Lgs 231/01
Ospitiamo un intervento del mio partner, avvocato Zeppelli, su questo tema molto
importante.
Premessa
Alla luce della gravità di tali sanzioni pare pertanto opportuno fornire qualche ulteriore
chiarimento circa questa importante e non sufficientemente divulgata forma di
responsabilità che grava sulle imprese.
La normativa
La normativa, pur entrata in vigore già da diversi anni, non è ancora oggi particolarmente
conosciuta, né ad essa i mezzi di informazione hanno dedicato particolare attenzione.
Questo anche perché nel disegno normativo iniziale si trattava di una responsabilità legata
alla commissione di reati dolosi (ossia volontari) di particolare gravità. Uno dei motivi per
cui la normativa era stata fino ad oggi ignorata dalle imprese era il fatto che scarse
potevano essere le probabilità di essere coinvolti in un procedimento penale per un reato
quale:
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- Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche;
- Frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico;
- Concussione;
- Corruzione;
- Malversazione a danno dello Stato;
- False comunicazioni sociali;
- Impedito controllo;
- Illecita influenza sull’assemblea;
- Aggiotaggio;
- Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle Autorità pubbliche e di vigilanza;
- Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o delle società controllate.
La situazione attuale
Nel 2007 però si è avuta una modifica del dettato normativo che ha reso
estremamente concreto il rischio di conseguenze per le imprese, anche di piccole
dimensioni. La svolta decisiva, si è avuta quando, alla lista di reati per i quali inizialmente
era prevista la responsabilità amministrativa dell'impresa, sono stati aggiunti due reati di
natura colposa (ossia non volontaria): l’omicidio colposo e le lesioni colpose gravi.
I rischi
In altre parole sussiste oggi il rischio per una impresa di dover rispondere in sede legale
per l’ipotesi ben più concreta e, soprattutto, impossibile da escludere, legata al
verificarsi di un incidente sul lavoro da cui derivino lesioni gravi o la morte. Tale
ipotesi infatti, dopo le modifiche del 2007, è oggi idonea a innescare il meccanismo
previsto dal D.lgs. N. 231/01.
Di fatto, si tratta della possibilità che l’Autorità giudiziaria proceda nei confronti dell’impresa
qualora si verifichi un incidente sul lavoro che comporti lesioni gravi o la morte di un
dipendente (ai sensi dell’art. 583 del Codice penale si ricorda che la lesione personale è
considerata grave … se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della
persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni
per un tempo superiore ai quaranta giorni ).
Come prima anticipato, ove una delle ipotesi di reato di verifichi in ambito aziendale, il
sistema introdotto dal D.lgs. 231/01 prevede sanzioni di due tipi, sanzioni pecuniarie
(che peri casi più gravi possono arrivare fino a 1,5 milioni di euro) e sanzioni
interdittive tra le quali, ad esempio, il divieto di poter concludere contratti con le
pubbliche amministrazioni, o l’esclusione da agevolazioni e finanziamenti pubblici.
Tali sanzioni (il sistema prevede una gradualità in base alla gravità della condotta tenuta
dall’impresa), possono tuttavia essere evitate.
Il modo per evitare tali sanzioni, che nei casi più gravi rappresentano un rischio concreto di
danno irreparabile per un’impresa, consiste nella adozione di un “Modello di
Organizzazione e Gestione” idoneo a limitare il rischio di condotte pericolose da parte
dei dirigenti e dei dipendenti. La normativa impone inoltre che sia nominato un “Organismo
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di Vigilanza” che verifichi l’idoneità del modello nonché la sua corretta applicazione ed
implementazione nel tempo.
In buona sostanza la legge consente all’impresa di sottrarsi alle sanzioni ove dimostri
di essersi volontariamente e diligentemente operata adottando i modelli
organizzativi, di gestione e di controllo previsti dalla normativa, nonché adeguandosi
agli ulteriori adempimenti imposti dalla legge per assicurare il rispetto degli obblighi imposti
dal testo unico sulla sicurezza, non solo per quanto riguarda gli standard tecnico-strutturali
per gli impianti, ma anche per le attività di valutazione dei rischi e delle conseguenti
necessarie misure di prevenzione.
Ad una prima lettura tali adempimenti potrebbero sembrare coincidere con quanto già
richiesto dalla normativa in materia di sicurezza del lavoro. Invece, le certificazioni ad oggi
in possesso delle imprese ai sensi del D. Lgs 626/94 non valgono pertanto ad esonerare
l’impresa dalla responsabilità di cui si tratta.
a) una verifica periodica per un’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte
significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti
nell'organizzazione o nell'attività;
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vigilanza svolge devono essere poi documentate e riportate in un documento funzionale
alla pianificazione pluriennale degli interventi di verifica e di controllo.
Un ultimo, ma non meno rilevante elemento per la corretta implementazione del modello
aziendale di gestione ed organizzazione ex D.lgs231/01, è dato dalla necessità di
predisporre idonee misure di informazione e formazione del personale.
In particolare, secondo le linee guida fornite da Confindustria ogni ente dovrebbe fornire al
proprio personale anche comunicazioni relative al codice etico aziendale, definendo i
“poteri autorizzativi, le linee di dipendenza gerarchica, le procedure, i flussi di informazione
e tutto quanto contribuisca a dare trasparenza nell’operare quotidiano” precisando che “la
comunicazione deve essere: capillare, efficace, autorevole (cioè emessa da un livello
adeguato), chiara e dettagliata, periodicamente ripetuta”.