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Venezia medievale, tra Oriente e Occidente

di Giovanni Lorenzoni

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

in Storia dellarte italiana, II. Dal Medioevo al Novecento, 5. Dal medioevo al Quattrocento, a cura di Federico Zeri, Einaudi, Torino 1983

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Che Venezia sia citt eccezionale , di certo, luogo comune. Che tale eccezionalit sia intesa secondo vari punti di vista, lo altrettanto: per la sua strana struttura urbanistica, per il fascino che la sua atmosfera emana e che diventa, nelle pagine dei poeti, magia, incanto, meraviglia. Ma, qui, ora, questo fascino veneziano non interessa: qui si cercher di individuare il significato o, meglio, un significato della sua storia e del mito che di essa storia fa parte1. Storia e mito non appaiono necessariamente n sempre termini contraddittori. Il mito, nel momento della sua creazione o della sua accettazione, prodotto culturale, quindi fatto storico. Cos loperazione della distinzione tra storia e mito, portata avanti dagli storici con molte difficolt e talora con soluzioni soltanto ipotetiche, ha messo in evidenza il significato simbolico del mito stesso, soprattutto, direi, simbolico-politico. La mitogenesi marciana, ad esempio, avvenne in funzione di determinate scelte politiche, a mio avviso ormai ben chiarite, e pertanto il mito veneziano, e ancor prima aquileiese, di San Marco appare prodotto culturale di alcune situazioni storiche. Buona parte della storiografia veneziana risulta manipolata (non tanto nel significato pi specifico di documentazione artificiosamente ritoccata, talora con aggiunte apocrife, quanto perch viziata dal presupposto che si vuol dimostrare: ad esempio che Venezia nac-

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que indipendente da Costantinopoli). Dal punto di vista di tale manipolazione, sono esenti quelle fonti che Schlosser2 chiam fonti primarie, cio i monumenti (e in questa classe si possono comprendere anche i dati archeologici, risultati di scavi); grazie a queste fonti possibile spesso ottenere la verifica delle fonti secondarie, sempre secondo la terminologia schlosseriana, cio delle fonti scritte, sciogliendo la storia dal mito e successivamente interpretando il mito stesso. Sembra dunque di dover privilegiare il dato monumentale o archeologico sulla fonte scritta, e in quanto storico dellarte, tale scelta mi pare certamente giustificata. Ma muovendosi nel campo difficile delle origini di una citt tanto singolare come Venezia, per la quale le fonti primarie, per i tempi antichi, sono assai limitate, non ci si pu permettere di predeterminare regole generali: soltanto un procedimento interdisciplinare, non dico onnicomprensivo, ch sarebbe utopia, ma almeno pluricomprensivo, pu permettere di capire i motivi di certe scelte anche figurative, nellambito della societ che le ha assunte. Venezia una citt nata su isole e palafitte, quale rifugio di veneti, che ivi ripararono per evitare le invasioni barbariche. Ma Venezia sorta nel deserto o nellambito di una struttura civile preesistente? Soltanto confrontando i risultati di varie ricerche si pu, se non dare una risposta esaustiva, almeno suggerire alcune ipotesi interpretative. Come ben noto, la Venetia et Histria era la decima regione nella suddivisione voluta da Augusto. La Venezia, delimitata a sud dal corso del Po, comprendeva, verso occidente, anche parte dellattuale Lombardia, prima fino allOglio, poi fino allAdda3. Giova qui osservare che recentemente stato ipotizzato che il termine Venetia abbia avuto nellantichit un duplice significato: una Venezia di terra ferma

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e una Venezia lagunare-costiera. merito di Mazzarino avere interpretato in modo nuovo il famoso passo nel quale Plinio il Vecchio (Naturalis Historia III 126-31) descrive la X Regio. Egli, Mazzarino, riflettendo appunto sul testo pliniano, cos conclude:
In questo testo di Plinio essenziale la distinzione fra le aree costiere e larea interna (in mediterraneo) di cui si tratta dopo [...]. Ogni lettore di Plinio intende agevolmente la distinzione. Essa corrisponde al consueto procedimento dello scrittore comasco nella sua trattazione dellItalia [...]. Possiamo cos riassumere: la menzione della Venetia a III 126, rientrando nella descrizione del litorum tractus, indica soltanto una parte marittima dellarea veneta (in senso stretto) compresa nella decima regio. Padova e Oderzo sono considerate in mediterraneo (III 130), e dunque appartengono, secondo Plinio, a una parte ben diversa da quella in cui si pone quella Venetia in senso stretto, chegli trov menzionata dalla fonte del suo paraplous (rotta costiera), e indic a III 126. I limiti precisi di questa Venetia marittima non sono dati del tutto esplicitamente da Plinio: ma possiamo ritenere con certezza che essi comprendono (impliciti nella sua concezione del paraplous) una citt marittima nel senso stretto. Va notato che il paraplous pliniano, subito dopo la Venetia, menziona il Silis e Altinum: perci, possiamo ribadire che la sua fonte considerava il Sile e Altinum limiti, appunto, della Venetia nel senso stretto4.

Una volta individuata, se si accetta linterpretazione di Mazzarino, lesistenza di una Venezia in senso stretto, costiera e lagunare, si deve passare alla verifica archeologica, per avere o meno la testimonianza se in et imperiale le isole della laguna dove si rifugeranno i profughi romani e dalle quali nascer Venezia erano centri romanizzati. Il problema non pu essere risolto proponendo soluzioni che riguardino tutte

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le isole e le coste della laguna; conviene limitare la ricerca al centro per il quale si hanno le notizie pi antiche e nel quale sono stati eseguiti scavi archeologici: intendo Torcello, confrontandolo, per cercare di essere chiari, con Grado. Grado non faceva parte della Venetia in senso stretto, ma la scelta caduta ugualmente su tale citt, perch essa un esempio di sicura romanizzazione di unisola, in diretta connessione con una citt illustre, Aquileia. Anche Torcello era in connessione con un centro famoso, Altino. Ma al di l di tale analogia, del resto abbastanza generica, vi sono, tra Grado e Torcello, differenze notevoli. La prima chiudeva, e chiude tuttora, la laguna dal mare, la seconda unisola della laguna. Grado fu scalo di Aquileia, con la quale era in comunicazione per via lagunare e fluviale, e pertanto fu certamente centro romanizzato. Torcello invece, per la sua posizione geografica, non ebbe analoga funzione rispetto ad Altino, ma ci non toglie che possa essere stata centro romanizzato. Soltanto i dati di scavi sistematici potrebbero forse risolvere il problema. Sulla base delle conoscenze attuali, si pu, pur con una certa cautela, prospettare la concreta possibilit di esistenza di un certo insediamento romano di et imperiale. Le conoscenze cui ho fatto qui riferimento sono quelle offerte dai risultati di una campagna di scavi stratigrafici limitati a pochi saggi, realizzati, qualche anno fa, da studiosi polacchi5. Tali scavi diagnostici hanno portato qualche conoscenza su Torcello in et imperiale. Nello strato VIII dello scavo effettuato in prossimit della cattedrale si sono preservati, tra laltro, frammenti di ceramiche di cucina, di ampolle, di vasi e tessere di mosaico. Potrebbe trattarsi di materiale di riempimento, proveniente forse da Altino, ma se si facevano tali lavori, vuol dire che Torcello probabilmente, nel momento di maggiore splendore di Altino, era abitata; e forse era caratterizzata

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dalla presenza di ville e giardini6, come luogo di ritiro e di riposo, di villeggiatura insomma, per i ricchi di Altino. La probabile esistenza di una Torcello romana non significa per che tra questa e la sede di rifugio degli altinati forse nel vi e certamente nel vii secolo ci sia una continuit ininterrotta: infatti lo strato superiore a quello che si pu definire romano, di origine alluvionale:
Nei secoli v-vi sopravvennero alcune calamit naturali che resero difficile la vita nellestuario e di cui testimonianza lo strato alluvionale scoperto nella Piazza [di Torcello]. Tale situazione trova precisi riscontri in simili indizi osservati in altre localit: nella vicina Altino vi sono testimonianze di uragani e alluvioni nello stesso periodo; la citt di Julia Concordia fu seppellita, nella seconda met del secolo vi (come hanno dimostrato gli scavi), da una coltre alluvionale prodotta dallo straripamento del Tagliamento; fra il 451 e il 658 le fonti ricordano numerose piene del Tevere. Dunque il periodo dalla met del secolo v fino alla met del vii fu, in questa parte dellEuropa, caratterizzata da condizioni climatiche generalmente turbinose. A Torcello non ci fu [...] una grande alluvione, ma sottili e frequenti sedimentazioni di fango; portate dalle acque del Piave e del Sile, ricoprirono gradualmente la superficie dellisola, rendendola inadatta allabitazione, anche per labbassamento naturale del terreno paludoso. Poich la disorganizzazione sociale della terraferma rendeva, in quel periodo, difficile lattuazione dei lavori che permettessero la continuazione dellinsediamento sullisola, la colonizzazione di Torcello rest praticamente interrotta probabilmente per pi di un secolo7.

Le conclusioni tratte dai risultati degli scavi sono, a mio avviso, abbastanza interessanti, perch permettono di affermare che quasi certamente ci fu una colonizza-

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zione romana (e specificatamente altinate) di quellisola che poi assunse il nome di Torcello. La situazione politico-socio-economica delle isole lagunari nella prima met del secolo vi documentata dalla famosa lettera di Cassiodoro8 ai tribuni marittimi delle Venezie, datata 537-38: le isole della laguna erano abitate dai salinari, da pescatori e da naviganti dediti al commercio soprattutto lagunare e fluviale; essi abitavano in case che apparivano a Cassiodoro quali nidi di uccelli acquatici, costruite su terreno riconquistato alle acque dallintervento umano. Probabilmente Cassiodoro vedeva nei veneti della laguna quasi il modello di una vita serena, operosa, ben diversa dalla situazione drammatica in cui egli viveva, nel contesto della guerra grecogotica. Ma al di l di questa osservazione, la sua testimonianza vale come documento. Recentemente Carile ha suggerito una nuova interpretazione del testo cassiodoriano: secondo la quale le isole della laguna veneta avevano complessi insediamenti umani e in esse isole, si svolgeva unimportante attivit economica, sotto il governo di magistrati, appunto i tribuni marittimi9. Pertanto, quando, qualche decennio dopo, le isole diventano ricettacolo dei profughi, che cercavano rifugio dallinvasione longobarda, la situazione sembra cambiare pi per quanto riguarda la quantit dellinsediamento, che per la struttura politico-economica. Questa per affermazione piuttosto generica: giova passare alla considerazione di casi concreti. Scelgo, ancora una volta, Grado e Torcello. In occasione delloccupazione di Aquileia da parte dei longobardi, il patriarca Paolo (o Paolino) si rifugiava a Grado, portando con s i tesori della Cattedrale: Grado diventava di fatto la nuova sede del metropolita. Il patriarca Elia, qualche anno dopo, vi fece costruire la nuova Cattedrale (Santa Eufemia, dedicata nel 579) sul luogo di una precedente chiesa. Accanto a Santa Eufemia

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e al Battistero fu ricostruita anche la chiesa dedicata a santa Maria: Elia, evidentemente, era ben consapevole che il suo rifugio gradese non aveva carattere temporaneo e, in questa prospettiva, fece costruire un complesso ecclesiastico degno del prestigio del suo titolo metropolitano. Gli edifici di Grado della seconda met del secolo vi, sia per la tecnica costruttiva, che per limpianto strutturale, e per laspetto figurativo e iconografico dellapparato decorativo, si inseriscono nella pi scontata tradizione paleocristiana in generale e, pi precisamente, nellambito dei monumenti dellarco dellalto Adriatico, da Ravenna a Parenzo. Dunque in Grado si ebbe, nella seconda met del secolo vi, un insediamento ecclesiastico di prestigio in un contesto urbano preesistente, anzi in un precedente insediamento ecclesiastico. A Torcello la situazione sembra radicalmente diversa, visti i risultati dei recenti scavi. Linsediamento ecclesiastico non sarebbe avvenuto in un contesto urbano preesistente. La caduta definitiva della citt di Altino in mano longobarda risale al secolo vii, forse al 639. Dello stesso anno, e precisamente, almeno secondo Pertusi10, del periodo compreso tra il 10 settembre e il 15 ottobre appunto del 639, la dedicazione della chiesa torcellana di Santa Maria Madre di Dio. La notizia ricavata da uniscrizione rinvenuta nella Cattedrale di Torcello. In verit non tutti gli storici sono daccordo che essa debba riferirsi a Torcello: Cessi11, ad esempio, ritiene che detta iscrizione possa riferirsi alla chiesa di Cittanova. Personalmente non riesco a individuare i motivi per i quali si sarebbe trasportata a Torcello da Cittanova uniscrizione incisa su lastra marmorea. Ecco il testo, nella sua edizione integrata, secondo Pertusi12:
In Nomine Domini Dei Nostri Ihesu Xpisti, Imperante Domno Nostro Hera

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clio perpetuo Augusto, Anno XXIX indictione XIII, Facta est Ecclesia Sancte Marie Dei Genitricis ex iussione pio et devoto domno nostro Isaacio excellentissimo exarcho patricio et Deo volente dedicata pro eius meritis et eius exercitu. Hec fabricata est a fundamentis per bene meritum Mauricium gloriosum magistromilitum Provincie Venetiarum, resedentem in hunc locum suum consecrante sancto et reverendissimo Mauro episcopo huius ecclesie feliciter

Tale iscrizione non solo cinforma sulla data della consacrazione della Cattedrale di Torcello ma lascia anche capire quale fosse la struttura organizzativa del potere a Torcello e perci pure nelle altre zone del territorio lagunare. Cio almeno nella prima met del secolo vii la Venezia lagunare riconosceva come imperatore il basileus bizantino, nella persona di Eraclio, e come autorit locali lesarca di Ravenna e il magister militum; e pertanto essa appare ben inserita nel sistema politicomilitare bizantino. Liscrizione torcellana offre altri interessanti spunti interpretativi: evidente, come nota Pertusi13, che il titolo di Santa Maria Madre di Dio tipicamente bizantino (Theotokos, il cui culto si diffuso a partire dal Concilio di Efeso del 431) perci lassunzione di tale titolo ben sinquadra nella struttura illustrata dalliscrizione; e giova anche riprendere alcune osservazioni suggerite da Niero: vale a dire che la scelta di tale titolo pu essere interpretata come omaggio allimperatore Eraclio devoto in particolare della Vergine Maria14 e soprattutto pu essere interpretata, seppur con una certa cautela, in chiave antiariana, e cio antilongobarda15. In mancanza di scavi sistematici nellambito della Basilica attuale, risulta assai problematico ipotizzare liconografia della Basilica del secolo vii. Ci su cui in linea

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di massima si trovano daccordo gli studiosi che si sono interessati allargomento che loriginaria Basilica avesse le dimensioni dellattuale, eccetto la zona terminale, che doveva avere una sola abside. Quanto in parte rimane della struttura del secolo vii il diruto Battistero, che con la sua pianta circolare rappresenta uneccezione rispetto alla tipologia pi diffusa, a partire soprattutto dal secolo iv, dallet ambrosiana16. Il complesso della Basilica e del Battistero, che ora, insieme con pochi altri edifici, appare quasi in un deserto, ritengo sia stato eseguito, date le dimensioni della Cattedrale, per una comunit notevole, quanto a numero: si pu dunque presumere che laspetto del territorio torcellano dovesse essere allora, nellalto Medioevo, ben diverso dallattuale. Si gi accennato che in et tardoantica Torcello sub un processo di sedimentazione alluvionale, perci in occasione del trasferimento della popolazione, o di parte della popolazione, da Altino, si dovette procedere a lavori di consolidamento del terreno. Gli studiosi polacchi, sulla base degli scavi eseguiti, giunsero a queste conclusioni:
Verso la fine del vi - inizi del vii secolo, sebbene le condizioni naturali non fossero ancora favorevoli, le difficili condizioni politiche ed economiche sulla terraferma determinarono una ripresa della colonizzazione di Torcello: una poderosa opera di rafforzamento con palafitte sulla sponda dellisola e la sistemazione progressiva del terreno per le necessit dellabitato segnano una nuova fase dellattivit economica; vengono intrapresi, nellarea dellattuale piazza davanti alla Cattedrale, lavori di rassodamento su vasta scala del terreno fangoso; si incrementa gradualmente la superficie abitabile del settore mediante successivi lavori di ampliamento, attuati con quattro file verticali di pali, rafforzate con altri pali posti orizzontalmente

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e da mattoni e pietre ammassati alla rinfusa negli interspazi; anche la sponda dellisola viene rafforzata e si apre un accesso al canale che anticamente scorreva attraverso lattuale piazza17.

Gli scavi hanno dato dei reperti di qualche interesse nello strato V. A proposito della cronologia di questo strato, cos stato scritto:
Terminus post quem ci sono offerti dalla fibbia bronzea di stile longobardo del secolo vii trovata al livello superiore dello strato VII, nel punto in cui questo giace a contatto con lo strato V, e, nello strato V, da una lucerna paleocristiana dei secoli v-vii d. C., e da alcuni pettini di corno di tipo longobardo18.

Se si accetta la definizione di longobardo degli oggetti sopra citati si ha la testimonianza dei costruttivi rapporti tra popolazione lagunare e il mondo barbarico di terraferma19. La scoperta pi interessante quella che si riferisce ad una officina vetraria:
Nello strato V furono interrate, e forse coperte di argille, costruzioni di mattoni e pietre nelle quali, in base alla struttura e ai reperti rinvenuti al loro interno, si pu riconoscere unofficina vetraria20.

La scoperta di questa officina vetraria interessante da vari punti di vista: se si accetta la datazione proposta, dal secolo vii allviii, forse fino agli inizi del ix21 si ha un termine intermedio di documentandone specifica tra il tardoantico e le prime notizie di maestri fiolari dei secoli x-xi22, inoltre si ha la prova di unattivit artigianale in loco e, probabilmente, connessa con la realizzazione dellapparato decorativo della vicina Basilica. Non credo che tale attivit artigianale abbia rappresen-

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tato per Torcello una fonte di ricchezza; lattivit agricola dovette essere abbastanza sviluppata nellisola: e non improbabile che la sistemazione del terreno, cui si fatto cenno, fosse stata realizzata a scopo appunto agricolo. forse possibile, almeno in via dipotesi, individuare le modalit dei rapporti sociali esistenti a Torcello. Recentemente il collega Cracco23 ha cercato di trarre alcune interessanti osservazioni dallOrigo Civitatum Italie seu Veneciarum (Chronicon Altinate et Chronicon Gradense)24, scritta da pi autori in un arco di tempo che va dalla fine del secolo xi alla fine del xiii. Nella leggendaria narrazione della fondazione di Torcello da parte di Aurius, a un certo punto lautore esplicita il rapporto di dipendenza del colono dal dominator25: il contadino dipendeva dal vescovo, nessuna iniziativa poteva essere assunta senza lautorizzazione vescovile e inoltre allo stesso presule era pagata una tassa annuale e a lui spettavano i diritti sulla pesca. Tale situazione sociale, al di l degli elementi leggendari, dovrebbe rispecchiare quella contemporanea agli autori della cronaca; ma non mi sembra azzardato ipotizzare unanaloga situazione fin dalle origini. In occasione del trasferimento da Altino a Torcello, non vi sarebbe stata unappropriazione di terre da parte dei fuggiaschi, se non secondo certe regole imposte dal rapporto gerarchico, ben stabilito dallestablishment politico-religioso. Il territorio probabilmente venne organizzato soprattutto come insediamento rurale, con unimpostazione gerarchica ben definita. Che leconomia dei primi venetici fosse basata soprattutto sullagricoltura confermato anche da un provvedimento preso da Carlo, re dei franchi, verso la fine del secolo viii, quando, per rappresaglia politica, ordin la confisca di propriet fondiarie di veneziani, nellagro ravennate26. A sua volta Torcello divenne centro di colonizzazione delle isole vicine. Scrisse in proposito Cessi:

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Se si spoglia di quanto ha di fantastico e favoloso lantico racconto tradizionale altinate, non pu riuscire difficile raccogliere in esso qualche aspetto realistico del processo di colonizzazione e della sua efficienza nellambito lagunare. Chiara lirradiazione da Torcello nelle isole, che di essa costituirono altrettanti vici, Burano, Mazzorbo, Costanziaco, Ammiana, nelle quali col tempo, in concomitanza al progressivo impaludamento della limitrofa terraferma, si trasfer il centro della vita dellagro altinate, come attesta la migrazione di chiese e monasteri. Da Torcello inoltre linfluenza si estese anche sopra i lidi pi settentrionali, da SantErasmo verso nord, gi lido Mercede, alle Vignole, al lido Albo (litus minus), al lido Bovense (litus maius), che rimasero livellari dellepiscopato altinate27.

Ma Torcello non che un centro di colonizzazione; altri centri analoghi sorsero nelle isole della laguna e lungo le coste. Venezia dunque non nacque come ricettacolo unitario di popolazioni fuggiasche, ma quasi come propaggine di singole citt o diocesi, circa dalla seconda met del secolo vi alla prima met del vii; e pertanto non si dovrebbe parlare di origine di Venezia, per un periodo cos alto, ma di origini dei diversi centri veneziani, ciascuno con una propria autorit, pur sotto il governo di un magister militum, dellesarca di Ravenna e dellimperatore bizantino, appunto in quanto propaggini di una struttura preesistente. Scrisse Carile:
Le suggestioni di Cassiodoro potrebbero fornirci lo spunto per tratteggiare, in un ampio discorso economico e archeologico sulla linea del Kretschmayr, il quadro ecologico, per cos dire, di una Venezia autoctona che quasi naturalisticamente si svolge dal paesaggio lagunare. In realt quando si pone in movimento il processo di formazione della citt di Venezia nellambito della provincia Venetiarum, dalla cesura e definitiva conquista longobar-

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da (568-69 e 639) alla fissazione rivoaltina della sede locale (809-11), lambiente storico cui dobbiamo far riferimento quello della societ tardo-antica vigente nella provincia nel quadro pi ampio dellimpero romano-costantinopolitano. Una societ che non suggerisce certo immagini di origini nel senso aprioristico che familiare alla nostra mentalit; e che ci offre invece il quadro di una struttura politica, ecclesiastica e sociale ben consolidata in tradizionali organismi cittadini28.

Tali organismi cittadini, trasferiti in laguna, assumevano, dal punto di vista del paesaggio architettonico, laspetto di veri e propri castra. Cito, a questo proposito, Cessi:
Nella laguna trovava ospitalit il sistema castrense, che si diffondeva nella terraferma. Le isole prendevano figura di castra, di luoghi autonomi, avessero o no mura. Grado era dotata di alte mura; Bibione era un castrum; un castello individuava Equilo; castrum era definito Caorle; di castello, i cui resti forse si appoggiavano al muraglione del rio dellarsenale, era dotata Olivolo; un castello era eretto a Chioggia, uno a Brondolo, un altro era dislocato a Loreo, un altro a Cavarzere. Tra questi si allogavano le civitates, le urbes, difese o no da mura. Torcello era una civitas, un grande emporio, non aveva mura, ma era circondata da una corona di isole, da vici, che assicuravano la sua difesa e delineavano la sua configurazione urbana. Cittanova nel nome denuncia origine e struttura; urbs, cui non facevano difetto opere, che consentirono al tardo annotatore di assimilarlo a castrum (Necastrum): e al grado di civitas assurse Malamocco, quando divent sede del governo, onore che cedette a Rialto nel trapasso dei poteri29.

Questi centri citati da Cessi (e che non sono tra loro sempre contemporanei, nei limiti delle definizioni dello stesso Cessi) si costituiscono come nuclei fortificati,

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proprio perch manca ununitariet di politica; anzi essi furono spesso in lotta tra loro, determinando stati di tensione, di guerra vera e propria, di altre migrazioni, questa volta allinterno del territorio lagunare. Cos Cessi riassume la situazione:
Un ambiente dunque penoso e convulso, che ospitava aspre lotte, dolorosi episodi di rappresaglia e di guerra, altre migrazioni, e questa volta da isola a isola, sospinte non da aggressioni straniere, ma da odiosit e rancori interni30.

Lo spostamento dellautorit locale da Cittanova a Malamocco uno dei risultati pi appariscenti di tali lotte intestine. Ma, nellordine del trasferimento di sede di potere, il successivo, da Malamocco a Rialto, quello che segna una svolta decisiva nella storia di Venezia. E per questo avvenimento non pi sufficiente far riferimento soltanto a lotte intestine: tra la fine del secolo viii e gli inizi del ix giocano, per Venezia, anche fattori di politica estera: essa infatti al centro di scontri diplomatici tra franchi e bizantini. Giova ricordare che la maggior parte dei profughi di provenienza interna, che si erano rifugiati a Rialto, appartenevano alla classe tribunizia ed erano soprattutto proprietari terrieri31. La ricchezza del patrimonio permise loro di svolgere una notevole attivit edilizia. Il trasferimento Malamocco-Rialto avvenne con lintervento del messo imperiale (bizantino) Arsafio e nuovo duca fu Agnello Parteciaco (o Partecipazio). Nel nuovo insediamento si costru il palazzo, sede del duca e del governo. Allo stesso Agnello spetta, tra laltro, la fondazione di taluni monasteri: ne ricordo qui due, di San Zaccaria (presso il quale sar costruita pochi anni dopo la Basilica marciana) e di SantIlario, in terraferma, approssimativamente nella zona dellodierna Fusina. Nell819 i duchi Agnello e Giustiniano (padre e figlio)

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donarono la Cappella di SantIlario, con le propriet ad essa connesse, allabate di San Servolo, al fine di rendere possibile il trasferimento della comunit benedettina dallisola lagunare nella cappella appunto di SantIlario, di propriet dei duchi32. Annotava Marzemin: Secondo la notizia riportata dal cronista Matteo Corato la prima chiesa dedicata a SantIlario fu fondata da Agnello Partecipazio nellanno 784, col titolo di Cappella Ducale33. Agnello divenne duca nell811, pertanto mi pare ben poco attendibile la notizia riportata da Marzemin, in quanto il 784 data troppo anticipata per la fondazione di una cappella ducale. Se si vuole tener conto del 784, penso si possa suggerire soltanto questa possibilit interpretativa: che in tale anno i Parteciaci abbiano fondato una cappella privata e non ducale: sarebbe potuta diventare tale solo dopo l811 , dunque probabilmente una Eigenkirche. I duchi Agnello e Giustiniano Parteciaci nell819 trasmisero questa loro propriet ai benedettini di San Servolo34, i quali avrebbero allora cominciato i lavori di fondazione del monastero o, per lo meno, di ingrandimento del complesso edilizio preesistente; infatti un decennio dopo, nell829, Giustiniano, dettando il suo testamento, decideva che si dovevano usare le pietre di Equilo (Jesolo) di sua propriet per portare a termine (compleatur) il monastero di SantIlario35, che qualche anno dopo apparir con la doppia intitolazione di SantIlario e San Benedetto. Latto di donazione inoltre prevedeva lesenzione del monastero dalla giurisdizione del patriarca di Grado e del vescovo locale. Di questo complesso edilizio dei secoli viii-ix non c rimasto nulla, se non qualche frammento musivo di decorazione pavimentale e scultoreo36. Si ha invece notizia che ivi furono sepolti quattro duchi: Agnello e Giustiniano Parteciaci, Pietro IV Candiano e Vitale Candiano. La sepoltura dei primi due significativa: i due costrutto-

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ri del Palazzo Ducale, di San Zaccaria, ecc. scelsero come luogo per le loro tombe SantIlario. Perch? Ritengo che si possa tener conto, per motivare tale scelta, di questo fatto: SantIlario rappresentava, nonostante la donazione ai monaci benedettini, la vecchia Eigenkirche della famiglia i cui rappresentanti erano divenuti duchi (per questo, lo ripeto, lappellativo di Cappella Ducale pu essere accettato, anche se non per il 784). Il riconoscimento dellesistenza di una Eigenkirche interessante: questo istituto, come accenner pi avanti a proposito di San Marco, occidentale e legato spesso alla propriet terriera (la propriet fondiaria la fonte principale di ricchezza per quei tempi); perci una scelta di tradizione occidentale, e tale scelta avviene quasi contemporaneamente agli accordi franco-bizantini (81014)37 con i quali il ducato veneziano risultava appartenere allambito bizantino. Tale ambiguit tra Occidente e Oriente non sporadica per il secolo ix. Anche la struttura amministrativa del ducato pu essere definita occidentale, anche se il duca era insignito di titoli dignitari bizantini38. Tale occidentalismo della prima met del secolo ix determinato dalla struttura della classe al potere (quella dei proprietari fondiari) e non va, assolutamente, interpretato almeno questa la mia opinione , nellazione politica, come atteggiamento filocarolingio: infatti nel momento in cui la chiesa veneziana stava per essere sottoposta allautorit del patriarca di Aquileia, il che avrebbe significato dipendenza dal Sacro Romano Impero, i veneziani si opposero, ben decisi a mantenersi indipendenti. Da tale scelta politica nacque, tra laltro, la prima Basilica di San Marco. La lotta tra il patriarcato di Aquileia e quello di Grado riguarda anche la storia di Venezia. Il patriarca di Aquileia, Massenzio, fece ogni sforzo per riunire sotto un unico patriarcato ovviamente il suo anche

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le diocesi suffraganee del vescovo di Grado e Grado stessa. Nel giugno dell827 fu convocato a Mantova un sinodo di vescovi delle province di Emilia, Liguria e Venezie, per dirimere la questione della duplice esistenza dei titoli patriarchini. Massenzio riusc nellintento di far riconoscere che Grado era soltanto una plebs di Aquileia. Tale deliberazione, ratificata dai delegati papali e imperiali (franchi), abolendo lautonomia di Grado, comportava di fatto lingerenza dellautorit aquileiese sulle chiese lagunari. La reazione dei veneziani non fu di protesta diretta contro la deliberazione sinodale; ma si concret in un atto che di fatto superava la situazione di contrasto tra Aquileia e Grado, o meglio pi che superare il contrasto tendeva ad annullare nel concreto le decisioni mantovane. Alludo al trafugamento del corpo di san Marco e al suo trasporto a Venezia ad opera di due tribuni, Buono e Rustico. Il significato storico di questo avvenimento ben noto: segna linizio della mitogenesi marciana. Massenzio, nel sinodo di Mantova, aveva portato come prova, a sostegno della sua tesi di unificazione, il fatto che san Marco sarebbe giunto ad Aquileia, su mandato di san Pietro, per evangelizzare la citt: da qui avrebbe portato a Roma con s Ermagora, che sarebbe stato fatto vescovo dallo stesso san Pietro (il condizionale, ovviamente, mio; nel testo sinodale si scrive allindicativo). I veneziani, con il trasporto nella loro sede del corpo di san Marco, affermavano, in modo molto concreto, che il fondatore della loro chiesa era stato appunto san Marco, che era passato per le terre lagunari, dove avrebbe avuto il sogno che gli preannunciava la finale dimora in quelle terre39. Il trafugamento avvenne, secondo la tradizione, nell828 e si concluse con il collocamento del corpo dellevangelista nel Palazzo Ducale. Il che potrebbe significare che tutta loperazione fu portata a termine dallautorit politica e non da quella ecclesiastica. Ci

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avvalorato anche dal fatto che la committenza della Basilica che doveva contenere le spoglie del santo ducale. Infatti nell829 il duca Giustiniano Parteciaco, nel suo testamento40, affidava alla moglie limpresa di costruire una chiesa in onore di san Marco nel territorio di San Zaccaria: cio nel luogo dellattuale Basilica. San Marco nacque come Basilica del Palazzo Ducale, sulla cui struttura originale giova spendere qualche parola. da dire subito che non ci sono resti n si hanno documenti del primo Palazzo Ducale. Lunico resto di un monumento antico potrebbe essere il tratto di muratura, dello spessore di circa due metri, esistente tra la Porta della Carta e lArco Foscari dellattuale palazzo. Purtroppo questi pochi resti non sembrano sufficientemente qualificanti per una determinazione cronologica, anche perch si deve tener conto di un uso molto diffuso a Venezia, e non solo a Venezia, di reimpiegare il materiale di precedenti costruzioni. , per, un dato di fatto che la struttura di questo tratto di muro diversa da quella di tutto il resto del palazzo attuale. Potrebbero essere i resti di un castrum tardoantico.
La cosa non stupisce scrisse Forlati se si ricorda che i Bizantini si trovarono nel secolo vi a dover difendere il litorale veneto appena riconquistato ai Goti e di nuovo pericolante per linvasione dei Longobardi gi padroni del retroterra: naturale abbiano pensato a erigere opera di difesa in punti strategicamente importanti valendosi di costruttori del luogo ancora maestri della tecnica romana41.

Per, se si riflette sullipotesi di Carile sulla situazione lagunare ai tempi di Cassiodoro, non si pu escludere la possibilit che gi prima dellinvasione longobarda del retroterra veneto si fosse costituito nella stessa zona lagunare un sistema di difesa: non pertanto da

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escludere a priori la possibilit dellesistenza di un castrum romano o meglio, tardoromano anche nel luogo ove sarebbe poi stato costruito il primo Palazzo Ducale. Purtroppo non possediamo elementi conoscitivi sufficienti per suffragare questa ipotesi, che rimane, come ho appena scritto, soltanto una possibilit; come non da escludere che quei resti, cui ho fatto cenno, appartengano agli inizi del secolo ix, cio al primo Palazzo Ducale, fatto costruire da Agnello Parteciaco. Questo probabilmente ebbe la forma del palazzocastrum, secondo la tipologia, per esempio, del Palazzo di Diocleziano di Spalato, con torri angolari. Nonostante la mancanza di notizie e lincertezza di reperti sicuramente attribuibili al secolo ix, forse possibile avere unidea delle caratteristiche essenziali di questa prima importante sede del potere ducale in zona realtina: si pu ipotizzare, tra laltro, la presenza, nel palazzo-castello nel suo complesso, di almeno tre torri angolari42. Un altro fatto degno di nota questaltro: che il castello era circondato da acque. In ogni modo per suggerire una seppur generica ricostruzione del palazzocastello, riporto quanto ebbe a scrivere la Bassi:
Si pu quindi concludere, sulla base delle pochissime testimonianze, che il castello aveva per lo meno tre torri, congiunte da muraglie di cinta non altissime, ma robuste, bagnate da canali su tre lati e dalla laguna su quello meridionale. Dentro vi erano vari edifici, adibiti a dimora, ad uffici, a difesa, e vi era la chiesa; tutte le costruzioni interne erano prevalentemente in legno43.

Conviene ora accennare ai vari problemi, o, almeno, ad alcuni di essi, relativi alla prima edizione della Basilica marciana. Secondo la vecchia ipotesi di Cattaneo44 questo primo edificio era a pianta longitudinale, secondo la tipologia pi diffusa delle costruzioni derivanti

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dalla tradizione ravennate e postravennate: la cosiddetta esarcale45. La Basilica sarebbe stata costruita tra il Palazzo Ducale e la chiesa di San Teodoro: questultima dedicata al primo, presunto, patrono di Venezia, e innalzata nella zona dellattuale piazzetta dei Leoncini. Forlati ha effettuato in loco alcuni saggi di scavo che non hanno dato esito positivo; ci, tuttavia, non esclude la possibilit, come osserva lo stesso Forlati, che l sia stata eretta una chiesa:
Raffaele Cattaneo ha supposto, seguendo Giovanni Saccardo che per primo se ne occupato, che esso [San Marco] sia stato preceduto [...] da una chiesetta dedicata a san Teodoro eretta dove ora trovasi la Piazzetta dei Leoncini e avente la forma basilicale propria della terraferma. Per i saggi di scavo da me condotti in detta Piazzetta non hanno finora dato conferma sicura, quantunque una simile ipotesi sia stata accettata anche dallultimo importante studioso che se ne occupato, il Demus. Del resto non mi nascondo che gli scavi possono anche non aver dato risultati soddisfacenti perch dopo la demolizione della chiesetta, avvenuta secondo il cronista Magno nel 1063, al suo posto furono costruiti nuovi edifici, come risulta chiaramente dal dipinto di Gentile Bellini, la Processione in piazza San Marco, ora alle Gallerie dellAccademia. E questi possono aver distrutto le tracce delledificio precedente46.

Qui non interessa approfondire chi sia stato questo Teodoro, il cui nome certamente bizantino; si pu solo ricordare che lesistenza di un tale patrono veneziano frutto di leggenda e che per quanto riguarda una chiesa a lui dedicata, il primo documento che la menziona del 97647. Pertanto, essendo dubbia lesistenza di una San Teodoro del secolo ix, sarebbe del tutto improprio, almeno in questa fase storica, suggerire ipotesi interpretative sulla sua tipologia.

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Dicevo dunque che Cattaneo prospett la possibilit che la prima San Marco fosse a pianta longitudinale: tale ipotesi fu, in linea di massima, accettata, se non altro perch, come appena accennato, tale tipologia ben sadattava alla tradizione della terraferma dellalto Adriatico. Forlati, negli anni intorno al 50, comp una serie di scavi ai piedi di alcuni pilastri dellattuale Basilica, giungendo a queste conclusioni:
Anzitutto ho eseguito uno scavo ai piedi dei due pilastri che reggono il grande arcone di destra tra lattuale cupola dellascensione e quella di San Leonardo: se mai fosse esistito un primo San Marco a forma basilicale, si sarebbero dovute trovare le fondazioni dellasserito muro perimetrale. Di tali fondazioni non rinvenni traccia alcuna, n a destra n a sinistra, dove pure vennero eseguiti degli assaggi. I pilastri sorgono da robustissime basi di grandi massi di pietra squadrata di Aurisina, evidentemente nate con essi48.

Da queste osservazioni Forlati concludeva che i pilastri attuali, almeno quelli da lui considerati, non sarebbero contariniani (cio della seconda met del secolo xi), bens parteciaci: il che non mi sembra dimostrato. Il fatto che non si siano trovate tracce di fondazioni proprio in vicinanza di pilastri, presso i quali furono effettuati gli scavi, non vieta di ipotizzare la preesistenza di una struttura basilicale, mancando ogni elemento sicuro per definire il luogo esatto della possibile costruzione dei muri perimetrali; in secondo luogo perch gli eventuali muri perimetrali potevano aver avuto fondamenta poco profonde, dovendo sostenere soltanto un tetto a capriate lignee, pertanto essi potrebbero essere scomparsi in seguito ai lavori successivi. Che poi le fondamenta dei pilastri esaminati da Forlati siano da attribuire al secolo ix da dimostrare: si vedano, in ogni modo, queste altre osservazioni su tale

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problema. Aggiunge Forlati una seconda prova a sostegno della sua tesi:
Di pi, esaminata con cura la tecnica costruttiva di tutti i muri perimetrali del nostro primo San Marco, cio di quanto resta sotto la quota del pavimento attuale, essi hanno dimostrato un identico tipo specialmente nel fianco settentrionale, che del resto anche Cattaneo attribuisce in parte alla chiesa del secolo ix. Queste murature sono infatti formate da mattoni romani, interi e frammentarii, della consueta misura 0,30 x 0,15 x 0,08, disposti in piano e uniti con malta. [...] Aggiungo un altro particolare: nel suo testamento il doge Giustiniano Partecipazio dice che per la costruzione di San Marco si dovevano usare le pietre di Equilo che fossero rimaste inutilizzabili in quel monastero di SantIlario in cui egli volle essere sepolto. Ora tra queste pietre vi possono essere le sculture tardo-antiche [...]. Ma vi erano anche, e soprattutto, le pietre usate nelle fondazioni che hanno ancora il taglio proprio della tecnica romana e che si ritrovano identiche nella torre eretta nello stesso periodo a difesa dellAbbazia di SantIlario, sia nelle fondazioni del Campanile, universalmente riconosciuto come opera del secolo ix49.

Se veramente potessimo dimostrare che le pietre delle fondazioni dei pilastri sono da attribuire, per il taglio, al secolo ix, non si pu scartare lipotesi che dette fondazioni risalgano alla costruzione contariniana, per la quale si sarebbe potuto usufruire del materiale, giacente in loco, che poteva essere servito di fondamenta alla eventuale e problematica costruzione basilicale. Per quanto riguarda parte del muro settentrionale, databile al secolo ix, non assolutamente chiaro se sia opera di reimpiego di materiale precedentemente usato, o, se originale del secolo ix, quale rapporto abbia avuto con il resto della struttura architettonica. Se queste osserva-

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zioni mi inducono a ritenere non sufficientemente dimostrata lesistenza di una prima San Marco a pianta accentrata, come lattuale, certamente esse non portano a dimostrare che il primo edificio fosse a pianta basilicale. Nellambito delle ipotesi sulla prima San Marco, mia opinione che ci si possa muovere esclusivamente su ricerche di ordine tipologico. Ci premesso, ritengo pi probabile che la prima San Marco avesse forma accentrata, come vuole Forlati, ma non necessariamente di dimensioni analoghe allattuale. Tale ipotesi si basa sul fatto che essa nacque come basilica ad corpus, in pi per il corpo di un evangelista, che poteva essere equiparato a un apostolo (basilica Apostolorum): dunque dovrebbe trattarsi di un martyrium, per la cui tipologia la pianta accentrata la pi comune, e facendo rimando allapostolicit, tra le piante accentrate quella a forma di croce la pi diffusa50. Se poi si considera che fu cappella palatina, ci avvalora lipotesi che fosse a struttura accentrata51. questa soltanto una possibile ricostruzione tipologica della prima San Marco e la si suggerisce come ipotesi di lavoro. Infatti, una volta proposta tale ipotesi, le considerazioni da farsi sono numerose. Per esempio, si tratta di un apporto bizantino, come vuole Forlati52, o del risultato della tradizione paleocristiana e poi altomedievale, svoltasi in loco, cio nel territorio veneto? Poich non si conoscono con sicurezza n la struttura n le dimensioni delledificio, difficile dare una risposta esauriente a questo interrogativo. Ammesso si trattasse di una basilica cruciforme, potrebbe essere illuminante, per taluni aspetti, conoscere quale tipo di copertura fosse stato usato: per esempio se allincrocio dei bracci cera una autentica cupola in muratura o una pseudocupola di legno. Se i pilastri attuali, esaminati da Forlati, sono del secolo ix, si dovrebbe concludere che essi erano in funzione di una cupola autentica; uno xylotroulos non dovrebbe aver avuto bisogno di

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pilastri cos grossi. La presenza di uno xylotroulos porterebbe anche al riferimento al Santo Sepolcro di Gerusalemme, citato da alcune fonti53. assai arduo il tentativo di individuare il significato preciso del rimando alla pi famosa costruzione gerosolimitana: si tratta di un rimando simbolico o propriamente di aspetto tipologico? Ritengo che una risposta a questo interrogativo pu essere suggerita generalizzando il problema. Nel Medioevo e in molti casi in et carolingia sono assai numerosi gli esempi di edifici che si rifanno al Santo Sepolcro di Gerusalemme: tali riferimenti sono documentati da fonti scritte; ma quando si voglia passare alla verifica copia-modello, ci si rende conto che il rapporto instaurato molto approssimativo. Il problema generale stato studiato anni fa da Krautheimer54: egli prese in considerazione alcune costruzioni che rimandavano appunto al Santo Sepolcro ed osservava che laggancio a tale modello, documentato dalle fonti, in pratica si riduceva soltanto a pochi particolari che, evidentemente, devono essere interpretati come simbolicamente significativi. Non v infatti altra possibilit dinterpretazione, quando si accettino queste osservazioni, motivate, di Krautheimer:
These copies [del Santo Sepolcro] were built all over Europe from the fifth to as late as the seventeenth century. Yet although the intention of imitating the Rotunda of the Holy Sepulchre is expressly stated in many istances, the buildings vary surprisingly from each other; they are also astonishingly different from the prototype which they mean to follow55.

Pertanto allampia casistica citata da Krautheimer si pu tranquillamente aggiungere anche la prima Basilica marciana, insistendo sul fatto che ammissibile, al massimo, un rapporto simbolico, anche se riesce difficile

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individuare i particolari che possano giustificare il rapporto stesso: non si trascuri la possibilit che uno di questi elementi, o, al limite, lunico, possa essere stata la copertura lignea a cono (xylotroulos). Per quanto riguarda il modello della San Marco parteciaca, Demus56 suggerisce lipotesi che esso sia stato la basilica Apostolorum di Costantinopoli, portando a suffragio della sua ipotesi queste motivazioni: la conoscenza diretta dei Parteciaci dei monumenti costantinopolitani e lo stretto rapporto tra Venezia e Bisanzio nel secolo ix, attestato dalle fonti che ricordano che alcuni monumenti veneziani (come per esempio San Zaccaria) furono eretti grazie allintervento dellimperatore dOriente. Tale ipotesi parte dal presupposto che la Basilica del secolo ix avesse, almeno approssimativamente, la forma e le dimensioni di quella contariniana del secolo xi, cio dellattuale; e poich la fondazione contariniana fu esemplata sullApostolion di Costantinopoli, anche la precedente, del secolo ix, avrebbe avuto lo stesso prototipo. A mio avviso il rifacimento, totale, contariniano non si potrebbe comprendere se si fosse concretato nella realizzazione di una costruzione tipologicamente analoga, in forma e in dimensioni, alla precedente, che fu abbattuta per fare posto alla nuova. Sembra ipotesi pi ragionevole prospettare la possibilit che la prima San Marco fosse un martyrium a croce libera, con copertura, allincrocio dei bracci, a cupola o a xylotroulos, di dimensioni pi limitate dellattuale (la chiesa di San Teodoro sarebbe stata abbattuta nel 1063 per poter costruire la nuova Basilica contariniana: ci non sarebbe stato necessario fare se la San Marco del secolo xi avesse avuto le dimensioni della precedente, che almeno per un certo periodo di tempo San Teodoro, come si gi notato, documentata nel secolo x ebbe accanto appunto la chiesa di San Teo-

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doro). Nel vano centrale, sotto la ipotizzata cupola di questo martyrium, si apriva la cripta. Gi Cattaneo e pi recentemente Demus, Bettini e Forlati sono concordi nel riconoscere in una parte dellattuale cripta marciana i resti di quella del secolo ix e, secondo Bettini57, questultima rimanderebbe a tipologie carolinge. Certamente la presenza della cripta induce a riferimenti occidentali e rimanda soprattutto al culto delle reliquie. Mentre gli heroa antichi e tardoantichi hanno talora un vano sotterraneo (esempio tipico in proposito il Mausoleo di Diocleziano nel suo palazzo presso Salona, e ora Duomo di Spalato), questo vano non utilizzato per la sepoltura: il sarcofago doveva trovarsi ben visibile entro la costruzione sopraterra. Nelluso cristiano, la cripta diventa luogo riservato al culto delle reliquie; ed in et carolingia che fiorisce la tendenza a strutturare cripte molto complesse e articolate; e in qualche misura anche quella del secolo ix di San Marco rientra nellambito di questa tendenza. Pertanto se la tipologia del martyrium diffusa sia nella parte occidentale sia nella parte orientale del vecchio impero romano, la presenza della cripta rimanda a prototipi occidentali pi che bizantini. Unaltra osservazione non va trascurata: la presenza in San Marco di sculture cosiddette carolinge pu avere un preciso significato. Laggettivo carolingio, quanto mai generico, va pertanto specificato. Sintende qui far riferimento alla diffusione di una tipologia figurativa, a intreccio vimineo, che occupa pressoch totalmente larea del piano decorato, in una sorta di horror vacui; ma da aggiungere anche che tale intreccio si realizza secondo moduli compositivi che si ripetono in costante analogia, suggerendo un senso di chiarezza composita. Constato un fatto: essa, tipologia, presente in et carolingia anche nella terraferma veneta, cio nelle zone occupate dai franchi, in modo talmente perentorio e gene-

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ralizzato da poterla definire propriamente carolingia e pertanto inserire nellambito occidentale. A Venezia, e precisamente in San Marco e nel chiostro-museo di SantApollonia (dove da qualche anno sono depositate alcune opere provenienti da San Marco), presente una serie di plutei e di frammenti scultorei che si inseriscono bene nella classe di opere alle quali si appena accennato. Intendo, per San Marco, i plutei pubblicati da Zuliani58, che dovettero far parte dellapparato decorativo della San Marco del secolo ix e che manifestano chiaramente il legame culturale con la terraferma carolingia. Ho cos proposto un altro elemento occidentale, questa volta nellambito della tipologia figurativa scultorea. E, nella ricerca dei vari coefficienti culturali che contribuirono a definire la prima San Marco, ne va tenuto presente un altro: secondo Demus59 la San Marco dei Parteciaci si riallaccia allistituto della Eigenkirche, istituto di estrazione senzaltro occidentale. Dopo quanto s qui scritto, mi sembra che, in un calcolo statistico, gli elementi occidentali abbiano la prevalenza su quelli orientali, dubbi, o, per lo meno, problematici. Ma come si pu spiegare questo filooccidentalismo con la politica di stretto rapporto dei duchi veneziani con Costantinopoli? Il trattato francobizantino dell814 riconosceva Venezia provincia bizantina. Con ci i veneziani si mettevano al sicuro da possibili ingerenze carolinge. Con Giustiniano Parteciaco, nell824, nella ratifica decennale dei patti franco-bizantini, si insisteva sul carattere di provincia bizantina di Venezia; ma ci non significa che fosse spenta la tendenza autonomista della citt lagunare. E quando, per opporsi ad Aquileia, fiorisce il mito marciano, proprio il monumento architettonico marciano segna simbolicamente ladesione a una cultura occidentale, vale a dire carolingia: quasi in un raffinato gioco di equilibri insta-

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bili, tra Oriente e Occidente, gioco che sar il motivo dominante della politica del ducato. La scelta filoccidentale potrebbe dunque essere interpretata come scelta di equilibrio tra le due grandi potenze del momento: rispetto ai franchi era provincia bizantina, di fronte ai bizantini era di cultura occidentale. Un discorso siffatto potrebbe essere ipotesi pi verosimile se suffragato da prove pi concrete; non posso, infatti, esimermi dal presentare unaltra possibilit: che la scelta dei motivi occidentali rientri in un generico gusto culturale del tempo e del luogo vicino, senza motivazioni prettamente politiche. Ma v pure una terza motivazione, per la quale devo proporre qualche osservazione di ordine pi generale. La scelta operata dalla corte carolina della tipologia che qui ora cinteressa pu rientrare nel contesto della questione delle immagini sacre. Nel 787 a Nicea si tenne il Concilio che abrog il divieto delle immagini sacre deciso nel 754. Carlo conobbe le deliberazioni del Concilio di Nicea attraverso una traduzione non certo perfetta, che gli permise di prendere posizione contro le decisioni nicene e fece scrivere i cosiddetti Libri Carolini, che sembrano attestare lo sforzo del re franco di opporsi a Bisanzio, anche attraverso il disaccordo sul problema delle immagini sacre. La scelta figurativa, che, come ho accennato, rifiuta qualsiasi rimando a iconografie, potrebbe configurarsi come risultato di tale atteggiamento. Questo legame, suggerito soltanto come ipotesi di lavoro, tra scelta figurativa e problema delliconoclastia, potrebbe ripresentarsi nel momento dellacquisizione da parte dei veneziani di tale tipologia. I duchi veneziani avevano stretti rapporti politici con la corte imperiale bizantina, presso la quale era emersa una maggioranza di potere filoiconoclastica (Concilio di Costantinopoli dell815): pertanto la scelta veneziana pu essere dipesa anche dal fatto che tale tipologia figurativa, pur essendo

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di origine e di significato occidentali, bene si adattava alla politica iconoclastica della corte bizantina. Non v dubbio che queste siano proposte assai labili di interpretazione, ma per questo non indegne di essere approfondite, tenendo conto che le tre possibilit qui proposte non necessariamente sono in contrapposizione tra loro. Ribadisco qui quanto ebbi gi modo di scrivere:
Laccoglimento, dunque, di tale struttura figurativa a Venezia negli anni intorno all829, potrebbe essere il risultato di un tentativo di reperire al proprio mondo una struttura figurativa di origine occidentale, che per non si opponeva alle direttive costantinopolitane60.

La costruzione del Palazzo Ducale con lannessa Cappella Palatina (San Marco) in zona rivoaltina pu essere assunta a simbolo di una nuova situazione storica: segna linizio del processo di centralizzazione del potere della nuova e definitiva sede. Se lecito parlare della nascita non di Venezia ma di una federazione di centri veneziani, con il periodo carolingio si avvia appunto il processo di centralizzazione che tende a costituire uno stato pi unitario: e appunto Palazzo Ducale e San Marco sono i simboli del processo intrapreso. Cessi ha bene messo in evidenza questo fenomeno:
Rialto, che era diventato attivissimo quartiere di concentrazione, arricchito da rapido incremento demografico, aveva esteso la sua forza espansiva e con metodica azione aveva avvicinato e collegato al nucleo primigenio le isole contermini, Olivolo, Luprio, le Gemini, Dorsoduro, Spinalonga, preconizzando la civitas61;

e ancora:

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Il riflusso demografico del gruppo delle isole realtine, aveva aiutato come inevitabile conseguenza il concentramento politico in Rialto, assurto a naturale convegno delluniversus populus Venetiarum. Tribuni e primati delle isole del gruppo realtino convennero in Rialto nel palatium, accentrando in esso la vita isolana, e nellunificato nucleo si riassorb la funzione politica dianzi dispersa nelle comunit periferiche. Automaticamente risult limitata in misura maggiore o minore la loro partecipazione alla vita politica del ducato e diminuita la loro autonomia, da Torcello a Malamocco, a Equilo62.

E verso la fine del secolo, il ix, il nucleo realtino trov una nuova sistemazione urbana: anche se, ancora una volta, impossibile verificare in loco una tale ristrutturazione, e pertanto le misure e il significato pratico di essa; le fonti ci permettono di ricordare appunto che, intorno all897, si cominci ad edificare una citt, presso Rialto63. Let carolingia di notevole importanza per la situazione economica: in essa infatti prende sviluppo una nuova attivit, che sar poi una delle principali per leconomia veneziana. infatti nel secolo ix che documentata una vera e propria flotta e militare e mercantile64; e, parallelamente allo sviluppo mercantile per via mare, emerge anche quello per via terrestre: Venezia, cio, tende a diventare il ponte dei rapporti commerciali tra Oriente e Occidente65. Allo sviluppo economico-commerciale corrisponde uno sviluppo urbanistico, come si gi notato, per la zona rivoaltina: ma non esclusivamente in essa; e anche per quanto riguarda il processo di centralizzazione del potere nella stessa zona, si deve parlare, giova ripeterlo, solo di inizio di processo. Un esempio, a prova di tale affermazione, viene offerto, ancora una volta, da Torcello. Negli scavi eseguiti negli anni 1961-62 dalla missione

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polacca66 si sono trovati (nella zona prossima alla Basilica) un denaro di Carlo Magno della Zecca di Milano e un dirham arabo della fine della II Egira (secoli viii-ix). importante notare che queste due monete assai probabilmente si trovavano originariamente in un unico sacchetto67, e tale ritrovamento pu essere interpretato come elemento significante della nuova situazione economica maturatasi appunto nel secolo ix. Anche a Torcello dunque doveva essere avviato il processo di ristrutturazione delleconomia, che da prettamente agricola passava a commerciale. Condivido, pur con qualche riserva, le conclusioni alle quali sono pervenuti gli studiosi polacchi:
Nei secoli viii-ix lisola di Torcello va lentamente perdendo, come le altre della laguna, il suo carattere esclusivamente rurale e acquista laspetto di un centro di abitazione, dotato di mercato che sar definito da Costantino Porfirogenito (secolo x) emporion mega dellAdriatico68.

Anche Torcello, dunque, nei secoli ix e x, dovette partecipare al rinnovamento economico in direzione mercantile e godette di un certo prestigio, come ci attesta limperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito: il che comporta, sul piano dello sviluppo urbano, lipotesi che lisola avesse un paesaggio architettonico di una certa rilevanza. Anche se dunque avviato il processo di centralizzazione del potere in Rialto, ancora nei secoli ix e x Torcello si presentava come un centro mercantile importante; sar solo verso la fine del secolo x e gli inizi dellxi che Torcello perder questa sua prerogativa economico-commerciale, a vantaggio di Rialto, diventando a sua volta soprattutto centro religioso. La scoperta di una zona cimiteriale compresa tra la Cattedrale e Santa Fosca, databile agli inizi del secolo xi, e nata nella zona del mercato, potrebbe significare la fine della rilevanza commercia-

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le dellisola, come, credo correttamente, propongono gli studiosi polacchi:


Il terminus post quem del cimitero fissato dalla cronologia delle monete ivi rinvenute. Sembra, tuttavia, che le prime tombe (o, almeno quelle della seconda fase) risalgano alla fine del x - inizi xi secolo e corrispondano cronologicamente alla costruzione della chiesa di Santa Fosca. Poich nei primi anni del secolo xi furono anche effettuate dal vescovo Orso Orseolo innovazioni nelle basiliche di Santa Maria e pressoch contemporaneamente fu elevata la torre campanaria, sembra evidente che alla fine del x - inizi xi secolo il centro storico di Torcello abbia acquistato un aspetto completamente nuovo, anche per lallargamento in quel periodo dellarea dietro la cattedrale. Questi mutamenti bene si accordano con landamento generale dello sviluppo dellisola attestato dalle fonti scritte: Torcello, cio, va lentamente perdendo il carattere commerciale a vantaggio di Rialto e acquista, in compenso, laspetto di un centro religioso69.

Non c dubbio, dunque, che Torcello nel secolo ix e nel successivo abbia avuto unimportanza notevole sul piano economico, il che, come gi osservato, dovrebbe essersi riflesso sulla struttura urbana, che tuttavia non ci nota. probabile che nel secolo ix si sia posto mano ad un restauro della Cattedrale: il Lorenzetti avanz lipotesi che il passo della cronaca di Giovanni Diacono (ecclesia Sancte Dei Genitricis et Virginis Marie, que vetustate pene consupta manebat, a Marini Patrici filiis consolidata est70) si debba attribuire alla Cattedrale torcellana. Tale consolidamento dovrebbe riferirsi al vescovado di Adeodato II, tra l864 e l867, secondo la testimonianza dello stesso Giovanni Diacono. Lintervento pi cospicuo potrebbe essere stato quello relativo alla zona presbiteriale: costruzione della piccola cripta

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anulare (senza la calotta centrale e la relativa piccola abside esorbitante dalla grande abside) con innalzamento del piano del presbiterio e rifacimento dellabside centrale, che sarebbe da riconoscersi in quella attuale (senza, come si detto, labsidiola della cripta) almeno fino a una certa altezza. Allo stesso momento potrebbe risalire il rifacimento del pavimento della navata: i pochi frammenti musivi che ancor oggi si vedono, al di sotto di circa trenta centimetri dallattuale, possono essere attribuiti al secolo ix. Non mancano poi elementi scultorei attribuibili allo stesso periodo: alcuni frammenti qua e l sulle murature e soprattutto gli stipiti del portale maggiore, che riecheggiano motivi occidentali, genericamente carolingi, e che vanno interpretati come esempi di diffusione di cultura occidentale, alla pari dei manufatti di San Marco e di SantApollonia, ai quali si fatto cenno. Questi stipiti sono di riporto, certamente eseguiti non per lattuale destinazione; si tratta, in qualsiasi caso, di opere veneziane, da aggiungere appunto al gruppo gi esaminato trattando della Basilica marciana71. Il secolo x caratterizzato dalla grande crisi italica: Venezia solo marginalmente risente di tale situazione. Anche se pu apparire irrilevante puntare su un unico evento disastroso per la storia artistica di Venezia, giova insistere, a mio avviso, su tale fatto. Nel 976 buona parte della zona rivoaltina venne incendiata. La rivolta popolare, che si concluse proprio con lincendio del centro di potere, Palazzo Ducale e San Marco con la zona adiacente, fu il risultato di un lungo processo politico, imperniato sulla figura di Pietro IV Candiano. Questi favor una scelta politica continentale ( assai sintomatico, in proposito, il fatto che egli avesse abbandonato la moglie Giovanna, relegata in un monastero, per Waldrada, sorella di Ugo marchese di Toscana): ma addurre tale politica a motivo del risentimento popolare sarebbe limitazione ingiustificata. Molto pi com-

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plessi furono i motivi della rivolta, che si concluse con luccisione di Pietro IV Candiano e del suo figlioletto, avuto da Waldrada, mentre tentava di fuggire dal palazzo incendiato; il fuoco appiccato al palazzo e a San Marco si estese su unarea abbastanza grande: pi di trecento case furono distrutte, case, probabilmente, ancora tutte di legno72. assai probabile che il fuoco abbia trovato facile esca nelle case di legno, mentre nel Palazzo Ducale e nella Basilica abbia coinvolto solo le parti lignee, cio, per quanto riguarda San Marco, la parte alta (ammesso che ci fosse uno xylotroulos): certo, in ogni modo, che i due principali edifici ducali non ebbero a subire danni gravissimi. Ne fanno testimonianza Giovanni Diacono e altre fonti, dalle quali si evince che lopera successiva allincendio fu soprattutto di restauro, pi che di rifacimento totale (tale opera va ascritta agli Orseolo, e in particolare al duca Pietro I). Scrisse Demus:
The terms redintegrare, redifichar, reparare, restaurare, complere, seem to indicate that the work done by Orseoli was, more or less, a restoration of the original church and not a complete rebuilding (reparavit, ubi combusta erat)73.

Unaltra prova portata da Demus74 questa: lopera fu sovvenzionata dagli Orseolo e fu realizzata entro due anni, dunque non dovette trattarsi di grandi lavori, pertanto da escludere che le strutture fondamentali degli edifici ducali siano state grandemente danneggiate. Sulla base di queste osservazioni, a mio avviso motivate, si pu concludere che la seconda San Marco non abbia rappresentato una nuova edizione della Basilica, quanto a struttura di fondo, ma solo un grande restauro, che certamente coinvolse anche lapparato decorativo. A questo proposito condivido quanto ebbe a scrivere Zuliani:

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I radicali restauri dellOrseolo, dopo lincendio del 976, furono anche pretesto per un completo rinnovo dellarredo scolpito: sulle pareti, esterne ed interne, dovevano correre lunghi fregi in terracotta o in pietra con la fauna fantastica intrecciata al riscoperto tralcio classico; vennero tolte o messe in secondo piano le lastre ad intreccio vimineo, mentre importanza essenziale assumono le lastre bizantine a fettuccia e le loro prime repliche veneziane. Il gusto muta, dunque, si rivolge ai moduli orientaleggianti di questa fase dellarte bizantina, ma gi traspaiono indicazioni verso quel deciso revival paleocristiano che trover la sua qualificazione pi organica nellambito della basilica contariniana, alla fine del secolo xi75.

Se il restauro della struttura edilizia della Basilica si concluse entro due anni, probabile che tale arco di tempo non sia stato sufficiente per la realizzazione di tutto lapparato decorativo, cui si appena accennato, per la quale realizzazione si pu pensare genericamente al periodo corrispondente agli ultimi anni del secolo x. Si giunge cos alla fine del secolo x e allinizio del secolo successivo, lxi, che pu essere ricordato per una serie di interventi di notevole rilevanza. Ucciso nel 976 Pietro IV Candiano, il nuovo duca Pietro I Orseolo, che govern per breve tempo (976-78), cerc la riappacificazione degli animi e, come si gi notato, commission la ricostruzione del Palazzo Ducale e della Basilica marciana. Dopo il breve ducato di Vitale Candiano (978-79) e quello di Tribuno Menio (979-91), divenne duca Pietro II Orseolo (991-1009), figlio di Pietro I.
Il secondo Orseolo scrisse Cessi sent, come primo dovere della sua vita politica, impellenti bisogni di una larga azione diplomatica a Oriente e a Occidente: riallacciare i contatti con il governo costantinopolitano per una migliore regolazione degli scambi, normalizzare i rapporti

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con gli stati mediterranei saraceni, le cui relazioni erano state notevolmente compromesse dai precedenti divieti; parallelamente disperdere lequivoco nei rapporti con la corte occidentale, sopravvissuto alla morte del secondo Ottone76.

Accenno ad alcuni fatti che possono esemplificare la posizione politica di Pietro II Orseolo. Nel 992 si rinnovavano i patti tra Venezia e limpero dOccidente, con giovamento per i veneziani. Nel 996 il giovane Ottone III, nella sua discesa in Italia, attraverso il Brennero, prese contatto con Pietro II Orseolo (quasi a suggellare tale contatto e il successivo accordo Ottone III instaur un rapporto di parentela spirituale con il duca veneziano; chiese ed ottenne che il duca inviasse a Verona il giovane figlio per fargli da padrino nella cresima, imponendogli il nome di Ottone)77. Nel 992, dunque nello stesso anno del patto ottoniano, limperatore bizantino Basilio II, con il figlio coregnante Costantino VIII, concedeva ai veneziani alcuni privilegi riguardo le imposizioni fiscali sul commercio marittimo78. Nota Pertusi79 che in questo documento i veneziani sono definiti cives extranei cio come persone straniere che hanno rapporti con le autorit fiscali e giurisdizionali dellimpero. Tale riconoscimento segna un punto di rilievo nel processo di autonomia anche formale di Venezia dallimpero bizantino, e contemporaneamente una situazione di privilegio rispetto agli altri stranieri. Alla fine del secolo x dunque documentata la politica di equilibrio tra Occidente e Oriente, che non viene compromessa dallincontro tra Ottone III e il duca, incontro segreto avvenuto in Venezia stessa. Ben poco si sa dei risultati di questo incontro, ma certo che Ottone nulla ottenne da Pietro II Orseolo80. Nel 1008 fu consacrato vescovo di Torcello Orso

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Orseolo, figlio di Pietro II. Quattro anni dopo Orso, divenuto patriarca di Grado, fu sostituito nellepiscopato torcellano dal fratello Vitale. Nello stesso anno 1008 della consacrazione a vescovo di Torcello di Orso, Pietro II commission i lavori di restauro della Cattedrale del figlio, Cattedrale che appariva vetustate consumpta. Come si pi volte ripetuto, licnografia della Basilica dovette rimanere costante dalla sua fondazione: unica eccezione laggiunta delle absidi laterali, attribuibili ai lavori degli Orseolo. Per quanto riguarda invece lalzato della struttura basilicale, non si hanno dati confortanti. Ci si muove in un campo di mere ipotesi. Si tenga conto di una possibilit: che i mosaici dellabside centrale e dellabside meridionale siano da datare alla met circa del secolo xi. questa ipotesi abbastanza recente: Demus81 ha suggerito, mi sembra in modo attendibile, che gli Apostoli dellabside maggiore siano da datare agli anni intorno al 1050, in questo seguito dalla Andreescu82; Furlan83 ha ipotizzato che il Cristo dellabside meridionale sia opera di un maestro bizantino della met del secolo xi; la Andreescu84 ha evidenziato la possibilit che il programma unitario della decorazione della Cattedrale comprendesse della decorazione attuale gli Apostoli dellabside maggiore, tutta la decorazione della cappella meridionale (ora del Sacramento) e la decorazione del muro ovest (cio dellinterno della facciata), della quale la prima scena (la Crocifissione) opera di completo restauro, mentre le due scene sottostanti, lAnastasis e il Giudizio, sarebbero in buona parte originali. A distanza di circa un secolo (seconda met del xii) si sarebbe proceduto a un ampio restauro della primitiva decorazione85. Lipotesi della retrodatazione alla met circa del secolo xi non trova ostacoli dalla lettura delle iscrizioni86.

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Pertanto se i mosaici absidali sono da datare alla met circa del secolo xi, le absidi stesse non possono essere posteriori a tale data. La parte inferiore dellabside maggiore stata attribuita al cantiere che lavor nella Cattedrale nella seconda met del secolo ix; e sarebbe stata rimaneggiata non prima degli inizi del secolo xi, dato che nella zona inferiore al registro degli Apostoli vera una decorazione della quale conosciamo un piccolo brano forse analoga a quella successiva pi alta, a pittura murale, databile non oltre gli inizi del secolo xi. Il rimaneggiamento al quale ho alluso, sarebbe consistito nellinnalzamento del semicilindro absidale, collegato con quello del syntronon (la scalinata che si conclude nella cattedra vescovile), il quale a sua volta collegato con la cupoletta della cripta, la quale si lega allabsidiola che esorbita dallabside centrale. A mio avviso i resti della pittura murale dovrebbero attribuirsi a un momento precedente la realizzazione del presente syntronon, che nella sua ampiezza avrebbe coperto buona parte della decorazione pittorica87. Secondo me, non c dubbio che detto syntronon sarebbe stato troppo alto per unabside pi bassa dellattuale; ritengo pertanto che esso sia da datare al momento dellinnalzamento dellabside centrale; in questa fase di lavoro si sarebbe posto mano alla cripta, con la costruzione della calotta, il cui estradosso nascosto dal syntronon medesimo e che si lega strutturalmente allabsidiola esorbitante dallabside centrale. Questi lavori di rimaneggiamento dellabside centrale e la costruzione delle due absidiole laterali potrebbero risalire allimpresa degli Orseolo, a partire dal 1008. Linnalzamento della zona presbiteriale porta con s, direi logicamente, linnalzamento anche del naos. Alcuni capitelli del naos sono stati riconosciuti analoghi a quelli della Basilica marciana88. Che essi siano stilisticamente vicini a quelli cosiddetti contariniani della Basilica di San Marco, credo non ci sia dubbio. Se

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dunque la novit di questo apparato decorativo va assegnata alla terza fabbrica marciana, lesecuzione di quelli di Torcello non pu essere retrodatata oltre il settimo decennio del secolo xi. Si dovrebbe dunque ammettere se non si conviene con Buchwald per un inserimento tardivo, nel secolo xiii, di capitelli marciani nella Cattedrale di Torcello che questi non fecero parte dellimpresa iniziatasi sotto il vescovo Orso nel 1008; si dovrebbe invece supporre un intervento edilizio con il cambiamento dei capitelli in unet non antecedente ai primi decenni della seconda met del secolo xi. A me sembra che linnalzamento dellabside maggiore (non posteriore alla met del secolo, se i mosaici sono di questo periodo) porti necessariamente allinnalzamento del naos come gi proposto e invece non mi sembra altrettanto giustificato ipotizzare un ulteriore intervento nella Basilica per cambiare i capitelli tecnicamente certo la possibilit esiste, ma si tenga conto dellelevato costo necessario alloperazione, senza alcun plausibile motivo , qualche anno dopo lintervento orseoliano. Conviene dunque concludere con unipotesi nuova: che i capitelli cosiddetti contariniani di Torcello non siano stilisticamente di derivazione marciana, e pertanto non si possano definire contariniani, ma siano invece i precedenti di quelli di San Marco. I capitelli contariniani di San Marco sono, in qualche misura, bizantini: se si accetta la mia proposta, si deve anticipare ai primi decenni del secolo xi questa influenza bizantina e ci non mi sembra impossibile, dati i frequenti rapporti tra gli Orseolo e Costantinopoli. Nella politica di equilibrio tra Est e Ovest, non fa meraviglia un aggancio culturale con lOriente, sia perch Costantinopoli supera, quanto a cultura, ogni centro occidentale, sia perch nella prima met del secolo xi si riprende con forza la lotta tra Grado e Aquileia, per risolvere il problema dellunit del patriarcato, e Roma ben coinvolta in questa lotta:

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pertanto un rapporto culturale con Costantinopoli poteva significare una netta distinzione dallOccidente Aquileia, con la politica filoimperiale e pure da Roma. Ma su questo tema ritorner tra poco, quando accenner alla rifondazione della Basilica marciana. Lipotesi di retrodatazione del complesso edilizio e decorativo della Cattedrale di Torcello alla prima met del secolo xi pu essere cos riassunta: se buona parte della decorazione musiva da far risalire agli anni 50, necessariamente la struttura muraria sottostante ad essa non pu essere posteriore a tale data. Il mosaico della parete ovest copre due finestre oblunghe della facciata e la muratura della medesima facciata presenta chiari segni di un suo innalzamento. Sulla base di queste due osservazioni si pu meglio specificare lipotesi. Nel 1008, con sovvenzione ducale, si diede inizio alla ricostruzione della Basilica. Qualche anno dopo, sotto il vescovado di Vitale Orseolo (si tenga conto che Orso Orseolo, patriarca di Grado, poteva appoggiare il fratello Vitale a fare di Torcello un centro della politica della famiglia; mentre ci era difficile realizzare a Grado, troppo vicina ad Aquileia, e mentre quivi pontificava il patriarca Poppo, acerrimo nemico di Grado), si sarebbe proceduto ad un ulteriore progetto di ristrutturazione della Cattedrale, con la decorazione musiva. Ci sarebbe potuto accadere negli anni 30 o 40 e a questa occasione andrebbe attribuita lesecuzione dei capitelli e forse anche quella dei plutei delliconostasi della Cattedrale stessa, plutei che nella storiografia pi accreditata vengono attribuiti alliconostasi marciana delledizione contariniana89. Questi plutei, chiari esempi di quel revival che viene di solito riconosciuto al cantiere contariniano, potrebbero rientrare in questa sistemazione della Cattedrale di Torcello, con unanticipazione di circa un cinquantennio sulla cronologia tradizionale. Il cantiere edilizio orseoliano (il primo sovvenziona-

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mento avvenne a opera del duca Pietro II, ma limpresa dovette continuare anche dopo la morte del duca, prima con Orso e poi con il fratello Vitale, che fu vescovo di Torcello fino alla met del secolo) forse fu impegnato anche nella costruzione di Santa Fosca, considerata tradizionalmente come opera postcontariniana e databile al secolo xii90. Le notizie documentarie essenziali relative a Santa Fosca sono queste: nel secolo ix pi volte ricordata una chiesa dedicata a Santa Fosca in Torcello, dipendente dal monastero veronese di San Zeno91. Nel 1011 due sorelle di Torcello lasciano alcune propriet alla chiesa di Santa Fosca92. Secondo la leggenda, forse verso la fine del secolo x, un certo Vitale avrebbe trafugato da Sabrata il corpo di santa Fosca, insieme con quello di santa Maura, martire ravennate, e trasportato a Torcello i corpi stessi. Fin qui le poche notizie documentarie e una leggenda. Lattuale edificio di Santa Fosca si trova in prossimit della Cattedrale e precisamente nella zona pi vicina allantico cimitero. Gi si osservato che gli scavi della missione polacca hanno messo in evidenza lesistenza di un cimitero, le cui tombe pi antiche risalirebbero agli anni tra la fine del secolo x e gli inizi dellxi, nel sito gi occupato dal mercato: tra la Cattedrale e Santa Fosca. Santa Fosca ha un impianto iconografico del tutto singolare per Venezia: essa dominata da un ampio vano centrale, a pianta quadrata, sul quale si aprono sul lato est un ampio presbiterio e, sugli altri, tre arconi (che suggeriscono allinsieme la forma di croce) al centro, mentre allestremit, dietro i pilastri e colonne di sostegno di quella che doveva essere la cupola (forse mai costruita ma, certamente, prevista), vi sono vani a pianta quadrata, coperti da volte a crociera. Il presbiterio diviso in tre navate, terminanti in absidi: la centrale ampia, alquanto ridotte le laterali. Il raccordo tra la pianta qua-

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drata del vano centrale e la muratura di impostazione della cupola realizzato da una singolare doppia cuffia, o tromba dangolo. Che si tratti di unopera di influenza bizantina penso non ci sia dubbio: i confronti portati gi da Bettini93 reggono la verifica. A parte la proposta cronologica, concordo con la sua conclusione:
[...] Santa Fosca, dove tutto, dalla pianta allequilibrio delle membrature e degli spazi, tradisce quel deciso e profondo intervento del gusto bizantino, che divenne (ma non prima, direi, del secolo xii) una delle determinanti del gusto veneziano, innestandosi sulla precedente, e sempre viva, tradizione dellEsarcato94.

La datazione del secolo xii dipende dal fatto che Santa Fosca viene considerata opera di derivazione dal cantiere di San Marco, della seconda met del secolo xi. Che in Santa Fosca siano presenti allinterno (vedi per esempio la cornice che corre nellabside centrale) e allesterno (vedi la decorazione della stessa abside centrale) elementi cosiddetti contariniani, a mio avviso non c dubbio alcuno. Ma come ho anticipato la datazione dei capitelli della Cattedrale, cos ora tendo ad anticipare lesecuzione di tali apparati decorativi (e perci anche delledificio), che diventerebbe precontariniana, cio ante il cantiere di San Marco. Lanticipo alla prima met del secolo xi viene proposto, pur in via ipotetica, con varie motivazioni. Prima di tutto da dire che i confronti con le costruzioni greco-bizantine non vietano tale anticipazione. In secondo luogo, tenuto conto della documentazione dellesistenza di una chiesa di Santa Fosca di propriet del monastero di San Zeno di Verona nel secolo ix, sembra difficile accettare che un martyrium (ch di un tale edificio dovrebbe trattarsi), cos strettamente legato alla Cattedrale, fosse di propriet di un monastero stra-

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niero; converrebbe forse ipotizzare lesistenza di un edificio sorto in luogo diverso dallattuale (sembra tuttavia ostare a questa ipotesi il fatto dellassunzione di un titolo gi esistente nella zona da parte di unaltra chiesa). Daltronde, se si potesse dare credito alla leggenda del trafugamento del corpo di santa Fosca (con quello di santa Maura) e il trasporto a Torcello nel secolo x, si dovrebbe coerentemente concludere che lesistenza di un martyrium sarebbe possibile solo dopo tale evento, e in questo caso si potrebbe far risalire la costruzione di Santa Fosca agli inizi del secolo xi, il che sarebbe avvalorato dal fatto che il martyrium fu costruito in zona cimiteriale: giova ripeterlo, il cimitero fu costruito tra la fine del secolo x e gli inizi dellxi. In altre parole, mi sembra si possa avanzare la proposta che il martyrium di Santa Fosca sia sorto successivamente al trasporto del corpo della santa a Torcello e che la zona pi adatta per la costruzione di tale edificio sia la zona cimiteriale, accanto alla Cattedrale95. Ritengo che fino a che non si effettuino scavi archeologici al di sotto della chiesa, sia impossibile suggerire proposte sorrette da prove attendibili: la mia soltanto una possibilit interpretativa; niente di pi. Nemmeno il documento del 1011 illuminante in merito: forse, ma con una notevole anticipazione, si potrebbe correlarlo con la nuova costruzione; se si tiene conto che gi a partire dal restauro marciano degli Orseolo (fine secolo x) stata notata una certa influenza bizantina, non pare del tutto illegittimo prospettare la possibilit che tale influenza sia continuata per tutto il secolo successivo (lxi), pur con aggiornamenti dei vari prototipi. Ci che mi induce a insistere per unanticipazione della fabbrica di Santa Fosca rispetto alla San Marco contariniana la mancanza, nelledificio di Torcello, di quella struttura muraria che come accenner pi avanti sar tipica del cantiere marciano.

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Secondo questa nuova interpretazione cronologica, proposta per con una certa cautela data la labilit degli elementi a disposizione, si dovrebbe ammettere che nella prima met del secolo xi (dagli inizi dei lavori nel 1008 fino alla decorazione musiva, databile alla met del secolo) Torcello fu un cantiere di grande e di notevole importanza, in quanto anticiperebbe, dal punto di vista decorativo non da quello della struttura muraria , molte delle soluzioni che si troveranno poi nella San Marco contariniana. Lungo la stessa prima met del secolo xi si ravviva la lotta tra i due patriarcati, di Aquileia e di Grado. Aquileia, prima con Giovanni poi con Poppo, tenta di ricomporre lunit dellantico patriarcato, considerando Grado semplice plebs di Aquileia (secondo la politica che era gi stata di Massenzio); Grado, con il patriarca Orso Orseolo, resiste a tale prospettiva, cercando di ribadire la duplicit del titolo patriarcale. La questione molto dibattuta e in vari sinodi la querelle viene ripresentata, spesso con risultati tra loro discordanti. Ma Poppo non si accontenta di brigare per affermare la sua tesi; passa alle vie di fatto, occupando e saccheggiando la stessa Grado96. Questo stato di tensione tra due centri vicini, quali Aquileia e Grado, pu aver indotto gli Orseolo come ho sopra suggerito a preferire quale luogo ove manifestare esplicitamente la loro potenza Torcello, sede del vescovado di Vitale, piuttosto che Grado, sede di Orso. Ma al di l di questa possibile interpretazione, i fatti qui menzionati sono proposti in vista di altre considerazioni. La lotta tra Aquileia e Grado ha una sua svolta decisiva nel sinodo del 1053, nel quale Grado viene riconosciuta sede metropolitana delle Venezie e dellIstria. Anche se largomento della duplicit del patriarcato o della sua unicit sar successivamente ripreso (come si vedr pi sotto), rimane il fatto che il 1053 pu essere assurto come data della fine della lotta tra i due patriarcati.

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Il cantiere di Torcello cos come ho tentato di costruirlo potrebbe essere considerato il controaltare allattivit di Poppo nella Basilica di Aquileia97. Ritengo opportuno soffermarmi brevemente sullinterpretazione politica suggerita da Buchwald98 di alcune scelte operate da Poppo, in particolare dei capitelli della Basilica aquileiese. Tali capitelli hanno a modello il corinzio romano: tale scelta alluderebbe ad uno stretto legame di Poppo con Roma: Sembra quindi perlomeno ragionevole presumere che Poppo volesse sottolineare la sua affinit spirituale con il papato, quando fece costruire la sua Cattedrale. E poi prosegue, insistendo sulla dipendenza da Roma, a proposito di altri elementi:
La chiesa poteva servire come dimostrazione visiva che sottolineasse il fatto che il suo patriarcato era stato fondato (cos si asseriva) dallapostolo Marco, come il papato era stato fondato dallapostolo Pietro. Dal momento che la Cattedrale esistente nel nono secolo aveva gi la forma esterna di San Pietro (evidentemente per le stesse ragioni), per sottolineare il parallelo Aquileia-Roma pot certamente decidere di aumentare la somiglianza della sua chiesa col modello romano, imitandone non solo la forma esterna ma anche i particolari architettonici99.

Come ho gi avuto occasione di osservare100, non vedo un rapporto diretto Aquileia-Roma nella icnografia della Basilica di Aquileia; e la scelta della tipologia dei capitelli aquileiesi da parte di Poppo potrebbe essere stata motivata da un generico gusto neoclassico del patriarca stesso, pi che da intenzione politica. un fatto, in ogni modo, che se anche la scelta di Poppo ebbe veramente giustificazione politica, tale giustificazione non vale pi, essendo contraddittoria, per la diffusione di quella tipologia nellarea veneziana. Alludo ai capitelli di San Nicol al Lido. Scrive Buchwald:

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Tutti i cinque capitelli [di San Nicol al Lido] sono gravemente danneggiati, ma larticolazione che rimane mostra chiaramente che erano tutti della stessa misura e frutto della stessa accurata tecnica, e che tutti appartengono allo stesso tipo di capitello corinzio a palmette che si trova nella Basilica di Aquileia101.

Si tenga conto di un fatto rilevante: San Nicol al Lido una fondazione di Domenico Contarini, cio del duca che fece costruire, qualche anno dopo il monastero del Lido, la terza e ultima San Marco. La fondazione di San Nicol risale al 1043 o 1053102. dunque impensabile che, nel momento di maggior attrito tra Aquileia e Grado, il duca veneziano avesse intenzione di procedere a scelte politiche filoaquileiesi. Si tratta, a mio avviso, di scelte di gusto o, se si vuole, di cultura, senza alcun riferimento, pi o meno simbolico, a situazioni politiche. Il fatto dunque che Contarini abbia scelto per San Nicol al Lido capitelli di tipo aquileiese significa che tale scelta non era subordinata a condizionamenti n a intenzionalit politiche. Nel 1053 come gi notato, nel sinodo romano, tenutosi sotto il papato di Leone IX, mentre era patriarca di Grado il successore dellOrseolo, Domenico Marengo, Grado fu riconosciuta Nova Aquileia, totius Venetiae et Istriae caput et metropolis. Mentre negli anni intorno a questa data i rapporti dei veneziani con limperatore germanico erano buoni, qualche anno dopo questi degenerarono, tanto che nel 1062, alla dieta di Ratisbona, si fece riferimento non al sinodo del 1053, quanto ai precedenti del 1027 e del 1040, nei quali Grado era stata riconosciuta plebs di Aquileia. E proprio nel giro di questi anni si manifestava una certa distinzione della politica ducale da quella del patriarca di Grado. Osserva in merito Cessi:

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Lanima veneziana [...] si staccava dal nido religioso di Grado, che pur era stato la fonte della sua religiosit ed era stato amorosamente ricostruito cinquantanni addietro dal secondo Orseolo103.

Il distacco da una politica filotedesca e contemporaneamente dal patriarca di Grado coincide, quanto a cronologia, con la decisione di costruire una nuova Basilica marciana: infatti la data tradizionale per la fondazione della terza San Marco il 1063. questa una coincidenza fortuita? Io non lo credo. Nel momento della rinnovata anche se temporaneamente lotta tra Aquileia e Grado (dovuta a un intervento tedesco) e in quello in cui i veneziani si distinguono dalla politica del patriarca di Grado, si vuole costruire una nuova e pi grande Basilica per ribadire, in quanto San Marco era la chiesa di stato, lautonomia del ducato, rivalutando la figura del santo, di fronte alle pretese tedesche e patriarcali. E nella scelta del modello per questo nuovo edificio, non ci si poteva volgere a Occidente (impero tedesco) n a Roma (la curia romana aveva trovato un alleato nel patriarca di Grado): unico centro culturale di riferimento poteva essere Costantinopoli e, in essa, la chiesa dedicata agli apostoli, in quanto Marco ad essi era assimilato. La terza San Marco fu costruita, probabilmente, tra il 1063 e il 1071: Domenico Contarini forse vide ultimata, o pressoch ultimata, la sua nuova Basilica, poco prima della morte, avvenuta appunto nel 1071, lasciando ai suoi successori il compito della decorazione. La pianta di questa ultima edizione della chiesa marciana a croce con copertura a cinque cupole, una su ciascun braccio e una al centro, allincrocio dei bracci stessi, cupole dallestradosso molto ribassato. Era a mattoni a vista. Concordo con Bettini, quando scrive:

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Se il modello architettonico, dunque, fu sicuramente quello costantinopolitano dellApostolion, i costruttori furono, altrettanto sicuramente, veneziani. Ancorch le tessiture murarie l dove domina la tecnica del mattone, siano abbastanza affini, specie nel secolo xi, nelle terre dellimpero dOriente e in quelle dellalto Adriatico, e in particolare del golfo di Venezia (probabilmente in ragione della comune origine tardoromana e paleocristiana); e, non solo certi partiti formali, sintende a livello di lessico (dentelli, lesene, archeggiature, giochi di nicchie esterne e interne ecc.), ma anche certe disposizioni di laterizi in vista di effetti ceramoplastici, possono essere riscontrati in ambedue le zone, sia pure con articolazioni proprie [...], non credo sia accettabile per nulla la vecchia (ma ancora ricorrente) e troppo semplicistica ipotesi che anche i costruttori di San Marco siano venuti da Costantinopoli104.

Dunque modello bizantino e cantiere locale. Questo pu essersi formato con alcuni maestri provenienti dallimpresa che aveva lavorato fino a qualche anno prima a Torcello, con gli Orseolo, e da altre maestranze, e tra queste saranno da ascrivere coloro che adottano certe tipologie che diventeranno quasi il motivo firma dellappartenenza al cantiere marciano: intendo, per esempio, i realizzatori di quel particolare lessico delle semicalotte delle nicchie, a spinapesce (che non presente a Torcello, mentre la decorazione a sega, che si trover in edifici di dipendenza da San Marco, ben evidente allesterno dellabside di Santa Fosca; invece marciana ma non torcellana la decorazione a niello). Ma pi che elencare particolari lessicali, giova richiamare lattenzione su uno di essi, al quale si gi fatto cenno. Intendo la calotta delle nicchie a spinapesce. Recentemente Zuliani ha ben messo in evidenza i modi di comporre alcuni particolari architettonici105 e, tra questi, emerge quello di strutturare le nicchie. Cos Zuliani:

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La nicchia a sezione semicircolare con stesura a spina di pesce dei mattoni della cuffia, senzaltro tra gli elementi pi appariscenti di questo gusto architettonico contariniano, ripetuto insistentemente su tutte le superfici esterne ed interne di San Marco, in una scala di varie grandezze che va sino allenfasi monumentale dei tre nicchioni che articolano labside centrale. Vedremo poi che si tratta di una specie di motivo-firma, che verifica puntualmente il disseminarsi dellinflusso del cantiere contariniano nellarchitettura delle lagune e dellentroterra veneto. Il motivo, dicevamo, si ripete quasi ossessivo nelle pi varie dimensioni. Le nicchie di misura minore, che compaiono su tutti i pilastri dellesterno (e, ancora, nellangolo di SantAlipio) si infittiscono anche allinterno dellatrio, sui pilastri, sul fondo delle tombe Michiel e Falier, ma soprattutto, in numero di quattro, articolano le grandi conche, pure a sezione semicircolare, che troviamo in vari punti delledificio: dalla facciata, dove questa forma documentata con sicurezza almeno per larco di SantAlipio, allesedra che delimita a nord il braccio occidentale; a quella che introduce allo stesso braccio dalla cappella Zen, a quella della porta che immette nel transetto nord. Allesterno sono ancora da ricordare le nicchie altissime che affiancavano larcone centrale e quelle, di elaborata incorniciatura, che segnano i due piani dellabside. Ma literazione del motivo di una grande esedra articolata alla base da nicchie minori si conclude clamorosamente nellorganizzazione interna delle tre absidi: quella centrale presenta tre grandi nicchioni e quelle laterali ai tre, di scala ovviamente minore, ne aggiungono altri due sulle pareti lunghe. E la stessa disposizione si ripete, immancabilmente, anche nella parete orientale della cripta106.

Zuliani storicizza quindi questo motivo, e conclude:


Dunque, probabile che il motivo della nicchia a spinapesce sia di derivazione medio-bizantina, ma certo che

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la duttilit tecnica delle maestranze contariniane ne oper una vera e propria ri-creazione, adattandolo a significati affatto nuovi nella configurazione dellimmagine architettonica; in quanto viene ad articolare le pareti non solo dallesterno, dove gi compare in misura assai maggiore che nel mondo bizantino, ma anche allinterno107.

Lesame di un particolare architettonico permette di capire come doveva articolarsi la struttura della San Marco contariniana, con ricercatezze formali di grande gusto. Certamente laspetto esterno della Basilica doveva essere meno appariscente dellattuale, ma si ricordi che il punto di vista era molto pi ravvicinato, in quanto la piazza nel secolo xi era di dimensioni molto pi ridotte dellattuale. Quanto alla diffusione del gusto contariniano siano sufficienti le semplici citazioni di monumenti: il Duomo vecchio di Jesolo (ora ridotto a miseri resti), Santi Maria e Donato di Murano, Santa Sofia di Padova108, ecc.; pur in diversa maniera e con differente impostazione tipologica sono esempi della diffusione della cultura architettonica marciana del cantiere contariniano. Con alcune di queste opere citate si supera il secolo xi, anzi con Santi Maria e Donato di Murano si dovrebbe giungere fino al 1140. Ma indubbio che tutta la seconda met del secolo xi, o meglio dagli anni 60 in poi, c intorno alla fabbrica di San Marco e su di essa imperniata una grande scuola architettonica e decorativa, che in parte trova i suoi precedenti nellattivit fiorita a Torcello nella prima met del secolo. Lo scarto linguistico tra Torcello e San Marco non tocca tanto gli elementi decorativi (come ho pi volte ripetuto, molti di essi si trovano prima a Torcello e poi in San Marco), quanto propriamente il gusto architettonico. La struttura figurativa della San Marco contariniana originale talmente articolata e complessa (come ha molto bene evi-

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denziato Zuliani) che non pu spiegarsi quale semplice evoluzione del linguaggio documentato a Torcello (Santa Fosca compresa): si deve ammettere un nuovo apporto bizantino, poi liberamente e in modo del tutto originale interpretato. Secondo la ricostruzione che ho tentato di proporre fin qui, il secolo xi, per tutta la sua estensione, appare dominato da una forte influenza bizantina e in alcuni mosaici e nel campo architettonico e decorativo. Ci non deve apparire come tendenza incoerente rispetto alle scelte politiche: se Venezia appare ormai indipendente e legata alla sua costante politica di equilibrio tra Oriente e Occidente, il mondo che le pi vicino certamente quello dellimpero costantinopolitano, da un punto di vista culturale: e le motivazioni di alcune scelte in questo senso ho cercato di illustrarle. Ma importante notare anche che molto spesso, una volta accettato un modello bizantino, gli artisti locali riescono a tramutarlo in veneziano. Dal secolo xi (da questo grande secolo, per quanto riguarda la cultura artistica) in poi si pu parlare di arte autenticamente veneziana e, ad essere pi precisi, soprattutto dagli inizi della seconda met del secolo, in modo esemplare con il fondamentale cantiere nato per la costruzione della terza San Marco, la contariniana. Probabilmente, dunque, nel 1071 la struttura edilizia della San Marco contariniana dovette essere pressoch totalmente portata a termine: al successore di Domenico Contarini, Domenico Silvo (1071-85) spettava il compito della decorazione della nuova Cappella Ducale, o meglio dellinizio di tale impresa. Nellapparato decorativo della terza San Marco si individuata una maniera contariniana: laggettivo contariniano non ha per valore cronologico. Lo si usa, con legittimit, in quanto anche la decorazione scultorea che esula, quanto a datazione, dal periodo del

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ducato di Contarini, strettamente legata alla Basilica fatta costruire da tale duca. merito di Buchwald109 aver individuato tale maniera contariniana, attraverso una larga ed esaustiva esemplificazione di lastre, fregi e capitelli scolpiti e di averla storicizzata110. Un influsso costantinopolitano, ben documentato da Buchwald, per lapparato decorativo scultoreo, stato evidenziato anche per i resti, in verit assai pochi, della primitiva decorazione musiva della Basilica. Faccio riferimento ai frammenti di una Deposizione nel sepolcro, di cui sono rimasti il gruppo (parziale) delle pie donne e un coretto di angeli111. Tale mosaico parietale (decorava la parete meridionale del pilastro sudovest dellarcone centrale) stato attribuito da Bettini112 a un mosaicista bizantino, attivo a Venezia sotto il duca Silvo, discendente da modi antichi di Bisanzio, in quanto precedenti di circa 150 anni: tale maniera sarebbe esemplificata dalla lunetta di Leone VI in Santa Sofia di Costantinopoli113. Un legame con la cultura pi aggiornata della capitale dellimpero bizantino potrebbe essere documentato dai quattro Patroni (i santi Pietro, Nicol, Marco, Ermagora) dellabside maggiore della Basilica: e ci se si convenisse con Furlan114 per una retrodatazione, rispetto alla cronologia pi diffusa, al decennio precedente il 1094. Se si accettasse tale ipotesi, si dovrebbe ammettere, per coerenza, che a distanza di pochi anni, se non addirittura contemporaneamente, lavorassero in San Marco maestranze bizantine diverse: il fare sgranato dei frammenti della Deposizione ha ben poco in comune con la solidit monumentale dei Patroni dellabside. Lo spostamento se accettato della datazione di questultimi dai primi decenni del secolo xii allultimo o al penultimo decennio dellxi rilevante agli effetti della storia della pittura veneziana: infatti essi sarebbero, secondo questa ipotesi, gli antecedenti e non gli esiti dei mosaici del 1112 della Cattedrale di Ravenna115.

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Una possibile presenza di maestranze bizantine a Venezia nello scorcio del secolo xi non pu essere interpretato come un fatto incoerente nella situazione politica del momento, ma non lo sarebbe neppure per gli inizi del xii. Venezia, ormai forte potenza militare marittima, ha frequenti rapporti con Costantinopoli, con cui tratta come stato indipendente (daltronde gi il sopra citato documento del 992 aveva riconosciuto i veneziani cives extranei dellimpero bizantino). significativa, e in un certo senso emblematica, la crisobolla del 1082, rilasciata ai veneziani da Alessio I, imperatore bizantino, durante la lotta con i normanni. Venezia era scesa in guerra a fianco dei bizantini e limperatore ricompens questo aiuto con la concessione di benefici116. Questi rapporti Venezia-Bisanzio certamente portarono tra i veneziani, soprattutto tra le classi al potere, la diffusione di mode bizantine, che dovevano apparire agli occhi dei tradizionalisti eccessi di lusso, tanto da suscitare lo sdegno di san Pier Damiani117. La sconfitta dei bizantini e dei veneziani nella battaglia navale del gennaio del 1085 presso Corf port alla destituzione del duca Domenico Silvo. Gli successe Vitale Falier, al quale si deve la consacrazione definitiva della Basilica marciana: secondo la leggenda nel 1094 si sarebbe miracolosamente scoperto il corpo del santo, di cui non si avrebbe pi avuto notizia da tempo. Come osserva Demus118 la leggenda pu avere un nucleo storico: la deposizione delle reliquie del santo nella cripta della Basilica l8 ottobre 1094. La storia della San Marco del secolo xii ha avuto un punto di riferimento nel 1145: quando un incendio avrebbe distrutto buona parte della decorazione pittorica marciana119; Demus120 ha suggerito lipotesi, secondo me attendibile, che la data del 1145 sia stata assun-

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ta per errore di trascrizione della Cronaca Bemba del secolo xv e che lincendio vada datato al 1106, al tempo del duca Ordelaffo Falier (1102-18). Anche se pu sembrare irrilevante la retrodatazione dellincendio di San Marco di circa un quarantennio, il fatto , a mio avviso, importante per una proposta cronologica delle vicende pittoriche della decorazione marciana del secolo xii, in quanto viene a mancare il terminus post quem del 1145. opportuno ora riconsiderare lipotesi suggerita da Furlan, che i mosaici dei Patroni dellabside maggiore di San Marco siano da porre nel penultimo decennio del secolo xi121, siano opera di un maestro costantinopolitano122 e siano gli antecedenti dei maestri dellUrsiana di Ravenna. Il rapporto tra le decorazioni dellabside marciana e dellabside ravennate, visto nella prospettiva di Furlan, a me sembra piuttosto limitativo, nel senso che non sufficiente il rapporto di dipendenza dei maestri veneziani, o almeno di alcuni di essi, attivi a Ravenna dal maestro costantinopolitano di San Marco per giustificare lo stile di taluni mosaicisti operosi a Ravenna. Si prenda, ad esempio, lautore della testa di San Pietro: il suo modo di fare rientra in una fase di quella manipolazione della rappresentazione del volto che, in altra occasione, Dina Dalla Barba Brusin ed io abbiamo cercato di storicizzare, seppur a grandi linee123. Concordo, dunque, con Furlan che i Patroni di San Marco possano essere opera di un maestro bizantino che, forse, precede ma non di molto e in questo dissento dallipotesi del collega lattivit dei maestri veneziani a Ravenna (mi sembra ancora attendibile una datazione post 1100, anno in cui giunse a Venezia il corpo di san Nicola); che tale maestro abbia influito sugli artefici della decorazione della vecchia Cattedrale ravennate assai probabile, ma tra essi almeno il maestro del San Pietro mi sembra risenta di altre esperienze bizantine, di

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una certa koin per quanto riguarda la scelta di tipologie iconografiche124. Il secolo xi dunque caratterizzato da stretti rapporti tra Venezia e Bisanzio, rapporti che si realizzano anche in scelte culturali. Il secolo successivo il xii segnato da momenti di profonda crisi di tali rapporti, crisi determinata da varie cause, tra le quali giova menzionare leccessivo intervento in Costantinopoli di mercanti veneziani, che, grazie ai privilegi precedentemente ricevuti, si erano costituiti come forza di potere quasi intollerabile per i locali e per i mercanti di altra provenienza125. Dunque momenti di tensione certamente ci furono, anche se alternati a tentativi di conciliazione; ma, seppure in un giudizio assai generico, credo si possa affermare che i rapporti veneto-bizantini tendevano a deteriorarsi, soprattutto nella seconda met del secolo. Si tenga presente che la situazione italiana di questo momento caratterizzata dalle lotte tra limperatore Federico I il Barbarossa e i comuni, e in tali lotte era coinvolto anche il papato. Proprio a Venezia, nellestate, del 1177, avvenne lincontro tra papa Alessandro III e Federico Barbarossa. Scrisse Cessi:
Nel grande scenario dellincontro tedesco-pontificio a Venezia si realizzava quasi inconsapevolmente un altro aspetto della vita veneziana, la sua funzione europea, mediatrice politica tra le grandi potenze, cos come era mediatrice di scambio tra il continente centro-occidentale e il Mediterraneo orientale126.

Gli anni 70, incentrati, simbolicamente, nellincontro al vertice del 77, si qualificano come gli anni del rinnovamento edilizio-urbanistico del centro del potere veneziano. Il castello-palazzo dei Parteciaci era inglobato in una struttura difensiva molto ampia. Negli anni tra il secolo ix e il x (al tempo del duca Pietro Tribuno,

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889-912) il nucleo architettonico palazzo - cappella ducale era stato circondato


da un pi largo giro di mura, che si estendeva dal rio della Paglia o di Palazzo fino alla chiesa di Santa Maria del Giglio; tale circuito comprendeva tutto il centro della citt e le misure di difesa erano completate da pesanti catene di ferro che, al tramonto, erano stese dalla punta della Dogana allisola di San Giorgio e alla chiesa di Santa Maria del Giglio []127.

necessario ricordare anche che poco pi a ovest dellattuale campanile di San Marco scorreva il rio Batario, che delimitava il lato occidentale della piazza, risultante cos molto pi piccola dellattuale. Sotto il ducato di Sebastiano Ziani (1172-78) il complesso palazzo-piazza prese un aspetto del tutto nuovo. Prima di tutto fu abbattuta la muraglia difensiva del tempo di Pietro Tribuno; poi fu interrato il rio Batario, con un progetto di ampliamento della piazza verso ovest, tale da renderla, quanto a dimensione, analoga allattuale. Questo ampio spazio fu delimitato dalle abitazioni dei procuratori (da ci la definizione di Procuratie data alle due ampie costruzioni che delimitano anche attualmente i lati lunghi della piazza anche se originariamente ve nera una sola). Fu anche interrata parte della laguna a sud del castello parteciaco, dando cos la possibilit di costruire un nuovo Palazzo Ducale (Palatium cumunis Venetiarum) nel luogo dellattuale, sul lato della Riva degli Schiavoni128. Ben poche sono le testimonianze archeologiche129, e nulle quelle documentarie, che permettano una ricostruzione ideale del palazzo. Pertanto si pu solo suggerire qualche ipotesi: per esempio, che la facciata si presentasse secondo la tipologia abbastanza diffusa nellepoca fine secolo xii a Venezia, delle case cosiddette a torreselle.

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Negli anni 70 vi dovette essere un grande cantiere che oper nellambito del centro di potere ducale e non improbabile che gi da qualche anno fosse posta mano anche alla Cappella Ducale, con la decorazione delle cupole dellasse centrale. Si gi messo in evidenza come la data dellincendio 1145 sia stata messa in serio dubbio e pertanto essa non pu pi essere assunta come punto di riferimento per la cronologia dei mosaici marciani. Alla primitiva decorazione musiva si gi fatto cenno (probabilmente datata agli ultimi anni del secolo xi). Essa fu, in parte, coperta dalle lastre marmoree: il che significa che il primo progetto di decorazione non prevedeva luso di dette lastre. Si conosce la data di inizio dei lavori della decorazione a lastre marmoree130: il 1159, sotto il ducato di Vitale II Michiel. Tali lavori furono parti a mio avviso di un progetto generale di decorazione della Basilica marciana: cio la decisione di ricoprire di mosaici le zone alte si lega a quella di ricoprire la zona inferiore con lastre marmoree. Questa dellunitariet di progettazione della decorazione a lastre marmoree e a mosaici una semplice ipotesi di lavoro; e da tale proposta deriva quanto segue: che a partire dagli anni 59-60 circa si procedette alla decorazione delle cupole dellasse principale, a partire da quella orientale, dellEmmanuele, per proseguire verso occidente con la centrale (Ascensione) e con la terza (Pentecoste), con la decorazione degli arconi relativi. In altre parole, fino alla prima met del secolo xii la Cappella Ducale avrebbe avuto una decorazione non sistematica, ma solo affreschi e mosaici sporadici: labside e la scena della Deposizione su un pilastro, la Madonna tra angeli del Battistero; e a queste opere si potrebbe aggiungere la decorazione del Portale Maggiore (Vergine e Apostoli in nicchie). E non da escludere che al di sotto delle attuali lastre marmoree si possa trovare qualche altro lacerto pittorico131.

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assai probabile che i mosaici antichi (tranne quelli gi considerati come del secolo xi o dei primi anni del xii) debbano essere scalati, quanto a esecuzione, in un arco di tempo assai vasto, di decine di anni, per sulla base di un progetto generale che potrebbe risalire al primo decennio della seconda met del secolo xii. Per il significato e il valore simbolici delle cupole e la rilevanza della loro decorazione in un complesso sistematico, dato che tecnicamente era consuetudine cominciare la decorazione dalle parti alte, scendendo poi verso il basso, si pu suggerire lipotesi che linizio della decorazione sistematica sia da individuare nelle cupole dellasse maggiore, come ho sopra proposto. Di queste tre cupole la pi significativa quella centrale, dellAscensione; pi significativa in quanto segna uno scarto linguistico che in un primo tempo fu considerato esito di influenza occidentale, ora ed io consento con questultima interpretazione storica effetto di legami con larte macedonica. Alcuni particolari di questa decorazione mostrano uno stravolgimento dei corpi e una tensione lineare che trovano la loro origine in esemplari della cultura pittorica della Macedonia, a partire dal secolo xi (per non andare con i precedenti di siffatta cultura ancora pi indietro nel tempo), ma i modi pi perentori e pi diffusi sono del secolo xii, fino alla elaborazione pi agitata alla fine del secolo medesimo in San Giorgio di Kurbinovo. Lo spartiacque dellinfluenza macedonica , a mio avviso, filologicamente chiaro, incerto invece per quanto afferisce alla determinazione cronologica. Lo si fa risalire agli anni 70 (sempre del secolo xii), ma, secondo me, nulla vieta anticiparlo di qualche anno. Nel 1153 documentata la presenza in Venezia, presenza non transitoria132 di un maestro di mosaico, Marco Indromeni. Ci per non significa che latteggiamento culturale in terra lagunare fosse di dipendenza esclusiva dalla civilt bizantina: ho gi

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accennato, in proposito, alla possibilit che nella prima met del secolo xii si siano andate formando scuole veneziane di mosaicisti, pur con qualche inserimento di maestri greci, che di per s non comportava adesione a modelli bizantini. A meno che non si voglia accedere a unulteriore possibilit senza alcuna prova per che Marco provenisse dalla Macedonia e pertanto fosse stato lui il vettore di tale cultura. Le maestranze attive nella decorazione delle tre cupole di San Marco sono veneziane: su questo punto concordano, in linea di massima, gli storici dellarte; rimane invece oggetto di discussione il problema del riferimento di tali maestranze al mondo bizantino, che per la sua moltiplicit di aspetti assai pi vario di quanto normalmente si possa credere. Non escludo la possibilit di una elaborazione in loco del linguaggio figurativo dalla prima met alla seconda met del secolo xii, tranne che per linserimento di taluni aspetti della cultura pittorica macedonica, inserimento che potrebbe configurarsi come scelta di rifiuto di Costantinopoli (e ci sarebbe coerente con la situazione politica del momento) e contemporaneamente come adesione a motivi, indirettamente, occidentali. In altre parole la scelta macedonica non sarebbe avvenuta se i Veneziani non avessero trovato nellarte della Macedonia gi interpretazioni occidentali delle poetiche costantinopolitane133. Se poi si tien conto che lincontro tra papa Alessandro III e limperatore Federico Barbarossa ebbe come scenario anche la Basilica di San Marco, vien da pensare che nel 77 almeno una parte della decorazione fosse stata gi portata a termine134. Se dunque per il 77 la decorazione, suppongo delle cupole, era gi finita, si dovrebbe pensare per linizio dei lavori a un anticipo di qualche anno rispetto alla data pi accettata del 70, direi di circa un decennio, pressa poco contemporaneamente, per linizio, ai lavori di decorazione marmorea.

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Se il 1177 segna il primo momento ufficiale della politica europea di Venezia, allinizio del secolo xiii Venezia diventa punto dincontro di rappresentanti politico-militari di buona parte dEuropa, assumendo un ruolo di fondamentale importanza nella politica continentale. Annota Lane:
Dato che i veneziani erano in tutto meno di 100 000 anime, non potevano agire come una grande potenza in grado di seguire un piano ben preciso sostenendolo con una forza tale da costringere gli altri a sottomettersi. Inoltre, nelle condizioni del tempo, la situazione politico-militare cambiava rapidamente, in modi sottratti a ogni controllo da parte di Venezia. Il successo dipendeva dalla capacit di adattamento; e lelasticit veneziana nelladeguarsi alle circostanze non diede mai prova migliore di s che nella Quarta Crociata, punto di svolta della storia di Venezia135.

Tra i crociati e Venezia si stipul un accordo secondo il quale i veneziani simpegnavano a provvedere, per lestate del 1202, i mezzi di trasporto navale e il vettovagliamento per un anno per ben 35 000 uomini, contro un compenso di 85 000 marchi dargento. Per lestate del 1202 i veneziani potevano dimostrare di essersi mantenuti ai patti, non altrettanto i crociati che evidentemente si erano sobbarcati un onere superiore alle loro possibilit136. Il vecchio duca veneziano Enrico Dandolo negozi un accordo con gli occidentali; essi avrebbero dovuto aiutare i veneziani a sottomettere Zara (che mirava a liberarsi dal giogo lagunare, per costituirsi come potenza marinara autonoma): il bottino di Zara avrebbe contribuito a pagare il debito dei crociati verso Venezia. Nel 1203, dopo loccupazione di Zara, i veneziani proponevano unulteriore diversione della IV crociata: loccupazione di Costantinopoli. Nellaprile del 1204 i crociati entrarono nella vecchia capitale imperiale.

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Seguirono tre giorni di uccisioni, rapine, stupri e sacrilegi. Chiese e case furono saccheggiate da cima a fondo. Quando Bonifacio di Monferrato ordin che il bottino fosse adunato per la divisione, esso fu valutato (a parte le cose forse trattenute nascostamente) in 400 000 marchi, oltre 10 000 armature. Non vi fu dunque difficolt a pagare la somma da tempo dovuta ai veneziani, che ebbero altres met del bottino137.

ben noto che i quattro cavalli che adornano la facciata della Basilica marciana sono parte di questo bottino; ma certamente tantissimo altro materiale in tale occasione giunse a Venezia da Costantinopoli. Accenno solo a una complessa opera che assai probabilmente contiene una piccola, ma assai significativa, parte del bottino a seguito della conquista del 1204: alludo alla Pala dOro di San Marco138. indubbio, dunque, che limpresa condotta con abilit da Enrico Dandolo e finita con loccupazione e relativo saccheggio di Costantinopoli rappresent un grandissimo affare economico per i veneziani, non solo per il bottino, ma anche perch permise loro di costituire tutta una serie di basi navali per i commerci, con privilegi che di fatto li riconoscevano come autentici vincitori nellimpresa della IV crociata, talch conviene concludere con Lane:
Sebbene in questa catena di basi navali vi fossero anelli piuttosto deboli, limpero coloniale ottenuto dai veneziani con la Quarta Crociata, insieme alla posizione di privilegio nel commercio e nel governo dellimpero latino di Costantinopoli, e alla salda presa sulla Dalmazia che Enrico Dandolo aveva ottenuto con la sottomissione di Zara, diedero a Venezia un incontestato predominio marittimo nel Mediterraneo orientale139.

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Sparito, almeno momentaneamente per circa un sessantennio limpero bizantino a Venezia veniva a mancare il punto di riferimento culturale che per tanti anni essa aveva assunto: Costantinopoli, in quanto citt viva. Ma gi qualche decennio prima dellinizio della IV crociata, come ho gi accennato, Venezia tendeva a porsi intermediaria nella politica europea (emblematico, giova ripeterlo, lincontro del 1177): questo riferimento allOccidente si concreta in presenze appunto occidentali, proprio a partire dagli anni 70. Lo scultore delle basi delle due colonne, sulla piazzetta marciana, di Marco e Todaro sembra essere un lombardo140; mentre, qualche decennio dopo, senzaltro successivamente allarrivo dei crociati a Venezia, va datato il progetto, realizzato poi da maestranze diverse, del Portale Maggiore della Cappella Palatina che, secondo Demus, is nothing but adaptation of a French program to the special conditions and requirements of Venice141. A questo occidentalismo, che occupa del secolo xiii approssimativamente la prima met, fa riscontro la presenza di particolari bizantini, soprattutto nella facciata di San Marco. Giova ricordare che proprio lesterno, e perci anche la facciata della cappella ducale, assume un aspetto del tutto nuovo. Sotto il duca Sebastiano Ziani, tutta la zona marciana viene sistemata: il risultato pi rilevante agli effetti della Basilica lampliamento della piazza. Cos cambia radicalmente il punto di vista dellesterno della chiesa: se le sottili e certamente raffinate articolazioni della struttura a mattoni a vista avevano un loro significato figurativo se viste da vicino, larretramento del confine occidentale della piazza rompe questo rapporto, rendendo inefficace, dal punto di vista del rapporto piazza-basilica, la facciata di San Marco, quale quarta parete dellormai enorme spazio della piazza stessa; di qui la necessit di rendere pi vistoso, pi appariscente lesterno della Basilica; ed ecco

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che si inventano i grandi estradossi delle cupole, e che si arricchisce la facciata stessa, con lastre marmoree, con mosaici, ecc. Laccrescimento figurativo dellesterno della Basilica si concreta, come si appena ricordato, anche con lapplicazione di lastre marmoree e nellesecuzione del portale maggiore (in un arco di tempo che occupa buona parte del secolo xiii); e si realizza in concomitanza con buona parte della decorazione musiva. I sei pannelli scolpiti (Vergine orante, Arcangelo Gabriele, San Demetrio, San Giorgio e due rappresentazioni di Ercole) posti in loco prima del 1267142 e larcone della porta principale appaiono sintomatici di una certa situazione culturale che risulta complessa e, filologicamente, assai difficile da dipanare. Questultimo, nei suoi tre archi di diversa intonazione stilistica (la cui esecuzione va scalata in un arco di tempo piuttosto ampio, circa un cinquantennio a cavallo della met del secolo) sembra, come ho gi scritto, citando Demus, rivelare influssi francesi e forse quellantelamismo che qualcuno ha notato per altro piuttosto generico mi pare possa essere giustificato pi come dipendenza francese (e in particolare dellle-de-France) comune a certe esperienze antelamiche, piuttosto che a una derivazione diretta dallAntelami stesso143. I sei pannelli della facciata, poi, sono esempi di derivazione da un altro mondo culturale, e precisamente da Costantinopoli. Per accanto al San Demetrio (probabilmente di diretta provenienza bizantina) sono poste le altre formelle forse eseguite in loco: in queste, e soprattutto nelle due formelle di Ercole, si manifesta chiaramente una incidenza lineare, di una linea quasi tagliente, che appare elemento di gusto pi occidentale che orientale144. C dunque da parte di Venezia ducale una capacit ricettiva di suggerimenti di ben diversa origine. Venezia nel 200 un grande emporio, punto dincontro ancora una volta e

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in forma ancor pi decisa rispetto alle situazioni precedenti di mercanti e di guerrieri: e la citt e proprio la sede del potere manifestano chiaramente essere crogiuolo di esperienze diverse, ma contemporaneamente luogo di elaborazione di un linguaggio originale, pur sensibile a quelle esperienze. Infatti, accanto a opere bizantine e a opere occidentali, c tutta una serie di opere tipicamente veneziane: forse si potrebbe parlare di ambiguit per la cultura veneziana cos sensibile a esperienze differenti, ma se si accetta tale termine, non deve, esso, essere assunto in senso negativo. Se di tale ambiguit si pu parlare, essa rappresenta il fascino di Venezia, la cui cultura non nasce programmata, neppure in sede ducale: Venezia una citt esistenziale che proprio per questo suo carattere scarsamente incline a un progetto precostituito e si arricchisce cos di esperienze di varia estrazione, senza preconcetto alcuno, elaborando e trasformando gli apporti altrui in veneziano. In altre parole, documentata la presenza di esemplari di importazione e questi contemporaneamente sono inseriti nel contesto locale e vengono assunti a motivi di ispirazione e tradotti in veneziano. Queste vicende culturali veneziane sono forse meglio esemplificate nella storia della pittura del 200. La composizione fitta di figure, determinate da linee grevi, della cupoletta della Genesi dellatrio marciano145 risente certamente di influenze occidentali; ma tali occidentalismi (della cui provenienza il riferimento filologico assai difficile) sono ben diversi dagli occidentalismi del maestro, veneziano, che lavora nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma146, nel cui ambito culturale pu rientrare, pur con accenti personali che si possono riconoscere in un certo processo di diversificazione dei toni, il Maestro dellOrazione nellorto, sulla parete sud del naos della Basilica marciana, maestro attivo intorno agli anni 20. C certamente, a mio avviso,

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a Venezia la compresenza, nel secondo e terzo decennio del secolo, di diversi apporti occidentali, tutti per di difficile individuazione quanto a provenienza147. Lesame dei mosaici dellatrio marciano permette di seguire le vicende della pittura veneziana per circa un cinquantennio a cavallo della met del secolo xiii, in ambito ducale. Limito lesame allinterpretazione dello spazio: dalla cupoletta della Genesi e dellarcone seguente (da sud verso nord), nei quali le figure si affollano forsanche su suggestione di modelli iconografici148, si passa a una composizione spaziale assai pi allentata: le scene sono limitate alla base delle cupolette, lasciando libera la zona centrale, decorata spesso da una sorta di rosone. da dire che la decorazione del braccio nord, dove evidente tale tipologia, che si ritrova anche nelle lunette dello stesso braccio dellatrio, da datarsi a partire dalla fine degli anni 50149. Questa tipologia, che si ritrover qualche decennio dopo nella stessa Costantinopoli (San Salvatore in Chora), potrebbe essere di derivazione romana: lesempio pi tipico offerto da alcune cupolette della cripta del Duomo di Anagni, la cui decorazione databile alla met circa del secolo xiii, e sarebbe stata importata a Venezia dai maestri mosaicisti inviati nel 18 a Roma, su invito di papa Onorio III, per decorare la Basilica di San Paolo fuori le Mura150. Da un punto di vista tipologico, quanto a definizione dello spazio, dunque si potrebbe documentare un apporto romano successivo alla met del secolo xiii. Anche da questi pochi dati forniti in una forma piuttosto frettolosa, e limitati ad alcuni esemplari soltanto, risulta chiaramente, a mio avviso, quella capacit ricettiva, alla quale ho prima accennato: Venezia sensibile a diverse esperienze accoglie tali apporti al proprio gusto, li trasforma in veneziano. Il secolo xiii dominato da questa apertura verso lOccidente, coerentemente con la politica di rafforzamento, attraverso la costituzione del-

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limpero latino dOriente, della sua scelta di ponte tra Oriente e Occidente: diventa un punto di riferimento fondamentale nella storia dei rapporti tra i due mondi, e le sue scelte artistiche rappresentano il simbolo di tale situazione politica, che in verit non verr meno, anzi si accentuer nei tempi successivi. Ancora una volta nellambito ducale si ha la prova di tale atteggiamento negli anni intorno alla met del secolo xiv. Intendo far riferimento a un complesso di lavori che coinvolgono il palazzo ducale e, successivamente, a un maestro che diventa pittore della corte ducale. Nel 1340 il pretesto, se cos si pu dire, che d avvio al rifacimento del Palazzo Ducale la decisione di costruire una nuova e pi grande Sala del Maggior Consiglio151. Forse il primitivo progetto prevedeva la costruzione di una grande sala senza dover procedere a lavori di ristrutturazione dellintera zona prospiciente il molo. Osserva la Bassi:
Dai documenti consultati non emerge che si volesse rimodernare il palazzo duecentesco rifacendone le archeggiature e i capitelli; ma evidentemente, invece, si era gi deciso di compiere tale lavoro radicale, non solo per dare al palazzo imponenza adeguata allimportanza della citt, ma anche per irrobustire gli elementi portanti, che certo nel palazzo bizantino erano pi gracili. Gli scultori degli elaborati capitelli dovevano essere in piena attivit nel 1344, poich, in tale anno, una carta ci ricorda un apposito laboratorio per gli Incisores lapidum152.

Nel 1348, causa la pestilenza, i lavori furono certamente interrotti e successivamente ripresi nel 50: ma dovettero proseguire a rilento, tanto che nel 62 c un provvedimento di minaccia di pene pecuniarie per coloro che avessero contribuito a ritardarne i lavori153. La struttura essenziale delle sale e di tutto il complesso

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verso il molo va dunque datata tra il 1340 e gli anni 60, quando Guariento conclude, con il suo famoso affresco, la decorazione della sala154. Questa la cronologia relativa alla struttura di fondo di questa parte del palazzo: non mancano certamente sculture da datarsi a periodo posteriore, si potrebbe dire fino al 1404, quando viene eseguito il finestrone centrale. Abbastanza recentemente Arslan155, dopo una breve sintesi sulla storia critica del Palazzo, ha ribadito questa ipotesi156, cio che, a suo avviso, ledificio rispecchia unidea fissata verso la met del Trecento, notando che taluni particolari potrebbero derivare dallInghilterra157. La tradizione attribuisce a Filippo Calendario la costruzione del palazzo trecentesco: questo Filippo partecip, nel 1355, alla congiura di Marin Faliero, e nello stesso anno fu condannato a morte, per impiccagione. Una revisione critica di talune sculture, attribuite per lo pi agli inizi del secolo xv, operata da Wolters158, tende a retrodatare tali opere allultimo decennio della prima met del secolo precedente, cio appunto legandole alla ricostruzione del Palazzo e attribuendole allo stesso Filippo Calendario. Cos, oltre a un certo numero di capitelli, gli sono stati attribuiti i due gruppi degli angoli sud-est (Ebbrezza di No) e di sud-ovest (Adamo ed Eva): c, in questi due gruppi unessenzialit compositiva realizzata attraverso una monumentalit dimpostazione delle singole figure, che non trova precedenti nella cultura artistica locale e che fa di Filippo Calendario (lattribuzione di Wolters mi sembra convincente) il pi grande maestro della scultura veneziana, e non solo veneziana, della met del secolo xiv e mi sembra di non poter escludere uninteressante suggestione affacciata da Wolters stesso: che possa essere stato Giotto (e Giotto di Padova) la chiave di volta per lelaborazione del suo linguaggio figurativo159. Negli anni che vanno dal 1340 al 55 lesponente

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maggiore della cultura scultorea veneziana dovette dunque essere Filippo Calendario e nello stesso giro di anni, nel campo pittorico, la figura dominante fu Maestro Paolo, il quale, pur lavorando nello stesso ambito ducale nel quale lavorava contemporaneamente Filippo, si mosse partendo da un sostrato culturale sostanzialmente diverso dal suo collega scultore. Mi sembra che in Paolo ci sia una maggiore ambiguit di scelta culturale: il suo punto di riferimento essenziale fu la pittura paleologa, cio della corte di Costantinopoli, ma far di lui un rappresentante di tale cultura in Venezia mi sembra procedimento limitativo. Se Paolo risent, per esempio, nella Dormitio Virginis di Vicenza della cultura pittorica paleologa, , secondo me, altrettanto verificabile un apporto occidentale, che si potrebbe definire gotico, per altro di caratura diversa da quella di Filippo Calendario. La Pala feriale di San Marco, opera di collaborazione tra Paolo e i figli Luca e Giovanni e contemporanea allattivit di Filippo nel cantiere del Palazzo Ducale, si caratterizza per una ricercatezza di eleganze gotiche che non si trovano nella tensione essenziale delle opere di Filippo160. Quantunque lattivit di Paolo non possa certamente limitarsi agli anni 40 e 50, ho scelto questi ventanni circa perch tale periodo sembra esemplificante a documentare una certa situazione a Venezia. I primi anni del 300 sono tormentosi per la citt lagunare: sono caratterizzati dallapprofondimento del contrasto tra stato e societ, come ha messo bene in luce Cracco161; ma la crisi si scatena in forma pi palese e drammatica appunto negli anni 40 e 50.
In siffatte condizioni (di crisi economica e di sempre pi acuto divario tra stato e societ), la Repubblica abbordava uno dei periodi pi tragici della sua storia: nel decennio 1343-1354 annota il Sanudo sempre quasi fu guerra,

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peste e carestia. La crisi della societ stava per raggiungere il suo punto pi basso: alla popolazione cominci a mancare tutto [...]; i prezzi crescevano nella misura in cui il mercato era spoglio di merci, e la moneta sinflazionava sempre di pi [...]. Per giunta, su una citt talmente provata, si scatenarono anche i flagelli naturali: un violento fortunale, che fece strage di imbarcazioni; un terremoto, che rase al suolo parecchi edifici; e, infine, la grande peste162.

E circa in questi anni, allinizio del quinto decennio, si andava costituendo il grande cantiere per la costruzione del Palazzo Ducale. Concordo con Cracco quando conclude che negli anni di Andrea Dandolo, la citt pareva dunque distrutta, nelle cose e negli uomini163, ma non posso esimermi dal constatare la contemporaneit tra tale situazione e lallestimento di quel cantiere edilizio al quale ho fatto cenno. Quale pu essere il significato di questa situazione? Come ho scritto sopra, nel 1340 si decise la costruzione di una nuova grande Sala del Maggior Consiglio, senza coinvolgere, almeno cos sembra e come ho gi accennato, la struttura essenziale del palazzo dello Ziani. Nel 1342 si stabil che la nuova sala dovesse raggiungere anche i loggiati. Nel 44 erano gi allopera gli scultori dei capitelli (di alcuni di questi), che proseguirono il loro lavoro per qualche anno, con uninterruzione in occasione della pestilenza del 48. Perci la parte pi importante e fondamentale del nuovo palazzo ducale, verso il molo, fu eseguita proprio negli anni della maggiore crisi. Liniziativa fu, come gi pi volte ricordato, funzionale allampliamento avvenuto da anni del Maggior Consiglio164. Non c dubbio, dunque, che si dovesse provvedere alla costruzione di una nuova e pi grande Sala del Consiglio, ma altrettanto indubbio, che la scelta del momento per la costruzione coincideva con quello di una gravissima crisi. Ma forse negli anni intorno al 43 che si scelse per una

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definitiva rielaborazione della struttura di fondo del palazzo. C una alternativa nellinterpretazione di questa scelta: se la si fa risalire a prima del 42, potrebbe interpretarsi come unaffermazione del regime che si sentiva in pericolo; se la si fa risalire a dopo il 42 si potrebbe collegarla alla politica di Andrea Dandolo, il quale tent di privilegiare il potere ducale. Attraverso unintelligente lettura dei testi di Dandolo stesso, Cracco giunse a concludere:
Qui, dunque, nella volont di riformare lo stato, di adeguarlo ai tempi nuovi tramite lavvento di un principe, sta la rivolta del Dandolo, il suo tentativo di infrangere i vincoli ferrei che lo bloccavano come doge, per governare da principe165.

E con le date, seppure presuntive, alla mano, mi sentirei di optare per questa seconda ipotesi: il passaggio dal primo progetto (solo costruzione di una nuova grande sala) al secondo progetto (coinvolgimento di tutta la struttura meridionale del Palazzo) potrebbe essere ascritto alliniziativa di Andrea Dandolo, iniziativa di rinnovare la sede del potere mentre tentava, seppur illusoriamente, di rinnovare la tipologia del potere stesso. Il nome di Andrea Dandolo anche collegato allattivit di Maestro Paolo: costui documentato pittore di stato nel dicembre del 42166 e il duca certamente divenne un suo sostenitore: questa ipotesi, portata alle sue estreme conseguenze, stata sostenuta da Muraro, il quale leg strettamente lattivit di Paolo al ducato di Andrea Dandolo, tanto da ritenere che
la parabola di Maestro Paolo si svolge parallelamente a quella del suo doge, quasi rispecchiando di volta in volta gli aspetti pi signfficativi della linea politica e delle condizioni storiche che ebbi ricordato167.

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Non mi sembra e in questa occasione mi sia lecita soltanto laffermazione, e non la dimostrazione di questa mia opinione168 che la storia pittorica di Paolo possa dipendere in modo cos stretto dallattivit politica di Andrea Dandolo, ma rimane il dato di fatto, che il duca, forse nella sua prospettiva grandiosa, ma intrinsecamente illusoria169, volle, come principe, essere mecenate di un pittore che ai suoi occhi poteva apparire decisamente bizantino, anzi prettamente costantinopolitano, cio della citt fondata da Costantino, di quellimperatore che doveva essere modello del nuovo princeps veneziano170. Filippo Calendario, nella nuova visione suggerita da Wolters, e Paolo Veneziano sono i maestri pi rilevanti della prima met circa del secolo xiv: il primo esente da qualsiasi legame con la cultura bizantina, risente delle esperienze occidentali, mentre il secondo gioca continuamente sullambiguit tra Oriente e Occidente; su un substrato culturale paleologo, inserisce esperienze gotiche raffinatissime. Da un punto di vista di storia della cultura figurativa forse linsegnamento di Filippo stato, nel suo complesso, pi proficuo, ma non di certo da sottovalutare linsegnamento di Maestro Paolo, soprattutto per la sua componente gotica. Infatti, dopo Paolo, lesperienza bizantina rappresenta per Venezia ormai soltanto la tradizione pi stanca e artigianale: saranno i contributi occidentali, di varia origine, a provocare interessanti reazioni e le pi rilevanti nel mondo culturale veneziano. Cos verso la fine del secolo Jacobello Dalle Masegne, nelliconostasi principale di San Marco firmata da lui e dal fratello Pier Paolo e datata 1394 dimostra unessenzialit compositiva che, molto alla lontana potrebbe rifarsi alle opere di Filippo Calendario, ma certamente con una ricercatezza formale, un torcersi dei volumi che rimandano allesperienza gotica veneziana, sul tipo dei

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mosaici della Cappella di SantIsidoro in San Marco171. Mentre Pier Paolo (autore tra laltro, per rimanere in ambito statale, del balcone della Sala del Gran Consiglio, datato 1400-1404) si dimostra pi sensibile, nel suo complesso, a esperienze toscane172. Con linizio del nuovo secolo, la scelta politica di Venezia in favore della terraferma gi avvenuta: a questa apertura occidentale corrisponde il tributo, sempre pi esplicito, soprattutto nellambito dellestablishment veneziano, del riferimento culturale a Costantinopoli, non solo alla cultura di questa citt, ormai prossima a cadere in mano turca (1453), ma anche alla cultura provinciale bizantina, cretese in particolare, che continuer a Venezia ma a livello pi artigianale; e, in positivo, ladeguamento al mondo tardogotico. interessante notare che, lungo i primi decenni del secolo xv, sono a Venezia, per periodi pi o meno lunghi, molti artisti toscani rinnovati: basti ricordarne qualcuno: Michelozzo, Paolo Uccello, Leon Battista Alberti, Andrea del Castagno; ma la loro incidenza nel tessuto culturale veneziano fu piuttosto limitata, mentre la citt si mostrava pi sensibile a capire lesperienza lombarda, tardogotica soprattutto: sia sufficiente la menzione di Matteo Raverti173. Per rimanere nellambito ducale, desidero concludere questa sintesi su taluni aspetti della storia dellarte nel Medioevo, con lattivit, databile agli anni 30-40, di Bartolomeo Buon. operazione recente la rivalutazione di questo scultore-architetto veneziano; e per quanto riguarda la sua attivit plastica fondamentale lattribuzione che Wolters174 propone a lui del Giudizio di Salomone sullangolo nord-ovest del Palazzo Ducale. indubbio che se si conviene con lo studioso tedesco sulla autenticit di questo gruppo per Bartolomeo, la sua valutazione sale di molto; direi, anzi, che ci comporta una totale revisione della storia critica di questo

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forse troppo svalutato scultore veneziano. Bartolomeo Buon, se autore del Giudizio di Salomone e autore certo della Porta della Carta, nella quale primeggia come opera sua la statua della Giustizia diventa un caposaldo nella storia della cultura figurativa specificatamente veneziana. Egli, suggestionato forse dalla lezione di Filippo Calendario, dun secolo prima, nel senso di un recupero di essenzialit compositiva, traduce in forma moderna tale essenzialit, evidente gi nel modo di strutturare il gruppo, nel quale le figure appaiono quasi a tutto tondo, e rese con un modellato articolato a masse compatte e solenni. Con questopera finisce il Medioevo veneziano; anche se la consapevolezza del suo significato non sar immediata per i locali, mentre forse lo fu per Donatello175.

In questo breve saggio ho cercato di evidenziare soltanto alcuni aspetti di Venezia ducale, cio del centro del potere: da ci deriva una limitatezza, per altro scelta, di indagine storico-artistica. Per quanto riguarda storia e mito, rimando a due punti di riferimento bibliografici: g. fasoli, Nascita di un mito, in Studi storici in onore di Gioacchino Volpe, I, Firenze 1958, pp. 447-79 e a. carile, Le origini di Venezia nella tradizione storiografica, in Storia della cultura veneta, I, Vicenza 1976, pp. 135-66, successivamente ripreso in a. carile e g. fedalto, Le origini di Venezia, Bologna 1978, pp. 19-123. 2 g. schlosser, Arte del Medioevo, Torino 1961, p. 22. 3 s. mazzarino, Il concetto storico-geografico dellunit veneta, in Storia della cultura veneta pp. 13 sgg. 4 Ibid., pp. 5-6. 5 l. leciejewicz, e. tabaczynska e s. tabaczynski, Torcello. Scavi 1961-62, Roma 1977. 6 Ibid, p. 215. 7 Ibid., pp. 287-88. 8 r. cessi, Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, I, Padova 1942, pp. 2-4. 9 carile, in carile e fedalto, Le origini di Venezia cit., pp. 158 e 179 sgg. Una conferma allinterpretazione di Carile viene offerta, indi1

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente rettamente, da l. bosio e g. rosada, Le presenze insediative nellarco dellalto Adriatico dallepoca romana alla nascita di Venezia, in aa.vv., Da Aquileia a Venezia, Milano 1980, pp. 509 sgg. Malamocco, il cui nome Metamaucus deriverebbe da Medoacus, lantico nome del fiume Brenta, che allora passava anche per Padova (Patavium), fu, fin dallepoca protoimperiale, porto allinterno della laguna (dunque non dove attualmente, sul litorale, verso il mare) ed era collegato con Patavium tramite appunto il corso del Brenta, tanto da essere considerato lo scalo mercantile di Padova. Il rapporto Patavium-Metamaucus pu, tra laltro, giustificare la scelta operata dai padovani, quando, occupata la loro citt da Agilulfo agli inizi del secolo vii, si rifugiarono in zona bizantina, appunto in terre lagunari e precisamente a Malamocco. Gli autori concludono per lesistenza di un traffico notevole in parte endolagunare da Ravenna ad Altino e poi fino ad Aquileia, attraverso dunque la laguna veneta, e pertanto non si pu che ammettere lesistenza di notevoli insediamenti umani in essa, legati se non altro al traffico mercantile. Il lavoro di Bosio e Rosada ricchissimo di altri spunti interpretativi; ne cito uno a mo di esempio: i rapporti tra i bizantini e i longobardi nel territorio friulano e veneto sono visti in una nuova e originale prospettiva, soprattutto per il periodo che va dal 568 (calata dei longobardi in Italia) alla prima met del secolo vii, almeno fino al 639, anno in cui per la prima volta Oderzo (Opitergium) cade in mano longobarda e lautorit locale si trasferisce a Cittanova (Eraclea o Eracliana, in onore dellimperatore Eraclio), dove rimarr fino al trasferimento a Malamocco. In questa sede non posso che rimandare il lettore interessato a questo importante lavoro, che presenta, attraverso un attento esame e delle fonti antiche e delle indicazioni topografiche, unulteriore prova della romanizzazione, in et imperiale, delle terre della laguna veneta. 10 a. pertusi, Liscrizione torcellana dei tempi di Eraclio, in Studi veneziani, iv, 1962, pp. 9 sgg. e in particolare p. 26. 11 r. cessi, Le origini del Ducato veneziano, Napoli 1951, pp. 35-36. 12 pertusi, Liscrizione torcellana cit. 13 Ibid. 14 a. niero, Osservazioni epigrafiche e iconografiche su mosaici e considerazioni sullintitolazione Sancta Maria della cattedrale torcellana, in Studi Veneziani, xvii-xviii, 1975-76, p. 26, n. 114. 15 Ibid., p. 28. 16 Niero (ibid., p. 27, n. 144) suggerisce lipotesi che il Battistero di Torcello fosse a pianta circolare in quanto avrebbe avuto a prototipo il Santo Sepolcro di Gerusalemme. 17 leciejewicz, tabaczynska e tabaczynski, Torcello cit., p. 288. 18 Ibid., p. 72. 19 Ibid., p. 292. 20 Ibid., p. 63 e per la relazione scavi cfr. pp. 63-73.

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente Ibid., p. 73. Cfr. ibid., p. 293. 23 g. cracco, in l. cracco ruggini e g. cracco, Changing Fortunes of the Italian City from Late Antiquity to Early Middle Age, in Rivista di Filologia Classica, vol. 105, fasc. 4, 1977, pp. 461 sgg. 24 Edito a cura di R. Cessi, Roma 1933. 25 Ibid., p. 35, 7-18. 26 r. cessi, Politica, economia, religione, in Storia di Venezia, II, Venezia 1958, p. 94. Credo si possa affermare che leconomia di Torcello fosse soprattutto agricola, ma non si pu trascurare la possibilit sulla testimonianza della stessa Origo che altre attivit si svolgessero nellisola: quella della pesca e quella della mercatura. Il passaggio da unattivit agricola a unattivit mercantile, al quale accenner pi avanti, troverebbe forse una maggiore credibilit storica se si ammettesse come personalmente credo si debba ammettere che lattivit agricola fosse la prevalente, ma non lunica. 27 Ibid., p 95. 28 carile, in carile e fedalto, Le origini di Venezia cit., pp. 21-22. 29 cessi, Politica, economia, religione cit., p 96. 30 Ibid., p. 75. 31 Ibid., pp. 118-19. 32 Cfr. cessi, Documenti cit., pp. 71 sgg. 33 g. marzemin, Le abbazie veneziane dei SS. Ilario e Benedetto e di S. Gregorio, Venezia 1912, p. 53. 34 Cfr. cessi, Documenti cit., pp. 71-75. Per la successiva citazione dellesenzione cfr. p. 73. 35 Cfr. cessi, Documenti cit., pp. 93-99 e specificatamente p. 98. Per SantIlario fondazione e successivi rifacimenti cfr., oltre a marzemin, Le abbazie veneziane cit.: Ss. Ilario e Benedetto e S. Gregorio, a cura di L. Lanfranchi e B. Strina, Venezia 1965; f. forlati, Da Rialto a S. Ilario, in Storia di Venezia cit., pp. 638-40; per i mosaici pavimentali p. l. zovatto, Mosaici paleocristiani delle Venezie, Udine s.d., pp. 164 sgg. 36 Cfr. da ultimo, con la relativa bibliografia, r. polacco, Marmi e mosaici paleocristiani del Museo Archeologico di Venezia, Roma 1980, schede nn. 20-22 e 24-31. Si tratta spesso di sculture piuttosto modeste, opere di artigiani di non alte qualit, ragione per cui non sempre facile suggerire ipotesi cronologiche su dati attendibili. Inoltre non si ha alcun aiuto da notizie sugli scavi degli anni 1875-83, infatti la scarsa o nulla scientificit con la quale sono stati condotti non permette di conoscere dove e a che livello di profondit si son trovati i reperti oggi conosciuti e ci vale anche per i frammenti di mosaico pavimentale. Si veda, su alcuni di questi problemi, la mia breve recensione al volume di Polacco, in Arte Veneta, xxxv, 1981, pp. 241-42.
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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente cessi, Politica, economia, religione cit., p. 136. Ibid., p. 157. 39 Il testo della deliberazione del sinodo di Mantova riportato in cessi, Documenti cit., pp. 83-90. Sulla leggenda marciana cfr. soprattutto s. tramontin, S. Marco, in s. tramontin, a. niero, g. musolino e c. candiani, Culto dei Santi a Venezia, Venezia 1965, pp. 43 sgg. e soprattutto pp. 54-55; e fedalto, in carile e fedalto, Le origini di Venezia cit., passim, con la bibliografia relativa. 40 cessi, Documenti cit., pp. 93-99. 41 forlati, Da Rialto a S. Ilario cit., p. 637. 42 e. bassi, Appunti per la storia del Palazzo Ducale di Venezia, in Critica dArte, ix, 1962, n. 51, pp. 25 sgg. e particolarmente pp. 29 sgg. 43 Ibid., p . 31. 44 r. cattaneo, La basilica di San Marco, II, Storia architettonica della basilica, Venezia 1881. 45 Per una sintesi (con la relativa bibliografia) sulla cosiddetta architettura esarcale cfr. s. bettini, Larchitettura esarcale, in Bollettino del centro internazionale di studi di architettura A. Palladio, viii, 1966, n. 2, pp. 179 sgg. 46 f. forlati, La basilica di San Marco attraverso i suoi restauri, Trieste 1975, pp. 45-46. 47 Cfr. a. niero, S. Teodoro, in tramontin, niero, musolino e candiani, Culto dei Santi a Venezia cit., pp. 91 sgg. 48 forlati, La basilica cit., pp. 48-49. 49 Ibid., pp. 49-51. 50 Sui martyria cfr. soprattutto a. grabar, Martyrium. Recherches sur le culte des reliquies et lart antique, Paris 1946; sullargomento specifico cfr. s. bettini, Un libro su San Marco, in Arte Veneta, xv, 1961, pp. 263-71. 51 Sui rapporti tra martyrium e cappella palatina cfr. grabar, Martyrium cit., I, pp. 559 sgg.; inoltre cfr. g. lorenzoni, Monumenti di et carolingia. Aquileia, Cividale, Malles, Mnster, Padova 1974, pp. 7 sgg. 52 forlati, La basilica cit., p. 58. 53 Basilica elegantissime forme, ad eam similitudinem, quam supra domini Tumuli Hierosolimis viderat: cos un passo della Translatio cit. da tramontin, S. Marco cit., p. 56. 54 r. krautheimer, Introduction to an Iconography of Medieval Architecture, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, v, 1942, pp. 1-33, ripubblicato in id., Studies in Early Christian, Medieval, and Renaissance Art, New York 1969, pp. 115 sgg., e specificatamente pp. 116-30. 55 Ibid., p. 117. 56 o. demus, The Church of San Marco in Venice, Washington (D.C.) 1960, p. 67.
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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente bettini, Un libro cit. f. zuliani, I marmi di San Marco, Venezia s.d. (ma 1971), figg. 49-70; cfr. pp. 78-93. 59 demus, The Church cit., p. 45. 60 g. lorenzoni, Aspetti altomedioevali a Venezia, in Symposium italo-polacco. Le origini di Venezia. Problemi esperienze proposte (Venezia, 28 febbraio - 2 marzo 1980), Venezia 1981, p. 148. 61 cessi, Politica, economia, religione cit., p. 183. 62 Ibid. 63 Ibid., p. 194. 64 questa lopinione di R. Cessi (ibid., p. 156), che mi sembra sufficientemente documentata, mentre mi pare pi generica laffermazione di F. C. Lane (Storia di Venezia, Torino 1978, p. 9) che i veneziani prima dellanno 1000 avrebbero avuto un ruolo [...] relativamente passivo nei commerci Est-Ovest. 65 Lafflusso dei mercanti stranieri [in Venezia], provenienti dal continente, non era pi uneccezione, s che il compendio di prodotti orientali portati nei mercati del regno destasse meraviglia [...] Erano mercanti, secondo attesta Eginardo, che venivano di lontano con i loro cavalli e i loro carri onusti di merci e giunti al limitare della laguna affidavano i loro carichi ai traghettanti locali, per trasferirli sul mercato lagunare. [...] In questa tecnica si delineavano la evoluzione degli ultimi cinquantanni e il rapido incremento delleconomia mercantile, alimentata da stabili correnti di traffico continentale, la cui meta era il porto adriatico e non oltre (cessi, Politica, economia, religione cit., p. 156). 66 Cfr. leciejewicz, tabaczynska e tabaczynski, Torcello cit. 67 Ibid., pp. 272 e 283. 68 Cfr. ibid., p. 289. Questa situazione di Torcello che passa da uneconomia agricola a una mercantile delineata in modo forse troppo schematico. Come ho avuto occasione di accennare alla nota 26, si tratta, secondo me, di prevalenza di un tipo di economia, il che non esclude la coesistenza di economie diverse, pur a differenti livelli di rilevanza. 69 Ibid., p. 290. Per quanto riguarda Torcello nel secolo x, giova tener presente una recente proposta di Cracco (in cracco ruggini e cracco, Changing Fortunes cit.). Egli prende le mosse dal volume di Toubert (p. toubert, Les structures du Latium mdival. Le Latium mridionel et la Sabine du IXe sicle la fin du XIIe, Roma 1973) la cui tesi is focussed on the revolution castale or incastellamento, that is the gathering into castra during the xth century of a population previously spread throughout the countryside, brought about by the landlors intervention [...] (cracco ruggini e cracco, Changing Fortunes cit., p. 462), per poi riconoscere un fenomeno di incastella57 58

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente mento nei centri lagunari, nel secolo x, partendo dallesame di fonti come la citata Origo Civitatum Italie seu Venetiarum, applicando cos la tesi di Toubert allarea veneziana (What I would suggest here is that we can, to some extent, apply Touberts thesis to the Venetian area... [ibid., p. 474]). Sono, personalmente, perplesso di fronte alla pur originale e interessante proposta del collega Cracco: a me sembra non del tutto sicuro che i riferimenti tratti dallOrigo debbano, essere relativi alla situazione del secolo x. Cessi, ad esempio, come ho sopra accennato, ritiene che le isole della laguna abbiano preso laspetto di castra da tempi pi remoti del secolo x e, soprattutto, non mi risulta che i risultati degli scavi eseguiti dalla missione polacca abbiano dato esiti a sostegno di un fenomeno di incastellamento nello stesso secolo x. 70 m. brunetti, Torcello, in Storia di Venezia cit., p. 603. 71 Cfr. r. polacco, Sculture paleocristiane e altomedievali di Torcello, Treviso 1975, pp. 45-47. 72 Sulla politica di Pietro IV Candiano e sulle motivazioni della rivolta contro di lui cfr. cessi, Politica, economia, religione cit., pp. 209 sgg. Per la notizia delle trecento case distrutte dallincendio cfr. ibid., p. 217. 73 demus, The Church cit., p. 69. 74 Ibid., pp. 69-70. 75 zuliani, I marmi cit., p. 39. 76 cessi, Politica, economia, religione cit., p. 234. 77 Per una sintesi storica sui rapporti tra Pietro II Orseolo e Ottone III cfr. m. uhlirz, Venezia nella politica di Ottone III, in La Venezia del Mille, Firenze 1965, pp. 29 sgg. 78 Cfr. a. pertusi, Venezia e Bisanzio nel secolo XI, in La Venezia del Mille cit., pp. 117 sgg. 79 Ibid., p. 124. 80 La delusione imperiale dovette essere profonda, ed essa doveva sancire linsuccesso del convegno. Limperatore partiva insoddisfatto, dopo aver rifiutato i ricchi doni offerti dallospite, i quali forse apparivano ironico commento di ostinati dinieghi (cessi, Politica, economia, religione cit., p. 241). Con maggiori particolari, ma con analogia di giudizio, si esprime M. Uhlirz (Venezia cit., p. 40): Durante il colloquio limperatore discusse molto probabilmente con il suo ospite sui possibili sviluppi della conquista della flotta veneziana in Dalmazia, ed espresse il desiderio di annettere allimperium romanorum le regioni sottomesse, insieme al loro retroterra, e di affidarlo alla Chiesa di Roma, perch vi potesse svolgere la sua missione. Il doge, prudentemente, non disse n s n no, rimanendo fedele alla sua politica di equilibrio fra Bisanzio e Roma, fra Cristianesimo orientale e Cristianesimo occidentale.

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente o. demus, Zu den Mosaiken der Hauptapsis von Torcello, in Zborniki Radojcica-Starinar, xx, 1969, pp. 53-57. 82 i. andreescu, Torcello, III, La chronologie relative de mosaques paritales, in Dumbarton Oaks Papers, xxx, 1976, pp, 245 sgg. 83 i. furlan, Aspetti di cultura greca a Venezia nellXI secolo: la scuola di Salonicco e lo stile monumentale protocomneno, in Arte Veneta, xxix, 1975, pp. 28 sgg. 84 andreescu, Torcello cit., passim e in sintesi p. 260. 85 Ibid., passim e in sintesi p. 261: nellabside centrale la Vergine, lAnnunciazione e Cristo in clipeo tra Angeli sullarco di trionfo; un gruppo di Apostoli (sulla destra di chi guarda). Sul muro ovest: il gruppo di Apostoli a sinistra di Cristo teste escluse , la parte superiore della scena del Mare che rende i morti e la scena della Pesa delle anime con il Busto della Vergine che si trova nel timpano della porta dingresso. 86 Cfr. niero, Osservazioni epigrafiche cit. Per un restauro della Basilica, in parte connesso con la decorazione del mosaico della controfacciata, nel secolo xv, cfr. m. vecchi, Santa Maria Assunta di Torcello: un importante rifacimento posteriore al 1008, in Aquileia nostra, xlviii, 1977, coll 289-96. 87 Pertanto non sono daccordo con A. Nicoletti (Precisazioni sui mosaici degli Apostoli a Torcello, in Arte Veneta, xxix, 1975, pp. 19 sgg.) quando afferma che la costruzione del syntronon indica il terminus post quem dellesecuzione degli affreschi. 88 Cfr. h. buchwald, The Carved Stone Ornament of the High Middle Ages in San Marco, Venice, II, in Jahrbuch der sterreichischen Byzantinischen Gesellschaft, xiii, 1964, p. 153. 89 Cfr. ultimamente r. polacco, I plutei della Cattedrale di Torcello e liconostasi contariniana della basilica di S. Marco, in Arte Veneta, xxix, 1975, pp. 38 sgg. con la relativa bibliografia sullargomento. 90 Cfr. ultimamente m. vecchi, Santa Fosca di Torcello prebizantina, in Atti dellIstituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, cxxxv, 1976-77, pp. 275 sgg., con la relativa bibliografia. 91 Cfr. ibid. 92 Questultima notizia tratta da f. corner, Ecclesiae torcellanae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae, I, Venezia 1749, p. 53. 93 In aa.vv., Torcello, Venezia 1939, p. 55. 94 Ibid., p. 54. 95 evidente che tale proposta si basa su una leggenda e che nessun valore viene dato invece alla documentazione del secolo ix. Mi rendo conto dellarbitrario procedimento critico per la motivazione di questa mia proposta, ma la lettura del monumento non mi offre, alle mie attuali conoscenze, altre soluzioni attendibili.
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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente La lotta tra Poppo e i veneziani ritengo sia stata motivata soprattutto da interessi economici: Poppo voleva aver accesso ai mercati dOriente, e per questo aveva necessit di avere in suo potere Grado. 97 Sulla Basilica di Aquileia cfr. d. dalla barba brusin e g. lorenzoni, Larte del Patriarcato di Aquileia dal secolo IX al secolo XIII, Padova 1968, pp.. 35 sgg. 98 h. buchwald, Capitelli corinzi a palmette dellXI secolo nella zona di Aquileia, in Aquileia nostra, xxxviii, 1967, coll. 177 sgg. (precedentemente pubblicato in inglese in Art Bulletin, xlviii 1966). 99 Cfr. ibid., col. 195. 100 Cfr. lorenzoni, Monumenti di et carolingia cit. 101 buchwald, Capitelli corinzi cit., col. 180. 102 Ibid., col. 179. 103 cessi, Politica, economia, religione cit., p. 288. 104 s. bettini, Venezia. Nascita di una citt, Milano 1978, p. 132. 105 f. zuliani, Considerazioni sul lessico architettonico della San Marco contariniana, in Arte Veneta, xxix, 1975, pp. 50 sgg. 106 Ibid., pp. 53-54. 107 Ibid., p. 55. 108 Sul Duomo vecchio di Jesolo cfr. l. artico, Novit su Jesolo, in Arte Veneta, xxxi, 1977, pp. 16-26; su Santi Maria e Donato di Murano cfr. il pur vecchio h. rathgens, S. Donato zu Murano und hnliche venezianischen Bauten, Berlin 1903; su Santa Sofia di Padova cfr. f. zuliani, S. Sofia, in aa.vv., Padova. Basiliche e Chiese, Vicenza 1975, pp. 137 sgg. e g. lorenzoni, in aa.vv., La chiesa di Santa Sofia in Padova, Cittadella (Padova) 1982, pp. 37 sgg. 109 buchwald, The Carved Stone..., in Jahrbuch der sterreichischen Byzantinischen Gesellschaft, xi-xii, 1962-63, pp. 169-209; II cit., pp. 137-70. Sui capitelli di San Marco cfr. inoltre f. w. deichmann, Corpus der Kapitelle der Kirche von San Marco zu Venedig, Wiesbaden 1981. 110 Cos riassume i temi pi diffusi: Animals, either in heraldic symmetry or attacking each other, the vine, spiny acanthus, various palmette friezes, as well as rosette formations and interweave are favorite motifs [...] (buchwald, The Carved Stone cit., II, p. 168). Che tale scelta sia tipicamente veneziana, ma di origine costantinopolitana, dimostrato dallo stesso Buchwald, che cos conclude: In no other area which had strong contacts with Venice or with Constantinople in the High Middle Ages do we find so many motifs comparable to those of San Marco (Greece, Apulia, Sicily, Asia Minor, Tuscany). We may therefore assume that the style used to ornament San Marco III and the leading stone carvers of the San Marco workshop came to Venice from Constantinople in the third or early fourth quarter of the 11th century, although other artisans in the shop may well have been trained local96

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente ly (ibid., p. 170), riprendendo quindi il discorso sul tema del revival paleobizantino. 111 Attualmente al Museo marciano, sono stati scoperti da F. Forlati (cfr. Arte Veneta, ix, 1955, p. 241): la notizia di Forlati seguita da uno studio di G. Galassi (ibid.). 112 s. bettini, Appunti di storia della pittura veneta nel medioevo. I, in Arte Veneta, xx, 1966, p. 24. 113 Pi recentemente I. Furlan (in Catalogo della mostra Venezia Bisanzio, Venezia, Palazzo Ducale, Milano 1974, scheda n. 33) propone un rapporto con la decorazione della Nea Moni di Chio. Cfr. ibid. anche per la bibliografia. 114 furlan, Aspetti di cultura greca cit. 115 Si tratta della decorazione presbiteriale della vecchia Cattedrale di Ravenna appunto lUrsiana , distrutta nel secolo xviii. I pochi frammenti di mosaici rimastici sono ora al Museo dellArcivescovado. opera sicuramente datata 1112, in base ad uniscrizione che si trovava nella decorazione absidale. Che si tratti di realizzazione di maestranze veneziane opinione oggi abbastanza diffusa. Per la bibliografia sullargomento si rimanda a quella raccolta in s. pasi, Osservazioni sui frammenti del mosaico absidale della basilica ursiana, in Felix Ravenna, cxi-cxii, 1976, pp. 213-239; id., Il mosaico absidale dellursiana: spunti per un inquadramento dei problemi iconografici, ibid., cxiii, 1977, pp. 217-39. 116 Dopo un ampio preambolo in cui limperatore esprime la sua riconoscenza per laiuto da essi recato a Durazzo, segue nel documento lelenco dei benefici a loro concessi in remuneratione... ipsorum servitiorum: un solempnium annuale, da erogarsi al tempo del pagamento degli onorari agli alti funzionari, di 20 libbre (doro) da distribuirsi alle chiese di Venezia; il titolo di protosebaste al duca con relativo onorario, titolo trasmissibile ai suoi successori; il titolo di hipertimos al patriarca con relativo onorario di 20 libbre (doro) titolo anchesso trasmissibile ai suoi successori; la rendita di 3 nomismata o solidi ogni anno pro capite da parte di tutti i cittadini Amalfitani che avevano empori a Costantinopoli o nelle province dellimpero a favore della chiesa di San Marco in Venezia; il possesso degli empori che si trovavano nella zona dellembolon, cio del portico di Perama sulla riva del Corno doro, a sinistra di chi entra , della (porta) Ebraica (= Balik pazar Kapisi) alla (porta) Vigla, cio del Drungario della Vigla (= Adun Kapi), in cui stavano tre scali marittimi; il possesso di un forno con una rendita di 20 bisanti presso la chiesa di SantAcindino e di una chiesa, dedicata a SantAndrea, a Durazzo con case e rendite annesse; infine la facolt di negoziare in tutte le regioni dellimpero, e specialmente nei principali porti della Siria, dellAsia Minore, delle isole, della Grecia, dellEpiro, della Macedonia, della Tracia e

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente della stessa Megalopoli (Costantinopoli), senza pagare tributi particolari, senza esser sottoposti a requisizioni e alla giurisdizione dei vari funzionari marittimi. In sostanza la nuova crisobolla non solo aboliva anche il tributo, sia pure di carattere preferenziale, pagato dopo il 992 allerario pubblico, ma donando ai Veneziani una porzione di territorio sulla riva dei Corno dOro con botteghe, empori, scali, depositi, forno, chiesa, dava stabilit al loro precedente insediamento commerciale e li poneva in una condizione di particolarissimo favore nei confronti delle altre colonie mercantili (pertusi, Venezia e Bisanzio cit., p. 129). Metto in evidenza che, tra i vantaggi ottenuti dai veneziani, uno a favore della Basilica di San Marco. 117 Cfr. ibid., pp. 143-46. 118 demus, The Church cit., p. 12. Anche se in connessione con una decorazione duecentesca, Cfr. m. muraro, Il pilastro del Miracolo e il secondo programma dei mosaici marciani, in Arte Veneta, xxix, 1975, pp. 60 sgg. 119 Questa opinione stata, recentemente, ripetuta da s. bettini, Appunti di storia cit., p. 26 e da dalla barba brusin e lorenzoni, Larte cit., p. 70. 120 demus, The Church cit., pp. 87-88. 121 Evidentemente, se questi mosaici sono di tale periodo, bisogna coerentemente ipotizzare che non furono danneggiati dallincendio del 1106; daltronde, alcuni di coloro che li attribuivano ai primi anni dei secolo xii li consideravano indenni dal danneggiamento dellincendio supposto nel 1145. 122 Maestro da porsi, stilisticamente, tra il ciclo di Nicea (1065) e quello di Daphni (ultimi decenni del secolo) (furlan, Aspetti di cultura greca cit., p. 36). Da questa ipotesi, come ho gi avuto occasione di ricordare, Furlan passa alla proposta di inversione dei rapporti tra i mosaici dei Patroni marciani e i resti della decorazione dellUrsiana di Ravenna. Se, come accenner qui sotto, non posso nascondere qualche perplessit su taluni aspetti della proposta di Furlan, non posso nemmeno tacere sulle grosse difficolt che incontrano gli storici dellarte bizantina: sia per la frequente mancanza di sicuri punti di riferimento cronologico, sia per il conservatorismo di particolari stilemi ragione per cui la periodizzazione risulta spesso aleatoria e sia perch personalmente non ritengo sempre validi i confronti tra mosaici e miniature, poich la differenza di tecnica rende spesso vana la ricerca di risultati che siano attendibili. 123 dalla barba brusin e lorenzoni, Larte cit., pp. 62-63, nota 1. 124 Come ho implicitamente notato, v distinzione tra i maestri attivi allUrsiana di Ravenna, come hanno suggerito bettini, Appunti di storia cit., e, pi recentemente, pasi, Osservazioni sui frammenti cit. Le maniere della decorazione dellUrsiana sono documentate ad Aquileia,

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente nella cripta della Basilica, dove gli affreschi in parte ripetono iconografie di tradizione pi antica (cfr. Le pie donne della Deposizione aquileiese e lanaloga scena marciana, attribuita al tempo del duca Domenico Silvo) e stilemi in parte simili a quelli degli autori dei San Giovanni e del San Pietro dellUrsiana (cfr. dalla barba brusin e lorenzoni, Larte cit., pp. 67 sgg.). Anche la Madonna tra angeli, scoperta sulla parete settentrionale del battistero marciano (cfr. f. forlati, Ritrovamenti in San Marco. Un affresco duecentesco, in Arte Veneta, xvii, 1966, pp. 223-24) si connota per caratteristiche analoghe a quelle di alcuni Santi dei pennacchi della cripta di Aquileia. Sia la decorazione della cripta di Aquileia che culturalmente appare vicina a Venezia sia la Madonna di San Marco possono essere datate alla prima met avanzata, del secolo xii, post 1112 Ursiana e prima dellapporto macedonico, al quale accenner pi avanti (cfr. dalla barba brusin e lorenzoni, Larte cit., pp. 55 sgg.). Cfr. per opinione diversa sulla Madonna marciana furlan, in Catalogo della mostra Venezia-Bisanzio cit., scheda n. 50. 125 Cfr. cessi, Politica, economia, religione cit., p. 136, per la situazione nella prima met del secolo xii. 126 Ibid., pp. 421-22. 127 bassi, Appunti per la storia cit., pp. 27-28. 128 Ibid., p. 31. 129 Cfr. e. r. tricanato, Il Palazzo Ducale, in aa.vv., Piazza San Marco. Larchitettura la storia la funzione, Padova 1970, p. 111. 130 Iscrizione della Cappella di San Clemente: anno domini m.c.l.viiii cvm dvx vitalis michael gotcepit tabvlas petrvs addepit. Ringrazio il professor Paolo Sambin, dellUniversit di Padova, che mi ha suggerito la lettura delliscrizione, soprattutto per quanto riguarda lanno, gi letto da R. Cessi (Politica, economia, religione cit., pp. 344-45, fig. 75) 1158. 131 Anche se non accetto le singole attribuzioni cronologiche, condivido, nel suo complesso, questo giudizio di V. Lazarev (Storia della pittura bizantina, Torino 1967, p. 234): Una decorazione cos parsimoniosa dellinterno di San Marco non ci deve meravigliare. noto, per esempio, che la decorazione della Cattedrale di Santa Sofia di Novgorod fu iniziata nel 1043, ma la chiesa fu decorata soltanto nel 1108. Fino a questepoca vi erano solo affreschi isolati che non formavano un sistema unitario; a San Marco avvenne evidentemente qualcosa di analogo. 132 Cfr. bettini, Appunti di storia cit., p. 26. 133 id., Venezia cit., p. 162. 134 Condivido quanto scrisse S. Bettini (ibid., p. 169): [...] di quellincontro la Basilica di San Marco fu in qualche modo il teatro: sappiamo che gli illustri personaggi convenuti, scesi da cavallo, vi

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente furono accolti con grande pompa, condotti in giro per tutta la basilica, nella quale avvennero anche abboccamenti e sedute ecc.; sappiamo che la basilica allora era in tutto il suo splendore e festosamente parata a festa: si pu supporre senza fatica che i procuratori abbiano fatto tutto il possibile per portare innanzi energicamente il lavoro di decorazione che almeno gli ospiti non si trovassero le impalcature tra i piedi. 135 lane, Storia di Venezia cit., p. 43. 136 Secondo F. C. Lane (ibid., p. 45) 85 000 marchi dargento potevano corrispondere al doppio delle entrate annue del re dInghilterra o del re di Francia. 137 Ibid., p. 51. 138 In generale sulle opere asportate dai veneziani nella IV crociata cfr. s. bettini, Le opere darte importate a Venezia durante le crociate, in Venezia dalla prima crociata alla conquista di Costantinopoli del 1204, Firenze 1965, pp. 157-90. Parte del bottino stato inserito nella Pala dOro di San Marco, per la quale cfr. soprattutto aa.vv., Il tesoro di San Marco. La pala doro, Firenze 1965. 139 lane, Storia di Venezia cit., p. 54. 140 demus, The Church cit., pp. 117-18. 141 Ibid., p. 149. 142 Ibid., p. 126. 143 Sugli arconi cfr., oltre a ibid., pp. 148 sgg., l. cocchetti pratesi, Contributi alla scultura veneziana del Duecento, I, La decorazione plastica del portale maggiore della Basilica di S. Marco, in Commentari, xi, 1960, pp. 3-21. Cfr. inoltre, sia per gli arconi sia per altre sculture medievali dellesterno della Basilica, w. wolters, o. demus, g. hempel, j. julier e l. lazzarini, Die Skulpturen von San Marco in Venedig. Die Figrlichen Skulpturen der Aussenfassaden bis 14. jahrhundert, Centro tedesco di studi veneziani, Studien III, Mnchen-Berlin 1979, passim. 144 Cfr. soprattutto demus, The Church cit., pp. 125 sgg. Del Maestro di Ercole e/o della sua bottega sono anche i cinque rilievi rappresentanti Cristo e i quattro Evangelisti, sul lato nord (esterno) della Basilica (i due pannelli di Cristo e San Giovanni si trovano ora nel Museo di SantApollonia). Su di essi e sulla loro originaria collocazione cfr. r. polacco, I bassorilievi marmorei duecenteschi raffiguranti il Cristo e gli Evangelisti murati sulla facciata settentrionale della basilica di S. Marco, in Arte Veneta, xxxii, 1978, pp. 10 sgg. 145 Databile agli anni intorno al 1220: cfr. s. bettini, I mosaici di San Marco e il loro seguito. (Lineamenti per una storia della pittura bizantina nellultimo periodo), in Arte Veneta, viii, 1954, p. 22. 146 Papa Onorio III nel gennaio del 1218 invi una lettera al doge si tratta evidentemente di Pietro Ziani chiedendo che gli fossero

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente mandati altri due mosaicisti per la decorazione della Basilica di San Paolo fuori le Mura (cfr. p. pressutti, Regesta Honorii Papae III, I, Romae 1888, p. 173, doc. 1019). 147 Anche se non sono mancati tentativi di chiarimento in merito: cfr. per esempio bettini, Appunti di storia cit., che ha ipotizzato per i mosaicisti operosi in San Paolo fuori le Mura di Roma per Onorio III e per il Maestro dellOrazione nellorto della Basilica marciana una dipendenza dai pittori di San Giovanni di Tubre, in val Monastero. 148 Cfr. ibid. 149 Cos S. Bettini (I mosaici di San Marco cit., p. 22) riassume la cronologia della decorazione dellatrio marciano: 1220-40 braccio occidentale; 1260-80 braccio settentrionale. 150 Sui rapporti tra Anagni e San Salvatore in Chora di Costantinopoli cfr. soprattutto a. grabar, La dcoration des coupoles Karye Camii et les peintures italiennes du Dugento, in Jahrbuch der sterreichischen Byzantinischen Gesellschaft, vi, 1957. 151 Cfr. e. bassi, Appunti per la storia del Palazzo Ducale di Venezia. II, in Critica darte, ix, 1962, n. 52, pp. 41 sgg. 152 Ibid., p. 42. 153 Ibid. 154 Laffresco datato agli anni 1365-68: cfr. f. flores darcais, Guariento, Venezia 1965, pp. 36-38 e 72-73. 155 e. arslan, Venezia gotica. Larchitettura civile gotica veneziana, Milano 1970. 156 Ibid., p. 137. 157 Resta, per, il fatto che a questa data, del 1350 circa, larco inflesso non esisteva in Francia e lispirazione non poteva pertanto che venire dallInghilterra (ibid., p. 145). 158 w. wolters, La scultura veneziana gotica. 1300/1460, Venezia 1976, pp. 40 sgg. 159 Ibid., p. 42. 160 Lanalogia proposta da W. Wolters (La scultura cit., p. 43) tra la testa di No e quella di San Giovanni Evangelista di Maestro Paolo mi pare si riferisca pi allambito iconografico che a quello stilistico. 161 g. cracco, Societ e stato nel Medioevo veneziano (secolo XII-XIV), Firenze 1967. 162 Ibid., p. 395. 163 Ibid., p. 396. 164 Nel 1295-97 il Consiglio si componeva di 260 membri (cfr. ibid., p. 347); nel 1311, dunque nemmeno ventanni dopo, i membri erano saliti a 1017 (cfr. ibid., p. 371). 165 Ibid., p. 436. 166 m. muraro, Paolo da Venezia, Milano 1969, p. 16. 167 Ibid., p. 19.

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Carlo Lorenzoni Venezia medievale, tra Oriente e Occidente Si veda in proposito la recensione al volume di Muraro di g. gamulin, Di un libro su Paolo da Venezia, in Arte Veneta, xxiv, 1970, pp. 255 sgg. Cfr. inoltre, prima di Muraro cronologicamente , r. pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Roma-Venezia 1964. 169 cracco, Societ e stato cit., p. 436. 170 Ibid., p. 433. 171 wolters, La scultura cit., p. 70. 172 Ibid., p. 69. 173 Ma non si dimentichino i nomi di Gentile da Fabriano e di Pisanello, ambedue operosi, nel secondo e terzo decennio del secolo xv, in ambito ducale, proprio nel Salone del Maggior Consiglio, dove affrescarono le storie perdute di papa Alessandro III. 174 Ibid., pp. 115 sgg. 175 Cfr. ibid., p. 129.
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