Ma se esiste qualcosa di eterno, immobile e separato, evidente che la conoscenza di esso spetter certamente a una scienza teoretica, ma non alla fisica, perch la fisica si occupa di esseri in movimento, e neppure alla matematica, bens a una scienza anteriore alluna e allaltra. Infatti, la fisica riguarda realt separate ma non immobili; alcune delle scienze matematiche riguardano realt che sono immobili ma non separate, bens immanenti alla materia; invece la filosofia prima riguarda realt che sono separate e immobili (Ibid., E/VI, 1, 1026a10-16). La filosofia prima C una scienza [epistm = disciplina] che considera [therei] lessere [= ente] in quanto essere [= ente] e le propriet che gli competono in quanto tale (Ibid., G/IV, 1003a20-21). Il significati di epistm Il significato del theorien Conclusione La metafisica come aitiologia, ousiologia, ontologia, teologia. Bibliografia E. BERTI, Introduzione alla metafisica, Torino 1993, 7-12. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 1, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato 1992, 17-48. E. GILSON, Lessere e lessenza, Milano 1988, 1-14. G. REALE, Sommari e commentario in ARISTOTELE, Metafisica, t. III, Milano 1993, 293-301. G. REALE, Il concetto di filosofia prima e lunit della Metafisica di Aristotele, Milano 1993, 79-84.
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Nella Metafisica V, 8 (1017b10 sq): (1) Sostanza [ousa], in un senso, sono detti i corpi semplici: per esempio fuoco, terra, acqua e tutti gli altri corpi come questi ; in generale tutti corpi e le cose composte di essi : per esempio animali ed esseri divini e le parti di questi. Tutte queste cose si dicono sostanze, perch non vengono predicate di un sostrato [upokeimenon], mentre di esse viene predicato tutto il resto. (2) In un altro senso, sostanza si dice ci che immanente a queste cose che non si predicano di un sostrato ed causa [aition] del loro essere [einai]: per esempio lanima negli animali. (3) Inoltre, sostanze sono dette anche quelle ,parti che sono immanenti a queste cose, che delimitano queste stesse cose, che esprimono un alcunch di determinato e la cui eliminazione comporterebbe leliminazione del tutto. Per esempio, se si eliminasse la superficie secondo alcuni filosofi si eliminerebbe il corpo, e se si eliminasse la linea, si eliminerebbe la superficie. E in generale questi filosofi ritengono che il numero sia une realt di questo tipo e che determini tutto, perch se si eliminasse il numero, non ci sarebbe pi nulla. (4) Inoltre, si dice sostanza di ciascuna cosa anche lessenza [to ti n einai], la cui nozione definizione della cosa. Ne risulta che la sostanza [ousa] si intende secondo due significati: (a) ci che sostrato [upokeimenon] ultimo, il quale non viene pi predicato di altra cosa, e (b) ci che, essendo un alcunch di determinato, pu anche essere separabile, e tale la struttura [morf] e la forma [eidos] di ciascuna cosa (ARISTOTELE, Metafisica D/V, 8, 1017b10-26). Sostanza e accidenti. La forma e la materia. La forma e la ratio. Il sinolo e la forma [lgos] sono due differenti significati della sostanza [ousa]: il sinolo sostanza costituita dallunione della forma [lgos] con la materia [l], laltra sostanza nel senso di forma in quanto tale. Tutte le sostanze intese nel primo significato sono soggette a corruzione, cos come sono soggette a generazione. Invece la forma (lgos) non soggetta a corruzione e neppure a generazione: infatti, non si genera lessenza di casa ma solo lessere [ einai] di questa concreta casa qui; le forme esistono oppure non esistono senza che di esse vi sia processo di generazione e di corruzione: chiaro, infatti, che nessuno le genera n le produce. Per questa ragione, delle sostanze sensibili particolari non c n definizione n dimostrazione, in quanto hanno materia, la cui natura implica possibilit di essere e di non essere: perci tutte queste sostanze sensibili individuali sono corruttibili (ARISTOTELE, Metafisica Z/VII, 15, 1039b20-31). La materia e la contingenza.
Chiamo materia quella che, di per s, non n alcunch di determinato, n una quantit n alcuna altra determinazione dellessere [to on] (Ibid., Z/VII, 3, 1029a2021). Tutte le cose che sono generate, sia ad opera della natura sia ad opera dellarte, hanno materia: ciascuna di esse, infatti, ha potenzialit [dunaton] di essere e di non essere, e appunto questa potenzialit, in ciascuna di esse, la materia (Ibid., Z/VII, 7, 1032a20-22). Un punto di visto epistemologico. Le sostanze corruttibili, infatti, a chi pure possiede scienza, sono inconoscibili, non appena siano fuori dal campo della sensazione; e, anche se si conservano nellanima le nozioni delle medesime, di esse non ci potr essere n definizione n dimostrazione. Perci, per quanto concerne la definizione, necessario che, quando si definisce qualcuna delle sostanze individuali, non si ignori che pu sempre venir meno; in effetti, non possibile darne definizione (Ibid., Z/VII, 15 [1040a1-7]). La ragione e lastrazione. Mantenere insieme luniversalit e la contingenza La potenza, latto e il fine Potenza Ci che vogliamo dire diventa chiaro per induzione nei casi particolari: infatti, non bisogna cercare definizione in tutto, ma bisogna accontentarsi di comprendere intuitivamente certe cose mediante lanalogia. E latto sta alla potenza come ad esempio chi costruisce sta a chi pu costruire, che desto a chi dorme, chi vede a chi ha gli occhi chiusi ma ha la vista, e ci che ricavato dalla materia alla materia e ci che elaborato a ci che non elaborato. Al primo membro di queste differenti relazioni si attribuisca la qualifica di atto [energeia] e al secondo quella di potenza [dunaton] (ARISTOTELE, Metafisica, T/IX, 6, 1048a30-b6). Chiamo movimento [kinsis] latto [energeia] di ci che in potenza [dunamis], in quanto in potenza (ARISTOTELE, Metafisica K/VII, 9, 1065b16). Il movimento [kinsis] lattualizzazione di ci che in potenza [dunamis], quando questo sia in atto [energeia] e si realizzi [entelecheia] e non in quanto se stesso ma in quanto mobile (Ibid., 1065b21-23). Energia Latto [energeia] lesistere [uparkein] della cosa [pragma] (ARISTOTELE, Metafisica T/IX, 6, 1048a31-32). Entelechia Il termine atto, che si collega strettamente a quello di entelecheia, anche se si estende agli altri casi, deriva soprattutto dai movimenti: sembra, infatti, che latto sia
principalmente il movimento. Per questa ragione, alle cose che non esistono non si attribuisce il movimento, mentre si attribuiscono altri predicati: per esempio si pu dire che le cose che non esistono sono pensabili e desiderabili, non, invece, che sono in movimento. E questo perch, mentre non sono in atto, dovrebbero essere un atto. Infatti, fra le cose che non sono, alcune sono in potenza: tuttavia non esistono di fatto, perch appunto non sono in atto (ARISTOTELE, Metafisica T/IX, 3, 1047a30-1048a2). Bibliografia E. BERTI, Il concetto di atto nella Metafisica di Aristotele in M. SNCHEZ SORONDO (a cura di), Latto aristotelico e le sue ermeneutiche, Roma 1990, 43-61. E. BERTI, Genesi e sviluppo della dottrina della potenza e dellatto in Aristotele in Studia patavina (1958) 477-505. G. BONTADINI., Lessere come atto in Aquinas, 1983, 325-332. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 2 e 5, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato, 1992, 49-75, 139-170. G. REALE, La dottrina aristotelica della potenza, dellatto e dellentelechie nella Metafisica in ID., Studi di filosofia e di storia della filosofia, Milano 1962, 145-207 G. REALE, Filo conduttore grammaticale e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie in Rivista di Filosofia Neo-scolastica 49 (1957) 423-458. M. ZANATTA, Note a ARISTOTELE, Le categorie, Milano 42002, 145-167.
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La dimostrazione per confutazione. Metafisica IV, 3: formulazione del principio. Una impossibilit per il lgos. Abbiamo stabilito che impossibile che una cosa, nello stesso tempo, sia e non sia; e, in base a questa impossibilit, abbiamo mostrato che questo il pi sicuro di tutti i principi (ARISTOTELE, Metafisica G/IV, 4, 1006a3-5). Metafisica IV, 4: difesa del principio. Problematica semantica. Anche per questo principio, si pu dimostrare limpossibilit, in parola, per vie di confutazione [elentiks]: a patto, per, che lavversario dica qualcosa. Se, invece, lavversario non dice nulla, allora ridicolo cercare una argomentazione da opporre contro chi non dice nulla, in quanto, appunto, non dice nulla: costui, in quanto tale, sarebbe simile ad una pianta. [] Il punto di partenza, in tutti questi casi, non consiste nellesigere che lavversario dica che cosa qualcosa o , oppure che non (egli, infatti, potrebbe subito obiettare che questo gi un ammettere ci che si vuole provare), ma che dica qualcosa che abbia un significato e per lui e per gli altri; e questo pur necessario, se egli intende dire qualcosa. Se non facesse questo, costui non potrebbe in alcun modo discorrere, n con s medesimo n con altri; se, invece, lavversario concede questo, allora sar possibile una dimostrazione (ARISTOTELE, Metafisica G/IV, 4, 1006a11-25). Significato riflessivo del principio. Bibliografia M.C. BARTOLOMEI, Problemi concernenti lopposizione e la contraddizione in Aristotele in Verifiche 10 (1981) 163-193. E. BERTI, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo 1987. P. GILBERT, La semplicit del principio. Introduzione alla metafisica, cap. 3, trad. di M.T. La Vecchia, Casale Monferrato, 1992, 77-106. J. UKASIEWICZ, Del principio di contraddizione in Aristotele, a cura di G. Franci e C.A. Testi, Macerata 2003. P. PAGANI, Contraddizione performativa e ontologia, Milano 1999, 333-345. G. PASQUALE, Il principio di non-contraddizione in Aristotele, Torino 2008. G. REALE, in ID., Studi di filosofa della storia, Milano 1962, 175.