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Chevrot

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LA PICCOLA VIRTU DELLA DISCREZIONE Al dovere della sincerit di cui ho parlato, avrete apportato il correttivo richiesto, vale a dire che "la verit non sempre cosa buona a dirsi". Io sottoscrivo volentieri questa riserva, se si tratta del bene della persona cui si parla: in tal caso, la carit un limite legittimo; ma se la verit dovesse solo attirare dei fastidi a colui che parla, tacere non sarebbe sempre una ragione plausibile, e potrebbe accadere che la verit fosse cosa buona da dire, anche a scapito nostro. Resta fuori discussione che non si debba parlare senza discernimento, e l'arte di discernere ci che si deve dire, cos come la maniera di dirlo, costituiscono l'oggetto della virt della discrezione. Ancora una virt "piccola", ma che contribuisce fortemente alla pace del focolare. La virt della discrezione consiste principalmente nel non voler conoscere tutto, e secondariamente nel saper non dire tutto. Abbasso gli indiscreti che cercano d'informarsi su tutto di tutti e che vi fanno delle domande a bruciapelo su delle cose che non li riguardano! E' fin troppo chiaro che la verit non dovuta a quelli che non vi hanno diritto, e che, per di pi, potrebbero fare cattivo uso della risposta che vi avessero strappato. L'indagatore inopportuno non ha motivo di lamentarsi se avete eluso la sua richiesta educatamente o... bruscamente. Ogni famiglia ha la sua storia, i suoi progetti, i suoi segreti che pu difendere dalla curiosit di quelle specie di ladri che sono gli indiscreti. Ma ecco un caso pi delicato. In una stessa famiglia si possono avere dei segreti gli uni per gli altri? Rispondo che ciascuno ha l'obbligo di rispettare la vita personale degli altri e di non tentare di forzarne l'accesso. Va da s che quando il capofamiglia medico o avvocato, rigorosamente legato dal segreto professionale, che nessuno deve cercare di scoprire. Convenite anche che una moglie, per quanto ami teneramente suo marito, non maggiormente autorizzata a metterlo al corrente di una confidenza di un'amica venuta a cercare da lei un consiglio per una questione molto intima. Cos come non ci permetteremmo di disporre di una somma di denaro accettata in deposito, allo stesso modo il segreto che abbiamo acconsentito ad ascoltare non ci appartiene, propriet di colui che ce l'ha confidato; non abbiamo il diritto di divulgarlo. I genitori possono avere dei segreti nei confronti dei loro figli gi

grandi; ma pu succedere il contrario, e ci richiede molto tatto da parte dei genitori. Senza dubbio, nei momenti critici attraversati talvolta dagli adolescenti, raramente essi troveranno, in genere, dei confidenti pi attenti e pi caritatevoli del proprio padre e della propria madre. Ma vorranno confidarsi con essi solo se i genitori non faranno subire loro un interrogatorio troppo serrato e se non si lamenteranno troppo amaramente dei silenzi prolungati del figlio che cresce. A quest'ultimo direi: " Su, scuotiti un po', fai uno sforzo per partecipare alla conversazione familiare." E consiglierei ai genitori: "Lo vedete pensoso, imbronciato, il vostro intuito non v'inganna, ha un segreto. Il vostro affetto sia al tempo stesso vigile e paziente. Una domanda troppo diretta lo farebbe rinchiudere nel suo mutismo. Aspettate. Presto una parola lo tradir. Non la rilevate subito. Ma quando sarete in intimit con lui, chiedetegli con dolcezza cosa significasse quella parola. La confidenza verr da s." Il metodo efficace di essere noi stessi aperti e sorridenti, di ascoltare sempre gli altri - oh! S, bisogna aver cura di ascoltare, - ma anche di rispettare il loro silenzio. La fiducia altrui proporzionata alla nostra discrezione. E' forse necessario aggiungere che anche se le confidenze non le cerchiamo, poi un dovere conservarle gelosamente per s? E questo ci conduce al secondo aspetto della virt della discrezione, di cui abbiamo molteplici occasioni nella vita di ogni giorno, intendo la precauzione di non dire sconsideratamente tutto quello che si sa. Gli antichi avevano fatto della discrezione una dea. La sua statua la rappresentava con le labbra ben chiuse, e l'avevano posta nel tempio della gioia. Questo molto istruttivo, perch la discrezione porta in s la sua ricompensa. Parlare troppo nuoce, afferma un proverbio; al contrario, normalmente non abbiamo che da rallegrarci per non aver parlato troppo. L'apostolo san Giacomo dichiara che l'uomo capace di dominare la propria lingua un uomo perfetto, ma reputa che questa padronanza non sia una cosa comune. Questo era anche il parere dell'autore dell'Imitazione: "Pi di una volta, confessa, ho rimpianto di non aver taciuto." Sicuramente, un certo rilassamento nelle conversazioni familiari del tutto usuale. Si deve poter dire liberamente quel che si pensa: bisogna comunque aver cura di pensare prima di parlare. E poi, anche in famiglia, a tutti gradito che non si parli senza posa: allora si gusta forse maggiormente il piacere di trovarsi riuniti, mentre ciascuno intento alla propria occupazione personale, chi la lettura, chi il cucito, chi i propri studi. Trattenersi, riposare, lavorare insieme gi una delle gioie dell'amicizia, molto pi sensibile quando non venga turbata con dei discorsi senza interesse. Ciononostante, specialmente in

famiglia il pi delle volte si parler. Prima precauzione da prendere: astenersi dal ripetere tutto quello che si appreso fuori, prima di averlo controllato noi stessi. Naturalmente, pi la notizia inattesa, piccante, insolita, pi si ha fretta e piacere nel divulgarla. Attenti alla reputazione del prossimo. Non rassicuratevi troppo presto. "Non c' fumo senza fuoco", direte voi. In genere, nelle dicerie c' pi fumo che fuoco. "Questa diceria scherzosa non tanto cattiva!" E' forse l'opinione di colui al quale, cos allegramente, tagliate i panni addosso? Il pungiglione della zanzara meno spesso di un capello: tuttavia la sua puntura non ha niente di piacevole. E sareste lusingati che si facesse lo stesso nei vostri confronti? La discrezione costringe a discernere il vero dal falso nella storia che ci stata raccontata; nell'incertezza, non la ripetiamo; rinunciamo piuttosto a far ridere a scapito della verit e a spese degli altri. Anche se i fatti sfavorevoli agli altri fossero esatti, anche se fossero il segreto di Pulcinella, non diamo pubblicit ad una colpa. La teologia cattolica ha formulato, a proposito della maldicenza, una regola di elevata saggezza: "Non si ha il diritto di parlare delle colpe e dei difetti del prossimo che quando se ne ha il dovere." S, mettete in guardia gli altri dalla malaugurata influenza o dai cattivi comportamenti di terzi. Dite allora ci che sapete per conoscenza certa, ma ditelo gravemente, senza malizia, unicamente nell'interesse di colui che avete il dovere di proteggere. Infine, la virt della discrezione c'impone di non dire agli altri ci che darebbe loro inutilmente un dispiacere. Notate l'avverbio "inutilmente". I genitori devono riprendere un bambino colpevole; tra fratelli e sorelle, ci si pu far notare reciprocamente i propri difetti: questo fa parte dell'educazione. Se l'avvertimento pubblico, che esso sia breve e che si parli subito d'altro. Ma il rimprovero sar pi efficace e meno umiliante se viene fatto in privato. Ges in persona ce lo consiglia: Se tuo fratello commette uno sbaglio, vallo a trovare e riprendilo da solo a solo. Al di fuori di questi casi necessari di correzione fraterna, badiamo a non dare dispiaceri a qualcuno che ci ama, anche se, occasionalmente, ci fa perdere la pazienza o ci irrita. Avete la pretesa di dirgli il fatto suo. E perch? Lo ignoro, ma invece so che siete in collera. Se volete dirgli il fatto suo, ebbene!, cominciate col riconoscere tutte le sue qualit, dopodich, passerete al capitolo dei difetti; nel frattempo, il vostro corruccio sar cessato e sarete in grado di riprenderlo molto gentilmente e con maggior profitto. No, non datevi dei dispiaceri in questo focolare in cui avete tanti altri motivi d'essere indulgenti. Certo, vi stuzzicate. S'indispettisce solo colui al quale si vuole molto bene. Imparate soltanto a maneggiare i dispetti. Gli scherzi migliori sono quelli brevi: non insistete su quel piccolo difetto, su quel piccolo errore. La vostra vittima deve essere la prima a ridere della vostra osservazione. Fermatevi appena il riso comincia a diventare amaro. Cancellate la punzecchiatura con una buona dose di tenerezza. Ma non usate mai - avete capito, mai - l'ironia, soprattutto i pi anziani verso i pi giovani. L'ironia ferisce sempre e le sue ferite sono profonde. Voi affermate: " La cugina Berta ha un bisogno irrefrenabile di cantare, e l'infelice stonata. Le dovr dire che intonata?" Certamente no, ma poich ci mette tutta l'anima a cantare (o ad

eseguire) la sua romanza, ditele che quella romanza molto graziosa. Non mentirete e non l'addolorerete. Dopo tutto, la sua mania innocente vi avr un po' divertito. Dunque saranno tutti contenti. Tutti? Non pensate che il mondo sia diviso in due categorie? A fianco di quelli che cercano di dare dei dispiaceri, ci sono tutti quelli, assai pi numerosi, che si sforzano di far piacere. Avete gi scelto da tanto tempo, siete fra i secondi. Ecco ci che vi aiuter a decidere con la discrezione voluta i casi di coscienza che vi ho sottoposto, con uguale rispetto della verit e della carit. Estratto dal libro: Les petites vertus du foyer, Georges Chevrot, ed. Le Laurier, Paris LA PICCOLA VIRTU DELLA SINCERITA Dite s, se s; no, se no. Tale la regola che Ges impone ai suoi discepoli. Vuole che ci si possa credere sulla parola. Non c' vita sociale possibile, in effetti, se non ci si pu fidare delle dichiarazioni altrui. Ingannare qualcuno, trattarlo da nemico, ma al tempo stesso disonorare se stessi e rendersi indegni di fiducia. Si capisce che Nostro Signore non accetti che delle labbra cristiane proferiscano una menzogna. Nessuna scappatoia n inganno: diciamo semplicemente la verit: si, se s; no, se no. Io vi farei un torto se sembrassi solo supporre che si osi mentire in un focolare cristiano. Sar pi categorico: laddove imperversa la menzogna, c' solo forse la parvenza di un focolare, ma le mura hanno le crepe e la rovina, ahim! prossima. Non ci si pu amare al di fuori della verit, e, nel linguaggio dell'af fetto, la menzogna n pi n meno un tradimento. Ma se superfluo e, lo ripeto, offensivo ricordare ai membri di una famiglia unita il dovere della franchezza, si pu dire altrettanto della piccola virt della sincerit? Quando un giovane marmocchio s'imbroglia nelle spiegazioni che fornisce circa il suo comportamento, la madre lo interrompe: "Ma che mi racconti? Ti si muove il naso." E senza dubbio se il colpevole si guardasse allo specchio, contesterebbe a sua volta la veracit di sua madre. Ciononostante, costei non s'inganna. Le narici, le labbra, le palpebre del piccolo fanfarone manifestano un leggero fremito che rivela che si sta prendendo qualche libert con la verit. Ora questo difetto non solo una cosa da bambini; i grandi, anche i molto grandi vi sono ugualmente soggetti, e, lo si voglia o no, queste distorsioni della verit costituiscono un certo abuso di fiducia, rischiano inoltre di aprire la porta a degli inganni pi gravi. Bisogna proibirseli. La caratteristica propria della sincerit il non voler dire che delle cose vere. Alcuni hanno ipotizzato che questa parola deriverebbe dal latino sine cera,

senza cera, alludendo alle cere, paste o unguenti di cui le dame romane si servivano per mascherare le rughe del viso. Anche le nostre Francesi conoscono questi segreti di bellezza, e poich li impiegano, io penso, per desiderio di risultare pi gradevoli a coloro che le circondano, ci si mostrerebbe ben severi biasimandole di una cos lodevole attenzione, anche se nessun preparato varr mai la freschezza naturale della giovinezza. Ma non si potrebbe scusare meglio chiunque ricorra a degli artifici simili per abbellire, colorare o camuffare la verit. La sincerit poggia su ci che noi pensiamo e su ci che noi facciamo. Essa ci obbliga dunque in primo luogo a non essere del parere dell'ultimo che ha parlato e a non dissimulare il nostro modo di pensare. In famiglia capita che, col pretesto della carit, si preferisca abbondare come coloro che manifestano pi energicamente la loro opinione. Per paura d'irritarli si dice amen a tutti i loro giudizi. "Perch contraddirli, dato che non li convinceremmo?" In tal modo garantite senz'altro la vostra tranquillit, ma non coprite la vostra ritirata sotto apparenze caritatevoli. E' lusinghiero per gli altri attribuire loro un carattere intero ed autoritario? Se voi ritenete che sbaglino, la carit vi consiglierebbe piuttosto di illuminarli con dolcezza, sottomettendo loro il vostro punto di vista che pu allargare la loro visuale. La carit non vi costringe ad adottare un'opinione che non condividete affatto, vuole solamente che non feriate gli altri emettendo un parere differente dal loro. Quando il re san Luigi domand al signore di Joinville se non gli sembrasse meno grave essere colpito dalla lebbra piuttosto che commettere un peccato mortale, Joinville non temette di confessargli ingenuamente il suo modo di pensare. "Ed io, continu, qui oncques ne mentis, dico che preferirei aver commesso dieci peccati mortali che essere colpito dalla lebbra." Certo, il sovrano aveva ragione ed ammiriamo la sua santit, ma la lealt del cavaliere non meno ammirevole: "Io che non mento mai..." Ecco il tipo d'uomo sincero, incapace di fingere. La virt della sincerit non si esercita soltanto nell'esprimere il nostro pensiero, ma sul terreno pi vasto dei fatti di cui noi siamo i testimoni o gli autori. Su questo punto, molte persone hanno difficolt ad essere perfettamente oggettive, perch non vedono i soli fatti con i loro occhi e non li giudicano unicamente con la propria fredda ragione. Essi li interpretano sotto l'impulso, spesso incosciente, dei loro desideri o delle loro paure, della loro simpatia abile nello scusare i loro amici o della loro antipatia pronta a sospettare una cattiva intenzione presso gli altri. Sapete che la funzione di testimone non facile da compiere? Adempiervi bene supporrebbe che la nostra attenzione abbia osservato tutto e che la nostra memoria abbia trattenuto esattamente tutto come una lastra fotografica. Cos, in mancanza di un'obiettivit assoluta, raramente possibile, si deve possedere e questa una virt - abbastanza disinteresse da dichiarare che noi riferiamo le

cose come crediamo averle viste o sentite, tali almeno quali le abbiamo comprese, cos come da esprimere i nostri giudizi con le sfumature imposte dal rischio che corriamo sempre di snaturare anche se dico la realt. Tuttavia, il rischio maggiore quando parliamo di ci che abbiamo fatto noi stessi. Occorre un coraggio fiero per non accentuare ci che ci mette in valore o per non attenuare quello che ci sfavorevole. Ma esagerare la verit o rosicchiarla ingegnosamente, sempre alterarla. Povera verit, sembra che uscendo dal pozzo non abbia vestiti: questo spettacolo ci concesso raramente perch, quando si presenta in pubblico, qualcuno generalmente si preso cura di vestirla. Che sia adorna di ricami innocenti, un crimine benigno, purch a forza di esagerazioni non sia resa irriconoscibile. Ma chi non ha esagerato mai? Si esagera per rafforzare l'interesse di una storia; si esagera anche per vanit, per fare bella figura; va gi meno bene, e non va pi bene del tutto se si aggiusta la verit allo scopo di lusingare i gusti o le tendenze di un interlocutore. Lusingare qualcuno, significa fatalmente ingannarlo. Forse siete pi indulgenti verso quelli che sono spinti dalla timidezza a velare i propri errori o i propri torti. Capita, sicuro, che si possa, senza mentire, non dire tutta la verit, ma, pi spesso le reticenze e le preterizioni finiscono per falsarla. Bisogna quindi condannarsi apertamente? E' talvolta un dovere che comporta, in compenso, il diritto d'invocare le circostanze attenuanti. Ma si guadagna sempre a parlare di s con severit: quando ci si accusa, gli altri vi trovano delle scuse. E vice versa. Infine il silenzio pu, anche lui, testimoniare contro la verit. Per esempio, si interrogati e, per dare una risposta soddisfacente, bisognerebbe dilungarsi in commenti. Allora, per pigrizia o per stanchezza, si semplifica, si schematizza, e della verit, non rimane un granch. Ora, dei casi appena passati in rivista, questo mi pare il pi pericoloso, perch viola la fiducia dovuta in famiglia. Se decidete che le vostre attivit non interessino gli altri o che essi non vi abbiano niente a che vedere (eccetto il caso, ben inteso, di un segreto di cui siate i depositari), voi create all'interno del focolare domestico delle zone chiuse in cui l'individualismo rode poco a poco i legami della comunit familiare. Se sembrasse facile non dire tutto, presto sar pi semplice non dire nulla, e si finir col vivere sotto lo stesso tetto, estranei gli uni agli altri. Non forse lontano il momento in cui questo silenzio favorir la dissimulazione di sentimenti e di azioni che non sono pi completamente innocenti. Impercettibilmente abbiamo fatto il grande passo, siamo entrati nella menzogna. La prossima volta diremo che la carit pone dei limiti alla sincerit. Ma se siete autorizzati a tacere certe cose a quelli che amate, proprio perch li amate, il medesimo principio vuole che abitualmente voi apriate loro largamente il santuario dei vostri pensieri e della vostra coscienza, che tutti voi mettiate in comune le vostre esperienze, le vostre

riflessioni, i vostri desideri, che abbiate fiducia gli uni negli altri. Che un cristiano affermi o neghi, nessuno pu contestare la sua parola: si, se dice s, e se dice no, no. (Articolo estratto dal libro: Les petites vertus du foyer, Georges Chevrot, ed. Le Laurier, Paris).

LA PICCOLA VIRTU' DELL'ECONOMIA Temo che leggendo questo titolo molti di voi siano trasaliti. "Come, avrete pensato, con i tempi che corrono, in cui abbiamo tante difficolt a sbarcare il lunario, si pu forse pensare di fare economie?" Mi affretto a dirvi che non questa la mia intenzione. Una delle caratteristiche della lingua francese quella di accettare che si metta da parte del denaro per averlo un domani. Del resto, questa misura di prudenza difficilmente potrebbe passare per un atto di virt. La virt dell'economia consiste nello sforzarsi di non perdere nulla e di far uso di ogni cosa nel miglior modo possibile. Ammetterete senza sforzi che essa ha la sua importanza nelle vostre case e perfino che molto d'attualit. Aggiungo, ed questo che mi d il coraggio di affrontare questo argomento, che stato Nostro Signore in persona a predicarci l'economia in una circostanza che voi conoscete bene, dopo la prima moltiplicazione dei pani. Vi ricorderete di come una folla di cinquemila uomini avesse ascoltato i suoi insegnamenti per tutta la giornata; giunta la sera, il Maestro non volle rimandarli a casa digiuni. Ma in prossimit del luogo deserto in cui si trovavano, non c'era un paese in cui potessero rifornirsi di pane; Ges fece dunque sistemare i suoi ascoltatori in gruppi di cento e cinquanta e, prendendo le cinque focacce d'orzo che gli offriva un ragazzino, le moltiplic con tale abbondanza che tutti i presenti ne ebbero a saziet. Molto di pi, tenuto conto dei commensali accorti che non trascurarono di conservare per il cammino qualche pezzo dell'alimento veramente caduto dal cielo, rimanevano qua e l per terra gli avanzi del pasto. Si spreca pi facilmente il pane che non abbiamo dovuto faticare a guadagnarci da s. Fu allora che il Signore, rivolgendosi agli apostoli, dette loro un ordine che, a prima vista, contrasta stranamente con la prodigalit di cui aveva appena dato prova: Raccogliete, disse, i pezzi che restano, affinch niente vada perduto. Effettivamente, gli avanzi cos riuniti riempirono dodici ceste. Il pranzo dell'indomani, insomma. La precauzione non era stata inutile. Devo forse confessarvi che questa lezione di economia non m'impressiona meno del miracolo stesso? Si pu quindi essere al tempo stesso generosi ed economi; bisogna addirittura essere economi per potersi mostrare generosi. Inoltre, Ges ci insegna che i doni di Dio, anche quelli pi inattesi, non

devono renderci passivi. Contare su Dio non ci dispensa dal contare su di noi. Noi riceviamo da Lui tanti beni; il tempo, gli alimenti, i vestiti, il denaro che ce li procura, e la salute, l'intelligenza, l'abilit, la forza... La buona resa della nostra attivit e l'agiatezza della nostra famiglia ci ingiungono di non sprecare niente e di utilizzare al meglio le nostre minime risorse: questo l'oggetto della virt dell'economia. La parola "economia" deriva dal greco e letteralmente si tradurrebbe la legge della casa, o l'ordine nella casa. Voi lo sapete, una casa piacevole solo se vi regna l'ordine. Mi par di sentire la buona mamma, custode vigile del focolare, ripetervi la parola di Ges: "Raccogliete tutto quello che fuori posto." Ed il padre farle eco: "Un posto per ogni cosa e ogni cosa a suo posto." Dei vestiti spazzolati regolarmente e piegati con cura durano pi a lungo. Gli oggetti sistemati dopo averne fatto uso sono meno esposti a rompersi. Il tempo che occorre a sistemare le proprie cose meno lungo di quello perso a cercare dove abbiamo potuto perderle. In una casa ordinata, non si soliti sprecare e si trae profitto da cose che altri mandano ai rifiuti. Un foglio di carta, un pezzettino di stoffa, un pezzo di spago o di lana, invece di essere buttati nel secchio della spazzatura, sono riposti in una scatola o in un cassetto speciale, e un giorno si contenti di trovarli. L'economia non deve essere confusa con la tirchieria, essa al contrario permette di spendere, ma consapevolmente. C' gente che si rovina spendendo a sproposito. Si lascia tentare dall'attrattiva di un prezzo poco elevato, ma ha secondo quello che spende. Mi diceva qualcuno: "Non sono abbastanza ricco da comprare della paccottiglia." Calcolare non spilorceria, ma perspicacia in vista di spese utili. Certo, ora difficile stabilire un bilancio, anche quello della famiglia. Qui di nuovo l'economia non stringer impietosamente i cordoni della borsa, ma ordiner saggiamente le spese, lesinando sul superfluo per garantire l'indispensabile. Se in questa materia avessi voce in capitolo, direi al marito: "Dia a sua moglie un po' pi di quello che le chiede", ed alla moglie: "Spenda sempre meno di quanto non contasse fare." Ecco quello che ristabilir l'equilibrio e salvaguarder la pace della coppia. Siamo ben lontani dalla religione, penser qualcuno. Affatto. La parola di Nostro Signore citata poco fa basta a convincervi che non abbiamo lasciato il terreno religioso. La virt dell'economia, in effetti, c'insegna a rispettare l'opera di Dio riconoscendo il prezzo di tutti i beni di cui godiamo. Chi pu dire a Dio: Dacci oggi il nostro pane, colui che spreca o colui che non vuole perdere niente, perch ne conosce il valore? Ricordatevi sotto quali tratti Ges ci ha dipinto il peccatore. Non andato a cercare nei bassifondi della societ un criminale sordido. Ha rappresentato il figlio cadetto di un coltivatore, che dilapida stupidamente la fortuna acquisita lentamente da suo padre. Il prodigo, il dissipatore offendono Dio, perch disconoscono il frutto del lavoro umano.

Perch dobbiamo amministrare saggiamente i beni di cui disponiamo? Perch non c'e alcuna cosa di cui disponiamo senza l'aiuto dei nostri simili. Siete proprio voi che vi siete guadagnati il pane che mangiate; ma quel pane anche il lavoro degli altri. Lo dovete al contadino che ha seminato il grano, ai mieti tori che l'hanno falciato e riposto nel granaio, al mugnaio che l'ha trasformato in farina, ed infine al panettiere. Passate in rassegna tutti gli oggetti di cui vi servite: testimoniano la meravigliosa collaborazione degli uomini, in cui ognuno al servizio degli altri. Ne consegue che non abbiamo il diritto di sprecare. In una magnifica pagina in cui condanna gli uomini che abusano delle loro ricchezze, P. Gratry s'interrompe per predicare il rispetto e la stima del denaro: "Che cos' dunque il denaro, scrive, e da dove proviene? Il denaro, lavoro accumulato, tempo, vita umana, sangue, sudore, lacrime. Ecco quello che tenete fra le mani. Non avete il diritto di profanarlo." S, colui che spende a destra e a manca non nuoce solo ai suoi propri interessi, fa torto agli altri, annientando ci che potrebbe, di conseguenza ci che deve servire a qualcuno. Se il Vangelo ci comanda di essere economi, prima di tutto per aumentare le nostre possibilit di aiutare alcuni meno fortunati di noi. Vista sotto questa angolatura, l'economia non ci appare pi come una vecchietta misera e avara che ha sempre paura di mancare di tutto e che finisce con l'incontrare un imbroglione che la deruba. L'economia, io la vedo al contrario come una persona molto curata nel suo abbigliamento e lungimirante: non lo fa vedere, ma non ce n' un'altra come lei per scovare le buone occasioni. Lei si accontenta di quello che ha, perch ricca... di tutti i bisogni inutili che non si creata. Vi vede in difficolt? Vi aiuta subito, perch lasciando che nulla vada perduto, ha sempre qualcosa da dare. L'avete riconosciuta, non lontana da voi. Vi faccio le mie congratulazioni, la vostra casa non mancher di nulla. Estratto dal libro: Les petites vertus du foyer, Georges Chevrot, ed. Le Laurier, Paris

LA PICCOLA VIRTU DELLA MODESTIA Virt evangelica, senza ombra di dubbio. Osservate la Beata Vergine Maria. L'inizio del racconto di san Luca gravita intorno a Lei; lei che ottiene da suo Figlio il miracolo di Cana; poi lei non interviene che una sola volta durante la missione del Salvatore. Nel tempo rimanente, lei resta nell'ombra, lasciando il posto alle pie donne che si prendono cura del Maestro e degli apostoli. Lei si fa da parte fino all'ora tragica della croce, quando ritorna vicino a Ges che sta per morire.

Quale altro modello di riservatezza san Giuseppe! Il Vangelo segnala la sua presenza ogni volta che il Bambino e sua Madre hanno bisogno dei suoi servigi. Dopo di che, non si parla pi di lui. Quanto a Ges, il Figlio di Dio che si abbassato al nostro livello di creature, ponete mente al modo in cui si sottrae alle ovazioni delle folle. Non vuole che si rumoreggi sulle guarigioni che opera. Si fa da parte davanti a suo Padre, di cui non che l'inviato. Sono venuto, dichiara, non per essere servito, ma per servire. Perci pu raccomandare al suo discepolo di non ricercare le situazioni onorifiche: Tu, gli dice, quando sei invitato ad un banchetto, va' a metterti all'ultimo posto. Se sei degno di un rango pi elevato, vi sarai condotto sicuramente. Avete inteso il consiglio di Nostro Signore: " Fatti da parte di fronte agli altri. Se puoi scegliere, occupa l'ultimo posto". Non ve ne lamentate, in questo modo sarete pi vicini a Lui. Charles de Foucauld, l'eremita dell' Hoggar, di cui conoscete la strana carriera, dovette la sua conversione a questa semplice parola dell'abate Huvelin: Ges ha talmente preso l'ultimo posto che nessuno ha potuto sottrarglielo. Ma - c' sempre un ma - il nostro amor proprio non ha il suo tornaconto in questo farsi da parte, e fa presto a rivendicare i suoi diritti quando addirittura non li pretenda, cosa che capita spesso. Farsi da parte? Rimanere nell'ombra? Gliela raccontiamo bella! L'amor proprio si afferma, campeggia, s'insedia, riconduce tutto a lui. Gli contrapponete gli altri? Degli altri non conosce che ci che gli devono o che pu ricavarne. Da qui nascono i conflitti che distruggono la buona intesa tra gli uomini. "Perch dovrei venire dopo gli altri, non sono altrettanto capace?" penser uno. "Ho i loro stessi bisogni, ritiene un altro, e per lo meno altrettanti meriti". Io sono il capo, stima un altro, il mio ruolo forse quello di farmi da parte, dal momento che devo esercitare l'autorit?". E siamo ad un passo dal concludere che l'umilt non possa essere ritenuta una virt, perch se la si mettesse in pratica, condurrebbe all'annichilimento di ogni personalit. Ecco ci che denota un'estrema confusione delle idee. Il Vangelo - avremo occasione di riaffermarlo - una scuola di grandezza e di audacia. Ben lungi dall'annichilirci, ci obbliga al contrario a trarre tutto il profitto possibile dalle nostre qualit naturali, a metterci in avanti per agire, ma dopo aver fatto del nostro meglio, per non metterci in valore. E' il primo aspetto della virt del cancellare se stessi (della virt di modestia, n. d. r.). Del resto, la parola lo indica molto chiaramente. Lo scolaro non avrebbe nulla da "cancellare" sulla lavagna se non vi avesse precedentemente scritto delle cifre o delle lettere. Io non posso farmi da parte che dopo aver agito; non posso tenermi nell'ombra se non dopo essermi mostrato. L'umilt non consiste nel nascondersi per non fare niente, ma nel non avere ammirazione per se stessi quando si fatto il pi ed il meglio pos sibile. Dir di pi. Se si vuol portare a buon fine un lavoro, bisogna avere di mira solo il lavoro, senza ricercare gli applausi. Se si vuol parlare in modo utile, bisogna pensare unicamente a quel che si dice, senza ascoltarsi parlare. Non si pu essere contemporaneamente spettatori ed attori; non ci si pu

mettere alla finestra per vedersi passare per strada. Il buon artigiano tutto preso dalla sua opera; si fa piccolo davanti ad essa. Purch sia ben fatta, soddisfatto e rifiuta come indegno di lui ogni moto di vanit e sentimento di sufficienza. Si vuol pretendere che la sua modestia l'abbia annichilito? Da parte mia trovo che questa persona umile sia straordinariamente fiera. Perch la fierezza non l'orgoglio: ben oltre, essa lo esclude. Non soltanto la piccola virt del farsi da parte non ci sminuisce, ma presenta un altro aspetto sotto il quale s'imparenta con la carit. Il discepolo di Ges Cristo, se non prova ammirazione per s, in compenso si compiace nel riconoscere ci che gli altri fanno di buono e soprattutto ci che fanno meglio di lui. Non lo si sente vantarsi, ma il primo a lodare con gioia i successi altrui. Cos come si fa piccolo dietro al suo operato ben fatto, rimane molto semplicemente nell'ombra davanti alle qualit ed ai meriti dei suoi simili. Di questa disposizione, san Paolo non esita a fare un precetto universale: Che ciascuno di voi, scrive, reputi in tutta umilt che gli altri gli sono superiori. Non protestate. L'Apostolo non vi chiede di negare l'evidenza. No, non chiudete gli occhi sulle vostre qualit personali; anche voi, su parecchi punti, siete pi abili o pi virtuosi di molte persone. Ci non toglie che anche coloro di cui avete il diritto di stimarvi superiori abbiano delle attitudini e forse anche delle virt che voi non possedete, o almeno allo stesso grado. Se noi guardiamo con obiettivit, non c' nessuno che non ci superi in qualche cosa: quel tale pi energico, quell'altro pi ingegnoso, questa pi vivace, quella pi indulgente. Cerchiamo sempre di riconoscere le qualit degli altri e facciamoci da parte lealmente di fronte alla loro superiorit. Ancora un passo ed arriviamo alla perfezione. Poich gli altri hanno come noi dei meriti e dei diritti, perch dovremmo esigere che si pieghino sempre ad ogni nostra volont? Dobbiamo saper farci da parte di fronte ai desideri o alle preferenze delle persone con cui viviamo. Sicuramente, esistono delle circostanze in cui un capo famiglia deve imporre la sua decisione, per non tradire il proprio dovere di stato; ma allora, non la sua opinione o il suo gusto personale che fa prevalere: pretende il rispetto di una legge superiore alla quale si sottomette per primo. All'infuori di questi casi in cui l'autorit ha il dovere di esercitare le sue responsabilit, la buona intesa sar garantita sempre meglio a quella famiglia in cui ognuno si proporr di far piacere agli altri. Penso che in questo nessuno mi contraddir. Se la madre ha il merito di essere definita la regina del focolare, non perch tutti le obbediscono ma perch ella si fa continuamente piccola per essere al servizio di tutti. Ges non ha forse affermato che pi grande colui che serve gli altri? Ebbene! Sarebbe ingiusto che la mamma fosse l'unica a farsi da parte. Tutti devono imitarla e, cos facendo, tutti contribuiscono al benessere della famiglia. Le famiglie infelici sono quelle rette dalle due brutte leggi del "ognuno per s" e del "io prima di tutto". Al regno dell'egoismo, Cristo ha sostituito quello dell'amore,

che implica l'abnegazione. Nelle famiglie cristiane, l'ordine egoistico rovesciato: "Prima gli altri: io, dopo." Si trova la felicit nel rendere felici gli altri. Invece di impossessarsi della sedia pi comoda o di far ambire la parte migliore, ciascuno pensa ad offrirle agli altri e si rallegra nel concedere loro quel piacere. Gli sposi sono sempre d'accordo quando, prima di esprimere un desiderio, il marito e la moglie, ognuno per conto proprio, si chiedono intimamente: "Lei, che cosa preferisce?" "Lui, cosa desidera?" E' una gara a chi accontenter l'altro. E voi, figlioli, credete che pap e mamma non rinuncino spesso ai loro comodi per farvi piacere? Sono felici della vostra gioia. A vostra volta, non perdete nessuna occasione per indovinare le loro preferenze e fatevi da parte, gentilmente, senza farlo notare. Non dite: "Non si pensa a me, sono sacrificato." In una famiglia in cui tutti si sforzano di praticare la virt di modestia, nessuno sacrificato. Non c' pi bisogno di pensare a s, gli altri ci pensano prima di voi. Nessuno viene dimenticato allorch ognuno dimentica se stesso per gli altri. - E' il paradiso in terra? - In fede mia, lo penso davvero, e desidero con tutto il cuore che voi lo possiate sperimentare. Estratto dal libro: Les petites vertus du foyer, Georges Chevrot, ed. Le Laurier, Paris.

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