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Dallevidenza alla verit (Secondo cap.

dellIntroduzione al corso di Filosofia teoretica 2006/07)

La ricostruzione delle tappe della storia del pensiero occidentale ha mostrato i diversi modi di intendere levidenza. Da quanto abbiamo esposto si evince che la determinazione di ci che evidente ha come obiettivo laccesso al criterio per il quale si possa considerare unaffermazione vera. Rispondere alla domanda circa levidenza significa quindi esplicitare le modalit di accesso alla verit, vale a dire esibire come la verit viene allidea. Tenteremo di esporre sinteticamente quanto abbiamo appreso dalla ricostruzione delle tappe della filosofia occidentale delineate nel primo capitolo, cercando di mettere il rilievo le caratteristiche della verit che esse manifestano e il criterio di evidenza che adottano, in ordine ad una possibile comprensione del compito che spetta alla riflessione contemporanea. 1) La prima caratteristica della verit in quanto viene allevidenza la sua precedenza. Sin dallinizio della filosofia la verit si presenta come una rivelazione. Ci significa che la verit ci che si trova, non un prodotto delluomo, un compito. In questo senso si capisce la comprensione di s del filosofo antico, che pensava alla propria vita come ad una missione. Tale caratteristica della verit esprime anche un tratto significativo dellevidenza, vale a dire della modalit attraverso la quale la verit stessa si presenta: lessere gi l disponibile alla ricerca. La metafisica classica ha interpretato questo essere gi l della verit in chiave ontologica: la verit precedente perch una caratteristica dellessere, del fondamento di tutte le cose. Alla verit si accede nellatto stesso in cui si giunge alla causa degli enti in quanto enti. Il significato del principio didentit non contraddizione si pu comprendere a partire da questa convinzione.

La precedenza della verit si declina come immutabilit. La verit si mostra sempre come uguale a se stessa. Certo, negli itinerari di ricerca si danno verit parziali; anche queste per, sono verit che, una volta determinate, permangono. In questo senso evidente ci che rimane uguale a se stesso e non soggetto alle mutazioni del tempo. La riflessione antica e medievale ha cercato di chiarire questo stato di cose elaborando le teorie della partecipazione e della analogia: una verit parziale rimanda alla verit in quanto questa si partecipa. La verit si lascia vedere nelle diverse verit che troviamo nellitinerario di ricerca ed lorizzonte nel quale la nostra ricerca sempre permane, in quanto la verit sempre altra rispetto alle proprie determinazioni. Per quanto riguarda le caratteristiche dellevidenza, del modo nel quale la verit si manifesta, vogliamo sottolineare qui la disponibilit della verit a mostrarsi e la sua trascendenza rispetto alle proprie manifestazioni: evidente ci che si mostra e, insieme, si ritrae nella sua alterit; inoltre si pu dire che evidente ci che esibisce la propria struttura di rimando. Anche in questo caso possiamo notare il nesso tra la questione della verit, la sua evidenza e la struttura ontologica. La tradizione metafisica ha individuato nel pensiero il modo attraverso il quale si conosce la verit. Abbiamo visto che lespressione compiuta di questa teoria la riflessione di Aristotele. Lidea dellidentit tra pensiero ed essere e la tematizzazione della struttura logico deduttiva del pensiero sono la conseguenza della risposta della metafisica classica alla questione della differenza ontologica: la causalit necessaria. Infatti, lessere e le sue determinazioni vengono compresi a partire dal concetto di causa e ricondotti alla struttura logico-deduttiva; la correlazione tra lessere e il pensiero diviene identit tra pensiero ed essere, perch la struttura della verit si mostra come correlativa alla struttura della differenza dellessere. Occorre tuttavia domandarsi se la causalit e lidentit tra pensiero ed essere possano effettivamente spiegare in modo risolutivo le caratteristiche attraverso le quali lessere viene al pensiero nella sua differenza: la precedenza, lalterit, la trascendenza e la struttura di rimando della verit trovano

la loro esplicazione nellaffermazione della causalit e nellidentit tra pensiero ed essere? 2) La teoria metafisica ha messo in rilievo il nesso tra la questione della verit e lontologia: la domanda sulla struttura dellevidenza correlata alla questione dellessere e della sua differenza. Tale nesso viene ripreso e approfondito dalla filosofia medievale, in relazione alla rivelazione cristiana e al rapporto dei contenuti di questa con la ragione e gli strumenti concettuali da essa elaborati. Lidentit tra pensiero ed essere un assioma che permane allinterno della riflessione medievale, la quale tuttavia, proprio grazie allevento della rivelazione, inizia a comprendere che non ci pu essere una continuit deduttiva tra la determinazione della verit possibile alla ragione e la rivelazione: questa si presenta come una novit assolutamente altra rispetto alle possibilit della conoscenza umana. Tuttavia la rivelazione non totalmente estranea alla ragione: questa anticipa in qualche modo ci che solo la rivelazione porta a compimento e quella approfondisce ci che la ragione riesce solo a intuire. Il nesso tra ragione e rivelazione circolare. Le modalit attraverso le quali la verit si rende accessibile sono le stesse che nel mondo classico: precedenza, immutabilit, alterit-trascendenza e struttura di rimando, ma la verit resa disponibile dalla rivelazione un dono, per cui occorre riconoscere una relazione non necessaria nellessere: latto di Dio che si rivela. Nella filosofia medievale questa novit viene soltanto percepita come una tensione che lentamente far emergere linconciliabilit della comprensione della differenza nellessere come causalit necessaria e irrelata con la rivelazione, la quale invece dice di una intenzione nel cuore stesso del fondamento: la relazione. Lidea di relazione, tuttavia, rimarr la cifra esplicativa dei contenuti della rivelazione cristiana, ma non giunger a mettere in discussione la struttura causale dellessere e lirrelazione ad essa connessa. Occorrer attendere la fine del medioevo per trovare autori che in modo preciso metteranno in discussione quella concezione dellessere e della verit. Certo che in questo periodo si prepara la consapevolezza che lidentit tra essere e pensiero non scontata e che la

caratteristica di precedenza della verit e della sua alterit rispetto alle determinazioni dellintelletto umano trovano il proprio fondamento nella relazione voluta: Dio si rivela perch lo vuole e questo cambia il modo di pensare il mondo e le modalit attraverso le quali luomo accede alla propria verit. La verit stessa una relazione: la ricerca della filosofia un momento del rapporto nel quale luomo viene inserito dalliniziativa di Dio, ma il concetto non riesce a determinare lorigine di tale iniziativa, pur essendone un momento necessario e fondamentale. Questa la tensione che si coglie nella riflessione medievale, ma che non trova in essa la propria svolta: la struttura concettuale della metafisica non permette di esprimere pienamente la diversa caratteristica dellessere che la rivelazione manifesta. 3) La modernit lo abbiamo visto nel primo capitolo si caratterizza per lemergere del soggetto: vero ed evidente soltanto ci che la soggettivit determina a partire da se stessa, dalle proprie capacit. In questo momento della storia del pensiero occidentale viene a consapevolezza la non identit tra pensiero ed essere. Se prendiamo ad esempio la riflessione di Cartesio, troviamo la dichiarazione programmatica di un pensatore che vuole mettere in questione lidentit tra lidea di una cosa e la cosa stessa. Il dubbio metodico ha il compito precisamente di sottoporre a verifica la relazione di un concetto con la cosa a cui abitualmente lo si riferisce; tale relazione non pi scontata. Levidenza diviene una caratteristica della rappresentazione soggettiva: essa la certezza raggiunta dal soggetto quando giunge a determinare unidea chiara e distinta. In questo senso alla verit si accede attraverso la costruzione di un metodo e la sua costante applicazione. La precedenza della verit, limmutabilit e la sua alterit vengono ribadite; nella prospettiva cartesiana, infatti, le idee che presiedono alla elaborazione del sapere certo sono innate, non prodotte dalluomo, ma tali caratteristiche della verit nel suo darsi sono strutturali alla soggettivit pensante, sono appunto idee che luomo ritrova in s, come appartenenti alla propria apertura al mondo. La struttura di rimando, per la quale lente manifesta la verit e

la indica come altra da s, viene censurata: le cose sono vere perch corrispondenti alle idee determinate dal soggetto. Lungi dallessere una sorta di dimenticanza temporanea della prospettiva classica, lepoca moderna segna una svolta dalla quale non si pu (e non si deve) recedere e con la quale occorre confrontarsi. In particolare, la peculiarit della svolta moderna sta nellaffermazione che la questione della verit trova il proprio senso nel nesso di questa con il soggetto pensante: non si d verit che non sia la verit per il soggetto razionale. Occorre tuttavia fare attenzione a non fraintendere quanto sopra affermato: il soggetto di cui parla la filosofia moderna non lindividuo post-moderno contemporaneo. Ci significa che la modernit non ha rinunciato ad elaborare unontologia: la tematizzazione della struttura trascendentale della soggettivit precisamente il nuovo tentativo di parlare dellessere e della sua differenza. In questo senso fondamentale il confronto con lopera di Immanuel Kant. Importante il suo tentativo di arrivare a determinare le condizioni di possibilit del conoscere e dellagire. La struttura trascendentale precisamente ci che a priori, sempre uguale a se stessa, universale e necessaria; ci senza cui luomo non sarebbe tale. Una breve sintesi dellinsieme del percorso kantiano labbiamo esposta in precedenza. Qui preme sottolineare alcune questioni che possono essere daiuto per il proseguimento della nostra riflessione. Innanzitutto occorre sottolineare che la struttura trascendentale la determinazione del rapporto delluomo al mondo, secondo la quale i concetti dellintelletto vengono determinati come concetti di oggetti dellesperienza. Interessante notare la distinzione decisa fra il pensiero e la cosa e, insieme, laffermazione della loro relazione. La questione della verit sorge per luomo come problema sul versante della conoscenza, e questa a sua volta un problema di rapporto dellintelletto alloggetto. Il tentativo delluomo di costruire concetti di oggetti fuori dallesperienza cade inevitabilmente nellillusione. Certo, la teoria kantiana della conoscenza fortemente influenzata dallopera scientifica newtoniana; ci che tuttavia risulta interessante da una parte, laffermazione

della distinzione tra il concetto delloggetto e loggetto stesso (la cosa in s), dallaltra laffermazione del loro nesso necessario. Linteresse sta in ci: che il movimento di ricerca e di determinazione del concetto delloggetto nasce dalla spontaneit dellintelletto; esso per relativo allesperienza, alla realt che rimane irriducibile allazione del soggetto conoscente , poich la cosa in s irraggiungibile. Ancora, la determinazione della verit non riducibile a nessuno dei due poli, soggetto o oggetto, ma sta nel risultato della loro correlazione. In questo senso la teoria kantiana non semplicemente unaffermazione della soggettivit a scapito dellalterit dellessere gi l delloggetto, ma laffermazione della necessit dellapporto della categoria dellintelletto nella determinazione della verit della cosa, pur rimanendo questa irriducibile al solo concetto. Tale irriducibilit tuttavia emerge solo nellazione dellintelletto, come istanza radicale dellattivit conoscitiva. La problematicit di tale posizione emerge quando Kant si rende conto che luomo pensa anche a oggetti che non sono dellesperienza e che tuttavia la ragione afferma come propri pensieri. Per quale motivo luomo in quanto tale, pur non avendone riscontro nellesperienza, continua a pensare a Dio, allanima, alla finalit del mondo? Perch queste idee si trovano nel cuore stesso della ragione? Perch la ragione pensa inevitabilmente lincondizionato, vale a dire ci che non finito, non sottoposto alle limitazioni di spazio e tempo. Abbiamo gi detto che, proprio cercando di comprendere il ruolo delle idee della ragione nella struttura trascendentale delluomo, Kant arriva nella seconda Critica ad affermare la centralit della libert e, nella terza Critica a riconoscere una modalit diversa da quella newtoniana di comprendere il mondo: la realt non solo oggetto di un concetto ma luogo di esperienze che manifestano lincondizionato; la realt disposta per la manifestazione dellIdea, e tale manifestazione tuttavia per il soggetto trascendentale. Quale interesse pu avere la riflessione kantiana per il nostro percorso?

Innanzitutto per Kant levidenza si d nella determinazione del concetto delloggetto dell esperienza. Ci che rende vera unaffermazione lattivit dellintelletto che determina il concetto di un oggetto riconducendo ad unit i dati che lesperienza fornisce. E parte della stessa evidenza, tuttavia, lirriducibilit della cosa al concetto, vale a dire il fatto che la cosa non prodotta dallattivit dellintelletto, anzi, lesistenza il presupposto del darsi della relazione conoscitiva stessa. Della questione veritativa fa parte integrante anche lattivit della ragione, la facolt dellincondizionato. Pensare linfinito condizione della capacit di determinare il concetto delloggetto, non si d attivit dellintelletto che non sia nellorizzonte della verit incondizionata. Questa ha una relazione con la questione della libert e della visione estetica e finalistica del mondo. La determinazione del vero, quindi, deve essere ricompresa allinterno della questione della libert e dellesperienza incondizionata che le idee estetiche manifestano.1 Tutto ci pu essere tematizzato interrogando la soggettivit, la struttura trascendentale delluomo. Trascendentale, appunto. Le caratteristiche che nella filosofia classica venivano riconosciute come qualit dellessere da Kant vengono tematizzate come modalit costanti di accesso delluomo alla verit. Era precisamente questo che intendevamo sottolineare quando abbiamo affermato che per il pensiero moderno la soggettivit il luogo dellevidenza e della verit dellessere: la realt vera, buona, una e bella in quanto la soggettivit la determina come tale. Tutto questo pu essere affermato tenendo conto che per gli autori menzionati ci non significa che il soggetto a produrre la verit e lessere della realt, ma che la struttura della realt viene alla propria verit nella soggettivit e per la soggettivit. Dire che la verit trascendentale significa affermare che essa si d a priori, che una condizione dellessere uomo e non che luomo ne pu disporre arbitrariamente. Ma dire che essa condizione dellessere uomo significa anche affermare che la verit implica lattivit della soggettivit
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Cfr H.-G. GADAMER, Verit e metodo, trad. it. di G. Vattimo, Bompiani, Milano 2004: Nella prima parte si discute della verit in relazione allesperienza estetica, mentre nella seconda si tratta del problema della verit in connessione con le scienze dello spirito.

per essere manifestata. Questa la nuova caratteristica per la quale la verit si manifesta, il criterio di evidenza tematizzato dalla modernit. Occorre tuttavia rilevare nellimpostazione kantiana una separazione tra il momento conoscitivo e il momento pratico della ragione. Il pensatore di Knigsberg ha cercato di costruire la propria teoria confrontandosi con il paradigma scientifico di Newton, considerando sapere solo ci che riusciva a giustificare criticamente i risultati di quella ricerca. Proprio questa concezione del sapere non permette a Kant di arrivare a comprendere a pieno il senso del nesso tra soggetto e oggetto che la sua teoria d per scontato. La deduzione trascendentale pone le condizioni di possibilit del rapporto del concetto alloggetto dellesperienza, ma non spiega il perch della sussistenza di tale nesso; dal punto di vista pratico tenta di esplicitare il perch di tale nesso, ma toglie alla libert ogni possibilit di conoscenza, cos come la possibilit di accesso alla verit viene negata allesperienza estetica. Il perch del rapporto conoscitivo e della elaborazione dei concetti viene presupposto e la struttura trascendentale viene separata dallatto di conoscenza e di libert del soggetto concreto. In altri termini potremmo dire che limpostazione trascendentale afferma limplicazione della soggettivit nella determinazione della verit, ma non mette a tema perch il soggetto destinato a tale compito. Perch venga messa a tema tale questione occorre una diversa interpretazione della soggettivit. 4) Il dibattito filosofico contemporaneo parte precisamente dal recupero della correlazione tra pensiero ed essere. Occorre tuttavia ricordare quanto abbiamo affermato nel primo capitolo: dalla svolta moderna non si recede, ma occorre confrontarsi con essa. Il recupero del nesso tra pensiero ed essere nella filosofia contemporanea, quindi, presuppone la questione del soggetto. Vorremmo mettere in rilievo che le posizioni teoriche di Wittgenstein, di Russell e della tradizione analitica si spiegano solo a partire dalla ricerca di una giustificazione epistemologico-scientifica del nesso tra la coscienza e loggetto. Riteniamo tuttavia che la produzione teorica pi significativa in ordine alla questione del rapporto tra soggetto e oggetto sia quella della scuola fenomenologica. La

filosofia di Husserl si pone nella linea trascendentale, tuttavia, rispetto alla teoria kantiana, accade qualcosa di nuovo: viene messo a tema il nesso tra soggetto e oggetto. Secondo Husserl lintenzionalit precisamente il tentativo di mostrare la non scontatezza di tale rapporto, e di metterlo a tema come dimensione fondamentale della coscienza. La coscienza sempre aperta a qualcosa e la cosa non pi semplicemente oggettivata, ma presentazione di s che riempie lattivit della coscienza. Non c pi semplicemente rappresentazione, ma manifestazione di s da parte della cosa. Levidenza, quindi, (vale a dire la modalit per la quale la verit si pone) fondata sulla correlazione attuata, per la quale la coscienza comprende la relazione a s che loggetto lascia apparire. Al fondo della coscienza sussiste un momento passivo che non pi la recettivit kantiana sulla quale poi si esercitava la spontaneit dellintelletto. La passivit della coscienza per Husserl recettivit attiva, in cui si realizza la relazione tra coscienza e mondo, il riempimento che realizza lintenzionalit della coscienza. Il mondo della vita il luogo del senso, vale a dire un mondo che si costituisce nella propria relazione alla soggettivit. In questa prospettiva emerge anche la questione ontologica: la coscienza apertura intenzionale al mondo e, per questo, possibile la domanda sulla questione dellevidenza e sulla verit. Non si d la domanda sulla verit che non implichi anche una comprensione ontologica delluomo. In questa prospettiva si muove la riflessione di Heidegger: lanalitica del Dasein chiaramente una ontologia, vuole rispondere alla domanda sullessere delluomo. Non una semplice antropologia, ma la consapevolezza che non si giunge alla comprensione delluomo se non si pone la questione dellessere e della sua intrinseca differenza, vale a dire se non si comprende il senso della differenza ontologica per luomo. La questione della differenza ontologica implica la domanda sullessere delluomo, ed a partire da questa che si comprende la questione della verit. La riflessione heideggeriana approfondisce lintuizione della fenomenologia. Occorre sottolineare che il soggetto heideggeriano luomo storicamente situato: luomo un essere temporale, che vive la propria vita come

esistenza, vale a dire come apertura anticipante al futuro. Lanticipazione significa precisamente che luomo apre su ci che ancora non c, mentre lo afferma come realmente disponibile per s. In questo senso luomo insieme fatticit e trascendenza. A partire da questa comprensione ontologica delluomo deriva la possibilit di una nuova comprensione della differenza ontologica: questa non pi la distinzione tra essere ed ente concettualmente determinata. Il concetto il risultato di un processo pi profondo per il quale lessere esibisce la propria differenza: la differenza tra lessere e lente un accadimento che si attua quando lessere apre una possibilit di vita alla coscienza che la riconosce e la anticipa come propria possibilit. Levento sempre lapertura dellessere e il progetto che, su tale anticipazione, la coscienza realizza. Lessere non pi un oggetto che si distingue dallente, ma lorizzonte che apre la possibilit di trascendenza della coscienza storica. Ora, si comprende che tale posizione un approfondimento dellintenzionalit fenomenologica. La coscienza qui luomo concreto occupato nel progetto della propria vita, luomo che si occupa della questione che il proprio essere. Tale questione, tuttavia, sorge su una anticipazione dellessere che, mentre esibisce la propria differenza, rende possibile la capacit di trascendenza delluomo. La cifra dellappello esplicita in modo eloquente la prospettiva ontologica heideggeriana: intenzionalit qui significa da una parte la scoperta della struttura ontologica umana come concrezione di fatticit e trascendenza, dallaltra e correlativamente la messa in rilievo del senso della differenza ontologica come intenzionale appello alla coscienza progettante. La questione della verit e della sua evidenza, quindi, si apre quando si pone la domanda sul senso dellessere delluomo; ma questa domanda fondata sullevento per il quale lessere apre alluomo la reale possibilit di domandare, mostrandosi mentre differisce: la differenza ontologica appunto ci che avviene come appello alla coscienza. Le caratteristiche dellevidenza che consentono laccesso alla verit mutano sensibilmente. La verit si presenta come svelamento: ci che si svela rimanendo velato, come un evento. Il senso di tale svelamento la sua relazione

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alla libert. Il differire della verit interpella luomo e rende possibile la sua libert. Si comprende come questo modo dintendere il rapporto della verit alluomo dipende da una concezione ontologica diversa da quella della metafisica classica e apre la possibilit di mettere a tema un diverso modo di accedere alla verit da parte delluomo. Innanzitutto linterpretazione heideggeriana mette in discussione la concezione ontologica della metafisica classica: non possibile pensare allessere come ad una causa. In quanto esso lessere che apre la possibilit della libert umana deve essere interpretato come un evento, che si fa appello alla libert, quindi lessere nella relazione e non una causalit irrelata. A partire da ci si comprende come la verit dellessere non pu essere in prima istanza il frutto di un procedimento logico-deduttivo, ma un accadimento nel quale luomo ritrova se stesso posto dinanzi alla decisione.2 Ci significa che la verit si offre storicamente come compito, ma per essere un compito deve essere riconosciuta, affermata e praticata. Le modalit di accesso ad essa sono quindi di tipo simbolico, vale a dire modalit per le quali la verit si mostra ritraendosi per lasciare lo spazio alla libert di riconoscere ed accettare. Il concetto, prima di essere una deduzione, una ripresa critica dellesperienza che lo precede. In questa impostazione non si toglie nulla alla possibilit del concetto, ma si comprende che il rapporto di correlazione tra pensiero e cosa viene anticipato dalla realt dellessere che irriducibile a ci che il concetto riesce a determinare: lessere non si identifica in modo esclusivo con il pensiero, perch esso si riferisce alla soggettivit nella sua totalit concreta, che insieme volont e pensiero. Il soggetto nella pienezza della sua struttura ontologica vuole perch conosce e conosce perch vuole. In questa circolarit originaria si realizza il rapporto alla questione dellessere e della sua verit.

Cfr. linterpretazione di Heidegger del mito platonico della caverna, nel volume Lessenza della verit, Adelphi, Milano 2003 .

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Durante lesposizione dei diversi tipi di modelli di evidenza abbiamo spesso notato come lesclusione della volont dal momento conoscitivo aveva determinato una non piena comprensione del problema dellessere e della sua verit. Ora possiamo comprendere che cosa intendevamo: lidentificazione delloriginario con il pensiero ha reso impossibile comprendere il senso della relazione conoscitiva. La restituzione al momento originario della coappartenenza tra volont ed intelletto arriva a farci comprendere come il momento concettuale, riprendendo criticamente lesperienza originaria, debba giungere a riconoscere il debito nei confronti di questa esperienza. In essa il concetto riconosce e scopre che lintenzionalit della verit rende possibile il momento affermativo della verit, nel quale il soggetto nella sua totalit (volont e intelletto) ha accesso alla propria verit nellatto stesso in cui questa si dischiude svelandosi. Come si pu notare tale impostazione non rinuncia ad alcuna delle caratteristiche dellevidenza che sopra abbiamo delineato, ma le consegue pienamente. La proposta che andiamo elaborando non subordina la verit allarbitrio dellinterpretazione soggettiva, in quanto la soggettivit viene chiamata ad un compito, e questo compito lo realizza nella misura in cui afferma il darsi della verit come fondamento della propria risposta. Inoltre, questa proposta nulla toglie alla necessit del concetto, ma tende a ricollocare il momento concettuale in una relazione alla verit che nasce e si compie in unesperienza irriducibile al concetto stesso, perch si realizza nella pienezza della struttura ontologica dellevidenza, in cui luomo nella sua totalit implicato. La riflessione che abbiamo proposto, infine, apre alla possibilit di una ripresa del compito che la metafisica da sempre si proposto. La prospettiva esposta non rinuncia al fondamento, ma ritiene che la questione del fondamento debba e possa essere ripensata a partire dalle riflessioni precedentemente esposte. Infatti, in questa prospettiva la questione teologica pu essere posta a partire dalle affermazioni precedenti: Dio accessibile nellatto in cui la coscienza storica sperimenta lappello per il quale esplicito il fatto che un Altro affermi se stesso

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coinvolgendo laffermazione della coscienza stessa nella sua libert. In altri termini, la possibilit di parlare di Dio si pone per la coscienza quando il fondamento si mostra in situazione di intersoggettivit. Tale evento non anticipabile nel concetto, ma criticamente tematizzabile come anticipato dalla coscienza in quanto realmente possibile, nellatto in cui interpreta la verit come ci che intenzionalmente la implica nella sua pienezza teorico-pratica.

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