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UTINAM! - MAGARI!

Speranza si dice in molti sensi: progressivamente una passione sensibile, o sentimento; unazione psichica immanente (o atto intenzionale della facolt, o capacit, di desiderare); un atteggiamento o modo dessere spirituale (ovvero abilit nellesercizio della suddetta capacit), e quindi virt in senso generale o in senso specificamente religioso. In questa meditazione filosofica (nel senso di riflessione sul vissuto e chiarificazione dellesistenza), intendiamo soffermarci a considerare che la speranza quale insopprimibile sentimento della ragione che colloca tutti i nostri atti umani in un orizzonte intenzionale. un sentimento concomitante direttamente (se espresso) o indirettamente (se inespresso) tutti i nostri atti; quasi un sentimento della ragione, che ci inserisce in un orizzonte di senso: quel sentimento che espresso, ad esempio, dal modo verbale ottativo della lingua greca, o da esclamazioni come Utinam! in latino. Lesclamazione italiana Magari!, con cui gli italiani esprimono sentimenti di speranza, una trasformazione popolare dellaggettivo greco makrios, cio felice, beato. Di fronte ad una prospettiva auspicata, si esclama: Magari!, ossia Felice me o felici noi se cos fosse!. Unaltra espressione abituale esprime la speranza: Eppure, quando ci serve a esprimere la convinzione di una soluzione positiva nonostante levidenza delle difficolt presenti.

FENOMENOLOGIA DELLA SPERANZA


I sentimenti della ragione sono sentimenti generati da processi irriducibili a quelli psicologici e sono indizi di una dimensione interiore e ulteriore I sentimenti della ragione sono quei fenomeni interiori che ci rivelano che la nostra interiorit coscienziale irriducibile alla esteriorit dei fatti fisici e alla inferiorit dei fatti interni neuronali e psichici, e rimanda semmai ad una ulteriorit spirituale. Non si tratta di pretesi sentimenti non sensibili (che sarebbero infatti una contraddizione in termini), ma di sentimenti che pur essendo sensibili e rispetto ai quali il soggetto passivo (o meglio, reattivo), tuttavia non sono effetto di una causa esterna o un meccanismo psichico; non sono dunque manipolabili; essi rimandano al fondo oscuro del soggetto, ossia (kantianamente) alla sua noumenalit, e sono indizi ragionevoli della sua libert e spiritualit, nel senso di irriducibilit ai fenomeni materiali, da cui tuttavia emergono. Secondo il celebre esempio di Viktor Frankl, ci sono fenomeni psichici che secondo una dimensione e sotto un certo punto di vista appaiono del tutto simili, ma che per risultano irriducibili secondo altre dimensioni e sotto altri punti di vista: cos come un cilindro e un cono, visti dalle loro basi, appaiono come figure eguali (due cerchi), ma visti da altri lati manifestano la propria irriducibile diversit di solidi. In particolare, tra i sentimenti della ragione fondamentale il rispetto (nel senso kantiano) e quella sua peculiare manifestazione che il rimorso.

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In particolare, c somiglianza s, ma anche irriducibile differenza tra il rimorso e il senso di colpa descritto dalla psicologia e in particolare dalla psicoanalisi (come effetto della introiezione nel Super-Io delle prescrizioni genitoriali): in entrambi i casi (per dirla con le parole di Paolo nella seconda lettera ai Corinzi) si tratta di tristezza, ma la prima secondo il mondo, oppressiva e funziona quasi meccanicamente; la seconda invece di origine trascendente e conduce alla liberazione. Inoltre, il senso di colpa compare anche senza responsabilit oggettiva del soggetto e non scompare neanche dopo il suo ravvedimento; viceversa il rimorso compare solo in chi in piena coscienza dice: potevo e dovevo fare cos e non lho fatto, anzi ho fatto proprio ci che potevo e dovevo non fare; similmente scompare con il pentimento, ovvero con la risoluzione: vorrei non aver agito cos, e voglio, per quanto posso, non agir pi cos. In particolare, in ambito ebraico e cristiano il rimorso acquisisce il valore di senso del peccato, ossia di aver mancato la mira e in senso pieno dispiacere di non aver corrisposto allamor di Dio; viceversa, il senso di colpa il dispiacere di non vedersi corrispondenti alle aspettative del proprio Super-Io. Certamente, il rimorso si serve anche di meccanismi psicologici, ma non ne asservito. Cos, anche la speranza un sentimento della ragione, simile (ma irriducibile) al vago sentimento di speranza, espresso ad esempio dallesclamazione Speriamo!. I sentimenti della ragione nascono quindi per autoaffezione di un soggetto cosciente nel tempo. La speranza un intenso desiderio, ma mediato, di un bene possibile (attuabile) arduo, e di fronte al limite supremo che la morte Secondo una distinzione tomistica (che riprende quella platonica e che stata recentemente reinterpretata psicologicamente da Anna Terruwe), disponiamo di un duplice modo di esercitare la facolt di desiderare: per attrattiva diretta (secondo il cosiddetto appetito concupiscibile, a cui andrebbero ricondotti i semplici desideri) e indiretta (secondo il cosiddetto appetito irascibile, a cui appunto andrebbero ricondotte le speranze). Speranza infatti un desiderio ossia la reazione attrattiva verso qualcosa percepito come bene, ma non presente, bens rap-presentato solo indirettamente. In particolare, mentre si desidera con semplice desiderio qualcosa che piace immediatamente, al contrario si spera, o si ambisce, qualcosa il cui eventuale conseguimento futuro condizionato al superamento di difficolt presenti. Lo sportivo non desidera la fatica dellallenamento, ma vi si sottomette perch ambisce alla soddisfazione della gara e della vittoria. In altre parole, la speranza di un desiderio per un bene momentaneamente occultato da un ostacolo, ovvero da un male. Tommaso dAquino dice che non necessario luso di ragione per sperare e che anche gli altri animali sperano. Del resto, come dice il Salmo, Tutti aspettano da Dio il cibo [Sal 103,27]. Per la speranza in senso pieno non un semplice desiderio dellarduo, ma un grande desiderio ed tale solo se intenzionata. La speranza in senso pieno quindi un desiderio tipicamente umano; richiede una mediazione e una rappresentazione dellassente. Infatti il bene arduo un bene occultato da una difficolt, che viene accet-

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tata solo al fine di conseguire il bene non ancora percepito, ma mentalmente rappresentato. Ecco dunque che la speranza presuppone una strutturazione della temporalit e della realt in una interiorit ed esteriorit. La speranza in senso proprio, dunque, implica una rappresentazione strutturata del tempo: qualcosa di non presente deve essere non semplicemente ripresentato (dalla memoria individuale o collettiva, o dallimmaginazione che ne rielabora i ricordi), ma propriamente rappresentato come possibile in quanto attuabile. Quando lattuabilit risiede principalmente nelle capacit del soggetto, la speranza prende la forma di ambizione; quando invece risiede principalmente nellattuazione da parte daltri, la speranza prende la forma di fiduciosa attesa. In entrambi i casi, c una compenetrazione di atteggiamento passivo ed attivo, e quindi entra in gioco la libert. Poich il futuro non in pieno dominio nostro, anche lambizione richiede una certa passivit rispetto agli eventi; e anche la fiduciosa attesa richiede una certa attivit: attendere ci che si spera significa anche andargli incontro. La speranza, cos, in un certo senso ambivalente: perfino chi spera in Dio certo di lui (ossia del suo dono), ma incerto di s (ossia della propria risposta). La speranza cos intesa si oppone alla paura; ma in altro modo si oppone anche alla disperazione e allira. Ebbene, fin dalla prima infanzia noi connotiamo tutti i nostri atti con la speranza, che ci d una prospezione emotiva. La speranza sempre per il futuro; a volte possiamo esprimere la speranza anche riguardo al passato, ma solo in quanto che questo non ci ancora noto: ad esempio, speriamo oggi che una operazione, che ci sta a cuore e di cui ignoriamo ancora lesito, sia andata bene. La speranza, come sentimento della ragione, desiderio essenziale dellessenziale Proprio per il suo carattere di grande desiderio di un bene nascosto da un male, la speranza si confronta soprattutto con il metaproblema del senso della vita al di l della morte. La morte lultimo orizzonte delle speranze umane, ma anche la soglia di una speranza trascendente. Lesperienza insegna che il tempo aggiusta tutto: se solo si avesse disponibilit di tempo! Finch c vita, c speranza, dice il proverbio. Perci Foscolo scrisse che anche la Speme, ultima dea, fugge i sepolcri. E il Qoelet aveva detto che I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c pi salario per loro, perch il loro ricordo svanisce [Qo 9,5]. Eppure, il Salmista dice che Dio potr riscattarmi; viceversa, gli empi sono per il Saggio biblico quanti non sperano salario per la santit [Sap 2,22]. Se naturale sperare per s, bello sperare per tutti; e in effetti, amare qualcuno significa sperare bene per lui, ovvero, secondo Marcel, potergli dire: Non morirai. La memoria di un passato negativo pesa sul presente e chiude il futuro: cos che subentra la disperazione. La vera speranza consiste nella riapertura del futuro fino alleternit (anche lidea di un progresso oltre la morte, come nella dottrina cattolica del Purgatorio, unattuazione di tale speranza, come chiaro anche nella poetica del Purgatorio di Dante).

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La crisi odierna della religione una crisi della speranza, ossia una difficolt a guardare oltre. Non c nulla di bello e possibile da desiderare; e per questo non c motivo di pregare. La speranza sopravvive nonostante tutto, e rimanda a una speranza che resiste a tutto: si spera in Dio contro ogni umana speranza (in spe, contra spem). Quando desidero limpossibile si ha lillusione; quando desidero il possibile e facile si ha il semplice desiderio; quando desidero il possibile ma arduo si ha lambizione; quando si desidera il certo si ha lattesa. La vaga esclamazione Speriamo!, dunque, non sperare in senso forte, ma esprime piuttosto la passione empirice; viceversa, la speranza intesa come sentimento della ragione un grande desiderio: un desiderio intenzionato, e mediato da una rappresentazione dellassente, futuro e difficile, e finalmente il desiderio essenziale dellessenziale. Posso cambiare speranze; ricredermi su alcune; rimanere frustrato su altre; ma non posso fare a meno di averne. La struttura linguistica e concettuale dei verbi esprimenti gli atti di credere, sperare e amare evidenzia la struttura del soggetto umano e della sua apertura allOltre Il vocabolario della speranza , almeno nella tradizione cristiana, soprattutto per linfluenza paolina, connesso a quello della fede e del credere e a quello dellamare. Sperare assomiglia per certi versi al credere, per certi versi allamare. fondamentale indagare la struttura linguistica degli atti espressi dai verbi credere, sperare e amare; tutti e tre hanno tre possibili costruzioni sintattiche: credere che o qualcosa, credere a qualcuno, credere singolarmente in Dio; sperare che o qualcosa, sperare da qualcuno, sperare in Dio; amare che o qualcosa, amare (a) qualcuno, amare in Dio. Si crede qualcosa (ci che si ritiene per fiducia, con convinzione tanto maggiore quanto maggiore la fiducia meritata e accordata); si crede a qualcosa, o meglio a qualcuno che possa e voglia aiutarci, nel senso che ci si fida di lui, o addirittura ci si affida a lui; si crede in qualcosa, o meglio in qualcuno, che possa e voglia non solo aiutarci, ma dar senso alla nostra vita, ovvero, in pienezza, salvarci, nel senso che si confida solo in lui. Cos, ad esempio, il cristiano crede la Chiesa, o che Dio Padre creatore; e lo crede in quanto crede alla testimonianza di apostoli e profeti tramandata dalla Chiesa; ma soprattutto credendo a questa intende credere (ossia affidare la propria vita) in Dio Padre, nel Signore Ges Cristo e in Spirito Santo. Ci che si crede (la fides quae creditur) si fonda su tale atto di fede per cui si crede (la fides qua creditur). Analogamente, si spera o desidera qualcosa, nel senso che si spera che qualcosa accada, o meglio che venga dato; in particolare, lo si spera da qualcuno; soprattutto si spera soltanto in Dio. Sperare qualcosa da s aspettarsi; sperare da qualcuno aspettare; sperare in Uno invece attendere con certezza. In questi atti c una gradazione da non trascurare. Fidarsi non ancora affidarsi. Attendere non pretendere. Aspettarsi non aspettare. Inoltre, c una consequenzialit: si spera da qualcuno di cui ci si fida; sperare sempre anche credere. Chi si accosta Dio, deve innanzitutto credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano

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[Eb 11,6]. Ma sperare da una persona anche invocarne laiuto; sperare in Dio quindi pregarlo. Sempre analogamente, si ama qualcosa, nel senso che si ama provare alcune emozioni; si ama qualcosa o qualcuno; si ama in Dio. Amare che la prima e incompleta esperienza dellamore. Si ama che qualcosa, presente o rappresentato, provochi piacevoli emozioni: si ama provare emozioni associate a certe rappresentazioni, e in conseguenza di azioni. Era quanto mirabilmente espresse Agostino: Non amavo ancora, ma amavo di amare; una sola cosa mi arrideva, amare ed essere amato. Si tratta di quello che Kant chiamava amore patologico; pi finemente Agostino distingueva lamore che porta a distruggere ci che si ama e amore che invece porta a sacrificarsi per chi si ama. Non un male amare con piacere; lo amare per piacere. Sarebbe infatti usare la persona altrui non pi come fine, ma solo come mezzo. Ma lamore consiste nelle decisioni attuate pi che nei sentimenti provati. Si amano in senso pieno le persone, quando ci si impegna per loro. Si ama infine in Dio quando si ama come lui ama. La speranza come virt latteggiamento che abilita la capacit di desiderare a desiderare in atto senza delusione Il segreto del desiderio e di ogni speranza, come fu bene espresso da Epicuro, quello di desiderare solo ci che naturale ed essenziale. In altre parole: desidera poco e sarai contento; preparati sempre al peggio, e non avrai mai cattive sorprese. Ma questo segreto insufficiente. Infatti c nella condizione umana un paradosso, bene espresso dal canto di Ulisse, nella Divina Commedia: sperare lessenziale sperare limpossibile. Il volo folle, ma va tentato. Dice il Qoelet: Dio ha messo nel cuore delluomo la nozione di infinito, senza che luomo sia capace di comprendere il tutto dal principio alla fine. Lo scacco della speranza necessaria dellimpossibile fa scoprire la dimensione della gratuit e del dono, e quindi dellabbandono. Il segreto della preghiera, ossia del grande desiderio espresso a Dio, chiedere solo ci che lui ha gi deciso di accordare, a volte dilazionandone lattuazione fino al compimento della preghiera stessa. Latteggiamento della speranza consiste dunque umanamente nella cor-rispondenza dei propri desideri con lappello dellessere (per dirla con Heidegger); ma teologicamente dunque la consentaneit dei desideri del singolo con quelli di Dio. Cercare, chiedersi (riflettere) e chiedere (invocare), ri-cercare, cozzare col limite (bussare) sono gradi intensivi e progressivi dellatto di sperare, nel senso di at-tendere Tutti gli enti sono in travaglio e cercano la propria quiete; ma solo gli esseri umani, esistenti coscienti nel mondo, esplicitano e formulano questo cercare in un domandarsi e un domandare che rimanda alle domande fondamentali in cui il questionante stesso diviene per s (come Agostino) una magna quaestio; e solo i credenti, non potendo trovar risposta da s (nella ricerca filosofica) o in s (nella illuminazione gnostica), rivolgono le domande fondamentali a Chi possa e voglia rispondere mediante linvocazione. Chiedete e otterrete; cercate e troverete; bussate e vi sar aperto: questo indica tre gradi della ricerca religiosa e quindi della speranza: linvocazione della preghiera; la

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ri-cerca (intesa non come il cercare previo al domandare, ma come lattivamente tendere verso ci che si at-tende, ossia andargli fattivamente incontro); linsistenza negli ostacoli, e soprattutto nel passaggio al limite, colto non come ultimo estremo (Schranke), ma come limine, ossia come soglia e confine (Grenze) verso lOltre 1. Questultima la speranza in senso pi pieno.

ONTOLOGIA DELLA SPERANZA


Vi nel soggetto umano una triade di capacit, attivit, abilit (tra cui fede, speranza e amore), a cui corrispondono le domande filo-sofiche fondamentali. La speranza, nella tradizione cristiana (soprattutto di origine paolina), costituisce elemento di mediazione tra la fede e lamore, nella articolazione delle virt, le quali, lungi dallessere finestre cieche (come le dodici categorie kantiane, secondo Schopenhauer), manifestano la struttura della nostra soggettivit. Tipicamente umana la triplice capacit di intendere, desiderare e fare: ovvero, con terminologia in parte aristotelica e in parte kantiana, la triplice facolt teoretica, pratica e poietica; o, con terminologia bonaventuriana, intelletto, affetto, effetto, rispettivamente orientate al passato, al futuro e al presente. In corrispondenza a tale triplicit, tre sono gli atti concomitanti di tutti i nostri atti, ovvero credere, sperare e amare. Come bene ha mostrato Marcel, fede, speranza e amore prima ancora di essere virt teologali, appartengono alla realt preconfessionale delluomo. La tradizione filosofica ha tematizzato in alcune domande fondamentali (ineludibili e implicite in ogni altra domanda) le questioni sul questionante stesso, domande che esigono una risposta ultimativa, di altro livello: la domanda teoretica, ossia Cosa posso e debbo sapere?, la domanda pratica e religiosa, ossia Cosa posso desiderare e sperare?, la domanda pratica o poietica, ossia Cosa debbo fare?; domande tutte che si concentrano in quella antropologica: Chi sono io?, e quindi genetica e teleologica: Da dove vengo? E dove vado?; o in generale: Cos lUomo?; e in quella ontologica: Perch esistiamo?. Tali domande fondamentali le troviamo anche nel Nuovo Testamento, in connessione per con la vita eterna. In particolare, la domanda poietica vi formulata esplicitamente dal giovane ricco: Che cosa devo fare per iniziare a vivere sempre?. La risposta data da Ges Se vuoi iniziare a vivere davvero osserva i Comandamenti, riletti alla luce dei cosiddetti Consigli e sintetizzati nella carit. La domanda pratica religiosa formulata indirettamente da Paolo, che suggerisce anche la risposta: Nemmeno noi sappiamo cosa sia conveniente chiedere e desiderare, ma lo Spirito viene incontro alla nostra debolezza gridando nei nostri cuori: Abb, Padre!. La risposta dunque rimanda alla speranza espressa dalla preghiera del Padre Nostro, che ci fa desiderare innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, perch tutto il resto ci sar dato in sovrappi. La domanda teoretica formulata implicitamente da Ges stesso nellenunciazione della sua risposta, che la fede: Questo vivere sempre: conoscere lunico vero Dio e Colui che ha mandato.
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Cf il paragrafo 57 dei Prolegomeni di KANT, giustamente messo in luce da Paul GILBERT.

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Secondo una tradizione catechetica iniziata nella prima et patristica e attestata in Agostino e in Tommaso, per vivere sempre e in felicit piena e sovrannaturale necessario avere la conoscenza di cosa si deve sapere, desiderare e fare (secondo la nostra triplice capacit intellettiva, appetitiva, operativa), conoscenza che da Dio rivelata nella Scrittura, e condensata dalla Chiesa rispettivamente nelle formule del Credo, Padre Nostro e Decalogo, ed infusa al giustificato mediante le virt di fede, speranza e carit, che ne rettificano e perfezionano le capacit. La domanda fondamentale, dunque, pur se espressa in termini intellettivi, anche affettiva ed effettiva, e la risposta fondamentale non solo intellettuale, ma affettuale ed effettuale. Dio inteso come colui che pu e vuole rispondere perch insieme rivelatore da cui imparare, redentore in cui sperare, salvatore da cui essere amati e da poter riamare.

Di qui le tre domande kantiane, che secolarizzano le precedenti domande teologiche, andando a studiarne le condizioni di possibilit: Cosa posso sapere? Cosa debbo fare? Come mi consentito sperare?. Per Kant la speranza emerge dal contrasto tra adempimento del dovere e desiderio di felicit, per cos dire nellinterstizio rimasto vuoto tra sfera teoretica e pratica: se faccio ci che debbo, cosa mi consentito sperare? La speranza richiede laccordo tra leggi della natura e leggi della morale, di modo che al massimo di virt si associ il massimo di felicit, ma questo possibile solo tramite lidea di un supremo Legislatore e della Morale e della Natura, cio Dio. Vi circolarit e opposizione tra credere e sperare e sapere C una tensione, ma anche una circolarit tra sapere e credere; e tra sapere e sperare. Secondo Tommaso, che riprende Avicenna, tutto il sapere dimostrativo e argomentativo si fonda su una credenza naturale o credulitas, o affidamento ai primi princpi della ragione; ma anche si crede (anche con certezza) ci che ancora non si sa con evidenza. Come suggerisce Paul Gilbert, riprendendo Kant, occorre sapere e sperare. Il sapere certo quanto al passato che stato constatato: congetturale o addirittura dimostrativo riguardo al futuro, ma solo in virt del principio di regolarit della natura. In questo senso, so che domani sorger il sole, oppure che se somministro allorganismo un certo farmaco seguir un certo effetto. Per il resto, quanto sfugge alla dimostrazione attingibile solo dalla speranza. In questo senso, credo di sapere, e spero di sapere; ovvero (per dirla con Ricoeur) spero di essere nella verit; ma poich so di credere e sperare (e lApostolo pu anzi dire: so a chi ho creduto), questo salvaguarda, per quanto ci permette la finitezza della nostra condizione, lassolutezza della verit.

GENEALOGIA DELLA SPERANZA COME AUTOAFFEZIONE


Il pensiero genera speranza Se la speranza una autoaffezione del soggetto cosciente nel tempo, ecco che non sar possibile nel tempo una intelligenza non emotiva. Essere capaci di intendere anche essere capaci di desiderare tra i possibili e quindi di volere. Chi pi sa, pi soffre, dice il Qoelet (dove la passione sia il patire sia lappassionarsi). La letteratura fantascientifica ha elaborato figure che possono essere quasi considerate esperimenti mentali per dimostrare linevitabile insorgere di speranze e angosce in una ipotetica intelligenza artificiale progettata come non emozionale: il computer HAL in 2001. Odissea nello spazio, i robot di Asimov, i replicanti in Blade Runner, il

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bambino robot di AI e i Tachikoma nella serie Ghost in the Shell: tutti finiscono per sviluppare forme di emotivit e a provare speranza e angoscia. Interessante lambivalenza del sentimento di autori e lettori riguardo alle emozioni: averne ci fa essere per un verso meno perfetti (ossia pi fragili), ma per un altro pi perfetti. Lintelligenza non emotiva rappresentata come pi sicura, meno fallibile; eppure anche pi prevedibile, meno efficace; inoltre lemotivit agognata dalle macchine pensanti. Paradossalmente desiderare di desiderare gi un desiderare. In fondo, come ha rilevato la psicologia, saper interagire richiede non solo empatia, ma anche intelligenza emotiva. Il sapere presuppone la speranza di conoscere la verit C una circolarit virtuosa (e dunque una spirale) tra speranza e conoscenza. Solo la considerazione di un bel futuro porta a sperare; daltra parte proprio la speranza riesce a orientare la nostra conoscenza. Per conoscere dobbiamo domandare, ma la domanda ci orienta gi alla risposta, secondo linsegnamento di Agostino e Heidegger. Ma un conto seguire lorientamento della domanda che sorge spontanea (tutissima est enim quaerentis intentio); un altro conto, invece, pilotare surrettiziamente la domanda con una sua particolare formulazione. Ad esempio, se linquisitore chiedesse come prima cosa al sospettato Come hai commesso lomicidio?, vorrebbe surrettiziamente che rispondesse alla implicita domanda: Lhai commesso tu lomicidio?. Un avvocato direbbe che tale domanda sarebbe tendenziosa. Ebbene, renderci conto di quale speranza anima la nostra ricerca conoscitiva (scientifica o filosofica) fondamentale per capire come questa ricerca si pu orientare. In qualche modo troviamo solo ci che speriamo di trovare: ma se la nostra speranza surrettizia, troviamo solo conferme ai nostri pregiudizi, un po come Popper accusava Freud e Marx di fare. Facciamo qualche esempio. La speranza, nel senso di aspettativa, presiede al processo di conoscenza spontanea e ingenua. Nella civilt stanziale nessuno domanda a un suo conoscente il motivo per cui lo ritrova frequentemente negli stessi posti; si meraviglierebbe semmai di trovarlo in altro luogo: E tu, che ci fai qui?. Ma in una civilt di nomadi, sarebbe esattamente linverso: ci si meraviglierebbe di ritrovare un conoscente sempre nello stesso luogo: E tu, com che stai ancora qui?. Ci si meraviglia (e ci si interroga) su ci che non ci si aspetta: e soprattutto su ci che disattende le nostre speranze (generando sgomento), o al rovescio che le realizza in maniera fin troppo bella (generando stupore). Ma anche la scienza naturale stessa pu scoprire la verit tanto quanto aspetta qualcosa. Il fisico aristotelico si aspetta la quiete e cerca dunque di spiegare il moto (ad esempio con la dottrina delle cause motrici, fino al primo motore immobile). Il fisico galileiano si aspetta invece il moto perpetuo (ad esempio, nellesperimento del piano inclinato) e cerca di spiegare invece la quiete (con lattrito). Per essere conoscitiva, la speranza deve essere davvero aperta; deve in qualche modo renderci capaci di attendere linatteso. Cos Fleming scopr la penicillina che non saspettava.

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In metafisica, lattesa determina linsorgere della meraviglia. Siamo meravigliati (stupiti o sgomenti, a seconda dei casi) solo quando constatiamo ci che non ci aspettavamo. La domanda leibniziana e heideggeriana perch c lessere piuttosto che il nulla? una domanda tendenziosa, perch il questionante presuppone che ci si debba aspettare il nulla piuttosto che qualcosa. Una tale domanda non potrebbe essere condivisa da un parmenideo. Solo chi si aspetta il nulla si stupisce perch qualcosa esiste. Viceversa, chi si aspetta lessere si stupisce invece perch qualcosa cessa. Lo stesso procedimento circolare di speranza e conoscenza ci fa cogliere come nasce la teologia in una religione che si presenti come rivelazione, cos come splendidamente la descrive Agostino nel prologo delle sue Confessioni. Quando il domandarmi non mi porta risposte, devo chiedere a chi voglia e possa rispondermi. Cos, cerco di sapere e chiedo: ma per chiedere devo chiamare e per chiamare devo conoscere chi chiamare, per non chiamare uno per laltro. Dunque la spirale della conoscenza e del desiderio diviene circolo vizioso allinfinito. Ecco che necessario rompere il cerchio con la ricerca divina, la rivelazione, la fede. Senza aspettative non c conoscenza: conosciamo ci che in qualche modo riconosciamo: non per reminiscenza, ma per riconoscenza. Il volere presuppone la speranza di conseguire la felicit Ci sono due sensi di felicit: in un caso, la felicit uno stato di pienezza, come adempimento di ogni desiderio e speranza; nellaltro caso, la felicit piuttosto uno stato di vuoto, come estinzione di ogni desiderio o speranza. Il primo senso quello tipicamente agostiniano; il secondo senso quello tipicamente buddhista e schopenhaueriano (e in parte epicureo, leopardiano). A ben vedere, la speranza cristiana ha entrambi gli aspetti: la vanit di vanit del Qoelet lo svuotamento delle false speranze; cos il far bene senza pretendere alcuna ricompensa. In qualche modo la speranza un segno di imperfezione: ci che si spera, se visto non pi speranza; analogo discorso vale per la fede; per questo la speranza una delle tre cose che rimangono, ma, secondo la tradizione teologica pi accreditata, va trasformata, a differenza della carit. La speranza dunque si estingue. E tuttavia anche nella visione buddhista si ha il desiderio di estinzione. In qualche modo impossibile la nolont; svuotare il volere comunque volere. Se luomo un cercatore per natura, allora un ritrovamento tale da fargli smettere di cercare non sarebbe uno snaturamento? In effetti dunque, ladempimento di ogni bene deve essere inteso come sempre ricevuto, e in qualche modo sempre desiderato.

METAFISICA DELLA SPERANZA


Si pu sperare di trovare ci che si cerca, proprio perch il cercato stesso si comunica Di fronte alla domanda filosofica, che ineludibile, vari sono i possibili atteggiamenti. Un primo atteggiamento di disillusione, se non addirittura di disperazione: non si pu non cercare, ma non si pu neanche trovare (perch la domanda mal posta, o

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perch non vi risposta, o perch vi ma non conseguibile). Un secondo atteggiamento di speranza: si deve cercare e si pu trovare. Se devi, puoi, dice Kant; Il desiderio naturale (di conoscere la verit, di raggiungere la felicit, di vivere sempre) non pu esser vano diceva Tommaso. Su cosa si fonda questa convinzione? La speranza la convinzione che la quaestio non sar vana, perch ad essa corrisponde una communicatio, che in realt precede e innesca la quaestio stessa. Posso cercare la verit perch la verit a manifestarsi. Non mi cercheresti se non mi avessi gi trovato, la frase che Pascal attribuisce al Signore. Viceversa, latteggiamento di rinuncia, disillusione e disperazione nella ricerca fondamentalmente riduzionistico e nichilistico. Vi un nichilismo teoretico (secondo cui non scopro nessun senso nel mondo, ma ve lo proietto: come il Faust di Goethe, per cui in principio lAzione, o i Demoni di Dostojevskij); ma vi pure un nichilismo pratico (secondo cui non aspetto nulla nella vita, o aspetto invano: come in Aspettando Godot, o nel Deserto dei tartari). Ebbene, quandanche fosse frustrata o delusa, deprivata e addirittura negata, la speranza resiste: ci che resiste ad ogni disillusione: anche chi in preda alla pi profonda (e psicologicamente cogente) delle disperazioni, attenta al suicidio, lo fa perch mosso dalla speranza di non pi soffrire. Ma anche le speranze pi particolari si fondano sullincontro tra la ricerca del soggetto e la comunicazione di un datore (e del resto, non questa la struttura fondamentale della morfologia delle fiabe e in generale di ogni racconto letterario?). Come indica la stessa etimologia latina (prouidentia, che diviene sia prudentia che providentia), lumana prudenza laltro aspetto, pi ordinario, della divina provvidenza: Aitati, che Dio taiuta, dice il proverbio italiano. Ma in questa dinamica, ancora tutta filosofica, si innesta la virt teologale cristiana della speranza, quale mediazione tra Prudenza e Provvidenza. Si spera in Dio che provveder, e questo allarga la prudenza dandole superinfusione sovrannaturale. C una prudenza solo orizzontale che valuta gli eventi in vista di questa vita: le quattro virt delle quali nulla pi utile agli uomini in questa vita, dice il libro della Sapienza. Esse per vengono trasformate se informate dalle tre virt teologali, in vista della vita eterna. Una prudenza puramente umana avrebbe suggerito ai martiri la fuga; una prudenza improntata a speranza teologale ha suggerito loro invece di affrontare il martirio. Si pu sperare solo perch sperati Nellordine logico, quoad nos, vero che, come diceva Cartesio, cogito ergo sum (cio, so di esistere perch so di sapere e pensare); ma questo possibile perch nellordine ontologico, quoad se, vero allinverso, come aggiungeva Barth, che cogitor ergo sum (cio, esisto perch sono pensato da Dio). Analogamente, possiamo davvero sperare tanto quanto siamo stati e siamo realmente sperati, cio non solo desiderati e cercati, ma anche pazientemente aspettati. Nella Scrittura Daniele presentato come luomo dei desideri che proprio per questo ha rivelazioni. Lespressione ha in ebraico ha il senso di un passivo teologico: luomo dei desideri luomo desiderato e quindi prediletto da Dio. Ma nella traduzione latina lespressione vir desideriorum acquisisce un senso attivo (a cui Bona-

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ventura dedica una bella analisi): solo chi ha grandi desideri pu attingere a grandi rivelazioni. In fondo, lequivoco linguistico fa penetrare un senso pi profondo (cos come accaduto con lespressione uomini di buona volont): solo chi fortemente desiderato e benvoluto pu di fatto fortemente desiderare e benvolere. Si pu ben sperare solo se sperati. Essere sperati non semplicemente essere aspettati, ma anche essere desiderati e cercati per amore del nostro amore: in questo consiste la gelosia di Dio in senso biblico; lamore pieno solo se incondizionato e condizionato assieme: ama comunque, ma richiede una redamatio; altrimenti, indifferenza.

PRATICA (ETICA ED ASCETICA) DELLA SPERANZA


Si matura sperando Nella dinamica di sviluppo del soggetto si passa dallautocoscienza alla maturit alla responsabilit. La speranza ci che porta a maturit. Ma la maturit si constata solo saggiando: tagliare il frutto per vederne la maturit. Come nel mondo vegetale vi un processo di maturazione, cos nel mondo intenzionale umano la maturazione la speranza; la speranza porta a maturit il soggetto. In questo senso, secondo Danilo Dolci, Ciascuno cresce solo se sognato; e, secondo Cmara, quando si sogna da soli, resta solo un sogno; quando si sogna insieme, il sogno comincia a diventare realt. Il compito delleducatore quello di saper vedere e far vedere allallievo il futuro nel presente: in ci che gi ci che di bello pu diventare. Leducatore deve essere un mediatore temporale che rassicura sul gi e non ancora. Anche la testimonianza della catena della comunicazione (ossia gli esempi di chi in crescita o gi divenuto adulto e responsabile) d speranza certa al discepolo, che vedendo i suoi condiscepoli pi avanti di lui, pu dire: Ce lhanno fatta loro; dunque posso farcela e debbo farcela. Limportante mostrare lobiettivo come bello (desiderabile) e possibile. Se questo vale per lesperienza pedagogica individuale e sociale, va a maggior ragione per lesperienza religiosa del messanismo ebraico-cristiano: attendere lAtteso dalle Genti e sentirsi da lui attesi. Il cuore della morale lascesi, e lascesi la purificazione delle speranze La speranza la chiave dellazione ascetica (ossia anagogia). In un primo movimento, il desiderio pi forte vince. Siccome la vita spirituale si forma attraverso la mediazione, larticolazione temporale e il meccanismo di esonero e potatura, fra due desideri vince il maggiore; dunque il desiderio dellimmediato superato dal grande desiderio solo se c la contemplazione del futuro, o addirittura delleterno. In questo senso, la caduta in parte un interruzione dalla contemplazione, e anche un atto di impazienza. Viceversa la prudenza previdenza e provvidenza: prevede e perci provvede. Poich non si pu calcolare tutto il futuribile, occorre attendere (fidarsi, confidare, affidarsi). Ma in un secondo movimento, la speranza che ha animato le scelte morali deve essere svuotata. Lattesa (aspettativa) del bene deve convertirsi in attesa del buono; la purificazione dellattesa fa s che non si preferisca il dono al donatore.

UTINAM!

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Analogo problema quello dellaltruismo e dellamore disinteressato. In fondo, siamo tutti egocentrici: anche dando cerchiamo. E per la differenza tra chi cerca in maniera essenzialmente concomitante e chi lo fa surrettiziamente. Comunicarsi solo per acquisire egoismo; comunicarsi anche per acquisire (ma non solo) altruismo nella misura creaturale umana. Tutti gli enti finiti cercano qualcosa; perci Avicenna dice che solo Dio pu veramente esser detto generoso: lui solo comunica senza cercare nulla per s. Dal punto di vista cristiano, per, Dio cerca: in generale, cerca nel senso che si fa cercare (e quindi comunicandosi); ma in Cristo, cerca anche facendosi cercatore: Il Figlio delluomo venuto a cercare e salvare ci che era perduto. Per contro, la condizione normalmente anormale dellamore umano quella di non essere puro, e tuttavia di poter e dover essere purificato attraverso la purificazione delle speranze. Il problema complesso, anche nella Scrittura. Paolo dice: Per loro mi farei anatema (come Mos: Se no, cancella pure me dal tuo libro); e per dice anche: Se solo per motivi umani avessimo rinunciato a tanto, saremmo da compatire pi di tutti gli altri uomini. Ancora, la morale vale etsi daretur non esse Deum; e per la proposta ratzingeriana ai non credenti di vivere etsi daretur esse Deum. La differenza sta tutta qui: altro agire come se, altro agire come. Il rinnegare s, labnegazione, non altro che la purificazione delle speranze, sicch lattesa non divenga egoistica pretesa. C una purificazione attiva e passiva delle speranze, ci che il passaggio per la notte del senso e dello spirito, per il raggiungimento eckhartiano del distacco. Questa la morte a se stessi; la croce mistica; la spogliazione che segue sempre lamore; la vacuit piena; la tenebra luminosa e la luce oscura. Il passaggio questo: non maspetto nulla, ma taspetto.

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DI MAIO PERCORSO DI FILOSOFIA CRISTIANA

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