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Universit Gregoriana Facolt di filosofia

--------------------------------------------Corso di Metafisica (FP1004) 2010-2011 Schemi delle lezioni ------------------------------------------

Paul GILBERT S.I.

Tema 1 Aristotele: definizione della metafisica


Luno ricercato In base a questi ragionamenti, si potrebbe credere che ci sia una causa unica: quella che diciamo causa materiale. Ma, mentre questi pensatori procedevano in questo modo, la realt stessa tracci loro la via e li costrinse a ricercare ulteriormente (ARISTOTELE, Metafisica, A/I, 3 [984a16-19], trad. G. Reale, Rusconi [Testi a fronte], Milano 1993). Allorigine del termine metafisica Storia della coniazione del termine Il significato del termine meta La distinzione tra scienze poietiche, pratiche e teoretiche Comunemente si ammette che ogni arte [tecn] esercitata con metodo, e, parimenti, ogni azione [praxis] compiuta in base a una scelta, mirino ad un bene; perci a ragione si affermato che il bene ci cui ogni cosa tende. Ma tra i fini c unevidente differenza: alcuni infatti sono attivit [energeiai], altri sono opere [erga] che da esse derivano. Quando ci sono dei fini al di l delle azioni, le opere sono per natura di maggior valore delle attivit. E poich molte sono le azioni [praxis], le arti [tecn] e le scienze [epistm], molti sono anche i fini (ARISTOTELE, Etica Nicomachea, I, 1, 1094a1-8, trad. Cl. Mazzarelli, Milano 2000). Noi pensiamo che il piacere sia strettamente congiunto con la felicit, ma la pi piacevole delle attivit conformi a virt , siamo tutti daccordo, quella conforme alla sapienza; in ogni caso, si ammette che la filosofia ha in s piaceri meravigliosi per la loro purezza e stabilit, ed naturale che la vita di coloro che sanno trascorra in modo pi piacevole che non la vita di coloro che ricercano. Quello che si chiama autosufficienza si realizzer al massimo nellattivit contemplativa (Ibid., X, 7, 1177a27-34). La gerarchia delle scienze teoretiche Le posizioni di Reale e di Ross sulla separabilit degli oggetti della fisica. La matematica: la mente umana e la priori materiale. La filosofia prima e la priori immobile e separato. Ora, poich esiste una scienza della natura, evidente che essa deve essere diversa sia dalla scienza pratica sia della scienza poietica. Infatti, nel caso della scienza poietica, il principio del movimento si trova nellartefice e non nella cosa prodotta , e questo principio consiste o in unarte o un qualche altra potenza. E similmente, anche nel caso della scienza pratica, il movimento risiede non in ci che oggetto di azione, ma negli agenti. Invece, la scienza dal fisico verte intorno a oggetti che hanno in s medesimi il principio di movimento (ARISTOTELE, Metafisica K/XI, 7, 1064a10-18, trad. G. Reale, Milano 1993).

Ma se esiste qualcosa di eterno, immobile e separato, evidente che la conoscenza di esso spetter certamente a una scienza teoretica, ma non alla fisica, perch la fisica si occupa di esseri in movimento, e neppure alla matematica, bens a una scienza anteriore alluna e allaltra. Infatti, la fisica riguarda realt separate ma non immobili; alcune delle scienze matematiche riguardano realt che sono immobili ma non separate, bens immanenti alla materia; invece la filosofia prima riguarda realt che sono separate e immobili (Ibid., E/VI, 1, 1026a10-16). La filosofia prima C una scienza [epistm = disciplina] che considera [therei] lessere [= ente] in quanto essere [= ente] e le propriet che gli competono in quanto tale (Ibid., G/IV, 1003a20-21). Il significati di epistm Il significato del theorien Conclusione La metafisica come aitiologia, ousiologia, ontologia, teologia. Bibliografia E. BERTI, Introduzione alla metafisica, Torino 1993, 7-12. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 1, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato 1992, 17-48. E. GILSON, Lessere e lessenza, Milano 1988, 1-14. G. REALE, Sommari e commentario in ARISTOTELE, Metafisica, t. III, Milano 1993, 293-301. G. REALE, Il concetto di filosofia prima e lunit della Metafisica di Aristotele, Milano 1993, 79-84.

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Tema 2 Aristotele: la sostanza


La sostanza (ousa). Linvenzione del termine ousa. Differenti significati del termine ousa: Nelle Categorie V: Sostanza quella detta nel senso pi proprio e in senso primario e principalmente, la quale n si dice di qualche soggetto n in qualche soggetto; ad esempio, un certo [tis] uomo o un certo cavallo. Invece sono dette sostanze seconde le specie nelle quali esistono quelle che vengono dette sostanze in senso primario; queste ed i generi di queste specie. Ad esempio, un certo uomo esiste nella specie uomo, e il genere di questa specie animale. Pertanto sono queste che sono dette sostanze seconde: ad esempio uomo e animale (ARISTOTELE, Le categorie, V [2a10-16], trad. M. Zanatta, Milano 42002).

Nella Metafisica V, 8 (1017b10 sq): (1) Sostanza [ousa], in un senso, sono detti i corpi semplici: per esempio fuoco, terra, acqua e tutti gli altri corpi come questi ; in generale tutti corpi e le cose composte di essi : per esempio animali ed esseri divini e le parti di questi. Tutte queste cose si dicono sostanze, perch non vengono predicate di un sostrato [upokeimenon], mentre di esse viene predicato tutto il resto. (2) In un altro senso, sostanza si dice ci che immanente a queste cose che non si predicano di un sostrato ed causa [aition] del loro essere [einai]: per esempio lanima negli animali. (3) Inoltre, sostanze sono dette anche quelle ,parti che sono immanenti a queste cose, che delimitano queste stesse cose, che esprimono un alcunch di determinato e la cui eliminazione comporterebbe leliminazione del tutto. Per esempio, se si eliminasse la superficie secondo alcuni filosofi si eliminerebbe il corpo, e se si eliminasse la linea, si eliminerebbe la superficie. E in generale questi filosofi ritengono che il numero sia une realt di questo tipo e che determini tutto, perch se si eliminasse il numero, non ci sarebbe pi nulla. (4) Inoltre, si dice sostanza di ciascuna cosa anche lessenza [to ti n einai], la cui nozione definizione della cosa. Ne risulta che la sostanza [ousa] si intende secondo due significati: (a) ci che sostrato [upokeimenon] ultimo, il quale non viene pi predicato di altra cosa, e (b) ci che, essendo un alcunch di determinato, pu anche essere separabile, e tale la struttura [morf] e la forma [eidos] di ciascuna cosa (ARISTOTELE, Metafisica D/V, 8, 1017b10-26). Sostanza e accidenti. La forma e la materia. La forma e la ratio. Il sinolo e la forma [lgos] sono due differenti significati della sostanza [ousa]: il sinolo sostanza costituita dallunione della forma [lgos] con la materia [l], laltra sostanza nel senso di forma in quanto tale. Tutte le sostanze intese nel primo significato sono soggette a corruzione, cos come sono soggette a generazione. Invece la forma (lgos) non soggetta a corruzione e neppure a generazione: infatti, non si genera lessenza di casa ma solo lessere [ einai] di questa concreta casa qui; le forme esistono oppure non esistono senza che di esse vi sia processo di generazione e di corruzione: chiaro, infatti, che nessuno le genera n le produce. Per questa ragione, delle sostanze sensibili particolari non c n definizione n dimostrazione, in quanto hanno materia, la cui natura implica possibilit di essere e di non essere: perci tutte queste sostanze sensibili individuali sono corruttibili (ARISTOTELE, Metafisica Z/VII, 15, 1039b20-31). La materia e la contingenza.

Chiamo materia quella che, di per s, non n alcunch di determinato, n una quantit n alcuna altra determinazione dellessere [to on] (Ibid., Z/VII, 3, 1029a2021). Tutte le cose che sono generate, sia ad opera della natura sia ad opera dellarte, hanno materia: ciascuna di esse, infatti, ha potenzialit [dunaton] di essere e di non essere, e appunto questa potenzialit, in ciascuna di esse, la materia (Ibid., Z/VII, 7, 1032a20-22). Un punto di visto epistemologico. Le sostanze corruttibili, infatti, a chi pure possiede scienza, sono inconoscibili, non appena siano fuori dal campo della sensazione; e, anche se si conservano nellanima le nozioni delle medesime, di esse non ci potr essere n definizione n dimostrazione. Perci, per quanto concerne la definizione, necessario che, quando si definisce qualcuna delle sostanze individuali, non si ignori che pu sempre venir meno; in effetti, non possibile darne definizione (Ibid., Z/VII, 15 [1040a1-7]). La ragione e lastrazione. Mantenere insieme luniversalit e la contingenza La potenza, latto e il fine Potenza Ci che vogliamo dire diventa chiaro per induzione nei casi particolari: infatti, non bisogna cercare definizione in tutto, ma bisogna accontentarsi di comprendere intuitivamente certe cose mediante lanalogia. E latto sta alla potenza come ad esempio chi costruisce sta a chi pu costruire, che desto a chi dorme, chi vede a chi ha gli occhi chiusi ma ha la vista, e ci che ricavato dalla materia alla materia e ci che elaborato a ci che non elaborato. Al primo membro di queste differenti relazioni si attribuisca la qualifica di atto [energeia] e al secondo quella di potenza [dunaton] (ARISTOTELE, Metafisica, T/IX, 6, 1048a30-b6). Chiamo movimento [kinsis] latto [energeia] di ci che in potenza [dunamis], in quanto in potenza (ARISTOTELE, Metafisica K/VII, 9, 1065b16). Il movimento [kinsis] lattualizzazione di ci che in potenza [dunamis], quando questo sia in atto [energeia] e si realizzi [entelecheia] e non in quanto se stesso ma in quanto mobile (Ibid., 1065b21-23). Energia Latto [energeia] lesistere [uparkein] della cosa [pragma] (ARISTOTELE, Metafisica T/IX, 6, 1048a31-32). Entelechia Il termine atto, che si collega strettamente a quello di entelecheia, anche se si estende agli altri casi, deriva soprattutto dai movimenti: sembra, infatti, che latto sia

principalmente il movimento. Per questa ragione, alle cose che non esistono non si attribuisce il movimento, mentre si attribuiscono altri predicati: per esempio si pu dire che le cose che non esistono sono pensabili e desiderabili, non, invece, che sono in movimento. E questo perch, mentre non sono in atto, dovrebbero essere un atto. Infatti, fra le cose che non sono, alcune sono in potenza: tuttavia non esistono di fatto, perch appunto non sono in atto (ARISTOTELE, Metafisica T/IX, 3, 1047a30-1048a2). Bibliografia E. BERTI, Il concetto di atto nella Metafisica di Aristotele in M. SNCHEZ SORONDO (a cura di), Latto aristotelico e le sue ermeneutiche, Roma 1990, 43-61. E. BERTI, Genesi e sviluppo della dottrina della potenza e dellatto in Aristotele in Studia patavina (1958) 477-505. G. BONTADINI., Lessere come atto in Aquinas, 1983, 325-332. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 2 e 5, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato, 1992, 49-75, 139-170. G. REALE, La dottrina aristotelica della potenza, dellatto e dellentelechie nella Metafisica in ID., Studi di filosofia e di storia della filosofia, Milano 1962, 145-207 G. REALE, Filo conduttore grammaticale e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie in Rivista di Filosofia Neo-scolastica 49 (1957) 423-458. M. ZANATTA, Note a ARISTOTELE, Le categorie, Milano 42002, 145-167.

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Tema 3 Aristotele: i metodi della conoscenza


Differenti modi di dimostrazione. La dimostrazione scientifica. Se il sapere dunque tale, quale abbiamo stabilito, sar pure necessario che la scienza dimostrativa si costituisca sulla base di premesse vere, prime, immediate, pi note della conclusione, anteriori ad essa, e che siano cause di essa: a questo modo, infatti, pure i principi risulteranno propri delloggetto provato. In realt, un sillogismo potr sussistere anche senza tali premesse, ma una dimostrazione non potrebbe sussistere, poich allora non produrrebbe scienza. Occorre dunque che queste premesse siano vere, in quanto non possibile conoscere ci che non , ad esempio, la commensurabilit della diagonale. Il sillogismo scientifico deve inoltre costituirsi sulla base di proposizioni prime, indimostrabili, poich altrimenti non si avrebbe sapere, non possedendosi dimostrazione di esse. In realt, il conoscere non accidentalmente gli oggetti la cui dimostrazione possibile, consiste nel possedere la dimostrazione (ARISTOTELE, Secondi analitici A/I, 2, 71a20-31, trad. di G. Colli, Bari Roma 1984).

La dimostrazione per confutazione. Metafisica IV, 3: formulazione del principio. Una impossibilit per il lgos. Abbiamo stabilito che impossibile che una cosa, nello stesso tempo, sia e non sia; e, in base a questa impossibilit, abbiamo mostrato che questo il pi sicuro di tutti i principi (ARISTOTELE, Metafisica G/IV, 4, 1006a3-5). Metafisica IV, 4: difesa del principio. Problematica semantica. Anche per questo principio, si pu dimostrare limpossibilit, in parola, per vie di confutazione [elentiks]: a patto, per, che lavversario dica qualcosa. Se, invece, lavversario non dice nulla, allora ridicolo cercare una argomentazione da opporre contro chi non dice nulla, in quanto, appunto, non dice nulla: costui, in quanto tale, sarebbe simile ad una pianta. [] Il punto di partenza, in tutti questi casi, non consiste nellesigere che lavversario dica che cosa qualcosa o , oppure che non (egli, infatti, potrebbe subito obiettare che questo gi un ammettere ci che si vuole provare), ma che dica qualcosa che abbia un significato e per lui e per gli altri; e questo pur necessario, se egli intende dire qualcosa. Se non facesse questo, costui non potrebbe in alcun modo discorrere, n con s medesimo n con altri; se, invece, lavversario concede questo, allora sar possibile una dimostrazione (ARISTOTELE, Metafisica G/IV, 4, 1006a11-25). Significato riflessivo del principio. Bibliografia M.C. BARTOLOMEI, Problemi concernenti lopposizione e la contraddizione in Aristotele in Verifiche 10 (1981) 163-193. E. BERTI, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo 1987. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 3, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato, 1992, 77-106. J. UKASIEWICZ, Del principio di contraddizione in Aristotele, a cura di G. Franci e C.A. Testi, Macerata 2003. P. PAGANI, Contraddizione performativa e ontologia, Milano 1999, 333-345. G. PASQUALE, Il principio di non-contraddizione in Aristotele, Torino 2008. G. REALE, in ID., Studi di filosofa della storia, Milano 1962, 175.

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