com/2008/07/la-mostra-delle-
atrocita.html)
È il "sedia elettrica show", un filmato molto popolare su YouTube, che ritrae l’agonia di un
manichino di lattice su una finta sedia elettrica. La trovata, comprata via Internet e spedita
da Las Vegas, è di un giostraio del Luna park dell’Idroscalo, nella parte orientale del
Milanese.
Basta un euro per godersi uno spettacolo di morte di 55 secondi, che ha subito suscitato
l'entusiasmo di centinaia di persone ogni giorno, uomini, donne e bambini.
«Mi fa schifo che nessuno si renda conto della gravità di episodi simili», è il commento su
YouTube di Pipperminte, che risponde a Mattiabdk, per cui invece le critiche sono solo
«falso moralismo per un gioco da sagra».
Uno spettacolo osceno, siamo d'accordo, che però è stato trasmesso in prima serata da
tutti i telegiornali, che si sono ben guardati dal censurarlo.
Come scrisse T.S. Eliot, "il genere umano non può sopportare troppa realtà". La
televisione, iper-realtà senza tregua, ci insegue sin nelle nostre notti insonni, con una
riproduzione continua del mondo che ormai ha preso il posto del mondo stesso.
"Il lavaggio del cervello, come si pratica oggi, è una tecnica ibrida, che trae la sua efficacia
in parte dall'uso sistematico della violenza, in parte dall'accorta manipolazione psicologica.
Rappresenta la tradizione di 1984 che sta per mutarsi nella tradizione del Mondo Nuovo"
"Oggi, l’occhio fotografico non è solo quello del reporter incollato all’evento, modello
Robert Capra, è l’occhio comune: voyeurismo e affetti, turismo e stereotipo, esotismo e
controllo, ricordo e tortura, possesso e bisogno morboso di contemplare. Abbiamo
consumato lo spettacolo della guerra, siamo passati alle stragi, alle torture, ai rapimenti e
agli sgozzamenti mediatici. Da una parte la manutenzione della paura, dall’altra la
costruzione delle sicurezze passano a colpi di video digitali e comunicati in rete [...] La
distanza che separa Abu Ghraib dai lager nazisti, dalla bomba atomica, dai Gulag, dal
Vietnam e persino dall’ex Jugoslavia è la penetrabilità interstiziale della fotografia digitale,
l’istantaneità del suo flusso globale, è la rottura del circuito del controllo, è la possibilità di
modificare, alterare, sabotare l’immagine ufficiale destinata alle masse infinite di
consumatori mediali per determinare e condizionare il presente [...]
Nello sguardo dello spettatore contemporaneo albergano ormai in pianta stabile immagini
di violenza, morte e guerra. I telegiornali, i quotidiani, i siti Internet, "documentano" l’orrore
dei kamikaze e dei bombardamenti sulle popolazioni civili, le decapitazioni e le torture sui
prigionieri, in una sorta di danza macabra nella quale non è più rintracciabile un briciolo di
verità. Le immagini che invadono ogni giorno la nostra mente sono abilmente selezionate,
tagliate, censurate, manipolate, da un sistema informativo mai obiettivo. Ciò determina un
vortice mediatico il cui scopo è quello di "sedurre e sedare", tenere a bada le masse,
inchiodarle davanti allo schermo, nutrendole di immagini da consumare selvaggiamente
senza spazio per alcuna riflessione critica.
L’abbraccio "morboso" tra guerra e immagine continua a stringersi sempre di più, avendo
come effetto un’amplificazione della rappresentazione del male, sempre più efferata,
sempre più morbosa, sempre più ossessiva, sempre più anestetica.
Su questo stesso tema si è interrogata, poco prima di morire, Susan Sontag. "Regarding
the Pain of Others" ("Guardando il Dolore degli Altri") è dedicato alla rappresentazione
della morte, in particolare a quella fotografica (l'idea del libro gli era venuta durante il suo
reportage di guerra a Sarajevo, dopo quelli in Vietnam, Rwanda e Afghanistan).
Margaret Bourke-White fece parte di quel gruppo di fotografi che per primi, nella primavera
del 1945, testimoniarono gli orrori di Buchenwald. Qui, come anche a Bergen-Belsen e
Dachau, la fotografia si impose su qualsiasi altro tipo di documentazione.
In una delle fotografie scattate in quell'aprile a Buchenwald, una civile tedesca si copre il
volto con la mano sinistra per non assistere al macabro spettacolo dei cadaveri.
L'orrore dell'immagine appare il modo più eloquente di testimoniare una realtà "ricostruita",
proprio come quella macabra composizione, in cui tre cadaveri costruiscono quasi una
croce schiacciata per terra: i due corpi che ne costituiscono i bracci appaiono quasi irreali,
l'oscenità di quello al centro, nella sua raccapricciante nudità, rappresenta il centro
espressivo dell'immagine.
Siamo di fronte a una di quelle immagini il cui valore consiste nel mostrare.
Non sembrerebbe esserci alcun dubbio sull'autenticità di ciò che mostra una fotografia
scattata da Eddie Adams nel febbraio del 1968: il capo della polizia sudvietnamita, il
generale di brigata Nguyen Ngoc Loan, mentre uccide un sospetto vietcong in una strada
di Saigon.
Eppure, fu una messinscena, orchestrata dallo stesso generale Loan, che condusse il
prigioniero, le mani legate dietro la schiena, nella strada dove erano riuniti i giornalisti:
collocatosi accanto al prigioniero, in modo che il suo profilo e il volto della vittima fossero
visibili alle macchine fotografiche poste alle sue spalle, Loan sparò a bruciapelo.
Il corpo dell’uomo di affari americano Nicholas Berg è stato ritrovato l’8 maggio vicino ad
un cavalcavia di Baghdad e un video della sua presunta decapitazione è apparso l’11
maggio su due siti internet ufficialmente collegati ad Al-Qaeda.
In seguito, si è scoperto che, sebbene il server era in Malesia, i responsabili dei due siti si
trovavano in Europa, a Londra e in Danimarca (e, come noto, in rete ci sono centinaia di
falsi siti islamici gestiti dalla CIA).
Simpson e Nordby ritengono entrambi altamente probabile che l’ostaggio americano sia
morto in un tempo precedente alla decapitazione. All’apparenza, oltre ad altri fattori,
manca infatti l’ "imponente" fiotto di sangue che sarebbe dovuto sgorgare dall’arteria
recisa. "Le persone nelle immediate vicinanze di Berg si sarebbero ricoperte di sangue nel
giro di pochi secondi", ha affermato Simpson. Inoltre, i medici legali sostengono che,
durante un simile attacco, il sistema nervoso autonomo di una persona avrebbe reagito in
modo violento, con i tipici tremiti e movimenti convulsi. "Potrebbero aver usato un
manichino", ha ipotizzato Simpson.
Il valore di questi documenti visivi non è solo politico ma anche estetico: la loro
sovraesposizione o, al contrario, la loro censura, condizionano la percezione che hanno gli
spettatori degli eventi reali. Queste immagini oscene, private, progressivamente
anestetiche, creano un cortocircuito nell'ambito del visivo.
"Lasciamoci ossessionare dalle immagini più atroci… esse continuano ad assolvere una
funzione vitale. Quelle immagini dicono: ecco ciò che gli esseri umani sono capaci di fare,
ciò che – entusiasti e convinti di essere nel giusto – possono prestarsi a fare. Non
dimenticatelo" (Sontag. op. cit.).
Observer review: Regarding the Pain of Others by Susan
Sontag
Ne "La Mostra delle Atrocità" ("The Atrocity Exhibition"), uno dei suoi capolavori, un uomo
dal carattere sfaccettato che cambia nome (Travis, Talbot, Traven, Tallis, Talbert, Travers)
vorrebbe uccidere di nuovo il Presidente John Kennedy, ma in modo che abbia un senso.
Nel complesso, i racconti sono una sorta di studio pseudo-scientifico dell'influenza di vari
avvenimenti luttuosi del decennio, come l'uccisione del Presidente Kennedy e la morte di
Marylin Monroe, sulla sessualità e l'immaginario degli spettatori.
Usando continue citazioni e riferimenti a Raymond Roussel, André Breton, Salvador Dalì,
René Magritte, Max Ernst, e all'arte surrealista in genere, Ballard esplora in modo
sistematico, quasi clinico, e paradossale, come il mediascape, il paesaggio immaginario
costruito dai mass-media, stava in quegli anni ristrutturando non solo l'immaginario
collettivo del pubblico, ma lo stesso sistema nervoso della specie: "icone neuroniche sulle
autostrade spinali".
I grandi eventi luttuosi rappresentati in modo spettacolare dai media (la morte di Marilyn
Monroe, l'assassinio di Kennedy, il disastro dell'Apollo) divengono le nuove mitologie
dell'era tecno-mediatica, una realtà virtuale che procura nello spettatore un'alterazione
della coscienza spesso traumatica. Come nel protagonista del suo romanzo, che vuole
rimettere in scena gli stessi eventi (spesso usando come vittima sacrificale la moglie) per
dar loro il senso che avevano perso nella rappresentazione mediatica. L'aspetto mitologico
e paradossalmente religioso si incarna nelle tre misteriose figure di Coma, Xero e Kline,
che accompagnano Travis/Traven in vari episodi.
La perdita del senso comune, è questo che indagava Ballard, e la nascita di un nuovo
senso (una "nuova carne"), una nuova realtà simulata dai media.
Scrive Ballard del libro: "Ho cercato di analizzare quello che succede nel punto in cui si
incontrano il sistema dei media e il nostro sistema nervoso. Qual è il reale significato della
morte di Marilyn Monroe o dell'assassinio di Kennedy? Come agiscono su di noi a livello
neurofisico, a livello inconscio? Come questi eventi mediatici influenzano la nostra
immaginazione?".
Le peregrinazioni nel paesaggio mediatico dei vari "sé" di Traven coi suoi molti nomi, la
riproposizione della prosa scientifica (medica, sociologica, psicologica), le narrazioni
paradossali, sono l'arma con cui Ballard vuole contrastare "il matrimonio tra ragione e
incubo che ha dominato il XX secolo".
La "mitologia del futuro prossimo" che Ballard voleva creare andava esattamente nel
senso contrario. È proprio tramite l'attraversamento dell'inferno che i suoi personaggi
attingono a quel poco di ambigua salvezza a cui possono arrivare. È nella malattia
mentale, nel disturbo dell'identità, nella "morte degli affetti", la chiave per comprendere se
stessi e il mondo.
La scarnificazione del corpo, lo scambio fra interno ed esterno, reale e virtuale, si riflettono
in una scrittura frammentata, frattale, implosiva, schizofrenica. Lo stravolgimento della
forma romanzo tradizionale, qui più ancora che nel romanzo postmoderno americano, è la
traduzione stilistica di quella rottura fra forma e contenuto in cui Ballard aveva individuato
uno dei problemi centrali dell'era post-industriale.
Nella sua analisi del rapporto tra l'ipertrofia tecnologica e la modificazione delle strutture
profonde della psiche, nella figura dell'interno del corpo (e in particolare del sistema
nervoso) che si scambia e si confonde con l'esterno, nel rapporto di scambio che l'uomo
instaura col mondo, dell'insieme delle rappresentazioni mentali che di esso si fa e delle
modificazioni che gli impone con la sua azione sull'ambiente, aveva colto uno snodo
dell'immaginario, un punto critico, un processo di ingolfamento, una "ipertrofia
dell'immaginario" (l'immagine del mondo che diventa un gigantesco sistema nervoso
richiama la concezione dei mass-media di Marshall McLuhan, un autore che gli è più
vicino di quanto non si pensi).
Siamo tutti "abitanti del mediascape", così come descritto da Ballard. Dobbiamo solo
prenderne coscienza.
GUERRA E CINEMA
LA VIOLENZA E IL SACRO
FUNNY GAMES