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Giorgio Nebbia

Racconti di ecologia

Ecoalfabeto Collana diretta da Marcello Baraghini e Stefano Carnazzi Coordinatore della collana: Edgar Meyer
2011 Giorgio Nebbia 2011 Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri ISBN 978-88-6222-156-6 www.stampalternativa.it email: redazione@stampalternativa.it

foto di copertina: gjfoto - Fotolia.com

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Ecoalfabeto i libri di Gaia Per leggere la natura, diffondere nuove idee, spunti inediti e originali. Spiegare in modo accattivante, convincente. Offrire stimoli per la crescita personale. Trattare i temi della consapevolezza, delleducazione, della tutela della salute, del nuovo rapporto con gli animali e lambiente.

I LIBRI DI
Le emissioni di CO2 conseguenti alla produzione di questo libro sono state compensate dal processo di riforestazione certificato Impatto Zero

CON IL CONTRIBUTO DI

GAIA ANIMALI & AMBIENTE

Alla Gabriella che mi ha accompagnato nella vita e nel lavoro per 54 anni felici di matrimonio

Introduzione
Lecologia una disciplina scientifica o forse una maniera di vedere il mondo che si occupa dei rapporti degli esseri viventi fra loro e col mondo circostante. Giorgio Nebbia, pioniere dellecologia, scienziato, giornalista e lucido divulgatore delle tematiche ambientali, propone in questo libro una serie di riflessioni che abbiamo voluto chiamare racconti perch hanno il fascino e la scorrevolezza delle narrazioni tra le pi argute della sua vasta produzione intellettuale e saggistica. Attraverso gli articoli, divisi in capitoli tematici, si spazia su (quasi) tutto lo scibile della sostenibilit ambientale: dalle origini del termine ecologia ai ritratti di alcuni pionieri, dalle considerazioni sullimportanza dellacqua e del sole alla necessit della riciclo-logia . In questi articoli, in questi racconti, in queste lettere, Nebbia (collaboratore di Gaia, lassociazione che in partnership con Stampa Alternativa promuove questa collana: altri suoi gustosi scritti si possono trovare nella sua rubrica allinterno del portale www.gaiaitalia.it) si rivolge agli insegnanti, agli studenti, alla classe dirigente, ai cittadini attenti ai destini del nostro piccolo pianeta. Con parole semplici. Ricordando fatti e persone. Avanzando proposte. Unendo analisi scientifica e buonsenso. Scorrendo le pagine di Ambientiamoci si impara ad
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amare la robinia e la ginestra, si incontrano Garrett Hardin e la sua parabola della mucca, si scoprono le radici (italiane) dellenergia geotermica, si ripercorre per qualche attimo la vicenda di Seveso, si comprende perch la scelta nucleare errata. Lautore ci prende gentilmente per mano e ci racconta storie di inquinamenti, di scoperte scientifiche, di uomini del futuro. Ma anche di escrementi (loro nelle fogne), della vicenda dellintossicazione delle operaie di unoscura fabbrica americana, dei meccanismi dellenergia osmotica. Insomma, attraverso storie e aneddoti ci parla di acqua, di energia, di merci, di rifiuti, di lavoro e ambiente, di pace. In una parola: di ecologia. Per conoscere e capire lambiente che ci sta attorno. E rispettarlo. Per ambientarci. Giorgio Nebbia uno dei padri nobili del movimento ambientalista italiano e internazionale. stato ed ancora uno dei protagonisti di assoluto rilievo nello studio della questione ambientale, affrontata nellottica del chimico, delleconomista e del merceologo. Libero docente di Merceologia, ne stato professore ordinario (ora emerito) presso la Facolt di Economia e Commercio dellUniversit di Bari dal 1959 al 1995. Nella stessa facolt ha insegnato Ecologia dal 1972 al 1994. Si occupato dei processi di trasformazione delle risorse naturali in merci, del carattere dei sottoprodotti e delle scorie dei processi di produzione e di consumo e del loro nuovo destino nei corpi riceventi naturali. Di questa circolazione natura-merci-natura ha elaborato una contabilit economico-ecologica. Proprio
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lanalisi di tale circolazione consente di esaminare gli effetti delle attivit antropiche sugli ecosistemi, di riconoscere le attivit che sono dannose per lambiente e di identificare i mezzi per ricostruire una buona sintonia fra gli esseri umani e la natura. Oltre ad una quarantennale attivit di docente (assieme allanalisi del ciclo delle merci, Nebbia ha orientato i suoi studi sullenergia solare, sulla dissalazione delle acque e sulle questioni relative alla risorsa acqua), stato ed attivo nei principali movimenti di difesa dellambiente soprattutto a fianco delle popolazioni che lottavano contro le centrali nucleari, le fabbriche inquinanti, la speculazione edilizia e la caccia ed stato deputato (dal 1983 al 1987) e senatore (dal 1987 al 1992) della Sinistra indipendente. Noto a livello internazionale anche per la partecipazione alle prime conferenze mondiali sullambiente e lo sviluppo (Stoccolma 1972, Vancouver 1976), i materiali da lui prodotti sono di dimensioni imponenti: una parte (specie riguardante lattivit parlamentare) stata anni addietro depositata presso lArchivio di Stato di Roma, mentre unaltra enorme parte (riguardante gli aspetti tecnici e militanti dellattivit ambientalista) ordinata con cura presso la Fondazione Micheletti di Brescia. Le riflessioni di Ambientiamoci rappresentano un po il succo della sua imponente mole di lavoro scientifico e accademico, scritti per con la freschezza e la chiarezza che contraddistinguono la sua opera. Ogni periodo pur nella assoluta facilit di lettura denso
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di spunti e va letto e riletto costantemente. Gustatevi la prosa limpida di Nebbia, quanto di pi stimolante ci sia nel panorama ambientalista. In Ambientiamoci si ritrova tutta la verve ma anche la profondit del pensiero di Nebbia, la densit delle riflessioni eppure la leggerezza di lettura, il rigore scientifico eppure la capacit di raccontare e appassionare. Spero che ai lettori questo libro faccia lo stesso effetto che fa a me: la sensazione di aver ascoltato le parole di un maestro saggio e paziente.
Edgar Meyer presidente Gaia Animali & Ambiente

Pionieri

Occam e lelogio della semplicita

Un bravo studente di liceo (ce ne sono di bravi, anche molto bravi, e ci sono dei bravi insegnanti) mi ha scritto chiedendo che cosa centra con lambiente il frate francescano inglese Guglielmo Occam che avevo citato in un articolo. Secondo me centra e molto, perch molti problemi ambientali possono essere risolti proprio adottando scelte, o azioni, o processi semplici e della virt della semplicit si fatto propugnatore proprio questo Occam. Guglielmo di Occam era nato a Ockham, nel Surrey, in Inghilterra, alla fine del XIII secolo. Aveva studiato al Merton College di Oxford, che a quel tempo era un importante centro intellettuale, poi diventato francescano e ha studiato e insegnato a Parigi e Oxford fino al 1323. La sua vita successiva stata in gran parte occupata dalla controversia col papa Giovanni XXII, e i suoi successori, su temi come il concetto di povert evangelica e il quesito se limperatore potesse deporre il papa. Nel 1324, Guglielmo fu
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convocato come imputato ad Avignone, dove il papa era esiliato; riusc a scappare e a rifugiarsi presso Ludovico IV il Bavaro a Pisa e Roma e finalmente a Monaco. Morto circa nel 1349, probabilmente scomunicato perch eretico, stato sepolto nella chiesa francescana di Monaco, distrutta allinizio dellOttocento. Guglielmo di Occam noto per il suo principio di parsimonia, o di semplicit, spesso chiamato rasoio di Occam, che afferma linutilit di fare con pi, quello che si pu fare con meno; in latino: quia frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora. Risparmio al lettore la ricostruzione di dove e quando stato scritto questo passaggio, ma sta di fatto che il principio di Occam ha influenzato Lutero e molti filosofi successivi, da Locke a Bertrand Russell. E ancora oggi, in un periodo di scetticismo verso la saggezza francescana, su internet si trova addirittura un sito dedicato ai seguaci del pensiero di parsimonia e semplicit: www.ilrasoiodioccam.it. Nella ricerca scientifica, il rasoio di Occam invita a tagliare via, con un rasoio appunto, le teorie e gli esperimenti eccessivi e inutili nella ricerca della verit. In ecologia invita a ricercare i fenomeni che influenzano la natura e lambiente semplificando le teorie, le operazioni e le analisi. Prendiamo il caso della raccolta dei rifiuti solidi: una buona soluzione consisterebbe nel cercare di rendere minima la richiesta di discariche e di inceneritori e di recuperare tutto quello che possibile dai rifiuti stessi. Non sono ubbie, anzi questo principio imposto dalla legge italiana ed europea; per raggiungere questo obiettivo, come noto, occorre convincere le persone a riconoscere che una parte
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delle componenti dei rifiuti pu essere trasformata in nuove merci a condizione che le varie frazioni siano separate correttamente: tutto il vetro a parte, tutta la plastica a parte, tutta la carta e i cartoni a parte. Loperazione un po scomoda e fastidiosa e richiede un po di impegno personale. Pi comodo fare una finta raccolta differenziata, come purtroppo spesso avviene. Prendiamo il caso degli imballaggi: si trovano in molte citt dei contenitori che invitano a mettere insieme bottiglie di vetro e plastica. Il principio di semplicit richiederebbe ai cittadini di mettere da una parte le bottiglie di vetro e dallaltra le bottiglie di plastica, in modo da consentire il riciclo di ciascuna delle due materie separate con processi semplici ed efficienti e ben noti. Quando vetro e plastica sono miscelati, occorre un complicato processo di separazione e la frazione del vetro cos recuperato contaminata da parti di plastica che rendono meno efficiente il recupero e generano altre scorie inquinanti. Lo stesso vale per la plastica che pi difficile da recuperare e trasformare in nuovi manufatti di plastica riciclata se contaminata da tracce di vetro o metalli. Per il recupero della carta e dei cartoni accade la stessa cosa. Guardate le bocche spalancate dei cassonetti destinati a raccogliere la carta: anche le persone volonterose mettono in tali cassonetti i contenitori di tetrapak, che non sono riciclabili insieme alla carta perch contengono plastica e cere, quando non mettono addirittura i sacchetti delle immondizie tali e quali. Potrei citare altri casi: il principio di semplicit suggerirebbe di costruire strade ed edifici nelle zone non franose, per
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evitare i danni e i costi delle frane e delle alluvioni, di predisporre processi con un minor consumo dacqua, meno energia, eccetera; in un mondo dominato dal dogma che di pi meglio si capisce che non abbia molto ascolto la parola di frate Guglielmo che suggerisce che di meno meglio, nel nome del minore consumo di risorse naturali, del minore inquinamento dellaria e delle acque.

Marie Curie e la scoperta del polonio

Uno dei pi importanti capitoli dellecologia ha a che fare con gli effetti della radioattivit. Una pagina della storia della fisica e della natura cominciata in un capannone col tetto dalla copertura sconnessa che lasciava passare la pioggia. In quel laboratorio improvvisato di Parigi cera un mucchio di terra scura sul pavimento, un bancone e una giovane donna, laureata in fisica e in matematica che, al caldo e al freddo, passava le sue giornate a trattare quella terra scura a venti chili per volta, con acidi, e a filtrare e a ridisciogliere i residui con altri acidi ancora. Accanto a lei il marito, un giovane professore di fisica, controllava ogni frazione di materiale separato con un apparecchio (di sua invenzione) che misurava la presenza di raggi capaci di provocare una scarica elettrica fra due elettrodi. Raggi simili a quelli emessi dalluranio e dal torio. La giovane fisica di origine polacca, Marie Sklodowska (1867-1934) sposata Curie, aveva osservato che un minerale di uranio, la pechblenda, emanava i misteriosi raggi delluranio in quantit molto maggiore di quanto potesse
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essere giustificato dal suo contenuto di uranio: era come se nel minerale fosse presente un altro elemento molto pi attivo delluranio stesso. Maria e il marito Pierre Curie (1859-1906), dopo un gran numero di separazioni, nel giugno del 1898 poterono riferire di aver identificato un nuovo elemento chimico molto attivo, con propriet chimiche simili a quelle del bismuto. Suggeriamo, scrissero nella loro pubblicazione, che il nuovo elemento sia chiamato polonio dal nome del Paese di origine di uno di noi. Dopo altri sei mesi di lavoro, poterono descrivere lesistenza di un altro elemento ancora, che emanava i raggi delluranio con una intensit un milione di volte superiore a quella delluranio, con comportamento chimico simile a quello del bario, e chiamarono la nuova sostanza radio e il fenomeno radioattivit. Per accertare la natura delle nuove sostanze, i Curie riuscirono a farsi regalare, e in parte comprarono di tasca propria, alcune tonnellate di scorie residue delle miniere di pechblenda di Joachimsthal in Boemia (oggi Jachymov, nella Repubblica Ceca). Finalmente, nel 1903 Marie Curie riusc a isolare cento milligrammi di cloruro di radio puro, e tale ricerca fu largomento della sua tesi di laurea in chimica. Ben presto fu scoperto che il radio era prezioso per la cura dei tumori; una troppo lunga esposizione, per, provocava ferite e tumori. Larma che uccide e risana era il titolo di un romanzo popolare del tempo dest unenorme impressione nellopinione pubblica in tutto il mondo. I Curie si rifiutarono di brevettare il procedimento di preparazione del radio che fu ben presto fabbricato su scala
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commerciale. Il governo austriaco, di cui allora Joachimsthal faceva parte, viet le esportazioni della pechblenda che si trovava nel suo territorio e si mise a estrarre il radio sul posto. Quasi contemporaneamente, il radio fu prodotto in Francia, negli Stati Uniti, in Svezia. Ma, al di l delle applicazioni pratiche, le scoperte dei coniugi Curie aprirono le porte alla comprensione della natura dellatomo e del suo nucleo, alla radioattivit artificiale, alla fissione e alla fusione nucleare, insomma al mondo moderno. Altrettanto romanzesca quanto la storia del radio la vita entusiasmante e drammatica di Marie Curie. In pochi anni divent nota in Francia e in tutto il mondo; tuttavia, nonostante la celebrit, i Curie non solo non diventarono ricchi, ma dovettero fare i conti con ristrettezze economiche alleviate solo in parte dallassegnazione, nel 1903, del premio Nobel per la fisica. Nello stesso anno 1903, Pierre Curie fu proposto per la Legion dOnore, la massima onorificenza francese, ma replic che gli occorrevano non medaglie, quanto piuttosto un buon laboratorio in cui continuare le sue ricerche. Pierre Curie mor a Parigi nel 1906, investito da un carro a cavalli, e Marie rimase vedova a 38 anni con due bambine: Irene (1897-1956), che avrebbe ottenuto il premio Nobel per la fisica nel 1935 col marito Frederic Joliot (1900-1958) per la scoperta della radioattivit artificiale, ed Eva (1904-2007), a cui si deve una bella biografia della madre, pubblicata nel 1937 e tradotta anche in italiano. Nonostante limpegno familiare e linsegnamento, Marie Curie continu le ricerche sulla separazione, purificazione e sulle propriet del radio, che le valsero nel 1911 un secondo premio Nobel, questa volta per la chimica. Il succes14

so, che fino ad allora in Francia mai una donna, straniera per di pi, aveva raggiunto, dest, come spesso capita, gelosie e invidie e la Curie fu al centro di una campagna denigratoria: dapprima fu accusata di essere ebrea, proprio negli anni in cui la Francia era travolta da unondata di antisemitismo culminata nel caso Dreyfus, poi di essere lamante del collega Paul Langevin (1872-1946), un fisico anche lui. Queste accuse le preclusero lelezione, che sarebbe stata ben meritata, allAccademia di Francia. Eppure, Marie Curie rimase fedele al suo impegno di studiosa, di madre e al suo altruismo: durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1919) organizz delle unit mobili dotate di apparecchi per raggi X che permettevano, nelle vicinanze del fronte, di identificare rapidamente e con sicurezza le ferite dei soldati. Marie stessa, con la figlia Irene diciottenne, guidava uno dei laboratori mobili. Nel 1918, alla fine della guerra, Marie Curie pot finalmente entrare nel nuovo Istituto del radio di Parigi, tanto desiderato, dove aveva a disposizione laboratori adeguati, anche se lIstituto era dotato soltanto di una piccolissima quantit, un solo grammo, del radio necessario per le sue ricerche, quando la produzione mondiale del prezioso e costoso elemento, da lei scoperto, ammontava ormai a vari chilogrammi. Una giornalista americana organizz allora, nel 1926, un viaggio che port Marie Curie, gi malata, in numerose citt e universit americane dove tenne faticosamente varie conferenze e fu accolta entusiasticamente come la donna del radio. Come premio per tanta fatica riusc a raccogliere i fondi per acquistare due grammi di radio per il suo Istituto.
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La leucemia provocata dal contatto, per trentanni, con tanto materiale radioattivo uccise Marie Curie nel 1934. Per iniziativa del presidente francese Mitterrand, nel 1995 le sue ceneri, insieme a quelle del marito Pierre, furono portate nel Pantheon, il tempio della gloria della Francia. Credo che ogni fisico, ogni chimico, ogni studioso, ogni donna, direi, dovrebbero essere orgogliosi di avere qualcosa in comune con una persona come Marie Curie. Vorrei che la sua passione e la sua storia umana, pi che la speranza di cattedre, stipendi, onori e interviste televisive, spingessero un numero crescente di giovani studiosi a esplorare il mondo della natura con lo stesso disinteresse, premessa essenziale per le scoperte capaci di alleviare il dolore dellumanit.

Vladimir Ivanovich Vernadskij: la biosfera e la noosfera

Era il gennaio 1945, un inverno terribile di bombardamenti, di lotte sanguinose per sconfiggere definitivamente i tedeschi, la stagione della drammatica scoperta dei campi di sterminio nazisti. Proprio in mezzo a tanto sangue, la rivista americana American Scientist pubblicava, come messaggio di speranza, un articolo intitolato: La biosfera e la noosfera, scritto dal russo Vladimir Ivanovich Vernadskij (1863-1945). Larticolo era preceduto da una presentazione del grande ecologo americano George Evelyn Hutchinson (1903-1991) che annunciava, con dolore, che pochi giorni prima lautore era morto, ottantaduenne, nellUnione Sovie16

tica. Il dolore della comunit scientifica era ben giustificato perch Vernadskij era stato un personaggio straordinario e sorprende che, con tanti ecologi ed ecologisti in circolazione, si parli cos poco di lui in Italia. Vernadskij, nato nel 1863, aveva studiato nella Russia zarista partecipando ai movimenti giovanili di protesta contro lassolutismo degli Zar. Dopo un periodo di studi in Germania, Vernadskij era diventato professore di geochimica nel 1890, poi membro dellAccademia delle Scienze e presidente di una speciale commissione per lo studio delle risorse naturali, incaricata di identificare i giacimenti di minerali di importanza economica sparsi nello sterminato impero russo. Vernadskij aveva studiato, in particolare, i minerali radioattivi che erano stati scoperti e descritti pochi anni prima dai coniugi Curie. Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, Vernadskij aveva continuato i suoi studi e linsegnamento. Non era iscritto al Partito comunista, ma fu rispettato e apprezzato dal governo bolscevico e da Lenin (1870-1924) e poi da Stalin (1878-1953) che lo incaricarono di continuare a dirigere la Commissione per le risorse naturali e anzi di intensificarne lattivit. In un periodo della storia russa che molti libri descrivono come oscuro, violento, intollerante, questo noncomunista fu nominato presidente della prestigiosa Accademia delle Scienze dellUrss, girava il mondo e pass alcuni anni, dal 1924 al 1926, a Parigi presso lIstituto Pasteur. A Parigi insegn alluniversit, mettendo a punto la nuova rivoluzionaria visione biogeochimica della grande unit di tutto il mondo biologico e inanimato che sta alla base della moderna ecologia. Nel periodo parigino apparvero, pri17

ma in francese e poi in russo, due opere fondamentali di Vernadskij: La Geochimica e La Biosfera. Nella Parigi di quegli anni Venti let delloro dellecologia, come lha chiamata il biologo italiano Franco Scudo (1935-1998) vivevano e insegnavano il grande matematico italiano Vito Volterra (1860-1940), che descrisse le leggi fondamentali della coesistenza delle popolazioni animali, e il russo Vladimir Alexandrovitch Kostitzin (1883-1963), emigrato dallUnione Sovietica dopo un passato di rivoluzionario, a cui si devono altre opere fondamentali di biologia matematica. Le lezioni di Vernadskij erano seguite dal gesuita Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), che conduceva ricerche di paleontologia in Cina e a cui si deve il concetto di noosfera, la forma in cui la storia naturale delluomo si completer come trionfo della mente. Tornato nellUrss, Vernadskij si batt con successo perch lAccademia delle Scienze sovietica restasse indipendente dallinfluenza politica del governo, e continu le sue ricerche sui minerali strategici e radioattivi che avrebbero assicurato allUnione Sovietica la produzione industriale e la vittoria contro il nazismo. Ma, soprattutto, Vernadskij va ricordato per aver elaborato, in forma compiuta la grande visione unitaria della vita sul pianeta. Una vita che si basa sulla circolazione degli elementi dallatmosfera alle piante, agli animali, al suolo, e poi di nuovo allatmosfera e alle acque; di questi cicli vitali fanno, naturalmente, parte gli esseri umani. Oggi sono stati inventati nuovi termini: si parla di visione olistica, unitaria, appunto, dellecologia, ma il concetto di
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unit bio-geochimica della vita sul pianeta nasce proprio con gli studiosi sovietici. Il loro contributo poco noto forse perch molte delle loro opere sono state scritte in russo, ma c stata anche una specie di pigrizia, da parte di tanti, nei confronti della ricerca delle radici culturali dellecologia. A tale pigrizia si deve la limitata circolazione in Italia delle opere di Vernadskij, anche di quelle scritte in francese e pubblicate in Francia. La Geochimica non mai stato tradotto in italiano, pur essendo un libro ricco di informazioni e di intuizioni. Vernadskij, per esempio, parla chiaramente delle alterazioni del clima dovute alla modificazione della composizione chimica dellatmosfera. Nel 1926 era gi quindi chiaro il concetto di quello che oggi chiamiamo effetto serra. Vernadskij parla del ruolo dellozono stratosferico come filtro delle radiazioni ultraviolette solari biologicamente dannose e delle conseguenze di quello che oggi chiamiamo il buco dellozono. Negli studi biogeochimici di Vernadskij erano descritti chiaramente i danni dellerosione del suolo e i pericoli di perdita di fertilit dei terreni a causa delle attivit antropiche irrazionali. Laltro bel libro di Vernadskij, La Biosfera, ha avuto solo di recente una traduzione parziale in inglese, da cui stata realizzata una traduzione, parziale anchessa, in italiano, pubblicata dalleditore red di Como con una buona introduzione di Jacques Grinevald. Alcuni altri scritti di Vernadskij sulla storia e filosofia della scienza (con una bella introduzione di Silvano Tagliagambe) sono stati tradotti e pubblicati per la prima volta in italiano in un libro distribuito insieme al numero di agosto 1994 della rivista
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mensile Teknos, pubblicata a Roma. La Biosfera e la Noosfera, a cura di Daniele Fais, stato pubblicato a Palermo da Sellerio nel 1999 (traduzione dal francese de La Biosphre, Paris, Fuderot, 1997). Ma forse lopera pi interessante, quasi il testamento scientifico e spirituale, il breve saggio del 1945 pubblicato in America e anche questo non tradotto in italiano, sulla biosfera e la noosfera. Vernadskij usa il termine noosfera con un significato diverso da quello, trascendente, usato da Teilhard de Chardin. Per Vernadskij la noosfera linsieme delle modificazioni operate sulla biosfera dalle attivit derivate dalla mente umana. Vernadskij spiega bene che tali modificazioni possono essere negative per i grandi cicli biogeochimici da cui dipende la sopravvivenza della stessa specie umana, ma nota che tali modificazioni se dominate dalla mente umana, anzich dallavidit di gruppi o singoli possono anche essere positive, possono contribuire al progresso umano attraverso luso razionale e illuminato delle ricchezze della natura. Un avvertimento e un messaggio di speranza di grande valore che vengono da uno scienziato passato, a testa alta e rispettato, attraverso lo zarismo e lepoca sovietica, giustamente onorato in Russia, tanto che a Mosca portano il suo nome lIstituto di Geochimica dellAccademia delle Scienze, un grande viale, una stazione della metropolitana. In onore di Vernadskij sono stati emessi francobolli e innumerevoli libri ne ricordano la figura e lopera.

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Cecil Pigou e le radici delleconomia ambientale

Se si cercano le radici delleconomia ambientale, della disciplina che cerca di capire come possibile compensare i danni economici arrecati dalla violenza allambiente, si deve andare a cercare Arthur Cecil Pigou (1877-1959), economista inglese, allievo, allUniversit di Cambridge, di Alfred Marshall (1842-1924), che nel 1908 successe a questultimo sulla cattedra di Economia. Pigou scrisse nel 1912 la sua principale opera, Ricchezza e benessere, di cui pubblic varie riedizioni col titolo Economia del benessere, a partire dal 1920. Fra le altre sue opere si pu ricordare Leconomia dello stato stazionario, pubblicata nel 1935 in piena crisi economica, in un tempo che assomiglia sotto molti aspetti a quello odierno. Fu uno dei primi sostenitori dellimposta sul reddito e dellintervento dello Stato per correggere i fallimenti del mercato, fonti di diseconomie esterne, di danni e costi per alcuni soggetti economici in seguito alloperare, anche se lecito, di altri soggetti economici. Le anticipazioni di Pigou non solo trovano conferma negli eventi di questo inizio del XXI secolo, ma possono farci comprendere meglio quello che ci aspetta. Il contributo di Pigou alla economia del benessere si pu cos riassumere: nella vita economica le azioni di ogni soggetto economico non sono isolate, ma influenzano, nel bene e nel male, altri soggetti economici circostanti, esterni, e da questi stessi sono influenzati. Se una fabbrica sta vicina ad altre (si pensi ai poli industriali), ne trae vantaggio perch tutte
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mettono in comune servizi, strade, aeroporti e ciascuna trae beneficio da questa integrazione; le economie integrate per possono anche essere fragili proprio perch dipendono luna dalle altre. Daltra parte, ogni attivit di un soggetto economico pu provocare diseconomie esterne, cio danni e costi ai soggetti economici vicini. Immaginiamo un soggetto economico, un vignaiolo, che produce uva, un bene utile, e che, vendendola, guadagna diciamo 100 lire allanno; un giorno accanto alla vigna si insedia una fabbrica di scarpe, in modo del tutto legittimo, anzi lodevole perch produce una merce, le scarpe, di cui c bisogno e fa lavorare gli operai e assicura benessere alle loro famiglie. Per dal camino della fabbrica escono dei fumi che ricadono sulla vigna vicina e danneggiano luva al punto che il vignaiolo, dopo larrivo della fabbrica, guadagna soltanto 50 lire allanno. Il vignaiolo va dal fabbricante di scarpe e gli chiede un risarcimento per il danno subito. A questo punto si possono avere vari eventi. Il fabbricante tira fuori dalle sue tasche le 50 lire perdute dal vignaiolo e il vignaiolo ritorna a guadagnare 100 lire allanno ed contento, cos il fabbricante di scarpe pu continuare a inquinare (e la natura non contenta), ma guadagna di meno e deve recuperare i soldi dati al vignaiolo; pu farlo aumentando il prezzo delle scarpe, che vengono a costare di pi e si vendono di meno, e il fabbricante deve ridurre la produzione licenziando gli operai, con danno alle loro famiglie, oppure il fabbricante pu diminuire il salario agli operai, sempre con danno alle loro famiglie. Oppure il fabbricante di scarpe, invece di dare 50 lire al vignaiolo, con la stessa cifra compra un filtro da mettere sul
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camino in modo da non inquinare pi, e sono cos contenti la natura, il venditore di filtri e il vignaiolo che, cessato linquinamento, ricomincia a produrre luva che gli assicura un guadagno di 100 lire allanno. Ma il fabbricante di scarpe deve recuperare le 50 lire spese per il filtro e torniamo al caso precedente. A questo punto fabbricante e operai vanno dallo Stato, da unautorit superiore a tutti, e chiedono che sia ristabilita una situazione di giustizia: che il vignaiolo e il fabbricante siano compensati per il loro lavoro, gli operai abbiano lo stesso salario di prima, le scarpe costino come prima e possano essere pi facilmente vendute. A questo punto lo Stato pu dare 50 lire al fabbricante di scarpe e sono contenti tutti: vignaiolo, fabbricante di scarpe, fabbricante di filtri, operai, acquirenti delle scarpe ed contenta anche la natura non pi inquinata. Ma lo Stato deve recuperare le 50 lire aumentando le tasse al vignaiolo, al fabbricante di scarpe, al venditore di filtri, agli operai e agli acquirenti di scarpe, e alla fine sono scontenti tutti. A meno che, come suggerisce Pigou, le tasse non siano applicate sulla base del reddito e pesino di meno sui redditi minori. La parabola del vignaiolo riflette eventi davanti a tutti noi ogni giorno. I fabbricanti di una merce (diciamo di oggetti di plastica) hanno un legittimo guadagno e assicurano un salario ai loro operai, ma purtroppo laumento della plastica in circolazione fa aumentare la massa dei rifiuti inquinanti e danneggia la salute degli abitanti di un Paese. Si pu applicare unimposta sugli oggetti di plastica e con il ricavato pagare gli ospedali in cui ricoverare gli ammalati, ma in questo caso gli acquirenti comprano di meno la
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merce inquinante; diminuiscono i rifiuti e gli ammalati, ma i fabbricanti sono costretti a fabbricare meno plastica e licenziano gli operai. Lo Stato, per assicurare un reddito ai disoccupati (la cassa integrazione), deve aumentare le tasse o diminuire le pensioni e le spese per gli ospedali. Un altro caso: il consumo di carbone, petrolio, gas naturale ed elettricit fa aumentare linquinamento atmosferico dovuto allanidride carbonica che provoca mutamenti climatici e costi; per diminuire queste diseconomie esterne gli Stati fanno pagare qualche soldo a chi usa combustibili ed elettricit (la cosiddetta carbon tax) per indurlo a consumarne di meno; i minori danni al clima comportano per minori guadagni per chi vende energia e merci dipendenti dallenergia e per i lavoratori dei relativi settori. Che fare? I governanti si arrovellano su questi problemi nelle innumerevoli conferenze sul clima: forse farebbero bene a rileggere Pigou per far s che le diseconomie esterne, sociali e ambientali che ci sono sempre, non ricadano sulle classi meno abbienti e che anche i ricchi paghino.

Girolamo Azzi e la prima cattedra di ecologia

Ormai le parole ecologia ed ecologico sono entrate nel linguaggio comune per indicare le pi svariate cose: la benzina ecologica, le patate ecologiche, la casa ecologica, eccetera, al punto che sono stati dimenticati lorigine vera e il significato di ecologia. I lettori pi informati pensano che lecologia sia nata ai
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tempi delle battaglie antinucleari o ai tempi dellincidente di Seveso; quelli ancora pi informati ricordano le lotte ecologiche contro la contaminazione radioattiva dovuta alle esplosioni nucleari o contro i pesticidi e le denunce della Primavera silenziosa fatte da Rachel Carson (19071964) nel 1962; i pi informati di tutti, infine, sanno che la parola ecologia stata usata per la prima volta dal biologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919) nel 1866. Questo ammiratore e divulgatore di Charles Darwin (1809-1882) spieg che occorreva studiare le interazioni degli esseri viventi fra di loro e con lambiente inorganico circostante, i relativi scambi di materia e di energia e indic lecologia come leconomia della natura. Pochi per ricordano che una cattedra universitaria di ecologia stata creata in Italia gi nel 1922 a Perugia e affidata a Girolamo Azzi (1885-1969), studioso dimenticato, ma non per questo meno interessante. Se non fosse stato per iniziativa dellAssociazione Turistica Pro Loco di Imola, la citt in cui Azzi nato nel 1885, non avremmo neanche lunica biografia disponibile, Girolamo Azzi, il fondatore dellecologia agraria, stampata in appena 500 copie dalla casa editrice La Mandragora (Via Selice 92, 40026 Imola, www.editricelamandragora.it). Appena laureato in Scienze naturali, Azzi grazie alla sua buona conoscenza di ben sette lingue straniere, fra cui portoghese, svedese e russo fu assunto dallIstituto Internazionale di Agricoltura di Roma, in un certo senso il precursore di quella che sarebbe diventata lodierna Fao, lorganizzazione per lalimentazione e lagricoltura delle Nazioni Unite, con sede ancora a Roma. Ad Azzi fu affidata la re25

dazione del Bollettino dellIstituto e con tale incarico conobbe studiosi russi e tedeschi che conducevano ricerche sui rapporti fra agricoltura e clima. Del resto, in questo campo gi in Italia esisteva lUfficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica che dal 1876 pubblicava, ogni dieci giorni, la Rivista Meteorico-agraria, sospesa nel 1920. Nello stesso 1920 una commissione dellAccademia dei Lincei riconosceva limportanza di una disciplina autonoma, lecologia agraria, e auspicava listituzione di una cattedra universitaria di questa disciplina che fu affidata nel 1924 proprio al professor Azzi. In tale veste, Azzi ebbe continui rapporti internazionali e nel 1934 fu invitato nellUnione Sovietica dal celebre professor Nikalaj Vavilov (1887-1943) che conduceva le stesse ricerche nel suo Paese. Non bisogna dimenticare che erano gli anni della grande crisi, della necessit di aumentare la produzione agricola, della battaglia del grano fascista in Italia. Per i suoi rapporti scientifici con lUnione Sovietica, Azzi fu guardato con sospetto dal regime fascista; eppure il suo testo Ecologia agraria, pubblicato in Italia nel 1928, con varie ristampe, fu tradotto in russo, in portoghese per il Brasile, in bulgaro, e poi in spagnolo, in inglese, in francese. Nel 1929, per conto dallIstituto Internazionale di Agricoltura, Azzi scrisse una monumentale opera, di 1165 pagine, in francese sui rapporti fra clima e produzione di frumento. Per questi suoi contributi, Azzi fu invitato in tutto il mondo per conferenze su quella che sembrava la nuova via per comprendere come le piante reagiscono ai mutamenti ecologici dellambiente circostante. Anche dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), Az26

zi continu a essere invitato a tenere lezioni e conferenze in molti Paesi stranieri (dove ancora conosciuto e ricordato molto pi di quanto non lo sia in Italia), sostenendo limportanza dellecologia agraria: una specie di uomo di pubbliche relazioni per la sua disciplina, come lo ha definito il professor Alessandro Baltadori, che ha scritto laffettuosa presentazione del libro sul profesor Azzi, prima ricordato, e che stato, dopo il 1955, il suo successore sulla cattedra di Perugia. Girolamo Azzi mor nel 1969 e i pur pochi scritti, riprodotti nel volume gi citato, illustrano bene alcuni aspetti della sua attivit e dei suoi interessi che si estendevano dallecologia allagricoltura, alla geografia, alleconomia. Ricordo di avere conosciuto, quando ero un giovane assistente a Bologna, il professor Azzi, gi anziano, quando ben pochi sapevano che cosa fosse questa ecologia, la strana materia che insegnava. Hanno fatto bene i suoi amici a ricordarlo, sia pure in un piccolo libro sommerso, di quelli che sfuggono alla grancassa pubblicitaria, e mi auguro che qualche lettore sia tentato di procurarsene una copia e magari di amare un poco lecologia, quella vera.

Georgescu-Roegen, padre delleconomia ambientale

Se qualcuno mi chiedesse quale testo leggere per imparare qualcosa di economia dellambiente, un insegnamento che da alcuni anni a questa parte si sta diffondendo fra le discipline economiche anche in Italia, suggerirei un libro il
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cui titolo in italiano potrebbe essere La legge dellentropia e il processo economico, anche se il libro in italiano non mai stato tradotto. Lautore un professore di origine romena, Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1990); in italiano sono comunque disponibili vari altri suoi libri che spaziano dalleconomia agraria, al comportamento dei consumatori, a varie rielaborazioni delle idee contenute nel libro fondamentale prima ricordato. Una raccolta dei saggi pi ambientalisti fu pubblicata da Bollati Boringhieri nel 1998 col titolo Energia e miti economici, con una breve biografia. Georgescu-Roegen ha avuto una lunga vita avventurosa; nato a Costanza, in Romania, vinse giovanissimo una cattedra di statistica nellUniversit di Bucarest e, come brillante professore, visit varie universit in Inghilterra e negli Stati Uniti nei turbolenti anni Trenta del secolo scorso. Nel 1937 rifiut una cattedra negli Stati Uniti e ritorn in Romania con lidea di essere utile al suo Paese. Oltre allinsegnamento, diresse il Ministero del Commercio estero in un periodo in cui la Romania era corteggiata dai sovietici e dai nazisti per le sue ricchezze petrolifere. Nellagosto 1944 Bucarest fu occupata dallesercito sovietico e nel 1944-45 Georgescu-Roegen fu segretario generale della commissione romena per larmistizio; nel 1948 si trasfer negli Stati Uniti e ottenne una cattedra di economia nellUniversit Vanderbilt di Nashville, nel Tennessee, una sede abbastanza decentrata rispetto al circuito delle grandi facolt economiche americane. Georgescu-Roegen stato un economista dissidente, eterodosso; non lo sentirete mai nominare dagli economisti seri ufficiali, perch andato a esplorare dei territori di confine
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fra leconomia, la fisica e lecologia e perch da tale esplorazione ha tratto la sua critica, appunto, ai miti delleconomia tradizionale. Nella seconda met dellOttocento, e nella prima met del Novecento, vari studiosi hanno messo in evidenza alcune analogie fra fenomeni biologici e fisici e fenomeni economici. Leconomia la scienza di come soddisfare i bisogni umani di cibo e di merci, in un mondo, in una societ, in cui sono limitati lo spazio, le risorse energetiche e minerarie, la fertilit dei campi, limiti descritti esattamente proprio dalla biologia e dalla fisica. Come possibile allora far crescere continuamente il benessere, il numero e la massa dei beni materiali, come richiede leconomia, quando esistono degli oggettivi limiti fisici e biologici nelle risorse naturali? Gli economisti seri rispondono che possibile perch le risorse dellingegno, della scienza, della tecnica, sono illimitate: basta investire denaro ed energia per dilatare i beni che la Terra pu offrire. Georgescu-Roegen non daccordo e ha elaborato una sua teoria, che ha chiamato di bioeconomia, mettendo in evidenza i vincoli imposti alleconomia dalle ineluttabili leggi fisiche della termodinamica, quelle che descrivono la contabilit, la ragioneria, delle trasformazioni dellenergia. infatti lenergia che tiene in moto tutti i fenomeni economici e produttivi, il flusso dellenergia che sta alla base del flusso di denaro. Lenergia, quella del Sole e quella richiesta per fabbricare i concimi e per muovere i trattori, fornisce i raccolti agricoli; lenergia occorre per trasformare i pomodori nella conserva che arriva nei negozi; lenergia occorre per trasformare i minerali in acciaio e per far muovere le automobili e i treni e per far funzionare i computer.
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Possono cambiare i prezzi del petrolio o dellelettricit, ma la quantit di energia necessaria per produrre una tonnellata di grano o di plastica o per tenere accesa una lampadina, pur variabile a seconda della tecnologia dei processi o dei prodotti, non pu scendere al di sotto di una soglia, fissata dalla fisica. E, una volta usata per un processo, lenergia non si recupera pi, non torna pi disponibile per rifare lo stesso processo; se ne perde sempre un poco. Si dice che ogni processo trasforma lenergia a bassa entropia in energia a pi alta entropia, e leconomia deve fare i conti con questa continua perdita e dissipazione di energia utile, con questo continuo aumento dellentropia. Georgescu-Roegen ha ampliato questa visione sostenendo che si deve tenere conto non solo dellenergia, che si degrada sempre, ma anche della materia. Si ha un bel dire del riciclo dei materiali usati; raccogliere separatamente la carta usata certamente virtuoso perch si evita di tagliare nuovi alberi per fare nuova carta, ma non ci si illuda del riciclo illimitato. Latto stesso di usare la carta, o un qualsiasi altro bene, ne altera e peggiora la qualit; un giornale usato fatto di carta ma anche contaminato con inchiostri e additivi; quando si ricicla un chilo di giornali si pu stare certi che la carta riciclata recuperata sar sempre meno di un chilo; la differenza costituita da inchiostri, sporcizia, eccetera. Insomma, nel produrre e nellusare una merce si perde sempre un poco, sia dellenergia, sia della materia utili. Il messaggio non di disperazione: possibile soddisfare i bisogni materiali di cibo, merci, servizi, conoscenza, mobilit, se si tiene presente che le quantit e il tipo dei beni necessari devono essere scelti tenendo conto
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della disponibilit non solo di denaro, ma di risorse naturali e di energia. La legge dellentropia stimola, non frena, innovazione e progresso. Molti ritengono che, per la sua opera, Georgescu-Roegen avrebbe meritato il premio Nobel per leconomia. Non lha avuto, ma in compenso ancora oggi riconosciuto come padre delleconomia ambientale e viene letto e discusso.

Barry Commoner: chiudere il cerchio della natura

Nel 1972, in coincidenza con la prima conferenza ecologica delle Nazioni Unite, quella di Stoccolma sullAmbiente umano, apparve un libro del biologo americano Barry Commoner (nato nel 1917) intitolato Il cerchio da chiudere. Il libro ebbe un successo mondiale grandissimo, fu pubblicato subito in italiano dalleditore Garzanti e una seconda edizione italiana, ampliata, apparve nel 1986. Il cerchio quello della natura, nella quale i fenomeni della vita vegetale e animale si svolgono secondo cicli chiusi; nella natura non esistono rifiuti perch le spoglie dei vegetali e degli animali e gli escrementi riportano in ciclo gli elementi chimici che essi contengono e che diventano fonti di vita per altri vegetali; si pu dire che nella natura non esiste la morte perch la materia di qualsiasi essere, alla fine del suo ciclo vitale, ritorna ben presto materia per altri. La vita il fine unico della natura e della vita stessa. Lo stesso discorso valso, per secoli, per le merci non alimentari, utili a fini umani, derivate dai vegetali e dagli animali: fibre
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tessili, legname come materiale da costruzione e fonte di energia, saponi, concimi, coloranti, eccetera. Le molecole offerte dalla natura sono per complicate da conoscere e trasformare in prodotti commerciali; peraltro sono distribuite in tutto il pianeta in maniera, direi, equa e democratica; si trovano spesso nelle foreste o nei campi di Paesi abitati da persone arretrate e da tali Paesi arretrati dovevano importarle i Paesi scientificamente, politicamente e industrialmente pi progrediti. Dopo un po di secoli, i Paesi industriali hanno cercato di liberarsi da questa dipendenza dalla natura e dalle importazioni e hanno cercato di produrre le stesse, o simili, materie commerciali per proprio conto per via sintetica dal carbone o dal petrolio, pi abbondanti e accessibili. A questo punto, il cerchio della natura si rotto; le merci sintetiche si sono rivelate ben presto non biodegradabili, a lungo persistenti nelle acque e nel terreno, spesso tossiche e inquinanti e si sono formate quantit sempre pi grandi di rifiuti intrattabili perch estranei alla natura: si pensi alle montagne di materie plastiche e di imballaggi, ai residui di pesticidi, eccetera. A poco a poco le scelte industriali hanno portato a impoverire il mondo della natura e a degradarlo con le scorie, e cos si avuta quella rottura del cerchio della natura denunciata dal libro di Commoner. Sembra che in questi tempi si debba ricominciare a cercare le materie prime rivolgendosi alla natura e alle sue risorse, ad un qualche tentativo di chiudere il cerchio, non perch aumentata la saggezza e la consapevolezza dei governi, ma perch le materie su cui ci siamo basati finora, specialmente il petrolio, stanno diventando sempre pi
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scarse e costose, perch linquinamento e il volume dei rifiuti stanno diventando insostenibili e perch la natura fabbrica, col Sole, e rinnova, anno dopo anno, sempre le stesse materie. C un bel lavoro da fare, per chimici, merceologi (e, perch no?, anche per storici della tecnica), dal momento che gran parte delle conoscenze del passato sono andate perdute e bisogna ricominciare daccapo. Solo a titolo di esempio, in gran parte andata perduta la tecnologia di coltivazione e produzione della canapa e del lino, in cui lItalia era allavanguardia. La tendenza alla sostituzione di parte della benzina con alcol etilico di origine agricola costringe ad andare a ripescare le tecnologie di fermentazione, trasformazione dellamido, degli zuccheri e della cellulosa in alcol etilico, le tecniche di distillazione e concentrazione dellalcol. Vedo, ormai, sul tavolo dei nuovi ecologisti vecchi trattati come quello di Giorgio Meloni, Lindustria dellalcol, tre volumi pubblicati da Hoepli nei primi anni Cinquanta del Novecento, ormai una rarit bibliografica, nei quali sono esposti e spiegati tutti i problemi relativi a quello che stato ribattezzato bioetanolo. Il cosiddetto biodiesel, che poi un derivato chimico (per la precisione un estere con alcol metilico) degli acidi grassi presenti negli oli e grassi vegetali e animali, viene prodotto industrialmente da scarti di altre lavorazioni agroalimentari e anche dai grassi residui della frittura (quando si dice che si possono riciclare anche gli avanzi di cucina!). Negli oli e grassi, gli acidi grassi sono combinati con uno speciale alcol che la glicerina. Quando gran parte dei grassi erano utilizzati per la produzione del sapone (al punto che anche la Puglia esportava gli oli di sansa in Ame33

rica dove erano impiegati in saponeria: il colore verde delle saponette di palmolive era quello degli oli acidi pugliesi), le industrie ottenevano come residuo la glicerina che aveva vari usi industriali, fra cui limpiego nella fabbricazione di un potente esplosivo: la nitroglicerina. Dal 1950 in poi, luso dei saponi declinato sotto la concorrenza dei detersivi sintetici e la glicerina derivata dai grassi naturali diventata scarsa e per molti anni la si dovuta fabbricare dal propilene derivato dal petrolio. La produzione di biodiesel dai grassi naturali sta mettendo a disposizione, a basso prezzo, di nuovo grandi quantit di glicerina che ora diventato conveniente utilizzare addirittura come materia prima per la produzione di quello stesso propilene, derivato dal petrolio, da cui si otteneva finora la glicerina. Mezzo secolo fa intitolai Le merci sintetiche la prolusione al mio corso di Merceologia a Bari; sembrava allora che le sintesi dal petrolio e dal carbone potessero liberare i Paesi industriali dalla servit delle importazioni dai Paesi sottosviluppati. Forse qualche futuro professore di Merceologia dovr dare alla sua prolusione il titolo Le merci naturali. Forse davvero il cerchio della natura si sta chiudendo.

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Ecologia

Ecologia e storia

Provate a parlare di ecologia con un conoscente: quasi certamente vi risponder che poche persone sono pi attente di lui ai problemi della natura, allinquinamento dellaria (e magari sta fumando), alla difesa della natura (anche se un accanito cacciatore). E, soprattutto, molto probabilmente vi dir che lui sempre stato un ecologista, che lo era fin dal 1980 (per dire una data lontanissima). Altri potranno citare, a titolo di merito, liscrizione al Wwf da tempi ancora pi lontani. Non si capisce allora come mai, con tutto lamore per lecologia in circolazione, il pianeta Terra debba registrare crescenti inquinamenti dellaria e del mare, frane, scomparsa di specie vegetali e animali, tanto che viene da chiedersi che cosa intenda tanta gente quando nomina lecologia. Il sostantivo ecologia stato inventato, nel 1866, dal biologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919), un fervente seguace e divulgatore del pensiero evoluzionistico darwi35

niano: Charles Darwin (1809-1882) aveva pubblicato pochi anni prima, nel 1859, il suo celebre libro sullorigine delle specie, il risultato delle osservazioni fatte come naturalista nel suo viaggio di cinque anni intorno al mondo. In una delle sue conferenze (che venivano poi raccolte in libri di grande successo, tradotti in numerose lingue), Haeckel fece notare che gli studi sullevoluzione mostravano come i vegetali e gli animali si adattino allambiente circostante a seconda delle sostanze che possono trarne per la propria sopravvivenza. Cos, i vegetali si nutrono dei composti inorganici presenti nellaria e nel suolo e li rielaborano, grazie allenergia solare, nelle sostanze organiche delle foglie, delle radici e del tronco; gli animali si nutrono dei vegetali; le scorie della vita vegetale e animale le spoglie delle piante alla fine del ciclo vegetativo, gli escrementi e i corpi degli animali ritornano nel mondo circostante e sono decomposti da esseri viventi specializzati nel trasformarne i vari componenti di nuovo in nutrimento per altri vegetali e animali. C, insomma, un grande progetto planetario che ha come fine la propagazione della vita ed basato su scambi di materia ed energia fra gli esseri viventi e lambiente circostante: Haeckel disse che questi scambi sono simili a quelli che avvengono nelleconomia, quando gli esseri umani comprano e usano e scartano le merci. Leconomia della natura doveva perci essere oggetto di una speciale disciplina che Haeckel chiam ecologia, appunto. Francamente, credo sia difficile parlare sensatamente di inquinamento, ambiente ed ecologia, se non ci immedesimiamo in questa grande avventura culturale e scientifica,
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se non si ripercorrono le tappe dello sviluppo dellecologia. Gli ecologi dellOttocento avevano gi chiaro il concetto di limite delle risorse naturali: quando ci sono troppi animali in un pascolo, troppi alberi in un bosco, non c cibo e spazio per tutti e alcuni muoiono. Gli studiosi di ecologia hanno ben presto riconosciuto che la vita bellissima, ma dolorosa. Alcuni animali, nel grande disegno della vita, sono destinati a diventare nutrimento di altri animali predatori e la morte delle prede accompagnata da sofferenze. Vegetali e animali, predatori e prede, parassiti e ospiti, svolgono funzioni ben precise e ubbidiscono a precise leggi che occorre conoscere se si vogliono limitare i danni dei parassiti ad alcune piante economiche senza avvelenare con pesticidi lintera biosfera, leggi che spiegano come occorra limitare la pesca e la caccia se non si vuole che i mari o i boschi restino senza animali, eccetera. Una bella corsa attraverso centotrenta anni di ecologia offerta dal libro dello studioso francese Jean-Paul Deleage, Storia dellecologia. Una scienza delluomo e della natura (Napoli, CUEN), un libro che si legge come un romanzo, pieno di attori e di colpi di scena. Per esempio, negli anni fra il 1925 e il 1940 si incontra una et delloro dellecologia, come lha definita lo studioso italiano Franco Scudo in un libro pubblicato in inglese alcuni anni fa: un quindicennio affollato di personaggi che, pur in tempi turbinosi (fascismo e nazismo in Europa, rivoluzione sovietica in Russia), giravano per il mondo e si scambiavano notizie e anche invettive, in una gara per strappare alla natura i segreti delle leggi della vita.
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Lamericano Alfred Lotka (1880-1949), un matematico che lavorava per una compagnia di assicurazioni, dotato di grande passione per la biologia, nel 1925 formul alcune equazioni matematiche che spiegano come varia il numero di prede (immaginate i conigli) e di predatori (immaginate le volpi) quando convivono nello stesso territorio. Se aumenta il numero delle volpi queste mangiano pi conigli il cui numero diminuisce, ma se diminuisce il numero dei conigli c meno cibo per le volpi, il cui numero comincia cos a diminuire; se le volpi diminuiscono, i conigli sono divorati di meno e il loro numero aumenta; a questo punto le volpi, se trovano pi conigli da mangiare, aumentano di numero, e il ciclo continua. Quasi contemporaneamente, il grande matematico italiano Vito Volterra (1860-1940), professore universitario, accademico dei Lincei e senatore del regno, fu incuriosito da una osservazione fatta dal genero, Umberto DAncona (1896-1964), un biologo marino: durante la Prima Guerra Mondiale, quando la pesca nellAdriatico era sospesa, si osserv un aumento del numero dei pesci predatori e una diminuzione dei pesci di cui essi si nutrivano (le prede). Ci doveva essere qualche rapporto fra il numero delle prede e dei predatori e Volterra raffin la trattazione di Lotka, elaborando una teoria matematica della lotta per la vita. Altri dati sperimentali furono forniti da un giovane studioso sovietico, Georgii Gause (1910-1986), nei primi anni Trenta del Novecento. Nel frattempo Volterra uno degli undici professori universitari che non giurarono fedelt al fascismo fu privato della cattedra universitaria ed espulso dallAccademia dei
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Lincei. Volterra continu i suoi studi e tenne lezioni a Parigi, dove viveva anche il russo Vladimir Kostitzin, rivoluzionario in giovent, poi professore nellUrss, infine emigrato in Francia, autore di altri perfezionamenti della teoria della lotta per lesistenza. Nonostante lodio fascista per Volterra, leditore Einaudi pubblic nel 1942 un bel libro: La lotta per lesistenza, in cui DAncona espone il pensiero e le teorie del suocero antifascista ed ebreo, opera ormai rara, ma fondamentale per la comprensione dellecologia. Deleage racconta bene la storia e le avventure, fra Europa e America, del gran giro cosmopolita di scienziati italiani, francesi, americani, russi, inglesi, delle loro scoperte e controversie che avrebbero influenzato lo sviluppo della scienza ecologia del dopoguerra Una anche breve esplorazione della storia dellecologia permette di capire le basi di tutti i fenomeni con cui ci dobbiamo confrontare oggi. Cos, linquinamento appare come la conseguenza della immissione delle scorie della vita naturale e degli oggetti artificiali in quantit eccessiva rispetto alla capacit ricettiva dellaria e delle acque. E proprio la teoria di Volterra spiega che quando gli esseri viventi occupano uno spazio inquinato dai propri detriti il loro numero diminuisce, oppure essi si ammalano, proprio come accade a noi nellaria inquinata delle citt. Del resto, gli scritti sui limiti alla crescita, iniziati con un celebre libro del Club di Roma nel 1972, erano proprio basati su una estensione delle leggi ecologiche della lotta per la vita. Lecologia quella vera, non il chiacchiericcio da salotto che viene spacciato per ecologismo o ambientalismo
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spiega le ragioni dellimpoverimento dei mari, della rarefazione delle specie viventi, della perdita di diversit biologica. E i mutamenti climatici di cui si discute oggi erano stati descritti nei primi decenni del Novecento dal russo Vladimir Vernadskij, altro membro del circolo internazionale di cui parlavo prima. Una buona storia dellecologia (sarebbe) perci medicina utile per gli amministratori, nazionali o locali, che dovranno fare i conti con problemi ambientali, ma in grado di fornire anche a molti giovani ecologisti efficaci stimoli per le loro battaglie.

George Perkins Marsh

Nel 1864 appariva negli Stati Uniti il libro Luomo e la natura, ossia la superficie terrestre modificata per opera delluomo che, come dice lautore, George Perkins Marsh (1801-1882), descrive la natura e lestensione dei cambiamenti indotti dallazione delluomo nelle condizioni fisiche del globo che abitiamo. Il libro spiega, sulla base di quanto lautore aveva pazientemente e attentamente osservato nei suoi viaggi in America, Europa, Asia, Africa, come la vegetazione rappresenti lunica difesa efficace contro le frane e le alluvioni; come il diboscamento sia lunica certa origine dei danni e costi che le frane e alluvioni arrecano, come le dune abbiano un ruolo essenziale nella difesa degli ecosistemi costieri. Il libro continua spiegando lorigine dellinnalzamento degli alvei dei fiumi un lungo capitolo dedicato al Po e dellalte40

razione dei profili delle coste. Il libro offre un grande quadro del nostro pianeta, del ruolo degli esseri viventi nel grande ciclo di vegetali, di animali e di decompositori, uniti nellevoluzione della vita, fino a quando la miopia, larroganza e lavidit umana non alterano tali cicli, facendo ricadere gli effetti negativi su chi li ha provocati, ma anche su chi non li ha provocati e sulle generazioni future. Si ritrovano in queste pagine la descrizione di quanto sta avvenendo da decenni in Italia e la ricetta di quanto sarebbe opportuno fare. Marsh era nato a Woodstock, nel Vermont, nel 1801; figlio di un possidente, pass la giovinezza nel piccolo Stato della Nuova Inghilterra immerso nei boschi e nelle colline, facendo buoni studi che gli hanno consentito di conoscere molte lingue straniere, oltre al latino e al greco, vivendo in una casa con una buona biblioteca e circondato da persone di buona cultura, coltivando senza sosta studi di geografia, di filologia e di storia naturale. Ottenne meritati riconoscimenti come intellettuale e uomo pubblico, tanto che nel 1849 venne nominato ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia. Marsh raggiunse Costantinopoli con la famiglia dopo un lungo viaggio che lo port, fra laltro, a Pisa, Firenze, Roma, Napoli e durante il quale incontr uomini politici e intellettuali. Da tale viaggio nacque il suo grande amore per lItalia e per la Toscana. Tornato in patria nel 1854, nel 1861 fu nominato ambasciatore degli Stati Uniti presso il neonato Regno dItalia, prima a Torino e poi a Firenze. I fenomeni naturali che aveva osservato in tante parti del mondo nel corso di molti anni, indussero Marsh a racco41

gliere tali osservazioni in un libro intitolato Man and Nature; or physical geography as modified by human action, di 560 pagine, pubblicato a New York nel 1864. Gli amici italiani sollecitarono lautore a curare una traduzione italiana che fu pubblicata, dopo alcune vicissitudini, nel 1870 dalleditore Barbra di Firenze col titolo Luomo e la natura: ossia la superficie terrestre modificata per opera delluomo, un volume di 635 pagine, ristampato nel 1872. Non era facile trovare, nelle biblioteche italiane, ledizione italiana o quelle americane dellopera di Marsh fino a quando, molto opportunamente, nel 1988 leditore Franco Angeli di Milano ha pubblicato la ristampa anastatica delledizione Barbra del 1872, con una ricca e ampia introduzione di Fabienne Vallino. A tale introduzione di 127 pagine deve ricorrere chi vuole sapere di pi sulla vita di Marsh e sui suoi rapporti con personalit italiane e straniere, specialmente nella seconda met della sua vita passata in prevalenza fra Roma e la Toscana. Marsh mor a Vallombrosa, nel luglio 1882, durante una vacanza fra i boschi che tanto gli ricordavano il lontano Vermont. Marsh sepolto a Roma nel cimitero cosiddetto degli inglesi, vicino alla Piramide Cestia, accanto a Keats e Shelley, e a tanti altri, fra cui Labriola e Gramsci. La biblioteca di Marsh, sia la parte rimasta a Burlington, nella casa di famiglia del Vermont, sia quella rimasta in Italia, fu venduta e poi donata dallacquirente allUniversit del Vermont. Linfluenza di Marsh sulla cultura geografica e naturalistica stata enorme. Ne stato profondamente influenzato Lewis Mumford (1895-1990) che riscopr Marsh nel 1931 con il libro The brown decades. Alla fine della Seconda
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Guerra Mondiale lazione delluomo sulla Terra aveva assunto nuovi volti: la contaminazione radioattiva ad opera delle attivit nucleari militari e civili, lesplosione delle citt, laumento della popolazione mondiale, gli effetti dello sfruttamento coloniale dei Paesi del Terzo Mondo, indussero alcuni studiosi a ripensare il tema centrale dellopera di Marsh. Carl Sauer (1889-1975), Marston Bates (19061974), Lewis Mumford e altri decisero allora di tenere a Princeton, nel 1955, un grande simposio i cui contributi sono stati raccolti nei due volumi dellopera curata da William Thomas Jr. e intitolata Mans role in changing the face of the Earth (Chicago, 1956). Dagli anni Cinquanta del Novecento si sono tenute decine di conferenze internazionali su quella che, grossolanamente, stata chiamata ecologia, ma poche hanno avuto lo spirito profetico che ha animato gli studiosi, i geografi, i naturalisti della fine dellOttocento e della met del Novecento: Marsh, Aleksandr Ivanovich Woeikof (1842-1914), Eliseo Reclus (1830-1905), Paul Vidal de la Blache (18451918), Mumford. I problemi descritti da Marsh e quelli analizzati nel 1955 sono gli stessi che abbiamo di fronte oggi, anzi aggravati dallulteriore aumento della popolazione, dalla crescente scomparsa di boschi e di copertura vegetale, dallespansione delle aree urbanizzate, dai mutamenti climatici anchessi indotti dalle attivit umane, come appare dallanalisi condotta da Virginio Bettini e altri nel libro Luomo cambia la faccia del pianeta. Mezzo secolo dopo il simposio internazionale Mans role in changing the face of the Earth (2008).
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La salvezza, o quello che possibile salvare, per le generazioni future, vanno cercati nella diffusione di una cultura che analizzi le condizioni dei fiumi e delle valli, che rallenti la distruzione dei boschi, che ricominci a imparare la lezione del moto delle acque. Le pagine, per esempio, in cui Marsh tratta il problema delle sabbie e delle coste e il ruolo delle dune sabbiose, meriterebbero unattenta lettura, specialmente in questo periodo in cui in Italia esiste una frenesia per lapertura di nuovi porti turistici e insediamenti costieri. Chi sa che cosa direbbe Marsh se vedesse le coste della sua amata Toscana in cui si fa fatica a trovare le tracce di quelle dune che ancora esistevano ai suoi tempi, in cui sono stati spianati e cementificati i reticoli di fossi scolmatori e canali che pure gli ultimi Lorena avevano curato con amore? Cosa direbbe delle valli italiane disboscate, in cui ogni pioggia pi intensa allaga i fondo valle e spazza via case e abitazioni? La cosa pi impressionante che si conoscono esattamente i meccanismi con cui lopera delluomo modifica la natura e la superficie terrestre e si conoscono esattamente gli effetti che tali modifiche provocano sulla vita non solo della natura, ma degli stessi esseri umani. Non a caso Marsh aveva proposto per il suo libro il titolo Man, the disturber. Troppo provocatorio per leditore dellOttocento: figurarsi per i nostri contemporanei per i quali il progresso, laumento delleconomia e del Pil possono avvenire soltanto modificando la natura, considerato compito primario di una societ moderna avanzata.

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Garrett Hardin e la parabola della mucca

Immaginate un pascolo, grande ma non illimitato, attraversato da un ruscello ricco di acqua fresca e pulita, uno di quei pascoli che possono essere utilizzati da tutti gli abitanti del villaggio vicino. In Inghilterra si chiamano beni collettivi, commons, in Italia sono beni soggetti a usi civici. Qualunque abitante del villaggio pu pascolare i propri animali o raccogliere la legna. Una primavera un pastore, abitante nel villaggio, porta a pascolare nel prato le sue dieci mucche; le mucche passano lestate al pascolo, trovano nel ruscello acqua buona e nel prato erba abbondante, si nutrono e producono latte; i loro escrementi cadono sul terreno, vengono assorbiti e forniscono elementi nutritivi per la crescita dellerba la primavera successiva. Alla fine dellestate sono contenti tutti: il pastore che ha venduto il latte abbondante con un buon guadagno, le mucche che hanno vissuto bene, il pascolo che pronto a fornire erba quando torner la primavera, il ruscello che ha le sue acque ancora incontaminate. Ma si sa come sono gli uomini: durante linverno il pastore pensa che potrebbe guadagnare di pi se portasse a pascolare, come del resto suo diritto in quanto membro del villaggio, cinquanta mucche invece di dieci. E cos fa quando arriva la primavera, ma adesso le mucche sono troppe, rispetto alla dimensione del pascolo e alla portata del ruscello; il pascolo non fornisce erba sufficiente, anche perch gli zoccoli delle mucche pestano e schiacciano lerba e fanno indurire il terreno; gli escrementi di cos tante mucche non sono pi assorbiti dal suolo e ristagnano nel terreno e scor45

rono verso il ruscello che viene cos inquinato e non pi in grado di fornire acqua da bere. Alle fine dellestate il pastore ha ottenuto un po pi latte, ma non certo cinque volte di pi dellanno precedente, ed infelice perch sono sfumate le sue speranze di grandi guadagni; sono scontente le mucche che hanno trovato poca erba e poca acqua pulita; scontentissimo il pascolo la cui fertilit compromessa e il suolo indurito dagli zoccoli delle mucche ed infelicissimo anche il ruscello perch la sua acqua ora sporca. Lavidit del pastore ha fatto s che la prossima primavera non ci sar pi erba n per cinquanta, n per dieci mucche e neanche per le mucche degli altri abitanti del villaggio che, come il pastore, hanno diritto a pascolare nello stesso prato di propriet comune, come si detto e neanche per quelle degli abitanti futuri. Si tratta di una parabola, proposta nel 1833 da un certo William Forster Lloyd (1795-1852), un quasi sconosciuto demografo inglese, e ripescata da Garrett Hardin (19152003), professore di ecologia umana nellUniversit della California, in un celebre articolo apparso nel dicembre 1968 nella rivista Science. Il pascolo corrisponde alla Terra, un pianeta grande, ricco di beni materiali e di acque, che fornisce tutte le risorse necessarie alla vita degli umani che hanno tutti uguale diritto, in quanto abitanti e proprietari del comune pianeta. Le risorse sono sufficienti e si rinnovano finch gli umani sono pochi e si accontentano di trarre dalla Terra quei beni che si rigenerano nei grandi cicli della natura. Ma quando il numero delle persone aumenta, quando aumenta la loro avidit di possesso e di vantaggio individuale, ar46

riva un punto in cui le risorse diventano insufficienti per gli occupanti di oggi e per quelli che verranno e il loro possesso diventa motivo di competizione e di conflitti. In ecologia si dice che un territorio, che pu anche essere lintera Terra, grande ma non infinito, ha una capacit ricettiva o portante (una carrying capacity) limitata per gli esseri viventi, umani compresi, e per le loro attivit economiche. Larticolo di Hardin fu tradotto in tutte le lingue (anche in italiano, su Sapere nel marzo 1969), fu ristampato decine di volte nelle antologie che circolavano ai tempi della contestazione ecologica e fu oggetto di roventi dibattiti, ormai dimenticati come stato dimenticato lautore. Su questo controverso ecologo e pensatore, si veda utilmente il sito internet: www.garretthardinsociety.org. C materiale per qualche bella tesi di laurea. La parabola delle mucche, il regalo che Hardin ci ha lasciato, ripreso poi nei suoi numerosi scritti e libri, si presta a varie interpretazioni. La pi banale che la crisi ambientale, lo sfruttamento delle limitate risorse naturali fino al loro impoverimento, dipendono dal numero eccessivo di esseri umani. Era la tesi di Thomas Robert Malthus (17661834), fortemente contestata da parte cattolica, anche se linvito ad una paternit responsabile si trova nelle encicliche Populorum progressio e Humanae vitae. Laltra lettura della parabola riguarda la contestazione delleconomia, la quale si basa sulla legge fondamentale dellaumento della crescita della massa dei beni materiali usati, consumati, dagli individui e dalle comunit, espressa con quel curioso indicatore che il Prodotto Interno Lordo. La crescita economica in un pianeta di dimensione
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e risorse limitate comporta inevitabilmente limpoverimento dei beni naturali disponibili ad altri componenti della stessa comunit umana (nella parabola lavidit di un pastore toglie agli altri pastori la possibilit di usare lo stesso pascolo) presente e futura. Una terza lettura riguarda come si pu e chi deve regolare lappropriazione individuale dei beni collettivi, considerando che, fino a quando tali beni sono di tutti, il pi veloce, o il pi furbo, o il pi prepotente si appropria della maggior parte e lascia poveri gli altri. Alcuni pensano che solo unautorit centrale, uno Stato, possa e debba decidere quanto, dei beni comuni, ciascun soggetto economico pu ottenere; altri pensano che il bene comune collettivo vada diviso fra vari privati, ciascuno dei quali si comporter nei confronti degli altri usando il meccanismo dei prezzi e del mercato. Per farla breve, col povero professor Hardin se la sono presa tutti: i cattolici per le prospettive di controllo della popolazione, i comunisti per le proposte di liberalizzazione dei beni collettivi a favore del mercato, i conservatori per il pericolo di tentazioni comunistiche. Il che non esclude che Hardin abbia con coraggio descritto e indicato il problema centrale non solo delleconomia e della democrazia, ma del futuro dellumanit in questo pianeta di dimensioni e risorse limitate e di crescente avidit dei suoi abitanti. Forse proprio nella gestione solidale e pi giusta delle risorse della Terra, nostra unica casa comune nello spazio, sta la ricetta per sradicare la violenza del terrorismo e delle guerre e per aiutare lumanit ad avviarsi verso un genuino sviluppo umano.
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Robinia

Io amo la robinia, una pianta bella, ma anche di grande interesse ambientale. Il suo nome botanico esatto Robinia pseudoacacia, ma viene comunemente chiamata robinia o impropriamente acacia per la sua somiglianza con le piante del genere Acacia. La robinia originaria del Nord America, forse della Louisiana, negli attuali Stati Uniti, ed arrivata in Europa col flusso di semi di piante strane provenienti dal Nuovo Mondo. Carlo Linneo (1707-1778), il grande naturalista svedese a cui si deve la classificazione delle piante, la chiam cos in onore di Jean Robin (15501629), erborista e farmacista dei re francesi, che aveva avuto lincarico di organizzare lOrto botanico dellUniversit di Parigi. I semi di robinia erano capitati nelle sue mani, pare, nel 1601; Robin li piant e ne ottenne dei bellissimi alberi ornamentali, divenuti in poco tempo di gran moda e ben presto diffusi in tutta Europa. In Italia, la robinia fu coltivata per la prima volta gi nel 1602 nellOrto botanico di Padova da dove si diffuse in Piemonte e in Lombardia sia come pianta ornamentale, sia come specie forestale. Alessandro Manzoni (1785-1873) introdusse la robinia nel giardino della sua bella villa di Brusuglio in Brianza e ne consigli luso per il rimboschimento e il consolidamento dei terreni collinari erosi. La robinia ha varie virt: cresce rapidamente e spontaneamente, con tronchi diritti che possono superare i 15-20 metri di altezza e che raggiungono, in pochi anni, un diametro anche di un metro, sviluppando una gran massa di foglie che, per molti mesi, assicurano ombra e una grade49

vole vista nel periodo in cui si formano grappoli di fiori bianchi. Le robinie si prestano bene come piante ornamentali nelle citt e nei parchi e giardini urbani anche perch resistono bene allinquinamento. Con la loro facile diffusione e le radici profonde, rappresentano un economico e sicuro sistema di difesa del suolo contro lerosione, un problema che riguarda tante zone dItalia, anche del Mezzogiorno. Una seconda virt costituita dallelevata resa di biomassa. La robinia una macchina solare che cresce molto rapidamente fissando la radiazione del Sole per formare materia vegetale: in molti casi, in un ettaro e in un anno si formano venti tonnellate di biomassa avente un valore energetico equivalente a quello di oltre cinque tonnellate di petrolio, e questo anno dopo anno. La terza virt sta nel fatto che la robinia una leguminosa, cio una pianta capace di crescere senza bisogno di concimi perch fissa lazoto atmosferico mediante batteri presenti in speciali noduli nelle radici. I batteri vivono in simbiosi con la pianta: traggono dalla pianta le sostanze necessarie alla propria vita e, in cambio, cedono alla pianta molecole organiche azotate che i batteri formano al proprio interno utilizzando lazoto, gratuito, dellaria. Piccole, quasi invisibili ma efficientissime fabbriche chimiche. Le foglie della robinia hanno, perci, un elevato contenuto di proteine, dal 200 a 250 grammi per chilogrammo di foglie secche, e sono quindi adatte per lalimentazione del bestiame, inoltre le foglie che restano nel terreno restituiscono lazoto al terreno stesso. I fiori della robinia attraggono le api che elaborano un miele di qualit, molto buono,
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commercializzato come miele di robinia (o di acacia): un ettaro di robinieto pu dare anche 800 chili di questo miele in un anno. Il maggiore interesse rivolto al legno di robinia che stato ed usato come combustibile perch brucia bene, con poco fumo anche quando ancora umido, e con elevato potere calorifico. Oltre che come combustibile, tale legno, fra i pi duri e resistente agli incendi, molto ricercato sia per la fabbricazione di mobili, giocattoli di legno, parquet, addirittura case, sia per la trasformazione in pali e traversine. In molte zone esiste il problema dello smaltimento di traversine ferroviarie di legno rese resistenti allattacco dei microrganismi per addizione dellinquinante creosoto; ebbene i pali e il legname di robinia sono resistenti nel terreno senza bisogno di alcun trattamento e sono, fra laltro, utili per le palificazioni nelle miniere. Se la robinia ha tante virt, qualche difetto dovr pure averlo. Lo scrittore Carlo Emilio Gadda (1893-1973) aveva rimproverato a Manzoni di aver avuto la malaccorta idea di diffondere una cos pungentissima pianta. Effettivamente le spine del suo fusto sono fastidiose e inoltre la robinia infestante; se volete liberarvene farete una certa fatica, perch si diffonde in maniera invasiva e anzi soffoca altre piante e tende a creare dei veri boschi di sole robinie. Le virt tecniche e commerciali devono per essere prevalenti, perch la robinia diffusa in tutti i Paesi dellEuropa centrale e orientale, dove si stima una presenza di due milioni di esemplari. In Ungheria esiste addirittura un centro di ricerche, Hungarobinia, dedicato alla diffusione delle conoscenze scien51

tifiche, ma soprattutto applicative, della pianta e del suo legno. Le robinie crescono bene in ambienti molto diversi, anche in montagna, e la loro diffusione si sta estendendo anche in Africa e in altri Paesi. In Italia sono state e sono abbastanza diffuse, come testimoniano i numerosi alberghi e ville che ne portano il nome, anche se attualmente occupano appena 150.000 ettari, soprattutto nellItalia settentrionale. Un centro di ricerca sulla robinia come potenziale fonte energetica esiste a Porano, vicino Roma. Mi chiedo perch una maggiore attenzione a questa pianta non sia dedicata in tutto il Mezzogiorno, dove terreni esposti allerosione ce ne sono in abbondanza. Ancora una volta, da capitoli meno conosciuti del regno vegetale, della biomassa solare, ci si possono aspettare occasioni di lavoro, e vantaggi economici e ambientali.

Sprecare meno natura

Il primo decennio del 2000 stato caratterizzato da eventi meteorologici (apparentemente) fuori dal comune: siccit seguite da alluvioni, avanzata dei deserti e allagamento di pianure fertili, diminuzione della superficie e del volume dei ghiacci considerati permanenti. Ciascuno di questi eventi ha destato chiacchiere senza fine, ma ben poco si fatto per dare una risposta a tre domande: si tratta di eventi veramente fuori dal comune? In caso affermativo, qual lorigine? Se le alterazioni derivano da azioni antropiche, ce la far la Terra a sopportare il peso di una popolazione umana crescente e di un crescente impoverimento delle risorse naturali?
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La vita, quella vegetale e animale e quella economica (cio linsieme della produzione e delluso di beni materiali e di servizi), resa possibile da una grande circolazione di materia e di energia dai corpi della natura laria, le acque, il suolo, il sottosuolo agli esseri viventi, umani compresi, e da un ritorno, negli stessi corpi della natura, dei prodotti di trasformazione della vita: gas della fotosintesi, delle respirazioni e delle combustioni, rifiuti solidi, eccetera. Mentre i cicli della vita vegetale e animale comportano lemissione di rifiuti che vengono riassorbiti dalla natura e addirittura diventano nuove materie utili gli escrementi animali diventano concime per le colture vegetali, lanidride carbonica emessa dalle respirazioni animali diventa materia prima per la fotosintesi dei vegetali , i cicli della vita economica, la produzione di alimenti industriali, di metalli, macchine, edifici, eccetera, comporta una sottrazione di materie dalla natura sabbia e ghiaia e argilla per i cementi e i laterizi, minerali, sostanze nutritive per i vegetali asportate dal suolo che non si rigenerano mai pi, e un ritorno nei corpi naturali di scorie spesso non assimilabili, che alterano la qualit delle acque e dellaria, rendendole meno utilizzabili dalla vita. Producono cio inquinamento. Tutto comincia dal Sole che, attraverso la fotosintesi, fabbrica ogni anno sui continenti circa cento miliardi di tonnellate di biomassa vegetale secca: amido, cellulosa, proteine, grassi, eccetera. Di questa biomassa, circa cinque miliardi di tonnellate ogni anno sono utilizzati come materie prime commerciali dallindustria agroalimentare, dalla zootecnia, dalle industrie del legno e della carta, della gom53

ma, dei tessuti, eccetera. Gran parte dei prodotti alimentari e industriali ritornano abbastanza presto nella natura, ma per lo pi come scarti che vengono sepolti nelle discariche o bruciati. La grande macchina economica che fornisce prodotti di consumo sia pure in quantit e di qualit molto diverse da Paese a Paese ai quasi 7.000 milioni di abitanti del pianeta Terra, allinizio del secondo decennio del 2000, richiede inoltre, per il suo funzionamento, circa 12 miliardi di tonnellate ogni anno di carbone, petrolio, metano, eccetera. Anche questi derivano dal Sole e dal ciclo del carbonio, ma si sono formati centinaia di milioni di anni fa e la natura ce li ha tenuti da parte nel sottosuolo, per ere geologiche lunghissime: riserve che le nostre societ umane stanno svuotando in pochi secoli per far funzionare macchine e industrie. E con questo siamo ad una sottrazione di circa 17 miliardi di tonnellate allanno di materiali organici. Gli alimenti derivati dal ciclo del carbonio attuale e quelli fossili, necessari per leconomia, restituiscono nellatmosfera gran parte del loro carbonio sotto forma di anidride carbonica. Nel caso dei prodotti derivati dallagricoltura si tratta dellanidride carbonica sottratta pochi mesi o pochi anni prima, ma nel caso dei combustibili fossili carbone, petrolio, metano lanidride carbonica immessa oggi nellatmosfera quella sottratta dallatmosfera milioni di anni fa. Da qui, il graduale aumento della concentrazione dellanidride carbonica nellatmosfera, con conseguente lento graduale riscaldamento della superficie terrestre per effetto serra e modificazione del clima planetario. La costruzione di macchine, strade, edifici, abitazioni, eccetera, richie54

de altre materie tratte dalla natura sotto forma di rocce e minerali in quantit che si pu stimare di circa venti miliardi di tonnellate allanno. Gran parte di questi materiali resta immobilizzata negli edifici, nelle fabbriche, nelle strade, per tempi lunghi o lunghissimi. Da questo conto esclusa lacqua che attraversa la tecnosfera case e citt, fabbriche, campi, eccetera in ragione di circa mille miliardi di tonnellate allanno, prelevata dal flusso continuo di acqua che scorre sulla superficie della Terra. Lacqua che esce da ogni casa, fabbrica o campo coltivato e ritorna alla natura pi o meno nella stessa quantit dellacqua entrata, ma stata addizionata con agenti chimici, residui di concimi, pesticidi, scorie alimentari, polveri, escrementi e la sua qualit la sua possibilit di utilizzazione a fini biologici, e non solo umani e commerciali peggiora. Ogni persona del peso medio di sessanta chili pesa sulla Terra, movimentando ogni anno quasi sei tonnellate di materiali (acqua esclusa, come si detto). Ce la far la Terra a sopportare una tale pressione umana sulle risorse naturali? Le societ umane potranno soddisfare le proprie necessit di beni, di progresso, di sviluppo individuale e sociale, di liberazione dalla povert, di maggiore giustizia distributiva, a condizione che tengano conto dei precedenti numeri e che modifichino i modi di produrre e di consumare, adattando i cicli economici a quelli della natura, utilizzando energie e materie rinnovabili che il Sole ricostruisce continuamente, depurando i rifiuti prima che tornino nei corpi riceventi naturali. Un compito non facile, ma che alcuni Paesi stanno gi adottando; la storia mostra che quando le societ umane hanno dovuto cam55

biare le proprie abitudini, non sono diventate pi povere, ma anzi hanno migliorato le proprie condizioni, con minore spreco di natura. Un compito che richiede ai governanti e ai cittadini lungimiranza, coraggio e solidariet.

Agosto torrido: commerci e clima

Davanti ai sempre pi frequenti e vistosi segni di bizzarrie del clima ci sono due scuole di pensiero; alcuni ritengono che ci dipenda da un lento continuo riscaldamento planetario dovuto allimmissione nellatmosfera di gas a effetto serra da parte delle attivit umane di produzione e di consumo; altri ritengono che in certe stagioni ci sia stato da sempre un gran caldo e in altre un gran freddo, indipendentemente dal numero di automobili, dal consumo di carbone e petrolio, dalla distruzione delle foreste, dal numero delle mucche che, con il metano che emettono durante il metabolismo, alterano lequilibrio energetico del pianeta, insomma dal lodato e vituperato Prodotto Interno Lordo. Chi avr ragione? La storia delle modificazioni umane della superficie del pianeta ha interessato, fortunatamente, molti studiosi. Citer soltanto lamericano George Marsh, autore del famoso libro Luomo e la natura, ossia la superficie terrestre modificata per opera delluomo e gli atti di un convegno sulle modificazioni della Terra ad opera delluomo, pubblicati a Chicago a cura di William Thomas Jr. nel 1956, un tema ripreso nel 2008 dal geografo Virginio Bettini, nel volume Luomo cambia la faccia del pianeta. Mezzo secolo dopo
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il simposio internazionale Mans role in changing the face of the Earth. Un interessante contributo al dibattito sui rapporti fra attivit umane e clima contenuto nel libro di Mike Davis Olocausti tardovittoriani. El Nio, le carestie e la nascita del Terzo Mondo, pubblicato da Feltrinelli nel 2002. Lautore uno storico e geografo americano, autore, fra laltro, di due libri sulla crescita e fragilit di Los Angeles, La citt di quarzo (manifestolibri), e Geografia della paura (Feltrinelli). In Olocausti tardovittoriani, Davis passa in rassegna le cause delle carestie, della fame e dei relativi olocausti che hanno colpito lAsia, specialmente lIndia e la Cina, ma anche lAfrica e il Sud America, nella seconda met dellOttocento, dominato dalla grande regina Vittoria che ha regnato sullInghilterra e sul suo grande impero coloniale dal 1837 al 1901, quasi un secolo, appunto, quello vittoriano. Anche quelle carestie sono state provocate dal brusco cambiamento delle secolari successioni di piogge e di periodi secchi, a sua volta dovuto contemporaneamente, sia a fenomeni naturali, sia a profonde modificazioni delle condizioni del suolo provocate dai cambiamenti delle coltivazioni agricole e della copertura vegetale e forestale. Fra i fenomeni naturali, un ruolo importante hanno le oscillazioni della temperatura degli oceani centrali e meridionali con conseguenti alterazioni del ciclo dei monsoni, attribuite allinfluenza delle oscillazioni periodiche (ogni undici anni) dellintensit e del numero delle macchie solari. Tali oscillazioni si verificano verso Natale e possono essere verso il caldo (El Nio) o verso il freddo (La Nia). I rapporti fra commerci e clima sono ben illustrati dal caso
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dellIndia, colonia dellImpero britannico per tutto lOttocento, i cui governatori avevano il dovere di trarre dalla colonia le merci, fra cui il cotone e lindaco, in grado di assicurare i massimi profitti, in patria, allindustria manifatturiera. Lindustria britannica esportava poi i tessuti, ottenuti dalle materie prime indiane, ad alto prezzo nella stessa India e nelle altre colonie, impoverendo e facendo indebitare gli abitanti, i quali avevano sempre meno denaro per acquistare anche un minimo di alimenti. Si realizzava cos, in aggiunta ai mutamenti climatici naturali, la spirale perversa: sfruttamento del suolo per sostituire i prodotti agricoli alimentari con quelli da esportare in Inghilterra a basso prezzo, diminuzione delle rese e dei raccolti di prodotti alimentari e aumento dei relativi prezzi e conseguenti carestie; importazioni ad alto prezzo di manufatti dallInghilterra, diminuzione del denaro disponibile per acquistare prodotti alimentari, pressione per aumentare i redditi dei contadini con la crescente produzione e vendita di prodotti industriali, e cos via. Questo il capitalismo. Una situazione aggravata da pessimi, corrotti e soprattutto stupidi amministratori inglesi e locali, da una spietata stratificazione di classe con la complicit dei grandi proprietari terrieri con i governanti britannici. Il tutto pagato dal proletariato con milioni di morti. Ma anche la produzione del cotone indiano entr in crisi: a partire dal 1873, finita la Guerra di Secessione (1861-1865), dagli Stati Uniti arrivarono in Europa grandi quantit di cotone a basso prezzo; crollato il prezzo internazionale del cotone, i proprietari terrieri delle colonie guadagnarono un po di meno, ma i contadini videro calare il gi scarso reddito, dovettero af58

frontare maggiori costi dei prodotti alimentari e si trovarono di fronte ad una terra impoverita. Un simile destino fu riservato alla coltivazione dello zucchero e, in India alla fine del secolo, a quella dellindaco che lindustria chimica riusc a sostituire con coloranti sintetici e addirittura, alla fine dellOttocento, con lo stesso indaco sintetico. I governatori imperiali sono andati via, le colonie hanno acquistato una libert politica, ma le regole che preparano e moltiplicano i disastri climatici sono ancora le stesse, anzi si sono estese a livello mondiale. Questa la globalizzazione. Nei tempi vittoriani cera un mondo di poveri e poverissimi sfruttato che subiva le conseguenze dei disastri ecologici provocati dai colonizzatori, adesso esiste un solo mondo che distrugge se stesso e gli altri, con un Sud del mondo che cerca di assimilare pi rapidamente possibile i modelli di consumi e di distruzione ecologica dei Paesi del Nord del mondo. Chi ci salver?

Io amo la ginestra

Oltre ad amare la robinia, amo anche la ginestra che si trova, con i suoi arbusti spontanei perenni, nelle valli italiane e specialmente nel Mezzogiorno, dove un mare di fiori gialli accoglie, da maggio a ottobre, i viaggiatori. Sembra che il Sole, dopo aver fatto crescere la pianta, abbia voluto offrire una fonte di energia e di materie prime rinnovabili, proprio sulla porta di casa e, per sovrappi, aggiungere i carotinoidi per rendere ancora pi belli e splendenti i suoi fiori, e un attraente profumo.
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Il principale genere di ginestra diffuso in Italia ha il nome botanico Spartium junceum. La ginestra citata dal botanico greco Teofrasto (371-187 avanti Cristo) e dal naturalista romano Plinio (23-79 dopo Cristo) il quale addirittura credeva che le ceneri della pianta contenessero oro, chi sa?, forse ispirato dal colore oro dei fiori. La ginestra ha molte virt ecologiche, per esempio, una leguminosa e come tale cresce fissando direttamente lazoto atmosferico, senza bisogno di apporto di concimi azotati sintetici. La ginestra, con le sue radici, ha un effetto stabilizzante sulle scarpate e sui pendii e fornisce un contributo diretto e gratuito alla difesa del suolo contro lerosione che continua a distruggere ricchezza, provocando frane e alluvioni. Almeno una parte dei costi e dei dolori provocati dalle frane e dalle alluvioni, specialmente nel Mezzogiorno, avrebbero potuto e potrebbero essere evitati se si ricoprissero i pendii con le piante che trattengono il suolo, come appunto la ginestra o la robinia. La ginestra uninteressante fonte di fibre tessili naturali rinnovabili: i Fenici, i Cartaginesi, i Greci e i Romani avevano capito che i suoi steli potevano essere utilizzati per realizzare canestri e che potevano fornire una fibra tessile adatta per intrecciare corde; negli scavi di Pompei sono stati trovati degli stoppini per lucerne fatti con fibre di ginestra. Lutilizzo degli steli delle ginestre a fini tessili per rimasta circoscritta per molti secoli a livello artigianale e familiare, anche se fibre di ginestra sono state presentate alla Fiera Campionaria di Napoli del 1821, alle Esposizioni di Firenze e di Napoli del 1850, 1857, 1864 e a quella di Parigi del 1878. Linteresse per le fibre di ginestra aumenta60

to nel periodo dellautarchia fascista perch potevano sostituire, per la produzione di tele, corde e sacchi, le fibre di iuta che dovevano essere importate. Negli anni Trenta del Novecento furono approfondite le conoscenze sulla coltivazione della ginestra e furono perfezionati i sistemi di produzione delle fibre. Nel 1940 funzionavano una sessantina di ginestrifici, soprattutto in Toscana, con una produzione di 700.000 tonnellate allanno. Dopo la Liberazione, sono tornate disponibili le fibre di iuta di importazione e subito dopo c stato lavvento delle fibre sintetiche che hanno oscurato linteresse per le fibre di ginestra, la cui produzione sopravvissuta su piccola scala in poche comunit della Basilicata e della Calabria. Musei della lavorazione della ginestra si possono visitare a Longobucco (Cosenza) e a San Paolo Albanese (Potenza), a testimonianza del lavoro di molte generazioni con queste fibre. La nuova attenzione ecologica per le fibre naturali rinnovabili ha spinto molti studiosi, anche in Italia, a riscoprire quanto era noto sulla produzione delle fibre di ginestra e sui suoi usi. Le fibre di ginestra si ottengono dai rami nuovi, o al pi di uno o due anni, detti verbene. Le verbene devono essere sottoposte ad un processo di macerazione per decomporre le sostanze pectiche che tengono incollate fra loro le fibre, le quali, dopo la macerazione, vengono staccate per trattamento meccanico. Si ottengono circa cinque chili di fibre da cento chili di verbene, la cui resa arriva a dieci tonnellate per ettaro; come sottoprodotto si ottiene un materiale adatto per la produzione della carta. Siamo quindi di fronte ad un sistema integrato che consente la difesa del
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suolo e la produzione di fibre tessili e carta. Le fibre di ginestra sono state utilizzate in molti campi industriali che vanno da pannelli isolanti, a componenti delle carrozzerie di automobili. in corso una nuova attenzione della moda per oggetti ecologici a base di ginestra, come scarpe, borse, tessuti. Con i perfezionamenti tecnici gi disponibili e con quelli che possono essere sviluppati, la ginestra pu avere un ruolo economico e merceologico importante, con prospettive di occupazione nel Mezzogiorno. Non sono certo il solo ad amare e ammirare la ginestra: Giacomo Leopardi (1798-1837) nel 1836 osservandola sulle falde del Vesuvio le ha dedicato una celebre poesia, ecologica anchessa: Tu, lenta ginestra/che di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni, riconoscendo la paziente resistenza della pianta nelle condizioni avverse di unarida natura, nel nome della forza della vita. E Gabriele dAnnunzio (1863-1938) nella poesia La pioggia nel pineto chiama le ginestre fulgenti /di fiori accolti. La ginestra deve essere stata amata anche da tutti gli abitanti delle valli italiane, poich se ne trova cos diffuso il nome in tanti paesi e villaggi. Un nome tristemente noto quello di Portella della Ginestra in provincia di Palermo, laltopiano in cui i banditi di Salvatore Giuliano tesero un agguato ai contadini che celebravano pacificamente e festosamente il primo maggio del 1947, uccidendone undici, fra cui due bambini. Gli altri sono nomi gioiosi come quelli di due paesi in provincia di Benevento e di Potenza, di Ginestra degli Schiavoni anchessa in provincia di Benevento, del torrente Ginestra nel bacino idrografico del Calore, eccetera.

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Acqua

La virtu della solidarieta

La sete in Italia e nel mondo aumenta sempre per la concomitanza di vari eventi. Da alcuni decenni sono in corso mutamenti climatici che hanno fatto diminuire le piogge; apparentemente la quantit totale di pioggia diminuisce di poco, ma il carattere delle piogge, spesso intense ma concentrate in brevi periodi, impedisce la ricarica con acqua dolce delle falde sotterranee e dei laghi artificiali. Un secondo importante evento riguarda le migliorate condizioni di vita delle popolazioni, un evento da salutare con gioia, senza dubbio, ma che comporta crescenti richieste di acqua che deve essere sottratta da riserve fiumi, falde sotterranee, laghi naturali e laghi artificiali che sono limitate. Un terzo aspetto riguarda la svolta culturale e politica degli ultimi anni: la diffusione della cultura degli affari finanziari e del libero mercato fa guardare con fastidio ad una pianificazione da parte dello Stato, anche quando si tratta di risorse naturali colletti63

ve ed essenziali come lacqua. Anzi, pianificazione diventata una parolaccia. Il libero mercato pu andare bene per le imprese che producono merci e servizi, le quali possono acquistare materie prime agricole, energetiche, minerarie, forestali, mano dopera, tecnici dove si trovano abbondanti (finch durano) e a basso prezzo, in qualsiasi parte del globo, ma il libero mercato fallisce quando una comunit pu fare i conti soltanto con le risorse locali, come lacqua. Le imprese possono acquistare plastica o petrolio o pellami in Russia, nel Sud Africa o in Argentina, ma la comunit italiana pu trarre acqua soltanto dalle riserve che la natura gli assicura nel suo territorio o a non grande distanza. Questo lo sapevano gi nellOttocento, quando i governi nazionali decisero, con una pianificazione nazionale, di chiedere alla Campania di rinunciare ad una parte delle sue acque per dissetare la Puglia attraverso il gigantesco Acquedotto Pugliese; lo sapevano gli economisti di mezzo secolo fa quando hanno deciso di creare in Puglia, Basilicata e Molise, una serie di laghi artificiali che avrebbero dovuto essere collegati fra loro per raccogliere razionalmente ogni goccia di pioggia utilizzabile per le citt e i campi. Lo sapeva il Parlamento, negli ultimi anni prima della trionfale pressione del libero mercato, quando var, nel 1989, la legge n. 183 che stabiliva lamministrazione delle acque secondo i bacini idrografici. Lacqua di ciascun fiume non di propriet delle regioni attraversate dal fiume, ma di tutti gli abitanti che gravitano nel bacino idrografico del fiume, dalle sorgenti al mare, valli e affluenti compresi. La 183 era basata sul principio di
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solidariet: le autorit di ciascun bacino idrografico, dopo aver redatto degli accurati inventari (che non sono mai stati fatti) delle disponibilit idriche, avrebbero dovuto stabilire come distribuire questacqua, come renderne disponibili le eccedenze ai bacini idrografici vicini. La 183 stabiliva inoltre che ciascuna autorit di bacino avrebbe dovuto realizzare opere per regolamentare il deflusso (irregolare nel tempo e scarso) delle acque attraverso la pianificazione (sono parole di tale legge) di opere per la difesa del suolo e per il rimboschimento. Non si potr mai cancellare la sete dalle case, soprattutto del Mezzogiorno, fino a quando non si far un piano basato sulla conoscenza di quanta acqua disponibile, di come viene usata, di come si possono aumentare (sia pure di poco) le disponibilit, almeno regolando la corsa delle piogge verso il mare, piano basato su una coraggiosa compartecipazione delle risorse idriche esistenti fra regioni vicine. La solidariet la chiave per la soluzione del problema. Solidariet significa, intanto, revisione e correzione degli errori compiuti, dei laghi artificiali lasciati abbandonati e diventati depositi di fango, significa volont delle autorit di governo, locali e nazionali, di superare le logiche municipali e di decidere di lavorare con gli enti vicini o lontani in un comune servizio civile per la comunit. Solidariet significa spiegare a tutti i cittadini, cominciando nelle scuole, che lacqua scarsa non solo nei villaggi sperduti o nei mesi estivi; che bisogna consumare meno acqua possibile: ogni metro cubo sprecato nelle case, nei bagni, nelle fontane a perdere, acqua tolta a qualche altra persona, da qual65

che parte. Perch lacqua circola nel corpo fisico di ciascuna regione e dellintero Paese come il sangue circola nel corpo umano; ogni rubinetto, ogni persona, legato alla vita di unaltra persona. Oggi, in una societ basata sullideologia del consumo e dello spreco, pu sembrare fuori luogo parlare di unetica del consumare di meno, del limitare i consumi, eppure chi visita molti Paesi della Terra, a cominciare dagli stessi Stati Uniti, vede spesso avvisi o pubblicit o francobolli che ricordano che lacqua scarsa e preziosa e se ne deve consumare il meno possibile. Save water, risparmiate lacqua, avverte un dirigibile che percorre il cielo di alcune grandi citt americane. Senza contare che la progettazione di rubinetti, docce, gabinetti, capaci di svolgere la stessa funzione consumando meno acqua, potrebbe stimolare invenzioni, innovazioni e nuove attivit produttive e occasioni di lavoro.

Lacqua intorno a noi

Un bel tema per gli studenti di tutte le scuole potrebbe essere: Spiegate da dove viene lacqua che esce (quando esce) dal rubinetto di casa vostra. Un tema che, a mio modesto parere, potrebbe stimolare lo studente appassionato di storia a ricordare quel Frontino che descrisse gli acquedotti della citt di Roma, a ricordare la nascita dellindustrializzazione italiana ai piedi delle Alpi e dei ghiacciai, le cui acque furono raccolte nei laghi artificiali che generavano anche energia; lo studente appassionato di geografia a
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ricordare come la California diventata il giardino della frutta e del cinema grazie a un gigantesco acquedotto che porta lacqua dal fiume Sacramento, a nord, a San Diego, fino a sud, a ottocento chilometri di distanza. E lo studente appassionato di storia politica potrebbe utilmente ricordare come la miopia e lavidit siano state capaci di trasformare, nel 1963, lacqua del lago artificiale del Vajont in un veicolo di morte e come un quarto (un terzo nellItalia meridionale) dellacqua prelevata dal sottosuolo, dai laghi artificiali e dalle sorgenti vada perduta per guasti negli acquedotti o per mancanza di acquedotti. Pochi conti mostrano che lacqua in Italia scarsa in assoluto: sulla superficie del nostro Paese cadono circa 300 miliardi di metri cubi di acqua allanno, circa. Il circa dobbligo perch ci sono gravi carenze nei servizi meteorologici; una volta, pazientemente, sul tetto di grandi e piccoli comuni, in molte scuole, negli aeroporti, veniva misurata diligentemente la quantit di acqua piovana. Le apparecchiature sono relativamente semplici: una sorta di imbuti di superficie determinata, che raccolgono lacqua, avviata poi ad una bottiglia. La difficolt sta nel trovare migliaia di persone che ogni giorno, domeniche comprese, misurino con precisione la quantit di acqua raccolta nella bottiglia. Naturalmente ci sono strumenti pi raffinati e automatici, ma sono proprio quelli pi rudimentali che usati, ripeto, con pazienza e diligenza, ben distribuiti nel territorio, consentono di rilevare le bizzarrie delle piogge e permettono di avere dati statistici accurati. Dellacqua piovana, circa la met va perduta per evaporazione; restano, sul territorio nazionale, circa 150 miliardi di
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metri cubi allanno che vengono assorbiti, allincirca (anche qui la mancanza di statistiche accurate drammatica), per 10 miliardi di metri cubi allanno dalle comunit urbane, per circa 40 miliardi di metri cubi allanno dallagricoltura, e per una quantit stimabile in circa 10 miliardi di metri cubi allanno dalle industrie. Lacqua impiegata per lirrigazione dei campi in parte viene incorporata nei raccolti, ma per la maggior parte evapora o va a raggiungere le falde idriche del sottosuolo da cui torna al mare. Per farla breve: per una via o per laltra circa 150 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno in Italia tornano al mare scorrendo sul suolo o nel sottosuolo e, alla fine, attraverso laghi e fiumi. Lacqua attraversa i sistemi umani le abitazioni, le citt, i campi, le fabbriche, eccetera senza scomparire, ad eccezione di quella che evapora e ritorna nellatmosfera. La maggior parte passa senza perdere il suo carattere di acca-due-o, e prosegue il cammino, dopo luso, addizionata, per, di molte sostanze che essa discioglie, essendo dotata di eccezionali propriet di solvente. Per guardare meglio questa storia naturale dellacqua, proviamo a seguire il suo ciclo attraverso la vita quotidiana. Cominciamo con il bagno e la doccia. Lacqua viene impiegata per sciogliere il sapone che asporta lo sporco dal corpo; si forma una soluzione schiumosa, ma non molto sporca, che continua il suo cammino gi dal lavandino o dalla vasca da bagno. Andremo a raggiungerla fra poco. In cucina lacqua usata per lavare le verdure, per cuocere la pasta, per bere: lacqua usata per lavare le verdure porta con s in sospensione poche sostanze, quelle che ade68

rivano alla superficie delle foglie o dei frutti e, col suo pur limitato carico di sostanze estranee, viene buttata gi dal secchiaio. Lacqua in cui stata fatta cuocere la pasta contiene quel poco di amido che la pasta rilascia e anche lacqua di cottura per lo pi va perduta gi dal secchiaio; nel secchiaio e negli scarichi va a finire anche lacqua delle lavatrici, col suo carico di detersivi e di sostanze estranee. Lacqua usata come bevanda, circa un litro al giorno per persona. Anche se lacqua del rubinetto fresca e di buona qualit, la societ dei consumi spinge i cittadini italiani a comprare e bere ogni anno 12 milioni di metri cubi di acqua in bottiglia, acqua che viaggia in bottiglie di vetro o di plastica, su camion o vagoni ferroviari, dalla Basilicata al Trentino e dal Trentino alla Toscana e dalla Toscana al Piemonte, acqua pubblica, della collettivit, che dovrebbe essere avviata agli acquedotti pubblici piuttosto che concessa alle imprese private. Lacqua che stata assorbita con il cibo da ciascuna persona, in parte viene perduta con la respirazione, in parte col sudore e in parte ha un destino pi prosaico e finisce nel gabinetto sotto forma di escrementi liquidi o solidi. Praticamente tutta lacqua che entra in un sistema umano un ecosistema anche una casa o una fabbrica sopravvive come acqua, praticamente nella stessa quantit, ma con un contenuto pi o meno rilevante di sostanze estranee disciolte o in sospensione. Se, con un po di fantasia, immaginassimo di seguire il moto dellacqua scaricata nel lavandino, nel secchiaio o nel gabinetto, ci troveremmo dentro un gigantesco flusso di acque usate che confluisce in condotte
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pi grandi, in fognature (dove esistono) e da qui in impianti di trattamento o depurazione (dove esistono) e infine questo grande fiume di acque usate finisce nel mare. Lacqua che attraversa lecosistema urbano si pu immaginare divisa in tre flussi: lacqua piovana che cade sulle strade e che poco contaminata; le acque bianche, provenienti dai lavandini o dalle docce, addizionate con poco detersivo; le acque nere provenienti dai gabinetti e molto pi contaminate. un puro delitto lasciare che questa grande massa di acqua vada persa. Una parte delle acque usate subisce qualche trattamento essenzialmente per evitare linquinamento dei corpi riceventi fiumi o mare ma molto di pi si pu fare per recuperare gran parte dellacqua presente nei flussi prima indicati e tali tecniche consentono di ottenere acqua adatta per lavare le strade, per irrigazione o per raffreddamento di impianti industriali. I processi di trattamento delle acque usate possono essere progettati e scelti a seconda della qualit merceologica dellacqua da depurare e possono dare acqua depurata adatta per molti degli usi nei quali adesso viene usata acqua rara e preziosa. assurdo lavare le strade o annaffiare i giardini con la costosa acqua trasportata talvolta da centinaia di chilometri di distanza, dotata di caratteristiche igieniche di altissima qualit, essendo destinata ad usi igienici e alimentari. Cos come assurdo usare acqua potabile di alta qualit igienica, costosa e sottratta ad altre regioni, per lo scarico dei gabinetti. Sar il caso di cominciare anche in Italia, almeno nelle nuove case, a predisporre una doppia rete di distribuzione dellacqua, una alimentata con acqua di buona qualit per usi ali70

mentari e igienici e unaltra, che potrebbe anche essere alimentata con acqua di recupero, per i gabinetti.

Guerre per lacqua

Fin dai tempi pi antichi, le comunit umane si sono insediate vicino allacqua; lacqua era essenziale per bere, per ligiene, per irrigare i campi, per smaltire i rifiuti. Le antiche civilt sono state civilt dei fiumi: del Nilo, del Tigri e dellEufrate, del Fiume giallo e, in tempi relativamente recenti, del Tevere e del Giordano. I fiumi sono vie di comunicazione fra linterno e il mare e il loro controllo politico e militare essenziale per la sopravvivenza dei poteri economici. Daltra parte, nei conflitti fra Paesi vicini i confini sono stati tracciati proprio lungo i fiumi, perch sono facilmente difendibili contro uninvasione, permettono di riscuotere i dazi commerciali e frenano il contrabbando e le migrazioni ostili. Una situazione che si vede bene in Italia e nella Val Padana, dove il Ticino stato per secoli il confine fra il regno del Piemonte e gli occupanti della Lombardia; lAdda fra i padroni della Lombardia e la libera repubblica di Venezia. Renzo scappa dalle angherie degli spagnoli a Milano varcando clandestinamente lAdda per cercare sotto la Repubblica un lavoro libero e tornare poi alla sposa promessa. E il sogno del Risorgimento stato quello di riunificare lItalia divisa dai confini artificiali degli Stati creati dagli stranieri. Soffermati sullarida sponda/volti i guardi al varcato Ticino/han giurato: non fia che questonda/scorra pi fra due rive straniere.
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Daltra parte, poco prima, uno dei primi atti della rivoluzione stata la divisione del territorio francese in dipartimenti che prendevano il nome dal fiume principale. Fiumi e acque che uniscono in solidariet i popoli che vivono in un bacino idrografico, ma che sono diventati motivi sempre pi spesso di tensioni e conflitti, a mano a mano che una popolazione in aumento gravava su un fiume e si voleva appropriare delle sue acque, e a mano a mano che lacqua diventava scarsa o inquinata. Gli organismi internazionali cercano di stabilire accordi per regolare i prelievi delle acque dei fiumi che attraversano vari Paesi, per frenare gli inquinamenti che fanno sentire i loro effetti nei Paesi a valle. Anche una legge italiana prevede che i bacini idrografici debbano essere governati da autorit, le quali dovrebbero prendere decisioni al di l degli egoismi delle regioni entro i cui confini scorrono le acque dello stesso fiume. Purtroppo, legoismo prevale sempre e in alcune zone porta a vere e proprie guerre, tanto che si stanno moltiplicando i libri che parlano di guerre dellacqua. Due libri recenti, pubblicati in inglese, uno di Vandana Shiva e uno di Marq de Villiers, hanno lo stesso titolo: Water Wars. Il caso pi noto quello delle acque del Giordano, dove Ges ha predicato la pace e che ora sono contese con un infinito conflitto da Israele, dai palestinesi, da Siria, Giordania e Libano. Le acque del Tigri-Eufrate, in cui si specchiavano la favolosa Babilonia e la Bagdad dei Califfi, sono contese fra Turchia, Iraq e Siria. Su tali acque, oltre che sul petrolio, incombono le terribili ombre della guerra. Altrettanto drammatica la situazione dei fiumi africani, tutti inter72

nazionali; ciascun Paese, sul suo pezzo di fiume vuole fare quello che gli pare: costruire dighe per produrre elettricit e per lirrigazione, con la conseguenza di togliere acqua ai Paesi che si trovano a valle. Il Rio Grande fa da confine per centinaia di chilometri fra gli Stati Uniti e il Messico e ciascun Paese rivendica dei diritti su una parte delle sue acque. Si pensi poi ai grandi fiumi internazionali dellAmerica meridionale. Talvolta, come nel caso di Israele e dellAfrica, siamo di fronte a vere e proprie guerre; in altri casi a contese forse non militari, ma altrettanto dolorose per le popolazioni. In Asia le acque del fiume Mekong appartengono a Vietnam, Cambogia, Thailandia, Myanmar, Cina. E invece le acque di un fiume o di un bacino idrografico non appartengono a nessuno, sono beni collettivi, sono il bene comune per eccellenza. Lo ripete, al primo punto, il manifesto per un contratto mondiale dellacqua. Proprio i fiumi sono dovrebbero essere - la prima scuola e palestra di solidariet; proprio il carattere dellacqua che si muove continuamente da un posto allaltro, da un Paese allaltro, dovrebbe spingere le persone ad unirsi per usare insieme questo bene. Eppure, neanche i Paesi sviluppati, neanche la nostra stessa Italia, sono esenti da conflitti sullacqua. Non si tratta di guerre, ma di controversie senza fine: fra Basilicata e Puglia, fra Puglia e Molise e Campania, regioni e popolazioni unite e divise dalla stessa acqua che scarsa. E che minaccia di diventare sempre pi scarsa in futuro: i mutamenti climatici di cui siamo testimoni renderanno in futuro lacqua sempre pi difficile da governare. Lacqua
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talvolta scarsa al punto da rendere asciutti i laghi e inaridire i campi, poi improvvisamente violenta e nemica, al punto da spazzare le valli, portando nei fiumi i detriti dellerosione e allagando campi e citt. Acqua amica e acqua nemica, suscettibile di diventare pi amica, pi veicolo di solidariet se cresce la comprensione delle sue leggi. Vorrei concludere con la proposta di distribuire nelle scuole delle carte geografiche in cui, al posto dei (o sopra) i confini politici e le strade, fossero tracciati i confini dei bacini idrografici, insieme a dei quaderni che spieghino come lacqua si muove sul suolo, come ha bisogno di spazio per espandersi quando abbondante e veloce, come pu e deve essere usata con cautela. Molti anni fa, negli Stati Uniti si tenne una conferenza intitolata proprio Acqua per la pace. Mai come adesso dallacqua dipende la pace fra i popoli.

Il costo in acqua delle merci

Le alterazioni dellambiente, che si manifestano sotto forma di mutamenti climatici, inquinamenti, erosione del suolo e alluvioni, hanno la comune origine nellaumento dei consumi di beni fisici e nellerrata progettazione e scelta di tali beni materiali, delle merci. Qualsiasi merce, dagli alimenti, ai metalli, alle macchine, ai tessuti, eccetera, arriva nei negozi e nelle nostre case dopo un lungo cammino che comincia dalla natura, il grande serbatoio di prodotti agricoli e forestali, minerali, idrocarburi, acqua, passa attraverso dei processi di trasformazio74

ne e alla fine fornisce quello che noi acquistiamo: frigoriferi e scarpe, scatolette di carne e acqua in bottiglia e infinite altre cose. Nel corso dei processi di produzione e di uso delle merci, una parte delle materie entrate in ciclo ritorna nei corpi riceventi naturali acqua, suolo, aria sotto forma di scorie e rifiuti. In questa grande circolazione, natura-merci-natura, le riserve di risorse naturali, dai minerali al petrolio alle falde idriche, risultano impoverite e la qualit delle acque e dellaria e del suolo peggiora, per la contaminazione con i rifiuti. Esposta in questi termini, la situazione potrebbe sembrare disperata e potrebbe indurre a raccomandare una riduzione dei consumi di beni materiali; se una revisione dei consumi pure necessaria, una via di salvezza va cercata anche in una revisione della qualit delle merci, in nuovi metodi di progettazione dei processi e degli oggetti. Qualche segnale di speranza arriva. Per motivi economici, oltre che ecologici, un numero crescente di imprese ha deciso di progettare oggetti con pi bassi consumi di energia per unit di peso o per unit di servizio. Autoveicoli di nuova concezione permettono ad una persona di percorrere un chilometro consumando la met dellenergia rispetto al 1990; possibile fare il bucato con meno energia e acqua rispetto a dieci anni fa, lavando altrettanto bene. Adatte scelte delle materie prime e innovazioni tecnico-scientifiche consentono di ridurre il peso di agenti inquinanti immessi nelle acque o nellaria e quindi di ridurre i costi di produzione. Per guidare queste innovazioni occorrono nuovi indicatori del valore; al di l del valore monetario, ora necessario
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identificare per ciascun prodotto o processo un valore in unit fisiche, espresso, per esempio, sulla base della quantit di energia o acqua o minerali necessaria per ottenere ununit di peso di un oggetto o ununit di servizio. C, per fortuna, un crescente interesse per questi problemi. Il consumo di energia per unit di merce prodotta un tema a cui molti studiosi di merceologia si sono a lungo dedicati. Alcuni studiosi hanno esaminato quanto si sa sul consumo di acqua per ottenere una tonnellata di patate o di carne o di acciaio o per lavare cinque chili di bucato: acqua che viene estratta dalle sorgenti, dai fiumi e dalle falde del sottosuolo ed entra in un grande sistema di reti di distribuzione che consentono di farla arrivare nelle case delle persone, nei campi e nelle fabbriche. Progettare le merci diversamente e in modo ecologicamente corretto il primo passo; occorre poi spiegare agli acquirenti perch virtuoso acquistare i prodotti a basso impatto ambientale. A questo proposito un ruolo essenziale possono avere le istituzioni: in Italia la legge sui rifiuti prescrive che gli uffici della pubblica amministrazione debbano acquistare, per esempio, carta riciclata, ma troppi ostacoli ancora impediscono il pieno rispetto di questa norma, tanto che dei circa dieci milioni di tonnellate di carta e cartoni usati in Italia nel 2010, appena sei sono recuperati per essere riciclati e quattro milioni di tonnellate finiscono nelle discariche e negli inceneritori. Un altro ruolo essenziale dovrebbe avere linformazione nelle scuole. Eppure, le recenti riforme hanno espulso le materie che si occupavano di questi temi: la Merceologia, e adesso anche lEducazione tecnica, che era obbligatoria
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nelle scuole medie inferiori, come si chiamavano una volta. Linsegnamento di Tecnologia, introdotto nella Scuola secondaria inferiore, offre certo molte occasioni per comprendere come possibile soddisfare i bisogni umani con minore consumo di energia e anche di acqua. Mi auguro che la crescente sensibilizzazione in atto, nonch le pubblicazioni, scientifiche e non, apparse sul tema, stimolino produttori, distributori e consumatori ed educatori a riconoscere e spiegare che possibile avere beni essenziali e sviluppo economico con minore violenza verso la natura.

Il mare intorno a noi

Ogni anno il mare attrae turisti, persone in cerca di riposo e di natura, spesso deluse per le alghe puzzolenti, la plastica galleggiante, gli escrementi e i mozziconi di sigarette sparsi vicino alle spiagge, la puzza di benzina che accompagna i gommoni, i motoscafi e le moto dacqua che sfrecciano lungo le coste. Giustamente, nel 2006, col secondo governo Prodi, il Ministero dellAmbiente ha voluto aggiungere, fra le sue finalit, oltre alla difesa del territorio anche quella del mare, riconoscendo che il mare non solo la base delle attivit della Marina mercantile, non solo lautostrada per le navi da trasporto di merci e passeggeri, non solo la sede di porti e della nautica o pesca commerciale, attrazione del turismo e quindi di lavoro e di ricchezza, ma il grande, anzi il pi grande territorio dellambiente, sede e fonte di vita.
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Credo che i governanti potrebbero utilmente leggere (spero rileggere) il bel libro Il mare intorno a noi, scritto nel 1951 dalla famosa biologa americana Rachel Carson (1907-1964, lautrice del pi noto libro Primavera silenziosa). Il libro stato pubblicato in italiano dalleditore Casini e poi da Einaudi, e sarebbe utile che fosse letto nelle scuole, a cominciare da quelle elementari e medie, quando i ragazzi sono ancora disposti a meravigliarsi. Opportunamente, la televisione di Stato trasmette documentari con belle immagini di vita marina, ma bisognerebbe che gli spettatori si rendessero conto che non si tratta soltanto di roba da mari tropicali; la vita e la bellezza del mare riguardano qualcosa che intorno a noi, nascosto anche nelle pozze di acqua salina che si formano sulle spiagge e nelle rocce costiere, nello sciacquio del mare avanti e indietro. Questa vita marina, che dovrebbe essere difesa gelosamente perch da essa dipende, direttamente e indirettamente, anche la nostra vita e salute, viene offesa continuamente e, quando uccisa, si lascia dietro organismi putrefatti e puzzolenti. Ogni anno, destate e dinverno, nei mari italiani finiscono circa cinquecento miliardi di litri di acque di fogna non trattate, contenenti non solo gli escrementi umani, ma tutto ci che fuoriesce dai gabinetti, lavandini, lavatrici, fabbrichette, allevamenti zootecnici, ristoranti, canalette di scolo agricole, acque ricche di detersivi, pesticidi, concimi, medicinali non usati, e tanti altri veleni per la vita marina. E non si tratta semplicemente della morte di alcuni degli esseri viventi del mare, non si tratta dei turisti che, indignati, lasciano le spiagge alla ricerca di mari pi puliti, dei pescatori che vedono diminuire il pescato e il loro red78

dito, ma si tratta di alterazioni dei delicati equilibri del mare che cominciano con le alghe fotosintetiche, gli alimenti per lo zooplancton, a sua volta nutrimento per tutti gli altri esseri viventi marini, alcuni dei quali arrivano sulle nostre tavole. In troppe zone dItalia i depuratori delle acque di fogna non ci sono o non funzionano; questi depuratori rappresentano le prime e pi urgenti infrastrutture a cui mettere mano. Strade e ferrovie ad alta velocit serviranno a poco se i turisti vanno a fare il bagno altrove. probabilmente lodevole, ai fini delleconomia cantieristica, incoraggiare la vendita di barche, da quelle piccole a quelle grandi e grandissime che parcheggiano nei porti turistici, talvolta sfacciate esibizioni di opulenza guadagnata con soldi nascosti alle tasse italiane, talvolta cialtronesche manifestazioni di rumore e puzza come quelle degli scooter dacqua; per non si pu tollerare che nautica significhi sporcizia e inquinamento per chi deve accontentarsi di bagnarsi nel mare. Ci sono leggi di polizia marittima che stabiliscono che non si deve circolare a motori accesi ad una certa distanza dalle coste, sia per la sicurezza delle persone, sia per spostare il pi lontano possibile fumi e scarichi di benzina, ma tali leggi sono continuamente violate, anzi le violazioni sono viste quasi con benevolenza, giovanili manifestazioni sportive. E ancora: il mare compromesso dalle costruzioni che arrivano e portano i loro rifiuti proprio sulla riva, anche nelle zone che la legge, e le minime norme di difesa del mare, vorrebbero sgombre da cemento e asfalto. Purtroppo, alla radice di tutte le violenze al mare c un distorto senso della propriet: se qualcuno venisse a versare
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il vaso da notte nel salotto della casa di ciascuno di noi, ci indigneremmo e lo denunceremmo; se lo fa nel mare, nella maggior parte dei casi nessuno dice niente. La salvezza della salute individuale sar possibile soltanto quando ci renderemo conto che il mare propriet di ciascuno di noi, un pezzo della nostra casa e del nostro salotto e come tale va rispettato e trattato.

Di chi la colpa?

Lacqua amica e nemica: anche il primo decennio del XXI secolo stato caratterizzato, in numero crescente, da frane e alluvioni che spazzano via vite umane, povere case e le loro suppellettili e ricordi. Qualcuno dice che non colpa della natura, ma delluomo, quasi genericamente malvagio e nemico della natura; in realt la colpa della forza del denaro e della speculazione e di un potere politico attento agli interessi degli affari e dei soldi, anche a costo del disprezzo della vita umana e della natura. Lacqua fa il mestiere per il quale stata predisposta dallinizio del pianeta, come fonte della vita, non di morte: cade ogni anno sulla superficie della Terra in quantit abbastanza costante e abbastanza prevedibile da luogo a luogo, da stagione a stagione. Lacqua raggiunge il terreno e scorre verso il piano lungo i pendii, e poi nei canali e nei torrenti e poi nei fiumi pi grandi fino al mare; nel cadere sulla superficie della Terra, lacqua viene a contatto con le rocce e il terreno e ne sposta le parti pi leggere che diventano sabbia e limo, che scendono per gravit, depositando80

si nelle parti pi basse, creando quei beni utili agli esseri umani come le fertili pianure alluvionali e le spiagge. In questo suo istancabile e provvidenziale andare, lacqua d vita ai vegetali, disseta gli animali, assicura la vita umana. E la vegetazione, in tutte le sue forme, dai prati agli alberi, alla macchia spontanea, anche fondamentale nel regolare la forza che lacqua esercita nel disgregare e spostare il terreno. Le foglie sono state inventate dal Padreterno proprio perch attenuano la forza erosiva dellacqua. Nel corso dei millenni e dei secoli, le acque si sono assicurate lo spazio in cui muoversi a seconda della loro velocit, cambiando talvolta il loro corso e riservandosi degli spazi in cui adagiarsi nei periodi di piogge pi intense e di piene dei fiumi. Purtroppo, le pianure e le zone lungo i torrenti, i fiumi e i laghi sono quelle pi pregiate per gli insediamenti umani; i terreni agricoli si sono estesi anche sulle rive dei fiumi, nelle zone che la natura aveva riservato a se stessa per far espandere le acque di piena; case e villaggi e poi citt e fabbriche hanno occupato pendii e fondo valle e le rive dei fiumi, dei laghi e del mare, creando ostacoli al moto delle acque; cos quando cadono piogge pi intense, le acque aumentano di velocit e di forza erosiva e cercano con violenza uno spazio per scendere a valle, spostando masse di terra, alberi e addirittura edifici e ponti e strade. Tutto qui. Le frane e le alluvioni e i costi e i dolori e i morti sono dovuti allavidit di alcuni soggetti economici che, nel nome del proprio interesse economico, hanno edificato od occupato gli spazi che dovevano essere lasciati liberi per il moto delle acque, incanalando fiumi e torrenti in
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prigioni di cemento; altri, sempre per motivi economici, per guadagnare spazi edificabili hanno distrutto, anche col fuoco degli incendi, gli alberi e la vegetazione spontanea e le macchie, di conseguenza le acque hanno finito per muoversi con maggiore violenza sul suolo; molte pratiche agricole intensive hanno reso il terreno pi esposto allerosione che sposta a valle la terra fertile. Terra, fango, detriti, ramaglie, alberi, rocce, trascinati dalle acque sempre pi veloci, diventano un tappo fisico dei corsi dacqua e ne facilitano luscita dalle loro vie naturali. il quadro che appare dopo frane e alluvioni che divorano da decenni, ogni anno in Italia, miliardi di euro di ricchezza e centinaia di vite umane. Lunica nostra difesa dovrebbe essere lo Stato che, se operasse per il bene pubblico, dovrebbe impedire, con le leggi e con il loro rispetto, dal livello nazionale a quello delle amministrazioni locali, la costruzione di opere, private e pubbliche, edifici e strade e ponti, eccetera, nei luoghi da riservare al moto delle acque; che dovrebbe ricostruire la copertura vegetale, vietando la distruzione del verde e dei boschi e dovrebbe provvedere alla pulizia del greto di canali, torrenti e fiumi per assicurare il regolare fluire delle acque. Purtroppo le leggi, che sono giustamente attente a punire la violenza ai privati, sono silenziose, talvolta compiacenti, quando si tratta di impedire la violenza di privati e talvolta dello stesso Stato contro la natura, cio contro la vita di altri cittadini. Anche se certo che tale violenza si manifester periodicamente, sotto forma di disastri e morti e dolori. Ogni volta che lo Stato dovrebbe dire a un cittadino che non deve costruire in una golena o in una lama o sul
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greto di un torrente o in una zona franosa, sta zitto, perch bisogna fare, costruire, anche se ci sar pagato da altri e da tutti, oggi e in futuro. Eppure, con leggi e con una buona amministrazione, si pu fare e assicurare lavoro e case e strade, costruendo diversamente, in altri luoghi, proteggendo il suolo contro lerosione con il rimboschimento, combattendo gli incendi. E le leggi ci sono state: nel 1985 la legge 431 stabiliva che dovevano essere sottoposte a vincolo le rive dei torrenti e dei fiumi e del mare, la legge 183 del 1989 stabiliva regole di difesa del suolo e delle acque; e cos prevedevano le leggi Sarno (267 del 1998), e Soverato (365 del 2000), emanate dopo i rispettivi disastri idrogeologici. Tutte leggi non applicate o violate, o rimandate o vanificate da condoni, o abrogate. Si sentono promesse e programmi prima di ogni elezione, ma non sento nessun impegno per aggiornare e far rispettare le leggi che impediscono gli interventi sul territorio, nocivi per la vita futura degli italiani. Se proprio i governi locali e nazionali non hanno il coraggio di dire no alla speculazione, allegoismo, allavidit che si mangiano il territorio italiano, alla violenza contro la natura, almeno abbiano il pudore di smetterla con i piagnistei sui cadaveri che sono generati dalla loro incapacit di prevedere e prevenire le cause, che sono sotto gli occhi di tutti, delle morti e dei dolori e dei costi di ieri, di oggi, di domani e dopodomani.

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Veleni nel mare

Nel Tirreno c una nave piena di fusti contenenti sostanze tossiche, anzi radioattive, anzi la nave affondata una comune nave mercantile, anzi di navi affondate con rifiuti tossici ce ne sono molte fra Mar Tirreno e Mar Jonio. Qual la verit? Il mare, con il suo volume di acqua di 1400 milioni di miliardi di metri cubi, rappresenta una tentazione troppo forte per coloro che, illegalmente, vogliono versarvi un po di milioni di metri cubi di rifiuti prodotti dalle attivit umane, quelli che troppo costoso o che non si riescono a nascondere in qualche cava o pozzo sui continenti. Non credo sia mai stata scritta una storia naturale dei rifiuti finiti nel mare; peccato, perch si imparerebbero molte cose utili. Il mare, infatti, non una massa ferma e neutrale di acqua, ma una soluzione contenente 35 grammi di sali ogni mille litri di acqua, leggermente alcalina, corrosiva, ed sede di innumerevoli forme di vita influenzate e avvelenate dalle sostanze tossiche che vi finiscono dentro. Nella sua lunga (quattromila milioni di anni) storia, nel mare finito di tutto. Le piogge che sono cadute ininterrottamente sulle terre emerse hanno disgregato e corroso le rocce superficiali e hanno trascinato i prodotti dellerosione, insolubili o solubili in acqua, fino ai mari; da tale flusso continuo di materiali si sono formati i grandi depositi di fanghi e rocce esistenti sui fondali marini, dentro i quali spesso di trovano giacimenti di metalli preziosi; sul fondo del mare sono finite le spoglie di innumerevoli esseri viventi che, decomponendosi, hanno generato i depositi di idrocarburi che si trovano sotto il fondo del mare.
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Le alterazioni del mare, per, si sono fatte pi intense a mano a mano che esso diventato la grande via di comunicazione fra le terre emerse e non a caso nel mare si trovano i resti di navi affondate da tremila anni a questa parte. Delle navi di legno i resti non si trovano pi, scomposti chimicamente e per attacco microbiologico, al pi si trovano alcuni degli oggetti trasportati: anfore, talvolta ancora con parte del loro contenuto, statue di marmo o di metallo, eccetera. Per i tempi pi vicini a noi si sa, ma non si sa dove, che sono affondati dei galeoni, le grandi navi spagnole e portoghesi che trasportavano le ricchezze del Nuovo Mondo alle corti dei Paesi europei. A partire dalla fine del 1800, quando le navi sono state fatte di ferro, pi resistente alla corrosione, e si sono fatte pi numerose, aumentato anche il numero degli affondamenti per cause accidentali o di guerra. Durante tutto il XX secolo, le navi hanno trasportato attraverso gli oceani materiali strategici, idrocarburi, metalli; ogni parte in guerra cercava di affondare le navi dirette al nemico, e ogni nave trascinava sul fondo dei mari non solo vite umane, ma anche materiali che sono ancora l, esposti da decenni allazione corrosiva del mare. Un capitolo quasi inesplorato della chimica e della biologia del mare dovrebbe studiare come si sono trasformate, sotto lazione dei sali marini e degli esseri viventi marini, le sostanze finite in fondo al mare, fra cui acidi, gas di guerra, prodotti chimici industriali. La nostra attenzione recente maggiore giustamente rivolta agli effetti sulla nostra vita dei rifiuti industriali che organizzazioni criminali caricano su vecchie navi, affondate poi da qualche parte, pi o meno vicino alle coste. Nel ma85

re finiscono illegalmente anche grandi quantit di prodotti petroliferi scaricati dalle navi cisterna che collegano ogni anno i pozzi petroliferi e le raffinerie e i luoghi di consumo: milioni di tonnellate di idrocarburi ogni anno vanno ad aggiungersi a quelle che, nei decenni, sono finite nel mare in seguito a incidenti. Fra i maggiori disastri, si ricordano la fuoriuscita di petrolio per incidente dal pozzo al largo di Santa Barbara in California nel 1969, lincendio del pozzo di Nawruz nel Golfo Persico nel 1983. Ma la maggior paura destano i prodotti velenosi come liprite, contenuta in fusti finiti nel mare di Bari e poi trascinati nellAdriatico durante la Seconda Guerra Mondiale, o i fusti di piombo tetraetile finiti pure nellAdriatico nel 1974 e in parte recuperati, o i prodotti (bromuro di metile e altri) affondati nel 1979 con la nave Klearcos in Sardegna e riportati in superficie nel 1981, o il petrolio nel relitto della nave Haven, affondata nellaprile 1991 davanti a Genova, riportati in superficie nel 2008, per non citare che alcuni dei molti attentati alla vita del mare, fino allinquinamento ad opera del petrolio, circa un milione di tonnellate, fuoriuscito nel Golfo del Messico nellagosto 2010. Di questi eventi si hanno notizie precise, ma certo molti altri avvelenamenti del mare sono rimasti sconosciuti e in qualche parte dei mari e degli oceani, sottacqua, ci sono contenitori che continuano a rilasciare sostanze tossiche e radioattive. Di queste ultime, poi, per anni, grandi quantit sono state immesse nel mare, anche nel Mediterraneo, dagli enti governativi francesi e inglesi. E piccole, ma non insignificanti, quantit sono state rilasciate nel Mar Jonio dagli impianti di ritrattamento delle scorie radioattive di
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Rotondella in Basilicata. Un pericolo a cui saranno esposte per chi sa quanto tempo le generazioni future, perch alcuni elementi continuano a rilasciare radioattivit per secoli e tale radioattivit entra nelle catene alimentari marine. Giustamente, ci siamo indignati per la scoperta che la malavita ha praticato, per anni, lo scarico di rifiuti tossici e radioattivi anche nei mari vicini alle nostre coste e che solo una minima parte di questi eventi stata identificata. Il problema ci riguarda da vicino, perch le coste italiane sono lunghe ottomila chilometri. Tutte le forze scientifiche delle universit, degli enti di ricerca e del Ministero dellAmbiente e del mare dovrebbero essere impegnate nella ricostruzione storica sia degli eventi criminali, sia degli inquinamenti accidentali o anche autorizzati o tollerati senza pensare alle conseguenze; di ciascuno dovrebbe essere localizzata con certezza la posizione per provvedere ad attenuarne le conseguenze. Non dimentichiamo mai quanto la nostra vita sia strettamente legata a quella del mare.

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Energia

Le cinque lampadine e linizio dellenergia geotermica

Il 4 luglio 1904 veniva utilizzato per la prima volta a Larderello, in Toscana, il vapore caldissimo di uno dei soffioni, diffusi in quelle valli, per azionare un motore elettrico. Con questo furono accese le cinque lampadine elettriche che avrebbero rappresentato una svolta nelluso delle risorse rinnovabili offerte gratuitamente dal ventre della Terra. Lartefice delloperazione era un giovane toscano, il principe Piero Ginori Conti, e tutto era cominciato con il nonno di suo suocero, Francesco de Larderel (1789-1858). Di nobile famiglia francese, questo de Larderel era venuto nel 1814 in Toscana ai tempi di Napoleone e aveva cominciato a interessarsi degli strani fanghi biancastri che si formavano intorno ai soffioni nelle valli interne. Nel 1777, il chimico tedesco Francesco Hfer, direttore delle farmacie del Granducato di Toscana, aveva riconosciuto che la polvere bianca di questi fanghi era acido borico, trascinato dal
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vapore geotermico che arrivava in superficie e poi si condensava nella valle di Montecerboli, vicino Pisa. Lacido borico era noto e raccolto fin dai tempi degli Etruschi e trovava impiego nella preparazione di smalti e vernici e anche in medicina come disinfettante. Gi nel 1818, Francesco de Larderel decise di estendere e razionalizzare la produzione e la vendita di acido borico; il granduca di Toscana Leopoldo II aveva apprezzato liniziativa industriale e aveva nominato de Larderel conte di Montecerboli. Nel 1846, il villaggio di Montecerboli assunse il nome di Larderello. Fino al 1827 lacido borico era ottenuto facendo evaporare con forni a legna lacqua dei fanghi, ma nel 1827 de Larderel ebbe lidea di utilizzare per levaporazione il calore dello stesso vapore geotermico, prima utilizzazione industriale ed economica di questa fonte energetica. In quei primi decenni dellOttocento, la Toscana e la zona di Livorno erano centri di vita intellettuale, commerciale e finanziaria con la partecipazione di una folla di personaggi anche stranieri. In questa atmosfera, proprio in Toscana, a Pisa, si era tenuta la prima Riunione degli scienziati italiani nel 1846 e negli stessi anni il toscano Eugenio Barsanti (1821-1864) aveva realizzato il primo motore a scoppio. Per farla breve, con lacido borico la famiglia de Larderel fece una grossa fortuna, come testimonia fra laltro un bel palazzo a Livorno, ora propriet comunale. A Francesco successe il figlio Federigo e poi il figlio di questultimo Florestano; Adriana, figlia di Florestano, spos nel 1894 Piero Ginori Conti (1865-1940), figlio di una nobilt fiorentina che si era guadagnata fama e quattrini negli affari interna89

zionali, orgogliosa della propria tradizione e nello stesso tempo attenta alla cultura e alle innovazioni che attraversavano lEuropa dellOttocento. Fra queste novit un ruolo speciale aveva lelettricit. La dinamo, la macchina capace di trasformare un moto rotatorio in elettricit, era stata inventata da Antonio Pacinotti (18411912). Si trattava soltanto di trasformare il moto di una ruota mossa da una macchina a vapore o dallenergia meccanica dellacqua in movimento, per ottenere lelettricit per illuminare le strade, per realizzare reazioni chimiche. Negli ultimi anni dellOttocento, lelettricit fu utilizzata per la fabbricazione dei primi prodotti chimici: del carburo di calcio e della calciocianammide a Bussi, in Abruzzo, per la produzione dellidrato sodico e del cloro. Luso del carbone per le macchine termiche che azionavano le dinamo era per costoso e Piero Ginori Conti pens di utilizzare quel vapore che la Terra offriva gratis nei suoi soffioni, e il cui calore era sottoutilizzato, per produrre elettricit. In quel giorno di cento anni fa, Ginori Conti aliment col vapore geotermico di Larderello un motore a pistoni collegato con una dinamo da 10 kilowatt, lelettricit prodotta accese le storiche cinque lampadine gi ricordate. Loperazione fu tanto pi importante in quanto il commercio dellacido borico stava entrando in crisi dopo la scoperta, negli anni Ottanta dellOttocento, dei grandi giacimenti di borace nella Death Valley della California e poi a Boron, nello stesso Stato. Con Ginori Conti la produzione di acido borico e quella di elettricit furono abbinate; nel 1912 fu fondata la Societ Boracifera di Larderello. La produzione di elettricit geotermica and aumentando fino alla Seconda Guerra Mon90

diale, quando le centrali furono distrutte. Dopo la Liberazione, le centrali furono ricostruite e la societ di Larderello fu incorporata nellEnel. Piero Ginori Conti fu uno straordinario personaggio che attraversa la storia economica, scientifica e industriale della prima met del Novecento. Una sua bella biografia, ricca di informazioni su una pagina meno nota dellindustrializzazione italiana, si trova in Internet. Liniziativa di Larderello attrasse enorme attenzione in tutto il mondo e Larderello e la vicina Pisa divennero un centro di ricerca e consulenza avanzata per tutti coloro che avevano a disposizione manifestazioni geotermiche nel mondo. Tali manifestazioni erano presenti nei Paesi industrializzati, come gli Stati Uniti o lIslanda, ma anche in Paesi arretrati, in cui la nuova fonte di energia diede un contributo essenziale allo sviluppo economico. Nel mondo, lelettricit geotermica ottenuta con centrali che hanno una potenza di circa 8300 megawatt; lItalia, con una potenza istallata di 860 megawatt e una produzione (2010) di circa cinque miliardi di chilowattore allanno, al terzo posto dopo Stati Uniti e Filippine. Il vapore geotermico usato anche direttamente come fonte di calore per appartamenti, serre, stabilimenti industriali.

Eugenio Barsanti e linvenzione del motore a scoppio

Linvenzione del motore a scoppio, capace di trasformare nel moto rotatorio il calore liberato dalla combustione di
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un gas o di un liquido, ha permesso di ottenere la pi importante macchina degli ultimi due secoli, quella che tiene in moto, nel mondo, centinaia di milioni di autoveicoli, che ha aperto le strade alla conoscenza fra i popoli, alla circolazione delle merci, alla civilt moderna. A chi si deve tale invenzione? Agli italiani Eugenio Barsanti (1821-1864) e Felice Matteucci (1809-1887) o al francese Etienne Lenoir (1822-1900), come viene per lo pi detto e scritto? La controversia si trascina da oltre un secolo e mezzo. I concittadini di Barsanti hanno costituito una Fondazione che si presentata al Parlamento europeo con una mostra e che girer anche in molte citt europee, per dimostrare che i due italiani hanno inventato il motore a scoppio nel 1853, vari anni prima che Lenoir depositasse, nel 1859, il suo brevetto per un motore simile a quello di Barsanti e Matteucci. Non si tratta di orgoglio nazionalistico, del resto insensato in unEuropa unita, ma di far riconoscere il merito di un geniale studioso dimenticato. Eugenio Barsanti era nato (col nome Nicol) nel 1821 a Pietrasanta, la bella cittadina della Versilia, da una famiglia di modeste condizioni e aveva scelto linsegnamento e la vita religiosa nella congregazione dei Padri Scolopi che allora, come oggi, si dedicava alleducazione dei ragazzi. Appassionato di fisica, Barsanti (divenuto padre Eugenio) era rimasto affascinato dagli esperimenti che allora si facevano anche nelle aule scolastiche in cui insegnava, a Volterra. Uno di questi consisteva nel mettere una miscela di aria con idrogeno o con il gas illuminante dentro un cilindro metallico chiuso con un tappo; la miscela veniva accesa allinterno con una scintilla
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elettrica, la pistola di Volta. I gas reagivano sviluppando calore, aumentavano di volume e spingevano violentemente per aria il tappo, con gran divertimento degli scolari. Barsanti decise di sfruttare la pressione dei gas per muovere un pistone posto nel cilindro metallico, in questo modo si otteneva un movimento meccanico, che per era fine a se stesso. Barsanti pens, allora, di utilizzare la pressione provocata dalla combustione per imprimere al cilindro un movimento in grado di far girare una ruota. Come era comune agli scienziati e agli inventori dellOttocento, il fine era di alleviare, con delle macchine, la fatica umana degli operai. A quel tempo erano gi diffuse le macchine a vapore che per erano grosse e ingombranti: Barsanti pensava invece ad una macchina piccola, adatta anche alle officine artigiane, diffuse nella Toscana in cui viveva e insegnava. Per ottenere un moto continuo occorreva dotare il sistema cilindro-pistone di due valvole: una avrebbe dovuto far uscire i gas di combustione consentendo al pistone di tornare nella posizione primitiva; laltra avrebbe dovuto aspirare allinterno del cilindro una nuova miscela di aria e combustibile. Barsanti aveva, insomma, ideato un motore capace di generare una successione continua di salite e discese di un pistone dentro un cilindro, proprio quanto avviene nel motore a scoppio odierno. Per realizzare il suo motore, Barsanti chiese, nel 1851, la collaborazione dellingegnere toscano Felice Matteucci e insieme progettarono un motore per ottenere una forza motrice con lesplosione di gas che fu costruito dalla fonderia fiorentina di Pietro Benini. Barsanti e Matteucci de93

scrissero il loro motore in una dettagliata relazione e per assicurarsi la priorit dellinvenzione la affidarono, il 5 giugno 1853, in un plico sigillato, alla prestigiosa Accademia dei Georgofili di Firenze. La quale, in occasione dei 150 anni dellinvenzione, italiana, del motore a scoppio e in coincidenza del 250 anniversario della sua fondazione, nel 2003 ha pubblicato un bel volume commemorativo. Barsanti e Matteucci depositarono una domanda di brevetto in Inghilterra nel 1854 e cominciarono a far conoscere la loro invenzione: nel 1856 un primo esemplare azionava gi alcune macchine utensili nelle officine della stazione ferroviaria di Firenze; nel 1858 linvenzione dettagliatamente descritta in una rivista inglese di ingegneria e il motore a scoppio comincia ad apparire in varie esposizioni internazionali. Come spesso accade, gli imitatori non tardarono a presentarsi: nel 1859 il meccanico francese di origine belga, Etienne Lenoir, costru e pubblicizz un motore a scoppio pi rudimentale di quello di Barsanti ed ebbe subito grande ascolto in tutto il mondo. Non si dimentichi che gli eventi qui descritti si svolgono in una Toscana che sta vivendo gli ultimi anni del dominio dei Lorena e il passaggio al Regno dItalia. La Francia stava vivendo invece anni di successi politici internazionali, ben intenzionata a valorizzare i suoi inventori e i suoi valori. Nel 1863, le officine Bauer (poi Breda) di Milano costruirono altri esemplari del motore a scoppio e nel 1864 Barsanti si rec in Belgio a Seraing per stipulare un accordo con le officine locali per la costruzione in serie del motore da lui inventato. Ma in quella citt Barsanti mor nello stesso 1864.
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Nel 1867 il tedesco Nikolaus Otto (1832-1891) esponeva un motore del tutto simile, anzi copiato da quello di Barsanti e Matteucci, e anche Otto ebbe ampi riconoscimenti, tanto che ancora oggi il ciclo del motore a scoppio prende da lui il nome. Gli anni Sessanta dellOttocento furono anni di delusione per i due inventori italiani, meno attrezzati finanziariamente dei loro concorrenti stranieri, sconosciuti e anzi in parte anche derisi in Italia. Matteucci (frattanto, nel 1866, era fallita la Societ anonima del nuovo motore Barsanti e Matteucci) cerc di rivendicare la priorit della loro invenzione, ma tutte le proteste furono vane. Matteucci fu colpito da una profonda depressione e mor nel 1887. Molte altre utili informazioni si trovano nel sito Internet dedicato ai due grandi: www.barsantiematteucci.it. La storia di Barsanti rappresenta un altro episodio delle occasioni perdute dallItalia in un mondo che si stava avviando verso lindustrializzazione moderna ed di qualche conforto che qualcuno cerchi di ricordarla, sia pure a un secolo e mezzo di distanza. Chi passa da Pietrasanta (e la gita merita), vada a vedere la lapide che fu apposta nel 1887 sulla facciata della casa in cui Barsanti nato, in Via Mazzini. La salma del grande inventore fu trasferita nel 1954 nella chiesa di Santa Croce a Firenze, fra le urne de forti. Sulla sua tomba c un busto, una copia del quale stata posta allangolo fra Via Barsanti e Via Mazzini a Forte dei Marmi, la bella localit balneare a pochi chilometri da Pietrasanta. In questo tempo in cui tutto volatile, frivolo, virtuale e chiacchiericcio, quando ci sediamo sullautomobile, accendiamo il motore e ci mettiamo in moto, volgiamo un pen95

siero a chi ha reso possibili questi gesti, fra lincredulit generale, con la convinzione che linventare e linnovare un servizio civile, alla collettivit.

Il picco di Hubbert

Nel 1956, un geologo della compagnia petrolifera Shell, King Hubbert (1903-1989), si present alla Conferenza dellIstituto Americano del Petrolio per leggere una relazione sul futuro dellenergia. Hubbert aveva passato la sua vita professionale fra le miniere di carbone e i campi petroliferi, studiando la loro estensione e le riserve disponibili. Aveva scritto la sua relazione in fretta e furia e ne aveva mandato una copia agli uffici della Shell, per cui lavorava. Mentre stava per leggerla, uno dei funzionari della Shell gli telegraf di non presentarla, ma era troppo tardi e Hubbert espose quella che si sarebbe rivelata una bomba tecnicoscientifica ed economica. Sulla base dei suoi dati, Hubbert sostenne che, se si conosce la dimensione delle riserve di una fonte di energia carbone o petrolio (allora il metano si affacciava appena allorizzonte) e si conoscono i consumi annui, si pu prevedere che arriver un giorno in cui le riserve cominceranno a diminuire e la produzione comincer a diminuire, dopo aver raggiunto un massimo: il picco di Hubbert. Lo studio di Hubbert era rivolto principalmente alla situazione degli Stati Uniti; nel 1956 stava cominciando lera dellenergia atomica a fini civili e il futuro ruolo di questa nuova fonte di energia sarebbe dipeso da quanto a lungo
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sarebbero durate le riserve di petrolio americano. Stimando delle riserve di circa 30 miliardi di tonnellate, sulla base dei consumi annui prevedibili, Hubbert calcol che dal 1975 in poi la produzione di petrolio degli Stati Uniti sarebbe andata diminuendo. Cos stato e oggi il Paese sopravvive importando oltre la met del petrolio che consuma: da qui la nervosa attenzione per i Paesi petroliferi come Iraq e Iran. Nel mezzo secolo trascorso da quando Hubbert present la sua relazione (il testo integrale si trova in Internet, in un sito intestato a Hubbert), decine di studiosi (fra cui linglese Colin Campbell, il francese Jean Laherrere e litaliano Ugo Bardi) hanno riesaminato i suoi dati e hanno studiato landamento della produzione di petrolio nel mondo. I migliori dati oggi disponibili stimano delle riserve mondiali di petrolio intorno a 150 miliardi di tonnellate e, allattuale ritmo di estrazione di oltre 4 miliardi di tonnellate allanno, tali riserve potrebbero durare meno di quarantanni. Il massimo di estrazione (il picco di Hubbert) potrebbe essere raggiunto (o gi stato raggiunto) in questi primi anni del XXI secolo e un declino nellestrazione di petrolio si sta gi osservando nei pozzi dellAlaska, del mare del Nord e in alcuni pozzi del Golfo Persico. Qualche anno fa si arrivati allesaurimento dei campi petroliferi del Bahrein, uno degli emirati del Golfo Persico in cui gli inglesi avevano iniziato lestrazione del petrolio gi nel 1934. C poca speranza di trovare altri grandi giacimenti di petrolio, nonostante oggi le trivelle raggiungano grandi profondit sotto la crosta esistente nel fondo degli oceani. Anche se le nuove riserve di petrolio sono raggiungibili sol97

tanto a costi sempre pi elevati. I giacimenti del nostro Texas lucano forniscono, ogni anno, una piccola frazione del petrolio che lItalia importa e stanno raggiungendo il picco di Hubbert, prima che la produzione declini, nei primi anni Duemila. Resta il gas naturale, di cui esistono grandi, ma non illimitate riserve. La produzione italiana di metano ha raggiunto il picco di Hubbert negli ultimi anni del secolo scorso e lItalia dipende dalle importazioni attraverso i grandi metanodotti, anche sottomarini: dal Nord Africa, dalla Siberia russa, dal Mare del Nord. Gli Stati Uniti importano il gas naturale dal Canada. Quanto durer il metano esistente nel mondo? Forse ce ne sono riserve per alcuni decenni. I Paesi dellEstremo Oriente offrono allEuropa e agli Stati Uniti del metano, ma questo, per poter raggiungere i Paesi di destinazione, deve essere portato allo stato liquido, raffreddandolo a bassissima temperatura. Il gas viene poi trasportato allo stato liquido in navi refrigerate e deve essere infine riportato allo stato gassoso in adatti rigassificatori. Fino a quando anche lestrazione di metano dai pozzi esistenti comincer a declinare e allora diventeranno inutili le trivelle, le navi refrigeranti, i rigassificatori. Lavvertimento di Hubbert stato importante perch era basato non su stime pessimistiche, ma sulle leggi che si incontrano in biologia ogni volta che si ha a che fare con risorse non rinnovabili. La teoria matematica risale allitaliano Vito Volterra e allamericano Alfred Lotka che, nel 1934, hanno descritto come una popolazione smette di crescere, e anzi comincia a diminuire, quando la disponibilit di cibo finisce. I pozzi petroliferi, o di metano, sono il cibo che
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alimenta i nostri mercati e le nostre societ industriali e quando questi pozzi cominciano ad esaurirsi, anche i consumi basati su tali fonti di energia (automobili a benzina, elettricit, riscaldamento domestico, plastica) vengono frenati. Oggi ci ben chiaro che le riserve energetiche fossili petrolio e gas naturale prima diventeranno scarse e pi costose, poi, fra alcuni decenni, cominceranno ad esaurirsi. Il pericolo di eventi che si verificheranno fra trenta o quarantanni pu sembrare lontanissimo, ma un cambiamento tecnico-economico e sociale richiede anni; sarebbe perci utile cominciare fin da adesso a progettare e costruire mezzi di trasporto, sistemi di riscaldamento e centrali elettriche che consumino meno energia e che siano basate su altre fonti energetiche, non inquinanti o esauribili e che siano rinnovabili, disponibili a lungo in futuro. Una bella sfida.

Nucleare: nessun sito adatto in Italia

Dal 2009 in corso in Italia un vivace dibattito sulla possibile costruzione di centrali nucleari, dette di nuova generazione, che sarebbero capaci di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dellambiente. Ci sono state prevedibili reazioni positive e negative: se lelettricit nucleare economica o no, se ci salver dai cambiamenti climatici, se le centrali nucleari sono pericolose o inquinanti o no, se c o ci sar una soluzione per la sistemazione delle scorie. Qui voglio conside99

rare laspetto ambientale relativo alla localizzazione delle eventuali centrali. Sono circolate notizie su possibili siti in cui le centrali potrebbero essere costruite, con nomi presto smentiti, anzi con la precisazione che le relative notizie vere saranno coperte dal segreto di Stato. La scelta di una localit adatta per ospitare una centrale nucleare presuppone alcune conoscenze: prima di tutto occorre sapere quante centrali e di quale tipo si prevede la costruzione. Quelle cosiddette di nuova generazione, cio con maggiore sicurezza e minore inquinamento, disponibili in commercio sono varie: non se ne acquista una come si sceglierebbe unautomobile. Le centrali nucleari cosiddette di terza generazione (Epr) hanno una potenza di circa 1600 megawatt ciascuna: ne esistono due, una finlandese ad Olkiluoto, a met del suo cammino costruttivo, una in Francia a Flamanville, che dovrebbe essere completata entro alcuni anni. Si tratta di centrali che producono elettricit col calore che si libera in seguito alla fissione, mediante urto di neutroni, rallentati per passaggio attraverso acqua, dei nuclei di uranio-235 con formazione di vari sottoprodotti fra cui plutonio e numerosi nuclei pi piccoli, tutti radioattivi. Il calore che si libera viene trasferito ad una massa di acqua sotto pressione a circa 150 atmosfere e circa 300 gradi che circola in un circuito primario di tubazioni, e viene poi trasferito ad altra acqua (circuito secondario) che si trasforma a sua volta in vapore e fa girare le turbine del generatore di elettricit. Un flusso di acqua di raffreddamento (circa 70 metri cubi al secondo, quattro volte la portata media alla foce di un fiume com lOfanto) trasforma di nuovo il vapore in
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uscita dalle turbine in acqua liquida che torna nella caldaia del circuito secondario. In queste centrali lacqua del circuito primario del reattore, radioattiva, non viene a contatto con lacqua del circuito secondario. I reattori di terza generazione scoppiano come quello di Chernobyl? Quasi certamente no, perch sono circondati da un doppio involucro di protezione di cemento armato e sono dotati di speciali accorgimenti di raccolta del fluido del reattore, nel caso si verificasse una frattura nella zona contenente la radioattivit. Dove potrebbero essere messi? Gi le poche cose note indicano che il reattore, il circuito delle turbine, gli impianti di presa e di circolazione dellacqua di raffreddamento, sono grosse strutture, del volume di circa un milione di metri cubi, che contengono una massa di cemento, acciaio e materiali vari di circa un milione di tonnellate. La centrale deve essere istallata in una zona dove disponibile molta acqua di raffreddamento (dato lo stato e la portata dei nostri fiumi, lunica soluzione data dalluso dellacqua di mare), su suolo geologicamente stabile e senza rischi di terremoti: i due reattori in costruzione, quello finlandese e quello francese, sono in due promontori di rocce granitiche in riva al mare. Leventuale centrale dovrebbe essere vicino ad un grande porto perch una parte dei macchinari deve essere importato via mare: il contenitore del reattore finlandese stato costruito in Giappone. Qui comincia il lavoro degli analisti del territorio; si tratta di percorrere le coste italiane e vedere se si trova una zona adatta per una o per il gruppo di centrali annunciate. Ci sono naturalmente molti altri
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vincoli; ai tempi della precedente avventura nucleare italiana, dal 1975 al 1986, sono state condotte numerose indagini territoriali e fu elaborata una carta dei siti ritenuti idonei alla localizzazione delle (quattro) centrali nucleari allora previste, che erano pi piccole e con minori vincoli di localizzazione. Allora le norme internazionali indicavano la necessit di avere, intorno alle centrali nucleari, una zona di rispetto del raggio di circa quindici chilometri nella quale non dovevano trovarsi citt o paesi, strade di grande comunicazione e ferrovie, impianti industriali, depositi di esplosivi, istallazioni militari. La varie localit proposte in Piemonte, a San Benedetto Po in Lombardia, ad Avetrana in Puglia dovettero essere scartate dopo indagini territoriali pi accurate, e lidea di costruire centrali nucleari in Italia fu finalmente abbandonata dopo la catastrofe al reattore di Chernobyl. Anche se la, o le, localizzazioni delle nuove centrali saranno coperte dal segreto di Stato, ci sar pure un giorno in cui i cittadini di una qualche zona dItalia il fiammifero acceso toccher ancora una volta al Mezzogiorno? vedranno arrivare sonde e geologi e ruspe e recinzioni e gli amministratori locali dovranno fare i conti con autorizzazioni ed espropri. Sar quello il momento in cui gli abitanti delle zone interessate vorranno interrogarsi su quello che sta accadendo, sulla propria sicurezza futura, sul destino delle acque sotterranee e delle spiagge e coste. Non sar il segreto o il controllo militare a impedire ai cittadini di informarsi, di leggere le carte geologiche e la frequenza dei terremoti, le norme internazionali di sicurezza delle centrali. A parte il fatto che le centrali nucleari non
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producono energia a costi competitivi e che irrisolto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, ci si accorger allora che non c neanche un posto in cui insediarle, nel rispetto dellambiente, in un Paese come il nostro geologicamente fragile, esposto a terremoti e frane, con coste gi sovraffollate, spiagge erose e mari inquinati.

Lenergia osmotica

Noi ci affanniamo a cercare di ricavare energia dal petrolio o dal carbone, dal nucleo atomico o dal Sole, ma non ci accorgiamo che siamo circondati da altri grandissimi flussi di energia che potrebbero essere messi al servizio delle fabbriche e delle citt. Guardate una pianta o un albero: al loro interno continuamente in funzione una pompa che, in silenzio, senza macchine, preleva lacqua dal terreno, attraverso le radici, e la solleva anche a molti metri di altezza: la pompa delle piante e dei vegetali funziona mediante forze naturali, in particolare attraverso i fenomeni di capillarit e osmosi. Le radici sono immerse nellacqua, povera di sali, presente nel terreno; le cellule delle radici sono ricche di sostanze disciolte e, attraverso le loro pareti, lacqua passa allinterno delle cellule e sale fino alle estremit delle foglie e dei rami e da qui evapora. Le pareti cellulari si comportano come membrane semipermeabili perch lasciano entrare lacqua e non lasciano uscire le sostanze presenti allinterno delle cellule, un fenomeno descritto e chiamato osmosi dal botanico Henri Dutrochet (1776-1847). Il botanico
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tedesco Wilhelm Pfeffer (1845-1920) scopr che la pressione osmotica, la forza che si manifesta ogni volta che un solvente entra in una soluzione attraverso una membrana semipermeabile, proporzionale alla concentrazione della soluzione. Non facile calcolare la quantit di acqua che, nei continenti, sale dal terreno alle estremit delle piante, ma una stima grossolana suggerisce che si tratta di oltre 10mila miliardi di tonnellate allanno. Lenergia che solleva questacqua si pu stimare dellordine di 50-100 miliardi di chilowattora allanno, corrispondente allenergia prodotta da una decina di centrali nucleari. Perch non utilizzare il fenomeno dellosmosi per produrre energia commerciale? Immaginiamo di disporre di una torre contenente acqua di mare, chiusa sul fondo da una membrana semipermeabile e immersa nellacqua di un fiume. Lacqua dolce del fiume entrerebbe allinterno della torre, passando attraverso la membrana, e in questo modo costringerebbe lacqua di mare a sollevarsi anche di alcune decine di metri rispetto al livello originale, come spinta da una grande forza, la pressione osmotica. Dalla torre, lacqua di mare potrebbe essere fatta discendere di nuovo al livello originale e questacqua, passando attraverso una turbina, produrrebbe, con lo stesso principio delle centrali idroelettriche, elettricit continuamente, senza emissione di anidride carbonica, pulita e rinnovabile. Lapplicazione pratica comporta per varie difficolt e la prima consiste nella preparazione di membrane semipermeabili. Le prime membrane semipermeabili artificiali sono state inventate nel 1959 da Sidney Loeb (1917-2008), parten104

do da soluzioni di acetato di cellulosa in acetone. Stendendo una tale soluzione su una superficie di vetro e lasciando evaporare il solvente, Loeb osserv che la parte esposta allaria assumeva una struttura porosa, differente da quella continua che si formava a contatto col vetro. Queste nuove membrane asimmetriche risultarono semipermeabili. La prima applicazione fu nella dissalazione: se lacqua di mare, salina, separata da acqua pura da una membrana semipermeabile, e se compressa contro la membrana ad una pressione superiore a quella osmotica (23 atmosfere per lacqua di mare), lacqua passa dallacqua di mare allacqua dolce e lacqua marina viene cos dissalata per osmosi inversa. Col passare degli anni, sono state fabbricate numerose membrane semipermeabili perfezionate, anche a base di poliammidi, tanto che i dissalatori a osmosi inversa sono ormai molto diffusi nel mondo. Losmosi inversa viene utilizzata anche per separazioni nel campo dellindustria alimentare o del trattamento delle acque inquinate. Lo stesso Loeb nel 1973 sugger che il fenomeno osmotico avrebbe potuto anche essere utilizzato per produrre delle pressioni utilizzabili come fonti di energia per centrali elettriche. Sono stati proposti vari tipi di centrali elettriche a energia osmotica e secondo uno di questi progetti lacqua dolce priva o povera di sali, per esempio lacqua di un fiume, viene fatta entrare in un lungo tubo al cui interno si trova la membrana semipermeabile. Al di sopra di tale membrana si trova lacqua di mare; dal flusso dellacqua dolce attraverso la membrana, lacqua di mare diluita aumenta di volume e viene cos spinta allesterno attraverso
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una turbina che genera elettricit. La centrale pu essere istallata in superficie o sotto il livello del mare. Una centrale elettrica osmotica funziona sempre, comunque, ogni volta che si dispone di due soluzioni aventi differente salinit, separate da una membrana semipermeabile. Si potrebbe, per esempio, utilizzare come soluzione a bassa salinit la stessa acqua di mare e come soluzione concentrata quella delle acque madri di una salina, come quella di Margherita di Savoia. Una simile proposta stata fatta per ottenere elettricit sfruttando lelevata pressione osmotica dellacqua di laghi salati come il Mar Morto, il Lago Salato negli Stati Uniti e altri laghi salati che esistono in Russia, sulle Ande e altrove. Il successo commerciale delle centrali osmotiche dipende anche dai perfezionamenti delle membrane semipermeabili: tutte le cellule viventi, vegetali e animali, hanno delle pareti semipermeabili, ma difficile riprodurre in laboratorio e nellindustria la loro struttura chimica. C ancora molto da inventare anche per gli aspetti meccanici, ma non bisogna scoraggiarsi. Il potenziale mondiale di energia elettrica ottenibile con centrali osmotiche grandissimo, dellordine di mille miliardi di chilowattore allanno, un ventesimo di tutta lelettricit prodotta nel mondo, e si tratta di energia sempre disponibile e non soggetta a fluttuazioni. Un impianto ad energia osmotica della superficie di un campo di calcio potrebbe fornire elettricit per 10.000 famiglie. I costi per ora sembrano ancora elevati, ma non bisogna dimenticare che cinquantanni fa nessuno poteva immaginare che con losmosi inversa si potesse produrre acqua dolce dal mare
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e oggi questi impianti dissetano milioni di persone nel mondo. Le prime centrali elettriche osmotiche stanno per entrare in funzione e siamo appena allinizio di un altro capitolo delle fonti di energia rinnovabili e non inquinanti.

Vita, morte e miracoli del petrolio

Tanto per cominciare, il petrolio non esiste, esistono i petroli. Da ogni pozzo nelle varie parti del mondo, nei deserti, nelle giungle, in fondo al mare, nelle zone ghiacciate, sgorga una differente miscela di sostanze, principalmente idrocarburi, molecole organiche costituite da carbonio e idrogeno legati fra loro, e poi altri elementi fra cui zolfo, vanadio e tanti altri: innumerevoli qualit di petrolio. Il prezzo, tanti dollari al barile, annunciato quotidianamente dai telegiornali, quello riferito ad una particolare qualit merceologica di petrolio (Brent o Texas), scelta come base delle contrattazioni. In secondo luogo, il petrolio come tale non serve a niente. Gli oltre quattromila milioni di tonnellate di petrolio estratti ogni anno dai pozzi del mondo per servire a qualcosa devono essere sottoposti a processi chimici e fisici di raffinazione, che permettono di ottenere dal petrolio carburanti per autoveicoli e navi, per il riscaldamento domestico, per alimentare le centrali termoelettriche, materie prime per produrre plastica, fibre tessili sintetiche e innumerevoli merci. Tutto comincia, pi o meno, nellestate del 1859. Avevano deciso di smontare tutta la baracca, quel 29 agosto1859,
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centocinquantanni fa. Edwin Drake (1819-1880) e il suo socio avevano finito i soldi per le trivellazioni nel sottosuolo della Pennsylvania alla ricerca di petrolio, quel materiale oleoso e bituminoso che affiorava qua e l e che veniva venduto per ricavarne olio da lampade e lubrificanti per carri. Di petrolio fino allora non avevano trovato traccia e la leggenda vuole che quella sera, perforando lultimo pozzo, il petrolio finalmente sia sgorgato. La testardaggine di Drake aveva aperto una nuova pagina della storia del mondo. In quel 1859 qualche pozzo petrolifero veniva scavato in Russia e Romania, ma la richiesta di petrolio era limitata. Ai tempi di Drake, il petrolio veniva sottoposto ad una rudimentale distillazione e una delle frazioni, il cherosene, si rivel adatta come olio per le lampade. Fino allora il principale olio per illuminazione era quello di balena, ma la richiesta di olio di balena aveva portato allimpoverimento delle popolazioni di balene e il nuovo olio risolveva un problema di esaurimento di una risorsa naturale divenuta scarsa. Negli anni successivi furono perfezionate le tecniche di distillazione frazionata del petrolio greggio con le quali si potevano ottenere varie sostanze, alcune pi volatili, altre pi dense. La scoperta del petrolio americano diede una spinta decisiva alluso commerciale della nuova risorsa, apparentemente abbondante, offerta dalla natura. Si pu quindi ben dire che il pozzo di Drake segn linizio di una nuova era, nel bene e nel male. Intorno al petrolio si scaten ben presto una guerra per il diritto di sfruttamento dei giacimenti e nel 1865 entra in scena John Rockefeller (1839-1937) che compr una traballante raffineria di
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petrolio, la potenzi e le diede il nome di Standard Oil. In quellanno era finita la Guerra Civile Americana (18611865) e, con lunificazione fra Stati industriali del Nord e Stati agricoli del Sud, lAmerica era assetata di energia. Il petrolio doveva essere trasportato dai pozzi alle raffinerie e Rockefeller costru i primi oleodotti. I derricks, le torri che sostengono le trivelle dei pozzi petroliferi, apparvero sempre pi spesso nellorizzonte di sempre pi numerose zone del mondo. Il successo commerciale dei derivati del petrolio ne fece aumentare lestrazione in Russia e nelle colonie britanniche, da dove il petrolio arrivava in Europa con navi petrolifere che, dal 1869, potevano passare attraverso il canale di Suez. Aumentavano le grandi compagnie petrolifere: la Standard di Rockefeller, i russi, la britannica Shell, lolandese Royal Dutch che sfruttava i pozzi delle colonie del Sud-est asiatico. Nel vocabolario entravano parole nuove come trust, accordo fra le compagnie per spartirsi il mercato tenendo alti i prezzi e, naturalmente, i guadagni dei pochi baroni del petrolio. Il perfezionamento del motore a scoppio e la sua applicazione alle automobili e agli aeroplani fece aumentare, nei primi anni del Novecento, la richiesta di petrolio e dei suoi prodotti di raffinazione e tale aumento fece crescere a sua volta la richiesta di automobili e di aerei. Gli usi militari durante la Prima Guerra Mondiale (19141918) e gli anni della frenesia consumistica del dopoguerra videro lesplosione dellindustria petrolifera. Una nuova svolta nella storia del petrolio si chiam Texas e si ebbe intorno al 1930: bastava fare un buco per terra perch nel
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Texas sgorgasse petrolio e si formasseroo sterminate ricchezze. Latmosfera di quel tempo ben riprodotta nel film Il gigante di George Stevens (1955), con James Dean (fu il suo ultimo film) che interpreta un giovane povero bracciante a cui il padrone aveva regalato un pezzetto delle sue immense propriet texane. Il povero bracciante scopre nel sottosuolo il petrolio (celebre la scena del protagonista che fa la doccia sotto il primo getto di petrolio) e diventa ricchissimo. Petrolio, fonte di immense ricchezze e povert, fonte di inquinamenti e di conflitti. Afghanistan, Iran, Iraq, Sud America, Libia, Indonesia, Caucaso, Ucraina, Nigeria: dovunque ci sono guerre, morti per violenza e per fame, c lui, il petrolio, e ci siamo noi con la nostra sete di benzina e di elettricit. Petrolio che oggi occorre estrarre da pozzi sempre pi profondi, sotto gli oceani, fra i ghiacci polari, da giacimenti che mostrano i segni di impoverimento o esaurimento. Il libro Il premio di Daniel Yergin (editore Sperling e Kupfer) spiega tutti i motivi di tutte le crisi e violenze e guerre attuali, e di quelle future.

Gassificazione sotterranea del carbone

Il carbone il combustibile fossile pi abbondante in natura, con riserve accessibili valutate in oltre mille miliardi di tonnellate, ed quello pi prodotto nel mondo: circa sette miliardi di tonnellate allanno. Ma il carbone anche il combustibile pi scomodo, innanzitutto perch scomodo da trasportare allo stato solido; poi perch si trova in giaci110

menti sotterranei, talvolta a centinaia di metri sotto il livello del suolo, dove il lavoro nocivo ed pericolosissimo; poi perch nella combustione produce gas contenenti zolfo e polveri cancerogene e contenenti metalli tossici come arsenico e mercurio; poi perch dopo la combustione restano grandi, fra il 10 e il 15%, quantit di ceneri inorganiche, contenenti anche elementi radioattivi, da immettere in discariche, e fonti anchesse di inquinamento delle acque sotterranee; poi perch fra i gas di combustione si forma lanidride carbonica, responsabile del riscaldamento globale del pianeta, in quantit superiore, per unit di calore prodotto, a quella liberata dal petrolio e dal metano. Pur essendo abbondante nel mondo, il carbone , insomma, un concentrato di nocivit ambientali, il che non vieta che sia usato nel mondo in una quantit superiore a quella dello stesso petrolio. Dal momento che abbondante, diffuso in molti Paesi del mondo, dalla Siberia allAfrica meridionale, alla Cina, dal Canada al Sud America, e che costa poco, rispetto agli idrocarburi, tutti i Paesi del mondo cercano di inventare dei sistemi per utilizzarlo in maniera pulita, si fa per dire, in attesa di una transizione ad un crescente uso delle fonti energetiche rinnovabili, non fossili, non esauribili e non inquinanti. Molti sforzi in tutto il mondo sono concentrati nella possibilit di trasformare il carbone, nei suoi giacimenti sotterranei, in gas combustibili da portare in superficie senza bisogno di andare a mettere le mani direttamente nei giacimenti di carbone. I processi di gassificazione sotterranea sono stati pensati e proposti gi molte volte nel passato: il primo a proporli, nel 1868, stato William Siemens (1823-1883), uno scienziato
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tedesco a cui si devono anche fondamentali invenzioni in siderurgia. Quasi contemporaneamente la stessa idea fu proposta dal chimico russo Dimitri Mendeleev (18341907), quello della tabella degli elementi. Il primo brevetto fu ottenuto nel 1909 dallamericano Anson G. Betts e il chimico scozzese William Ramsey (1852-1916) propose subito di applicare il processo in Inghilterra. Queste ricerche attrassero lattenzione di Lenin, allora in esilio a Zurigo, che nel 1913 scrisse un articolo sulla Pravda, citando i benefici che la gassificazione sotterranea avrebbe potuto dare ad una societ socialista, eliminando il duro lavoro nelle miniere. A partire dal 1928, Stalin decise di applicare il processo nellUnione Sovietica e i primi impianti cominciarono a funzionare dal 1937 in poi. La gassificazione sotterranea del carbone si ottiene facendo arrivare allinterno del giacimento, a centinaia di metri di profondit, nel sottosuolo, delle tubazioni verticali, simili a quelle usate per raggiungere i giacimenti petroliferi. Nel caso del carbone occorrono due tubi: attraverso uno di questi viene iniettata nel giacimento di carbone dellaria calda o dellaria insieme a vapore acqueo. Nel sottosuolo inizia una reazione di combustione parziale del carbone. Lossigeno dellaria e dellacqua reagiscono con il carbonio, che rappresenta il principale elemento chimico presente nel carbone fossile, con formazione di ossido di carbonio, idrogeno e vapore acqueo, a seconda della proporzione dei gas iniettati. I gas cos formati vengono raccolti nel secondo dei due tubi immersi nel giacimento e salgono in superficie; i gas di combustione parziale contengono ancora sostanze inquinanti che per possono essere pi facilmente
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separate e filtrate; le ceneri e molti elementi tossici e sostanze cancerogene restano sul fondo del giacimento di carbone. Lossido di carbonio e lidrogeno, i principali gas che ritornano in superficie in seguito alla gassificazione sotterranea del carbone, sono entrambi combustibili, relativamente poco inquinanti, possono essere immessi nei metanodotti esistenti, possono essere utilizzati come fonte di calore per centrali elettriche, industrie e abitazioni. Del resto, il gas di citt, ottenuto dal carbone nelle officine del gas (i gasometri esistenti in molte citt) e utilizzato per molti decenni come combustibile per cucina e scaldabagni, era proprio costituito da ossido di carbonio e idrogeno. Questi stessi due gas si prestano, inoltre, come materie prime per sintesi organiche, quelle che oggi sono realizzate partendo da metano o da prodotti petroliferi, per esempio per la sintesi dellammoniaca e dei concimi azotati, e addirittura per la benzina sintetica, una miscela di idrocarburi uguali a quelli oggi ottenuti dalla raffinazione del petrolio. La gassificazione sotterranea del carbone deve essere condotta con grandi cautele, perch c il rischio che la reazione sfugga ai controlli e si formi un incendio esteso allintero giacimento, con il conseguente rischio di un collasso delle rocce sovrastanti e di esplosioni; ma anche a questo i proponenti pensano si possa rimediare, regolando i flussi dei gas in entrata o allagando i giacimenti sotterranei con le falde idriche che sovrastano il carbone. Non ci sono rischi? Possiamo, quindi, utilizzare questo combustibile abbondante, poco inquinante, libero da scorie e ceneri che restano nel sottosuolo, con produzione di
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gas che si prestano a molti usi? Non proprio, perch se alcuni inconvenienti del carbone vengono cos eliminati, e la gassificazione sotterranea merita comunque di essere studiata e perfezionata, alla fine, tutto il carbonio presente originariamente nel carbone nel sottosuolo, anche se portato in superficie in forma gassosa, si trasforma nella solita anidride carbonica, principale responsabile del riscaldamento del pianeta, proprio come se il carbone fosse bruciato in superficie. Purtroppo la natura non d niente gratis.

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Merci e ambienti

Fiammiferi e veleni

Anche quello di lavoro un ambiente, e fonte di nocivit, perci esiste anche unecologia della fabbrica e dei campi. Un esempio offerto dalla storia dei fiammiferi. Alla fine dellOttocento, il Regno dItalia aveva disperato bisogno di quattrini dopo le costose stangate prese nella guerra di Abissinia (1895-1896) e dopo i moti di protesta per il caro pane che il feroce generale Fiorenzo Bava Beccaris (1831-1924) aveva soffocato nel sangue nel giugno 1898. Lidea di unificare le grandi fabbriche di fiammiferi, e di creare un monopolio statale per riscuotere una fruttuosa imposta su un genere di cos grande necessit come i fiammiferi, sembrava geniale ai governi che si succedevano senza tregua, spesso senza il controllo del Parlamento. Il cartello fra produttori avrebbe gettato sul lastrico migliaia di piccoli fabbricanti e i loro sventurati operai. Sventurati davvero, perch la produzione dei fiammiferi era una delle manifatture pi pericolose e nocive. I fiammi115

feri erano allora fabbricati tagliando dei pezzetti di legno, immergendoli in una massa fusa e fumosa di fosforo bianco e lasciando essiccare allaria la capocchia. I fiammiferi si accendevano sfregandoli su una superficie ruvida. Si trattava di unindustria relativamente giovane; la tecnica di fabbricazione dei fiammiferi era stata perfezionata intorno al 1840, dopo che era stato messo a punto anche un processo per la produzione del fosforo. La materia prima era rappresentata dai fosfati minerali e dalle ceneri delle ossa, contenenti fosfato di calcio. Per trattamento con acido solforico, altro prodotto dellindustria chimica nascente, si otteneva lacido fosforico che veniva poi trattato con carbone e trasformato in fosforo. Ho parlato prima di fosforo bianco, perch il fosforo esiste in due forme chimicamente identiche, ma diverse come tossicit. Il fosforo bianco, pi facile da ottenere e pi economico, ma molto tossico, era usato per i fiammiferi; col fosforo rosso, molto meno tossico, era pi difficile produrre i fiammiferi. Lavorare in spazi ristretti, pieni di fumi, rappresentava una delle pi gravi fonti di mortalit sul lavoro: si trattava di alcune decine di migliaia di persone, per lo pi donne e bambini, che letteralmente mangiavano pane e fosforo. Il pane attossicato, infatti, proprio il titolo di un libro che offre uno sguardo agghiacciante su oltre un secolo di morti e incidenti. Lautrice Nicoletta Nicolini, chimica e storica, ripercorre il lungo intreccio di rapporti fra industriali e governo, da una parte, e la voce di coloro che difendevano la salute dei lavoratori, sparsi in alcuni grandi stabilimenti, ma anche in decine di fabbrichette presenti in tutta Italia, talvolta nelle cantine delle case.
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Nel corso di oltre mezzo secolo, il fosforo bianco dei fiammiferi stato causa di morti anche fuori dalle fabbriche. A parte la nuova moda del suicidio per ingestione delle capocchie degli zolfanelli, erano numerosi i casi di intossicazione per contatto accidentale, specialmente nelle campagne, con il fosforo dei fiammiferi, fino ai bambini che si ustionavano per laccensione accidentale dei fiammiferi con cui stavano giocando. In un libro pedagogico, che si leggeva ancora quando ero ragazzo io, Pierino Porcospino, raccontata la triste favoletta dellimprudente Paolinella, ridotta in cenere per aver acceso i fiammiferi nonostante linvito alla prudenza dei gatti di casa. Le morti e le malattie si potevano evitare sostituendo il fosforo rosso a quello bianco; addirittura lItalia aveva firmato accordi internazionali che vietavano luso del fosforo bianco. Ma gli industriali, con la complicit anche di alcuni grandi cattedratici e di vari parlamentari, riuscirono a evitare i costi dei mutamenti tecnologici richiesti dal divieto delluso del fosforo bianco, rimandando lentrata in vigore del divieto dal 1905 al 1924. Il libro citato dedicato alle migliaia di giovani vite sacrificate, nel corso di quel ventennio, sullaltare del profitto e racconta gli intrighi di questa pagina sconosciuta della storia industriale ed economica italiana nellItalia preunitaria poi di quella unita, fino alla Prima Guerra Mondiale e allavvento del fascismo. Tutti eventi visti attraverso gli occhi di piccoli imprenditori, di sconosciuti operai, di grandi affaristi. Il libro racconta anche la lunga storia dellimposta sui fiammiferi e dei tentativi per allontanare le industrie nocive dai centri urbani, due gruppi di eventi che ricevettero, a cavallo
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fra il XIX e il XX secolo, grande risonanza e furono oggetto di inchieste e dibattiti parlamentari, unimportante e dimenticata pagina della storia della chimica e della storia politica.

Goodyear e la scoperta della vulcanizzazione

Non potremmo andare in automobile, non potremmo usare Internet o scrivere con il computer, non avremmo luce elettrica nelle case, non potremmo godere delle merci e dei beni della societ moderna, se non fosse stato per lamericano Charles Goodyear (1800-1860), un uomo a cui dobbiamo tanto e a cui la societ del suo tempo ha dato cos poco. Da ragazzo, Goodyear aiutava il padre in un negozio di ferramenta che fall abbastanza presto; le imprese commerciali a cui si dedic nel corso della vita furono tutte degli insuccessi e mor in miseria; per tutta la vita fu ossessionato dai misteri della gomma elastica che, in quei primi anni dellOttocento, veniva importata dal Brasile e che aveva trovato soltanto qualche modesta applicazione commerciale. Si trattava della gomma estratta dalla corteccia di alcune piante del genere Hevea, presenti nella foresta brasiliana; un materiale elastico che poteva essere sciolto in un solvente e, in soluzione, poteva essere steso su un tessuto rendendolo impermeabile, anche se di pessima qualit. La gomma diventava appiccicosa col caldo e dura col freddo. La febbre della gomma, che aveva investito lAmerica, era gi finita nel 1830, migliaia di oggetti di gomma venivano buttati via o restavano invenduti per questi inconvenienti.
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La leggenda vuole che Goodyear, in prigione per debiti, si sia fatto portare dalla moglie dei campioni di gomma per vedere come potevano esserne migliorate le caratteristiche. Se la gomma era appiccicosa, forse aggiungendo qualche polvere linconveniente avrebbe potuto essere eliminato. Nei mesi successivi, a Filadelfia, prov a scaldare la gomma con magnesia, ma i vicini protestavano per la puzza che si levava dalla sua casa. Per farla breve, prov molte altre sostanze e, facendosi prestare dei soldi, cerc di produrre a New York sovrascarpe di gomma che erano una peggiore dellaltra. La grande crisi economica americana del 1837 lo gett sul lastrico e si ridusse a vivere con la moglie e i figli mangiando il pesce che pescava nel porto di Staten Island. Nel 1839, sempre nella miseria pi nera, Goodyear si trasfer a Woburn, nello Stato del Massachusetts, cittadina destinata a diventare celebre proprio perch, nel febbraio di quellinverno, Goodyear fece la scoperta fondamentale a cui resta legato il suo nome: prov a preparare una miscela di gomma e di polvere di zolfo e la lasci su una stufa; la miscela prese fuoco e Goodyear la raffredd rapidamente e, con grande sorpresa, si trov fra le mani una gomma, ancora elastica, ma resistente al caldo e al freddo, impermeabile allacqua, facilmente lavorabile e finalmente adatta per la preparazione dei manufatti con cui linventore avrebbe voluto riempire il mondo. Il caso aveva premiato luomo che aveva dedicato tutta la sua vita a trasformare la gomma greggia nel materiale pi importante della storia, quello che si sarebbe chiamato gomma vulcanizzata. Dopo altri mesi di miseria, malattie, lutti familiari (dei dodi119

ci figli, sei morirono da piccoli), finalmente trov degli industriali che riconobbero limportanza della scoperta. Goodyear tard nel chiedere un brevetto per la sua invenzione e mand vari campioni della nuova gomma in Inghilterra; uno di questi cadde sotto gli occhi di un famoso pioniere inglese della gomma, Thomas Hancock (1786-1865), che per ventanni aveva cercato anche lui di eliminare gli inconvenienti della gomma naturale, senza successo. Hancock not la presenza di tracce di zolfo nella gomma vulcanizzata e immediatamente ripet gli esperimenti che tanta fatica erano costati a Goodyear e brevett, nel 1843, leffetto vulcanizzante dello zolfo, appropriandosi della scoperta che Goodyear aveva fatto quattro anni prima. Quando Goodyear chiese di brevettare in Inghilterra la sua invenzione, scopr che Hancock lo aveva preceduto di poche settimane. Goodyear espose alle fiere mondiali di Parigi e Londra del 1850 i suoi oggetti di gomma vulcanizzata, riscuotendo grande attenzione e successo, ma fin di nuovo in prigione per debiti, con tutta la famiglia. E fu in prigione che ricevette la croce della Legion dOnore assegnatagli dallimperatore Napoleone III come riconoscimento per la sua rivoluzionaria invenzione. Quando mor, nel 1860, Goodyear lasci 200mila dollari di debiti alla famiglia e come testamento scrisse: La vita non si pu valutare soltanto sulla base dei soldi; non mi rammarico di avere seminato e che altri abbiano raccolto i frutti del mio lavoro. Un uomo deve rammaricarsi soltanto se ha seminato e nessuno raccoglie. Quello che Goodyear aveva seminato fece esplodere la domanda mondiale della gomma; dal Brasile la coltivazione
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delle piante della gomma pass nel Sud-est asiatico e in Africa; la raccolta della gomma provoc crisi militari, sfruttamento dei lavoratori, guerre, disastri ecologici: quando la gomma naturale cominci a scarseggiare furono inventati dei surrogati sintetici. Nel 2010 si sono prodotte nel mondo oltre dieci milioni di tonnellate di gomma naturale e quattordici di gomma sintetica. Trattato e vulcanizzato secondo linvenzione di Goodyear, tutto questo materiale entra nei copertoni di automobile e di aereo, nei fili elettrici, nei nastri trasportatori dei raccolti agricoli, nelle scarpe, in innumerevoli merci e processi industriali. Goodyear oggi il nome di uno dei colossi dellindustria della gomma, anche se linventore della vulcanizzazione e la sua famiglia non ebbero niente a che fare con questa impresa e non ne trassero alcun vantaggio.

Plastica

Sappi che lavvenire racchiuso in una sola parola, una sola: plastica. Nel celebre film Il laureato, di Mike Nichols (1967), questo il consiglio che un amico di famiglia d al giovane Braddock (Dustin Hoffman) durante la sua festa di laurea, per indicare dove orientare il suo futuro di lavoro. La frase rifletteva il pensiero corrente nellet delloro della plastica; si pu ben dire che il Novecento sia stato segnato dai nuovi materiali sintetici che, del resto, sono nati, si pu dire, proprio agli inizi del secolo scorso, nel 1906. Risale infatti a quellanno il brevetto americano n. 942.699
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depositato da Leo Baekeland (1863-1944), per un nuovo materiale ottenuto dalla combinazione del fenolo con la formaldeide. Quando fece la rivoluzionaria invenzione della plastica, questo Leo Baekeland era gi un personaggio speciale. Nato in Belgio da modesta famiglia, si era laureato in chimica, poi si era trasferito negli Stati Uniti, animato dalla passione per le invenzioni e per il successo economico. Baekeland aveva gi inventato una carta fotografica, chiamata Velox, con la quale era possibile sviluppare le fotografie anche alla luce artificiale, uninnovazione molto importante perch fino allora le fotografie potevano essere sviluppate soltanto alla luce del Sole. Per la produzione di questa carta Velox aveva fondato la societ Nepera. George Eastman (1854-1932), altro imprenditore nato povero che aveva fatto una fortuna con linvenzione della macchina fotografica popolare Kodak, cap limportanza dellinnovazione e acquist nel 1899 la Nepera e i brevetti Baekeland per un milione di dollari, una cifra allora favolosa. Ma intanto altri problemi richiamarono lattenzione di Baekeland. La fine dellOttocento era stata caratterizzata dallespansione dellelettricit: le forze del calore e del moto delle acque potevano essere trasformate in elettricit mediante dinamo e lelettricit poteva azionare le macchine mediante motori elettrici e lelettricit poteva arrivare dalle dinamo ai motori e agli impianti di illuminazione e nelle citt e nelle fabbriche e ai telegrafi mediante fili di rame. Per evitare dispersioni e perdite nelle dinamo e nei motori, i fili elettrici erano rivestiti con la gommalacca, una sostanza resinosa che fuoriesce dai rami di alcune piante, in seguito alla puntura di una cocciniglia, linsetto Laccifera
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lacca, che va a deporvi le uova. Laumento della richiesta aveva reso la gommalacca scarsa e costosa e Baekeland cerc di ottenere un surrogato artificiale. Qualche anno prima, durante le ricerche per la sintesi dellindaco, il grande chimico tedesco Adolf von Baeyer (18351917) aveva osservato che dalla reazione del fenolo, un liquido derivato dalla distillazione del catrame di carbone, con la formaldeide, un sottoprodotto della distillazione secca del legno, si formava un residuo resinoso e appiccicoso che rappresentava uno scarto inquinante. Partendo da questo rifiuto, Baekeland studi a fondo la reazione fra fenolo e formaldeide e osserv che il materiale resinoso risultante era un buon isolante elettrico e rappresentava il surrogato ideale della gommalacca. Si trattava della prima vera macromolecola artificiale e quindi era la prima materia plastica. La resina fenolo-formaldeide non si rivel soltanto adatta come vernice e isolante elettrico; nel 1907 si scopr che, miscelando la resina con farina fossile, si otteneva una materia solida, stampabile a caldo, che fu chiamata bachelite e che ebbe un grande successo per oggetti domestici, telefoni, apparecchiature elettriche, eccetera. Baekeland cre la societ Bakelite per la fabbricazione e commercializzazione delle resine fenolo-formaldeide (la societ fu venduta successivamente al gigante chimico Union Carbide). Gli anni successivi videro molti altri successi della materia scoperta da Baekeland. Mentre cercavano dei surrogati per la mica, il minerale usato come isolante elettrico in sottili fogli, alcuni scoprirono che una materia adatta allo stesso scopo, che fu chiamata For-mica (al posto della mica), si otteneva miscelando resine fenolo-formaldeide con sega123

tura o polvere di legno. Da questa scoperta derivarono i laminati plastici denominati formica ancora oggi usati, partendo da resine diverse. Leo Baekeland, che era stato, oltre che scienziato e inventore, un fortunato e abile imprenditore, mor nel 1944 nella sua villa vicino New York. Ormai si parla di resine fenoliche per indicare molte materie plastiche sintetiche termoindurenti, ottenute facendo reagire con formaldeide, o con altre aldeidi, il fenolo e i cresoli, con addizione di vari materiali di carica. Bench non siano fra le pi diffuse materie plastiche commerciali, sono usate ancora per molti oggetti di uso comune e addirittura alcuni stilisti ne stanno riscoprendo alcune virt estetiche. Questa storia offre loccasione per ricordare che molte invenzioni sono nate alla ricerca di surrogati di materiali diventati scarsi e costosi; molte invenzioni sono nate osservando le propriet di cose buttate via, rifiutate; molti inventori erano nati poveri e sono diventati persone di successo perch tenevano gli occhi aperti sul mondo circostante. Louis Pasteur (1822-1895) disse una volta che il caso aiuta la mente preparata.

La guerra delle terre rare

Dimitri Mendeleev, il grande chimico russo, ricordato principalmente per aver scritto, nel 1869, una tabella nella quale aveva disposto in ordine di peso atomico crescente tutti i sessantatr elementi noti al suo tempo. A mano a mano che procedeva, quando trovava un elemento con
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propriet chimiche simili a quelle di uno gi incontrato, lo scriveva in una casella sotto il primo, e cos via. In questo modo ciascuna riga conteneva atomi con propriet diverse e ciascuna colonna conteneva atomi con propriet simili. Le righe si chiamano oggi periodi e le colonne gruppi. Era unintuizione sbalorditiva: infatti quando veniva scoperto un nuovo elemento, ancora Mendeleev in vita, questo andava a collocarsi proprio in una delle caselle lasciate vuote. Non solo, ciascuna posizione nella tabella mostr di avere un significato chimico ben preciso. Immagino il dispiacere di Mendeleev nel vedere che nella sua tabella cerano degli enormi vuoti. Dopo il lantanio, che ha peso atomico 138 (138 volte il peso dellidrogeno). conosceva il cerio che pesava 140 (un metallo usato negli accendini a sfregamento), ma lelemento successivo noto pesava 180. Deve essere contento, l dove ora si trova, vedendo che tutte le caselle sono state riempite e anzi che quel vuoto ora pieno di ben diciassette elementi: i primi due sono lantanio e cerio, seguiti da elementi dai nomi poetici: neodimio, promezio, samario, europio, lutezio, eccetera, chiamati, per la loro limitata diffusione, terre rare. Non varrebbe la pena parlare delle terre rare, o elementi lantanidi, se non fossero venuti a occupare delle posizioni commerciali e strategiche enormi, al punto che c un intenso crescente sfruttamento delle poche miniere in cui si trovano, peraltro a bassissima concentrazione. Tanto per capirci, ve li nomino tutti, in ordine: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tallio, itterbio, lutezio. Guardate le pale dei motori eolici che si stagliano contro il cie125

lo delle nostre colline, ruotando lentamente e producendo elettricit. Ebbene, questo possibile perch sono stati inventati dei magneti permanenti che trasformano la rotazione delle pale in elettricit e tali magneti sono costituiti da una lega neodimio-ferro-boro contenente circa il 27% di neodimio. La lega stata scoperta quasi contemporaneamente nel 1982 dallamericana General Motors, dalla giapponese Sumimoto e dallAccademia delle Scienze cinese. Una turbina da un megawatt di potenza contiene magneti che richiedono circa 200 chili di neodimio. Sentite parlare delle automobili ibride, a benzina ed elettriche, come la soluzione ecologica del futuro? Ebbene anche in ognuna di queste c un motore elettrico con magneti permanenti contenente neodimio. Le auto elettriche, poi, hanno bisogno di batterie di accumulatori a idruri di nichel che richiedono uno degli elementi delle terre rare, il lantanio, con aggiunta di praseodimio, disprosio e terbio. Il neodimio indispensabile anche in tutti i magneti permanenti di cui siamo circondati, dalla superficie dei CD e dei DVD, a quelle strisce nere delle carte di credito, senza le quali non si potrebbero fare acquisti. Siete contenti dei bei colori brillanti delle immagini del vostro televisore? I vivaci toni del rosso sono possibili perch il rivestimento del video contiene europio. I grandi progressi degli schermi di computer, e di telefoni cellulari con cui si pu comunicare col tocco di un dito, sono stati resi possibili da rivestimenti contenenti terre rare. Senza contare luso del lantanio nella raffinazione del petrolio e di terre rare nelle ultrasofisticate apparecchiature militari. La richiesta dei metalli delle terre rare sta rapidamente au126

mentando e aumenta anche il prezzo, dal momento che il monopolio della loro estrazione cinese, e i cinesi fanno sapere di voler limitare lesportazione delle terre rare per usarle tutte nei loro grandi progetti di diffusione dei motori eolici e di sviluppo dellelettronica di consumo che producono ed esportano in tutto il mondo. Oltre il 90% di tutte le terre rare prodotte nel mondo, poco pi di 100mila tonnellate allanno, sono estratte da una grande miniera che si trova a Bayanobo nellaltopiano della Mongolia. La Cina produce il 100% delle tre terre rare pi strategiche: disprosio, terbio ed europio; assorbe il 60% della propria produzione ed esporta il resto, ma il grande Paese in rapida espansione e si prevede che aumenter luso interno e diminuir lesportazione di terre rare. Si pu immaginare che i Paesi occidentali siano ben preoccupati e cerchino altri giacimenti dei minerali da cui possibile estrarre terre rare. A Mountain Pass, in California, c una grande miniera che, negli anni Ottanta del secolo scorso, era arrivata a produrre 20mila tonnellate allanno di lantanio e ossidi misti di neodimio e praseodimio. Fu poi chiusa nel 2002, quando la Cina cominci a invadere il mondo con le proprie terre rare a basso prezzo. Altri giacimenti da cui estrarre terre rare, ma con maggiori costi, si trovano in Canada, in Australia, in Russia. Per inciso, i minerali contenenti terre rare sono accompagnati da altri contenenti gli elementi radioattivi torio e uranio. Se cesseranno le esportazioni cinesi di terre rare, aumenter il prezzo di molte apparecchiature elettroniche, dei motori eolici e delle tanto attese auto elettriche. Inutile dire che c una grande agitazione nei mercati mondiali dei metalli
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e una febbrile ricerca di nuove leghe adatte per la fabbricazione di magneti permanenti. Una di queste costituita da cobalto e samario; questultimo, per, anchesso un elemento delle terre rare. Insomma, gli elementi che Mendeleev non conosceva si stanno rivelando pi preziosi delloro e dei diamanti.

Olio di palma

Si fa una gran fatica ad essere amici dellambiente. Il gran dibattito in corso ricorda che le modificazioni climatiche sono dovute allaumento della concentrazione nellatmosfera dellanidride carbonica (il principale dei gas serra), proveniente dalla combustione dei combustibili fossili. Infatti, la combustione di ogni nuova tonnellata di carbone o petrolio immette nellatmosfera circa tre tonnellate di anidride carbonica che va ad aggiungersi a quella che latmosfera gi contiene. Ci sono altre cause del peggioramento del clima, come gli incendi degli alberi delle foreste: ogni albero bruciato non porta via pi, dallatmosfera, lanidride carbonica che continuamente, da vivo, assorbirebbe per la sua crescita e anzi libera altra anidride carbonica. Per rallentare i cambiamenti climatici in atto, un primo passo sarebbe la diminuzione dei consumi di combustibili fossili. In alternativa, per riscaldare le case, far circolare le automobili e far funzionare i televisori, viene proposto di usare dei combustibili ricavati dai vegetali, sostanze anche loro ricche di energia e che possono ricrescere, una volta usate, grazie ai grandi cicli della natura. Su questo criterio
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basata la produzione di biodiesel, un derivato dei grassi naturali usato al posto del gasolio o come additivo del gasolio petrolifero. Il biodiesel costituito da sostanze derivate (si chiamano esteri) dagli acidi grassi presenti in tutti i grassi vegetali e animali: si tratta di prendere dei grassi, per lo pi vegetali, che costino poco e siano abbondanti e di trasformarli con reazioni chimiche negli esteri metilici dei loro acidi grassi. La massima attenzione nel mondo dei produttori di biodiesel rivolta alluso degli acidi grassi dellolio di palma, lolio vegetale di cui vengono prodotti nel mondo circa 35 milioni di tonnellate allanno. Ci vorrebbero delle quantit enormi di olio di palma se si volessero sostituire tutte le centinaia di milioni di tonnellate di gasolio usate ogni anno nel mondo, ma almeno un passo avanti. Come risultato di questa innovazione tecnologica aumentata la richiesta mondiale di olio di palma che si ottiene dal frutto della palma da olio. I botanici la chiamano Elaeis guineensis perch originaria dello Stato africano della Guinea, dove lha trovata e descritta, nel 1763, il botanico olandese Nikolaus von Jacquin (17271807). Il chimico francese Edmond Frmy (1814-1894) ha analizzato la composizione dellolio di palma e ha identificato i due principali acidi grassi presenti: lacido laurico e lacido palmitico (che ha preso il nome dalla palma da olio); due acidi grassi saturi, cio privi di doppi legami, solidi. Ben presto lolio di palma, lunico grasso solido, proprio per questa propriet ha cominciato ad essere utilizzato industrialmente, nel corso dellOttocento, sia come grasso alimentare, al posto del burro, sia per la fabbricazione di saponi e di candele e anche come lubrificante per macchina129

ri. Nel 1848, gli olandesi iniziarono la coltivazione della palma da olio a Giava e, nel 1910, lo scozzese William Sime e il banchiere Henry Darby, che avevano gi delle piantagioni di gomma in Malesia, pensarono di introdurre la coltivazione della palma da olio in quel Paese, allora colonia britannica. La richiesta mondiale di olio di palma aument continuamente e dopo lindipendenza della Malesia le piantagioni furono nazionalizzate, malesizzate. La Malesia, oggi Malaysia, il principale produttore ed esportatore di olio di palma. Il frutto della palma pesa da 6 a 20 grammi e contiene una polpa e un seme. La polpa, che contiene circa il 50% di grasso, viene sterilizzata con vapore, e, dopo la separazione dei semi, viene cotta e pressata. Lolio di palma che se ne ricava di colore rosso per lelevato contenuto di beta-carotene. Il seme, a sua volta, contiene il 50% di grasso (olio di palmisto) e, dopo lestrazione dellolio, resta un panetto proteico adatto per lalimentazione del bestiame. La maggior parte dellolio di palma e di palmisto trova impiego per usi alimentari, nellindustria dei detersivi, eccetera, ma la produzione di biodiesel sta rapidamente aumentando e di conseguenza aumentata la richiesta di olio di palma. Circa la met della produzione mondiale si realizza in Malaysia, che anche il grande esportatore mondiale, seguita dallIndonesia e dalla Nigeria. Tutto bene, quindi? Un aumento della produzione di biodiesel, e quindi una minore emissione di anidride carbonica per ogni chilometro percorso da un automezzo, laumento della produzione di olio di palma in Malaysia e Indonesia, con conseguente vantaggio economico per questi
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due Paesi emergenti, nuove attivit nellindustria chimica: sembrerebbe che le azioni per la difesa del clima siano accompagnate da vantaggi economici. Fino a un certo punto, perch la crescente richiesta di olio di palma ha indotto gli abitanti dei due principali Paesi produttori ad estendere le coltivazioni in terreni fino allora occupati dalle foreste tropicali che da anni vengono selvaggiamente tagliate o bruciate per lasciare spazio alle nuove colture. La distruzione delle foreste tropicali non solo contribuisce, come si accennava prima, al peggioramento del clima, ma comporta anche la perdita di biodiversit, essenziale per la stabilit degli equilibri ecologici e per lalimentazione delle popolazioni locali. Inoltre, le foreste tropicali crescono in terreni ecologicamente e geologicamente poveri e istabili: distrutte le foreste, ben presto le piogge tropicali provocano rapidi fenomeni di erosione che rendono poco produttivi i terreni liberati nella speranza di grandi guadagni. Nelle scelte ecologiche future bisogna quindi vigilare, attraverso una ricerca scientifica lungimirante, per non uscire da una trappola tecnologica e cadere in unaltra. Davvero, ci piaccia o no, in natura, ogni cosa legata a tutte le altre.

Lauto elettrica e il litio

Verr un giorno in cui laria delle citt sar limpida e trasparente, il traffico sar silenzioso, forse addirittura fin troppo silenzioso, tanto da dover stare attenti ad attraversare la strada guardandosi a destra e sinistra? Questo scenario potrebbe non essere tanto lontano, a giudicare dalla
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corsa fra le grandi societ automobilistiche per arrivare a mettere in commercio auto elettriche. Cos, lautomobilista la sera attaccher il filo dellautomobile alla presa di corrente nel proprio garage e la mattina dopo lautomobile sar pronta a muoversi silenziosa e non inquinante e, durante un lungo viaggio, trover dei distributori di elettricit accanto a quelli di benzina. La transizione ai veicoli elettrici non comunque facile e indolore; richiederebbe una crescente quantit di elettricit prodotta in centrali inquinanti, poste in localit lontane dalle citt. La pulizia dellaria urbana, perci, sarebbe pagata con linquinamento e costi ambientali in altre zone del territorio di ciascun Paese. Linteresse per le auto elettriche stimolato sia dalla necessit di diminuire linquinamento dellaria delle citt, sia da crescenti difficolt e costi per lapprovvigionamento del petrolio, da cercare nei deserti, nelle zone artiche, nelle paludi africane, in fondo al mare, con gli inconvenienti dimostrati dal disastro del 2010 del Golfo del Messico. Ma la natura non d niente gratis: se si vuole sfuggire alla schiavit del petrolio occorrono altri dispositivi che richiedono materiali anchessi, materiali che potrebbero generare altre schiavit economiche e ambientali. Lelettricit, infatti, ha linconveniente di non stare mai ferma: la benzina pu essere raccolta in un serbatoio e usata domani, lelettricit deve essere usata subito. Lelettricit pu essere conservata in batterie di accumulatori che forniscono elettricit per qualche ora, poi devono essere ricaricate. Le batterie al piombo-acido delle attuali automobili sono pesanti e scomode e lauto elettrica del futuro ha
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bisogno di batterie ricaricabili molto pi potenti e leggere e le uniche oggi disponibili sono quelle a base di litio. Il litio il terzo elemento della tabella di Mendeleev e viene dopo lidrogeno e lelio; un metallo leggero perch il suo peso specifico appena la met di quello dellacqua. Finora, i composti del litio sono stati usati nella produzione del vetro, delle ceramiche e di alcune leghe leggere, per la preparazione di fluidi lubrificanti, e in pochi altri campi. Il litio ha riscosso interesse nel campo nucleare per la produzione delle bombe atomiche allidrogeno. La grande svolta nellutilizzazione e richiesta del litio si avuta con linvenzione delle batterie a ioni di litio ricaricabili, piccoli generatori di elettricit per telefoni cellulari, macchine fotografiche, computer, eccetera. In ogni batteria esiste un anodo e un catodo, separati da un elettrolita; durante la carica lelettricit scorre in una direzione, dopo di che, con un flusso in direzione opposta, la batteria restituisce lelettricit accumulata. Per gli autoveicoli occorrono batterie al litio di altro tipo, a litio-polimeri, come si dice, nelle quali il catodo costituito da ossido di litio e cobalto od ossido di litio e manganese, e lanodo costituito da litio. Fra il catodo e lanodo posto un elettrolita, capace di trasportare lelettricit nelluna e nellaltra direzione. A differenza delle piccole batterie a ioni di litio, quelle a litio-polimeri possono arrivare ad erogare da 0,13 a 0,30 chilowattore di elettricit per ogni chilo di peso. Lenergia necessaria per percorre tragitti lunghi, anche di 150 chilometri prima della ricarica, pu essere contenuta in un ingombro relativamente modesto. Certo, lautomobile elettrica deve essere progettata in modo del tutto dif133

ferente da quelle con motore a scoppio, ma sono gi in commercio i primi modelli di auto tutte elettriche (che sono diverse da quelle ibride in cui ancora presente un motore a scoppio). Il litio diventato cos, improvvisamente, una materia prima strategica. Gli Stati Uniti hanno prodotto litio dai minerali estratti da una miniera nel Montana; altri produttori sono Cile, Argentina, Cina e Australia. Ma occorre molto pi litio e un nuovo gigante si affaccia nel mercato di questo metallo: la Bolivia, in cui si trovano grandi deserti salati, residui dellevaporazione di antichi laghi. Simili laghi salati si trovano anche in Argentina e Cile, ma la Bolivia possiede la met delle riserve mondiali di litio nel Salar de Uyuni, un giacimento grandissimo in una terra desolata, assolata e arida. I sali di questi giacimenti, contenenti da mezzo grammo ad alcuni grammi di litio per chilogrammo, insieme a magnesio e altri elementi, vengono disciolti in acqua e dalle soluzioni risultanti vengono fatti precipitare i sali meno solubili. Alla fine, si ottiene una soluzione concentrata di cloruro di litio dalla quale, per aggiunta di carbonato di sodio, viene fatto precipitare il carbonato di litio insolubile che sar trasformato in ossido e litio metallico. Finora lo sfruttamento del litio boliviano stato ostacolato dalla popolazione locale, preoccupata dai danni ambientali dovuti alla formazione di grandi depositi di residui, centinaia di tonnellate per ogni tonnellata di litio ottenuto, ma anche dal sospetto che le compagnie multinazionali straniere si possano portare via questa ricchezza mineraria del Paese, senza lasciare niente ai suoi abitanti. La Bolivia ha un governo socialista che ritiene (giustamente) che i pro134

fitti della vendita del litio debbano restare al popolo della Bolivia e si profila, perci, una guerra del litio. La maggior parte delle batterie ricaricabili al litio prodotta in Cina e Giappone che si offrono di finanziare le imprese per lestrazione dei sali di litio in Bolivia e in Argentina, con lobiettivo di essere le prime nellofferta anche di auto elettriche, in concorrenza con Germania e Stati Uniti. Questa corsa ha fatto aumentare in pochi anni di quattro volte il prezzo del litio. Come scriveva il settimanale inglese The Economist anni fa: Tutto il potere alle materie prime.

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Lavoro e Ambiente

Love Canal: una bomba a orologeria

Love Canal non , come qualcuno potrebbe pensare, il canale dellamore, ma il canale che un imprenditore americano, William Love, fece scavare intorno al 1890 per alimentare di acqua ed energia una citt industriale modello, Model City, che aveva progettato di costruire sulla riva settentrionale del fiume Niagara, a poca distanza dalle celebri cascate, usate, in quegli anni, per la produzione di energia idroelettrica. Anzi, a Niagara Falls, nel territorio dello Stato di New York, nacque la grande industria elettrochimica americana. Il canale non fu mai completato, Model City non fu mai costruita, il sogno del signor Love svan, ma il suo nome sarebbe diventato tristemente celebre, molti decenni dopo, perch associato al primo clamoroso caso di avvelenamento collettivo dovuto ad una discarica di rifiuti industriali. Negli anni dal 1942 al 1953, la societ chimica Hooker (oggi Occidental) affitt (e poi acquist nel 1947) una parte
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del terreno e il canale abbandonato e lo us come discarica di circa 20.000 tonnellate di rifiuti tossici. La discarica fu chiusa nel 1953 e il terreno fu venduto dalla Hooker al distretto scolastico della citt di Niagara Falls che vi costru la scuola elementare di un nuovo quartiere. Ledificio si trovava sulla 99a strada, proprio di fronte alla discarica coperta. La parte rimanente del terreno fu venduta dal distretto scolastico ad alcuni privati che vi costruirono un quartiere: durante la costruzione, iniziata nel 1966, il terreno fu livellato e qualsiasi traccia della vecchia discarica scomparve. Nel 1972, il quartiere era completato. Dallautunno del 1975 alla primavera del 1976 si ebbero piogge intense che impregnarono il terreno che si abbass in vari punti. Si formarono cos delle pozze di acqua fortemente contaminata che si infiltrarono nelle case. Gli abitanti cominciarono a lamentarsi di strani odori e della comparsa di sostanze sgradevoli e, nel 1976, un analista incaricato dagli abitanti scopr la presenza di sostanze tossiche nellaria e nei pozzi di molte delle case che si affacciavano sul canale abbandonato. Nella fognatura furono trovate elevate concentrazioni di bifenili policlorurati (PCB) cancerogeni, e di altre sostanze tossiche. In seguito alla protesta, nel 1977 e nel 1978 i funzionari del servizio sanitario dello Stato di New York riconobbero lesistenza di una contaminazione, con pericolo per la salute degli abitanti, e fecero intervenire gli organi federali. Da quel momento in poi le cose precipitarono. Il 2 agosto 1978 le autorit sanitarie dello Stato di New York e il 7 agosto il presidente Carter dichiararono lo stato di emergenza. Lo stesso 7 agosto il governatore dello Sta137

to di New York, Carey, annunci il trasferimento degli abitanti delle 238 abitazioni site proprio a ridosso del canale. Lo Stato avrebbe acquistato quelle abitazioni ad un prezzo che consentisse ai proprietari lacquisto di altre case in altra zona. Alla fine del 1979 erano stati spesi 20 milioni di dollari di allora per il trasferimento degli abitanti e per linizio della bonifica della discarica; laccesso alla zona fu vietato a tutti, un po come era avvenuto a Seveso dopo lincidente allIcmesa di Meda, del luglio 1976. Il 20 dicembre 1979, dopo uninchiesta durata un anno, il Dipartimento della Giustizia americano ha avviato una causa civile contro la societ Hooker accusata di aver causato, o di aver contribuito a causare, un grave danno alla salute pubblica e allambiente. Su richiesta del Dipartimento della Giustizia, la Environmental Protection Agency (Epa) degli Stati Uniti ha condotto unindagine citogenetica su trentasei abitanti o ex-abitanti della zona di Love Canal. Il 19 maggio 1980 sono stati resi pubblici i risultati che hanno dimostrato un eccesso, rispetto alla media, di anomalie e danni cromosomici nel gruppo di soggetti esaminati. Lindagine ebbe grande risonanza in tutti gli Stati Uniti e provoc ulteriore allarme fra i cittadini, anche se i minimizzatori ben capendo che stava per scoppiare la bomba delle discariche industriali abusive in tutto il Paese si affrettarono a mettere in discussione la validit dei risultati. In seguito a questi eventi, il 21 maggio 1980 il presidente degli Stati Uniti dichiar, per la seconda volta, lo stato di emergenza e altre 800 famiglie furono fatte sloggiare e trasferite in altre case. Nello stesso tempo fu dato ordine allEpa di condurre uno studio sulle condizioni ambientali
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dellintera zona intorno al canale. Lentamente, iniziarono i prelievi di campioni di suolo, acqua e aria fra le proteste degli abitanti delle case di Love Canal che non si fidavano delle procedure di indagine. I risultati delle analisi furono pubblicati nel 1982, in tre volumi, e furono oggetto di varie critiche e inchieste anche parlamentari. Ho raccontato questa storia americana perch suggerisce varie considerazioni. La prima riguarda ancora gli Stati Uniti: Love Canal ebbe, sullopinione pubblica americana, lo stesso effetto che ebbe sugli italiani la parola Seveso. Nel caso Love Canal cerano, inoltre: lirresponsabilit e ignoranza dellindustria che tratta sostanze tossiche; lo sfruttamento del territorio; la protesta popolare, anche se fatta non tanto nellinteresse generale, quanto perch erano colpite le propriet private; i modi di intervento del governo, tentennante fra la necessit di mettere quieta la gente e la volont di non disturbare eccessivamente lindustria; il ruolo degli scienziati impegnati, a favore dellindustria, a minimizzare pericoli e danni; la vittoria, alla fine, della protesta. La scoperta di Love Canal mise in moto la ricerca di altre discariche e ne furono scoperte, negli Stati Uniti, centinaia, al punto da indurre il governo a finanziamenti straordinari (con la legge cosiddetta Superfund) per la bonifica delle zone contaminate. I rifiuti tossici diventarono, per lopinione pubblica e il governo americani, un problema, che mobilit ricerche, indagini territoriali e che, bene o male, port ad avviare bonifiche e nuovi controlli su larga scala. Comunque, lesperienza di Love Canal mostra che il maggior pericolo per la popolazione viene dalle discariche di ri139

fiuti tossici formatesi nel passato, di cui spesso si perso il ricordo, in cui si sono miscelate e stratificate varie sostanze pericolose, e sulle quali spesso sono sorti quartieri e abitazioni. Nel corso della storia industriale, anche in Italia centinaia di fabbriche hanno gettato nellambiente e depositato nel sottosuolo, anche in seguito a innumerevoli incidenti e sversamenti, le pi varie sostanze (fenoli, amianto, idrocarburi cancerogeni, residui di pesticidi, cromo, altri metalli, altri veleni). Spesso le fabbriche se ne sono andate una dopo laltra, lasciando a parte la disoccupazione le falde sotterranee inquinate e una terra desolata che gli ex-proprietari, dopo averla avvelenata, spesso vendono ad incauti acquirenti che andranno a vivere su una bomba ad orologeria. Una grande, coraggiosa ricostruzione della storia industriale del territorio italiano e delle scorie abbandonate, lidentificazione dei veleni ancora esistenti (un lavoro per centinaia di chimici, biologi, geologi, professori duniversit), di bonifica (un lavoro per migliaia di tecnici e operai), offrirebbe un segno che il nostro Paese ha una certa voglia di diventare davvero moderno.

La premiata ditta Bossi

Il viandante che percorre, a Milano, Via Carducci si fermi allangolo con Corso Magenta; se guarda verso Santa Maria delle Grazie e il Palazzo delle Stelline si trova di fronte al sito in cui si svolta una delle prime contestazioni ecologiche italiane. Linteressante storia stata raccontata molti
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anni fa da Valerio Broglia, professore di chimica e storico appassionato, purtroppo scomparso, in due articoli dimenticati, pubblicati nella rivista Chimica, ormai scomparsa anchessa. Merita di essere dissepolta dalloblio. Alla fine del 1700, una fiorente industria chimica esisteva gi in Inghilterra, Francia, Germania. Il processo di produzione dellacido solforico dallo zolfo e dal salnitro era stato applicato su scala industriale intorno al 1750 in Inghilterra e ben presto erano sorte fabbriche simili in altri Paesi europei. Lacido solforico era la materia essenziale per la produzione delle altre merci chimiche importanti. Trattando con acido solforico il sale, era possibile ottenere il solfato di sodio e lacido cloridrico. Dal solfato di sodio, per reazione con la calce (idrato di calcio), si otteneva lidrato di sodio. Ossidando lacido cloridrico si otteneva cloro. Questi prodotti erano richiesti dallindustria tessile e della carta, per il trattamento dei metalli, per la fabbricazione del vetro e del sapone. Nel 1781, gli industriali inglesi avevano ottenuto labolizione dellimposta sul sale, una pratica fiscale che poteva avere senso in una societ agricola e arretrata, ma che ostacolava lindustria chimica che aveva bisogno del sale a basso prezzo come materia prima. Negli altri Paesi europei limposta sul sale fu abolita poco dopo. In questo fervore produttivo internazionale, lItalia doveva acquistare allestero i prodotti chimici di cui aveva bisogno e ci spinse un certo Francesco Bossi a chiedere al governo, nel maggio 1799, lautorizzazione per istallare una fabbrica di acido solforico e di altri prodotti chimici. In quellanno Milano e la Lombardia, dopo una temporanea occupazione da parte di Na141

poleone, erano stati restituiti allImpero austriaco che li occupava dal 1748. Il procedimento proposto da Bossi consisteva nel bruciare, in un apposito fornello, una miscela di zolfo e salnitro: i gas sviluppati dalla combustione venivano portati a contatto con acqua in una camera, una specie di recipiente, di piombo. In un documento del 13 maggio 1800, Bossi descrisse il processo chiedendo anche un monopolio per ventanni per i prodotti ottenuti. La richiesta fu esaminata da padre Ermenegildo Pini (1742-1819), regio delegato alle miniere, che espresse un parere favorevole in data 30 maggio 1800. Pochi giorni dopo, il 14 giugno, in seguito alla battaglia di Marengo, al governo austriaco successe la Repubblica italiana. La pratica and avanti col nuovo governo che nomin come perito Antonio Porati (1742-1819), farmacista in del rion de Porta Ticines. Questi rifer di aver visitato il laboratorio di Bossi e di averlo trovato conforme a quanto descritto nelle pi recenti opere di chimica. Il vicepresidente della Repubblica italiana rifiut per a Bossi il monopolio richiesto, probabilmente per non danneggiare gli interessi dellindustria francese. Bossi allora chiese un dazio doganale sullacido solforico importato dalla Francia e un prestito: non ottenne n luno, n laltro, ma solo la concessione delluso gratuito di alcuni locali dellex-convento di San Girolamo, confiscato dallo Stato repubblicano e adibito a caserma e ad abitazione. Questo convento di San Girolamo si trovava nei pressi della Porta Vercellina lattuale incrocio fra Via Carducci e Corso Magenta lungo il naviglio oggi coperto e dava il no142

me allattuale Via Carducci. Prima dellingresso dei francesi, ledificio era stato un collegio o un seminario dei gesuiti ed stato distrutto allinizio del 1900. In San Girolamo, quindi, si pu dire che sia nata la prima industria chimica italiana. Oltre allacido solforico, Bossi produceva anche acido cloridrico, acido nitrico, cloruro di ammonio, solfati di sodio, di potassio, di magnesio e di rame. Lacido nitrico era, fra laltro, usato per la preparazione delle lastre per la stampa delle monete da parte della Zecca. Ben presto la fabbrica fece sentire la sua presenza con la produzione di fumi e miasmi che provocarono la protesta dei coinquilini e dei gendarmi, ospitati nello stesso convento. uno dei primi casi di protesta popolare e di lotta contro linquinamento dovuto a scorie industriale. Il 13 giugno 1802 fu emessa unordinanza che obbligava Bossi a interrompere subito la produzione. Bossi cerc di opporsi, accusando i concorrenti e gli importatori di acido di aver sobillato la protesta contro di lui. Ancora pi arrabbiati, gli abitanti delledificio di San Girolamo ricorsero, il 16 giugno 1802, alla Commissione Sanit del Dipartimento dellOlona (la struttura amministrativa che comprendeva Milano e provincia), qualcosa come lassessorato regionale alla Sanit. La Commissione fece fare subito un sopralluogo e il 18 giugno 1802 a giudicare dalle date i procedimenti amministrativi in difesa della salute pubblica erano pi rapidi di oggi diede a Bossi tre giorni di tempo per murare le finestre verso il cortile, onde togliere ogni comunicazione degli effluvi solforici col caseggiato. I guai non erano finiti. Il 10 luglio, Bossi e un suo operaio
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furono mezzi abbrucciati dallacido solforico; i due malcapitati con i vestiti in fiamme si gettarono in un sarcofago di pietra pieno dacqua e Bossi dovette rimanere tre mesi in ospedale. Con la ripresa del lavoro, linquinamento e la puzza continuarono fra le proteste dei soldati e dei coinquilini. Nel novembre dello stesso sfortunato anno 1802 il povero Bossi, pieno di debiti, dovette cedere la sua quota nellimpresa al socio L. Diotto e ad un certo Michele (o Carlo o Francesco) Fornara (detto il Folcione), una specie di impiantista che aveva costruito le apparecchiature. I tre soci litigarono per qualche tempo e Bossi usc definitivamente di scena proprio nel momento in cui, nonostante linquinamento, gli affari cominciavano ad andare meglio. La produzione della nuova ditta continu nei locali di San Girolamo, ma linquinamento e le nocivit continuarono a destare le proteste dei gendarmi e del vicinato. Nel 1807, il prefetto del Dipartimento dellOlona (la Repubblica italiana si era nel frattempo trasformata in Regno Italico) fece compiere un ennesimo sopralluogo nella fabbrica di acido solforico, ora della ditta Fornara & C. Ancora una volta fu costatata la nocivit delle esalazioni gassose irritanti e il Prefetto ordin il definitivo trasferimento della fabbrica. Dapprima venne proposto il convento sconsacrato dei Cappuccini (dove pi tardi fu istallata unaltra fabbrica di acido solforico), ma poi nel 1808, dopo lunghe discussioni, la fabbrica Fornara si trasfer in San Vincenzo in Prato, altra chiesa sconsacrata dalle parti di Porta Genova (esiste ancora oggi Via San Vincenzo), che sorgeva appunto in mezzo ai prati, abbastanza isolata.
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La chiesa di San Vincenzo fu venduta nel 1810 ai soci Diotto & Fornara per lire 10.193. Questi la vendettero poco dopo alla ditta di Giuseppe Candiani (1830-1910) e Biffi che vi istall una fabbrica di acidi e per questo nellOttocento era chiamata casa del Mago. La chiesa fu riaperta al culto di nuovo intorno al 1880. In San Vincenzo, la fabbrica Fornara riprese la produzione di acido solforico e derivati nella primavera del 1809, sollevando altre proteste dei nuovi vicini, ma ci fu anche allora un perito compiacente, ancora quel Porati che abbiamo incontrato allinizio, pronto a testimoniare che non cera nessun posto migliore per una fabbrica di acido solforico. Se pu esserci qualche disturbo per le persone che devono respirare i vapori di acido da vicino al pi, tanto, si tratta degli operai questi vapori anzi diventano salubri quando si dilatano e si allontanano dalla loro sorgente. Il mondo non cambia mai. Questa pagina della storia minore ma la storia del lavoro e dellindustria proprio minore? di Milano meriterebbe di essere maggiormente conosciuta. Chi sa che qualcuno non voglia ricordare, con una lapide, i luoghi in cui nata lindustria chimica e si sono sperimentate le prime contraddizioni fra produzione di merci, produzione di scorie e rifiuti, e salute dei lavoratori e dei cittadini.

Seveso

La Icmesa era una fabbrichetta chimica di Meda, nellhinterland milanese, che produceva triclorofenolo, una so145

stanza intermedia da cui si ottengono erbicidi e disinfettanti. La mattina di sabato 10 luglio 1976 il sistema di raffreddamento della miscela contenente triclorofenolo e soda caustica si interruppe e la temperatura della miscela cominci ad aumentare, provocando la formazione di una sostanza poco nota, la tetraclorodibenzo-para-diossina, o Tcdd, altamente tossica. Dentro il reattore si form una massa pulverulenta che avrebbe dovuto essere trattenuta da un filtro, ma la valvola non funzion e una polvere bianca che sarebbe stata nota come la nube tossica si disperse nellaria e ricadde, col suo contenuto di alcuni chili di diossina, sulle campagne e le case del vicino paese di Seveso, abitato da piccoli agricoltori e artigiani. Gli animali da cortile cominciarono ben presto a morire, sulla pelle di alcune bambine comparvero delle pustolette di cloracne, gli abitanti di Seveso furono presi dal terrore; intanto la polvere era finita nelle acque del vicino fiume, poi sulle strade attaccandosi alle ruote delle automobili che portavano la diossina verso i laghi e le zone vicine. Per vari giorni scienziati, amministratori locali, uomini politici, dirigenti dellIcmesa, diffusero notizie contraddittorie. Ben pochi sapevano che cosa produceva la fabbrica e solo molti giorni dopo lincidente, al nome triclorofenolo fu associata la parola diossina. Eppure incidenti simili a quello dellIcmesa si erano gi verificati ed erano noti: la presenza di diossina era stata scoperta e descritta, fin dal 1970, nei defolianti (prodotti da triclorofenolo impuro di diossina) che lesercito americano spargeva in abbondanza nelle giungle del Vietnam infestate dai partigiani comunisti e dalla povera popolazione ostile agli arroganti invasori, e
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che provocarono morti e intossicazioni nelle popolazioni locali e fra gli stessi soldati americani. In quel luglio del 76 nessuno era veramente in grado di indicare gli effetti biologici e genetici del contatto con la diossina. Che cosa sarebbe accaduto ai figli delle donne incinte sulle quali era caduta la polvere tossica? Sarebbe stato opportuno consigliarle di abortire? Pagine di dolore e di spavento umano, pagine di crisi e incapacit e vilt del potere politico, di fallimento degli scienziati incapaci di analizzare i terreni contaminati, di suggerire dei rimedi per fermare la diffusione della diossina dai terreni di Seveso alle popolose zone circostanti. Ormai un capitolo lontano, dimenticato, della storia dellambiente: la biologa Laura Conti (1921-1993) ha scritto un bellissimo drammatico resoconto di quei mesi di dolori, vissuti accanto alle, e dalla parte delle, donne, nel libro Visto da Seveso, ormai una rarit. Negli anni successivi, la diossina di Seveso stata grattata dai muri della fabbrica, dal terreno contaminato, stata bruciata in Svizzera o sepolta chi-sa-dove, i danneggiati sono stati tacitati dai proprietari dellIcmesa con un po di soldi e tutti cercano ora di dimenticare. Il dramma di Seveso, per, non va dimenticato. Lultimo quarto del XX secolo stato dolorosamente costellato di altri incidenti e dolori e morti: a Massa Carrara, a Manfredonia, a Marghera, a Napoli, in Piemonte, in Sicilia, eccetera. Il lungo calvario delle Seveso italiane ha mostrato che il progresso tecnico-scientifico ci ha fatto circondare di impianti produttivi di cui ben pochi conoscono i processi e la composizione delle materie trattate e la natura delle merci fabbricate e delle scorie che si formano. Una diretti147

va dellUnione europea del 1982, con molte varianti successive, prescrive che le industrie a rischio debbano denunciare quali materie contengono quando queste superano un certo peso, ma il doveroso segreto industriale fa s che le relative notizie siano sepolti negli uffici e che linformazione della popolazione a rischio sia praticamente inesistente. Lesperienza e lo stesso evento di Seveso mostrano che i pericoli per la vita dei lavoratori e degli stessi cittadiniconsumatori derivano non soltanto dalle catastrofi, ma anche dalla diffusione e dispersione, nelle officine, nei negozi e nellambiente, di sostanze che sfuggono alla conoscenza dei singoli, dei governi, e ai controlli tecnici. La difesa della vita umana dipende invece dalla conoscenza, diffusa, popolare, delle attivit tecniche e delle materie con cui si viene a contatto, da una cultura delle fabbriche e delle cose, dalla pressione sui governi perch difendano la vita umana prima degli interessi degli affari. Solo cos sar possibile evitare che altre bambine, altre donne, altri cittadini siano esposti ad altre Seveso, che pure sono intorno a noi.

La trappola dellamianto

Fra il milione di meraviglie che Marco Polo (1250-1323) racconta di aver trovato nel suo lungo viaggio in Asia, una di quelle che hanno attratto maggiormente la curiosit stata la tovaglia che non brucia. Oggi sappiamo che si trattava di un tessuto di amianto, il minerale che si presen148

ta, nelle rocce, in sottili filamenti biancastri che si prestano ad essere filati e tessuti e che sono non infiammabili, anzi possono essere lavati mettendoli sul fuoco. Quellantico ricordo ha stimolato, alla met dellOttocento, numerose invenzioni che hanno poi assunto crescente importanza. Lamianto stato impiegato ogni volta che occorrevano delle pareti o dei manufatti resistenti al fuoco e alle alte temperature e con buon isolamento termico: lavvento dei treni e delle automobili richiedeva materiali per i freni e le frizioni capaci di resistere alle alte temperature dovute agli attriti e alla fine dellOttocento stato inventato il ferodo, un impasto di amianto e resine che poteva essere formato in dischi. Fili e tessuti di amianto si prestavano bene per la produzione di indumenti per vigili del fuoco; ma il grande successo dellamianto si ebbe con la scoperta che, proprio per la sua natura minerale, inorganica, si prestava bene ad essere impastato col cemento per formare dei pannelli e tubi di amianto-cemento commercializzati in tutto il mondo col nome di eternit (quasi a indicare il carattere eterno delle coperture di tetti e dei tubi di questo materiale), fibronit, ondulit, eccetera. Addirittura con lamianto-cemento potevano essere costruite vasche e contenitori inattaccabili dagli acidi e dotati di notevole resistenza meccanica: un trionfo. Lamianto-cemento appartiene alla serie delle invenzioni che, salutate allinizio come liberatorie, hanno poi rivelato di nascondere delle trappole che ne hanno provocato il declino. Ben presto si osservato un aumento delle malattie e dei tumori fra i lavoratori delle cave da cui veniva estratto lamianto. Nelle rocce, lamianto presente in piccola
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concentrazione in mezzo a una grande quantit di roccia inerte che deve essere frantumata e polverizzata per ricavarne le fibre di amianto che si liberano nellaria in polvere finissima. Una volta respirate, le fibre damianto, chimicamente inerti, con le loro estremit appuntite, provocano malattie respiratorie e mesoteliomi. I primi casi si sono osservati fra gli operai della principale miniera italiana di amianto che si trova a Balangero, in Piemonte. Poi altri casi sono stati osservati nelle operaie addette alla preparazione di fili e tessuti di amianto. Poi negli operai addetti alle fabbriche di amianto-cemento, presenti in varie zone dItalia, e negli abitanti delle zone circostanti. Varie fabbriche di amianto-cemento a Casale Monferrato, Massa Carrara, Bari, sono state in funzione per decenni, fino a quando non ci si resi conto che linterno degli stabilimenti e le zone vicine erano state contaminate da polvere di amianto e dovevano essere bonificate. Ugualmente ci si resi conto che fibre damianto, col passare del tempo e con lusura, si liberavano dalle pareti e dai soffitti contenenti amianto e posti nelle aule scolastiche come isolanti termici e acustici, e dai pannelli presenti nei vagoni ferroviari e nelle navi, finendo nei polmoni degli scolari e dei viaggiatori. E ancora: fibre di amianto vengono rilasciate nellaria durante lusura dei ferodi dei freni e delle frizioni. Poi sono aumentati i sospetti che anche le tubazioni di amianto-cemento usate per trasportare lacqua potabile, con lusura provocata dal passaggio continuo di acqua, potevano liberare fibre di amianto che finivano nellacqua del rubinetto. Poi sono finite sotto accusa le coperture ondu150

late di amianto-cemento che pure sembravano cos comode, poco costose, attraenti... ed eterne. Per farla breve, da una ventina di anni a questa parte gli organismi sanitari internazionali hanno cominciato a emanare delle norme (in Italia con la legge 257 del 1992) che limitano la massima quantit di fibre di amianto ammesse nellaria e nelle acque, una opportuna decisione che ha segnato da una parte un declino degli usi dellamianto, dallaltra la necessit di eliminare lamianto da tutti i manufatti in cui esso ancora si trova. E qui apparsa la gravit della trappola in cui lamianto ci ha fatto cadere. Bonifica operazione apparentemente facile, ma si tratta di pulire edifici e contenitori e suolo spazzando, grattando e raccogliendo miliardi di miliardi di finissime fibre tossiche, con il lavoro di operai esposti a pericoli ancora pi grandi di quelli degli operai che avevano estratto e istallato lamianto. La polvere di amianto, che si solleva nella bonifica delle fabbriche e degli edifici, vola allesterno e compromette la salute degli abitanti delle zone vicine. I milioni di tonnellate di coperture e pannelli di amianto-cemento, una volta smontati, nel caso migliore, vengono sistemati in discariche. Chi viaggia in treno vede dei binari occupati da vecchi vagoni ferroviari arrugginiti allaria e alla pioggia, con porte e finestre sigillate, che aspettano qualcuno che li liberi dai pannelli di amianto. Molte scuole hanno dovuto essere chiuse per togliere i pannelli e le pareti di amianto e sostituirli con altre. E quelli tolti dove finiscono? Si moltiplicano le ditte che dichiarano di essere in grado di effettuare bonifiche di zone contaminate, di smontare
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e smaltire manufatti di amianto, ma ben pochi controlli vengono fatti sullefficienza delle operazioni promesse. Talvolta addirittura, come si verificato, la malavita organizzata si appropria delle presunte bonifiche dei vagoni ferroviari. La lezione imposta da questa bomba ad orologeria ecologica altri casi di merci di successo che dopo poco hanno rivelato il loro carattere nocivo sono offerti dal Ddt, dal piombo tetraetile, dai clorofluorocarburi presenti a milioni di tonnellate nei frigoriferi e nei manufatti di resine espanse, dalle scorie radioattive delle centrali nucleari invita ad un riesame critico del passato e ad un esame preventivo delle innovazioni tecniche. E suggerisce anche delicati problemi giuridici: i fabbricanti delle merci nocive ne hanno tratto subito un profitto, ma chi paga i costi della riparazione dei danni provocati, a distanza di tempo, dalle loro merci? E dei malati e dei morti (supposto che la perdita della vita possa essere risarcita con denaro)? Si parla tanto di bioetica, ma non sar male cominciare a elaborare unetica delle merci e dellimpresa.

Le ragazze del radio

Il radio era stato scoperto nel 1903, a Parigi, da Marie Curie, la quale ne aveva isolato cento milligrammi da molte tonnellate di pechblenda: era stato questo largomento della sua tesi di laurea in chimica. Da parte loro, Frederick Soddy (1877-1956) ed Ernest Rutheford (1871-1937)
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avevano chiarito che il polonio e il radio si trovano nelle rocce terrestri, formati per decadimento radioattivo delluranio. Soddy scrisse alcune opere fondamentali, anche di carattere divulgativo, sul radio e contribu, insieme a Marie Curie, a richiamare lattenzione su questo elemento miracoloso, le cui radiazioni erano in grado di curare il cancro e che emetteva spontaneamente una luce bianca verdastra, osservabile anche al buio. La richiesta di radio e la sua produzione industriale aumentarono rapidamente. Marie Curie aveva usato, come materia prima per la preparazione del radio, la pechblenda ottenuta dai residui della lavorazione delle miniere di Joachimsthal (oggi Yachimov nella Repubblica Ceca), allora sotto lAustria. Il governo austriaco viet le esportazioni di pechblenda e svilupp una propria industria di fabbricazione del radio; unindustria del radio sorse in Svezia e poi in Francia, utilizzando minerali di uranio inglesi, e poi negli Stati Uniti dove si utilizzava come materiale di partenza la carnotite. Oltre che a fini medici, il radio veniva utilizzato per la produzione di vernici luminescenti che venivano applicate sulle lancette e sui numeri degli orologi, e in vari strumenti di misura che dovevano essere osservati al buio, come gli altimetri degli aerei. Negli stessi primi anni del Novecento stava infatti nascendo lindustria aeronautica e il mondo stava correndo verso la Prima Guerra Mondiale. Le eccezionali propriet del radio avevano sollecitato innumerevoli articoli di giornali e racconti; uno di questi, la traduzione di un libro americano del 1912 di Albert Dorrington (1874-1953), era stato pubblicato, col titolo Larma
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che uccide e risana, addirittura a puntate sulla Domenica del Corriere nel 1916. La diffusa curiosit internazionale aveva spinto imbroglioni e avventurieri a mettere in commercio rimedi contro il cancro. Uno di questi, chiamato Radithor, stato in commercio per anni in forma di sciroppo con una concentrazione di radio sufficiente ad uccidere molti degli entusiasti acquirenti. A dire la verit, gi nel 1906 erano apparsi articoli, anche della stessa Marie Curie, che mettevano in evidenza la possibile pericolosit del radio. Un numero crescente di medici morirono per eccessiva esposizione al radio e la stessa Marie Curie mor per lo stesso motivo, nel 1934. Qui interessa ricordare la storia della intossicazione delle operaie di una delle fabbriche americane di radio, la U.S. Radium Corporation, creata nel 1917 da un gruppo di imprenditori a Orange, nel New Jersey. Lo stabilimento produceva il radio dalla carnotite di un vicino giacimento e fabbricava delle vernici luminescenti costituite da colla, polvere di radio e acqua. Le vernici venivano spalmate, con un pennello, sugli orologi da una settantina di ragazze che lavoravano in uno stanzone pieno di polvere, senza precauzioni. Le ragazze alle quali nessuno aveva spiegato la ormai nota pericolosit del materiale che stavano maneggiando addirittura umidificavano con la saliva la punta dei pennelli e assorbivano cos continuamente radio. Era curioso, disse una delle ragazze, che quando ci si soffiava il naso anche il fazzoletto diventava luminescente; alcune, per far colpo sui fidanzati, si tingevano con la vernice radioattiva le unghie che apparivano luminose al buio. E poi tornavano al lavoro e ai loro pennelli.
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La prima a osservare dei disturbi fu una certa Grace Fryer che aveva lavorato a Orange dalla primavera del 1917 la produzione era al massimo perch la guerra in atto in Europa richiedeva orologi e strumenti luminosi al buio fino al 1920, quando si era licenziata per un altro lavoro. Un paio danni dopo aveva cominciato a perdere i denti e a osservare degli ascessi in varie parti del corpo. Nel frattempo, nel 1922, era morta Amelia Maggia, unaltra operaia addetta alla verniciatura nella U.S. Radium; come causa della morte le era stata diagnosticata la sifilide, ma il dentista che laveva in cura aveva osservato la rapida caduta dei denti e aveva cominciato a sospettare che la sua morte fosse dovuta al tipo di materia trattata nel posto di lavoro. A questo punto le morti sospette cominciarono ad attirare lattenzione di Walter Lippmann (1889-1974), un giornalista dassalto del quotidiano progressista New York World, e della Lega dei consumatori, unorganizzazione per la difesa dei consumatori e dei lavoratori La Fryer si rivolse allex-datore di lavoro per un rimborso delle spese mediche affrontate per curarsi, ma i dirigenti della U.S. Radium rifiutarono: i loro consulenti di parte, dopo aver visitato la ragazza, la dichiararono sanissima. Un medico assunto dalla U.S. Radium, il professor Cecil Drinker, osserv le condizioni di lavoro delle operaie e indic ai dirigenti che erano esposte ad un grave pericolo. Anche un chimico, un certo Lehman, aveva delle gravi lesioni alle mani; questo Lehman, peraltro, per fedelt al datore di lavoro, escluse che il disturbo potesse venire dal radio che maneggiava senza precauzioni (mor lanno dopo). Drinker sugger di modificare le condizioni di lavoro, ma limpresa
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si rifiut. Per onest, pubblic nel giugno del 1924 le sue osservazioni sulla fabbrica e denunci che le ragazze lavoravano a mani nude in uno stanzone pieno di polveri con grave esposizione al radio, al quale andavano imputate le gravi malattie. Drinker rifer che i campioni di polvere raccolti nello stanzone erano tutti luminosi al buio: anche i capelli, le facce, le mani, i vestiti e anche le sottovesti delle operaie erano luminescenti per colpa del radio. A questo punto, Grace Fryer decise di fare causa alla U.S. Radium. Nessun avvocato accett di difenderla fino a quando, nel 1927, trov un giovane avvocato, Raymond Berry, che cit in tribunale la U.S. Radium. Alla Fryer si unirono altre cinque operaie e ciascuna chiese 250mila dollari di danni. La U.S. Radium aveva trovato la solidariet degli imprenditori e medici che avevano fino allora venduto e prescritto medicine, dichiarate curative, al radio. Le ragazze che avevano maneggiato il radio potevano essersi ammalate per colpa della colla delle vernici, sostenevano. Il radio non poteva essere responsabile delle malattie osservate. Il caso di quelle che sarebbero state chiamate le ragazze del radio ebbe grande risonanza in America e in Europa e la stessa Marie Curie conferm che si erano ammalate per esposizione al radio in condizioni inadeguate. Le fabbriche di orologi luminescenti in altri Paesi usavano nei confronti degli operai ben altre precauzioni. La U.S. Radium che nel frattempo aveva dovuto chiudere nel 1926 lo stabilimento di Orange trasferendosi altrove e che aveva tacitato gli altri operai con 13mila dollari cerc di tirare in lungo il processo e intanto lo stato di salute
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delle operaie peggiorava continuamente. La Fryer, quando si present al processo, non aveva neanche la forza di sollevare il braccio per il giuramento e mor poco dopo. La relazione fra esposizione al radio e le malattie e le morti fu confermata quando, nel 1928, fu riesumato il cadavere di Amelia Maggia e fu costatato che le sue ossa erano radioattive. Altro che sifilide, come era stato diagnosticato sei anni prima! Il processo and avanti fino al giugno 1928, quando le vittime ottennero dalla U.S. Radium 10.000 dollari ciascuna (molto meno di quanto avevano chiesto), 600 dollari allanno fino a quando fossero vissute (e vissero tutte poco) e il rimborso delle spese mediche. Oltre a questa scia di morti, la U.S. Radium ha lasciato terreni contaminati dai residui contenenti radio gettati allesterno e che devono essere bonificati ancora oggi. La storia delle ragazze del radio richiam lattenzione dellopinione pubblica sulle condizioni di lavoro delle imprese che risparmiavano, esponendo i lavoratori a pericoli per la salute, e mostr che, con un poco di coraggio e di protesta, e con la solidariet e il sostegno di una parte della stampa e degli scienziati, possibile assicurare ai lavoratori condizioni di lavoro migliori. Che il discorso valga ancora oggi?

La tragedia di Marcinelle

Ogni tanto, qualche televisione ritrasmette le due puntate di una vecchia miniserie Rai del 2003, Marcinelle, sulla tragedia avvenuta in quella miniera belga di carbone l8 agosto
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1956. bene che qualcuno racconti e ricordi delle storie di lavoro e di incidenti nellambiente di lavoro in questo tempo in cui sembra cancellata dal vocabolario lodiata espressione classe operaia, che sa tanto di comunismo, e la stessa parola operaio viene usata il meno possibile, come se gli operai fossero scomparsi in questo mondo cos moderno. La storia della catastrofe di Marcinelle un concentrato di eventi. Lincidente avvenne in una miniera dellEuropa appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale, nella quale il grande flusso del petrolio e del gas naturale era appena allinizio e il carbone era la principale fonte di energia, cos come lo era per tutto il mondo. A dire la verit, con tutti i progressi che ci sono stati, il carbone ancora oggi il principale combustibile fossile: nel mondo milioni di minatori estraggono, ogni anno, circa settemila milioni di tonnellate di carbone e lignite dalle viscere della Terra, risorse nascoste a centinaia e migliaia di metri di profondit. Ogni giorno milioni di persone scendono dalla superficie nelle strette gallerie sotterranee in cui il nero carbone viene staccato, pezzo per pezzo, dalle pareti della miniera, viene caricato su nastri trasportatori e carrelli e viene poi portato in superficie con gli ascensori. Il carbone un materiale fossile nero, relativamente fragile, che genera, durante la frantumazione, polveri che vengono respirate dagli operai, anche se sono muniti di maschere e filtri, e che causano malattie polmonari dopo pochi anni di lavoro. Il pi grande nemico dei minatori il metano, il grisou, un gas infiammabile che rimasto intrappolato, nel corso di migliaia di secoli, dentro i giacimenti sotterranei di carbone e che continua a liberarsi nel158

laria delle gallerie a mano a mano che nuove superfici vengono a formarsi con la continua asportazione del carbone. Per lilluminazione delle gallerie oggi sono disponibili lampade elettriche, ma nel passato, per molti decenni, le uniche lampade disponibili erano lampade a fiamma libera che provocavano esplosioni quando la concentrazione di metano era superiore ad una soglia di sicurezza. Soltanto nel 1816, ad opera del grande chimico Humphrey Davy (17781829), sono state inventate le lampade di sicurezza da miniera, poi continuamente perfezionate. Per essere respirabile, laria delle gallerie, a centinaia di metri di profondit, deve essere continuamente ricambiata. Fra cattiva ventilazione, polveri, scarsa illuminazione e fatica fisica, il lavoro dei minatori del carbone fra quelli pi usuranti e pericolosi che ci siano. Rispetto alle condizioni di lavoro delle miniere dellOttocento e a quelle descritte nel telefilm, peraltro ambientato in una vera miniera in Polonia, oggi le condizioni di sicurezza sono un poco migliorate, anche se gli incidenti continuano a verificarsi e comportano un sacrificio di migliaia di vite umane ogni anno in Cina, Stati Uniti, India, Australia, Russia, Sud Africa, Cile, eccetera. Non bisognerebbe dimenticarlo, perch lelettricit che consente di accendere le lampadine, i televisori, le lavatrici, i frigoriferi, prodotta nelle centrali termoelettriche a carbone italiane, pagata dalla fatica di qualche operaio in qualche miniera in qualche parte del mondo. C un contenuto di dolore in ogni bolletta dellelettricit. Erano ancora infami le condizioni di lavoro nelle miniere del Belgio negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento.
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In Belgio, in quegli anni, non cerano abbastanza minatori e il governo belga strinse con quello italiano, nel marzo e giugno 1946, un accordo con cui lItalia incoraggiava lemigrazione nel Belgio di operai per le miniere e, in cambio, il Belgio assicurava la vendita del carbone a prezzi di favore allItalia, affamata di energia. Negli anni successivi, migrarono nel Belgio oltre 50mila operai (dovevano essere giovani, in buona salute e dovevano restare per almeno un anno in quel freddo e lontano Paese). Venivano dalla Sicilia, dove erano state chiuse le miniere di zolfo, dalla Calabria, dalla Puglia, dalle Marche. Un anno di lavoro di un operaio italiano nelle miniere del Belgio valeva per lItalia circa una tonnellata di carbone a basso prezzo. Gli operai italiani nel Belgio vivevano in condizioni miserabili, in povere baracche; in questo viaggio della speranza alcuni avevano portato le famiglie, altri avevano portato la struggente nostalgia delle famiglie lontane a cui mandare il povero salario. La condizione degli immigrati era ancora pi triste per lostilit che la popolazione locale manifestava per questi stranieri di lingua e abitudini diverse, che non portavano vantaggi economici; alcuni locali pubblici vietavano laccesso ai cani e agli italiani. Nella miniera di uno di questi paesini, Marcinelle, vicino Charleroi, avvenne lincendio e il crollo delle gallerie che cost la vita a 262 minatori, di cui 136 italiani, e che dest, in quel lontano 1956, unenorme impressione in Italia e nel mondo. Lincidente fu provocato dalla arretratezza delle strutture, dalla mancanza di manutenzione, dallegoismo dei proprietari che avevano gi deciso di chiudere la miniera e volevano sfruttare fino allultimo le riserve di carbone e il lavoro dei minatori.
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Dovremmo chiederci pi spesso che ambiente fa anche nelle fabbriche, nei cantieri, nelle miniere e nelle cave, negli stessi campi in cui i lavoratori sono esposti a sostanze tossiche e a pericoli; e spesso questi lavoratori sono immigrati, circondati da ostilit, come lo erano gli italiani nel Belgio. Non dimentichiamolo, perch c qualche famiglia, in qualche lontana parte del mondo, che mangia del pane che ha dentro di s il dolore dei parenti lontani, in Italia; come, appena pochi anni fa, molte famiglie siciliane e calabresi mangiavano del pane che aveva dentro di s il dolore dei minatori italiani lontani, nel Belgio.

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Rifiuti

La riciclo-logia

I numeri parlano da soli: ogni anno in Italia si producono (2010) circa 150 milioni di tonnellate di rifiuti solidi, il doppio del peso del petrolio greggio importato e raffinato in Italia, venti volte di pi del grano prodotto, quasi quattro volte di pi del cemento prodotto in Italia nello stesso anno. Di questi 150 milioni di tonnellate, quasi 40 milioni sono costituiti dai rifiuti urbani, quelli che escono ogni giorno da milioni di famiglie, di uffici, di negozi, che si accumulano nei puzzolenti cassonetti, quelli che finiscono nel terreno clandestinamente e quelli che vengono buttati via senza che nessuno se ne accorga, qua e l, dove capita. Ma poi esistono i rifiuti delle demolizioni degli edifici, i rottami di macchinari, gli scarti di lavorazioni industriali e tanti altri. Eppure possibile trasformare, almeno in parte, questi scarti, rottami e rifiuti in materiali utili, in ricchezza; addirittura molte leggi nazionali e la stessa legge europea prescrivono il riutilizzo dei rifiuti a fini produttivi, per rispar162

miare materie prime, alberi, petrolio, minerali e per evitare la contaminazione ambientale dovuta alle discariche e agli inceneritori. Purtroppo, nonostante i fiumi di parole che ogni anno vengono scritti e detti sui rifiuti e sul loro riutilizzo, la maggior parte di questi rifiuti va perduta o distrutta, sepolta nelle discariche o bruciata negli inceneritori, pudicamente chiamati termovalorizzatori. Ci dovuto a coincidenti interessi: i profitti che pochi grandi gruppi ricavano dallo smaltimento in discarica o dalla vendita e gestione di inceneritori, grazie anche a incentivi statali che premiano la costosa elettricit prodotta bruciando i rifiuti. I nemici del riciclo dei rifiuti fanno inoltre circolare il falso mito che le merci riciclate costano troppo e sono di peggiore qualit rispetto alle merci prodotte con nuovi minerali, nuova cellulosa, nuova plastica, nuovo vetro, nuovi metalli. La delusione verso il riciclo dei materiali separati dai rifiuti deriva anche dal fallimento di una coraggiosa azione di ricerca scientifica e tecnica e dalla mancanza di una cultura dellinvenzione e dellinnovazione. A molti studiosi universitari fa un po schifo pensare come possibile trasformare la plastica usata in oggetti ancora utili, la carta usata in materiali da costruzione, il vetro usato in abrasivi, eccetera. Eppure, tutte queste e molte altre soluzioni sono possibili attraverso la diffusione di una nuova scienza del riciclo che chiamerei riciclo-logia molto pi difficile, ma proprio per questo pi affascinante, della normale merceologia. Chi volesse affrontare tale nuova scienza, pu avere il conforto della storia. Oggi, oltre la met dellacciaio prodotto
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nel mondo viene dal riciclo di macchinari usati; la met dellalluminio prodotto dal riciclo di oggetti di alluminio, con forte risparmio di energia e di acqua; la quasi totalit dei cartoni da imballaggio sono ottenuti da carta straccia riciclata. Ma anche il presente offre motivi di speranza: esistono gi imprese che fabbricano mobili, attrezzi da giardino, contenitori di plastica riciclata, addirittura usando miscele di plastica usata non omogenee. Il bitume viene strappato dalle strade usurate e rifuso e steso di nuovo per la pavimentazione delle stesse strade. Polvere di vetro usato viene impiegata come antiscivolo sui pavimenti. Purtroppo, si tratta soltanto di pochi passi rispetto a quello che si potrebbe fare. Negli Stati Uniti, i processi di riciclo sono in continuo declino, a favore, anche l, di discariche e inceneritori, mentre intere navi di merci usate, dalla plastica alla carta, ai computer, agli elettrodomestici vengono inviati in Estremo Oriente dove vengono trattati e riciclati e trasformati in merci nuove che magari ritornano negli stessi Stati Uniti o vengono da noi in Europa. Non solo questione di basso costo della mano dopera, ma di capacit inventiva e imprenditoriale. Il successo della riciclo-logia presuppone varie azioni. La prima un genuino rilancio della raccolta separata, a livello delle singole famiglie, delle varie frazioni dei materiali presenti nei rifiuti domestici che sono suscettibili di riciclo in nuove merci. Se si miscela plastica e vetro, plastica e carta, vetro e lattine e magari tutto insieme al comune pattume, non si ricupera pi n plastica, n vetro, n carta, n metalli in forma riciclabile. La seconda una crescita della consapevolezza da parte
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dellopinione pubblica che la raccolta separata e il riciclo sono operazioni che giovano alla comunit e alleconomia nazionale, sotto forma di minori importazioni, di aumento delloccupazione, di minore inquinamento. Non basta marciare contro gli inceneritori se non si ha chiaro che lalternativa la raccolta separata e il riciclo, operazioni del resto indicate come priorit dalla troppo disattesa normativa italiana sui rifiuti. La terza azione una crescita della cultura tecnico-scientifica. Qualsiasi materiale separato dai rifiuti pu essere trasformato in nuove merci se si conoscono la sua composizione chimica e le sue caratteristiche fisiche: occorre, insomma, una merceologia dei materiali destinati al riciclo. Si tenga presente che i nemici delle operazioni di riciclo, quelli che si vedono sfuggire di mano gli affari delle discariche o la possibilit di bruciare plastica e carta negli inceneritori, sono capaci di invocare lecologia per sostenere che il riciclo inquina di pi dellincenerimento, il che non vero. In questa direzione va anche il mito, prima ricordato, delleccessivo costo delle merci riciclate, come se linquinamento, le malattie, la migrazione di rifiuti da un Paese allaltro, la gestione di discariche e inceneritori, non avessero degli elevati costi che proprio il riciclo potrebbe evitare. Una quarta linea dazione riguarda linnovazione: la produzione di nuove merci e manufatti partendo dalle frazioni di materiali recuperate dai rifiuti, con una intelligente raccolta separata, sono tipiche iniziative da piccole imprese, animate da una capacit di guardare al futuro. Il mercato dei nuovi manufatti e materiali ottenuti dal riciclo pu essere rappresentato da una crescente sensibilit dei consumato165

ri, da una pubblica amministrazione attenta ad una nuova economia, e anche qui da ricerche sulla qualit merceologica delle merci riciclate. Qualcosa si sta muovendo anche in Italia, ma purtroppo i problemi del riciclo delle merci usate sono troppo poco presenti nelle pubbliche amministrazioni, nelle universit, fra le organizzazioni di imprenditori, quelle cooperative e dei lavoratori. E, ancora peggio, sono troppo poco presenti nel mondo della politica.

Loro nelle fogne

Ricordate quando Jean Valjean raccoglie Marius ferito e svenuto durante lultimo assalto dei soldati alla barricata dei patrioti repubblicani asserragliati in rue de la Chanvrerie, in quel drammatico giugno del 1832? Jean Valjean sapeva che doveva, per amore della figlioccia Cosetta, salvare il giovanotto che lei amava e non aveva di fronte altra via che rifugiarsi, attraverso una botola nel pavimento stradale, nelle fogne di Parigi. A questo punto, Victor Hugo (1802-1885) si ferma e dedica lintero secondo libro della quarta parte de I miserabili (1862) ad una lunga e dettagliata analisi che figurerebbe bene in un trattato di ecologia. Parigi butta nellacqua venticinque milioni (di franchi dellepoca, NdA) allanno, giorno e notte. Si tratta del valore delle sostanze organiche che le fogne della citt raccoglievano, lasciavano scorrere nella Senna e poi nel mare, e che avrebbero potuto invece essere utilizzate come concimi
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per aumentare la produzione dei campi. Il nostro concime oro, continua lo scrittore, e che cosa facciamo di questo oro-concime? Lo spazziamo via nellabisso. Con grande dispendio mandiamo convogli di navi per raccogliere al polo australe gli escrementi delle procellarie e dei pinguini (Hugo fa riferimento alle importazioni dal Per e dal Cile del guano usato come concime, NdA), e gettiamo nel mare lincalcolabile elemento di ricchezza che abbiamo sotto mano. Tutto lingrasso umano che il mondo perde, restituito alla terra invece dessere buttato nellacqua, basterebbe a nutrire il mondo. Nella met dellOttocento era in corso un vasto dibattito in tutta Europa: la rapida industrializzazione e diffusione di un certo benessere stava facendo aumentare la popolazione e quindi la richiesta di cibo, mentre le rese dei campi diminuivano anche per la continua migrazione dei contadini verso le fabbriche in citt e per la graduale diminuzione della fertilit del suolo, malamente sfruttato da decenni. Gli scienziati scrivevano sui giornali che la soluzione andava cercata nelladdizione al terreno di concimi che venivano dagli escrementi animali, ma che dovevano anche essere importati. I prodotti di trasformazione degli escrementi di uccelli marini (guano) ricchi di azoto e fosforo, i due elementi essenziali per il terreno, venivano dal Per, mentre dal Cile arrivavano i nitrati, di cui esistevano grandi giacimenti. I sottoprodotti della siderurgia, infine, contenevano fosforo. Azoto, fosforo e potassio erano e sono i principali elementi nutritivi del suolo, trasferiti poi nei prodotti agricoli e negli alimenti. Ma lazoto, il fosforo e il potassio presenti negli alimenti
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umani si ritrovano anche in gran parte negli escrementi che, per ragioni igieniche, venivano convogliati nelle fogne urbane e finivano perduti nel mare. Victor Hugo si fa, cos, interprete dellinvito, formulato da vari scienziati, fra cui il grande chimico tedesco Justus von Liebig (1803-1873), a riutilizzare le sostanze nutritive presenti nelle fogne con adatti processi capaci di trasformarle in concimi. Se vivesse oggi, lautore de I miserabili resterebbe sbalordito osservando che, con tutta la nostra scienza, anche nelle nostre citt il grande valore delle sostanze nutritive delle fogne loro-concime viene gettato nei fiumi e nel mare. Con lulteriore aggravante che lazoto e il fosforo degli escrementi diventano concime per le indesiderabili alghe che si moltiplicano, soffocando i laghi e il mare, per il fenomeno delleutrofizzazione. Questultima una specie di iper-nutrimento delle alghe, dovuto a quelle sostanze che tanto meglio sarebbero utilizzate nei campi per far crescere grano e barbabietole. Esiste naturalmente una grande attenzione per la depurazione delle acque di fogna urbane. Sono noti apparecchi che trattano le acque usate, dapprima facendo depositare le sostanze sospese, come le polveri della spazzatura stradale (trascinate delle piogge nelle fogne) o le materie solide che le persone distrattamente gettano nei gabinetti (residui di cibo, carta e quei terribili batuffoli per la pulizia delle orecchie, indistruttibili, che vanno ad intasare filtri e tubazioni). La frazione liquida viene poi filtrata in modo da separare le parti pi grossolane che costituiscono un fango che va ad aggiungersi ai rifiuti solidi urbani. Infine, nei depuratori pi progrediti (ma ce ne sono trop168

po pochi in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno), i liquidi sono soggetti ad un trattamento con batteri che decompongono le sostanze organiche. Quasi tutta lacqua che entra, costosa e pulita, in una citt fuoriesce contaminata e deve essere eliminata per lo pi nei fiumi, nei laghi e nel mare dove disperde il suo carico inquinante. Non a caso si parla di metabolismo urbano per ricordare che la citt, come il corpo umano, trasforma tutto quello che la alimenta dal cibo, alle materie plastiche, ai residui dei combustibili, alla carta, eccetera e lo disperde nelle acque di fogna. Si potrebbe recuperare qualcosa? Anzitutto, come molti chiedono a gran voce, bisognerebbe recuperare almeno una parte delle acque usate che potrebbero trovare, dopo opportuna depurazione, impiego come acqua da irrigazione. E poi potrebbe essere recuperata almeno una parte delle sostanze adatte come concimi. Purtroppo, il miope progresso merceologico ha introdotto nella vita domestica e urbana moltissime sostanze estranee ai puri e semplici cicli vitali umani. Ai tempi de I miserabili, lunico detersivo era il sapone, facilmente degradabile ed eliminabile; oggi i perfetti preparati per lavare con i tensioattivi sintetici in miscela con altri ingredienti, appena intuibili leggendo le etichette dei fustini, contengono sostanze che, se finissero nei campi, danneggerebbero la crescita delle piante. Altrettanto dannosi sono i sempre pi raffinati prodotti chimici sintetici usati come cosmetici, creme, coloranti per capelli, deodoranti. La maggior parte delle persone, quando li usa, con soddisfacenti risultati per la bellezza e la moda, non pensa che essi non scompaiono, ma vanno a finire nei lavandini e nei gabinetti, poi
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nelle fogne, poi nei depuratori (dove esistono), intralciandone il funzionamento. Per non citare i batteri e i virus che, se finiscono nei campi e sulla verdura, diffondono epidemie. Cos la ricchezza contenuta nei prodotti del metabolismo urbano, invece di diventare oro-concime per lagricoltura, va in gran parte perduta quando non finisce per intossicare la natura. Naturalmente, migliaia di chimici, biologi, ingegneri nel mondo stanno affrontando il problema sperimentando trattamenti chimici e microbiologici, talvolta con successo. Il cammino per ancora lungo e il premio, per chi riuscisse a depurare e recuperare sostanze commerciali dai centomila miliardi di litri di acqua che ogni anno entrano nelle case del mondo e ne escono carichi di rifiuti, la coscienza di aver alleviato, almeno un poco, la fame e di aver migliorato la salute dei nostri concittadini della Terra.

Quanto cibo buttato via

Qualche tempo fa, in Inghilterra sono stati resi noti i risultati di unindagine condotta da Lord Haskins, che stato consulente del governo per gli affari agricoli e alimentari. Ogni anno in Inghilterra vengono gettati via circa 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di circa 40 miliardi di euro. Lord Haskins ha fatto notare che la massa di alimenti gettata dagli inglesi nei rifiuti equivale a circa la met delle importazioni alimentari dellintera Africa e se fosse possibile evitare di gettare via anche solo una parte di tali alimenti, si contribuirebbe a fare fronte alla
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crescente scarsit di cibo nei Paesi poveri. La popolazione di questi Paesi, in aumento di circa 70 milioni di persone allanno, sempre pi difficile da sfamare, a causa dellaumento continuo dei prezzi dei prodotti agricoli e alimentari nel mercato internazionale. la fame, e lo spettacolo dellegoismo e degli sprechi dei Paesi ricchi, alla base di ribellioni e violenza in molti Paesi poveri. Il Consiglio nazionale dei consumatori inglesi ha riconosciuto una delle fonti di spreco degli alimenti nella politica di promozione delle vendite praticata da molti supermercati: compri-due-e-paghi-uno; anche per questo i consumatori inglesi gettano via circa un terzo dei prodotti alimentari che acquistano. Lord Haskins ha sollecitato il governo inglese a prendere provvedimenti per diminuire linaccettabile spreco di cibo che rappresenta uno dei pi vergognosi aspetti delle moderne societ dei consumi. E gli italiani quanti alimenti sprecano? Una risposta presuppone la disponibilit di una buona contabilit, in unit fisiche, dei flussi di materiali fra cinque importanti settori economici e merceologici: quello agricolo, quello agroindustriale, quello della distribuzione, quello dei consumi finali delle famiglie (un termine che comprende qualsiasi unit in cui si consuma del cibo, compresi ospedali, mense, ristoranti, caserme, scuole, eccetera) e infine il settore dei rifiuti solidi. Ogni chilo di cibo carne, pasta, vino, acqua in bottiglia, frutta e verdura, eccetera che arriva sulla nostra tavola ha fatto un lungo cammino. Lasciamo per il momento da parte la storia merceologica degli alimenti importati e limitiamoci a quella degli alimenti di produzione nazionale. Storia merceologica e storia naturale perch, da questo
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punto di vista, gli esseri umani non sono diversi dagli altri animali che gli ecologi chiamano consumatori di alimenti forniti sia dai vegetali (che gli ecologi chiamano organismi produttori), sia da altri animali. Il ciclo dellalimentazione umana comincia dallagricoltura in cui si formano, per fotosintesi con lenergia solare, cereali, frutta, verdura, patate, pomodori, eccetera, e altri vegetali che saranno usati come alimenti per gli animali da allevamento: bovini, pollame, eccetera. Di tutto quello che la natura produce, solo una parte diventa cibo umano: i prodotti agricoli sono trattati dallindustria che li trasforma in alimenti commerciali come pasta, farina, conserve, zucchero, eccetera. Gi qui si cominciano ad avere delle prime perdite di prodotti che sarebbero utili per lalimentazione, ma che finiscono negli scarti o nei rifiuti perch non sono graditi ai consumatori. Lindustria agroalimentare vende gli alimenti non direttamente alle famiglie, ma al settore della distribuzione, i cui negozi possono essere vicini o lontani, possono essere piccole botteghe o grandi supermercati. Di tutto quanto entra nella distribuzione, solo una parte viene acquistata, unaltra parte si altera, o rappresenta scarti e finisce nei rifiuti. Nei negozi entrano le folle di consumatori, i quali comprano quanto occorre in casa, ma anche prodotti in eccesso rispetto ai bisogni, talvolta attratti dalla comodit di fare rifornimenti per alcuni giorni, oppure perch attratti da sconti, offerte speciali, eccetera. A questo punto, i prodotti acquistati entrano nelle cucine o nei frigoriferi e qui diventano il cibo che mangiamo quotidianamente, ma una parte non viene consumata in tempo, prima della scadenza, e viene gettata via perch alterata. Cos, una parte del
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cibo viene gettata via. Badate che sto parlando delle sostanze alimentari, nutritive, non degli imballaggi con i quali gli alimenti hanno viaggiato dai campi alle industrie, ai negozi fino a casa. Gli imballaggi di metallo, plastica, vetro, carta e cartone, eccetera finiscono direttamente nei rifiuti. Non facile avere statistiche accurate di questi flussi, ma in maniera molto approssimata si pu stimare che la massa degli alimenti consumati in Italia si aggiri, ogni anno, intorno a 25 milioni di tonnellate (in questa cifra sono comprese le bevande che sono in gran parte acqua), per una spesa di circa 50 miliardi di euro; pi o meno, in grossolana media, un paio di euro al chilo di alimenti veri e propri. Altrettanto difficile avere statistiche della massa di prodotti alimentari che finiscono, non utilizzati e come scarti, nei rifiuti. La sola massa dei rifiuti solidi urbani di quasi 40 milioni di tonnellate allanno e ci si deve accontentare anche qui di stime. Detratta una decina di milioni di tonnellate di imballaggi dei prodotti alimentari, detratta una stima delle sostanze nutritive vere e proprie che vengono mangiate dalle persone, si pu stimare che i rifiuti e gli scarti ancora dotati di valore alimentare si aggirino intorno a 10-15 milioni di tonnellate allanno. quel pane, frutta, verdura, pasta cotta e non consumata, eccetera, che molte famiglie, mense e ristoranti gettano via e che riempie i sacchetti di immondizie. Se si aggiungono circa sei milioni di tonnellate di sostanze, ancora di valore alimentare, che ogni anno vengono scartate e gettate via dallagricoltura, dallindustria di trasformazione e dalla distribuzione, si possono ragionevolmente sti173

mare in circa 20 milioni di tonnellate allanno gli sprechi alimentari. Purtroppo, si tratta pi o meno della stessa massa di materia alimentare gettata via dagli spreconi inglesi e che, anche nel caso italiano, corrisponde ad un valore monetario di circa 40 miliardi di euro allanno. Le precedenti considerazioni hanno risvolti merceologici, economici, politici ed etici. Se a qualcuno stesse a cuore il diritto di tanti terrestri ad una alimentazione sufficiente, dovrebbero essere presi accorgimenti per diminuire tale spreco, con una migliore organizzazione dei cicli produttivi dellindustria alimentare e con migliori accorgimenti nella distribuzione. Molto possono fare le accorte massaie nella gestione dei frigoriferi e con ricette che utilizzino i residui ancora buoni. In tempi antichi, ai bambini si raccontava la favola di Ges che scendeva da cavallo per raccogliere da terra una briciola di pane il cui spreco era un peccato. Ci stiamo piangendo addosso per le montagne di rifiuti da seppellire o da bruciare, ma unaccorta gestione della vita domestica, oltre a sfamare un po di affamati, ridurrebbe anche della met il costo e la richiesta delle discariche e degli inceneritori.

Carburanti dal pattume

Alcuni ritengono che i rifiuti urbani siano una delle potenziali fonti di energia del futuro. Di tutte le merci alimenti, tessuti, carta, imballaggi, mobili, eccetera che entrano nellecosistema citt e nellecosistema casa, solo una piccola frazione, circa il 10%, costituita da alimenti che vengo174

no bruciati nel corpo umano, il resto finisce nei rifiuti e una parte di questo 90% rappresentato da materiale combustibile: rifiuti di alimenti, scarti vegetali e animali, dei macelli e dei mercati generali, plastica, carta e cartoni, legno, stracci, eccetera. Il loro smaltimento pu avvenire o in discariche o in inceneritori, operazioni che distruggono materie che potrebbero essere riutilizzate e riciclate, e che sono le meno costose e le pi nocive dal punto di vista ambientale. Gli inceneritori, soprattutto, sono oggetto di innumerevoli contestazioni perch generano fumi e residui (ceneri) inquinanti; daltra parte sono molto amati dalle imprese di smaltimento dei rifiuti perch producono energia elettrica che pu essere venduta con buoni profitti, grazie ai contributi dati dallo Stato (cio da tutti noi cittadini che paghiamo le tasse), nel nome dellecologia, facendo finta che si tratti di una fonte energetica rinnovabile, il che non . Non meraviglia che in tanti cerchino di inventare inceneritori meno esposti alla contestazione. Qualche tempo fa, nel 2009, la compagnia britannica di bandiera ha deciso di costruire un impianto industriale per produrre una parte del carburante per i suoi aerei dai rifiuti delle citt vicine. Che sia stato scoperto qualche nuovo processo per eliminare gli ingombranti rifiuti e addirittura produrre carburanti utili? Il processo su cui si basa la nuova impresa non nuovissimo, anzi una variante di uno dei tanti processi di incenerimento, quello chiamato a volta a volta di dissociazione molecolare, torcia al plasma, gassificazione, talvolta pirolisi. Esso consiste nel far passare i rifiuti sminuzzati in uno spa175

zio ad altissima temperatura, circa 5000 gradi, in cui la materia organica brucia e si decompone e la parte inorganica dei rifiuti (metalli, ceramiche, vetro, eccetera) fonde e si trasforma in un materiale utilizzabile come riempimento stradale, ingrediente del cemento e simili. Sempre di incenerimento si tratta, anche se le ceneri alla fine si recuperano in forma fusa anzich pulverulenta. Lunica variante sta nel trattamento ad alta temperatura realizzata con un arco elettrico che scocca fra due elettrodi attraversati da una corrente elettrica. Il nome plasma, attribuito talvolta a questo processo, si riferisce in realt ad uno stato della materia ad altissima temperatura che si ha quando un arco elettrico fatto passare, in opportune condizioni, attraverso una massa di gas che assumono uno stato di altissima agitazione. Uno stato di plasma quello che si cerca di raggiungere nella speranza che i nuclei di deuterio e trizio fondano insieme, liberando energia ad alcuni milioni di gradi di temperatura; una condizione che si verifica nelle bombe a idrogeno in cui laltissima temperatura di innesco provocata dallesplosione di una bomba a uranio. Nessun reattore nucleare a fusione ha mai funzionato nel mondo se non per uno o due secondi. Quello degli inceneritori quindi un plasma per modo di dire, piuttosto un arco elettrico, chiamato anche torcia. Gli inceneritori ad arco possono essere costruiti con molte varianti; nel caso dei rifiuti di cui si parlava allinizio, lidea di condurre la decomposizione della materia organica dei rifiuti, che contiene carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, eccetera, in modo da ottenere due gas, ossido di car176

bonio e idrogeno, gli stessi che si formano per pirolisi (decomposizione mediante calore) di qualsiasi materia organica. La miscela di ossido di carbonio e idrogeno detta anche gas di sintesi o Syngas, o gas dacqua, perch originariamente si otteneva trattando con vapore acqueo il carbone ad alta temperatura. La miscela pu essere trasformata in idrocarburi simili a quelli della benzina o del cherosene di origine petrolifera, quelli che interessano la societ aerea di cui si parlava allinizio, mediante un processo inventato negli anni Venti del Novecento dai chimici tedeschi Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-1935) per ottenere la benzina sintetica in condizioni autarchiche quando manca il petrolio ed disponibile carbone. stato impiegato nella Germania nazista e per alcuni anni in Sud Africa. La grande innovazione consisterebbe quindi nel produrre la miscela di ossidi di carbonio e idrogeno per trattamento ad alta temperatura del pattume. Gli inceneritori, detti a torcia o plasma, hanno i loro problemi: larco elettrico deve essere raffreddato con acqua, le pareti interne dellinceneritore devono essere rivestite di materiale refrattario, c un consumo di elettricit per tenere in funzione larco elettrico e un consumo del materiale degli elettrodi. Inoltre, la corrente di gas destinato alla sintesi trascina con s gas contenenti altri elementi presenti nella materia organica, come composti dello zolfo e ossidi di azoto, e polveri contenenti i metalli volatili presenti nei rifiuti, per cui devono essere sottoposti a processi di depurazione e filtrazione. C un futuro per questi tipi di trattamenti? La compagnia inglese prevede almeno altri tre anni di studi e perfezionamenti prima che il nuovo carburante sintetico possa entra177

re nei serbatoi degli aerei, per ora una testimonianza pubblicitaria di amore per lecologia. Per il resto, i molti tentativi di costruire degli inceneritori a plasma per rifiuti urbani non hanno avuto grande successo. Credo proprio che la vera soluzione per il problema dei rifiuti sia produrne di meno; il che sembra difficile se limperativo consumare di pi, che significa produrre pi rifiuti. Come uscire da questa trappola?

Lana verde

La moda scopre lecologia. Il fine della moda quello di inventare sempre nuovi oggetti e merci da proporre per indurre allacquisto i consumatori gi sazi: nuovi vestiti al posto di quelli gi posseduti, nuove scarpe anche quando ogni persona ha soltanto due piedi, nuove automobili anche quando non si sa dove metterle, di giorno e di notte, e cos via. questo, dicono, che tiene in vita leconomia. Nella sua ricerca di novit, la moda pu anche scoprire qualcosa di favorevole allambiente; il caso della riscoperta di tessuti e indumenti fatti con fibre tessili e con materiali naturali, biodegradabili, ottenuti con processi meno inquinanti, in alternativa a quelli finora ottenuti dal petrolio. Lultima arrivata la lana verde, fabbricata riutilizzando la lana usata, una tecnologia nota da secoli e di cui la citt toscana di Prato stata la fortunata capitale mondiale per decenni. La lana vergine, ricavata dal vello delle pecore, bella, ma non priva di inconvenienti ecologici. La sua trasformazione dal corpo delle pecore al tessuto un lungo
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processo produttivo; la tosa delle pecore fornisce della lana greggia che rivestita di sporcizia e di una sostanza cerosa, la lanolina, che devono essere eliminate, in genere sul luogo di produzione. Talvolta la lana viene esportata in forma sudicia, sucida, come si dice, e deve essere lavata nel luogo di arrivo e di trasformazione. Leliminazione delle sostanze che sporcano la lana comporta inquinamento delle acque, anche se consente il recupero di un sottoprodotto, la lanolina, che trova impiego commerciale, per esempio in cosmesi. La lana greggia, che ha fibre abbastanza corte, di alcuni centimetri, prima della filatura deve essere oliata per aumentare ladesione fra le singole fibre e la trasformazione in sottili fili continui; il filato che cos si ottiene deve essere lavato con detergenti sintetici prima della tintura e della tessitura e anche questo lavaggio genera inquinamento delle acque. A sua volta, il processo di tintura con coloranti sintetici e il successivo lavaggio delle fibre colorate comporta anchesso altro inquinamento delle acque. Infine, gli indumenti di lana usata, dopo un tempo pi o meno breve, vanno ad aumentare la massa di rifiuti solidi. Alcuni di questi disturbi ambientali possono essere evitati riutilizzando la lana usata; talvolta si tratta di ritagli di lavorazione della biancheria di lana (e in questo caso si ha a che fare con lana bianca di alta qualit) che possono essere facilmente sfibrati e ritrasformati in filati e tessuti bianchi e colorati con minore inquinamento delle acque. In altri casi, si tratta di fibre o tessuti colorati, talvolta ritagli di sartoria, talvolta indumenti usati pi o meno puliti, che pure sono oggetto di un vasto commercio internazionale. Il nome volga179

re stracci, ma in realt si tratta di materiali riutilizzabili con processi ben noti: dapprima in genere gli stracci vengono separati a seconda del colore e a seconda delleventuale presenza di altre fibre, dopo aver tolto bottoni e cerniere. A questo punto inizia un processo di sfibratura e filatura con speciali macchinari che forniscono il tessuto cardato. Se il processo di cardatura viene applicato a fibre gi colorate possibile ottenere filati e quindi tessuti colorati senza impiego di altri coloranti sintetici, evitando cos gli inquinanti processi di tintura. La capitale mondiale di questa tecnologia sempre stata Prato che dal Medioevo produce e commercia, oltre a tessuti di lana, anche tessuti di lana rigenerata che vengono anche esportati (le divise della gloriosa Armata Rossa sovietica per anni sono state realizzate con cardato pratese). Gli stracci, ma qui li chiamano cenci, hanno fatto la fortuna di imprenditori, inventori di macchine e tessitori di questa industriosa citt, da molti anni diventata capoluogo di provincia, nella quale ogni anno vengono riciclate 22mila tonnellate di lana usata. E oggi, alla luce della nuova attenzione ecologica, la lana rigenerata giustamente presentata come lana verde, prodotta con processi che, fra laltro, non comportano immissione nellambiente del gas serra anidride carbonica, al punto che i tessuti cos fabbricati meritano il nome cardato CO2 neutral, che non contribuiscono ad alterare il clima. Si susseguono, sempre pi spesso, delle manifestazioni di moda ecologica per far conoscere e valorizzare, giustamente, questa attivit italiana. Senza contare che, con opportune modifiche dei capitolati di acquisto delle merci per la pubblica amministrazione, la lana rigenerata potreb180

be essere impiegata per divise e indumenti di dipendenti pubblici nellambito della politica degli acquisti verdi che sono imposti dalla legge sullo smaltimento dei rifiuti, ma che sono ancora cos poco praticati. E bisogna fare presto, perch la produzione di lana rigenerata sta ormai attirando lattenzione di altri Paesi industrializzati, tanto pi che dai Paesi asiatici sta arrivando in Europa un crescente flusso di stracci di lana e di altre fibre tessili. La pi antica tradizione di produzione di tessuti di lana cardata al di fuori dellItalia si ha in Inghilterra, dove la lana rigenerata shoddy ha cominciato ad essere prodotta agli inizi dellOttocento, quando le guerre napoleoniche fecero cessare lafflusso in Inghilterra delle lane spagnole. Un certo Benjamin Law (1773-1837) inizi la produzione di lana rigenerata a Batley, nello Yorkshire (che una specie di pratese britannico); dapprima la sua impresa incontr lo scetticismo dei concittadini, ma poco dopo fu coronata da un successo che dura ancora oggi. La lana verde sopporta bene la presenza di fibre sintetiche eventualmente presenti negli stracci, per cui risulta, veramente, un prodotto non solo ecologicamente attraente, ma adattabile ad un gran numero di condizioni di lavorazione e di commercializzazione. La stessa raccolta degli stracci, condotta per ora su scala limitata da alcune associazioni di carit, pu alleggerire i costi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

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Solare

La scoperta della fotoelettricita del selenio

Vi ricordate quando Edmond Dants, il Conte di Montecristo del celebre romanzo di Alessandro Dumas (18021870), fa arrivare per telegrafo uninformazione sbagliata al malvagio e avido banchiere Danglars, che lo aveva ingiustamente fatto arrestare e finire per anni nel tetro carcere del castello dIf a Marsiglia? E cos Danglars punito con una ingente perdita di denaro? Siamo nel 1838 e il Conte di Montecristo si mette di persona a muovere le tre braccia del telegrafo ottico che collegava tutta lEuropa, trasmettendo i segnali da una torre di osservazione ad unaltra. Il telegrafo ottico era stato inventato alla fine del Settecento da Claude Chappe (1763-1805) e dal fratello Ignazio (1760-1830) ed era sembrato una macchina talmente importante che lAssemblea rivoluzionaria francese laveva ufficialmente adottato nel 1792. Il racconto di Dumas si riferisce comunque ad uno degli ultimi periodi di vita del telegrafo ottico. Nella lontana Ameri182

ca, Samuel Morse (1791-1872) aveva realizzato un sistema per trasmettere lettere e messaggi utilizzando la corrente elettrica e un alfabeto da lui inventato, composto di linee e punti; il 24 maggio 1844 Morse trasmise il primo messaggio telegrafico da Washington a Baltimora e da quel momento il telegrafo elettrico pass da un successo allaltro. Il passo successivo era superare mari e oceani e qui intervenne linglese Willoughby Smith (1828-1891), impiegato in una fabbrica chimica che lavorava la guttaperca, una gomma elastica naturale estratta da piante dellIndonesia e che presentava buone propriet isolanti dellelettricit e buona resistenza allacqua. Coprendo dei fili di rame con questa guttaperca la societ di Smith fabbric i primi cavi elettrici che potevano essere immersi nel mare, adatti quindi alle trasmissioni telegrafiche sottomarine. Il primo cavo, lungo 50 chilometri, colleg nel 1850 Dover in Inghilterra con Calais in Francia Limportante passo successivo fu fatto nel 1852, quando un cavo telegrafico ben pi lungo fu steso fra la citt di La Spezia, ancora nel Regno di Sardegna, con la Corsica e poi con la Sardegna e lAfrica settentrionale, unendo per la prima volta direttamente due continenti. I collegamenti intercontinentali continuarono nel 1858 con la posa del cavo telegrafico sottomarino che univa lIrlanda con lisola di Terranova nel Nord America. Nasceva la societ moderna e la globalizzazione, mezzo secolo prima delle trasmissioni senza fili della radio di Marconi e un secolo prima delle trasmissioni con satelliti artificiali. Tuttavia, i satelliti artificiali, e tutta lattuale societ solare, non sarebbero mai stati realizzati se Willoughby Smith
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non avesse fatto anche unaltra scoperta. Per le prove di isolamento, durante limmersione dei cavi telegrafici sottomarini, Smith us delle barrette di selenio metallico, considerato un cattivo conduttore dellelettricit. Smith scopr per che le propriet elettriche del selenio variavano quando era tenuto al buio, rispetto a quando era esposto al Sole. Al buio le barrette di selenio non lasciavano passare lelettricit e alla luce diventavano, sia pure limitatamente, conduttrici di elettricit. Colpiti da questa strana propriet, altri due inglesi, William Adams (1836-1915) e Richard Day, condussero altri esperimenti e nel 1876 scoprirono che nel selenio esposto alla luce si generava addirittura una corrente elettrica. Questa corrente cessava quando la superficie di selenio era tenuta al buio e chiamarono questo fenomeno fotoelettricit. Fra tutti questi stranieri, non dimentichiamo che anche gli italiani hanno avuto un ruolo nellutilizzazione dellenergia solare: al professore pisano Antonio Pacinotti si devono alcuni fondamentali studi, pubblicati nel 1863-64, sulle propriet fotoelettriche del selenio. Ormai erano aperte le porte per la produzione di elettricit direttamente dalla luce del Sole. Al fianco di alcune applicazioni commerciali, come le celle fotoelettriche per lapertura e chiusura automatica delle porte o per gli esposimetri delle macchine fotografiche, il selenio fu impiegato per la costruzione delle prime cellule fotovoltaiche solari in senso moderno. Nel 1884, lamericano Charles Fritts (1850-1903) realizz un pannello fotovoltaico stendendo un sottile strato di selenio su una lastra di metallo e constat che il pannello produceva una corrente
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elettrica quando era esposto sia alla luce solare, sia alla luce artificiale. Fritts mand uno dei suoi pannelli fotovoltaici al grande fisico tedesco Werner von Siemens (1816-1892) che ne rifer allAccademia reale di Prussia e pubblic nel 1885 un articolo sulla forza elettrica generata dal selenio esposto alla luce, scoperta dal sig. Fritts di New York. Nel lungo cammino per la comprensione del fenomeno delle fotoelettricit, ci sarebbe voluto addirittura Albert Einstein (1879-1955) per spiegare che la luce contiene dei fotoni dotati di energia, i quali mettono in moto gli elettroni allinterno di alcuni materiali come il selenio e, si scopr in seguito, il silicio e altri ancora. Per farla breve, il primo pannello solare fotovoltaico in senso moderno, a strato di selenio, fu costruito nel 1931, ma il suo rendimento era molto basso: solo meno dell1% dellenergia solare veniva trasformata in energia elettrica. Soltanto nel 1953 fu scoperto, nei laboratori americani della societ elettrica Bell, che il selenio poteva essere sostituito dal silicio opportunamente trattato e in pochi anni le celle fotovoltaiche al silicio sarebbero diventate commerciali e avrebbero raggiunto, oggi, la capacit di trasformare circa il 12% dellenergia solare in energia elettrica. Sono i pannelli solari che forniscono continuamente lelettricit ai satelliti artificiali che trasmettono notizie, film, le partite di calcio, le informazioni meteorologiche, eccetera. I pannelli solari, che si stanno diffondendo in tutto il mondo, producono, alle nostre latitudini, circa 100-120 chilowattore di elettricit allanno per ogni metro quadrato di superficie esposta al Sole. I pannelli solari sono importanti strumenti per mettere il Sole al servizio degli esseri umani nei Paesi in185

dustrializzati, ma soprattutto nei Paesi del Sud del mondo. Pannelli solari, senza parti in movimento, di semplice funzionamento, possono portare lelettricit per far funzionare frigoriferi per la conservazione dei medicinali, per portare conoscenze e per illuminare le case in milioni di villaggi nei deserti, nelle foreste, sulle montagne, grazie al Sole. Ma niente di quello che abbiamo oggi sarebbe stato possibile senza il contributo talvolta glorificato, ma spesso dimenticato e ignorato, di tante persone che ci hanno preceduto. Almeno un grazie!

Il Sole eliminera tutta la poverta

Il problema dellimpiego dellenergia raggiante del Sole si impone e simporr anche maggiormente in seguito. Quando un tale sogno fosse realizzato, le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa niente e non paga tasse!. Con queste parole Giacomo Ciamician (1857-1922), professore di chimica nellUniversit di Bologna, concludeva, la lezione inaugurale dellanno accademico 1903-1904 della sua universit. Pochi anni dopo, nel 1912, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti, lo stesso professore affermava: Se la nostra nera e nervosa civilt, basata sul carbone, sar seguita da una civilt pi quieta, basata sullutilizzazione dellenergia solare, non ne verr certo un danno al progresso e alla felicit umana!. Quando sono state pronunciate queste parole, il consumo totale mondiale annuo di energia era di poco pi di un mi186

liardo di tonnellate equivalenti di petrolio (tep). Tale consumo era salito a circa due miliardi di tep/anno nel 1950 ed oggi (2010) di circa undici miliardi di tep/anno! Il rapido aumento dei consumi energetici e la crescente scarsit del petrolio hanno ridestato lattenzione degli studiosi e dei governi verso lenergia solare: nuovi finanziamenti e stimoli arrivano a professori e inventori, ma i passi avanti sono modesti. Ho voluto citare le parole di Ciamician per suggerire che forse la vera soluzione sta non tanto nel correre dietro a nuove invenzioni, quanto nello studiare e analizzare criticamente e perfezionare quanto gi noto. Ciamician stato un importante personaggio: era nato a Trieste nel 1857 e aveva studiato a Vienna. Aveva poi vinto la cattedra di chimica allUniversit di Padova ed era stato successivamente chiamato allUniversit di Bologna dove ha insegnato fino alla morte, nel 1922, e dove ha creato il pi importante centro di ricerche chimiche in Italia. Ciamician, che fu anche nominato senatore, dedic gran parte delle sue ricerche alla fotochimica, cio allo studio delle modificazioni che le sostanze chimiche subiscono quando sono esposte alla luce. Sulla terrazza dellIstituto chimico dellUniversit di Bologna (che oggi porta il suo nome), Ciamician esponeva alla luce del Sole migliaia di campioni di sostanze di cui studiava le modificazioni col passare del tempo. Negli stessi anni ancora un italiano, Antonio Pacinotti, aveva studiato la formazione di una corrente elettrica fra le saldature di due metalli, alternativamente esposte alla radiazione solare e tenute al buio. Pacinotti aveva anche riconosciuto le leggi della termoelettricit, un
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altro sistema per trasformare lenergia solare direttamente in elettricit. Alcune delle ricerche fotochimiche di Ciamician furono dedicate alla fissazione dellenergia solare nei vegetali per fotosintesi clorofilliana, la reazione che, silenziosamente, sotto i nostri occhi, ogni giorno, fa aumentare la massa delle foglie, dei fiori, degli alberi, dei pascoli. E poich gi ai tempi di Ciamician era nota lenorme quantit di materiale organico ottenuto dal Sole nel mondo vegetale, nel pensare alla chimica del futuro, Ciamician indic luso chimico della biomassa vegetale come una delle strade da seguire per liberarsi dalla schiavit dei combustibili fossili inquinanti, dalla nera e nervosa civilt del suo (e nostro) tempo. Lattenzione per lenergia solare ha avuto vari cicli: cresciuta fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, negli anni Trenta del Novecento, poi declinata; cresciuta di nuovo, con altre scoperte e innovazioni, dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni Cinquanta del Novecento, quando lenergia nucleare non aveva ancora mantenuto le promesse annunciate, poi declinata nellera del petrolio abbondante a basso prezzo; infine risorta dopo le crisi petrolifere degli anni Settanta del Novecento. La passione per lenergia solare sta tornando di moda adesso. Si potr ottenere energia per le necessit umane dal Sole soltanto se si studier con attenzione la storia degli esperimenti, dei successi e degli insuccessi del passato. La storia dellenergia solare spiega bene quanto gi noto sulle molte forme in cui lenergia solare pu essere usata come fonte di calore a bassa temperatura per scaldare lacqua e gli edifici, come calore ad alta temperatura per concentra188

zione mediante specchi, come calore per ottenere acqua dolce dal mare, come calore raccolto e immagazzinato negli strati superficiali dei mari. Lenergia solare pu fornire elettricit mediante fotocelle, utilizzando le forze del vento, del moto ondoso, del movimento delle acque, forze tutte derivate dal Sole. E infine lenergia solare che fabbrica la materia vegetale in ragione di 100 miliardi di tonnellate allanno sui continenti biomassa che a sua volta pu essere usata come fonte di energia per le necessit umane, direttamente o trasformata in alcol etilico o in altri carburanti. Ai fini dellutilizzazione umana dellenergia solare, va notato subito che lintensit della radiazione solare maggiore nei Paesi meno abitati e in quelli oggi arretrati che sarebbero quindi favoriti da un crescente ricorso a questa fonte di energia: una societ solare contribuirebbe quindi a ristabilire una forma di giustizia distributiva energetica fra i diversi Paesi della Terra. Come afferm nel 1912, nella conferenza americana gi ricordata, il professor Ciamician: I Paesi tropicali ospiteranno di nuovo la civilt che in questo modo torner ai suoi luoghi di origine.

Rudolf Diesel e il motore a olio di arachide

Luso degli oli vegetali come carburanti per i motori pu sembrare insignificante oggi, ma tali oli nel corso del tempo possono diventare altrettanto importanti quanto il petrolio e il carbone; la forza motrice potr essere ottenuta col calore del Sole anche quando le riserve dei combustibili liquidi e solidi saranno esaurite. Queste parole non ven189

gono da qualche esponente ecologista fautore dei biocarburanti, ma sono state pronunciate nel 1912 da un certo Rudolf Diesel (1858-1913). Fra la fine dellOttocento e i primi del Novecento, lenergia per tutte le societ industriali era fornita dal carbone, di cui esistevano grandi giacimenti in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Russia (che allora includeva la Polonia), negli Stati Uniti. Col carbone si otteneva calore e venivano alimentate le centrali elettriche; dalla distillazione del carbone si ottenevano le materie prime per lindustria chimica, il gas illuminante e dei liquidi adatti come carburanti. La quantit del carbone estratto dalle miniere aumentava cos rapidamente che un economista inglese, Stanley Jevons (1835-1882), aveva scritto un libro intitolato Il problema del carbone (1865), in cui prevedeva che un giorno le miniere di carbone avrebbero potuto esaurirsi. Davanti allo spettro di una possibile scarsit di energia, inventori e scienziati si diedero da fare per utilizzare lenorme energia che il Sole rende disponibile ogni anno, dovunque, sempre nella stessa quantit: una fonte di energia, come si dice oggi, rinnovabile e inesauribile. La storia dellenergia mostra che lattenzione e i progressi nel campo dellenergia solare sono figli dei periodi di scarsit. Un secolo fa, alla fine dellOttocento, appunto, davanti al rischio dellesaurimento del carbone e in questo inizio del Duemila davanti agli alti costi del petrolio e al pericolo del suo esaurimento. Negli anni 1880-1910, in quella che si pu chiamare let delloro dellenergia solare, c stato un fermento incredibile di ricerche. Litaliano Antonio Pacinotti ha descritto la possibilit di ottenere elettricit per effetto
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fotovoltaico (usando la radiazione luminosa del Sole) e per effetto termoelettrico (sfruttando il calore solare). Lingegnere cileno Carlos Wilson disset per oltre trentanni i minatori che lavoravano nellassolato e arido altopiano del Cile, trasformando, per distillazione col calore solare, lacqua salmastra, disponibile sul posto, in acqua dolce. I distillatori solari di oggi sono ispirati a quellimpianto che produceva 22.000 litri di acqua potabile al giorno. Grandi fisici e chimici, come il tedesco Friedrich Kohlrausch (1840-1910) e linglese Joseph John Thomson (1856-1940), scrissero dei trattati indicando come le societ del futuro avrebbero potuto essere alimentate per sempre dallinesauribile forza del Sole. Il francese August Mouchot (1825-1912), lo svedese John Ericsson e gli americani Aubrey Eneas (1860-1920) e Frank Shuman (18621918) costruirono macchine e pompe per sollevare lacqua, azionate dal vapore prodotto concentrando con specchi lenergia solare su adatte caldaie. Nel primo decennio del Novecento, il grande chimico italiano Giacomo Ciamician, professore nellUniversit di Bologna, descrisse gli esperimenti di fotochimica, mostrando che la radiazione solare alla base della fotosintesi clorofilliana, e quindi della produzione di tutti i vegetali, avrebbe consentito di istallare grandi fabbriche chimiche nei deserti assolati. Tutta questa multinazionale della scienza e della tecnica pensava che il Sole, disponibile in uguale maniera per tutti i popoli della Terra, avrebbe potuto diffondere benessere e sviluppo con una migliore distribuzione della ricchezza e una maggiore giustizia internazionale. Il tedesco August Bebel (1840-1913) scrisse che lenergia
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solare avrebbe consentito la realizzazione di una societ socialista e la liberazione delle donne e degli uomini dalla fatica del lavoro. Gli anni di cui stiamo parlando, fra il 1890 e il 1910, videro, oltre a molte altre invenzioni, anche la nascita di veicoli capaci di muoversi da soli, automobili, appunto, le cui ruote potevano essere tenute in movimento dal motore a scoppio inventato dai toscani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Per alimentare il suo motore a combustione interna, Barsanti utilizz il gas illuminante che veniva introdotto in un cilindro, insieme allaria; la miscela era poi compressa con un pistone, bruciata mediante una scintilla elettrica e la massa di gas caldi che si formava spingeva in basso il pistone e faceva girare le ruote. I progressi nella raffinazione del petrolio misero a disposizione la benzina con cui era possibile migliorare il rendimento dei motori a scoppio che, comunque, avevano dimensioni e potenza limitate. Arriva, a questo punto, il giovane chimico e ingegnere franco-tedesco Rudolph Diesel. Diesel pens di costruire dei motori a scoppio che non avessero bisogno di accensione con una scintilla, che potessero essere di maggiori dimensioni e potenza e che non avessero bisogno di benzina. I suoi primi motori poi conosciuti col nome diesel, quello dellinventore, e che cos si chiamano ancora oggi furono presentati con successo allEsposizione universale di Parigi del 1900 e attrassero molta attenzione, anche perch funzionavano con olio di arachide, con un carburante ottenuto dallagricoltura. Diesel, che guardava al futuro, come dimostra la frase citata allinizio, era di idee progressiste e pacifiste e pensava che
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i suoi motori avrebbero potuto generare forza motrice per far viaggiare grandi treni e navi, capaci di trasportare merci e persone facendo progredire i commerci e lumanit. Luso di carburanti di origine vegetale avrebbe contribuito, inoltre, allo sviluppo dellagricoltura, soprattutto nei Paesi in cui si coltivano piante oleaginose. Adesso, dopo un secolo, si riscopre la ricetta di Diesel e viene incentivata la produzione di carburanti a base di oli vegetali e animali e di loro derivati, quelli che si chiamano biodiesel, e che addirittura possono essere prodotti con gli oli residui di frittura. Rudolph Diesel fu un personaggio straordinario, un teorico nel campo della termodinamica e un inventore geniale. Fu un attento imprenditore e divent ricchissimo, gir il mondo diffondendo, nei congressi e fra gli industriali, la conoscenza e i vantaggi del suo motore, ma poi perse tutti i propri averi e scomparve, cadendo da una nave nel mare durante un viaggio verso lInghilterra. I motori diesel muovono oggi centinaia di milioni di automobili, treni e navi nel mondo.

Il Sole, il vento e il buio

C un famoso racconto, attribuito a Esopo, intitolato Il padre, il figlio e lasino. Un padre anziano, un figlio giovinetto e un asino andavano per la loro strada. Il padre, stanco, sale sullasino e la gente che li vede passare dice: Che egoista quel padre che lascia andare un giovinetto a piedi. Allora il padre scende e fa salire sullasino il figlio e la gente che li vede passare dice: Vergogna quel giovinetto che
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lascia andare a piedi il padre anziano. Allora padre e figlio salgono tutti e due sullasino e la gente dice: Vergogna: due persone che sfiancano il povero asino. Allora padre e figlio scendono e vanno a piedi al fianco dellasino e la gente dice: Ma sono proprio scemi quei due che potrebbero andare senza stancarsi. Il racconto non dice come finita: forse si sono fermati tutti e tre. quanto sta avvenendo nel dibattito sulle fonti energetiche rinnovabili che vi propongo qui di seguito. Luso dei combustibili fossili comporta lesaurimento delle riserve esistenti e provoca mutamenti climatici e la soluzione nucleare inaccettabile. La vera soluzione va cercata nel ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, tutte derivate dal Sole, sotto forma di calore solare o di energia eolica o di moto delle acque. Niente vero. Sulla produzione di energia dal Sole non si pu contare perch occorrerebbero migliaia di chilometri quadrati di superficie terrestre coperta di pannelli solari per avere quantit apprezzabili di calore o elettricit. Invece, sarebbe una cosa molto buona perch le grandi zone terrestri in cui la radiazione solare elevata sono proprio nei deserti poco abitati dei Paesi poveri e quindi da questi potrebbe venire il rifornimento di energia futura per i Paesi industrializzati. No, inaccettabile la dipendenza da nuovi monopoli energetici, questa volta costituiti dai Paesi ricchi di Sole e di impianti solari. Per i Paesi industrializzati potrebbero vendere pannelli solari ai Paesi con elevata insolazione e comprare in cambio energia elettrica o idrogeno solari dai Paesi oggi arretrati. Il ricorso al solare sarebbe una soluzione pessima perch
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gli impianti solari, termici o fotovoltaici, hanno una durata limitata, e dopo alcuni anni o decenni si dovrebbero smaltire enormi quantit di rottami inquinanti. Per solo i pannelli solari al silicio comportano problemi di smaltimento e di inquinamento, tanto che tendono ad essere sostituiti da pannelli fotovoltaici a semiconduttori organici. Non ci si deve neanche pensare, perch il rendimento dei nuovi pannelli fotovoltaici basso e occorrerebbero superfici terrestri ancora pi grandi per fornire lelettricit oggi necessaria nel mondo. Per produrre elettricit dal Sole conviene usare non i pannelli fotovoltaici, ma piuttosto il calore solare con concentrazione per ottenere vapore per alimentare turbine. Questa soluzione non convince perch i sistemi per concentrazione producono vapore in maniera intermittente e la produzione di vapore cessa se il cielo coperto di nuvole. Per il calore solare ad alta temperatura pu essere accumulato in speciali materiali e reso disponibile durante tutto il giorno. Allora, se proprio si vuole ottenere elettricit dalle fonti rinnovabili, meglio usare i motori eolici alimentati dal vento che si genera sulle terre emerse e sugli oceani dal movimento di aria che scorre dalle parti calde alle parti fredde del pianeta, dal momento che il vento ha dentro di s una forza grandissima. Ma le centrali eoliche deturpano il paesaggio e uccidono gli uccelli che vengono risucchiati dal moto delle pale. Per lenergia eolica potrebbe fornire elettricit in forma decentrata e quindi si eviterebbero le grandi reti di trasmissione dellelettricit generata dalle grandi centrali termoelettriche e nucleari. Sarebbe una soluzione
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pessima perch gli impianti eolici forniscono elettricit in forma discontinua e una interruzione dellerogazione potrebbe far morire negli ospedali i pazienti dipendenti da apparecchiature elettriche. Ma i problemi della discontinuit sono inesistenti perch lelettricit di origine eolica pu essere accumulata, a mano a mano che si forma, in adatte batterie ricaricabili come le recenti a ioni di litio. Sarebbe un disastro perch le maggiori riserve mondiali di litio sono nelle mani della Bolivia, un Paese socialista e nemico del capitalismo, e il prezzo delle batterie al litio sarebbe destinato ad aumentare. Allora la forza del vento potrebbe essere utilizzata nella maniera migliore usando la forza delle onde generate dal vento. Ma le centrali elettriche a onde marine comportano devastanti interventi sulle coste. La principale funzione che il Sole sa svolgere bene la fabbricazione di biomassa vegetale con la fotosintesi clorofilliana, che porta via anidride carbonica dallatmosfera, e dalla biomassa vegetale possibile ottenere sia combustibili solidi, sia combustibili liquidi come lalcol etilico o il biodiesel da usare come carburanti per autoveicoli. Niente vero. La produzione di alcol etilico, o bioetanolo, dagli amidi di cereali, alimenti indispensabili per gli esseri umani e ancora di pi per le popolazioni povere, sottrae una grande massa di alimenti alle bocche di chi ha fame; cos i poveri non avrebbero di che mangiare per permettere ai Suv dei Paesi ricchi di andare a tutta velocit. Ma luso dellalcol etilico come carburante libera dalla dipendenza dal petrolio e il bioetanolo pu essere ottenuto da zuccheri o da materiali lignocellulosici e scarti della lavorazione
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del legno. Anche in questo modo si incentiverebbe la piantagione di piante da zucchero o alberi a rapida crescita che alterano molti ecosistemi naturali e impoveriscono la biodiversit. Invece di alcol carburante si possono usare biocarburanti ottenuti dai grassi, il biodiesel. No, non si devono usare grassi da trasformare in biodiesel perch i grassi sono prodotti in monocolture che sottrarrebbero terreno alle coltivazioni di piante alimentari. Conti accurati mostrano che la quantit di energia impiegata nelle varie operazioni di produzione dei biocarburanti inferiore, talvolta molto inferiore, a quella che i biocarburanti liberano nei motori a scoppio. Invece conti accurati mostrano che il consumo di energia, in parte ottenuta da combustibili fossili, per la preparazione dei terreni da coltivare a piante energetiche, per la semina, per il raccolto, la trasformazione in carburanti, per la distillazione, e lo smaltimento dei residui e sottoprodotti molto pi alta di quella che i biocarburanti liberano nei motori a scoppio. Anche se i sottoprodotti della trasformazione di prodotti agricoli e forestali in biocarburanti possono trovare utile impiego nellalimentazione del bestiame. Per, la produzione di carburanti dalla biomassa vegetale, fatti bene i conti, contribuisce anche lei ai mutamenti climatici. Ma no, luso dei biocarburanti importante per contrastare il riscaldamento globale perch essi immettono nellatmosfera anidride carbonica e gas serra nella produzione e nella combustione, ma si tratta dellanidride carbonica sottratta dallatmosfera quando le materie prime si sono formate per fotosintesi. Potrei andare avanti a lungo sugli esempi di negazionismo
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e revisionismo associati ai soli problemi energetici e ambientali. Sembra che il revisionismo sia il grande sport del XX e XXI secolo applicato a molti aspetti della vita civile. Direi della vita incivile, perch il progresso richiederebbe una grande operazione di ricerca della vera-verit anche nel campo scientifico e tecnologico e la fine del chiacchiericcio che esplode intorno ad ogni nuovo o vecchio aspetto, amplificato dai giornali, dalle televisioni e da Internet spesso disposti a credere a chiunque sia in cerca di qualche visibilit con idee anche strampalate. Una persona potrebbe essere indotta a credere che la verit vada cercata nella scienza, ma purtroppo spesso sono scienziati apparentemente attendibili, quelli che dicono una cosa e quelli che dicono il suo contrario. Stiamo vivendo in unepoca in cui, come diceva Mao, al buio tutti i gatti sono grigi. Ci deve essere allora qualche guida che aiuti a districarsi nella selva di semi-verit e di semi-menzogne. Purtroppo la risposta non va cercata nei computer, nelle riviste o nei trattati, ma nella propria testa, nello sforzo di conoscenza e di approfondimento diretto dei fatti, nella verifica delle notizie alla luce dei valori che ciascuno porta nel proprio cuore. un valore la possibilit di muoversi e di illuminare le case e di avere un lavoro ed un valore il diritto alla salute e ad avere cibo sufficiente e acqua pulita. La tale proposta o invenzione in quale maniera rende massimo laccesso a ciascuno di questi diritti da parte di ciascuno e di tutti? Chi guadagna proponendo una certa invenzione o innovazione e chi ci rimette, natura e ambiente compresi? E io da che parte sto fra chi ci guadagna e chi ci rimette?
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Non ce pace

Non c pace neanche fra le fonti energetiche rinnovabili. A prima vista ci dovrebbe essere un generale accordo per passare dallattuale dipendenza dalle fonti energetiche costituite da combustibili fossili come petrolio, gas naturale, carbone, o rifiuti, tutte inquinanti e non rinnovabili, a fonti energetiche rinnovabili, dipendenti dal Sole: calore solare, elettricit solare, elettricit dal vento o dal moto delle acque, calore dalle biomasse agricole e forestali ricreate ogni anno attraverso la fotosintesi solare. E invece, anche fra i sostenitori di questa transizione ci sono opinioni non solo differenti, ma spesso in vivace contrasto, quasi una volont di distruggere quello che si sta faticosamente facendo, quasi una conferma di quello che diceva Pogo nel famoso fumetto: Ho scoperto il nemico e il nemico siamo noi. I giornali, per un lungo periodo, sono stati pieni di notizie sullo scandalo delleolico che avrebbe portato ad illeciti arricchimenti nella costruzione di centrali eoliche. Nel caso dellenergia solare, vengono venduti pannelli fotovoltaici, in grado di trasformare la radiazione solare in elettricit, con contratti che assicurano, oltre a elettricit meno inquinante, un guadagno a chi li compra o agli enti o aziende che li istallano. A rigore, un utente dovrebbe spendere soldi per ottenere la merce-energia, ma adesso molti di quelli che istallano pale eoliche o pannelli fotovoltaici guadagnano dei soldi provenienti da vari incentivi finanziari, pagati da tutti i cittadini sia direttamente attraverso le tasse, sia con un sovrapprezzo nelle bollette dellelettricit (la componente A3 del prezzo dellelettricit). giusto che
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soldi pubblici o anche dei singoli cittadini siano spesi per diffondere luso delle energie rinnovabili non inquinanti, con vantaggio per leconomia nazionale e per la salute, ma mi sembra meno giusto che tali incentivi finiscano nelle tasche di singoli privati o di speculatori. C qualcosa che non funziona. I pannelli fotovoltaici sono venduti sulla base della potenza di picco (capacit di produrre energia) corrispondente a circa un chilowatt per pannelli di circa 10 metri quadrati. Lelettricit effettivamente prodotta da 10 metri quadrati di pannelli fotovoltaici, nel corso di un anno, ammonta a circa 1000-1200 chilowattore, circa un terzo del fabbisogno medio annuo di elettricit di una famiglia. Questa elettricit per disponibile in maniera differente nelle varie ore del giorno e nei vari mesi dellanno, per cui, se non si dispone di grandi batterie di accumulatori, scomodissime, lelettricit solare, a mano a mano che viene prodotta, viene venduta alle reti elettriche intelligenti delle compagnie elettriche le quali si impegnano a fornire alla famiglia, o allutente, lelettricit corrispondente a mano a mano che ne hanno bisogno (quindi anche quando il Sole non splende nel cielo). Laltra tecnologia solare costituita dagli impianti a specchi che concentrano la radiazione solare su caldaie o tubi nei quali un fluido scaldato ad alta temperatura e pu, a sua volta, produrre vapore da avviare alle turbine, come avviene nelle normali centrali termoelettriche; in queste ultime, il vapore generato dalla combustione di combustibili (carbone, gas naturale, prodotti petroliferi, rifiuti) inquinanti, responsabili dellimmissione nellatmosfera di
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gas, soprattutto anidride carbonica, che provocano mutamenti climatici. Ottenere lo stesso effetto, senza danni ambientali, con il calore di origine solare il fine della tecnologia del solare termodinamico. Alcuni impianti usano specchi cilindro-parabolici, lunghe superfici riflettenti che si muovono continuamente per seguire il Sole nel suo moto apparente nel cielo: la radiazione solare viene concentrata su un tubo, posto nel fuoco della parabola, isolato con una copertura trasparente in modo che il calore cos concentrato non venga disperso nellaria circostante. Le superfici riflettenti possono anche essere lunghi specchi piani che concentrano il calore solare su un solo tubo centrale sopraelevato, secondo una proposta fatta gi mezzo secolo fa dellitaliano Giovanni Francia (1911-1980), come ricorda un articolo di Cesare Silvi pubblicato nella rivista Energia Ambiente Innovazione. Il calore solare concentrato nel tubo ricevente dagli specchi scalda, a centinaia di gradi, un olio sintetico o una miscela di sali come nitrato di sodio e nitrato di potassio. In questo caso, i sali fusi caldi vengono avviati ad un deposito in cui restano caldi anche di notte, quando il Sole non c. Giorno e notte il calore solare immagazzinato nei sali fusi viene gradualmente trasferito al vapore acqueo che aziona una turbina, in modo simile a quanto avviene nelle centrali a combustibili fossili. Le centrali termoelettriche solari a specchi sono macchine ingegnose, ma delicate e complicate. La citata rivista Energia Ambiente Innovazione fornisce i dettagli del pi recente impianto solare a specchi costruito a Priolo, vicino Siracusa (simbolicamente chiamato Ar201

chimede), costituito da specchi cilindro-parabolici della superficie di 30mila metri quadrati. La potenza di 4.700 chilowatt elettrici e la produzione di elettricit prevista in 9.200.000 chilowattore allanno, corrispondenti a circa 300 chilowattore allanno per metro quadrato di superficie di raccolta del Sole. Il principale limite del solare termodinamico sta nel fatto che possibile utilizzare soltanto la radiazione solare diretta, quella che si ha quando il cielo limpido. Se il cielo nuvoloso, la radiazione solare non viene concentrata dagli specchi. Il Sole unaffascinante, ma scomoda, fonte di energia. Energia che pu fornire agli esseri umani soltanto se gli si chiede di fare le cose che sa fare bene: produrre raccolti agricoli e alberi, scaldare corpi a bassa temperatura, dissalare lacqua marina e produrre elettricit con i sistemi fotovoltaici o per effetto termoelettrico, per i quali sono possibili ancora grandi perfezionamenti.

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Pace

Voglia di pace

Tutti, o quasi, parlano di pace. Ciononostante continuano, senza tregua, a rombare i cannoni, a fischiare i missili e si sente nel mondo una grande delusione verso le speranze che in tanti avevamo riposto in unorganizzazione di Paesi uniti, quella delle Nazioni Unite, appunto, preposta alla soluzione dei conflitti. Eppure, lOttocento era pur sembrato chiudersi con qualche spiraglio di speranza. Il 18 maggio 1899, lo zar di Russia Nicola II aveva invitato i capi di Stato allAja, in Olanda, per una grande Conferenza della pace. In una casa nei boschi, ventisei Paesi si riunirono per assumere un comune impegno di risparmiare alle popolazioni civili i dolori e i danni delle guerre, per vietare luso di pallottole dirompenti e di gas asfissianti, fonti di ancor maggiori dolori, per porre un limite alle invenzioni che avrebbero prodotto armi ancora pi terribili e dolorose, per limitare le morti nella guerra marittima e ter203

restre, per trovare una sede in cui risolvere pacificamente le controversie internazionali. I lavori della conferenza durarono fino al 27 luglio del 1899 e si conclusero con la firma di vari accordi e convenzioni. I pi importanti non furono firmati dagli Stati Uniti, n dal Regno dItalia (che proprio lanno prima aveva mostrato il suo amore per la pace mitragliando gli operai inermi a Milano per ordine del generale Fiorenzo Bava Beccaris, per questo molto lodato dal re e dalla regina), n da unaltra diecina dei ventisei partecipanti. I verbali della conferenza del 1899, con lelenco di chi vot a favore e di chi vot contro le azioni per alleviare i dolori della guerra, si trovano nel sito internet www.yale.edu/lawweb/avalon/lawofwar/hague99. La conferenza dellAja del 1899 anche se sul piano pratico non cancell, n rese meno dolorose le guerre, n fece rinsavire i potenti della Terra, n risparmi lutti innumerevoli merita tuttavia di essere ricordata perch mostr che la voce anche di poche persone pu smuovere, almeno un poco, i governi. E fra tali voci era risuonata, altissima, quella di una donna, Bertha von Suttner (1843-1914), nata a Praga, educata in una nobile famiglia di militari, la quale, a trentanni, aveva deciso di guadagnarsi da vivere per conto proprio, facendo listitutrice a Vienna. Bertha spos il barone Arthur von Suttner (1850-1902), contro la volont dellorgogliosa famiglia del marito, e la coppia visse poveramente, dando lezioni di lingue e di musica. In questo periodo, la giovane Bertha cominci a dedicarsi alla causa della pace e a scrivere dei libri che, nellEuropa della fine dellOttocento, ebbero una risonanza e un effetto
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straordinari. Il suo libro pi famoso, Gi le armi!, del 1889, fu tradotto in moltissime lingue e nel 1897 apparve la prima traduzione italiana, fatta sulla tredicesima (!) edizione tedesca. Dopo un lungo oblio, solo nel 1989 le edizioni Abele di Torino ne fecero una riedizione, commentata dalla nota scrittrice e teologa Adriana Zarri (1919-2010). Unaltra edizione, Abbasso le armi: storia di una vita, stata pubblicata nel 1996 a Cavallermaggiore (in provincia di Cuneo). Bertha von Suttner la baronessa trascorse il resto della sua vita a organizzare iniziative antimilitariste e di pace, dalla Lega per la pace a vari giornali pacifisti, arrivando a convincere Alfred Nobel (1833-1896), luomo che aveva inventato la dinamite ed era diventato ricchissimo con questo strumento di morte, a sostenere la causa della pace e a istituire il premio che porta il suo nome. La Suttner e il marito ebbero una parte centrale nella conferenza dellAja del 1899 e furono istancabili nel farne conoscere limportanza e il grande contenuto di speranza, e nel diffondere lidea di una Corte internazionale permanente per la soluzione, mediante arbitrati, delle controversie fra Stati, lobiettivo che avrebbe dovuto porsi la Societ delle Nazioni e che dovrebbe avere lorganizzazione delle Nazioni Unite. Nel 1905, la baronessa ricevette il Premio Nobel per la pace (la prima donna ad avere questo onore) e da allora fino alla morte tenne, istancabile, conferenze in tutto il mondo. Sostenne energicamente la seconda conferenza sulla pace, che si tenne allAja nel 1907. La terza avrebbe dovuto svolgersi nel 1914, ma fu annullata dallinizio del primo grande massacro del Novecento, quello che la Suttner con ogni mezzo aveva voluto evitare.
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Vorrei concludere con una modesta proposta. Non so come e quando finiranno le tante guerre in corso in Africa e in Asia; sarebbe per bello se qualche insegnante parlasse ai ragazzi dello spirito della Conferenza mondiale della pace di oltre un secolo fa, dellidea universale della pace e di come qualche passo verso la pace possa essere fatto anche da tante singole persone. Sarebbe bello se qualcuno spiegasse che alla vacuit e futilit delle tante chiacchiere e dibattiti televisivi, dovrebbe essere contrapposto il racconto del coraggio di tante donne e uomini che, come Bertha Suttner, hanno parlato e scritto che il mondo dei conflitti e della morte si pu cambiare, che si possono mettere gi le armi!. Una biografia di questa grande donna si trova in Internet nel sito http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1905/suttner-bio.html.

Tecnica e cultura: Lewis Mumford

Lewis Mumford (1895-1990) ha segnato unepoca con un pensiero e con idee, in gran parte dimenticate, che hanno lasciato profonde tracce. Di Mumford difficile dare una definizione: urbanista e studioso di architettura, scrittore di arte e di letteratura, analista e critico della tecnica e delle sue innovazioni, giornalista attento ai mutamenti del suo tempo, polemista e pacifista. Ogni lettore delle sue opere potrebbe classificarlo in una casella corrispondente alle sue personali sensibilit. Nato a Long Island, vicino New York, e vissuto nella citta206

dina di Amenia, pure vicino New York, da questo posto tranquillo ha osservato come pochi altri i mutamenti del mondo: la Prima Guerra Mondiale, la grande crisi, lavvento dei fascismi in Europa e del New Deal in America, la Seconda Guerra Mondiale, lavvento dellera atomica, lutilizzo della tecnica come strumento del potere. Mumford tratta i rapporti fra tecnica e potere principalmente nella trilogia Tecnica e cultura, Il mito della macchina e Il Pentagono del potere. In realt, Mumford aveva pensato Tecnica e cultura (1934; traduzione italiana, 1961) come il primo volume del ciclo The renewal of life che sarebbe continuato con La cultura delle citt (1938; traduzione italiana 1954) e The conduct of life (1951). Fino allopera fondamentale: La citt nella storia (1961; traduzione italiana 1963). Il titolo del libro noto in italiano come Il mito della macchina era in realt il titolo comune di due volumi, il primo dei quali aveva come sottotitolo Technics and human development (1967; in italiano, appunto, Il mito della macchina), mentre il secondo aveva come sottotitolo Il Pentagono del potere (1970; traduzione italiana, 1973). Inutile dire che il tema della violenza della tecnica usata dal potere anche contro la natura e lambiente ricorre in moltissimi altri delle centinaia di scritti di Mumford, apparsi in numerosissimi volumi di atti di conferenze e in moltissime riviste. Tecnica e cultura stato scritto dopo la fragile avventura del boom economico americano dei ruggenti anni Venti del Novecento, in quel 1934 che vedeva da una parte la conquista del potere da parte dei fascismi in Italia e in Germania, e dallaltra la primavera del New Deal rooseveltiano
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negli Stati Uniti. Nel licenziare, nel 1963, una riedizione di Tecnica e cultura, Mumford aggiunse una breve introduzione e alcuni passi in corsivo suggeriti dallavvento della bomba atomica e della guerra fredda e dalla degenerazione autoritaria nellUrss di quel comunismo che Mumford, in molte occasioni, aveva ritenuto una strada per un uso umano della tecnica. Mumford ha usato il termine technics per indicare larte della trasformazione della natura con labilit umana in cose utili agli individui e alla societ, e parla della necessit di usare la tecnica al servizio umano, come tecnologia sociale. Tecnica e cultura riprende le idee di opere di autori ammirati da Mumford: Robert Owen (1771-1858), il principe anarchico russo Piotr Kropotkin (1842-1922), Ebenezer Howard (1850-1928), Thornstein Veblen (1857-1929), Werner Sombart (1863-1941), George Marsh (1801-1888), Patrick Geddes (1854-1932). Soprattutto riprende le idee di Patrick Geddes, di quello straordinario scozzese che ha scritto di urbanistica (ha inventato la parola conurbazione), di biologia, di economia, di storia della tecnica. Mumford ha considerato Patrick Geddes come suo maestro spirituale, al punto da dare il nome Geddes al figlio, morto diciannovenne in combattimento sullAppennino durante la Seconda Guerra Mondiale e sepolto nel Cimitero di guerra alleato di Firenze. Dalle opere di Geddes, soprattutto da Citt in evoluzione (1915), Mumford trae alcune idee sullevoluzione della tecnica per mettere in evidenza come il potere, pi di recente il potere capitalista, si appropri, per rafforzare e accre208

scere se stesso, delle innovazioni che potrebbero essere liberatorie per tutti gli esseri umani. Seguendo Geddes, Mumford individua unepoca eotecnica, nella quale gli esseri umani utilizzavano una tecnica basata sulluso di fonti di energia rinnovabili come il moto delle acque, la forza del vento, il calore della legna. Il legno forniva il principale materiale da costruzione per gli edifici e le navi. Nellera eotecnica gli esseri umani conoscevano i metalli, alcuni rudimenti della chimica, le tecniche minerarie, sapevano costruire edifici anche giganteschi, strade, ponti. Anche se il ricorso alle macchine, intese in senso moderno, era limitato, le strutture del potere ragionavano ed operavano gi come una megamacchina, cio con la gerarchia e lorganizzazione che consentivano di mobilitare grandi masse di persone e grandissime quantit di materiali per realizzare opere pubbliche e private funzionali al consolidamento e allestensione del potere stesso. Allera eotecnica segu, a partire dal 1600 circa, una nuova era, che Geddes e Mumford chiamano paleotecnica, resa possibile dai perfezionamenti nellestrazione del carbone, dalluso del carbone per la produzione su larga scala del ferro, dalla trasformazione del ferro in macchine capaci di fornire energia e di compiere operazioni che fino allora erano state svolte dal lavoro umano, dal progresso nelle conoscenze chimiche. Mumford, in Tecnica e cultura, chiama questa condizione il capitalismo del carbone: La macchina, scaturita dallintento di conquistare lambiente circostante e di canalizzare i suoi impulsi in attivit ordinate, nella fase paleotecnica provoc la
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sistematica negazione di tutte le sue promesse: fu il Regno del Disordine. Lavvento dellera paleotecnica resa possibile dalla nascita, nellambito della borghesia commerciale, di una classe di studiosi e pensatori, insieme filosofi e naturalisti, e dalla rapida circolazione delle conoscenze attraverso le accademie scientifiche, le riviste internazionali. Il filosofo non si vergogna di fare, incoraggiare e contribuire a diffondere invenzioni e scoperte di rapida ricaduta commerciale, destinate al dominio della natura da cui trarre beni materiali e ricchezza. Il principale carattere dellera paleotecnica rappresentato dallespansione della produzione delle merci che ben presto diventano, da mezzi per soddisfare bisogni umani, strumenti di oppressione e di potere. Dallorientamento verso la produzione quantitativa deriva, scrive Mumford, la tendenza a concentrare lefficienza della macchina nellesclusiva produzione di beni materiali. La gente sacrifica il tempo e le soddisfazioni attuali nella mira di procurarsene altri, in quanto suppone che ci sia un rapporto diretto fra il benessere e il numero di vasche da bagno, di automobili e di altre simili cose fatte a macchina. tipico della macchina il fatto che invece di rimanere limitati ad una sola classe, questi ideali si sono estesi, per lo meno come aspirazione, ad ogni strato della societ. Si potrebbe definire questo aspetto della macchina come materialismo senza scopi. Ha il particolare difetto, continua Mumford, di gettare unombra di discredito sopra tutti gli interessi e le occupazioni non materiali, condannando gli spunti puramente estetici e intellettuali perch non servono a nulla di utile.
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La produzione su scala sempre pi vasta presuppone un consumo anchesso su scala sempre pi vasta. Si possono utilmente rileggere le pagine, ironiche e drammatiche, di Mumford sullesercito, consumatore ideale. Luniforme che doveva essere indossata dai soldati, a partire dal XVI secolo, innesc la prima richiesta su larga scala di beni assolutamente standardizzati e la macchina da cucire, inventata a Lione nel 1829, forniva una formidabile risposta alla produzione delle uniformi militari. Lesercito fu il modello del consumatore ideale nel sistema delle macchine: esso richiede crescenti quantit di merci e non fornisce in cambio alcun servizio, salvo la protezione in tempo di guerra. Anzi, uno degli effetti pi sinistri della disciplina militare una impenetrabilit ai valori della vita. Durante una guerra, inoltre, continua Mumford, lesercito non solo un puro consumatore, ma un produttore negativo: cio invece che benessere produce miseria, mutilazioni, distruzione fisica, terrore, carestie e morte. Lesercito, inoltre, ideale come consumatore in quanto tende a ridurre a zero lintervallo di tempo fra vantaggiosa produzione e vantaggiosa sostituzione. La casa pi lussuosa e sovraccarica non pu competere, per la rapidit di consumo, con un campo di battaglia. Mille uomini abbattuti dai proiettili corrispondono pi o meno alla richiesta di mille nuove uniformi, di mille fucili, di mille baionette e mille colpi sparati da un cannone non possono venire recuperati e reimpiegati. La guerra , insomma, la salute della macchina. Il sistema della macchina comporta non solo una crescente schiavit umana, ma un crescente assalto alle risorse
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della natura. Mumford dedica molte pagine al sistema di miniera, che distrugge i boschi, inquina le acque con metalli tossici e laria con fumi pestilenziali. Il primo segno distintivo dellindustria paleotecnica fu linquinamento dellaria. Il fumo del carbone era lincenso del nuovo industrialismo. Ma davvero non forse, insieme al pi moderno puzzo della benzina, lincenso anche della societ paleotecnica del nostro tempo? La produzione di merci come fine unico di produzione di ricchezza induce i fabbricanti e i commercianti alle frodi, a produrre merci tossiche e pericolose pur di aumentare i guadagni, allimmiserimento della vita. Il sistema di fabbrica comporta labbandono delle campagne e la migrazione di una crescente popolazione nelle citt, vicino alle fabbriche, e la nascita di quartieri squallidi allinsegna della speculazione immobiliare, comporta la degradazione del lavoratore. Dai costi sociali e umani provocati dalla megamacchina di cui furono e sono simboli, modernissimi, anche se intrinsecamente paleotecnici, la bomba e lenergia atomica, lautomobile, il grattacielo e dal suo impero del disordine ci si pu liberare soltanto con profondi mutamenti sia tecnici, sia politico-sociali. In Tecnica e cultura, del 1934, Mumford immagina che molte innovazioni tecniche, che gi si profilavano allorizzonte, avrebbero portato pi o meno presto alla transizione dallera paleotecnica ad unera neotecnica: la sostituzione del ferro con lalluminio, la sostituzione del carbone e del petrolio con lelettricit. I successi delle sintesi chimiche avrebbero potuto portare a citt pi umane, a una pi razionale distribuzione della popolazione fra citt e campa212

gna, a una societ meno inquinata, e poi ad una societ biotecnica con crescente ricorso alle fonti di energia e alle materie rinnovabili. Le parole di Mumford risentono delle aspirazioni e speranze che caratterizzarono let di Roosevelt: la pianificazione territoriale, la difesa del suolo contro lerosione, le grandi dighe per la produzione di energia idroelettrica, un nuovo rapporto fra citt e campagna, luso dei prodotti e sottoprodotti agricoli come materie prime per lindustria chimica, la lotta alle frodi commerciali. Sembra di grandissima attualit tutto il quadro che Mumford presenta delle soluzioni tecnico-scientifiche e delle vie da percorrere verso la realizzazione di unera neotecnica e biotecnica, meno violenta, pi equilibrata, pi rispettosa degli esseri umani e delle risorse naturali attraverso un uso maggiore della scienza e della tecnica, ma lungo vie completamente diverse da quelle a cui siamo abituati. Nel parlare delle enormi montagne di scorie generate dalla civilt della macchina, Mumford afferma: Possiamo oggi guardare avanti al giorno in cui i gas velenosi e i mucchi di trucioli, i sottoprodotti della macchina una volta inutilizzabili, potranno venire trasformati dallintelligenza e dalla cooperazione sociale, e adattati ad usi pi vitali e discute a lungo la possibilit di utilizzare lenergia solare o la differenza di temperatura che sussiste tra le profondit e la superficie dei mari tropicali; di applicare su vasta scala nuovi tipi di turbine a vento; disponendo di una efficiente batteria di accumulatori, il vento basterebbe da solo a fornire le necessarie quantit di energia. Per una svolta neotecnica si impone lappropriazione sociale delle riserve naturali, il ridimensionamento dellagri213

coltura, la valorizzazione di quelle regioni in cui vi grande disponibilit di energia cinetica sotto forma di sole, vento, acqua. La socializzazione di queste sorgenti di energia la condizione prima dello sfruttamento efficace, con una nuova distribuzione delle attivit umane nel territorio, il recupero della potenziale ricchezza del regionalismo. Inutile dire che queste idee sono state ridicolizzate, o meglio ancora ignorate, per il pericolo non solo della perdita di profitti, ma della discussione critica di tutto il sistema sociale, unica reale soluzione della crisi ambientale in cui siamo impantanati. La crisi delle risorse naturali infatti dovuta, come aveva spiegato Mumford, allo scontro fra interessi privati e beni collettivi; allo sfruttamento privato di risorse, come laria o lacqua o la fertilit del suolo, che a rigore non hanno un padrone. La crisi ecologica sostanzialmente crisi del bene collettivo. Alcuni traggono benefici senza alcun costo, tengono, per esempio, pulita la propria casa, il proprio oikos, scaricando i rifiuti allesterno, nellambiente, in una pi vasta casa daltri. Possiamo salvarci solo mettendo in discussione i principi stessi della propriet privata, recuperando il carattere pubblico dei beni come laria o il mare o le acque e introducendo il principio di delitto per chi tali beni viola o rapina o sporca. Gli obiettivi delleconomia finanziaria e quelli delleconomia sociale non possono coincidere; la propriet collettiva delle fonti di energia, dalle regioni montagnose dove i fiumi nascono, fino ai pi remoti pozzi di petrolio, la sola garanzia per un uso e una conservazione efficace. Soltanto una societ pianificata e socialista potrebbe darsi delle nuove regole, compatibili con i problemi di scarsit e
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di distribuzione secondo giustizia. Mumford insiste molto sulla necessit di una pianificazione dei bisogni fondamentali, del potenziamento dei servizi e dei beni collettivi. Mumford intravvedeva la soluzione in un comunismo di base, ben diverso dalla struttura burocratica e assolutista dei Paesi del socialismo realizzato e proponeva un comunismo di fondo che implichi lobbligo di partecipare al lavoro della comunit, che consenta di soddisfare i bisogni fondamentali con una pianificazione della produzione e del consumo. La sola alternativa a questo comunismo, insiste Mumford, laccettazione del caos: le periodiche chiusure degli stabilimenti e le distruzioni, eufemisticamente denominate valorizzazioni, dei beni di alto valore, lo sforzo continuo per conseguire, attraverso limperialismo, la conquista dei mercati stranieri. Se vogliamo conservare i benefici della macchina non possiamo permetterci il lusso di continuare a rifiutare la sua conseguenza sociale, ossia linevitabilit di un comunismo di base. Questa prospettiva appare ingrata alloperatore economico di stampo classico, ma sul piano umano non pu non rappresentare un enorme progresso. Si capisce bene perch Mumford stato attivo nel movimento di protesta contro la guerra, contro la bomba atomica: la pi moderna forma nella quale si incarna la megamacchina, il concentrato della violenza della societ paleotecnica. Nel febbraio 1965, due giorni dopo lordine di bombardamento del Nord Vietnam, Mumford scrisse una lettera aperta al presidente Johnson per protestare contro tale azione.

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Scienza e pace: Linus Pauling

Linus Pauling (1901-1994), premio Nobel per la chimica e per la pace, lo scienziato che ha avuto il coraggio di rifiutarsi di collaborare, per motivi di coscienza, alla produzione della bomba atomica, non si mai stancato di combattere per la pace, guidato nel lungo cammino della sua vita da un profondo amore per lumanit, dal principio etico che tutti, e specialmente gli studiosi, hanno il dovere di rendere minima la sofferenza umana: the minimization of suffering. Linus Pauling nacque a Portland, nello Stato dellOregon, nel nord ovest degli Stati Uniti, il 28 febbraio 1901 e si laure in chimica industriale a Corvallis, in quello che era lOregon Agricultural College, ora Oregon State University. Nel 1923 spos Ava Helen (1903-1981) che fu una straordinaria moglie, anchessa attiva nei movimenti per la difesa dei diritti civili e della pace, che lo ha accompagnato in una lunga vita. Fin dallinizio, Pauling stato attratto dalla ricerca del modo in cui gli atomi si uniscono nei cristalli e nelle molecole. Dopo la laurea, si trasfer al California Institute of Technology, dove, con un piccolo stipendio guadagnato con linsegnamento, ottenne il dottorato in chimica e in fisica matematica nel 1925. Nel 1926-27 studi in Europa con una borsa Guggenheim e torn al Caltech nellautunno 1927. Dedicatosi alle ricerche sulla struttura del legame chimico e delle molecole, chiar la struttura dei silicati e di molecole complesse organiche misurando, con nuove tecniche, la distanza e langolo fra gli atomi. Linterpretazione del com216

portamento dei quattro legami dellatomo di carbonio mediante la formazione di legami covalenti attrasse lattenzione mondiale sul giovane studioso che interpret, con fenomeni di risonanza, la geometria e la stabilit di molecole come quelle del benzene e della grafite. Pauling applic i principi della risonanza ai legami fra metalli e nei composti intermetallici. Nel 1939, Pauling riun i risultati del suo lavoro in un libro diventato un classico: The nature of the chemical bond and the structure of molecules and crystals. La teoria di Pauling si affiancava a quella del tedesco Walter Hckel (1895-1980) che proponeva la descrizione del comportamento molecolare con la teoria degli orbitali. Le opere dei due studiosi erano note anche in Italia, soprattutto quelle di Hckel, specialmente in relazione alla soluzione di interessanti problemi pratici, come quello della sostituzione nelle molecole aromatiche, che stavano alla base, fra laltro, della sintesi di coloranti. Durante la Seconda Guerra Mondiale, a Pauling fu offerto di collaborare al progetto Manhattan per la fabbricazione della bomba atomica, ma egli rifiut: nello stesso tempo collabor col governo alla realizzazione di strumenti che potessero salvare la vita umana. Invent uno strumento che permetteva di misurare il contenuto di ossigeno dellaria dei sottomarini e degli aeroplani. Lapparecchiatura serv poi per assicurare il flusso di ossigeno nelle incubatrici per neonati e durante le anestesie. Mise a punto, inoltre, un sostituto sintetico del plasma sanguigno da usare in trasfusioni di emergenza sui campi di battaglia. Alla fine della guerra, Pauling torn a dedicarsi, presso il
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Caltech, alla struttura delle proteine, anche se altri problemi attrassero la sua attenzione. Si era allalba dellera atomica e Pauling con altri scienziati, fra cui Albert Einstein (1879-1955), era preoccupato di quello che avrebbe potuto accadere alla societ umana dopo Hiroshima. Pauling cominci a tenere conferenze sugli sviluppi del mondo dominato dalle armi atomiche, sulle conseguenze sulla vita terrestre delle esplosioni sperimentali di bombe atomiche nellatmosfera e contro la cappa di segretezza che le nuove armi imponevano sulla ricerca. Queste iniziative rappresentano le prime manifestazioni della protesta civile contro gli inquinamenti e i danni alla vita che sarebbe diventata, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, la contestazione ecologica. Gi nel 1948, Pauling con pochi altri, fra cui Einstein, aveva fondato un comitato che chiedeva a tutti i Paesi di collaborare per tenere sotto controllo internazionale gli strumenti di guerra nucleare e per promuovere la pace. Per queste attivit, nel novembre del 1950 fu sottoposto ad inchiesta da parte di una commissione del senato dello Stato della California. Erano i primi giorni della caccia alle streghe lanciata dal senatore repubblicano Joe McCarthy e gli effetti si fecero subito sentire: a Pauling fu negato il passaporto con la motivazione, data dal Dipartimento di Stato, che i suoi viaggi allestero sarebbero stati contrari allinteresse degli Stati Uniti. Secondo listerismo dominante, in quegli anni essere un pacifista o dichiarare i pericoli delle armi atomiche equivaleva ad essere un comunista. Pauling dichiar sotto giuramento di non essere un comunista, di non aver avuto legami col Partito comunista e di
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essere un leale cittadino americano, ma questo non bast e non bast neanche la lettera che Einstein scrisse al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, rivendicando il diritto che questo scienziato aveva di viaggiare. Solo quando a Pauling fu assegnato il premio Nobel per la chimica, gli fu concesso un passaporto temporaneo per Stoccolma. Negli anni precedenti, durante una serie di lezioni a Oxford, nel 1948, Pauling aveva elaborato unipotesi di struttura delle proteine, secondo la quale gli amminoacidi che costituiscono un polipeptide sono arrotolati in una struttura ad elica che chiam elica alfa. La verifica sperimentale di questa ipotesi si ebbe con le analisi di diffrazione coi raggi X di alcune proteine, fra cui la cheratina, che mostrarono che una struttura ad elica spiegava la disposizione degli amminoacidi, i legami idrogeno e alcuni comportamenti delle proteine. Pauling si stava interessando alla struttura del Dna, di cui alcuni ricercatori inglesi, Maurice Wilkins (1916-2004) e Rosalind Franklin (1920-1958), avevano ottenuto delle buone fotografie di diffrazione, rese pubbliche il 28 aprile 1952 durante un congresso sulle proteine in Inghilterra. A tale congresso Pauling, privato del passaporto, non pot partecipare. Nel gennaio 1953, Pauling e Corey proposero uninterpretazione della struttura del Dna. Successivamente, i loro risultati furono corretti, sulla base delle nuove conoscenze, dagli inglesi James Watson e Francis Crick (1916-2004) che proposero per il Dna una struttura in cui le basi sono disposte a doppia elica, scoperta alla quale dovettero la loro celebrit e il premio Nobel nel 1962. Le scoperte della struttura a elica e a doppia elica delle
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proteine e del Dna aprirono le porte agli studi di genetica molecolare che hanno rivoluzionato la biologia. A Pauling fu assegnato il premio Nobel per la chimica nel 1954. Il prestigio che gli venne da questo riconoscimento internazionale giov ai suoi sforzi per mobilitare lopinione pubblica americana e internazionale nella protesta contro le esplosioni sperimentali di bombe atomiche nellatmosfera che, in quegli anni Cinquanta del Novecento, si stavano succedendo, da parte degli Stati Uniti, dellUnione Sovietica, del Regno Unito, della Francia, al ritmo di alcune centinaia allanno: mille dal 1946 al 1963. Pauling dimostr, con dati scientifici e statistici, che la ricaduta radioattiva dei test atomici, divenuti ancora pi potenti con linvenzione della bomba a idrogeno, avrebbe fatto aumentare la diffusione del cancro e di difetti genetici negli adulti e nei neonati. Il 15 luglio 1955, Pauling, con altri cinquantadue premi Nobel, firm la dichiarazione di Mainau che chiedeva la sospensione delle esplosioni nucleari nellatmosfera. La dichiarazione concludeva che tutti gli Stati devono decidere di rinunciare alla forza per la soluzione dei problemi politici: se non sono pronti a farlo cesseranno di esistere. Sulla base di questo appello, Albert Schweitzer (18751965), premio Nobel per la pace nel 1952, il 23 aprile 1957 lanci dalla radio di Oslo un celebre messaggio che fu riprodotto nella stampa internazionale, anche se fu deliberatamente ignorato in alcuni Paesi. Nel maggio del 1957, Pauling tenne una conferenza alla Washington University di St. Louis, nel Missouri, dove insegnava anche il biologo Barry Commoner, anchegli attivo
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nella mobilitazione degli scienziati contro le armi nucleari. Proprio quel Barry Commoner che sarebbe diventato celebre in Italia, anni dopo, come leader della contestazione ecologica. Con Commoner e con Edward Condon (19021974), Pauling redasse un appello, firmato da 2000 scienziati americani e da oltre 8000 scienziati stranieri, che fu consegnato, il 15 gennaio1958, al Segretario generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjold. Lappello metteva in guardia contro i pericoli della ricaduta radioattiva delle esplosioni nucleari nellatmosfera e ne chiedeva limmediata cessazione e un controllo internazionale dellenergia atomica. Il governo americano orchestr una campagna di diffamazione contro Pauling sulla stampa, con la collaborazione di volonterosi scienziati, come quellEdward Teller (1908-2003) che ispir la figura del dottor Stranamore nel noto film di Stanley Kubrich del 1964. Nello stesso 1957, Pauling pubblic il libro No more war! (Mai pi guerre!) per diffondere la consapevolezza che laumento della produzione e della sperimentazione delle armi nucleari avrebbe potuto mettere in pericolo la sopravvivenza dellumanit e della stessa vita sul pianeta. Con pazienza e diplomazia diffuse le sue idee, sostenendo soprattutto che gli scienziati avrebbero dovuto operare come portatori e strumenti di pace. Nel giugno 1960, Pauling fu convocato da una speciale commissione del senato americano e fu invitato, sotto giuramento, a riferire come erano state raccolte le firme dellappello. Pauling si rifiut di fare tali nomi. Pauling non si ferm neanche il 29 aprile 1962, giorno in cui il presidente Kennedy lo invit a cena, insieme ai pre221

mi Nobel occidentali, alla Casa Bianca. Quello stesso giorno partecip con la moglie ad una manifestazione contro le bombe atomiche proprio davanti alla residenza presidenziale, e poi and alla cena ufficiale. I suoi sforzi ebbero successo quando, nel 1963, le tre potenze nucleari Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito (ma non la Francia) firmarono il trattato che vieta le esplosioni nucleari nellatmosfera, il cosiddetto Limited Test Ban Treaty. Il 10 ottobre 1963, il giorno in cui il trattato entr in vigore, fu annunciato che a Pauling era stato assegnato il Premio Nobel per la pace. Pauling stata lunica persona a ricevere due premi Nobel. La Commissione norvegese riconobbe che lazione senza tregua di Pauling ha risparmiato a innumerevoli persone sofferenze e morte per tumori e difetti genetici. Negli Stati Uniti questo secondo Premio Nobel suscit varie proteste negli ambienti filonucleari e conservatori. Il settimanale Life il 25 ottobre 1963 scrisse che il premio Nobel a Pauling era un insulto per lAmerica. Nel 1963, il California Institute of Technology mostr di non gradire il suo impegno politico e Pauling lasci linsegnamento per continuare, in un proprio Linus Pauling Institute, le ricerche sulla chimica delle funzioni cerebrali e sulle malattie mentali, sulle cause dellanemia perniciosa e le modificazioni dellemoglobina nel sangue delle persone colpite da questa malattia, e sulleffetto di forti dosi di vitamina C sia sul raffreddore, sia su alcuni tipi di tumori. Questi studi hanno portato Pauling a elaborare la teoria della medicina e della psichiatria ortomolecolare, che sono state al centro di dibattiti e polemiche. Negli ultimi an222

ni della sua vita ha anche studiato la superconduttivit ad alta temperatura. Pauling ha disposto che la sua biblioteca e il suo archivio, di decine di migliaia di libri e articoli e di centinaia di migliaia di lettere e appunti, fosse lasciato allUniversit statale dellOregon, da cui aveva mosso i primi passi. Un catalogo di tale immenso patrimonio, una bibliografia completa e molte notizie su Linus e Ava Helen Pauling si trovano in Internet nel sito http://osulibrary.oregonstate.edu/ alla voce Special Collections. Inoltre, duemilacinquecento pagine su Pauling si trovano nellarchivio dellFbi; anche in questo caso il coraggio civile ha avuto la meglio sulloscurantismo e sulle persecuzioni politiche. Pauling ha sempre sostenuto che lavvento della bomba atomica avrebbe dovuto portare nel mondo la fine delle guerre e lavvento del regno della legge: la sopravvivenza umana nellera nucleare sarebbe stata possibile soltanto con la pace, il disarmo e il dialogo razionale. Un invito ancora del tutto valido, perch nel 2010 negli arsenali nucleari di tutto il mondo si trovano ancora oltre 20mila bombe nucleari, con una potenza distruttiva cinquecento volte superiore a quella di tutti gli esplosivi usati durante la Seconda Guerra Mondiale. Continuando limpegno pacifista che aveva manifestato protestando contro lintervento militare americano nel Vietnam, nel Sud-est asiatico e nei Paesi dellAmerica latina, nel 1991 compr a proprie spese unintera pagina del New York Times e del Washington Post, condannando lintervento militare americano in Iraq. Pauling disse: Non mi illudo che serva a qualcosa ma so che dovevo farlo. Nel
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1991, ha scritto un Appello per la pace in Croazia e ha firmato appelli contro le violazioni dei diritti umani. Pauling non ha mai esitato nel sollecitare limpegno degli scienziati nella politica e nella societ, queste le sue parole: Si dice talvolta che la scienza non ha niente a che fare con la morale: sbagliato. La scienza la ricerca della verit, lo sforzo di comprendere il mondo, e comporta il rifiuto di divieti, dogmi, rivelazioni, ma non il rifiuto della moralit. La scienza non una gara in cui uno cerca di sconfiggere il concorrente, di arrecare danno agli altri. Bisogna trasferire lo spirito della scienza negli affari internazionali per indurli a cercare una soluzione.

Luomo del futuro

A molti dei lettori, il nome Robert Jungk (1913-1994) forse dice poco, bench si sia trattato di uno scrittore le cui opere hanno avuto un successo e un effetto grandissimi come contributi alla pace, allambiente e alla conoscenza del futuro. Jungk era nato nel 1913 in Austria e aveva iniziato una fortunata carriera di giornalista. Dopo loccupazione nazista dellAustria era dovuto fuggire in Svizzera dove aveva continuato a scrivere contro il nazismo, passando un periodo anche in un campo di internamento svizzero. In quegli anni ha potuto analizzare a fondo il destino e il futuro dellumanit in un mondo dilaniato da stermini, massacri, dalla bomba atomica, dalla contrapposizione fra popoli e Paesi. Il suo primo libro di successo, Il futuro gi cominciato, del 1952, pubblicato in italiano da Einaudi, lo fece cono224

scere in tutto il mondo e fu dedicato alla descrizione dei possibili futuri condizionati dalle nuove tecnologie, prima di tutto quelle nucleari, e alla propaganda della necessit di far prevalere la pace sugli egoismi, pena la distruzione e la contaminazione planetaria. In questo, Jungk anticipava i temi che si sarebbero chiamati ecologici. Il libro successivo, del 1956, a mio parere il pi bello, pubblicato in italiano col titolo Gli apprendisti stregoni, descrive le contraddizioni e i dilemmi, le vilt e il coraggio degli studiosi che hanno trasformato il progresso della conoscenza della natura nellarma di sterminio di massa per eccellenza, la bomba atomica, la grande fonte di devastazione e alterazione dellambiente. La storia degli scienziati atomici, il sottotitolo del libro, mostra come la volont di conoscenza possa essere asservita alla volont di potere e come ben pochi scienziati abbiano avuto il coraggio di dire no alla costruzione di unarma che ha condizionato e condizioner la vita di miliardi di persone. Sar vero che la costruzione e luso della bomba atomica hanno accelerato la fine della Seconda Guerra Mondiale, sar vero che la sfrenata concorrenza nucleare fra Stati Uniti e Unione Sovietica ha di fatto impedito, per mezzo secolo, una terza guerra mondiale, sar vero che la scienza trover una qualche soluzione per la sistemazione delle code avvelenate della grande macchina militare-industriale, dalle scorie radioattive alluranio impoverito, nuova forma di avvelenamento e morte di civili e militari, ma la storia degli scienziati atomici insegna chiaramente che bisogna sempre chiedersi quanto c di morale nelle decisioni che uno stu225

dioso, un amministratore, un soldato, un imprenditore, un lavoratore, decidono di, o sono costretti a, prendere. Nel filone di questo invito a interrogarsi sulle conseguenze morali del progresso rientra un altro libro di Robert Jungk, Lo stato atomico, scritto con grande passione per indicare le conseguenze politiche ed ecologiche della diffusione delle centrali nucleari. Inevitabilmente, un Paese che affronta lavventura nucleare, sia militare, sia nella costruzione dei reattori commerciali, deve avere un governo autoritario, deve sottostare a rigide regole di segreti. Il libro apparve nel 1977, quando tanti governanti, anche in Italia, sostenevano che il futuro energetico richiedeva la moltiplicazione delle centrali nucleari, quando in Europa esistevano depositi di armi e sottomarini e basi nucleari. Conobbi Jungk a Salisburgo nel maggio dello stesso 1977, durante una manifestazione contro una grande conferenza internazionale a favore dellenergia nucleare. In una piccola pattuglia, con alla testa Jungk, avevamo organizzato una protesta e un picchettaggio allentrata dei delegati ufficiali alla conferenza. La polizia austriaca ci ferm per identificarci, ma Jungk, che a Salisburgo era unautorit, ottenne che fossimo tutti rilasciati. Gli anni Settanta del Novecento furono quelli della crisi energetica, seguiti dalle guerre per la conquista delle materie prime, e sempre di pi cera bisogno di una voce alta che parlasse di pace e di disarmo. Proprio in questo periodo tempestoso, nel 1983, Jungk pubblic il libro Londa pacifista, edito in italiano da Garzanti. Jungk voleva completare il suo contributo alla diffusione di una cultura della pace con un libro sullenergia solare che riconosceva, giustamen226

te, come lunica fonte di energia che avrebbe potuto fermare i conflitti in corso e il degrado ambientale che gi si manifestava con i cambiamenti climatici provocati dal crescente uso del carbone e delle altre fonti energetiche fossili. Parl di questo suo progetto durante una conferenza sullenergia solare a Dobbiaco nel 1989, ma ormai malato morto il 14 luglio 1994 non termin mai il libro. Jungk ha voluto legare alla citt di Salisburgo la sua biblioteca e larchivio dei manoscritti e dei documenti raccolti nella sua lunga vita di lavoro, di insegnamento e di passione civile, di persona attenta al futuro, istancabile nel parlare dei pericoli provocati dalla miopia e dallarroganza del potere e nel diffondere un messaggio di speranza e di coraggio.

Pace e ambiente

Ogni anno comincia con le autorit politiche, morali e religiose che invocano la pace. Una pace che indispensabile per salvare vite umane ed evitare dolori umani, ma anche per salvare il pianeta e lambiente. la tesi di un dimenticato libro di Barry Commoner, Far pace col pianeta (Milano, Garzanti, 1990) e il tema ripreso in un libro, Ambiente e pace: una sola rivoluzione (Milano, Edizioni Punto Rosso, 2008), di Carla Ravaioli, autrice di molti altri libri sul lavoro, sulleconomia e sullambiente. Anche per tutto il primo decennio del XXI secolo, i cannoni e le bombe hanno fatto sentire la loro voce in tante parti del mondo: in Palestina, in Iraq, in Afghanistan, nel Myanmar, in In227

donesia, nel Pakistan, in India, nel Darfur, nel Congo, in Nigeria, nello Sri Lanka, eccetera, uccidendo insieme persone e foreste, inquinando le acque e distruggendo abitazioni e campi coltivati. Quante volte si ripetuta la stessa storia! Sodoma e Gomorra, le ricche citt sul Mar Morto in Palestina, sono state messe a ferro e fuoco (lo racconta il capitolo 13 della Genesi) da chi voleva impadronirsi dei loro giacimenti di sale (materiale strategico prezioso, quattromila anni fa, come oggi il petrolio). Ogni popolo invasore ha reso sterili le terre e i pascoli del nemico e anche in tempi pi vicini a noi le stesse ricchezze della natura, che la pace e unequa distribuzione potrebbero far utilizzare e godere da tutti i popoli della Terra, sono diventate la fonte della violenza e delle guerre. Gli europei del Cinquecento, con la scusa di portare la civilt cristiana ai selvaggi, miravano a conquistare materie prime preziose le spezie, loro, largento per le quali non esitarono a sterminare i nativi che avevano la pretesa di ritenere che tali beni naturali fossero loro. La stessa cosa avvenne nel Nord America, dove i coloni bianchi distrussero pascoli e boschi e sterminarono i nativi, quelli che noi chiamiamo indiani o pellirosse. Distruzione della natura per la conquista di materie preziose hanno caratterizzato le guerre, nella met dellOttocento, fra Cile e Bolivia per il salnitro (1879-1883), fra Brasile e Bolivia per la gomma (1899-1903) e la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) per la conquista dei ricchi giacimenti di carbone, di minerali di ferro e di sali potassici dellAlsaziaLorena. Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), le violenze ambientali hanno accompagnato la spinta dei
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giapponesi alla conquista del petrolio e della gomma del Sud-est asiatico e dei nazisti alla conquista dei giacimenti petroliferi sovietici del Mar Caspio. I perfezionamenti tecnici hanno offerto sempre pi efficaci mezzi di distruzione di vite umane e dellambiente: dalle armi chimiche usate nella Prima Guerra Mondiale, fino alle bombe atomiche, la superarma che pu avvelenare persone e natura in tutto il pianeta per decenni e secoli. Durante la guerra del Vietnam (1959-1975), gli erbicidi usati dagli americani per distruggere la giungla in cui trovavano rifugio i partigiani Vietcong, non solo fecero scomparire centinaia di migliaia di ettari di foresta tropicale, ma contaminarono grandi estensioni di campi e terreno e il corpo degli abitanti e degli stessi soldati americani con la diossina, una sostanza tossica e cancerogena che era presente come impurit nei prodotti sparsi dagli aerei. La diossina, entrata con la guerra nel vocabolario mondiale, si sarebbe poi trovata nelle fabbriche di sostanze clorurate, come quella che avvelen i campi di Seveso (1976), nei fumi degli inceneritori di rifiuti, e in molti altri luoghi. Durante la lunga guerra Iran-Iraq (1980-1988) e nelle due guerre del Golfo (1990-1991 e 2003) i cieli furono invasi dai fumi degli incendi dei pozzi petroliferi, il petrolio ricopr larghi tratti del Golfo Persico, il delicato ecosistema dello Shatt al-Arab, lestuario del Tigri-Eufrate, fu sconvolto e sulle terre furono sparse polveri contenenti uranio impoverito. Durante le lunghe guerre nella ex-Jugoslavia (1991-1993), le esplosioni e gli incendi delle fabbriche bombardate sparsero veleni nei terreni e nei fiumi. Le guerre e guerriglie in Africa, nel Sud-est asiatico, in Afgha229

nistan da anni provocano la distruzione delle foreste, immettono milioni di tonnellate di gas dannosi nellaria, fanno finire i rifiuti tossici nei fiumi; la mancanza e linquinamento dellacqua peggiorano le condizioni igieniche di milioni di persone e facilitano la diffusione di epidemie. Ciascuna delle guerre per le materie prime si lascia alle spalle terre desolate, montagne di scorie tossiche e radioattive. Il valore monetario delle perdite di ricchezze economiche e ambientali che la pace avrebbe potuto e potrebbe evitare sono stimate in 2000 miliardi di euro allanno, quasi una volta e mezzo il Prodotto Interno Lordo dellItalia, a parte le perdite di vite umane e di beni della natura che non hanno prezzo. Mentre nei Paesi sviluppati ci si sforza, bene o male, di ridurre linquinamento dellaria, di costruire depuratori, di salvaguardare e proteggere alcune zone di boschi e vegetazione, in molti Paesi sottosviluppati le guerre, in cui direttamente o indirettamente sono stati e sono coinvolti, lontano da casa propria, gli stessi Paesi sviluppati arrecano continui danni ad ecosistemi delicati e irriproducibili. Sembra che i Paesi progrediti si sforzino di tenere pulita la propria casa contaminando la casa altrui, facendo finta di non accorgersi che lambiente tuttuno, che laria la stessa, nei cieli di Londra o di Bassora, che il mare lo stesso, sia esso il Mediterraneo o il Golfo Persico. Mentre a Roma o a Milano i laboratori giustamente controllano se la concentrazione delle polveri microscopiche sospese nellaria urbana superano le soglie di sicurezza, nel qual caso scattano doverosi provvedimenti di limitazione del traffico, a Bagdad nel marzo-aprile 2003 cinque milioni di persone,
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donne e uomini come noi, hanno respirato per giorni interi aria carica non solo di polveri, ma di ossidi di zolfo, mercurio, diossine, furani, sostanze cancerogene. Non ci sar mai pace con lambiente naturale se non ci sar pace fra gli esseri umani che tale ambiente abitano, e non ci sar mai pace fra gli abitanti della Terra senza unequa distribuzione dei beni che la Terra offre. La pace figlia della giustizia, lo diceva anche il profeta Isaia, tanti anni fa, e, parafrasandolo, si pu ben dire che lambiente figlio, a sua volta, della pace.

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Gaia Onlus, il pianeta che vive e che legge


LAssociazione Gaia Animali & Ambiente nasce nel 1995 per iniziativa di un gruppo di giornalisti, di ambientalisti, di animalisti e di imprenditori nel campo della comunicazione, tra i quali Edgar Meyer (attuale presidente), ricercatore, storico dellambiente e giornalista, Stefano Apuzzo, ex-parlamentare, giornalista ambientalista e scrittore, Stefano Carnazzi, scrittore e direttore editoriale di Lifegate Magazine e Lifegate Radio. LAssociazione promuove, da subito, campagne di forte impatto mediatico. Le iniziative sono prevalentemente per la difesa degli ecosistemi e delle foreste pluviali, contro labbandono degli animali, per lo sviluppo sostenibile, per la diffusione dei prodotti bio, per la salute umana. LAssociazione viene riconosciuta come Onlus Organizzazione Non Lucrativa di Utilit Sociale e collabora con ministeri e istituzioni nazionali e locali. Dal settembre 2004, viene creato Gaia Lex, il centro di azione giuridica dellassociazione che si occupa di dare informazioni e risposte alla richiesta di assistenza legale dei cittadini sui temi dei diritti animali e della salvaguardia ambientale. La collaborazione con aziende amiche dellambiente, e la denuncia di attivit produttive devastanti per lecosistema, rendono Gaia unassociazione attenta al mondo delle imprese e alla comunicazione. Dal 2006, Gaia titolare della collana editoriale intitolata I Libri di Gaia Ecoalfabeto con la casa editrice Stampa Alternativa, con la quale sono stati pubblicati diversi libri sulle tematiche dellambiente e della sostenibilit, dei diritti animali, della salute umana e della sicurezza alimentare. Tra i titoli pubblicati ricordiamo: Fido non si fida, Qua la zampa, Bimbo Bio, Homo scemens, Dalla luna alla terra, Quattrosberle in padella, Foglie di fico, Farmakiller, EcoLogo, Cosmesi naturale e pratica, Le ecoconserve di Geltrude, Ecoalfabeto, United business of Benetton, Senza trucco, La citt del Sole, Bici ribelle, Quattrozampe in tribunale.

Gaia Animali & Ambiente Onlus in Corso Garibaldi 11 a Milano (tel/fax 02.86463111 mail: segreteria.gaia@fastwebnet.it), con sedi decentrate in diverse citt italiane, in Congo (R.D.) e in Gabon. www.gaiaitalia.it

Indice

Introduzione di Edgar Meyer 5

Pi oni er i 9 Occam e lelogio della semplicit 9 Marie Curie e la scoperta del polonio 12 Vladimir Ivanovich Vernadskij: la biosfera e la noosfera 16 Cecil Pigou e le radici delleconomia ambientale 21 Girolamo Azzi e la prima cattedra di ecologia 24 Georgescu-Roegen, padre delleconomia ambientale 27 Barry Commoner: chiudere il cerchio della natura 31 Ecol ogi a 35 Ecologia e storia 35 George Perkins Marsh 40 Garret Hardin e la parabola della mucca 45 Robinia 49 Sprecare meno natura 52 Agosto torrido: commerci e clima 56 Io amo la ginestra 59 Acqua 63 La virt della solidariet 63 Lacqua intorno a noi 66 Guerre per lacqua 71 Il costo in acqua delle merci 74

Il mare intorno a noi 77 Di chi la colpa? 80 Veleni nel mare 84 Ener gi a 88 Le cinque lampadine e linizio dellenergia geotermica 88 Eugenio Barsanti e linvenzione del motore a scoppio 91 Il picco di Hubbert 96 Nucleare: nessun sito adatto in Italia 99 Lenergia osmotica 103 Vita, morte e miracoli del petrolio 107 Gassificazione sotterranea del carbone 110 M er ci e am bi ent i 115 Fiammiferi e veleni 115 Goodyear e la scoperta della vulcanizzazione 118 Plastica 121 La guerra delle terre rare 124 Olio di palma 128 Lauto elettrica e il litio 131 Lavor o e Am bi ent e 136 Love Canal: una bomba a orologeria 136 La premiata ditta Bossi 140 Seveso 145 La trappola dellamianto 148 Le ragazze del radio 152 La tragedia di Marcinelle 157 Ri f i ut i 162 La riciclo-logia 162 Loro nelle fogne 166

Quanto cibo buttato via 170 Carburanti dal pattume 174 Lana verde 178 Sol ar e 182 La scoperta della fotoelettricit del selenio 182 Il Sole eliminer tutta la povert 186 Rudolf Diesel e il motore a olio di arachide 189 Il Sole, il vento e il buio 193 Non c pace 199 Pace 203 Voglia di pace 203 Tecnica e cultura: Lewis Mumford 206 Scienza e pace: Linus Pauling 216 Luomo del futuro 224 Pace e ambiente 227 Gaia Onlus, il pianeta che vive e che legge 233

Finito di stampare nel mese di dicembre 2010 dalla tipografia Iacobelli srl, Pavona (Roma)

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