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Fichte Online

Collectif Leggere Fichte Volume II Filosofia pratica e dintorni teorici : antropologia, etica, diritto, politica, religione, estetica

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L EGGE RE F ICHTE

V O LUM E II F I LO SOFIA PR ATICA E DINTORNI TEORICI : ANTRO PO LO GIA , ETICA , DIRITTO , PO L ITICA , RE L I GIO NE ,
E STETICA

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INDICE

Alessandro Bertinetto Presentazione Benedetta Bisol La lettura fichtiana degli Aforismi filosofici di Platner: il problema del rapporto tra mente e corpo nelle lezioni jenesi su logica e metafisica Giovanni Cogliandro L'originario e la comunit. L'Etica del 1812 tra ontologia trascendentale e assolutizzazione dellInvito Marco Rampazzo Bazzan LEforato in Johann Gottlieb Fichte Franco Gilli Dialettica, ontologia e filosofia della religione nelle lezioni I-IV della Anweisung zum seeligen Leben Giorgia Cecchinato Il pi nobile fiore dellumanit. Riflessioni intorno al giudizio di Fichte sullIfigenia in Tauride di Goethe

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Presentazione
Leggere Fichte uno dei frutti del lavoro di comune e libera discussione intorno ad alcuni importanti aspetti del pensiero di J. G. Fichte (Rammenau, 1762 Berlino, 1814)1, che da alcuni anni sulla base della solida tradizione italiana negli studi sulla filosofia classica tedesca svolto dai partecipanti ai seminari bolognesi della Rete italiana per la ricerca su Fichte: unorganizzazione informale di studiosi del pensiero fichtiano (in particolare) e della filosofia classica tedesca (in generale), che, promossa tra gli altri da Claudio Cesa, Carla de Pascale, Marco Ivaldo, Giuseppe Duso2, riunisce periodicamente studiosi affermati, giovani ricercatori, dottorandi e laureandi nella discussione critica di temi significativi della filosofia fichtiana. Al volume hanno collaborato alcuni dei partecipanti agli incontri della Rete, in alcuni casi rielaborando relazioni proposte originariamente proprio per quelle occasioni. Esso trae dunque ispirazione dal metodo di lavoro ermeneutico sperimentato nella discussione seminariale e intende offrire una guida di lettura vuoi per opere (e sezioni di opere) fichtiane vuoi per plessi tematici fondamentali e innovativi del suo pensiero. Lo scopo quello di far conoscere al pubblico degli studiosi e degli studenti una immagine
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Unagile biografia di Fichte quella pubblicata da F. Ferraguto nel portale della Fichte-Gesellschaft; cfr. la URL: http://www.fichtegesellschaft.de/phpfusion/viewpage.php?page_id=100. Ai seminari della Rete fichtiana partecipano inoltre (a parte gli autori dei contributi del presente volume) Carla Amadio, Stefano Bacin, Corrado Bertani, Guido Boffi, Antonio Carrano, Giorgio Criscuolo, Martino Dalla Valle, Tristana Dini, Isabella Ferron, Claudio Fiorillo, Luca Fonnesu, Erich Fuchs, Enrico Giorgio, Matteo Guidotti, Watanabe Koji, Lorenzo Marras, Salvatore Patriarca, Emanuela Pistilli, Salvatore Principe, Ives Radrizzani, Gaetano Rametta, Graziella Rotta, Mauro Sacchetto, Barbara Santini, Cristiana Senigaglia, Stefano Volpato. Le informazioni relative alle attivit della Rete sono disponibili nel portale www.fichte-news.org curato da M. V. DALFONSO e M. RAMPAZZO BAZZAN.
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pi ricca e meditata del filosofo tedesco, contribuendo a sradicare pregiudizi interpretativi di varia natura e a valorizzare gli standard attuali della Fichte-Forschung (ricerca su Fichte) internazionale. Certamente, con questo non si intende affatto voler imporre una particolare linea interpretativa determinata (che sarebbe ovviamente parziale). A dimostrarlo bastano i diversi e, spesso, tra loro inconciliabili punti di vista ermeneutici e speculativi che sorreggono le tesi storico-teoriche proposte in ciascuno dei contributi che compongono il volume. Piuttosto, nella variet e diversit dellimpostazione di ciascuno capitolo e delle tesi sostenute (dovute anche, ma non soltanto, alle diverse scuole universitarie italiane rappresentate dal volume3) emerge lo sforzo di recare liberamente a chiarificazione per un verso aspetti concettuali e possibilit teoriche, per altro verso eredit e confronti storici della filosofia fichtiana, senza tradirne il rigore, ma facendone emergere piuttosto tutta la forza e/o la complessit argomentativa. Fichte incoraggi sempre il Selbst-Denken. E questo volume testimonianza e risultato dello sforzo di una libera comunit di studiosi di riflettere autonomamente sul pensiero fichtiano e sulle questioni filosofiche da esso sollevate. Cos, a parziale smentita di quanto appena affermato, dai testi che danno vita al libro emerge comunque un orizzonte comune, per quanto minimale, sfumato e problematico: si tratta della linea ermeneutica che sembra essere predominante nella ricerca italiana (e non soltanto) intorno alla filosofia fichtiana, e cio lidea del pensiero fichtiano come filosofia trascendentale.
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Per una presentazione delle scuole e dei diversi indirizzi di ricerca nellambito degli studi italiani su Fichte, mi permetto di rinviare il lettore a una mia nota di qualche anno fa: Fichte nellattuale storiografia filosofica in Italia, in Rivista di storia della filosofia, n. 3, 2002, pp. 489-511. Si veda anche M. IVALDO, Fichte in Italien, in Il giornale di filosofia, http://www.giornaledifilosofia.net/public/filosofiaitaliana/scheda_fi.php? id=49. Una bibliografia dedicata al contributo offerto dalla ricerca italiana agli studi sul pensiero fichtiano si trova alla URL: http://www.fichte-gesellschaft.de/phpfusion/viewpage.php?page_id=75.
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Che cosa questa espressione possa significare, emerger dalla lettura del libro. Ma si pu gi qui chiarire che linterpretazione trascendentale del pensiero di Fichte tende 1. a considerare tutto il pensiero fichtiano, sia la fase jenese, sia la fase posteriore all800, come un pensiero coerente (per quanto diversi siano anzitutto linguaggio, modalit espositive, singole argomentazioni e teorie particolari) 2. a comprendere in maniera organicamente articolata il rapporto tra le diverse parti del suo pensiero (epistemologia, gnoseologia, ontologia, etica, diritto, religione, politica, estetica, ecc.), 3. a vedere in Fichte in qualche modo un continuatore di Kant, unalternativa a Hegel e, in qualche misura, anche una possibilit per la riflessione filosofica contemporanea, perch offre ed elabora argomentazioni rigorose, ancora meritevoli di un intenso confronto intellettuale, basate sullidea che ogni operazione filosofica richiede di essere giustificata riflessivamente. Il libro si articola in tre parti, strettamente interconnesse al punto che alcuni contributi potrebbero benissimo essere collocati in parti diverse da quelle in cui sono stati inseriti. Dato che ogni articolo preceduto da un abstract, in lingua inglese, che ne espone in breve i contenuti, mi limito qui a presentare larticolazione generale del volume. La prima sezione, La fondazione del sapere e lontologia trascendentale, presenta articoli che, in senso ampio, riguardano le questioni principali della Dottrina della scienza, il progetto filosofico che Fichte elabor nel corso di tutta la sua attivit di filosofo, a partire dal 1793: la fondazione trascendentale della filosofia e delle scienze e la questione dei principi del sapere (DAlfonso; Vodret); il concetto di volere in rapporto al problema dellautocoscienza (Valentini); i problemi metodologici e sistematici della riflessione trascendentale e la sua articolazione teorica (Ferraguto; Bertinetto); la questione del rapporto tra filosofia trascendentale e ontologia (Fabbianelli). Nella seconda sezione, Filosofia pratica e dintorni teorici sono discussi, attraverso indagini puntuali, ma collocate allinterno del quadro generale del pensiero fichtiano, temi e problemi di antropologia (Bisol); etica (Cogliandro); diritto e politica (Rampazzo Bazzan); religione (Gilli); estetica (Cecchinato). La terza parte presenta invece contributi intorno alle complesse relazioni storico-teoriche che, nellambito di
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questioni di filosofia sia teoretica sia pratica, intercorrono tra Fichte e i suoi contemporanei: Kant (Ivaldo); Jacobi e Kant (Acerbi); Schlegel e Schleiermacher (Picardi); Hegel (Tafani; Furlani). Questo progetto nasce dalla collaborazione di tutti i suoi autori; ma la condizione di possibilit della sua realizzazione stata la dedizione di Carla De Pascale e Marco Ivaldo, che hanno con grande impegno, convinzione ed energia cercato e trovato i mezzi per la pubblicazione del volume. E, naturalmente, un ringraziamento speciale va a chi ha generosamente messo a disposizione questi mezzi: lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, in particolare nelle persone dellAvvocato Gerardo Marotta e del Prof. Antonio Gargano, che pubblica ledizione cartacea del libro, e Jean-Christoph Goddard, presidente della Internazionale J.G. Fichte-Gesellschaft nel triennio 2006-2009, che ha cortesemente messo a disposizione il portale Europhilosophie (http://www.europhilosophie.eu/) per ledizione on line del volume. Linvito che, in conclusione, rivolgiamo a chi sta leggendo queste righe di leggere Leggere Fichte come un invito a leggere Fichte. ALESSANDRO BERTINETTO
Torino, 24 dicembre 2008

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Principali abbreviazioni
Indichiamo qui alcune abbreviazioni generali. Ulteriori abbreviazioni sono indicate nei singoli contributi. WL o DS = Wissenschaftslehre o Dottrina della scienza GA = Johann Gottlieb Fichtes Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, a cura di R. Lauth et al., Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1962-; I, Opere; II, Opere postume; III, Corrispondenza; IV, Lezioni. [si citer indicando i numeri romani la sezione e in cifre arabe il volume] SW = J. G. Fichtes smmtliche Werke, a cura di I. H. Fichte, 8 voll., Berlin, Veit & Comp.,1845-46; J. G. Fichtes Nachgelassene Werke, a cura di. I. H. Fichte, 3 voll., Bonn Adolph-Marcus, 1834-35 (ristampa, Berlin, de Gruyter, 1971) Ak = Kants gesammelte Schriften, a cura dell'Accademia Prussiana delle Scienze, Berlin, de Gruyter, 1900 ss. KrV = I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, prima edizione, in Ak, IV, pp. 1-252 (= KrV A); seconda edizione in Ak, III, pp. 1-552 (= KrV B).

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L A L ETTURA FICHTIANA DEGL I A FORISMI FI LOS OFIC I DI P L ATN ER :


IL PROBLEMA DEL RAPPO RTO TRA MENTE E CO RPO NEL L E L EZIO NI JEN E SI S U LO GICA E ME TAFISICA
BENEDETTA BISOL

Abstract Currently, freedom and responsibility are the most discussed topics within neurophilosophy. From a neurobiological point of view, freedom and responsibility are brain products. Philosophical positions, which do not focus consciousness as a neurobiological product, are regarded as outdated. My paper discusses this approach in relation to J. G. Fichtes position and more specifically in relation to the Lectures on Logic and Metaphysics, which Fichte read in Jena at the end of 18th century. In these lectures Fichte develops a critical view on Ernst Platners concept of consciousness. Fichte illustrates how the problem of the relation between consciousness and body (i.e. the question about the Sitz der Seele) is not identical with the philosophical problem of consciousness. For Fichte, freedom and responsibility are basic questions concerning the meaning of human action. This meaning does not result from neurobiological research, although this does not imply to underestimate neurobiological studies or philosophical efforts to interpret scientific results.

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1 Introduzione. Il problema del corpo umano e della corporeit nel pensiero di J. G. Fichte e nella ricerca su Fichte
La concezione del corpo umano e la questione della corporeit non sono temi tradizionalmente molto frequentati nella ricerca su Fichte, anche se da alcuni anni a questa parte si pu rilevare un crescente interesse per essi, in particolare per come sono trattati allinterno della sfera delletica e della filosofia del diritto1. proprio in questi due ambiti, del resto, che si concentra la riflessione fichtiana sul corpo: Fichte affronta la questione soprattutto in ambito pratico, considerando il significato e la rilevanza del corpo in quanto veicolo e strumento delleticit cos come in relazione al concetto di persona e ai diritti della persona.
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Sulla questione del corpo nel pensiero di Fichte apparsa, finora, ununica monografia: H. SCHNDORF, Der Leib im Denken Schopenhauers und Fichtes, Mnchen, Berchmans, 1982. Si vedano inoltre: D. Breazeale, T. Rockmore (a cura di), Rights, Bodies, and Recognition. New Essays on Fichte's Foundations of Natural Right. New essays on Fichtes Foundations of natural right, Alerschot, Ashgate, 2006; G. ZLLER, Leib, Materie und gemeinsames Wollen als Anwendungsbedingungen des Rechts (Zweites Hauptstck: 5-7), in J. C. Merle (a cura di), J. G. Fichte. Grundlage des Naturrechts, Berlin, Akademie Verlag, 2001, pp. 97-111; V. LPEZ DOMINGUEZ, Die Idee des Leibes im Jenaer System, in Fichte-Studien, 16, 1999, pp. 273-296; J. CLAM, Quest ce faire violence? Intersubjectivit, corporit et violabilit la personne dans le Fondement du droit naturel (1796) de Fichte, in Archives de Philosophie du Droit 40, 1996, pp. 348-389; C. DE PASCALE, Etica e diritto. La filosofia pratica di Fichte e le sue ascendenze kantiane, Bologna, il Mulino, 1995; M. MAESSCHALK, Corporit et thique chez Fichte, in Tijdschrift voor Filosofie, 55, 1993, pp. 657-676; F. ONCINA COVES, La criteriologa fichteana del derecho: corporeidad y Eforato, in Estudios Filosficos, XLI (118), 1992, pp. 475-522; A. RENAUT, Le systm du droit. Philosophie et droit dans la pense de Fichte, Paris, Presses universitaires de France, 1986.

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In particolare, il Diritto naturale di Jena contiene la deduzione filosofico - trascendentale del corpo2. In questopera, Fichte mostra come quello del corpo sia un concetto da cui non si pu prescindere se si vuole pensare lessere razionale finito nellambito del diritto. Lindividuo che agisce allinterno della societ (o la persona: in questo senso i due termini sono sinonimi) non pu essere altro che dotato di corpo. Attraverso il corpo, lindividuo si relaziona al mondo e agisce in esso. Il corpo rappresenta, di conseguenza, un momento costitutivo, e non solo allinterno della teoria della persona: esso ha un ruolo determinante anche per la concezione dellinterpersonalit. Il diritto della persona allinviolabilit del corpo, e quindi il primato del possesso personale del corpo e la limitazione degli interventi su questo da parte di terzi, cos come il dovere del singolo di mantenere il proprio corpo capace di agire nel mondo e il dovere di servirsi di esso secondo principi etici costituiscono i tratti fondamentali della concezione fichtiana della corporeit in ambito pratico. Questa elaborazione comporta una correzione decisiva rispetto dello statuto epistemico della corporeit. A differenza di posizioni di stampo cartesiano, che considerano la corporeit come un aspetto che assimila luomo agli altri esseri viventi e in particolare agli animali, Fichte indica in essa un tratto distintivo delluomo in quanto essere razionale finito. Anche in quanto corpo, luomo non un animale, o perlomeno non del tutto. Lo studio sulla corporeit non passa quindi, per Fichte, attraverso unanalisi dellelemento del corporeo in quanto corpo: n in quanto oggetto materiale, n in quanto corpo di un essere vivente. Fichte sviluppa piuttosto una teoria filosofico-trascendentale delluomo. Egli non propone quindi
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J. G. FICHTE, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della Dottrina della scienza, tr. it. e a cura di L. Fonnesu, Roma/Bari, Laterza, 1994 (Grundlage des Naturrechts nach den Prinzipien der Wissenschaftslehre (1796), Hamburg, Meiner, 1979, 1991; anche in GA I/3, pp. 313-460 e GA I/4, pp. 5-165; SW III, pp. 1-385). Per un commento testuale molto dettagliato dei paragrafi dedicati al corpo si veda: G. ZLLER, Leib, Materie und gemeinsames Wollen als Anwendungsbedingungen des Rechts, op. cit.

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un modello antropologico in senso proprio. Luomo essere razionale dotato di corpo. Il corpo capacit di movimento, possibilit di movimento e di apprendimento del movimento non definita da limitazioni dettate dallistinto, ma determinata dalla capacit formativa e progettante della ragione. La teoria fichtiana, rispetto a questi aspetti della corporeit, estremamente interessante. Essa anticipa alcune riflessioni centrali sul corpo della filosofia del Novecento, in particolare dalla fenomenologia e dallantropologia filosofica, come per esempio il concetto di corpo proprio e la distinzione plessneriana tra essere corpo e avere corpo. A mio vedere, essa offre inoltre non pochi spunti per una riflessione sulla corporeit che voglia andare oltre a una ricostruzione storico-filosofica, (e quindi, in questo caso specifico, a una riscoperta, o addirittura a una scoperta di Fichte), e confrontarsi con quelli che sono, ancora oggi, i temi urgenti della questione del corpo 3. Nelle pagine che seguono vorrei cercare, in particolare, di mettere in evidenza alcuni elementi della teoria fichtiana allinterno di una prospettiva gnoseologica. Pi concretamente, intendo offrire una possibile lettura di alcuni materiali fichtiani in relazione alla riflessione filosofica contemporanea sul mind-body-problem4.

Ho dedicato a questo tema una monografia, in corso di pubblicazione per Frommann Holzboog. Mi sono noti solo due contributi sul tema del corpo come questione della filosofia della mente che prendono in considerazione da vicino la concezione di Fichte: G. ZLLER, Fichtes Foundation of Natural Right and the Mind-Body Problem, in D. Breazeale, T. Rockmore, (a cura di), Rights, Bodies, and Recognition, op. cit., pp. 90-106; P. GRNEBERG, Grundlagen und Voraussetzungen der Leib-Seele/Krper-GeistDichotomie in der gegenwrtigen Philosophie des Geistes, in C. Asmuth (a cura di), Leiblichkeit Interpersonalitt Anerkennung, Bielefeld, transcript, 2007, pp. 25-43. Per ragioni di spazio, mi limito a citare qui, per quanto riguarda la filosofia della mente, solamente una lettura introduttiva e di orientamento: D. J. CHALMERS, Philosophy of mind: classical and contemporary reading, New York, 2002. Ringrazio inoltre calorosamente Franco Chiereghin per le conversazioni sui temi della
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Certamente bisogna premettere che Fichte non un filosofo che si sia confrontato in modo particolare con gli studi scientifici del tempo, senzaltro non quanto un Kant o uno Hegel. Le considerazioni fichtiane rispetto al tema del corpo in prospettiva gnoseologica sono tutte concentrate nelle lezioni su logica e metafisica degli anni jenesi, lezioni in cui Fichte aveva presentato unintroduzione alla filosofia, servendosi come compendio degli Aforismi filosofici del medico e filosofo Ernst Platner5. I documenti a
filosofia della mente e sulle neuroscienze, che hanno contribuito in maniera decisiva alla concezione di questo mio lavoro.
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Cito e traduco gli Aforismi filosofici (E. PLATNER, Philosophische Aphorismen nebst einigen Anleitungen zur philosophischen Geschichte, Leipzig, 1776) secondo la riedizione pubblicata nel supplemento al volume II, 4 dellopera omnia di Fichte: GA II/4 S. (Mie sono anche le traduzioni delle altre fonti citate in questo lavoro). Per una datazione precisa delle lezioni in cui Fichte utilizza gli Aforismi filosofici come compendio si veda il catalogo redatto da Fuchs: E. FUCHS, Verzeichnis der Lehrveranstaltungen, Predigten und Reden J. G. Fichtes in chronologischer Folge, in Philosophie als Denkwerkzeug. Zur Aktualitt transzendental-philosophischer Argumentation, M. Gtze et al. (a cura di), Wrzburg, Knigshausen & Neumann, pp. 59-66. In generale, le lezioni su Platner sono testi finora poco frequentati dalla ricerca fichtiana. La prima pubblicazione delle lezioni jenesi sulla logica e metafisica contenuta nel primo volume (lunico pubblicato) delledizione critica del lascito curata da Jacob: H. Jacob (a cura di), Johann Gottlieb Fichte. Schriften aus den Jahren 1790-1800, Berlin, Junker/ Dnnhaupt, 1937. Le lezioni, riferisce Jacob, erano state riscoperte in cerchie ristrette solo da pochi anni (H. JACOB, Vorbericht mit einem Einleitungsentwurf Fichtes zur Neuen Darstellung der Wissenschaftslehre und einer Zusammenstellung der in den Jenaer Vorlesungsverzeichnissen angekndigten Vorlesungen, Ibidem, pp. IXXXV, qui XVI.) Si veda anche, su questo: E. FUCHS, Zur Geschichte der J. G. Fichte-Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, G. Bien et. al. (a cura di), Wissenschaftsgeschichte zum Anfassen. Von Frommann bis Holzboog. Stuttgart-Bad Cannstadt, Frommann Holzboog, 2002, pp. 267-270, qui 268. Che allepoca di Fichte, le lezioni circolassero in forma manoscritta, lo testimonia una lettera di Hegel del 1808, in cui Hegel, appunto, chiede a Niethammer di
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disposizione non comprovano che Fichte abbia sviluppato oltre questa teoria. Anche se, inoltre, la riflessione sulla questione della corporeit come problema del rapporto tra mente e corpo non un tema a cui Fichte abbia dedicato molto spazio, si pu ricostruire in maniera chiara come Fichte negli anni jenesi si sia confrontato, attraverso la mediazione di Platner, con le teorie riguardanti la relazione tra anima e corpo e la questione della sede dellanima pi diffuse dellepoca e sia arrivato a formulare una propria posizione originale rispetto al problema. La riflessione fichtiana, come intendo discutere in chiusa di questo contributo, fornisce argomenti validi ancora oggi, allinterno del dibattito su body e mind (o meglio su brain e mind). Essa consente, inoltre, di mettere in evidenza alcuni aspetti problematici di posizioni filosofiche, che si sviluppano in questo ambito, che giudicano superata e irrilevante la quasi totalit della tradizione filosofica sul tema del corpo, qualora essa non difenda un approccio naturalistico6.

procurargli una Nachschrift, per verificare il metodo critico di Fichte. (E. Fuchs, (a cura di), Johann Gottlieb Fichte im Gesprch. Berichte der Zeitgenossen. Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann Holzboog, 1978-1992, vol. 1, p. 507). solo con la pubblicazione dei volumi dellopera omnia curata dallAccademia delle scienze bavarese che i testi diventano accessibili, senza che tuttavia si possa parlare di uno studio approfondito di queste fonti. Sul rapporto Fichte e Platner mi sono noti solamente questi due lavori: D. BREAZEALE, Fichtes Conception of Philosophy as a Pragmatic History of the Human Mind and the Contribution of Kant, Platner and Maimon, in Journal of the History of Ideas, 62 (4), 2001, pp. 685-703; J. F. GOUBET, Platner und Fichte: Von der medizinischen zur philosophischen Anthropologie, in K. Regenspurger, T. van Zantwijk (a cura di), Wissenschaftliche Anthropologie um 1800?, Stuttgart, Steiner, 2005, pp. 70-85.
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Per uninterpretazione di Fichte che si basa su questo fraintendimento si veda per esempio: M. PAUEN, Was ist der Mensch? Die Entdeckung der Natur des Geistes, Mnchen, Deutsche Verlags-Anstalt, 2007, in particolare p. 57 s.

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2 La concezione fichtiana della coscienza e del suo rapporto con il corpo: il confronto con Platner
Sono numerosi anche gli studiosi di medicina che frequentano tutti i corsi di Fichte la maggior parte di loro [ne frequenta] almeno uno solo che tutti lamentano di non capire e tuttavia magnificano F. incondizionatamente 7: cos riferisce in una lettera un contemporaneo di Fichte, Rahn, nel 1794. Tra le lezioni di Fichte che attraggono lattenzione degli studiosi di medicina egli nomina esplicitamente le lezioni di logica e metafisica. In queste, confutando e ribaltando completamente il sistema di Platner, Fichte tratta, cos Rahn, questioni che stanno particolarmente a cuore agli studiosi di medicina. Fichte, infatti, negherebbe del tutto linflusso del corpo sullanima 8. Secondo Rahn, per, le affermazioni di Fichte a questo proposito altro non sono che giochi di parole. Gli esempi, tra laltro, il fatto che che un uomo, rivolgendo i propri pensieri ad altri oggetti sia in grado di dimenticare del tutto il dolore fisico che sia in grado di interrompere il sonno9, non sono utilizzati nel giusto contesto. Anche se non possibile fornire una prova consistente dal punto di vista testuale, nella lettera si fa riferimento con tutta probabilit al commento fichtiano a quei paragrafi degli Aforismi filosofici di Platner che riguardano la concezione della coscienza. Che nella lettera si parli di anima, e non di coscienza, non a mio modo di vedere rilevante per stabilire il riferimento: come si vedr pi da vicino nelle pagine che seguono, Platner utilizza il termine anima, cos come il termine organo dellanima (Seelenorgan) anche per indicare la coscienza. Se questi concetti non sono solo concetti empirici (ma su questo la concezione di Platter non del tutto univoca), anima e coscienza sono profondamente legate al corpo,
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E. Fuchs, (a cura di), Johann Gottlieb Fichte im Gesprch, op. cit., vol. I, p. 86. Ivi. Ivi.

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anzi dipendono dal corpo. Fichte nega, al contrario di Platner, qualsiasi determinazione corporea della coscienza e, in questo senso, come si nota nella lettera, non strano che neghi la capacit del corpo di influire su di essa10. Ancora nei paragrafi relativi al problema della coscienza, Platner, si sofferma sul problema dello statuto della coscienza negli stati di sonno e di veglia e fa riferimento a alterazioni patologiche, sia della coscienza sia del corpo. Appare in questo senso del tutto plausibile che il commento, sopra ricordato, relativo alla superiorit dello spirito rispetto al corpo, superiorit che arriva al punto da rendere possibile linterruzione del sonno con un atto di volont, possa essere stato pronunciato da Fichte in questo ambito. Una contestualizzazione imprecisa o addirittura inesatta della citazione di Fichte nulla toglierebbe, tuttavia, alla rilevanza del punto che la lettera mette in evidenza: la questione del rapporto tra anima e corpo, cos come la presenta Fichte, non immediatamente chiara per gli studiosi di medicina, e anche la soluzione presentata non , per gli scienziati dellepoca che ascoltano le lezioni di Fichte, immediatamente convincente. Di fatto, questo il problema principale, e insieme la tesi che intendo qui dimostrare: ci che Fichte intende per coscienza non pu essere compreso a partire del paradigma delle scienze naturali. Questo fatto, tuttavia, non comporta una delegittimazione n della ricerca neuroscientifica, n del confronto della filosofia con le problematiche che la scienza elabora attraverso la sperimentazione.

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Il motivo fichtiano della separazione tra anima e corpo, o meglio della differenza radicale, filosoficamente parlando tra coscienza e corpo, non volto tuttavia a contraddire quella che oggigiorno chiameremmo linterazione psicosomatica. Nella Praktische Philosophie si legge in questo senso: Mi immagino un male imminente: da ci sorge il timore, che gi di per s una sensazione spiacevole: qui allora limmaginazione provoca sensazioni e precisamente [sensazioni] interiori (GA II/3, p. 201).

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3 Il problema delle alterazioni della coscienza


Per comprendere le critiche fichtiane alla concezione della coscienza che Platner espone negli Aforismi filosofici, utile prendere le mosse dallesposizione di Platner che riguarda in modo particolare il sorgere delle rappresentazioni. Platner distingue, a proposito del formarsi di una rappresentazione completa, tre momenti fondamentali: lapprendere (Auffassen); il riconoscere (Anerkennen); infine la coscienza delloggetto e del soggetto rappresentante. Nel momento dellapprensione limpressione (Eindruck) che proviene dal mondo esterno trasformata in unimmagine (Bild) e quindi, attraverso un processo di riconoscimento, messa in relazione con un concetto. Di qui risulta la coscienza delloggetto, ovvero la rappresentazione, accompagnata nel soggetto dalla coscienza di s11. Il primo momento, quello dellapprendere, direttamente determinato dalla capacit ricettiva dellorgano dellanima. Tale capacit determinante per interpretare i dati provenienti dai sensi ed , a sua volta, determinata dallattivit dellorgano dellanima, ovvero, dice Platner, dai movimenti dellorgano dellanima. Visto che questi movimenti nel sonno sono molto deboli (nel sogno) o non sono per nulla presenti (nel sonno profondo) non pu darsi nel sonno lapprendere adeguato, necessario al sorgere di una rappresentazione completa12. Platner fornisce cos una spiegazione su base fisiologica dei diversi gradi di chiarezza della rappresentazione, nel sonno e in fase di veglia: tra coscienza e incoscienza possono darsi quindi degli stadi intermedi, per esempio nel passaggio dal sonno alla veglia. Le trasformazioni degli stati di coscienza possono inoltre essere dovute a ragioni di natura patologica: la febbre fa alzare in maniera innaturale il grado delle rappresentazioni della fantasia, cosicch si ha coscienza della presenza di cose che di fatto non esistono realmente. Al contrario, in caso di deliquio, lazione degli
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GA II/4S., p. 26. GA II/4 S., p. 45.

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oggetti sullorgano dellanima talmente debole che la rappresentazione della coscienza risulta privata dellelemento della presenza: gli oggetti reali appaiono allindividuo prodotti della fantasia13. La capacit di rappresentazione quindi decisamente determinata, secondo Platner, dallimpressione (Eindruck) che gli oggetti esercitano, attraverso gli organi di senso, prima sui nervi e poi sullorgano dellanima. Tale impressione pu essere, a seconda delle condizioni dellindividuo, pi o meno forte. Platner fornisce quindi un argomento empirico per sostenere lelaborazione attiva (diremmo oggi: mentale) da parte dellanima di stimoli esterni (materiali). Per Platner lanima caratterizzata quindi sia dallattivit che dalla passivit, dalla recettivit. Se lorgano dellanima, anche solo provvisoriamente, come nel caso del sonno, non ricettivo, non sono possibili limpressione, e quindi lapprensione, che portano al sorgere della rappresentazione e al darsi della coscienza. La linea argomentativa portante che Fichte sviluppa per costruire una critica radicale a Platner si basa, prima di tutto, su osservazioni che riguardano le modificazioni della chiarezza e dellintensit della rappresentazione. Le obiezioni di Fichte si concentrano sullinflusso del corpo sulla coscienza che Platner sostiene, sia nellesempio del sonno sia nellesempio del mancamento o della febbre: se la chiarezza e lintensit delle rappresentazioni cambiano ci dovuto, secondo Fichte, a una ragione puramente fisiologica. Ci, tuttavia, non implica un cambiamento della coscienza, che non mai passiva, ricettiva. Di pi: Fichte rigetta completamente la differenza tra una coscienza alterata patologicamente e una coscienza sana: lo stesso e non vedo dove debba essere la differenza, se credo di vedere di qualcosa quando sono febbricitante e in stato di salute14. Il criterio decisivo per determinare la realt (Wirklichkeit) delloggetto rappresentato , secondo Fichte, il fatto che la rappresentazione di un oggetto reale valida universalmente. Qualora la rappresentazione abbia luogo,
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Ivi. GA II/4, p. 95.

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empiricamente, essa caratterizzata da un elemento di costrizione (Zwang): nello stato di salute si d necessariamente un sentimento del reale: le mie rappresentazioni e quelle degli altri individui (sani) coincidono. La salute quindi, per Fichte, una condizione naturale (Natrlichkeit) della costituzione psicofisica di un individuo, la corrispondenza cio tra lorganizzazione (Organisation) di un individuo con quella dellorganizzazione di tutti gli individui appartenenti al genere umano. La malattia, invece, implica alterazioni di tale condizione: la costituzione naturale di un individuo non corrisponde allorganizzazione naturale. Salute e malattia non hanno quindi a che vedere con la capacit di rappresentazione in quanto tale, ma con la singolarit dellindividuo, appunto sano o malato. Siano reali o immaginari, gli oggetti rappresentati vengono sempre rappresentati nel medesimo modo, ovvero secondo le leggi del pensiero. Lo stato fisiologico, patologicamente alterato, o a causa di uno stato di sonno, non modifica quindi, a differenza di quanto afferma Platner, la capacit di rappresentazione in quanto tale, in quanto coscienza. Non necessario, allora, per comprendere come sia possibile una rappresentazione (e quindi che cosa significhi coscienza) presupporre che lanima (la coscienza) sia passiva, recettiva e accolga qualcosa che proviene dallesterno. In altre parole, anche nel caso della malattia, la capacit di rappresentazione, la coscienza non risulta modificata: piuttosto il sentimento del reale a mancare. Questo comporta lincapacit, da parte dellindividuo di distinguere tra rappresentazioni di cose reali e rappresentazioni di cose immaginarie. Dal punto di vista oggettivo, non ci sono criteri per determinare la validit universale della rappresentazione e quindi la realt delloggetto rappresentato. Anche la critica fichtiana al problema delle rappresentazioni sorte nel sonno insiste su questo punto. Certo in questo Fichte concorda con Platner durante il sonno lorgano diventa inservibile. Lintelligenza, la capacit di comprendere, tuttavia permane15. La critica a Platner rimane anche qui fondamentalmente la stessa: nel
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Ibidem, p. 96.

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sonno diverso qualche cosa che riguarda lo statuto di realt degli oggetti, in quanto non si d percezione degli oggetti. La struttura della coscienza che permette il sorgere della rappresentazione invece sempre la stessa. Quello che manca, nel sonno, la possibilit di attribuire alla coscienza delloggetto, che sorge in maniera attiva, una determinazione di realt che deriva dalla limitazione imposta dalla percezione. Lattivit della coscienza, di conseguenza, gode di una libert illimitata di formarsi, non rileva la costrizione data dal sentimento del reale. Ci determina in chi sogna, osserva Fichte, un sentimento di disagio, uninquietudine che accompagna una fantasia senza freno. Fichte determina cos una differenza radicale tra la coscienza in quanto attivit e quelli che con terminologia moderna potremmo definire gli stati di coscienza. Qualora si dia coscienza, essa regolata sempre dalle stesse leggi, strutturata sempre in una maniera, indipendentemente dal suo contenuto e dallessere reale o meno di questo. Fichte chiarisce cos la differenza tra la propria prospettiva di analisi della coscienza, filosofico-trascendentale, e il punto di vista di Plattner, che rimane legato alla prospettiva del senso comune. La critica al concetto platneriano di anima si basa, inoltre, nelle lezioni su logica e metafisica, anche su un chiarimento terminologico. Anima un termine che, secondo Fichte , per cos dire, logorato dalluso, oppure, per esprimere la critica in maniera positiva, cos carico di significati che risulta vuoto, se essi non vengono precisati. Il concetto platneriano di anima in quanto soggetto della coscienza quindi, prima di tutto, troppo impreciso, per indicare una azione dello spirito (Handlung des Geistes)16.
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Per questa, e le citazioni successive di questo paragrafo, si veda GA IV/1, p. 195. Fichte commenta in questo luogo il paragrafo 27 degli Aforismi filosofici (GA II/4 S., p. 21). Fichte annota, riguardo al paragrafo 27 semplicemente: Animo, anima, Io (GA II/4, p. 60). In un altro luogo del lascito manoscritto osserva, sempre rispetto al paragrafo 27: Anima significa proprio qualcosa daltro, e lo spiegher a tempo debito. Animo spiegato bene. Mi sembra che Io sia del tutto esauriente (GA II/4, p. 63).

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Anche gli altri termini che Platner impiega per indicare la coscienza, per esempio animo (Gemth), spirito (Geist), testa (Kopf) oppure cuore (Herz) non sono sufficientemente chiari per comprendere che cosa sia coscienza. Solo lespressione Io, secondo cui coscienza altro non indica che lazione della coscienza su se stessa, permette di indicare il tratto fondamentale della coscienza, che consiste in unattivit in cui soggetto e oggetto di tale attivit sono assolutamente identici. Nel momento in cui dicendo anima Platner intende la coscienza, egli utilizza allora, prima di tutto, unespressione imprecisa. In secondo luogo, se si vuole continuare a utilizzare il termine anima in senso filosofico, anche se esso d luogo a fraintendimenti, esso significa qualcosa daltro rispetto a quello che intende Platner17. Anima , infatti, cos Fichte, il termine di collegamento tra lo spirito e il corpo, il principio dellorganizzazione del corpo 18. Anima di conseguenza un concetto empirico, radicalmente distinto da quello di Io, ma non un qualche cosa di cui si possa trovare il luogo corporeo: essa la forma del corpo. Che lanima abbia un organo, ovvero che ci sia qualcosa in cui lanima risiede, nel corpo, , secondo Fichte una concezione materialistica, incompatibile con la prospettiva filosofico-trascendentale. Nemmeno la posizione di Platner, in realt, pu essere considerata un materialismo in senso stretto: secondo Platner, infatti, lattivit mentale non pu essere del tutto individuata dal punto di vista empirico. Sebbene eventuali lesioni cerebrali possano determinare alterazioni nei movimenti dellanima, i movimenti dellanima non sono identici alle modificazioni delle strutture cerebrali. Per Platner, infatti, lorgano interiore dellanima (inneres Seelenorgan) oppure la sede dellanima (Sitz der Seele) quella parte del corpo, in cui vanno a finire tutte le impressioni dei sensi, cominciano tutti i movimenti del corpo e si mostrano, per prima cosa, tutti gli effetti dellanima19. Gli effetti, o i movimenti
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GA IV/1, p. 194. Ivi. GA II/4 S., p. 31 [corsivo mio].

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dellanima, allora, non sono identici al sostrato materiale, in cui essi si manifestano: i movimenti dellanima sono capacit mentali (geistige Fertigkeiten). Il fatto che a un danneggiamento del cervello corrisponda unalterazione delle capacit mentali sta per a dimostrare, secondo Platner, come lanima, tuttavia, risieda in qualche modo l. La posizione di Platner oscilla cos tra il materialismo e una concezione mentalista della coscienza, secondo il contesto in cui egli discute questo problema20.

4 Il mind-body-problem e la filosofia trascendentale fichtiana


I tentativi di interpretazione filosofica delle ricerche neurofisiologiche ai tempi di Fichte ma direi anche oggigiorno si trovano tutti a doversi confrontare con un problema teoretico centrale: la definizione adeguata del concetto di quel l che empiricamente deve essere necessariamente in stretta relazione con le strutture cerebrali, e deve, di conseguenza, trovarsi da qualche parte nel cervello, ma contemporaneamente non un substrato materiale, nella misura in cui esso indica il luogo della coscienza in quanto attivit21.
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Di fatto Platner oscilla, negli Aforismi filosofici, tra il tentativo di rinunciare alla metafisica, per spiegare la coscienza, e lattribuzione allorgano dellanima di un carattere sovrannaturale, che non pu essere colto considerando lorgano a partire dal cervello. Per una valutazione della concezione di Platner si veda lunico studio a proposito, di Schndorf, che condivide questa linea interpretativa e registra unambiguit di fondo: Platner considera lo spirituale come il momento pi alto, tutto ci che lo riguarda diventa duraturo e stabile; ed anche una sorta di epifenomeno della materia, in qualche modo una materia particolarmente sottile, inafferrabile e evanescente. H. SCHNDORF, Der Leib und sein Verhltnis zur Seele bei Ernst Platner, in Theologie und Philosophie, 60, 1985, pp. 77-87. Per una panoramica sulla questione, con particolare riferimento al problema della localizzazione, si veda J. BRUNNER, Kursorischer
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In termini platneriani, si tratta di indicare nella materia il punto in cui risiede lanima, che propria di quella particolare forma di vita che la vita cosciente e cosciente di s: quel punto di passaggio, allora tra la materia e lo spirito, che deve essere insieme il luogo in cui si incontrano il fondamento dellorganizzazione e quindi il principio organizzativo della materia. Si tratta allora della definizione di un qualcosa che per definizione non pu essere un qualcosa, in quanto non pu essere percepito dai sensi: lo spirito, appunto. La teoria platneriana si muove allinterno di queste coordinate concettuali, rimanendo per cos dire imprigionata in esse e oscillando tra il materialismo e lo spiritualismo. Affronta il problema della coscienza come questione di localizzazione del mentale, ma rifiuta lidentificazione tra mente e cervello; spiritualizza la coscienza considerandola unanima (individuale!), ma insieme la considera un organo materiale. Se la coscienza, per, come sostiene Fichte, non identificabile con gli stati di coscienza; se lanima, in quanto principio vitale non pu essere localizzata in un punto del corpo, in quale modo pu essere affrontato adeguatamente il problema della sede dellanima, della relazione tra mentale e corporeo? possibile, a questo punto, indicare i tratti fondamentali di quella che si potrebbe definire una teoria fichtiana del mentale, certo, non articolata, ma profondamente diversa dallimmagine che alcune posizioni contemporanee in ambito di filosofia della mente gli attribuiscono. Fichte distingue nettamente tra la riflessione filosofica sulla coscienza (1), che trova il suo nucleo concettuale nel problema dellautocoscienza, indicato, nel periodo jenese, dal termine Io, e la riflessione sulla problematica della coscienza e (dellautocoscienza) in quanto oggetto di ricerca degli studi sulla fisiologia del cervello (2) e quindi dellinterpretazione filosofica di queste ricerche (3).

Streifzug durch die Geschichte der Neurowissenschaften aus neuroethischer und neurophilosophischer Perspektive, in D. Gro, S. Mller (a cura di), Sind die Gedanken frei? Die Neurowissenschaften in Geschichte und Gegenwart, Berlin, Medizinisch Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft, 2007, pp. 2-26.

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Mi concentro, qui di seguito, soprattutto su alcune osservazioni che riguardano il secondo dei punti nominati. Dal punto di vista scientifico, con Fichte, si pu difendere un materialismo metodologicamente rigoroso, che non entra in conflitto con lelaborazione di una teoria filosofica della coscienza, qualora si mantengano chiaramente distinte le prospettive. Questo appare chiarissimo, a mio vedere, proprio dal confronto con Platner. Fichte rimprovera a Platner una confusione terminologica e concettuale, una commistione tra argomenti che si basano su osservazioni empiriche e considerazioni filosofiche. In ambito scientifico, il mentale non spirituale, come in qualche modo sostiene Platner. Esso pu essere spiegato in base a parametri scientifici, ovvero a osservazioni che riguardano la neurofisiologia. Le alterazioni della percezione dovute a patologie vengono intese da Fichte come problemi del corpo: in maniera pi moderna, potremmo dire che unalterazione della percezione anche per Fichte un problema neurologico, comprensibile, e forse, risolvibile nel caso di patologia, a partire da uno studio approfondito sul funzionamento del cervello. A questo si aggiunge il fatto che lanima, secondo Fichte, non altro che lessere in vita dellessere vivente: il risultato dellinterazione tra tutte le parti. Non quindi nella massa del corpo, ma la vita dellindividuo: non appena termina la vita, allora, termina anche linterazione, avanza solo la semplice massa22. Considerando il corpo come oggetto materiale, allora, il punto in cui si troverebbe lanima non c: non si d interazione tra due cose: lattivit della coscienza una prospettiva diversa della considerazione del corporeo, appunto come vivente, come essere animato. Fichte esprime cos delle riserve esplicite rispetto a ricerche sullanatomia del cervello che siano condotte su cadaveri. Terminata la vita non possibile trovare nel cervello il luogo dellanima: Non si pu sperare mai di trovare questultimo, se vogliamo cercarlo in uomini morti, perch esso non c pi, inseparabile dalla vita23. E ancora: Nelle nostre ricerche
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GA IV/1, p. 346. Ivi.

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possiamo avvicinarci fino al punto in cui il nervo sfugge dai nostri sensi, il punto lo si trovato davvero nel cervello; ma l si pu dire solo: deve essere qui. Trovare che cosa sia del tutto inutile. Sia nella vita che nella morte, come dimostrato 24. A tutta prima, queste osservazioni di Fichte appaiono probabilmente superate, a chi si occupa oggi di neuroscienze. Per esempio, le tecniche di neuroimaging permettono un accesso non invasivo alle strutture cerebrali e unosservazione in tempo reale o quasi dei processi cerebrali25. Daltra parte le riflessioni di Fichte contengono unintuizione valida, a mio vedere, ancor oggi: quella che lo studio del rapporto tra materia e vita non possa essere ulteriormente approfondito, se intende la materia semplicemente come massa26. Fichte tocca indirettamente, infine, un altro problema,
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Ivi. Per una storia della psicochirurgia si veda: D. GRO , Von der Topektomie zur modernen Stereotaxie: Die Geschichte psychochirurghischer Interventionen, in D. Gro, S. Mller (a cura di), Sind die Gedanken frei? Die Neurowissenschaften in Geschichte und Gegenwart, Berlin, Medizinisch Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft, 2007, pp. 144-174. T. F. MNTE, H. J. HEINZE, Beitrag moderner neurowissenschaftlicher Verfahren zur Bewusstseinsforschung, in M. Pauen, G. Roth (a cura di), Neurowissenschaften und Philosophie. Eine Einfhrung, Padeborn/Mnchen, Fink/UTB, 2001, pp. 298-328. Hagner mette invece bene in luce un altro aspetto: come il neuroimaging (e in generale la ricerca sul cervello) sia non solo una procedura di analisi scientifica, ma un progetto della modernit: la produzione di una ben precisa concezione delluomo e dellattivit del pensiero, che egli definisce come cerebralizzazione delluomo: M. HAGNER, Der Geist bei der Arbeit. Historische Untersuchungen zur Hirnforschung, Gttingen, Wallstein, 2006. La concezione fichtiana della materia un capitolo tutto da scrivere, nella ricerca fichtiana. Sicuramente si potrebbe mostrare abbastanza facilmente la presenza di una concezione energetica della materia, a partire dalla quale il problema della localizzazione dovrebbe essere completamente ripensato. Di fatto, nei pi recenti studi sul cervello, si sviluppano filoni di ricerca che mettono in primo piano la non-localit e la diffusione dei processi cerebrali, sulla base di teorie olonomiche. K.H.
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teoretico e metodologico insieme, dellintersezione tra una ricerca neurofisiologica e la sua interpretazione filosofica: il carattere sperimentale delle ricerche di neuroscienze e, di conseguenza, la difficolt di valutare, allinterno della ricerca, prima, e in senso filosofico, poi, quellelemento di artificialit che lesperimento in quanto tale comporta27. Rimane linterrogativo di fondo: una volta svelato ogni segreto del funzionamento del cervello dal punto di vista fisiologico, una volta compreso come sia costituito il mentale e in che relazione esso stia con le strutture del sistema nervoso obiettivi di ricerca, beninteso, del tutto degni di essere perseguiti si sar scoperto che cosa significa pensare e agire? La risposta di Fichte su questo punto univocamente e indiscutibilmente negativa. Il fraintendimento del senso di questa negazione, vizia, a mio vedere, alcune posizioni filosofiche contemporanee e impedisce loro di comprendere adeguatamente il senso della ricerca filosofica fichtiana, ma non solo, sulla coscienza28. Essa non nega, lo sottolineo ancora, la rilevanza della ricerca sul cervello, n la possibilit di uno studio interdisciplinare
PRIBRAM, Brain and Perception, Hillsdale, N.J., Lawrence Erlbaum 1991; ID., Brain and Quantum Holography: Recent Ruminations, in M. Jibu, T. Della Senta e K. Yasue (a cura di), No Matter, Never Mind Fundamental Approaches, Amsterdam/Philadelphia, John Benjamins Publishing Company 2001.
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Mi limito a ricordare lesperimento attualmente pi dibattuto nellambito della neurofilosofia, ovvero quello di Libet sulla libert del volere: B. LIBET, Mind Time. The Temporal Factor in Consciousness, Cambridge/Mass., Harvard University Press, 2004. Per una critica, anche rispetto ai metodi, dellesperimento di Libet si veda per esempio: A. BECKERMANN, Neuronale Determiniertheit und Freiheit, in K. Kchy, D. Stederoth (a cura di), Willensfreiheit als interdisziplinres Problem, Freiburg i.Br., Karl Alber, 2005, pp. 289-304 Sulla questione di una collocazione sistematica della neurofilosofia si veda lo scritto di G. NORTHOFF, Was ist Neurophilosophie? Programmatische Charakterisierung eines neuen Ansatzes, in Philosophia naturalis, 38, 2001, pp. 205-244.

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che discuta i risultati scientifici. Nega per la possibilit di sviluppare una riflessione sullagire umano che derivi immediatamente e direttamente dalla ricerca scientifica. Cerco di spiegarmi con un paragone. Potremmo dire che voler identificare lattivit del pensiero che sta a tema della filosofia fichtiana con lattivit mentale sarebbe come affermare che un brano musicale il solco di un disco di vinile (ovvero il cervello, in quanto supporto materiale) oppure lelaborazione che avviene attraverso la lettura del disco da parte del giradischi (il mentale). Il paragone calzante, a mio vedere: a nessuno verrebbe in mente di chiedersi dove sia il brano musicale quando il giradischi non suona, e affermare che esso sia dentro il disco appare senzaltro almeno una formulazione un po infantile. Allo stesso tempo nessuno si stupirebbe, se un disco graffiato producesse una cattiva esecuzione o se, spento il giradischi, non si percepisse pi nessuna musica. Continuando in metafora: se grazie alla ricerca scientifica, la struttura del supporto risulta sempre pi chiara, il funzionamento del giradischi a rimanere oscuro. Affermare, per, che senza uno studio del funzionamento del disco e del giradischi, non si comprende la differenza tra musica barocca o romantica significherebbe ignorare la ricerca di senso, che sta al fondo dello studio fichtiano sul problema della coscienza. Tale ricerca riguarda non tanto il come, nel mondo, sia dia empiricamente la possibilit di pensare e di agire, quanto piuttosto quali siano gli scopi e i moventi di questo agire e come esso, in quanto tale, sia strutturato allinterno di un orizzonte di significato che non , e non pu essere dedotto dallempirico. Si mostra allora in tutta chiarezza linevitabilit, per la filosofia, di una riflessione pratica, da declinarsi in ambito etico, giuridico, politico, in tutte le forme del fare di cui il genere umano capace. Che le cose siano cos lo dimostrano anche posizioni che negano, in ambito neuroscientifico, libert e responsabilit dellagire. Singer, uno dei pionieri della ricerca tedesca nelle neuroscienze, afferma per esempio: Esaminando dei cervelli, non sono in grado di trovare da nessuna parte un agente mentale come il libero arbitrio o la responsabilit e tuttavia la sera vado a casa e considero i miei figli

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responsabili delle sciocchezze che eventualmente hanno fatto29. Non quindi difficile solo il poter trovare la risposta, quanto piuttosto il comprendere la domanda, o meglio le domande, a cui si vuole rispondere. Oggi, come ai tempi di Fichte. Fichte disse a questo proposito: Con il fluido organizzato, come lo chiama Kant su suggerimento di Smmering, il guaio che non si trovato quello che si cercava 30. La speranza che le scoperte scientifiche indichino risposte definitive sul senso dellagire umano continua ancor oggi a essere mal riposta, e, vien da dire, per fortuna.

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W. SINGER, Ein neues Menschenbild? Gesprche ber die Hirnforschung, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 2003, p.12. GA IV/1, p. 346. Samuel Thomas Smmering aveva comunicato, nel 1796, la scoperta di liquidi cerebrali in cui si poteva ipotizzare un movimento che rendesse ragione dellattivit cerebrale e quindi la sede dellanima, della coscienza. Il lavoro venne pubblicato grazie a Kant e con un commento dello stesso (S. T. SMMERRING, ber das Organ der Seele. Knigsberg, Nicolovius, 1796. Vedi anche I. K ANT, AkademieAusgabe, Berlin, Reimer, 1902 ff, vol. XII, p. 30 ss. e vol. III, pp. 398414). Probabilmente Fichte non lesse molto accuratamente, o non lesse affatto il commento di Kant, che afferma tuttaltro che la scoperta della sede dellanima nellacqua organizzata, anzi sostiene una posizione, nei suoi tratti fondamentali, vicina a quella di Fichte. (Si veda su questo punto lapprofondito studio di W. EULER, Die Suche nach dem Seelenorgan Kants philosophische Analyse einer anatomischen Entdeckung Soemmerings, in Kant-Studien, 93, 2002, pp. 453-480.)

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L' ORIGI NARIO E LA COMUNIT


ONTO LO GIA TRASCENDEN TAL E E ASSO LUTIZZAZIONE DELL I NVITO
GIOVANNI COGLIANDRO

L'E TIC A DEL 1812 TRA

Abstract Aufforderung and Erscheinung are the two main concepts of the late Fichtes doctrine of science. The community in my essay is considered together with the definition of a concept as the pivotal axis of this fundamental part of the transcendental doctrine, formalized in the Sittenlehre 1812. My paper focuses on the ontological content and ethical properties of such a Metaphysics and considers Fichtes ethical ontology in comparison with the impact it had on contemporary debates on modality, fundamental theology and moral theory.

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1 Introduzione
LEtica del 1812 rappresenta per vari motivi un luogo fondamentale dellevoluzione della dottrina trascendentale. In essa viene sviluppata una dottrina morale superiore, poich non si muove dai principi gi esposti nella dottrina della scienza, ma si costituisce come una fenomenologia della volont dellassoluto di elevare tutti gli spiriti alla moralit. Distingueremo da subito il termine dottrina morale (superiore o meno) dal termine etica che riserveremo al titolo dellopera scritta. La dottrina morale superiore verr da noi esposta sommariamente a partire dai concetti fondamentali di invito, manifestazione, comunit. Il punto di partenza dellesposizione non quindi il dover essere, il sistema dei doveri incondizionati o condizionati, universali o particolari, come si era fatto nella esposizione jenese della dottrina morale (1798). Dal punto di vista del sistema della dottrina trascendentale conseguito nelle tarde esposizioni della dottrina della scienza possiamo dedurre una dottrina della manifestazione della volont, che si configura come originariamente causata dallautoposizione del concetto. La dottrina morale superiore non si diparte infatti da un imperativo rivolto al singolo, ma da un fatto, da una posizione tetica: il concetto ci su cui il mondo si fonda. Con le parole iniziali del testo che esaminiamo nel nostro contributo:
Fatto della dottrina morale. Il concetto la causa del mondo. Con la coscienza assoluta, che esso lo sia. (con il riflesso di questa relazione.) Con lanalisi di questa affermazione dobbiamo misurarci! Come questa sia possibile. Che cosa presuppone? Che cosa contenuto in essa, o da questa procede.1

Lesposizione inizia in maniera non ipotetica, con una evidenza, cio con la coscienza tetica della fattualit del concetto. Il fatto originariamente il concetto, e viceversa non vi fattualit
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GA II/13, p. 307.

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morale al di fuori del concetto. Per negationem il fatto del concetto in generale ci che si contrappone al fatto dellistinto della ragione2. Considerato come posizione tetica, quindi in modo assolutamente positivo e rigorosamente trascendentale, il concetto la comprensione del dispiegarsi della vita dellassoluto nelle forme della comprensione possibile di questa stessa vita. Esso quindi, gi nella Dottrina della scienza del 1804-II, il principio della comprensione del dispiegarsi dellessenza del sapere. Nella Iniziazione alla vita beata (1806) esso riceve lattributo di creatore del mondo (Weltschpfer), in quanto, secondo la dottrina trascendentale, tramite il congiungersi della comprensione della vita dellassoluto e dellessenza delle forme del sapere si esaurisce la totalit dei costituenti fondamentali della stabilit e della dinamica del mondo. Solo unaffermazione di principio pu essere un fatto della ragione, e al di l della posizione del concetto non vi sono altri fatti del mondo che possano essere semplicemente trovati. Il concetto deve essere il fondamento del mondo (causa sive ratio, nel duplice senso in cui il termine Grund pu essere inteso). Il concetto quindi anche sostanza nel senso classico che questo termine assume. Il concetto come fondamento sostituisce il concetto di fine, inteso come fondamento del volere concreto nella Wissenschaftslehre 1796/99 nova metodo3: da questo punto di vista il compito indirizza il volere se il compito concettualizzato. Nel testo che analizziamo invece il concetto assume il ruolo di fondamento e causa (Grund)
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Come nota Traub: Il concetto il principio che si contrappone allistinto nel suo modo di essere efficace e nella sua articolazione. Il concetto lo strumento della liberazione dallautorit dellistinto di ragione (SW VII, p. 21). H. TRAUB, J. G. Fichtes Popularphilosophie 1804-1806. Frommann-Holzboog, Stuttgart 1992, p. 53. Non abbiamo lautografo fichtiano di questa esposizione della dottrina della scienza, che ha mostrato in misura sempre maggiore la sua centralit per una interpretazione rinnovata della filosofia fichtiana: nelledizione dellaccademia sono edite le due Kollegnachschriften che la riportano: la prima, detta di Halle dal nome della biblioteca dove fu ritrovata edita nel volume IV/2 delle opere complete; la seconda, detta Krause, dal nome del filosofo che la stese, edita nel volume IV/3.

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unitamente alla coscienza di esserlo. La coscienza assoluta di essere causa viene definita come riflesso di questa relazione (Reflex dieses Verhltnisses): la coscienza non pi originaria nel senso in cui lo era nelle prime esposizioni della dottrina della scienza, ma originaria in quanto il riflesso (Reflex) della relazione propria tra il principio e il principiato. Una linea interpretativa ormai superata tendeva a dividere la produzione fichtiana in due fasi, utilizzando come momento decisivo del mutamento di orizzonte lAtheismusstreit. Il primo Fichte focalizzerebbe la sua attenzione sulla riflessione ed elaborerebbe un sistema dellautocoscienza, il secondo Fichte invece, a partire dalla Bestimmung des Menschen (1800), sposterebbe la sua attenzione sulla filosofia dellassoluto, sul rapporto tra la finitezza e la divinit. Gi Pareyson poteva affermare che questo paradigma andava superato4. Uno dei cardini che hanno guidato la nuova FichteForschung nel mutare il paradigma esegetico proprio la nozione di riflesso. Al riguardo afferma Ivaldo:
Fichte realizza limpresa di elaborare una dottrina delle determinazioni trascendentali di un mondo della natura e degli esseri razionali attraverso uno svolgimento radicale delle potenzialit del riflesso, ovvero della tendenza autoformativa della ragione, (ci che indica subito la differenza qualitativa del punto di vista trascendentale del riflesso dal punto di vista della riflessione come facolt soggettiva, cui i sistemi dellidealismo credono a torto appartenga la Wissenschaftslehre).5

L. PAREYSON, Fichte. Il sistema della libert, cit.. Lautore mostra come la questione del passaggio sia di notevole complessit, sicuramente non riducibile a una cesura netta o a una Kehre religiosa: come la questione relativa al primo e secondo Heidegger o al primo e secondo Wittgenstein la ricerca approfondita mostra come queste siano solo sistemazioni manualistiche. M. IVALDO, I principi del sapere. La visione trascendentale di Fichte, Bibliopolis, Napoli 1987, pp. 299-300.

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il riflesso a consentire la riflessione, e quindi lautocoscienza muove dal riflesso. Il riflesso il movimento dellassoluto, che proprio in quanto ab-solutus non pu essere inteso come oggetto: lassoluto luce, agilit, e la sua dinamica inizia dal riflesso6. Il problema che sovente gli esegeti non considerano come lassoluto sia dinamico e non statico, quindi non si comprende loperare del riflesso come osservazione pura dellautomovimento dellassoluto. Nella Wissenschaftslehre lassoluto mantiene il carattere dellagilit, il principio ordinatore e costitutivo del reale, e lo in primo luogo ordinando lagire degli individui. Questa progressiva enfatizzazione della agilit dellassoluto pu essere una feconda chiave di lettura per comprendere levoluzione delle esposizioni della dottrina, e il passaggio alla dottrina superiore della scienza: lo schematismo della manifestazione dellassoluto il culmine della comprensione di questa attivit. La prima manifestazione (Erscheinung) la manifestazione che si sa immagine dellassoluto: una nozione gi presente nella dottrina della scienza e nel suo schematismo. La novit contenuta nella Etica 1812 sintetizzata nella deduzione che segue:
1) Lunica cosa realmente autonoma allinterno della manifestazione la stessa manifestazione, come in s, come immagine di Dio. La manifestazione questa immagine solo nella sua unit, come comunit degli individui. 2) Questo suo essere si presenta come un compito; quindi essa appare nella forma di un principio assoluto. Dunque il concetto si indirizza necessariamente allintero e parla dellintero. Non c in senso proprio nessun dovere del singolo ma solo uno dellintera comunit.7

Lassoluto diviene invece soggetto in quanto spirito nel sistema di Hegel. In particolare da notare come Hegel attribuisca i caratteri della soggettivit (cio automovimento e autoposizione) allidea, al concetto, al sapere, allo spirito: queste entit si appropriano del volere e agiscono, prendono il posto del soggetto, ma anche dellassoluto tout court. GA II/13, p. 358.

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La manifestazione autonoma, e quindi rientra nel dominio della dottrina della scienza, cio appartiene alla esposizione dellassoluto (cfr. Dottrina della scienza 1804-II), poich la manifestazione viene conosciuta in quanto tale perch compresa come immagine di Dio. immagine di Dio perch autonoma, proprio perch autonoma pu essere posta a base di una vera comunit di individui. Dal punto di vista del sapere quindi la manifestazione si trova in una situazione paradossale: una in quanto immagine dellassoluto, ma questa unit si concretizza sempre in una comunit, in una comunit di individui considerata nella sua interezza. Si pu dare un dovere determinato per il singolo, ma, dal punto di vista filosofico che viene assunto, il dovere originariamente solo per la comunit. Questo perch ci che propriamente autonomo nella manifestazione il suo essere immagine di Dio: anche questa una inserzione di contenuto nella dottrina morale da parte della dottrina della scienza. Poich la dottrina morale la pi alta tra le scienze del sistema trascendentale, essa riceve i suoi contenuti direttamente dagli schemi della dottrina della scienza. La manifestazione pu essere considerata come vera imago Dei solo se unifica le manifestazioni particolari della vita che danno contenuto al concetto, cio gli individui. Propriamente si potrebbe dire che solo comprendendosi nella comunit lindividuo diviene io: non a caso Fichte utilizza il concetto del grande io universale8. La scienza della pratica consente di svolgere questo
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Ad esempio: La presupposizione potrebbe essere questa, che il grande io universale, lintero genere umano si debba elevare alla moralit, proprio la sua, dellintero genere umano, tramite unarte illuminata (GA II/13, p. 337). Questo io-comunit limmagine di Dio, lunica realt indipendente nella manifestazione, ci che articolato, per cui appare il dovere e non lobbligo, il punto di passaggio che a Kant doveva restare ignoto. Ricordiamo come per Kant la comunit entri nella trattazione della Chiesa, e solo in tale circostanza si colgono le insufficienze del suo sistema indirizzato solo allindividuo. Da questo paragone con la Religione entro i limiti della sola ragione di Kant si pu rischiarare molto quanto verr esposto in questa parte finale dellEtica. Sul tema si veda quanto si afferma in M. M. OLIVETTI, Introduzione a J. G. FICHTE, Saggio di una critica di ogni Rivelazione, Laterza 1998, pp. VII-LX.

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apparente paradosso: il concetto (di fine) si indirizza sempre allintero, e descrive in senso morale lintero: un tale intero non pu che essere comunitario, poich solo in una comunit (Gemeine) pu costituirsi la moralit individuale, e non vi alcuna concettualizzazione della legge morale se non in un individuo che si sappia individuo tra altri. Vale anche la conseguenza, cio che la comunit e lidea stessa di umanit sono concepite solo in quanto vengano organizzate ed articolate verso il fine morale. Tale idea viene radicalizzata ed estesa nella Etica:
Tutta l'umanit ricompresa in questo scopo, ed legata al cuore amorevole delluomo che agisce moralmente, come strumento della moralit (Werkzeug der Sittlichkeit), assolutamente sotto nessun altro aspetto. Ogni altro amore ed inclinazione, lamore patologico, non morale ma qualcosa di naturale, cio qualcosa di fondato su motivi incomprensibili, quindi cede sempre e si ordina sotto il superiore amore morale, senza considerare il fatto che questo avrebbe potuto rimanere nelle oscure profondit della natura: ne troveremo dopo lapplicazione.9

Lumanit intera, la comunit pi ampia di ogni comunit, uno strumento della moralit, e non esisterebbe se non per questo. Si potrebbe ribaltare lespressione di Fichte: essere strumento della moralit superiore per lumanit (intesa propriamente, cio come totalit) lo stesso che essere kantianamente un fine in s. La finalit del singolo e della comunit quella di rispondere allappello dellassoluto: lo scopo di questo unico, e lassoluto, nellordinare in questa maniera la sua finalit, il solo ad aver uno scopo unico, cio lelevazione alla moralit di tutti gli individui. Questo un limite per qualsiasi retta aspirazione di unit di vita, come nelletica cristiana: solo lassoluto modello di unit di intento, e solo avvicinandosi indefinitamente a tale ideale il singolo pu situarsi nel progresso morale. Ogni altra tendenza, inclinazione, persino lamore umano (che nel testo che analizziamo verr trattato nella lezione 25 pi in profondit, come lultimo gradino della scala ascendente che
9

GA II/13, p. 374.

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conclude al simbolo e alla comunit perfetta, cio la Chiesa), pu divenire patologico se non risponde a questo orientamento morale. Il tema del patologico, inteso in maniera pluriforme come assenza di destinazione etica o come assenza di destinazione esistenziale, stato a lungo trascurato dalla ricerca fichtiana: in tempi recenti stato per oggetto di acute indagini da parte degli studiosi della filosofia trascendentale10. Solo il comprendersi come strumenti dellagire dellassoluto garanzia di non ricadere nel patologico dal quale si tenta di allontanarsi. Essere strumento dello scopo dellassoluto per la volont morale come essere un fine in s, in quanto il postulato delletica fichtiana quello della perfettibilit della moralit, nonch quello di una eternit della vita che non viene interrotta dalla morte. In questa ottica teistica luomo fine in s in quanto risponde allappello divino e si fa strumento della volont dellassoluto. Dal punto di vista dellintero il fine in s la moralit, che si serve della totalit degli individui come di uno strumento; si badi bene: non il singolo ma la comunit lo strumento della moralit, sino ad includere lintera umanit come comunit illimitata. Fichte si interroga poi sulla genesi concreta di una comunit, che si origina da un accordo (bereinstimmung): un tale accordo sullagire genera lo Stato, ma poich questo non un consenso apriorico non riguarda la dottrina morale.

10

Sul tema del patologico nella filosofia trascendentale rimando al volume di J.-CH. GODDARD, La philosophie fichtenne de la vie. Le transcendental et le pathologique, Vrin, Paris 1999. Segnalo inoltre il bizzarro studio di W. GARTLER, Feindesliebe. Szientismus und Paranoia in Fichtes Wissenschaftslehre, Turia & Kant, Wien 1992. La patologia qui spinta fino al parossismo dellamore per i nemici, quale formalizzabile a partire da una concezione psicologica o psichiatrica che si fondasse sui presupposti antropologici contenuti nelle prime esposizioni della dottrina della scienza. Queste prospettive di ricerca insolita sui testi di Fichte sono comunque da considerare come stimoli insoliti per nuove interpretazioni della dottrina trascendentale. Un esempio notevole in questo senso lopera di Gnter Schulte, si veda tra gli altri articoli Tarte la crme -- bis der Tod uns scheidet, in FichteStudien, 15 Transcendentale Logik, 1999, pp. 83-104.

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Una altra forma di consenso quella che viene definita da un simbolo:


L'accordo sulla visione viene denominato Simbolo: e la comunit, realizzata secondo la nostra presupposizione attraverso questo accordo, viene denominata la comunit dei credenti (quelli che credono al simbolo): la Chiesa.11

La volont morale si relaziona al simbolo in una particolare comunit, che viene analizzata da Fichte in relazione al suo fondarsi sopra un simbolo: la Chiesa. Che cos quindi il simbolo? Esso nella dottrina morale trascendentale laccordo su una determinata intuizione, su una visione. Lo Stato viene dopo, poich si fonda sopra laccordo su determinate norme comportamentali, che divengono le leggi12. La comunit originaria, che deve essere indagata da una dottrina morale trascendentale, quella che si basa su una comunione nella visione del mondo. Una configurazione storica di questa comunit la Chiesa. Un simbolo deve essere
11 12

GA II/13, pp. 381-2. Tutta la filosofia che si occupa dellorigine dello stato da un contratto o da una convenzione esula quindi dal discorso fondativo: non sar che una applicazione. Aggiungiamo inoltre che ovviamente per la filosofia trascendentale non possibile fondare uno Stato su una comunit, cio uno Stato di individui che abbiano la stessa Einsicht: ciononostante proprio quello che si tentato di fare nel secolo delle ideologie, e, per una ironia storica, si ritenuto di imputare parte delle responsabilit filosofiche proprio al filosofo di Rammenau. Si pensi alle distorsioni cui sono andati incontro i Discorsi alla nazione tedesca che, non credo casualmente, sono stati tradotti in italiano la prima volta durante il dibattito relativo allintervento nella prima guerra mondiale (1915) e la seconda volta nel 1942 in piena seconda guerra mondiale, ovviamente con prefazioni adeguate ai tempi. Unopera pregevole che ha tentato di esaminare a fondo la concezione della nazione di Fichte e ha rigorosamente confutato il preteso antisemitismo di Fichte che si poteva evincere dai Contributi per rettificare il giudizio del pubblico sulla rivoluzione francese (1793) quella di H. J. BECKER, Fichtes Idee der Nation und das Judentum. Den vergessenen Generationen der jdischen Fichte-Rezeption, Rodopi, Amsterdam/Atlanta 2000.

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creduto: il credere implica non solo la convinzione teorica, ma anche la persuasione di dover agire in un determinato modo, conseguentemente, secondo un volere morale, che si trova a coincidere con ci che Fichte denomina la volont del concetto (der Wille des Begriffs). Il volere morale si coniuga con il simbolo: il problema di come avvenga tale relazione occupa tutta lultima parte dellEtica 1812. Lumanit organizzata in comunit, attorno a un simbolo, viene indagata nella sezione conclusiva del testo dellEtica. Le determinazioni storiche dellumanit sono invece trattate parzialmente nella Dottrina dello Stato del 1813, che muove dalla constatazione della situazione storica quale si era gi ormai irrimediabilmente determinata, e che quindi si indirizza solo alla comunit della quale tratta, cio alla Germania. La dottrina morale invece pu riferirsi ed indirizzarsi ad ogni comunit, si pu anzi affermare che in essa viene ripreso da un punto di vista filosofico pi elevato lintento programmatico dello Stato commerciale chiuso (1800). La comunit umana quindi governabile dalla filosofia, che pu contenere ogni conoscenza morale, ogni simbolo, ogni rivelazione, ovvero ognuna delle cause dellagire dei singoli nella comunit, che agiscono in modo conseguente al volere del concetto. Il concetto si mostra quindi come il fondamento del mondo conoscibile e, unitamente, come lunica facolt di pensare consequenzialmente lumanit come uno strumento, cio come strumento della moralit. Il singolo pu quindi sapersi concettualmente, cio determinarsi, solo se agisce moralmente: questo il principio che gi nella prima dottrina della scienza era chiaro per il soggetto medesimo, ma che ora si mostra nella sua conseguenza dal punto di vista della comunit, cio della filosofia che ormai si sa praticoteoretica, cio dottrina della scienza. Per connotare la dottrina della scienza si devono infatti congiungere i due aggettivi di pratico e teoretico13, che tradizionalmente connotano

13

I due termini sono utilizzati da Lauth in connessione nel suo scritto Lidea globale di filosofia in J. G. Fichte, in R. LAUTH, La filosofia trascendentale di J. G. Fichte, Guida, Napoli 1986, pp. 23-68. In questo scritto la dottrina di Fichte indicata come teoretico-pratica. Si scelto
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le due principali ripartizioni della filosofia trascendentale, fin dalle Critiche kantiane. Questo termine composto un tentativo di esprimere verbalmente il fatto che le due componenti del sistema della dottrina della scienza sono inseparabili, esprimono due punti di vista filosofici sulla stessa attivit. A partire dalla Dottrina della scienza nova methodo 1796/99 lattivit viene infatti conosciuta nellintuizione intellettuale come ritornante in se stessa e non ancora distinta in capacit di agire moralmente giudicabile e in ragione che costituisce il reale tramite la determinazione teorica delle sue strutture. Nel passaggio al punto di vista superiore dellesame delle manifestazioni dellassoluto la connotazione di praticoteoretica si applica in primo luogo alla dottrina della scienza che si conosce in quanto tale, come Fichte aveva iniziato a fare nella sua ultima esposizione del 1814, in cui cominciava la trattazione della dottrina dallo schema supremo, lautocomprensione della dottrina della scienza in quanto tale. Per questo motivo si posta in esergo a questo libro lultima frase manoscritta del Diario, in cui si descrive la vita nel suo figurare le forme infinite dellintellegibilit nellintuizione morale14, e solo in questo modo la vita pu attualizzare una tra le infinite possibilit che le si manifestano. Questo contributo vorrebbe proporre alcune interpretazioni relative allEtica del 1812: lintento cercare di stimolare la discussione su alcuni suoi caratteri peculiari nel contesto del sistema della dottrina della scienza. Ho scelto di concentrarmi in particolare su tre punti: linvito al sapere assoluto, la manifestazione dellassoluto, la comunit e lo scopo dellagire morale.
di congiungere i termini e di invertirne lordine per sottolineare ulteriormente il primato del pratico nel costituirsi del reale.
14

Nella intuizione morale la vita figura la forma della intelligibilit e la vita delle infinite forme possibili, precisamente in una maniera: perch davvero immagine di Dio: non devo far comparire limmagine di Dio in altra maniera: perci la forza reale (Diarium III, 16 gennaio 1814; in J. G. Fichtes Ultima Inquirenda, a cura di R. Lauth, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 2001); cfr. nota 1. Questa frase un testo programmatico, quasi un testamento filosofico e lindicazione di un compito a chi vuole proseguire il lavoro iniziato da Fichte.

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2 Linvito al sapere assoluto.


NellEtica del 1812 si procede dal concetto, che viene posto come il fondamento della costituzione non solo del mondo per lio, ma dellio e del mondo in interazione reciproca. Pi originario dellio il vedere, la capacit di sapere le manifestazioni dellassoluto. Questa capacit si trova in uno iato con lesistente in attivit, cio con la vita. Il vedere e la vita si identificano nel processo di costituzione dellio. La costituzione dellio nella dottrina morale superiore viene cos esposta:
Lidentit assoluta del vedere e della vita lio: cos la vita di un concetto, che ha causalit, assume necessariamente questa forma di io nella coscienza, e il concetto si muta in causalit di qualcosa. Forza, in cui inserito un occhio: il carattere proprio dellio, della libert, della spiritualit (Geistigkeit). Ha ottenuto molto chi sa ottenere una immagine vivente di questo, mantenerla e fondare ogni suo giudizio su cose di questo tipo. La vista accompagna la forza15

Questo passaggio sintetizza una delle acquisizioni pi rilevanti che la dottrina morale consegue, e anticipa rispetto alla trattazione che ne pu offrire la dottrina della scienza dal punto di vista dellosservazione schematica della manifestazione dellassoluto. Dal punto di vista della dottrina morale il concetto ha concreta efficacia sulla realt, quindi ha vita, in quanto tramite la sua azione e forza organizza ed articola, come si visto, il molteplice. Nella forza, si legge, inserito un occhio: espressione che non ignota al lettore della Dottrina della scienza del 1801/2, in cui locchio la prima manifestazione sensibile del sapere assoluto. Come noto, Fichte scrisse nel 1802 un sonetto dedicato a questo tema, Locchio di Urania, in cui attingeva al mito arcaico per offrire una versione accessibile della dottrina trascendentale. La forza, agente
15

GA II/13, p. 317.

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dellarticolazione, cio dellorientamento verso uno scopo, la sede in cui il sapere assoluto trova il suo ingresso nellambito della volont, quindi della libert materiale. Il vedere di un tale occhio sempre presente quando viene operata la scelta, la distinzione tra i diversi scopi cui pu essere rivolta lazione.
Lo sguardo accompagna, guida e determina la forza. Autodeterminazione = una metamorfosi (Verwandlung) di se stesso, del principio meramente ideale, in reale, cio in un vedere oggettivo assolutamente producente. (Una forma del concetto nellaltra).16

Lo sguardo conduce alla autodeterminazione della forza del soggetto agente e consente il passaggio modale dalla possibilit alla realt della sua capacit di agire: lo sguardo questo principio di individuazione, la cui attivit il figurare. Il vedere oggettivo il figurare reale, cio il determinare e il dare realt ai concetti. La forza viene determinata dallo sguardo: potremmo dire che la forza lipostatizzazione della capacit di agire del soggetto, la realt della possibilit di essere causa nel mondo. Lo sguardo invece il figurare che avviene realmente, ed esso accompagna la forza, cio lagire reale.
Lo sguardo accompagna la forza. Come questa fluisca sopra comunque immediatamente visibile: esso [lo sguardo] guida la forza, vede il cammino che la forza deve descrivere prima che questa lo descriva, essendo un il compimento che ancora presso , e cos via: lo sguardo determina la forza tramite la sua guida: quando questo sguardo, forte e vivente, si muove oltre attraverso , la forza reale la segue immediatamente, in quanto la forza reale proprio lo sguardo, solo nella reale forma della vita. Cio, questa affermazione deve essere intesa cos: il concetto [/] immediatamente causa; lo sguardo immediatamente e tramite s medesimo vita creatrice. La realt viene vista nellazione; vista, dico, senza lutilizzo di alcun altro organo, vista in quanto realt, non come una mera immagine, in
16

ivi, p. 318.

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quanto essa proprio realt per laltra forma di intuizione oggettiva.17

La causalit del concetto si esprime attraverso la guida che lo sguardo esercita sulla forza. Possiamo, alla luce di quanto esposto, raffigurare in tal modo secondo le categorie della modalit i termini della dinamica fondamentale della dottrina della scienza: POSSIBILIT: REALT: NECESSIT: figurare - agire sguardo - forza manifestazione dellassoluto - vita

Le categorie modali sono state poste in relazione con il tardo sistema della dottrina della scienza in riferimento alla problematica metafisica del costituirsi di una dottrina dellessere: questo problema tuttavia non riguarda direttamente la nostra indagine18.
17 18

ivi, pp. 317-8. In particolare si rimanda a J. BRACHTENDORF, Fichtes Lehre vom Sein: Eine kritische Darstellung der Wissenschaftslehren von 1794, 1798/99, und 1812, cit. In questo volume lautore conduce una sua personale collocazione della dottrina della scienza nel complesso della metafisica occidentale. In questo tentativo esegetico lautore si contrappone esplicitamente (p. 67) allidentificazione di una Logica della determinazione assoluta come centro dellintera dottrina della scienza: lenucleazione di questa logica la tesi portante del volume di J. STOLZENBERG, Fichtes Begriff der intellektuellen Anschauung; KlettCotta, Stuttgart 1986. Per il riferimento alle categorie modali nella tarda filosofia fichtiana si vedano le pp. 244-7 dellopera di Brachtendorf, in cui si conduce un cursorio ma rilevante confronto tra lunivocazione dellente, compiuta da Duns Scoto e riproposta da Wolff, e quanto viene da Fichte affermato nelle Tatsachen des Bewusstsein 1813. La critica che Fichte muove a buona parte dei sistemi filosofici contemporanei di ridurre la possibilit dellessere a mero complemento, quasi parassitario, della realt dellessere. Lessere reale si trova quindi ad essere equiparato allessere in generale: non era questa la proposta di Scoto e di Wolff, i quali, pur con sfumature differenti, consideravano lessere in generale come la possibilit di essere, non come lens reale: questo si chiarifica ulteriormente nei riguardi di Scoto che considerava la metafisica come
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Nella dottrina della scienza il principio positivo sempre ci che viene posto: in questo caso la posizione originaria la manifestazione dellassoluto, che si mostra anche come vita assolutamente libera, infinitamente capace di agire e di figurare: questa infinit quantitativa viene determinata dallo sguardo, che sempre accompagna e conduce la forza. Lo sguardo e la forza sono i due nomi dellunica attivit praticoteoretica che si mostra primariamente nella manifestazione dellassoluto. Lo sguardo fornisce la conoscenza delle forme secondo cui lagire deve conformarsi, in tal maniera si passa dalla potenza della volont allatto della libert. Questo atto libero proprio in quanto larticolazione del suo scopo avviene attraverso lo sguardo che rende presente il sapere assolutamente libero, cio il sapere assoluto. Tale principio ideale, cio, con un linguaggio ripreso dalla Dottrina della scienza 1801/2, un occhio chiuso, completamente indipendente dalle rappresentazioni (ritorneremo su questo punto). Tale occhio si apre nella forma del concetto producente, cio nella autodeterminazione. Si pu aggiungere che lapertura del sapere assoluto avviene solo per la produzione di rappresentazioni, di rappresentazioni pratiche, che possiamo interpretare in parallelo con lo schema 1 della dottrina della scienza superiore (in particolare la Dottrina della scienza del 1812), cio la manifestazione dellassoluto. Dopo aver chiarito questi punti, possiamo spingerci oltre nella nostra interpretazione della filosofia pratica trascendentale, per esporre un punto centrale dellintero sistema fichtiano. Lattivit concreta dellio inizia grazie ad una Aufforderung: il termine viene tradotto in italiano come sollecitazione, oppure esortazione,
una scienza eminentemente pratica, prescrittiva e non speculativa. Sul tema della modalit in Scoto rimando a L. HONNEFELDER, Scientia transcendens. Die formale Bestimmung der Seiendheit und Realitt in der Metaphysik des Mittelalters und der Neuzeit (Duns Scotus Suarez Wolff Kant Peirce). Hamburg, Meiner 1990; S. KNUUTTILA, Time and modality in scholasticism, in S. Knuuttila (a cura di.), Reforging the great chain of being. Studies in the history of modal theories. Reidel, Dordrecht-Boston 1981, pp. 163-257.

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appello o invito (gli ultimi tre termini sono a mio avviso da preferire, in quanto la prima traduzione risente troppo della metafora fisica della stimolazione sensoriale). Fichte espone questa teoria per la prima volta nella Dottrina della scienza nova methodo e nel Diritto naturale del 179619. Linvito muove il soggetto a dare un contenuto al proprio volere, quindi ad indirizzare la propria attivit verso uno scopo, attraverso la produzione di un concetto di scopo (Zweckbegriff). Lo scopo dellagire dellio pu essere classificato sotto due ambiti: lo scopo ultimo (LetztZweck) e lo scopo finale (EndZweck)20. Linvito nel sistema della libert jenese viene quindi considerato in primo luogo come un invito ad un agire pratico21. Al riguardo scrive Lauth:

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Lesortazione la materia delloperare, ed una libera attivit causale dellessere razionale, alla quale tesa lesortazione, il suo fine ultimo. Lessere razionale non deve affatto essere determinato, necessitato allazione dallesortazione come secondo il concetto della causalit ci che causato viene determinato e necessitato dalla causa. Egli deve, invece, solo determinare se stesso allazione in seguito allesortazione. Ma se deve far questo, allora deve innanzitutto capire, e comprendere, lesortazione, e si fa conto dunque su una sua conoscenza precedente. La causa dellesortazione che si posta al di fuori del soggetto deve quindi presupporre almeno la possibilit che questultimo possa capire e comprendere, altrimenti lesortazione a lui rivolta non serve a niente. GA I/4, p. 36; tr. it. J. G. FICHTE, Diritto naturale, a cura di L. Fonnesu, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 33. Riguardo al tema della teleologia si veda quanto afferma Radrizzani sul confronto tra Fichte e la Kritik der Urteilskraft di Kant: I. RADRIZZANI, Von der Aesthetik der Urteilskraft zur Aesthetik der Einbildungskraft, oder von der kopernikanischen Revolution der Aesthetik bei Fichte, in Der Transzendentalphilosophische Zugang zur Wirklichkeit, pp. 341-59. Sul tema dellinvito anche in relazione alla Destinazione delluomo si veda lo studio di E. DSING, Sittliche Aufforderung. Fichtes Theorie der Interpersonalitt in der Wissenschaftslehre nova methodo und in der Bestimmung des Menschen, in Transzendentalphilosophie als System. Die Auseinandersetzung zwischen 1794 und 1806, a cura di A. Mues, Meiner, Hamburg 1989, pp. 174-197.

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La riflessione [] pu passare nellesistenza solo se viene ostacolata in un certo modo ben definito, cio in modo tale che, con la e nella resistenza in questione, lurto sia funzionale allesecuzione del compito razionale che costituisce la sua stessa condizione di possibilit. Ma questo tipo di resistenza data solo in una determinazione orientata, la quale include in s un intero processo, che essa come semplice determinazione non porta gi ipso facto con s: questa determinazione orientata lappello. Lio esiste non soltanto da s e per s, ma solo mediante lappello dellaltro, cio in quanto fin dallinizio un essere sociale.22

Lassoluto per la prima dottrina della scienza un assoluto pratico, che forma attraverso linvito lagire moralmente qualificato del singolo, il quale tramite il proprio agire si relaziona alla comunit. La prospettiva della dottrina della scienza successiva muta, in quanto lassoluto si presenta come manifestatesi in quanto conoscibile, e in questa sua manifestazione d forma agli schemi della conoscenza dellio. Lio nelle esposizioni della dottrina della scienza successive a quella del 1801/2 compare sempre in una posizione successiva negli schemi deduttivi, e la problematica della manifestazione dellassoluto ha una posizione sempre anteriore nellesposizione del sistema. La nostra tesi non naturalmente quella di una cesura tra lesposizione jenese e quelle successive, ma laffermazione di una elevazione dellanalisi che trasforma lassoluto da semplicemente pratico (lassoluto invita allagire determinato ma la relazione conoscitiva tra lio e il non io costruita dal soggetto) ad assoluto che si fa conoscere (tramite gli schemi della sua manifestazione). Linsieme degli schemi della manifestazione, questa la nostra tesi, costituisce linvito al sapere assoluto che lassoluto rivolge al soggetto. Nel plesso Dottrina della scienza nova methodo 1796/99 Esposizione della dottrina della scienza 1801/2 si compie una ulteriore rivoluzione nella filosofia trascendentale della dottrina della scienza, che ne conferma la continuit nel radicalizzarsi dellanalisi.
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R. LAUTH, Il pensiero trascendentale della libert. Interpretazioni di Fichte, a cura di M. Ivaldo, Guerini e Associati, Milano 1996, p. 86

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La considerazione dellassoluto diventata praticoteoretica: lassoluto si fa conoscere attraverso linvito ad un agire pratico e attraverso un invito al sapere. Consideriamo un plesso unico queste due esposizioni, pensate entrambe per una pubblicazione mai effettuata, che ruotano sullasse dellAtheismusstreit e che si stendono su un arco di sei anni: le consideriamo un plesso unitario perch le parti di cui sono composte singolarmente ricevono il loro senso da una visione dinsieme delle due opere, un senso che si pu cogliere compiutamente avendole presenti entrambe, e che si perde se le si considerano in maniera scissa. In questo plesso si illumina in particolare la visibilit parergonale23 propria dellopera di Fichte, cio il considerare un sapere o unazione dalla pluralit dei punti di vista possibili, nel continuo che si estende dalla monade soggettiva fino al punto di vista dellassoluto inteso come Dio 24. Questa rivoluzione viene esposta in forma popolare nella Bestimmung des Menschen del 1800, che stata interpretata nei modi pi diversi sin dalla sua pubblicazione: come un passo avanti geniale o come una caduta nella oscura Schwrmerei. Ci che suscita il maggior interesse innanzitutto larticolazione dei tre momenti in cui viene suddivisa lopera: Dubbio Sapere Fede. La fede esposta al temine dellitinerario un punto di vista superiore al sapere, potremmo dire un sapere di sapere o metasapere che si costituisce, questa la nostra proposta interpretativa, come riconoscimento di un invito a sapere che lassoluto esercita nei confronti del soggetto. Senza questo invito il soggetto non potrebbe sapere alcunch, ma soprattutto non potrebbe sapere che vi per lui la possibilit di avere
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Il termine utilizzato, in modo pi limitato e comunque riferito solo alla filosofia tarda di Fichte ed in particolare alle Tatsachen des Bewusstsein, in J. WURZER, Fichts parergonal visibility; in Brezeale-Rockmore (a cura di), Fichte, Humanities Press, New Jersey 1994, pp. 211-21. Per questa scala ascensionale (o discensionale) presente nellopera fichtiana e in particolare nella dottrina della scienza 1801/2 si veda la seconda parte di M. IVALDO, Fichte e Leibniz. La comprensione trascendentale della monadologia, Guerini e Associati, Milano 2000; essa dedicata al problema della costituzione di una concreta monadologia trascendentale.

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un sapere tout court. Per questo vi s una svolta nella dottrina della scienza e nelle sue scienze sistemiche, ma questa svolta non in alcun modo un fuoriuscire dai principi delineati gi nella sua prima esposizione: semplicemente gi nella prima esposizione si fa chiara lenormit del compito scientifico che si dischiude per il filosofo trascendentale e che, come di fatto stato, avrebbe richiesto pi che la vita di Fichte medesimo per il proprio svolgimento. La fede di cui si parla al termine della Bestimmung des Menschen la fede praticoteoretica del Wissenschaftslehrer nei due inviti che lassoluto rivolge allio: linvito ad unagire determinato e linvito a sapere. In realt linvito unico, un invito alla determinazione praticoteoretica, ed inscindibile dal punto di vista superiore dello Schema 1 della manifestazione dellassoluto. Questo il territorio (nel senso kantiano del termine) dellindagine propria alla dottrina della scienza superiore, dottrina che diviene superiore in quanto si interroga sulla propria genesi, cio indaga il proprio costituirsi come dottrina della scienza. La scissione tra la componente pratica e quella teoretica dellinvito avviene dal punto di vista dellio, che si considera come una monade che cerca di comprendere pienamente le proprie potenzialit pratiche e conoscitive, e perci le considera separate. Questa considerazione muta nel risalire lungo gli schemi della manifestazione dellassoluto, e per far questo si deve attingere da quanto viene conseguito dalla dottrina della scienza superiore, la quale considera come origine della dinamica dellinvito la manifestazione dellassoluto, intuita come Bild Gottes (e descritta come tale soprattutto nel Diarium III) e schematizzata come manifestazione dellassoluto25.
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La fusione di pratico e teoretico un portato della dottrina della intuizione intellettuale che Fichte ha mutuato forse senza averne piena consapevolezza non tanto dal neoplatonismo, ma dalla grande tradizione della mistica cristiana. Riteniamo si possa scorgere una connessione con la dottrina della conoscenza divina della scuola di Bonaventura e di Duns Scoto: ne abbiamo cercato di descrivere le principali conseguenze in G. COGLIANDRO, Duns Scoto e J. G. Fichte. La prospettiva scotista e la dottrina della scienza di fronte al problema della determinazione, in Giovanni Duns Scoto - Studi e ricerche nel VII Centenario della sua
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La dottrina morale procede secondo lo schematismo dellassoluto. I tre schemi sono la base della suddivisione possibile della materia della Etica 1812:

morte in onore di P. Csar Saco Alarcn a cura di M. CARBAJO NEZ, Antonianum, Roma 2008, pp. 279-318. Spingendoci adesso ancora oltre nel nostro risalire retrospettivo (movimento inteso in senso complementare allapproccio prospettivista caro a Lauth, Ivaldo e Radrizzani nella storia della filosofia), almeno cursoriamente necessario comparare questa dottrina con quella degli effetti della Noche Oscura sullanima. Con le parole di Giovanni della Croce: Oh noche que me guiaste!, oh noche amable ms que el alborada!, oh noche que juntaste amado con amada, amada en el amado transformada! (Noche oscura vv. 21-25) Nellexcessus mentis che caratterizza questo stato supremo del cammino unitivo dellanima uno degli effetti che con pi dovizia di particolari vengono descritti dal Dottore mistico la fusione di intelletto e volont: accade che qualche volta questa mistica e amorosa teologia, oltre che infiammare la volont, ferisca anche, illuminandola, laltra potenza, quella dellintelletto []. Questo incendio di amore insieme con lunione delle due potenze, intelletto e volont, che avviene in questo momento, per lanima sorgente di grandi ricchezze e diletto (GIOVANNI DELLA CROCE, Notte oscura, in Id., Opere, OCD, Roma 1991, p. 438). Edith Stein prese una vigorosa posizione filosofica ispirandosi alla fenomenologia nei confronti di questo filosofo della mistica nella sua opera Scientia Crucis. Riteniamo sia un compito aperto e possibile il farlo con il metodo della dottrina trascendentale.

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SCHEMA 1: concetto fondamento del mondo = manifestazione dellassoluto che invita lio al sapere assoluto. SCHEMA 2: io puro, egoit formale, che si concretizza nel volere in interazione con la comunit lio comprende di conoscere lassoluto. SCHEMA 3: io individuale, e suo rapporto alla comunit degli io lio si conosce come invitato a comprendere lassoluto. Il figurare (Bilden) esposto nella Dottrina della scienza del 1812 sintetizza la risposta praticoteoretica al duplice invito che lassoluto rivolge allio sapere. Limmagine infatti il nome che riceve il sapere nel suo rispondere allinvito, senza considerare il suo essere identico con il soggetto finito. La scissione di pratico e teoretico avviene infatti solo dal punto di vista dellio, che si considera come una monade che cerca di comprendere pienamente le proprie potenzialit pratiche e conoscitive e le considera separate nello Schema 3 (manifestazione della manifestazione della manifestazione dellassoluto). Il passaggio tra lo schema 3 e lo schema 1 si ha attraverso il riconoscimento dellassoluto come invitante lio a sapere: lassoluto invita a conoscere lassoluto (schema 1), al sapere se stesso da parte dellio come conoscente lassoluto (schema 2), infine al sapere se stesso dellio come invitato a conoscere lassoluto dallassoluto medesimo (schema 3). Nella Etica 1812 lo schema viene concretizzato attraverso la considerazione di pi soggetti in interazione, in un mondo che stato reso figurabile solo tramite il concetto. Nella Dottrina della scienza 1812 si identificano concetto e manifestazione:
Abbiamo detto che il concetto dellassoluto : siamo immediatamente coscienti di questo, e la parola non esprime altro che questa coscienza immediata. Abbiamo inoltre detto sopra: cosa sia una immagine sar immediatamente chiaro, per il fatto che limmagine , limmagine caratterizza se stessa e la sua figuralit. Concetto = immagine [corsivo mio, N.d.A.]. Abbiamo trovato in questi due principi che la manifestazione appare a se stessa; in parte, che essa in generale formaliter; in parte che cosa essa sia

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qualitativamente. La manifestazione appare a se stessa in conseguenza del fatto.26

Nel processo di apparizione dellimmagine dellassoluto limmagine, essendo attiva, si determina nel riflesso. Si mostrata la possibilit di sapere lassoluto, cio di averne un concetto. Il primo modo in cui si pu quindi conoscere lassoluto di avere un concetto della sua manifestazione. La manifestazione si presenta con il carattere della figurativit (Bildlichkeit), dellattivit ordinatrice. In questo suo figurare essa sta in rapporto al concetto, se li si considera, aggiungiamo noi, come praticoteoretici insieme: limmagine nel figurare il sapere = concetto nellordinare lagire pratico limmagine nel figurare lagire pratico = concetto nellordinare il sapere

Questa equazione esprime linterazione tra lassoluto e il soggetto nel figurare, che dal punto di vista della Dottrina della scienza 1812 una cosa sola. In questo modo la fede perde ogni connotato di Schwrmerei e diviene riconoscimento delloperare schematico dellassoluto nel soggetto che agisce e conosce insieme e scinde i due momenti dellagire solo nello schema 3, il pi complesso ma il pi soggettivo. Il procedere non ascendente: esso invece discende, partendo dal riconoscimento dellinvito praticoteoretico; in questo modo il movimento giunge alla esposizione complessa della relazione ioassoluto nello schema 3 della manifestazione dellassoluto medesimo, quella che pi mostra lintrecciarsi di pratico e teoretico, di agire e sapere, singolarmente intrecciati nel termine fede. La nostra lettura resa possibile dallinterpolazione della struttura della Dottrina della scienza 1812 con il plesso 1796-1802 (Dottrina della scienza nova methodo Dottrina della scienza 1801/02): il nostro presupposto la sostanziale continuit dintenti delle successive esposizioni della dottrina trascendentale, che trova riscontro nella
26

WL 1812, in GA II/13, p. 61.

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maggioranza degli esegeti. Ci che ci sembra nuovo ed insieme necessario per la comprensione della dottrina della scienza organicamente intesa il riconoscimento dellinvito al sapere assoluto, che lassoluto medesimo esercita sullio finito. Questo invito viene cos formulato nei termini della Etica 1812:
Fino ad adesso il genere umano stato educato da Dio, e questa educazione durer ancora tanto a lungo in questo modo, finch esso diverr adulto, e avocher a s la propria educazione con libert e arte non ingannevole. Non si creda che questa sia temerariet, o che dopo lumanit si trover peggiorata. Infatti Dio educher il genere umano solo fino alla capacit di educarsi da s, questo il suo proposito27. Inoltre Dio, se lumanit si rende indipendente, non la educher di meno, ma solo non la educher pi immediatamente, nella forma di una cieca evoluzione naturale, ma bens nella forma di un chiaro e luminoso concetto per gli uomini, che non sono altro che un suo strumento; vi solo una differenza: se questi lo siano in quanto morali, con una chiara coscienza, o senza di essa, quindi non propriamente questi stessi.28

In questa esposizione dellinvito al conoscere praticoteoretico Fichte fonde il tema della educazione divina e quello della destinazione delluomo in un unico argomento. In precedenza tali temi avevano avuto trattazione autonoma nella Iniziazione alla vita beata e nei Discorsi alla nazione tedesca. Gli uomini devono passare dalla organizzazione tipica di un corpo incosciente alla articolazione tipica di una comunit cosciente del proprio scopo. Linvito di Dio
27

Si pu confrontare questo passo con la dottrina della Iniziazione alla vita beata del 1806, relativa allinvito che Dio fa ad Adamo ed Eva ad un agire libero e morale (libero e morale per Fichte una endiadi). In questo passo viene sintetizzata la dottrina lessinghiana delleducazione infinita del genere umano con la volont dei singoli che trascendentalmente si sentono invitati ad agire, e cos completano indefinitamente la propria autoconoscenza. GA II/13, p. 337.

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fino ad ora arrivato tramite lintelletto, tramite i simboli (il simbolo ricever una trattazione nella parte finale della Etica 1812). Questo per un invito per chi non si ancora elevato alla chiara comprensione del concetto: il concetto deve divenire il nuovo strumento della chiamata divina ad un agire libero e insieme cosciente. Nella dottrina morale il concetto percorre lo stesso iter che nella dottrina della scienza percorso dal sapere. Il concetto deve conoscersi come causa e fondamento del mondo, tramite la comprensione della vera causalit dellagire del soggetto nel sistema degli io. Il sapere deve diventare assoluto rispondendo allinvito dellassoluto medesimo.

3 La manifestazione dellassoluto
Nella dottrina della manifestazione propria della dottrina morale il punto di partenza lio, immagine del concetto che si sa in quanto tale perch giustificata in questo dalla serie ascendenteanalitica della ragione, conosce la verit sullo sfondo. Questo conoscere la verit veniva definito nella Dottrina della scienza 1801/2 e 1804-II il sapere assoluto, ma questo termine nella dottrina morale non compare mai. Il sapere della verit il considerare il concetto come essere spirituale puro, visione unitaria29. La ragione e il sapere vanno a completare lo schema quintuplice delle relazioni tra vita e verit nella dottrina morale, mediate dallattivit del concetto vivente.
29

Lunica cosa che semplicemente , il concetto: un puro essere spirituale. La moltitudine non si pu per nulla elevare al concetto di un tale essere [] Determinato attraverso la contrapposizione: non oggettivamente; non come in quella visione viene determinata la duplicit, ma proprio solo la purezza e lunit. Proprio questa duplicit, lessere secondo un sapere e al contrario il carattere; ci qui del tutto negato: molto pi un sapere, che porta in s il carattere della sua realt: vero in s, chiaro, saputo e reale. Immateriale, pura spiritualit e in generale mondo spirituale (GeisterWelt) in s e per mezzo di s. Idea, o pura visione (Idee, oder bloes Gesicht) (GA II/13, p. 329).

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dottrina della verit

dottrina della manifestazione

vita - ragione

- VERITA-

sapere - vita

attivit analitica del concetto

attivit genetica del concetto

creazione della manifestazione

figurare della manifestazione

La serie della dottrina della scienza e delle sue scienze (come, prima fra tutte, la dottrina morale) sempre quintuplice, perch questa forma consente di inserire la dialettica tra i due estremi della vita, da cui si muove e a cui si arriva. La triplicit del movimento inserita nella dualit di ci che viene prima trovato come determinabile e quindi viene ritrovato come determinato dalla serie triplice interna. quindi possibile contrapporre la dottrina autentica della manifestazione a quella che deriva da una errata valutazione della forza dellio:
Dottrina della manifestazione: lio immagine assoluta e fedele della vita del concetto: e il concetto visibile solo nellio: come lio che tu vedi e che solo vedi, quindi dentro i limiti che sono stati assegnati tramite questo io nella manifestazione generale, cos il concetto che tu non vedi. Tu vuoi vedere se [il concetto visibile nellio]: non puoi vedere il concetto, tu vedi te stesso. Dottrina della parvenza: che ora crede ad una tale forza reale dellio, vuole determinare la medesima e prescrivere la propria regola alla sua determinazione. (Dove la dottrina morale deve essere perci pragmatica, e qualcosa daltro che
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pura e semplice teoria, cosa che essa tuttavia in questa forma, in quanto dottrina della manifestazione) 30

Il concetto si mostra solo nellio, solo nellindividuo possibile riconoscere il concetto come una manifestazione, un fenomeno dellunica cosa in s che permane nella dottrina della scienza, lassoluto. Il concetto tuttavia invisibile nel mondo della manifestazione, dove si mostra gi come io. Per questo motivo nella dottrina della scienza non si parlato del concetto e della sua attivit creatrice, ma solo dellio o del sapere assoluto. Il concetto visibile allio come se stesso: viene visto come io, potremmo dire come io che si pone, mutuando il linguaggio dei principi del Fondamento della intera Dottrina della scienza del 179431. La dottrina della parvenza, il sapere erroneo, si limita invece a ci che si mostra dal punto di vista dellio che crede di produrre e determinare il reale secondo il proprio arbitrio32. Questa dottrina apparente porta a ritenere che lio possa volere questo o quello, decidere in maniera indipendente: questo vale sicuramente nei confronti dei
30 31

GA II/13, pp. 338-9. Fondazione, non esposizione delle sue componenti: il voler interpretare questo scritto come lintera dottrina della scienza ha portato ai noti fraintendimenti della filosofia trascendentale. Magari seguendo una tecnica e dimenticando la verit: si noti ancora una volta lanalogia tra certe movenze del sistema trascendentale e la rivisitazione che Severino opera del pensiero di Heidegger: la contrapposizione tra la verit e lapparenza, tra il punto di vista del filosofo e la prassi che pretende di modificare il mondo e di produrre degli stati di cose seguendo il proprio arbitrio. possibile sottolineare la prossimit di queste posizioni a suggestioni che possono scaturire dalla lettura delle opere di Fichte, come testimoniato dalla monografia che egli vari decenni fa dedic proprio a Fichte, la sua unica monografia impegnata a sostegno di un sistema diverso dal suo: E. SEVERINO, Per un rinnovamento nella interpretazione della filosofia fichtiana, La Scuola, Brescia 1960. Senza entrare nel merito di una analisi approfondita con le posizioni severiniane, mi limto a sottolineare come nella filosofia di Fichte centrale proprio la necessit di costituire le strutture che Severino ritiene impossibile trovare nel reale.

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condizionamenti empirici, non per nei confronti del concetto. Questo pensiero viene espresso nei termini della dottrina morale con la definizione dellio come immagine del concetto:
Il principio fondamentale della dottrina morale si pu esprimere anche cos: lio deve manifestarsi, solo in quanto manifestazione; poich non deve essere la propria vita, ma la vita di qualcosa daltro e di estraneo, del concetto.33

Limmagine della vita vera viene divisa dal proprio contenuto e riceve la propria forma dal suo contenuto stesso nellio, che si figura come immagine dellimmagine del concetto in questa operazione. In ci il concetto si mostra come vita divina che si volge allio che forma vuota, pura potenzialit che aspetta di accogliere il proprio contenuto tramite questa stessa vita divina. Luomo ha bisogno di un appello dellassoluto, di un Sollen, per divenire morale, tramite il concetto che si mostra per prima cosa in una immagine, quindi nel procedere del figurare proprio dellio: il concetto vi irrompe come qualcosa di estraneo, di non prodotto dallio, che rende manifesto allio la necessit di un contenuto per il suo figurare. Questo contenuto il materiale del dovere34, la realt dellagire morale. Heimsoeth giunge ad affermare che la totalit del mondo che viene intuito il materiale sensibilizzato del compimento del dovere: solo in questo consiste la sua concretezza35. Da questo si comprende come sia possibile che la totalit dellagire figurante, che caratterizza la diade io-mondo, riceva la propria unificazione in una totalit di senso36. Questa totalit di senso pu ricevere due caratterizzazioni: la prima il riconoscimento in linea di principio
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GA II/13, p. 339. Riprendo il termine dal titolo dallo studio di H. FREYER, Das Material der Pflicht. Eine Studie ber Fichtes sptere Sittenlehre, in KantStudien, 25, 1920, pp. 113-155. Heinz Heimsoeth, Metaphysik der Neuzeit, p. 119. Credo che in questa direzione si possa riconoscere una vicinanza tra la posizione di Heimsoeth e quella che Lauth espone nella sua opera Die Frage nach dem Sinn des Daseins, Barth, Mnchen 1953.

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del fatto che il molteplice delle rappresentazioni riceve il proprio senso solo tramite il figurare (dellio in risposta allinvito dellassoluto). La seconda caratterizzazione lesposizione sinteticodeduttiva degli effetti di questo figurare in forma sistematica, cio in un sistema che sia privo di contraddizioni. Tra questi due poli interpretativi si collocano le diverse esposizioni della dottrina della scienza, ora inclinanti verso la prima caratterizzazione (come lesposizione del 1812 e la Dottrina della scienza nova methodo), ora verso la seconda (come la Dottrina della scienza del 1804-II). Il figurare non mai un mero rappresentare, cos come lessere al di fuori di Dio non riceve senso se non tramite questo figurare: questo uno dei fondamenti inconcussi del sistema trascendentale. Lio la vita del concetto, il concetto il contenuto del figurare del soggetto: questa in sintesi la fenomenologia della moralit descritta nella Etica 1812. Il compito che contraddistingue la dottrina morale superiore la descrizione completa del manifestarsi dellio37. Questo perch viene percepita una resistenza nellio, una forza di ribellarsi allirrompere della vita del concetto, che costituisce propriamente il porre dellio medesimo. Questa resistenza il carattere proprio dellio finito che percepisce la propria volont e vuole mantenere questa, senza cedere allincarnazione del concetto. Da qui la conclusione: luomo non si rende morale da s, ma solo lirrompere dellimmagine divina a renderlo tale, a figurare il suo volere come volere morale e a renderlo capace a sua volta di figurare e di figurarsi. Il concetto quindi deve ridivenire immagine per lio, dopo essere stato riconosciuto come immagine dellassoluto al principio della dottrina morale. Il ridivenire immagine del concetto avviene per mostrarsi allio come gi vivo e dotato di forza, per poter quindi realmente sostituirsi al volere individuale. Se il concetto si mostra allio come concetto, cio come forma da vivificare, allora lio pu rifiutare di dare vita al concetto, porsi in opposizione a questa, tramite il proprio pre - sapere che rende noto allio che il concetto dar un ordine completamente nuovo al suo volere. Se il concetto si mostra invece come immagine,
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Questo compito viene formulato al principio della lezione 13 (GA II/13, p. 340).

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appare allio come gi vivo e necessariamente a lui destinato, per rivoluzionare lordine del proprio volere. In questa concezione, che conclude la dodicesima lezione della Etica del 1812, si uniscono le due concezioni dellassoluta libert dellio e dellassoluta necessit del vivificarsi del concetto in esso. Viene mantenuta la realt di entrambe queste dinamiche, attraverso le differenti forme di manifestazione dellunico concetto assoluto. Solo il mostrarsi come immagine dellassoluto fa s che il concetto non venga considerato come una manifestazione dellessere, cio del non-io, ma come parte dellio medesimo. La vita del concetto che appare si mostra come uguale allio, il quale di converso la vita del concetto medesimo.
La vita del concetto = Io; di converso: tutto lio vita del concetto. anche vero. Qui, immediatamente: nel suo ingresso immediato nellimmagine; altrove, della sua immagine: questo lopposto 38

Lio vita del concetto e anche vita dellimmagine del concetto: si pu tradurre questa espressione come lespressione della causalit del concetto nel mondo tramite lesistenza dellio, e in secondo luogo tramite le azioni concrete dellio morale. il concetto rende possibile la presenza dellio nel mondo soprasensibile e consente che il suo agire riceva una forma determinata. Il concetto pu prendere due forme: la forma dellimmagine (Bild) e la forma della manifestazione (Erscheinung). Se il concetto prende la forma di una immagine si considera come autoformantesi, riflette la vita che riceve come una vita propria, ma questa vita una vita apparente. Infatti lio non riceve alcuna luce da questa manifestazione del concetto come immagine, quindi non diviene morale: non vi comunicazione tra il concetto e lio. Se il concetto prende la forma della manifestazione si considera come un riflesso della vita vera, quindi non si considera come autonomo (e il soggetto in cui si incarna non cade neppure esso in un tale errore esiziale). Si considera come un riflesso della vita e quindi un concetto morale. Il concetto che si considera immagine diretta non pu invece essere morale, vive di una vita apparente. Il perch di questo non
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GA II/13, p. 340.

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esplicitato nel testo fichtiano, per cui lo si pu interpretare in questo modo: limmagine sempre un risultato del figurare, e il figurare proprio dellio. Il concetto che venisse considerato immagine sarebbe un concetto che si d come riflesso indeterminato allio, che lo pu modificare a proprio arbitrio. un concetto che si pretende possa dare il carattere allio, mentre in realt lo lascia informe e immorale. Dal fatto di seguire un concetto disincarnato si sono originate le peggiori abiezioni che si sono spacciate per ideali di grande riforma morale dellumanit: si poteva al tempo di Fichte pensare alla Rivoluzione tramutatasi nel terrore giacobino, ai nostri giorni sono fin troppo ovvi i paragoni con i tragici eventi del secolo scorso. Se il concetto viene considerato immagine la determinazione che se ne ricava arbitraria, quindi lagire sar non solo immorale ma tragicamente sbagliato. Il punto medio della manifestazione del concetto sempre lio; questo viene espresso con la formula: il concetto C x Io assume nella forma Io a + b + c e cos via 39. Il concetto si incarna nellio e in questa incarnazione ne assume con la vita la molteplicit. Prosegue il cammino a ritroso della manifestazione, che discende dallunit alla molteplicit e nella molteplicit trova limmoralit, sotto tutte le forme gi definita. Limmoralit si mostra al concetto tramite lopposizione (Gegensatz). Gli elementi a + b + c della formula mostrata possono anche essere disposti in modo differente: Fichte di seguito offre gli esempi della formula C x a x I x b + c oppure C x a + b x I. La prima delle due formule mostra il concetto che conduce un elemento del molteplice a mostrarsi unitamente ad esso allio, il quale a sua volta si gi posto in relazione con due o pi elementi della molteplicit: il concetto mostra allio una scelta alternativa da compiere rispetto a quanto trova come determinato. La seconda di queste due possibilit mostra il concetto che di nuovo, prima di entrare in rapporto con lio, incontra un elemento della molteplicit sensibile, che quindi si mostra allio unitamente al concetto: la figurazione attraverso una formula del compito
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GA,II/13, p. 341. Si rende la B delloriginale Begriff con la C dellitaliano Concetto.

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(Aufgabe) che il concetto gi mostra determinatamente nella sua concretezza allio, riguardante loperare dellio nel mondo fisico. Il concetto incontra lio gi legato a un elemento del molteplice, che potrebbe essere identificato con la sua corporeit. Mentre allio possono essere associate molte forme sensibili, il suo carattere solo quello che gli viene mostrato dal concetto, il quale in ogni caso propone allio una sola alternativa a priori, e solo nella sensibilit dellio conosce la molteplicit. Questa genesi dellindividualit puramente dal concetto costituisce uno degli apporti rivoluzionari dellEtica del 1812 allintero sistema della dottrina della scienza.40 Lio diviene vita del concetto quando risponde allimperativo morale. Il Verbo si fatto carne il motto che presiede
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Carla De Pascale espone cos questa rivoluzione della caratterizzazione dellIo: Non resta, dunque, che ricercare in che cosa consista il carattere individuale di ogni uomo, quello che contraddistingue in modo specifico ciascun individuo da ogni altro suo simile. E qui ci imbattiamo in unautentica sorpresa, nel senso che la risposta che otteniamo totalmente diversa, anzi opposta, a quella cui gli scritti del filosofo lungo praticamente lintero arco della sua produzione ci avevano abituato. Fin dalle prime opere, riecheggiando una tematica consolidata allet dei Lumi, Fichte aveva pi volte dichiarato che il dato individuale quello che produce la differenza tra gli uomini , in sintesi, il dato fisico (dal quale poi scaturisce tutta una vasta gamma di ulteriori differenze), mentre laspetto comune, quello che appunto rende gli esseri umani sostanzialmente uguali e diversi dagli animali rappresentato dalla ragione. In questo scritto, viceversa, il carattere individuale di un essere umano non risiede pi nelle sue peculiarit fisiche, ma nel concetto, ovverosia nella sua ragione. Il mutamento intervenuto a questo proposito nel pensiero di Fichte andava indicato, e anchesso certo il segno di un pi generale spostamento del suo orizzonte teorico; ma daltro canto agevole da comprendere come solo a queste condizioni solo cio in quanto ragione quellio poteva esser chiamato a far parte della comunit degli spiriti. E proprio perch parte della comunit degli spiriti e soltanto in quanto vi fa parte, partecipe dellunica vera realt quellio ha valore (C. DE PASCALE, Le lezioni di etica del 1812: appunti di lettura, in C. De Pascale, Vivere nella storia, agire in societ. Libert, diritto e storia in Fichte, Guerini e associati, Milano 2001, pp. 61-74, pp. 71-2).

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allinterpretazione offerta da Ivaldo della dottrina morale superiore. Il celebre passo del prologo del Vangelo di Giovanni ci consente laccesso alla tematica della vita secondo la morale superiore, vita che viene descritta religiosamente come vita beata nellopera che Fichte dedica proprio al commento del vangelo di Giovanni 41. Il Logos lunione divina di Idea e Vita, dellIdeale e della sua concreta realizzazione, attuale e sempre possibile per il volere dellindividuo e per la realt interpersonale. Nella filosofia trascendentale che risponde allinvito al sapere e allagire superiore il Logos si incarna nel doppio schematismo della dottrina della scienza e della dottrina morale, e in questa incarnazione non la realt inferiore a elevarsi ad uno stadio superiore ma la realt superiore che rende reale il possibile (secondo le categorie modali). Nello schematismo della manifestazione dellassoluto, esposto nella dottrina della scienza, lassoluto a invitare il sapere a divenire sapere assoluto: lio finito comprende che lincondizionato che lio medesimo si sforza di conoscere in primo luogo un invito a trasformare il proprio sapere finito in un sapere assoluto. Dalla risposta a questo appello dipende la trasformazione del punto di vista dellio da epistemico (punto di vista della conoscenza dellorganizzazione e della articolazione del reale) a epistemologico (sapere del proprio sapere nei suoi principi incondizionati e nella sua origine dallassoluto medesimo). Il punto di vista epistemico il
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Al riguardo Lauth si cos espresso: Questo concetto in primissimo luogo da assumere in se stesso, e qui non pu essere visto altrimenti che come plenificante. Fichte ha chiamato questa potenza plenificante del concetto beatitudine. Il bene beatifica. Lessicalmente non questa lespressione migliore: nellambito non filosofico troviamo per un termine corrispondente: pace. Il bene in se stesso pace (R. LAUTH, Con Fichte, oltre Fichte, p. 70). La beatitudine il riempimento di senso del concetto: tuttavia la pace potrebbe essere un termine ancora pi adeguato, nel senso che il termine pac assume nella contemplazione mistica. da rilevare inoltre come la Seeligkeit del sistema fichtiano sia un attributo della vita, mentre la Glckseligkeit kantiana sia solo una caratteristica dellindividuo: in Fichte la Seeligkeit propria della comunit religiosa, mentre la filosofia pratica kantiana manca di entrambe queste dimensioni.

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punto di vista finito del reale inteso come esterno allio, il punto di vista epistemologico presuppone quindi la comprensione dellessere assolutamente principio dellassoluto nellio. In maniera analoga nella dottrina morale la vita assoluta del dovere a mostrarsi come mozione del volere, quindi a rendere possibile il dovere superiore e il costituirsi della relazione tra persone morali. Prima di questo invito non possibile la comprensione del concetto come fondamento del mondo, cio come costituente il mondo interpersonale. Aggiungiamo che solo tramite questo concetto possibile realizzare lanalogia subjecti42 che consente di riconoscere laltro come analogo a noi e consente inoltre la sola vera compenetrazione razionale della realt (per usare un termine introdotto da Lauth), quella interpersonale Lio pu, prima dellincontro con il concetto (in una temporalit per irreale, perch la temporalit determinata solo dal concetto), ritenere di godere di una libert di scelta tra alternative sensibili, libert che gli viene sottratta con la congiunzione con la forma ideale del concetto stesso. Questa libert si mostra quindi come un falso pre-sapere, un arbitrio pre-concettuale, quindi paragonabile a un
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Lopera pi feconda e influente al riguardo quella di M. M. OLIVETTI, Analogia del soggetto, Laterza 1992. In questo volume Olivetti conduce il proprio itinerario ricostruttivo e propositivo nei confronti delle differenti filosofie dellintersoggettivit che oggi sono al centro della discussione filosofica. Lautore parte dalla posizione tetica delletica come filosofia anteriore nei confronti delle altre forme possibili dellattivit filosofica. La prospettiva di questo volume stata poi sviluppata negli anni seguenti dallautore in una serie di articoli e saggi che hanno come tema lincarnazione del dovere e la terziet dellaltro. evidente, anche solo da questi brevi cenni, limportanza di questa posizione per la prospettiva del nostro lavoro sulla morale trascendentale superiore. La linea di ricerca sullincarnazione del dovere ha per una specifica matrice legata alla dottrina trascendentale contemporanea. Questa trova una espressione particolarmente eminente in M. IVALDO: Ethik der Inkarnation in J.G. Fichtes Vorlesungen ber die Sittenlehre 1812, in: Rozum Jest Wolny, Wolnosc-Rozumna, Festschrift zum 60. Geburtstag von Marek J. Siemek, a cura di R. Marszalek & E. NovakJuchacz, Warsaw, 2002, pp. 101-116.

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istinto. Si pu quindi dedurre che limmoralit ci che si oppone al figurare del concetto: questo perch movendo dai principi esposti nella dottrina morale il concetto deve mostrarsi come manifestazione, mai come figura. Il concetto che si mostra gi come figura non mai un riflesso ma frutto di un riconoscimento arbitrario e falso da parte dellio. Si noti come il giudizio di moralit viene formulato prima dellazione e viene espresso sul rapporto che intercorre tra la forma e il contenuto del concetto medesimo.43

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Si pu condurre cursoriamente un parallelo con la connessione analogica che vi nella filosofia pratica di Kant tra il concetto puro e limmagine pura. Tale analogia presieduta dallidea pratica in generale, come afferma Pagani: Lidea, intesa come modello avente funzione pratica, presiede a quello che il nostro autore chiama schematismo dellanalogia, e che egli distingue dallo schematismo della determinazione delloggetto. Lidea, cos intesa, equivale dunque a uno schema, ma di valore pratico piuttosto che teoretico: tant vero, che Kant le riconosce un potere, non di tipo determinante, ma piuttosto di tipo analogante. Infatti schematizzare nel senso ora indicato, vuol dire rendere accessibile un concetto mediante lanalogia con qualcosa di sensibile [] In altre parole, uno schematismo dellanalogia inteso da Kant come un accostamento che rende proporzionato un concetto puro per esempio, lideale morale - rispetto a un immagine altrettanto pura per esempio, lidea pratica corrispondente (P. PAGANI, Schematismo trascendentale. Etica e intersoggettivit in Kant in Etica trascendentale e intersoggettivit a cura di C. Vigna, Vita e Pensiero, Milano 2002, pp. 305-371, pp. 313-14). La nozione di schematismo come analogia potrebbe essere messa a confronto con lo schematismo dellassoluto, analogato dal soggetto per renderlo comprensibile. Vi tuttavia una differenza radicale, che aiuta a comprendere la centralit del confronto che Fichte attua con la dottrina kantiana nel suo Diarium III: nella dottrina della scienza liniziativa della manifestazione parte dallassoluto, mentre nel criticismo kantiano il soggetto opera lo schematismo sui contenuti della propria esperienza, che si mostrano passivi. Questa differenza radicale diviene chiara in particolare nel Diario, testo in cui Fichte fa frequentemente menzione esplicita di vari luoghi della Critica della ragion pura, riguardo al tema della appercezione.

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Lio nel fatto indifferente. Quindi nel fatto (per la manifestazione) deve essere. Il concetto deve proprio entrare in una forma figurale, non vivere immediatamente, ma solo essere, deposto e morto in una immagine. C x a. Lio reale, in questo caso; in questa mera manifestazione: senza considerare che per prima cosa esso non manifestazione, ma manifestazione della manifestazione.44

Lindifferenza dellio una indifferenza verso la realt o verso la manifestazione, le quali sono equivalenti per lio medesimo. Si pu interpretare la cosa cos: tutto il reale per lio solo una manifestazione, con termine kantiano un fenomeno. I due termini traducono in italiano il tedesco Erscheinung:45 la differenza sta
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GA II/13, p. 342. Per la traduzione italiana del termine Erscheinung con manifestazione anzich fenomeno fornisce motivazioni convincenti De Pascale: Occorre segnalare il problema costituito dalla traduzione di Erscheinung; la difficolt in realt assai pi di natura teorica che non terminologica. Renderlo con manifestazione sensibile (o fenomenica) risolve ogni dubbio sul piano della trasposizione linguistica, ma ci dice ancora molto poco sulle reali intenzioni di Fichte di riproporre una dottrina del fenomeno sulla scia di quella kantiana. [] Daltra parte esso non scompare del tutto dalle opere fichtiane: presente non soltanto nel Versuch einer Kritik aller Offenbarung ove, in un contesto (quasi) totalmente kantiano, non c ragione per non tradurlo con fenomeno -, ma anche in Das System der Sittenlehre. E gi qui cominciano le difficolt, se si vuol continuare a servirsi di questo termine fenomeno (senza poter evidentemente annullare il nesso chesso conserva con la teoria critica), pur essendo daltra parte consapevoli della portata della presa di distanza da parte di Fichte nei confronti di Kant, sia nellambito specifico delletica sia in quello pi generalmente teoretico. [] Le sopraccitate difficolt si ripresentano, a maggior ragione anche se in unaltra veste, nella pi tarda filosofia, nella quale ci troviamo di fronte a una sorta di paradosso: per un verso, al punto di vista che guarda allo erscheinen si pu dire venga attribuito un valore ormai assai scarso; per altro verso, per ed questo ci che sembra contare pi di tutto la nozione stessa di Erscheinung assume un ruolo del tutto centrale nella costruzione teorica complessiva; e di essa qualificata di preferenza come Bild dellassoluto il filosofo mette alternativamente in luce (a
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nellattivit assoluta della manifestazione nel sistema della dottrina della scienza, contrapposta alla passivit che la connota nella filosofia trascendentale kantiana: la ferma decisione di eliminare la cosa in s kantiana dal sistema della dottrina della scienza port Fichte a utilizzare sporadicamente il termine nelle sue prime esposizioni del sistema, per poi delinearne una compiuta teoria come fondamento del proprio sistema, fino a rielaborare ancora la propria dottrina dellimmagine e della manifestazione dellassoluto nelle ultime complesse meditazioni contenute nel Diarium III46. La
seconda che assuma luna o laltra delle due opposte prospettive) ora la connotazione negativa che propria di ci che soltanto una copia, ora la forza evocativa che appartiene a unimmagine tanto fedele da riuscire a essere una copia (C. DE PASCALE, Le lezioni di etica del 1812: appunti di lettura, cit., pp. 62-3, nota 3). Di contro Rametta nelle sue traduzioni delle esposizioni della dottrina della scienza del 1807 (Milano, Guerini e associati 1995) e del 1811 (Milano, Guerini e associati 1999) preferisce il termine fenomeno o apparizione. Si legge in particolare nel Glossario posto al termine della versione italiana della dottrina della scienza del 1807 (p. 182): Erscheinung: fenomeno. costituito dal legame tra A (= assoluto, Mondo ultrasensibile) e x (molteplicit, mondo sensibile). Esso decade a vuota apparenza quando si scioglie dal vincolo dellunit con la vita originaria; ne costituisce invece lapparizione, e cos viene in taluni casi tradotto, quando il rapporto viene mantenuto. Bertinetto, nella sua traduzione della prima Logica Trascendentale del 1812 (Guerini e associati, Milano 2000), compila un altro Glossario, nel quale si legge: Erscheinung: apparizione (nei casi in cui viene tradotto con fenomeno il termine tedesco indicato tra parentesi). la parvenza conosciuta in quanto parvenza, il cui concepirsi il fondamento di ogni concetto, di ogni riflessione particolare. () Sua legge essenziale apparirsi, assumendo riflessivamente la forma-io, per concepirsi in quanto immagine dellassoluto: tale concepirsi il contenuto e lambito della sua vita e, concependosi, deve contemporaneamente concepire il suo concepire e sottrarre questo dal concepito (p. 327) [si omettono i molteplici riferimenti testuali dei glossari, per non appesantire inutilmente la citazione, N.d.A.].
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La passione filosofica per la definizione di una compiuta teoria dellimmagine e della manifestazione, nonch delle loro relazioni
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manifestazione una scelta esclusiva dellassoluto, che comporta, al livello cui siamo arrivati, che il concetto si mostri come un essere statico, privo della suddetta attivit, espresso con la formula C x a. Sotto questa forma il concetto la totalit del reale, che si mostra al volere dellio, per cui si pu affermare allinverso che
Reale non altro che Dio: qui noi osserviamo, e cos resta in verit, il concetto come reale: questo assolutamente: anche qui in quanto presupponiamo di stare dal punto di vista assoluto 47

Il concetto il reale in quanto concreto. Questa la determinazione di che cosa sia Dio, in quanto lassolutamente reale, allinterno della dottrina morale. In questa scienza infatti si muove dallassolutezza del concetto proprio perch la conoscenza di Dio nella sua dinamica di manifestazione demandata alla dottrina della scienza, che proprio per questo pu essere definita anche dottrina di Dio 48. questo quindi il primo modo per definire quale sia il contenuto della manifestazione di Dio: infatti, come era stato chiarito nella Dottrina della scienza del 1794 il secondo principio, in cui si oppone com noto lio al non-io, determina i due poli dellopposizione secondo il loro contenuto. La dottrina della manifestazione procede da questa determinazione come il terzo principio della dottrina della scienza summenzionata, in cui ha luogo lopposizione. Dopo la determinazione del contenuto (lopposizione tra Dio e ci che non reale) possibile determinare secondo la
mediate dal figurare dellio sono loggetto degli ultimi sforzi del filosofo. Colpisce, anche per i suoi tratti di triste ironia, la testimonianza sugli ultimi giorni di vita del filosofo lasciataci da Varnhagen von Ense: Nellultimo periodo della sua malattia, tormentato dalla febbre, egli gridava spesso con ardore: Datemi unimmagine! Linfermiera non poteva intenderlo che secondo il significato comune, e diceva ai parenti: Il professore vuole avere unimmagine, ma io non so quale (J. G. Fichte in Gesprcha a cura di E. Fuchs, R. Lauth, W. Schieche, vol. 5, p. 70, n. 2366).
47 48

GA II/13, p. 342. Cfr. GA II/13, pp. 308; 325.

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forma: Io oppongo nellIo allIo divisibile un Non-io divisibile49, che nella dinamica che si pu dedurre dalla dottrina morale, si tramuta: Dio oppone in se stesso la molteplicit del reale alla molteplicit della manifestazione. Questa la dinamica che viene presupposta dalle affermazioni della dottrina morale: lattivit solo in Dio; per questo se il reale viene concepito come un riflesso passivo non possibile attribuire questa realt a Dio. Il molteplice del reale penetra nel concetto dopo lincontro con lio, con le possibili varianti che abbiamo esaminato e che definiscono da una prospettiva superiore che cosa sia il dovere per la coscienza che incontra il concetto. La coscienza, cio lio, per una manifestazione della manifestazione dellassoluto, cio il manifestarsi del concetto dinanzi al molteplice del reale. La garanzia della verit di questa dinamica per lo slittamento predicativo che si esercita tra lio della Dottrina della scienza 1794 e lassoluto-Dio, del quale la dottrina della scienza nel sistema degli anni 1810-14 aspira ad essere la fenomenologia. Loperazione di determinazione reciproca, che abbiamo esposto secondo la nostra ricostruzione, consente che tramite loperare archetipico di Dio sia possibile la realt e la manifestazione della molteplicit. la questione radicale che pu essere posta: perch esiste il molteplice della manifestazione (o del fenomeno) e non il nulla? La risposta una risposta tetica e non ipotetica: laffermazione della suprema attivit di Dio che decide di manifestarsi sotto le due forme del concetto e dellio, mantenendo solo per s lassolutezza. Questa domanda radicale resta senza risposta nel sistema critico, come venne da subito rilevato da Fichte sin dal Grundriss des Eigentmlichen der Wissenschaftslehre (1795):
Kant procede dalla presupposizione che sia dato un molteplice allunit della coscienza per la possibile percezione, ed egli non poteva procedere da un altro punto che da quello nel quale si era posto. Egli tramite questo ha fondato il particolare per la dottrina della scienza teoretica.50
49

GA I/2, p. 272; J. G. FICHTE, Dottrina della Scienza (1794), tr. di A. Tilgher, rivista da F. Costa, Roma-Bari, Laterza 1993, p. 91. GA I/3, p. 144.
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Lunica immagine di Dio autentica la vita, che non mai figurata dal soggetto, ma anzi consente ogni figurare. Il concetto e lio sono invece manifestazioni di Dio, che figurano e si figurano reciprocamente. Questa pu essere in sintesi la dottrina della verit che si situa a fondamento della scientia prima del sistema, la dottrina morale.

4 La comunit
Con queste parole Fichte inizia nella Etica 1812 la trattazione del tema della comunit:
Lempiria lesposizione della figurativit (Bildlichkeit), della forma del vedere in generale in un oggetto in generale, da parte di un [/] soggetto in generale. Con questo si conclusa. Per questo si richiede solo un soggetto. Come si trova quindi esso nellempiria? Si trova come una somma di soggetti (Summe von Subjekten), di io, una comunit di questi; questo sar per ciascuno empiricamente, assolutamente e fattualmente nel vedere fattuale, senza alcun intervento della libert, e nessuno lo pu modificare! Dora innanzi il fatto dellempiria sopravanza il concetto di questa: si mostra che essa non solo rende visibile il vedere come deve secondo il suo concetto, ma anche un assolutamente visibile, ci presente ed assolutamente nella forma del vedere: una comunit di io (Geminde von Ichen). In questa comunit il sovraempirico, un vedere, non vuoto, ma reale con un contenuto assoluto, e nei fatti rappresentato chiaramente agli occhi di tutti; deve vederlo proprio ognuno: che ognuno comprenda come da questo abbiamo sviluppato lintelletto e il concetto, questa unaltra cosa. Ogni individuo ha ora un doppio significato (doppelte Bedeutung). in parte puramente empirico, esposizione della forma vuota di un vedere. In questo senso a tutti gli altri assolutamente uguale, in quanto la mera forma del vedere ovunque uguale a s;

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questo sarebbe sufficiente nellunit. In parte qualcosa in s, un membro della comunit.51

La comunit la connessione dellio con il soprasensibile, cos come si dispiega nella storia52. Questo primato epistemologico si configura quindi anche come un primato ontologico, una anteriorit costitutiva. Lio si trova nellempiria come somma, come un molteplice quantitativo di altri io che esso riconosce come suoi simili. Nella Dottrina della scienza 1801/02, come si gi ricordato, la quantitabilit la manifestazione della libert: la molteplicit possibile quindi la possibilit della libert. NellEtica che esaminiamo la categoria di quantit viene definita originariamente come molteplice, e questo realmente, e non solo come una possibilit: essa ha una originaria concretizzazione praticoteoretica nella molteplicit degli io. Questa molteplicit concreta rende lempiria anteriore, per la prima volta, al proprio concetto, poich lempiria si mostra gi articolata in soggetti che operano, che sono indirizzati verso un fine. Il concetto secondo il quale si ordina la comunit viene trovato dallio unitamente alla comunit, nel suo situarsi nellempiria. Lempiria quindi anteriore al proprio concetto, nel senso che la scelta di situarsi nel punto di vista empirico consente di vedere il concetto dellempiria medesima, che si mostra come comunit, e non il contrario. Il concetto fonda il mondo, ma nellanalisi fichtiana il trovarsi nellempiria comunitaria precede il riconoscimento del concetto stesso. Nel procedere genetico-discendente della prima parte si era identificato il molteplice movendo dallunico punto di partenza del concetto che fonda il mondo. Nel procedere analitico ascendente della seconda parte il molteplice viene dato come somma di io: questo procedimento ricalca, invertendo la disposizione delle parti, quello della Dottrina della scienza 1804-II: la successione tra momento analitico e momento genetico viene infatti invertita, poich si
51 52

GA II/13, pp. 352-3. Sul rapporto tra la comunit e la storia rimando a I.RADRIZZANI, Le fondment de la communaut humaine chez Fichte, in Revue de Thologie et de Philosophie, 119 (1987), pp. 195-216.

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comincia con lesposizione genetica del dispiegarsi della causalit del concetto, quindi, cominciando con la comunit, si risale analiticamente verso lunico principio della dottrina morale. LEtica 1812 lunica opera della tarda produzione di Fichte in cui sono ancora presenti entrambi, poich nelle ultime esposizioni della dottrina della scienza il momento analitico-ascendente dato ormai per presupposto. La comunit , al principio di questa seconda parte dellEtica, lassolutamente visibile, poich non ha bisogno del concetto, anzi ne consente la conoscenza da parte del soggetto, come si gi detto. quindi chiara lantecedenza dellempirico nei confronti del concetto, o, come la si esprimer nelle pagine del Diario III, lanteriorit dellintelligibilit (Verstndlichkeit), della capacit pre-concettuale che si d nella manifestazione in generale, nei confronti dellintellezione attuale e concettuale. Il concetto, lo si ribadisce, il fondamento della attualit del mondo presente nella sua forma disposta dalle priorit etiche dellio morale. La visibilit la possibilit, infinita nelle sue molteplici declinazioni, prima che la scelta morale venga effettuata. La comunit comunque lunica possibilit che consente la realt del soggetto, quindi una significativa ed unica eccezione a quanto si appena espresso: per il principio organizzatore della realt il cominciamento non pu essere simile a quello delle altre possibili ripartizioni filosofiche della realt: lio si mostra a se stesso non come uno, ma come originariamente molti, e da qui comincia il suo proprio percorso di individuazione, mediato necessariamente dalle scelte morali. Questa mediazione una realt necessaria, ma non invece determinata quale di queste disposizioni verr scelta dal soggetto stesso, che liberamente sceglie di essere (morale) o di non essere (morale). Se lio si trovasse da subito come uno, questo indicherebbe che esso possiede gi il concetto, cio che ne ha gi intrapreso il processo individuante, quindi lio avrebbe gi compiuto il processo di incarnazione del concetto. Prima del concetto infatti non vi lio, vi solo la molteplicit intesa come somma, cio come un risultato ormai empiricamente inscindibile, un conglomerato informe che solo la determinazione concettuale, quindi etica, pu trasformare in compiuta individuazione. Lintero la vita nella sua realt, quindi in opposizione alla mera empiria. La considerazione
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empirica si ferma solo alla forma, non linterno qualitativo, ci che vi di pi proprio nella comunit.
Di questa comunit finora conosciuto solo il suo vuoto essere formale: in nessun caso il suo essere interno e qualitativo, che si pu rendere visibile a s solo in una vita, poich solo la vita la forma fondamentale di ogni visibilit. Ma chiaro che questa comunit un intero organico costituito da tali individui, ogni individuo pu aver parte a tutto lessere e la vita della comunit, in cui semplicemente nessun altro gli uguale. Il suo carattere individuale: quindi, come lintero, cos ogni individuo un vero reale (quantomeno in opposizione alla vuota empiria). Vita reale fuori da s medesima: questo potrebbe forse allora manifestarsi, come noi la vogliamo ulteriormente indagare.53

Indagare la vita reale che si esterna, scoprire lindividuo non sotto il presupposto della relazione ad altri, ma come assoluto potenzialit di questa relazione, a partire dal concetto incarnato. questo il punto di partenza per il sistema dello spirito che si configura in maniera originale nella dottrina della scienza, come ha di recente ben mostrato nel suo eccellente saggio Radrizzani 54. Si pu forse istituire un confronto e una ben netta differenza con il sistema dello spirito hegeliano, che in se stesso altro da s e superandosi si ritrova nella ben nota sintesi pluriforme. Laltro in Fichte non pu invece mai essere ridotto al medesimo poich il s medesimo necessita di un altro per poter giungere a se stesso. In tal maniera lo spirito pu solo avvicinarsi allidea attraverso un infinito cammino di approssimazione. In questo non pu sfuggire la vicinanza della dottrina della scienza allapproccio di Levinas. Lalternativa tra Fichte e Levinas stata peraltro indagata da Olivetti
53 54

GA II/13, p. 353. I. RADRIZZANI, Der Geist in der Philosophie Fichtes, in E. Dsing e H.D. Klein (a cura di), Geist und Psyche. Klassische Modelle von Platon bis Freud und Damasio. Wrzburg 2008, pp. 161-174. Radrizzani sta curando una revisione del testo dellEtica 1812 che vedr la luce nel 2009.

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in una delle pi efficaci pagine di Analogia del soggetto. Nel rovesciamento della soggettivit in soggezione (il soggetto non originariamente pensiero; il soggetto non originariamente il nominativo grammaticale, ma irrimediabilmente si comprende come laccusativo) si realizza la neutralizzazione di ogni stanza della pretesa sostanza 55. Ci che sta sotto anche ci che non pu rappresentare il primum, il fondamento non pu venir prima ma sempre posteriorit. In ogni caso il processo di avvicinamento infinito non credo debba venir inteso alla maniera illuministica, alla Lessing per intenderci. Sovviene una rappresentazione molto in uso nelle cattedrali gotiche di Francia, il cui esempio pi celebre si ha a Chartres: il labirinto cristiano: proprio quando si crede di essere pi vicini, allora che ci si allontana dalla meta, ma nelle volute e nei ritorni del labirinto si gira intorno al centro, alla meta che anche infinitamente vicina. Con la trattazione della comunit comincia la fase analiticoascensionale della Dottrina morale, che, si pu dire, attua una epoch del concetto per indurre, avendo presenti le deduzioni della prima parte, le condizioni di concretizzazione dellunico principio morale.
Lio deve potersi manifestare come autonomo e in quanto riempie il tempo mediante se stesso, un principio autonomo di rappresentazioni oggettive: questo prima che la vita del concetto abbia inizio in lui, perch questa deve manifestarsi come iniziante in qualche momento nel tempo. Quindi lio deve apparire come un principio autonomo della manifestazione oggettiva, per s, mediante s, da s. Luomo deve avere una causalit, indipendentemente dalla moralit, deve poter vivere ed operare immoralmente, altrimenti non potrebbe essere morale. 2) Da dove viene tale causalit nel sistema della manifestazione a noi noto? Nel sapere che assolutamente, nellempirico, deve apparire qualcosa che non si lascia comprendere dal concetto dellempiria, ovvero che in essa
55

M.M. OLIVETTI, Analogia del soggetto, Roma-Bari, Laterza, 1992, p. 75

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venga raffigurata la mera pura e vuota Figurativit: che perci deve essere pensato come qualcosa di sovraempirico, come un visibile in s e non come mera visibilit. Una tale entit la comunit degli individui e ogni membro di questa, quindi per la rappresentazione del mero vedere formale sarebbe sufficiente un solo soggetto.56

Deve venire ammessa una causalit dellio indipendente dalla moralit, quindi anche dal concetto, perch possa darsi moralit: questa affermazione paradossale giustificata dallinversione della successione di momento genetico e analitico nellopera in esame. Il concetto stato analizzato nel suo dispiegarsi, e solo dopo si dispiega la deduzione della sua unicit: questa la miglior garanzia epistemologica, seppur difficile a cogliersi, della necessaria differenza metodica tra la dottrina della scienza superiore (esposizione del 1804-II) e la dottrina morale superiore. Questultima deve includere la necessit della libera scelta morale, e tale paradosso viene espresso con linversione del movimento caratteristico della pi completa tra le esposizioni della dottrina della scienza (la WL 1804-II). La necessit della libert non pu essere esplicata nel momento sintetico, se non come libert del concetto, il quale costituisce il mondo morale come un mondo di esseri liberi. Questi vengono posti in interazione tra loro nella comunit, che dinamicamente render possibile il risalimento allunicit del concetto originario. Mentre la vita del concetto inizia nel tempo, la causalit dellio gi da sempre esistita, come figurativit. La causalit dellio pu essere indipendente dalla causalit del concetto: la causalit del concetto produce la visibilit, la causalit dellio produce il visibile concreto. La causalit del concetto produce moralmente la totalit della possibilit del vedere, mentre la causalit dellio produce il reale visibile. Vi quindi un paradosso: la produzione del possibile richiede la moralit e il concetto, mentre la realt della causalit dellio deve venire pensata anche come indipendente dal concetto. Il possibile si mostra come condizionato, come sottoposto alla condizione che ci
56

GA II,13,353-4.

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che pu venire allesistenza sia prodotto dellagire doxico-pratico57; il reale invece incondizionato, non sottoposto alla condizione della moralit, in quanto per il semplice fatto di esistere prodotto doxico dellattivit morale: si ha quindi una vera e propria inversione della gerarchia delle categorie modali. La possibile spiegazione questa: il momento deduttivo-sintetico ha ormai esaurito la totalit della possibilit, mentre nel risalire analitico il punto di partenza gi la realt, costituita allinterno delle infinite possibilit attraverso una scelta: in questo spazio di realt si pone il soggetto come sorgente della realt, anteriore al concetto. Quindi la realt si costituisce prima del concetto, ma la realt gi presuppone la visibilit in generale, nonch lintelligibilit (discussa nel Diario III). Quindi il reale si situa nello spazio del possibile e la fenomenologia della causalit reale dellio comunque resa possibile solo dallanteriore deduzione del mondo fenomenico a partire dal concetto. La causalit dellio visibile nel movimento analitico, che invece occulta la causalit del concetto: solo il movimento sintetico della prima parte della dottrina morale, la deduzione genetica del mondo dal concetto, pu rendere visibile la causalit assoluta del concetto. La causalit dellio produce ci che nel sapere si mostra come il meramente empirico, non sottoposto anteriormente alle leggi della determinazione e tuttavia visibile: la causalit dellio produce quindi la comunit, che non determinata dallio, ma che consente la determinazione dellio medesimo. Non vi determinazione reciproca tra la comunit lio, ma solo una determinazione univoca che la comunit esercita sullio medesimo. Lio, si pu dire, rende visibile la comunit, ma lio si rende visibile a se stesso solo nella comunit, poich nella comunit solo lio si mostra come persona, cio come
57

Tale termine viene sovente utilizzato da Lauth, cfr. ad esempio R. LAUTH, Con Fichte, oltre Fichte, cit., p. 56. Al tema della concezione doxica della realt nella Dottrina della scienza 1794-95 dedicato E. FUCHS, Wirklichkeit als Aufgabe. Die doxische Konstitutiva der theoretischen Konzeption des faktischen Gegenstandes in J. G. .Fichtes Gundlage der gesammten Wissenschaftslehre von 1794-95, Diss., Monaco, 1973.

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soggetto morale capace di scelte anche contrarie alla moralit, non ancora determinato alla moralit. Nella figurativit lio si mostra cio come un conglomerato di possibilit, e questo definisce che cosa sia la figurativit nella dottrina morale: la figurativit la totalit delle possibilit, linsieme del visibile possibile, che dovr essere concretizzato solo successivamente alla scelta morale per lindividuo, ma viene gi concretizzato per la somma degli individui nella comunit. Lindividualit della comunit nel suo insieme quindi indipendente dallindividualit del singolo io: nella realt la comunit anteriore allindividuo suddetto; nel reame della possibilit, dischiuso geneticamente dal concetto, lindividuo a incarnare il concetto, senza alcun riferimento allinterpersonalit che non stata ancora costituita, e non sar costituita se non nel successivo momento analitico. La comunit di fatto quindi lunica entit del mondo che non compresa dal concetto. Essa lequivalente epistemologico della Vita nei confronti del sapere, quale viene descritta nella Dottrina della scienza 1804-II. La comunit nella dottrina morale superiore il molteplice vivente che appare assolutamente separato dallunicit del concetto, cos come la vita esprime nella dottrina della scienza il molteplice che si oppone allunicit del sapere con uno hiatus irrationalis. Vi quindi una inclusione nella dottrina morale superiore del principio eterologico definito da Gurwitsch in riferimento alla dottrina della scienza58. Essa lunica figurazione che manifestamente sovraempirica, e al tempo stesso costitutiva dellempiria preconcettuale. La comunit , in questa tensione originata dal tentativo di una sua comprensione epistemologica, una individualit parallela a quella dellindividuo, individualit collettiva che rende possibile il darsi della persona in
58

In Gurwitsch il principio eterologico ha come correlato linfinit del compito della conoscenza, come si esercita sul molteplice mai pienamente compreso della vita: cfr. G. GURWITSCH, Fichtes System der konkreten Ethik, cit., p. 36. Nella dottrina morale la comunit, mai compresa dal concetto, si comprende nei suoi elementi costitutivi, gli individui che conoscono di essere determinati dal concetto, che a sua volte viene analizzato partendo dalla comunit, dopo essere stato definito come principio della sintesi nella prima parte della Dottrina morale.

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generale. Lindividuo singolo si costituisce invece come tale solo a seguito della risposta morale. Lio principio del reale quando si riconosciuto come io morale, mentre per la comunit esso solo un ente, un qualcosa di visibile: esso sa di vedere, e quindi si differenzia da tutti gli altri enti per la sua figurativit. impossibile pensare lesistenza del concetto morale senza la propria vita, come si dimostrato per il singolo nella prima parte della dottrina morale: la prospettiva genetica della prima parte di questa rende necessario mostrare la vita del concetto successivamente allincarnazione del concetto stesso, facendo astrazione dal tempo reale. Nella prospettiva ascendente che si segue nella trattazione della comunit si pu invece mostrare come la vita sia inscindibile dal concetto medesimo. La vita la forza del concetto, forza che determina la vita stessa, dividendola in scansioni temporali ciascuna orientata secondo una finalit. Il contenuto della vita si mostra infatti come finalit, e non vi pi la possibilit della morte, divenuta concreta negli individui portati ad esempio. La volont non pu quindi pi essere arbitrio, cio si manifestata a s come tendente a uno scopo morale, che riceve nella prospettiva analitica il proprio contenuto. Si pu infatti a questo punto affermare che la prospettiva analitica risale verso un principio che diviene sempre pi chiaro a se stesso, come lo scopo dellinstaurazione della moralit in ogni membro della comunit. Si parte dal concetto, e quindi si descrive la fenomenologia della causalit del concetto nel mondo a partire dallindividuo nel quale si incarnato. Quindi la comunit si scopre come antecedente ad ogni individuo59: da qui

59

La comunit pu mostrare la sua anteriorit in modo eminente nel suo poter essere il punto di partenza per una prova intersoggettiva dellesistenza di Dio. Questa prova viene proposta da Olivetti, che la considera come la prova eticologica dellesistenza di Dio, quindi una prova che sfugge alle obiezioni di Kant e rifonda il modo di pensare il Dio trascendente ed immanente, secondo una prospettiva ben prossima a quella della dottrina morale superiore. Si vedano al riguardo, oltre al gi citato Analogia del soggetto (in particolare p. 135), M. M. O LIVETTI, Teologia e Analogia Subjecti, in Colloquim Philosophicum, Annali Dip. di filosofia, A.A. 1996-1997, L. S. Olschki Editore, Firenze 1998, pp.
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parte un ascendere analitico che accompagna la finalit concreta della moralit, e la finalit suddetta giunge, al termine della dottrina morale, a comprendere se stessa come riempita dallo scopo dellinstaurazione concreta e libera della moralit in ogni individuo. Essa non vuole secondo il concetto, in quanto questi due elementi non sono pi separati nella fase ascendente-pratica della dottrina morale: la comunit vuole semplicemente, in quanto conosce il proprio fine che oltrepassa la prospettiva del singolo, rispetto al quale si poteva operare la suddivisione genetica (non temporale) tra momento dellincarnazione del concetto e conseguente volont. La comunit viene condotta attraverso lincarnazione del concetto a riconoscere tramite la coscienza della propria destinazione che la propria volont indirizzata a farla divenire ci che gi : al riguardo si pu far riferimento a quanto viene afferma to nella Dottrina della scienza nova methodo:
Lo scopo complessivo delleducazione delluomo condurlo a fare tramite il lavoro ci che era prima senza lavoro.60

Lo scopo delleducazione superiore quindi, in un procedere che si potrebbe definire anamnestico, nel senso platonico del termine, ricondurre il soggetto (singolo o, da una prospettiva superiore, comunitario) al proprio essere tramite lagire. Lessere originario, cio lessenza morale dellindividuo quindi ormai inattingibile tramite la semplice attivit teoretica: solo nellagire si configura la possibilit di definire i costituenti ontologici del mondo, nonch di comprendere limmortalit dellio etico61. Lagire
275-283; Id., Largument ontologique et la philosophie contemporaine in Largomento ontologico, Archivio di filosofia, n. 58, 1990.
60 61

GA IV/3, p. 326. Al riguardo sempre chiarificatrice la lettera della Dottrina della scienza nova methodo: La questione concernente lobiettivit del mondo quindi altrettanto interessante che quella che riguarda loggettivit della divinit oppure dellimmortalit, e se non si risponde alla prima questione, allora non si pu rispondere neanche alle ultime due. GA IV/3, p. 324.

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moralmente orientato secondo uno scopo concettualizzato la possibilit teoretica e la necessit pratica di attingere la giustificazione dellesistenza dellindividuo62. La possibilit infatti il dominio del sapere teoretico, la necessit il territorio della scienza pratica: il necessario viene esposto nella dottrina morale superiore, in quanto descrizione dello scopo, che anche loriginario, cui si orienta lazione. Il possibile la globalit della manifestazione, il dispiegarsi dellassoluto dinanzi allumana Verstndlichkeit, dal quale si configura la dottrina della scienza. Dal punto di vista della serie reale della manifestazione, si pu affermare che la comunit si forma prima del concetto e conosce unitariamente la propria volont e il concetto, nella ricerca dellunico scopo: non le si pu presentare altro scopo che la moralit di tutti, potremmo dire quindi che le si manifesta in tutta chiarezza lo scopo dellincarnazione del concetto in ciascuno dei membri della comunit medesima. Propriamente si potrebbe dire che solo comprendendosi nella comunit lindividuo diviene io: non a caso Fichte enuncia prima il concetto del grande io universale. Questo io-comunit limmagine di Dio, lunica entit indipendente nella manifestazione, ci che articolato, per cui appare il dovere superiore e non la semplice obbligazione morale: questo il punto di passaggio che a Kant doveva restare ignoto. Nella tesi che ho cercato di supportare la
62

Richiamo solo cursoriamente, per indicare quanto questo problema sia uno tra i refrain della cultura filosofica occidentale, la differente considerazione della teologia che port Duns Scoto a dissentire da Tommaso dAquino: per Scoto la teologia non una scienza speculativa, ma la scienza sommamente pratica, in quanto sapere necessario allagire, totalit di ci che bisogna sapere, fondamento determinante della capacit salvifica: pi in generale proprio il fondamento filosofico della determinazione ad essere un tema comune tra la prospettiva scotista e quella fichtiana. Al riguardo mi permetto di rimandare a G. COGLIANDRO, Duns Scoto e J. G. Fichte. La prospettiva scotista e la dottrina della scienza di fronte al problema della determinazione, in Giovanni Duns Scoto. Studi e ricerche nel VII Centenario della sua morte, a cura di M. Carbaio Nunez, Antonianum, Roma 2008, pp. 279318.

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dottrina morale superiore procede secondo lo schematismo dellassoluto. I tre schemi sono la base della suddivisione possibile della materia della Etica 1812: Schema 1: concetto fondamento del mondo = manifestazione dellassoluto che invita lio al sapere assoluto. Schema 2: io puro, egoit formale, che si concretizza nel volere in interazione con la comunit lio comprende di conoscere lassoluto. Schema 3: io individuale, e suo rapporto alla comunit degli io lio si conosce come invitato a comprendere lassoluto. Il figurare (Bilden) esposto nella Dottrina della scienza del 1812 sintetizza la risposta praticoteoretica al duplice invito che lassoluto rivolge allio sapere. Limmagine infatti il nome che riceve il sapere nel suo rispondere allinvito, senza considerare il suo essere identico con il soggetto finito. La comunit che diviene soggetto morale trascendentale la comunit allinterno della quale lio comprende che la totalit del proprio sapere procede dallinvito divino: il sapere non mai neutro, ma orienta allo scopo il soggetto conoscente. In questo senso assumono rilievo la metafora fichtiana contenuta nellEtica 1812, in cui i filosofi sono caratterizzati come il pubblico scientifico nel grembo (Schooe) della Chiesa (GA II/13, p. 385). I filosofi possono quindi essere definiti come i figli della comunit per eccellenza, comunit che trova nel pubblico scientifico la sua forza morale e la sua sottigliezza indagante. Sono essi i figli, i custodi e gli eredi della comunit in generale, in quanto sono i primi a comprendere e a costituire praticamente la comunit stessa, in particolare nella sua particolarissima forma di Chiesa, nella sua forma visibile e nella sue invisibili esplicazioni iniziatiche. Quindi possiamo giungere ad affermare che proprio nella attivit praticoteoretica del filosofare, attivit che originaria per lio ma

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al tempo stesso sempre la risposta alinvito assoluto e allinvito storico, lio si scopre originariamente figlio63.

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In limine dedico questo scritto alla memoria di Reinhard Lauth e Marco Maria Olivetti, due maestri che in maniera molto diversa mi hanno accompagnato per le strade impervie della ricerca e dellamore di quella Sofia che spero adesso contemplino.

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LE FOR ATO IN J OHANN G OTTLIE B F ICHTE


MARCO RAMPAZZO BAZZAN

Abstract What did Fichte say about democracy? How does Fichte interprete the political solutions of Hobbes; Rousseau or Kant? This article seeks to explain the meanings and the rule of the most important element of the constitution in Fichtes theory of right: the phorat. Why does Fichte use this old institution? What does he want to? Thinking about phorat means reflecting on the control problem for the modern concept of sovereignty by going through the logic of the modern natural right and by studying the origins of public opinion.

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1 Kant e lEforato
Nel 1796 Fichte chiude lintroduzione al suo Das Naturrecht nach den Principien der Wissenschaftslehre chiedendo pubblicamente a Kant un giudizio sulleforato1. A questo istituto Fichte aveva fatto pure menzione nella sua recensione2 allo scritto Zum ewigen Frieden. Commentandone il primo articolo definitivo Fichte aveva affermato: dovrebbe essere posto al fianco del potere esecutivo unaltra magistratura, leforato 3: un istituto che sia in grado, in caso di pericolo e sotto la propria piena responsabilit, di chiamare il popolo a riunirsi in comunit. Agli Efori aveva pure accennato tre anni prima nel Beitrag zur Berechtigung der Urtheile des Publikums ber die franzsische Revolution, allorquando, nel quinto capitolo, trattando dei diritti ereditari, aveva richiamato alla memoria la legislazione di Licurgo a Sparta che li prevedeva4.

Secondo quanto affermato dai curatori delledizione critica (GA), la prima parte del Diritto Naturale venne pubblicata nel marzo 1796 dalleditore Christian Gabler e compare nel terzo volume della prima serie, dedicata agli scritti editi in vita da Fichte (GA I/3, pp. 313-460). La seconda parte dellopera che tratta dellambito applicativo della dottrina del diritto usc la pentecoste del 1797 sempre per lo stesso editore e compare nel quarto volume della stessa serie (GA I/4, pp. 5-165). La traduzione italiana (J. G. FICHTE, Diritto Naturale, Roma-Bari, Laterza, 1994) stata curata da L. FONNESU. Questa recensione venne pubblicata senza indicazione del recensente nel primo quaderno del quarto volume del Philosophischen Journals einer Gesellschaft Teutscher Gelehrten edito da Niethammer ora si trova in GA I/3, pp. 221-228. GA I/3, p. 226. GA I/1, p. 327.

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Lopinione di Kant a proposito purtroppo non ci nota5. E la questione non affatto marginale perch nel 1796 Fichte presenta lEforato come das wesentliche Bestandtheil jeder Constitution6. Per comprendere che cosa potesse pensare Kant al riguardo non resta che considerare largomento del primo articolo definitivo della Pace perpetua, cio il repubblicanesimo 7. In questo articolo Kant distingue il governo dispotico da quello repubblicano in base al principio della divisione dei poteri. Definisce, pi precisamente, come repubblicanesimo il principio politico della separazione del potere esecutivo (il governo) dal potere legislativo; e lo contrappone al dispotismo che esprime invece il principio politico dellautonoma esecuzione, da parte dello Stato, di leggi che lo Stato stesso ha promulgato, ossia la volont pubblica che viene esercitata dal sovrano come sua volont privata8. in questa cornice che Kant vaglia le tre forme classiche di governo, monarchia, aristocrazia e democrazia, giudicando questultima necessariamente un dispotismo perch tutti decidono su o contro uno. Si tratta di un modo di governare che porta la volont generale a contraddire sia se stessa, che la libert. In summa: Kant sostiene il principio rappresentativo tanto da giudicare la democrazia diretta addirittura una Unform. a questa altezza che la sua filosofia giuridico-politica sembra aderire con pi evidenza al paradigma moderno del giusnaturalismo, che ha il suo primo cosciente teorico in Thomas Hobbes. Nel XVII capitolo del suo Leviatano il filosofo inglese aveva spiegato come sia il sovrano (creato dal patto) a modellare le

Cfr. a proposito F. ONCINA COVES Para la paz perpetua de Kant y el fundamento del derecho naturale de Fichte: encuentros y desencuentros in Daimon 9, 1994, pp. 313-339. GA I/3, p. 328 lelemento pi essenziale di ogni costituzione (tr. it. p. 15). In ogni Stato la costituzione civile deve essere repubblicana I. KANT, Ak, VIII, pp. 349-353 (tr. it pp. 54 e ss.). Ak., VIII, p. 352 (tr. it. p. 57).

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volont della moltitudine e renderla un soggetto: la civitas9. Perch, come aveva chiarito in precedenza:
Etiam plurium hominum fit una persona, quando reprsentatur ab uno qui habet a singulis authoritatem. Non enim reprsentati, sed reprsentantis unitas est, qu personam facit esse unam; neque unitas alio modo in multitudine intelligi potest.10

La scienza moderna del diritto naturale si occupa della forma politica e della neutralizzazione11di quel conflitto, anche solo
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Nella versione latina Civitas persona una est, cujus actionum homines magno numero, per pacta mutua uniuscujusque cum unoquoque, fecerunt se authores; eo fine, ut potentia omnium arbitrio suo ad pacem et communem defensionem uteretur (T. H OBBES [Willam Molesworth curatore] Opera Philosophica omnia III, Thoemmes Press, Bristol, 1999 [dora in poi Leviathan Vers. Lat], p. 131). O nella traduzione inglese The essence of commenwealth ist one person, of whose acts a great multitude, by mutual covenants one with another, have made themselves every one the author, to the end he may use the strength and means of them all, as he shall think expedient, for their peace and common defence (T. HOBBES Leviathan or the matter, form, and power of a commonwealth ecclesiastical and civil in The collected works of Thomas Hobbes Collected and Edited by Sir Willam Molesworth, London, Routledge/ Thoemmes Press, 1992, Vol III [dora in poi Leviathan Vers. Ingl], p. 158) ; tr. it.: Thomas Hobbes, Leviatano, Roma-Bari, Laterza, p. 143. Leviathan cap. XIV Vers. Lat, p. 125 (A multitude of men, are made one person, when they are by one man, or one person, represented; so that it be done with the consent of every one of that multitude in particular. For it is the unity of the representer, not the unity of the represented that maketh the person one Vers. Ingl. p. 151; tr. it p. 134). Neutralizzazione un termine utilizzato da Carl Schmitt in un discorso tenuto al Congresso della Federazione internazionale della cultura dal titolo Das Zeitalter der Neutralisierungen und Entpolitisierungen pubblicato prima nella Europischen Revue nel 1929 e poi nella terza edizione (1932) di Der Begriff des Politischen, Mnchen Leipzig, Verlag von Duncker & Humblot, 1932, pp. 66-81. stato tradotto in italiano sotto il titolo Lepoca delle neutralizzazioni e spoliticizzazioni ed
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potenziale, tra volont diverse mediante unistanza terza che sia giudice tra loro, e che sia capace di far valere il proprio giudizio con la forza12. A differenza di Hobbes per- sostiene Giuseppe Duso- il rappresentante non qui [in Kant] immediatamente e in senso pieno il sovrano, ma rappresenta la sovranit del popolo13. In altre parole: Kant vuole coniugare la sovranit del popolo teorizzata da Rousseau con il principio rappresentativo formulato da Hobbes. Per lui la volont generale (o della comunit), vale a dire lunit politica, pu manifestarsi solo nella misura in cui viene rappresentata. Fichte sembra condividere esclusivamente la parte analitica di questo giudizio. Si esprime infatti, in pieno accordo con Kant, contro la forma di governo democratica che definisce semplicemente inammissibile14. Per lui la costituzione democratica :
la pi insicura di tutte quelle che potrebbero esistere, perch non solo si dovrebbero temere continuamente le violenze di tutti, come se si fosse fuori dallo Stato, ma di quando in quando, ci sarebbe da temere anche la furia cieca di una massa eccitata, che procederebbe ingiustamente in nome della legge.15

Anche Fichte sembra pertanto condividere largomento secondo il quale legislatore e parte in causa, giudice e parte, non
contenuto nel volume curato da G. MIGLIO/P. SCHIERA, Le Categorie del Politico, Bologna, Il Mulino, pp. 167-183. Il processo di successive neutralizzazioni e spoliticizzazioni interessa lo spostamento del centro del conflitto politico- per Schmitt discriminante tra amico (Freund) e nemico (Feind) che caratterizza ai suoi occhi la storia dello Stato moderno.
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G. DUSO, Introduzione: Patto sociale e forma politica in G. DUSO (a cura di) Il contratto sociale nella filosofia politica moderna Milano, Franco Angeli, 19932, pp. 7-49. G. DUSO, Logiche e aporie della rappresentanza tra Kant e Fichte in Filosofia politica I, 1987, p. 37. GA I/4, p. 81 (tr. it. p. 250). GA I/3, p. 439 (tr. it. p. 142).

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possono mai coincidere. Unimpossibilit che Kant aveva paragonato alla differenza originaria tra le due premesse che permettono lesistenza del sillogismo: le premesse universale e particolare che mai possono coincidere in una stessa proposizione. Come mai, del resto, lo possono essere neppure volont generale e volont di tutti. E in questo Kant e Fichte rimangono entrambi fedeli alla lezione di Rousseau che tanto si era prodigato a distinguerle16. La posizione di Fichte differisce da quella kantiana, invece, per quanto concerne lindicazione dei modi in cui ci si pu preservare dal dispotismo che definisce, analogamente a Kant, come quellordinamento in cui gli amministratori della forza comune non hanno nessuna responsabilit17. Per Fichte, la separazione dei poteri, in particolare quella tra i poteri esecutivo e legislativo, non garantisce in nessun modo dalla degenerazione nel dispotismo. A essere diviso non pu, e non deve, essere il potere sovrano secondo le sue facolt. Per Fichte si deve piuttosto separare il potere esecutivo che comprende in s il potere giudiziario e quello esecutivo in senso stretto- dal diritto di sorvegliare e di giudicare come il potere venga amministrato. Il primo deve essere rappresentato, affidato, cio trasmesso (bertragen) a persone determinate; mentre il secondo dovrebbe rimanere in mano alla comunit. Sullindivisibilit dei poteri Fichte propone un argomento inconfutabile basato sul principio della sovranit moderna: Se vi un potere che decide sul potere sovrano, esso tout court sovrano.
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GA I/3 nota p. 400 (tr. it. nota a p. 95) la volont gnrale di Rousseau, la cui differenza dalla volont de tous non affatto inconcepibile. Cfr.Il y a souvent bien de la diffrence entre la volont de tous et la volont gnrale; celle-ci ne regarde qu linteret commun, lautre regarde linteret priv, et nest quune somme de volonts particuliers. J.-J. ROUSSEAU, uvres compltes, Paris, Gallimard, 1964, vol. III Du Contrat social [dora in poi CS], Lb. II. cap. III p. 371. Sul rapporto tra Kant Fichte e Rousseau si veda tra gli altri G. GURWITSCH, Kant und Fichte als Rousseau Interpreten contenuto in Kant-Studien, 1922, pp. 138-164. In particolare sulla volont generale p. 160.

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GA I/3, p. 400.

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Allinterno dello Stato il potere che rende vigenti le delibere del potere legislativo e le sentenze del giudiziario quello esecutivo. Il potere esecutivo pertanto sovrano; lo perch detentore di quella forza (del monopolio legittimo della forza suggerirebbe Weber) che sola pu garantire il rispetto di ogni sua delibera. Il diritto di sorveglianza e di giudizio sulloperato dei magistrati , invece, la facolt propria dellEforato al quale spetta pertanto il compito di controllare e vigilare che le delibere del sovrano siano ispirate dalla volont generale, e non dalla sua volont privata. Come noto Hobbes aveva dichiarato questo problema insolubile e si era affidato al principio autorictas, non veritas facit legem. Il problema del controllo risultava semplicemente insolubile allinterno del suo sistema. Ma prima di analizzare i tratti definitori della visione delleforato da parte di Fichte, pare opportuno vagliarne le possibili fonti, cio i luoghi della storia del pensiero politico che possono averlo ispirato nella sua elaborazione.

2 Sulle origini delleforato: tribunato o eforato?


Leforato originariamente un istituto di saggi che fa parte delle istituzioni di molte citt doriche tra le quali Sparta. Sulle sue origini non vi accordo gi tra gli antichi. Vi chi lo fa risalire a Licurgo (IX- VII sec. a.c.), e chi al re Teopompo (750 a.c.). Nellantichit gli efori avevano la funzione di selezionare i cittadini per la guerra, di interpretare gli oracoli e di occuparsi della legislazione civile. Proprio questultima funzione ne fece crescere limportanza allinterno delle citt tanto da rendere gli efori una figura centrale sia nei rapporti tra re e cittadini, che nelle relazioni esterne. A Sparta gli efori venivano eletti per acclamazione. LEforato fu abolito nel 227 a.C. da Cleomene; fu restaurato poi nel 221 a.C. per scomparire definitivamente nel II secolo d.C. Nella tradizione lEforato ha sempre rappresentato la comunit di fronte al re, e quindi, ha costituito unistanza capace di opporsi o di resistere ai governanti.

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Nel suo Beitrag zur Berichtigung der Urteile ber die Franzsische Revolution Fichte aveva sostenuto il diritto di un popolo a cambiare la propria costituzione. Sembrava insomma voler fondare razionalmente quel diritto di resistenza tanto importante per la tradizione monarcomaca fino ad Althusius18. Anche per questa ragione la maggior parte degli interpreti ha rintracciato una possibile fonte dispirazione dellEforato fichtiano nella Politica methodice digesta ataque exemplis sacris et profanis illustrata19. Ad interrogarsi esplicitamente sulla questione stato Claudio Cesa nella seconda delle sue Noterelle sul pensiero politico di Fichte20. Per linterprete sarebbero alcune assonanze di carattere concettuale a suggerire un richiamo ad Althusius: la funzione di controllo ascritta agli efori, il suffragio popolare per la loro elezione e la loro convocazione periodica. Cesa sottolinea inoltre che, pur parlando di efori, Fichte sembra avere piuttosto in mente i tribuni romani. A dire il vero, l'analogia tra efori e tribuni appartiene interamente alla tradizione. Il primo a paragonarne le funzioni fu Cicerone tanto nel De Legibus 21, che nel De Republica22. Lo stesso Cesa ammette,
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D'ADDIO (Lidea di contratto sociale dai sofisti alla riforma e il De Principatu di Mario Salamonio, Milano, 1954, p. 488) definisce lopera di Althusius ad esempio come: lopera pi organica di tutta la pubblicistica monarcomaca, nella quale Althusius tent di formulare tutti i problemi inerenti alla organizzazione costituzionale della Respublica. Tra gli altri .J.C. MERLE, Linstitutionalisation du droit de rsistance chez Fichte in J.C. ZANCARINI (ed.) le droit de rsistance Xie-Xxe sicle Paris 1999 e A. RENAUT Prsentantion J.G. Fichte Fondement du Droit Naturel selon les principes de la doctrine de la science (1796-1797) e Id. Le sistme du droit. Philosophie et Droit dans la pense de Fichte Paris, PUF, 1986. C. CESA, Noterelle sul pensiero politico di Fichte in Rivista critica di storia della filosofia, 23, 1968 2. Particolare sulla teoria delleforato pp. 65-73. Ac ne Lycurgi quidem disciplina tenuit illos in hominibus Graecis frenos; nam etiam Spartae regnante Theopompo sunt item quinque quos illi ephoros appellant [...] ut contra consulare imperium tribunis plebis, sic illi contra uim regiam contituti. CICERONE De legibus, II, p. 33 (58).

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daltronde, che non sono conosciuti riferimenti n diretti, n indiretti che dimostrino, o suggeriscano, che Fichte si sia confrontato effettivamente con la tradizione monarcomaca o con Althusius, ammettendo di basare la sua ipotesi su una semplice assonanza concettuale. In una nota esplicativa nel Diritto Naturale Fichte chiarisce che:
leforato (nel senso stretto della parola), qui dedotto dalla pura ragione, del tutto diverso dalleforato nellordinamento spartano, dallinquisizione di Venezia e da istituti simili. I tribuni della plebe della Repubblica romana hanno con esso la maggiore affinit.23

Si tratta di una precisazione preziosa perch avvalora una tesi di Martial Gueroult. stato infatti linterprete francese a sostenere con decisione la filiazione di questa figura da quella del Tribunat nel Contratto Sociale di Rousseau24. Nel cap. 5 del quarto libro di questopera Rousseau definisce il Tribunat come l'organo che conserva le leggi e il potere legislativo:
Il sert quelquefois protger le Souverain contre le Gouvernement, comme fasoient Rome les Tribuns du peuple, quelquefois soutenir le Gouvernement contre le Peuple, comme fait maintenant Venise le conseil des Dix, et quelquefois maintenir lquilibre de part et dautre, comme fasoient les Ephores Sparte.25

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Quare nec ephori Lacedaemone sine causa a Theopompo oppositi regibus, nec apud nos consulibus tribuni CICERONE, De republica III, p. 16. GA I/3, p. 449 (tr. it. p. 153). M. GUEROULT, tudes sur Fichte Paris 1974, p. 221. Generale concordanza tra gli interpreti vi sul fatto che Fichte pensi direttamente o indirettamente al Jury constitionnaire di Sieys. CS, Lb. IV, cap. V, p. 454.

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Come si vede chiaramente, la nota di Fichte riprende, da un lato, i medesimi riferimenti storici (gli efori spartani, il Consiglio dei Dieci e i tribuni della plebe) del passo citato del Contrat social; e, dallaltro, distngue in modo speculare a Rousseau le funzioni degli efori spartani e Consiglio dei dieci, da un parte; e tribuni della plebe, dallaltra. Oltre alla concordanza testuale vi un altro elemento che fa propendere decisamente per questa tesi. Negli anni di redazione del Diritto Naturale, Fichte ha avuto sotto mano le bozze della traduzione curata da Franz Wilhelm Jung che, seppur pronta nel 1795, uscir solo nel 1801 con il titolo Vom gesellschaftlichen Vertrage oder ber die Grundstze der Staatslehre vom Johann Rousseau (Neu bersetzt, Frankfurt am Main 1801), e che era stato oggetto di un vivo dibattito tra i suoi studenti. A testimoniarlo sono sia una lettera di Isaac Von Siclair al traduttore del 1794, nella quale fa menzione ad alcuni rilievi discussi con Ebel, che aveva portato allattenzione del traduttore; sia unaltra lettera dello stesso Jung a Ebel datata 24 marzo 1801, nella quale afferma che sei anni primaquindi nel 1795- Fichte aveva conosciuto il lavoro e si era adoperato per farlo pubblicare26. A suffragare ulteriormente questa ipotesi sono le stesse mansioni delleforato che ora prenderemo in esame.

3 Le funzioni delleforato: interdetto e processo

Le tribunat nest point une partie constitutive de la Cit, et ne doit avoir aucune portion de la puissance lgislative ni de lexcutive, mais cest en cela mme que la sienne est plus grande: car ne pouvant rien faire il peut tout empcher.27

Al Tribunato Rousseau ascrive un potere esclusivamente negativo. Questorgano pu impedire tutto, ma non pu in alcun
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E. F UCHS, Fichte im Gesprch, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann Holzboog, 1994 e ss. (da ora = FG) 1994, vol. 6 pp. 64 e 554-555. CS, p. 454.

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modo operare positivamente. Per lui le Tribunat sagement tempr est le plus ferme appui dune bonne constitution; mais pour peu de force quil ait de trop il renverse tout. Quando sia in possesso di troppo potere, il tribunato pu degenerare facilmente in tirannia perdendo la sua funzione moderatrice, iniziando a decidere le leggi, invece di proteggerle. Fichte sembra riproporre completamente quanto affermato al riguardo da Rousseau. Priva infatti il suo Eforato di ogni forma di potere positivo, vale a dire esecutivo, attribuendogli un semplice potere proibitivo. Come si visto in precedenza, la sua opposizione radicale al principio della divisione dei poteri si basa sul fatto che il potere esecutivo formula giudizi inappellabili, ai quali non si pu opporre nessuna istanza, perch, se solo ve ne fosse una in grado di farlo, essa stessa si dimostrerebbe vera sovrana. Gli efori pertanto non possono n formulare giudizi nei confronti del sovrano, perch altrimenti lo vincolerebbero alla loro volont, n tantomeno amministrare positivamente la giustizia, perch il magistrato, cio il detentore dellesecutivo, lunico giudice di ogni forma di conflitto. Agli efori attribuito allora esclusivamente un potere proibitivo assoluto. Non possono limitarsi a censurare una particolare delibera, perch altrimenti sarebbero in grado di esprimere un giudizio sul sovrano e ne rappresenterebbero in questo modo unistanza di possibile appello, o potrebbero addirittura condizionarlo, per esempio, ricattandolo o minacciandolo. Possono, invece, sospendere il potere pubblico in toto. Fichte paragona questa sospensione alla censura della figura giuridica dellinterdetto nel diritto canonico. 3. a) Linterdetto Linterdetto originariamente una figura del diritto romano, un ordine emanato dal pretore in conformit alleditto promulgato alla sua entrata in carica su richiesta di un cittadino per la tutela di un interesse privato o collettivo. Ve ne sono tre tipi: lesibitorio, con il quale si ingiunge di esibire cose o persone; il restitutore, che decide la restituzione di cose o persone; e il proibitorio, che obbliga ad astenersi da determinati atti. Nel caso sia rispettato, linterdetto evita il ricorso al processo che si svolge, invece, nel caso di sua inottemperanza. Nel diritto canonico codificato nel XIV secolo,
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linterdetto indica una censura, cio vieta a determinate persone (interdetto personale), o in determinati luoghi (interdetto locale), la celebrazione o la partecipazione ai riti ecclesiastici. Conosciuta come Questione dellinterdetto la controversia sorta tra la Serenissima Repubblica di Venezia e la Santa Sede allinizio del XVII secolo. Il 17 aprile del 1606 Paolo V lanci linterdetto locale contro tutto il territorio della repubblica scomunicandone il Senato per il rifiuto a rimettere al tribunale ecclesiastico due religiosi macchiatisi di reati comuni, di ritirare lobbligo di previa autorizzazione del Senato allerezione di ospedali e chiese (luoghi pii) e la loro cessione al clero, come pure labolizione del diritto di prelazione degli ecclesiastici sui beni enfiteutici. La Serenissima impose al clero di continuare lesercizio delle proprie funzioni espellendo quegli ordini regolari che si opposero, come i Gesuiti. La diatriba si risolse il 21 aprile 1607 con la consegna dei due ecclesiastici (con la mediazione francese), la sospensione delle tre leggi e il ritiro di scomunica e interdetto da parte di Paolo V. Proprio la Questione dellinterdetto mostra la costellazione concettuale medievale in cui si inserisce, vale a dire la lotta tra autorit spirituale e temporale, cio tra forze limitate e capaci di produrre diritto, che entrano in conflitto al fine di allargare confini e competenze delle rispettive potest. La figura giuridica dellinterdetto si iscrive in un contesto giuridico complesso e, come mostra questo tipo di controversia, conflittuale pure a livello di giurisdizioni, e pertanto appartiene ad un contesto completamente altro rispetto al diritto naturale moderno che mira a estiguere e neutralizzare questa tipologia di conflitti, semplificandone la complessit, cio uniformando le diverse legislazioni. La sua trasposizione da parte di Fichte allinterno della costellazione concettuale moderna fondata da Hobbes - quella atta alla generatio magni illius Leviathan, vel, ut dignius loquar, mortalis Dei, cui pacem et protectionem sub Deo immortali debemus omnem 28, ossia
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Leviathan cap. XVII V. L. p. 131(generation of the great LEVIATHAN or rather, to speak more revently, of that mortal God, to which under the immortal God our peace and defence; Vers. Ingl. p. 158; tr. it. p. 143).

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di quel diritto indipendente o coincidente con lautorit religiosa, lecclesia - non pu allora che risultare problematica. Se gli efori esercitano un potere assolutamente negativo, la prima questione che ci si pone riguarda il modo in cui costoro possano far valere la loro decisione. Fichte, immerso nella logica di autorizzazione formale del suo trattato, immagina che il loro decreto serva a delegittimare gli atti del sovrano, a rompere il vincolo comando-obbedienza, facendoli ritornare da detentori della sovranit alla condizione di semplici privati cittadini. Mediante linterdetto le azioni e gli ordini dei magistrati sarebbero privati di qualsiasi valore legale e, pertanto, non risulterebbero pi vincolanti. Se allora nel diritto romano linterdetto doveva evitare il processo, nel Diritto Naturale di Fichte, invece, lo istituisce tanto che lo stesso annuncio dellinterdetto allo stesso tempo convocazione della comunit29. 3. b) Il processo La comunit viene cos convocata al fine di essere giudice nel processo istituito con linterdetto. Un tale processo vede, da una parte, sul banco degli imputati, gli ex Magistrati; e dallaltra, su quello dellaccusa, gli efori. La prima decisione, che la comunit deve prendere, concerne la validit legale dellinterdetto: cio quella di autorizzare o meno il processo. La comunit pertanto subito chiamata a legittimare o meno lazione degli efori che avevano proprio la funzione di rappresentarla. Ogni decisione della comunit diviene legge costituzionale30e retroattiva31, perch il popolo riunito in comunit detiene il vero e proprio potere costituente. Il problema, come vedremo in seguito, come possa riunirsi e comporre una voce sola quando, Fichte sposando il principio rappresentativo, ha previsto per esprimere la voce e la volont del corpo politico, e quindi della stessa comunit, prima i magistrati e, poi, gli efori. Linterdetto sottrae pertanto ogni valore legale agli ordini dei magistrati, perch con esso gli efori esprimono la volont della comunit da cui sono
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GA I/3, p. 450 (tr. it. p. 154). Ivi, p. 450 (tr. it. p. 154). Ivi, p. 451 (tr. it. p. 155).

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stati autorizzati a lanciarlo. La parte perdente al processo dichiarata colpevole di alto tradimento e viene cos espulsa dal corpo politico. Nel caso degli efori: per aver arrestato il compito supremo della Res Publica, cio il procedere del diritto; nel caso dei magistrati: per essersi serviti del potere dello Stato per loppressione del diritto32. Si tratta di una procedura che risolve il conflitto tra le massime istituzioni dello Stato. Il processo rappresenta lultimo argine legale per evitare la guerra civile, un argine che rappresenta lesatto confine di validit del potere e della logica che lo sorregge.

4 Eforato e costituzione: la rappresentanza fiduciaria


Come ricordato in precedenza nel 1796 Fichte indica leforato come das wesentliche Bestandtheil jeder Constitution33. Il significato di questo istituto va perci compreso in rapporto alla costituzione e, pi precisamente, al concetto di costituzione utilizzato da Fichte, prima nel Diritto naturale, e poi nel corso di dottrina del diritto del 181234. Costituzione traduce due termini tedeschi: Konstitution35 e Verfassung. Nel 1796 e 1797 Fichte utilizza i due termini pressoch come sinonimi. Si pu infatti attribuire a Constitution un significato pi ristretto e in qualche modo pi eminentemente giuridico, mentre Verfassung tende ad abbracciare una serie di significati anche non specificamente giuridico-formali tanto che Fichte per caratterizzarne il senso utilizza le forme composite Staatsverfassung36 e Rechstverfassung37, o gli attributi
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Ivi, p. 453 (tr. it. p. 156). GA I/3, p. 328 (tr. it. p. 15). A proposito del rapporto tra eforato e costituzione si veda C. DE PASCALE, Etica e diritto, La filosofia pratica di Fichte e le sue ascendenze kantiane, Bologna, il Mulino, 1994, pp. 389 e ss. Nel 1796/97 Fichte utilizza Constitution mentre nel 1812 Konstitution. GA I/3, pp. 227; 446 e 449 e GA I/4, p. 40.

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brgerliche38 e rechtliche39. La distinzione diviene pi chiara nel 1812, e ci va probabilmente messo in relazione con quanto Fichte aveva esposto nelle sue Reden an die Deutsche Nation a proposito dei Fremdwrter 40. Non si intende tanto affermare che Fichte conii due significati distinti di costituzione, quanto segnalare che i due termini sembrano acquisire con il passare del tempo, almeno nei suoi scritti eminentemente giuridici, due valenze distinguibili e non univoche e che, essenzialmente, al termine Konstitution sia ascrivibile un significato pi eminentemente tecnico-formale. La costituzione la terza e conclusiva sezione del diritto di cittadinanza (Staatsbrgerrecht) che segue la trattazione del contratto di cittadinanza (Staatsbrgervertrag) e della legislazione civile (brgerliche Gesetzgebung)41. La costituzione la legge che riguarda il modo in cui la legge stessa deve essere resa esecutiva42. Va intesa pertanto come Grundgesetz, corpo delle leggi fondamentali dello Stato. Nel 1812 Fichte definisce Konstitution come die absolute Begrndung des Rechts in die Wirklichkeit, la fondazione assoluta del diritto nella realt effettuale43. La costituzione indica allora la struttura portante ed istituzionale dello Stato, e corrisponde al contenuto delle carte costituzionali moderne e, daltra parte, Fichte non pu che riferirsi alle redazioni delle costituzioni francesi di quegli anni, che erano dibattute dai suoi studenti in relazione al contrat social proprio nel momento in cui stava redigendo il suo corso di Diritto Naturale. Fichte utilizza peraltro un concetto di costituzione prossimo a quello elaborato da Kant nel Per la pace
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GA II/13, p. 198, 206, 224, 227. GA I/4, p. 59. GA I/4, p. 75 e GA II/13, p. 209. J.G. FICHTE, Reden an die deutsche Nation, Hamburg, Meiner, 1978 p. 69 [tr. it. G. Rametta (a cura di), J.G. FICHTE, Discorsi alla nazione tedesca, Bari, Laterza, 2003 pp. 58-59]. GA I/3, p. 322 (tr. it. p. 11). GA I/3, p. 328 (tr. it. p. 15). GA II/13, p. 279.

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perpetua, laddove costituzione veniva definito der Akt des allgemeinen Willens, wodurch, die Menge ein Volk wird44. proprio il fatto che sia la comunit ad essere invocata e chiamata a decidere il processo tra le due massime istituzioni dello Stato ad indicare non solo che essa rappresenta de facto il potere costituente, ossia listanza che definisce lo Stato, in quanto gli d forma, ma anche che il processo costituisce lultimo argine della legalit dello Stato prima della guerra civile che ne decreta la fine. Si tratta allora di interrogare il modo di darsi della costituzione, ossia il modo in cui il diritto sia da fondare nella realt effettuale. Fichte, come si detto, concorda con Kant sul principio rappresentativo: anche per lui (come pure del resto per Hobbes) lunico modo per rendere una moltitudine popolo, ossia un soggetto dotato di una sola volont, la rappresentazione: il governo deve pertanto essere trasmesso. Dalla trattazione di Kant quella di Fichte si distingue in virt della critica che muove alla divisione dei poteri. La legittima istanza di controllo- al fatto che il potere esecutivo operi conformemente al diritto- che la divisione dei poteri dovrebbe garantire- viene assolta nellidea costituzionale di Fichte dalleforato, con le prerogative di controllo e sorveglianza e lo strumento dellinterdetto che abbiamo analizzato. una soluzione problematica come aveva, del resto, gi notato Rousseau. infatti solo il tribunato saggiamente temperato per il ginevrino - ad essere le plus ferme appui dune bonne constitution. Non appena esso per abbia un po troppa forza il renverse tout. A suffragio di questa tesi Rousseau richiamava le degenerazioni dellEforato spartano, dei tribuni romani, del Consiglio del Dieci. Le meilleur moyen per prevenirne le usurpazioni quello di ne pas rendre ce corps permanent, di fissare quindi degli intervalli di tempo, non troppo lunghi, in cui esso sia soppresso45. Fichte aggiunge unaltra modalit degenerativa di questo istituto: la possibilit che gli efori si alleino con il potere esecutivo, fatto che significherebbe la corruzione, irrimediabile sul piano giuridico, del corpo politico. a questa altezza che si
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Akad. Aus. VIII, p. 351 (tr. it. p. 57). CS, p. 454.

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comprendono alcune peculiarit del tipo di rappresentanza degli efori ipotizzato in questo contesto. Fichte riprende parzialmente lindicazione di Rousseau preferendo, per, alla soppressione a intervalli, la sostituzione periodica degli efori che riceverebbero pertanto un mandato temporaneo. Leforato perci una carica limitata temporalmente e le sue facolt devono essere descritte dalla costituzione. Lunica considerazione di Fichte in proposito che a nominare gli efori non possano essere i detentori del potere esecutivo. Lo giudica insensato perch ne comporterebbe la dipendenza dallorgano che dovrebbero controllare. A nominarli dovrebbe essere il popolo secondo modalit descritte- per lappuntodalla Costituzione. Gi Reinhold, nella recensione al Diritto Naturale pubblicata nella Allgemeine Literatur Zeitung del novembre 1798, aveva sottolineato che i magistrati, detentori di un potere assolutamente positivo (indicabile con il simbolo algebrico +1), e leforato, dotato di un potere assolutamente negativo (corrispondente a -1), scontrandosi, non possano che produrre un valore nullo, ossia uno Stillstand del diritto46. Daltronde, lo stesso Fichte si era gi mostrato daccordo in linea di principio con questo argomento quando aveva criticato la divisione dei poteri proposta da Kant. La questione non sembra per poter ridursi a un problema di algebra elementare. Per Fichte, lEforato rappresenta la comunit in modo diverso. Non la rappresenta mediante un meccanismo di autorizzazione, come nel caso dei magistrati, ma sulla base di un legame fiduciario. Sono almeno tre le occasioni in cui Fichte lo evidenzia nellargomentazione: dapprima, descrivendo leforo come colui sul quale cade locchio e la fiducia del popolo47; poi, considerando il fatto che gli efori, se instaurassero rapporti damicizia e clientela con i magistrati, perderebbero il Zutrauen del popolo48; ed infine, nel
46

E. F UCHS, W. JACOBS, W. SCHIECKE, Fichte in zeitgenossischen Rezensionen Stuttgart Bad Cannstatt, Frommann Holzboog, 1995 e ss., p. 135. GA I/3, p. 456 (tr. it. p. 160). GA I, 3, p. 455 (tr. it. p. 160).

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sottolineare la delicatezza della funzione delleforato, indica come siano uomini particolarmente anziani e maturi a dover essere nominati efori49. Tutti questi elementi suggeriscono come segno peculiare della rappresentanza degli efori un elemento metagiuridico.50 Se Treue e Glaube rappresentano le condizioni di possibilit del rapporto giuridico nello Stato di natura, quando esse non possano essere garantite, richiedono la costruzione dello Stato civile mediante un meccanismo di autorizzazione. Vanno intesi come elementi estranei al diritto (modernamente inteso) perch estranei al suo metodo e alla sua logica. In summa: gli efori rappresenterebbero la volont originaria che ha generato il corpo comune; rappresenterebbero quella comunit capace di esprimere una volont costituente: quella volont che giusta perch conforme al diritto originario (Urrecht). Del resto, al fine che gli efori possano assolvere al loro incarico, Fichte ne prevede linviolabilit per legge: gli efori sono sacrosancti, non sono n perseguibili, n tantomeno condizionabili, da parte del potere esecutivo. Ora, se leforato rappresenta la comunit in base ad un elemento fiduciario, questa figura si colloca al limite del dominio del principio giuridico, del metodo della trattazione e quindi del suo ambito di validit. La dottrina del diritto deve procedere senza far leva sui principi di Treue e Glaube laddove la morale pu dare una sanzione semmai aggiuntiva. Ma non aggiunge nulla sul piano del diritto dove non ha alcun valore far leva sulla volont buona. Daltra parte, la stessa costituzione a rappresentare il passaggio dalla scienza alla vita, da un lato, concludendo certo la trattazione della dottrina del diritto; e dallaltro, introducendo gi degli elementi che appartengono ad un altro ordine dimostrativo: a quella politica che Fichte proprio a questa altezza si premura di distinguere dalle competenze della Rechtslehre. Nel .21 dedicato alla Costituzione Fichte, dopo aver definito politica: quella scienza che ha a che fare
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Ibidem p. 451 (tr. it. p. 155). Un elemento messo in rilievo da G. RAMETTA, Diritto e potere in Fichte in G. DUSO (a cura di), Il potere. Per la storia della filosofia politica moderna, Roma, Carocci, 2001, p. 289.

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con uno Stato particolare determinato da caratteri contingenti (empirici), e che prende in considerazione come la legge giuridica si possa realizzare, in esso, nel modo pi opportuno, ne distingue chiaramente il dominio da quello della scienza giuridica, tanto da affermare che tutte le sue questioni non hanno nulla a che fare con la nostra scienza, la dottrina del diritto, che puramente a priori, e devono essere tenute accuratamente distinte da essa.51 Alla politica appartiene esclusivamente lambito storico- filosofico della scienza giuridica che coniuga e figura i principi eterni della scienza a priori nel contingente, nella dimensione storica o empirica52. un modo di affermare che la trattazione delleforato si colloca ai limiti della validit della scienza giuridica tanto da non resistere alla critica mossa dalla logica del diritto naturale moderno. Come possibile infatti che leforato rappresenti la comunit quando alla rappresentazione della stessa deputato il potere esecutivo? E anche quando cos fosse, chi garantir che i detentori del potere esecutivo si lasceranno processare quando loro stessi controllano il potere esecutivo, lapparato poliziesco che fa valere nello Stato ogni delibera? E poi, chi potr mai garantire che i magistrati e gli efori non si mettano daccordo e governino lo Stato in modo contrario al diritto (rechtswidrig)?

5 Eforato e formalismo giuridico


5. a) Leforato naturale Nel 1796, nonostante non condivida le preoccupazioni a proposito delle possibili derive dellEforato, che considera anzi piuttosto improbabili, Fichte tratta comunque questa possibilit
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GA I/4, p. 80 (tr. it. p. 249). A proposito da ricordare la distinzione dei tipi di sapere elaborata da Fichte nel primo corso sulla Bestimmung des Gelehrten del 1794 GA I, 2 121-123. Cfr. Anche R. LAUTH Einleitung zu J. G. FICHTE, Die spte wissenschaftliche Vorlesungen II Stuttgart- Bad Cannstatt, Frommann Holzboog; 2003, pp. XV-LVIII, in particolare p. LVI.

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perch una scienza rigorosa deve occuparsi [anche] di ci che inverosimile53. Sebbene giudichi inverosimile che la condizione morale del popolo sia cos misera e, tanto pi dubitando che dovendo essere nominati 54 efori i migliori, uomini anziani e maturi (alte und gereifte Mnner) della comunit, si possa verificare una tale evenienza, si sente tuttavia in dovere di considerare anche il caso che gli efori si accordino con il potere esecutivo a danno della comunit. a questo punto che Fichte introduce la figura degli efori naturali. Quando i detentori del potere esecutivo ed efori si alleino in modo contrario al diritto (rechtswidrig), si pone il problema di come debbano essere esautorati. Fichte, criticando la definizione di ribellione per descrivere una sollevazione popolare in virt del principio della sovranit popolare, perch ci si ribella propriamente solo a una istanza superiore e nulla vi pu essere immanente allo Stato di superiore al popolo, indica due possibili modalit dazione della comunit. La prima lazione congiunta di tutti i suoi membri, ossia la (ri)attivazione del potere costituente. La seconda la chiamata allazione da parte di singoli. Si tratta degli efori naturali, tutori della nazione aldil della forma giuridica. La loro azione sar perseguibile fintantoch non sar autorizzata dalla comunit dopo che essa si sia sollevata. Rischiano per di essere condannati e puniti se il loro appello cade nel vuoto. Avrebbero dovuto conoscere meglio la loro nazione sostiene Fichte. Con il loro insuccesso e la conseguente condanna pagherebbero allora un giudizio imprudente. Il confine tra lessere eroi e ribelli qui labile quanto abissale, a seconda che si colga il punto di vista soggettivo o oggettivo di una scelta ed azione in rapporto a un contesto che pu essere pi o meno favorevole. Sono le circostanze a determinarne il destino. lo spazio della prudenza (Klugheit) che governa il campo della politica che, come abbiamo sottolineato in precedenza, non ha nulla a che fare con la scienza giuridica. Far leva sullidea di diritto contro la sua forma positiva riapre uno spazio filosofico di accezione platonica in favore di un concetto
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GA I/3, p. 456 (tr. it. p. 161). Preferisco cambiare qui la traduzione italiana per ernennen.

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di politica che non la riduce alla semplice applicazione e amministrazione, ma che sembra invece rimandare ad una concezione della politica come Kunst, vale a dire come arte e figurazione nel mondo sensibile dellidea di diritto. Idee il concetto fondamentale delle opere popolari del biennio 1804-1806 nelle quali Fichte articola il piano storico- filosofico della sua filosofia55. I concetti a priori della ragione divengono nella pratica idee che rappresentano la guida della vita etica. Nel 1812 indica il dovere del suo tempo la realizzazione completa del concetto, e quindi dellidea del diritto, su cui fa leva anche la possibile azione contro il potere costituito. Sembra insomma procedere in una direzione che, facendosi carico dellimpossibilit di soluzione della dimensione giuridica in un sistema formale, prospetta una pratica politica ispirata dallidea di diritto non tanto nei termini di applicazione di un modello, quanto in quelli di figurazione e formazione (Bildung). a questa altezza che la scienza giuridica di Fichte si rivela pi come un comprendere immanente e dissolvente la logica del diritto naturale moderno, che come vero e proprio trattato. Un attraversamento tale da metterne in evidenza le contraddizioni, indicando al tempo stesso lulteriorit della pratica politica e filosofica al suo dominio metodologico e obiettivo56. Si tratta evidentemente di un problema complesso che qui pu essere solo indicato; di una questione tanto pi delicata, quanto il percorso di Fichte non risulta lineare. Si tratta di un percorso composto pi da rimandi, che da formulazioni decise;
55

SullIdeenlehre si rimanda allottimo lavoro di H. TRAUB, Johann Gottlieb Fichtes Populrphilosophie 1804-1806, Stuttgart- Bad Cannstatt, Frommann Holzboog, 1992. Alcune considerazioni a proposito si possono trovare in C. D E PASCALE, La teoria e la pratica del diritto in DAIMON, 9, 1994, pp. 275-288, G. DUSO La philosophie politique de Fichte: de la forme juridique la pense de la pratique in Fichte-Studien, 16, 1999, pp. 191-211 e Politische als praktische Philosophie bei spten Fichte in E. FUCHS, M. IVALDO, G.MORETTO (a cura di), Der transzendentalphilosophische Zugang zur Wirklichkeit. Beitrge aus der aktuellen Fichte-Forschung, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 2001, pp. 533-551. pp. 393-409 e G. RAMETTA, Diritto e potere in Fichte, cit.

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che si articola anche, e soprattutto, in abbozzi e tentativi. Si tratta di una prospettiva probabilmente non elaborata fino in fondo, e certamente non tematizzata in quanto tale: Fichte non scrive nessun trattato sulla politica, e le considerazioni che vi dedica nei diversi ambiti disciplinari e nei diversi tempi della sua riflessione possono apparire anche incoerenti e contraddittorie. Ma si di fronte, comunque, ad una prospettiva affascinante, come mettono in evidenza le considerazioni conclusive formulate nelle ultime lezioni della Rechtslehre del 1812, che siglano labbandono definitivo delleforato come parte della costituzione e, quindi, come istituto giuridico. 5. b) Labbandono delleforato: il diritto tra idea e forma Nel 1812 Fichte si mostra molto pi scettico sulla natura umana e sulle qualit morali della nazione rispetto al 1796/97. La Rechtslehre di Berlino priva di alcuni elementi ancora ottimistici presenti nelle considerazioni di Jena a proposito dei problemi qui trattati. Ed probabilmente questa amarezza a permettere lo sfaldamento di alcune resistenze che si basano pi su un orizzonte ideale etico, che sulla razionalit formale del diritto. Daltra parte, non sono in fondo il degrado etico, la corruzione, il giudizio antropologico negativo sullumanit a rappresentare alcune delle condizioni di pensabilit della scienza politica moderna? In una delle lezioni conclusive del suo corso dedicato alla Rechtslehre a Berlino, Fichte torna ancora ad interrogarsi sulleforato, ripensando alle formulazioni esposte a Jena57, e dichiara di non ritenerlo pi- nach einer reiferen berlegung - una soluzione efficace e soddisfacente al problema del controllo. Fichte solleva innanzitutto il dubbio su chi debba controllare il controllore, ossia su chi possa garantire che leforato agisca solo quando il diritto sia violato, e non, invece, per fare il proprio interesse, seguendo il proprio Privatwille prestando il fianco alla critica della cattiva infinit secondo Hegel. Fichte considera poi che il potere esecutivo user senzaltro la sua forza per fare pressione fin dallinizio e non permetter tanto facilmente di
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Cfr. R. SCHOTTKY, Einleitung a J.G. FICHTE, Rechtslehre. Von Ostern bis Michaelis, Hamburg, Meiner 1980, pp. XIX-XXV.

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essere privato della propria autorit58. Lo fa ripercorrendo le stesse considerazioni effettuate allaltezza della critica della divisione dei poteri. Una critica che risulta valida ed efficace, in questa logica, per ogni potere istituzionalizzato. Ogni potere pu infatti svincolarsi dalla volont che lo istituisce. un problema di forma e Fichte lo comprende come tale: se formalmente infatti indubitabile che il popolo esprima il giudizio giusto, sar poi effettivamente cos nella realt, materialiter?59 Sar vero che la maggioranza esprime un giudizio migliore della riunione dei pi saggi che dovrebbero essere nominati magistrati ed efori? De facto Fichte riprende, ma con pi forza e realismo, il medesimo giudizio del 1796: il fatto che gli efori, vale a dire il collegio dei migliori, abbiano cos poca virt da non resistere alle tentazioni va assunto come un segnale chiaro ed inequivocabile che il popolo che rappresentano non in grado di proteggersi da solo. In questo caso risulta pertanto impossibile che tale popolo possa dotarsi di una costituzione migliore di quella che ha. In summa: la realizzazione di un eforato, come membro di una costituzione non realizzabile perch gli esseri umani sono troppo cattivi: fino a che non diventino migliori, costoro dovranno allora avere una costituzione che non ha bisogno di alcun eforato istituzionalizzato.60 Fichte propone allora una forma pi articolata di eforato naturale: il pubblico colto e capace di coltivarsi. A questo eforato spettano i due compiti propri di questo istituto: da una parte, ammonire i governanti; dallaltra, quando questo non serva, convocare la comunit. Ma ora lo ha svincolato da ogni istituzionalizzazione. Con leforato Fichte sembra pertanto, dapprima cercare di mantenere aperta la via della rivoluzione allinterno dellordinamento giuridico, poi voler legittimare a posteriori la
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GA II/13, p. 283. Ibidem, p. 282. Ibidem, p. 284.

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possibilit di una rivoluzione sul modello di quella francese: Critica illuministica e rivoluzione borghese. In questo modo Fichte si emancipa in queste considerazioni dal formalismo della sua elaborazione giuridica jenese e del modello giusnaturalista moderno. Non essendovi garanzie formali efficaci, capaci di imporre la Herrschaft del concetto di diritto, lunica via affidare il governo ai migliori. Soluzione che vale certo solo come criterio di giudizio sul grado di giuridicit di un determinato Stato, e non evidentemente come modello di uno Stato da realizzare; perch altrimenti si porrebbe il problema di come effettuare e garantire la selezione di tali presunti migliori61. Su tale problema si interrogher nuovamente nelle conferenze di filosofia applicata (Staatslehre) del 1813 nelle quali per non far alcun cenno alleforato. Sul problema del controllo e sulleforato sein letztes Wort pertanto quella del 1812 e sembra avvicinarsi considerevolmente alle considerazioni di Kant sulla pubblica opinione nel 179762. Il sovrano rimane, allinterno della logica giuridica moderna, irresistibile e lunica speranza che si ravveda dei possibili errori la formazione di unopinione pubblica capace di ammonirlo e di garantire pertanto il diritto con lesercizio della critica. Lunica speranza per il miglioramento della vita dello Stato allora il progresso della formazione dellintelletto e delleticit e la silenziosa azione delleforato in questo progresso63. Questo il modo con cui Fichte, quasi concordando con il suo maestro, sembra rispondere a quella richiesta avanzata nel 1796 a Kant a proposito delleforato, e alla quale probabilmente Kant diede gi, a suo modo, immediata risposta nel 1797.

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Cfr. F. O NCINA COVES, Critereologia fichteana del derecho: corporeidad y eforato in Estudios Filosoficos, 118, 1992, pp. 475-522. Cfr. Considerazione A della Considerazione degli effetti giuridici derivati dalla natura della societ civile in I KANT, Methaphysische Anfangsgrnde der Rechtslehre (Ak.,VI, pp. 318 e ss. ; tr. it. pp. 148 e ss.). GA II/13, p. 284.

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FI LO SOFIA DELLA RELI GIONE NE L L E L EZIO NI I-IV DELL A A NWEIS UNG ZUM SEE LIGEN L EBEN
FRANCO GILLI

D IALETTICA , ONTO LO GIA E

Abstract From the analysis of the ontological conception of Fichtes Seynlehre and Gotteslehre, in particular in the 1st, 2nd and 3rd lessons of the Anweisung zum seeligen Leben, we become to the arrival point of his Transzendentalphilosophie, that we can resume with the expression to concept the inconceivable (Begreifen des Unbegreiflichen): the absolute is inconceivable (unbegreiflich) and invisible, because its the fundament of the same light (Grund des Lichtes), the clearest point (das Allerklarste), that appears as invisible because of its infinite and untenable brightness. The philosophical reflection comes to the annihilation of the concept (Vernichtung des Begriffs) in front of the inconceivable (Unbegreifliches). Even the Wissenschaftslehre will modify its value and will be a real docta ignorantia in critictranscendental meaning. The inexhaustibleness of the absolute constitutes its highest cipher: it is, always indirectly and per via negationis, sign of the vitality (Lebendigkeit) inside the absolute itself. The philosophical reflection rach here its limit (or its apex).

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Lobiettivo del presente contributo consiste in una lettura interpretativa delle prime lezioni dellAnweisung zum seeligen Leben di J. G. Fichte1 ed volto ad individuare ed enucleare i plessi concettuali centrali della concezione dialettica ed ontologica della Seynlehre e della Gotteslehre fichtiane, cos come vengono sviluppati nel corso delle lezioni popolari dedicate alla Religionslehre ed alla Seeligkeitslehre.

1 Brevi cenni al contesto storico-biografico. La Populrphilosophie di Fichte


Nella lettera ad Hanstein del 2 gennaio 1806 2, Fichte esprime il proprio disappunto per il diffondersi della falsa opinione, secondo la quale sarebbe stato pronunciato un divieto in riferimento alle annunciate lezioni domenicali sullAnweisung zum seeligen Leben. Contemporaneamente a questo corso, e pi precisamente agli inizi di febbraio, vengono date alle stampe le dieci lezioni tenute ad Erlangen nel semestre estivo del 1805 sulle caratteristiche del dotto, con il titolo ber das Wesen des Gelehrten und seine Erscheinungen im Gebiete der Freiheit3. Nella lettera del 9 marzo 1806 a K. A. Von Hardenberg 4, Fichte inoltra al Re la richiesta per un impiego stabile ad Erlangen, richiesta che verr accolta con la nomina di Fichte a Professore ordinario di filosofia allUniversit (il 18 marzo 1806).

GA I/9, pp. 1-212. Le lezioni dellAnweisung hanno inizio domenica 12 gennaio 1806 (tra le 12.00 e le 13.00) per concludersi il 30 marzo, con ununica interruzione il 19 gennaio (per problemi di salute da parte di Fichte); tr. it. a cura di G. Moretto in J. G. Fichte. La dottrina della religione, Napoli, Guida, 1989, pp. 241-406 [Abbreviazione: A]. GA III/5, pp. 323-325. GA I/8, pp. 37-139. GA III/5, pp. 336-337.

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Il 3 aprile dello stesso anno, viene annunciata la pubblicazione de Die Grundzge des gegenwrtigen Zeitalters5, mentre il 22 dello stesso mese Fichte prende accordi presso leditore Reimer per la pubblicazione dellAnweisung zum seeligen Leben. Le tre serie di lezioni tenute in parallelo ai corsi sulla Wissenschaftslehre e sui Principien vedono, dunque, la pubblicazione tra il febbraio e laprile 1806. lo stesso Fichte a definire i tre testi come opere popolari o filosofia popolare (Populrphilosophie), proprio per distinguerli dai corsi sulla Wissenschaftslehre, la cui impostazione metodologica risulta essere quella specificatamente scientifica. In una lettera a Jacobi dell8 maggio 1806, Fichte dichiara esplicitamente: [] nelle lezioni allegate, soprattutto nellAnweisung, credo di aver espresso chiaramente i risultati del mio sistema di pensiero. [] Come io la pensi con il concepire linconcepibile in quanto tale, sar dunque altrettanto chiaro in queste lezioni6. Nonostante la consapevolezza da parte di Fichte della rilevanza del proprio lavoro, le tre opere non incontrano il favore della critica, incorrendo in non poche difficolt per quanto riguarda la censura. Nellestate 1806, Fichte si ripropone alcune pubblicazioni: gli Jahrbcher des wissenschaftlichen Geistes im 19th Jahrhundert e la redazione de Bericht ber den Begriff der Wissenschaftslehre und die bisherigen Schicksale derselben7. I suoi progetti non si limitano alla produzione editoriale: oltre al piano per la pubblicazione periodica di testi di ununiversit tedesca e le idee per lorganizzazione

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GA I/8, pp. 141-396. Ich glaube in den beigeschlossenen Vorlesungen, besonders in der Anweisung ec. die Resultate meines Denksystems klar ausgesprochen zu haben (GA III/5, p. 354). La lettera prosegue: [] Wie ich es mit dem Begreifen des Unbegreiflichen, als solchen, meine, wird in diesen Vorlesungen wohl gleichfalls klar (Ibidem, p. 356). Pubblicato a cura del figlio sotto il titolo Zur Einleitung in die Wissenschaftslehre.

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delluniversit di Erlangen, egli manifesta lintenzione di prendere parte attiva alle decisioni politiche della Prussia8. Il 23 settembre 1806 Fichte ottiene lautorizzazione per la prosecuzione del suo incarico di docente presso luniversit di Erlangen per il semestre invernale. Il 18 ottobre dello stesso anno decide di partire da Berlino alla volta di Knigsberg; questa decisione si comprende alla luce della considerazione fichtiana di ritenere un dovere inderogabile seguire la corte ed il governo prussiani dopo labbandono di Berlino di fronte allavanzata dei francesi; ecco perch la scelta della citt di Knigsberg, luogo di tranquillit per la prosecuzione dei propri progetti di studio. A seguire una tabella di sintesi che mette in relazione i corsi sulla Wissenschaftslehre e le lezioni della cosiddetta Populrphilosophie.
1.Wissenschaftliche Darstellungen Corso Date delle lezioni Corso Date delle lezioni WL04 WL04 WL04
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2. Populrphilosophie Data Pubblic azione

17/01 - 29/03/1804 (30 lez.) 16/04 - 08/06/1804 (28 lez.) 05/11 - 31/12/1804 (25 lez.) 06/02 - 30/03/1805 (23 lez.) 18/06 - 03/09/1805 (30 lez.) ber das Wesen Anweisung 08/0631/08/1805 12/0130/03/1806 Inizi febbraio 1806 Fine aprile 1806 Grundzge 04/11/180417/03/1805 Aprile 1806

GSRL WL05
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Tale intenzione vorrebbe concretizzarsi nella partecipazione in qualit di predicatore sul campo (Feldprediger) a fianco dellesercito prussiano nella quarta guerra di coalizione contro lesercito napoleonico, richiesta che viene tuttavia declinata da parte del Re.

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Gli anni tra il 1804 ed il 1806 presentano un tratto di fondo comune e peculiare del pensiero fichtiano: levidente contrasto fra la notevole risonanza pubblica dellevoluzione del suo pensiero e le decise critiche da parte delle principali riviste filosofiche e dei filosofi pi importanti dellepoca (Schelling ed Hegel in primis). Come rileva Lauth,
[] un evento unico della storia mondiale il fatto che un filosofo avesse come uditori nelle sue lezioni private un principe, sette ministri, sei futuri ministri e cinque ambasciatori accanto a numerosi apprezzati scienziati, scrittori ed artisti []. E non deve stupire il fatto che il numero dei filosofi partecipanti sia limitato. A quellepoca Berlino non aveva ancora ununiversit n degli studenti. Questi filosofi erano o professori di filosofia a Berlino o studenti presenti casualmente ma giunti da Jena o da altre universit.9

Tale situazione anomala diede adito a notevoli risvolti polemici: lo stesso Hegel espresse tutto il suo maligno disprezzo verso le esposizioni sulla Wissenschaftslehre del 1804, definendole [] una filosofia per ebrei ed ebree istruiti, consiglieri di stato, Kotzebue10. Tale aspro giudizio proveniente dalla figura emergente del panorama filosofico tedesco degli inizi del XIX secolo ebbe come effetto quello di attribuire al complesso dellintera seconda fase della filosofia fichtiana una etichetta, in quanto filosofia priva di contenuti speculativi (nichts Spekulatives), giudizio che ha fatto sentire il suo peso e la sua influenza sino ai giorni nostri. La connessione tra la problematica della filosofia popolare e la visione globale che Fichte offre della propria filosofia favorisce un approccio di tipo sistematico al problema centrale per la filosofia della comunicabilit e della mediazione (Vermittlung). Laggettivo
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R. LAUTH, ber Fichtes Lehrttigkeit in Berlin von Mitte 1799 bis Anfang 1805 und seine Zuhrerschaft, in Hegel-Studien, 15, 1980, p. 47. Ivi.

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popolare non solo non mette in discussione il valore specificatamente filosofico delle opere pubblicate in questi anni, ma rimanda indirettamente alle esposizioni filosofico-scientifiche, nelle quali viene sviluppata in chiave genetica la struttura sistematica che Fichte sta elaborando. Il concetto di Popularitt permette il saldarsi dei vincoli che intercorrono tra la speculazione (Wissenslehre) e lesistenza (Existenz). In essa la filosofia compie la propria Bestimmung: comunicare attraverso unautentica dimensione soterica, senza peraltro cadere nel rischio di intendere la stessa religione quale metafisica del popolo o filosofia elementare. Fichte evidenzia come la Popularitt detenga il primato rispetto alla filosofia scientifica: da un lato, perch lo stesso filosofo scientifico, nel momento in cui intraprende il cammino della ricerca filosofica, deve gi essere in possesso della verit ed essere guidato dal senso naturale della verit (natrlicher Wahrheitssinn o Wahrheitsgefhl); dallaltro, perch la filosofia deve comunque avere una destinazione di tipo universale, deve cio essere rivolta ad un pubblico pi ampio rispetto alla ristretta cerchia dei filosofi specialisti. Fichte parla anche di senso religioso (religiser Sinn), intendendo con questo termine la condizione originaria di possibilit della religione, nonch lo stesso oggetto della filosofia della religione: in tal senso, ogni uomo deve essere detto religioso e nessuno pu essere appellato come ateo. Nei tre scritti popolari del 1806 viene esplicitamente sviluppata la dottrina dellidea (Gotteslehre), la quale presente sin dalle prime lezioni dei Grundzge (II, III, IV), ma diviene tema centrale e dominante delle lezioni ber das Wesen des Gelehrten e soprattutto dellAnweisung zum seeligen Leben 11. In una delle pagine
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Per quanto riguarda levoluzione della dottrina dellidea in Fichte, la critica offre motivazioni fra loro discordanti: infatti, se nei lavori jenesi il concetto di idea si richiama alla concezione kantiana, durante il periodo berlinese esso subisce una rivisitazione da parte dello stesso Fichte in direzione di una prospettiva platonica. Come sottolinea Traub, dal punto di vista del contesto storico filosofico tale mutamento potrebbe aver subito linfluenza della ripresa della filosofia platonica grazie agli scritti di Jacobi o alle traduzioni effettuate da Schleiermacher.

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introduttive a Die Principien der Gottes- Sitten- und Rechtslehre, Fichte chiarisce come i concetti di Dio (Gott) e di divino (Gttliches) non debbano essere intesi in quanto personificazioni di matrice metafisico-teologica, bens rimandino propriamente allassoluto Ens a se - per se, portatore (Trger) di ogni essere e vita12. Lidea divina costituisce il fondamento del fenomeno (Grund der Erscheinung), il quale riceve realt (Realitt) e verit (Wahrheit) solamente per mezzo del suo legame originario con essa. Nel concetto di Dio trova piena espressione lessere fondamentale (grundstzliches Sein), lassoluta immanenza e chiusura-in-s dellassoluto, lassoluto in quanto Dio. Laccostamento operato da Fichte dei concetti di assoluto e di fenomeno a quelli di Dio (Gott) e di mondo (Welt), d tuttavia adito ad alcune difficolt: in primo luogo, la necessit di chiarire come lessenza (Wesen) dellassoluto, in s assolutamente chiusa e compiuta, possa procedere al di fuori di s, divenendo causa di un mondo esterno; in secondo luogo ed in maniera simmetrica, come tale mondo possa presentarsi in quanto esterno a Dio, visto che esso, secondo verit, lo stesso con Dio. Il compito della Wissenschaftslehre consiste, dunque, nel dimostrare lidentit ed al contempo la differenza di assoluto e fenomeno, ovvero lunit e differenza di Dio nel mondo13. In tal senso, la Ideenlehre e la Gotteslehre costituiscono il cuore della riflessione speculativa operata da Fichte in questi anni, nonch dei corsi popolari contemporanei. Risulta dunque evidente come le tre opere popolari del 1806 non possano prescindere da tale
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J. G. FICHTE, Die Principien der Gottes- Sitten- und Rechtslehre, in GA II/7, p. 378. Ibidem, p. 394. Asmuth sostiene che in Fichte sia presente la prevalenza del concetto di Io rispetto a quello di Dio: il Dio reale e proprio interiore, in noi stessi, non altro che la nostra essenza interiore, ossia Io (CH. ASMUTH, Das Begreifen des Unbegreiflichen. Philosophie und Religion bei J. G. Fichte 1800-1806, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1999, p. 311). In realt lIo quello che si potrebbe definire, un nome dellassoluto per la Wissenschaftslehre mediana, che ne esprime lessenza spirituale ed il legame intimissimo con il nostro io, ossia ci che pi intimo a noi di noi stessi.

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sostrato teoretico: la dottrina dellidea e la dottrina di Dio sono lautentico trait dunion che collega questi tre cicli di lezioni ed impedisce ogni loro riduzione a semplici opere divulgative. Tale prospettiva conferisce valore alla scelta di unanalisi approfondita dei passi nei quali Fichte espone in maniera popolare i risultati della propria speculazione filosofica condotta secondo limpostazione scientifico genetica14.

2 Le lezioni sullAnweisung zum seeligen Leben


La dottrina dellidea e la dottrina di Dio sono al centro delle lezioni sullAnweisung, lopera nella quale si realizza la compenetrazione fra sostrato teorico ed esposizione popolare intorno al tema della dottrina della religione (Religionslehre). LAnweisung costituisce, infatti, lapice della riflessione filosofico popolare fichtiana: in essa convergono tematiche affrontate nelle altre due opere popolari di questi anni, ossia il tema della mediazione tra le strutture della visione contemporanea del mondo e della vita ed il tema del rapporto tra il compimento dellessere portatore dellesistenza e lesistenza concreta dellindividualit. Con le lezioni sullAnweisung Fichte intende mettere in relazione il compimento universale dellessere e lesistenza concreta, nel contesto di una dottrina generale della felicit (Glckseligkeitslehre). NellAnweisung viene realizzata una profonda riflessione intorno alla stretta connessione fra Religionsphilosophie e
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Bench talora Fichte utilizzi lespressione idea nei suoi lavori scientifici, tuttavia ci avviene in maniera non specifica. Cfr. ad esempio J. G. FICHTE, Die Wissenschaftslehre - Zweiter Vortrag im Jahre 1804, a cura di R. Lauth e J. Widmann, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1975-19862 [Abbreviazione: WL 1804/II], p. 19-20. Cfr. J. DRECHSLER, Fichtes Lehre vom Bild, Stuttgart, Kohlhammer, 1955; W. JANKE, Fichte, Sein und Reflexion - Grundlagen der kritischen Vernunft, Berlin, de Gruyter, 1970.

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Wissenschaftslehre, a partire dalla considerazione fondamentale secondo cui la Religionsphilosophie deducibile nel suo principio dallunit della stessa ragione ed appartiene alla costituzione della teoria del sapere. Solamente a partire dalla fondazione del principio della filosofia della religione nellunit della ragione possibile procedere allo svolgimento del sistema verso la disciplina materiale della Religionslehre, la quale, insieme alle dottrine della natura, del diritto e della morale, parte costitutiva del sistema complessivo della Wissenschaftslehre. Scrive Fichte nella Prefazione allAnweisung:
Queste lezioni, assieme a quelle appena apparse [] con il titolo Caratteri fondamentali dellepoca presente e a quelle Sullessenza del dotto [] nelle quali viene sviluppato, con riferimento a un oggetto particolare, il modo di pensare dominante in tutte queste esposizioni costituiscono linsieme di un insegnamento popolare (populrer Lehre), di cui le presenti lezioni rappresentano il vertice ed il punto di pi intensa luminosit (Gipfel und hellster Lichtpunkt).15

Le prime lezioni sullAnweisung in particolar modo le lezioni II, III e IV costituiscono il punto di partenza della riflessione metafisica ed ontologica fichtiana di questi anni, che verr sviluppata in chiave scientifica nei corsi a partire dal 1804 sulla Wissenschaftslehre. lo stesso Fichte a distinguere le lezioni dellAnweisung in due parti: le prime sei lezioni, che tematizzano la
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A, p. 47. La Anweisung costituisce lapice della riflessione filosofica popolare: in essa vengono affrontati sia il tema della mediazione tra le strutture della visione contemporanea del mondo e della vita (cfr. Die Grundzge des gegenwrtigen Zeitalters), sia quello del rapporto tra il compimento dellessere portatore dellesistenza e lesistenza concreta dellindividualit (ber das Wesen des Gelehrten). Finalit dellAnweisung di sviluppare, procedendo al di l della determinazione dellessenza del dotto, la messa in relazione (Inbeziehungsetzung) tra compimento universale dellessere ed esistenza concreta, nel contesto di una dottrina generale della felicit (Glckseligkeitslehre). Cfr. H. TRAUB, J. G. Fichtes Populrphilosophie 1804-1806, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1992, p. 14.

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costituzione di una teoria generale dei possibili progetti di esistenza; le restanti cinque, che sviluppano la concezione di una dottrina generale della felicit sulla base di questa teoria16. Non si tratta di una suddivisione meramente estrinseca:
la nostra teoria dellessere e della vita ora esposta compiutamente. [] Ora il possesso vivente della teoria esposta, e non certo la sua conoscenza arida e morta, puramente storica, costituisce [] la pi alta e unica beatitudine possibile. Provare questo dora in avanti il nostro compito, e ci costituisce propriamente la seconda parte principale di tutte queste lezioni [].17

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Questo lo schema della struttura delle undici lezioni: I lezione: sguardo dinsieme sullintero corso di lezioni; II lezione: distinzione tra metodo popolare e filosofico; II-V lezione: prima parte principale: teoria generale dei possibili progetti di esistenza; VII-X lezione: seconda parte principale, dottrina generale della beatitudine; VI, XI lezione: realizzazione della pretesa sistematica della dottrina della religione quale iniziazione, ossia quale scienza mediatrice che riduce labisso fra teoria e prassi.

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Unsere Theorie ber Sein und Leben ist nun vollstndig vorgetragen. [] Der aufgestellten Theorie lebendiger Besitz nun, keineswegs aber ihr trocknes und totes, lediglich historisches Wissen, ist [] die hchste, und die einzig mgliche Seligkeit. Dieses darzutun ist von heute an unser Geschft, und es machet dies eigentlich den zweiten Hauptteil dieser ganzen Vorlesungen aus [] (A, p. 129). Questa suddivisione delle lezioni sulla Anweisung risponde, dunque, allesigenza di dedurre in maniera sistematica la dottrina della religione quale iniziazione alla vita beata, senza con ci discostarsi dalla concezione globale della stessa filosofia fichtiana; si tratta cio della volont di favorire lanalisi criticoepocale della concezione filosofica complessiva sottostante a ciascuno dei tre scritti filosofico-popolari, in vista del compimento del realizzarsi della ragione.

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2.1. Lezione I Quanto emerge sin dalla I lezione18 la centralit della teoria dellessere e della vita (Seyns- und Lebenslehre) in vista dello svolgimento di una dottrina della beatitudine allinterno della Religionslehre e fermo restando la necessit di interpretare questultima in stretta connessione con il concetto di filosofia quale scienza mediatrice, espressione dellesigenza di realizzazione (Realisierung) della ragione in un complesso di presupposti empirico e determinato. I principali plessi concettuali presenti nella I lezione possono essere cos schematizzati. - Lesposizione in forma popolare degli elementi della filosofia trascendentale: la Wissenschaftslehre viene ad essere intesa non pi come teoria della coscienza, bens come teoria del sapere assoluto (absolutes Wissen), dottrina dellidea (Ideenlehre) e dottrina di Dio (Gotteslehre). - Lesito della filosofia in quanto Wissenschaftslehre interpretabile come lannientamento del concetto (Vernichtung des Begriffs) di fronte allinconcepibile (Unbegreifliches), vero e proprio concepire dellinconcepibile (Begreifen des Unbegreifliches). - Lemergenza di un nuovo compito della filosofia: ricondurre tutto il molteplice allunit assoluta19, dove per unit assoluta sintende il vero (das Wahre), lin s immutabile (das Unvernderliche an sich), il criterio di validit della Wissenschaftslehre stessa. - Il profilarsi della dottrina dellimmagine (Bildlehre), dove il sapere mera immagine (Bild) dellessere (Sein). Il sapere assoluto non n lessere assoluto, n un non-essere negativo, bens lessere nella forma della visibilit (Sichtbarkeit); lessere
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La lezione si tiene domenica 12 gennaio 1806. Alles Mannigfaltige zurckzufhren auf absolute Einheit (WL 1804/II , p. 7]).

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o Dio non un in-s (An-sich), un qualcosa di oggettuale (gegenstndliches Etwas), di metafisicamente stabile; lessere il non-visibile (das Nicht-Sichtbare). La distinzione tra vita reale e vita apparente: la vita vera (reales Leben) semplice, immutabile, eternamente uguale a se stessa, in opposizione alla vita apparente (scheinbares Leben), che vive solo nel mutevole. Solo lessere vita (Sein = Leben), mentre il non essere non vita (Nicht-Sein = Tod). Soltanto lessere (das Sein) ci che in s e per s (ist). Esso semplice, uguale a se stesso, invariabile, immutabile, senza origine n declino. Lamore (Liebe) il centro della vita vera. Grazie ad esso giunge la beatitudine (Seligkeit), in quanto essere unito con ci che si ama. propria solo della vita vera, non di quella apparente, necessariamente infelice. Altro concetto chiave quello dellimpulso (Trieb), che sta alla base della nostalgia per leterno (Sehnsucht nach dem Ewigen) e che spinge ogni esistenza finita alla ricerca della vita vera, incessante e senza mai quiete (angoscia). Vivere autenticamente significa dunque pensare veramente, conoscere la verit. Inoltre, poich ci che eterno (das Ewige) pu essere attinto solo con il pensiero, la stessa dottrina della beatitudine (Seeligkeitslehre) altro non se non dottrina del sapere (Wissenslehre). Liniziazione (Anweisung) alla vita beata dunque da intendersi come riposare nelluno, rigettare la vita non vera: per divenire beato occorre spostare il proprio amore dal molteplice allUno (raccoglimento Sammlung, ritorno allUno).

2.2. Lezione II Nella seconda lezione20, Fichte esplicita la propria intenzione di esporre in maniera popolare lontologia e la metafisica costitutive della vera conoscenza. Nonostante le immediate ed aspre obiezioni sollevate da numerosi filosofi contemporanei, contrari a tale tipo di
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La lezione si tiene domenica 26 gennaio.

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operazione per via della non opportunit di affrontare temi filosofici mediante unesposizione popolare, Fichte sottolinea come chi non in grado di comprendere gli elementi fondamentali della conoscenza non possa giungere allautonomia interiore del pensiero, poich rimane legato allopinione (Meinen), ossia alla mera apprensione di unintelligenza estranea (fremder Verstand), in quanto privo di [...] un organo del senso spirituale, e precisamente il pi nobile che lo spirito possieda. [] [Inoltre] soltanto mediante il pensiero autentico, puro e vero, e assolutamente con nessun altro organo, si pu attingere e attirare a s la divinit e la vita beata che sgorga da essa21. Laccettazione acritica del principio, secondo il quale esclusivamente attraverso la filosofia sistematica possibile elevarsi allautentica verit, comporterebbe lesclusione di tutti i non-filosofi dalla possibilit di pervenire alla conoscenza della verit stessa. Fichte non solo intende la religione come conoscenza diretta di Dio, autentico possesso nella propria persona per mezzo del pensiero puro, ma ne rifiuta ogni componente fideistica, evidenziandone il momento intellettuale; il significato pi autentico della religione non consiste nel credere (glauben) che esista Dio, affermazione che in realt non altro che superstizione (Aberglaube), ma nel fatto che essa possieda un carattere filosoficorazionale, unico elemento che permette di cogliere (ergreifen) veramente Dio. Tale concezione evidenzia chiaramente come la filosofia della religione fichtiana non sia affatto riducibile a mero misticismo 22, dal momento che in essa il pensiero puro viene a
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[...] immerfort ein geistiges Sinnorgan, und zwar das edelste, welches der Geist hat. [...] man nur durch das eigentliche, reine und wahre Denken, und schlechthin durch kein anderes Organ, die Gottheit und das aus ihr flieende seelige Leben, ergreifen, und an sich bringen knne (A, p. 68). stata questa la tendenza interpretativa di parte della critica. Ad esempio, J. BARION, Die intellektuelle Anschauung bei J. G. Fichte und Schelling und ihre religionsphilosophische Bedeutung, Wrzburg, 1929, attribuisce allAnweisung la presenza di una componente mistica di fondo; laffermazione dello stesso Fichte, secondo cui Dio pu essere guardato (angeschaut) dalluomo tramite il pensiero, costituirebbe per
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coincidere con lesistenza divina, immagine (Bild) reale di Dio nellesistente (Daseyn); la teoria del pensiero, quale organo della conoscenza di Dio, permette di comprendere come questultimo possa essere colto e visto in maniera immediata. Lautentica religione non consiste nel credere semplicemente nellesistenza di Dio, bens nel vedere, avere e possedere Dio direttamente nella nostra propria persona, e non in una estranea, con il nostro proprio occhio spirituale, e non con uno estraneo. [...] Il pensiero puro la
Barion una particolare (eigenartig) accezione di pensiero, ossia una sorta di esperienza sentimentale (Gefhlserlebnis) di matrice psicologizzante. Contro tale interpretazione si esprime W. JANKE, in Fichte Studien Supplementa 4, Amsterdam New York, Rodopi, 1994, pp. 83-95. comunque lo stesso Fichte a pronunciarsi, non solo contro lobiezione di misticismo, ma anche contro laffermazione secondo la quale il concetto di amore, centrale nella dottrina della religione, farebbe della sua filosofia una filosofia del sentimento (Gefhlphilosophie); la vita beata non pu costruirsi sul sentimento, dal momento che questultimo caratterizzato dallassenza di vita e da unintrinseca mutevolezza. Nonostante levidente rischio di fraintendimenti cui espone lutilizzo del termine misticismo quale espressione della concezione fichtiana della Religionslehre, tuttavia, sono numerose le interpretazioni che ne sottolineano la connotazione mistica (o misticheggiante): ad esempio E. DSING, Sittliches Streben und religise Vereinigung. Untersuchungen zu Fichtes spter Religionsphilosophie, in Religionsphilosophie und spekulative Theologie: der Streit um die gttlichen Dinge 1799-1812, a cura di W. Jaeschke, Hamburg, 1994, pp. 107-125, inscrive la filosofia della religione fichtiana nellorizzonte di una metafisica cristiana: Dio si dischiude al concepito nello sguardo e nellunione mistici con amore inesprimibile; in ci si rivela una inebriante esperienza di unificazione (beseligende Einigungserfahrung) e nel punto culminante (Gipfelpunkt) unautentica unio mystica. Tale interpretazione si rivela in realt problematica, poich, facendo uso di una concettualit desunta dalla mistica cristiana ed assimilando la stessa filosofia fichtiana a figure quali Meister Eckhart o Agostino, ne offusca la complessa aspirazione teoretico-sistematica. In questa direzione critica va, ad esempio, CH. ASMUTH, Wissenschaft und Religion. Perspektivitt und Absolutes in der Philosophie J. G. Fichtes, in Fichte Studien, 8, 1995, pp. 1-19.

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stessa esistenza divina; e viceversa lesistenza divina, nella sua immediatezza, non nientaltro che il pensiero puro23. In tal senso, lessenza della Religionsphilosophie consiste nella coincidenza tra esistenza divina e pensiero puro / reale. Questo snodo cruciale ci permette di cogliere lintima connessione tra pensiero e religione: lautentica religione non consiste nel credere semplicemente allesistenza di Dio, bens nella visione e nel possesso di Dio direttamente nella propria persona e non in una estranea, tramite il nostro proprio occhio spirituale. Il pensiero puro la stessa esistenza divina, e viceversa lesistenza divina, nella sua immediatezza, non nientaltro che il pensiero puro. Il pensiero puro, reale, Dio o, pi correttamente, lesistenza divina (gttliches Daseyn); simmetricamente, lesistenza divina nella sua immediatezza non altro che il pensiero puro. Esattamente in questo plesso teoretico trova espressione lessenza della Religionsphilosophie fichtiana: qui vengono a coincidere il pi alto grado di conoscenza dellassoluto raggiungibile da parte della conoscenza filosofica e contemporaneamente la pi fondata certezza di Dio da parte delluomo religioso24. La tematizzazione della coincidenza tra esistenza divina e pensiero puro costituisce lespressione pi completa della teoria dellessere e dellimmagine, grazie alla perfetta confluenza di Gotteslehre e di Ideenlehre con la Religionslehre, in quanto in questo punto Wissenschaftslehre e Religionslehre coincidono nel loro contenuto. Se, da un lato, vero che per Fichte solamente la Wissenschaftslehre fornisce la conoscenza genetica della dottrina dellessere e di Dio e che la Religionslehre considera lassoluto come un fatto assoluto,
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[...] man, in seiner eigenen Person, und nicht in einer fremden, mit seinem eigenen geistigen Auge, und nicht durch ein fremdes, Gott unmittelbar anschaue, habe, und besitze. Dies aber ist nur durch das reine und selbststndige Denken mglich. [...] Das reine Denken ist selbst das gttliche Daseyn; und umgekehrt, das gttliche Daseyn in seiner Unmittelbarkeit, ist nichts anders, denn das reine Denken (A, p. 69, sottolineature nostre). Cfr. J. BARION, Die intellektuelle Anschauung bei J. G. Fichte und Schelling, cit.

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dallaltro questultima permette di cogliere Dio stesso nella maniera pi completa e senza ricorso ad alcun fondamento esterno rispetto alla propria persona. 2.3. Lezione III Nella terza lezione25, Fichte riprende gli elementi fondamentali della propria Transzendentalphilosophie, al fine di evidenziarne la portata e la valenza alla luce della Religionslehre. Sulla base della duplice considerazione che non tutto ci che appare vivo in realt vive e che la maggior parte degli uomini non perviene al pensiero autentico ma si limita allopinione, le denominazioni pensiero (Denken) e vita (Leben) vengono a configurarsi come sinonimi, in quanto lelemento della vita stato posto nel pensiero, e quindi il non pensare la sorgente della morte26. Il sapere (wissen) dellassoluto la sua esistenza, ossia lessere-qui-dellessere (das-Da-des-Seins); questa presenza immediata dellessere nel sapere viene indicata nella Religionslehre fichtiana con il termine Da-seien (non semplicemente Da-sein), concetto che esprime lessenziale vitalit (Lebendigkeit) ed attualit (Aktualitt) dellessere allinterno dellesistenza. Nellimmediatezza di tale profonda radice vitale si evidenzia il fatto che, tra essere ed esistenza, Dio e sapere, non sussiste alcuna divisione (Trennung), e che entrambi sono completamente assorbiti luno dallaltro; Dio esiste in questesistenza quale semplicemente in se stesso, senza che avvenga alcuna trasformazione nel passaggio dallessere allesistenza, nessuna frattura (Trennung) o abisso (Kluft). Come Dio in s uno, identico in se stesso, senza mutamento o trasformazione ed esiste anche in quanto unit e senza trasformazione, cos, neppure noi siamo soggetti a mutamento, trasformazione, divisione o lacerazione, dal momento che il sapere coincide con la stessa esistenza divina. Tuttavia, nella realt concreta (Wirklichkeit) sono rinvenibili le distinzioni dellessere e nellessere (des und in dem
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La lezione si tiene domenica 2 febbraio 1806. [...] das Element des Lebens in den Gedanken gesetzt worden, somit wohl das Nichtdenken die Quelle des Todes seyn drfte (A, p. 80).

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Seyn), assolutamente impossibili per il pensiero: da ci sorge la necessit di conciliare la contraddizione (Widerspruch) di fondo tra percezione della realt (Wahrnehmung der Wirklichkeit) e pensiero puro (reines Denken), al fine di dimostrare come possano essere entrambe vere e da dove provenga la molteplicit (Mannigfaltigkeit), visto che lessere in s semplice. I principali plessi concettuali della III lezione ripropongono in chiave popolare gli elementi della Ideen- und Gotteslehre elaborate nelle esposizioni della Wissenschaftslehre di questi anni (soprattutto la Wissenschaftslehre 18042) e possono essere cos schematizzati. a) Il compito principale del pensiero di pensare con rigore lessere (das Seyn scharf zu denken): lessere autentico e vero non diviene, non nasce n emerge dal non essere 27, poich esso non sorge dal nulla. Lessere vero pertanto pensabile in maniera autentica [...] soltanto come essere in s, a partire da s e per s28, come ci che non divenuto e che non necessita di alcun altro essere. Il pensiero pensa lessere senza relazione con altro; lessere fondamento (Grund) di se stesso, indipendente (unabhngig) ed autonomo (selbststndig). Esso perch (weil) . b) Lessere immutabile (unvernderlich), da e per tutta leternit (von aller ... in alle Ewigkeit), indiviso, senza restrizioni, fornito di assoluta indipendenza (Unabhngigkeit) ed autonomia (Selbststndigkeit); il pensiero pensa lessere come ci che ci che (als dasjenige, das ist, was es ist). Esso cos come pu (kann) e deve (mu) essere tramite se stesso (durch sich).
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Das eigentliche und wahre Seyn Wird nicht, entsteht nicht, geht nicht hervor aus dem Nichtseyn (Ivi). Se fosse altrimenti, la ricerca dellessere cadrebbe nellargumentum ad infinitum, inammissibile dal punto di vista della filosofia trascendentale fichtiana; infatti, per interrompere tale serie, sarebbe necessario pervenire ad un essere che non diviene e che causa sui, [...] semplicemente per se stesso, di se stesso e a partire da se stesso, [...] schlechthin Durch sich selbst, Von sich, und Aus sich selbst (A, p. 85). [...] nur als Seyn von sich selbst, aus sich selbst, durch sich selbst (Ivi, sottolineature nostre).

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Pertanto, lessere va pensato unicamente come uno, e non come molteplice; e soltanto come ununit chiusa in se stessa, compiuta e assolutamente immutabile29. c) La distinzione tra essere interno e nascosto in s (inneres und in sich verborgenes Seyn) ed esistenza (Daseyn) costituisce uno degli apici della Gotteslehre, in quanto fra le due idee sussiste unopposizione totale e non sussiste alcun legame. Direttamente ed alla radice, lesistenza dellessere la coscienza, o la rappresentazione dellessere 30; lesistenza si presenta come contrassegno esterno dellessere indipendente, immagine (Bild) di esso, ossia come il suo essere al di fuori del suo essere; lesistenza coscienza (Bewutsein) o rappresentazione (Vorstellung) dellessere. d) [] La coscienza dellessere, unica forma ed unica modalit possibile dellesistenza dellessere, perci essa stessa, in maniera del tutto immediata, puramente ed assolutamente questa esistenza dellessere31; lessere deve esistere (soll daseyn), bench, in quanto in s autosufficiente ed assoluto, non si confonde con lesistenza. Lesistenza in quanto semplice esistenza (bloes Daseyn) espressione dellessere assoluto (absolutes Seyn) ed annulla (vernichtet) anche il proprio essere dinnanzi ad ogni altra esistenza assoluta, offrendosi come semplice immagine (Bild), rappresentazione (Vorstellung), coscienza (Bewutseyn) dellessere. Pertanto, lesistenza dellessere deve essere necessariamente e non pu essere nientaltro che unautocoscienza dellesistenza stessa in quanto semplice immagine dellessere esistente in se stesso in maniera
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[...] das Seyn schlechthin nur als Eins, nicht als mehrere; und es nur als eine, in sich selbst geschlone, und vollendete, und absolut unvernderliche Einerleiheit, zu denken sey (A, p. 86). Unmittelbar, und in der Wurzel, ist - Daseyn des Seyns das Bewutseyn, oder die Vorstellung des Seyns.(Ivi, sottolineature nostre). [...] Das Bewutseyn des Seyns, die einzig mgliche Form und Weise des Daseyns des Seyns, somit selber ganz unmittelbar, schlechthin und absolute, dieses Daseyn des Seyn, sey (A, p. 88).

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assoluta32. Tale contrapposizione fra essere ed esistenza si d allinterno della stessa esistenza, la quale deve, da un lato cogliere se stessa come esistenza, dallaltro porre e raffigurare al tempo stesso un essere assoluto, di cui essa stessa costituisce la pura esistenza. Lesistenza di Dio ed al tempo stesso non Dio 33. Il pensiero annulla (vernichtet) il proprio essere, la propria autonomia ed indipendenza e raggiunge se stesso come ci che , ossia coscienza saputa (bewutes Bewutsein) dellessere, autocoscienza (Selbstbewutsein). e) La coscienza, in quanto autocoscienza, s coglie (auffassen) in quanto tale, non si chiarifica (aufklren), non cio in grado di penetrare il fondamento (Grund) della propria determinatezza (Bestimmtheit). La coscienza dellessere non in grado di comprendere il modo (wie) in cui dallessere assoluto ed in s nascosto necessariamente derivi lesistenza quale sua manifestazione. Essa non pu comprendersi (begreifen) e dedursi (ableiten) al di l (jenseit) di se stessa. f) La coscienza pensa lessere assoluto solamente nella misura in cui si concepisce come mera espressione e rivelazione in s insussistenti (wesenslos) dellessere; ovvero nella misura in cui essa concepisce la propria libert e se stessa come non-essere dellassoluto (nicht-Sein des Absoluten)34. [La vita ] la
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Das Daseyn des Seyns - nothwendig ein - Selbstbewutseyn seiner (des Daseyns) selbst, als bloen Bildes, von dem absolut in sich selber seyenden Seyn, seyn - Msse, und gar nichts anders seyn knne (Ivi). Pertanto la coscienza dellessere riunificazione (Vereinigung) tra essere-cosciente-di-se-stesso dellessere e la nostra coscienza dellessere. Proprio nel fatto che lessere tenta di penetrare nellesistenza e che lesistenza aspira allunit consiste la coscienza dellessere. Logicamente, questa [] la riunificazione di unit e molteplicit (C. KUMAMOTO, Der Begriff der Erscheinung bei sptem Fichte, in AAVV, Der transzendentale Gedanke - Die gegenwrtige Darstellung der Philosophie Fichtes, a cura di K. Hammacher, Hamburg, Meiner Verlag, 1981, p. 75). Il coglimento di Dio da parte delluomo [] lautoannientamento della coscienza (Selbstvernichtung des Bewutseins). (F. MEDICUS,
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vivente e potente esistenza dellassoluto stesso, che solo in grado di essere e di esistere, al di fuori del quale non c niente e niente esiste realmente. Ora lassoluto, come non pu essere che per se stesso, cos non pu esistere che per se stesso35. Sapere e Dio sono, dunque, pensabili nella loro unit e differenziazione: se questultima risulta inevitabile per la coscienza, la quale tale differenziazione, tuttavia, la stessa coscienza si trova ad essere nellunit con Dio, unit che anzi deve presupporre proprio per poter essere se stessa. 2.4. Lezione IV Nella IV lezione36, Fichte affronta la tematica della determinazione dei fondamenti della molteplicit (Mannigfaltigkeit), a partire dallanalisi della dottrina dellidea ed in stretta connessione con la dottrina della religione e della beatitudine: infatti, lunica vera condizione della vita beata consiste nello [...] attingimento delluno e delleterno con intimo amore e godimento, bench questuno, in verit, possa essere colto soltanto in immagine, ma noi stessi non possiamo mai, in realt diventare luno e trasformarci in esso37. Si evidenziano qui le due linee tematiche presenti nelle lezioni: suscitare la vera conoscenza dellessere come uno immutabile e per s, e riconoscere che noi, bench intimamente radicati in esso, non
Einleitung zu J. G. Fichte. Die Anweisung zum seligen Leben, Leipzig, 1910, p. VII).
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Dieses sein Seyn, sein Reales, lediglich unmittelbar wahrzunehmendes, Leben genannt haben. [...] das lebendige, und krftige Daseyn des Absoluten selber, welches ja allein zu seyn, und da zu seyn vermag, und auer welchem nichts ist, noch wahrhaftig da ist. Nun kann das Absolute, so wie es nur durch sich selbst seyn kann, auch nur durch sich selber da seyn (A, p. 89, sottolineature nostre). Tenutasi domenica 9 febbraio 1806. [...] Erfassung des Einen und Ewigen, mit inniger Liebe, und Genusse: wie wohl dieses Eine, freilich nur im Bilde erfat, keinesweges aber Wir selber, in der Wirklichkeit, zu dem Einen werden, noch in dasselbe uns verwandeln knnen (A, p. 92).

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coincidiamo con esso. Al di fuori di Dio non esiste, realmente e nel vero senso del termine, nientaltro che il sapere: e questo sapere la stessa esistenza divina, puramente e semplicemente, e nella misura in cui siamo il sapere, noi stessi, nella nostra radice pi profonda, siamo lesistenza divina 38. Quanto ci appare come esistenza non esiste veramente ed in s, ma solamente nella coscienza e nel pensiero, proprio in quanto cosciente e pensato, ed in nessun altro modo39. Il principio della molteplicit viene, dunque, chiarito proprio a partire dalla posizione del problema nellambito della dottrina della religione. - Lessere assoluto, Dio, (ist) assolutamente ed immediatamente ci che , per s e da s (durch und von sich); inoltre, esso esistente (ist Da), si esprime (uert sich) e si rivela (offenbaret sich). Pertanto, Dio anche questa esistenza da s ed immediatamente nellessere da s, nella vita immediata e nel divenire (unmittelbare Leben und Werden) totale ed immutabile. - In Dio, essere (Seyn) ed esistenza (Daseyn) sono completamente fusi ed uniti, in quanto il suo essere da s e per s implica lesistenza, la quale non pu avere nessunaltra ragione; inoltre [...] la sua esistenza comporta a sua volta tutto ci che esso interiormente e per la sua essenza 40. Pertanto, la distinzione essere-esistenza e la loro eventuale non-connessione esistono solamente per noi, in quanto conseguenza della nostra limitazione (Beschrnkung), non in s, ossia nellesistenza divina.
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Es ist, auer Gott, gar nichts wahrhaftig [...] da, denn - das Wissen: und dieses Wissen ist das gttliche Daseyn selber, schlechthin und unmittelbar, und inwiefern Wir das Wissen sind, sind wir selber in unserer tiefsten Wurzel das gttliche Daseyn (A, p. 93). Fichte sottolinea come questa sia la pi completa formulazione popolare della vera conoscenza, la quale rende accessibile la beatitudine anche a chi non possiede gli specifici strumenti metodologici filosofico scientifici. [...] wiederum zu Seinem Daseyn gehrt alles dasjenige, was er innerlich und durch sein Wesen ist (A, p. 96).

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Lessere non pu confondersi con lesistenza ed i due concetti devono rimanere distinti [...] affinch lessere emerga come essere e lassoluto come assoluto41; la distinzione ed il come costituiscono una divisione assoluta, principio di ogni successiva distinzione e molteplicit. La connessione essere-esistenza non rimane nellimmediatezza del suo essere: poich il sapere nella sua radice vitale uno con lassoluto, esso costituisce gi un annullamento (Aufhebung) di tale interconnessione immediata, ossia una raffigurazione (Abbild) dellunit immediata. Il sapere non (ist) pi tale unit, ma la sa (wei); dunque, tale unit si realizza (vollziehen) nellesistenza proprio nel raffigurare (abbilden) e tramite la stessa esistenza si compie la legge fondamentale del suo essere, ossia lessere sapere (Wissen) o comprendere (Verstehen). Fichte indica questo farsi-forma-delsapere (zu-Gestalten-des-Wissens-machen) con il concetto di formare (Bilden): il sapere esistenza dellassoluto pu sapere della propria essenza e del proprio fondamento di esistenza solamente in quanto saputo (als Gewutes). I plessi concettuali chiave della IV lezione dellAnweisung possono essere cos sintetizzati. a) La relazione tra Seyn ed Existenz, Grund e Begrndetes: unit e contemporanea derivazione dei due concetti, relazione tra unit immediata ed unit saputa, ossia tra fondamento (Grund) e fondato (Begrndetes). Il come (der Als) delle due realt, essere ed esistenza, [...] non d immediatamente il loro essere, ma soltanto ci che esse sono, la loro descrizione e caratterizzazione: esso le d in immagine, e precisamente in unimmagine composita 42, in quanto ognuna delle due viene individuata dallaltra nella misura in cui non ci che laltra .

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[...] damit das Seyn, als Seyn, und das Absolute, als Absolute, heraustrete (Ivi). [...] liefert nicht unmittelbar ihr Seyn: sondern es liefert nur, Was sie sind, ihre Beschreibung, und Charakteristik: es liefert sie im Bilde: und zwar liefert es - ein Gemischtes [...] Bild beider (Ivi).

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b) La coscienza coglie solamente in immagine (Bild) ed in rappresentazione (Raprsentanten), ossia entro i limiti del comprendere. Cos Fichte esprime tale concezione in maniera popolare: noi non ci comprendiamo per ci che siamo in noi stessi, n comprendiamo lassoluto qual in se stesso, ma solamente per mezzo del concetto che non comprende se stesso. c) La trasformazione (Verwandlung) dellessenza originaria dellessere e dellesistenza di Dio avviene nella coscienza (Bewutseyn) in quanto atto del distinguere (Unterscheiden). Quanto viene caratterizzato mediante il concetto si trasforma in un essere stabile e presente (stehendes und vorhandenes Seyn), ossia in qualcosa di oggettivo (ein Objectives). Ci che in s direttamente la vita divina nella vita, ossia la vita vivente (das lebendige Leben), assume la figura (Gestalt) di un essere stabile e quieto per mezzo della trasformazione compiuta dal concetto, diviene cio il mondo (Welt); il concetto il vero creatore del mondo (Weltschpfer). d) Il mondo si rivela dunque come ci che nasce dal concetto: il concetto costituisce il come (das Als) rispetto allessere ed allesistenza divina. Nella riflessione su se stesso il sapere si divide (spaltet sich) per se stesso, non soltanto in generale (berhaupt), ma anche in quanto questo e quello (als Das und Das). Il principio della molteplicit deve porsi nellambito della differenza (Unterschiedenheit), ossia non nellattivit tramite cui Dio si esprime e si rivela, bens nellattivit della coscienza, dellessere consapevole sia di se stessa in quanto coscienza, sia della propria differenza dallessere stesso. Il distinguere costituisce lattivit della coscienza stessa ed indice dellirraggiungibilit dellin-s (An-sich). Il come, oltre che rendere possibile la contrapposizione tra essere ed esistenza, conferisce al distinto una forma, un contorno preciso, cosicch sapere qualcosa significa sapere qualcosa di determinato (etwas Bestimmtes) e, conseguentemente, distinguere. e) Il primo ed immediato oggetto della riflessione lesistenza trasformatasi in un essere stabile; tale essere, nella sua totalit, il mondo (Welt), a sua volta suddiviso secondo caratteri determinati, e figure particolari (besondere Gestalte). Sulla
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f)

base dellassoluta libert e spontaneit della riflessione, si ha il passaggio ad un processo allinfinito, cosicch il mondo viene alla luce in una forma sempre nuova, modificandosi e rivestendosi di forme allinfinito, fluendo come una molteplicit infinita (unendliches Mannigfaltige). Il concetto trasforma la vita divina (gttliches Leben) in un essere stabile (stehendes Seyn); solamente per (fr) e nel (in) concetto il mondo manifestazione necessaria della vita. La coscienza costituisce, dunque, uninscindibile unit con la stessa esistenza divina: essa si fa coscienza nel momento in cui si coglie nellessere, cosicch il proprio essere (il vero essere divino) diviene il mondo. La coscienza assoluta costituisce lattuazione (Vollziehung) immediata ma non consapevole della trasformazione della vita immediata in un mondo. La vita divina ed immediata rimane nascosta alla stessa coscienza, esiste proprio nel suo essere nascosto della coscienza (im verborgenen Seyn des Bewutseyns), inaccessibile al concetto 43.

In ogni coscienza reale (wirkliches Bewutseyn) si compie un atto di riflessione (Reflexionsakt), che inevitabilmente divide (spaltet) lunico mondo in infinite figure (unendliche Gestalte), mai completamente comprensibili e, dunque, presenti come serie infinita nella coscienza stessa. Il mondo in quanto uno (die Eine Welt) in maniera autentica, solamente nellassoluta e unica forma fondamentale del concetto44, ossia in quella forma che non pu essere ristabilita nella coscienza reale immediata, bens solo nel pensiero che la supera. Solamente nella riflessione lessere della coscienza assume la forma della molteplicit, la quale tanto insopprimibile e necessaria allocchio spirituale, quanto lo sono i

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[...] in dem, was allein das Bewutseyn trgt, und es im Daseyn erhlt, und es im Daseyn mglich macht. Im Bewutseyn verwandelt das gttliche Leben sich unwiederbringlich in eine stehende Welt (A, p. 100). [...] in der absoluten und Einen Grundform des Begriffes (Ivi).

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colori per locchio sensibile45. Lesistenza si contrappone allessere nel momento in cui si concepisce come esistenza autonoma (selbstndig), cogliendosi come autocoscienza: il primo atto della riflessione, la quale deve (soll) essere. Il fondamento di tale esigenza intrinseca (Sollen) in Dio e consiste nel principio di autonomia (Selbstndigkeit) e di libert (Freiheit) della stessa coscienza. Ed proprio il risiedere di tale principio in Dio a far s che lautonomia e la libert esistano veramente senza essere riducibili a mera apparenza (Schein). La divisione (Spaltung) della coscienza unica in uninfinit di individui frutto delloriginaria divisione essere-esistenza. La coscienza reale (wirkliche) non in grado di trascendere la serie infinita delle rappresentazioni; solamente il pensiero pu concepire il mondo come unico nella forma fondamentale, unica ed assoluta, del concetto, bench non possa comprendere come (wie) dallessere derivi lesistere e si limiti al che (da), al fatto (Faktum) che lesistenza effettivamente fondata sulla necessit intrinseca dellessere. Essere e forma (cio esistenza) si compenetrano a tal punto da risultare indisgiungibili; il che significa che il concetto s attivo nel momento del differenziare (Unterscheiden), ma che non pu fornire la realt della stessa attivit. La forma in s nulla: ci
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Elevati, al di l di questa apparenza, fino al pensiero; lasciati afferrare da esso; e dora in poi presterai fiducia soltanto ad esso, [...] Erhebe ber diesen Schein dich zum Denken; la von diesem dich ergreifen; und du wirst von nun an nur ihm Glauben beimessen (A, p. 101). Lesempio utilizzato da Fichte per chiarire tale principio quello dellocchio sensibile (sinnlicher Auge) inteso come prisma, in cui letere, puro ed incolore, del mondo sensibile si rifrange in molteplici colori quando si riflette sulle cose. Tale etere non in s e per s colorato, ma si scompone nei colori grazie allazione dellocchio stesso: infatti, letere non pu essere visto (poich incolore), ma pu essere pensato come tale; e si pu prestare fede a tale pensiero solamente dopo aver chiarito la natura dellocchio stesso. Analogo discorso vale per il cosiddetto occhio spirituale (geistiger Auge): quello che tu vedi, lo sei eternamente tu stesso; [...] ma tu lo sei invariabilmente, puramente, senza colore e senza figura, Was du siehst, bist ewig du selbst; [...] aber du Bist es, unvernderlich, rein, farben- und gestaltlos (Ivi).

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che si forma solamente lassoluto reale, ossia lessenza divina; ogni momento dellinfinit determinato tramite lessenza interiore dellassoluto e tramite il formarsi infinito di questo stesso. Il pervenire a s da parte dellesistenza non avviene in maniera immediata, bens come sviluppo graduale: la reale autocoscienza dellesistenza non viene prodotta immediatamente dalla rifleione, ma sorge nellesistenza stessa proprio sulla base del suo riferimento al mondo; lesistenza che, a partire dal mondo che essa stessa pone, ritorna a s, cosicch il mondo si presenta al contempo come punto originario di partenza e di riferimento della stessa riflessione.

3 Ontologia e dialettica. Elementi


Per quanto concerne lo sviluppo della filosofia fichtiana nel corso di questi anni, tra i Grundzge e lAnweisung si evidenzia una profonda trasformazione (Vernderung) concettuale: nella seconda e nella terza lezione dei Grundzge, Fichte afferma che tra lindividualit della vita chiusa in s e la dedizione alla vita del genere si d opposizione (Gegensatz), con il conseguente superamento di ogni progetto di vita legato alle visioni sensibili del mondo; nella dottrina della religione tale rapporto viene invece caratterizzato come connessione (Zusammenhang), che interpreta le differenti visioni del mondo come stadi di un possibile sviluppo della ragione. Widmann legge questo oltrepassamento concettuale come progresso di ordine sistematico, autentico superamento della dialettica della negazione (berwindung der Negationsdialektik) attuato da Fichte negli ultimi sviluppi della propria speculazione46: si tratterebbe del passaggio concettuale da una dialettica caratterizzata dalla negazione degli stadi inferiori in favore di quelli successivi, ad una dialettica dello sviluppo (Entwicklungsdialektik), nella quale
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Bench Widmann richiami direttamente la Staatslehre del 1813 e le Rede an die Deutsche Nation del 1807/08, tale interpretazione pu essere estesa anche allAnweisung. Cfr. J. WIDMANN , Johann Gottlieb Fichte, Berlin New York, de Gruyter, 1982.

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gli stadi successivi comprendono quelli inferiori nel graduale accrescimento di significato. Tale mutamento concettuale comunque gi rintracciabile nei corsi di lezioni sulla Wissenschaftslehre 18042 e nellAnweisung, dove viene sviluppata lidea di una connessione sistematica dei punti di vista fra loro contrapposti. laccostamento a questa concezione, mutata rispetto alla visione del mondo e della vita esposta nei Grundzge, che spiega il passaggio alla teoria dei possibili progetti dellesistenza. Inoltre, nelle lezioni sullAnweisung possiamo individuare alcuni plessi concettuali chiave di questa fase della speculazione ficthiana. - In primo luogo, la ricerca del primo, dellorigine, del principio (Grund), il quale non solo immediatamente intuibile ed indubitabilmente certo, ma anche immensamente pi retrocesso rispetto ad ogni altro principio. - Il concetto di stabilit dellessere, cui si attinge non per via affermativa, bens tramite una dialettica negativa: il Sein il Nicht-Wissen e simmetricamente il Wissen il Nicht-Sein. - Il conseguente procedimento di avvicinamento allessese, indiretto ed allusivo (volendo utilizzare un termine di matrice pareysoniana), dal momento che il principio stesso a nascondersi, a celarsi, a retrocedere, a regredire continuamente. - Il concetto secondo il quale in luogo del fondamento (Grund) non c il nulla, bens labisso (Abgrund), nel senso di fonte, scaturigine, origine inesauribile dellessere stesso. Tale interpretazione della concezione fichtiana47 risulta pienamente coerente con limpostazione critica iniziale, dal momento che non conduce ad una metafisica oggettiva, bens ad unautentica ontologia, per cui luomo (come Bewutsein) egli stesso rapporto con lessere (Sein), in quanto esistenza (Dasein) di questultimo. - Lessere (Seyn) non viene, quindi, disperso nella molteplicit, ma al contrario viene a costituire il sostrato profondo e sempre
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In modo particolare, nei suoi sviluppi a partire dallesposizione della Wissenschaftslehre 1801/02.

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presente della stessa ( in tal senso che L. Pareyson parla di spessore della vita). La concezione di dialettica che viene via via delineandosi si allontana da unaccezione di matrice hegeliana, che parla di necessariet del processo tramite il quale la contraddizione si sospende, si annulla (Aufhebung). In Fichte ci troviamo di fronte ad una dialettica della tensione (e non del processo), una dialettica della libert (e non della necessit). Ci che allorigine viene dispiegato nel tempo grazie agli inesauribili punti di vista interpretativi (tempo, storia, eventualizzarsi, temporalizzarsi). Da tale accezione di dialettica, sorge il concetto di vita (Leben), intesa come contrasto insanabile, movimento, rincorrersi perenne dei contrari, e non come superamento conciliante ed annichilente, composizione dei diversi momenti. Lessere (Sein), in quanto principio che abisso (Grund Abgrund) e quindi libert abissale (e non necessit), ci pone di fronte ad una dialettica di tipo storico, libera e non necessaria. Lo stesso pensiero (Denken) abissale nel suo mirare allessenziale, ossia paradossale e contraddittorio, dal momento che pensa il principio come il totaliter aliter rispetto agli enti, trascendenza assoluta. In tal modo, ossia grazie a questa sua non relazione con gli enti stessi, esso pu fondarli in maniera definitiva, cio proprio tramite la relazione di opposizione.

4 Considerazioni finali
La filosofia fichtiana, cos come si sviluppa a partire dalla cosiddetta Mittelphase48 e via via con sempre maggior chiarezza nelle ultime esposizioni della Wissenschaftslehre degli anni 18101813, sostanzialmente identificabile come dottrina
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Con tale definizione si intendono non solo le Populrwerke del 1806, ma anche le esposizioni sulla Wissenschaftslehre del 1801/02 e del 1804 1807.

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dellimmagine (Lehre vom Bild)49. infatti da questi anni che Fichte prosegue il costante lavoro di affinamento e di approfondimento della Wissenschaftslehre, passando dalla Ideenlehre e dalla Gotteslehre50 alla cosiddetta Bildlehre, che supera completandola la Ichlehre ed al contempo costituisce [] il punto di partenza dal quale Fichte nel suo rapporto con i pensatori a lui antecedenti [] pu essere colto nella maniera pi insistente dellimmediatezza religiosa 51. La problematica fondamentale della Bildlehre , dunque, interpretabile da un lato come lesito dellintero percorso speculativo fichtiano, dallaltro come listanza sottesa e comune alle molteplici rielaborazioni della Wissenschaftslehre52. Lesigenza di fondo della filosofia di Fichte (in linea con il criticismo kantiano) consiste nel giungere ad unaffermazione dellassoluto senza mai uscire dal punto di vista del finito, rimanendo perci Idealismo trascendentale in senso puro. Paradossalmente, si potrebbe affermare che per Fichte la filosofia non conoscenza dellassoluto, ma sempre e soltanto ricostruzione sistematica dello spirito finito; essa essenzialmente Wissenschaftslehre, che fonda e garantisce il punto di vista del finito, invalicabile per il filosofo, quandanche questi si ponga nellorizzonte della filosofia trascendentale che oltrepassa il punto di

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Wirklichkeit ist fr Fichte Bild, inneres, geistiges, schpferisches Bild (J. DRECHSLER, Fichtes Lehre vom Bild, cit., p. 9). Proprio nelle Populrwerke del 1806, i tratti principali della propria Ideenlehre vengono enucleandosi, evidenziando la loro vicinanza ad istanze platoniche (cfr. il concetto platonico di idea , come Urbild precedente la stessa Seele) e neoplatoniche (per via dei tratti di religiosit e di sottolineatura della centralit della realt religiosa). J. DRECHSLER, op. cit., p. 15. La concezione fichtiana dellimmagine viene spesso avvicinata allimago Dei agostiniana o alla sinderesi (Seelenfunke) echkartiana, bench nellimmagine di Fichte divenga visibile lintero Aufri di una realt dellessere e del mondo. Nelle sue tappe principali: 1794, 1798, 1801/02, 1804, 1810.

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vista comune (gemein) della divisione, operata dalla coscienza, in soggetto ed oggetto53. Per quanto riguarda la Bildlehre, dopo lelaborazione del Fichte prosegue cosiddetto sistema della libert54, nellapprofondimento della riflessione sulla Seynslehre, fino ad individuare il carattere di realt dellassoluto, di Leben, di realt soprasensibile (berwirklich) seppure non trascendente e sempre allinterno di una prospettiva critico-trascendentale. Con tale riconoscimento, si giunge al sistema dellassoluto, che da un lato concepisce lassoluto nella sua realt precoscienziale (ens realissimus antecedente la coscienza comune immersa nella polarit soggetto / oggetto), dallaltro intende lo spirito finito come sua coscienza in quanto schema della vita divina, Bild Gottes, luogo in cui lassoluto stesso si fa presente nel mondo, in cui linfinita vita soprasensibile (berwirklich) pu esprimersi nella vita terrena (wirklich). Limmagine (Bild) il medium che permette alluomo di cogliere la realt (die Wirklichkeit): infatti tramite limmagine che la realt diviene visibile (sichtbar) alluomo55. Drechsler definisce
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A partire dallesposizione della Wissenschaftslehre del 1801/02 Fichte andato cambiando la propria terminologia, segno evidente del procedere del suo percorso di costante affinamento della riflessione sul senso e sul fondamento della filosofia stessa: la coppia concettuale Absolutes - Bild, linterpretazione della propria filosofia come sistema dellassoluto (System des Absoluten), Gottes- und Seynslehre da un lato, Bildlehre dallaltro, evidenziano tale trasformazione. Come viene delineandosi nella cosiddetta prima fase, in specifico con lesposizione della Wissenschaftslehre del 1798. Pareyson sostiene che questa prima accezione non avrebbe condotto ad esiti del tutto soddisfacenti, dal momento che con laffermazione dellidealit dellassoluto ed in un certo senso dellassolutizzazione dello stesso spirito finito, risulta impossibile pervenire allUrsprung pi profonda, precoscienziale (come la definisce Pareyson stesso, distinguendola dalla libert cosciente propria della Sittlichkeit). Bei Fichte [] geht die Erfassung der Wirklichkeit als eines Ganzen und im Gesamtbewu tsein von Welt und Wirklichkeit gerade von der inneren geistigen Wirksamkeit und Wirklichkeit eines Bildes aus (J.
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questo mondo dellimmagine (Welt des Bildes) come una sorta di mondo intermedio (Zwischenwelt) tra noi stessi, tra il s del nostro io e la natura in quanto tale, richiamando in tal senso sia il fenomeno del linguaggio (Sprache), che la facolt immaginativa (Einbildungskraft). La dottrina dellimmagine (Lehre vom Bild), gi presente nelle Wissenschaftslehre del primo periodo, viene associata alla dottrina dellidea e dellessere (Ideen- und Seinslehre) della fase mediana, per giungere a piena espressione nelle ultime stesure della Wissenschaftslehre degli anni 1810-181356, con le quali Fichte raggiunger il principio dellessere assoluto (Grund des absoluten Seins) e con esso il principio di Dio (Grund Gottes). Fichte approfondir ulteriormente quella che viene spesso indicata come concezione mistica (mystische Ergriffenheit) del suo pensiero, giungendo alla coincidenza dellessere assoluto con lessere di Dio: Il primo punto da cui noi procediamo dunque unimmagine dellapparire, ancora senza alcuna relazione con le forme dellintelletto e senza alcun essere proprio, ma che si basa sullessere assoluto, su Dio57. Ed proprio in Dio, che possibile individuare un essere di Dio (Sein Gottes), un essere nascosto in Dio, ovvero il principio assoluto dal quale muove il pensiero ed ogni conoscenza e che, come sottolinea Pareyson, laltro rispetto al sapere, nonsapere (Nicht-Wissen). Dir Fichte nelle ultime esposizioni della Wissenschaftslehre: Un altro essere al di fuori dellessere realmente nascosto in Dio assolutamente impossibile []; ed ancora []

DRECHSLER, op. cit., p. 17). solo nellimmagine e tramite limmagine che noi siamo in relazione con la realt, viviamo in essa: noi cogliamo (tragen) la realt solo come immagine e nellimmagine, ed ogni accesso (Zugang) alla realt avviene solo nellimmagine e tramite questa.
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Cfr. anche i due corsi su Die Tatsachen des Bewu tseins, i due corsi sulla Transzendentale Logik del 1812. Also der erste Punkt, von dem wir ausgehen, ist ein Bild des Erscheinens, noch ohne alle Beziehung auf die Verstandesform und ohne alles eigene Sein, nur sich sttzend auf das absolute Sein, auf Gott (J. DRECHSLER, op. cit., p. 187).

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si mostra, che lessere solo in Dio, non al di fuori di esso; che perci tutto ci che giunge nel sapere pu dunque essere solo immagine 58. Il fenomeno (Erscheinung) immagine di Dio (Bild Gottes), non-essere, mentre lessere al di l di ogni fenomeno (jenseits aller Erscheinung) ed indipendente da questo. Il verbo (ist) pu essere pronunciato solo per lassoluto e per nientaltro al di fuori di esso59: C dunque un assoluto, un Dio che sorge per, da e per s: la cui rivelazione la conoscenza (e viene inteso in quanto tale). [] Solo Dio Al di fuori di lui solo il suo fenomeno 60. Siamo al cuore della Transzendentalphilosophie fichtiana:
Lessere di Dio il concetto intrinseco di ogni realt; [] lessere di Dio si fonda assolutamente su se stesso; in quanto questo essere esso chiusura in se stesso; assoluta immanenza in se stesso; assenza di immagine. Tuttavia, ogni altro essere, che costituisce lopposto verso lessere di Dio, essere dedotto, non affatto vero essere; in forza dellimmagine che esso ha rapporto con lessere assoluto, mentre in se stesso lessere dedottto rapporto e relazione reciproca di immagine e di essere immagine.61

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Ein anderes Sein au er dem wirklich in Gott verborgenen Sein ist schlechthin unmglich []; ed ancora [] es zeigt, da das Sein nur in Gott sei, nicht au er ihm; da darum alles, was im Wissen vorkomme, eben nur sein knne Bild (Ivi). J. DRECHSLER, op. cit., p. 187. Cfr. Tatsachen des Bewu tsein, 1813. Es ist allerdings ein Absolutes, durch, von, aus sich Stammendes, Gott: dessen Offenbarung ist die Erkenntnis (und wird als solche verstanden). [] Nur Gott ist. Au er ihm nur seine Erscheinung. (J. DRECHSLER, op. cit., p. 188. Cfr. Staatslehre, 1813). Gottes Sein ist der Inbegriff aller Wirklichkeit; [] Das Sein Gottes ruht absolut in sich selbst; als dieses Sein ist es Geschlossenheit in sich selbst; absolute Immanenz in sich selbst; Bildlosigkeit. Alles andere Sein aber, das den Gegensatz bildet zu Gottes Sein, ist abgeleitetes Sein, ist kein wahres Sein; seine Beziehung zu dem absoluten Sein hat es kraft des Bildes, des absoluten Bildes, in sich selbst aber ist das abgeleitete
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La stessa conoscenza vera (wahre) soltanto in virt dellessere assoluto; solo lessere di Dio ; la sua immagine rivelazione (Offenbarung) che si compie nella conoscenza, poich nella autentica (echte) conoscenza si esprime limmagine di Dio, in cui racchiusa (beschlossen) ogni realt del mondo e dellesistenza (Dasein). Dio stesso (ist) nella conoscenza (Erkenntnis): Lessere assoluto lascia [] lessenza assoluta di Dio ancora intatta / inviolata (unberhrt) e non pu disvelarla (enthllen). Il sapere interno a Dio un riposare (Ruhen) in Dio ed al contempo nel processo di conoscenza, nel quale si rivela lesistenza di Dio, un ricercare infinito, un proseguire e formare 62. Bench la Wissenschaftslehre assurga al grado di dottrina di Dio (Gotteslehre), essa non pu costitutivamente giungere alla dottrina dellessere (Seinslehre), che solamente nella misura in cui si tratta dellessere racchiuso in Dio. Lessere assoluto il fondamento stabile (festes Fundament) a partire dal quale la molteplicit dei rapporti con lessere e con la realt dellessere diviene visibile nellimmagine (Bild). Al pi alto grado di altezza, ossia nellimmagine assoluta (absolutes Bild), il sapere (Wissen) viene a contatto con lessere di Dio; bench il rapporto di tensione (Spannungsverhltnis) tra lessere che si trova in Dio e lessenza di Dio stesso rimanga insuperato (aufgehoben). Siamo di fronte al principio (Grund) inesauribile (unerschpflich), inafferrabile (unergreiflich), inconcepibile (unbegreiflich) che sta dietro o a monte di ogni Wissenschaftslehre e che arretra e sfugge continuamente ad ogni posizione e coglimento da parte del sapere63.
Sein Beziehung und Verhltnis von Bild und Bildsein untereinander (J. DRECHSLER, op. cit., p. 188).
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Das absolute Sein greift durch Gott hindurch und l t doch zugleich das absolute Wesen Gottes noch unberhrt und kann es nicht enthllen. Das Wissen um Gott ist ein Ruhen in Gott, zugleich aber im Erkenntnisproze , in dem sich fr Fichte Gottes Dasein offenbart, ein unendliches Forschen, Weiterschreiten und Gestalten (Ibidem, p. 189). Nelle ultime stesure della Wissenschaftslehre 1810, 1812, il pensiero di Fichte oltrepasser ulteriormente se stesso (ber sich hinausdrngt) nel
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Lessere assoluto rimanda comunque ancora al di l di s (ber sich hinaus), evitando cos che la fissazione (Fixierung) penetri nel pensiero (Denken); lessere assoluto un essere vivente, racchiude in s la vita. Fichte rinviene dietro lessere (hinter dem Sein) un principio ancora pi profondo, nel quale lessere ulteriormente contenuto: la vita assoluta (das absolute Leben), che non tanto causa (Grund), quanto piuttosto principio dellessere (Prinzip des Seins), dal momento che lo penetra completamente, unificando lessere compreso e lessere spirituale, il sensibile ed il soprasensibile. La vita (Leben), insieme allamore (Liebe) ed alla luce (Licht) ancora un principio efficace (Wirkungsprinzip); Fichte si rivolge al principio dellessere di ogni realt (Seinsgrunde aller Wirklichkeit) e lo individua proprio nella causa / principio dellessere assoluto (Grund des absoluten Seins). La vita come assoluta vita divina non penetra solo pi lintera esistenza (Dasein), ma in quanto principio di ogni realt e di possibilit di ogni esistente; oltrepassamento delle stesse conoscenze fondamentali e dei presupposti del pensiero. Il punto darrivo cui perviene la Transzendentalphilosophie fichtiana sin dalla sua Mittelphase , dunque, descrivibile con lespressione ossimorica concepire linconcepibile (Begreifen des Unbegreiflichen)64: lassoluto inconcepibile (unbegreiflich) ed invisibile per il concetto, non in quanto avvolto da unoscurit impenetrabile, ma perch costituisce il fondamento della stessa luce (Grund des Lichtes), ossia il punto pi chiaro (das Allerklarste) che si presenta come invisibile proprio a causa della sua infinita ed

tentativo di fondazione (Fundierung) e porr in maniera ancor pi radicale e stringente la domanda sullassoluto e sulla sua essenza. Cfr. anche la Staatslehre del 1813 e la Wissenschaftslehre des Frhjahr 1813, dove permane in maniera sempre pi precisa e puntuale la questione circa lessenza del principio ultimo. Scrive Drechsler: Die Caesur, die das Frhjahr 1813 in Fichtes Vorlesungen bedeutet, scheint auch ein Caesur zu sein, die erneut die Frage nach dem Wesen des letzten Grundes stellt (Ibidem, p. 190).
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WL 1804/II, IV lezione, p. 34 e p. 36.

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insostenibile luminosit65: la riflessione filosofica giunge, dunque, allannientamento del concetto (Vernichtung des Begriffs) di fronte allinconcepibile (Unbegreifliches), annientamento che si configura a sua volta come un concetto, cosicch la stessa filosofia in quanto Wissenschaftslehre dottrina del sapere alla seconda potenza, ossia del sapere del sapere. Nellannientamento del concetto rinvenibile il fondamento di ogni sapere, anche se la stessa filosofia non perde la consapevolezza della propria inadeguatezza di fronte al fondamento ultimo, mai afferrabile in maniera definitiva da parte del concetto 66,
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La filosofia di Fichte resta sempre nel punto di vista del concetto. Il concepire linconcepibile non il superamento (Aufhebung) del concetto. Per il concetto linconcepibile, lassoluto non il limite ultimo. Lo stesso inconcepibile viene concepito, naturalmente come inconcepibile. Linvisibile si mostra attraverso la sua invisibilit come invisibile (CH. ASMUTH, Das Begreifen des Unbegreiflichen, cit., p. 23). Ad avviso di Asmuth, la concezione del filosofare in quanto concepire linconcepibile costituisce la soluzione cui perviene la filosofia fichtiana sin dalla cosiddetta Mittelphase del suo sviluppo. A partire dalla Neue Darstellung der Wissenschaftslehre 1801/02 (GA II/6, p. 206 e ss.) la Transzendentalphilosophie di Fichte subisce una profonda trasformazione di ordine terminologico-concettuale: bench non si possa parlare di una vera e propria frattura (Bruch) al suo interno, tuttavia evidente il passaggio da una prospettiva prevalentemente incentrata sul concetto di io (Ich) verso la Wissenschaftslehre quale sapere assoluto (absolutes Wissen), sapere dellassoluto (Wissen des / vom Absoluten): la Wissenschaftslehre non pi, quindi, come teoria della coscienza, ma come teoria del sapere assoluto, dottrina dellidea (Ideenlehre) e dottrina di Dio (Gotteslehre). W. JANKE, in Fichte. Sein und Reflexion. Grundlagen der kritischen Vernunft, Berlin, de Gruyter, 1970, sostiene che tale imperscrutabile svolta (undurchsichtige Wende) del pensiero critico nellassoluto consiste in una inversione della comprensione dellessere (Umwendung des Seinsverstndnisses): la parola essere non sta pi a significare un oggetto (Objekt) del pensiero, ossia ci che si contrappone al soggetto (Subjekt) conoscente, allio (Ich); lessere concepito come vita (Leben), luce (Licht), assoluto (Absolutes), Dio (Gott); lessere in quanto assolutamente essere la vita di Dio, dellassoluto. Janke afferma, inoltre, che tale cambiamento nel concetto dellessere, configurantesi come qualcosa di inquietante
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n dellirriducibile scarto residuale che sussiste tra lAssoluto ed il sapere (sua immagine). Il sapere , dunque, immagine (Bild) dellessere: il sapere assoluto non n lessere assoluto, n un non-essere negativo, bens lessere nella forma della visibilit (Sichtbarkeit); lessere o Dio non un in-s (An-sich), un qualcosa di oggettuale (gegenstndliches Etwas), di metafisicamente stabile; lessere il non-visibile (das Nicht-Sichtbare). Alla luce di tale nuova concezione dellessere, la stessa Wissenschaftslehre modificher la propria valenza, offrendosi come autentica docta ignorantia in senso critico-trascendentale. La certezza ottenuta per mezzo della riflessione costituisce un ostacolo per il coglimento dellorigine: la coscienza, origine della fattualit, non pu produrre la verit in senso affermativo, ma solamente per via negativa, allontanando lapparenza. Nella misura in cui si astrae dallimmediata stabilit della realt esterna come mera apparenza (Schein), per intenderla in quanto fenomeno (Erscheinung), ossia autentica e necessaria manifestazione dellessere, della struttura trascendentale dellassoluto e delle sue leggi aprioriche (apriorische Gesetze), la verit si apre come il pi chiaro e contemporaneamente il pi nascosto, luce (Licht) che illumina il vedere ma che non pu essere da questo vista; lassoluto appare come origine (Ursprung), principio (Prinzip) inconcepibile per la coscienza (Bewutsein), che lo coglie in quanto inconcepibile67.

(Beunruhigendes), stato interpretato come rottura (Bruch) con lo spirito critico e caduta (Abfall) nel misticismo. In realt, tale valutazione si rivela riduttiva in quanto giudizio avventato, frutto di un clich che interpreta la filosofia fichtiana come semplice momento negativo allinterno del passaggio dialettico da Kant ad Hegel.
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A proposito dei possibili riferimenti alla metafisica platonica e neoplatonica, si rimanda a W. JANKE, op. cit., p. XV e ss. Per quanto riguarda lappartenenza della filosofia fichtiana alla grande tradizione della mistica speculativa tedesca, che affonda le proprie radici nella dottrina di matrice agostiniana dellimago Dei, Cfr. E. V. BRACKEN, Meister Eckhart und Fichte, Wrzburg, K. Triltsch, 1943.

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Linesauribilit dellassoluto, mai completamente afferrabile da parte del sapere, costituisce la cifra suprema di questo, la sua pi alta espressione: limpossibilit di cogliere (begreifen) e di possedere esaustivamente lassoluto si configura come traccia sempre indiretta e per via negationis della vitalit (Lebendigkeit) intrinseca allo stesso assoluto, ossia del suo essere vita mai fissabile (fixieren) in un oggetto stabile e statico, ma continuo ed ininterrotto permanere dellessere nel fenomeno. In tal senso, la realt (Wirklichkeit) immagine interiore, spirituale e creatrice: Fichte pu quindi essere a ragione considerato come il filosofo dellimmagine, dellessere immagine spirituale (geistiges Bildsein)68. Il pensiero reale (reales Denken) non ha semplicemente un determinato grado di coscienza dellessere, ma tale coscienza, lessere stesso che si manifesta nellimmagine (Bild) di s proprio attraverso tale pensiero. La coscienza costituisce lautentica e necessaria rappresentazione dellessere; il pensiero annulla il proprio essere (Selbstvernichtung), raggiungendo se stesso nellessenza pi intima di coscienza saputa (bewutes Bewutsein) dellessere e insieme autocoscienza (Selbstbewutsein). Non si deve dire che la coscienza ha coscienza dellessere (affermazione che insinuerebbe ancora un dualismo ontologico fra essere e coscienza), ma che la coscienza da cima a fondo (durch und durch) coscienza dellessere.
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Drechsler sottolinea come proprio nella Wissenschaftslehre sia possibile giungere alla conoscenza della realt del fenomeno (Erscheinung) nella maniera pi penetrante ed immediata. Inoltre, se la dottrina dellio stata interpretata come la caratteristica fondamentale della cosiddetta fase jenese della speculazione fichtiana (1794-1798), ad avviso di Drechsler pi corretto leggere tale dottrina solo come punto di partenza (Ausgangspunkt) e non punto di arrivo (Zielpunkt) del pensiero fichtiano: Il vero Fichte coglibile solo dalla totalit del suo lavoro e solo qui, se si riesce a raggiungere un punto di partenza di unanalisi pi penetrante, che al tempo stesso attraversa lintera opera. Tale punto di partenza la dottrina dellimmagine ed essa conserva validit anche al di fuori della dottrina dellio attraverso lintero lavoro fichtiano, perch non rimane pi mero punto di partenza quanto piuttosto punto di arrivo dellintero pensiero fichtiano [] (J. DRECHSLER, op. cit., p. 11).

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La riflessione filosofica giunge qui al suo limite (che poi il suo apice): laffermazione dellassoluto non possibile tramite largomentazione, bens [] per un discorso che allega lassoluto soltanto come oggetto interno dello spirito finito e come garanzia dellautofondazione della filosofia69. La Wissenschaftslehre qui al pi alto grado di radicalit, pur nel pieno rispetto dellesigenza critica, in quanto apre ad unautentica ontologia pur respingendo ogni tentazione di metafisica oggettiva. Al termine del percorso di autoriflessione, la stessa filosofia [] appura la presenza di un residuo irriducibile, che resiste a questa vanificazione delloggettivit, e che, non essendo n potendo essere oggetto in alcuna maniera, merita il nome di inoggettivabile70. Il sapere dello spirito finito tenta di cogliere lassoluto pur mantenendolo nella sua inoggettivabilit; si svolge come riflessione indiretta, obliqua, sullassoluto, ossia tramite un movimento dialettico di sapere e non-sapere, non-essere ed essere, per cui [] il sapere, riconoscendosi incapace di originarsi da s, converte il suo limite nella sua origine, e trova nel suo contrario il proprio fondamento 71. Grazie a tale particolare dialettica, il sapere pu cogliere se stesso solamente presupponendo un riconoscimento superiore, ossia un essere realissimo ma non oggettivo, tanto pi reale quanto meno oggettivo, di cui pu parlare solo come del nonsapere. Il movimento dialettico Wissen / Nicht-Wissen, il Nicht-Sein des Wissen, lessere Bild des Seins ed in quanto tale non-essere lessere, lineffabilit (in termini concettuali) dellassoluto, conducono ad un esito mistico, proprio in virt dellineffabilit e dellinconcepibilit dellassoluto che oltre il soggetto finito72.
69

L. PAREYSON, Fichte. Il sistema della libert, Milano, Mursia, 195019762, p. 411. Ibidem, p. 412. Lo spirito finito in quanto immagine dellassoluto (Bild des Absoluten) coscienza dellassoluto, che ne costituisce loggetto interno, il termine della sua intenzionalit, e non loggetto esterno. Ivi. Pareyson ben delinea tale esito mistico del criticismo e dellidealismo trascendentale: [] si tratta naturalmente dun misticismo lucidissimo,
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70

71 72

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Labsolutes Wissen, giunto allapice o meglio al limite, che la sua origine del proprio percorso, si trasforma in non sapere (Nicht-Wissen), in quanto diviene consapevole (ma non pu coglierlo) del Sein come sua origine, come laltro (das Andere). questo lesito, il cuore della speculazione fichtiana, che coglie lessere pur senza uscire dal pensiero e senza che questultimo si risolva perdendosi nel primo. Lassoluto viene raggiunto perch il sapere coglie nel suo intimo il proprio fondo (Grund), la profondit che fondamento (Urgrund), il non essere del sapere che lessere nel sapere. Lessere annientamento del pensiero, per cui il concetto vi attinge solo con la propria autonegazione, con il proprio autosuperamento. Il sapere non esce dal punto di vista del finito, preservando cos listanza critico-trascendentale, ma coglie lessere nel proprio non-sapere, ossia come sua contemporanea negazione e posizione. Si fa vero sapere assoluto, che giunge dun colpo e non tramite la deduzione discorsiva nel momento in cui si d, negandosi, linseparabilit originaria di essere e sapere, di unit e molteplicit. La Wissenschaftslehre giunta al punto in cui noi stessi diventiamo luce (Licht), occhio (Auge), visione della verit; la coscienza solamente il fenomeno della realt (Erscheinung), non la verit in s, la quale infatti una (Eine), eterna, per s stante, prima della conoscenza ed al di l della sua schematica soggetto / oggetto. Lunit del pensiero divenuto Licht permette di comprendere la molteplicit del mondo, realizzando in esso limmagine di Dio (Gottesbild), dellassoluto, permette ci di realizzare nel mondo lo stesso schema della vita divina 73.

intellettuale, quasi freddo, che ignora la passione della notte, e che del nulla ha solo la profondit, ma non la caligine, accompagnata com dalla dialettica pi vigile e avveduta (Ibidem, p. 413).
73

La Wissenschaftslehre fichtiana sfocia dunque in un esito religioso, che oltrepassa il Wissen (apparente) per cogliere in maniera immediata il Sein, il Gott, nel sapere assoluto.

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I L PI NOBIL E FIO RE DEL L UMANIT R IF L E S S IO NI SU L GIUDIZIO DI F ICHTE SUL L I FIGENIA IN T A URID E DI G O ETHE
GIORGIA C ECCHINATO UFPR, Curitiba, Brasil

Abstract This paper discusses Fichtes opinion on Goethes Iphigenie on Tauris as it is expressed in the writing On the Spirit and the Letter in Philosophy. The concept that permits to focalize the question is that of Humanity: on one hand Goethe characterize its own Drama as damned human, on the other hand Fichte argues that the Stimmung of this Drama is the noblest flower of the Humanity. After a short focusing on the most important characters of Iphigenie, I will try to discuss the analogies that exist between the representation of the protagonist of Goethes drama and the way in which Fichte described the Scholar. Finally It will be possible to point out the rule that Fichte attributes to the Genius in relation to the infinite progress of the humanity.

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1 Introduzione
Toante Tu credi che ascolti il rozzo Scita, il barbaro, la voce della verit e della piet umana, che Atreo, il Greco, non ha ascoltato? Ifigenia Pu udirla ognuno, nato sotto il cielo, se la fonte della vita gli fluisce nellanimo pura e senza ostacoli

Questo contributo si propone di analizzare il giudizio che Fichte esprime sul dramma goethiano Iphigenie in Tauris nel suo scritto Lettere sopra lo spirito e la lettera in filosofia1. Lo scopo non quello di indagare la vicinanza storica tra Fichte e Goethe, n di documentare il rapporto diretto tra le due personalit o quello indiretto, della conoscenza reciproca del pensiero e dellopera2. Piuttosto, indagando il contesto e sviluppando le implicazioni e le conseguenze di questo brave passaggio in cui Fichte si esprime sul dramma goethiano verranno messi in luce interessanti aspetti della teoria fichtiana dellarte e dellesperienza artistica. Inoltre, inserendosi perfettamente nellintento programmatico di questa raccolta Leggere Fichte contribuir a rendere il lettore fichtiano consapevole della ricchezza teorica e della molteplicit di rimandi che si possono trovare anche in un testo non scientifico, pensato per
1

La traduzione italiana delle citazioni e dei titoli delle opere di Gichte citate mia. Vedi Sullo spirito e la lettera in filosofia. In una serie di lettere, in GA I/6, pp. 333-361, in particolare p. 357, Fichte si esprime sempre in termini positivi sullIfigenia di Goethe anche in GA III/1, p. 134; GA II/1, p. 259; GA I/6, pp. 356-358. Sul rapporto tra Fichte e Goethe vedi S. IOVINO, Ich ist Nicht-Ich = Alles ist Alles. Goethes als Leser der Wissenschaftslehre. Ein Beitrag zur Geschichte des Verhltnisses Fichte-Goethe, in FichteStudien, 19, 2002, pp. 55-94; und auch M. DA V EIGA, Selbstdenken und Stil bei J.G. Fichte und Goethe, in FichteStudien, 19, 2002, pp. 95-108.

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un pubblico di non specialisti, a partire da unosservazione che sembrerebbe non essere nulla pi che lespressione di un giudizio di gusto personale3. Il passaggio che si vorrebbe sottoporre allattenzione del lettore si trova nella terza delle Lettere, Fichte sta descrivendo qui le caratteristiche della vera arte, cio di quella che vivificata dallo spirito in contrasto con larte meramente meccanica e porta come esempio del primo tipo di arte lIfigenia di Goethe4. In questopera non tanto il linguaggio ci che conta, n la storia in s, ma piuttosto lo spirito, che in quanto Stimmung impronta e vivifica lopera. La Stimmung che domina nellIfigenia viene definita il pi nobile fiore dellumanit, che solo una volta fu prodotto dalla natura sotto il cielo greco e che attraverso uno dei suoi miracoli si ripetuto nel Nord 5.
3

Lo scritto in forma epistolare Sullo spirito e la lettera in filosofia fu ideato da Fichte per la rivista Horen di cui Schiller era direttore ma fu rifiutato da Schiller stesso per la sua macchinosit, la scarsa comprensibilit e la non corrispondenza tra il tema trattato e il titolo. Di fatto Schiller aveva inteso lintento polemico non esplicito ma chiarissimo di Fichte contro le sue Lettere sulleducazione estetica delluomo, che a loro volta contengono una velata critica allinterpretazione fichtiana, giudicata da Schiller troppo rigoristica, della morale kantiana. Senza entrare nel merito della polemica mi limito a indicare che qui Fichte, contro la teoria Schilleriana dellimpulso al gioco, come mediatore tra limpulso alla forma e limpulso alla materia, elabora una teoria della fondamentale unit degli impulsi e indica tre manifestazioni primarie di un unico impulso. Sulla polemica di Fichte e Schiller vedi D. WILDENBURG, Aneinander vorbei. Zum Horenstreit zwischen Fichte un Schiller, in Fichte-Studien, 12, 1997, pp. 27-41 GA I/6, p. 357. In realt Fichte nomina anche un altro dramma del maestro di Weimar: il Tasso. Per la particolari caratteristiche dellIfigenia che verranno messe in luce nel corso di questo contributo e per il fatto che Fichte immediatamente di seguito parla del mondo greco e poi si riferisce di nuovo in una nota allIfigenia, il riferimento a questo dramma ci sembra pi significativo, perci si deciso di considerare esclusivamente questultimo. GA I/6, p. 357.

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Il concetto chiave, che unisce il dramma goethiano e le riflessioni fichtiane quello di umanit. Limportanza di questo concetto risalta ancora di pi se si pensa che fu Goethe stesso in una lettera Schiller del gennaio 1802 a caratterizzare questa sua opera teatrale come maledettamente umana (ganz vetrteufelt human) 6; Questa autochiosa di Goethe ha fortemente influenzato tutta la seguente letteratura critica, tanto da diventare un topos7. Cercheremo ora di capire in che cosa consista il messaggio di umanit che il dramma comunica e di vedere come questo sia intrinsecamente collegato con la concezione fichtiana dellarte.

2 Verit e Umanit
Lintero dramma costruito su un conflitto fondamentale: quello tra lumanit e la barbarie8. Esso appare inizialmente come
6

Lettera a Schiller del 19.01.1802. Citata da K.O. CONRADY, Goethe: Leben und Werk, in 2 voll., Knigstein/Us., 1982, qui vol. I., p. 472 Si veda in proposito T.W. ADORNO, Zum Klassizismus von Goethes Iphigenie, in Neue Rundschau, 78, 1967, pp. 586-599. La storia di Ifigenia nota: figlia di Agamennone, destinata dal padre ad essere sacrificata in Aulide per far di nuovo soffiare venti favorevoli per le navi dirette a Troia. La giovane si salva rapita da Diana e trasportata in una nuvola in Tauride. Qui viene a svolgere per ordine della dea che lha salvata il ruolo di sua sacerdotessa. Tra i compiti della sacerdotessa di Diana vi anche quello di sacrificare tutti gli stranieri che entrino in Tauride. Questa storia che noi conosciamo gi in Euripide frutto della rielaborazione di un mito antico. Goethe non ha nessun interesse per una ricostruzione archeologica del mito, lo usa per ispirarvisi liberamente. Iphigenie in Tauride , dal punto di vista formale un dramma chiuso, che si rif alla tradizione classica e alla sua rivitazione francese. Osserva le tre unit di tempo, spazio e azione. Si divide in cinque atti, il primo die quali introduttivo, presenta la situazione della protagonista e gli antefatti della storia; i momenti fondamentali dello svolgimento del dramma sono rappresentati nel terzo e nel quinto atto; il secondo e il quarto sono preparativi per i successivi. Per unampia analisi del dramma
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lotta tra due culture: quella dei greci e quella dei tauri, ma il conflitto acquisisce sfumature pi profonde presentandosi nella coscienza di Ifigenia9 anche come contrasto tra istanze divine: da un lato un culto che prevede sacrifici umani, dallaltro la benevolenza degli dei olimpici. Ifigenia rifiuta la violenza ed decisa a rompere la catena di vendette e orrori che ricade sui discendenti del titano Tantalo, consapevole che ci sar soltanto possibile se lei stessa si sottrarr a qualunque azione criminosa. Ella sa che soltanto ci che si accorda con la sua coscienza pu essere accettato e fatto valere come regola di comportamento, trova la forza in s stessa per affermare questo principio e rimane ferma coerente nella sua attuazione. La purezza dellanima di Ifigenia agisce, per coloro che possono riconoscerla, come stimolo alla purificazione, ci avviene emblematicamente nel caso della guarigione di Oreste. Egli, ignaro del fatto che la sacerdotessa sia lamata sorella, non pu nascondere la sua identit, come consiglierebbe la prudenza, e come di fatto si era accordato con il fido Pilade. Oreste si mostra dunque coraggioso e parla cos alla sacerdotessa di Diana: non posso soffrire che tu, anima grande,/ sia ingannata da una falsa parola/ [..] fra di noi/ regni la verit10. La guarigione di Oreste dalla persecuzione delle Erinni pu essere vista come effetto di questo primo, spontaneo atto libero, per cui egli si decide, nonostante sia in gioco la sua stessa vita, per la

vedi Goethe Handbuch (4 voll.), a cura di B. Witte, T. Buck, H.-D. Dahnke, R. Otto, P. Schmitt, Stuttgart- Weimar, 1997, qui vol. 2., Dramen, pp. 195-228. importante tenere presente come modello per lIphigenia, la versione, non finita dell Iphignie en Tauride di Racine, che nel 1747 fu pubblicata come appendice alle sue Mmoire, su questo vedi R. FERTONANI, Introduzione, in G. W. GOETHE, Ifigenia in Tauride, tr. it. R. Fertonani, Garzanti, Milano, 2001. Le citazioni dallIfigenia provengono da questa edizione italiana e portano indicato soltanto in numero del verso (V).
9

A partire dal teatro Barocco la presenza degli dei sulla scena viene drasticamente ridotta per favorire la motivazioni psicologiche, cfr. R. FERTONANI, Introduzione, cit., pp. XIX-XX. G. W. GOETHE, Ifigenia in Tauride, cit. V. 1076-81.

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verit. Oreste rifiutando la menzogna si libera dal giogo dei delitti di cui lui stesso e i suoi antenati si sono macchiati. Il coraggio di decidersi per la verit anche lelemento decisivo dellemozionante atto quinto: Pilade e Oreste hanno gi pianificato il furto del simulacro di Diana, che loracolo di Delfi sembra pretendere in cambio della sua liberazione dalla persecuzione delle Erinni, e preparato la successiva fuga in Grecia. Dopo difficili momenti di dubbio e di riflessione Ifigenia capisce che non pu ingannare il re che da anni la ospita e a cui nonostante tutto grata, si decide perci a rivelargli la verit: lidentit del fratello e i suoi piani di furto e di fuga. Ella riconosce nel re dei barbari un uomo, capace di comportarsi come tale, concedendo la libert a lei e ai fuggiaschi. I fatti le danno ragione perch Toante, dopo un dialogo ricco di tensione emotiva li lascia andare 11. Goethe rappresenta nel corso del dramma il processo di purificazione che si compie nei tre personaggi principali: Ifigenia, Oreste e Toante. La sacerdotessa si libera in primo luogo dal dovere di eseguire un culto sanguinario, che ripugna la sua coscienza, contribuisce alla liberazione del fratello dalla persecuzione delle Erinni, e d vita allumanizzazione della Tauride nella persona del sovrano. Inoltre il suo ritorno in Grecia significa la liberazione della Grecia stessa dal suo passato violento e sanguinario, dalle tracce della saga dei Tantalidi, dalla guerra di Troia e delle sue conseguenze. Lumanit di Ifigenia, la maledetta umanit di Ifigenia, come da questa breve analisi del dramma deve gi essere emerso, non ha nulla a che vedere con quella di un uomo comune, al contrario Goethe rappresenta un ideale perfetto di umanit. Il pi grande merito di questopera quello di essere riuscita rendere lideale non come un distante oggetto di un vago anelare, ma di avergli dato forza e vita nella la figura di Ifigenia e attraverso questa di averlo reso attivo negli altri personaggi. Le caratteristiche attribuite a Ifigenia: la capacit introspettiva, il coraggio di decidersi, lamore per la verit, il riconoscimento dellaltro e la coerenza con s stessa, sono quelle
11

Ibidem, V. 2142-45.

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che idealmente ognuno, nato sotto ogni cielo12 dovrebbe possedere e che probabilmente hanno impressionato ed entusiasmato Fichte.

3 Il dotto come sacerdote della verit


Gi a partire dal suo primo scritto ai tempi della scuola di Pforta, Fichte determina lo specifico dellarte nella capacit di intrattenere, elevare e formare lanimo13. Anche successivamente, nelle sue svariate riflessioni sullesperienza artistica, continua, in accordo con lo sviluppo del suo pensiero, a considerare larte come momento fondamentale per la formazione delluomo nel quadro del processo di perfezionamento infinito dellumanit14. Luomo, come essere razionale finito, deve creare e mantenere le condizioni che rendono possibile limporsi della ragione, ovvero della libert nel mondo sensibile, anche se la realizzazione perfetta del dominio della ragione non possibile, ma si d solamente la possibilit di un avvicinamento allinfinito a questo scopo finale. Il ruolo fondamentale di guida, di figura portante, di questo sviluppo infinito per non lartista, ma il dotto. interessante notare come le caratteristiche di promotore e custode del processo di perfezionamento infinito dellumanit che Fichte attribuisce al dotto nelle Lezioni sulla destinazione del dotto, corrispondano ai tratti fondamentali con cui Goethe rappresenta Ifigenia. Il dotto deve innanzitutto essere un esempio morale per i
12 13

Ibidem, V. 1937-1940. Per una traduzione italiana di questo scritto di Fichte si veda S. BACIN, Fichte a Schulpforta (1774-1780). Contesto e materiali, Milano, Guerini, 2003. questo lavoro offre anche un ampio commentario del testo e una interessante rappresentazione del contesto storico-culturale della formazione di Fichte. Vedi per esempio GA I/3, p. 51; GA 1/5, p. 307; GA I/6, p. 352. Su questo vedi P. LOHMANN, Die Funktionen der Kunst und des Knstlers in der Philosophie Johann Gottlieb Fichtes, Fichte-Studien, 25, pp. 113-133.

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suoi contemporanei e non deve ingannarli in alcun modo15. Particolarmente suggestivo poi il fatto che il dotto venga denominato come sacerdote della verit16. Egli, sostiene Fichte, deve essere sempre veritiero, anche se per questo verr perseguitato, anche se, nel mantenersi fedele alla verit, rischiasse la sua vita17. Nel dramma goethiano abbiamo visto che il coraggio dei protagonisti di decidersi per la verit costituiva un elemento chiave nello svolgersi degli eventi, in quanto esso apriva la possibilit di sciogliere i conflitti. Anche nella filosofia di Fichte, specificamente nella sua filosofia pratica, la verit rappresenta un momento fondamentale della moralit, infatti la capacit di rimanere fedeli alla verit caratterizza luomo coraggioso che attraverso la sua azione veritiera impone il dominio della ragione fuori di s, al mondo sensibile, al contrario il vigliacco, incapace di agire moralmente, che si nasconde dietro a una menzogna18. A questo proposito, si pu aggiungere che nella Dottrina morale del 1798 Fichte si esprime in maniera molto critica contro la cos detta menzogna necessaria (Notlge)19.Questa deve essere rifiutata senza appello perch, secondo Fichte, non vi pu essere necessit che giustifichi una menzogna. Porta cos il classico esempio di scuola con cui si difende la menzogna necessaria: se si immagina che un innocente si stia nascondendo presso di noi per sfuggire ad un assassino, alla domanda di questultimo di rivelare il nascondiglio del primo, si dovrebbe mentire per salvare una vita innocente. Fichte cerca di mostrare che anche in questo caso mentire significherebbe cedere innanzitutto alla propria vigliaccheria20. Ci che mi sembra interessante notare che, come possibile soluzione della situazione esemplificata, il filosofo proponga proprio lo stesso
15 16 17 18 19 20

GA I/3, pp. 56-57. Ibidem, p. 58. Ivi. GA I/5, pp. 185-186. Ibidem, pp. 255-259. Ivi.

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schema con cui si conclude il dramma goethiano: lassunzione del rischio e la confessione, la rinuncia da parte del nemico, colpito dalla correttezza e dallaudacia di chi gli sta di fonte, al suoi intento sanguinario21. Al di l dellefficacia della soluzione proposta da Fichte, e del fatto che essa sia o non sia stata suggerita dalla conoscenza del dramma goethiano, interessante notare la consonanza di prospettiva tra alcuni punti importanti della filosofia di Fichte e lideale rappresentato dallopera di Goethe.

4 Esperienza artistica e destinazione delluomo


Al di l di queste osservazioni, certo suggestive, ma che restano alla superficie dellinteresse fichtiano per il dramma di Goethe, andiamo dunque a vedere com da intendere il giudizio del filosofo sullIfigenia, in rapporto soprattutto allesperienza dellarte e al suo ruolo nello sviluppo dellumanit. Torniamo dunque al contesto in cui questo giudizio compare, Fichte sta spiegando che bench lesperienza estetica parta da un oggetto (sia esso un quadro una poesia o una composizione musicale), costruito con determinate regole, con determinati intenti e con un contenuto determinato, non sono le caratteristiche delloggetto in s che sono importanti, ma piuttosto lo spirito che determina lessenziale nellopera darte. Lo spirito definito da Fichte come forza vivificante diretta allo sviluppo dellinteriorit umana che la eleva dal mondo sensibile strappandola da questo22. Non si tratta di unistanza individuale, ma di una sorta di sostrato eterno e sovraindividuale, che fa delluomo ci che , o meglio ci che dovrebbe essere. Lo spirito facolt di rappresentazione dellideale della ragione, il fondamento della valenza universale e necessaria delle opere che sono prodotte da lui attraverso individui finiti23. Il genio che produce opere di spirito il
21 22 23

Ibidem, p. 257. GA I/6, p. 347. Ibidem, p. 354.

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grado infondere questa vita alla materia, producendo unopera in cui tutto teso allespressione dellideale e la resistenza della materia, la parte tecnico-meccanica, diciamo, non conta pi in quanto tale24. Anche se il rapporto tra spirito e genio in questo testo, non sempre delineato in maniera chiara, si pu dire che il genio quellindividuo attraverso cui lo spirito si incarna e crea. Perci le opere del genio sono opere dello spirito e, in questo senso, genio e spirito possono essere usati, come fa Fichte, quasi come sinonimi. Fichte riprende qui le definizioni di genio come favorito della natura e dello spirito come forza vivificante che gi Kant aveva esposto e ne ampia il peso e la portata. Il carattere naturale del genio in realt il suo carattere spirituale di cui egli non pu disporre e di cui non consapevole. Lispirazione dellartista irrefrenabile, egli la deve seguire cos come un animale deve seguire il suo istinto, nel realizzare il suo impulso alla rappresentazione lartista condivide con il pubblico il profondo della sua anima, in cui riluce unideale che egli rappresenta nella sua opera25. E cos facendo contribuisce al progresso infinito dellumanit: lesperienza artistica presuppone spiritualit e promuove spiritualit. In questo senso il dotto e lartista, filosofia e arte sono vicinissimi, legati da una comune origine nello spirito e da uno scopo comune, perseguito dal dotto consapevolmente e con volont, raggiunto dallartista senza saperlo e senza volerlo. Ma in che cosa consiste esattamente lelevazione, la nobilitazione che il fruitore dellesperienza artistica vive attraverso larte del genio? Fichte spiega che larte in primo luogo esperienza di autoattivit, che essa mette in moto lattivit della nostra immaginazione, a partire da un opera esterna, in maniera del tutto insolita rispetto allesperienza comune. Se infatti sia nellesperienza pratica che in quella conoscitiva lo scopo quello dellaccordo tra la rappresentazione della cosa e la cosa stessa: da un lato come adeguazione della realt alla rappresentazione di uno scopo, dallaltra come adeguatezza di un concetto, come rappresentazione,
24 25

Ibidem, p. 356 Ivi.

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con la realt, dal punto di vista estetico la rappresentazione libera da qualsivoglia accordo con il mondo esterno26. lopera dellartista, il suo genio che permette di comunicare un contenuto che non solo trasmesso dallopera, ma ricreato dal fruitore in s a partire da s. In questo senso il fruitore dellarte spinto, elevato a un livello di libert, di spiritualit superiore, e dunque ad un livello successivo di sviluppo e di perfezionamento rispetto a quello che ha raggiunto fino a quel momento. Ciascuno, dice Fichte ha un senso, un istinto per quello che per lui il prossimo gradino di formazione spirituale (Ausbildung), ed questo che nella contemplazione artistica si riconosce trovandolo realizzato in s27. Anche se, come abbiamo gi osservato non il contenuto di unopera che ne determina il valore e leffetto sul pubblico, ma la sua spiritualit che permette di fondere e di adattare perfettamente la materia allideale espresso, si deve osservare che nello specifico caso dellIfigenia ci troviamo di fronte ad unopera che in quanto opera del genio deve liberare e nobilitare, daltra parte essa stessa una storia di nobilitazione e liberazione. Lumanit di Ifigenia che come una forza contagiosa domina il dramma, agisce sugli gli altri personaggi sortendo lo stesso effetto che lopera darte deve sortire sullo spirito di chi la esperisce. Al di l di questo, ci che fa dellIfigenia unopera unica il fatto che, grazie al genio di Goethe, colui che assiste alla rappresentazione teatrale, non verr elevato soltanto ad un grado maggiore di libert e spiritualit, ma al massimo grado del progresso dellumanit, a quel momento infinitamente lontano in cui sar raggiunto il pi alto grado della libert del singolo e della societ, allideale realizzato di una societ i cui membri sono tutti giusti e benevoli28, al superamento di tutte le scissioni in favore dellunit. Al poeta di cui parlo, cio a Goethe, specifica Fichte, dato in sorte di confrontare due epoche della cultura umana con tutte le loro

26 27 28

Ibidem, pp. 340-342. Ibid, p. 358. GA I/3, pp. 358-359.

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differenze di grado. Egli prese la sua epoca dallultimo grado per porla al primo29. Qui emerge lo straordinario potere del genio che si figlio della sua epoca, ma non legato a questa anzi, lartista vero, in quanto tale libero dalle condizioni sensibili, nel creare egli libero da ci che rappresenta il sigillo stesso della nostra finitezza: il tempo. Il genio gioca col tempo anticipando il futuro e presentificando il passato, non solo nel senso che tematizza epoche passate o future, ma nel senso che egli le fa vivere allo spettatore nella loro essenza pi vera, provocando sempre quella nobilitazione a cui gi abbiamo accennato. Egli, sia esso poeta, pittore, musicista, produce limmagine vivente 30 (das lebendige Bild) di unepoca, capace di renderne i tratti essenziali in modo tale che essi si adattino allanima e siano recepiti dallo spettatore non come qualcosa di esteriore. Cos che accade con Ifigenia e la cultura greca: attraverso la Stimmung che Goethe trasmette al suo dramma, rivive, secondo Fichte la cultura greca, il pi nobile fiore dellumanit. Con ci sintende che nel dramma di Goethe rivivono, come Bild e non come ricostruzione storica, quellatteggiamento fermo, la nobilt e il coraggio delluomo contro i ciechi attacchi del destino31. Sembra infatti che, bench egli non lo tematizzi in modo esplicito, per Fichte ci che caratterizza lazione drammatica non sia tanto lepilogo felice o infelice della vicenda, n il fatto che un innocente sia esposto alla violenza del destino32, ma piuttosto lintervento di un elemento esterno che inizialmente sembra sfuggire al volere delleroe e che si ponga contro di lui, la possibilit che qualcosa sfugga al suo volere. Sono gli uomini che hanno dato il nome di destino al loro costitutivo limite, alla possibilit che le loro scelte seguano vie impreviste e
29 30 31 32

GA I/6, p. 358. Ivi. Ibidem, p. 357. Per esempio per Schelling a partire da qui che si sviluppa il senso del tragico nelle Philosophischen Briefen ber Dogmatismus und Kritizismus (1795). Cfr. F. MOISO, Il tragico nel primo Schelling, in Il tragico a confronto, Milano, 1998, pp. 101-102.

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imprevedibili ed il dramma che scopre questa finitezza in tutta la sua evidenza33. Se per nella tragedia greca il fermo e nobile atteggiamento degli eroi significava lincondizionata accettazione di una forza misteriosa a cui anche gli dei dovevano sottomettersi, limmagine di essi che vive nel dramma di Goethe e attraverso il quale siamo portati al pi alto livello di umanit costitutivamente pervasa da quella consapevolezza di un livello pi alto di libert che rende possibile le stesse scelte ed indipendente dalle loro conseguenze. Questa libert, questa sicurezza dello spirito la si trova solo volgendosi in s stessi, cos come fa Ifigenia, ferma, coerente e coraggiosa, libera dalla paura cos come dalle lusinghe del mondo sensibile. Una volta che si diventati consapevoli di questa libert i ciechi attacchi del destino perdono il loro aspetto terrificante, essi non possono che essere pensati, come ogni altro ente che si oppone allio, come unoccasione del manifestarsi della sua libert. Leroe, o piuttosto luomo che ciascuno devessere non pu avere paura nemmeno della morte perch lo spirito che lo anima e che pervade di s lintera umanit, la libert eterna e assoluta che egli trova in s stesso devono dargli la certezza che il progresso dellumanit a cui egli ha contribuito, a cui egli appartiene, non si fermer con la sua morte e in questo senso anche la morte viene annullata e lui stesso diventa eterno, nelleterno processo di liberazione delluomo34. NellIfigenia di Goethe Fichte vede dunque insieme il passato, come lebendiges Bild, il presente e leterno, come futuro sempre da realizzare. Larte nel suo contributo fondamentale allinfinito progresso dellumanit raggiunge per questo i suoi massimi livelli nellopera di Goethe.
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Nelle Jenaer Vorlesungen von Logik und Metaphisik, Fichte parla della nascita dellidea di un destino: non appena si coscienti della propria libert di scegliere tra diverse opzioni, si diventa anche coscienti della contingenza e dellinsicurezza che affettano il risultato di ogni possibile scelta. La causa di questo viene attribuita ad un destino oscuro per cui i tragici greci hanno trovato i pi terrificanti concetti, vedi GA IV/1, p. 315. GA I/3, p. 50.

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Si possono dunque concludere le nostre osservazioni affermando che per Fichte la potenza del vero genio tale che grazie alla sua opera lumanit pu fiorire.

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