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PONTIFICIA UNIVERSIT GREGORIANA

FACOLT DI FILOSOFIA

LAUTENTICIT DELLESSERCI ATTESTATA DALLESSERCI STESSO NELLA SUA POSSIBILIT ESISTENTIVA

Meury Jos Carrasquero Delgado [158959] Elaborato di Seminario [Secondo ciclo]

Pavel Rebernik
Roma, Anno Accademico 2011-2012

INTRODUZIONE
Il presente elaborato frutto del corso di seminario FS2364 Essere e Tempo (sezione seconda, 45-83) di M. Heidegger guidato dal professor Pavel Rebernik presso la Pontificia Universit Gregoriana. Da parte nostra, abbiamo trattato di spiegare sempre in un angolo interpretativo molto soggettivo i 54-58, scelti per volont propria il primo giorno di lezione, in cui furono assegnati rispettivamente i paragrafi restanti agli altri compagni che parteciparono in questo seminario. La prima cosa a considerare nello sviluppo del tema scelto e presentato in queste pagine, laver eliminato i rispettivi titoli originali dei paragrafi a noi affidati per questioni puramente metodologiche. Infatti, consideriamo che dividere un elaborato di otto pagine (escluse lintroduzione e la conclusione) in molti punti, potrebbe togliere fluidit nellesposizione fatta da noi, e di lettura per quel che legge. Invece, per fare meno complicato la comprensione del contenuto, abbiamo deciso di dividere il presente lavoro in due parti. Prima parte: La Questione. Seconda parte: Articolazione della Questione. Questi titoli in se stessi non offrono molto di pi da quello che si capisce subitamente. Nella questione tratteremo lo stato dellassunto, come stanno le cose in relazione allattestazione da parte dellEsserci di un poter essere autentico. Ci che si cerca una comprensione pi propria di quellente che siamo noi stessi, uno svegliarsi da un mondo in cui siamo stati gettati, e che non siamo stati noi a decidere questo evento, ma nemmeno le cose che abbiamo trovato dopo lesser gettati sono stati sistemati da noi. Le cose cos come stanno ci fanno capire che siamo perduti in un mondo che non ci proprio, e che, per il fatto di sconoscere questo ci abbiamo afferrato fino ad assumere come proprie enti tali cultura, lavoro, lingua, pensieri, posizione politica, modi di essere, ecc., cio quasi concependo lente che siamo simile a uno stampante o semplicemente come qualche oggetto o strumento presente a la mano. Poi, nellarticolazione della questione svilupperemo alcuni punti essenziali che costituiscono lessere dellEsserci, come la coscienza e la sua voce, nominata anche come chiamata. Originariamente diciamo che la chiamata non dice niente, distinguendosi allora dalla rumorosa chiacchiera quotidiana. La chiamata ci fa tornare indietro per esigere lappropriazione del nostro poter essere proprio, cio un risvegliare dal sogno dellimpropriet, un poter esistere autenticamente. La coscienza insomma attesta che possiamo essere autentici.

MARTIN HEIDEGGER LAUTENTICIT DELLESSERCI ATTESTATA DALLESSERCI STESSO NELLA SUA POSSIBILIT ESISTENTIVA
I. LA QUESTIONE Nel capitolo primo della seconda sezione di Essere e Tempo, si chiarito il modo in cui era possibile assumere lEsserci come un essere-intero, cio un cogliere dellEsserci nella sua propria interezza, e questo era possibile comprendendo la propria morte soltanto come possibilit. Esporre la struttura interna della Cura dellEsserci ancora non sufficiente, ma nellanticipazione della morte intessa come la possibilit pi propria, lEsserci emerge come autentico, questo vuol dire lassumersi come si pi propriamente. La morte come costituzione essenziale dellEsserci, fa si che questente che siamo noi stessi, assumendo la morte come possibilit pi propria, si sottragga del mondo rumoroso della chiacchiera, verso il suo proprio poter essere se stesso, cio, che siamo chiamati a assumere la finitezza che ci costituisce essenzialmente. Questo carattere di chiamare invece fondamentale per lo sviluppo del secondo capitolo di questa stessa sezione. Infatti, resta ancora sapere per quale motivo lEsserci perduto nel mondo della quotidianit, capace di ritrovarsi ed essere cosciente delle sue possibilit pi proprie e assumersi come un tutto intero, un essere autentico, e anche, lasciar vedere chi colui che pu testimoniare questa autenticit. Heidegger esporre il compito della ricerca in un modo preciso: ci che andiamo cercando un poter-essere autentico dellEsserci che sia attestato dallEsserci stesso nella sua possibilit esistentiva1. Come si pu arrivare al compimento di questo obiettivo? Quali sono i motivi di questo ritrovarsi? A quale testimonianza possibile affidare quellautenticit propria di quellente che esce da uno stato di perdizione? Cercheremo di chiarire tutte le domande concernenti a questo tema. noto che ci che si cerca una maniera di esistere propria dellEsserci e non da quellente semplicemente-presente. Per ci, la questione proposta come
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M. HEIDEGGER, Essere e Tempo, 54, 320.


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lesibizione di quellente che noi stessi siamo, e che siamo gettati nel mondo, ma che ordinariamente siamo perduti in un mondo gi deciso e sistemato da altri enti simile a noi, e cio, in prima persona dico che al principio non sono stato io a decidere sulle mie cose, le mie possibilit proprie. In un mondo cos come li abbiamo trovati, tutto gi sempre deciso circa il poter-essere dellEsserci pi prossimo ed effettivo, cio circa i compiti, le regole, le misure, lurgenza e la portata dellessere-nel-mondo prendente e avente cura2. Ci rendiamo conto che il problema cos inteso, quel che sceglie uno indeterminato. LEsserci trascinato a scelti di questi tipi, inautentico. Heidegger poi afferma: questo non scelto coinvolgimento nel Nessuno, in virt del quale lEsserci irretito nellinautenticit, pu essere eliminato soltanto se lEsserci si riprende in proprio dalla dispersione nel Si3. Questa ripresa deve essere intesa come la modificazione esistentiva del Si-stesso, cio del Si dice caratteristico della chiacchiera quotidiana, verso un autentico essere se-Stesso. Lindeterminatezza dellEsserci quotidiano soltanto pu essere interrotta con questo tornare a se-Stesso. Questo riprendersi presuppone un recupero della scelta propria dellEsserci, cio assumere la scelta come veramente nostra, e non di qualcun altro che sceglie -neanche indirettamente- al posto proprio. Insomma, LEsserci deve decidere di scegliersi se-Stesso. Scegliendo la scelta di scegliersi se-Stesso lEsserci rende possibile il proprio poter-essere autentico. Ma come lEsserci perduto in un mondo nel quale tutto gi deciso, li si deve essere mostrato nella sua possibile autenticit. Heidegger ci fa capire che lEsserci ha bisogno di unattestazione, e quello che solo pu attestare la possibilit dellautenticit dellEsserci, la voce della coscienza. La questione in questo secondo capitolo approfondita con lo studio della coscienza in cui Heidegger ha una sua propria interpretazione, guidata da una ricerca puramente esistenziale. In primo luogo la coscienza deve essere analizzata come un fenomeno dellEsserci, eppure quanto ai suoi fondamenti e alle sue strutture esistenziali [] tenendo ben fermi i caratteri costitutivi dellessere di questo ente finora chiariti4. Ammettendo che la coscienza d a comprendere qualcosa, apre, lanalisi di questo fenomeno deve essere ricondotto allapertura dellEsserci. Lapertura, in quanto costituzione fondamentale dellente che noi sempre siamo, costituita dalla situazione emotiva, dalla comprensione, dalla deiezione e dal
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Heidegger, 54, 320. Ibid., 54, 320-321. 4 Ibid., 54, 321.


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discorso5. Linterpretazione esistenziale della coscienza si fa effettiva quando sinterpreta la coscienza come rivelatore di una chiamata, e il chiamare come un modo proprio del discorso. Infine, quello che ci vuole far capire Heidegger che la chiamata della coscienza ha il carattere del richiamo dellEsserci al suo pi proprio poter-essere e ci nel modo del risveglio al suo pi proprio essereil-colpa6. importante concludere la questione ad affrontare, facendo capire come la struttura ontologica dellEsserci ci porta a una miglior comprensione della chiamata, e cio, a questa corrisponde un sentire proprio dellEsserci, un voler-aver-coscienza, e a sua volta la scelta esistentiva in cui ha luogo un voler scegliere se-Stesso, deve essere compreso come una decisione. Ecco, il programma di questo secondo capitolo di Essere e Tempo affrontato da noi: i fondamenti ontologico-esistenziali della coscienza (55); il carattere di chiamata della coscienza (56); la coscienza come chiamata della cura (57); comprensione del richiamo e colpa (58)7.

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Heidegger, 54, 322. Ibid., 54, 322. 7 Ibid., 54, 323.


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II. ARTICOLAZIONE DELLA QUESTIONE La coscienza d qualcosa a comprendere. Dire che la coscienza apre vuol dire che appartiene alla struttura esistenziale dellEsserci. LEsserci si sente situato nel mondo, immerso-in: LEsserci un ente gettato, in cui essergettato aperto, in modo pi o meno chiaro e profondo, da un stato emotivo8. Da questo stato emotivo la comprensione cooriginaria, cio quella struttura esistenziale dellEsserci che li permette saper cosa accade con lui stesso nel marco delle sue possibilit proprie o improprie, e quindi nella misura del suo proiettarsi nel mondo. Nella pubblicit del Si dice lEsserci un con-essere. In questo stato di comprensione lEsserci pu stare a sentire agli altri. LEsserci che d ascolto al Si quotidiano perso nella chiacchiera pubblica. La caratteristica del Si la chiacchiera, e la possibilit dinterrompere questascolto deve essere opposta al Si. Questopposizione la chiamata. La chiacchiera equivoca, rumorosa. La chiamata dovr farsi sentire silenziosamente, inequivocabilmente e senza appiglio per la curiosit. Ci che d a comprendere chiamando in questo modo la coscienza9. La chiamata un modo del discorso. Il discorso, insieme allo stato emotivo e la comprensione, forma parte della struttura esistenziale dellEsserci. Il discorso articola la comprensibilit, ma quello noto come voce della coscienza non implica comunicazione verbale. Voce significa dare a comprendere. Nello sforzo di aprire, proprio della chiamata, c un momento di urto, di brusco risveglio. Chi chiamato lo dalla lontananza nella lontananza. colpito dalla chiamata chi vuole esser ripreso10. Chiedersi su che cos il carattere di chiamata della coscienza, deve rispondersi con ci di cui si parla nella chiamata, a chi si chiama, verso che cose si richiama colui che chiamato. La chiamata non ha nulla da dire, le informazioni degli eventi mondani gli sono opposti. Chiamata della coscienza non significa un dialogo interno con seStesso, il suo modo di essere quello del tacere, cio assenza di parole. LEsserci non chiamato a prendersi cura di un determinato evento del Si quotidiano. Ci verso il quale lEsserci richiamato al se-Stesso che gli proprio11. La chiamata non porta con s un messaggio erroneo, la causa di un possibile errore concerne soltanto allEsserci che interpreta la chiamata
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Heidegger, 55, 324. Ibid., 55, 324. 10 Ibid., 55, 325. 11 Ibid., 56, 326.
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erroneamente, volendo stabilire un dialogo fra la chiamata e quello che Si dice nella quotidianit. Uninterpretazione ontologica adeguata non pu prescindere dalla chiarificazione sul tipo di rapporto fra il chiamante e il chiamato. Dire che il chiamante indeterminato, non altro che escluderlo da uninterpretazione mondana. Un discorso di carattere esistentivo del chiamante sarebbe contraddittorio. Lindeterminatezza della chiamata in questo piano attesta che il chiamante consiste nel puro e semplice risvegliare a, e che solo in quanto tale esso vuol essere sentito, e che non tollera chiacchiere su di s12. Nella coscienza lEsserci chiama se-Stesso escludendo qualche tipo di parole. Dire lEsserci chiama se-Stesso non deve portarci ad assumere questa chiamata come un atto volontario dello stesso Esserci, la chiamata viene da me e tuttavia da sopra di me13. Sopra di me non significa una voce di qualche potenza estranea, credere il contrario lo stesso che assumere lEsserci come semplicemente-presente, questo vuol dire: pensare una forza straniera che ci risveglia, un potere indipendente da noi che ci guida o mette a posto, o anche assumere le pretese o esigenze scientifiche di un dato di fatto per arrivare allEsserci, come per esempio dire che ci che , ossia ci che in modo effettivo come lo la chiamata, deve essere una semplice-presenza; ci che non pu essere oggettivamente mostrato come semplice-presenza, non 14. Uninterpretazione del genere fa si che lente che siamo noi sia concepito come un pezzo di qualche cosa completamente misurabile, o semplicemente come un oggetto strumentalizzabile. Linterpretazione di qualcuno che chiama possibile solo attraverso la costituzione esistenziale dellEsserci. LEsserci gettato nel nulla, disperso nelle forme del Si, in cui tutto gi sempre deciso circa il suo poter-essere, si dice spaesato, che vuol dire loriginario e gettato essere-nel-mondo come non-sentirsi-a-casa-propria15. nello stato di spaesatezza ci da cui proviene la chiamata della coscienza, cio, come si gi detto, chi chiamato lo dalla lontananza nella lontananza. La chiamata indica la situazione in cui si trova lEsserci, insomma, la coscienza si rivela come la chiamata della cura16. LEsserci trovandosi in un angoscioso spaesamento di fronte al suo poter-essere, chiama se-Stesso ad attuarsi e assumersi nelle sue possibilit pi proprie. Il chiamante lEsserci che,
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Heidegger, 57, 328-329. Ibid., 57, 329. 14 Ibid., 57, 329. 15 Ibid., 57, 331. 16 Ibid., 57, 332.
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nellesser-gettato (esser-gi-in), si angoscia per il suo poter-essere17. La possibilit ontologica della chiamata della coscienza, sta nel fatto che lesserci nel fondamento del suo essere Cura. Soltanto quando si capisce questo, si ammette limpossibilit di voler interpretare i caratteri della chiamata come un potere superiore allEsserci, o volerla fare oggetto di studio delle categorie scientifiche empiriche, su cui la scienza mette in funzionamento suoi risorsi per stabilire staticamente le leggi di ci che si percepisce o del dato di fatto, ma come sappiamo, un analisi dellEsserci esige categorie di un altro tipo, quelle che Heidegger nomina esistenziale, eppure un metodo molto diverso da quelli delle rigidi scienze specializzate, chiamato da Heidegger fenomenologico18. Ma come si parlato della coscienza in diversi modi, si deve riconoscere che quel interpellare della coscienza che ci fa tornare indietro per esigerci lappropriazione del nostro pi proprio poter-essere, porta con s il carattere di colpevolezza, infatti Heidegger dice: tutte le esperienze e le interpretazioni della coscienza sono concordi nel riconoscere che la voce della coscienza parla in qualche modo di colpa19. Allora, cosa significa questo? Nellesperienza comune della coscienza, chiamata presuppone una qualche colpevolezza, in quanto: rivolta a un Esserci colpevole, o come coscienza ammonente che appunta verso una situazione di colpevolezza, o come qualcuno che ha buona coscienza e dice essere mancante di colpa, ecc. Nel mondo del Si dice lEsserci inautentico non riesce a cogliere lessenza dei fenomeni, e questo radica nel fatto che le interpretazioni quotidiane sono fra di essi molto diversi, e nessuna presenta o lascia vedere chiaramente per causa delle sue superficialit, lessenza originaria del carattere di colpevolezza dellEsserci, ma questo non esaurisce le possibilit di un rinvio allidea originaria del fenomeno, idea che in se stessa non ancora loriginario. Quello che si cerca il senso esistenziale originario di colpevole, nonch il motivo di uninterpretazione quotidiana dello stes so. Nella maniera pubblica del con-essere con gli altri, colpevole vuol dire: essere debitore, prendere a prestito, avere un conto aperto con, privare a, defraudare a, sottrarre a, rubare a, ecc. Tutti questi sensi del termine colpevole si riferiscono a ci che oggetto possibile del prendersi cura20. Il
Heidegger, 57, 332. Consigliamo di leggere il 7 dellintroduzione, il metodo fenomenologico della ricerca. 19 Heidegger, 57, 334. 20 Ibid., 58, 336.
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criterio che ci permette di cogliere il senso esistenziale originario di colpevole si trova nel fatto che questo colpevole funge da predicato dellio sono21. Comprendere lessenza del termine colpa, presuppone che stato cercato nellessere dellEsserci, infatti, lEsserci che si dice colpevole. Molti esempi sui modi di chiamare colpevole nella quotidianit, hanno un carattere di mancanza, cio, dire che qualcuno debitore significa che a qualcunaltro li si debba pagare, o restituire, o ricompensare, quello che li manca. Mancare significa non esser-semplicemente presente22, cio una determinazione della semplice presenza, invece colpevole deve essere chiarito su un piano esistenziale. Altra interpretazione quotidiana di colpevole si manifesta non solo come un essere in debito con qualcunaltro, si dice lEsserci responsabile dei suoi atti, cio una colpevolezza pu anche concepirsi in termini di violazioni legali, del diritto pubblico, ecc., unaltra considerazione si d quando essendo con gli altri possibile essere causa o fondamento di una deficienza nellaltro, un indurre latro allerrore, Heidegger determina questo essersi-reso-colpevole verso laltro come: esser-fondamento di una deficienza nellEsserci dellaltro in modo tale che questo esserfondamento stesso si determini, in ragione del suo per-che, come difettivo, questa deficienza consiste nel non far fronte a unesigenza che si rivolge allesistere come conessere con gli altri23, infine, concepire la colpevolezza in termini di violazioni legali o del diritto pubblico, violazioni delle leggi morali in senso religioso, di responsabilit, di mancanza, ecc., ci rende possibile arrivare a una conclusione: tutti questi concenzione di colpevole sono maniere o modi di essere dellEsserci. Per arrivare a una interpretazione originaria di colpa, dobbiamo andare oltre linterpretazioni quotidiane o comune, cio assumere questo termine a partire da uninterpretazione esistenziale. Tuttavia, sul livello esistenziale, colpevole porta con s il carattere di non, ma non un non non presente esistentivamente, invece un non originario esistenzialmente. Questo non costitutivo dellessere dellEsserci. Lidea formale esistenziale di colpevole va quindi definita cos: esser-fondamento di un essere che determinato da un non, cio essere fondamento di una nullit24. Porre qualcosa di simile nellessere dellEsserci, cio, dire che lessere dellEsserci determinato da una nullit, significa che lEsserci, in quanto
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Heidegger, 58, 336. Ibid., 58, 338. 23 Ibid., 58, 337. 24 Ibid., 58, 338.
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stato-gettato, non si portato da s stesso nel suo Ci. LEsserci, in quanto , costantemente (in quanto Cura) il proprio che. Solo essendo quellente che esso pu essere esclusivamente in quanto consegnato a esserlo, possibile che, esistendo, esso sia il fondamento del proprio poter-essere25. Insomma, essendo se-Stesso, lEsserci lente gettato che in quanto se-Stesso; non in virt di se stesso, ma lasciato essere in se stesso a partire dal fondamento, per aver da essere questo fondamento26. Nellessere-gettato lEsserci sempre le sue possibilit, ma come essere libero pu scegliere soltanto una sola, sopportando di non-aver-scelto e non-poter-scegliere le altre. Questo significa che lEsserci non solo nullo in quanto esser-gettato, ma anche in quanto progetto, cio, in quanto alle sue possibilit esistentive. Questo non, ci lascia assumere la libert dellesserci come permeata di un non che condiziona le sue possibilit di scelte, questo vuol dire assumere la scelta di una possibilit per volta, assumendo il non poterli scegliere tutte allo stesso tempo. La Cura stessa, nella sua essenza, totalmente permeata della nullit27. Si ha detto che la chiamata ha la funzione di risvegliare a, ecco ci che rivela la chiamata della coscienza lo stesso Esserci di fronte alla nullit che lo costituisce. Comprendendo, lEsserci sceglie se-Stesso, sceglie la sua propria nullit. Per essere-colpevole lesserci non ha bisogno di accollarsi una colpa mediante azioni od omissioni, esso non deve che essere autenticamente quel colpevole che, essendo 28. La comprensione pubblica di colpevole conosce soltanto la violazione di regole e leggi, invece dire che lEsserci comprende la sua nullit significa un voler-aver-coscienza, questo aver coscienza il presupposto esistentivo pi originario per la possibilit del divenir-colpevole effettivo29. Solo cos lEsserci pu dirsi veramente responsabile. La coscienza quindi si rivela come lattestazione di un poter essere autentico, la chiamata porta indietro, alla condizione di esser-gettato, a un ricupero del poter essere pi proprio, essere portati indietro ci fa capire che siamo noi a esistere assumendo una nullit originaria, un nullo fondamento di un progetto che va in avanti, solo progettandoci nelle possibilit pi proprie di esser colpevole, lEsserci si dice responsabilmente autentico.

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Heidegger, 58, 339. Ibid., 58, 340. 27 Ibid., 58, 340. 28 Ibid., 58, 343. 29 Ibid., 58, 344
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CONCLUSIONE
C qualcosa che trascina allessere umano, o come preferisce chiamarlo Heidegger, il Dasein, per risaltare il modo dessere proprio dellesistenza umana. Odierno si sente dire: luomo non nacque fuori di alcun contesto, isolato, come si emergesse da unindeterminatezza per arrivare a un vuoto, che poi questo vuoto lascerebbe di essere vuoto per diventare uno spazio con un oggetto semplicemente presente. Invece si afferma: luomo un essere gettato, ma questo carattere di essere gettato presuppone cha sia stata prima a consolidarsi una struttura ben definita, organizzata e sistematizzata. Allora, da adesso in poi si dice: luomo eredita ci su cui si appoggia. Ma, non questo simile a dire in termini antiche e medioevale, che la sostanza, quello che sta sotto, ci che sostenne allessere umano in determinate epoche distinguibile chiaramente con le prove storiografiche? Non la sostanza quello che fa si che lessere umano sia quello che ? Poi ancora si sente dire: luomo non libero di non ereditare quello che li sostiene, luomo condannato a appoggiarsi in ci che li sta di sotto, il Dasein, nel suo essere gettato diventa subitamente un essere inautentico. Il tema trattato in questo elaborato parla di cose simile, lEsserci gettato in un mondo ove tutto gi deciso, in cui ci troviamo con altri Esserci (essere-con), ove stiamo a sentire le voce altrui, le chiacchiere quotidiane, il giornale mattutino, la situazione politica, il problema mondiale delleconomia ecc., cosa vuol dire tutto questo? In termini semplici, questo vuol dire che non abbiamo tempo per la nostra intimit, per riflettere se le scelte attuate finora sono quelle corrette, infine, ci abbandoniamo in cose che ci condannano a non vivere una vita propria. Con questo Heidegger non vuole dare limpressione di voler decidersi per un solipsismo assoluto. Secondo la nostra umile interpretazione, la cosa importante la negativit di Heidegger di lasciarsi guidare da unintenzionalit strana alle nostre possibilit pi proprie di scelte, ma perch? A questa domanda rispondiamo con unaltra domanda: possibile farci o pretendere di fare responsabile a qualche persona di tutti suoi atti in un sistema che pretende governare non solo in termini esistentivi ma anche manipolare sia diretta o indirettamente i modi di essere delle persone? Un sistema che sia fondamento dei difetti di milioni di persone, non pure un sistema difettoso? Ecco la ragione della negativit di Heidegger di accettare le cose cos come stanno. La sua predica, ancora secondo la nostra interpretazione, di

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continuare a cercare i fondamenti, la verit, a filosofare, e cos imparare a comprenderci a noi stessi, a conoscerci a noi stessi, perche tutti arriveremo ad esperimentare la angosciosa ed insopportabile leggerezza di essere spaesato in una casa che non propria, in un divertimento che alla fine finisce per offrirci la noia che deriva dalla ripetitiva quotidianit, ma se non comprendiamo quella chiamata che emerge dal profondo essere che ci costituisce e che non dice niente di simile al rumoroso divertimento o stupidaggine pubblica, non potremo vivere autenticamente, scegliendo le nostre proprie scelte autentiche, non potremo essere responsabile, non potremo amare responsabilmente e coscientemente, non potremo dire: sono stato io a sacrificarmi per un progetto di vita propria. Continuare a vivere inautenticamente, cio addormentati, trascina tutte nostre scelte a un modo di essere globale. Vivere autenticamente, fa giustizia alla profondit che costituisce lessere degli esseri umani, e alla differenza che ontologicamente c con il resto delle cose che non sono quellente che noi stessi siamo.

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BIBLIOGRAFIA
FABRIS, A., Essere e tempo di Heidegger. Introduzione alla lettura, Roma 2010. HEIDEGGER, M., Essere e Tempo, Milano 2008. , Ser y Tiempo, Madrid 2009. SEVERINO, E., Heidegger e la Metafisica, Milano 1994.

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INDICE
Introduzione...2 I. La Questione...3 II. Articolazione della Questione6 Conclusione..11 Bibliografia....13 Indice.........14

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