

Je cours sans balancer

o mon honneur m' obblige,


mais, malgr son
effort,

Rodrigue m' est bien cher, son intrt m'afllige;

Mon

coeur prend son parti

Je sais ce que je suis et que

mon

pre est mort. Q)

dete,

Per fortuna che, a certo punto, la ragione, la quale, come venon ha mai dismesso il suo coraggio, interviene a farla finita
soluzione secondo giustizia, e
i

con una

fidanzati

si

sposano.
sfida,

Ma
gli

pu anche avvenire - come nel Nicomede - che, quasi a


s'

offra

un argomento
aristotelici;

perfettamente intonato
bello

ai

principi
fra

pi rigoro-

samente

un

truce omicidio

consanguinei

su

{')

id.

p.

312.

(-)

Id p. 338.

268

CAPITOLO XVII.

sfondo d'orrore veramente eschileo. Allora

Corneille,

messo

cos

fronte a fronte con Aristotele, concreta a puntino la teoria della trasi vede che, con la greca, essa non ha che non accordarsi con questa sul punto centrale vedere, e che, pur dell' orrore, pu tirar via perfino su quelle due qualit matresses Corneille non ha scrupolo di confessare che, a esaltate nel Cid

gedia cartesiana,

d'

onde
di

questo

fine,

egli
i

ha persin
fatti

falsata la storia.

La

storia - egli

dice -

mi presentava

cos e cos

ma
il

io

ho

tolto dalla

mia scena
pa-

l'orrore della sua catastrofe in cui

figlio fa assassinare il

dre, che a lui aveva voluto fare altrettanto, e

non ho

attribuito
(').

a Prusia n a Nicomede alcun disegno di parricidio

E, allora,

com'hai potuto
telico.

far la tragedia?

domanda

al poeta
il

il

curioso aristocartesiano

Io l'ho

ridotta in

modo

- risponde

poeta

che

tutti i

miei personaggi reagiscano con generosit e che gli uni


virt, ci

rendendo alla

che dovuto, gli altri restando nella

fer-

mezza

del loro dovere, lascino

un esempio abbastanza

(*;.

illustre e

una

conclusione abbastanza piacevole


radicale - insiste
il

E una

curioso aristotelico

modificazione un po' - per l'unica tragedia dalla

sagoma veramente classica. Quest' eroe della mia maniera - conviene il poeta - esce un poco dalle regole della tragedia, in quanto egli

non cerca
il

afi'atto

di far piet

con

1'

eccesso delle

sue sventure;
la

ma

successo ha mostrato che la fermezza dei grandi cuori,


eccita se

quale
qual-

non

non ammirazione

nell'

animo

dello spettatore,
ci

che volta gradita quanto la compassione che la nostra arte


di eccitare

ordina

con

la rappresentazione
;

dei

mali.

tuttavia qualche poco


tare
le

ma

la co7npassione

Essa ne fa nascere non giunge fino a eccigli uditori

lacrime.

Il

suo

effetto si limita

a interessare

per

la fortuna di questo principe, e

a far loro formare degli auguri per

la

sua prosperit

(*).

Della mia maniera

- insiste

il

solito aristotelico.

Ma
la

tanto

vale dir subito che questa maniera non ha che vedere con
e mostra anzi
cetti

greca

una

certa tendenza al lieto fine punto lodato nei pre-

di Aristotele.

Proprio cos, sembra rispondere Corneille,


confessa
:

il

quale

finalmente

Neil'

ammirazione che
le

maniera di purgare

ha per la virt, io trovo una passioni di cui non ha parlato Aristotele e


si

(')

V. II

p.

568.

CO Id p. 569.

(')

Id.

570.

CARTESIO E IL CLASSICISMO ARISTOTELICO

269
alla

che forse pi sicura di quella prescritta

da

lui

tragedia

per mexxo della piet


Chi vuol
trovare

e della

paura
ia

>

(').

espresso

succinto

come
il

il

pseudo

clas-

sicismo superasse l'ostacolo ereditato dal classicismo italiano si

pu

fermare a queste parole chiarissime. Ecco come


diventa una
<

teatro di Comeille

cole de vertu

>

senza subire le mutilazioni o imporsi


del

le idealizzazioni

proposte dagli Italiani sul tipo

De Nores

che

questo poeta mostra di avere presente. Eppure sempre cos tradizionale e classicista la sua mente, che, quando,
si

come
vale
,

in e Polyeucte *

trova a trattare

un episodio
il

del
egli

martirologio

cristiano

caso
argo-

tanto discusso fra gli Italiani

non

si *

dei

suoi

menti nuovi, ottimi anche per


del Miuturno proprio

Polyeucte

ma

ritorna a quelli

costringere

il

come farebbe Chapelain. * Quelli che vogliono nostro eroe in una bont mediocre, alla quale s' attennon
si

gono alcuni

interpreti di Aristotele,
di

troveranno qui soddisfatti,


vi si

perch quella

Polyeucte va fino alla santit e non


:

mescola de-

bolezza alcuna. Io ne parlai gi altrove

ma, per convalidare quel che

ne

dissi col prestigio d'

una certa

autorit,
,

a^iunger qui che

il

Min-

turno, nel suo trattato


Gesi Cristo e
il

De Poeta

agita la questione se la passione di

martirio dei Santi devono essere esclusi dal Teatro,


risolve
le

per
In

il

fatto

che essi sorpassano questa bont mediocre, e la


(^).

mio
a

favore
del

(Probabilmente egli non conosceva ancora

ragioni
stasse

Donatus).

Ma

naturale che la storia


dell' Dvso?

sacra

si

predella

questa

epurazione

anticartesiano

meglio

profana.

La quale manomessa da

lui solo
il

per questo rispetto. Ond'

curioso udirlo scusarsi d' aver variato

dato storico proprio per epuil

rarlo da quello che avrebbe dovuto costituire


di esso e che, forse, era stato la

maggior pregio poetico


:

prima

favilla dell' ispirazion tragica

per purgarlo, insomma, dalle troppo violente passioni che vincono la


virt, dalle troppo cozzanti

che impediscono

il

chiaro

manifestarsi

della raison
pio,

per ridurlo a Cartesio, infine. In Rodogune, per esemsolo


i

egli

deve fingere che Cleopatra sposi Antioco

per
:

rabbia

contro suo marito andatosene a sposar Rodogune fra


lo sposo, a

Parti

ma

che

sua volta, sia ingannato dalla falsa voce della morte di De-

metrio. E- questo ho fetto - egli dice


necessit,

sia per

non

farla iniqua

senza

come Menelao

nell'

Oreste

dell'

Euripide, sia per poter fin-

(')

Id.

e) V. n, p. 97.

270

CAPITOLO xvn.

gere che Demetrio non avesse ancora

sposata

Rodogune

che

importa che non


sici,
l'

l'

avesse sposata, e a che tanta correzione dei clas-

se

un
?

tal

particolare
!

non ha importanza

nello svolgimento del-

azione

Oh no

risponde Corneille. Questa finzione

m' era assospoor-

lutamente necessaria, affinch egli non morisse prima d'averla


sata,

r amore

di questi
i

due giovani per

lei

non

facesse

punto

rore agli spettatori,

quali
essi
li

non avrebbero mancato

di risentirne

uno
coal-

anche troppo

forte,

s'

avessero visti innamorati

della
ai

vedova

del padre loro, tanto quest'

amore incestuoso ripugna

nostri

stumi
l'

(*).

Ma

ancor pi

difficile

doveva riuscirgli questo bando

orrore in

Pompeo

che veniva dalla storia con due scene granl'

diose e molto eschilee


della testa di

uccisione di

Pompeo
uscir
d'

la

presentazione
?

costui a Cesare.

Come

impaccio

Non

solo

evitando quelle scene e facendole riferire con qualche delicatezza da

un messo
spettatori

(che sarebbe stato, per met, procedimento classico)

ma

fa-

cendole riferire in uno di

quei

ben combinati momenti, in cui


pi
distratti,

gli

sono pi calmi, se non


alle

e
e'

meno

disposti

consentire
scrupoli.

passioni.

con tutto

ci,

non

da restar senza

zioni di
io

una parola - egli scrive - sulle narraAntioco che son sempre passate per molto belle e in ci

Mi

resta da dire

non

voglio andare contro


volta

il

giudizio del pubblico

ma

solo

debbo

far notare un'altra

che

quello
lo

che

le fa e le

persone che la

ascoltano,

hanno

in quel

momento
del

spirito

abbastanza tranquillo
dedicare

(').

per aver tutta la pazienza che a quelle necessario

in Cinna, gloriosa

sor-ella

Cid, e perfino
a

pi

cartesiana di
ci

questo, quella che piaceva, dicono,

Napoleone, perch
politica,

trovava

dentro - bont sua - tanta

chiaroveggenza
(ielle

come potrebbe

accordarsi al sapiente alterno sviluppo


il

passioni e delle volont.

fanatismo passionale

d'

una congiura

S'accorda col metodo stesso usato in


so qual narcosi comunicata
della congiura fatta da
alle

Pompeo

con una non


Il

passioni a

tempo

debito.

racconto

Cinna a Emilia -

egli spiega

giustifica ci
bi-

eh' io dissi altrove, che, per far sopportare

una narrazione ornata


lo

sogna che chi

la fa e chi

l'ascolta,

abbiano

spirito

abbastanza
tutta
la

tranquillo e vi si compiacciano

abbastanza
avessi

per
a

dedicarle

necessaria pazienza.

Ma,

s'io

aspettato

comunicarla

che

() Id.

p. 381.

(-)

Id.

p.

185.

CARTESIO E n. CLASSiaSMO ARISTOTEUCO

271
notizia,

Evandro avesse turbato quei due amanti con


lia

la

sua

Cinna

sarebbe stato obbligato a tacersi o a concludere in sei versi ed Emi-

non avrebbe potuto pazientare di pi > (*). Dove si vede che manca in Cinna proprio la scena principale: il confronto e il contrasto delle principali passioni di essa. Ma non sarebbe
quella che
stato ragionevole!

Ma non
gli

sempre

la storia

cos duttile, n
si

riuscivano

sempre

strattagemmi cartesiani. E. quando


<

dubit che fossero riusciti,


i

come neir
mente

Horace

>

egli se la prese

con

suoi attori

e fu bellatutto
il

ridicolo, 0, per lo

meno, lasci sfumato di

ridicolo

pensiero critico del suo tempo.

opinione generale - egli dice se


gli
1'

che questa tragedia sarebbe una delle mie pi belle


atti
<

ultimi
=o?.

corrispondessero ai primi . La colpa dei quali sarebbe


:

Tutti vogliono che la morte di Camilla ne guasti la fine

e io son

d'

accordo

ma non

so se tutti ne sappiano la cagione.

Generalmente
:

la si attribuisce

a che si vede questa morte sulla scena


dell' attrice

ci

che

sarebbe piuttosto errore


il

che mio, perch, quand'ella vede


spavento cos naturale al suo
il

fratello

metter

mano

alla spada, lo
la

sesso, le

deve far prendere

fuga e ricevere
>
(*).

colpo dietro le quinte


il

com"

io

annoto in questa edizione

Penosa cosa vedere

gran

Corneille lavorare di didascalie, in questo

dramma compromettente,
scena sola (Horace metqui s'en fuit -

come un

principiante.

Ce
et

n' tre in questa

tant l'pe la

main

poursuivant sa soeur

Ca-

mille blesse derrire le thtre - Horace revenant sur le thtre, - Q) ;

ma non
Allora
il

bastano

Y orrore resta, e n' forse accresciuto. E allora ? buon Corneille cita Aristotele, il quale, al postutto, non
;

ha mai dato per regola de ne pas ensanglanter


stotele dovrebb' essere

le thtre >

(*).

Ma

a che gioco giochiamo allora ? Si cita Aristotele proprio l dove Ari-

bandito

Appunto

questo

il

carattere del

pseudo-classicismo francese nel pieno valore della parola.


stotelico

antiari-

rimanendo tradizionale

modifica e sfigura

1'

eredit

d^li
in

Italiani solo

quanto occorre per introdurvi quella liberatrice conce-

zione cartesiana,
parte alcuna
il

ma non

vuole
si

compromesso n disconosciuto
Aristotele in

sistema.

seguita a citare

Francia
il

come

in Italia e si attribuisce a lui,

qua

il

nostro secentismo, l

()
(')

Voi.

I,

p.

479.

(*)

V.

I.

p.

472.

(3)

id p. 455.

V.

p.

380.

272
cartesismo.
si

CAPITOLO XVII.

Anche

nella dedicatoria del


pitie
1'

Don Chance
e e

d'
si
il

Aragon
tira via.

(')

cita

r argomento della

et

de

la crainte

In

quella differenza poi fra


della storia

universale

della

poesia

particolare

non

si

vede se non l'opportunit di


scena e delle
regole

modificare

questa
idee
di

secondo

le necessit della

(').

Queste

Corneille avrei potuto ricavarle anche dall'

Art Potique

di costui,

ma, come,

di quella,

dovremo implicitamente riparlare per

la critica

che, tenendola d'occhio, fece del pseudo-classicismo Lessing, ho preferito attenermi a quest'altra fonte equivalente.

Racine non fece che seguire su questa strada Corneille e come,


per
la

sua natura sentimentale, era pi portato a interessarsi

alle azioni

esercitate dal corpo sulla glandola pineale, che a quelle esercitate su

essa dall' anima, seguit tutta la vita a parlare


la crainte

de la

pitie

et

de

assegnate da Aristolele alla tragedia, salvo

sostenere
la

poi che, anche nelle sue pi passionali est toujours


d' odio,

come

la

Fedra -

vertu

mise au jour
e'

e che
le

est l

f ) e il vizio e la passione son coperti proprement le but que tout homme qui trae'

vaille

pour

public doit se proposer et

est ce

que

les

premiers

potes tragiques avaient en vue sur tonte chose .


in

Or dunque vedete
francese.
i

che cosa consiste


offerse

il

cartesismo

del pseudo-classicismo

Esso

una specie
gli

di salvacondotto teorico ai poeti sviati fra

pericoli

scogli scoperti dagli Italiani

nell'arte classica.

Essi

non ne misurarono

certo la portata in

filosofia,

ma

se

ne

valsero

quanto occorreva per poter ritornare con fiducia a quella


aristotelica eh' essi seguitavano a venerare

tradizioiio

con animo latino.


irritante,

Ne

tras-

sero cos

una poesia un po' grotta e parecchio

ben delimi-

tata e conchiusa nell' orbita d'


al gusto dello spirito celtico.

una riforma

stupendamente intonata
che ne conse-

Vedete

infatti la poetica

gu. Perch, se voi lasciate in disparte Cartesio e la glandola pineale

- cose alle quali

poeti potevano

anche non ripensare

nel

fervore

dell'ispirazione - e volete compendiare in

una

sola

parola

questo

prudente modo di poesia, come

lo

direte ? Poesia del giusto mezzo.


i

si

pu definire altrimenti questo voler imitare


il

classici,

avendo

ben d'occhio

publico moderno, usandogli tutti

riguardi secon(l<>

(')
(*)
(')

V.

II p.

389.

Examen
Racine:

de Cinna Yol.
[ed.
l.ifcfin)

I p. 560.

Ff-drc V. II, p. 253.

CABTESIO K IL CL^SICISMO ARISTOTELICO

suoi principi ideali, evitando le scene troppo contrastanti, suscitando


pitie

la

e la crainte

ma

con molto giudizio, onorando

le

regole
Difatti

come pegno
buon senso
trionfo del

e suggello di tali limitazioni e di tale armonia.

la poetica del
;

Boileau
poich
il

si

chiama

la poetica del
si

giusto mezzo, e del

cartesismo

espresse nella letteratura

come

buon

senso.

Al gusto

dell'

armonia e della misura, cos


corollari di essa propiziarono

vivi e possenti nello spirito francese - a dispetto della scapigliatura

apparente -,

la filosofa di Cartesio e

un

trionfo che

non sembra disposto a

finire.

Ma, per

allora, la

ri-

forma

pseudo-classicista
e,

fu cosa abbastanza piccola,

pi

di

forma

che di sostanza,
telica,

inviluppata negli impulsi della tradizione aristo-

non

tent

neppure

di

raggiungere

le

altezze

del

pensiero

filosofico

che l'aveva ispirata.


aristotelico

Cos s'arriv al settecento nel quale quello stampo

- cos riformato da Cartesio - rimase in non diminuito onore presso

uomini che, nel campo del pensiero,


vertitori d' ogni tradizione.

al contrario,
:

posavano a
lo si vide,
il

sov-

Esempio

Voltaire.

E
il

bravo

Voltaire, scrivere tragedie classiche e difendere

sistema moralista

o pseudo-moralista di Boileau, contro le forme shakespeariane, con r istesso fervore eh' egli avrebbe adoperato a offendere un gesuita
!

Onde queir impressione


moto

di

umorismo che
da Cartesio e

ci

fa la poesia

settecenteil

sca, quella tragica in ispecie, francese

o nostra.

Perch? Perch

intellettuale originato

lo sforzo

della letteratura

aristotelica a rinnovarsi in quello,

dopo avere avuto in sul principio


:

un punto
deva

in

comune,

s'

erano tosto disgiunti


di

mentre

1'

uno ascendi

alle altezze di Pascal,

Malebranche, di

Bossuet,

Port-

Royal, e costituiva quella mirabile sintesi di pensiero latino, fermo ancor

oggi contro quello germanico press' a poco come la vecchia linea delle
fortezze alsaziane, la letteratura, forse oppressa dal peso di

una

tra-

dizione formale troppo gloriosa,

si

conchiudeva nella breve orbita di

ana riforma

superficiale che, talora, pare

una semplice convenzione.

Sicch, ai pensatori pi coerenti del tempo,

non

isfugg che

la
(').

questione moralistica degli Italiani era piuttosto sviata che risolta

(')

riau

Per una storia di questa avversione dei religiosi al teatro Vedi J. B. Purqnoi les Pres de V glise ont eondamn le thdtre de leur tentps

(Paris 1914).
I

ToFFANiN.

La

fine dell'

umanesimo.

>

19

274

CAPITOLO XVII.

Ci furono tuttavia molti aristotelici


risolta
;

ortodossi

che

la

considerarono

n mancarono, tra questi, taluni


le
n-tel

ecclesiastici, proprio di quelli

che accettavano integralmente

conchiusioni del Concilio di Trento.


qu'il est aujuord'hui,

Pensavano

essi

che

il

teatro

n'a

rien

de contraire aux bonnes moeurs


qu'il est sur
le

et qu' il est

mme

si

epur, a l'heure

thdtre fraiiQuis, qu'il n'y a rien que l'oreille plus

(').

chaste ne pit entendre

Ma
mento
alla

il

grande vescovo Bossuet, duro custode dell'integrale


i

senti-

cattolico tra

fluttuanti

marosi

dell' eresia,

guarda nella nuova

arte pi in fondo e

pone

la

conferma della sua autorit fedelissima


per

condanna

di quella

fatta dai giansenisti


si

mano

di

Nicole.
di

Bossuet e Giansenio. Sicuro: e nessuno

meraviglier,

credo,

vederli vicini. Sulla ideale linea del Reno, Bossuet e Giansenio, Pascal e
nostri.

Malebranche stanno a paro a paro fraterni e sono egualmente

Che importa

se, nella

breve vita e nella breve area

d' un'

idea

- cose secondarie, ingigantite forse dalla sospettosa suscettibilit dei

tempi e certo irrigidite dalle asprezze della logica e


si

si

contrastarono
la logica

offesero ?

(")

Che importa

se Giansenio trascese

con

o
il

irrigid in essa la freschezza

d'un purissimo sentimento


sfiguramenti
cui

cristiano

quale, allora, pareva aver bisogno d'abbarbicarsi a quella


forza che mai, per orrore
oltre

con

pi

degli

veniva sottoposto

Reno

Dubito assai che sieno sulla buona strada quelli che


se,

parlano del giansenismo come di cosa a

come

di eresia nata
la

in

funzione di eresia. In questo caso,


.

il

giansenismo

pi

vecchia

eresia del cristianesimo, la quale par destinata a ripullulare sovente

nel cuore dell'uomo.


s'

l'eresia

dei

solitari

e.

ogni

credente

che

apparti sfiduciato vede riapparirne lo spettro.

La

religione, dal canto

suo,

non dice

o no, vieta soltanto


si

di

rispondere

quell'intimo

dubbio, insegna che, quand'esso

manifesta, folle perseguirlo per

le vie della logica e savio levar lo

sguardo

ai

cieli

del

misticismo

e adorare. Giansenio, che

non era un combattente, come Bossuet,


s'

ma
in-

un

solitario, si

vide posare pi a lungo, davanti, quello spettro,

(')
{^)

Bossuet

Rflexions sur la Comdie

Ocwrre* (Paris 1774) V, VII


si

p.

650.

Anzi, dal

numero

del

Iv^

Agosto 1919

pubblica

nella

Revue
la

des

deux niondes
nemico

un

interessante studio di A. Rcbelliau Atitour de


et

corre-

spondence de Bossuet Bossuet

Port-Royal, dove

rispettosi rapporti del

grand

degli eretici con quei particolarissimi eretici sono

nuovamente

studiati.

CARTESIO E IL CLASSICISMO ARISTOTELICO

2<0
il

dugi a ritrarne

contorni ed ebbe

il

torto di

non lacerare
le
si

dise-

gno prima
si

di morire. Cos quello spettro

rimase fra

sue carte e

chiam giansenismo.

Ma

esso un'eresia cui

giunge partendo

da uno stato di

religiosit

profonda e romana

da quella germanica
d'

non
Ma,

ci si

arriva.
il

velar meglio

contrasto dei due

Onde rimase come lo spicco mondi sulla


s'

una stonatura, a

ri-

riva sinistra del Reno.

nella letteratura, che riflesso di stati d'

animo profondi e

fon-

damentali, quella non

impresse, e Bossuet rimane per noi accanto

a Nicole, a Pascal, a Malebranche.

Bossuet fece egli

la critica ai tragici del

suo tempo che


impresse
negli

si

cre-

devano

usciti dalla cerchia dell'italianismo

argo-

menti degli Italiani - del Maggi e del Piccolomini - un senso di vita

nuova che

ci

fa presentii*e le

grandi voci

del

romanticismo

latino.

Contro quel tenace aristotelesimo, egli cit ancora una volta Platone,

ma

Platone tradotto da

lui.

La tragdie a
lorsqu'elle

tort et

donne au genre

humain de mauvais exemples,

entroduit les

mme

les

hros ou affligs ou en colere pour des biens ou des


vie......

hommes et maux
ha
ella

que sont ceux de cette dunque quella teoria della catarsi ?


aussi vains
le contredire et

che

senso

Aristote, son

disciple,

aimt

la tragdie

une philosophie plus accomodante lui fit attribuer une manire, qu' il n' esplique pas, de purifier les pas>
(').

sions en les excitant....


ecclesiastici stessi
neille,

Ma

quanto

alla facilit

con

la quale gli

avevano passata per buona l'innovazione di Corpii in

egli

risponde con un argomento vecchio


:

apparenza che

nella sostanza
si

Dites - moi,

que veut un Corneille dans son Cid


l'

non qu'on alme avec Chimne qu'on


lui,

adore avec Rodrigue, qu'on


crainte
il

tremble avec
qu'avec
lui
C).

lorsqu'il
s'

est

dans

la

de

la perdre, et

on

estime

heureux

loi-squ'

espre

de

la

pos-

seder?

a voi pare

Che quanto dire: alla fine, une cole de vertu

in questa
siete voi

nuova drammatica, che dunque riusciti a espri-

(ci che si chiedeva) un largo universale sentimento umano, un' idealit profonda, qualche cosa che trascenda V episodio e il particolare in senso stretto ? (Ripensate - ma ne parleremo pii oltre di

mere

proposito - alle polemiche del romanticismo intorno a Shakespeare).

Nulla

assolutamente nulla

allora da

che altro

deriver

l'

inte-

(')

Op.

cit.

p. 668-9.

()

Id. p.

651-2.

276
resse dell' opera vostra, se

CAPITOLO XVII.

non

dalla passione

come

fine a s stessa ?
la

La ragione

sta

bene:

ma

quella, di per s sola, poco interessa:

sua moralit molto verbale e

molto

debole

rispetto

al

contagio

delle passioni, somiglia a quella del

pagano

Molire

che
i

crede

di

riparare a tutti

guasti facendo finire in

un matrimonio
con
-

pasticci

sensuali del suo teatro.

Voi poeta - e qui parlava


d'

la jiel

parola

semplice,

ma
la

immenso

valore storico in quel

momento

dimenticate

che

passione

un male,

e,

invece

di

cercare di reprimerla, la stuzzicate

paganamente

e la ispirate al

pubblico che vi ascolta.


i

Le

stesse cose, press' a poco, dicevano

giansenisti

per

bocca

di Nicole.

CAPITOLO XVIU.
Malebranche e
le idee dei

romantici futuri.

Sommario.

1.

Contrasto

fra le
il

ascensioni e le

rivolte

alla

tradizione

del

pensiero filosofico francese e


ratura.
il

livello tradizionale cui si

mantiene

la lette-

2. La

filosofia si

rinnova

alle fonti del cristianesimo, attraverso

pensiero di S. Agostino, per opera

dei cartesiani - Il concetto


-

dell'
il -

arte

come imitazione sto fra r anima


dello stato

gi negato da S. Agostino
e
il

Malebranche acuisce
dell'

contraCritica

corpo fino agli estremi limiti


l'

occasionalismo

pagano in cui

aristotelismo
lo spirito

forma (classicismo) mantiene

come pensiero (scolastica) e come moderno rinnovato dal cristianesimo passioni e teorica dell'uomo-dio
-

Conseguenza
Il

di ci: idealizzazione
il

delle

dispregio dei limiti e

problema del rimorso.

scoperte psicologiche sulla letteratura -

3. Effetti delle nuove Rivelazione di un nuovo sentimento


Il

come
l'

forza

non debolezza
i

dell'

anima
i

sensibilit o tristezza.
cf

senso

del-

eterno che trascende

fatti

fenomeni. L' sXeog xat

go; e la sensibilit
-

Al contrario del dolore una

tale tristezza
i

sempre piacevole

Perch tale

forza dell'

anima tard

e tarda a far sentire

suoi effetti rinnovatori

anche

sulla letteratura: la mitologia - Il fondo dell'anima ancora pagano.

4.

Queste idee in relazione con quelle del romanticismo latino

Con
le

quelle del
-

Manzoni

Sua interpretazione

di

Shakespeare
Bossuet

alla luce di questa tristezza


e,

Shakespeare trascende

le critiche di

implicitamente,

questioni
delle

degli Italiani. L'sXsog xac cp3o5 interpretato

come salutare disgusto

cose

umane

Assoluta concordanza del Manzoni con Malebranche

nel con-

cepire la forma classico-mitologica


tire.

come traviamento di questo modo di sen5. Modo conforme d'intendere il romanticismo di V. Hugo - Eguale
-

interpretazione della sensibilit


giante
dio

I^uale condanna del

frasario

classicheg-

Eguale concetto

di esso di

Eguale interpretazione
l'

come avviamento all' immoralit dell' uomoShakespeare come espressione di un' arte
l'

tragica che trascende


roe
-

interesse per lo scopo determinato cui mira

e-

Anch'

egli fa derivare qnesto

stino secondo lo idee dei

movimento principalmente da Cartesiani. Anche per lui la sensibilit

S.

Ago-

scioglie

278
il

CAPITOLO xvin.
nodo del classicismo

italico si

Contrasto di questa sensibilit

germanica.

con

quella

6. Come

spiega che l'Hugo interpretasse cos bene le idee


-

cartesiane probabilmente senza conoscerne le fonti

Ci che fu
preghiere

il

Cartesia-

nismo
zione
-

Sua fusione con

la religione
-

Esempi:

le

di

Bossuet

la lirica sacra di

Pierre Corneille

La

raison nei tribuni della Eivoluall'

La

raison

come

barriera ideale opposta

entusiasmo nega-

tore di essa che veniva di Germania.

On peut

diro avec quelquo assnrance qu'

on

n' a point assez clairement

coana

la

diffrence

de l'Esprit et du corps que depuis quelques annes.

Malebranche

Recherche de la vrit (1670).

Ma dunque

si

domanda a questo punto

- giudicata col rigore


italici, la

del Bossuet, cos simile a quello dei suoi predecessori


stione della poesia da essi proposta,

que-

non era una questione


che,
alla
fine,

insoluil

bile? Insolubile

non era;

tant'
^i

vero
pot

venne

ro-

manticismo in cui finalmente

parlare,

per la

prima volta

dopo

il

medievo
al

di Dante, d'

una poesia moderna, pienamente cone poterono esistere poeti gran-

forme
stione

pensiero e allo spirito dei tempi suoi. Allora, quella que-

non diede quasi pi impaccio


piuttosto

dissimi sorretti

che

impediti

dalla

coscienza

di

quella.

Ma
il

questo importante notare: che, se la letteratura pseudo- claspotuto seguire,


nella

sica francese avesse

sua solitaria

ascensione,
si

pensiero filosofico che l'aveva rianimata


l'

un momento,

sarebbe

avuto gi allora

immagine
da

del futuro romanticismo latino.

Per una

ragione semplicissima: che


e iniziate quasi tutte

le idee dei

romantici furono gi trovate


:

cotesti pensatori

e chi mette

confronto

con

le

prime

le

seconde (siano esse del Manzoni o di Victor Hugo),

finisce col trovarle

un

po'

meno

originali di quanto si dice. (E que-

sto dagli studiosi del

romanticismo mi par dimenticato un po' troppo


i

con notevole danno delle loro dottrine). Si pu dire che


latini

romantici

non

fecero che completare


,

il

transitus Hellenismi
il

ad

Clirila

stianismum
letteratura

mettendo a paro con

pensiero di questi

solitari

moderna, ispirandole quel sentimento

dell'infinito

del-

l'eterno, quella sensibilit che l'antica


in diverso

non conosceva o possedeva


concretarsi
di

modo

e misura,
il

noi sar facile e dilettevole seguire

queste

grandi idee nella consapevole prosa d'un affascinante


tesiauo, Nicola Malebranche.

solitario

cu-

Le toglieremo con pazienza dal


il

teriiMio
sic-

in cui nacquero cercando di conservare

loro aspetto integrale

MALEBRANCHE E LE IDEE DEI ROMAXTICI FUTURI


possa vederle e valutarle senza scorci e strappi
storico

279
il

elle il lettore

che,

se strettissimo dovere di

sempre, pi

che mai tale in

argomento delicato e interessante come questo.


Quelle parole di S. Paolo

nostrum

in ipso

altre che noi

Deus non longe est ab unoquoque movemur et sumus > o quelle non possiamo pensar nulla tanquam ex nobis sed
:

<

enim vivimus
ex Deo
est

et

sufficientia nostra

o quelle altre ancora

io sento

una

legge nel mio corpo che combatte contro la legge del

mio

spirito e
:

mi rende schiavo
quelle,

della legge del peccato che nelle


la

mie membra *
da

insomma, dove
si

sua

filosofia e la rivelazione

lui ricevuta

da Dio

toccano in un punto

pressoch

inidentificabile

ad occhio
carte-

mortale, tornano a splendere con

Malebranche
della

sul

pensiero

siano

come un tempo su
i

quello

patristica, e

sono

veramente
sul

l'eterna epifania che


loro
dell'

Re Magi

del pensiero

umano

ritrovano
il

cammino,

tutte le volte eh' essi si


quell' occulto

mettono a esplorare

mistero
di

uomo movendo da
Di fronte a quelle

vago odio che ognuno

noi

porta dentro di s contro s stesso


si

(*).

trov con pi sublime e documentata in-

quietudine di

tutti,

all'

inizio del

medioevo,

S.

Agostino

dietro a lui

sfuma, appena riconoscibile nella penombra di quei secoli misteriosi,

una schiera
ci si fa

di fraticelli inquieti di cui la

storia

ricorda

solo,

col

nome, qualche indizio della loro ansia d'intenderle. Di


incontro dai

l dal

mille
fiso

Poetae aevi carolini

del Traube,

tutto

nel mistero di esse,

un

delicatissimo poeta dal volto macro. Fra Go-

descalco: di qua dal mille incontriamo, parimente pensosi di quelle,

con diverso cuore, Maestro Eckeart e Tomaso da Kempis


che stiamo studiando
altri,
il

negli anni

si

levano armati di quelle,

gli

uni

contro

gli

Lutero e

solitari di

Port-Royal. Esse sono immortali perch

loro punto di partenza immortale.

Vedete Malebranche
gli

nella sua stanchezza di Aristotele, ripudia


risale
alla

schemi

scolastici

ancora intessuti di paganit,

patri-

stica e ritrova Sant' Agostino.

Ma

un' illusione. Dietro


parole.

Sant"

Agovolte

stino

San Paolo con quelle sue misteriose

Quante

(')

Pu

interessare:

H.

Leder:

Untersuehungen

iiber

Augustins ErPlotin

kenntnistheorie in ihren Bexiehungen xur antiktn Skepsis,

*?

und

xii

Descartes (Marburg 1901).

280
s'
t'

CAPITOLO XVIII.

rinnovato questo sublime

errore di
:

credere
!

di

tornare a San-

Agostino
il

e si

tornava alla fonte

San Paolo

Pare a Malebranche

che

veggente vescovo di Ippona avesse inteso veramente in s


il

sino

strepitu sillabarum

valore di quelle parole e che

il

suo appassio-

nato costituirsi a Dio non fosse che un preciso sentimento di lor verit alla

quale egli non poteva arrivare in chiare forme dialettiche, per


di conoscenze scientifiche.

mancanza

La

scoperta cartesiana, favorita


il

da queste, veniva a integrare, pi che a modificare con aggiunte,

pensiero della patristica. Quel gran santo aveva pur cercato di dare

forma

dialettica al sentimento cristiano della vanit dei beni terreni

ma

aveva

dovuto
:

adoperare

modi

d'

esprimersi

del

tempo
cose

suo.

Aveva
feriori

detto

Chi

pu agire su noi come Causa

effettiva

dev' esin-

sere al di sopra di noi, perch legge immutabile che le

servano

alle superiori e

non pu

darsi

il

contrario.

Perci
dalle

r anima non pu trarre

la

sua conoscenza dagli

effetti esterni e

cause secondo che non esistono;

ma

la

deve trarre

unicamente

da

Dio

Ma

una

cotale

asserzione

aveva

un troppo debole fondaimpressioni dei sensi


:

mento
e,

scientifico,

per poter resistere alle

fallaci

ben

presto, la scolastica, alleatasi

con un

filosofo

pagano, Aristo-

tele,

aveva ridato,
e,

suo malgrado,
esteriore,

al

fenomeno

della vita,

un senso
un' imdella

pagano,

al

mondo

con una consistenza


presente
il

effettiva,

mediata influenza sull'anima. (Si tenga


conoscenza quale

fenomeno
:

vedemmo
il

spiegato da Dante.

proposito

non sar

male ricordare che

concetto dell'arte

come imitazione
altro
:

d'origine

prettamente scolastica, che la patristica, appunto per questa sua ne-

gazione delle cause seconde, la pensava in ben


gete
il

modo.

Rileg-

pensiero di Sant' Agostino nel

De-Musica

Si

pu chiamar

arte quella che gli

uomini non

fanno che per imitazione? Se ogni

imitazione arte e ogni arte ragione, ogni imitazione dipende dalla


loro ragione.

Ma
(')

que non

e'

arte.

V animale irragionevole agisce senza ragione. DunE tuttavia egli imita. Dunque l' imitazione non

un'arte.... )

Era

questa, secondo Malebranche,


il

una subdola
il

rivincita di quella

paganit che costituisce, dopo


car depuis le p6ch6
l'

peccato,

fondo del pensiero


est tout paien >

umano
Cio

esprit de

V homme

{').

(')
(*)

Sani' Agostino

De Musica Cap. IV.


recherche de la vrit
v. II, p.

Malebranche:

La

322

(ed.

Flammarioii)-

3ALEBR ANCHE E LE ffiEE DEI

KOMAXTia FCTCRI

281
le

la

voce dell'anima cos fioca che non riesce a farsi udire fra
e

clamorose illusioni dei sensi. Ma,


tornati a quella
della

depuis quelques annes

>

noi siamo
i

prima dimenticata intuizione della

patristica

con

lumi

sapienza cartesiana. Qual meraviglia che, nel fervore della rea-

zione,
il

Malebranche seguisse fino

alle

conseguenze estreme e paradossali


il

pensiero di Cartesio? Ma,


all'

pii

che

fervore dell' idea nuova, lo soi

spingeva
e

eccesso un' ansia polemica acuita, lungo


la Yrit >

molti anni della

Recherche de

dal vedere insorgere oltre

Reno

ce fond

paien de l'esprit e prendere come punto di partenza

quell'errore

pagano sopravvissuto nella

lettera e nello

spirito
il

del Cristianesimo.

Quanto

si manifestava pi deciso, oltre


si

Reno,

sopravvento del corpo,


:

tanto pi geloso
il

faceva, dall' altra parte, quello dello spirito

di l
si ri-

mistero della vita tendeva a riassumersi nella carne, di qua


all'

duceva tutto

anima

fino alle altezze dell' occasionalismo.

Pare che
unito

(^nanzi alle estreme conseguenze di questo la


vacilli
:

mano

di

Malebranche

ma
il

la

sua logica non


la

s'

arresta.

Dio

strettamente
si

alle nostre

anime con

sua presenza, di modo che

pu dire che
certo senso,
l'e-

Egli
il

luogo degli

spiriti,

come

gli spazi

sono, in

un

luogo dei corpi: noi con l'anima non possediamo che Dio e
e,

ternit

delle cose sensibili, solo quello eh' egli vuol

farci

vedere

di volta in volta *

(occasionalismo)

(').

Pi assoluta svalutazione del


legittimi corollari

corpo non
tutti
i

si

pu immaginare, n pi

di

questi

beni che noi possediamo per mezzo del corpo o a


il

causa

di

esse sono immaginari e caduchi:

pensiero

dell'uomo

limitatis-

simo e da solo non pu nulla.


Idee
facili,

magari, a riconoscere in teoria,

ma

difficili

a con-

formarvisi, perch

bia e

domandano umilt, mansuetudine e, invece, superviolenza hanno in noi cos preponderante voce che un tal sendi vedere fecondo d' ogni errore
:

timento cristiano soffocato e resta quello pagano. Dal quale deriva

un modo

la

fede

nell' intelletto

nella sua libert assoluta

che vuol dire restituire a

tutti gli oggetti

esterni un' entit reale e allo spirito la capacit di mettersi

da solo

in diretta comunicazione con quelli


tibile

vuol dire cedere

all'

indistrut-

lusinga

eritis sicut Dei >

(')

affidarsi alle proprie sensazioni e

alle

proprie passioni, farsi in esse Dio.


e spiriti

Xe

deriva, inoltre, quel malin-

teso e strano culto degli

forti >

che sarebbero

uomini cos

(')

Op.

cit.

V.

U, p. 132.

(')

V.

r.

p.

310.

282

CAPITOLO xvni.

dominati dall'orgoglio delle loro passioni, da non porre a s


altro fine

stessi

che quelle, da non credere,

al di fuori di quelle, in

alcuna

altra verit.

Cos parla Malebranche e non allude ad Hegel,


gi d' occhio r

s'

intende ;
;

ma
e,

ha
chi

immanentismo come

frutto del

Luteranesimo

voglia analizzare quel fenomeno oggi, dopo tre secoli di svolgimento,

pu
noi
:

valersi sovente delle parole di lui.

Adoperiamone alcune anche


ils

Leurs raisonnements ne manquent pas de vraisemblance,


fort

semblent

conformes au sens commun,

il

sont favoriss des pas-

sions, et tonte la philosophie de

Znon ne
disent-ils
et
;

saurait
le
e'

sans
est

doute
le

les

dtruire. Il faut aimer le bien,

plaisir

cara-

etre que la nature a attach au bien,

est

par

ce

caractre,

qui ne peut tre trompeur puisqu'

il

vieut de Dieu, que nous le di-

scernons du mal.
le caractre
etre, qui
le

Il

fautfuir le mal, disent-ils ancore; la douleur est

que

la nature a attach

au mal
il

et e' est

par ce

cara-

ne peut

tre

trompeur puisqu'

vient de Dieu, que nous

discernons du bien.

On gote du

plaisir
et

quand' on
la

s'

abandonne
on y

ses passions; ont sent de la peine


resiste.

de

douleur

quand

Dono

l'

auteur de la nature veut que nous nous abandonnions


et

nos passions

que nous
il

n'

et la douleur qu'

nous

fait sentir

y rsistions jamais, puisque le plaisir dans ees rencontres sont des preu-

ves certaines de ses volonts sur nous.

C est

dono suivre Dieu que


sa voix que

de suivre

les dessins

de son coeur,

et e' est obir

de

se rendre cet instinct de la nature qui nous porte satisfaire nos

sens et nos passions.

C est

de cotte sorte qu'

ils

raisonnent et qu'
ainsi

ils

se conforment dans leurs opinions infmes.

C est
ils

qu'

ils

t-

chent de se mettre couvert des reproches secretes de leur raison.


et

Dieu permet pour punition de leur crimes qu'

(*).

s'

blouissent de

ees fausses lumires

Ne consegue

che, per costoro,


d'

non solo

l'en-

tusiasmo soverchiatore
azione,

di

limiti lievito

ogni

buona

e feconda

ma

l'unica forma di sapienza l'amore delle cose

terrene:
:

beni, fortuna, gloria. Si perde cos la coscienza della fragilit

che r

uomo

nulla senza la grazia, e neppure questa ci

umana d un forza
non
e'

invincibile,

ma

ci fa
ci

conoscere piuttosto

che,

al

mondo,

nulla che

non

possa far male.


il

Sebbene per, dopo

peccato,

il

fondo dello spirito sia pagano,

(')

V.

II,

p.

163-164.

MALEBRANCHE E LE IDEE DEI ROMANTICI FUTURI

283
il

- abbiamo
spirito - la

visto

che cosa significa questa astrazione

fondo dello

voce dell'anima pu bens venire attutita fino a diven-

tare fiochissima,

ma non

si

pu sopprimere del

tutto,

come non
quel
esse
distrug-

vero che

l'

uomo

possa ricavare dalla gioia delle sue passioni

senso di pienezza di vita che lo identifica quasi

con

gendo
tanza.

la coscienza del male.


<

questa osservazione ha molta imporillustri,

Alessandro, cos celebre nella storia dei brigantaggi


gli

intendeva talora nel pi segreto della sua ragione


veri che gli assassini e
i

stessi

rimpro-

ladri,

nonostante

il

confuso frastuono degli

adulatori che lo circondavano, e Cesare, al passaggio del

Rubicone,
lo

non pot impedirsi dal


la libert della patria

lasciar trasparire

che

questi

rimproveri

spaventavano, quando risolse alfine di sacrificare alla sua ambizione


(').

tuttavia,

una
di

volta progrediti in quela

sto errore, si
realt, si

perde

il

concetto

vero

sapienza: esteriorizzata

crede che quella stia tutta nelle scienze e che queste siano
di
civilt e di

Tunica forma
pienza,

progresso.

Invece,
il

tra

esse e la sa-

non c'
sviano

alcun

rapporto diretto, e

pi grande scienziato
di quelle discipline

pu essere un uomo iniquo.


che
ci

savio, anzi,

temere

dall'intimit dell'anima,
la

e riguardare,
d'

per

esempio,
il

r astronomia e
fulgore

chimica,

come

spassi

un galantuomo,

cui

non deve di troppo sorprendere o ingigantirne il valore. Solo quando un uomo non giudica le cose che per mezzo
pure dell'anima, evita con
il

delle idee

cura

il

confuso

frastuono
il

e,

rientrando in s stesso, ascolta


dei suo sensi e delle
errore.... >
(').

suo Sovrano Maestro fra


impossibile
eh' egli

silenzio

sue

passioni,

cada

in

Ma

queste recenti scoperte - che io ho riassunto con fedelt doil

verosa secondo

sentimento piissimo
?

di

Malebranche - che

cosa

rappresentano nella storia dello spirito

quali riflessi possono avere


di

nella letteratura anche al di fuori di quel particolare sentimento

Malebranche

Massimi.
fin

Come l'amore pagano


quel tale

della vita,

che

il

cristianesimo

qui riuscito a attenuare soltanto in piccola parte,


dell' esistenza

ha

posto a

base

entusiasmo

travolgente

e,

a suo modo,
rinno-

creatore,

ma sempre nemico

dei pensieri eterni; cos

questa

(')

Pief. p. TI.

(-)

Id. p.

IX.

284

CAPITOLO xvra.

vata conoscenza di noi stessi

solleva alla superficie della

coscienza

un sentimento troppe
lezza
:

volte frainteso e respinto

come

inutile

deboquesta

quello della malinconia, della tristezza, dell' eternit.

tristezza

uno

stato d'

animo opposto
le

alla

passione,

che

non pu
sieno
dal corpo
il

verificarsi se

non quando

influenze

del

corpo

sull'anima

attenuate o tacciano addirittura.


a eccitare la glandola pineale (o

Le impressioni che salgono


il

centro del cervello secondo


quelle che

Ma-

lebranche) provocano le passioni;


la tristezza; le

scendono

dall'anima,
il

prime danno l'amore della


le

vita, le
i

seconde

senti-

mento dell'Eterno;
Dio e vede in Lui
contatto col corpo

une spingono verso

beni del mondo, le altre

ne ispirano un meditato disgusto.

E
;

si

capisce.

Come l'anima

in
il

tutte le cose, essa sarebbe perfetta sapienza se

non
e

1'

oscurasse

ma, quando questo contatto, pel

silenzio dei sensi e delle passioni, ridotto al


spirito si rifa acuta

minimo,
vi

la vista dello

quell'eterna

sapienza

torna a splendere

quanto possibile.

Ma

perch dunque tristezza? Bisogna intendersi


contrasto
fra la

sulla portata di questo sentimento. Esso nasce dal

vanit delle cose caduche e la nostalgia


sente, in quello stato: ,

delle

eterne

che

1'

anima

insomma, un opportuno distanziamento dai


l'offuscante

beni terreni che ci permette di valutarli senza


del nostro personale egoismo,

velame
che
cie-

C
la

poi nella tristezza

qualcosa
fra
le

avrebbe potuto farne


laddove
dall'

intuire

bont e

l'

altezza

gi

che tenebre del paganesimo.


graditissimo,
il

La

tristezza
'

un sentimento
il
:

dolce

dolore

perfettameite

suo

contrario.

Quella viene

anima, questo dal corpo. Ancora


:

la tristezza

pu

ma essere una cara conseguenza del dolore non mai. Quindi la tristezza conoscenza.
rence entro cotte douleur
est la

il

dolore della tristezza

Il

a bien de la

diffi'-

et la tristesse qu' elle produit.


l'

La douleur
elle-mme.
sente: elle

premire chose que


et elle

me

sente

elle n' est

prcde d'aucune

connaisance

ne

peut jamais

tra

agrable

par
l'

Au

contraire la tristesse est la dernire chose que

me

est toujours

prcde de quelques connaissances et elle est toujours


(').

tres-agrable par elle-mme

Dunque
dal

una forza;

non una

debolezza

cotal

sentimento.
:

Portato

Cristianesimo
cartesiana
si
l'

esso

ve-

nuto accentuandosi via via

la scoperta
:

ha finalmente

conquistato in forma dialettica

per esso

opera

quel transitus

(')

V.

I,

p.

347.

MALEBRANCHE E LE IDEE DEI ROMANTICI FUTURI


Hellenismi
s

285

ad

Cliristianismum

di

cui

tanto

si

parla.

adesso
bis-

sappiamo

come dobbiamo

intendere ai tempi nostri quelle


5'.'

trattate parole d' Aristotele

intorno al
delle

sXoo

xai

50^00.

Il

pia-

cere che noi proviamo nel dolore

opere tragiche,

non
nella

nelle

tante ragioni arzigogolate da interpreti

poco

avanzati

nuova
;

scienza dell' uomo. Si che


d'

non

si

tratta di dolore,

ma

di tristezza
di

una veduta

delle cose

umane

dall' alto

di essa

si

tratta

quel

profondo sentimento che rimane in noi dopo avere assistito allo svol-

gimento e

al crollo di

amore

delle

d' un una grandezza cose terrene viene un momento

eroe,

quando
verit.

il

nostro

disgustato e

V anima
Questa

trionfa in quel tono di tristezza che conoscenza e

la vera catarsi del


il

mondo moderno,

e su questa

si

deve regolare
la
tri-

poeta.

Cela parat assez par

le plaisir

qui accompagne

stesse dont

on

est

touch aux fuuestes reprsentations des


la tristesse
;

thtres,
n' augl'art

car

ce

plaisir

augmente avec
la douleur.
il

mais

le

plaisir

mente jamais avec


que
la

Les comdiens qui tudient


serait

de

plaire, savent bieu qu'

ne faut point ensanglanter


feint,

le thtre,

parce

vue

d'

un meurtre, quoique
Mais
ils
11'

trop

terrible
les

pour
assi-

tre agrable.

apprehudent jamais de toucher


tristesse,
il

stants d'

une trop grande

parce qu' en

effet la tristesse est

toujours agrable lorsqu'

j a

sujet d' en tre della

touch
nota

(').

Ma

perch di questo valore

tristezza si

cos

poca

coscienza in tutte le forme della letteratura ?

se essa figlia della

rinnovata spiritualit cristiana,


Cartesio a raccomandarla ?

e'

era proprio

bisogno

che

venisse

nella filosofia che nelF arte.

La colpa del classicismo come forma tanto C un parallelismo completo - osserva

Malebranche allo

fra

l'

impaccio posto dalle formule scolastico-aristoteliche

svolgimento del pensiero moderno e quello opposto dal classicismo


all'

- come residuo di forme pagane -

esprimersi della poesia quale

sentita nei tempi cristiani. Quello che sono le cause seconde al pensiero
filosofico ;

sono

le

tenaci imagini classiche alla poesia

le

une e

le

altre

rappresentano una costrizione pagana posta


il

all'ingenuit

del-

l'anima. Sebbene

puro

filosofo

Malebranche

eserciti la

sua critica

quasi esclusivamente sulla questione del pensiero e della morale, le


allusioni che, di passaggio, egli
si

trova a fare alla letteratura, risulcap.

tano gi cos importanti e chiare che certe pagine del III

del

(>) Id.

286
libro

CAPITOLO XVUI.

VII
I

(')

sono fondamentali per

l'

intelligenza del nostro romantici-

smo.

filosofi,

non

soltanto

vengono a dire quello che non vorrebnatura per mezzo di esseri di


particolare,

bero quando spiegano


cui essi

gli effetti della

non hanno alcuna idea


si

ma

forniscono

pure un
divino

principio da cui

possono trarre conseguenze dannosissime e periqualche


cosa
di

colosissime. Si finisce con l'ammettere


tutti
i

in

corpi che ci circondano,

quando

si

ammettono

delle forme, delle


di

facolt,

delle qualit, delle virti o degli esseri reali capaci

pro-

durre

certi effetti

per forza di lor natura

e si entra cos insensi-

hilmente nel sentimento dei pagani per


loro filosofia. Il est vrai

il

rispetto che si

ha per

la

que

la foi

nous redresse: mais peut-tre que

Fon peut
paien

dire

que

si

le

coeur est chrtien, le fond de l'esprit est

I corpi che ci

circondano diventano, nel nostro linguaggio, le


;

vere cause dei piaceri e dei mali che noi proviamo

la

ragione sem-

bra in qualche

modo
l'

giustificare

pagani e con essa


niscono col cedere

universale disordine dei costumi


eterno
:

una religione simile a quella dei gli uomini fi;

all'

eritis

sicut

Dei

illusi di

tenere in

s stessi la capacit di conoscere e di amare.

La
trice,

stessa cosa avviene per la letteratura; essa anzi

il

varco

pi frequentato da queste funeste illusioni, la pi tenace

conserva-

con

le

sue venerate forme classiche,

d'

ogni

fallace

modo

di

vedere pagano. Basta che voi pensiate alla

mitologia.

Toutes ces

petites divinits des paieus et toutes ces causes particulires des phi-

losophes ne sont que des chimres, que le malin esprit tche d' 6tablir
et

pour minor

le eulte

du

vrai Dieu, pour en occuper des esprits


faits

des coeurs que le Crateur n' a

que pour

lui.

Ce

n' est point


e' est

la philosophie qu' celle

on a regue

d'

Adam

qui apprend ces choses,


le

que

l'

on a reyue du serpent, car depuis

pch

l'

esprit

de
er-

homme

est tout paien.


fait

C est

catte philosophie qui,


et

jointe

aux

reurs des sens, a


la

adorer

le soleil,

qui est encore aujourd' hui

cause universelle du drglement de l'esprit et de la corruption du coeur des hommes. Pourquoi - disent-ils par leurs actions, et quelquefois par leurs paroles, u' aimerons nous pas le corps, puisque
le

corps sont capables de nous combles de plaisirs? Et pourquoi se

moque-t-on des Isralits, qui regrettaient les choux et les oiguons de r gypte, puisqu' ils taient effectivement malheureux, tant pri-

(>)

p.

323-24.

. .

MALEBRANCHE E LE
vs de ce
qiii

ffiEE

DEI ROMAXTia FUTURI

287
heureux
? >

pouvait les rendre en

quelque manire

Da

questo impaccio deve liberarsi la nuova filosofia e la sua lingua


si la

corrispondente. < Car

religion

nous apprend qu'


connaitre qu'
il

il

n'y a qu' un

vrai Dieu, cette philosophie

nous

fait

n'

y a qu' une
les divinits

vritable cause. Si la religion nous apprend

que toutes

du paganisme ne sont que des pierres


les causes secondes,

et des

sans mouvement. cette philosophie nous dcouvre aussi

mtaux sans vie et que toutes

ou toutes

les divinits

de la philosophie, ne sont
(').

que de

la matire et des volonts inefficaces

Ma
depuis

attuare fino in fondo questo rivolgimento


le

non
l'

facile

car
et

pch

il

y a une

scerete

opposition entre

homme

Dieu>

().

dell' opera.

Ora bisogna aprir subito una parentesi senza aspettare la fine Queste non son altro che le idee del romanticismo latino,
il

di tutto

nostro romanticismo, perch se ne trova segno in scrittori


spirito religioso:

pur lontani dai cartesiani quanto a


tutto le idee di Alessandro

ma

son soprafu
1'

Manzoni.

Cio

il

Manzoni
quel
:

unico

che

si

rendesse criticamente conto di ci

che era

movimento

nei paesi latini e ne scoprisse le origini.


eh' egli

Or vedete
in

e'

un

libro
sa-

non

scrisse mai,

ma

lasci soltanto

frammenti e che

rebbe riuscito, oltre che un completamento delle sue teorie critiche,

una sistemazione organica


lettera

di esse.

V avrebbero
(^;.

ritrovato

posto

la

sul romanticismo
il il

e qualche parte della e

Morale Cattolica
si

Vada

a rivedere

lettore quei

frammenti

Ti

sarebbe

svolta
si ri-

questa tesi: che

romanticismo, rifacendosi da Shakespeare,

faceva implicitamente dalle idee del

movimento cartesiano e
il

che, se

Bossuet e Nicole, avessero conosciuto


riconciliati

poeta

inglese,

si

sarebbero
senso
il

con

la poesia sentita

da

lui

come

verit nell' alto

illustrato dalla

lettera sul romanticismo .

Quando

il

Bossuet,

Rousseau scrivevano, non era ancora noto il Shakespeare. La perfezione morale la perfezione dell'arte e perci Shakespeare sovrasta perch pi morale (*).
Nicole,
il

Vedete perfetta corrispondenza delle idee del Manzoni con quelle

()
(')

V. n, p. 332-3.

(-)

V. n,

p.

33i.
p.

Maszoxi: Opere inedite e rare (Milano 1883-98) V. DI.

152-214

CAPITOLO XVIII.

del

cartesiani in genere e di

Malebranche in
:

ispecie:

egli

impersoltanto
senti-

niava la teoria su questi tre punti


impressionanti:

esclusione delle

scene

importanza della
alla poesia
:

tristezza o sensibilit
al

come
il

mento moderno caro


rester

bando

vacuo o sviante vocabolario


egli

mitologico-classicista.

Per

il

primo punto

pensava che

poeta

sempre in una
intento

sfera di mediocrit se si ridurr a rappresentai'

r uomo
- caro
effetti

a uno scopo manifesto

senza che

l'

interesse possa

derivare da altro che dal vederlo raggiunto o no.


ai

Con questo metodo


deluderne
gli

classicisti francesi,

sebbene

essi cercassero di

con ingenui compromessi - saranno

del Bossuet.

Ma

il

sempre buone le critiche non poter uscire da questo mediocre genere di


profano
chiuso a quella
in
sensibilit o tri-

poesia segno
stezza

di

cuore

senso
suscitare

dell'

eterno eh' esso, non avendo


altrui e che

stesso,

non

potr

in

noi

abbiamo

posto

come secondo
non

punto nella teoria


altro

del

Manzoni.

Questo

senso

dell'eterno

che la voce dell'anima di Malebranche: I'sXeo? xal (p^o:

interpretati

non come orrore


disgusto
delle

di questa o quella sventura,

improvviso

cose

umane che

scioglie

ma come un momento
al

l'anima dal vincolo


stero del

dei

sensi e la
del

pone quasi libera davanti


Malebranche
eterni

mi-

mondo. Le parole
minor

frammento manzoniano riecheggiano


:

(a parte la
si
i

finitezza dialettica) quelle di


si

Pi

va in fondo del cuore,


quali

trovano

principi

della virt,

l'uomo dimentica

nelle

circostanze

comuni

e nelle passit

pi attive che profonde nelle quali hanno grai parte i sensi*, Questo isolamento dell' anima gli pareva che fosse il vero effettc
della poesia di Shakespeare (nel quale vero che

non mancano k
effetto,

impressioni violente,
s stesse).

ma non

risultano mai, nel loro

fine a

La rappresentazione

dei dolori profondi e dei terrori in-

determinati sostanzialmente morale, perch lascia


ci

impressioni ch

avvicinano alla virt. Quando

1'

uomo

esce con l'imaginazione dj

campo

battuto delle cose note e degli accidenti coi quali avvezzo


si

combattere, e
sente la

tiene nella regione infinita dei


le idee ilari

possibili mali,

egl

sua debolezza,

di vigore e di difesa lo la

abban^

donano

e pensa, che, in quello

stato,

sola

virt e la retta

scienza e l'aiuto di Dio ponno dare qualche soccorso.


sulti s stesso

Ognuno

coi

dopo

la

lettura di
effetto

non sente un consimile


Op.
cit. p.

una tragedia nel suo animo

di
(').

Shakespeare,
(Insisto perch

(>)

1G3.

MALEBRANCHE E LE IDEE DEI ROMANTICI FUTURI

289

lettore,

tenendo presente Malebranche, riveda tutti i citati frammenti manzoniani e consulti, magari, l'acuto studio su di essi del Galletti ('):
e. infine,

avendo tempo da perdere, riveda a proposito di questo e di


latino e

altri
:

punti del libro, e della conchiusione, un mio vecchio studio sul


i

Romanticismo

Promessi

Sposi

>

del

quale, a parte

le

pecche della forma e taluni eccessi di giudizio nei particolari,


nosco giusto
il

rico-

concetto).

Quanto

al

terzo punto

necessit di far concordare la forma col

modo

di pensare e di sentire moderni,


il

mettendo in bando

la sviante

mitologia,

Manzoni non aveva bisogno


marchese
d'

di ritrattarlo in quest' altra

opera, perch ne aveva parlato con bastante chiarezza altrove.

Ma
-

- aveva
la

scritto egli al

Azeglio

nella

lettera

famosa

ragione per la quale io ritengo detestabile Fuso


utile

della

mitologia,

quel sistema che tende ad escluderla, non la direi certamente

a chiunque per non provocare delle risa che


pedirebbero ogni spiegazione:

precederebbero, e ima
Lei,

ma non

lascier di sottoporla

che, se la trovasse insussistente, saprebbe addirizzarmi senza ridere.

Tale ragione per

molto meglio di

me che l'uso della favola me che questa non consisteva


fatti

idolatria.
soltanto

Ella

sa
cre-

nella

denza in alcuni
la parte storica,

naturali e soprannaturali
la parte

questi

non erano che


nel ridei

ma

morale era fondata

neW amore,

spetto, nel desiderio delle cose terrene, delle

jmssioni,

piaceri
fos-

portato fino
sero
il

all'

adora xioiie ; nella fede in quelle cose come se

fine,

come
il

se potessero dare la felicit, salvare. L'idolatria,


alla

in questo senso, pu sussistere anche senza la credenza


storica,

parte

pu sussistere pur troppo anche negli intelletti persuasi della vera Fede: dico l'idolatria e non temo di abusare del vocabolo, quando S. Paolo 1' ha applicato espressamente all' avarizia, come ha anche chiamato dio de' golosi, il ventre (*).
senza
culto
:

E
S'

tutto questo cartesismo che diventa romanticismo.

ingannerebbe a partito chi giudicasse eccessivamente manzoIl

niana questa veduta del romanticismo.

Manzoni

fu soltanto lo spi-

(')

Galletti: Manxoni, Shakespeare. Bossuet

Studi
e

di

Filologia

Mo-

derna
1915).

i>

(Luglio-Dicembre 1911).

Ristampato la Saggi

Studi

(Zanichelli

(-)

Prose Minori

ed. cit. p. 150.

ToFFAMix.

La

fine dtll'

umanesimo.

20

290
rito

CAPITOLO XVIII.

pi coerente e forse
;

1'

unico

profondamente

critico
gli

del

tempo

suo

r unico favorito da una meditata coltura ohe


gli addentellati storici

permise di in-

dagare e conoscere
quali aderiva.

e dialettici delle idee alle


s'

Onde

in lui,

pi che in ogni altro,

illumina la storia
italiano attra-

dello spirito latino in quello svolgersi

del sentimento
al

verso

movimenti cartesiani contrastanti

germanesimo: idea
al

cos

disconosciuta dai nostri studiosi moderni

successivi
al

De-Sanctis,

Ma

non

si

deve credere che bisognasse far capo


al

tire cos:

se voi rileggete ora la prefazione

Manzoni per senCromwel di Victor


vi

Hugo
l'

vi ritrovate

queste

medesime cose
sua
stessa
gli gli

e forse

risaltano
di

ale,

occhio anche meglio.

Quella

deficenza

cultura

quindi, di consapevolezza storica, che


di
lit

permette

(o

lo costringe)

muoversi a sbalzi e a paradossi e


anche quando non
fa

d tanta pretesa di originadel

che interpretare idee

tempo, derivate

a lui e al
certo
e
il

tempo
il

dall'

educazione latina, finisce con V aumentare per


Il

rispetto,

valore del suo scritto.

Manzoni

vede

l'origine

lento progresso delle idee del romanticismo e le riconduce alle


di storico; Victor

loro origini con freddezza

Hugo, con

aria di di-

vinatore, ve le

riconduce per geniale

intuizione e per sentito dire.

Ed

pi efficace.

Che

altro per Vi-ctor

Hugo
lievito

la sensibilit nelle

sue

forme di

malinconia e di tristezza -

ed ala della poesia moderna - se


filosofia

non
nel

effetto

del Cristianesimo rinnovato dalla

di

Cartesio ?

In virt di essa - spiega Victor

Hugo

oggi

sta

per

cominciare
scelle

mondo

e nella poesia un' era nuova.

Oggi questa religione


Essa mostra
sono
in
all'

profondment
duplice

la poesia e la morale.
il

come

suo destino; che vi

lui

uomo eh' egli un animale e


eh' egli
d' esseri
il

un' intelligenza, un' anima e

punto

d' intersezione,

l'

anello

un corpo comune
serie

in
di

una parola
due
catene
esseri

che

abbracciano la creazione, della


serie degli esseri incorporei
[la

degli

materiali e della
ar-

prima che parte dalla pietra per


dall'

rivare

all'

uomo,

la

seconda che parte

uomo

per finire

a Dio]
il

(')

A parte

quest' ultimo sbalzo lirico, tutto ci cartesismo puro,

quale,
princi-

nella formU e nella sostanza della letteratura, ha per lui

due

palissimi poi in

effetti,
:

gli

stessi riconosciutivi dal

Manzoni; compendiabili
esso

uno

il

romanticismo. Nella

forma

viene a distruggere

(')

V. Hugo:

Cromwel

(Paris, Sooit d' <;ditions

littrraires

et

!irti.sti(]iiis)

prof. pag. 5.

>ULEBRAXCHE E LE IDEE DEI ROMAXTICI FUTURI

291

tutto

il modo d' esprimersi pagano. Le camminavano a tentoni nella notte appigliandosi a scuole pagane menzogne come a verit nelle loro strade infilate a caso... Del resto niente di pi materiale che la teogonia pagana. Lungi dall' aver

r armamentario mitologico e

pensato,

come

il

Cristianesimo, a dividere lo spirito dal corpo, essa


tutto,

d forma e viso a

anche

alle essenze,

anche

alle intelligenze.
il

Tutto, presso di quella, visibile, palpabile, carnale... Cos

paga-

nesimo che impasta tutte


quasi della
il

le

sue creazioni
l'

della

medesima
d'

argilla,

impiccolisce la divinit e ingrandisce

uomo. Gli eroi

medesima
fra

taglia che

suoi Dei.

Omero son Noi vediamo invece come


fra

Cristianesimo separa profondamente lo spirito dalla materia. Esso


abisso

mette un

l'anima e

il

corpo,

un abisso
quella

l'uomo e
sostanza.

Dioi 0.

E
della

qui la questione della forma diventa


Victor

della

Per questa via

Hugo, come Malebranche, viene a parlare


:

grande novit del Cristianesimo

la sensibilit,

Noi faremo
s'

dunque osservare
agli antichi e

che, col Cristianesimo, e per

mezzo

di esso,

in-

trodusse nello spirito dei popoli

un

sentimento
i

singolarmente sviluppato fra


la

nuovo sconosciuto moderni, un sentimento


malinconia.

che

pili

che
il

gravit e

meno che
fino

la

tristezza: la

in effetto,

cuore

dell'uomo,

allora aggranchiato

da colti

puramente gerarchici e

sacerdotali, poteva esso

non

destarsi e sentir

germogliare in lui qualche facolt inattesa al

soffio d'

una religione
preghiera del
li-

umana perch

divina, d' una religione


d'

che

fa della
d'

povero la ricchezza del ricco,


bert, di carit?

una religione
tutte le

uguaglianza, di

Poteva
il

non veder
gli

nuovo, dopo che


i

vangelo

un aspetto aveva manifestata l' anima attraverso


cose sotto
(*).

sensi, l'eternit dietro la

vita?

Questo modo nuovo di veder


speare, proprio tal quale
l'

le cose era la
il

poesia
:

di
lo

Shakescopo

intendeva
i

Manzoni

dove

manifesto

cui sono intesi

personaggi avr bens

un suo

interesse
:

ma accompagnato

e forse

subordinato a un

interesse

pi gi-ande

quello della coscienza.

ne vien fuori un

altro

genere di
infine

dramma
in cui
il

da quello di Corneille e di Racine,

un dramma

poeta adempie pienamente lo scopo molteplice dell' arte,


prire allo spettatore

che

d' al'

un duplice

orizzonte, d' illuminare insieme

in-

(')

W.

()

Id.

292

CAPITOLO xviir.

timo e l'esteriore degli uomini; l'interiore con


loro azioni, l'interno con degli
ciare,
il

loro

discorsi e le

a parte e dei monologhi; d'incroil

in una jmrola, nello stesso quadro,


della coscienza
(').

dramma

della vita e

drauma

Ma
tanto
:

che Yictor

Hugo

dica di queste cose non ci sorprende poi

quello che ci sorprende d' udirlo scappar fuori con improvsi

visa chiaroveggenza e competenza storica di cui non lo

credeva

capace. Egli dice proprio che questo genio della malinconia e della

meditazione deriva dalla patristica di


dalla scolastica di S.

Sant' Agostino,

(non

dunque

Tomaso) e che

il

medioevo

est

ente sur le bas-

empire

che

bisogna guardarsi dal gettare uno sguardo sdegnoso su

quest' epoca in cui in

germe
si
il

tutto ci che poi diede frutto.,..

f^).

Ma

la

sua competenza non

ferma qua. Ci che - secondo

lui - con-

dusse la poesia alla verit fu


intesa

cristianesimo con quella sua sensibilit


di rinavigare cos
l'

come ragione

la

quale permise

fra le sirti del


effetto

male senza paura. Non espresso chiaramente


il

che ebbe

pensiero filosofico cartesiano sul patrimonio ideale ereditato dagli Ita-

liani ?

Udite

le

sue parole

Il

Cristianesimo riconduce la poesia alla


le

verit.
d'

Come

quello, la

musa moderna vedr


che
il
il

cose

d'

un

colpo

occhio pi alto e

piii largo.

Essa sentir che tutto nella creazione


brutto vi
si

non umanamente
il

bello,

trova a lato del bello,


rovescio
del sublime, se la rain-

deforme presso

il

grazioso,

grottesco sul

il

male

col bene,

l'ombra con

la luce. Ella si

domander

gione stretta e relativa dell'artista deve prevalere sulla ragione


finita,

assoluta del Creatore, se tocca

all'
:

uomo

rettificare Dio, se
il

una
cosa

natura mutilata ne risulter pi bella


piare, per cos dire,

se

V arte ha

diritto di sdop-

l'uomo,

la vita, la creazione,

se ciascuna

camminer meglio quando


ala; se infine l'essere

gli si

avr preso

il

suo muscolo e la sua


d'essere

incompleto un

modo

armonioso.

allora che, fisso lo sguardo su avvenimenti ridicoli e formida-

bili

mi

tempo,

e sotto

l'influenza di qiiello spirito di nalinconia


ioi

cristiana e di critica filosofica che

osservammo, la poesia far


che, simile alla scossa

un gran passo, un passo d'un terremoto, cambier


Essa
si

decisivo^

un passo

tutta la faccia del

mondo

intellettuale.

metter a fare come la natura, a mescolare nelle sue crea-

zioni, senza per confonderle,

V ombra alla

luce, il grottesco al sn-

() p.

14.

()

p. 5.

MALEBRANCHE E LE
/'lime,

ffiEE

DEI ROMANTICI FUTURI

293

in altri termini,
il

il

corpo all'anima, la bestia allo spirito:


della

perch

punto di partenza
(').

religione

sempre

il

punto di

partenza della poesia


'i

Io

non sapevo che tu

loico fossi

vien tatto di dire a questa

iiportantissima pagina che coglie cos nel seguo e


stro

accomuna

il

no-

romanticismo a quello francese

ripetendone

l'origine e lo svi-

luppo da quella latina sensibilit, come soluzione del complesso nodo


classico-italico,

che solo un' imperfetta conoscenza delle fonti e uno


col sentimen-

sviamento del pensiero potevano permettere di confondere


padre di ogni equivoco. Vedremo

talismo venuto d' Inghilterra o con quella malinconia del < Werter

meglio

nei

prossimi

capitoli

la

differenza fra la nostra sensibilit e quella del Werter, esasperazione


della libert dello spirito, vero figlio del

suo paese. Per ora

ci

basti

osservare che questo sentimento fu da noi intima religiosit,


in Germania sottile anarchia e insofferenza non ebbe fra noi se non qualche imitatore
oscolo e in Francia ebbe
^ensibilit di esso

come fu di limiti, che Werter fugace e sviato come il


la

anche di meno, sicch, a confondere


di

con quella
e'

Chateaubriand,

per

esempio,

trovarci

una parentela,

da

far
si

molta confusione intorno alla


badi che
e,
il

sto-

ria delle letterature europee.

Manzoni e Victor Hugo


istati

scrivevano senza
differentissimi.

pensar l'uno all'altro

certo, in

d'animo

Se poi qualcuno opponesse ingenuamente


he Victor

Ma
l'

chi ci assicura
(io

Hugo
non
li

avesse proprio letto Cartesio e Malebranche?

per

me

giurerei che

non aveva

letto

l'

uno n

altro,

per

il

fatta

stesso che

cita e

pare persuaso di trarre di testa sua

tutta

questa roba), bisognerebbe aprire una parentesi lunghetta per spiegare-

che cosa sia

il

fenomeno del

cartesianismo

in

Francia e che cos*

voglia dire Francia cartesiana.

Alle tre scuole cui Augusto Comte credeva di poter ridurre le correnti ideali della rivoluzione francese, egli avrebbe fatto assai bene

ad aggiimgerne una quarta


pi giusto intendere
(e

la scuola cartesiana
il

meno che non


le

sia

forse cos intendeva

Comte) che questa

com-

pendiava tutte e

pensiero francese eh' esso ne

torme

il

s' immedesim cos con il come plasmato e rieducato. Per mille Cartesianesimo s' immedesim col modo di sentire la religione,
fri

tre.

Quel modo di sentire

(')

P. 6.

294
per opera di quelli stessi
alle

CAPITOLO XVIII.

elio

non avevano

seguito

il

filosofo fino

supreme
con

altezze dialettiche e

non avrebbero
forma

forse consentito

in

tutto

lui; entr nelle famiglie sotto

di preghiera e vi ri-

mase

nel sacrario delle tradizioni domestiche, aleggi intorno ai fo;

colari e sulle culle

dalla fredda Bretagna alla

Provenza
1'

solatia ac-

comun

la

Francia in un sentimento che non

ultima ragione di

quella sua formidabile unit.

Pensa'te al fascino di Bossuet, pensate

alla diffusione dei suoi scritti e rileggete quelle


les
gli

sue

lvations sur

mystres

d'

un misticismo

cos alato, e

pur cos conchiuso ne-

schemi cartesiani. Udite: D'oi vient donc que l'empie ne con-

nat point Dieu, et

que tant de nations, ou plutot que tonte


puisqu'on
? d'

la terre

ne l'a pas
celle

connu,

en

porte

l'ide

en soi-mme

avec

de la perfection

ou vient cela ?

si ce n' est
et

jms un

dfaiit

d' attention et

parce que l'ho?nme livr aux sens

V imaginas'ai-

tion,

ne veut pas ou ne peni pas se recuillw en soi-mcme, ni

tacher
sires,

aux

ides pures, dont

son esprit embarass d'images gros


(').

ne pe?it porter la vrit simple?

Questa non n pi n meno che


di

la

dialettica

di

Cartesio e

Malebranche, ridotta a modo

di sentire la religione e a preghiera.

(A proposito: a quella
ebbe
il

domanda
il

del

Dejob - perch
si

l'Italia

Segneri e la Francia

Bossuet - non

gi risposto ab-

bastanza illustrando questo intellettuale ambiente cartesiano che im-

poneva
cio pi

all'oratoria,

non meno che

alle

altre

forme

dello

spirito,

chiarezza e semplicit?)

Ma

direi che, pi
il

ancora che

con Bossuet,

insinuante e dolce,

rigido cartesismo
:

entrava negli edue le future

candati con la poesia religiosa di Pierre Corneille


di
i

madri

Francia

la

imparavano a memoria; e

la piet

nazionale confondeva

versi del suo poeta con la preghiera del suo vescovo.

Que

la vrit parie

au dedans du coeur sans aucun bruit de


all'

paroles intitolava egli una sua lirica ispirandosi per met

Imi^la
il

tazione di Cristo e per met alla sapienza del suo filosofo.

modo

di

esprimersi lo attingeva a questa per intero.


Purle,
parlo,

Seigneur, ton serviteur coute ....


d'

remplis moi

un

esprit (ini

me

fasse

compreudre

ce qu' ordiinueut de moi tes saintes volonts,


et reduis

mes

dsirs au seul dsir d' entendre


tes hautes vrits
(').

(')

Bossukt: l'Uvafions sur

Ics

mystres (Paris Cluu potili. -r 1845)


francq>is (ed.

p. 41.

(2)

Petite Antkologie des povtes

Nelson)

p.

117.

MALEBKAN'CHE E LE IDEE DEI ROMANTICI FUTURI

295

Per

il

sepolcro di Elisabetta Ranquet foggiava

1'

epitaffio cos

Son me,

s'

levant au dela de ses yeux,


(').

avait au Crateur uni la Crature

lu pari tempo Cartesio entrava nei salotti mondani e alla Corte


ol

gran bruii de la raison.

Non mi

ricordo chi

fosse

che

s'

era

presa la briga di conteggiare quale incredibile sperpero della parola


raison sia stato fatto nei libri di

memorie

di

donne e

di gentildonne

lungo

il

sei e

il

settecento fino alla rivoluzione.


le

state
alla

pur sicuri
fonte.

che quelle non avevano bevute


quel seme fruttificava e
si

^cque cartesiane

Ma

moltiplicava negli annil


le

neppur noi - anche per evitare


che
essa

malignit - vorremo con-

teggiare quanto di questa Francia di Louis

XTV
dalle

si

ritrovasse
di

nel-

r oratoria dei

ribelli

la

volevano distruggere e credevano


novissime
tribune del

im-

pugnare

contro

di

armi

parla-

mento e

delle piazze. Del resto questi sono segreti nei quali solo si
la

compiace di guardare
bile ironia.

Provvidenza

dall'alto della sua


lecito

impenetra-

noi

miseri

mortali soltanto
le

ascoltare
fra
i

con
tre

qualche dubbio, per esempio,


titani della

tirate

oratorie

di quello
di

Rivoluzione che

pii

ostent

aureola
quella

nuove

idealit

intorno alle forche. Ci pare infatti che

bizzaiTa

smania

di

Robespierre di
tela

^enchaner

les

passions* avesse pi diretta

paren-

con

gesuiti, dai

quali egli era stato a scuola, e con la tradi-

zionale cultura patria, che aveva imparato da loro, piuttosto che con

Jean Jacques Rousseau cos sovente


il

inintelligibile.

Ci

viene
infetto

anche
quel

sospetto che di

non meno

stridente
s'

atavismo

fosse

Comitato di Salute Pubblica quando

impuntava a voler impedire

he la Repubblica fosse fondata sulV egoismo. Che pi?


<\iQ

Non

vi pare

perfino

la

bellissima e
i

nuda dea Ragione scambi un memore


il

mesto sorriso con


tro,

condannati ancien regime che salgono

cape-

e si lasci riconoscere da essi per quella che, incipriata,

aveva

ratte le

sue prove nella Francia degli ultimi Luigi


ora importa osservare che, oltre
il

?
si

Ma

Reno, non

voleva sasi

perne di ragione ne in un senso n in quell'altro: e intanto


guitava a chiamare illiberale
^

se-

il

frenetico liberalismo francese. Si do-

r ritornare su questo importantissimo

punto

e ci

si

potrebbe tor-

(')

p.

115.

296

CAPITOLO XVIII.

Ilare assai diffusamente se questo studio

non

fosse di
vita

pura
se

lettera-

tura e non

s'

interessasse agli altri

aspetti

della

non

per

quanto quella pu esserne lumeggiata.

Per ora giova ripetere che questo nuovo sentimento dell' anima umana: la tristezza, e la sua profonda sorella, l'inquietudine (o malinconia), erano cose latine piti che ogni altra, e non veniva certo d' Inghilterra o di Germania. Da oltre Reno veniva appunto il loro contrario o una falsificazione di esse che, se mai, avrebbe servito a
impedirle.
ra,
il

appunto

per virt

di
i

reazione, consapevolissima allo-

Cartesianesimo
si

accentu

suoi aspetti

contemplativi

mi-

stici,

chiuse nel chiostro e divenne


e sent

Giansenismo.
della

Ma

la

Frandel
solo

cia

intu

che

e'

era

qualcosa

sua

anima e

suo

destino, e

Port-Royal
a quel

splendette

come una
occhi
al

reggia.

Non

allora,

ma
si

per molto tempo di poi,


volsero

gli

dei

Francesi

consa-

pevoli

monastero
il

come

cuore della nazione


stirpe,

che aveva conservato intatto

fondo ideale della

opponendo
dei
limiti
la

un eccessivo spasimo

di

contemplazione alla distruzione


al

che veniva d'oltre Reno. Se togliete

pensiero
fra

di

Pascal

sua

dura scorza dogmatica,


fraterni nell' affermare
l'

nessuna

differenza

lui e

Malebranche,
la

eterno dualismo cristiano contro

tumida
vita

passionalit germanica. Cos anche Malebranche

arriv a professare
distacco
dalla

con rigore - quale freno della passione - quel


che ispirava tanto disgusto
se
il

ai

pseudo-cristiani d' oltre


fosse

Reno,
alla

come
conti-

cercar d'ispirare quel sentimento

pernicioso

nuazione

di essa e le naturali passioni dell'

uomo non
l'

fossero basteil

voli a bilanciarlo in ogni caso.

Credo che senza considerare

mezzo
le ispi-

storico in cui furono scritte le sue pagine e

opposizione che

rava,

non

si
:

possa valutar bene

il

valore di certo eremitismo di

Madi-

lebranche

que

la retraite et la penitence sont ncessaires


les objets sensibles, et

pour

minuer notre union avec


que nous avons avec
de r esprit
;

pour augmenter

celle

les biens intelligibles, les vrais biens, les biens

qu' on ne peut goter de plaisirs violents sans en derien

venir esclave; qu'il ne faut jamais


qu'
il

entreprendre par passion;

(').

ne faut point chercher

d'

etablissement en cette vie, ecc.

Quindi quella sua notevole sconsiderazione degli uomini d'azione; L' attention et l' application de l' esprit etant absolument ncessaires

(')

V.

II,

p.

396.

MALEBRANCHE E LE IDEE DEI ROMANTICI FUTURI


pour dcouvrir
les vrits

297
que
le

un peu caches,
tre

il

est

manifeste

commun
l'

des

hommes

doit

dans

une ignorance trs-grossire


ils

gard

mme

des choses qui ont quelque rapport eux, et qu'


l'

sont dans

un aveuglement inconcevable

gard de toutes les v(').

rits abstraites, et

qui n' ont point de rapport sensible avec eux

Malebranche parve fermarsi qua e adorare


pi:

senza

chiedere

di

ma

era gi sulla strada di Pascal che, dopo avere


pagine,
i

schierati a e della

fronte, nelle sue grandi

due

mondi

dello

spirito

urne, della miseria e della grandezza dell'uomo,

dopo essere sceso


da
chiudere
gli

nell'abisso di tanta umilt,

non era tanto umile


dell'opera
scelti

xchi sul magnifico orrore

sua

e,

contemplandola,
i

aflPer-

mava che Dio doveva aver


fatta

ab antiquo

pochi

suoi

eletti

per loro la grazia e la forza della solitudine.


Cos
;

si pensava e pregava di qua dal Reno ma si sapeva che, un sentimento opposto germinava violento e provava in Olanda le sue prime forme dialettiche per mano di un filosofo che taluni usano porre come un annunciatore sulla soglia del liberato mondo: Spinoza. Questo insegnava: unica forza la passione.

al di l,

(')

Id. p.

10.

I?f

GERMANIA

LA RIVOLUZIONE LESSINGHIANA

CAPITOLO XIX.
I precursori di

Lessing e Leibniz.

SoMMAKio.

1. La riforma sembra disinteressarsi in principio della tradizione


-

classica nella letteratura

Questa rimane sjMjntanearaente coinvolta in quel

moto universale

prima La via che conduce ad esso - Uno storico tedesco il Borinski, come guida per essa. 2. Stato dell' umanesimo in Germania quando da noi cominci il moto aristotelico - Disprezzo della letteratura professato dai Luterani - Pi accorto contegno di Lutero - Sua idea che lo spirito del Vecchio Testamento si fosse trasfuso nella tragedia greca - Sua
-

Lessing come interprete ed elaboratore di quella


-

rivoluzione incosciente

implicita adesione al sentimento pagano della catarsi


religione
:

in

letteratura

in

Greci come precursori dei Tedeschi.

3-

Influenze italiane
la

e francesi

perch
-

le

seconde prevalsero sulle prime


dell'

Martino Opitz e
Incontro
dell'

sua poetica

Randagio spirito
-

umanesimo tedesco
alla

0-

pitz col calvinista olandese

Hensius che diede

catarsi

un' interpretapiii fiero -

zione magica

La
-

religiosit di Opitz s'

esprime nello stoicismo


si

moLa Fruchtbringende Gesellschaft - Atteggiamento di questa di fronte al classicismo contemporaneo italiano e francese - Dietrich von dera TVerder traduce la Gerusalemme irridendo al moralismo del Tasso - Le idee del Buchner e la scristianizzazione del demone platonico La poesia grande quanto il mondo. 4 Questa primaria originalit germanica offuscata dalle influenze francesi - Harsdrffer - Il Birken e il Lolibera del

Nella teorica della commedia, cui non giunse Aristotele,

ralismo latino

1'

henstein e

gli influssi
-

italiani -

Giovanni Eist e

il

pietismo
-

dell'

estrema

destra luterana

Anche per costoro


-

arte divent gioco

Balthesar Kin-

dermainn e Filippo Zezen


In questo

Vittorioso fascino della Francia e


il

momentaneo
deformati
latini nella

trionfo delle idee francesi con la politesse e

giusto mezzo

e falsati

momento appare
-

Leibniz.

5. Elementi
cartesiana
delle

sua personalit e nel suo pensiero


tedesca
-

Sua

critica

della

politica

Mitiga

1'

occasionalismo

con

la teoria

perceaoni

302
insensibili senza

CAPITOLO XIX.

mutare

lo spirito di quella filosofia -

Sua
-

critica

degli

spiriti forti e del panteismo spinoziano

da

lui

detto quietismo .
Conflitto fra

la

6. Suo sguardo

al

contrasto fra latinit e germanesimo


1'

sensibilit latina e

entusiasmo germanico

Avversione
entusiasmo

alla rai-

son latina predicata dal germanesimo in nome

dell'

Confueti-

sione fatta dagli studiosi del nostro romanticismo fra sensibilit e

tusiasmo
dal Leibniz

Storia critica di esso


-

come
i

trionfo dell'

immanentismo sbozzata
i

Insuccesso di lui fra

contemporanei e fra

posteri tedeschi.

Una

trattazione storica di questa poetica


>.

sarebbe molto interessante per an Tedesco

Goethe. Anmerkunggn xu Eameau.

In Germania
della riforma teri

le cose

andarono molto diversamente. Col prevalere


cos radicale che

una riforma

aveva

tutti

carat-

d'una rivoluzione,
si

e di cui,

d'anno
gli

in

anno

di

padre in

figlio,

pu

dire, si

manifestavano

aspetti

sempre pi nuovi e
piii
difficile,

le proporzioni

sempre pi vaste - era naturale che


il

fa-

ticoso e complesso, fosse

raggiungimento

di

un nuovo
il

equilibrio.

Era naturale
non era uno
r

che, abbandonate le rive del romanesimo,

classicismo

stesso fosse dimenticato e


nell' espresso

sommerso come zavorra, anche se questo programma dei riformatori e che ne derivasse
;

stato d' incertezza e d' inquietudine paragonabile - e paragonato -

a un nuovo Medio Evo, di cui la guerra dei trent' anni fu piuttosto


effetto

che la causa.
il

Paragonabile,
1'

s'

intende, solo per

rispetto al

modo
anche

di sentire

passato e

arte classica.
la riforma avesse finito col prevalere

Pensiamo
l,

alla Francia.

Se

che sarebbe stato di quell' armonia di poesia e di pensiero

cos facile e spontanea nel secolo di

Re

Sole ?

portato via alla latinit la

Francia

questa, tratta alla ricerca di


il

La riforma avrebbe un
freno classico,

nuovo

equilibrio, avrebbe dimenticato, presto o tardi,

e sarebbe entrata in

un oscuro periodo
gli

di tentativi, di cui

possiamo
ci

appena immaginare

aspetti sulle traccio

poco lusinghiere che

rimangono
il

della letteratura e dell'arte calviniste. Tutti gli aspetti e

gusto della letteratura tradizionale ne sarebbero

rimasti

sfigurati

chi sa come.

Ma

la

Francia era latina.


in Gennauia e ne come consapevole e

Questo fenomeno pot avvenire e avvenne


successe che, per lungo tempo, la letteratura -

cercata espression di bellezza - pass in secondo ordine e fu soltanto

strumento

strumento di ribellione

e
lei.

si

form

tuttavia
in

in

quelle

prove quasi senza che badassero a

Por trovare

Germania un

PRECUBSORI DI LESSIXG E LEEBXIZ

303
da opporre a
:

modo
mente

di sentire la poesia consapevole e indipendente


i

quello francese, bisogna aspettare


definitivo e
il

giorni di Lessiug

e sar vera-

degno del lungo travaglio.


ha
rilevato,
il

per,

non

ricordo

pi dove,

Galletti

come

eccezione alla

regola che la
eh' esce

poesia precede la critica,


tutta

fenomeno della letteratura tedesca

armata dal

cer\-ello critico di

Efraimo Lessing come Minerva da


vera
in

quello di Giove.

Osservazione

storicamente esatta, e

senso anche

pi

largo, se si pensi a quella configurazione del pensiero


la quale,

tedesco, per
dall' aria

come osserv
il

il

Grucker,

(*)

anche

gli autori

pi

ingenua, vedi
bello
<

Xovalis, furono, prima che poeti, ostinati teorici del


l'

e molto sovente

opera poetica

fatta

per dimostrare la ve-

rit e l'esattezza

abbastanza dei

d'una teoria. (Per conto mio non diffiderete mai romantici tedeschi misticizzanti). Ma, come eccezione
il

a quella regola, non mi pare che possa valere


si

caso di Lessing, se
di

pensi che, in

lui,

fu bens meravigliosa la
egli

forza

concretizza-

non fece che ridurre abbastanza tardi a idee letterarie i frutti d' una rivoluzione ormai giunta al suo vital compimento senza avere avuto il suo Dante, vero, ma avendo avuto, per, il suo Lutero. Volendo invertire i termini - non senza aspetto di paradosso - si potrebbe dire che la grandezza e la fortuna
ne
:

ma, in sostanza,

di

Lessing, dipesero da certa sua limitatezza

come uomo cinle


gente
aliena

e dal dal

suo animo prevalentemente letterato,


soffermarsi a

dopo

tanta

misurar di proposito

passi della letteratura;


mirabili, avrebbe

ma

che

ci che egli vide,

con precisione e acume

potuto

essere veduto e detto, senza sorpresa,

anche
che

prima.

Certo

Lessing

confess che l'aver


'
r
ir

finalmente scoperta
liberato

qualche
la

menda

nella figura

Lutero

l'aveva

dal

pericolo

sua ammirazione

quel fondatore del germanesimo diventasse idolatria.

La cosa mi
luterana,
di

molto verisimile, perch la letteratura


di

di

Lessing

come quella
I

Dante

cristiana
sia
d'

forse

un pochino
posteriore
ai

pi.

Oiiindi,
littori

sebbene

Lessing

un

secolo

grandi

del pseudo-classicismo francese, solo

un pregiudizio cronolor successore. In quel

logico potrebbe indurci a parlarne

come

d'

un

bisogno di autocoscienza sviluppatosi nella letteratura nel 500 e manifestatosi

con una cos stringata revisione del pensiero e

dell" arte

(')
j

GBrcKKB

Histoire des doetrines littraires


p.

et esthtiques

en

Allema-

gne (Paris 1883)

VI.

304
classica
liani,
i

CAPITOLO XIX.

prima

di tutto
l'

per

opera dei veri eredi

legittimi,

gli

Ita-

egli

rappresenta

elaborazione e interpretazione tedesca,


il

come

Francesi quella latina; segna

risoluto divergere della sua stirpe

dalla civilt originaria.

sing.

La nostra disfatta secentesca ha due Con questo spirito appunto, il primo


tedesca
delle
origini,

soluzioni
e

Cartesio e Lesstorico

maggiore
l'

della

critica

conchiudeva
fruttifero

opera

sua.

Lessing

egli dice

- riconosceva qui un
Francesi e che
essi,

campo
erano

di lavoro. Egli

primo ha conseguito per noi quello


conto proprio
i

cui

gi

arrivati

per

ciechi
il

ammiratori
:

del

proprio

successo, credevano

valere per tutto

mondo

ricostruire in senso

moderno

l'edifcio dell'antica critica. Ci si anche presso di noi

magnificamente

avverato

come

tetto e

focolare

di

una
la

letteratura
(').

nazionale. Guardiamoci ora dal rinunziarvi o dal rovinarlo


Si

pu anzi dire che, sebbene Lessing trovasse

letteratura
il

tedesca inquinata, alla superficie, da smaniose imitazioni francesi,

punto d'attacco del pensiero lessinghiano con la tradizione -

ap-

punto perch

egli cercava di

veder fondo -

il

travaglio degli Italiani rap

presentato principalmente dallo Scaligero.

Su questa prima
il

visibile

tappa della moderna necessit critica - osserva sempre


s'

Borinski ter-

innalza la critica accademica del prossimo secolo


sta,

su questo
egli

reno

per quanto egli

lo
il

abbia

trasformato, per quanto

ne
(').

sporga libero e superbo,


Perci,

gigante della nostra critica, Lessing

leggendo

Lessing,

seguendolo

in

certe

sue scorrerie pei


gli

territori della vecchia letteratura

drammatica tedesca che

capitava

di giudicare,

si

gode, qua e

l,

d'

una

riflessa

veduta di quel mondo


la-

in formazione, di quel confluire nel germanesimo degli elementi


tini
:

non meno che francesi. Ma, pi che una nozione precisa di ci che quel tempo fu, rimane il desiderio di conoscere da presso ci che dovette essere, e certo la lettura di Lessing, non meno che una facile intuizione personale, avvalor, in uomini germanici come Goethe, il sentimento divinatorio che, nella storia di quel moto incomitaliani
si

posto e quasi inafferrabile,

celava qualche verit cara alla stirpe,

dico sentimento divinatorio, perch uomini pi superficiali

come

II' i-

(') Dk Karl Boeinski Die Poetik der Renaissance und der litterariscten Kritik in Deutschland (Berlin 1886) p. 384.
:

die

Anfixjc

()

p.

11-12.

PRECURSORI DI LESSLVG E LEIBNIZ

305
tedesca

der

(')

seguitavano a dire che una storia della critica

non
se-

esisteva.

difatti

non

esiste,

se si pretende

di

trovarla in

un

guito d'opere critiche che sieno fine a s stesse, o in una sistematica

progressione di idee
tati critici del

se

non

si

ha

la

pazienza di cercare

nei trat-

tempo,

fatti

a imitazione dei nostri, quella frase o quelle altre e che, tuttavia,

r idea

ribelle

che non pu andare confusa con


altri

sfugge a chi non abbia degli uni o degli

una conoscenza
lingua

precisa.
cos

Ma,
il

come

Lutero

scopr, senza

cercarla,

la

tedesca,
l'

luteranismo prepar e rese feconda la letteratura quasi con


:

aria

di disdegnarla

onde

il

rigoglio rapido e

vasto
poi.

eh' essa

prese

non

appena ebbe coscienza di s da Lessing in


di formazione, per, sarebbe

In quel primo periodo

ben ingenuo chi sperasse di poter fere


dalle violente
Bisogna pensare alle sette religiose loro trattatelli, per farsi

della questione letteraria

una cosa a parte sceverandola

battaglie ideali contemporanee.

del

tempo

della riforma, alle loro dispute, ai

un'idea del delirio che s'era impossessato dei cervelli all'apparire dei
primi
libri > scrisse

Wagner

(*)

ognuno vede quale


il

ardita e vasta

impresa sarebbe voler rifare sugli originali

lavoro che qui indicato.

Perch fu proprio quel delirio che diede


attiva.
fin
l,

alla letteratura vita reale

ed

H
se

rinascimento, importatovi da appena cinquant* anni, era stato,


:

un' occupazione aristocratica

la

nazione non

si

scosse profonda-

mente

non quando furono

in gioco gli interessi religiosi.

Al moto

letterario essa si era mostrata quasi indifferente, restringendosi esso

quasi solo alla cerchia dei dotti e

dei

professori

>

(*).

Ma, poich
ora

sarebbe fatica molto ardua e poco lusinghiera


impossibile - l'accostare quel delirio
ov' esso

per

anche

neUe biblioteche germaniche


della gi citata stoi

oggi riposa; io debbo affidarmi, per questo punto, all'opera

e alle conchiusioni di
ria del
fetti

un

altro.

Mi valgo quindi

Borinski

non posso se non lodarmene, perch


da qualche personale
sofisticheria,

soliti di-

teutonici, aggravati

son com-

pensati da
s.

Non

gli

un raro acume, da una competenza notevole e sicura di si pu disconoscere il merito d' aver veduto con chia-

(*) Herder: Abhandlungen und Briefe tiber seh'ne Liferatur und Kunst (Smmtliche Werke 12, V.) p. 287. Q) Wagseb Beethoven, trad. di A. MaldoUi (Mantova 1915) p. 105. (3) Lodovico Geiger Rinascimento e umanesimo in Italia e in Oermana, trad. Valanga (Milano Yallardi 1891) p. 426.
:
:

ToFFxiKY.

La

fin dei^ tananesimo.

21

306

CAPITOLO XIX.

rezza che la nuova letteratura germanica traeva


l'

la

sua

forza

dal-

essere strettamente legata al


il

movimento

ideale della

riforma, d' a~

ver messo in evidenza

contrasto latente,

ma

vigoroso, fra latinit e

germanismo, anche per

rispetto alle primissime idee critiche.

Ond'

io

mi ripersuado che
portato,

1'

avere studiato, da parte

mia,

il

formarsi

dei

concetti critici italiani sotto l'impulso della controriforma,

pu aver

non per merito mio, ma per merito dell'argomento, a colmare una lacuna notevole nel campo dei nostri studi. Penso pure che, se il Borinski, per la conoscenza delle idee italiane, non avesse
lavorato, di necessit, su troppo scarsi documenti, quindi a orecchio

e talora sulla calunnia (anche per lui

l'

italianismo consiste nel Vida,


il

nel Minturno, nello Scaligero, in Paolo Beni e poco pi),


del suo studio avrebbe potuto riuscire molto maggiore e
trasto fra le

frutto

quel con-

due

stirpi risultarne

pi vivo.

Tuttavia quel frutto pi che bastevole per togliermi ogni scrupolo


d'

essermi affidato ad

altri

a questo breve passaggio, sebbene quel libro


:

sia

ormai tanto vecchio. Vien fatto di domandarsi per se questo metodo germanico sosteneva e dimostrava che, per arrivare a Goethe,
bisognava proprio
sforzi incomposti
rifarsi

dalla

ribellione
errori,

Eoma
perch

nei

suoi
al

primi

e nei suoi

stessi

mai,

metodo

latino

non

venuto in

mente

che, per arrivare al romanticismo del


rifare la strada

Manzoni

e del Balzac, sarebbe stato bene cercar di

parallela e contraria?

Vedere se non

ci

fosse in

questi

altrettanto

evidente quella tradizione latina gi sviatasi in esagerazioni ed errori


nei
secoli

della decadenza ? Noi, invece,

abbiamo sempre dimostrata


al

una

certa

tendenza ad arrivare
le

al

Manzoni e

Balzac attraverso
idee di Goethe.
Il

Lessing e a controllare

idee di quelli con

le

che non mi par colpa del metodo tedesco che, se mai, avrebbe dovuto insegnare a
tare,

con

la nostra letteratura, quello eh' esso faceva

con

la sua,

ma,
il

piuttosto,

d'una generale suggestion

dello spirito.

Quando

rinascimento cominci, fra noi, a

farsi

critico,
l'

si

diede a elaborare logicamente la Poetica


era molto giovane in

d' Aristotele,
all'

umanesimo
del

Germania.

Stretto

imitazione
metrici

nostro,

aveva avuto carattere didattico con


d' originalit.

trattatelli

senza
di

pretese

Dal Geiger vedo ricordato un

tal
il

Gregorio

Herin-

burg

(')

che, sulla

met del 400, professava

meglio di tutto non

(')

Geiger

op. cit. p. 435.

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

307
delle
api,

essere di raccogliere

qua

e l dai classici

alla

maniera

ma

di esprimere idee proprie e originali a somiglianza dei bachi


>
.

che

traggono la seta dalle lor proprie viscere


pretare

Ma

son parole da inter-

come reminiscenze
di riforma
:

e residui
e,

del

Medio

Evo

piuttosto

che

come prodromi
di simili

in quel tempo,
poi,

non

difficile

trovarne

anche tra noi. C'era

anche

l,

un

partito cattolico intrane'

sigente

il

quale osteggiava F umanesimo per ragion religiosa : e


i

da

credere che, quando la riforma sciolse


juel partito s' illudesse di

freni alla critica della latinit,

veder rappresentata da Lutero la vecchia


Il fatto sta

lotta della teologia

contro F umanesimo.

che, sotto

l'

impulso
in

della Riforma, le

poche polemiche puramente letterarie

caddero

disuso

interesse fu tutto allo spirito, nulla alla forma.


civilt, il CJoncilio di
;

Mentre

da noi, popolo di vecchia


:to dei letterati a
^jctre

Trento acu Fintelil

cercare una conciliazione

e tutto

movimento apMinturno) ;
superficiale
il

diretto

da una profonda coscienza aristocratica


la

(tipo

in

Germania
il

Riforma distolse con

facilit gli spiriti

da un umamovi-

nesimo
e,

cui interesse

non poteva essere che recente e

in quel

mancare

di

una vera

aristocrazia

intellettuale,

< Quanto gli studi poetici si ri- nota il Borinski - (*) illustra una lunga refazione di Melantone a una Oratio de Arte Poetica > di un tal lagister Zacharias Ortus di "Wittemberg (1558) in cui la poesia non < Vero nunc est aetas ricordata nemmeno con una parola illa irea lamenta Titus Ameibac nella prefazione a un commentario sulF Ars poetica di Orazio * Questo vale anche per il contegno

mento

fu di necessit democratico.

traessero nello sfondo

di

Lutero rispetto

alla

letteratura.

Di fondarne una nazionale, nel

senso di porsi contro al


era

rinascimento,
sentire
la

non parve pensare


superiorit
della

e forse

troppo

colto

per non

tradizione

umanistica e concepire contro di

quella

un

cos

audace

pensiero:

ma

era troppo ribelle per


la

ligione, quale egli

pace la letteratura. Si
quel suo disprezzo di
arcistolto.

non accorgersi che una riforma della reconcepiva, avrebbe finito col non lasciare in pu dire che egli non se ne occup: a parte
Aristotele
(lo

chiamava

mentitore,

ridicolo,

- erzstultum - asino, ozioso,

che aveva in quantit dadialettico,

naro, ricchezze e

tempo da perdere,

un maligno
il

un mi-

serabile e sozzo personaggio ('j;

e per

dittatore

del

classicismo

(')

Op.

cit.

p. 23, nota 2.
p.

(*)

Grvckeh

21.

308
vedete

CAPITOLO XIX.

che

non

e'

male)

si

pu
studio

dire
del

che

egli

cup, e consigli e profess lo

greco

non se n' ocnon per leggere


scor-

Omero,

ma
:

per leggere
si

la Bibbia.

Ma, appunto da queste sue


implicite

rerie polemiche,

ricavano certe

dichiarazioni

assai in-

teressanti
i

anche pi interessanti son quelle

che

riferiscono di lui

suoi amici e che dovettero mettere a dura prova la

riluttanza

di

Lessing a ritenerlo un Dio. Egli non voleva


sostituirvi
il

abbattere le arti per


libri di

Vangelo
che

ma, nella prefazione


Giuditta
e Tobia
di ci,

ai

Giuditta e

di Tobia,

osserv

avrebbe potuto

essere

eine gute,
gottselige

ernste, dapfiene tragodien

eine fein
i

liebliche,

comdien

complemento

quello fra

suoi amici che pi


gli attribuisce

prese sul serio questo

modo

di vedere.

Paolo Kebhuhn,

quest'altro pensiero: che

vessero dagli Ebrei


gedia,

il

Dio avrebbe permesso che i Greci loro modo di trattare la commedia e la


(').

ricetra-

come molta

altra sapienza e religiosit


altri

Non
misurata

credo che Lutero svolgesse in


idee,

luoghi

pi

ampia-

mente queste sue


l'

perch
le

il

mio informatore,
certo

che ne
e
riferite
:

ha n

ben
in

importanza,
si

avrebbe

trovate
si

questo caso
letteratura.

potrebbe pi dire ch'egli

disinteress quasi
il

della

Ma

questo basta a stabilire che

primo
le

ad

affermare
di

r essenza
conosciuto
fatto

religiosa della tragedia greca e a scoprire


il

analogie

essa con l'Antico Testamento fu proprio Lutero. Se

Borinski avesse
della
catarsi

quel

lungo

sforzo

di

cristianizzazione

dagli

Italiani,

avrebbe

potuto

dedurne

qualche
Lutero.

altra

con-

seguenza e magari una pi grande lode per


bigua
:

Ma

lode am-

perch, per una scoperta di quel genere, bisognava aver peril

duta la cognizione vera di ci che


Infatti

cristianesimo fosse nel mondo.

Lutero non solo riconosceva queir analogia,


i

ma
a

incitava

suoi

a rappresentare con intento religioso


in cui pi essa gli

libri

del Vecchio Testamento

pareva

brillare.

Basta

questo

dimostrare
il

la

sostanza pagana del Luteranesimo, per cui, a Lutero,

Vecchio Teosservato
di

stamento interess pi assai che


gi
:

il

Nuovo. L'abbiamo
il

prendete

il

libro di
(l'

Giobbe

togliete a quello

senso cristiano

della sua ultima parte

intervento di Dio e V affermazione del suo

mistero interpretato secondo lo spirito della Rivelazione) e avrete n

(')

Bjrinski op.

cit.

p.

24-25

p. 45.

PRECUKSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

309
sua

pi u
tarsi
:

meno che
Giobbe sar

la tragedia classica

greca con la

pagana caparl

fratello

di

Edipo,
tra
i

Ora ricorderete che, pare


e del Minturno)

nostri umanisti,

si

della

Bibbia come di fonte poetica (mi risov\'engono pensieri del Mureto

ma

con

tutt' altro

spirito:

culminarono anzi su questo


essenza della poesia greca,

punto quel tentativo di dare

alle

forme antiche un'anima nuova, e


l'

quella relativa ripugnanza a riconoscere


sopratutto perch, cos coni' era,

non

la si

poteva accettare, n

dis-

conoscerla
rito del

si

voleva. Lutero, invece, cos poco compreso dello spi>

Nuovo Testamento

che, nell' antico, scopre


:

gli

elementi

pagani assai prima di quelli cristiani


e
vi

applica ad esso

il

libero

esame

scopre, con molta ragione, la tragedia greca.


gli

Ricordate quella
di

sua pagana fede nella vita che


la

permetteva bens

riconoscere
il

Rivelazione,

ma

gli faceva

affermare ad un tempo che

mondo,
intel-

una

volta fondato da Dio, si reggeva da s, per

un suo
tali,

fosco natu-

rale equilibrio ? che le verit rivelate erano bens


letto

ma

l'

umano bastava da
male?

e del

onde del bene probabilissimo ch'egli interpretasse veramente - e


s solo a raccapezzarsi tra le

bene -

la catarsi dell' s).=o? xat ^.Soc

come

l'

oscura minaccia d* un

Dio presente che colpisce


oltre la prevenzion de' senni

umani,

al di l delle

colpe e dei meriti dell' individuo,

ma

che, appunto per

questo, deve incitare gli uomini a operare


rimorsi,
fiduciosi

senza

angustie e

senza

nella

propria sorte.

si

probabile che la semitica


la

idea

delle

sette generazioni
la

per

cui

propaga

colpa e

in cui

> attarda

vendetta divina - idea velata dalla

rivelazione - con-

fermasse Lutero in quella sua scoperta e in quel suo amore d'una


religione conforme al suo

temperamento germanico. Se consideriamo


la

poi l'avvertimento del nostro autore, che


la poesia

tendenza a considerare

ebraica

come modello

della

greca,

non era

superficiale

nel circolo di Lutero,

ma

profonda e inquietante, possiamo conchiuse,

dere che, fin dai primordi, la Riforma,

in

apparenza,
la

si

disin-

teress della letteratura, in effetto prepar subito

trasformazione

proprio nel cuore di essa.

Risale a quei primordi

una

delle pi
di

superbe idee
lo

della
spirito

Gerger-

mania

moderna.
su

Si

trattava

allora

ricostruire

manico

una rinnovata conoscenza

della Bibbia e

di

adoperar

questa a conoscere e sentire la Grecia.

Non

credo che possa derivar

310
da
altro che

CAPITOLO XIX.

altrimenti

da qua, quella tesi del germanesimo moderno, la quale non avrebbe alcun addentellato storico e logico, che i
Tedeschi, e

prosecutori dell'Ellenismo - spirito ed arte - son essi.

non
eh'

noi, Latini. Idea ridicola in

mano

di tanti saccenti oltramontani

e degna della satira che Heine, gi al suo tempo,

ne

fece

(');

ma
il

ebbe per

la fortuna d' essere partecipata

da un grand' uomo - cui

sarebbe ridicolo negare rispetto, per questo - Teodoro


quale, per metterci al tutto fuori da questa
linea

Mommsen,

greco-germanica,

scoperse che

due

soli

grandi uomini della Storia di Roma, Giulio

Cesare

e Siila,

erano, in ispirito, due Greci.

Eppure anche
(*).

il

modo

di sentire del

Mommsen

risale alla ribellion luterana

dunque

probabile che le

scarse

ed

esoteriche

allusioni alla

letteratura fatte da Lutero nascessero in gran parte dall' intendere che.

su quel punto, non sarebbe


esplicito, e che,

stato facile

n prudente,

allora,

essere
frutto,

ad ogni modo, una poesia rinnovata poteva essere


l'ereditaria

non seme

di riforma. Fatto sta che

cultura

umanistica
il

tirava innanzi n osteggiata n favorita dai riformatori, fra


teresse generale.

disin-

Per questo
Francia
la

il

pi.

grave pericolo di estranei contagi e

sovrap-

posizioni, deformatrici dell' ancora informe

germanesimo, veniva dalla


classicismo

quale era ormai arrivata a dare al suo

una
e

ben

definita

forma moderna. E, sebbene dal Sud - Deutschland

da

Vienna,

affluissero

sempre

le correnti

dell' italianesimo,

le
;

comuniper una
il

cazioni con la Francia erano pi attive, per molte ragioni

qualche parentela di
- ormai pi di
fascino, infine

lotte religiose,

per

il

novello splendore che

rinascimento vi aveva assunto coi Medici, per l'attrattiva che Parigi

Roma

- esercitava su studenti

cavalieri,

per

il

(ma

di questo
al

argomento
Borinski)

cos categoricamente espresso


(^)

lascio la

responsabilit

che doveva ispirare

all'a-

nima tedesca quel primo

trionfo del rinascimento in

una

letteratura

(')
('^)

Heine

Reisebilder, Italien, Reise von Miinchen nach


s'

Oemta

eap. II.

Per chi

interessasse a quest' argomento (che porta poi alla vera conol'

scenza del romanticismo) cio al diverso modo di considerar


possibile sopravvivenza tra
i

ellenismo
i

h\

moderni dolio

spirito antico,

presso

romantici lu-

terani e

nostri,

bello e del
(^)

buono

non male ricordare almeno un pensiero del Del bello p. 555 (Firenze 1853).

Gioberti: Drl

p. 46.

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

311
la gi'aude

nazionale. Sopratutto, per,

non bisogna dimenticare

inge-

renza politica della Francia nelle cose germaniche, durante


dei trent'anni.

la

guerra
te-

quindi naturale che, nella

miglior letteratura
e

desca d'allora, fossero pi dirette le derivazioni


le

pi

consapevoli

opposizioni con l'umanesimo francese che con quello italiano.

prescindere dai

soliti

precursori, questo primo trapiantamento

in suolo tedesco

d'un classicismo

imparato piuttosto in Francia

si

suol rappresentare nella figura di Martino Opitz, nato nella Slesia nel

1597.

Quello splendore d'arte classica che vanta ormai un Ronsard,


Trissino, lo seduce, lo esalta e gli
di

un Tasso, un

ispira

il

superbo
e in

disegno di dare alla sua patria qualcosa


pratica. Difatti nel

simile
in

in

teoria

1624 pubblica una poetica


griindtlich

welcher

alle ihre

eigenschafft

und zuegehr

(*).

erzehlet,
i

und mit exemplen


e
il

aussgefuhret wird

Gli schemi sono


l'

soliti nostri

maggior

ardimento di essa resta sempre


classica.

uso della lingua tedesca in opera cos

il

vero che, quasi a compenso, scrisse poco dopo una difesa


:

del tedesco in ricercato latino

De contemptu

linguae teutonicae .

Tuttavia

Borinski ha ragione di dire che non riusc


si

un semplice
un sentimento

compilatore, perch, dove la questione letteraria


stioni ideali e
l'

riconnette a que-

interpretazione di essa passa attraverso

religioso, egli

ne ricava un aspro senso


:

stoico. Diede, cos, al cristiane-

simo un sapore pagano


st'

gli effetti della

riforma

si

dimostrano a que-

altro assaggio.

Non

bisogna dimenticare che Opitz, tutto pieno di


l'

quel randagio spirito che caratterizza


clerici si

umanesimo
il

d' oltr'

Alpe, coi suoi

vagantes

non caratterizza

affatto

nostro - libresco quanto

vuole,
il

ma

signorilmente oraziano - trascorse la gioNinezza errando

per

Nord-Deutschland, finch arriv a Leida dove, imbattutosi nel grande umanista olandese Daniele Hensius, fu indirizzato da lui nella
carriera
poetica.

genio

differenziatore

delle

stirpi

europee, cos
facile

conservatrici di loro aspetti spirituali su cos poca e breve e


terra
(si

pu ridere
all'

delle spiegazioni e delle esagerazioni del

Taine

ma

la mosaicit psicologia

dell'Europa un

fatto innegabile)

ha
e

ri-

servato

Olanda

la parte di eterna affine

del

germanesimo

di

eterna dissidente da esso: qualche cosa

come una
un poco

forza capace

di

precederlo nella via nuova,

ma

incapace di seguirlo nei suoi svolgidel

menti e di amalgamarsi seco. Cos fu

famoso

calvi-

(')

P. 63-

312
nista Daniele
alla scuola di
allora, aiutato

CAPITOLO xrx.

Hensius per rispetto a


Giuseppe Scaligero,

Opitz.

Hensius

era

cresciuto

figlio

del retore illustre, e lavorava

da Giovanni Gerardo Woss, autore delle

Institutiones

poeticae

interessante costui, nella sua figura

storica,

per

essere

passato dalla teologia alla retorica, laddove da noi avveniva piuttosto


il

contrario,

(Ma

nell'

opera sua non


scritto nel

e'

nulla che confermi quest' inlibretto alla


1'

teresse). L'

Hensius aveva
dove
e'

1611 un

De

tragoediae
di

constitutione

una pagina intorno

catarsi

gusto
;

veramente olandese, che non vuol dire negare


essa,

anima o

lo spirito

vuol dire considerarli n in conflitto con la natura n armonici con

ma

piuttosto in misteriosi rapporti magici che sarebbero piaciuti


{Il

a Faust.
il

Borinski non

1'

osserv sopratutto perch non conosceva

precedente pensiero degli Italiani a questo proposito). Si tratta di

dare a quella un' interpretazione esoterica in una espressione chimica


ritrovata nei misteri pitagorici.

Vi

si

ricorda che la voce catarsi fu


e,

derivata dalla

scuola

italica di Pitagora,

lasciati

da
si

banda

gli

argomenti morali o strettamente psicologici dei Latini,


certa analogia fra certe purghe
sottostare
i

scopre una
faceva

mediche

alle

quali

Pitagora

suoi discepoli prima di ammetterli al convito delle


finalit della tragedia indicata
le precise

sue

pi occulte dottrine e quella


stotele.

da Ari(').

Per brevit trascriver a pie pagina


come, senza
affermare
l'

parole di lui
s'

Si

veda

identit

di

due fenomeni,
la

in-

siste nel

paragone

ed quel che basta.

Fra

liberazione

dello
di

spirito dalla carne dei Latini e quella

della

carne

dallo spirito

(')

In concitandis igitur affectibus

eius esse hos ipsos ut temperet

cum maxime versetur haec Musa, finom itemmqne componat Aristoteles existimat, Affectns
Quos ut
oxcitat in animo, item

proprii illius sunt duo

Misericordia et Horror.

scnsim efferentes

sese dejjrimit,

quemadmodum

oportet, et in

ordinem

sic cogit.

Quod afTectuum proinde expiationem,


quis purgationem malit
:

sive perturbationem, Aristoteles vocavit, sive


;

voce Pytagorica et a schola Italorum desumpta

quam

deinde ut alia non panca vindicarunt Platonici; de qua aliquid dicendum


tagoras ut ad

est. i'y-

eam quae ad Deum immortalem proxime


:

accedit introduceret vitam,


consistit
;

quae in sola nempo contomplatione, quod est opus mentis,

quandam

qua affoctus qui sunt perturmoro medicorum praomittere purgationem solobat sensus qui cum intellectu bationes animi ac tempostatos sensuum tollerentur pugnavit, vel ab eius ianctione separari vel componi placide ac sedari possot hominem enm sensu et mente privatum plantis, mento sola, brutis, afifectis no pcrturbationibus quae rationi reluctantur, Deo esse similem aiebat . Danielis. Hensii. De tragoediae constitutione (Amsterdam 1611) p. 9-10.
:
:

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

313

Lessing e Goethe (cos


catarsi) ci fu posto

gli

uni e gli

altri,

in

sostanza, sentirono la

anche per questa


faccia

sottile

magia olandese, deUa


per la
fortuna
oggi
catarsi

quale giova che

si

menzione,

non

foss' altro

ch'ebbe tra

moderni.

Una

delle interpretazioni della


si

pi in voga che Aristotele


se
il

riferisca a

un

effetto

medico, come
ri-

paragone di Hensius andasse preso

alla

lettera: e bisogna

conoscere in lui

cenno non
risulta).

si

un fortunato precursore. (A meno che un tale actrovi prima in qualche altro di quel tempo a me non
:

Non dunque

al sole d'Italia,

come Erasmo,

era
;

venuto

ri-

scaldare Martino Opitz la sua fredda anima luterana

ben aveva ritemil

prato, invece, fra le calvinistiche astrazioni d' Olanda,

suo luterano

disdegno per

il

sentimento. Di qui nasce quella spesso inconsapevole

originalit che si

vede albeggiare nelle sue opere, non ostante


il

il

suo

umile ossequio per Ronsard e per


e
(

Tasso. Ricordo

una sua poesia


arieggia
i

Die Tugend
anti luterani

che specchio di

quel

mondo
non
fa

fieri

dove

la gentilezza cristiana

pi capolino. Die

Tugend - dice Opitz das Herze meiat es nicht


(').

Ma
e' era,

quanto a fare che questo sentimento


l'

si

concretasse in idee,
:

a impedirlo,

ombra

dell' Aristotele latino

del che

il

Borinski

vede acutamente una riprova nel

fatto

che lampi V originalit - pre-

sentimenti di Lessing, infine - brillano piuttosto nelle sue osservazioni


sulla

commedia, appunto perch

ivi

il

grande maestro

si

tace.

Allora

Opitz mette in disparte le chimeriche limitazioni introdotte dall'aristotelismo cattolico, e trova che la
zione sociale dei personaggi,

commedia non consiste nella condinon nel fine e non nella materia - vi
il
1'

possono trovare posto benissimo


gedia -

vizio e
effetto

il

delitto

come

nella tra-

ma

consiste nell" ottenere


est,

voluto sul pubblico.


>
(*).

Wo
che
sue
qualdi

das feXoov vorhanden


si

da

ist

die

komdie

Pu
:

darsi

faccia

un onore eccessivo a Opitz


e' .

attribuendogli, per

queste

poche affermazioni, vedute larghe e presentimenti luminosi


cosa di nuovo
Il

ma

Borinski
:

cita volentieri

accanto

parole

Opitz, parole di Lessing

riconosce che, presso costoro, lo scopo

mo-

(')

Deutsche dieterseal ton Luther bis unsere Zeiten


Borinski op.
p. 83.

{Isiipzig

1834) voi.

II.

50.
(*)

cit.

314
ralistico

CAPITOLO XIX.

ancora tenuto in gran conto,

ma

trova che non

e'

pi

alcun

filisteo

fabula docet

e si compiace di questo

amaro senso

stoico della vita che gli fa ricordare lo

iustum ac tenacem propositi virum


di Orazio
(')

tanto pi naturale quanto pi spontaneo, perch Opitz


gli stoici.

non conosceva direttamente

Era poi

di
(*).

tanto nazionalista
Sicch, per quanto
si

che parlava gi di nazionalizzare


tare da lui

la mitologia

scarsa sia la sostanziale novit del suo pensiero,

pu ben

far da-

una nuova epoca.

Questi germi di letteratura nazionale ebbero

modo
con

di svolgersi

in quella Fructbringende Gesellschaft che Ludovico di

Anhalt

fon-

dava nel 1617 reduce da un


s'

viaggio

in

Italia,

l'intenzione,
della Crusca,

intende, di riprodurre in

Germania

quell'

Accademia

nella quale pure egli era stato accolto in qualit di

acceso

con

r impresa
demia
vit

la

stoppia che arde .


l'

Quella societ ricorda molto, nelle imprese e nei nomi,


fiorentina:

Accaatti-

ma

gli effetti

furono diversi d'assai.


fra
il

La sua
il

veramente
della

letteraria si

pu circoscrivere
di

1637 e
ben
quel

1650,
ca-

anno

morte di Lodovico. In principio essa ebbe piuttosto


bevitori,

rattere

d'una geniale accolta

che

d'una

ordinata

societ per la conoscenza del linguaggio e della letteratura.

Era

tutta

animata da violento

spirito feudale e aristocratico

classico

culto del vino che, fra noi, era piuttosto simbolo della poesia
figlia dell'

come
simspa-

entusiasmo,

si

.manifestava, fra coloro, in


i

modo punto
della
libert

bolico, testimoniava

con

suoi eccessi

un amore

valdo e sfrenato.
I soci si prefissero

di importare in patria, traducendole, le pi


:

importanti opere letterarie del tempo

ma

le

versioni

si

facevano

con cos scarsa fedelt

al testo

e con cos libere contaminazioni

da

dar luogo sovente ad opere

dalla

sagoma anarchica.
allora,

(Pu
questa

anche
via,

esser vero che Opitz e Schtz


il

scoprissero

per

melodramma, prevenendo il nostro Rinuccini e indipendentemente da lui che, in ogni modo, vi arriv assai meno a caso). Anche fra costoro le questioni son le solite nostre: ma fa-

cile discernere, nel

modo

di riferirle e

di trasformarle,

frequenti

()

id p.

87-88.

()

id p.

112.

PRECURSORI DI LESSING E LEIBNIZ

315
Ecco
e
il

effetti

di questa

mal repressa febbre

di

pagana

libert.

tra-

duttore della Gerusalemme


il

Liberata - Dietrich
l'

von dem Werder Alien


Obri-

quale, con superbo spirito feudale, dedica

opera in genere

Adelischen, Rittermassigen.
sten
^ e,

Cavallieren,

Kgriegshelden,

und

in ispecie, al principe Ludovico di Anhalt, famoso per es-

ser vissuto in Italia in mezzo alla Tassosturm. Egli premette alFoa una dedica di grande interesse per noi. Che la violenta luterana anima sua e dei suoi colleghi fosse poco preparata a intendere il
1

cottile

tormento di quella
questa

tassesca,

cosa

chiara anche
focosi

senza la
di

timonianza di
a sono

prefazione:
frutto
di

ma

alcnni

pensieri

un semplice
In
effetto,

tale

incomprensione

sono

gi
di-

a critica?

forse, la stessa cosa:

una mentalit

rsa che si

sovrappone
il

allo spirito dell'opera

con un calore

d'eb-

brezza. Ricordate

gran dubitare del Tasso sulla possibilit di rap?

presentare

il

male e sul modo

Dietrich risponde che

il

deve neppure porsi una


solo, la

tale questione,

perch egli ha

poeta non un maestro

sua fantasia, e perci deve descrivere pressoch visibilmente


in

e porre davanti agli occhi quelle cose che Dio


tabile

governa e ordina e quelle che


cagionano
(').

gli spiriti del

modo imperscrumale, in modo


fa
il

invisibile, suscitano e

Si

pu dire che Lutero

suo ingresso trionfale, nella letteratura, con questa prosa che irride,

anche per
male.

rispetto all'arte, la latina preoccupazione di combattere

il

Ma

questi erano sprazzi,

come

se ogni tanto

il

gran bere della

Fruchtbringende Gesellschaft la quale si soprannominava, per questo,

Saut-gesellschaft facesse parlare

il

genio della razza in interinteressanti nel critico

valli di lucida follia. I quali

non sono meno


:

pi illustre di questo

momento
disposta

il

Buchner, professore a Wittemriverenza

berg. Costui rappresenta la fazione umanistica pii temperata, quindi


pili

conservatrice e

pii

alla

verso

le

questioni
ci,

letterarie impostate dai Latini


li

ed ereditate da quelli. Con tutto

ben lontano dall' ammettere le vedute aristoteliche intorno ai


e, come umanista e dotto ch'egli , un compromesso ricorrendo a Platone. Il quale aveva riconoveramente un demone ispiratore dei poeti; un demone che parl

modi dell'ispirazione poetica


of^Tca.

uto

in Socrate,.

che torn, sfumato di magica gentilezza, nel


;

De

divina-

tone

di Cicerone

a cui

s'

inchinarono, del

resto,

un

po' accade-

(')

p.

120.

316
micamente,
i

CAPITOLO XIX.

nostri umanisti.

Ma non

e'

era niente di male, perchi

quel demone di Socrate e di Platone, non avrebbe certo saputo par


lar altro che sublimi parole. Invece quello del
identificabile

Buchner

un demon(
dagli
i

con

1'

ebbrezza vera, non quella che viene

dei

ma
fini

quella che viene dal vino, e spinge gli uomini a valicare


della vita morale e
intellettuale.
Il

con d

suo demiurgo pieno

uno stimolo oscuro e


prendendo a
nizza
;

in tutto ci che esso crea lo guidano pii l'im;

pulso e l'influsso divino che l'arte e l'ingegno


prestito

e sta bene;
le

ma

da

Platone le parole

del
le

Fedro,

scristia

le

riempie - per dirla appunto con


la

parole del Borinski

d'un fatalismo senx' anima;


nell'influsso delle stelle

personalit

del
ci

demone

si

risolve

e
il

delle

meteore e noi

sentiamo dispost:

(*).

ad accostare a Buchner quanto


Platone

suo

contemporaneo Wallenstein
il

Di

aveva

cristianizzato

concetto del

demone

ispira-

tore: di tanto lo rifa pagano Buchner.

Ora

si

pu convenire con
l'

la nostra

guida che, concepita


s'

sttc

cos bacchica specie

ispirazione poetica^

era sulla buona


il

strada,

per arrivare, bene o male, a certe idee che formano

trimonio della critica moderna

che, per esempio, la favola

essere qualcosa di accessorio alla forma, n la

comune panon puc possibile idea morak


forma
e

qualcosa di sovrapposto,

e,

anche,

magari,

che

contenuto

non sono pi cose tanto


mento pieno
di scrupoli

differenti tra loro. Certo, tra noi,

un

senti-

rendeva

pii

difficile

arrivare a queste con-

chiusioni, anche

quando fossero

state intraviste. Il

Buchner, invece,

quando non solo coi snger und verseniacher ma anche se la prende coi cantori d' amore senza amore e perfino col sed vita proba d Marziale. N ci fa meraviglia che egli arrivi a dare una maggiore concretezza all'idea gi avuta da Opitz, che i confini tra commedia
di partenza molto propizio per arrivarci,

move da un punto

e tragedia
tica

non son poi molto


il

facili

a tracciare e che, infine, la poee la natura in so stessi.

non

pili limitata che

mondo

Die

und Natur an commenta commosso il Borinski - non come teatro dello spirito limitato, ma come oggetto di scientifica investigazione giace il mondo innanzi al poeta * Si capisce che, a questo modo, il Buchner restasse pressoch indifferente davanti alla questione
Poeterei est nicht enger eingeschrnkt als die AVelt
(^).

ihr selbst

Cos -

(')

p.

138.

(-)

p.

140.

PRECURSORI DI LESSDCG E LEIBNIZ

317
Il

dei rapporti fra storia e poesia e


solo dare
il
l'

alle

altre

affini.

poeta deve

imagine e godere della sua esistenza senza chiedersi come

ricercatore meditabondo: perch?

d'onde?
si

Vero che queste


materiale italiano

sono espressioni isolate mischiate al vecchio


e che, per veder bene fino a che punto

solito

possa accettare la conclu-

sione del nostro autore

cos entrava nella poetica questa progressiva

idea che vivere e poetare sono


tenerci direttamente col

una cosa

sola , sarebbe necessario intrat-

Buchner.

Ma

questo, in fondo,

non

e' inte-

ressa. Ossia a noi basta vedere che diverso tono

prendeva
la

il

classicismo

nel

mondo

luterano, grande o piccola

che

fosse

consapevolezza

di chi lo rappresentava.

se pensiamo che costoro

erano

capoai

scuola, ne abbiamo gi abbastanza per intendere

come

risalisse

primordi, nel tempo,

quella

preparazione

del

materiale germanico

ohe Lessing

si

trov a ordinare.

Anzi - a seguire
il

il

Borinski - questo

il

momento pi

felice e

punto pi alto raggiunto


d' intorno,

dal pensiero critico


le

pre-lessinghiano in

Germania, perch,

influenze marinistiche, specialmente


effi-

notevoli nella scuola di Norimberga, e quelle francesi, rese pi


caci dal dilagare della di quei primi

moda, minacciavano

il

progressivo

sviluppo

germi originali e nazionali. Questi


i

influssi favorivano,

con

gli

sviamenti,
all'

fraintendimenti di scrittori

italiani

francesi,

come avvenne
significante
catarsi

Harsdorffer che, sulla scorta d'


il

un pi famoso che
interpretava la

grammatico francese,

La Mesnadire,

dimenticando semplicemente V IXso? xal ^o^o? e scopriva che


rappresentazione seria e magnifica di casi
infelici,

la tragedia

non
due

raccontati a parole,

ma
;

posti sulla scena, e che, quanto a quei

sentimenti, essi venivano purgati dal loro soverchio, appunto col diletto

che se ne prova

che

si

prova, cio, davanti alle disgrazie degli

altri (*).

Vecchie ingenuit nostre copiate senza originalit


il

da uno
trovare

che sa poi fare

moralista e

il

marinista ad un tempo e che io ho

ricordato perch la nostra guida vuole

che

ci

si

fermi

anche in questo Harsdorffer idee nuove da mettere accanto a quelle


dell'

Opitz e del Buchner.


detto,

questo mi par troppo e


i

il

Borinski non

l'avrebbe

se avesse conosciuti
:

precedenti

italici.

Dice per

esempio

l'

Harsdorffer

il

piacere basta a s stesso

oppure

so-

C) P.

-^17.

318
stiene che

CAPITOLO XIX.

Y opera parla da s senza che


che
si

ci sia

bisogno di esplorare
(').

le ragioni del piacere

prova negli spettacoli tragici

questo

mi pare marinismo puro, con le stesse contraddizioni del nostro. 11 marinismo, del resto, se non proprio avviamento a idee nuove, liberazione da quelle vecchie di sicuro.

e'

anche qui - e
cattolica, la

come poteva mancar


quale rinnova
i

del tutto ?
dei

un'

e-

strema destra

pensieri

nostri

pi

rigidi interpreti di Aristotele,


pio,
il

come

il

nostro Maggi. Tale, per esemfinalit


il

Birken che vede

dappertutto

morali
:

e,

davanti

al

Toiata

xa^7];xaTa, traduce fedelmente

Maggi

Denn man must

immer bedacht sein, wie man bei dem leser Mitleiden, Furcht, Hoffnung, Verwunderung und dergleichen Kegungen erwecken mge (*).

A
si

questo punto la nostra guida - torto di quella

lamentata

del resto scusabilissima scarsa conoscenza delle origini italiche -

non
pi
(*).

raccapezza e trova che

un

tal

modo

di vedere interesserebbe aristotelica

la storia del cristianesimo che quella della poetica

Invece noi
idee

ci

raccapezziamo benissimo e
destra
1'

ci

accorgiamo che quelle


fino

dell'estrema

erano

pure

arrivate
e'

in

Germania
la

e qualche seguito

avevano trovato.

era chi ripeteva che nello

svolgimento della favola nessun moto dell'anima prender


dello spettatore

mano

che, nella

commedia,

si

tratta di

persone medie, e

nella tragedia, di altolocate,

ma

che l'eroe che

tagonista deve essere esempio di tutte le virt.


afflitto,

pone come proDapprima deve essere


si
l'

ma
:

poi consolato.
.si

Dapprima

l'

innocenza offesa e
.

iniquit

trionfa

ma, dopo, tutto


si

risolve in bene

Parallelamente, quindi,
Il

un tiranno
....

deve porre un eroe virtuoso.


:

primo non
in s
e

lo

si

deve sempre
tirsi

far cadere ucciso

egli

pu

tornare

conver-

(*).

Sarebbe soltanto curioso conoscere quali dei


erano pi
diffusi in

nostri

De Nores
citata

Germania. Accanto

al
:

Birken, in questo partito


tra
i

ortodosso, spicca la figura del Lohenstein

due

veggo

questa differenza che assai

li

accomuna
;

quello, per ragioni morali,

non voleva

sulla scena

il

buffone

questo, per le stesse ragioni, ce lo


satira

voleva, onde potergli mettere in bocca parole di


busta. Sicch, ragionevolmente, la nostra

sana

ro-

guida ha pensato di ordi-

nare con questo, piuttosto che con Opitz e coi migliori della Frucht-

(') p.

218.

() p.

233.

(-)

p.

237.

Cj

p.

238.

PRECTRSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

319
della

bringende Gesellschaft, quei luterani

pietisti

difensori

poesia
il

tedesca per opposizione al corrotto classicismo latino. Essi hanno


loro maggiore rappresentante nel poeta Giovanni Rist che
si

presen-

tava al pubblico nel 163-1 con


teutonica ,
si

un volume
Opitz

di versi intitolato

Musa
sulla

professava seguace di

tanto
lui,
si

insisteva

nota

dell'

entusiasmo nazionale, che, intorno a

raccolse presto

molta parte di quell'incerto sentimento d'indipendenza


giava
in
pel

che serpegdi lui, della

mondo germanico. La stessa rapida e diffusa fama un mondo slegato e decentrato come quello, la riprova
quel sentimento. Pei suoi amici

vitalit di

il

Rist

divenne

presto

Liecht der Zeit


3

der

grsste

Dichter

>

das Theure
(').

Riistzeug

Gottes

der

riistige

auserwhlte der Musen

Lutherus Lehr, Euklides bobe gaben


der redners von Arpin beriihmte Zungen Zier,
des Pindars Ticbterei den klagen Podalir
:

Betrachte diesen Mann, bier kannst du alles baben

().

11

re gli conferiva

un

titolo di

nobilt e la regina (ch'era catfinire

iea) lo
eretici.

compiangeva che dovesse


tutto questo

all'inferno
il

con

gli

altri

perch? Perch disprezzava


a
Lutero.

classicismo
in

professava di voler fare una poesia ligia


egli,

Ma,

realt,

da Opitz, aveva ereditata solo


e,

la fierezza tedesca

come smania
del

d' ai

indipendenza

da Lutero,

la

dogmaticit assai pi che la ribellione


il

dogmi. Senza sentire e capire che


nell'irreligiosit e nel

vero progresso
delle

Luteraforza

nesimo era

culto

passioni
s'

come

- neir amore della vita terrena, insomma - egli


puritana della sua dottrina,
alle
I

attenne alla parte


attennero

come da noi

gli intransigenti s'


e,

conclusioni pi reazionarie del Concilio di Trento:


gli
altri
si

odiandosi,

r uno e
puritana,

rassomigliarono.

lui

fa

capo quella tendenza


serpeggia

un

po' mistica e molto

vuota

di

pensiero, che
di

ancora nella Germania luterana, fra le


religione volta
a
I

turbolenze
;

sempre pi

al

paganesimo
e

da

lui

una comune deriva - interviene


e
al

spiegare la nostra guida

quell' illimitata

auto-compiacenza

queU' angolosa ignoranza delle cose altrui


progresso,

che non

impulso

ma

incentivo alla stasi e al letargo. (Di uomini

cosifatti

in istridente contrasto col loro popolo,

credendo di esserne l'espres-

p.

249.

(^)

id.

320
sione pi genuina,
si

CAPITOLO XIX.

vide qualche luminoso esempio sulla scena gerDifatti,

manica anche durante la guerra).


gregata dalla vita
gioco
;

per

il

Rist,

la poesia, se-

da

lui

come

dai nostri peggiori reazionari,

un

il
('),

suo fedelissimo seguace e portabandiera Balthasar Kincorrector al


i

dermann

Gymnasium

di

Brandeburgo,
per

le

assegnava

sopratutto per fine

complimenti

d'occasione

nozze,

nascite,

onomastici. Quindi la catarsi gli parve

e naturale.

Non
si

ci si

deve rallegrare,

un fenomeno molto semplice infatti, di non trovarci negli


Il ii^-o?

impicci in cui

trova quello che sul palcoscenico?

ari-

stotelico poi gli pare la stessa cosa che le favole di Fedro.

Qualche

osservazione del genere - o forse un po'

meno

leggera - scopre
il

la

nostra guida nel riformatore tedesco Filippo Zesen


altro, spese tutta la vita a litigare

quale, se

non

per questioni grammaticali e con-

tribu cos a formare

un

lessico tedesco.

Di pi

egli

sarebbe

il

primo

a portare nello studio critico

un

certo interesse per la fisiologia del


;

poeta in rapporto con le manifestazioni dello spirito di quello

e ci

d modo

al

Borinski di sbozzare un paragone fra

lo

Zezen e Cartesio.

Certo le influenze francesi progredirono rapidamente e divennero

una moda.
alla

Alla-

morte di Ludovico
alle

di

Anhalt,

perfino
e
s'

la

Frucht-

bringende Gesellschaft cedette

lusinghe

francesi

invernici

maniera

dell'

Hotel de Rambouillet.
il

Come non

restar scossi dallo

splendore che emanava da oltre Reno


fu

secolo di Louis
della

XIV?
i

Ci

un male

e contribu a ritardare

il

progresso

poesia

nazio-

nale che aveva cominciato con tanto impeto. Infatti perfino

Tedeschi

sentirono disgusto di se davanti a quella meteora, che


fra l'altro,

si

prometteva,

con quei

^caratteri di facilit e

di

evidenza proprii del


facile,

genio francese. Per colmo di sventura, un critico


quasi come
teoria, e la

e seducente

un

poeta, Boileau, aveva ridotto quei caratteri a chiara


il

politesse, la ragionevolezza,

gusto, parvero cosa

pro-

digiosa a costoro, che, fin qui, avevano vagolato nella selvatichezza


dei loro inquieti tentativi. Si dimentic Opitz, Rist, e la

Musa

teutonica,

senza pensare che, con

siffatto

culto della ragionevolezza e del gusto,

entravano
s'

nell'

anima tedesca
letteratura,

dei sentimenti contrari a quelli per cui

era venuta costituendo la loro ribellione e la loro giovine lingua.


Cos,

come

l'

influenza

francese

rimase

una

modn
l'ori-

nel senso pi sterile della parola e se, da

una

parte,

soffoc

(>)

p.

258.

PRECURSORI DI LESSIXG E LEIBNIZ

321
che virtualmente
vita

ginalit, dall' altra risuscit e galvanizz tutto quello

era gi morto.
al

Come avviene
al

delle cose artificiali, essa ridiede


al finalismo politico
:

pedagogismo,

moralismo,

con una crudezza

teorica

maggiore ancora della nostra

riprova della sua fatuit. Quel

concetto del gusto poi, che la Francia aveva cos immedesimato col

suo pseudo-classicismo da dar con esso anima e


che, di per s, potevano averlo

significato a

cose
ca-

perduto, divenne in

Germania

micia di Nesso del pensiero e della poesia, e sterile posa. In


di esso e della politesse
preferibile di
a
la
il

nome

titolo di

Professor poeseos divenne

gran lunga a quel


il

di poeta.

Apostolo massimo di que politesse ,


i

tendenza fu

Weise

il

quale pensava che la

non

grande letteratura, era quella che doveva rendere eguali

Tedeschi

ai Francesi, e che la poesia era destinata a diventare


di

uno strumento
moralistici
fine

quella.

Tornarono cos

di
d

moda quei lunghi romanzi


incidenti, s'arriva
al

nei quali, per lunga serie

desiderato

^on

la felicit di tutti

personaggi.

Vero che

il

germanesimo non era morto e che, anche in questo

momento,
fedeli ai

ci

furono dei cenacoli poetici assolutamente

immuni

dall'in-

flusso francese,

come
del

quello degli scrittori drammatici slesiani rimasti

modi

dramma
('),
i

olandese della rinascenza.

C era
come
.

Andrea
fecero
Riaffer-

Griphius che dichiarava uberfliissig quel vecchio cappuccio accade-

mico della catarsi

voleva

<

imparare
l'

dai Greci

prima

gli Italiani e

Francesi, cio

arte,

non

le regole >

mava anche
schaft, e

la

sua continuit ideale con


gli

Opitz,

con

Buchner, con
Gresell-

Ludovico di Anhalt, con

uomini della

Fruchtbringende
l'

vedeva in costoro un presidio contro


:

invasione ideale stracri-

niera
tica,

quando affermava

Opitz
>.

non

solo

una salda norma


il

ma un
il

punto di partenza

Tuttavia fu pure questo

momento
latina,

iu cui

fascino della religiosit

cattolica e della gentilezza

'ivenute

oramai una cosa

sola,

ebbero tale ascendente in Germania


sua ribellione

he questa cominci a dubitare del valore della


;

me-

esima, e sospett,

per un momento, che la


l'

passione fosse proprio

ma
ome

schwche secondo
essi

idea dei Francesi, e

non una

Tugend

credevano e credettero sempre, in

filosofia e in letteratura,

interpretando, alla fine, Shakespeare cos.


lare stato d'

A rappresentare questo
al

singo-

animo

si

lev allora

un uomo grande

quale tuttavia la

(')

p.

357.

ToFFANiN.

La

fine dell'

umanesimo,

'

22

322

CAPITOLO XIX.

nostra guida fa un'allusione di sette parole - der Philosoph


hier

Kommt
sieno

den Franzosen entgegen Leibniz.

(')

a costo di rinunciare alla gloria di

chiamare tedesco uno dei pensatori pi nobili e possenti che

mai

stati

Ma

la

riprova di quanto fosse diverso

lo spirito

tedesco,

il

quale s'attardava bens nell'ammirazione


la

dei Latini,

ma
po-

non poteva mutar


di

sua

rotta,

nella scarsa efficacia del pensiero

Leibniz nel suo paese.

Strano destino di un
il

uomo
cui
del

che, per

tenza e vastit di genio, e per

momento

in

visse,

avrebbe
nazionale

meritato di prender posto fra gli


e,

indirizzatori

genio

invece, trovatosi in contrasto col suo

predecessore

Lutero, a lui

superiore senza dubbio per energia di volont e popolarit di sentire,

rimase nella sua nazione poco meno che solitario e fu piuttosto inteso, riconosciuto e seguito dai Latini.

Per questo
fermarci con
perch, con

noi, secondo l'armonia di questo

studio,

dobbiamo
che noi

lui, e
lui, ci

abbandonare

il

Borinski.

Il

che indispensabile

avverr di distinguere
:

alle origini quello


l'

confondemmo
e

nei frutti del romanticismo

inquietudine che veniva

dal sentimento latino e quella che venne dal sentimento germanico,


fu piuttosto entusiasmo
(*).

Posto dalle contingenze della storia e da un carattere spassionato e sereno oltre ogni costume (non sembra
a cavaliere fra due
l'

figlio

del suo secolo)

mondi

opposti

la luterana materializzazione del-

anima

e la cartesiana negazione della realt, con


i

una capacit

di

valutazione estesa a tutti

campi

dello scibile quale pochissimi

eb-

bero mai (solo

il

nostro Galilei, pu esser degno del paragone ed ha

con

lui analogie
i

poco propizie allo storico che volesse trarre dal confra


i

fronto fra

due uomini un confronto


dire

due popoli)

egli

ci

ap-

pare

come fatalmente designato a

intorno

agli ultimi contrasti


rivelatrici
la

dei tempi suoi avventurosi

qualcuna di quelle parole

che

restano.

Fu

cos che questo formidabile indagatore, fra

moda

fran-

cesizzante, che minacciava di costringere l'originalit della stirpe in

formule ad essa innaturali, e

il

turbolento razionalismo, che, ormai,

(')
(^)
il

p.

329.
ora, e mi pare cho possa interessare
il
:

Vedo

lettore a questo proposito,

capitolo Riforma e malinconia iu


p.

Farinelli

La

vita

un sogno

(ed.'

Bocca 1915)

127-162.

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

323

degenerava nel disprezzo

d'

ogni freno ideale e morale, riusc a tros'

vare un equilibrio in cui, in fondo,

opponeva
latino,

alle esagerazioni del

germanesimo tanta sostanza


cesso,

di

pensiero

che

ancor oggi,
d'ogni
il

voler trovare contro di quello

un

atto d'accusa

scevro

ec-

ma

completo e fondato sulla conoscenza dell'uomo,

caso

di rivolgersi a lui.

Tedesco era e credeva nella scienza e


scientifico organizzato,

nell'

avvenire del pensiero

con una fiducia nella quale non sarebbe riu!)

scita a fermarsi la alata (e ironica, quindi

religiosit latina di

un

Pascal

ma

era tanto poco tedesco da giudicare che

quelle
si

smanie

bellicose dei suoi principi e di lor popoli, nei quali


il

pur

temprava
giustifi-

loro nazionalismo, e si preparava

una

filosofia

capace di

carle e di glorificarle,

non

fossero che

un

trionfo della

brutalit
il

della paganit a detrimento di quella voce dell'anima che

cristia-

nesimo era venuto a distinguere dalle passioni.

<

Hs sont

ordinaire-

ment trop drangs par les soins de qui ne les frappent point d'abord >
con cartesiana espressione
ch
gli
:

la
('),

guerre pour peser les choses


diceva ^11 dei suoi principi
fu

e cartesiano

appunto nel cuore, per-

pareva che non

sulla via della


l'

Inghilterra

il

camminare con diverso sentimento civilt e del progresso. Cos, quando gli giunse dal Saggio sull' intendimento umano > del Locke dove,
si

potesse

dalla vecchia scorza aristotelica, usciva gi

il

materialismo, Leibniz,
del

prese la penna in difesa

di Cartesio,

ossia

pensiero

latino,

scrisse quei suoi quattro libri, vero

monumento
europee

d' equilibrio intelletgli


si

tuale e morale.
al pensiero,

Non
tutte

soltanto
le
:

Locke e Malebranche
che

stanno davanti

ma
e,

tendenze

possono

ormai
le giu-

compendiare in tre nomi


dica e vaglia,

Locke, Malebranche, Spinoza. Egli


il

in questo lavoro, riconduce alla realt

pensiero
le

cartesiano che minacciava di perderla di vista, lo riconcilia con


cose,

ma, lungi dal mutarne


d'ascendere

lo spirito, lo

rende soltanto

pii

umano

e pi coerente.
latino,

C'era dunque bisogno, per rimanere nel sentimento


le

ardue vette dell'occasionalismo di Malebran-

che, dove, a ogni passo, ci aspetta


delle percezioni appare

Ed

ecco,

un atto di fede e il fenomeno un continuo miracolo ? Non e' era bisogno. in Leibniz, quei rapporti fra anima e corpo, localizzati e

(')

Nouveaux

essais sur

V entendement humain

1.

HI

p.

304

(ed.

Flam-

324

CAPITOLO XIX.

disgiunti da Cartesio nella glandola pineale,

e,

da Malebranche, nel
accessibili

centro del cervello, diventare

facili

umanamente
un

nella

lieve e quasi musicale teoria delle percezioni

insensibili,

dove

quel

meccanismo teologico viene come


esse che,
riflessioni dell'

risolto in

fluido naturale.

Sono
delle

pur non giungendo all'evidenza


anima, ne formano come
il

delle

apercezioni

fondo e la tempera, costituidell'

scono
il

il

naturale rapporto che ciascun essere ha col resto


gusto, della
e

universo,

segreto del suo temperamento, del suo

sua possibile
l'

simpatia

con

le cose.

L'

anima ancora
quell'

sempre

la regina e

amin-

monitrice del corpo, ma, formandosi ancor essa un poco


di quello,

al contatto

ne resta spiegata

armonia prestabilita

di essi, e

sieme, di tutte le monadi e sostanze semplici, che

supplisce all'in-

fluenza insostenibile delle une sulle altre. Cos

il

tedesco cervello di
l'

Leibniz ridava alla natura la sua realt senza compromettere

indi-

pendenza

dell'

anima

ridava

un senso

al

buon
le

senso

delle

cause

seconde e delle forme sostanziali, rifacendosi tuttavia dalle parole di


S.

Paolo che noi vediamo e conosciamo tutte


Cos, mitigando
il

cose in Dio.
sa-

misticismo latino, egli

preparava, senza

perlo, lo stato d'animo dei futuri filosofi antigermanici,


si

quand'essi
per ridonare
possibile

faranno a scuotere

il

giogo tedesco della


in

necessit
solo

alla vita quel senso della contingenza

cui

un

sentimento di vera piet religiosa. Boutroux e Bergson procedono in


questo da Leibniz.

Sono

le parti insensibili delle nostre percezioni le quali

sensibili - diceva egli -

fanno che

ci

sia

un rapporto
i

fra

queste percezioni dei colori e delle altre qualit sensibili e

movi-

menti nei corpi che a quelle corrispondono. Queste qualit sono bens
dell'

anima e non
Dio non
le

dei corpi e appartengono a quella e

non a
e

questi,
ri-

ma

pu aver date all'anima a capriccio senza aver


fra le

guardo ad alcun rapporto essenziale


getti.

percezioni

loro

og-

Sentimento che mi sorprende e mi pare poco degno della sagil

gezza dell'Autore delle cose

quale non

fi

nulla

senz'armonia

senza ragione. Ma, con questo, era tanto lontano dal voler intiepidire
la fede nell' eterna battaglia fra
l'

anima

il

corpo,

che,
1'

contro

primi frutti di quella seminagione luterana, egli volse

acume

del

suo pensiero con non minore fervore di Malebranche.


Ricordate, nello studio del Borinski,
letterati

l'ebbrezza di quei primi


i

consapevoli del germanesimo, Opitz, Buchner e


i

soci della

Fruchtbringende Gesellschaft,

quali, accesi del loro particolare de-

mone

dionisiaco, inneggiavano agli spiriti forti liberati

dallo

scru-

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

325
les
si

polo e dal rimorso

Proprio contro di essi e contro


(')

triomphes
duole che,

apparents des esprits forts

pensa e scrive Leibniz e

da una

tal

confusione, quelli traggano argomento a teorizzare la loro

malintesa libert. Vedete

come

egli

ha veduto fondo nel fenomeno e


filosofo

come

la

sua prosa accomuna gi quei suoi concittadini col


nella

ancor quasi celato


germanesirao
si

magica Olanda, Spinoza,


;

ma
di
la

nel

quale

il

riconoscer
secoli

nel cui pensiero fonder


si

come

le basi

del suo trionfo pei


-li

che
lui

preparano.

chi

altro

parlare
cotali

se

non

di

quando,
se
la

chiudendo
prende
et

sua
quei

ntro

esprits
s'

forts

con

pu rampogna mauvais
l'

quitistes qui

imaginent une absorption


dont,
(*)

runion

de

me
seni

Tocan de
tait

la

Divinit, notion

peut-tre,

mon

systrae

bien

voir

l'impossibilit?

Si

osservi ch'egli chiama


la

quievita

tismo

(tanto era

intensa

in
gli

lui,

quasi giansenisticamente,

morale) proprio quello che


L"

spiriti forti

chiamano moto e

libert.

ombra

di

Spinoza

si

riaffaccia

via via frequente nelle

pagine

di

questo libro e contro di essa egli non conosce che un' arma: la chiarezza latina. Guai ad abbandonare le
rive

dell'evidenza
!

dualistica
dottori

per r ambiguo mare

delle

astrazioni

monistiche

Questi
dagli

oscuri - egli dice a certo punto - sono stati ammirati

ignodi

ranti e furono creduti invincibili perch erano muniti di rovi e

spine in cui

non punto piacevole

cacciarsi, perch solo


Il

l'oscurit
di oscu-

pu

riuscire di difesa all' assurdit.

male che quest' arte

rare le parole ha imbrogliato le due regole delle azioni


la religione e la giustizia
(*).

dell'uomo:

Ma
eterne
e,

qui bisogna fermarsi un

momento perch

ci

sono

parole

per

la

conoscenza del romanticismo, vorrei dire, definitive.


francese
si

Mentre

la

moda

diffondeva alla superficie con grandissimo


il

successo apparente, dal cuore della stirpe

compresso germanesimo
tiranno

ferveva contro cotal tirannia e prorompeva in quel non calmato oscuro


delirio di pubblicazioni e di libelli.

Con

quelli esso assaliva

il

nella sua rocca,

la ragione,

tentando

di

occuparla e

di

sostituirvi

un'altra
tusiasmo.
ssibilit

bandiera, futura bandiera del romanticismo tedesco:

F ensenza

Quella

ragione, concepita

alla

latina,

si

rivelava

di conciliazione col luteranesimo.

Essa avrebbe portato un

()

p.

19.

f)

p. 20.

p.

291-2.

326

CAPITOLO XIX.

colpo mortale a quella nascente sfrenata libert dello spirito, avrebbe


costretto quel creatore furor panico annunciato

da Lutero,
quel

al

rico-

noscimento

d'

una regola esterna a

s stesso,

all'

affermazione di

un
di

limite con cui sarebbero tornati a predominare, in

mondo

emancipati, certi principi assoluti


dappertutto, in religione
e rappresentante.

e,

con

essi,

quel romanesimo che,

come

in letteratura, se n' era fatto assertore

Ma,

soprattutto, queir implicita identificazione dell' ale forze

nima con
tolto di

la

natura e

vive di essa, sotto cui Spinoza faceva

ormai lavorare

la possente leva del


:

suo pensiero teorico, ne avrebbe

mezzo

e,

con essa, la nascente originalit del germanesimo.

Leibniz, vivendo in

mezzo a quel mondo

di

sorde

rivolte

d'in-

soddisfatti adattamenti, vide lo stato delle cose

con

verit

sorprenindicarlo
:

dente e non so chi altro, di quelli anni,

avrebbe

potuto

con espressioni pi precise di questa, che, per esempio,


a des gens aujord' bui qui croient qu'
il

io cito

Il

est

du

bel esprit de dclamer

contre la raison, et de la traiter de pedante incommode. Je vois de


petits livrets, des discours

de rien qui s'en font

fte,

et

mme
de

je
si

vois quelquefois des vers trop


fausses penses.

beaux pour

tre

employs
la

En

effet,
il

si

ceux qui se moquent de


contre
la

raison par-

laient tout de bon,

serait

une extra vagance d'une nouvelle espce,


raison,
e'

inconnue aux

sicles passs. Parler


;

est

parler

contre la vrit

car la raison est

un enchanement de

vrits. C'est

parler contre soi-mme, contre son bien, puisque le point principal

de

la

raison consiste la connatre et la suivre

Cos parlava egli con aria quasi di raccomandazione:

ma

sapeva
per

bene

egli

che cosa costoro intendessero

sostituire

alla

ragione

salvar la fede nelle

umane

passioni

ed appunto su quel qualche

cosa che
pleta.

il

pensiero di Leibniz, interrotto qui


il

come a met,

si

com-

Perch

allora in poi in

consumo della parola entusiasmo che si fece da Germania non ha paragone se non con quello della
si

parola ragione in Francia.

Queste due parole


e,

trovarono a fronte nei due romanticismi


apparenza, furono confuse
la nostra

perch generarono fenomeni simili in

tra loro.

Credo che derivi proprio


del
ci

di

qua

moderna confupretesi
influssi

sione sulle origini

nostro romanticismo

sui

germanici che, o non


d' antitesi,

furono, o diedero soltanto impulso, per forza

a sentimenti tutti nostri.


sent rintronare
il

Madame de

Stael

and

in

Ger-

mania
stile

si

capo della parola entusiasmo,

elhi

che

ancien rgime fino alla morte - aveva sempre inteso ripetere

PRECURSORI DI LESSINO E LEIBNIZ

327
novit.

quell'altra: raison

e se ne torn in patria con questa


ci

Ed
di

entusiasmo di rinascita

fu allora tra noi, che

il

momento era

fervida giovinezza dappertutto:


cato della parola.
si

ma

entusiasmo nel semplice


il

signifi-

Da

noi esso vest subito

carattere della stirpe e

rivel suscitatore di quella latina inquietudine

come voce
entusiasmo

dell'a-

nima, che pu esser tempo,

benissimo

malinconia
e,

ed

ad

un

ma

d' origine sentimentale,

in senso lato, religiosa.


e

La
i

tristezza dei

Sepolcri >

della

Legende des

sicles , di

Amore

e morte ^

entusiasmo. Allo stesso


:

modo

l'

entusiasmo dei

Tedeschi pu essere, nel suo genere, tristezza


rico d' Ofterdingen

tale quello dell'


di

En-

di Novalis, dei

Monologhi
in

Schleiermacher

e anche del
lettivo.

Werter
onde

di Goethe;

ma

un

significato tutto intelalla violazione dei

Esso ha per oggetto una tenace aspirazione


;

limiti naturali

il

suo frequentissimo carattere quasi magico come


:

appunto in Novalis e Goethe. Da noi esso dolore


si

l'

anima che
la

ritrae dalle cose e le

vede

libera, dalla

sua altezza, secondo

concezione di Cartesio.

Questa differenza sfior


la scarsa sentimentalit dei

la

Stal molto alla lontana riconoscendo


il

Tedeschi, pur con tutto

loro entusiasmo.

Ma

Leibniz aveva gi visto con penetrantissimo

sguardo

che

cosa

implicasse questa ribellione alla ragione in

nome
del

dell'entusiasmo e

come

essa fosse tutt'

uno con quel tramutamento


;

demone
il

platonico

in sentimento panico

aveva gi delineato

gli aspetti della

Germania

nascente quali potremmo impostarli noi ora dopo

romanticismo,

dopo Hegel, dopo


tait

tre secoli di storia. L'


et
l'

enthousiasme - diss'egli le

au commencement un bon nom,


la sagesse,

comme
;

sophisme marque

proprement un exercice de
a une divinit en uous
:

enthousiasme signifie qu' il y


et Socrate prtendait

Est

Deus

in nobis

qu'un dieu ou deraon


sorte qu'enthousiasme

lui

donnait des avertissements

intrieurs,
les

de

serait

un

instinct

divin.

Mais
leiirs
l'

hommes
et

ayant consacr leurs passions, leurs fantaisies,


jusqu' leur fureur pour qiielque chose
de

songes,

divin,

enthousiasme
de

commenca

signifier

un drglmeut

d' esprit attribu la force

quelque divinit qu'on supposait dans ceux qui en


car les devins et les .devineresses
d' esprit

taient

frapps,

faisaient
d'

paratre

une
la

alination

lorsque leur dieu


Yirgile.

s'

emparait
l'

eux,

comme
qui

Sybille

de

Cumes chez

Depuis on

attribu ceux

croient

sans

fondement que leurs mouvements viennent de Dieu. Nisus, chez le nime pote, se sentant pouss par je ne sais quelle irapulsion une

328
entreprise dangereuse,
ces termes pleins d'

CAPITOLO XIX.

il

prit avec son ami, la lui


:

propose

en

un doute raisonnable

... Dine hunc ardorem mentibus addunt


Euryale, an sua cuique deus
fit

dira cupido?

Il

ue

laisse pas

de suivre cet instinct qu'


d'

il

ne savait pas
se signaler
:

s' il

ves' il

nait de

Dieu ou
il

une malheureuse envie de

mais

avait russi,

n'aurait point

manqu de

s'en

autoriser

dans un

autre cas et de se croire pouss par quelque puissance divine.

Les
les

enthousiastes d' aujourd' hui

croient recevoir

encore de

Dieu

dogmes qui
Questa

les clairent
,

(').

ch'io sappia, la prima storia critica

dell'entusiasmo,

dalle sue origini,

come genuina discendenza

del paganesimo.

Esso
del

non
cuore

altro

che quell'eterno cieco prevalere

dell'ardore

vitale

umano

reste paien dant le fond

solo

piace a Leibniz di
sot-

far brillare, nella


tile,

penombra

di questa

sua storia compendiosa e


i

uno

di quei

dubbi cos singolari nell'unico fra


il

Romani che
ri-

abbia presentito

Cristianesimo, Virgilio

quei dubbi che tanto

scaldarono, a proposito del poeta latino, la fantasia del


e

Medio Evo
i

sentante suggestivi anche per


romanticismo non
il

noi.

E un

vero guaio che

nostri

storici del

si

sieno fermati a questo contrasto fra


leg-

la latina ragione e

germanico entusiasmo, ma, quanto a non

gere

Leibniz,

ebbero storicamente ragione, perch la sua

influenza

sullo svolgimento del pensiero nazionale fu

minima. Ed solo paraconciliativo.

gonabile

all'

insuccesso che- egli ebbe da vivo, in politica, cercando di


pratica
alle

dar

forma

sue

critiche

e al suo spirito

Perch tedesco era e


del

tale si sentiva, e

non aveva
:

l'

esasperante senso

male dei suoi contemporanei

latini

divergenza chiara in molti

punti che sarebbe troppo lungo ricordare.

Credeva

nella

vita

con

ingenuit tedesca e

Voltaire lo prese di mira nel suo quella

Candide

Con

questo temperamento, e con


egli,

sua portentosa chiaroveg-

genza,

disinteressato e nobilissimo pellegrino,


il

mosse dal

cuore

della riforma verso Bossuet, per conciliare

germanesimo, che non


Francesoanit su-

voleva pi saperne di pregare, e la latinit che non vedeva altrove


salvezza,
il

Luteranesimo adoratore

di cose e

la

()

p.

455-6.

PRECURSORI DI LESSIXG E LEIBXIZ

329

blimatrice di anime, la

libert e

l'

obbedienza,

l'

immanenza

la

trascendenza.
Il

dittatore Bossuet rispose di no, chiese la


il

sommissione

pura

semplice; e

suo contegno, a prima giunta,

ci

par duro e ango-

loso,

come

quello

d'un cardinale
se

di Filippo II.

Ma, a ripensarci,
era

quella conciliazione era possibile, allora ? In fondo, di chi


basciatore

am-

Leibniz

non

di s stesso?

La

storia port

ottimi ar-

gomenti

in favore del tatto politico di Bossuet, perch, nello

Sturm-

und-drang,

grandi

rappresentanti

del luteranesimo,

come Klopstok,
espliciti.

tacciarono Leibniz di cattivo tedesco. Questo quanto al suo contegno


in generale,

ma

quanto

al

suo pensiero, furono anche pi


del linguaggio

Conforme

alla

fichtiana teoria

come espressione
romanticismo

del

genio nazionale, Schleiermacher, quintessenza di

ger-

manico, scoperse che, Leibniz, se avesse filosofato in tedesco, sarebbe


stato diverso

da quello che fu

(').

Tale

conto fecero

di

lui

suoi

concittadini giunti al pieno rigoglio della loro vita nazionale

(').

{})

Grccker

op. cit. p. 275.


:

O
durante

Uno
la

scritto del Gentile

Deformazioni storiche nel suo ultimo bbro


p.

Guerra e Fede (Ricciardi. Napoli


guerra,
si

162-75) mi richiama a considerare che.

form

d' attorno

a Leibniz, quasi di sorpresa, un interesse


conciliatore
filosofiche

nuovo, come se fosse


latinit e

di oggi quella

sua singolare posizione di

fra in-

germanesimo. Nelle passionalit delle ultime polemiche


i

torno a lui pare rivivere veramente quella dei suoi giorni quand' egli non riusc

a conciliare

due mondi.

CAPITOLO XX.
Il

germanesimo in Lessing

e nel V. atto del Fanst.

Sommario

I .

La polemica
-

di Leibniz era

anche contro Spinoza negatore della

ragione

e teorizzatore dall' entusiasmo

sono sacre
pre cattiva
essa
gli

Non
stato

esiste conilitto fra spirito e carne


d'

Conforme disposizione

come immanentismo - Le passioni - La malinconia semanimo di Lessing - Come partendo da


il

sia

facile di scoprire e accettare

vero
di

significato

pagano

della tragedia greca -

Lo

spirito della
il

Dramaturgia
di

Amburgo.

Ironia di Lessing contro

travisamento pietista

Aristotele dal plus

2. Mu-

dius al Corneille

La
-

tragedia

con esse

Caccia

la piet o la

non ci libera dalle passioni ma ci paura che ci raffredderebbero - La


il

riconcilia

vita irres'

sponsabile passione

Ironia verso
i

Cristianesimo tutto

Tedeschi

ac-

cordano in questo con

Greci

La moralit

della tragedia

interpretata seil

condo Spinoza: come panteistico equilibrio


V. atto del Faust e la disfatta
cattolicesimo trascendentale, Faust dell'

col Tutto.

3. Di qui nasco
-

di Mefistofele - Mofistofele

rappresentante del
Mefistofele

immanentismo spinoziano

credo noli' obduratio cordis di

s.

Agostino o dei cartesiani e nel rimorso


delitto di

Faust

li

nega e
s'

si

salva perfino col

Bauci e Filemone

compiuto
-

col panteistico timor di Dio, cio col sentimento dei suoi rapporti col Tutto

Sua

catarsi

Disfatta del rimorso cattolico

Davanti

alla salvazione di

Faust
i

Mefistofele

accorgo del ricatto che Dio


la

gli

ha fatto e vorrebbe convertirsi


gli

Scopro allora

sua profonda somiglianza con

angeli

La passione e
-

peccati di lui, l'amore e le virt degli angeli sono la stessa cosa


fele

Mefisto-

non pu salvarsi come


di peccare e operare

([uelli

solo a cagiono del suo cattolicesimo che gli


di

impedi
Il

con panica fede detta da Goethe timor

Dio

Faust simbolo del germanesimo


-

4. Lessing
della
Italiani -

suoi presentimenti della


dei

futura poesia germanica


poetica e politica tanto

Sua soluzione
dagli

questione

rapporti
rilievo

fra
il

agitata

Suo

giusto

che

contegno del i)soudo-anticristiano Voltaire conforme a quello dei moralisti

IL

GERMAXESIMO

Ds

LESSLS'.

E SEL V. ATTO

DEL FAUST

331

cattolici latini - Ironia

Accusa

di ipocrisia

anche maggiore per Gasparo Gozzi e gli Italiani mossa a questi dai Tedeschi - Accusa di cinismo mossa

dagli Italiani ai Tedeschi.

Gli Itallaai sono molto amici della

^mtizia in poesia >. Lessino Dramaturgia.


:

precursori sentimentali di Lessing forono Opitz, Bachner, gli


e,

insubordinati accademici della Fruchtbringende Gesellschaft


tutto
il

soprat-

comune padre Lutero venerato da


un

lui

con animo di figliuolo;


dis-

ma, per sua comodit, Spinoza aveva ordinate e temprate quelle


ordinate ribellioni nel corpo d'

sistema, solido, a giudizio tedesco,

come

la

base

d'

un

edificio destinato ai secoli.

Noi, accennando alla

parte polemica nell' opera di Malebranche e di Leibniz,

abbiamo gi
regno
del
so-

parlato di Spinoza. Tolta fra l'anima e


'

il

corpo,

fi^

il

one e quello del male,

la

diga della

glandola

pineale o della

rauza cerebrale, costui deificava la bruta natura e faceva della volont, della ragione e degli appetiti del

corpo una
stata

cosa

sola.

Fin
terra

qui la favilla dello


entro

spirito

umano

era

concepita

sulla

un mistero

di dolorosa

autonomia, in

conflitto,
il

quasi sempre,

con le forze della natura di cui essa sentiva


cui lottava per conservare la sua

peso ne' sensi, e contro

libert in Dio.

Spinoza

ne fece

m'
le

espressione del

Gran

Tutto,

non

differente, in questo, dalle bestie

dalle piante, quindi

una

sintesi e

una sublimazione

del corpo

non

diede altro fine, n altro freno di bene e di male, che quello di una

panica conservazione. Se la nostra libert - come aspirazione ultranaturale e contrasto alla natura
-

un sogno,

<

noi

non
la

ci

propo-

niamo, vogliamo, desideriamo, bramiamo una cosa perch


V>uona; ma, al contrario, giudichiamo

crediamo
il

buona una

cosa,
la

per

fatto

bramiamo >. Dacch e' in noi, naturalmente, questo impulso verso il Gran Tutto, perch favoleggiare di un centro morale entro di noi che si chiami, col suo nome pi frequente, ragione? Le nostre passioni saranno alla

ohe ce la proponiamo,

vogliamo, la desideriamo,

trettanto sacre che

nostri pensieri per rispetto a quella mastodon-

tica divinit dalla quale ricevono

impulso

l'

oggetto unico del no-

stro

amore saranno

la natura e le cose.

Leibniz, d' intorno a s, sentiva dir male della ragione e se ne

doleva

ma

aveva

torto,

secondo Spinoza

perch

le passioni

ci

in-

uadrano nei paradigmi del Gran Tutto prima delle idee, e queste,

332
sopravvenendo poi come

CAPITOLO XX.

effetto,

non fanno che


di

regolarsi

sulla

pri-

mitiva istantanea determinazione


cos intesa,

quelle.

Per questo,
con

la ragione^
;

non pu trovarsi mai


da

in conflitto

le passioni

ossia

a tutte

quelle

azioni a cui siamo

determinati
essere

da una

passione,
dalla ra-

possiamo, indipendentemente

essa,

determinati

gione

(').
i

Molti sono

corollari dedotti dallo

Spinoza da

cotali

proposios-

zioni panteistiche e compostisi nel luteranesimo

come

nella loro

satura: e

li

ritroveremo in Lessing.

noi, per, prima,

importa co-

glierne direttamente in lui

uno almeno, tanto per


l'

sentir confermata

dalla parola del filosofo quella differenza fra

inquietudine latina e la
:

germanica, cos gravide

d'

avvenire nel prossimo romanticismo


si

e cos

opposte fra loro perch l'una finisce nella malinconia, e vi


l'altra

sublima,

pu passare per quella,

ma

vi

ripugna sempre e finisce nell'

r entusiasmo inteso in senso


sentire

lato.

Se

unica realt

la vita coi

suoi

beni - pensava Spinoza - tutto ci che ci spinge a goderla e a farci


il

possesso di quelli, bene e conduce a perfezione, tutto ci


fa sentire
il
il

che ce

ne allontana, e ce ne

disgusto e la mancanza,

male e imperfezione.

La

gioia

trapasso dell'uomo da una mi-

nore ad una maggiore perfezione....


l'

La

tristezza

il

trapasso

delil

uomo da una maggiore ad una minore perfezione


il

Dunque

de-

siderio della gloria, della volutt,

gusto della vendetta [purch non

arrivi al suo eccesso intaccando la forza di chi lo soddisfa e quindi


il

suo equilibrio nel Gran Tutto]


il

il

desiderio del possesso e del preil

dominio bene e perfezione;


gnare
alle volutt,
il

disgusto delle cose umane,

ripu-

tralasciar la vendetta a costo d' un' intima con-

culcazione,

r amore

della solitudine, tutto questo

imperfezione, o

sviamento dagli impulsi del


cattiva
(*).

Gran

Tutto.

La malinconia

sempre

Vedete dunque che siamo


lia.

agli antipodi

della Francia e dell' Ita-

Spinoza, filosofo puro, non s'interess

mai
si

di

vedere,

che

io

sappia,

come
;

il

problema della letteratura

presentasse al

lume

di

queste idee

ma

facile accorgersi eh' esso ne rimaneva trasfigurato.

Se
e

le nostre passioni

sono sacre, purch inquadrate in


la

comoda legge

di

conservazione, so

piet

un

male,

una panica quando

(')
()

Spinoza: L' Etica


Id. p.

(Ist.

ed.

Lombardo)

p.

238.

301.

IL

GERMAN'ESIMO IX LESSINO E NEL V. ATTO DEL FAUST

333

possa disanimarci da quelle e dall' amore dei beni terreni, se Y Araor Dei intellectualis

non

pi

luce intellettual piena d'


le

amore

ci

sublima oltre

gli istinti,

ma

conoscenza di questi come espresil

>ioue di leggi universali, chiaro che

lungo meditare degli


molto

Ita-

liani e dei Frilncesi svanir davanti a questo abbagliante sole

come

nebbia, e

ci rester

uno

stato

d'animo

propizio a

risentire

[laganamente certe parole di Aristotele.

Come
parole, per

poi riuscisse facile a Spinoza proclamare

l'

assoluta indifreligiose
la

ferenza del Dio Natura e riconoscere, in

pari tempo, con


della

bene massimo e
quale
di

finalit

suprema
tentata a

mente umana,
in

conoscenza e T adorazione di quello^ cosa che non interessala


teratura

let-

profana la

sarebbe
ribelle

riconoscere,

quel

proclamato amore, amor

innamorato della sua negazione.

Noi

si

diceva soltanto
al

che, accettato questo


religioso

modo

di

pensare,
di

so-

ituendo magari
oiiso,

pathos

spinoziano,

un tono

buon

non meno conforme

del resto alla sostanza di quello, molto

probabile che ognuno di noi arrivi a trovare da s solo


izione della catarsi che Lessi ng naturalmente trov.
sia
il

quella so-

Ma, qual che

nostro giudizio complessivo intorno al pensiero e alla figura del

fondatore della letteratura tedesca, credo che, smessa ogni albagia nazionale, gli
si

debba riconoscere questo

merito:

ch'egli,

dopo

al-

meno due

secoli di sviamenti e di

confusioni pi o

meno consapecome

voli, scoperse il significato delle

parole di Aristotele sulla tragedia


e lo accett

greca secondo

il

pi probabile pensiero di quello

perfettamente conforme all'idea d^lla tragedia, quale poteva essere


concepita dal riformato popolo tedesco. Leggete sopratutto la Dra-

maturgia di
in pagina.

Amburgo
,

e vedrete chiarirsi

questa verit

di

pagina

in quell'opera, la storia frammentaria, e


l'

pur completa, del


d'

ome
e

si

present alla mente di Lessing

immagine

un

teatro na;

zionale,
e'

prima ancora che alcun capolavoro tedesco ne desse l' idea anche della meraviglia che, con una cos progredita autointellettuale e morale, quel capolavoro

nomia
In
i

non

fosse ancor nato.


:

Amburgo

sorge

l'

idea d'

un

teatro stabile tedesco

l'

idea

e' ,

ma

capolavori nazionali non ci sono e bisogna

adattarsi a

una rudi-

mentale poesia originale e

alle solite traduzioni dal francese di cui la

moda predomina ancora. Lessing, incaricato di soprintendere a quel Jiobile sforzo, commenta con le sue chiose di giornalista le serate

334
amburghesi e scopre
il

CAPITOLO XX,

teatro nazionale. Cio

fa

passare ognuna di
il

quelle opere teatrali, specialmente francesi e cartesiane, attraverso

vaglio del suo sentire germanico


i

a uno a uno, fa la critica di tutti

vecchi problemi latini e pone le basi della futura poesia nazionale.

Per

chi

s'

interessato alla storia delle idee


le

nostre, eh' io
di
:

mi

son sforzato di tratteggiare,

pagine della Dramaturgia

Amio

burgo sono feconde


damentali.

di sorprese e di scoperte a ogni passo


egli aflronta
le

mi
fon-

accompagner subito a Lessing dove

questioni

Ahim

volergli dare soddisfazione e risalire, di responsabile

in responsabile, al

primo

reo, bisogna

domandare
Il

la testa

del
si

pius
salva^

Madius, secondo commentatore di Aristotele.


perch
il

primo, forse,

buon Robertelli sapeva, per


quando ne restava
al

intuito di simpatia (stato d' ai

nimo

del rinascimento) arieggiare, con

modi, anche

il

pensiero degli
fatto

antichi pur
catarsi che

di fuori. Cos
;

aveva

con la

non era

certo giunto a capire

ma
di

ne aveva
vera

di tanto in-

travvisti gli sfumati contorni

da poter dire che quella liberazione dal

metus

poteva anche essere

una specie

religio >

che

spingesse a venerare gli dei santamente e non a temerli

tamquam

crudeles tyrannos

l'

Ma
che

il

pius Madius,

anno dopo, aveva distrutta per sempre an:

che questa larva di buone intenzioni e aveva detto


l'effetto della tragedia sia di

Com'

possibile

bandire

la

paura e

la piet,

due

sentimenti preziosissimi per la religione? E, con un tratto di penna,

aveva proposta una variante cos

approvata

dagli

uomini del suo


riferisce al vietus
si-

tempo ch'essa rimane fondamento


Quel ToioDTwv
TuadYjixTcov

dell'edificio
si

critico-aristotelico.

- aveva detto - non

e alla 'pietas, vitalissimi sentimenti, gnifica

ma
hanno

serve a generalizzare e

di questo genere. Ossia

la tragedia

non purga
:

il
l'

terrore
odio,
il

e la piet,

ma

sentimenti che
;

li

ispirati

cio

la

vendetta, la lussuria e simili

quelli,

insomma, che condussero


seguito
dagli

pro-

tagonista a farsi oggetto di piet e di terrore e a far temere la vendetta di Dio.

Su questa

strada antipagana fu

Italiani

e dai Francesi con gli effetti che


scito a identificare in

abbiamo

visti.

Se Lessing fosse riuradice di co-

quest'umile bresciano la prima


gli

tanto travisamento,

non
e,

avrebbe risparmiato,

credo,

un quarto
gli
ef-

d'ora di celebrit:
fetti

certo,

quando

si

trov a considerarne

nei Francesi e

nel massimo

Corneille, gli strali della sua ironia

IL

GERMANESniO IN 0:851^0 E NEL V. ATTO DEL FAUST

335

avrebbero avuto un bersaglio storicamente pi ampio. Per suo bersaglio egli scelse, invece, le parole di Corneille, nel secondo discorso
-ulla tragedia, perfettamente corrispondenti a quelle del
pitie d'
neille,

Madius. La
dit

un malheur o nous voyons tomber nos semblables, nous porte la crainte d' un pareli pour nous cette
:

Cor-

crainte,
et

au dsir de

l'

evitar:

et

ce dsir, purger,
la

moderer,

rectifier,

mrae draciner en nous

passion qui plonge nos yeux dans ce

malheur

les

personnes que nous playgnons


et indubitable,
(').

par

cette

raison
il

comfaut
:

mune, mais naturelle


retrancher la cause
e,

que, pour viter FeCet,


fa

Lessing
gli

ci

intorno le pi

matte risate

se,

da duecento anni,

uomini trovano un senso


tragedia, invece che lo

in questo
ci

di sentire

F umanit, l'uomo tedesco, per conto

suo,

modo trova un
di purecci-

controsenso.

Ma
lo

vedete!
le

La

scopo

gare e reprimere
tarle, 0,

passioni,

per

meno, di giustificarle

ha proprio quello contrario di e di non reprimerle.


il

Ma
<{uel

non capite che Aristotele voleva dir proprio

contrario di

che intende Corneille e la sua schiera e che, la catarsi non di tante

peccaminose passioni,

ma

ci

purga proprio

della piet e della

paura

dei sentimenti affini, che saranno magari religiosi, se volete,

ma

che,

se prevalessero, ci renderebbero paurosi dell' ira, dell' ambizione, del-

r amore e di ogni feconda passione


vero Maggi
della
!

umana? Povero

Corneille,

pofa

lo

Con questo ragionamento strumento con cui


la piet

scrive Lessing

egli

paura
:

opera la purgazione delle

passioni

ma

questo ragionamento falso e non questo

pu

essere

l'

opi-

nione d'Aristotele. Perch, a


tutte le passioni,

modo,

si

verrebbe a purgare

tranne quelle due che Aristotele indica espressala

mente IXeo? xai ^po?. La tragedia potrebbe purgare in noi


lera,
la curiosit,
l'

col-

invidia,

l'

ambizione,
s'

l'

odio e Y amore, a seconda


l'

che r oggetto della nostra piet

attirato la sventura per

una o
purga-

altra di queste passioni

ma
(*).

lascierebbe solo in noi senza

zione la piet e la

paura

l'origine di questo secolare grottesco abbaglio sapete qua!'

L'errata interpretazione data da quel primo commentatore, (per for-

tuna egli non sa che

si

tratta del nostro

buon Maggi)

il

quale volle

(')

Lessixg:

Drammaturgie de Hambourg

(Trad. de

Suckau

Paris 1883)

362.
() Id.

p.

363.

)36

CAPITOLO XX.

interpretare quel towtwv

come

se volesse dire

delle passioni rapil

presentate

Rappresentate ? - insiste sarcastico

Lessing

-.

Di

modo
dell'

che,

quando l'eroe diventa


dell'

infelice per effetto della


la tragedia
,

curiosit,

amore,

ambizione, della collera,

dovrebbe

purla

gare la nostra ambizione, la nostra curiosit


nostra collera?

il

nostro

amore,

cos

non mai venuto in mente ad Aristotele! quei signori hanno buon giuoco: la loro imaginazione trasci
essi
si

Ma

forma dei molini a vento in giganti, ed


nella speranza di riportar vittoria, ne
tare

prendono
senso,

lo

slancio

volgono indietro ad ascol-

un qualche Sancio
dall' alto

dotato del semplice

buon

che

li

ri-

chiami

della sua tranquilla cavalcatura e gridi loro di

non

aifaunarsi tanto e d' aprir bene gli occhi .

Aprir

gli occhi

vuol dire riconoscere che quel Tototcov

si

rife-

risce alle passioni eccitate negli spettatori

cio esclusivametite alla

piet e alla paura che, appunto, sono state menzionate nel contesto

Ma e'
Per

di pi. Sapete perch Aristotele adopera toiotcdv e

non totwv ?

fare

un

dispetto ai Latini,
all'

si

direbbe: per dare cio un signifi-

cato pi assoluto

idea che, gi in quello pi temperato, era stata

ripudiata cos di buonora da Italiani e Francesi; per indicare, cio,

che la liberazione da quei sentimenti


residui.

dev' essere

completa e senza
to'-otcov

D' altra parte - cito

le parole precise

- egli adopera

e non totcov, vale a dire di queste e di altre simili, e non soltanto


di queste.

lo fa

per indicare che, per piet, egli non intende


i

sol-

tanto la "piet propriamente detta, ma, in generale, tutti

sentimenti

plantropici; come per paura egli non intende


causata da un male sospeso sopra
il

solo

l'inquietudine
ancora, ogni

nostro capo, ma,

inquietudine analoga

quella che ci eausa


la

un male

presente o

un
del

male passato;

lo

scompiglio,

tristexxa, o altri

sentimenti
la

genere. Proprio in questo


suscitati dalla tragedia

significato

generale

la piet e

paura
paura
:

devono purgare in noi


(').

la piet e la

ma

queste passioni sole e non altre

Errore

di

grammatica

dunque quello che viene a correggere


a questo punto
l'arguto
lettore.

Lessing dopo due

secoli, dir
il

Ma

forse eh' egli conosceva

greco meglio che gli

umanisti

italiani e

francesi? Si che

il

greco, ai Tedeschi, l'aveva

insegnato Lutero;
di
ribel-

e Lessing era incerto se lo dovesse adorare. Quel fremito

(')

p.

.%l.

IL

GERilAXESIMO IN LESSINO E NEL V. ATTO DEL FAUST

337

lione contro la trascendenza che, da Lutero in qua,

s'

esprimeva in

una glorificazione
nella catarsi, e

della vita

come spiegazione
il

di s stessa e giustifica-

zione delle sue passioni, e delle sue colpe, venne a urtare, con Leasing,

ne fece movere

concetto nella sua orbita. Lutero, col

suo pagano travestimento del dogma, era gi arrivato di acchito dove


poi

dovevano giungere, per


il

via dialettica,

il

panteista Spinoza e fin so-

stanza)

positivista Locke,
lui piace,

quando aveva ins^nato che Dio salva e


che, fra
i

danna come a
zio,

ma

peccati degli uomini e quel giudi-

non

e'

rapporto di sorta.

La

vita

dunque irresponsabile passione


l'

e conseguente peccato. Spinoza aveva quasi indicati

una e

1'

altro,

Locke aveva soltanto


>ebbene

utilitarizzate le virt.

non importa che Lessing,


pi a questo che a quello,

a sostegno della sua interpretazione,


il

si riferisca

suo

intelletto

s'

accordi pi con quello

che con

questo

per una lor


base di

comune pagana giustificazione libert. La tragedia greca conserva,

della vita

con

la vita a

nella catarsi, un' intatta

scintilla del

paganesimo antico: qual maraviglia che Lessing, acco-

ntandosi a quella con cos fraterno cuore, la vedesse sprizzare d'


libito?

un

La sua
ci

scoperta, infatti, si risolve in

una sghignazzata
al

alle

-palle del Cristianesimo.

Non

vero, egli dice, che l'uomo sia tanto

iniquo e che

sia

bisogno di tante costrizioni intorno

suo cuore:
atto alla

r uomo, con tutto quel suo presunto male, semplicemente


vita.

Invece di ispirargli tanta paura delle sue


effetti

stesse

passioni - e

sgomento degli
esse!

di quelle - cercate di ispirargli confidenza

con
fini

Questo terrore - egli dice - non affatto uno dei due


propone la tragedia.
I poeti

he

si

antichi

preferivano

anzi

miti-

irarlo

quando uno

dei loro personaggi

doveva compiere qualche grave

misfatto. Preferivano sovente rigettare la colpa sul destino piuttosto

che attribuire

il

misfatto alla volont inevitabile d'

una

divinit venlibero,

dicatrice: essi preferivano trasformare l'uomo, questo essere


in

una macchina, piuttosto che arrestarsi su questo orribile pensiero che r uomo naturalmente capace di una simile perversit ('). Cos pensavano i Greci. E i Tedeschi di Lutero ? Lo stesso. Quest'
anzi una specie di ritornello nelle chiose lessinghiane di
'<

poeta

non deve

esser

mai una mente


il

cos

Amburgo. poco filosofica da amil

iiettere

che un

uomo

possa volere

male per

male:

che

egli

iQSsa agire in
ia

norma a

dei principi colpevoli, riconoscerne la falla-

e tuttavia gloriarsene nel suo

intimo e davanti

agli

altri

(')

(')

p.

344.

O
La
fine

p. 15.
,

ToFFAXiN.

dell'umanesimo.

23

338
si

CAPITOLO XX.

legge per esempio gi nelle prime pagine, a proposito

d'

uno dei

tanti

drammi
distinti,

italiani.

Quindi FiXeo? xal tp^oq non sono due sentiCorneille, tanto da credere

menti
che

come pensava per esempio


legato
il

alla tragedia bastasse suscitarne

almeno uno;

ma

sono

cos

le-

gati tra loro


vita.

come

gioco delle passioni nel

sistema

della

Che cosa sarebbe

la piet senza

un

integrante senso

di paura,
aristo-

se

non

sterile filantropia?

(Onde

la

bont dei vari

corollari

telici intesi
sta).

ad avvicinare

la nostra

umanit a quella del protagonici

che altro se non la stessa paura

pu, a sua volta, liberare

dall'ingombro della piet, con

la forza dell'istinto di conservazione,

di appassionato egoismo, di forte attaccamento alla vita che essa ri-

suscita in noi?
Cito la precise parole di Lessing
:

Se Aristotele non

si

fosse

proposto che di insegnarci quali sono

le

passioni che la tragedia


l'

pu
ri-

e vuole eccitare, egli avrebbe potuto risparmiare del tutto


della parola

aggiunta

paura

{^^oq)

e senza dubbio

egli

se

la

sarebbe
lui.

sparmiata perch mai filosofo fu pi parco di parole di


voleva in pari tempo insegnarci quali passioni
gate per

Ma

egli

devono

essere
:

pur-

mezzo

di quelle che sono eccitate nella tragedia

e,

a quesebfuori,

sto scopo, egli fece particolare

menzione della paura.


esistere

Perch,

bene, a suo avviso, la piet

non possa
e'

n a
paura

teatro,
sia

senza paura per noi medesimi, e sebbene la


diente necessario della piet, non
degli altri

un

ingre-

tuttavia reciprocit, e la piet

non

un elemento
la

della

paura per noi medesimi, quindi,


resta, di tutti
i

a tragedia

finita,

piet cessa, e

non

sentimenti in

noi sorti, che la paura d'


spettacolo del male, che

un male

verisimile, risvegliato in noi dallo

ha
al

eccitato la

nostra

piet.

Noi

portiamo
ingre-

con noi questa paura

e,

modo

stesso che ella

serv

come

diente della piet, a purgare in noi la piet, essa serve ora, in quanto

passione che dura per

so

stessa, a purgarsi
:

di

per so stessa

(')

Lo svolgimento
detta catarsi?

un

po' imbrogliato
la

ma

il

concetto chiaro.

in

che cosa consiste allora

moralit della tragedia, e della sua cos

un'immoralit?

Oh no!

moralissima cosa,

ma

tanto fuori dell'orbita delle idee seguite fin qui, che, a prima giunta,

non

ci

accorgiamo che

ci

sia.

Invece Lessing

la

riconosce benissimo

e subito, perch coincide perfettamente con l'idea morale di Spinoza.

gli

manca
375.

il

medesimo pathos

religioso.

() p.

IL

GERIIAXESLMO IX LESSINO E NEL V, ATTO DEL FAUST

339

Questa purgazione - spiega Lessing - consiste nel trasformare


delle passioni in disposizioni virtuose
(').

La

frase

vecchia, di

forma,
(luelle

ma

di significato nuovissimo.
il

Non

si tratta

pi di combattere

sostituendo^

loro contrario: l'amore all'odio, la liberalit

all'avarizia, nella luce,

insomma,

della carit;
ti

si tratta

di

trovare
te,

a esse passioni quel giusto

mezzo che

rende padrone di

nella

pienezza delle tue forze,

immune da

rimorsi e da

rimpianti,

anche

di fronte alla possibilit del delitto concepito con

un

certo timor di

Dio.
il

ogni

virti

- spiega infatti Lessing - corrispondono, secondo


i

nostro filosofo, due estremi fra

quali essa si mantiene.

La

tra-

gedia deve dunque, per mutare la nostra piet in virt, purgarsi dai

due estremi fra


paura.

quali

si

trova la piet; e cos pure deve fare per la

La

piet,

nella tragedia,

non deve'

solo per rispetto alla piet,

purgare l'animo di colui che ne prova eccezionalmente,


quella dell'uomo che ne prova troppo poca.
dia,

ma anche
nella
l'

La paura,

tragedi

non deve solamente, per

rispetto alla paura,

purgare

animo

colui che assolutamente

non teme alcun colpo

dalla sorte,

ma

anche

quello dell'
verisimile,

uomo
si

che, a ogni disgrazia, anche la pi lontana, la

meno

getta in angustie mortali. Cos la piet, nella tragedia,


alla paura,

deve regolare, per rapporto


il

V anima che
paura

si

sbanda verso
rispetto
alla

troppo e
(').

il

troppo

poco;

cos

della

per

piet

Ed
e

veramente questo

il

fondo religioso della tragedia greca:

ne vien fuori quel certo timor di Dio

che non spinge

affatto

uomo

a fare

il

bene,

ma

a inquadrarsi, temperando gli eccessi, nella


1'

compagine del

tutto,

a conquistare quel senso civile che

unica

for-

ma morale

del paganesimo. Questo timor di


di Spinoza,
il

Dio identico
quale
la

all' a-

mor Dei intellectualis l' uomo non altro che

per

il

moralit

del-

suo egoismo resosi consapevole delle sue


identico
al

proporzioni e della sua armonia col Tutto;

timor di

Dio del panteismo goethiauo.

Di qui - proprio
tizza,

di

qui - nacque

il

quinto

atto

del

Faust,

l'atto della catarsi, nella tragedia greca.

Goethe vi

isola e

drammateorica,

movendo, come in

tutto

il

Faust, da

una concezione

quei 'principi- che avevano trovato in Lessing la loro

prima espres-

(')

p. 365.

(-2)

Id.

340
sione critica.
fatta del

CAPITOLO XX.

La

finale disfatta di Mefistofele


cattolico.

non

altro

che

la dis-

mondo

Faust

si

salva dai suoi delitti con

un
Dio;

ul-

timo

delitto

compiuto con

un

certo

spinoziano

timor

di
il

di

fronte a quella nuova, inattesa, paradossale

salvazione,

cattolico

Mefistofele resta con tanto di naso e quasi disposto a convertirsi


egli e a salvarsi.
pi. bel

pur

Fermiamoci a leggere insieme alcune

scene,,

perch

commento a ci che sia la coscienza germanica panteista chiarita da Lessing, non si potrebbe avere che dal suo poeta. Voi vedrete che non a caso Mefistofele veste cocolla, perch egli frate,
e,

anzi frate minore,

del diavolo,

ha sopratutto
tradizionali

la fede nel diavolo

(i

rapporti del diavolo col frate sono

nella

fantasia

reli-

giosa del

popolo);

rappresenta a una a una le idee

del
la

Alaggi.

Faust l'espressione di quelle lessinghiane (o luterane) e


dia,

trage-

terminando

col

trionfo

di

questo,

un

implicito

trionfo del

germanesimo.
le vaste

Kicordate? Faust, ormai carico d'anni, passeggia per


procacciategli da Mefistofele
il

possessioni

quale

credette
sfrena-

di rapirlo

a Dio,
i

facendoglisi satanico servo,


dell'illegittimo,

conducendolo
tutte
il

tamente per

regni
le

incitandone

le

passioni,

aprendogli tutte
statore passeggia

porte della realt.

Ma

mentre

vecchio conqui-

per

le

estreme giornate di sua vita

quella

campana

dei

due vecchietti innocenti - e imbelli


i

- Bauci e

Filemone, viene a ricordargli che, tra

suoi vasti possedimenti,

e'

pure un piccolo bosco


perta di

di tigli,
gli

musco che non


si

una capannuccia, una cappella coappartengono e, non appartenendogli,


Ma,

hanno

il

torto di ricordargli la illegitimit del suo dominio.

in-

nanzi a lui che

cruccia in questo pensiero, ecco sbarcare da una

variopinta lancia, lo strumento delle sue conquiste, Mefistofele,


gli

che

depone

ai piedi

nuovi tesori e nuovi

trionfi.

L'illuso Mefistofele

- r unico cattolico della tragedia - ha paura che, da quel sentimento,

germoglino
susurrargli

il
il

rimorso e

la salvezza e,

senz' indugio, gli


(o

si

china a

suo vangelo di perdizione

che tale egli crede).


ora

Alla

nostra partenza non


porto con
pesce, ora

avevamo che due navi ed

entriamo

nel

una

ventina....
|

una nave

Poca gente ma ardita: ora si prende un cio bisogna non fermarsi a sottoporre al vache
si

glio della pedestre ragione l'occasione

presenta: bisogna abi-

tuarsi a risentire lo stesso contraccolpo morale tanto alla


di

conquista

un pesce quanto

di

una nave]

e,

quando

si

arriva ad averne

le

IL

GERMANESMO

IN IJSSING

NEI. V.

ATTO DEL FAUST

341
quinta

tre,

la

quarta
!

ti

viene in
si

mano

facilmente:

in

quanto
il

alla

guai per essa

purch
il

abbia la forza, questa d

diritto.

Non
di

si

domanda

il

perch e

come.
il

Non

voglio punto intendermi


la navigazione,

na-

vigazione, se la guerra,

commercio,

non sono una


(').

trinit indivisibile [al di fuori del bene e del male]

Faust ascolta accigliato


pi n
tesiani.

il

discorso del maestro che ripredica ne

meno che

1'

<

obduratio cordis di Sant' Agostino e dei Car?

Perch accigliato

Faust dubita forse di s


tanto
che,

Oh no

quel
pro-

discorso, anzi, l'ha ripersuaso di

questo

punto,

rompe. Tanto
lai

si

sente progredito nella obduratio


desiderio.

cordis, che si

cava

cuore

l'

ultimo

Mi assolutamente
Bisognerebbe
quei
tigli

impossibile -

(di dice - andar


ii

pii oltre cos!

che

quei

due vecposla

laggii si allontanassero:

vorrei

per la

mia residenil

za

quei pochi alberi che non mi appartengono mi guastano

sesso del
vista,

mondo.
il

Vorrei,

perch

nulla

all'

ingiro

m'impedisse

appiccar

fuoco laggiii a quelli arbusti: e schiudermi cos

un
con

la^to orizzonte per poter contemplare tutto

quanto ho
>

fatto

un

solo

sguardo abbracciare

il

capolavoro dello spirito umano, po-

polando

col pensiero tutti questi

immensi domini

(*).

(Si badi

Faust contrappone

al fastidio della

noiosa voce dell' Onnipotente

ri-

ordatagli dalla campanella di Bauci e Filemone, la superba gioia del

-accesso considerato

come un capolavoro

dello spirito

umano,

fosse

pur raggiunto con misfatti a giudizio


-tofele crede).

dell'

Onnipotente in cui Mefi-

Mefistofele - ingenuo! - esulta a quell'ultimo desi

siderio di

Faust quasi morente. Se presso a morte quello

mostra

osi coerente col

suo peccato, cos progredito nella obduratio cordis,


egli l'avr

cos lontano

da Dio,
lo lascio
:

dunque vinta contro Dio che


vita......

gli
ri-

disse:

Te

durante la
affatto

mefistofelicamente

sponde a Faust
la
il

naturale che
?

un

fastidio mortale avveleni

tua vita. Chi lo potrebbe negare


rintocco della

qualunque orecchio delicato

campana noioso

e ripugnante.
la

quel maledetto
atmosfera
della

Un don din
era,
si

dirin

don che agita sempre

serena

frappone ad ogni accidente, dalla prima abluzione fino alla

epoltura,

come

se fra din e
inutile >

d(m
(*)

tutta

quanta la vita non fosse che


pro-

un sogno vano ed

(Egli, frate, persuaso che sia

(')
()

Goethe: Faust atto V, scena


Id.
(3) Id.

III.

342
prio cos)
('),

CAPITOLO XX.

E, intanto,

s'

affretta a eseguir

l'

ordine non
appicca

dimentiil

cando di dargli fosca forma


alla selva dei tigli (Faust

di delitto.

Non

solo

fuoco

contempla dalla finestra e fieramente pensa

che, al posto di quella selva, far sorgere

un magnifico belvedere
li

quei due vecchi


mi);

si

consoleranno, anzi, della clemenza che

rispar-

ma

uccide Bauci e Filemone e un forestiero, frappostosi a dii

fenderli, ne butta

cadaveri nell'incendio della


di

selva,

depone

sul-

r anima

di Faust

V epilogo

Difatti subito

un ultimo delitto. dopo viene la morte. La notte della morte


il

di

Faust
ca-

la scena culminante per


tarsi

suo riferimento alla sostanza della

come

epilogo della tragedia.

Al

letto

del peccatore, che

non ha

espiato mai, la Morte preceduta da quattro fantasmi cui,- nel

mondo

vecchio, affidata la punizione per le gioie e


duti
:

beni iniquamente go-

la Colpa, la

Penuria, la Miseria,

l'

Affanno.

Ma

quattro fan-

tasmi cristiani trovano la porta chiusa e ristanno


scorati

innanzi
(per

ad

essa
al-

d'uno scoramento veramente


di

mefistofelico

rispetto

l'anima

Goethe).
infatti le tre

Dicono

prime

Quando un uomo

arrivato

essere ricco e potente, che cosa possiamo noi su di lui ?


(Nelle pie credenze la farina del diavolo va in crusca e la catastrofe colpisce visibilmente
il

reo vittorioso nonostante la sua forza).

Ma

le tre

prime dicono:
tre)

{A

L' entrata chiusa e sarebbe inutile sperare che

l'

o-

spite ce l'apra.

non vogliamo andar dentro. La penuria: Ricco? L dentro io non sarei che un vuoto fanricco,

Qui abita un

tasma.
La. colpa:

[come riconoscimento
l'

legale del

male commesso]. Io

vi sarei ridotta a nulla [perch

uomo

ricco e potente anche forte

socialmente ed l'espressione del diritto].

La

miseria

[come sconcertante

e minaccioso

spettacolo

dell' in-

digenza altrui].

L'uomo amico
.

della fortuna distoglie con

orrore lo

sguardo da

me

(Cos queste tre forme di giustizia pi o

meno
s'

visibile, rinunla

ciano scornate a varcare la soglia del morente. Resta la quarta,

punizione intima, che non

si

vede,

ma

a cui

appiglia e

s'

appella

(*)

Cfr.

BoKGESE

La

disfatta di Mefisiofelc (Firouze 1911, p- 97-99) dove


dello

chiosata questa ripugnanza

stesso

Goethe per

lo scorante

suono

delle

campane.

IL

GERMAXESnrO

IN LESSDfG

E NEL V. ATTO DEL FAUST

343

la

buona fede

del

mondo, quando
:

delle

prime

tre

non pu riconovarcare

scere traccia). Difatti dice


L' AFFANNO
:

Voi,

sorclle,

non

potete

certamente

quella soglia: n ardireste di farlo: l'affanno solo potr entrarvi dal

buco della serratura

(Cos entra, celatamente

s'insinua

nell'animo

di

Faust,
dalla
e,

e vi
co-

tenta la prova di quella sua missione punitrice affidatagli

scienza popolare. Ma, ai primi esperimenti, Faust insorge

allora,

impegna

tra

l'

Affanno,
il

figlio

dell'Assoluto cattolico, e la coscienza

panteista di quello

contrasto d'

una scena

tra

le

pi

espressive

del pensiero goethiano).


<

Faust

Ol,
:

e'

qualcheduno >
>

L' AFFAN'NO

Precisamente

Faust:
<

chi sei tu?.


:

L'affanno
:

Sono
via di

io .

Faust

Va

qua

>

cL'affan'no: Devo rimaner qui.

(E

difatti si

prova a parlare quel suo linguaggio di rimorso cbe


Ricordate quel pen-

Ai attribuisce

la coscienza dei trascendentalisti.

>iero di Alalebranche sul

rimorso di Alessandro e di Cesare),

L' affan"no

Se
al
il

l'

orecchio non sente la mia voce, io parlo some,

messo sommesso
quanto
sia

pensiero:

cangiando spesso

forma, dimostro

grande

mio

potere.

Cupo

e pallido vengo ad ogni istante


e,

senza essere invitato e sto


cui

al vostro fianco;

nel giorno stesso

in co-

l'uomo mi ha maledetto,

lo

vedo pure a vezzeggiarmi.

Xon

nosci tu ancora l'Affanno?.

(Faust risponde con parole panteiste: l'unico affanno la vechiaia,

che impedisce di andar pi

oltre

nella

strada

intraprasa

U poter ancora peccare),


Faust
lesideri
Ji
: :

Io percorsi

il

mondo

intero, soddisfacendo

miei tanti

tutto

quanto

ini

sembr inutile al bisogno della mia vita


lasciando

da me

respinto e disprezzato:

sfuggir ini
desiderio,

di

maio

tutto ci che

non fui capace di


desiderio^ ecco la

trattenere. Il

l'azione,
florida,

poi ancora

il

mia

vita. Allora

essa

era

maschia, possente ed attiva, ed ora invece essa pigra, pensosa, in-

capace di soddisfare
'

suoi mille desideri. Io conosco tutta la

terra

so pure che

miei rimpianti avranno un fine con l'estremo oriz-

zonte. Folle colui

che cerca

la luce

con
le

le

ciglia

offese,
il

che

si

tormenta e sogna

il

suo simile, oltre

nubi, oltre

sole!

Insen-

344
sato! Tolga muta per il
egli lo

CAPITOLO XX.

sguardo intorno e

si

fermi: la terra non mai

saggio.
egli lo
il

Perch vuol

egli errare nell'etereo


al cielo.
s'

vuoto?

Ci

che egli

sa,

apprende senza rapirlo


prosegua
e il

Ch' egli cammini

cos durante

breve tempo chiamato

vita, e, la

egli scorge nell' aere

sereno degli

spiriti vaganti,

sua via senza


i

meravigliar-

sene: egli trover cos la felicit

dolore: lui

cui istanti sono

anticipatamente condannati.
(Posti cos a fronte

due mondi, Faust e


si

l'

Affanno non

s'

intendi

dono

pii.

L' Affanno, che

credette pi forte,
d' udirsi

almeno nella morte,


:

queir impeto
basta, esci
!

vitale, resta attonito

gridare da Faust

Basta,

e aspetta che Dio intervenga e faccia

crollare

quello

neir Averne).

L' APPANNO
presto ?

Egli non m' intende

che fare

devo

io

nare

pii

bra perplesso.

Oppure tocca Dubita, teme ed


lui,

forse a lui di fermarsi ? Egli


il

cammimi semsi

coraggio gli fa difetto

l'

abisso

spalanca dinanzi a

vede

il

male che
:

lo travolge; egli riconosce


il

distintamente le sue angoscio e le altrui


strozza. L'infelice

respiro gli
in

manca

nella

non sa
la

non pu
ancora.

dire

se,

questo
il

martirio,
lo

r animo

suo

dispera o crede
libert,
e,

L' indolenza,

rimorso,

stento, la schiavit,

breve sonno, amaro

risveglio;
egli
si

cos

scorre per lui la vita:

compita la catena dei guai,

vedr

cadere nell' Averne


Faust
:

.
!

che ? Spettri schifosi

dunque
sciagure
?

fatai

destino

che
de-

voi tormentiate cos la povera razza


stra

umana? che

perseguitiate la no-

povera esistenza
ci

con. tante orribili


l'

Abboniinevoli

moni che

state

sempre dinanzi,

uomo

cerca invano di difendersi


e

da voi che

lo

avvinghiate sempre pi
i

forte,

non

vi forza

n ar-

dore che possano spezzare

vostri crudeli lacci.


il

Eppure, o affanno,

per quanto grande possa essere


vuol riconoscerlo
.

tuo potere,

il

mio

spirito

non

l'Affanno a vedersi ricacciato che fa? Prima di allontanarsi


Il

acceca Faust.

simbolo? Chiarissimo. Al sentirsi divenuto cieco Faust


e,

potrebbe vacillare nella sua fede panteista


lico,

come

fa

il

volgo catto-

che attribuisce

le disgrazie casuali

o della

vecchiaia a giudizi

di Dio, attribuire a
di castigo.

un puro fenomeno
fa egli allora? Si

fisico valore di

ammonimento
fatto,

che

prepara a un ultimo gran


lui.

se

non

misfatto:

effetto della

vera catarsi avvenuta in

Egli pensa:
io

io sento

che ho ragione perch questa forza in


l'

me
!

ed

voglio
:

cercare di attuarla lino in fondo nonostante

affanno

Non

dice

io.

IL

GERMAXZSIMO

ES'

LESSINO E NEI. V. ATTO DEL FAUST

345

presunto peccatore, sono


hegeliano
elli,

il

sale del

mondo, come direbbe un gentile


i

latino alla Oriani,

ma, chiamando a raccolta


vanga!
alle pale!

suoi

vas-

dice: Ol,

mano
la

alla

alle picche!

Coraggio!

Siate solleciti ad ubbidirmi che


si

ne avrete un giusto premio. Perch


(Che vuol
dire

veda compiuta

pi grande, la pi sublime delle imprese, basta


solo per mille
:

una mente ed un braccio


nel mio, riduco al

(').

la

realt creazione dello spirito

in

nome
altri

di quella forza

eh' io sento
se,
i

mio volere mille

uomini, indifferente

per

giungere

al fine,

dovr calpestare qualche Bauci e Filemone

quali

mi appartengono....

risfider l'Affanno cos).

Mefistofele (l'ingenuo!) accorre a rendergli anche questo servigio, beato e sorpreso di trovare nel

suo

discepolo
s'

tanta

febbre

di

perdizione in articulo mortis. I suoi


piere

Lemuri

apprestano

a com:

r ultima

folle

impresa di Faust, cantando

il

ritornello satanico

Al lavoro con teco moviam,


che
si

voglia gi in parte sappiam

questo largo paese ove siam


occupar, dominare, dobbiam ....

Il
li

morente Faust,

si

ravviva di beatitudine a quello

spettacolo
e,

conquista e di forza, sogna grandezze e trionfi nuo\i,


si

in quel
di
vit-

sogno,

spegne dimenticando quasi


che non credeva cos

la

morte tra

la meraviglia

Mefistofele,
toria.

facile e

senza contrasto la sua


d' di

Costui ne

commenta

confessore, che, da quella

la fine proprio con l' animo non mai cessata ebbrezza

un ingenuo
Faust,

da
del-

quella
l'

non domata frenesia


di

di beni terreni, ricava

la

certezza
satira di
:

abbandono

Dio e della dannazione. Neil' esoterica

Goe-

the, Mefistofele frate, frate autentico, sul tipo di fra

Caldino

quella

eh' egli gli

mette in bocca davanti

all'

agonia di Faust una di quelle


fastidio,

filastrocche cattoliche che gli

davano tanto
lo

Mefistofele: Nessuna volutt


soddisfarlo: egli

sazia:

nessuna

felicit

pu

insegue nella sua demenza forme impalpabili; l'ull'

timo istante^ misero ed abbietto,


h non passi
trascinato dal
gio
si
:

infelice

vorrebbe abbrancarlo per-

ma

colui che parve s


:

cora^ioso nel resistermi vien


l'

tempo

il

vegliardo giace l sulla nuda terra,

orolo-

ferma

(^)

Scena V.

346
Il coro

CAPITOLO XX.

L' orologio

si

ferma

egli silenzioso

come

l'

ora di

mezzanotte

Mepistofele

Cade

e tntto

.
.

consumato.
Finito

Il coro

Tutto finito

Mepistofele: Finito! stupida parola! Perch finito?


nulla sono la stessa cosa.

Ohe cosa significa dunque reterna creazione, se tutto ci che venne creato deve ridursi nel nulla? [Condanna del panteismo fatta da Mefistofele]. L tutto finito. Che
cosa si deve conchiudere con ci ? Che

ne pi ne meno come se

non

fosse

mai

stato,

eppure ci

s'

agita e si
il

qualche cosa. In fede mia,

io preferisco

muove come se mio eterno vuoto


:

fosse
(').

Dunque, per
appena scappi

il

Mefistofele,

Faust morto dannato


al

ond' egli e la

sua ciurma stanno sospesi intorno


fuori.

cadavere per ghermirne l'anima


il

Mefistofele si tocca in saccoccia

patto famoso

titolo

scritto col

sangue

Senonch, tra

la

meraviglia di lui e
l'

della ciurma, cori d'angeli scendono dal cielo ad accogliere


di Faust.

anima
po-

Qui avviene quella che


essa

il

Borgese chiam

disfatta

(*),

si

trebbe chiamare forse meglio tentata conversione di Mefistofele: perch

una vera

e propria tentata conversione al panteismo del diavolo

cattolico.

Ora
e'

si
il

scopre che

presunti peccati di Faust non erano


la

tali.

Furono anzi
di quelli,
il

suo merito e

sua purificazione, perch,


panico amore
:

alla radice

era non colpa,

ma un

e chi giudica

non

Dio

cattolico,

ma

il

Dio

di Spinoza. L'ironia

deve aver gorgoche


Mefi-

gliato a

Goethe nell'aniina a questo punto, quando fece

stofele s'accorgesse

dell'enorme granchio preso; d' aver lavorato per


delle

Dio
ta....

col mettersi

a servizio

passioni
:

di

Faust.
lo

Perfino

Dio
la vi-

(quello panteista) lo

gabb quando pattu


:

Te

do durante
gli

sottintendendo

per suo

comodo
s'

e perch tu

faccia

da

servitore,

non per averlo dopo

morto.... . Ricordate? Allo scendere

degli angeli lo sfatato Mefistofele

accorge che la partita perduta.


quatti
quatti!

Mefistofele:

....ecco che avanzano

Canaglia!
dalle

dire che io lavoro spesso per loro,


la gi

e che

mi

strapparono

mani
e ci

ghermita preda. Noi abbiamo, per agire,


le

le stesse arti,

facciamo guerra con

stesse
.

armi:

essi

sono

demoni come

noi,

ma demoni
(')

incappucciati

Scena VI.
Op.
cit.

()

IL

Gt:RMANESniO IN LESSINO E NEL V. ATTO DEL FAUST

347

Ecco

la convei"Sone

che Mefistofele spiega partitamente nelF ulil

tima scena e che ha l'aria d' essere

nucleo originario del Faust.


:

Adesso capisco - dice Mefistofele -

io e gli
;

angeli

siamo

la

medesima cosa
v.jlte.

il

bene e

il

male non esistono


egualmente

voi, angeli, siete, a


!

pi diabolici di

me

e io sono pi angelo di voi

(Le passioni

le

volont dei
egli,

cartesiani sono

pregevoli!).

Che cosa

opre
"

infatti,

a contatto con gli angeli che cantano solo amore

raggiano soltanto luce?

che cosa intendono


si

essi

cantando

che sol

consente

r eterno splendor
all'anima ardente
nel foco d'

amor ?

Vuol dire che Amore non soltanto luce e splendore, secondo


la

sua vecchia, stolta opinione fratesca,


ribolle nelle vene, proprio
10

ma

anche fuoco che brucia


passioni
del

'

come fanno
e'

le cos dette
i

Inferno; vuol dire che l'Amore ha anch' esso


(i

suoi tormenti e

suoi strazi

suoi odi anche) e non

bisogno (o possibilit) che


(in-

Dio scenda a dividerlo con barriere dal male, essendo Amore


so in questo senso lato)
vita
il

movente

di tutte le cose. Esso ha, nella


i

medesima e nei suoi


la vita^

effetti, le

sue punizioni e

suoi premi,

e,

dopo
bolico

quanto pi l'anima

si

sar consumata in
si

questo

dia-

Amore, tanto pi naturalmente

ricongiunger al Gran Tutto

he Dio.

Dunque

la vera catarsi del

cuore

umano

di poter amare
il

uza adombrarsi dei rimorsi e del male. Questo mi pare


'10

significato

di

queir ultima confessione di Mefistofele, quando

si

trova fra la

cerchia luminosa degli angeli.

Mefistoflxe

Tutto

il

cervello in fiamme,

il

sangue mi bolle
che
diabolico
!

nelle

vene: questo elemento veramente assai pi


stesse dei

vampe
prendo
conoscere

dannati sono assai meno


o voi

ardenti!

Ora com

gli spasini dell'amore.


il

Poveri arnantif Ora


:

mi

dato di

martirio che vi strazia


atto,

il

cui cuore

sanguina
perdono e

a ima parola, a un

un

sorriso di colei che idolatrate; voi


il

che turbati e malinconici, implorate, torcendo

collo,

il

la grazia di colei nell' istante in cui ella vi disprezza

maggiormente.

Ed
'

io,

per qual destino sono congiunto alla vostra misera schiera?


^

Amore non

ti

giurai

io, forse,

sguardo svenevole non forse per


incognita dolcexxa invade ora

un odio implacabile? Quel tuo me un atroce supplizio? Quale l'animo mio! Da che cosa proviene

348
il

CAPITOLO XX.

piacere che provo guardando

il

nobile aspetto,

il

volto, le
d'

venuste

e candide

membra

di
il

questi garzoncelli dai capelli

oro

Perch

non saprebbe ora

oggi sono cos fatto

?mo labbro proferire ima bestemmia? Ma se ludibrio dell' arte magica, chi adunque sar pii

pazzo in avvenire?

Non

importa: sono troppo


.

belli

quei bricconi che

ho odiato finora

[Agli angeli]

miei vaghi giovani, non vi spiac-

cia rispondermi ;
via, venite pili

non

siete voi

pure della raxxa di Lucifero


perch io voglio
stringere

Or
le

vicino

ancora,
belli.

fra

braccia voi cosi freschi e

Al

diletto

che provo nel solo vedervi,

mi sembra

di aver gi vissuto in vostra


vi trova

compagnia
amabili,

Pi

il

mio
e

oc-

chio vi contempla, e pi esso


seducenti, e le

aggraziati,
io

teneri,

polpute e morbide
le

vostre

forme

ammiro

vase-

gheggio sempre pi: e pi


greti desideri del gatto che

mie ardenti vene divampano dei

va in amore. Di grazia:
avvicinano
si
s'

avvicinatevi e
!

volgete verso di

me uno

sguardo almeno dei vostri vividi occhietti


(anch' essi

E come

gli angeli si

un

po' sorpresi e

incerti) la rivelazione si

compie e
Questo

esprime

avviene una specie di

ipostasi fra essi e Satana.

accorge di diventare angelo suo


loro.

malgrado, perch
e
e'

egli

non poi diverso da

Amore
sapeva),

passione

un fuoco pressoch

identico nel presunto bene e nel presunto

peccato. Satana anche lui

angeli sono anch' essi dei


fele
il

un angelo (e non lo demoni. Dopo una tale

come

gli

scoperta,

Mefisto-

prende una satanica confidenza con quelli e dovrebbe essere qui


Mefistofele

valore poetico della scena oppressa dal simbolo.

Ah

fattucchieri, voi

siete

avvezzi a chiamarmi
sortilegi, o in!

demone,

mentre

siete cos furbi e

pratici a tessere

cantatori d' uomini o di


forse questo
il

donne

Oh
e

maledetta

avventura
?

Sarebbe

solletico

dell'amore? D'amore....
siete belli
perfetti,

Tutto

il

mio corpo
volutt
lan-

in fiamme.

Oh! come

o angeli

di

Yorrei solo vedervi prendere atteggiamenti pi


guidi....

mondani e pi

Che, che!

Tu mi sembri un vagheggino

pretto e consumato,

un gran furbaccio! E, quanto piti s' avanzano le tue lezioni, pili ti vedo fatto a mio genio; sebbene io abbia in uggia quel tuo fare da chierico. Guardami con occhio un po' pi smaliziato.... .
tu

Senonch, mentre
perta,
il

egli si
si

compiace e
e,

si

esaspera nella sua scosal-

coro d' angeli

separa da lui

cantando l'inno della


rapisce

vazione intorno al cadavere di Faust, ne

l'anima

(la

mo-

nade) e la ricongiunge vittoriosa a Dio


invece, resta diavolo.

(al

Gran

Tutto). Mefistofele,

allora egli capisce la differenza tra s e gli

IL

GERMAXESIMO IX LESSING E NEL V. ATTO DEL FAUST

349

angeli,

come

se avesse letto Spinoza. Egli lo spirito che nega, lad(e Faust) spirito

dove quelli
a Faust

sono

lo spirito

che afferma. Ci eh'

egli ispir

come

che nega, quello attu come spirito che afferma

e divenne simile agli angeli.


cui parla Goethe, fratello
all'

Questo

il

famoso timor di Dio


inteUectualis
di

di
;

Amor Bei

Spinoza

che vuol dire operare senza scrupoli e senza costrizioni di s stesso,

ma con

spontaneit e non con volont di violare


frate,

l'

armonia del Tutto.


assoluto

Questo manc a Mefistofele

credente nel

Bene come

e quindi impacciato in ogni atto dal male, e fu la vittima di Faust,

povero demonio sfruttato da Dio. Credette di lavorare a conquistare


per s Faust,
e,

d' atto in atto,


la

di servigio in servigio, lo conquist


si

sempre pi a Dio, finch


zione di quello.
<

beffarda verit gli

rivel con la salva-

Mefistofele

Quest' orribile
dalla

spettacolo

mi richiama
;

alla
d'

ra-

gione, e sapr trarre profitto


poi staremo in guardia....

lezione, o sciagurati

ora

in

sciocco, o zotico
!

che

ti

lasci
:

sorpren-

dere cos da un piccolo drappello di fanciulli


e portano lass quel tesoro che tu, o
folle,

Guarda

essi

fuggono

non

sapesti

difendere.

Ti alfine chiaramente palese eh' essi vennero dall' oriente tratti dall'

odore di questo ghiotto boccone. [Frase tanto pi naturale in


si

lui

dacch

accorto che gli angeli gli somigliano].


ti

L'anima
e
!

legata
cos

a te con un patto
perdi
il

fu da

essi
!

rapita

silenziosamente,

tu
chi

maggiore dei tuoi beni


il

lo perdi

per

sempre

Oh
ti

potrebbe renderti
anni, o Satana,

tuo diritto, o miserabile ? Sebbene inoltrato negli


ti

essi

hanno

ingannato e deriso.
il
(i\

ben

sta

confessa chiaro e tondo che in quest' impiccio


quello di

tuo

contegno fu
ispirato

r Proprio cos: quel delitto contro


.

uno stupido

Filemone e Dauci
piet

|aust per farlo dannare, e compiuto da questo con timor di Dio, fu

sua vera catarsi della


ella silo

paura e della
il

come intiepidimento
nella
libert

fede nella vita.

Fu

trionfo di quell'altra fede

spirito per cui resistette alle larve cattoliche dell'affanno, agli


alle

ttri,

apparenze della punizione divina

si

salv.

Per

la con-

iria
)fele.

ragione la paurosa credenza


Faust, in filosofia,
;

nell' assoluto fu la disfatta di Mefi:

il

luteranesimo degli intellettuali


il

in arte
il

ssing

Mefistofele, in filosofia,

cattolicesimo

in arte

mondo

Itine discendente dal

Maggi.

(')

Scena VII.

350
Il

CAPITOLO XX.

che a

me

pare rigorosamente

esatto,

purch

s'

intenda

con

quella discrezione che la forma della sapienza. In questo senso si

pu non

dire che, col leggere a questo punto la


s'

conclusione

del Faust,

interrompe la trattazione del pensiero di Lessing,

ma

la si in-

tegra.

Giunto a quella parte della tragedia,


il

il

quint' atto, da cui era

proprio nato

fraintendimnto latino, Goethe, in quel posto stesso^


follia cattolica

d forma poetica a quell'irrisione della

che aveva gi

trovato in Lessing un' espressione critica altrettanto ironica.


ch, a questo punto,
la questione

Ma

poi-

letteraria si
i

tocca e

si

confonde
di

con
tutta

il

problema dell'uomo, attinge quindi

presupposti

filosofici

r opera, non credo che alcun sar tanto ingenuo da domandare


per quanta parte Goethe volesse fare satira
let-

che

gli si specifichi

teraria e per quant' altra, satira

umana.
si

un' altra questione uno non

sentirebbe

di

risolvere.

Che
cielo

Goethe vedesse chiaro

lo spiccare di

Lessing sullo sfondo del

latino e in contrasto con quello, sicuro,

come

sicuro che

il

Faust

la glorificazione della libert germanica in contrasto con gli assoluti

di

Roma.

Il

Faust

si

l'

opera pi rappresentativa del germaned'

simo moderno e che oggi


in vero conflitto

possa parlare

una Germania attuale

con

l'

indirizzo goethiano cosa che


si

non persuade.
,

Ma

quello che

uno non

sentirebbe di affermare,

si

fino a
il

che

punto, nella satira del pietismo, Goethe avesse di mira

cattolice-

simo

alla

Maggi, e fino a che punto v'includesse quel luteranesimo


ritardava
il

ancora inconsapevole di s e quasi trascendentale che


proprio fatale evolversi verso
il
il

panteismo:
Borinski.

quel

dogmatico
possibile

lutera-

nesimo

alla Rist di cui parla

(').

che

qui,

{')

Perci forse bisogna spiegar meglio perch Mofistofele frate minore e perch

in lui, probabilmente, scorre

una goccia

di

sangue

italiano.

Viaggiando in

Italia

Goethe fastidiva oltre ogni dire quel grottesco cattolicesimo che non era riuscito a
rifarsi classico nel

rinascimento. In Assisi

si

trova male.

IjO

immani
1'

costruzioni

dello chiese

dove

s.

Francesco riposa, babilonicamente ammonticchiato

una

sull'al-

tra, le lascio alla

mia

sinistra con nausea per corcare

il

tempietto antico della Mi-

nerva

Questi giri di walzer erano la sua ermeneutica italica perch egli viagil

giava portando nella valigia

manoscritto

dell' Ifigenia in

Taurido

da leggere
stri-

clandestinamente alla sant' Agata

di Raffaello.

Immaginatevi come dovevano

dere ai suoi ocelli oltre a (luelle babiloniche costruzioni pietiste, tutte quelle nicchie, quelle croci, quelle spettrali visioni d' inferno e di purgatorio che infestano
i

crocicchi e

muri per

le

contrade

d' Italia

e che sono (e furono) cura particorefrattari al rina-

lare dogli ordini mendicanti, in primis dei frati minori, cos

.scimento, cos vicini, con le loro abitudini, alla vita del popolo.

quelle mani-

IL

GERMANESIMO

L\ LESSINO

E NEL V. ATTO DEL FAUST

351

come
fosse

in

tutto

il

Faust del resto, e

nell'

ultima scena in ispecie, vi

un accorto
di tutti
i

e veramente mefistofelico (in senso latino) travesti-

mento
all'

vecchi ordegni religiosi in ordegni panteisti, conforme


si

auspicio con cui

chiudono

colloqui con
al

Eckermann e che a me
nell'

pare cos identico, nello spirito,


rallelo,
l

Faust. Forse quell'auspicio pascene,


e,

cronologicamente, a queste

uno e

nelle

altre,

'lilla

quel rispetto alla ragion di Stato cos pregiata da Goethe.

Ma

Lessing - per conchiudere con lui e col germanesimo - non

aveva sottomano un Faust e tuttavia cercava, dalla sua poltrona, sul


palcoscenico di

Amburgo qualche

cosa che glielo facesse presentire.


gli fece capire
italica

trov, per esempio,

un prologo che
quell'idea

come

si

poteva

interpretare germanicamente

d'un

teatro che riu-

scisse sussidio della legge in funzione di repressiva minaccia.

Avesse
al pro-

o non avesse presente Lessing qualche nostro Varchi o De-Nores, egli


arresta

commosso come

al

primo vagito del teatro germanico,

logo di queir ignoto poeta concittadino le cui idee in proposito stanno

a quelle dei nostri come Mefistofele a Faust. Il prologo, di per s solo, non dice molto veramente ma Lessing, col suo commento, ne integra
:

il

significato, e lo

conforma
il

alla

sua generale

interpretazione

della

tragedia,

nel mettere

non l'uomo in guardia contro s stesso, ma nel ravvivargli questo sentimento d' armonia col Gran Tutto. Povero quel paese - diceva il prologo - che non ha, per tenere il posto delle virt,
se

come

gi frainteso finalismo dell'arte consistesse

che un codice di leggi


delitto manifesto!

Le

leggi che

non sono un freno che per


ispirano a loro

il

Le

leggi cui si fa parlare il linguaggio dell' odio,


l'op-

quando

l'interesse, l'orgoglio^ la parzialit,

festazioni

murali sono espressione fedele della loro

religiosit.

Orbene,
fede

costoro

parlano della religione tal quale

come

Mefistofele, cio con

una

illimitata

nel peccato, nel diavolo e nella dannazione, senza alcuna vagliata dottrina religiosa, senza

neppure quel controllo dogmatico che

si

ritrova negli ordini dotti

pensate a fra Caldino e a fra Fazio.

Non

a caso Mefistofele, invece d' essere

un

'ogo raffinato, ingenuo e fanatico quali

dovevano apparire a Goethe costoro,


1'

sto si ricorda a chi trovasse troppo recisa


"e

affermazione

che

Mefistofele

minore in

istretta parentela

con fra Caldino. Quanto poi

di ricordi italiani

vesse nel pensiero del poeta che lo tratteggiava, questione che


era per conto suo, a seconda dell' idea che
l'

ognuno

ri-

si

sar fatta di Goethe, a seconda

importanza che vorr attribuire

alle impressioni

da quello riportate in

Italia.

352

CAPITOLO XX.

pressione anxich la saggezza di Solone


conie e le esagerazioni degli
Italiani,

(').

E, contro le

malinLessing,

aveva
il

ben

ragione

affermando che

il

prologo considera

teatro

nella
delle

sua

pi

alta

dignit perch lo mostra


delle cose, nella vita

come complemento

leggi.

Vi

sono

morale degli uomini, che, a considerare

la loro

influenza immediata sul bene della societ, son troppo poco


tanti e di natura troppo variabile per poter cadere sotto lo

impor-

sguardo

della legge.

della legge

Ce ne sono altre, per compenso, che tutta la potenza non saprebbe raggiungere cos incomprensibili nei loro
:

motivi, cos mostruose in s stesse,

cos

enormi nelle loro

conse-

guenze, che sfuggono intieramente alle previsioni della legge e


potrebbero essere previste nei loro caratteri
Il
(^).

non

che vero e profondo per

tutti

senonch Lessing intendeva


prologo

queste cose in
infatti

modo

diverso da noi: e quel tal

affermava
alle

che

il

teatro

d'Amburgo

era

destinato a ridare

scene

quello stesso valore morale che esse avevano in Atene.

Ma

nessuna

cosa potrebbe tanto lumeggiare questo diverso


verit

modo

d'

intendere una

comune, il contrasto che si veniva accentuando fra latinit e germanesimo - destinato non ad appianarsi ma a ingigantire nel futuro - quanto
il

vedere quali erano, fra


i

contemporanei
se
il

latini, quelli
il

contro cui Lessing tirava

suoi

strali.

Varchi e

De-Nores

eran morti, sapete chi erano, per


del loro clericalesimo, per dir la

lui,

successori di quelli, gli eredi


Inorridite:
il

parola?

si

tratta

del

signor di
tragdie

Voltaire

E come
(ci

rideva a leggere

Discours

sur

la

di costui

'trovava lo stesso

spirito

che
fosse

in

quello

di

come gli pareva che la Germania Grecia rediviva! Che se ne facevano i Tedeschi
Corneille!) e

davvero

una

delle sentenze morali

onde
lit

Latini infioravano le loro scene per una loro fede nella moraverit assoluta e

come

non immanente
e

negli individui?
cattolico

Roba
egli

inu-

tile e

senza valore! Vedete Voltaire?

Da buon
si

crede

che

le passioni siano

un male

non

purghino da so

stesse.

Onde,

appena rappresentatele, nel loro moto e nei loro

effetti,

come
con

im-

paurito da questi e dal possibile contagio, corre ai ripari

sen-

tenze morali, con pene tosto conseguenti al delitto e premi alla virt.

segno tale che

egli,

con tutta
i

la

sua

avversione

per

l'inverosi-

mile e l'irrazionale - onde

suoi

dispetti

a Shakespeare - talora,

(')

p.

;l>.

p.

341.

IL

GERMANESniO

LV

LESSINO E NEL V. ATTO DEL FAUST

353
Semiraas-

per salvare questo fine,

si

riduce a far peggio: cos, nella

mide,
surda,

si

rassegna a riesumare l'ombra di Xino,

artisticamente
la

pur

di

ammonire, in qualche modo,


i

che

Potenza

Su-

prema mette
ossia aveva

in chiaro e punisce

delitti occulti,

(').
l'

facendo forza ma-

gari alle leggi eterne della natura


il

Voltaire,

dunque, era
scopo

prete,
la

torto

di

considerare

ultima sentenza che forma


lo

conchiusione di alcune tragedie degli antichi come


deir insieme
rato
i

unico
supeglieli

dire che

il

signor Voltaire credeva di aver

Greci appunto per quel novello


!

moralismo latino

che

rendeva incomprensibili

Lessing qui non aveva

torto.

Quel finalismo
elaborato
era
cos

dell'arte

nato da
le

on sentimento
brazioni
del

di alta religione,

ma
s'

attraverso

elucunoi, cre-

Concilio di

Trento,

accentuato
costui

fra

aveva cos oppressa


duto investito
d'

l'ispirazion

del poeta,

che

s'era

un'

enorme responsabilit morale e


s'

civile.

In proriforma

gresso di tempo, poi, nel settecento,


della raison, se era

era

veduto

che

la

riuscita a mitigare e palliare le difficolt pratilo spirito


;

che,

non aveva punto mutato


letterati italiani.

l'

arte

rimaneva inviscata
l'

in queir intruglio di pregiudizi e di tormenti in cui

avevano messa
il

dapprima

Con

quali, naturalmente,
noi,

sarcasmo
di
;

di Lessing non ha ritegno. Egli rinterza, per


ipocrisia eh' egli

quell'accusa
la

aveva riversata a piene mani su tutta

latinit

e la conferma a proposito di

un grande

e purissimo

italiano,

Ga-

sparo Gozzi, che,

se,
ai

per audacia di pensiero ed energia di

lavoro,

certo inferiore a Diderot -

vulcanici uomini del settecento francese - penso

per equilibrio di giudizio, finezza di sensibilit psico-

logica, avversione agli eccessi del sentimento e del pensiero,

occupa

un posto
Lessing
:

di
Il

primissima

linea.

Eppure

vedete

come
che

lo

giudicava

conte Gozzi ha data una versione in italiano bellissimo

ed elegantissimo della Zaira di Voltaire. Dopo


colpito col pugnale, Voltaire gli fa dire

Orosraane
parole

s'

ancora
fa

alcune

per

rassicurarci sulla sorte di Nerestano.


j

Che

Gozzi?

Da

Italiano aucos trau-

tentico, egli

ha pensato che un Turco non doveva spirare

'!

quillamente. Egli mette ancora in bocca del Sultano una tirata piena
di declamazioni, di gemiti e di disperazione. Io la

citer

iti

noia

per la singolarit del

fatto. Si

veramente sorpresi

di vedere

quanto

(')

p. 58.

ToFFAMN.

Za

fine

ckW umanesimo.

24

354
il

CAPITOLO XX.

gusto tedesco s'allontani dal gusto italiano. Per gli Italiani


lungo.

Vol-

taire troppo corto: per noialtri Tedeschi troppo

Appena
egli

Orosmane ha
s'

detto

Io

l'

adorava e

l'

ho vendicata
il

appena

dato

il

colpo mortale, noi lasciamo calare


il

sipario.

Ma

pro-

prio vero che


sti

gusto tedesco voglia cos?

Non

facciamo noi di que('),

tagli in parecchi

drammi

Ma

perch

li

facciamo noi ?

qui Lessing viene a parlare del gusto tedesco e del teatro e

degli attori

come erano

allora, e finisce

con

lo spiegare

con ragioni
vera egli

tecniche quest' abitudine costante.


la diede

Ma

la ragione psicologica

poco innanzi in un caso consimile, con frase piena di acerba

ironia

Gli Italiani sono molto amici della giustizia in poesia


:

{").

Proprio cos
deschi,

con Lessing e gi molto progredita presso


idea

Te-

quella

vecchia

che

la

moralit dei Latini

e degli

Italiani in ispecie - ipocrisia:

idea che diventer vera e

propria
con-

teoria nel

secolo

successivo e che
di
essi

trover
ai

da noi

il

perfetto

trapposto neir accusa

cinismo mossa
sono Faust.

Tedeschi. Per costoro noi

siamo Mefistofele ed

Ma, prima
tanto

di Cartesio e di Lessing, s'era gi


i

levato

un poeta
di rico-

a veder fondo in questo mistero con


il

suoi occhi di poeta. E, in lui,

romanticismo latino che quello germanico crederanno


il

noscere

loro legittimo precursore: Shakespeare.

(')

p.

80.

(2)

p.

62.

IN INGHILTERRA

AMLETO

CAPITOLO XXI.
Amleto.

-oMMABio.

1. L' Inghilterra
-

di questi

anni

Ck)me vi

giunse

il

classicismo

di Francia e d' Italia


tizie e
-

Indifferenza per esso di Shakespeare


ironico verso
il

Ragioni

fit-

ragioni reali

Suo atteggiamento
-

classicismo greco
cristia-

Contrasto da lui rilevato fra la romanit attuale

espressione di

nesimo e r eredit classica greca

Riflesso di questi sentimenti in Amleto.

del

2. Non tragediabilit di Amleto - Esso ispirato dai problemi ideali tempo - Sua parentela con Giordano Bruno come critica di esso - La
Amleto deriva dal non trovare pi appoggio in precisi una svanita distinzione del Bene e del Male - Contrasto coscienza - Sordo odio per Polonio rappresentante il Bene nel
-

difficolt di agire di

principi morali per


fra logica e

vecchio senso

Incapacit di detestare

il

Male

Crollo degli assoluti


idealit
(Ofelia),

la

Giustizia (vendetta del Padre),

l'Amore come
del

l'Onore

(Fortebraccio) - Epilogo

come riconoscimento
il

Dio

Trascendentale.
nei

3. Contegno
sul pubblico

di
-

Shakespeare davanti

al trionfo del

Bene

suoi

effetti

Ci che rappresenta

problema posto da Amleto nella storia

della poesia tragica.

p8sa
i

il

principe dano

fra

vostri nitidi

marmi

col teschio di Torick in

maae
.

D.

Gnou

Ode

Nei musei vaticani

L' Inghilterra di questi giorni, fra

il

cinque e

il

seicento, prelet-

senta questo singolare fenomeno,


teraria.

il

pi glorioso della sua storia

Mentre in

Italia,

in

Francia, in

Germania,

la

tenerissima
critico, pul-

letteratura
lula in

moderna, sboccia in qualche fraintendimento


pensiero letterario, quando non

qualche protesta, freme in qualche emistichio; mentre, nella


il

stessa Inghilterra,

ancora

me-

358
dievale, s'attiene

CAPITOLO XXI.

con soggezione a quello

classico-aristotelico;

un

poeta nasce, e d, a questa incerta volont di auto-coscienza, l'im-

pronta e la vita

d' una poesia nuova precorre di tanto i tempi che non neppure inteso allora, e, quando, dopo due secoli di lento progresso, l' Europa sar arrivata a lui, romantici tedeschi e roman;

tici latini

apriranno
>

gli

occhi

e diranno

Ma

noi cercavamo Sha-

kespeare

segno tale che noi, ora, parlando di ci eh' egli rapvstoria,

presenta nella
della
studio.

letteratura

veniamo a parlare implicitamente delle origini moderna e a scrivere la conclusione di questo Ci toccher dunque di riparlarne pii oltre: ma neppure a
lui,

questo punto possiamo prescindere da

se

vogliamo considerare

come

si

presentasse in Inghilterra,

ai

suoi

tempi, la questione del

classicismo.

una

tale

sproporzione fra ci che egli rappresenta,

e ci che gli umanisti inglesi suoi contemporanei pensarono e scrissero, che sarebbe ozioso fargli fare

una lunga anticamera per dare


il

udienza a costoro.

Il

critico dei suoi giorni


si

Sidney

Defence

of Poesy) (1583-95) e vi

trovano amalgamate

le solite idee del

Minturno, dello Scaligero, del Varchi, senza alcuna coscienza


che Shakespeare stava facendo.
Il

di ci

poeta solo

e,

per le ragioni di
le

questo studio, bisognerebbe poter chiarire e riassumere

sue idee
quello

critiche in rapporto con quelle dei contemporanei europei in

scorcio di secolo.

Ma
quale
si

egli

non ha

lasciato alcuno scritto teorico

in

mancanza

del

potrebbe cercare d'ingegnarci in due

altri

modi, l'uno pi
cri-

imbrogliato dell'altro, per opposte ragioni. Dedurre le sue idee.


tiche dai passi delle tragedie che a quelle e fu gi fatto
la

sembrano

riferirsi,

si

pu,

da pi d'uno,

ma

con

risultati scarsi
si

ed
;

incerti,

per

pochezza e incertezza del materiale su cui

lavora

trarle dallo

studio complessivo della sua poesia, dagli


e dai problemi implicitamente risolti,
risultati
critico,
diritti
si

effetti

raggiunti

da

essa

pu anche meglio;
d'assai;

ma
si

con

troppo ampi e quindi

sterili;

si tratta del poeta e

non del
entra

che a quello pu essere rimasto inferiore

nel romanticismo, e di ci che Shakespeare pens intorno alle

peculiari questioni del suo

tempo non s'intende

nulla.

Per fortuna
si

Shakespeare, spirito cos visibilmente meditativo, rende possibile una


terza via
:

vedere

se, sulle

grandi contese del tempo suo, egli non

sia fermato di proposito in

qualche scena

e del

suo

pensiero

non

abbia lasciato l'impronta in qualche particolare figura.


pare che, in tutto
il

Certo a
della

me
sua

suo teatro, egli abbia svelato tanto

AMLETO
persona, da renderci possibile di spiegare la sua originalit in

359

modo

un

po' diverso

da quello seguito dal Taine con molta fortuna; sicch


ci

io pure,

un tempo, mi

attenni per iscritto.


diritto

Ma

ora ne faccio am-

menda

volentieri,

con quel

che viene
i

dall' averci
le

pensata su
di questo

e dall' aver bazzicato a lungo con

personaggi e

idee

scorcia di secolo.

Come
regole,

si

spiega che, in Shakespeare,


l'

non

fece presa e

originalit di lui
si

V aristotelesimo, con le sue non fu punto contaminata


il

dal classicismo ?
elisabettiano e
il

vero che, quand' egli

trov a scrivere,

dramma

dramma
il

spagnuolo, le superstiti
patria,

forme medievali,
che

insomma, avevano, nella sua

un

rigoglio maggiore che altrove,

ma

anche vero che

classicismo

v'era

gi

penetrato

il

Sidney, critico ascoltatissimo, vi diffondeva una completa teoria del

dramma

aristotelico

con

le relative unit.

se, in autori popolari, e

spesso plebei, facilmente spiegabile, con


agli influssi dotti,

una pi lunga indifferenza


forme tradizionali,
dotto,
la

una tenace

fedelt alle

cosa

per

meno
?)

chiara in Shakespeare,

uomo

non

solo

(chi

ne

dubita
e ai

ma

visibilmente attento alle novit che venivano dall' Italia


alte sfere del pensiero

movimenti nelle

contemporaneo.

Il

vec-

chio Taine, seguito in questo dal recente Spingarn, volle spiegare la cosa con la natura
superstitieux
j,

del

suo

uditorio

vulgaire, bruyant, grossier,


e
gli
(').

il

quale

s'imponeva all'autore

impediva

di

seguire

veri canoni dell' arte * riconosciuti dai dotti

Mi pare che
cordialit

questa spiegazione risenta


di
<

un

po' troppo di quella settecentesca lode

genio selvaggio attribuita al grande poeta con

una

della quale, alla fine, egli avrebbe potuto sentirsi seccato. Anzitutto

non so proprio se
altri

il

pubblico,

l,

fosse molto pi
il

bruyant che in

posti di Francia e di delle

Germania, dove

classicismo aveva pur

indigene; in secondo luogo, non si vede non avrebbe potuto accontentarlo anche con il dramma classico bene imbottito di orribili cose non si pu ammettere, infine, che il selvaggio Shakespeare, trovandosi bene nelle nuove forme latine, non le sperimentasse per soggezione del pubblico il
trionfato

forme

perch un

poeta

quale, putacaso,

non

si

sarebbe

neppure

accorto

del

mutamento.
spiega-

Una

questione analoga

(il

parallelo

pu valere

una

mezza

ci Cfr. Tain-e

Histoire de

la

littrature

anglaise

(ed.

Hachette 1877)

Tomo

lib.

II cap. II.

360
zioue)
s

CAPITOLO XXI.

presenta, di questi giorni medesimi, sulla scena spagnuola,


di

dove l'enigmatica personalit

Shakespeare appare quasi sdoppiata,


Cervantes e

e quindi chiarita, nelle persone di

Lope de Vega.
nella
il

In
co-

Ispagna c'era un teatro medievalesco non meno radicato


scienza popolare di quello
blico

inglese

se,

in
alle

Inghilterra,

pubpalco-

manifestava

il

suo

interessamento

vicende

del

scenico, togliendosi gli stivali e lanciandoli sugli incolpevoli attori, in


Castiglia la platea era capacissima di associarsi
alla

tirata

del suo

eroe col classico


l'

mata, mata

(ammazza, ammazza). Tuttavia, alil

arrivo dell' ultimo italianismo,

meditante e colto

Cervantes

os-

serva, per bocca del suo canonico, che, in quello


fantastico, ribelle a regole di spazio, di

scapigliato

teatro

tempo e

di psicologia
(').

umana,
il

un

po' di regolarismo classico

non guasterebbe

Invano

pi

grande poeta teatrale del tempo, Lope de "Vega, seguita ad abbandonarsi senza ritegno a quelle forme disordinate

e,

nella

commedia

La nuova

arte

drammatica

crede di rispondere alle osservazioni


:

di Cervantes, e chi sa di quant' altri, cos

Uno

che seguisse co-

teste regole sarebbe sicuro di

morire
il

di fame.
le

mostruosit alle quali accorrono

volgo e
il

Quando considero le donne, io mi faccio


e,

barbaro per

loro. Io scrivo

drammi per

pubblico
parli

poich
lingua

esso
degli

paga, giusto che, per piacere a quello,


sciocchi C)oltre

gli

la

^a

qui

il

caso non dubbio, perch Lope de

Vega,
facil-

che ben inferiore allo Shakespeare, di natura


qualificabile. Chi

ben pi
pubblico

mente

non

sente,

insomma, che questa una poco


del

generosa bugia, cio uno scaricarsi sulle spalle

inno-

cente? e che Lope de Vega persevera nel suo caro disordine medievale

non perche

il

rabberciarlo col classicismo fosse proprio inconciliabile

con l'interesse della platea,

ma

perch

il

suo ingegno era

fatto cos?

Ora Shakespeare aveva una personalit non meno indipendente di quella di Lope de Vega e, in pi, una cultura e una capacit critica degne del" Cervantes e di lui. Questa duplice ricchezza lo port non
a perseverare nel medievalismo,

a riformarsi nel

come foce il buon Lope, classicismo come consigliava, con molte

e,

neppure,

riserve, e

senza farne esperimento, Cervantes;

ma

trovare una

via

nuova

(')

Don

Chisciotte

p.

cap. 48 (od.

cit.
:

p. 369).

(*)

Tolgo questa citazione da Demookot


283) (ed. llachottc 1914).

Hist. des Litt. trangres

{Espa-

gne,

p.

AMLETO

361
del pubblico pot

non mai, prima,


favorire
ginalit
il

iutravvista.

Quella disposizione

suo bisogno d'indipendenza;


l'

ma non

spiega

la

sua

ori-

anche per

altra ragione, che egli rest bens fedele al gusto


il

di esso per lo spettacoloso e

rocambolesco,

magari,

ma mut

a
del

questo radicalmente lo spirito.

Come

gi

osservammo a proposito
terribile
vi
si

Giraldi, quella passione dell' orribile,

come

spettacolo semplicemente
il

epatant, prende coscienza di s, e diventa

riflette
:

interesse degli spiriti contemporanei, per gli


colpita la fantasia
il

eterni problemi ideali

non ne pi

ma

il

pensiero,

il

Tamerlauo di

Marlowe diventa
e

Macbeth
si

di

Shakespeare.

Ci dipende i

dir - dal fatto che egli era

un grande poeta
:

suoi colleghi popolari

non eran

tali.

sta

bene

ma

possibile fu

che, con tanta forza di trasfigurazione - la quale, in lui stesso, srraduale

egli

non

si

fermasse a considerare

il

problema della forma,


tanto
pre-

non cercasse

di vedere se le teorie

che giungevano con


alla

stigio di sapienza,

non convenissero meglio


si

sua arte

infusa di

meditazione? E, se l'avesse creduto,


pubblico
?

sarebbe fatto soggezione del


prigionieri
di quella
tale

poi, infine,

per non
e'

restar

definizione di genio selvaggio,


tutti

un documento pi
il

prezioso

di

sulla psicologia di

quell'uomo misterioso: c'

suo atteggia-

mento mai ossequente e spesso parodistico verso il mondo classico atteggiamento, per richiamare il paragone di prima, paralgreco
:

lelo

quello

tenuto

da
nel

Lope

di

Tega (ma

con
:

ispirazione

pu-

ramente

ridanciana)

suo grazioso

intermezzo

robo de

Helena
la

Mostrerebbe, credo, di avergli

poco rispetto, chi cercasse

ragione di questo suo carattere altrove che nel gusto, nella natura

e nel pensiero di lui.

Non

ci si

vede traccia alcuna


il

di

sforzo per

mettersi alla stregua di quelli che tenevano


e,

campo

nella

cultura

un occhio
i

esperto,
i

mostravano d'aver per s

l'avvenire.

Egli
ci si
;

adopera

materiali e

mezzi del suo vecchio teatro nazionale,

trova a suo agio, pur con tutte le sue sententiae (perfino eccessive)
e,

quando fantasmi
li

di

sagoma greca, come Calibano,


di sospettare un' ironia

gli

entrano nella

fantasia, egli

tratta male, ossia parodisticamente;

ma

con una pa-

rodia in cui

si

ha ragione

morale piena di

:>nsapevolezza
*crittore -

storica e filosofica.
il

Non

- ha

ricordato

un

dotto

che

mondo dell'immortale

bellezza greca restasse estra-

neo

all'animo di Shakespeare: si che la bellezza per la bellezza,


1'

r arte per

arte,

non avevano grande valore per


Michelangelo per

lui.
il

Anche
quale

in questo
la

egli simile al fratello titano

forma

362
era soltanto veste esteriore
rale,

CAPITOLO XXI.

e,

ci

che importava, era


era

l'

elemento moessenza
del-

intimo, inesprimibile, inafferrabile;


:

lo spirito

l'universo

spiritus intns alit,

mens
la

agitat

molem

(').

Sono impressioni, a mio avviso,


avergli tributato a piene mani,

esattissime.

Ma

noi, perch,

dopo

lode

di

genio selvaggio, voil

gliamo essere poi


gliato,

cos

restii

riconoscergli

merito
dalla

d'aver

ta-

con

la coscienza
dell'

del
il

genio

vero, propiziata

fortunata
Il

condizion

ambiente,

nodo gordiano del classicismo ?


che,

De
al

Lo-

renzo

continua

sostenendo
i

per

quelle

ragioni,

Shakespeare
suo

avrebbe trascurato

Greci antichi che non parlavano troppo


il

cuore e alla sua mente, e avrebbe rivolto quasi tutto


agli antichi

suo

amore
de-

Romani ed

agli Italiani loro eredi

quali, sebbene

generi, potevano per dargli con la loro storia e le loro grandi figure.,

materiali adatti a quel

mondo

meraviglioso delle sue passioni e dei


l'

suoi pensieri.
lezza, cos

Come

la

Grecia

impareggiabile genitrice della bel-

Roma
.

rappresenta e riassume quasi in s l'ordine morale

del

mondo

Nelle quali osservazioni a


:

me

pare che

ci sia di

vero

soprattutto questo

che Shakespeare

pensatore, filosofo, storico,

quale

indubbiamente

fu,

volgesse un' occhiata da par suo agli insegnamenti


latini,

che venivano dai paesi

rilevasse

il

contrasto
1'

palese

fra

la

romanit, attuale espressione di


greca,
e,

cristianesimo, con

eredit classica

dalle propizie disordinate tavole del suo palcoscenico plebeo,

distinguesse, con l'intelligenza a volte ironica d'un romantico, quel

che c'era di

difficile

e d'impossibile in quello sforzo del classicismo

per investirsi del sentim^nto moderno. Forse non questo solo lo trat-

teneva dal profittare degli insegnamenti del Sidney;


Poetica di Aristotele e non vi
le ragioni di
:

ma

ci fu

indubdei

biamente anche questo. Pensate Shakespeare con in mano uno


nostri

commenti

alla

verr voglia di

andare a cercare altrove


Resta per una questione

quel suo parodistico contegno.


trasfiguratore
dell' orribile

Shakespeare,

in terribile, avverso al rinascimento

come forma per amore


figlio dei
il

dell'in-

timo e del profondo, fu pi che mai

tempi suoi in quanto


aristotelico in

ne intese
ci che lo

l'

ansia segreta
ispirava:
la

accett quindi

movimento

ricerca
egli

d'una

finalit

superiore

nell'arte.

E, allora,

che cosa sostitu

all' 'Xsoc;

xat ^po? ? o,

piuttosto,

(')

G.

Dk Lorrnzo

Shakespeare

e l'Italia (Marzocco

23 Aprilo

lS>l(i

ri-

.stanipato in

La

terra e

l'uomo

(ed. Zanipholli 1919) p. 495.

AMLETO

363
s'esprimeva
cos

come

sent

il

problema che,

nelF aristotelesimo,

nella

catarsi ?

In quelle sue inesorabili analisi umane,


tali,

imbevute di
contro
:

moralit appunto perch


cui la critica dei suoi

non avvert o temette


si

gli scogli

tempi tanto

destreggiava ? E, in fine

quali
il

erano

le idee

morali e religiose di Shakespeare? Xella sua opera


?

bene trionfa sempre sul male

quest' ultima

domanda
s,

tanto

il

ro-

manticismo latino che quello germanico risposero


ragioni le quali
e Victor

ma per diversissime
Manzoni
noi

abbiamo gi indicate
di Lessing e

in parte a proposito del


;

Hugo,
di

Goethe

e sulle quali ci fermeremo, an-

cora una volta, pi oltre. Ora, per tornare al

nostro

assunto,

cercheremo
ideali del
il

vedere Shakespeare in cospetto del massimi problemi


e misterioso
eroe,

tempo suo, in un celeberrimo

Amleto,

pi celebre e misterioso, forse, che mai

poeta

abbia
(il

tramandato
mistero,

alla posterit
allora,

non velato
d' assai

di simboli e di allegorie
;

suo
tutto

sarebbe

minor buona lega)


tale,

un eroe
ci

umano,
vita,

schietto e veritiero e

pur

che,

a certi passi della

nostra

noi arretriamo di

fronte a lui per paura eh' egli

metta

innanzi

qualcosa di noi stessi che preferiamo ignorare. L' Inghilterra, per la

sua stessa tiepidezza davanti


ra
il

alle

grandi questioni
distinti
:

ideali, era gi al-

posto pi indicato
si

risentire

contraccolpi

della

sorda battaglia che

combatteva nel continente


il

e mentre, umanisti

freddi alla Sidney, v' importavano


e ribelli vi

pensiero ufficiale latino, profughi


al

giungevano e vi spiegavano
che, da noi,
sensibile.
le

vento

le

loro bandiere,

in

un contrasto

particolari condizioni dell'ambiente


:

rendevano meno
si fosse

Shakespeare osservava
il

probabile che, se

indotto a esprimere in forma critica

significato di

Amleto,
cose

avrebbe detto, anche per rispetto

alle questioni della

tragedia,

di tale importanza e novit, che pi d'

un commentatore

d' Aristotele,

riudendole nel silenzio del chiostro, avrebbe esitato a continuare la

sua

fatica.

Tra
'

capolavori della drammatica universale Amleto

eppure
ci

credo che ogni pi timorato lettore converr con me, solo che

ripensi su
e

un poco spassionatamente, che

la figura

meno drammatica
l'

meno
i

tragediabile d'ogni teatro Amleto. Ci voleva quel suo di:

vino poeta per farne una tragedia


rivolge

ma

badate che

ironia di

Amleto

assiduamente contro

lui

stesso e, se

quel

continuo ripu-

gnare del personaggio

al tocco della

mano

creatrice

non avesse apfinirebbe

punto la leggerezza superba dell'ironia,

quell'impressione

364
col

CAPITOLO XXI.

nuocere

all'opera
fa,

d'assai.

Del
si

resto

io

ricordo

d'aver

letto,

parecchi anni
tore
;

uno

dei soliti libri sorprendenti

- non ricordo l'aupresunta debolezza


i

era

uno straniero - in cui

tentava nientemeno che una de-

molizione di Shakespeare, appunto per una


della fantasia tormentata dal pensiero e dagli

sua

aforismi di cai

suoi

personaggi

si

mostravano schiavi.

chi faceva le spese pi grosse era

Amleto.

parte che quel signore forse era

poco disposto a giudi-

care la grande poesia, gli obbiettivi argomenti eh' egli portava erana
esatti.

Amleto non

personaggio tragico.

Ben

a ragione egli pas-

sato alla storia

per malato di una malattia che fa a


e

pugni con
:

la

tragedia, posto che questa debba essere azione

passione

non

credo che un poeta moderno sceglierebbe oggi pi la forma dram-

matica per rappresentare poeticamente un malato


infine, chi e cosa

d'
il

amletismo. Ma,
palpito
di giu-

rappresenta costui
feci

Ricordo
scritto

bilo

con

il

quale mi

a scorrere

(')

uno
che,

di

Paolo
miei

Orano
la

Amleto Griordano Bruno


avevo gi

io,

in
:

questi

appunti

lontani,

illustrato quest' altra idea

Amleto

nega-

zione di Giordano Bruno. Di giubilo, dico, perch mi pareva gi

un

bel vantaggio trovarmi d'accordo con quell'illustre scrittore nel

riconoscere che Amleto non tglio d' un grande sogno di poeta senza

tempo,
storico,

ma
che

porta impressi
il

caratteri

pi

profondi

d'un

momento
con-

suo poeta

si

lev a lui da quel nodo d'ansie e


si

traddizioni presecentesche in cui


si

preparava

l'

avvenire. E, in fondo,
oltre.

pu mettersi

d'

accordo con

l'

Orano anche pi
e

Anzitutto

molto bene ch'egli abbia, documentate, con cos scelta competenza, le


probabili relazioni storiche fra lo Shakespeare
chi
il

Bruno, care a
certo perch

non
li

le
si

conosceva

tutte,

buone ad

attestare,

ad ogni modo, che


fu

se quello

trattenne dall' imitare gli Italiani, non

non

conoscesse o non avesse pensato a loro.


sia affatto

A me
il

pare per che


di quella
:

Amleto non
sentito

Giordano Bruno

sibbene

problema

da un' anima inquieta venuta


(a dir la

alla

sua scuola dalla tradizione

Amleto
(hi

cosa con frase chiara e breve, chi non sia tanto fanciullo
il

da domandare
lui
:

diploma) un discepolo di Giordano Bruno traviato


eroici

r idea panica degli

furori

che, sperimentata

da

Amleto, profugo dalla religione, rivela

la sua colossale impotenza e

conduce

all'

assurdo. Quindi la grande e suggestiva importanza del-

(')

Roma

191 G.

AMLETO

365

r opera

perch

il

chi del poeta tutto

Bruno poteva ben valere a compendiare agli ocun lato ideale del mondo contemporaneo, quel-

per r Europa, che

r opposizione, insomma, alla tradizione cattolica, che serpeggiava allora si chiamava in genere riforma, e che, in lui, forse, pi che in ogni altro, si chiamava gi, quasi con furore, immanenaveva trascinato
la

tismo. Forse lo spettacolo e la


italiano,

fama del grande pugnace avventuriero mente del meditabondo poeta a rifare a
che l'altro

ritroso quel

cammino

di ribelle

veniva seguitando con

clamore rivoluzionario. Rifare quel cammino voleva dire impostare


il

problema del suo tempo, dell'aristotelismo e dell'antiaristotelismo,


obbedienza e della libert

della riforma e della reazione cattolica, dell'


lello
-:li

spirito.

significava, anche, prender partito per gli uni o per

altri,

giudicare se da quella ribellione sarebbe


la stessa disfatta di esso. Il mistero di
i

nato

un mondo

nuovo o
il

suo tragico bilico fra

due mondi,

il

Amleto non che oscillare fra una adesuo

sione intellettuale e una ripugnanza morale a quelF adescante


di opposizione: la sua sostanza

mondo
triste,

una

critica di esso spietata e

un sorriso

d' ironia sulla dionisiaca

ebbrezza del Bruno.


il

E come

dubitare che indagare


i

segreto di

Amleto non

sia in-

dagare, per gran parte,

segreti dell'anima di Shakespeare.? Osserla

viamo dunque Amleto. Da che cosa deriva principalmente


difficolt di

sua

volere

e,

quindi, di agire
fisico
;

il

suo

amletismo

Non da

vilt o

da poco vigore

ma

dall'

enorme

difficolt

che la sua co-

scienza incontra nel trovare appoggio in principi morali relativi alle


azioni, in

una perduta distinzione


una
1'

religiosa fra

il

Bene

il

Male.
fa,

La sua
invece

logica lo fa ragionare

come Bruno,

la coscienza
il

morale

di quella logica,
di

satira ininterrotta. Cos

suo

mondo

ideale,

immanentismo entusiasta del Bruno, il vuoto non riesce ad acquetarvisi, ma ne vede innanzi, a ogni passo, l' assurdit morale come un abisso. D' altra parte V impaccio di quella logica impedisce, per cinque atti,
essere
scavatogli nella coscienza da quello. Essa
lo

sviluppo della tragedia la quale, infine, arriva a

un epilogo

tra-

gico per caso, indipendentemente dalla volont del protagonista che, a quello, avrebbe dovuto arrivare, per forza sua.

La

tragedia, infatti,
si

ha l'impostazione pi rigorosamente drammatica che


derare
:

possa

desi-

un

delitto

che

si

rivela per virt soprannaturale al legittimo

erede della vendetta. Parrebbe


vorticoso protagonista del
alla

che questa

dovesse

essere

l'unico,

dramma:

e cos pare
spettro.

perfino

ad

Amleto

prima accennata rivelazione dello

366

CAPITOLO XXI.

Affrettatevi

a farmela sapere, hn eh' io possa,

con
le

le ali cos

rapide
i

come

meditazioni ed

pensieri

d'amor, volare

alla vendetta (').

Eppure,

fin dalla

chiusa del primo

atto,

quando,
il

fresco del
1'

giuranel

mento

di vendetta, solo

dovrebbe sentirne
lo trae
il

fascino e

assillo,

suo cuore di principe, qualcosa


la parte

a considerare filosoficamente
s'affloscia,

che

gli

incombe, e tosto
i

suo fervore
:

la

sua

sicurezza vacilla. Ricordate

versi famosi
il

Fuor

dei cardini

mondo

oh maledetto
I

disordine, cui debbo io porre assetto

{*)

Per questo, nel secondo


logica e la sua coscienza che

atto,
si

comincia quel contrasto fra la sua


tragedia
e
di

sostituisce alla

cui

solo la possente ispirazione del poeta e alcuni evidenti ripieghi rie-

scono

dissimulare

l'inconsistenza
il

drammatica.

Osservate:

nella

cerchia dei personaggi,

pi onesto e puro, nel senso

tradizionale

della parola, forse l'unico


ai principi assoluti del

veramente
e del

galantuomo, in quanto crede


e coc-

Bene

Male con ingenuit ferma


il

ciuta, Polonio.
la bile di

Ed
:

anche quello contro

quale pi calda fermenta

Amleto

bile cieca a cui la

sua coscienza ripugna, ma, nella

quale, la sua ragione diguazza, tant' vero che alla fine - sia pure

per caso -

l'

uccide

non ne sente rimorso, ma gusto


:

satanico.

Perch

Polonio la sua antitesi

l'

uomo

perfettamente fondato

sull'antico tradizionale dualismo, dal quale ha sradicato lui, Amleto,


la

sua logica

tant'

vero che, nel suo impegno


gli

di legittima

ven-

detta contro

il

Re, non

passa neppure per la mente di


di

cercare
del

aiuto presso quel

galantuomo

Polonio, di

metterlo

parte

segreto, di aprirgli gli occhi. Quella stessa

ingenua tede nell'Amore,


basta

concepito alla vecchia

dalla sua tenerezza di padre lo irrita, sebbene

ne

sia oggetto Ofelia.

Uno scambio

solo di battute

a lumeg-

giare questo loro strano conflitto psicologico.

Sono
*

arrivati
:

comici.
li

Polonio

Monsignore,

tratter secondo

loro meriti.

(') ()

Amleto (Versione D. Angeli


p.

ed. Trevos) p. 44.

54.

AMLETO
!

367
molto di pi. Trattare ognuno

Amleto
secondo
il

Per

Iddio,

buon uomo

dunque scamperebbe alla frusta ? > (') ossia non esce mai dalla forma Difatti, con Polonio, non discute mai tanto non sarebbe inteso. E veramente enigmatica della sua ironia il suo stato d'animo tale che solo si pu schiettamente esprimere nel dialogo balena soltanto a sprazzi e pivi d' uno nel monologo ve n' ha per esempio in quello con Rosencranz che il Re gli manda
proprio merito! Chi
: :
: :

per esplorarne l'animo.

La Danimarca una prigione > grida Amleto, un momento sembra esser giunto ad afferrarsi alla sua forza morale. Ma una risposta di Rosencranz trae lo sdegno di Amleto a una pi ge
!

iu cui

nerale considerazione del


il

mondo
a

in cui la logica bruniana riprende

sopravvento e

lo svia fino

dubitare

della

legittimit

del suo

pensiero.

Amleto
v'

Allora vuol dire che non una prigione per voi, perall'

ch non
pensiero.

n bene n male

infuori di quello che crea


(').

il

nostro

Per

me
un

una prigione

Ecco
iniqui e

la corrosione del

dubbio. Quello di suo zio e di sua ma-

le proprio
il

delitto ?

delitto la

Ma, se gli uomini son tutti ugualmente forma e la necessit dell'azione? Ma, se la
il
il

grandezza dell'uomo - ecco


forza creatrice che trascende

pensiero del

Bruno - in questa pregiudizio morale e rompe i vecchi


ragione
che, per
stesso,

impacci della religione


Ilare la

(Tanto lo corrode questa


egli,

sua vendetta,

da s

non pu sperare pi che


dietro l'arazzo

uno
ci

scatto,

come quello
zio).
:

del sorcio,

quando crede che

stia

suo

come nobile nei suoi ragiocome espressivo e ammirabile nei suoi tratti e nelle sue movenze Un angelo nell' azione Un dio nel pensiero Bellezza del mondo Perfezione degli esseri
Amleto
!

Che capolavoro
infinito nelle

l'

uomo

namenti

come

sue facolt

animati

pure che cosa per

me

questa quintessenza di polvere ?

L'uomo non mi d nessun


r

piacere, no: e

neppure

la donna...
di
:

(*)

Questo veramente Amleto.

Bruno ha creduto

sublimargli
si
ri-

uomo

liberandolo dalla schiavit della trascendenza


!

Amleto

trova di fronte

una quintessenza di polvere Onde il suo spavento di non poter credere n al Bene n al Male: la sua invidia perfino

()

p. 94.

(2)

p.

79.

p. 82.

368
di

CAPITOLO

XXL
il

un

essere quasi spregevole,

un

istrione,

quale ha

tanta

illu-

sione di forza morale, da investirsi del dolore di Ecuba e da credere


in quello

un momento. Egli non pu.


Sono

dunque un codardo

Chi vuol dirmi

vile ?

(*)

perfino qualche

momento

ch'egli

sta

per

ammirare

suo

zio,

r uccisore
(quegli davvero

un e
di
la tragedia,

valoroso)

lungi dal correre all'epilogo, incalzata dalla


svia
nella

vendetta
comici.

Amleto,

si

scena

della rappresentazione
toglie la

dei

Quella stessa logica bruniana che gli

forza

morale

della

vendetta - che egli pur sente - gli distrugge, svelandogli la sostanza


dell'umanit, l'amore per Ofelia che egli pur sente.
scienza
vi trova
il

Da

quella

co-

maestro Bruno
vuoto e la

trae, il

furore eroico:

il

discepolo

Amleto

il

vilt.
tutti

La coscienza
ci rende,

quanti
tal

vili
il

in

modo

che
il

primitivo

calore illanguidisce per


riflesso del pensiero

pallido

ed ogni impresa
si

di

gran forza e importanza

disvia

dinanzi a quest' idea, perdendo fino


il

nome

d'
(2)

azione

Or

taci

viene

Ofelia!

Uno

stesso grido esprime

il

suo dolore di non

poter

arrivare

alla vendetta del

padre e all'amore di Ofelia. La sua coscienza sente


la

l'amore come
donna, sottost

idealit,

sua logica

gli dice

che Ofelia, in

quanto

alle leggi del


e,

mondo, ne

espressione, e

non

pu

valere pi delle altre


inutile,

se valesse pi delle altre, sarebbe

una cosa
di

perch la realt fatta in Qguale misura di


:

volgarit e

bellezza

e le passioni pi brute son le pi necessarie.


?

Vuol salvan*
l'o-

r Idea, r Amore come assoluto


sogghigna Amleto.

Vada
Amleto

in convento

Siete mesta ?

che vuol dir ci se non mettere in valore

nest nel mercato del

mondo

Il

potere

della

bellezza

(')

p.

96.

f)

p.

104.

AMLETO
trasformer subito
onest q una ruffiana prima che
la bellezza
il

369
l'

l'

onest abbia

avuto la forza di trasformare


questo era un
paradosso,

a imagine sua.

Un

giorno

ma

tempo ha provato ora che era una

verit. Oppure:

La

virt ha

un

bell'essere

innestata sul nostro


:

vecchio tronco

questo sente sempre la sua origine . Oppure


tutti

Noi
noi.

siamo indegni farabutti

quanti

non credere a nessuno

di

Va

in convento

>

(')

Cos la tragedia, distruggendo gli assoluti e le antitesi


distrugge s stessa
:

morali,

perch non pare che, senza di quelli, la tragedia,

concepita

come

espressione d'arte intera, possa aver vita. E, se voi

osservate, vedete comporsi nell' apparente disordine poetico dei quattro


atti

successivi al primo, che serve d' impostazione,

una progression
raffi-

filosofica

quasi schematica, che vi dimostra Shakespeare inteso a


aspetti

gurare

gli

d'un completo
lui.

mondo

ideologico:
l'

il

mondo

di

Giordano Bruno visto da

Dopo

distrutto

assoluto della vendetta


il

come
zio
;

giustizia, per

l'
l'

incapacit di legittimare

suo odio contro lo

dopo distrutto
;

assoluto dell'

amore per

la

sempre presente na:

turalit di Ofelia

un

terzo assoluto gli cade ai piedi infranto

la terza

molla,

si

pu

dire, delle

umane

azioni

l'

onore.

Neppure su quello
di filosofo

riesce a trovare appoggio la sua devastata

anima

moderno

Ricordate? Passa Fortebraccio col suo


disposti al sacrificio.

capitano
il

e
:

duemila

armati

Perch
il

Risponde

capitano

dirvi

vero e senza alcuna aggiunta


tratto

andiamo a conquistare un breve,


di terra,
all'

che non ha nessun valore

infuori del

nome

....

E Amleto

si

spaventa dello stato a cui

il

suo pensiero lo ha ridotto

detesta la sua stessa chiaroveggenza.

E dunque
arder, ci rende pensierosi

oblio

bestiale e vii scrupolo che in tanto


all'

atto

da compiere, pensier che in quattro parti


diviso, sol tre di saggezza ed
di codardia

una

ne avr

(^)

Tale la malattia di Amleto

che non pu aver, quindi, per sua espresI

()

p.

106-7.

(-> p.

166.

ToFFANiN.

La

fine dell'umanesimo.

25

370
sione che 11 monologo e
il

CAPITOLO XXI.

dialogo

paradossale con personaggi


sotto
la

d' ec-

cezione come

il

becchino, sostenuto per da lui


dai circostanti,

maschera

d'un' ironica

follia che,

appena intravvista e indi-

cata con qualche

immagine come quella

della regina che lo definisce

pazzo al par del mare


e del

vento allorch lottano insieme


(*)

a chi sar pi forte.

Cos, per virti, o per colpa, di

Amleto

la tragedia

non avrebbe
giustizia,

epilogo,

se

non intervenisse a

distribuire
i

una tempestosa
fine,

quella del caso. (E

non importa che


non
gli
gli

nostri attori per dare al loro

eroe la teatralit che non ha, gli attribuiscano, sulla


culta iniziativa che

una
il

oc-

appartiene, perch veramente


allo

caso

che guida, in ultimo,

avvenimenti fino

scambio delle spade


profilarsi la pu-

avvelenate). Tant' vero che, in fine,

quando vede
al

nizione dei

colpevoli, nonostante la sua inerzia e in

modo imprevecristiano

duto, avviene in lui

una

specie di conversione

Dio

non

al

Dio

di Spinoza,

tutto lo svolgimento del

mi pare, se la si mette in rapporto con dramma. Mi par che quelle ultime parole

una
li

divinit d forma ai nostri

destini, qual si sia la guisa in cui

abbiamo concepiti

sieno una vera e propria catarsi religiosa.

Forse per

la

prima

volta,

nella storia

moderna,

il

concetto an-

tico della catarsi ripetuto

con parole e animo

moderni.
particolare,

(Per

un

di pi,

non che abbia molta importanza questo


al

proprio

da due allusioni dell'Amleto, quella


nizion
lico e

purgatorio e l'altra alla puera


catto-

dei

suicidi, si

pu argomentare che Shakespeare


moralismo
della

non

protestante).
egli
i

Del resto
stesso

contenta

il

sua

platea

nello

modo che
il

nostri facevano, perch nessun pubblico


infatti

avrebbe
troviamo

tollerato la

in tutto

mancata punizione del colpevole. Questo teatro di lui, dal Livio Andronico alla
e'

Tempesta,

ma
di

sentiamo, tuttavia, che, in quell' universale dolore,

qualcosa
il

pi, e' quella verit pi alta che entusiasm di tanto

Manzoni.

(>)

p.

154.

AMLETO

371

Ma

la tragedia

pu reggersi senza quella fede nei principi eterni

popolarmente

intesi ?

la la

caduta

di quelli

non sarebbe
idee
dei

la fine della

tragedia ? Questa

mi pare

questione posta dalla singolarissima opera


ribelli,

per rispetto alle discussioni aristoteliche e alle

al

rrimo
luto.

profilarsi dell'

uomo moderno che ha perduto


il

la fede

nelF as-

Pu

darsi benissimo che la questione restasse posta in effetto


poeta, infiammato dall'ispirazione possente,

dalla tragedia senza che

pensasse a ci che l'opera stessa


t'Osta tuttavia.
\
1

avrebbe

rappresentato.
fatti

Ma

resta
di

Voi

sentite che,

con

uomini

sullo

stampo

mieto,

il

mondo

della poesia tragica tramonta:

quando
resta

costui entra

scena, la tragedia,

come

conflitto
il

d' idealit,

inviluppata

iiel

giro della sua ironia e cede

posto al
scrittore
la

monologo.
che,

Per questo
o

mi parve naturale trovare in uno


incarnata, con la dignit del

bene

male,

ha

dolore,

secolare

inquietudine del-

uomo
ito

- Giovanni Papini

- V affermazione, fatta proprio a propo-

di

Amleto, che

la tragedia

- egli dice - suppone

una fede

non pi per noi. Il teatro tragico una fede qualunque irreligiosa,


:

magari

suppone una moralit, una legge, una


fedi:

possibilit

di

oppo-

una passione e una disciplina esce la morte e la tragedia ma oggi non abbiamo pi n una fede, n una morte, n una legge, n una di>izioue tra la vita e queste leggi e queste

dall'urto
:

tra

iplina
'i;ni

miti, gli dei,

anche

pi recenti, son morti e disseccati.


di

lotta finita,

ogni tragicit teatrabile e ogni capacit

par-

tecipare con affanno e


tichi
(').

passione alle antitesi drammatiche degli

an-

Parole scritte in
lattia

fretta queste,
:

ma, insomma, Amleto

la

maavdella

di quel

mondo nascente
si

pare un monologo Indirizzato

all'

venire,

prima che esso

spieghi, tra gli esasperanti

assoluti

controriforma e le esasperanti ribellioni che serpeggiavano allora per


r

Europa
di

e,

come

nel
e

Bruno, per
di

orgasmo

di

reazione,
il

amavano
valore

vestirsi

brutalit

cinismo.

E
in

questo

ci

grande

storico dell'opera. Perch, se


Ielle

Shakespeare non

lasci

documento

sue idee critico-filosofiche

alcuna

Arte Poetica n in

mpendio alcuno

di questioni aristoteliche, s'espresse tuttavia abba-

stanza con Amleto.

(')

Papisi

Stroneature (Firenze 1919). Amleto

p.

227.

CONCLUSIONE

Questo periodo di storia

cui aspetti abbiamo descritti e comdell' u-

pendiati sotto la specie di quello pi comprensivo - la fine

manesimo

non ha quasi

attratto fin qui l'interesse

degli studiosi

sopratutto per la sua naturale disposizione a mettere in


tosto ci che esso rappresenta
sto
:

luce

piut-

il

come disgregazione d' un mondo esaurinascimento, che come crepuscolo d' uno nascente il ro:

manticismo.

Ma
il

poich, in realt, l'et

moderna comincia

di qua,

esso

ha

fascino delle origini.


I periodi storici

meno

ricchi di splendori

mondani, meno

evi-

denti nei loro aspetti psicologici, pi incerti nei loro indirizzi, sono

pur quelli che


studiati,

ci

fanno pensare di pi; sono, molte volte, quelli, che,


alle

ridanno spontaneit, moto, valore

tendenze originarie di
trasfigurato, o

cui le susseguenti et auree


irrigidito
loro.
il

hanno spesso perduto, o

sentimento

nell'

apparente splendida evidenza dei caratteri

Ognuno

di noi - solo che consenta


si

un poco

alla fiducia nelle

sue

forze e nella sua dottrina -

sentirebbe di riassumere con pretesa di


il

molta verosimiglianza, come vivevano

Poliziano e

il

Magnifico.
l'

N
Pe-

sospetterebbe d' allontanarsi troppo dal vero illustrando


ricle, la

Atene

di

Roma

di

Orazio e

la

Parigi di Napoleone.
il

Pu anche
si

darsi,
si

del resto, che sia cos, e che

modo

di considerare quei

tempi non

fondi solo su delle semplici convenzioni. Ma, quando


periodi in ombra: l'et delle invasioni barbariche, la

tratta di certi

Roma

cristianeg-

coNCLtrsioxE

373
nelle guerre di reli-

giante degli Antonini, la stessa

Europa sommersa
si

gione, fra la morte di Francesco I e la pace di Westfalia, la nostra

sicurezza d' osservatori vacilla e

attribuisce volentieri a scarsit di

<]ocumenti, la difficolt di veder chiaro in

questi

cos
tutto,

detti
e,

bassi

tempi della storia. Eppure


le
li

documenti non son


per

sebbene

due prime
quelli,
il

et si differenzino tanto dalla terza, per la

mancanza

paragone resta sempre possibile

una

lor
la

comune
storia
si

scurit di diversa natura.

per, di

questi

periodi,

-briga con nervosit per molte e

buone ragioni

e anche perch,

come

Ai individui attingono spesso


li

le

pi fattive energie dalla ignoranza

s st^si, cos le generazioni dal conoscere di s soltanto gli aspetti

pi chiari.
Gioito ci attraggono gli eventi nei quali brilla l'impronta della

personalit

umana

e la grandezza di quelli

s'

inquadra
di

nelle

cate-

gorie di questa: ci

sembrano grandi

tempi

Napoleone e poco

lignificanti quelli delle

guerre di religione, dove


il

non

ci

attrae

r eroe, n

il

protagonista, e neppure

principio.

Ma

un' idea di

irrandezza tutta pratica e


fervido meriggio a
s'

umana.

I primi stanno ai secondi

come un
qua
che

un

crepuscolo misterioso: l tutto


le

luce:

imbiancano soltanto

ultime guglie

ma

qualche

venatura

in esse briU al primo raggio, svanisce al dilagare del sole. In quelli


il

protagonista Napoleone,
:

in

questi

non ve ne pu
d' attesa

essere al-

cuno

e'

soltanto

una misteriosa ansia

paragonabile, ap-

punto, alla prima aria dei crepuscoli mattutini. Quelli di Napoleone

furono chiari tempi d'epilogo in cui


della letteratura,
cos rapido e
i

il

romanticismo della

filosofia,

deUa

politica, della guerra,


il

verdeggiava in rigoglio
sbocciare allora sotto

improvviso che

mondo pareva

piedi degli uomini e questi, arrisi dalla scienza infusa, se lo diviloro, in un'

devano tra

ebbrezza comune, senza chiedersi

d'

onde ve-

nisse quella portentosa ricchezza.

L'et delle guerre di religione


nisti

non

ha

protagonisti o antagofra

eroi, nei quali si riconosca

proporzione

l'opera

spesso
ap-

ardita e geniale e la grandezza di un' idea.

Qualcuna

albeggia

pena in taluno di

loro,

ma
li

tosto dispare o si rattrappisce in

formule

puntigliose. Tanta foga


di difendere idealit

anima che

essi

ben sembrano consapevoli


:

fondamentali e di preparare una grande storia

r incapacit di comprendere quelle e presentire questa non potrebbe


per essere pi enorme.

Ma
l'

non sarebbe potuto avvenire

altrimenti,

non esistendo

allora che

embrione del patrimonio ideale dei tempi

374

CONCLUSIONE

nascenti. Il destino di quelli eroi era di fecondarlo col dolore e col

sangue, sospinti da una forza pi possente di loro, lasciando


un' eredit che essi non avevano goduta.
affacciandosi alla politica, cio alla storia,

ai posteri

Un
si

bel giorno Napoleone,

trov

cos

imbandita

davanti la mensa
vitare
i

dell' ideale

che - ciclopico Epulone - vi pot con-

popoli, inquadrandoli e dividendoli a suo talento col

mutare

la disposizione di quella.

Fra

delirio

di

consensi e di entusiasmi,

pot parlare, con pressoch eguale evidenza, alle truppe dall' alto del

suo cavallo, con Goethe nell'intimit


chiedersi mai, da grande ereditiere,
capitale
d'

d'

un

salotto romantico,
gli
il

senza
quel
lingue
:

d'onde
d' assai

fosse

venuto
delle

idealismo

che

somigliava

dono

e gli conferiva cosi facile e irresistibile forza. se

E
si

non a

lui soltanto

Napoleone era un Robespierre a cavallo,


che, a

pu ben

dire

che
il

Robespierre fosse un Napoleone a piedi. Era cos maturo e ricco

patrimonio ideale dei tempi

qualunque

momento

delle

sue

travagliate vicende individuali, egli pot riadunarsi d' attorno le turbe

con

la certezza del

consentimento e del plauso. Nessuno ha mai


il

sa-

puto dove terminasse la sua ironia e cominciasse

suo

rispetto.
nell' in-

Quante volte a Sant' Elena tent


coli

di rifondere la
!

sua storia

candescente idealismo dei tempi suoi

Ma

ponete Napoleone due se-

prima, al tempo dei Cond e dei Guisa, e capirete che, in quella

incertezza e ristrettezza di ideologie, egli

non avrebbe potuto essere


parola
:

un grand' uomo nel completo senso un grande trascinatore o fanatizzatore


popoli.

della
di

sarebbe riuscito

eserciti,

non regolatore

di

Come

in

Napoleone e nei personaggi del tempo suo chiara


fra

una sproporzione
il

F evidenza

e la grandezza dei moventi ideali e cos in questi altri


di
si

la scarsit e incertezza degli effetti,

verifica

fenomeno opposto. In quella scatenata bufera


i

rivalit,

perch

mai combattevano

Cond

Guisa e

gli elettori

dell'impero,

ombre portate

dalla dotta briga?

Non

lo

sapevano bene neppure

essi.

osservarli, vedete quasi solo


familiari,

privati interessi, rivalit cocciute, donchisciottesche vanit

su cui brilla appena ed oscilla la favilla di un' idea. La


per cos resistente, che voi sentite in
essa
il

quale

era

genio

della

storia,

come

si

suol dir oggi con frase

il

meno compromettente
oltre
il

possibile:

genio della storia che teneva deste

limite

naturale

quelle

piccole passioni, fino a che quegli inconsapevoli uomini fatali ginn-

COXCIXSIONE

375

gesser ad attuare disegni sproporzionati agli impulsi

umani da
quelli

cui

parevano mossi.
I frutti

furono

tali

da far impallidire
Dalle guerre
di sentire
il

al

confronto
religione

del

lungo battagliare napoleonico.


vilupparsi due

di

dovevano

modi diversi
le

mistero del
della

mondo:
libert

due
dello
preci-

diverse modernit: da una parte l'affermazione


spirito
sate,

con tutte

sue deduzioni pi sfrenate e ancora mal

dall'altra l'affrmazione della trascendenza

con quel complesso


pensiero
latini.

di ideali che

formano

la sostanza

della

vita e del

Ed

strano che fossimo proprio noi a cercar di intiepidire

la

co-

scienza che, in quell'alba della vita moderna, in


incerte passioni e di tradizioni
il

quel

contrasto di

confuse,

s'

era
i

chiarito e affermato

conflitto tra latinit e


il

germanesimo

di cui

Tedeschi non perdet-

tero

ricordo mai. Basta citare lo storico pi rappresentativo delle

idee del suo popolo, che, appunto per questo,

ebbe tanta postuma


d'

rinomanza

fra noi negli anni della guerra,

Enrico Treitschke. <Xoi

protestanti - diceva egli rifacendosi dall' idea

un

fatale
le

conflitto

con la Francia latina - non riusciamo a considerare

precipitose
il

convulsioni della vita francese, senza lamentare ancora una volta


calamitoso editto che band dalla Francia la fede evangelica >
(').

Ebbene
e
i

che cosa sono, nel campo delle idee


il

letterarie, gli

Opitz

Maggi, se non
l'

parallelo dei Coud, dei Guisa, e degli elettori

tedeschi,

altra faccia del

tempo loro ?

E non

stanno essi
Victor

ai

grandi

distributori di sapienza del

romanticismo (Manzoni,

Hugo

Goethe) se non come

loro guerrieri a quelli delle battaglie del rofacile

manticismo

Nulla di pi

che un paragone tra Victor


il

Hugo
ricco

e
il

Napoleone, di cui egli voleva essere

sacerdote.

Era tanto

patrimonio delle idealit letterarie, affermatesi a lato ed


tutte le altre idealit

al lievito

di

umane, che quel possente guascone, dalla prefatto in

fazione al

Cromwel
il

a quella dei Miserabili, pot fare, in letteratura,

quello stesso che

suo guerriero aveva

politica,

dai

prodi
i
i

clami deOa prima campagna italiana alle ultime


Saut' Elena su cui la stanca

monche pagine
tutti

mano

vacill e cadde. Spese in

modi, rifuse in

tutti gli

stampi, quel gran patrimonio di idee che


si

tempi mettevano a sua disposizione,


cos possente, che talora forse gli

sent cos ricco,


l'

si

credette

venne

idea di smettere la mode-

(')

Treitschke:

La Francia

del I. impero Voi.

Il,

p.

73 Versione Ruta

(ed. Laterza).

376

CONCLCSIONE

sta parte di sacerdote e di farsi egli dio. Egli ignorava, forse, che quel-

r esuberante patrimonio era


dei remoti accademici

stato capitalizzato, prima, dagli sforzi oscuri

aristotelici

da una parte,

della

Fruchtbrin-

gende Gesellschaft

dall'altra, che, dall'attrito di quelle loro antipatie

sorde, di quelle rivalit meschine, era scaturita


Essi'

una

favilla

immortale.

avevano messa

al

mondo

la

letteratura

moderna,

come
se

combattenti politici e militari del loro tempo la civilt

moderna.

che altro era la tristezza sopravvenuta sulla met del 500,

non
di

un

vitale bisogno di intimit

dopo

lo

splendido oblio di due secoli?


i

Si riaffacciavano all'

anima

dell'

uomo

tutti

perch

e,

da quell' ansia

autocoscienza, nasceva la critica letteraria. Si voleva una letteratura

che non fosse pi cara soltanto alla fantasia o soltanto


soltanto al pensiero,
riposarsi
,o,

al

cuore, o

ma

in cui l'anima

umana
il

potesse
;

finalmente
appagare,

come

disse

un

filosofo,

trovare

suo centro

insomma,

il

proprio bisogno di verit sotto una specie eterna.


il
l,

Onde
cruce'

quel travaglio enorme intorno alle tante questioni aristoteliche,


cioso fermarsi a quella della catarsi per
il

sentimento che,

era
la

davvero
scorza.

il

centro di tutto

un mondo

ideale di cui

non rimaneva che

Che importa
si

se quei piccoli uomini, gravati dal peso della loro


la priorit di quisquiglie senza
si

umanit,

contendevano a pugnalate

senso, e, oppressi dai

pregiudizi del tempo,

sviavano

in

chiac-

chere, essendo quasi sempre inconsapevoli che, con taluna di quelle,


essi

salvavano la tradizione latina? Tuttavia,

pure
fatti

in

quell'atmo-

sfera nebbiosa, noi

abbiamo
di

visto spiccare
sotto

due

che dimostrano
di
la

un fondo
meschine:

di nobilt e di
il

grandezza

un cumulo

apparenze
medievale

ritorno

Dante

e,

parallelo a questo,

nostalgia di Michelangelo e dei pochi che gli fecero corona in quelli

anni minacciati dalla Riforma.

Non
Non
s'

si

vede gi qui un fioco disegno del lontano romanticismo?


si

intende che, sotto la lettera di Aristotele,


il

cerca qualcosa di
il

pi intimo e vicino che


ritorno di Dante nel

pensiero di quello? L'abbiamo visto:


(il

500

suo

vero

ritorno

spirituale;

parte

quello che

si

pu riconoscere

nelle

casuali reminiscenze

letterarie di tras-

del tempo, molte o poche che sieno) avviene in

una specie

si

figurazione. Egli vieu su quasi inatteso dalle pagine della


fra la sorpresa di quelli stessi che lo risalutano primi,

Poetica

annuncia
bi-

come r uomo
mento e

desiderato e cercato, fa intendere che

il

mondo ha
di

sogno di ritrovare nella poesia e nella vita


di pensiero

quella

unit

senti-

eh' era

finita

col

medioevo e restava ognor

CONCLUSIONE
viva nella Divina Commedia. In quegli anni fra

377
il

1550 e

il

1560

1553), tra le discussioni di Benedetto Varchi se la poesia sia cosa


piccola
-

grande, fra

dubbi se
il

le

convenga

il

platonico epiteto di

divina

un
>
;

editore,

Giolito,

scappa fuori a indicare con esso la


specificare
l'

Commedia

con con

l'
l'

idea, forse, di meglio

argomento
dolore
di

di quella,
al

ma

effetto di conciliare

Platone e Aristotele intorno

poeta che trascende le questioni di ambedue.

Onde

il

Michelangelo che cerca un' arte pi grande, pi vera di quella


rinascimento e consacra a Dante un culto quasi magico
;

del

a parte le

Tedesche esagerazioni del Borinski. Quel senso d'incompleto e d'insoddisfatto che ci


rallelo e

danno
al

l'arte e la vita di

Michelangelo forse pad'

conforme

suo culto di Dante come rimpianto

un mondo
di

irrimediabilmente caduto,
quello. Perch, in effetto,

come
il

incapacit di rinnovarne

uno degno
dal

anche questo ritorno a Dante era un errore


medioevo,
si

un indugio
nascimento

non

si

voleva

ma

si

bramava uscire

ri-

e,

nell'ansia dell'ora,
il

sentiva d'esser pi vicini a quello

che a questo. Pareva che

destino avrebbe dovuto ricominciare da

quella parte e le avverse apparenze dei tempi rendevano pi

cruc-

cioso e, quasi, pi occulto, l'amore del poeta medievale, nonostante


la

coscienza che

e'

era in lui qualche cosa di morto. Perch avrete

osservato che, in Michelangelo,


del

come

in tutte le figure pi
si

pensose

tempo suo,

le quali,

per avventura,

volgevano a
gli

lui

come a
ci

maestro (penso a Vittoria Colonna che, in questo,


fu

somiglia)

un momento d' attenzione, non scevra di qualche speranza, verso quel moto di pensiero che annunziava dalla Germania la libert
dello spirito.

Ma

quelle pensose figure se ne ritrassero tosto col dis-

gusto di chi non pu uscire da una tradizione forte e vitale, nonostante le contingenze e la tristezza dell'ora;

una tradizione
alla

di

cui

Dante era

la

pi possente voce.
eh' egli

Ma

anche Michelangelo mor,

apparteneva

genera-

zione del rinascimento, e parve destino che quella prima prova della
latinit contro
i

barbari di

ieri,

divenuti coscienti d' una lor grande

forza spirituale, fosse sostenuta da un' Italia disertata dal genio. Ri-

masero

Varchi e

Riccoboni e

Tasso, fra

quali brill appena,


il

con qualche intuizione profonda, un Piccolomini: e fu tanto

vi-

gore dei pregiudizi e delle chimere, in quelli spiriti oppressi dal de-

generar delle idee del Concilio di Trento, che, a leggerle,


loro chimerico sbalestrare,
fra
il

in

quel

disgusto ci assale. Ci pare di


il

trovarci
bel-

gente

che,

avendo

perduto

concetto

di

poesia

come

378
lezza, voglia
e,

CONCLUSIONE

sostituirne a quello

uno

di

verit

altrettanto
si

fallace:
ri-

intanto, attendendo che questo concetto di verit

maturi e

schiari, costoro favoleggiano di finalit


all'arte, si

enormi e impossibili

affidate

chiudono in ipocrisie disgustose, anche quando sono

in-

colpevoli, e ci fanno pensare alla follia del Tasso

come

a epilogo di

tanto vaneggiare.
lettuale dei

segno tale che,


e dei

di

fronte

all'

inconsistenza intel-

Mazzoni

De

Nores, capaci solo di negare tutto ci


genialit
creatrice,

che iosse bellezza,

sincerit,

dobbiamo
il

ricono-

scere che, in quel momento, era pi vicino a verit

liberalismo
di

della Fruchtbringende Gesellschaft, smaniosa di sincerit a costo

affogare nella vera ebbrezza

del vino

gli

scrupoli,
fu
di

rimorsi e gli
che,

impaccianti presupposti ideali.

Ma

l'errore

credere
quelle

da

parte nostra, lo spirito del tempo fosse tutto

in

opprimenti

degenerazioni

di raffigurare quel nostro

movimento
quello

aristotelico solo

come come

la vecchiaia d'
il

un mondo

decrepito, e

germanico

solo

risentirsi

d'

da vicino

gli effetti

una giovinezza, nel non considerarne un po' pi nella storia. La quale ha senza dubbio una sua

misteriosa virt di selezione: lascia indietro

come zavorra

ci

che

parve l'anima di un momento, mette in luce, come vera forza creatrice,

ci che

dapprima non ebbe importanza o parve zavorra.

Qui non

si

pu non ripensare

alle idee espresse dal

De

Sanctis

intorno a questo scorcio di secolo cos conformi a quelle altre di lui intorno al romanticismo
:

e,

se si considera la

grande e meritata imlui si

portanza che egli ebbe setnpre, anche quando verso di

volgeva
co-

un meno

ufficiale

consentimento,

uoi,

ci

si

meraviglia

di certa

mune

unilateralit di vedute sull'uno e l'altro periodo della nostra

storia letteraria.

Rileggete

famosi
il

capitoli

sulla

Nuova

scienza e vedrete

che

egli

descrive

pensiero italiano di questo periodo in


lo trova

che pare uno strattagemma. Egli

compendiato in

tre

un modo nomi
:

Bruno, Campanella, Telesio;


ufficiale del

gli

antagonisti,

insomma, del pensiero


Anzi,

tempo:

e,

quanto a questo, non una parola.

da

certe sue fugaci allusioni, parrebbe che si possa averne un' idea suftcionte

leggendo Sperone Speroni. Forse eh'

egli

ebbe una conoscenza

troppo superficiale del movimento umanistico non ribelle ai principi


della

Riforma

Parecchio di vero
il

e'

senza dubbio anche in questo,


mostri conoscitore dei partico-

sebbene, alla prova,


lari pi coscienzioso

De
i

Sanctis si

che

suoi detrattori

non abbiano pensato.

Si che,

COXCLUSIOXE

379

anche in

letteratura,

non
il

si

disposti a veder fondo in quello di cui

non

si

persuasi, e

De

Sanctis

mento
fra

aristotelico ci fosse nulla di

non credeva che in quel movibuono. Per questo compendi il


per questo non
il

pensiero italiano, anche per rispetto alla letteratura, in uomini che,

r altro,

di quella

non

si

occuparono mai

trov
del

sulla sua strada

un

interessante fenomeno letterario,

sorgere

problema

critico,

completamente estraneo all'interesse di

quei

suoi
in-

personaggi. E, fin qui, poco male, perch

un

filosofo

pu bene

fluire sulle idee letterarie presenti e future,

anche senza averci pen-

sato di proposito
di

vedemmo
il

il

caso di Cartesio.

Ma

il

caso di Bruno,

Campanella, di Telesio, del Vico stesso interpretato come precur-

sore di Hegel, proprio

medesimo
di

Se

primi

tre,

invece, rap-

presentassero tra noi gli

effetti

quelle prime idee germaniche che


talora
influire a incitare e

non ebbero seguito in


sarono punto
tire

Italia e

poterono

ravvivare qualche energia del pensiero tradizionale,


la

ma non
il

ne

fal-

sostanza ? Egli stesso riconosce che


s'

modo

di seni

del

Bruno

accorda assai con quello


italiani,

d' oltr'
latini,

Alpe, che
e

suoi

veri rivendicatori

non furono n

e quando, dopo

un lungo lavoro
statua
(').

di analisi, riapparve la sintesi,

Jacobi e Schelling

sentirono la loro parentela col grande Italiano e riedificarono la sua

Molto
ch,

ci

sarebbe da dire su questo punto e non vi insisto per-

sebbene

io

ami

il

romanticismo, son per tanto classico da pensare

che la conchiusione non debba mai esorbitare dai confini del libro.

poi,

una

critica di tutto
facili

il

modo
si

di vedere

del

De

Sanctis,

po-

trebbe valerci troppo

consensi in quest' ora di reazione contro

l'idealismo tedesco al quale egli

inform

con tanto

entusiasmo;

e questa sola considerazione basta a

disamorare
del

dall' insistervi.

Ag-

giungo

solo,

sempre restando
da

nell' orbita

mio

studio, che, anche

nella linea ideale


difficile

lui segnata.

Bruno, Vico, romanticismo, non


involontaria,

scoprire qualche leggera deformazione

ma

ne-

cessaria per arrivare alla


l'

meta voluta:

il

romanticismo trionfo delcapito del Vico,

idealismo germanico.

quel che io ho

mi pare

che certo
-sempio:
allogato
:

modo
in
la

di riassumerlo seguito dal

De

Sanctis (egli dice per

questo

dramma

tutto

ha

la

sua spiegazione, tutto

guerra, la conquista, la rivoluzione, la tirannide,

er-

(')

De

Sanctis: op.

eit.

voi.

Il,

p.

203.

380
rore, la passione,
il

CONCLUSIONE

male,
sia

il

dolore, fatti necessari e strumenti del del tatto


pii

progresso)*

(')),

non
suo

esatto

che, nel
pi.

Vico

stesso, la

trascendenza latina sia molto

rispettata e

in funzione

che

non paresse

al

critico.

Ma
sto

questo era pur necessario accennare per avvertire che, pofatale dappertutto,
il

come

e perfino fra noi, in quell' alba dei tempi

nuovi fra

cinque e

il

seicento,

un prevalere

del

sentimento
al

che

condurr fino a Hegel, era naturale che sfuggisse totalmente


Sanctis
(*)

Defor-

la

verit e la variet di quel

singolarissimo

fenomeno

europeo che la fine dei rinascimenti e degli umanesimi come


marsi delle letterature nazionali, non soltanto per rispetto

alla lingua,

ma come
(in

emancipazione dello
!)

spirito.

Gli pareva che fossero cadute


della

un giorno

F originalit

e la

vitalit

vecchia

tradizione
carsinsi

italiana, che fosse scarsa e superficiale la portata del

movimento

tesiano, riservandosi di vedere

germi del futuro solo in quei

tomi ideali che facevano presentire Hegel. Piii naturale ancora


che, negate le premesse, gli riuscisse

impossibile arrivare alle

con-

chiusioni

che quell' integrarsi del pensiero italiano col psicologismo


inintelligibile,

cartesiano gli riuscisse

che

il

romanticismo,
nel

invece

che

il

fiorire delle letterature

nazionali

sbocciate
di

seicento, gli

apparisse piuttosto

una grande affermazione


efietto,

immanentismo geri

manico, cui
lori e le

si

sarebbero adattati, in
i

pur conservando
vedere

co-

tendenze nazionali,
religiosit

vari romanticismi europei. Eicordate?


volle

Perfino nella

del

Manzoni

un' espressione

della conversione del vero col certo inteso

come

verit

immanente
nelle
senti

nello spirito e torn a tirare in ballo, anzi in trionfo, quei tre uomini
sui quali
il

Manzoni aveva tanto meditato, da


Il

par

suo,

sue che
che,

veglie giansenistiche.

divino rinasce - egli disse


(*).

ma

gi innanzi 6 nato Bruno, Campanella, Vico

sta

bene

per compenso, egli riconobbe

il

strade dalle prime scoperte del


fa ?

germanesimo come iniziato nelle sue Bruno e dei suoi successori (come si
ci

era sempre nato prima di costoro Lutero) ma, poi,

ritorn quelle

(') (*)

Id.

p. 248.
:

Intendiamoci

io (e chi

no

?)

sono ammiratore fervidissimo del De Sanctis


riserve

della sua Storia Letteraria,


il

ma

consento pienamente col giudizio che ne diede


le

BoKOKSE {Studi di Letteratura Moderna 1915, p. 3-12)^ dove mi semhrano affatto contrastare con le lodi appassionate.

non

p.

332.

CONCLCSIOXE

381

scoperte
ci si

come

integrate e immortalate dai Tedeschi in


partire di
il
l.

modo che nou

potesse

pii

Onde
il

le

incongruenze, come di gente


le

ancora incerta

fra

vecchio e

nuovo, e

varie conseguenti conio

traddizioni, eh' egli scoperse

nel

romanticismo nostro, e eh'

nou

star a citare nel suo libro con richiami a pie pagina per

una mia
tavola

scarsa simpatia per le eccessive applicazioni


pitagorica.

letterarie

della

Osserv per esempio


gole
si

< Si

beffavano delle tre unit e delle reil

curavano poco, e non curvavano


il

capo che innanzi alla raapplicato


alla lette(')

gione. Era

razionalismo e

il

libero pensiero

ratura da uomini che, in religione, predicavano fede e autorit

come
e'

se

non

si

fossero ancor messi d' accordo col


l'

tempo
del

loro.

Dove

da osservare, fra

altro,

che

questa
e^^li

scoperta

De

Sanctis

rende indispensabile quell' altra eh'


Fauriel buona parte

fece pagine

dopo a proposito
di

del Manzoni, andato in Francia, secondo lui, ad assimilarsi attraverso


la Stal

il

del

romanticismo
che

Goethe

(').

Qui r inesattezza storica cos


Sanctis sull'originalit del
nelle sue pagine.

grave
il

occorre rilevarla

anche

per restare in guardia contro tutto


nostro

complessivo giudizio del


cos
il

De-

romanticismo
con

compromessa
del
rofaci-

La

verit tutt' altra: che

Manzoni, partito

dall'Italia deracin settecentista, al contatto

gli influssi

manticismo tedesco, che avrebbero dovuto (pare) orientarlo con


lit

verso idee tutte nuove,

si

trov invece enracin per virt di rea-

zione.

Bad anche a Goethe,

ma

non tanto a bocca aperta

fu proprio

allora che. anzi, cominci a trovar gusto in tutt' altra cosa: dico in

quelle considerazioni giansenistiche, che gli

riaprirono le porte

del

seicento francese e della tradizione latina e lo rimisero sulla


dei tempi nuovi,

soglia

con molta libert


la

di scegliere

da s

la

sua strada.
spirito

ne ricav quell'avversione per


in

germanica libert dello


in

dalla quale, anche

letteratura, e specialmente

questa, trasse

tutte le deduzioni col rigore

d'un consequenziario

claustrale; fra le

quali l'uso di adoperare in senso psicologista la parola ragione che


il

De

Sanctis intende deformata nel senso di razionalismo.


spazio
della
carta,

Riprova piccola nello

ma

grandissima
propria
col

in

quello delle idee, la sua polemica col Goethe: vera e

pole-

mica, pur non somigliando affatto a quella del

Rapisardi

Car-

(') p.

341.

C)

p.

344.

382
ducei, nella quale
t'

CONCLUSIONE

il

Manzoni mantenne

il

suo posto

(e

come!) venil

anni dopo che

il

Goethe aveva preso con aria

di paternit

suo,

sebbene, con quella castigatezza che fu sua soltanto, egli


di

mostrasse
ricordasse

polemicare solo contro avversari anonimi. Che non

si

Eppure il Manzoni era duro a non volersi capacitare che la storia non proprio un' estrinsecazione e manifestazione dello spirito umano, sicch il poeta, riplasmandola a suo talento, possa esercitare il suo diritto di padrone sur
del Goethe
po' forte....

mi pare un

un

capitale che 6 suo.


latino: e noi,

il

Goethe a sorridere
del

dell'ingenuit
a dire

del
il

discepolo

successori

De

Sanctis,

che

Goethe aveva ragione, con grande discredito non solo del Manzoni,
lava anch' esso a riposarsi nella verit quanto
fu

ma

del nostro romanticismo in genere. Il quale nostro romanticismo aneil

germanico

e, tuttavia,

sempre
che

cos poco propenso alle troppo visibili realizzazioni


lo stesso Gioberti,
il

dello

spirito,

quale, ad ogni modo, salvava la tra-

scendenza col principio ontologico,

ma

s'

accostava alla storia con hege-

liana passione temperata dall' evidenza latina,


fra
i

non ebbe molta fortuna

pensatori nostri, con tutto che a quelle realizzazioni fosse asso-

ciato tanto e cos sentito

prete Rosmini,
lui
i

entusiasmo nazionale. E gli fu preferito il buon non per una sua maggiore ortodossia (che anche su

Tomisti ebbero molto da dire) quanto pel suo psicologismo, che

lasciava pi visibilmente aperte le porte della trascendenza e meglio

conveniva

allo spirito

della razza. Si badi

che a questa

fondamensua parte,
;

tale diversit nel

modo
il

di sentire la storia legato, per la

presso

Tedeschi,

trionfo d'

una forma

d' arte

la ballata storica
le

che, da noi, tutto


le imitazioni.

sommato, ebbe pi fortuna con


di notevole se

parodie che con

Tra noi non ne vedo


rer, del

non qualcheduna
il

del Car-

Berchet e qualche altra del Prati,

quale, per disgrazia sua,

aveva bazzicato, a scuola, con


latino com' era, volle fare

la letteratura tedesca e, alla

temperamento

un poema
non senza

Faust senza capirne molto.

Ne combin un

pasticcio

dispetto di chi lo tiene, per altre


i

sue cose, in conto di gran poeta. Invece, per

Tedeschi, la ballata

frutto del loro orto, della loro ripugnanza alla storia

come

a pre-

giudizio: creazione della fantasia che, liberata dai pregiudizi latini,

come un
esile e

fioro

cho fugga dallo stelo


rifiorir

vada a

lontano,

esplora

senza

paura

le regioni

crepuscolari

dell'amore,

dell'odio,

CONCLUSIONE

383

della vendetta, del luminoso, del macabro, e vi sente altrettante divinit e forze della natura.

Ma
Sanctis
ticismi e

qual meraviglia che,


s'

con

questo

modo

di vedere,
i

il

De

interessasse quasi solo alle somiglianze fra

due roman-

non trovasse

nelle differenze quasi alcun interesse?

Per tornare a
^

lasse alla verit

noi, non come a un

da credere che,
porto, quanto in

in Italia,

non

si

anecon-

Germania,
noi
tu

pur

servando

la fede

nella

trascendenza.
il

Anche da
non
senza

proclamato
a

a gran voce oggetto dell'arte


venisse
il

vero,

che

spronarci

grido dei Germani che, a quella meta, erano


spirito

gi arrivati

per conto loro. Ma, poco persuasi dello


I

come

ritrovatore e

creatore di principi eterni, invece di convertirla con le passioni, pen-

sammo che
'

la verit

non potesse avere

carattere universale se

non
nel
af-

in quanto essa fosse connaturamento di Verit

supreme infuse
il

tempo,

pensammo

che, solo nella

luce di quelle,

poeta potesse

frontare la realt e la storia con fede nella verit


sce.
liti

che

ne

scaturi-

Per questa via furono


finalmente da tanta

ritrovate

parole e sentimenti (ma ripusoprattutto

scoria)

dei vecchi aristotelici, e

certune del savio Piccolomini, cos simili, anche

nel suono, a quelle

del Manzoni. Perch anch' egli aveva visto la salvezza dell' arte nella
verit,

ma

concepita

In

questo

senso - dice
il

come conversione il Manzoni -

col

dovuto e col
e

verisimile.

giusta

anche

profonda

quella sentenza che

vero solo bello.


di sentire la verit, si rivel nel
e

Questo diverso modo

diverso

modo

di rifare

Shakespeare, la
il
i

cui universalit - secondo la frase


dell' arte

di Federico Schlegel -

punto centrale
Tedeschi
s'

romantica
il

>

Da

Lessing in qua,

erano

arrogato

diritto

di

continuare Shakespeare non senza sarcasmo verso di noi, che, legati


dal pregiudizio classicista della
tragedia
voltairiana,

non

osavamo
l'ave-

assurgere all'arte libera e sintetica del

tragico

inglese.

Ma

vano poi

essi

veramente

inteso ?

nostri lo

amarono
erano
d'

in tutt' altro
stato

modo
'

ma

era

una diversit
condanna
i

cos

intima
altri

che

non sarebbe
accordo

neppur

facile esprimerla.

Gli uni e gli

nel:

accettare da

lui la

delle regole e del pregiudizio formale

ma, quanto
el

allo spirito,

Tedeschi non videro in lui

che

il

poeta

liberato

mondo, conforme
:

alla loro religione e alla loro filosoe' ,

Fermiamoci a Goethe
lerlichingen ,
il

che altro rapporto

fra

il

Goetz de

on quello

d'

drammi shakespeariani se una comune indipendenza dalle regole? Che altro son

Torquato

Tasso

)84

CONCLUSIONE

quelli se

non gigantesche avventure psicologiche

in cui

il

protago-

nista occupa da se solo la scena e l'interesse del pubblico, in un'a-

dorazione della forza


rito?

umana come unica


non

energia creatrice,
della

come

spi-

La

loro

catarsi

una riconquista

vita, e la loro

sensibilit (molta ce n' specialmente nel

Torquato

Tasso

non
suoi

puro spasimo di fantasia

che

si

affina

nella

creazione

dei

meravigliosi

mondi

psicologici ? E, nello stesso Schiller, cos in

fama

di sentimentale, chi

non

s'

accorge che

il

sentimento un accidente e

che l'impulso creatore soltanto fantastico? Perfettamente contrario


era
l'

effetto

che ne ricavava

il

Manzoni

il

quale, avendosi visto ad-

ditato

Shakespeare dai Germanici,

abbozz

un

libro

per

chiarire

quella tale intima polemica, tanto gli pareva importante la differenza


sul

modo

d'

intendere
scritto

il

poeta suo prediletto. Di quel frammentario


citato

libro

non mai

abbiamo

qualche appunto
in

e pu bastare

qualche appunto che rimette


alto

il

Manzoni

linea

ma

tanto

piii

col plus Madius, brillando in esso

qualche grande

tradizio-

nale pensiero latino.

La tragedia
delle

di

Shakespeare
che

ci lascia

- secondo
le

lui

il

senso
vi-

verit eterne, quelle


il

trascendono

pur interessanti

cende dei personaggi e


pre
il

loro peculiare dolore. dire

perch citare semsentimento

Manzoni? Non

paradosso

che

questo

ha

ancora pi spicco in Victor Hugo, solo che voi leggiate quelle prefazioni eh' egli sentiva e che, sovente,
il

bisogno di preporre via via alle sue tragedie

hanno
si

l'aria di

un

sottile

rimorso. Perch quel pos-

sente guascone
le

lasciava trasportare dall' esuberante fantasia, dietro


dei

chimere e
1'

il

colore

suoi

spesso

futili

personaggi,
eh' egli

ma

egli

sentiva che

arte qualcosa di pi e quello


!

voleva
verit

dalla
:

tragedia - in teoria
piet, dolore, carit,

- era

il

senso

religioso

delle

eterne

pi veri della sua Lucrezia Borgia e dei suoi Burlui


si

graves.

Anche per
il

questa era la grande arte


vendicava, o
s'

e,

poich sentiva di
d' in-

non

esserci arrivato,

ingannava, o cercava
l

gannare

prossimo, nelle prefazioni: e diceva

quello che

il

Manfosse
lo

zoni riusciva a dire nel suo Adelchi e nel

suo

Carmagnola,

pure compiacendosi troppo di cori e di monologhi.


cetto (teorico) della storia professato nella prefazione

Ma
al

ci
il

che

mette a lato del Manzoni, proprio di contro a Goethe,

suo conej

Cromwel,
storico.

in tutto conforme a quello del


lui
gli

Discorso sul romanzo

A
a^

pure la storia pare irriducibile a espression dello


pare cos piena
d'

spirito;

essa;

una

sua

misteriosa

verit

che,

di fronte

CONCLUSIONE

385
al poeta,

v]iiella,

gli

uomini son
de

marionette

e,

secondo

lui,

non
le
(').

resta che esprimere questo sentimento

e cercar

di

riconoscere

jea des

fils

la

providence sous

les

marionettes

humaines

>

Siamo

proprio sulla linea ideale del Piccolomini e del

Manzoni op-

posta a quella che conduce al Goetz de Berlichingen


ci

e al
la

Tor-

nato Tasso*.

Ma

c'era di mezzo un'altra grande cosa:

sensi-

bilit: altro abisso fra latinit e

germanesimo. La quale

sensibilit,

forza dell'anima

messa

in luce dal Cristianesimo nei


i

tempi moderni,
conquista
del-

non
"

affatto,

come pensano
vital

Tedeschi, aculeo

alla

eterno,

ma

sentimento di esso, non entusiasmo di fantasia

reatrice di verit,
N

ma

respiro dell'

anima

nel silenzio della carne, e

oce di ragione, cio rivelazione di Dio. E, invece, anche su questo

punto, quanta confusione dal


altri fu,
-i

De

Sanctis in

qua

(Cito lui perch chi


critico?).

anche dopo, l'informatore del nostro

pensiero

discusse d'onde ci fosse venuta, se di

Germania o
aggiunse

d'Inghilterra,

[Uesta tutta nostra sensibilit.

Appunto

ad accrescere

la confusione,
e,

s'

la questione

egli influssi inglesi

nel settecento

tra

due contendenti, parve


lo

'he la priorit spettasse all'Inghilterra.


strana pagina d'uno scrittore
s'

Ma
1'

Spingarn ricorda una

del 600,

Hobbes, dove l'Inghilterra


rispetto.

afferma col suo destino di razza mista anche per questo

Fin da allora essa non aveva fatto che assimilare, da una


sensibilit

parte la
sentire

come ragione e

tristezza

dell'anima,

secondo

il

iriansenista, dall'altra la sensibilit


il

come entusiasmo

di fantasia, secondo

sentire luterano

e le aveva conciliate con quella sua mirabile super-

ficialit,

tornandocele poi, nel 700, con la poesia dei giardini inglesi,

osi

armonizzate tra loro, che l'importazione

parve
e

cosa originale,
in

parve iniziare un movimento che, invece, da noi,


procedeva, per opposte vie, gi da
spirituale che permise poi
lo stesso terribile
all'

Germania,
indifferenza

un

secolo. Mirabile

Inghilterra di accentuare, in pari tempo,

entusiasmo creatore luterano

con

le

frenesie

di

Carlyle e di Kypling, e d' esasperare la sensibilit sentimentale latina

on Shelley. Scriveva dunque


nella prefazione a
ritiene

l'

Hobbes,

sulla
:

met

il

del

seicento,
si

una sua versione

dell' Iliade

Generalmente

F elevazione della fantasia (fancy)

essere

maggior pregio

(')

Hugo: Prefax. al Cromtcel

(ed. cit.) p. 14.

{})

Su questo dramma

cfr.

Bobgese:

Italia e

Germania (Treves 1915)

p. 82-3.

ToFFAMN.

La

fine

deU'ttmanesimo.

26

386
della poesia eroica

CONCLUSIONE

ed cos se discrezione (discretion) la governa


generale

poich gli ucraini


(fancy) pi che
il

in

sentono

ed

ammirano

la

fantasia

giudizio

(judgment) o la ragione

(reason) o la

memoria o alcun'
guardando
la

altra facolt intellettuale; e

a causa della sua pia-

cevolezza, ad essa soltanto

danno

il

nome

di

ingegno

(wit)

non

ri-

ragione e

il

giudizio che come

un pesante
per la pi

tratteni-

mento

che, nella fantasia sta la sublimit (sublimity) del poeta, cio


i

quel furor poetico (poetical fury) che

lettori

parte

di-

mandano

(').

Quest' evidente spensierata confusione


dall' Inghilterra, in

ci

dice della parte avuta

quest' affare della sensibilit, meglio di molte pa-

gine critiche.

Ma, a sviare ancor pi


s'

il

giudizio dei moderni su questo punto,


che,

aggiunse

il

fatto

naturalissimo

rappresentanti
italiano)

del

roman-

ticismo tedesco (e talora anche di quello


gli specialisti,

furono

scelti de-

cio dei letterati puri,


il

quali,

venendo dalla cultura


caratteri

lento pedo, erano disposti a vedere


generali, attraverso

fenomeno, nei suoi


Il

una deformante

riflession critica.

romanticiSchlegel,
i

smo

tedesco, per molti storici, consiste

in quei

fratelli

quali, se, in realt,


finirlo,

ne parlarono pi degli
di

altri, e

con pretesa

di de-

non

solo intesero, per,

darne un' imagine

europea, e lo

stilizzarono,

ma,

freschi di cultura francesizzante e italiana, risenti-

vano, davanti alle glorie


loro inferiorit barbarica,

nostre
s'

medievali, uno strano


alla

senso
latina
il

della

inchinavano

gentilezza

pi

disposti a subire che a esercitare influenza. Stato di

crisi

quale

culmin in Federico, quando


punto ricca
d'

egli si decise a cosa


il

punto tedesca e
si

avvenire; abiur

protestantesimo,

fece cattolico e,
l'

innamorato delle forme della vita

latina, rivagheggi

antico

romano
te-

impero

il

quale, fra l'altro, avrebbe avuto per effetto la distruzione

dell'autonomia spirituale germanica.


desco
?

questo
la

il

romanticismo
ironia

(')
:

quello contro

il

il

quale

s'

esercit

riservata

di

Goethe

romanticismo di Federico

Schlegel

fanatico
(')

staf-

fiere della

reazione

come

lo

giudicarono

Max Nordau

e,

non

ricordo pi dove, Schopenhauer.

(>)

Sl'INGARN

p. 257.
liti,

(^)
(3)

Bosskbt: Hist. de la

allemande (Hachette)

p.

579 nota.

Max Nordau

Il

senso della storia (1915 trad. Lovera) p. 77.

CONCLUSIONE

387
Schlegel allu;

Ma

nessuno

si

meraviglier, n di trovare negli

sioni alla sensibilit cristiana

degne di Chateaubriand

dell' incer-

tezza nella quale viene a porsi la storia


guide.
si

quando

s'

affida

a siffatte

Anzi mi pare che

si

sia

un

po' esagerato in generosit

quando

parl delle influenze di Guglielmo Schlegel sulla Stal senza balui,

dare a quelle di costei su di


troppo alla lettera
i

che sono notevolissime.


si

A prender
tenere
il

loro ragionamenti

fa la

figura

di

moccolo. In proporzioni minori,


si

ma
che

si

sarebbe pur fuori di strada, se


il

prendesse come rappresentante del nostro romanticismo


il

Berchet,
del

contro

quale non mi risulta

s'

esercitasse

mai

l'

ironia

Manzoni, castigatissimo uomo,


late tedesche,

ma

alle cui

ingenue, e un po' retoridelle


bal-

che e abbastanza fugaci simpatie per


(che egli forse
il

gli effetti fantastici


si

non amava)

deve se

udimmo
si

troppe

volte ripetere che

romanticismo

fu, tra noi, trionfo del fantastico,

del disordinato, del macabro. Tutte cose delle quali

fa

giustizia

con un' occhiata.

Insomma, per capire

lo spirito dei
le

grandi fenomeni
scrittori
si

storici, bi-

sogna leggere con prudenza

pagine degli

che lavorarono

con troppo puro spirito letterario e magari,

tradussero a vicenda.
che, magari,
Schiller
scrissero

Bisogna

leggere

grandi

autori

del

tempo

senza punto pensare

alle teorie

romantiche:

Goethe da

parte. De Vigny e Leopardi dall'altra. Onde l'altro abisso non vedere il quale nocque forse al Monti la sua troppa vicinanza col Berchet - nel modo di considerare la mitologia, contro

una
- a

la

quale
i

Tedeschi fecero una pura questione

d'

orgoglio nazionale

Latini fecero

una questione

di

modernit, nel senso che lo spi punto vero che


s'
i

rito dei

tempi era rinnovato.

Non

Tedeschi

re-

spingessero la mitologia perch


di sentire: la respingevano per

non
far
e,

accordava pi col loro


nazionale,

modo
che,

posto a quella

secondo loro, era altrettanto bella


e certo pili

quanto a

spirito,

punto diversa,
re-

pagana e feroce della


il

classica,

come ha dimostrato

centemente

Galletti
l'

(').

Da

noi, invece,
:

anima moderna sentiva


il

che, in quella forma, deillustr

formava se stessa
precisione
il

e lasciamo stare
:

Manzoni, che

con tanta

fatto

vedete come lo spirito di Malebranche, spirito di

L'anello del Nibelungo (') Galletti: Marto-Aprile 1918).

{Rivista

delle

Nazioni Latine

388
malinconia, anima
il

CONCLUSIONE

Leopardi, quando egli

discerne

tra

fantasmi

del classicismo quelli che sono ancor degni di sopravvivere. Tant'

vero che

il

Carducci, venuto ultimo, sent la mitologia

come reazione
venne
il

allo spirito cristiano,

pi ancora che

come forma,

finche

Pascoli a ricondurci ai temperamenti leopardiani.

dunque di romanticismo latino e il cercar di vederne i caratteri comuni (chi non sia tanto ingenuo da intendere la cosa nell'assurdo significato che le letterature d'Italia, di Francia e magari di Spagna sieno un' identica cosa) diventa indispensabile, se si
Il

parlar

vuol contrapporre

al

romanticismo tedesco una formazione altrettanto


gli effetti dei diversi

organica e complessa, distinguere


manifestatisi
all'

impulsi ideali
il

origine delle letterature moderne, fra

cinque e
di

il

seicento, capire ci che

nel

nostro

romanticismo

c'

assoluta-

mente

nostro, valutare lo sforzo fatto dall' idealismo latino per supenoi,

rare la crisi del Concilio di Trento. Invece, tra

prevalse

uno

strano sviante concetto, molto animoso certo gi nel

De

Sanctis,

ma
meposdi

di cui sarebbe ingiusto far risalire a lui la responsabilit


rito: che, cio,
il

il

movimento

iniziato

da Lutero, con una sua

sente iniezione di realismo, salvasse lo spirito

umano
buono

sul

punto

impaludarsi e perdersi in un misticismo senza

uscita e senza

spe-

ranza di domani. Nella quale idea

e' ,

forse, di

che, in quel

momento,

il

realismo luterano fu qualcosa di pi sano e di pi forte

che la nostra rinuncia trascendentale e che, poich nulla va perduto


nel mondo, esso contribu a scuoterci, a farci esplorare meglio
stessi, a ridarci,

noi

con

la polemica,

nuove energie.

invece

difficile

mi-

surare la portata di quel concetto nelle affermazioni,

applicazioni e

teorizzazioni filosofiche eh' esso ebbe, tali da renderci impossibile di

riconoscere uno svolgimento di idee latine dal cinquecento

in

qua.

Lo

si

trova riflesso dappertutto: mi avviene di scoprirne

temperati

influssi

- tanto per

citare la

prima pagina autorevole che mi capita


da
ogni
eccesso,

sottomano - in
il

uno

scrittore nobilissimo e alieno

quale non sa tuttavia rinunciare al pensiero connaturato nel tempo.

Forse - scrive

il

Farinelli - per

una redenzione
del
di

delle

genti,

mi-

nacciate di mollezza e di languore dalle sirene

nostro

rinasci-

mento, occorreva un
ide
lui,

uomo

della

tempra

Lutero che ideasse, come

verbo

d'

uno spirito non d' amore in vangelo

altra sostanza che di ferro e


di

mutasse
l'

il

guerra e di

conquista,

inno

in

CONCLUSIONE

389
un pensiero
molto

fanfare squillanti

>

(').

Il

Farinelli tempera, da par suo,


:

in altri tanti aspro e deciso

ma

probabile che anch' egli sia dissulla


il

posto ad attribuire alla Riforma influssi


notevoli.

nostra

storia

Di qui - qni non sento proprio


ostentata

bisogno di citare - quella

ufficiale, indiscussa,

ammirazione per
i

Riforma che, da
i

mezzo
impulso

secolo in qua,

occupa

nostri

libri

di

scienza e

testi

di

scuola e ci vieta di cercare nel movimento della controriforma alcun


vitale.

Tutta la nostra ammirazione


i

si

volse agli stranieri: gli


allegria ed
io

storici nostri derisero

loro

avi

con
-

notevole
il

non

posso

dimenticarne

uno -

e illustre

quale dopo essere scorso

sorridendo, sui moventi ideali dei papi, nella gran contesa d' allora,
si

fermava a cercare quelli della Riforma di Enrico Vili.


tanto

dire che
!

Malebranche aveva in proposito un' opinione


naturalmente degli
a dir vero,

diversa

Parlo

storici italiani, perch, in quelli francesi, le cose,


:

vanno molto diversamente

si

spiega.

Ma, insomma, se si vuol vedre gli errori della strada che abbiamo infilata, bisogna parlare di romanticismo latino e fermarsi a quell'integrazione del movimento umanistico italiano per opera di
quello francese, cos conservatore nello spirito e pur cos innovatore
negli effetti
:

bisogna cercar di vedere le divergenze di esso da quello


rappresentanti
il

germanico nei
l'altro:

pi

acuti e coerenti
il

dell'ano e del-

per

esempio

Goethe e

Manzoni.

bisogna insistere

sull'immanentismo dell'uno e sul cattolicesimo


ch
la differenza sia tutta
l,

dell'altro,
i

non

per-

ma

perch quelli sono


effetti,

centri di

due

opposte spiritualit, visibilissime, nei loro

anche in autori che


Mazzini.

non ne abbiano avuto coscienza, e non sieno visi con perfetta coerenza, come per esempio
dei tempi, la poesia si trov a salire, coi
essa, alle altezze raggiunte

arrivati a conformaril

Perch

tale la vera grandezza del romanticismo: che, in quella pienezza

massimi rappresentanti di
:

prima solo nel Medioevo

ad essere espres-

sione conforme e intera dell' idealismo del tempo suo.

Come nessuno
d'

penserebbe di poter parlare di Dante senz' avere cercato

intendere
dei

almeno qualcosa di S. Tomaso,


rispetto alla filosofia ed

cos nessuno
ci

potrebbe

parlare

massimi del romanticismo senza conoscere

che esso fu anche per

aUa

religione.

(')

Fabinelu: Lutero
p.

e i

suai eanti

spiritiMli {Rivista d' Italia,

Marxo

191b

269.

390

CONCLUSIONE

Se noi dimenticassimo di
deschi, che, per conto loro,

farlo per la nostra storia, ci

si

met-

terebbe, per questo solo, in 'condizioni d' inferiorit di fronte ai Te-

non

se

ne

sono

mai

dimenticati,

ma

hanno avuto presente questa


del

diversit di fondamenti fino alle ultime


i

conseguenze (ed anche per questo che

Francesi, posti sulla linea

Reno gomito a gomito con la Germania, hanno sempre tenuto nei loro libri un contegno molto diverso dal nostro a questo proposito). Abbiamo gi citato un passo del Treitschke che indicava come punto di biforcamento delle due civilt, latina e germanica, l'Editto di Nantes. Poche opinioni di quello storico, pur cos impresso dei caratteri nazionali,

potrebbero

vantare in patria pi
i

in-

timo consentimento. La questione molto complessa, coinvolge


poli e
quelli
i

podi

loro destini,

si

riferisce alla letteratura

come espressione
di

e,

a volerne ritrovare gli aspetti

nella

fisonomia

singoli

autori, la si rimpicciolisce.
Il fatto

sta

che noi camminiamo,

oggi

ancora e pi che mai,


dell'

sulla strada iniziata

da quei piccoli uomini

ultimo cinquecento
in

e la loro penosa logomachia ha finito con lo

spiegarsi

doloroso

anime fra noi latini e un mondo che ci attrae talora ma pu conquistare giammai. Il grande male - secondo il Treitschke - che sta in fondo alle convulsioni frequenti della vita
contrasto d'

che non

ci

francese,

il

dualismo

cattolico. Toltone

il

valore di

condanna,
che

bi-

sogna pur convenire in quel giudizio.


alimenta
i

L'idea

morale

regge e

sentimenti, le aspirazioni, le idealit di quel gran popolo

latino - e, del resto,

anche del nostro, con irrequietudine minore e maggiore pensosit - la comune idea tradizionale di cui si mostrano nutriti, alla prova, quelli stessi che credono d' esserne
di averla sostituita

fuori

con rinnovate concezioni.

L' assoluto vi ha
lasci di

un

culto - anche se in qualche caso

si

trair-

chiamarlo Dio

- e la

coscienza civile distingue con cos


della

riducibile sensibilit tra le forme


quit,, del

Giustizia e quelle
riesce

dell' Ini-

Bene

e del Male, ch'essa

non

mai a presciudere
di

da

essi o, a dir meglio, a placarsi in

un sentimento
di
il

convenienza
d'imposlui, tutto
il

pratica che le trascenda.


sibile progresso efficace e
il

Onde quell'impressione
graduale che

stasi,
e,

Treitschke -

con

germanesimo - riconosce nella

storia di Francia, nonostante

suo

vorticoso moto apparente. Tanto sono intangibili in essa gli eterni e

pure irraggiungibili principi salvati


Nantes! Che importa
se,

al

mondo

latino

dall'Editto

di

in

questa

sua

gloria, poi

anche

il

suo

CONCLUSIONE

391

eterno tormento

Che importa

se,

nel cielo delle sue convulsioni, ba-

lena sempre una forma di so^no,

un Assoluto eternamente vero ed


?

eternamente chimera sopra la terra


prendere ogni volta
le

Tale appare

il

suo

destino

di

mosse da una concezione dello Stato


cristiano,

ispirata
purifica-

da un liberalismo veramente
zione in cui
le

da una
popoli

smania
si

di

r anima

degli individui

dei

riavventa

verso

integrali aspirazioni alla Giustizia, alla

Libert,

all'Eguaglianza,

come a un'
per
il

alba di maggio nidi di rondini, e di ricadere poi subito,

contrasto tra la vastit dell' Ideale e le deboli possibilit degli

uomini, in una incapacit di liberalismo pratico e duraturo


luogo sempre, fatalmente, alla dittatura. Onde la
storia

che

fa

politica

di

Francia una storia di disfatte


vr' essa un'

ideali, e l'ironia tedesca

formula so

accusa nella quale accomuna tutte e tre


illiberalismo.

le rivoluzioni del
il

secolo scorso:
fatto

Uno
d'

scrittore francese, considerando


lo

con animo ben diverso dal Treitschke,

spiegava alla fine allo

stesso

modo, in certe pagine


(').

un

libro

dove non

mancano

baleni

di profondit

Davanti

all'

eterno portentoso fenomeno delle grandi

convulsioni

civili

excits par les

sentiments
egli era

de religion chez
tratto a

les

hommes
i.'he,

qui n' ont pas de


il

religion

conchiudere
(')

in Francia

n'

y a qu' une

question, la question religieuse *

(le probleme insoluble de notre vie nationale).


la

la spiegava

con
ce

voce dei morti

(<il nous enveloppent,

il

nous

oppriment....

sont les morts qui parlent


cellabile di

C): che, poi, vuol dire coscienza incandi sentire latino,

quanto tutto

il

modo

anche nelle quelontane


deci-

stioni pi indifferenti, in apparenza, si

conformi

alle

sioni dell'Editto di Nantes.

Tutto

ci,

che cos evidente nella vita

civile, lo , altrettanto
:

e pi, nella letteratura.


le

in fondo ad essa un' idea morale

tutte

sue forme, dalla


il

lirica alla

commedia, hanno un identico presup-

posto,
lete
le

quale nell' anima della nazione, cio del pubblico. Se vo-

aver documento di quanto esso sia vivo e vivido, magari sotto

ceneri, pensate alla facilit


il

con cui un improvviso moto


tali

di

rea-

zione pu ricondurre
alla

popolo latino ad eccessi

da

richiamare
per
quella
studiate

memoria -

in Francia
le

pi ancora che

in

Italia,

maggiore irrequietudine all'

aberrazioni letterarie

da noi

epoca del Concilio di Trento. Pensate, per esempio, alla reazione

(*) (-)

Df

Vog

Les morts qui parlent


(3)

(ed. Nelson).

p. 203-4.

p. 205.

392

CONCLUSIONE

moralista della letteratura, nella Francia del secondo impero,


dell'esilio di

al

tempo

Victor

Hugo

e della

dittatura
;

del

Yeuillot.

Aberra-

zioni, lo so, fomentate

da interessi di partito

ma

che non potevano


e'

nascere se qualcosa di corrispondente a quelle non


della nazione.

era nell' anima


di

Ma,

se

non volete pensare a questi momenti


alla

rea-

zione e di

crisi,

pensate a qualcosa di pi preciso,

commedia
Negata

dei tempi moderni, alla pochade.

Su che cosa

verte

l'

ironia latina ?

Su un'

idea morale.

affermata che essa

sia,

a nessun sentimento risponde e vibra cos

pronto r animo delle platee, come a un' idea morale.


(e

Non

si si

deride

non

si

onora del nostro interesse) se non

quello a cui

crede:

solo

una

platea che oggi abbia molto e intensamente riso a


alla

una po-

chade potr domani turbarsi e commuoversi


rola.

voce

d'

un Savona-

proprio questa

1'

eterna

accusa

d' ipocrisia

che viene a noi

latini dal

mondo germanico, (A

questo proposito mi pare proprio im-

possibile alcuna

distinzione tra Francia e Italia, perch, in fatto di

gusto, specialmente nelle forme d' arte


cio
chi

meno

aristocratiche o raffinate,

il teatro, e' una gi troppo nota affinit). Quanto alla lirica poi, non vede che l'umano dolore, anche nei suoi poeti pi spregiu-

dicati, vi

sempre
cristiano

controllato

dalla coscienza morale, portino nei


far

malati compiacimenti di Baudelaire (senza voler

proprio di lui

come mi par oggi di moda) ? Ebbene: tutto quello che abbiamo qui affermato della vita latina, letteraria e civile, pu essere sicuramente negato per la Germania. In Germania il nostro modo da concepire la moralit non ha corso.
Nella vita civile,

un censore

nessuna
le

di

quelle
nei

aspirazioni
paesi

fulminee e senti-

mentali che portano

convulsioni

latini.

dell'Assoluto plasma ben diversamente

l'anima di

La negazione un popolo, di-

strugge, con le illusioni di giustizie chimeriche, lo stesso bisogno di


giustizia in senso profondo, e ve ne sostituisce

uno accomodante che


creare
sdegni,

non distingue

fra
il

Bene

e Male, fra Carit e Iniquit con partecipa-

zione di cuore;

principio, in s,

non ha virt
si

di
si

entusiasmi e magari vendette (non


cui

ama

non

odia

quello a

non
il

si

crede); solo

si

presenta

all'occhio,

nella

sua

concreta

realt,

valore pratico delle aspirazioni umane. I Latini


astratto,
i

non posstesso

sono prescindere dall'Ideale come

Tedeschi

difficilmente

se ne ricordano. Di qui, in parte, la ragione per cui le loro

convulsioni e rivoluzioni difficilmente trascendono di molto


effettivo

il

valore

che se ne ripromettono. Ma, in letteratura, questo colossale

CONCLUSIONE

393
all'

vuoto morale brilla ancora di pi. Fermiamoci

ironia,

come

la in-

tendiamo noi, nella pochade; e vediamo ch'essa non

esiste

in Ger;

mania perch non


altra la ragione se

vi

pu

esistere,

perch non vi suscita interesse

crea, anzi, lo sbadiglio e ingenera facile stanchezza.

Xon ne pu
perch

essere
la loro

non questa

non

vi si interessano

stessa indipendenza

morale non risente brividi o fremiti, e neppure

reagisce con ribellioni, a quel


netico gioco intorno a
pratica
:

supremo barbaglio

del male.

Quel

fre-

un

principio non per loro che una questione

onde

l'

ironia, che la voce pi segreta dell' anima,

non verte
alle leggi

mai, fra loro, intorno alla morale, ma, piuttosto,


e convenienze sociali le quali
essi

intorno

riconoscono e non possono non

rispettare nel loro valore pratico.

Non

ridono alla pochade

ma non
li-

prenderanno mai sul serio alcun Savonarola.


rica, in cui il

lasciamo stare la

dolore ha avuto talora espressione sublime,


:

ma

quasi
ri-

sempre totalmente estranea ad ogni controllo morale

per questo

pensate al gran personaggio tedesco, Faust, che, insomma, compendia


gli aspetti

pi veri dell'anima tedesca. Concepire in Germania moti

di

reazione
difficile,

come

quelli del periodo del

secondo impero in Francia


di addentellati
psi-

perch

non

vi

si

vede

possibilit

cologici.

E
mossa

cosa avvenne ? L' abbiamo gi ricordato


loro d' immoralit, essi risposero con
l'

all'

accusa
vecchia

da

noi

altra

accusa

di ipocrisia e col rivendicare per s

prensibile

si

dissero Greci o eredi dei Greci,

una lode strana ma non incomcome se quello spirito


solo
in

di libert pagana, capace di accostarsi all'arte

nome

della

liberata Bellezza, si fosse trasfuso in loro.


al fondatore del

L'idea

era gi balenata

germanesimo

Lutero.

Perci bisogna chiudere questo libro tornando al


lettore potrebbe
solta,

principio.

Il

anche essere impaziente

di

conoscere come fosse


la

ri-

da qualche grande spirito del romanticismo,

pi complessa
in

delle questioni posta dagli

uomini del Concilio

di Trento,

quel-

alba della vita

moderna.

questione suprema che la

letteratura,

nel grande meriggio del romanticismo,


trasfigurare nella sua grande luce,

non

poteva

non

trattare

ma

che trascende la letteratura e


tornare

coinvolge F eterno problema del destino dell'uomo. Bisogna


al libro di

Giobbe. Dacch

gli

umanisti l'avevano
se,

tratta,

con incerte
sorte degli

mani, dalle pagine della Poetica, la questione

nella

uomini, sia sempre visibile la Giustizia di Dio, non era morta pi.

394

CONCLUSIONE

E
il

si

chiedevano

la poesia

come deve comportarsi


il

Deve

fare che

reo sia sempre punito e

giusto premiato ?
in che altro

Ed

questa la vela poesia

rit ?

E
?

se questa

non

fosse,

modo pu

con-

fermare l'animo dello spettatore e del lettore nella disposizione del

Bene

Del lungo polemicare intorno


:

all'

bKboq xal ^^o? questo era

rimasto nella coscienza degli uomini

Se nella tragedia greca una

misteriosa forza catartica poteva far parer logico che

un uomo

fon-

damentalmente incolpevole fosse travolto d'improvviso nel


nel male,

dolore e

una tragedia morale


innocenza e la premia

e cristiana

non dovr rappresentare


all'

invece visibile la presenza di Dio che riconosce la colpa e la punisce


e vede
l'

Al trovare,

uscita dallo spen-

sierato rinascimento, cos

grande pensiero, quei primi piccoli umanisti

n'erano come rimasti offuscati nel modo che


folle

vedemmo

e,

per

una
quasi

paura di
il

far torto a Dio, o

di sviare gli

uomini da

lui (ricor-

date

rimorso del Tasso per aver lasciato impunito un


malfattore),

suo

anonimo
venga
fra

avevano conchiuso che

la poesia

non deve mai

lasciare insinuarsi nell'animo


il

giusto e

l'

iniquo.
il

umano il sospetto che Dio non interAvevano ridotto l' idea di catarsi a
essa

significare perfettamente

contrario di ci che

era
?

nella tra-

gedia antica.

Ma

quest' idea era

veramente un progresso

Non
pu

era

piuttosto la voce della debolezza

umana
: :

offascata
l'

dal

suo egoismo
cresi

immortale

vero

eternamente vero

uomo,

in teoria,

dere neir oltretomba e nel mistero

ma

il

lamento di Giobbe, che

proclama

infelice e innocente, gli

d un

disgusto indicibile, lo lascia

turbato e quasi sdegnato contro di quello. C', in ognuno di noi,


semitico sdegno contro Giobbe;
quello sdegno che
si

un

esprime nella

prima pagina

d'

una grande

storia.

Chi vorr scorrere questa storia

- cominciava tjiuseppe Flavio - potr singolarmente ritrarne a suo


pr, che, a quanti sommettonsi ai divini voleri, e-

non osano

di tra-

passare

giusti termini delle leggi, torna a bene oltre


e

V aspettaxione
cose riescono
si

ogni cosa

vien data da Dio, in premio la felicit, e che, in quanti


le agevoli

dilungansi dall' esatta osservanza di quelle, e


difficoltose e in insanabili
il

disavventure
di fare
la
(').

si

cangia qual che

fosse

bene che procacciavan

l'eterna condanna di Giobbe


indifesa umanit.
Cos,
in

in cui ha bisogno di

riaversi

nostra

(')

Giuseppe Flavio

Storia degli Ebrei

(Traci.

Angiolini,

Firenze

1831)

100.

CONCLUSIONE

395
dall'

fondo,

s"

era risposto al problema della catarsi

seicento; cos la questione era sopravvissuta nella


settecento, con Voltaire e con

umanesimo mezza luce

del

del

Gasparo Gozzi cos


;

la trov nell' aria,

senza sapere d'onde venisse,

il

buon Goldoni. Egli non s'era


quel

certo

mai curato

di

prender famigliarit con Aristotele, ne credeva neces-

sario cominciare da lui,

ma, con

suo

singolarissimo rispetto
il

delle persone e delle cose altrui, che fa di lui

pi bizzarro rivodarci

luzionario della storia,

non

si

imagin neppure

di

una pedata,
grazia
si

o di trovarla antipatica, o di giudicarla estranea alla sua arte leggera,

ma, poich anch' egli era un autore


aristotelica, per

di

teatro,

con

tutta

sofferm a inquadrare un esemplare delle

sue

opere nella

cornice
{').

gusto del pubblico che le avesse amate cos


, illustr

E,

nelle

Memorie

via

via

modi con

cui
(').

aveva sempre
sen-

salvato nelle sue opere questo finalismo morale


Il

romanticismo, naturalmente,
ci si

si

ripropose la questione

e,

tendo eh' essa era vitalissima,

fond. Certo la liber dalle formule

riawicinandola alla umanit e

alla poesia,
d' essere

ma

vedete la brava

ma-

dame de

Stal, la quale
:

credeva

andata a trovarne la spieLessing,

gazione in Germania

e per,
i

invece

di

aveva

letto

gli

Schlegel, ottima gente,

quali,
:

a lor volta, queste belle cose erano


s'

venuti a impararle da noi


tere a

onde quella non

accorgeva

di

rimet-

nuovo

le

timorate opinioni del plus

Madius.
il

Ricordate
il

che
-

ueir Allemagne
tico,

ella

divideva

due mondi,

classico e

roman-

proprio a questo punto? Nella poesia

classica - diceva
:

neUa romantica la Provvidenza la sorte non conta per nulla i sentimenti degli uomini la Provvidenza non giudica le azioni che sulla norma di quelli. Come la poesia non creer
la sorte

che regna

esso
d'

un mondo di tutt' altra natura, quando bisogni dipingere l' opera un destino nero e sordo sempre in lotta con i mortali, e quest'ordine intelligente cui presiede un Essere Supremo che U nostro cuore

- passim. morte nella pratica, sono per ripetutissime nelle teorie del settecento. Le ripeterono con piena fedelt il Gravina nella Ragion Poe-

(')
(-)

Goldoni

Memorie

Queste

idee, cos

tica

il

Metastasi nel suo discorso suUa Poetica, sebbene


;

intendessero

fare

della polemica
diletto della

le raccolse

con poche varianti

il

Cesarotti (

Ragionamento sul
al let-

tragedia Opere, Firenze 1808 Voi. 29 p. 154) che addito

tore perch in detto studio, si trovano compendiate molte idee

dw

contemporanei

giovevoli al caso nostro.

396

CONCLUSIONE

interroga e risponde al nostro cuore?


idea sarebbe molto piaciuta al

(').
:

Difatti,

questa nuovissima

De Nores

e badate che certa estrema

arte romantica, di gusto popolaresco,

non

neanche

molto

diversa
al

da quell'estrema arte ottimista del cinque e seicento, cara medesimo, in cui


nel
il

Tasso
tenore

baritono finisce

sempre

bastonato

il

mondo s'esprime un giovane povero la cui poesia piace tanto alle donne, ma non piace meno agli uomini buoni. Perch anche questi hanno bisogno di credere nella solidit della vita. E che cosa faceva
onesto finisce sempre in gloria, e tutto questo bel

Romanzo

d'

pensare dunque alla buona signora Stal che oggi


riconoscere nelle
cose

sia

tanto

facile

umane

il

trionfo

dei

buoni

sugli

iniqui?

Avrebbe

fatto

bene a spiegarsi meglio.


in

(Non parliamo del Leopardi, ossia parliamone


titeca a quella di

una
ci

parentesi,

perch egli arriva a una concezione della tragedia greca la pi an-

Lessing che

il

romanticismo nostro

abbia dato

arriv, dico, a

una concezione

nichilista di essa: e penso che, se le

cose dette da lui fossero uscite dalla penna d'uno degli

ultimi

ro-

mantici a portata di
costui, e stione, in
il

mano

del Carducci, che rabbuffo


!

si

sarebbe preso
la

romanticismo con esso

Egli tratt di proposito

que-

uno

dei pi lunghi paragrafi dello Zibaldone, e neg dispela tragedia

ratamente che
del

greca avesse un senso,

che

il

problema

Bene

e del

Male

fosse

mai spuntato
mai

nella
:

mente

di quelli

uomini

antichi, che

una

catarsi fosse

esistita

afferm che tutto questo

era

una sovrapposizione dell'anima moderna.


si
i

Molto
pi

inferiori

ai

moderni nella cognizione del cuore umano


condo
lui,

pu essere
antichi,

certi, se-

che

greci tragici,

massimamente

ebbero

tatt' altra

intenzione, e in certo senso contraria a quella dei moderni.


dai
il

Prescindendo completamente dal cuore, in senso psicologico, e


meraviglioso delle sventure e delle passioni

grandi problemi ideali, essi cercavano soltanto < lo straordinario,


>

alla

Byron (ma,

nelil

r analisi
teri

di

queste, molto inferiori anche al poeta inglese, secondo

Leopardi).

Sventure e casi

orribili e singolari, delitti atroci, carati

unici^ passioni contro natura, furono

soggetti favoriti dei tragici

greci col solo scopo di produrre una sensazione delle pi vive e


di sviare lo spettatore dal considerare

l'umanit vera.
i

I moderni
tii

drammatici, come

gli altri poeti,

come

romanzieri,

si

propongono

(')

Stai.

L' llemagne, V.

p.

177 (Flf^inmarion).

CONCLUSIONE

391

agire sul cuore,

ma

gli antichi tragici,

non meno che

gli altri antichi,

-uir imaginazione. Questa osservazione, che


far giudizio
tico e del

non

si

pu negare, basta a

quanto debbano essenzialmente differire i caratteri dell' anmoderno dramma, con che diversi canoni si debba giudicare dell' uno e dell' altro, quanto sia assurdo tirar le moderne poesie drammatiche a parallelo d'arte con le antiche, quasi appartenessero ad uno stesso genere, che falsissimo. Gli antichi tragici non vollero altro che por sotto gli occhi e
l'

imaginazione degli

spettatori

quasi un vulcano ardente o altro tale terribile fenomeno


rit della natura,

o singolalo

che niente ha che fare con quelli che

riguar-

dano. Essi rappresentavano cos, quelle sciagure, quelle colpe, quelle


passioni, quelle prodezze
tori potessero

come meteore spaventevoli che


dello

gli

spettail

contemplare senza pericolo di nocumento, provando


spaventoso, impotente

piacere della meraviglia e

nuocere,

senxa per trovare n dover trovare alcuna conformit o somiglianxa


fra esse sciagure e
le

proprie e quelle

dei

loro

conoscenti,

anzi
(*].

neppure dei loro simili e degli individui della loro specie


Questa
credo che
il
"

la esasperazione

dello

stato

d'animo

romantico,

n
ni-

classicismo sia stato interpretato

mai
e

in

modo
con

cos
la

chilista e cos ingiusto.

So bene che

il

Leopardi

poi,

sua

febbre di liberarsi dall' ingombro del pensiero

d' essere

restituito

alla fantasia e alla natura, finiva col considerare tutto ci

come una

lode

ma

il

primo a sentire

la vanit di essa era lui.

Molte volte,

leggendolo, io
ripicco
si

mi son fermato ad ammirare quanto di consapevole nichilista ci fosse in quel suo amore del classicismo eh' egli
Il

ostinava a voler considerato cos.

fatto sta

ch'egli

ridusse

la

poesia classica a livello di quella < orribile pre-shakespeariana (penso

anche

alla

sua ostentata simpatia per


si

il

seicento) e che, mentre,

in

Germania, con Lessing e Goethe,


il

trovava tanta corrispondenza fra


germanici,
il

classicismo dei tragici greci e quello dei romantici


li
il

nostro pi grande classico

conciava, invece, a questo

modo

venne
:

il

Manzoni

quale, conoscitore dei suoi polli,

li

ac-

content

ma

ci

aggiunse anche una parolina eterna per quelli


e

che sua

la sapessero

intendere: la fece per lieve

piana
ultimi

con quella
pensieri

prodigiosa arte di ridurre a buon senso gli

deU'a-

uimo. Anch' egli bad a placare questo guazzabuglio del cuore

umano

(')

Leopardi, Zibaldone {gi

eit.) p.

414-17 voi.

398
e fece premiata
l'

CONCLUSIONE
onest - Renzo, Lucia - e punita la colpa -

Don
de-

Rodrigo.

Ma

si
il

ricord della catarsi a puntino e ne chiar egli


significato alla luce del cristianesimo

finitivamente

con una paroio

lina affidata a Lucia

Mon della.

(Potrei ingannarmi
di

ma

tengo per
aristotelici

fermissimo che questo formidabile solutore


mirasse
diritto,

problemi
della

con queste parole,


:

al

problema

catarsi

quale

noi l'abbiamo illustrato


il

onde

il

grande valore di esse anche sotto

rispetto storico). Rileggete le ultime pagine dei

Promessi Sposi
morto Fra
l'

il

sugo di tutta

la storia
l'

quando, calato
i

il

sipario e

Cristoforo, Renzo,

uomo

di tutti

giorni, cerca di ricostruire

in-

treccio

delle sue vicende e di ricavarne la morale.

E
s'

qual' l'idea

alla quale, nella

sua furba sapienza


!)

umana,

egli

accosta (perch
l'

anche Renzo detesta Giobbe


tanti suoi
egli conta
d'

Egli disposto a trovare

origine di

guai in un seguito di sbagli commessi, guardandosi dai quali


d'essere,
ai

nell'avvenire, felice:

onde, intanto,

si

propone

insegnare

figliuoli quella birberia del leggere e

scrivere.

Ha
a

imparato - diceva - a non mettermi nei

tumulti

ho

imparato
il

non predicare
ecc. ecc. .

in piazza

ho imparato a non alzar troppo


Lucia,

gomito

Ma

Lucia non ne rimaneva persuasa.

per,
:

non che
le

trovasse la dottrina falsa in s,


cos in confuso, che ci

ma non

ne era soddisfatta

pareva,
sentire
e
io

mancasse qualche cosa.

forza

di

ripetere la stessa canzone e di pensarci sopra ogni volta


disse

un giorno

al

suo moralista - cosa volete che abbia imparato ?


i

Io non sono andata a cercare

guai

son loro

che

son

venuti

cercar

me

.... .
alla

Renzo
si

prima rimase impacciato. Dopo un lungo dibattere


i

e cercare insieme, conclusero che

guai vengono bens spesso, per-

ch

ci

data cagione

ma

la condotta

pi casta

pi innocente
per
utili

non

basta a

tenerli lontani, e che,


li

quando vengono,
li

colpa

senza colpa, la fiducia in Dio


vita migliore.
e'

raddolcisce e

rende

per una
gente,

Questa

conclusione, bench trovata

da povera

parsa cos giusta, che abbiamo pensato di metterla qui, come

(').

il

sugo di tutta la storia


Il

tono stesso dello scrittore


sottile.

ci

avverte eh' egli dice cosa molto


il

importante e

Mirabile ironia manzoniana che fa risolvere

(')

Promessi Sposi, ultima pagina.

CONCLUSIONE
secolare problema della catarsi - sudor di tanti

399
dotti

da

Lucif^

Mondella, mirabile ironia che accomuna


ai

il

massimo
umane,

tra

romantici
ac-

massimi tra

classici nel rilevare

una

verit pi difficile ad

cettare che a riconoscere: che, tra le opere

e gli

effetti,

compensi,
la terra.

e'

tutt' altro che

un rapporto
?

di evidente giustizia sopra


fatto dire al cristia-

E come mai madame


il

de Stal aveva

nesimo una cosa di questo genere


Si che

Manzoni metteva
certo
il

in bocca a Lucia Mondella se non


S.

proprio

le

parole,

pensiero di quelle di

Matteo
a

pen-

siero fondamentale nel

cristianesimo,

ma

cos

difficile

ricordare
il

che

gli

uomini
:

lo

vedono passare nel


lo

cielo

quando alzano

capo
se

e l'adorano

ma, quando

rivolgono alla
di

terra, facilmente

ne

dimenticano.

Sono

le

grandi parole

Ges:

ci ve l'ho
voi
il

detto,

amate

vostri nemici, fate del

bene a quelli che vi odiano, pregate


siate

per quelli che vi perseguitano e vi calunniano, acciocch


i

figli

del

Padre vostro che nei


giusto

cieli:

che fa levare

suo sole

sui buoni come sui cattivi, che fa cadere la

piova per l'ingiusto

come per

il

(').

Da
lano

quest' altezza, le chiacchere del

De Nores

e della Stal oscil-

come lontana nebbia

e le parole di Lucia

sembrano veramente

una conclusione.

Una
si

conclusione del Manzoni per, perch certe questioni


;

non
gli

risolvono mai
si

insorgono tutte

le volte

che
l'

le

generazioni e

individui
ai

riaccostino alla letteratura con

animo inquieto intorno


critico
si

massimi problemi. Quindi, poich un libro

che finisse con

una citazione

dei Vangeli sarebbe fuori ordinanza,

pu

fare ancora

un passo e osservare che, sebbene, col decKnare del romanticismo come revisione degli elementi tradizionali, tramontato ogni residuo
aristotelico nella lingua della scuola, succeduti
i

fervori

del

positi-

vismo, la questione paresse morta, essa in realt era viva e pronta


a risorgere.

parte l'artificioso sopravvivere di essa nelle scuole pi


il

rea-

zionarie (al tempo della lotta contro


pari pari
l'

modernismo

si

vide risorgere
(*)

interpretazione del

Maggi

in

un

libro gi citato),

ci fu,

in queir

inatteso risveglio d' idealismo, sulla fine

del

secolo scorso

()
(-)

S. Matteo, cap.

V,

v. 44.

Roz,

op. cit. p. 233-4.

4 00

CONCLUSIONE

un singolare episodio, ad alcuni particolari del quale io ripenso ora come a epilogo del mio studio, come a quelli che meglio possono
mettere in luce - luce di tragedia nel preciso
rola il

significato

della

pa-

valore eterno della questione suscitata con tanta ingenuit

da quei nostri padri del 500, ma cominciata con Giobbe e con Edipo. Un giovane austriaco - "Weininger - aggirandosi nel labirinto
delle areligiose filosofie post-kantiane, cercava in esse quell' ubi cou-

sistam in cui la nostra fondamentale inquietudine placa

il

suo bisogno

d'assoluto, in cui l'ansia dell' individuo, davanti all'eterno

problema del
conpii

Bene

e del Male, si

risolve in

sentimento

d'universale equilibrio,
la

permette di ritrovare, nella conversione del vero col certo,


versione con
vitali

esso della

nostra
Stato

forza

morale

e,

quindi,

delle

energie psicologiche.
l'

d'animo che febbre d'Assoluto,


l'

rimette

individuo sulla soglia della religione e ne fa sentire

ine-

vitabilit.

Weininger,

infatti,

si

prov a varcar quella

soglia.

Non
quello
i

so se egli pensasse che, in sostanza, tale stato d'animo

era

dei nostri umanisti sulla fine del rinascimento: piccoli uomini fra

quali furono, per, Michelangelo e

il

Tasso.

Certo

tuttavia

che,
le

quando, in

tale disposizione di spirito,

egli si fece a considerare

condizioni della letteratura, quella moderna e quella universale, non


fece che rinnovare,
d'

ma

con tre secoli d'esperienza

di

pi

uno
stato

esperienze

kantiane, e con un' ansia intima senza limiti, lo


stato essenzialmente

d'animo
tore.
il

letterario di quei nostri padri:


egli

negaoscilla

Anch'

vide nella

catarsi

il

perno eterno
;

su

cui

pili

segreto

interesse dell'

anima umana
la

anch' egli

cerc

di

ri-

trovare, nella tragedia moderna, quel centro morale che la greca aveva

avuto in essa, di ridare a tutta

letteratura

un
la

senso

di

verit

conforme
In

al nostro

bisogno

d' assoluto.

neg perfino Shakespeare.


che

certi suoi

ultimi

appunti

d'un

libro,

morte

volontaria
al

stronc e che, se fosse stato scritto, ci farebbe ripensare proprio

lavorio critico degli anni delle guerre di religione, riprendendo un'i-

dea gi balenatagli

nell'

opera sua fondamentale

('),

paragon

la

so-

luzione pagana data dai Greci a quel problema, con quella cristiana
data da Shakespeare
l'
:

e questa

non

lo persuase.

Quel sentimento
dell'

del-

Eterno come vanit delle cose umane e restituzione


il

anima

Dio, che vi aveva trovato

Manzoni, non

lo

colp.

Pens

forse alle

(')

Wkininoer

Sesso e carattere (Bocca 1912)

p.

359.

CONCLUSIONE

401

pi ambigue fra
cui
il

le

opere di Shakespeare - Otello per esempio - in

giusto e r iniquo crollano veramente sotto

una

furia di eguale

passione umana, sicch solo uno spirito religioso pu trarne

un
in

senla

timento religioso. Egli sentiva, invece, che, nella tragedia greca,

discendenza di essa dalla religione era visibile e

sensibile

quel

punto catartico in cui la luce poetica veramente


il

si

polarizzava.
ci fu,

Onde

significato di quelle sue parole

<

Per

Greci non

in istretto
di con-

senso, ne solitudine n
tatto fra
i

problema del tempo. Vi un punto


:

Greci e Beethoven

in entrambi

il

mondo ha un
polarizzata:

centro

tutto

il

contrario di Shakespeare.
(').

luce

qui non

polarizzata

Un' arte
una Yerit

che, a questo nostro bisogno d'

un

centro, ripresentasse

liberata dal

problema della solitudine e del tempo, sarebbe


vita.

veramente espressione piena, suprema, religiosa di Beethoven e

Quanto a

alla musica, si veda come l'intesero Schopenhauer e Wagner. Qual meraviglia che, mettendosi a considerare da quest' altezza r arte post-romantica, la trovasse caratterizzata da un' assoluta mancanza di pensiero ? > C) Senza pensiero gli parvero Balzac,

Maupassant, Byron, Dickens


Baudelaire;
il

ne

ritrov

piuttosto

in

Zola

in

primo, che aveva cercato un


il

centro nell'immanenza

delle leggi fisiologiche,

secondo,
del

in

una rinnovata delimitazione

tradizionale dei due

mondi

Bene

e del Male.

Vero ? Falso
quanto

Non

importa dire, ed io so bene, intendiamoci,

ci sia di personale

ed

estraneo alla trama di questo


ci

studio
fin

neir inquietudine del folle

giovane austriaco. Chi

ha

seguito

qui, per, vede polarizzato, per usare la sua parola, nella figura di
lui,
il

barbaglio d'

un mistero

che, da

Giobbe in qua, pesa sul cuore

dell'

uomo

e sulla poesia e, per la sua stessa natura,

non pu morire.

(')

"Weeokgeh
217.

Intorno alle cose supreme (ed. Bocca)

p.

249.

(*) P-

1913-1919.

-->-

ToFFANiK.

La

fin

delfumaiteaimo.

S7

INDICE DEI IVOMI


Achillini

235
91 197 231 279 292

Bibbiena

147

Agostino (sanf)

Birken

318
11 133 134 225

341

Boccaccio

Alamanni
Alighieri

56 58 59 86 99 174

Bodin
Boezio
Boileau

251
171

9 21 72 76 90 91 100 117 134 147 164-170 225 230 251 252

256-60 278 280

Ameibac Titus
Angeli

307

261 320 Bonamici F. 129 Bonghi 200


Borgese

366 64 232
di)

197 342 346 380 385

Anguillara

Borinski

115 304 322 350 377

Anhalt (Ludovico
Aretino
Ariosto

314 315 320 321

Bossert

386
I.

60 210 226 228

Bossuet

B.

197 239 251 273 278

3 48 50 55 61 73 99 109 129 138 144 154 '181 188 214 236 256

287 294 329


Botta

223
167

Aristotele

2 4 18 34 35 262

Borghini

Averro

Bourget

261 324
12

Boutroux
Balzac (Guez de)

Brugi

Balzac (Honor)
Barbi

306 402

100
3 66 173

Barbaro
Bargagli

Bruno 3 12 66 192 364 365 378 Bnchner 315-317 321 324 331 Bude 249 250
Bulgarini

133 134
12

168-170

Baronie (card.)
Basilio (san)

Buonarroti

228229 230 361 377 400

182

Byron

397
78

Baudelaire

402
251
Calpurnio

BaudriUart

Beethoven
Belloni

305 402
12

Camerini
Canello

49 80
3 66 378

Bellarmino (card.)

Campanella
223
Capriano
4
Carducci
Carlyle

207

Bembo
Beni

73 90 238
131 160 201 235-7 240 243 306

47 55
10

Caraffa (card.)

Benvenuto (da Imola) Berchet 383 388 Bergson 324


Berni 19 2
Beroaldo

49 78 396 386
12

Carnesecchi

Caro
Carrer

74 86 210 211

383
167-168

Bertana

154

Carriero

404
Cartesio

INDICE DEI NOMI

vii 115 117 120 251-256 260 273 293 304 320 385 Castelvetro 49 86 90 95 121 127 134 166 173 184-88

Ealugi

81 67

Fano
Fauriel

Farinelli

322 389 382

Catullo

134 135
71 72

Festa

41
iv

Cavalcanti B.
Ceccarelli

Flamini
Flaubert

11

200
395
5 31

Cervantes
Cesarotti

m 14

172 212-222 230 360

Flavio

205 395

Ficioo
Filicaia

Chapelain

262 269 Chateaubriand 293 387 Christ 40


Chiabrera

235 243
17 242 210 293 71 72 73
2 v 16

Folengo
Foscolo
Forcellini

112
10 17 103 177 314 376

Gian

238

Forteguerri

Cicerone

Fracastoro

19 21-27 30 43 44

Colonna

45 55
Fusco
184

Comte

293
251 261 262-273 291 294

Corneille

334 338 852


Crescimbeni
Croce 71 103

Gabriele

176
(card.)

Gaetano
Galilei

108

208 239 240


16 19 25

21 236 243 322

Galletti

198 289 303 387

Daniello

Geiger
Gelli

D'Annunzio
Dejob

76

305 306 83
329
101

9 11 13 239 294

Gentile

De-Laudua 249 Demogeot 360


Sanctis iv 50 66 75 78 198 204 210 228 290 369-381 389 Diderot 253
Dietrich (von

GiambuUari
Giansenio
Gioberti

274
223 310 382
10

De

Giovenale
Giraldi

16 45 48-54 58 68 71 74 81

dem Werder)

315

98 134 173 185 188 361


Giraldus
Gnoli

Donato

241 242

30
(fra)

Du

Bellay

249
279

357

Godescalco

279

Eckhart (Maestro)

Goethe
Goldoni

196 198 222 304 363

Empedocle
Ennio
Epicuro

37 40 220

396
157 158 205

177

Gonzaga
Gozzi

256 257
(da Rotterdam)

253
395
(di

Erasmo
Erodia

115 313

Gravina
Gregorio

160
(il

Ilerimburg)

813

Ermanno
riau
Erodoto
Eschilo

tedesco) 2 18

Griphius Andrea

321

275
175

Gruckor
Guariai

303 329 49 78 81 134 142 160 168 236


134 231

226 233
186

188 238 251 275


Guastavi ai
Guicciardi

Esiodo Euripide

37 40 220

INDICE DEI NOMI

405
94
201

Hardy

251

Harsdorrfer

317

Hauvette

59

Hegel

111 282 379

Heine
Hensius

310
311 312 313

Herder

304 113

Herrera (Ferdinando de)

Hobbes

Hugo
lacobi

385 278 290-294 363


379

VI 57 60 71 76 84-92 Maggi 124 127 130 136 172 180 190 205 236 334 340 399 Maldotti 305 MaTebranche 273 278-288 291 324 343 Manacorda 95 Manzoni 20 50 91 174 194-201 214 278 287 290 327 339-351

296

208
371

397-399

Marino
Marziale
Ingegneri

162 234 235 237 240

231 316

160 232 233 241


147 167

Matteo (san)

399
401

lamblico (Platonico)

Maupassant
Mazzini

223 224 388


27 31 35 78

Kempis (S. Tomaso da) Kindermann 320


Kipling

279

Mazzoni 31 100 135 146 165-167 170


Medici

385
177

Melantone
Metastasio

307
317

Kirner

Mesnadire (La)

Klopstock

329

396
101-113 115 121 130 138

Krantz
Landi

261
132 134 145 190 227
322-329 331

Mintumo
160 306 309
Molire

182 201

207

249 261 269

Leder
Leibniz

276
310
387

Mommsen
Monti
Morelli

Leopardi

74 228 338 396 397


7 21 229
iv

Leonardo
Lessing

Morel G.
22

249
9 163-164 172 250 309

vn 36 85 88 110 304-307

309 313 333-339 350 354 396


Lhpital

Mureto

251

Musso
Musatti

172
24

Lionardi

128
323 337

Locke

Lohenstein

318
87

Muzio (Giustinopolitano) 178-180 183 186 Navagero 22 24-27 Nemesiano 78


Neri
Nicole

106

165

Lombardi

Lope de Vega
Lorenzo (De)

360 361

Lucano
Lucrezio
Luisino

362 177 186


186 193

81

274-276 287

128

Nordau

386
71 76 100 142-155 162

Lutero
Luzio

8 37 111 251 279 303 307 315 319 322 331 336 388 393
16
147 210

Nores (De)
Novalis

182 205 232 236 252 269

399

303 327

Novati
Macchiavelli

4
121

Malacreta
Malatesta

148 155 144

Ochino

Olgiati G. B.

147

406
Omero
Opitz

INDICE DEI NOMI

62 77 95 128 177 188 209


311-314 316 317 321 324 331

Prati

382

251 308

Proclo

43 44 45 147 167
231
153 178

Properzio
Pulci

Orano
Orazio

364
7 19

104 133 135 263 307


Rabelais

314 318
Oriani

123

345
307
5 66 231

Rabizzani

214 274 308


109

Ortus Zacharias
Ovidio

Racine

252 261 272 298

Rbelliau

Rebhuhn
Paleari

12

Regnier

Panigarola

239
7

Renan
230 258 279 280

2 66 76

Panzacchi
Paolo (san)

Ribadeneyra

225

Riccobono
Rinuccini
Rist

162 121 136-40 141 166 173

289 324
Papini Pareto
Partenio

314

371

319 320 350

36 37
127

Robertelli

Paruta
Pascoli
Patrizio Patrizzi

108

vi 1 6 29-45 48 57 60 63 71 76 82 84 88 91 92 94 97 99 105 128 136 166 183 201 249

Pascal B.

273 274 275 296 297 323


388 49 127 135 208 209 236
2

Robespierre

295

Romagnoli
Ronsard

210
382

250 311 313

Rosmini
180 183
Rossi G.
Rossi V.

Pazzi

16

Rossi (Bastiano de')

200

Pellegrino
Pescetti

22

155 157 158


76

209
9 400

Petrarca

106

112 129 130 133

Ruiz

177 226
Petronio

Rousseau
Ruscelli

177
52 120-

295 104 227


iv

Pigna

54 55 68 74
vi

Piccolomini Alessandro

Saintsbury

20 50 115 251
251

125 127 136 178 188-194 199 200 202 207 226 275 284 385 Piccolomini Enea 122
Picot

Sales (Francesco di)


Salviati

76 90 129 147 83 4 6 v 22 131

Salvini
Salutati

250
110 112
2

Pindaro
Pio G. B.
Pitagora

Sannazzaro
Sarpi

212
3 8 38 43 57 65 70 94 105

110 111 112 Savi-Lopez 213


Savio

Platone

160

128 135 147 275 314


Plauto

Savonarola

228 229 391

143 233

Scaligero Giulio C.

Poliziano 2 6 16 20 27 31 35 225 372

19 114-120 124 129 136 156 182 190 249 261 304

Pomponazzi 66 96 Fontano v 22 25 35 131


Pontanus
Possevino
I.

306
Scaligero Giuseppe

312

121 159-164 166 227

Schelley
Schelling

385 379

163

INDICE DEI NOMI

407
(san) 97 116 117 118

SchUler

384

Tomaso

292 389

Schlegel F.

383 386 Schlegel G. 20 174 387 Schleiermacher 327 329


Schopenhauer
Schiitz

Tomitano
Trabalza

76
5
iv

Torre (Arnaldo della)

vii

259 386 401

Traube
Trissino

279
279 376 390
16 19 22 57 67 60 81 174

314

Treitschke

Segneri

240 241 294


129 130
82 84

Segni A.

178 180 185

Segni B.
Seneca

4 10 52 54
10 223

Unamano

Settembrini

214 222 Urseo (Codro) 2


Valla

Shakespeare iv 13 49 50 124 198 220

287 291 321 352 357-361 383 400


Sibilet

16 91

249

Varchi

Sidney
Sigonio

^58 359 362


11

v vi 73 86 90 93-101 105 108 117 120 135 146 165 170 190 201 352

Silio Italico

177 186
11 12 108

Vauquelin

249

Sirleto (card.)

Vemia
Vettori
Veuillot

66
11 52 57 83 127 172

Socrate
Sofocle
Solerti

314 315
6 226 233 265

391

79 207

Vico

191 192 380

Speroni

16 18 22 54 66-81 143 149 156 165 169 183 202 226 230 Spingarn nr 8 16 93 184 251 385
Spinoza 297 325 331-333 338 346 347
Stal

V^ida 18 19 108 160 249 306 Viperano 130-132 182 230

Virgilio 27 51 58 68 72 131 182 188

225 231
Vivaldi

(Mde

de)

387 395 396 399

207

Steme

210
242 205
71 144-45 156 170 182

Voglie (de)
Voltaire

392

Stopinns (Magister)

Sommo
Tacito

273 328 352 353 395

10

Wagner
250
193
"Weise

305 401
321

Taille (lacques de la)

Taine

311 359
55-64

Weininger
70 85 99 174

252 400 401


387

Tasso B.

Wigny
Wilde

(de)

232
Tasso T.

54
Gio.

20 45 50 58 72 68 78 80

Woss

312

92 109 121 124 134 142 148 162

170 172 180 196-207 222 230 236 399


Telesio

Zabarella

I.

136
67

Zabarella G.

66 378

Zanetti

12

Terenzio
Tesaiiro

233
239
91

Zezen
Zola

320
401

Tiraboschi

Zuccolo

160

IZSTDICE

DEI CAPITOLI

Prefazione
Capitolo
SoMMAKio.
I.

primo commento alla Poetica di Aristotele - Perch il Medio Evo non se ne occup - Perch non se n' occup il rinascimento - Vaghe curiosit critiche di Benvenuto da Imola e di Coluccio Salutati - Il trionfo di Platone - Il Poliziano e la IIo'.r^Tixf,. 2. Improvviso sorgere del problema critico tra la riforma e la controri11
il

......... ...
Umanesimo
e controriforma
Concilio di Trento e

pag.

ui

1. Una data: 1548.

forma

Improvviso culto della Poetica

come reazione

al

rinascimento

Desiderio di una scolastica critica parallela alla filosofia scolastica del Medio

Evo
si -

La Chiesa prende
i

le parti di Aristotele

contro Platone.
- Il

3. Come
di

debbano intendere
Italia concreta le
le

rapporti fra Chiesa e letteratura


-

Cardinal Sirleto
queste
le

Schiette e profonde inquietudini del tempo

Sotto

1'

impulso

prime idee critiche moderne dalle

quaU prendono

mosse tutte

nazioni europee.

Capitolo
Sommario.

II.

Il

Fracastoro

pag.

15

prima met del cinquecento. Formule aristoteliche loro scarsa parentela con l' originale - Valore d' una interpolazione nel Baldus del Folengo - Interesse di questo periodo di transialla Uoiriiix-^ nella
:

Accenni

zione.

2.

Vida

critico oraziano:

il

Trissino e le

r^ole:

il il

Daniello:

sua visibile tendenza a inquadrare nelle formule aristoteliche


delle
tica
-

problema

finalit

morali

dell' arte

3.

Fracastoro e

il

Dialogo

De Poe-

nuove timide aspirazioni letterarie e le idee del rinascimento assai conforme alla figura storica del Fracastoro. 4. Come non si pu parlar pi quasi con le stesse parole di filosofia e di poesia, d' arte e di scienza - Come non si pu piii parlare con la vaghezza 1' uno accomodante d' un tempo dell' utile e del diletto assegnati alla poesia tra le

Presenta

un contrasto

r altro

Critica del rinascimento nelle persone del Sannazzaro e del

Pon-

410
tano
-

INDICE DEI CAPITOLI

Si cerca di chiarire le loro confasioni e correggere e avvivare le loro


d' Aristotele - Il sorriso del
il

vaghe idee eoa fraintese parole


imita secondo
di
1'

Navagero.

Il

poeta

universale

cio soltanto
-

bene.

5. Gravi conseguenze
dell' indi-

questa prima correzione aristotelica


-

Acutissimo presentimento

rizzo che prender la poesia

1 destini del

poema

eroico

Oggetto della poesia


:

del rinascimento

la natura

oggetta della poesia moderna


:

1'

uomo

Punto

\'

di divisione fra

1'

una

l'

altra

il

problema del bene e del male.

Capitolo
Sommario.

III.

- Francesco Robertelli
Il

....
-

pag.

29
-

1.

Robertelli e

il

suo commento

Genesi accademica dell'opera


:

Desiderio di chiarire e discipli nare gli amori letterari del rinascimento


sia fine di questo
-

os-

Necessit di affidarsi alla


-

Iloiyjxtxi^

Abisso tra questa

r epistola di Orazio mento aristotelico.


e

Acute previsioni

del Eobertelli sui destini del framil

getto di essa

il

falso

2. Il come
se

fine della poesia l'utile o

diletto ?

Se l'ogil

nella poesia mitologica del rinascimento,


si

fine ari-

dev' essere

il

diletto

Ma
il

tratta dell'uomo ?

3. Prime questioni
1'

stoteliche che lo costringono a considerar la letteratura sotto questa seconda

specie e a impostare
dev' essere o

problema morale. Se

si

rappresenta
-/.ed

uomo, questo
della tragedia
-

buono

o reo.

4.

La

catarsi
-

L' sXsos
l'

cppoi;

pagana applicato

alla poesia cristiana

Come

intendessero gli antichi

In-

terpretazioni e fraintendimenti moderni e un' arguta teoria del Pareto


riconoscibilit di Dio negli eventi

La

umani secondo
-

il

paganesimo

di Aristotele

il

cristianesimo di Platone

Edipo e Giobbe

Tutti gli attributi della tra-

- La quale consiuna quasi fatalistica rinuncia a riconoscere la traccia degli dei negli eventi umani - Aristotele e Euripide. 5. Il Eobertelli davanti a questo problema - La sua buona disposizione a intenderlo troppo sviata dalla volont di dedurne un signifi-

gedia nella teoria aristotelica sono corollari della catarsi


steva in

una pagana

riconciliazione con la vita per

cato cristiano.

Il

problema morale

gli si

concreta sotto la penna


si

suo mal-

grado

Se

si

rappresenta l'-uomo nella sua complessa vita, non


i

pu pre-

scindere dalle passioni e dal male

quali sono contagiosi. Fabula et mores.

Capitolo IV. - Aristotele fra


Sommario.

il

romanzesco e
:

1'

eroico

pag.
il

46
par-

1, Differenza fra storia e poesia

1'

una rappresenta secondo

ticolare,
telli
-

r altra secondo
verso
-

1'

universale

Diffidenza

il

romanzesco.

Aristotele del Giraldi

Ragione delle

Prima vaga interpretazione del Rober2. Effimera e futile ribellione ad simpatie che egli suole ispirare - Ana-

logia della sua poesia e delle

suo teoriche con

quelle
s'

inglesi

del
i

periodo

pro-shakespeariano

Da

noi in luogo di Shakespeare

ebbero

teorici lette-

rari della controriforma.

3. Per

il

Giraldi

non

esiste differenza tra storia

e poesia

Storpia

nuovi concetti

moralistico-aristotelici
-

difesa dell' Ariosto e del


della fantasia.

romanzesco

Interpreta questo

per una pretosa come esaspprazione

dissoluzione di questo,

4. Vano tentativo di conservare il rinascimento o reale come lo dimostra la poesia stessa del Giraldi - Il Pigna

sostiene le stesse teorie

ma

con maggiore coerenza aristotelica ed ha perci


.

un accenno

alla

peripezia

5.

Perch questa

critica dell'eroico sostan-

INDICE DEI CAPITOU

411
come soluzione
-

zialmente giusta non poteva avere efficacia

L' eroico

del pro-

blema morale.
critico-morali
tra
il

6. Incertezza
il

dei poeti epici in

queste prime discussioni

Effetti dell' aristotelesimo su

Bernardo Tasso
l'

Sue

oscillazioni

delectare e

prodesse, tra

il

romanzesco e
-

eroico - Simile

ma

pii

coee
al

rente contegno di Luigi Alamanni

Sua
1'

definitiva adesione all' eroico

prodesse nonostante

1'

ammirazione per
lo

Ariosto

Inquietudine
-

e follia di
ipocrisie
-

Bernardo nelle contraddizioni deUe lettere e dei sonetti


con
il

Sue ingenue

Giraldi,

con l'Alamanni, con

Speroni

Bernardo e Torquato

Insuccesso del Giraldi.

Capitolo V. - Padova, Sperone Speroni e la


SoiiMABio.

peripezia

pag. 65
fa

1. Padova e
come
il

la tradizione aristotelica
:

Perch questo periodo


vigilia

capo
-

lei

il

rinascimento a Firenze

Ancora della

trissiniana
sui rapporti

Lo
tra

Speroni e

suo aristotelismo formale

sue conformi idee

storia e poesia.

e r eroico

2. E sulla peripezia come conciliazione tra il romanzesco Sua pretesa d' essere con ci pi aristotelico del Trissino - La Cauace (1542). 3. Polemica intomo alla Canace nel 1550 - 1 criteri del-

l'

aristotelismo moralista

applicati a quella

per

iniziativa del Cavalcanti

Vane
raldi

difese dello Speroni.

4.

Sostanziale affinit dello Speroni e del Gi-

che rappresentano
-

1'

esaurirsi del rinascimento in


:

un vano amor
la

della

forma

Inferiorit poetica dello Speroni

grande interesse della Canace per


-

la storia della

formazione del secentismo


-

La

grandiosit classica,
all'

sen-

tentia e

il

concettino

Questo stato
i

d'

animo comune
-

Infiammati noti come


lo

primi secentisti

Importanza

di

Accademia degli questa Accademia -

Ci che

Speroni rappresenta.
-

5. La sua peripezia vera origine della

favola pastorale
sito
-

La

discordia fra
dell'

Evidente derivazione

il De Sanctis e il Carducci a questo propoAminta dalla Canace e dalla scuola padovana

Conformi dichiarazioni dello Speroni e del Guarini.

Capitolo VI. SoM>iARio.


-

II

pius Madius
inizio dell' edificio critico aristotelico della
all'

pag.

82
-

1. Vero

controriforma

Entusiasmo del Segni,

apparire del
fra le

commento

del

RoberteUi

compendio di esso in volgare (1549)


portanza del fatto
:

mormorazioni degli umanisti

Suo Imela-

ingenuit del pensiero del Segni.

2. Prima vera
esteriore

borazione cristiana del pensiero pagano col

Maggi
-

Storia

dei
si

commenti come
di plagio

effetti di
-

vanit personali e di plagi


:

Fino a che punto

deve tenerne conto


Maggi.
teUi

Esempio
del suo

il

caso Maggi
-

Assurde complicate calunnie

mossegli dal Castelvetro

Evidente originalit e rara onest del


Suo reciso dissenso dal RoberNega che il fine di essa sia la

3. Origine

commento
piet

nella interpretazione della catarsi dalla

liberazione dal terrore e


cristiani -

contrastando

questo

con

principi

Ne propone un

altro cristiano

con una deformante interpretazione


il

della lettera che avr corso glorioso fino a Lessing - Cos concilia siero di Aristotele e quello di

pen-

umanesimo - Il Maggi e il dantista Varchi - Risorgere di puri fantasmi medoevali come presunta integrazione del rinascimento. 4. Altre interpretazioni del Maggi.
Dante
:

vera fine

dell'


412
INDICE DEI CAPITOLI

Capitolo VII. - Benedetto Varchi e


SoMxMARio.

l'

aristotelesimo integrale pag. 93


il

1. Perch
s'

il

Varchi rappresenta
si

punto centrale del jnovimento


filosofia scolastica
-

aristotelico che

incontra e
si

fonde con la

Con
il

lui

r aristotelesimo padovano
bandiera del Maggi
-

diffonde a Firenze dove egli diventa

porta-

Elementi platonici riconoscibili, suo malgrado, nel suo


Prevenzioni contro di
lui -

modo
telli

di esprimersi
il

Poco rispetto del Eober-

cui edonismo svanisce col prevalere dell' aristotdesimo padovano.


idee del Robertelli alla luce della scolastica

2. Le
bens

Oggetto della poesia


nobilt

il

falso,
-

ma

il

suo mezzo
poesia

dal fine

Il fine della

V esempio - L' arto riceve la sua far 1' uomo perfetto e felice - La
-

poesia
-

strumento dei reggitori di Stato


posti a fronte dal
d'

Secondariet

dell'
-

elemento estetico

Una

aggiunta definitiva alla definizione di Aristotele

Il

Maggi

il

Robertelli

di

Varchi - Le regole come espressione di quello stato animo - L' inquisizione. 3. Un nobile effetto di queste idee 1' amore Dante come poeta e pensatore - Esempi Il Varchi e il GiambuUari.

Capitolo Vili. -

Il

Minturno,

il

Concilio di Trento e lo
pag.

spagnolismo
Sommario.

.....
sua critica
-

102

Modo opposto

di considerar la poesia

partendo dagli stessi prin-

cipi -

Naturale disposizione del Minturno a questo altro modo


-

ziale indifferenza per Aristotele e

Sua iniSuo eclettismo ciceroniano

intorno alle teorie poetiche


rito del sig. Ruscelli.

italianit
Il

accademica delle sue opere per mela gravit delle obiezioni

2.

Minturno intende

alla poesia
di

con

la

sua contagiosa variet morale

Ma non

crede agli

effetti
-

questa perch considera poesia e vita distinte come nel


le

rinascimento
liberalit

Sua ironia per


sue conclusioni.

cabale della catarsi

Acuta e moderna

nelle

visa conversione ad Aristotele


poetica
-

3. Sua andata a Trento come Vescovo e sua improv- Modo singolare di pubblicare < V Arte
del

Condanna

romanzesco

riconciliazione

con

l'

eroico

per
il

l'orrore degli oltramontani.

4. Lo spagnolismo come modo


di

di evitare

contagio delle passioni

Vantaggi

esso contro

pericolosi

propositi

di

alcune tragiche sedute del concilio

di

Trento

Conseguente teorizzazione
-

della poesia degli angeli e dei romiti cara al Tasso

Ritorno

Pindaro
-

come espressione

di aristotelesimo e di

spagnolismo ad un tempo

Ricon-

ciliazione con la catarsi.

Capitolo IX. - S. Tomaso

contro
il

Lutero

con

lo'
.

Sca.

ligero e
Sommario.

Piccoloinini

pag.

114

1. Ragioni della fortuna storica dello Scaligero ultimo rappresentante europeo del prevalente pensiero classico italiano - Ragione della sua
sensibilit filosofico-religiosa por cui

sembra presentire Cartesio


-

2. Mo-

desta originalit del suo pseudo-antiaristotelesimo

Protosta contro l'equi-

voco dell'imitare aristotelico conservato dal Varchi


formit con la filosofia di S.

Pi completa con-

Tomaso

La

recta ratio

come
del

risposta

alla negazion luterana del libero arbitrio e

come soluzione

problema

INDICE DEI CAPITOLI

413
-

moralistico-Ietterario

Gli f,^^ e le Sta^saE-.;


-

L' imitar i fabulam


poetica e
'i.
l'

di-

venta docere fabulam


tit del

Stretti rapporti

fra

V actio

affectus

del cittadino spectator sotto la specie della politica

Effettiva iden;

pensiero dello Scaligero con quello del Varchi


le

Unica differenza

coraggiosa coscienza che

r^ole sono un

pretesto.

4.

Il

Piccoloraiui
luci-

come

epilogo di questo teorico

movimento

rigorista -

Sua mirabile
-

dit dialettica e consapevolezza della sua posizione per rispetto

alle idee

della controriforma.

5. Esame

delle idee dei predecessori


-

Conchia in-

sione
;

scolastica affermazione della responsabilit

Nessuna azione

differente sotto la specie del


\ poetica

bene e del male

e nessuna rappresentazione

dell'uomo

Valore negativo del suo pensiero in questa prima parte.

Capitolo X. - I minori e la sorpresa del Riccobono


SoJtJtAMO.

pag.

126

1. Lo spirito dei tempi nell'opera dei minori


-

Finalismo morale

ad oltranza sulle traccie dei maestri ricordati


nio

Una

scappata del Parte-

Ortodossia generale
-

Francesco Luisino, Alessandro Lionardi, l'Ac-

cademia fiorentina

Il

Segni volgarizzatore e conciliatore del Maggi, del

Varchi, dello Scaligero e del Minturno


ligero e consequenziario rigoroso -

2. H Viperano discepolo dello S>a-

Adeguata interpretazione degli antichi

Primo accenno a Paolo Beni


con quelle dei puri moralisti
15.

Conformit

di queste idee dei letterati puri

aristotelici

come

il

conte

Luigi

Laudi.

Dopo

catartizzata la lirica del Petrarca si vuol catartizzare la novella


-

del Boccaccio

Esempio

il

Bargagli e la sua catarsi smontabile


-

Anche
del-

Catullo e Orazio son moralizzati


l'

Jacopo Mazzoni scopre


sorpresa
del

la

teoria

inquisizione

in Platone

4. La

Riccoboni

(1581)

che

dalla cattedra di

Padova
-

tratta da sognatori tutti costoro -

Nuova

inter-

pretazione della Poetica

Inconciliabilit del prodesse e del delectare -

r uno

r altro

Che cosa intendeva


-

dire

Aristotele
la poesia

preponendo a ogni
sogno e deve stra-

altra parte nella tragedia la favola ? niarsi dalla vita

Che

Guardarsi dalla psicologia.


-

5.

Conseguenti rapporti
naturale

tra Poetica e Politica

La scoperta

del Riccoboni

svolgimento

delle idee dei predecessori.

Capitolo XI. - Le polemiche sul Pastor Fido


Sommario.

pag.

141

1.

Forma
:

d' arte fiorita fra la

queste teorie in
-

apparente

stridente

contrasto con esse

tragicommedia

Fortuna di questo genere

d' arte ini-

ziato dallo Speroni - Origine del Jiuovo

nome.

2. Massimo valore

sto-

rico

deUe polemiche intorno

al

Pastor Fido-

I rappresentanti del gi illu-

strato
-

Figura

moralismo letterario insorgono per mano del signor Giason De Nores di costui - Sue pose di continuatore dello Speroni e sua pai^azion

dalle lodi gi tributate alla

Canace

Interpretazione ultra-varchiana della

Poetica come strumento della Politica in genere e della Repubblica di Venezia in ispecie - La commedia considerata in questo modo medesimo.

3. Applicazione
condanna
di

di tali principi al
-

Pastor Fido e conseguente rigorosa


-

esso

Risposta del Verrato ossia del Guarini


-

I cittadini si

ridono della poesia e dei suoi buoni effetti

Assurde attribuzioni ad

Ari-

414
stotele
:

INDICE DEI CAPITOLI

assurdit della tesi


s'

L' arte e la morale sono due

mondi
-

distinti

bisogna cercare che non

incontrino.

4. Replica

del

De Nores

con-

tro-replica del Guarini che cerca di parlare anch'egli da filosofo

Conchiude

che

non pu essere che vano giuoco - Il poeta eviti la morale e r anima umana la tragicommedia genere eccellente perch trasporta la
la poesia
:

poesia nel

mondo

delle vanit e dei

sogni.

6.

Il

punto d'arrivo op-

posto

il

punto di partenza quello stesso del De Nores


al pensiero
il

L' incontinenza

come minor male ed estraneo


largarsi della polemica
-

Eguale

ipocrisia.

il

6.

L' al-

Morto
-

dino
-

Summo

Sua

figura

De Nores prende il posto Anche questo si purga dalle lodi


-

di lui alla

Bernar-

Canace
contrasto

11

vero dietro-scena del secentismo

Summo
parti

cerca di portare

fra

r estrema destra moralista e


Inquisizione
-

gli edonisti

guariniani davanti al tribunale


dei

dell'

Questo prende

le

secondi

il

secentismo

trionfa.

Capitolo XII. - Segni dei tempi - Dalla prioia poetica


/

di

un gesuita
-

alla

polemica su Dante

pag.
dello

159
spirito

Sommario.

lacobus Pontanus

Sua chiara interpretazione

dei tempi

Le stesse idee del Riccoboni (1590) espresse senza intonazione

polemica
nuocere
sione
-

La poesia in teoria deve insegnare: in pratica dilettare senza Sua novit: la teoria della lirica funerale come pura espreset credibilia
-

d'immagini nota omnibus

nomini,
suggestiva

cio

secentismo

puro.

2. Ascendente del Pontanus Muret. a. La polemica su Dante in


-

Una

lettera a lui del

tutto conforme a quella sul Pastor

Fido

Pretesto

le regole

sostanza

se la
all'

Commedia
-

risponda a quelle

finalit

morali che oggi


-

si

richiedono

arte

Difesa del

Mazzoni disceec-

polo del Varchi

Suoi

artificiosi
-

argomenti.
Si

il

4. Pi
-

coerenti (e guari-

niane) ragioni degli oppositori


clesiastica

invoca

giudizio dell' autorit

come

nella polemica sul Pastor Fido

La
la

IloixiXia

delle
di

pas-

sioni dell' inferno

dantesco

pericolosa

nonostante

condanna

Dio

Timide difese dello Zoppio, dello Speroni ed altri - Si conchiude negando ogni possibilit di fusione tra filosofia morale e poesia come con il Guarini
-

Vittoria degli antidantisti.

Capitolo XIII. - Storia e poesia -

Il

problema del Pic. . .

colomiui e del Manzoni


Sommario.
i

pag.

171
con

1.
-

Il
-

problema dei rapporti

fra storia e poesia

Sua

affinit

precedenti
epica

La
il

catarsi e gli altri addentellati moralisti


il

attribuiti
-

anche
:

all'

Da
e

principio

problema della storia non fu riconosciuto


-

Esempi

L'

Alamanni

Trissino

Un vano
Perch

dubbio dello Schlegel a questo propoquestione non poteva sorgere


fu

sito dissipato dal

Manzoni

la

spon-

tanea dallo pagine di Aristotele.


dai Latini e nel

medioevo manc
Borni
-

2. Come essa Danto Esempi


:

appena
-

intra vvista

e Petrarca

Ironia del
dai
fatti

rinascimento:
storici,

il

Primo diniego che


significato

il il

poeta possa trarre


Giustinopolitano
-

come stanno, un

morale

Dubbio se

INDICE DEI CAPITOLI

415
fatto

si

possa trasformarli
:

Ripiego

scegliere

un antico
- Il

favoloso

Inge-

nuit della soluzione

parole del Pellegrino

rispetto alla storia del

Maggi

Conformi idee del Varchi, dello Scaligero, del Minturno, del Viperano.
li.

Gli edonisti dell'arte: indifferenza del Robertelli


-

Fatuo amor

delle re-

gole dello Speroni

Semplicismo del Giraldi e dei Cruscanti.


-

4, Simile

atteggiamento del Castelvetro


rese)

Ripete

le idee del Giraldi

(tradizione ferra-

negando che

esista differenza fra storia e poesia -

poeta non deve


consimile
-

trattare per lo stesso

argomento che
la storia

lo

storico

ma uno
d'

La

poesia

come gara con

pura
ogni

question
-

agudexa

Sua

puerile

interpretazione dell' universale e del particolare


fra
i

Ragione della sua fortuna


di idee

moderni sebbene

gli

manchi

presentimento

nostre

- Il
Il

Castelvetro continuatore

dell'incapacit

critica del rinascimento.

5-

suo antagonista,

il

Piccolomini; suo intuito profondo che deduce


dell'

dall'incoe-

rente moralismo degli utilitaristi

arte

un pensiero
vero
-

vitale -

Sua

critica

del Castelvetro deformatore del pensiero aristotelico

come
Il

se la poesia fosse

questione di abilit
precursore del Vico
simile
-

Oggetto della poesia:

il

Piccolomini

come
veri-

vero

conversione di esso col dovuto e col


di mischiarvi
il

Conseguente necessit

falso e di rispettare

ad un

tempo

la storia

idee poste dal

- Importanza del pensiero del Piccolomini. 6. Le stesse Manzoni a base del suo discorso sol romanzo storico >

Capitolo
SoJtMABio.

XIY. -

Il

Tasso
all'

pag.
idea che
il il

195
della

1. Critiche del Manzoni


il

poeta
-

sia

signore

storia, oscillanti tra

Castelvetro e

Goethe

Difficolt pratiche
-

da

lui

riconosciute anche nella giusta teoria del

Piccolomini
l'

Impossibilit

di

fondere in
del vero
-

modo omogeneo
Questo
l.

il

dat> storico e

elemento fantastico nella luce

il reale stato d' animo del Tasso quando rifece la GeruSuo penoso vagabondaggio intellettuale dall'uno all'altro teorico contemporaneo - Dall' edonismo del Robertelli al rigorismo del Varchi, dalle regole dello Speroni al romanticismo pietista del Minturno - Da chi nega la catarsi neU' epica a chi l' afferma. 3. Sue definitive oscillazioni

salemme.

fra

il

Piccolomini e
il

il

Castelvetro - Difficolt incontrate cercando di

ado-

perare
-

dato storico

come conversione
i

del vero col dovuto e col verisimile


-

Vani tentativi mento definitivo


-

di attuare
-

principi del Piccolomini

Sua pena
-

Falliil

Conseguente morboso insorgere del Tasso contro


principi di questo

Pic-

colomini
del

Sua pazzesca condanna dei Castelvetro - La Conquistata .


si

Improvvisa difesa
di questo

4. L' unica profonda idea


-

periodo

perde

Acute osservazioni del Patrizio sulla fallace

interpretiil

zione del particolare e dell'universale


stelvetro
-

Sua

ferrarese simpatia per


-

Ca-

Sua

effettiva affinit col Piccolomini

Qualche

considerazione
stilistica.

su Annibal Caro come rappresentante di una nuova coscienza

Capitolo
SoMM.vRio.

XY.

Il

Cervantes

.....
di cose trovato dal
-

pag.
-

211
Neces-

1. Questo medesimo stato

Cervantes

sit di conoscere queste idee critico-aristotelico-itallane per

intelligenza del

Don

Chisciotte

La

satira letteraria di esso.

una pi sottile 2. Scene

416
ispirate

INDICE DEI CAPITOLI

da questa sul principio della seconda parte


1'

Tornato

in

patria
sacrifi-

Don

Chisciotte (la poesia e

universale) riconosce la necessit di


il

care a se stesso Sancio (la storia e

particolare)

Argomenti

suoi, indi-

gnazione di Sancio

Incredulit di

Don
-

Chisciotte quando viene a sapere


Si prova a interpretare con ip9-

che

il

suo poeta parla anche di Sancio


cosa
-

tesi aristoteliche la le cose

Ma

gli
;

assicurano che in realt quel poeta narra


il

proprio

come andarono

secondo

particolare

Rappresaglia
libro

di

Don

Chisciotte su Ulisse ed Enea.

delle assurde idealizzazioni fonti della realt


-

3. Importanza del contemporanee vero ritorno


:

come
il

satira
alle

della poesia

Poema
il

di cose storiche -

Don
:

Chisciotte

Goffredo

della Poesia

Sancio

Goffredo della Storia


reazione ad esso

L' opera

non un ultimo

frutto del rinascimento

ma

unico glorioso frutto della

controriforma

Ingenuit delle moderne idealizzazioni di

Don

Chisciotte

esempio

1'

Unamuno.

Capitolo
Sommario.

XVL

- Le origini del secentismo

...
-

pag.

222
ed

1. Gesuiti e Spagnuoli come cagione del secentismo in teorie

esagerazioni oltrepassate.

2.

I tre veri

elementi del secentismo

reazione
di

cattolica - esaurirsi del rinascimento - spagnolismo

Ci che v' era

buono

e di progresso spirituale negli impulsi originari del

primo
-

Aspetti del se-

condo e del terzo


essi stieno

AflSnit e confusione

dei

due ultimi

In

che rapporti
- Il

con

la reazione cattolica - Il
d'
-

partito

che questa ne trasse

secentismo come sviamento


al

un

effettivo risveglio letterario - L' aspirazione


lui e in altri

medioevo

di

Michelangelo

Accenni in

scrittori a contrad'

stanti elementi che si sarebbero potuti svolgere.

3. Fallimento
dell'

ogni

impulso migliore
aspetti di essa
-

Effetto

ipocrisia del

pensiero e

animo

Multiformi

La consapevole menzogna

dell' allegoria - L'


i

immoralit lar-

vata

In

nomo

di tutte queste ipocrisie si riconciliano

partigiani del
-

DoDi-

Nores
vata

e quelli del Guarini .e la discordia loro sparisce


dell'

nel secentismo

sprezzo

anima umana
-

L' arte

superba tappezzeria

la

sublime trofra la teoria

dell'

eco

L'allegoria del Marino.

4. Somiglianza
del
-

della poetica e quella dell' oratoria sacra

rLa Poetica

Beni

come
non

suggello delle teorie secentesche

Il

concetto poetabile
-

La poesia

deve essere

ne chiara n

precisa
-

Volatizzazione
:

ossia

perfeziona-

mento
di cose

dello regole aristoteliche

Esempio

il

Marino.

r> Identico stato

neir oratoria

sacra

Il

concetto

predicabile
1'

il
1'

canocchiale

aristotelico - L' oratoria sacra


delle cose

deve bandire

esperienza e

osservazione

umane
con

Puro

trastullo della fantasia - L'

imagino della tappez-

zeria confacentesi ad essa


d' Aristotele

come

alla poesia.

{>.

Ultimo perfexionamenfo

la poetica del

Donato
-

Aristotele vero teorico della trasi

gedia tolta dal martirologio cristiano

Proprio in essa

eccita o

si

purga

ad un tempo
I

il

terrore e la misericordia secondo gli intendimenti di quello -

vescovi

baroni del tempo eguali in dignit a Edipo e Alcmeone


il

An-'

che in questo
Stopinus
-

classicismo

si

perde nello spagnolismo: satira del magisteri


il

Invettiva del Filicaia contro

seicento dalle soglie dell' Aroadia.j

INDICE DEI CAPITOU

41'

IN FRANCIA
Capitolo XVII. - Cartesio e
SosTMARio.

il

La riforma

cartesiana.
.

classicismo aristotelico
e
della

pag.

247
rina-

1.

problema della

critica letteraria

poesia
si

consegnato
il

dall' Italia alle altre nazioni.

2.

due periodi in cui


italianista,
il

divide

scimento francese

U primo prettamente
-

secondo cartesiano
del

Breve storia del primo


Diversi
effetti dell'

Qualche atteggiamento
psicologica di

singolare

Budeus

ambiente e del temperamento celtico soprattutto


Cartesio
-

soli' oeffetti

loquenza.

3. La riforma

Suoi diversi

sulla poesia per


sitiva
:

rispetto alla psicologia scolastica - Fine dell'


-

anima sen-

nuovi rapporti fra anima e corpo


-

Setta distinzione del bene e


L' evidenza del libero arbitrio

del

male

Anima =

ragione, corpo

= passione

il

fenomeno

delle rappresentazioni di questa concezione dei

La passione

sempre

un male.

4. Paragone

fenomeni psicologici con quella scole

lastica illustrata

da Dante

L'
-

anima compromessa con

passioni

attra-

verso r anima sensitiva

Misteriosit del libero arbitrio -

Come
Il

invece
di

per Cartesio essa


lui al

si

distingue dalle passioni - Vaghi accenni


dell' ti

negativi

problema

letterario

Xou xal

(f?o'j.

r.

< trattato

delle passioni di Cartesio


tici

come

precisa illustrazione dei procedimenti poei

di Corneille e di Racine. - Opposizione fra

presupposti cartesiani e

modi

della tragedia greca -

Corneille e Racine continuano sulla via degli

Italiani riducendo le formule aristoteliche

significati

moderni:

cio

simboli cartesiani nonostante la rivoluzione antiaristotelica del loro filosofo


-

Dubbi

degli ultimi italianisti francesi sulla aristotelicit del Cid. Proteste


-

di

CorneUle.

Suo lavoro

di riduzione
-

di

Aristotele

a Cartesio

visibile

negli esami delle sue tragedie


cp^o'j s'

La
egli
-

catarsi

invece
il

che

il

Xou xal
-

esprime nella raison


si

Com'

spieghi
i

suo procedimento
risolti

In-

genui strattagemmi di cui


la

vanta

Tutti

dubbi degli Italiani

con

raison

Les passions vives et allumes in gioco con essa nella teo -

ria e nella pratica -

nel

Nicomede

La storia purgata della catastrofe e ridotta a * raison La passione che non deve arrivare alle lacrime - L'amall'

mirazione della virt sostituita cos alla piet ed

orrore
-

11

dramma

del martirologio cristiano ricondotto a questa stregua

Trovata della Rodelle passicni -

dogune per evitare


Racine
Boileau
-

1'

orrore

Cinna
1'

>

e la narcosi

Scuse e compromessi adoperati per

Borace

Simile condizione

di

La conseguente
e accettata

teorica

del

giusto

piamente da Voltaire.

mezzo compendiata dal 6. Critiche a questo proce-

dimento

fatte dai

giansenisti e da Bossuet sebbene molti ecclesiastici cre-

dessero nella soluzione cartesiana. - Eguale stato d' animo antigermanico di

Bossuet e dei giansenisti

Argomenti

di

Bossuet: non

si

risolto nulla -

Quest' arte non arriva che a suscitare

umane

passioni senza alcun significato

superiore che le trascenda e doni alla poesia

un grande

valore ideale.

Capitolo XVIII. - Malebranche e le idee dei romantici futuri


SoMMABio.

p.

277
del

1.

Contrasto

fra le
il

ascensioni e le

rivolte

alla

tradizione

pensiero filosofico francese e


ratura.

livello tradizionale cui si

mantiene

la lette-

2. La

filosofia si

rinnova

alle fonti del cristianesimo, attraverso

418
il

INDICE DEI CAPITOLI

pensiero di S. Agostino, per opera dei Cartesiani

Il

concetto

dell'

arte

come imitazione gi negato da S. Agostino - Malebranche acuisce il contrasto fra r anima e il corpo fino agli estremi limiti dell' occasionalismo - Critica dello stato pagano in cui 1' aristotelismo come pensiero (scolastica) e come forma (classicismo) mantiene lo spirito moderno rinnovato dal Cristianesimo Conseguenza
Il

di ci; idealizzazione
il

delle

passioni e teorica dell' uomo-dio

dispregio dei limiti e

problema del rimorso.


:

3.

Effetti delle

nuove
del-

scoperte psicologiche sulla letteratura

Rivelazione di

un nuovo sentimento
Il

come
l'

forza,

non debolezza
i

dell'

anima
i

sensibilit o tristezza.

senso

eterno che trascende

fatti

fenomeni. L' sXsog xal <ppog e la sensibilit

Al contrario del dolore una

tale tristezza

sempre piacevole

Perch

tale

forza dell'

anima tard e tarda a


:

far sentire

suoi effetti rinnovatori

anche

la mitologia - Il fondo dell' anima ancora pagano. 4. Queste idee in relazione con quelle del romanticismo latino - Con quelle del Manzoni -Sua interpretazione di Shakespeare alla luce di questa tristezza -

sulla letteratura

Shakespeare trascende

le critiche di

Bossuet

e,

implicitamente,

le questioni

come salutare disgusto delle cose umane - Assoluta concordanza del Manzoni con Malebranche nel concepire la forma classico-mitologica come traviamento di questo modo di sentire. 5. Modo conforme d'intendere il romanticismo di V. Hugo - Eguale
degli Italiani. L' sXsog v.c cp^oz interpretato

interpretazione della sensibilit giante


dio
-

Eguale condanna del

frasario

classicheg-

Eguale concetto

di esso di

Eguale interpretazione
l'

come avviamento all' immoralit dell' uomoShakespeare come espressione di un' arte
1'

tragica che trascende

interesse per lo scopo determinato cui mira

e-

roe

Anch'

egli fa derivare questo

stino secondo le idee dei


il

movimento principalmente da Cartesiani. Anche per lui la sensibilit


Contrasto di questa sensibilit

S.

Ago-

scioglie

nodo del classicismo

italico si

con

quella

germanica.

6. Come

spiega che l'Hugo interpretasse cos bene le idee


-

cartesiane probabilmente senza conoscerne le fonti

Ci che fu
preghiere

il

Cartesia-

nismo
zione
-

Sua fusione con

la religione
-

Esempi:

lo

di

Bossuet;

la lirica

sacra di Pierre Corneille

La

raison nei tribuni della Rivoluall'

La

raison

come

barriera ideale opposta

entusiasmo nega-

tore di essa che veniva di Germania.

IN
Capitolo
Sommario.

GERMANIA

La

rivoluzione lessinghiana.

XIX.

- I precursori di Lessing e Leibniz

pag.

301

1.

La riforma sembra
-

disinteressarsi in principio della tradizione

classica nella letteratura

Questa rimane spontaneamente coinvolta in quel

moto universale
il

Lessing come interprete ed elaboratore d quella


-

prima

rivoluzione inco.sciente

La

via che conduce ad esso

Uno

storico tedesco:
in

Borinski, come guida por essa. quando da noi cominci il moto


professato dai Luterani
spirito del
-

2. Stato dell'umanesimo
-

Germania

aristotelico

Disprezzo

della
-

letteratura

Pili accorto
si

contegno di Lutero

Sua

idea che lo
-

Vecchio Testamento

fosse trasfuso nella tragedia greca


in

Sua
e
in

implicita adesione al sentimento pagano della catarsi

letteratura

INDICE

Dn

CAPITOU
dei Tedeschi.

419

religione
e francesi

Greci

come precursori
le
dell'

3. Influenze
-

italiane

perch
-

seconde prevalsero sulle prime

Martino Opitz e la
Incontro
dell'

sua poetica

Bandagio spirito
-

umanesimo tedesco
alla

0-

pitz col calvinista olandese

Hensius che diede

catarsi

un' interpretafiero -

zione magica

La
-

religiosit di Opitz s'

esprime nello stoicismo pi


si

Nella teorica della commedia, cui non giunse Aristotele,


ralismo latino

libera dal

mo-

La Fruchtbringende
la

Gesellschaft - Atteggiamento di que-

sta di fronte al classicismo

contemporaneo italiano e

francese

Dietrich

von dera "Werder traduce


Tasso

Gerusalemme

irridendo al

moralismo del

- Le idee del Buchner e la scristianizzazione del demone platonico La poesia grande quanto il mondo. 4- Questa primaria originalit germanica offuscata dalle influenze francesi - Harsdrffer - Il Birken e il Ld-

1'

henstein e

gli influssi italiani -

Giovanni Eist e

il

pietismo
-

dell'

estrema

destra luterana

Anche per costoro


-

arte divent gioco

Balthesar Kin-

dermann
e falsati

e Filippo 2iezen

Vittorioso fascino della Francia e


il

momentaneo
deformati
latini nella

trionfo delle idee francesi con la politesse e


-

giusto mezzo

In questo

sua personalit e
tedesca
-

momento appare Leibniz. nel suo pensiero - Sua critica


1'

o. Elementi
cartesiana
delle

della

politica

Mitiga

occasionalismo

con

la teoria

percezioni
critica

insensibili senza

mutare

Io spirito di quella filosofia -

Sua

d^li

spiriti forti e del panteismo spinoziano

da

lui

detto quietismo .

6. Suo sguardo
sensibilit

soa latina
tusiasmo
dal Leibniz

germanesimo - Conflitto fra la latina e 1' entusiasmo germanico - Avversione alla raipredicata dal germanesimo in nome dell' entusiasmo - Confual contrasto fra latinit e

sione fatta dagli studiosi del nostro romanticismo fra sensibilit e en-

Storia critica di esso


-

come
i

trionfo dell'

immanentismo sbozzata
i

Insuccesso di lui fra

contemporanei e fra

posteri tedeschi.

Capitolo

XX.

- Il Grermanesimo in Lessing e nel


del Faust

atto

pag.

330

SoMMAJuo

La polemica
-

di Leibniz era

anche contro Spinoza negatore della

ragione

e teorizzatore dall' entusiasmo

sono sacre
pre cattiva
essa
gli

Non
stato

esiste conflitto fra spirito e carne d'

Conforme disposizione

come immanentismo - Le passioni La malinconia semanimo di Lessing - Come partendo da


il

sia

facile di scoprire e accettare

vero
di

significato

pagano

della tragedia greca -

Lo

spirito della
il

Dramaturgia

Amburgo.

Ironia di Lessing contro

travisamento pietista

di Aristotele dal pius

2. Mu-

dius al Corneille

La tragedia non
la
-

ci libera dalle
ci

passioni

ma
-

ci riconcilia

con esse

Caccia la piet e

paura che
il

raffredderebbero
-

La

vita irres'

sponsabile passione

Ironia verso
i

Cristianesimo tutto

Tedeschi

ac-

cordano in questo con

Greci

La moralit

della tragedia

interpretata se-

conde Spinoza: come panteistico equilibrio col Tutto. 3. Di qui nasce il V. atto del Faust e la disfatta di Mefistofele - Mefistofele rappresentante del
cattolicesimo trascendentale, Faust dell'

immauentismo spinoziano

Mefistofele

crede neU' obduratio cordis di

s.

Agostino e dei Cartesiani e nel rimorso


delitto di

Faust

li

nega e

si

salva perfino col

Bauci e Filemone

compiuto

420

INDICE DEI CAPITOLI

col panteistico timor di Dio, cio col sentimento dei suoi rapporti col Tutto -

Sua

catarsi

s'

Disfatta del rimorso cattolico

Davanti
ha

alla salvazione di

Faust
e

Mefistofele

accorge del ricatto che Dio

gli

fatto e vorrebbe convertirsi gli

Scopre allora la sua profonda somiglianza con


peccati di lui,
fele

angeli

La passione
-

amore e le non pu salvarsi come


1'

virtii degli angeli

sono la stessa cosa

Mefisto-

quelli solo a cagione del suo cattolicesimo che gli


-

impedi di peccare e operare con panica fede detta da Goethe timor di Dio
11

Faust simbolo del germanesimo


-

4. Lessing e
della
-

suoi presentimenti della


dei

futura poesia germanica


poetica e politica tanto

Sua soluzione
dagli

questione

rapporti
rilievo

fra
il

agitata

Italiani

Suo

giusto

ohe

contegno del pseudo-anticristiano Voltaire conforme a quello dei moralisti


cattolici latini
-

Ironia anche

maggiore

per

Gasparo Gozzi
-

e gli Italiani

Accusa

di ipocrisia

mossa a questi

dai Tedeschi

Accusa

di

cinismo mossa

dagli Italiani ai Tedeschi.

IN INGHILTERRA
Capitolo
Sommario.
di

Amleto.

XXI. - Amleto

pag.
-

357
fit-

1.

L' Inghilterra di questi anni


d' Italia -

Come

vi

giunse

il

classicismo

Francia e

Indifferenza per esso di Shakespeare


ironico verso
il

Ragioni

tizie e
-

ragioni reali

Suo atteggiamento

classicismo greco
cristia-

Contrasto da lui rilevato fra la romanit attuale


- Eiflesso di

espressione di

nesimo e r eredit classica greca

questi sentimenti in Amleto.

del

2. Non tragediabilit di Amleto - Esso ispirato dai problemi ideali tempo - Sua parentela con Giordano Bruno come critica di esso - La difficolt di agire di Amleto deriva dal non trovare pi appoggio in precisi principi morali per una svanita distinzione del Bene e del Male - Contrasto fra logica e coscienza - Sordo odio per Polonio rappresentante il Bene nel
vecchio senso
-

Incapacit di detestare

il

Male

Crollo degli assoluti


idealit
(Ofelia),

la

Giustizia (vendetta del Padre),

l'Amore

come

l'Onore

(Fortebraccio)

Epilogo come riconoscimento del

Dio

Trascendentale.

3. Contegno di Shakespeare davanti


sul pubblico
-

Ci che rappresenta

il

Bene nei suoi problema posto da Amleto nella


al trionfo del

effetti

storia

della poesia tragica.

Conclusione
Indice dei nomi

pag.

372

403

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