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Luigi NEGRI

La rottura dell'unit dei cristiani: il Protestantesimo


tratto da: Luigi NEGRI La Chiesa nel mondo, schede di Litterae Communionis, 1988. Lo studio della Riforma protestante del XVI secolo particolarmente importante perch anche oggi l'immagine del cattolicesimo ne fortemente condizionata. Innanzi tutto occorre sottolineare che la Riforma protestante non propriamente una riforma. Per riforma di qualsiasi fenomeno storico, ma in particolare nella Chiesa, si intende, infatti, una ripresa di autenticit della propria identit e delle proprie origini, un approfondimento, una maturazione richiesta dalle particolari circostanze in cui si vive. La riforma cluniacense del IX-X secolo si pu, in tal senso, definire una riforma della Chiesa che, attraverso di essa, acquis una nuova vitalit. Lo stesso si dica per la riforma realizzata dalla nascita dell'ordine francescano e di quello domenicano. La riforma implica sempre un approfondimento delle origini e un loro sviluppo in circostanze nuove. La Riforma protestante, invece, tronca i legami con l'origine. Seguendone l'itinerario fino alla fine non si trover pi l'avvenimento della fede nel suo aspetto oggettivo, ma un'altra cosa. Lutero fu senza dubbio una grande personalit religiosa come dimostra la sua capacit di aggregare intorno alla sue intuizioni molti altri uomini e non solo contemporanei. Ma quello che nato con lui non si pu definire un approfondimento, ma uno sviluppo, una reinterpretazione in senso moderno della originale identit cristiana. Egli cre una cosa nuova. Lutero stesso ha lasciato una relazione scritta dell'avvenimento della sua conversione, avvenuta tra il 1513 e il 1517 nella torre del monastero di Wittenberg: Nonostante che vivessi la mia vita di monaco in modo irreprensibile, mi sentivo peccatore di fronte a Dio. La mia coscienza era estremamente inquieta ed io non avevo alcuna certezza che Dio fosse placato dalle mie riparazioni. Non amavo quel Dio giusto che punisce il peccatore, anzi lo odiavo. La preoccupazione fondamentale di Lutero dunque un rapporto irrisolto tra un peccatore e un giudice giusto. Per il soggetto cristiano, come lo si descritto precedentemente, il problema di partenza non questo, bens l'annuncio di una realt nuova nel mondo, a cui il singolo partecipa nella sua individualit. Nessun limite o errore pregiudica la certezza dell'evento, a cui l'uomo aderisce con tutta la sua particolarit, credendo che esso pi grande del suo male. Con Lutero il problema fondamentale del cristiano diventa quello di non avere dissidi con il Dio giusto. E' come se scomparisse l'evento di Cristo, dentro il quale la misericordia di Dio accoglie l'uomo cos com'. Ecco invece l'orizzonte delle preoccupazioni di Lutero: da una parte un Dio

giusto che perseguita il peccatore, dall'altra la coscienza che non riesce a tranquillizzarsi. Finch, come afferma Lutero stesso (la traduzione libera), Dio lo illumin: Dio infine ebbe piet di me e, meditando giorno e notte un certo versetto, cominciai allora a comprendere che la giustizia di Dio quella per mezzo della quale il giusto vive del dono di Dio, se ha la fede. Mi sentii allora letteralmente rinascere e mi sembr di essere entrato nel paradiso. La Riforma una riduzione in senso moderno della fede cattolica, in quanto la modernit , appunto, l'affermazione della centralit del soggetto umano cos com', a prescindere dall'appartenenza all'avvenimento di Cristo presente nella Chiesa. Per Lutero il problema come l'uomo singolo possa arrivare alla tranquillit della coscienza e sentirsi salvato, per lui prioritario e fondamentale l'aspetto soggettivo e sentimentale del benessere del singolo: dall'appartenenza si passati alla reinterpretazione. Il soggetto che occupa il centro di interesse di Lutero il singolo, che esiste non per un'appartenenza bens in s e per s nella sua immediatezza. Questo soggetto, eretto a criterio di interpretazione di tutto, riprende tutta la tradizione della Chiesa e la rilegge dal suo punto di vista. Questo il protestantesimo. Il cattolicesimo, invece, il soggetto umano che cresce e si realizza nell'appartenenza: incontrato l'avvenimento di Cristo nella storicit della vita ecclesiale, esso incomincia un processo di educazione nel quale matura una coscienza nuova di s e un criterio nuovo di giudizio. Quello del protestantesimo un procedimento opposto: il soggetto umano, che coincide con l'individuo caratterizzato dai dati del suo temperamento, della sua intelligenza, della sua affettivit, deve interpretare un oggetto che gli sta di fronte, cio Dio, in modo da avere la certezza sentimentale, psicologica e affettiva di essere salvato. Alcune espressioni comuni anche in contesti cattolici, come: La fede una cosa che si sente; se la si sente vera, altrimenti no indicano quanto sia stata incidente la trasformazione soggettiva ed emozionale prodotta dal protestantesimo. La fede ridotta ad oggetto (analogo a tutti gli altri trattati dalla scienza) il cui scopo ricavare una salvezza intesa come benessere. Per 1500 anni, essa era stata invece un evento che si annunzia nel mondo per la presenza di Cristo nella Chiesa, e che chiama ogni uomo ad aderirvi. I fattori che preparano la Riforma Nel periodo che stiamo esaminando si forma, nella coscienza della cultura e della societ europea, un soggetto che non considera l'evento, ma che, anzi, tanto pi soggetto quanto pi prende le distanze dall'evento. Possiamo identificare quattro fattori di questo processo: 1. Il prevalere della Chiesa - istituzione locale sulla Chiesa - mistero universale. Una riduzione della Chiesa da mistero, sacramento, partecipazione alla realt di Cristo presente, ad una struttura di carattere

situazionale (i cristiani sono tali perch sono nati in Occidente, in una data situazione). Sorge un soggetto umano che vive nella Chiesa, come afferma Romano Guardini, ma non vive pi la Chiesa; non vive un'esperienza di appartenenza. Gi al termine del Medioevo la Chiesa comincia ad essere sentita da alcune minoranze intellettuali come un avvenimento estrinseco all'individuo. 2. Il cedimento al razionalismo astratto Una sottolineatura estrema della ragione come capacit di problematizzazione radicale, per cui i fatti e le idee stanno sullo stesso piano. Alle spalle della Riforma ci sono almeno 150 anni di nominalismo, che in sostanza una riduzione del sapere a nomina, cio a concetti astratti con cui l'intellettuale gioca cercando di organizzarli il pi intelligentemente possibile. Negli ultimi 150 anni della cultura medioevale, in ogni universit esistono cattedre di nominalismo, cio di pura ricerca intellettuale astratta, dove il fatto dell'Incarnazione e la possibilit della non Incarnazione, la Trinit e la possibilit che non esista, l'esistenza e la possibilit della non esistenza di Dio, vengono messi sullo stesso piano: sono nomina con cui giocare. 3. Il fideismo senza ragione. Una volont (come reazione antiintellettualistica a questa sottolineatura enfatica dell'intelligenza intesa come pura organizzazione di nomina) di salvare la fede contro la ragione, abbandonando quest'ultima al male, al demonio. Tra fede ed intelligenza avviene una rottura radicale: la fede dev'essere salvata senza l'intelligenza con un atto di carattere puramente volitivo e sentimentale. Si afferma il fideismo come concezione della fedesentimento staccata dalla ragione. Viene cos a perdersi la grande eredit dell'et patristica e medioevale, per cui in Cristo si realizza la pienezza di tutto l'umano. 4. La separazione tra natura e soprannaturale. Il crearsi di un'immagine di uomo puramente naturale, che si pu realizzare anche solo con la sua intelligenza e la sua volont. La fede diventa qualche cosa che si aggiunge dall'esterno, un particolare prezioso ma accidentale. E' esattamente in questo periodo, al finire del Medioevo, che nasce l'espressione naturale e soprannaturale. Sino a questo momento non si era operata tale distinzione perch era chiaro che l'unico avvenimento Cristo, nel quale l'uomo viene realizzato in pienezza. Adesso si parla di un uomo naturale che agisce secondo il puro lume della ragione e che gi pu realizzare un suo fine nobile, naturale. Alcuni poi tendono, in aggiunta, ad un fine soprannaturale (Cristo), che non entra nella vita dell'uomo per realizzarla pienamente, ma un particolare di cui al limite si potrebbe anche fare a meno. Questi quattro fattori fanno da scenario all'esperienza di Lutero e condizionano la mentalit sua e della gente a cui parlava.

Cristo a misura dell'interpretazione del singolo L'esperienza di fede di Lutero ha dato corpo a un soggetto che prescinde dalla Chiesa, anzi, facendo propria l'opposizione individuo-comunit, demolisce la Chiesa intera come pura istituzione che, impedendo al singolo il rapporto diretto con Cristo, ne ostacola la maturazione. Per Lutero il singolo chiamato a vivere un rapporto diretto con Cristo e poich la Chiesa si pone fra lui e Cristo con una serie artificiosa di strutture, ed inoltre essa debole moralmente, l'individuo deve rifiutarla. Lo scandalo suscitato in Lutero dall'immoralit degli ecclesiastici incontrati a Roma o di quelli che predicavano le indulgenze, risponde a un schema banalissimo: se si vive male una realt giusta, vuol dire che essa non giusta; un rifiuto moralistico della Chiesa e in particolare del popolo giudicato degenerazione e inquinamento del Cristo. Il rapporto con Cristo, per Lutero, tutto nell'esperienza di un nesso immediato e diretto del singolo attraverso un oggetto che non pu mutare: la Parola scritta. L'esperienza della fede, per Lutero, l'interpretazione che il soggetto fa dell'oggetto Parola, a cui pu seguire, nel soggetto, il sentimento di essere salvato, oppure pu non seguire nulla. Si rifiuta dunque la Chiesa. Per 1500 anni la Scrittura, fissata dalla prima generazione cristiana, non era stata lo strumento privilegiato del rapporto con Cristo (tale strumento era la vita del popolo di Dio, la Chiesa), bens un punto di riferimento obbligato per avere una coscienza esatta di Cristo. Con Lutero, scomparso il popolo, rimasta la parola. Secondo la tradizione la vita della Chiesa immette nell'avvenimento di Cristo attraverso la propria struttura sacramentale. Con la Riforma non rimane pi nulla dei sacramenti: essi sono tutti eliminati o, al massimo, concepiti come pura commemorazione (la Santa Cena protestante va intesa in questo senso). La stessa storicit di Cristo viene posta in secondo piano di fronte alla Parola. Cristo infatti importante per la parola che ci ha lasciato, per i comandi che ha dato: non un evento a cui si partecipa. In tal modo viene ritrascritto tutto il patrimonio della cattolicit. Questo mutamento era gi presente nell'esperienza di Lutero, anche se la storia della Riforma svolger ulteriormente e successivamente tale embrione di riduzione soggettivistica e sentimentale della fede. Il contesto sacramentale della Chiesa viene sostituito dal rapporto immediato e diretto con la Parola. L'esperienza religiosa viene cos radicalmente trasformata. Ha perso senso la sacramentalit della Chiesa, secondo cui l'evento di Cristo permane nel mondo non in una Parola scritta, ma attraverso il mistero della Chiesa, cio attraverso un'unit non riconducibile alla carne ed al sangue, bens al luogo della presenza di Cristo, che non pu essere eliminata dagli errori e dai peccati di quelli che in essa vivono. Questa riduzione avviene in un quadro di rigida predestinazione. Infatti, colui che pone l'uomo dentro o fuori la salvezza, concedendogli il sentimento dell'essere salvo o

negandoglielo, Dio stesso che sceglie solo alcuni e perch non vuole la salvezza di tutti. La posizione cattolica aveva affermato che Cristo Dio che si comunica per la salvezza di ogni uomo; a lui si aderisce per la volont del singolo. In Lutero il criterio completamente capovolto: c' un Dio che capricciosamente, in una massa destinata alla perdizione perch peccatrice, predestina alcuni alla salvezza ed altri alla dannazione (in Calvino si parler di arbitrarismo divino). Dio pu scegliere il malvagio per salvarlo nonostante la sua malvagit, e pu dannare il buono. Si tratta, insomma, di un'immagine di Dio che agisce nei confronti dell'uomo in modo assolutamente arbitrario. La concezione protestante dell'uomo La riduzione protestantica della fede reca con s alcune conseguenze a livello antropologico, cio di concezione dell'uomo. 1. La fede un problema solo per chi si sente peccatore. Pertanto, l'uomo moderno ha due volti: quello di chi si sente padrone dell'universo (che trover nell'illuminismo la sua celebrazione), signore della storia, non pi servo di Dio ma re di se stesso; oppure ha il volto pessimistico dell'uomo cosciente del proprio limite invincibile, insuperabile. Il primo tipo di uomo non arriva alla fede, perch non ne ha bisogno; il secondo, invece, avverte il problema della fede. Il cristianesimo comunque si gi ristretto a un problema che si pone solo per alcuni. Il protestante non ha niente da dire a chi non si sente peccatore. Il cristianesimo autentico invece, ponendo nel mondo l'avvenimento di Cristo morto e risorto, salvezza di chi si sente peccatore e di chi non si sente, di chi intelligente e di chi non lo , di chi greco come di chi barbaro, di chi schiavo e di chi libero, rivela il suo valore universale esattamente in quanto si rivolge alla struttura ultima dell'uomo. Con il protestantesimo invece l'uomo che giudica la fede e non viceversa. La religione diventa un problema moralistico, il problema di fare del bene, che interessa solo chi avverte il problema del proprio peccato. Da questo punto di vista l'immagine che il mondo odierno ha del cattolicesimo e che tante volte anche i cattolici hanno di se stessi, molto pi protestante che cattolica. La fede protestante non pi un avvenimento che giudica il mondo e lo salva, bens un messaggio che non mette in discussione il mondo cos com', ma, anzi, deve trovare il suo posto nel mondo e precisamente nel cuore di coloro che, vivendo il problema del loro peccato, vogliono cambiare. 2. La fede, cio il sentimento di essere salvati, a cui ci si abbandona senza possibilit di comprendere fino in fondo, coincide con una

posizione di assoluta fiducia, che non coglie la totalit dell'uomo come intelligenza e volont, ma solo il suo aspetto affettivo e sentimentale. Il credente ridotto a un tipo di uomo che ha il problema di vivere rettamente. L'uomo si trova radicalmente diviso: da un lato sperimenta il sentimento emozionale di essere salvato, sull'onda del quale vive la vita nella certezza che Dio l'ha predestinato e perci lo salver; dall'altro lato la sua ragione intesa come capacit di far cultura, conoscere la realt, realizzare rapporti, scelte, costruire progetti in cui la fede non c'entra. Ne consegue che, sia che intenda la ragione dell'uomo come buona, e tenda, di conseguenza, ad adeguarsi culturalmente a tutti gli altri uomini, sia che la consideri di nessun valore e si affidi, quindi, a chi solo pu garantire un'ordinata convivenza, il protestante sempre favorevole al potere qualunque esso sia. Il calvinismo e certo protestantesimo liberale pensano che il successo negli affari sia segno di elezione da parte di Dio. Il luteranesimo ritiene invece che l'unico fattore di salvezza sia la fiducia in Cristo e nella sua parola: tutta la storia umana rimane preda di una contraddizione cui solo gli ultimi tempi porranno fine. In ogni caso il protestantesimo, sia nella sua versione ottimistica, come in quella pessimistica, non pu in ultima analisi che giustificare il mondo e la sua ideologia. Il rapporto con il potere. Il protestante dunque strutturalmente per il mondo e per ci che il mondo ha creato. E' possibile verificare tale affermazione in due punti significativi. 1. Il mondo in cui il protestantesimo nasce in trasformazione: nasce la borghesia del mercantilismo, un ceto emergente nuovo che mette in discussione l'et feudale o medioevale in quanto segnava la prevalenza della vita religiosa sulle varie forme di attivit, in particolare sulla contrattazione e sul profitto. Mentre la Chiesa cattolica scomunica colui che presta a usura, cio il banchiere (in quanto sostiene, dall'inizio della sua storia, la destinazione sociale della propriet), il protestantesimo si dispone a dare base sacrale e religiosa al mercantilismo. Lo affermano gli stessi storici protestanti, ad esempio Troeltsch ne Le chiese e la nascita del capitalismo e il suo allievo, R. Tawney in Protestantesimo e nascita del capitalismo. Quello che Marx e i marxisti chiamano capitalismo non sarebbe attecchito in Europa senza l'incremento, l'accettazione, la sacralizzazione che di esso ha fatto il protestantesimo. La polemica di Marx contro la societ e contro la religione al servizio degli interessi di classe non colpisce tanto il cattolicesimo, quanto il protestantesimo. I Manoscritti economico-filosofici di Marx, infatti, sono stati scritti a Londra contro una certa societ che sicuramente cattolica non era. Il protestante addirittura sostiene, con l'ingenuit e il rigorismo dei calvinisti, il mondo borghese e capitalista perch l'uomo che si realizza da s sperimenta la

benevolenza di Dio. 2. Sul piano etico-culturale, il periodo in cui si realizza lo stato assoluto, non come esercizio ma come immagine del potere. Si tratta di uno stato chiamato impropriamente nazionale, che si concepisce come comprendente tutte le dimensioni dell'esistenza anche quella religiosa. Il protestantesimo sostiene questa immagine di Stato assoluto, fino a rendere la Chiesa parte della realt statale. Essa infatti priva della sua sacramentalit, ridotta ad una struttura pedagogica che, come tale, deve essere guidata da chi ha il potere nella societ. L'ideale del potere assoluto una Chiesa di stato, in cui l'autorevolezza vera sia quella politica, e la stessa autorit religiosa ne dipenda. Un esempio chiarissimo l'Atto di Supremazia, che ha fatto nascere, nel 1534, la Chiesa di Inghilterra; Enrico VIII, il suo autore, si dimostra come il pi acuto e intelligente discepolo di Lutero. Ma gi nel manifesto di Lutero Alla nobilt cristiana della nazione tedesca la Chiesa, ridotta a struttura giuridica, pedagogica, culturale di formazione morale, viene consegnata ai nobili, allo Stato. Quando attorno al 1525 i contadini, vessati dal nascente stato liberal-borghese, si ribellano, Lutero scrive parole terribili ai principi della regione tedesca, perch ammazzino quei cani che hanno osato mettere in discussione l'ordine sociale stabilito da Dio. Il protestantesimo, dunque, impedendo alla fede di diventare cultura, cio non unificando la persona, la lascia nella storia in balia di chi detiene il potere ideologico o politico. Per questo il protestantesimo ha certamente avallato la nascita della borghesia e del capitalismo e l'insediamento di una realt di stato assoluto, nel quale la Chiesa come la parte religiosaculturale che ed ha la sua legittimazione soltanto nell'ambito della struttura sociale. La debolezza attuale della presenza cattolica, l'incapacit di leggere il vero bisogno degli uomini forse dovuta ad un'infiltrazione di protestantesimo nel cattolicesimo, per cui si considera la comunit cristiana come appendice di una societ gi al tramonto anzich fattore di una nuova evangelizzazione, di un nuovo annuncio: Cristo risorto, presente nel mistero della Chiesa, proposta di salvezza a tutti gli uomini.

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