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LA FUNZIONE RIPRODUTTIVA DELLA DONNA : ASPETTI SOCIO-CULTURALI ED INTERDISCIPLINARI.

(Brevi cenni sulla storia del parto)


C. RENZI, S. DAINI art. pubblicato su: Acta Med. Rom., 33, 1995
1. INTRODUZIONE

Sull'individuo e sulla sua malattia si venuto cos ad aggiungere un nuovo punto di vista, quello psicologico, ma senza che ci costituisse la spinta decisiva alla sintesi e alla completezza dell'informazione. Cos, la scissione conservata si riproposta e si ripropone continuamente nel momento in cui la situazione deve esplicarsi sul piano terapeutico, in modo tale che il trattamento pu venire affidato allo specialista dell'organico e allo specialista dello psichico che si trovano ad agire su piani separati, quasi sempre alternativi, spesso in competizione tra loro. Eppure troppo spesso si sottovaluta o si perde di vista il fatto che il metodo conoscitivo della psichiatria clinica si fondato, e in una certa misura si fonda ancora, sull'esperienza induttiva scientifico-naturalistica; sia la psichiatria che la psicoanalisi delle formulazioni originarie (si pensi ad una lettura del metodo liberoassociativo del primo Freud come metodo sperimentale), infatti, derivano i loro modelli concettuali da quello schema cartesiano che ha gettato le basi della metodologia scientifica attraverso la rigida opposizione del fisico al mentale. Le discipline psicologico-psichiatriche hanno recepito e, per lungo tempo, fatto proprio questo parametro del metodo scientifico con lo scopo prevalente di creare non una '....psicologia che "comprende" l'uomo per come si d, ma una psicofisiologia che lo "spiega" come si spiega qualsiasi fenomeno della natura.' 1 Cos il tributo versato per la concessione di "scientificit" ha finito col ridurre a lungo la psicologia ad appendice della fisiologia e della neurologia, nel tentativo di rendere sempre pi oggettivi, attraverso la misurazione e la sperimentazione, proprio quegli aspetti del comportamento e della personalit umana che avevano tradizionalmente rappresentato la "scatola nera" della medicina. E oggi si pu riflettere sul fatto che tutti gli sforzi spesi per la costruzione di una psicologia sperimentale, lungi dal radicarla saldamente tra le discipline scientifiche, hanno pesantemente contribuito all'oggettivizzazione e alla frammentazione dell'individuo, in modo non troppo dissimile dai metodi conoscitivi della scienza
1

G alimberti U.: "Psichiatria e fenomenologia", pag. 51

medica. Sul versante medico-psichiatrico, il medesimo processo ha fissato a lungo il focus dell'attenzione sulla patologia, il cui inquadramento, spesso solo nomenclativo, poteva costituire il principale punto di raccordo con la medicina organica, fornendo, contemporaneamente, la materia prima per la pi frequente attivit psichiatrica: la diagnosi. Cos, nel corso del tempo, si consolidata la tendenza a scindere una "psicologia del normale" da una "psicologia del patologico", tendenza che ha contribuito a radicare lidea che psicologia e psicopatologia, nelle loro articolazioni operative, rimandassero a dimensioni ontologiche separate. Pi di recente il destino dei concetti di norma, sanit e malattia ha subito delle modifiche in entrambi i settori; se si prende in considerazione l'ultimo ventennio della storia della psicologia clinica e della psichiatria nel nostro Paese, diviene evidente come si possano distinguere fondamentalmente due periodi. Il primo che riguarda all'incirca gli anni Settanta, in cui si sono prevalentemente prodotte analisi di tipo sociologico sul concetto di normalit e sul suo rapporto con la devianza in genere e in tale contesto si cercato di inserire la devianza mentale in un pi generale processo di reazione a schemi ambientali e sociali perturbanti. Il secondo periodo, che interessa gli anni Ot tanta, ha visto laffievolimento dellinteresse intorno a questi temi e, conseguentemente, il concetto di normalit ha smesso di rappresentare il principale polo di attrazione per cedere di nuovo il posto al ritorno dellattenzione sulle dimensioni del disagio e della sofferenza psichica, a cui si cominciato a cercare riparo anche attraverso linterdisciplinariet degli approcci. Questi aspetti hanno tuttavia contribuito negli ultimi venti anni a determinare una frattura tra due spazi di interesse: l'individuo sano o normale per la psicologia, il soggetto anormale o patologico per la psichiatria e la psicopatologia. Nellaccezione del modello semiologico medico psichiatrico, cos come per la medicina organicistica, la sanit equivale al silenzio-assenza degli organi, mentre la malattia ci che perturba il normale equilibrio di vita ed quindi ci che fa soffrire lindividuo. Allinterno di questo modello, pertanto, solo la malattia pu divenire oggetto dinteresse e il principale compito dei medici sta prima nel diagnosticare, poi nel guarire, intendendo per guarigione la possibilit di ricondurre alla norma una funzione o un organismo che se ne siano allontanati, e la norma consiste nel corretto funzionamento fisiologico degli organi. Di fronte a una considerazione approfondita di questi aspetti diviene evidente la manchevolezza di tale approccio laddove si affrontino problematiche complesse, collegate a fattori psicologici e somatici, particolarmente se in riferimento a fasi delicate del ciclo vitale di un individuo (pubert, adolescenza, gravidanza ecc...) L'esigenza della interdisciplinariet nasce dalla consapevolezza di riferirsi a un soggetto umano inteso come frutto di interconnessioni bio-psico-sociali;

qualsiasi approccio unilaterale, pur nella massima ampiezza, non pu riuscire a tener conto della complessit e della globalit dell'individuo. La frattura tra sano e patologico, che ha accentuato il dualismo mente-corpo esistente nelle scienze mediche, ha fatto trascurare a lungo la necessit di un approccio integrativo che, oltre a consentire una migliore conoscenza dell'essere umano, potesse favorire anche una condivisione della comunicazione in ambito clinico. Daltra parte questo spazio condiviso si rende indispensabile anche per lelaborazione di modelli teorici attraverso cui analizzare pi costruttivamente i concetti di salute-malattia. La necessit di interventi preventivi, divenuti centrali nel dibattito degli ultimi anni, richiama lattenzione sul fatto che anche la competenza psicologico clinica non possa essere ridotta in unottica terapeutica esclusivamente ripa rativa del disagio, che finisca col trascurare l'aspetto di prevenzione e di promozione dello stato di salute, al pari di ci che si richiede sempre pi concretamente alla medicina come ampliamento della sua ottica. Lo psichiatra, lo psicologo clinico, lo psicoterapeuta, considerati come coloro che studiano i pi profondi meccanismi psichici e trovano il modo di intervenire su di essi, possono mettere le loro esperienze al servizio delle professioni in cui si rende necessaria una conoscenza approfondita dell'uomo. In medicina l'applicazione di questo concetto pu far s che i risultati dello studio del rapporto interpersonale e della sua dinamica possano giungere alla portata di un numero sempre maggiore di medici, consentendo loro di affrontare in maniera pi adeguata l'impegno e il rapporto emotivo con i pazienti, senza doversi affidare a soluzioni empiriche o essere costretti a tralasciare aspetti pi complessi dellinterazione individuo -malattia. Daltro canto, la negazione dei risultati terapeutici ot tenibili con mezzi psicologici anche nel campo della medicina organica oggi non pi giustificata, dal momento che non pi possibile misconoscere il valore concreto dei dati raccolti dalle esperienze psicoterapeutiche. La creazione di uno spazio condivisibile, la costruzione e la circolazione di un linguaggio comune che faciliti e alimenti lo scambio di modelli conoscitivi e di esperienze cliniche, si configurano come elementi centrali di una modificazione culturale che punti al superamento di una vecchia dicotomia e ponga al centro del suo interesse il soggetto umano nella sua complessit psico-fisica.

2. LA SALUTE DELLA DONNA

Il corpo femminile ha una sua propria storia, che si differenzia dalla storia del corpo maschile. I fenomeni peculiari che hanno da sempre interessato le donne, cio la mestruazione, le gravidanze, gli aborti e le varie malattie a questi connesse, hanno scandito i ritmi della salute femminile e, nel corso dei secoli, hanno subito trasformazioni radicali. Anche i disturbi fisici cui vanno soggetti gli uomini si sono

modificati ma senza raggiungere trasformazioni analoghe. E importante considerare come il concetto stesso di femminilit non sia mai stato univoco, ma abbia subito variazioni sia per i diversi influssi culturali che per i progressi delle scienze mediche e sociali. Nellambito della cultura europea, dallepoca tardo-medioevale e allincirca fino al 1900, la femminilit ha costituito un fattore essenzialmente negativo per la maggior parte delle donne, esposte comerano a tutti i rischi derivanti dalle vicissitudini del loro ciclo biologico, spesso abbandonate a s stesse dallindifferenza della cultura maschile e da misere condizioni sociali. Dopo il 1900, grazie anche ai progressi della medicina, le donne si sono affrancate dal condizionamento storico imposto loro da una salute cagionevole, e questo ha comportato una nuova concezione della femminilit, che poteva ora essere vissuta come un fattore positivo e portatore di vita. Nel periodo storico che va dal secolo XVII alla fine del XIX, in Europa, nellambito delle cosiddette societ tradizionali2, la vita della donna media era regolata quasi esclusivamente dallalternanza dei cicli biologici legati alla funzione riproduttiva. Quasi tutte le complicazioni collegate ai parti, agli aborti, alle patologie dellapparato riproduttivo in genere, nonch affezioni come rachitismo e anemia, potevano avere facilmente esiti mortali; inoltre, va considerato il fatto che tali disturbi insorgevano preferenzialmente in et giovane, indebolendo, quando non letali, la costituzione fisica della donna e minando i successivi anni di vita. Anche il logoramento che comportava la gestione della vita familiare (alto numero di figli e di membri nella famiglia allargata) contribuiva al decadimento fisico e ai rischi per la salute. Per secoli il tasso di mortalit delle donne stato superiore a quello degli uomini3 e ci che oggi, in piena epoca scientifica, ci appare come la riscoperta di un evento naturale, soprattutto nel caso di gr avidanza e parto, potrebbe a buon diritto essere definito come una vera e propria scoperta dellepoca moderna. Infatti, la naturalit dellevento riproduttivo, anche se scontata a livello fisiologico, non lo stata altrettanto per la donna sia a livello sociale che psicologico: nel primo caso si stabilizzato a lungo come regola, obbligo, ruolo primario in senso culturale; nel secondo caso ha assunto le caratteristiche di unimposizione, di un fardello cos pesante da costare spesso la vita. In epoca moderna i progressi della medicina e della chirurgia, eliminando gran parte delle malattie che affliggevano le donne e controllandone efficacemente altre, hanno contribuito a restituire a queste fasi biologiche il loro carattere positivo e naturale: se non si devono pi temere le conseguenze mortali di un parto, si pu vivere lo stesso come unesperienza profonda e strutturante. Parallelamente, la maggiore acquisizione di controllo sullevento fisiologico ha
2 3 2: Termine con cui usualmente si definisce il contesto socio-culturale stabilizzatosi dopo lepoca della Riforma e che arriva alle soglie della societ moderna (XX sec.). 3:

E.Shorter: "Storia del corpo femminile", Feltrinelli 1988

permesso un ampliamento del suo significato psicologico sia a livello individuale che relazionale; gli uomini, nei loro ruoli di partner e di padre, sono oggi attivamente coinvolti nel processo della nascita e, per la prima volta in secoli di storia, hanno assunto atteggiamenti responsabili nei confronti delle donne e della loro salute. Cos, attraverso la conquista e il consolidamento di una base fisica sicura, si sono aperte nuove dimensioni ontologiche.
3. LO SVILUPPO DELL'ESPERIENZA DEL PARTO

Frequentemente oggi si tende ad avere un'immagine romantica e generalmente falsa del parto tipico tradizionale. Si pensa che le donne affrontassero il parto istintivamente e senza paura, inserite in un ambiente familiare noto e rassicurante, con l'ausilio della "vecchia saggia" levatrice e circondate da un gruppo di persone calde e interessate. L, nel cuore della famiglia e degli amici, non erano considerate "pazienti" e il parto non era una "malattia" ma un processo naturale. Questa immagine fuorviante: mentre vero che il parto tipico avveniva in casa, e che parenti e vicini si affollavano al capezzale della puerpera, non si pu dire che la gente lo considerasse come un processo naturale ed evitasse di intervenire. In effetti, la composizione clanica della famiglia tradizionale e la cultura di gruppo in cui questa era inserita determinava l'esistenza di regole piuttosto rigide sulla vita familiare e sugli eventi a questa connessi. Non vi era l'esistenza di una dimensione "privata", cos come viene attualmente intesa nella societ moderna, ma le tappe della vita familiare costituivano altrettanti eventi sociali di notevole rilevanza anche per il gruppo esteso4. Le norme che regolavano l'esperienza della gravidanza e del parto sancivano innanzitutto l'appartenenza di questa alla cultura del gruppo femminile, all'interno della quale erano stabiliti ruoli e modalit d'intervento dei soggetti coinvolti. A causa dell'arretratezza medica dei secoli passati e della mancanza di strumenti idonei, il periodo della gestazione non era tenuto in grande importanza e ci che avveniva in quell'arco di tempo, sfuggendo all'osservazione diretta, finiva facilmente coll'essere considerato in termini misteriosi e inquietanti, di processi oscuri che si agitavano nel corpo della donna5. Cos, durante la gravidanza, la donna media viveva immersa in un'atmosfera magico-naturalistica in
4 4: Si consideri a questo proposito anche un altro evento naturale, quale il lutto, nella sua accezione

moderna in contrapposizione al passato. Al giorno d'oggi il lutto paradigma di solitudine e dimensione intrapsichica per ecellenza, ma appena un secolo fa questo evento conservava pienamente tutte le caratteristiche di avvenimento sociale, condiviso dal gruppo allargato e regolato dalla collettivit in ogni sua fase. 5 5: L'immaginario collettivo sulle oscure cavit del corpo femminile e sugli eventi che in esse si generano, sia a livello riproduttivo che sessuale, possiede indubbiamente radici storiche collegate allo sviluppo del rapporto tra processi fisiologici e processi mentali.

cui si pensava che agissero forze di origine soprannaturale che bisognava assecondare e propiziare6. Il momento centrale dell'evento riproduttivo era, quindi, rappresentato dal parto, momento in cui entrava in scena quella che, a ragione, pu essere considerata la figura principale dell'avvenimento: la levatrice. Per secoli la levatrice ha rappresentato l'unico referente delle partorienti e il soggetto attivo del parto per eccellenza; attraverso la presenza della levatrice, il processo della nascita veniva ricondotto a quell'universo femminile sulla cui appartenenza non si poteva transigere. Quello che va sottolineato il ruolo effettivo svolto dalla levatrice sulla scena del parto: lungi dal collegarsi a una funzione di sostegno psicologico e di sorveglianza sul corretto svolgimento dell'evento, il suo ruolo aveva tutte le caratteristiche di un intervento diretto sul processo di nascita. Si iniziava dalle prime fasi del travaglio, che veniva "aiutato" con manipolazioni esterne e interne: si passava dalle pressioni con le mani sul ventre della madre, allo scopo di aumentare le contrazioni, alle dilatazioni della vagina e della cervice uterina, sempre allo scopo di affrettare la discesa del feto lungo il canale del parto. Assai spesso, se un travaglio si prolungava pi del previsto, ma senza che si evidenziassero altre difficolt, si procedeva alla foratura del sacco amniotico, operazione che veniva effettuata con le unghie o, talvolta, con strumenti rudimentali appuntiti. Naturalmente tutte queste azioni erano condotte in ambienti infetti e in assenza di qualsiasi procedimento di sterilizzazione, a causa di ci, lo sviluppo di complicanze post-parto da sepsi era elevatissimo e, altrettanto elevato, il rischio di mortalit per madre e bambino 7. Oltre agli interventi sulla madre, le levatrici intervenivano direttamente anche sul bambino attraverso azioni di "tiraggio", volte ad affrettare la fuoriuscita. Anche se travaglio e parto procedevano in modo del tutto normale, le manipolazioni della levatrice non venivano meno; di norma, dopo aver allargato la cervice, e quando questa fosse completamente dilatata, la levatrice tirava la testa del bambino ad ogni intervallo fra le contrazioni. Nel frattempo, altre donne che le facevano da assistenti continuavano a premere il ventre della madre, per spingere fuori il bambino. Questa situazione rendeva dunque un parto normale abbastanza traumatico per la donna che, oltre a non avere alcun controllo sul suo svolgimento, doveva sopportare intensi dolori durante e dopo la nascita del bambino. Naturalmente, in presenza di parti difficoltosi, la situazione diveniva rapidamente
6 6: Ancora oggi sopravvivono credenze di questo tipo, ad esempio nel concetto di "voglia" materna,

in cui si assume che i desideri e le impressioni della madre vengano trasmessi al nascituro che ne porter le conseguenze per tutta la vita. Nella nostra societ "moderna" quest'idea stata recentemente utilizzata nella comunicazione pubblicitaria. 7 7: Va ricordato che la prima pubblicazione scientifica riguardante l'uso di soluzioni disinfettanti durante gli interventi ostetrici del 1847, ad opera di Ignaz Semmelweis; nello stesso anno si cominciarono anche ad usare in ostetricia etere e cloroformio. Per secoli, dunque, la medicina rimasta impotente di fronte agli alti rischi di infezione presenti negli stessi interventi medici.

drammatica: nel caso di presentazioni podaliche, laterali o posteriori, il credo interventista delle levatrici non mutava e solo raramente si applicava la manovra di "versione" interna del bambino. Nella maggior parte dei casi si tirava il bambino per le membra, perseguendo una nascita impossibile e con il frequente risultato di morte del feto e grave lacerazione della madre. E i medici? Prima del XIX secolo non si pu parlare di una vera presenza medica sulla scena del parto; dall'antichit fino agli inizi del Medioevo l'ostetricia era presente in numerosi trattati di medicina, ma senza che ci presupponesse l'effettiva partecipazione del medico all'evento della nascita. Ci si limitava a tracciare le linee di una condotta da seguire per coloro a cui era deputata l'assistenza delle partorienti, cio le levatrici; le conoscenze della medicina antica, fondate sull'osservazione naturalistica e sull'empirismo terapeutico, si collegavano per molti aspetti a quello che gi costituiva il bagaglio popolare, diffuso per tradizione orale. Dal primo Medioevo fino all'incirca al XVI secolo, quando i medici ricominciarono a scrivere di ostetricia, vi fu un lungo periodo di stallo e di relativo silenzio in materia di parto e di assistenza alle partorienti ed proprio questo il periodo in cui si consolida e si centralizza il ruolo della levatrice, che diviene sempre pi depositaria privilegiata del "saper fare" sul parto, anche grazie al fatto che i medici mostrano, in questi periodi, una spiccata tendenza alla delega. Naturalmente vi erano delle differenze tra contesto urbano e contesto rurale: nel primo caso, le levatrici che operavano in ambiente cittadino mantenevano una maggiore aderenza a dettami medico-chirurgici, di cui venivano pi facilmente a conoscenza grazie alla maggiore circolazione di informazioni possibile nelle citt. Ma la popolazione media, all'incirca fino al XIX secolo, abitava prevalentemente le campagne e i villaggi rurali, dove ben difficilmente potevano essere mantenuti contatti costanti con un ambiente pi informato e dove la figura della levatrice godeva, nel gruppo femminile, di un prestigio praticamente incontrastato. Dal XVI secolo in poi la medicina torn a occuparsi attivamente di ostetricia, anche perch il tasso di mortalit da parto, sia per la madre che per il bambino, era notevolmente salito assumendo sempre pi le caratteristiche di una vera e propria piaga sociale. Ma le pratiche tradizionali a cui si affidavano le levatrici continuarono a restare in vigore ancora per un paio di secoli, cos come la loro presenza continu a dominare la scena del parto. Quando i medici cambiarono idea rispetto alla conduzione della nascita e si orientarono sempre pi verso un assecondamento non interventista del naturale processo fisiologico, ancora per lungo tempo non furono in grado di strappare le lavatrici dalla loro millenaria tradizione. I manuali di ostetricia per le levatrici specializzate che, dal 1600 in poi, circolavano piuttosto diffusamente condannavano ormai tutte le forme di interferenza artificiosa nei travagli e nei parti normali, ciononostante le opinioni dei medici vennero recepite dalle levatrici solo in minima parte. Ancora alla fine del XVIII secolo, anche se il pensiero medico aveva definitivamente ripudiato la prassi

delle levatrici, la loro tradizione interventista restava profondamente radicata nella cultura popolare e non si lasciava scalzare facilmente. Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, ebbe inizio un cambiamento che riguard profondamente la sensibilit femminile. Rilevanti fattori storici e mutamenti nel costume contribuirono a trasferire la solidariet emotiva delle donne dal "gruppo femminile" al nucleo familiare. Sulla scia di tale spostamento, nacque un nuovo istinto materno nei confronti dei figli e un nuovo atteggiamento di amicizia verso il marito, elementi che andarono a sostituire la freddezza emotiva della famiglia tradizionale. I cambiamenti derivanti da questa nuova sensibilit femminile cominciarono a manifestarsi anche nell'ambito della gravidanza. Dopo il 1850 le donne della classe media presero a ridurre il numero di gravidanze; ci comport un maggiore apprezzamento dell'evento riproduttivo e si cominci anche a considerare la nascita di un bimbo morto come una calamit da evitare. Le donne iniziarono a occuparsi della qualit dell'esperienza del parto e gradualmente acquist rilevanza la necessit di porre attenzione agli aspetti affettivi della nascita che erano stati disattesi e trascurati nella societ tradizionale. Quando, gi nella seconda met del 1800, si giunse a considerare l'esperienza della nascita come la proiezione nella sala parto delle relazioni affettive pi ampie all'interno della famiglia, si cre una nuova dimensione emotiva, il cui successivo radicamento permise l'abbandono definitivo della freddezza e della rigidit delle regole tradizionali. Un segno di questo nuovo atteggiamento affettivo era dato anche dall'insistenza con cui le donne chiedevano di partorire con l'aiuto di medici, piuttosto che di levatrici; infatti, un mutamento importante si esplic nel fatto che nel corso del XIX secolo il dominio in campo ostetrico, tra le classi popolari cos come tra le classi medie, pass dalle levatrici ai medici. La prevenzione che, nell'Europa tradizionale, le donne avevano sempre avuto verso gli assistenti al parto di sesso maschile cominci progressivamente a diminuire nell'arco del secolo scorso; i medici, che in passato intervenivano attivamente solo nei casi di emergenza, iniziarono a occupare sempre pi spesso la scena del parto e il loro "sapere" si avvi a divenire il principale riferimento per la partoriente. Un altro passaggio fondamentale verso il nuovo fu rappresentato dal trasferimento del parto dalla casa all'ospedale. Quest'ultimo passo in avanti sanc definitivamente la presa in carico della partoriente da parte della medicina ufficiale e naturalmente coincise con un miglioramento della qualit dell'assistenza e dei margini di controllo sulle complicazioni. Il passaggio dal parto a domicilio al parto in ospedale fu un prodotto del XX secolo, che vide effettivamente la progressiva accentrazione del sapere medico ufficiale nelle strutture ospedaliere. Anche prima del 1900 vi erano stati casi di nascite in ospedale, ma le donne che vi partorivano erano, nella stragrande maggioranza, nubili e di condizioni economiche disagiate; nei periodi precedenti gli ospedali venivano considerati come una sorta di rifugio,

di ultima spiaggia, per quelle partorienti che, o perch emarginate socialmente a causa del nubilato, o perch troppo povere per poter disporre di una casa con qualche comodit, non avevano altra scelta per condurre a termine positivamente il parto. Il passaggio all'ospedale delle donne della classe media in occasione di una gravidanza forse il pi importante sviluppo che si avuto in questo settore soprattutto negli anni Venti e Trenta. Sono proprio questi, infatti, gli anni in cui gli ospedali diventano il fulcro della pratica medica, non solo in campo ostetrico ma in tutte le specializzazioni. L'equazione donne emarginate/disagiate = richiesta ospedaliera si modifica rapidamente e diventano sempre di pi le donne regolarmente sposate, ma soprattutto agiate, che chiedono di partorire in ospedale, fino al punto che questo fenomeno configura un vero e proprio cambiamento collettivo di mentalit. Innumerevoli circostanze intervennero in un cambiamento di questa portata, tra cui probabilmente la vita in appartamenti troppo angusti come conseguenza della crescente urbanizzazione; la dura povert in Europa, subito dopo la prima guerra mondiale, a causa della quale i servizi sanitari nazionali cominciarono a sovvenzionare parti ospedalieri; il diffondersi della consapevolezza da parte dei medici che le primipare rischiano complicazioni in misura leggermente superiore alle gestanti che hanno avuto pi figli. Inoltre, all'inizio del XX secolo, nelle donne erano ormai in crescita le aspettative sulla sicurezza del parto; il fatalismo rassegnato che aveva contraddistinto la mentalit tradizionale stava rapidamente lasciando il posto a un temperamento moderno che metteva sempre pi l'accento sull'azione di fronte alle avversit. Morire di parto non era pi un destino ineluttabile, insito nell'ordine delle "cose femminili", cos come non appariva pi tanto scontato il fatto di dover frequentemente subire conseguenze dolorose e irrevocabili per la madre o per il bambino: si era ormai ampiamente diffusa la consapevolezza che i potenziali pericoli della gravidanza potevano essere controllati e ridotti. Negli anni Venti il sistema pi efficace per ridurre i pericoli della gravidanza era il parto cesareo, e dato che solo in ospedale si poteva godere del margine di sicurezza da esso garantito, per poter contare su quel margine di sicurezza le donne cominciarono a scegliere sempre di pi di partorire in ospedale. Prima del 1800 i tagli cesarei erano state operazioni estreme, adottate per salvare il bambino solo su gestanti che, non essendo riuscite a partorire, si trovavano in punto di morte. Con la nascita della medicina moderna il taglio cesareo divenne un intervento sicuro e in grado di controllare efficacemente tutta una serie di complicanze che, ancora un secolo prima, avrebbero facilmente avuto esito letale. Dal 1930 in poi, quindi, era divenuta possibile la situazione seguente: grazie a una maggiore consapevolezza era pi probabile che la gestante avesse desiderato la gravidanza di quanto non lo sarebbe stato cento anni prima. L'anestesia significava che essa non avrebbe dovuto soffrire i dolori del parto se

non lo voleva. La donna poteva anche decidere la durata del travaglio e, se alla fine sentiva di non farcela, poteva chiedere aiuto e partorire con un intervento operatorio. In altre parole, gi nel 1930 esistevano le tecniche per permettere alla gestante un maggiore controllo personale su ogni aspetto del processo del parto. La medicina moderna consentiva ora alla donna di non essere pi espropriata di una sua funzione fondamentale e, togliendole la preoccupazione di sopravvivere, apriva la strada ad una concezione pi ampia del processo della nascita. Sempre nella prima met del XX secolo si cominci a prestare sempre pi attenzione alla "perinatologia", cio la cura del bambino appena prima e appena dopo il parto; questo interesse per la salute del neonato era un fatto nuovo, dal momento che in precedenza si era badato principalmente alla salute della gestante, messa a rischio dall'elevata frequenza dei parti e dalle precarie condizioni igieniche. Una volta ottenuto il controllo su questi fattori, i medici presero a considerare di prioritaria importanza la riduzione del numero dei nati morti, e la garanzia che i neonati uscissero dal grembo materno in ottime condizioni, senza subire traumi nel canale del parto o lesioni cerebrali per mancanza di ossigeno. Cos, entro la prima met del XX secolo lo schema classico delle sofferenze delle donne era terminato. Prima del 1900, avevano sulle spalle il peso di molte gravidanze, per la maggior parte indesiderate; erano meno nutrite degli uomini, erano minate dall'anemia e dal rachitismo e attaccate da malattie di cui non esiste il corrispettivo maschile; si pu dire che non esistesse quella base di uguaglianza fisica che, in ultima analisi, la dimensione fondante per una vera autonomia personale. Nel lungo trapasso dalla societ tradizionale alla cultura razionale borghese dei primi anni del secolo XX, si assiste a un progressivo mutamento socio-culturale che investe la natura stessa dei legami affettivi: le norme sociali non regolano pi rigidamente i rapporti all'interno della famiglia, cos come era stato in passato, ma comincia a sorgere, dietro al recupero di una dimensione pi individuale, la spinta a una nuova solidariet tra coniugi e tra genitori e figli. Inoltre, la romanticizzazione dei rapporti uomo-donna, instauratasi nel XIX secolo, ha contribuito ad accorciare le distanze tra i sessi, favorendo una maggiore conoscenza reciproca e permettendo gradualmente la scomparsa dei secolari timori maschili del corpo femminile8. Questo nuovo interesse verso la famiglia, con il crescente desiderio di intimit e privacy che ne derivava, produsse l'effetto di indebolire la struttura del "gruppo femminile" tradizionale e la forza delle sue associazioni emotive, dal momento che, una volta assicurato il controllo sui principali aspetti della salute, i legami affettivi riguardanti la maternit potevano essere espressi e condivisi direttamente all'interno del proprio nucleo familiare.
8 8: Si fa prioritariamente riferimento alla scomparsa sociale di questi timori ed al loro progressivo decadimento nel tessuto collettivo e nelle forme ritualizzate. Non altrettanto si pu dire per quanto riguarda la dimensione intrapsichica dell'uomo, dove, a livello di dinamica inconscia, sussistono ancora e tendono frequentemente all'espressione simbolica del proprio contenuto angoscioso.

Dalla prima met del XX secolo in poi, grazie ai rapidi progressi delle scienze mediche, al radicamento e alla sempre maggiore diffusione delle discipline psicologiche e a numerosi cambiamenti sociali, i vissuti femminili della gravidanza e del parto hanno subito trasformazioni radicali. L'avvento di metodiche diagnostiche sempre pi raffinate ha permesso non soltanto un controllo pi efficace, ma, soprattutto, una conoscenza sempre pi approfondita e corretta del processo della nascita, dal concepimento al parto. Tutti gli aspetti del percorso riproduttivo sono divenuti oggetto di studio e, in molti casi, di studio integrato tra varie discipline. Oggi si parla sovente di "medicalizzazione" eccessiva del parto come conseguenza del moderno approccio scientifico, quasi in contrapposizione a un passato idilliaco in cui l'evento riproduttivo sarebbe stato vissuto nella sua piena naturalit, ma, alla luce della conoscenza storica, niente suona pi falso di questa considerazione. L'ampliamento di consapevolezza sulla nascita, acquisito oggi da uomini e donne, non sminuito o minacciato dal controllo medico-sanitario degli eventi ad essa collegati, al contrario, proprio la conquista di sicurezza sulla propria salute a consentire la scoperta di altri aspetti ugualmente importanti. Ed proprio da questa evoluzione che sorge lo spazio dedicato agli aspetti psicologici e psicosomatici della gestazione e del parto.

4. DALL'ESPERIENZA ALLA INTERDISCIPLINARE

COSTRUZIONE

DI

UN APPROCCIO

La critica che si potrebbe muovere al pensiero scientifico moderno riguarda l'alto rischio di unilateralit insito negli approcci delle varie discipline, quasi che ognuna rivendichi ai suoi propri strumenti e modelli la capacit di spiegare "in toto" un evento. Si rende subito evidente la limitatezza di questa "pretesa" scientifica quando si prendono in considerazione funzioni che investono la complessit psicofisica dell'uomo e che, se non indagate in modo integrato, possono perdere la loro forza strutturante in cambio di una specificit assai riduttiva. Diviene sempre pi necessario che l'uomo recuperi la sua integrit psicosomatica anche sul piano scientifico, smettendo di essere un corpo o una mente e, ancora pi in dettaglio, questo o quell'organo malato, quell'attacco di panico o quel sintomo ossessivo. Il rischio di separatezza insito nella conoscenza scientifica pu vanificare anche i risultati pi brillanti e condannare l'individuo a una solitudine del corpo o della mente che impedisce una soddisfacente comunicazione sia a livello intrapsichico che a livello relazionale.

BIBLIOGRAFIA

1. Balint M.: "Medico, paziente e malattia", Feltrinelli, Milano 1990 2. Galimberti U.: "Il corpo", Feltrinelli, Milano 1993 3. Galimberti U.: "Psichiatria e fenomenologia", Feltrinelli, Milano 1991 4. Lombardo G.P.: "Modelli del mentale e intervento psicologico",NIS,Roma 1992 5. Shorter E.: "Storia del corpo femminile", Feltrinelli, Milano 1988

RECAPITI DELLAUTORE Dr.ssa Caterina Renzi Tel. 3394597501 - E-Mail: dr.renzi@fastwebnet.it Sito Web: http://www.centroelaion.eu 00176 Roma, Via Ciro da Urbino 23 40033 Casalecchio di Reno (BO), Via Ronzani 6

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