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Politecnico di Bari Corsi di Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni ed Ingegneria Elettronica

Appunti del corso di MODELLISTICA DEI SISTEMI DINAMICI ELEMENTARI

Ciro Cafforio Biagio Turchiano

Anno Accademico 2002-2003

CAPITOLO 1

Sistemi e segnali elementari


1.1. Introduzione Un compito con il quale un ingegnere deve sempre confrontarsi quello di calcolare come risponder il sistema che sta progettando o che sta esaminando. Questo problema consta di due parti: lo sviluppo di un modello matematico e la sua risoluzione. La prima parte consiste nel descrivere il sistema reale in esame in un modo che si presti ad una successiva valutazione quantitativa del suo comportamento. Il prodotto di tale fase quello che possiamo chiamare un modello matematico del sistema. Un qualunque sistema reale sfugge ad una descrizione matematica perfetta: bisogna accettare lidea che qualunque modello matematico sar, di necessit, approssimato. Il grado di approssimazione pu migliorare, man mano che la conoscenza sica sul sistema migliora, al prezzo, per, di una complicazione sempre maggiore. La capacit di un buon ingegnere (di un buon sico o, comunque, di un serio cultore delle scienze siche) consiste nel saper scegliere il livello di complessit e, quindi, di accuratezza del modello da utilizzare. Va osservato, infatti, che un modello pi complicato e, quindi, tendenzialmente pi accurato, pu risultare di fatto meno preciso, se non si in grado di poter assegnare valori sufcientemente precisi (da ottenere mediante misure) agli elementi di cui costituito. Facciamo degli esempi che servano a chiarire quanto detto, osservando una volta per tutte, per, che la casistica illimitata. E XAMPLE 1.1.1. Consideriamo un caso molto semplice: il partitore di tensione di gura 1.1.1.
RC

RM

F IGURA 1.1.1. Partitore di tensione E un caso descrittivo di innumerevoli situazioni: un amplicatore collegato ad un altoparlante, una batteria collegata ad un carico etc. Un generatore con resistenza interna RC collegato ad un carico RM . Che tensione ci sar sul carico? Ci sar
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1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

RM RC + RM pi bassa di quella massima E che il gereratore potrebbe localizzare su un circuito aperto RM . Spesso, per, quello che conta non la tensione localizzata sul carico, ma la potenza erogata, che risulta massima nel caso in cui: V =E (1.1.1) max
RM

RM V 2 E2 = max E 2 = RM RM (RC + RM )2 4RC

per RM = RC . Non cambia sostanzialmente niente se la tensione applicata, invece di essere costante di valore E , assume un qualunque andamento in funzione del tempo e(t). La tensione sul carico sempre RM /(RC + RM ) volte e(t). Ci perch il sistema risponde instaneamente: per determinare la tensione di uscita nel generico istante t conta solo il valore istantaneo della tensione impressa dal generatore; i valori assunti prima di t non hanno inuenza. La situazione considerata , a rigore, abbastanza teorica: in un circuito reale ci saranno sempre comportamenti di tipo induttivo o capacitivo o, con termine generico, reattivo. Come cambia il comportamento del sistema se il carico costituito da una capacit in parallelo alla resistenza?
i e(t) RC iR RM iC C

F IGURA 1.1.2. Partitore reattivo. In questo caso i conti sono pi complicati. La corrente nel condensatore proporzionale alla derivata della tensione sulle sue armature: la risposta nel generico istante t non dipende pi solamente dal contemporaneo valore della tensione impressa dal generatore, ma anche da come questo valore viene raggiunto. Nel circuito (sistema) comparsa una memoria che si evidenzia nella presenza di derivate e/o integrali nelle formule. Per il circuito in gura v (t) dv (t) +C ) RM dt che dovrebbe ridursi alla (1.1.1) se e(t) = E . Il fatto che e(t) = E da solo non basta a far si che il nuovo circuito si comporti come il vecchio. Luguaglianza di comportamento dovrebbe discendere dal fatto che per sollecitazione costante ci si aspetta una risposta costante. Poich un condensatore con una tensione costante sulle sue armature come se non ci fosse corrisponde ad un circuito aperto perch assorbe (1.1.2) v (t) = e(t) RC i(t) = e(t) RC (

1.1. INTRODUZIONE

corrente nulla in presenza di alimentazione con tensione continua ci si attende una tensione continua duscita espressa dalla (1.1.1). Bisogna fare i conti con la memoria del sistema che, nellesempio in esame rappresentata dalla carica immagazzinata nel condensatore: lapplicazione della stessa tensione non produce pi sempre lo stesso risultato. La tensione in uscita dipende s dalla tensione impressa dal generatore, ma anche dalla condizione (dalla carica) del condensatore allistante in cui la tensione viene applicata. In un sistema reale c da aspettarsi che la memoria sia di durata nita e che, perci, linuenza della condizione iniziale del condensatore dopo un tempo sufciente non si potr pi far sentire. In conclusione, il circuito con il condensatore tender asintoticamente a comportarsi come se il condensatore non ci fosse, in presenza di una tensione applicata costante. Vediamo di trasformare tutti questi discorsi in calcoli. Cerchiamo, cio, la convalida teorica ai discorsi intuitivi fatti nora. Calcolare luscita ora richiede la soluzione non pi di unequazione algebrica, ma di unequazione differenziale. La (1.1.2) si pu riscrivere cos dv (t) 1 e(t) + v (t) = dt RM RC C RC C dove RM RC = RM RC /(RM + RC ) il valore resistivo del parallelo di RM ed RC . Si tratta di una equazione differenziale a coefcienti costanti la cui soluzione, come noto, data dalla combinazione con pesi opportuni di una soluzione particolare e della soluzione dellomogenea associata. Cos questa omogenea associata? E la stessa equazione, con termine noto nullo: dv (t) 1 + v (t) = 0 dt RM RC C cio lequazione che descrive lo stesso circuito di prima, quando il segnale applicato nullo. E, quindi, lequazione che pu descrivere solo la risposta alla condizione iniziale: la naturale evoluzione del circuito lasciato a se stesso. Nel caso in esame il modo di calcolare come la tensione inizialmente presente sul condensatore evolverebbe se la tensione applicata fosse nulla. Come trovare la soluzione? La cosa abbastanza semplice una volta che qualcuno ci abbia detto che lunica funzione che rimane uguale a se stessa dopo un qualunque numero di derivazioni lesponenziale complesso A exp(t), con genericamente complesso. Pu una tale funzione identicare la soluzione cercata? Vediamo: 1 A exp(t) = 0 RM RC C che deve essere vericata per qualunque t. Ci possibile se A exp(t) + + RM 1 =0 RC C = RM 1 RC C

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

Se landamento temporale della soluzione fosse di tipo diverso, sostituendo nellequazione avremmo che la somma di due funzioni del tempo diverse devono dare somma nulla in ogni istante e questo sarebbe possibile solo per ampiezza nulla. Per completare la soluzione bisogna ora trovare una soluzione particolare, cio una soluzione dellequazione in cui sia presente il termine forzante. Questa soluzione, ovviamente, dipender strettamente da e(t) e trovare la soluzione sar pi o meno complicato in funzione del suo andamento. Per chiudere il discorso fatto in precedenza, supponiamo che e(t) = E per t > 0 e nulla altrove. La soluzione dellequazione (1.1.3) dv (t) 1 E + v (t) = dt RM RC C RC C

pu essere v (t) = a, con a ottenuta dallequazione a E = RM RC C RC C La soluzione generale , quindi: v (t) = E cio, in denitiva: v (t) = E RM RM t + (VC 0 E ) exp( ), per t 0 RM + RC RM + RC RM RC C
v(t) [V]
10

a=E

RM RM + RC

RM RM + RC + A exp( t) con v (0) = VC 0 RM + RC RM RC C

E=10V VCo=8V VCo=4V

RM=3k C=100F RC =2k

VCo=0V
0 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

t [s]

F IGURA 1.1.3. Risposta del circuito di gura 1.1.2 ad una tensione costante. Se la tensione impressa dal generatore sinusoidale e(t) = E sin(t) i calcoli sono ancora abbastanza semplici, ricordando la propriet della funzione esponenziale ed utilizzando lequazione di Eulero 2 sin(t) = exp(t) exp(t), si verica

1.1. INTRODUZIONE

facilmente che la soluzione particolare del tipo A exp(t)+ B exp(t), con le costanti determinate imponendo luguaglianza degli esponenziali con esponente positivo e negativo al primo e secondo membro: A exp(t) B exp(t) +
1 [A exp(t) RM RC C

+ B exp(t)] =

2RE [exp(t) exp(t)] CC A B vp (t) = E


1 R M RC C 1 R M RC C

= 2RE CC = 2RE CC

RM 1 [sin t RM RC C cos t] RM + RC 1 + (RM RC C )2 1 RM sin(t + ) = E RM + RC 1 + (RM RC C )2

con = arctan(RM RC C ) Il risultato deve quadrare con quello che insegna lelettrotecnica in regime sinusoidale. Infatti: Vo = E
RM 1+CRM RM RC + 1+CR M

=E

RM 1 CRC RM RM + RC 1 + (CRC RM )2

La soluzione completa deve includere la soluzione generale dellequazione omogenea associata, per cui: RM RM + RC 1 1 + (RM RC C )2 sin(t + ) + A exp( RM + RC t) RM RC C

v (t) = E

dove A deve soddisfare lequazione: E E XAMPLE 1.1.2. I discorsi fatti non si limitano a valere solo per sistemi elettrici. Consideriamo un esempio preso dal corso di sica: una molla collegata ad una massa. RM RM RC C + A = VC 0 RM + RC 1 + (RM RC C )2

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

v(t) [V]

0.8 0.6 0.4 0.2 0

VC0 =0V f=20Hz

0.2 0.4 0.6 0.8 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

t [s]

F IGURA 1.1.4. Risposta del circuito di gura 1.1.2 a segnale sinusoidale.

0 x

kx mg

F IGURA 1.1.5. Schema di bilancia a molla

Allequilibrio la massa m si ferma dopo aver allungato la molla di x. Lentit dellallungamento dipende dal peso del grave mg (g sia, al solito, laccelerazione di gravit) e dalla costante elastica della molla che lega elongazione a forza esercitata: F = kx. Allequilibrio, deve essere: mg k Questo tipo di modello statico, presuppone che lequilibrio sia gi raggiunto. Supponiamo ora che allistante iniziale la massa sia tenuta in posizione x = 0 e, quindi, lasciata libera. Come evolve il sistema? La forza di richiamo della molla non bilancia pi esattamente il peso della massa e, perci, la massa sar soggetta ad una accelerazione: mg kx = 0 x= d2 x = mg kx dt2 Lequazione da risolvere ancora una equazione differenziale a coefcienti costanti, del 2 ordine: m

1.1. INTRODUZIONE

k d2 x + x=g 2 dt m la soluzione particolare, con termine forzante costante x = mg/k . La soluzione generale dellequazione omogenea la si pu cercare ricorrendo alla solita funzione esponenziale exp(t): 2 exp(t) + La soluzione , perci: x(t) = mg + A exp k k t m + B exp k t m k exp(t) = 0 con = m k m

Questa volta le costanti da determinare sono due, perch lequazione del secondo ordine e le condizioni iniziali da conoscere sono due. Lipotesi che il peso sia tenuto in x = 0 no a t = 0 e poi lasciato libero. Questo vuol dire che le condizioni iniziali sono x(0) = 0 e x (0) = 0: +A+B =0 AB =0 cio x(t) =
2

mg k

mg 1 cos k

k t m

x [m]

1.8 1.6 1.4 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 2 4 6 8 10

t [s]

F IGURA 1.1.6. Responso con m=0,1kg, k=1 N/m, g=9,8 ms2 . La soluzione evidenzia un comportamento oscillante, che si riscontra nella realt. Irreale, invece, il fatto che questa oscillaizione non accenna a smorzarsi con il passare del tempo. Ci che manca nel modello la schematizzazione dellattrito: una forza,

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1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

proporzionale alla velocit, che tende ad opporsi al movimento. Il modello va, quindi, completato: d2 x dx d2 x b dx k = mg kx b + + x=g 2 2 dt dt dt m dt m La soluzione particolare non cambia, le soluzioni dellomogenea associata cambiano: m 2 exp(t) + che ammette le due soluzioni b b2 k 2 2m 4m m Caso b2 /4m2 > k/m: Le due radici sono entrambe reali e negative e la soluzione cercata : 1,2 = mg + A exp 1 t + B exp 2 t con x(0) = 0, x (0) = 0 k Le equazioni che permettono di trovare A e B sono: x(t) = +A+B =0 A1 + B2 = 0 per cui
x [m]
1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0

k b exp(t) + exp(t) = 0 m m

mg k

10

t [s]

F IGURA 1.1.7. Bilancia a molla: caso oltre lo smorzamento critico (m=0,1kg, k=1 N/m, g=9,8 m/s2 , b=1Ns/m). mg 2 1 exp(1 t) exp(2 t) 1+ k 1 2 1 2

x(t) = .

1.1. INTRODUZIONE

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Caso b2 /4m2 < k/m: Le due radici sono complesse e coniugate = e la soluzione cercata : mg + A exp(R t) exp(I t) + B exp(R t) exp(I t) k sempre con x(0) = 0, x (0) = 0. Le equazioni che permettono di trovare A e B sono: x(t) = +A+B =0 A(R I ) + B (R + I ) = 0 per cui x(t) =
mg k
R R 1 1 exp(R t) (1 + ) exp(I t) + (1 ) exp(I t) 2 I I

b 2m

k b2 = R I m 4m2

mg k

mg k

1 exp(R t) cos(I t) +

R I

sin(I t)

x [m]

1.6 1.4 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 2 4 6 8 10

t [s]

F IGURA 1.1.8. Bilancia a molla: caso sotto lo smorzamento critico (m=0,1kg, k=1 N/m, g=9,8 m/s2 , b=0,1Ns/m). E XAMPLE 1.1.3. Consideriamo adesso un altro esempio: una caldaia. In un cilindro isolato termicamente (adiabatico, che non scambia calore con il mondo esterno) viene iniettata acqua con una portata di q kg/s, che fuoriesce dal tubo di uscita, dopo che lacqua ha subito il riscaldamento ad opera della resistenza presente nella caldaia. Per semplicare il problema si supponga che la temperatura nella caldaia sia omogenea di valore (nel disegno presente una dispositivo con il compito di rimescolare lacqua per garantirne luniformit di temperatura.

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1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

q
F IGURA 1.1.9. Schema semplicato di caldaia. Lequazione che permette di calcolare la temperatura in funzione di portata e potenza termica erogata dalla resistenza lequazione di bilancio termico, cio: wdt qc( i )dt Mc dove w = RI 2 = V 2 /R la potenza erogata sotto forma di calore dalla resistenza immersa nellacqua, c il calore specico dellacqua ed M la massa dellacqua nella caldaia. Lequazione pu riscriversi: d = d + qc = w + qci dt q La soluzione dellomogenea associata A exp( M t) mentre la soluzione particolare, essendo la sollecitazione costante, costante e vale w/(qc) + i . La soluzione globale : Mc w q w q + i + A exp( t) = i + 1 exp( t) qc M qc M cio lacqua in uscita si porta dalliniziale temperatura i a quella nale i + w/(qc) con un andamento esponenziale con costante di tempo M/q . (t) = E di esempi cos se ne potrebbero trovare innumerevoli, come pure si potrebbero escogitare variazioni a quelli gi considerati, senza per aggiungere molto al concetto che si voleva evidenziare: che lanalisi di innumerevoli sistemi reali implica lo studio e la soluzione di equazioni o sistemi di equazioni differenziali. Quello su cui vale la pena di riettere che le soluzioni trovate sono state ottenute grazie al tipo particolarmente semplice di sollecitazione: variazione a scalino

1.2. SEGNALI ELEMENTARI

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o sinusoidale del termine forzante. In presenza di un segnale generico impresso dal generatore nellesempio 1.1.1, di una forza con variazione temporale qualsiasi applicata coassialmente alla molla nellesempio 1.1.2 o con una potenza termica variabile erogata dalla resistenza nellesempio 1.1.3, trovare la soluzione particolare la risposta al termine forzante sarebbe stato tuttaltro che semplice, anche in presenza di equazioni differenziali estremamente semplici. Prima di porci il problema di trovare la soluzione in questi casi generali, vale la pena di soffermarsi a considerare i segnali semplici che si utilizzano nello studio dei sistemi dinamici e delle semplici manipolazioni che sui segnali si possono operare. 1.2. Segnali elementari Alcuni segnali sono utilizzati molto sovente nello studio di sistemi dinamici. Gli esempi della sezione precedente ne hanno gi evidenziati due: lo scalino e la sinusoide. Prima di considerare questi e alcuni altri segnali elementari, il caso di considerare alcune propriet base. 1.2.1. Tipi di segnali. Una prima distinzione tra segnali periodici ed aperiodici. Un segnale che si ripete uguale a se stesso ad intervalli temporali regolari (1.2.1) s(t + nT ) = s(t), n intero

si dice periodico. Un segnale che non soddis la (1.2.1), anche solo per un valore di T , detto aperiodico. Un segnale di durata nita , ovviamente, aperiodico. Val la pena di osservare che nessun segnale della realt pu essere periodico, o almeno noi non possiamo averne una prova inconfutabile, perch per soddisfare la (1.2.1) dovrebbe ripetersi uguale a se stesso per leternit. Una combinazione lineare di segnali periodici di stesso periodo T , a sua volta, periodica di periodo T . Infatti, se s1 (t + kT ) = s1 (t) e s2 (t + kT ) = s2 (t) risulta a s1 (t + kT ) + b s2 (t + kT ) = a s1 (t) + b s2 (t) La somma di segnali periodici, ma di periodi diversi, non detto che dia luogo ad un segnale periodico. Infatti, se s1 (t) ha periodo T1 ed s2 (t) ha periodo T2 , la loro somma pesata, per essere periodica, deve soddisfare la relazione: a s1 (t + T ) + b s2 (t + T ) = a s1 (t + nT1 ) + b s2 (t + mT2 ) che implica che il periodo T deve essere il pi piccolo valore che soddis la relazione T = nT1 = mT2 con n ed m interi, cio che i due periodi siano legati dalla relazione

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1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

T1 m = T2 n o, detto altrimenti, che il rapporto tra le frequenze o i periodi sia esprimibile mediante un numero razionale. Altra distinzione tra segnali ad energia nita e segnali a potenza nita. Si dice a energia nita un segnale s(t) per il quale sia:
+

(1.2.2)

E=

s2 (t) dt <

E detta energia del segnale. Tale termine ha bisogno di essere interpretato, non fossaltro che per rendersi conto della correttezza dimensionale dellaffermazione. Il discorso andrebbe ripetuto per segnali che rappresentino diverse grandezze siche. Siccome noi siamo interessati pi direttamente a segnali elettrici, ipotizziamo che s(t) sia un segnale di tensione cio rappresenti la variazione temporale di una tensione in un circuito. La potenza instantanea di questo segnale s2 (t)/R e la sua energia s2 (t)/R dt, che diversa dalla (1.2.2). Discorso analogo varrebbe per un segnale di corrente. La (1.2.2) si pu assumere come energia del segnale nellipotesi che il valore resistivo sia unitario. Rimane pur sempre vero che, a prescindere da R, la (1.2.2) risulta nita se lo lenergia. Analogo discorso si pu ripetere per la potenza media di un segnale. Se si verica 1
+ /2

(1.2.3)

P = lim

s2 (t) dt <
/2

il segnale s(t) detto a potenza limitata. Un segnale periodico non pu che essere un segnale a potenza limitata (e lo certamente se assume valori niti) e, quindi, ad energia innita. Calcolare la sua potenza non richiede il calcolo del limite nella (1.2.3); basta mediare nel periodo: P = 1 T
+T /2

s2 (t) dt
T /2

1.2.1.1. Sinusoide. Lesempio classico di segnale periodico una sinusoide s(t) = A sin(o t + ) dove A lampiezza, o la pulsazione e la fase iniziale (il valore dellargomento della funzione per t = 0). La sinusoide si ripete uguale a se stessa ad una distanza temporale T tale che o T = 2 . Il periodo di una sinusoide di pulsazione o , perci: T = 2 o

1.2. SEGNALI ELEMENTARI

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f = 1/T la frequenza. Va da s che una sinusoide di frequenza f periodica di periodo T = 1/f ma, anche, di periodo 2T , 3T, . . . , N T . Una sinusoide con fase iniziale /2 chiamata cosinusoide e vale la relazione sin(t + /2) = cos(t). La potenza media di una sinusoide di ampiezza unitaria vale: Pm = 2
2/ 0

sin (t) dt = 2
2

2/ 0

sin(2t) 1 cos(2t) 1 dt = 2 2 4

2/

=
0

1 2

La sua potenza di picco Pp = max sin2 (t) = 1


t

Il rapporto tra potenza di picco e potenza media detto fattore di picco e, per una sinusoide vale 2. E il caso di ricordare la formula di Eulero, che si pu ottenere ricorrendo allespansione in serie di potenze della funzione esponenziale e delle funzioni seno e coseno: exp(t) = cos t sin t Ne consegue che anche la funzione exp(t) periodica di periodo 2/|o | e, talora, si parla di sinusoide complessa. Sinusoidi di frequenze multiple di una frequenza minima o fondamentale si dicono armoniche: la frequenza pi bassa si chiama fondamentale, quella di frequenza doppia si chiama seconda armonica, quella di frequenza tripla terza armonica e cos via. La somma di sinusoidi di freqenze multiple di una frequenza fondamentale costituisce un segnale di periodo pari allinverso della frequenza fondamentale, in quanto ln-esima armonica pur sempre periodica di periodo 1/f .

F IGURA 1.2.1. Somma di tre sinusoidi di frequenza f , 3f , 5f .

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1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

1.2.1.2. Segnale rettangolare e onda quadra. Si chiama rettangolare un segnale che mantenga valore costante per tutta la sua durata limitata: (1.2.4) rect t = 1, |t| < 0, |t| >
2 2

E, chiaramente, un segnale di energia nita e la sua energia vale . La somma di segnali rettangolari ripetuti a distanza T d luogo ad un segnale periodico, di periodo T
+

(1.2.5)

sq (t) =
n=

rect

t nT

che viene detto onda quadra.

2 2 2

+ 2 2

F IGURA 1.2.2. Forma donda rettangolare e onda quadra. Se = T /2 londa quadra si dice a duty cycle 50%. Londa quadra (1.2.5) oscilla tra 0 e 1 ed ha valor medio 1 /T . Unonda quadra con duty cycle 50% che oscilla tra +1 e 1 ha valor medio nullo. E da osservare che il segnale rettangolare (1.2.4) discontinuo in /2 ed il suo valore in tali punti sarebbe indenito. In un punto di discontinuit t1 assumeremo che il segnale assuma il valore 1 + s(t1 ) = [s(t 1 ) + s(t1 )] 2 1.2.1.3. Scalino (o gradino) unitario. Un segnale che abbiamo gi incontrato negli esempi della sezione precedente lo scalino: esso descrittivo di una sollecitazione costante applicata a partire da un dato istante che, senza ledere la generalit, si pu assumere listante zero. Lo scalino unitario si pu denire come: u(t) = 1, 0, t>0 t<0

Per i discorsi gi fatti, possiamo assumere che u(0) = 0.5.

1.2. SEGNALI ELEMENTARI

17

F IGURA 1.2.3. Scalino unitario 1.2.1.4. Rampa unitaria. E un segnale nullo per t < 0 e che, per t > 0, cresce proporzionalmente a t: t, t > 0 r(t) = 0, t < 0

F IGURA 1.2.4. Rampa unitaria Tale segnale pu considerarsi come il risultato del passaggio dello scalino unitario attraverso un integratore:
t

r(t) =

u( ) d

1.2.1.5. Parabola. La parabola (o rampa parabolica) il segnale che si ottiene riapplicando loperatore di integrazione alla rampa: 1 2 t 2 1.2.1.6. Seno cardinale. Una funzione molto utilizzata, come risulter evidente nel seguito, la cosiddetta funzione seno cardinale p(t) = r( ) d = sin t t che un seno la cui ampiezza viene variata inversamente a t. E una funzione pari, in quanto rapporto di due funzioni dispari, e in t = 0 ha valore unitario. Per rendersene conto bisogna usare la formula di lHospital. Di questo segnale avremo modo di parlare ampiamente nel seguito. sinc(t) =
t

18

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI


p(t)

F IGURA 1.2.5. Rampa parabolica


sinc(t) 1

F IGURA 1.2.6. Seno cardinale. 1.3. Trasformazioni di variabile indipendente Tra le operazioni che si possono eseguire sui segnali, le trasformazioni della variabile indipendente rivestono un ruolo di rilievo ed comunque utile considerarle nel momento in cui si stanno esaminando le propriet dei segnali elementari. Si vedr, infatti, che esse possono essere estremamente utili. Cominciamo dalla pi semplice: la traslazione. 1.3.1. Traslazione. Supponiamo che s(t) sia il segnale inviato ad un altoparlante quando si ascolta un disco. Come si dovrebbe rappresentare il segnale corrispondente al suonare lo stesso disco il giorno dopo? Se T lintervallo temporale corrispondente ad un giorno, il segnale s(t) ritardato di un giorno esprimibile come s(t T ), in quanto nellistante T esso assume il valore s(T T ) = s(0) e nel generico t + T esso assume il valore s(t + T T ) che s(t) assumeva nellistante t. Con simile ragionamento si pu vericare che s(t + T ) il segnale s(t) anticipato di T . Naturalmente ha senso parlare di ritardi o anticipi se la variabile elementare un tempo. Nel caso pi generale pi corretto parlare di traslazione verso valori crescenti o descrescenti della variabile stessa.

1.3. TRASFORMAZIONI DI VARIABILE INDIPENDENTE

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Per banale che possa essere tale trasformazione, val la pena di considerare almeno un esempio. Come esempio prendiamo un segnale la cui descrizione richieda di specicare diverse espressioni matematiche in diversi intervalli temporali: 2 < t < 1 (t + 2)2 , 1, 1 < t < 0 s(t) = 2 (t 1) , 0 < t < +1 Una traslazione a destra di 1.5 darebbe luogo a: 2 < t 1.5 < 1 ([t 1.5] + 2)2 , 1, 1 < t 1.5 < 0 s(t 1.5) = ([t 1.5] 1)2 , 0 < t 1.5 < +1 o. meglio, a 0.5 < t < 0.5 (t + 0.5)2 , 1, 0.5 < t < 1.5 s(t 1.5) = (t 2.5)2 , 1.5 < t < 2.5
s(t) s(t1.5)

F IGURA 1.3.1. Esempio di traslazione. Come ulteriore esempio, si osservi che il rettangolo (1.2.4) pu essere ottenuto dalla somma di due scalini traslati nel tempo: rect t = u(t + ) u(t ) 2 2

u(t+ /2) /2 /2 u(t /2) t /2 /2 t

F IGURA 1.3.2. Rettangolo come combinazione di due scalini.

20

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

1.3.2. Ribaltamento. Il segnale s(t) si ottiene dal segnale s(t) mediante una riessione intorno allistante t = 0. Esso rappresenta leffetto di una inversione dellasse dei tempi. Ad esempio, se (1.3.1) s(t) =
s(t) a

s(t) =

a t, 0 < t < a 0, altrove a + t a < t < 0 0 altrove


s(t) a

a + t 0 < t < a = 0 altrove

F IGURA 1.3.3. Esempio di inversione del tempo. Questa operazione utile per esaminare propriet di simmetria di un segnale. Un segnale si dice pari se s(t) = s(t), dispari s(t) = s(t). Un generico segnale pu decomporsi nella sua parte pari e nella sua parte dispari: s(t) = sp (t) + sd (t) dove sp (t) detta parte pari di s(t) e vale 1 sp (t) = [s(t) + s(t)] 2 mentre sd (t), detta parte dispari, vale 1 sd (t) = [s(t) s(t)] 2 Sempre con riferimento allesempio precedente, le parti pari e dispari del segnale (1.3.1) sono: sp (t) = 0.5(a t) 0 < t < a 0.5(a + t) a < t < 0 0 altrove

1.3. TRASFORMAZIONI DI VARIABILE INDIPENDENTE

21

sd (t) =

0.5(a t) 0<t<a 0.5(a + t) a < t < 0 0 altrove


s (t)
d

sp(t) a/2 a a t

a/2 a a/2 t

F IGURA 1.3.4. Parte pari e parte dispari di (1.3.1) 1.3.3. Cambiamento di scala. Se la variabile indipendente di s(t) viene moltiplicata per , in modo che il segnale diventi s(t) il segnale risulta una versione di s(t) con la scala dei tempi scalata di 1/: si tratter di una versione compressa se || > 1, espansa se || < 1. Se il fattore negativo, oltre ad un cambiamento di scala si osserva un ribaltamento dellasse dei tempi. A titolo di esempio, si consideri, sempre il segnale (1.3.1), s(t), s(2t) s(0.5t):
s(t) a s(2t) a s(0.5t) a

a/2

2a t

F IGURA 1.3.5. Esempi di compressione ed espansione di scala. Vale la pena ora di considerare la combinazione di traslazione e cambiamento di scala. Come modica il solito segnale (1.3.1) il seguente cambiamento di variabile: s(3t 2) a 3t + 2, 0 < 3t 2 < a s(3t 2) = = 0, altrove
2 < t < a+2 a 3t + 2, 3 3 = s(3[t 2/3]) 0, altrove cio bisogna prima applicare la scalatura e, successivamente, la traslazione di 2/3. Se si applica prima la traslazione e poi la scalatura per 3, lentit della traslazione deve essere pari a 2, per avere lo stesso risultato. Ne consegue che loperazione di cambiamento di scala, come quella di ribaltamento che si pu considerare come un caso particolare con = 1 non commuta con quella di traslazione.

22

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

1.4. Limpulso Adesso, nonostante che si sia gi dedicata la sezione 1.2 ai segnali elementari, bisogna parlare di un nuovo segnale elementare, molto particolare: limpulso o funzione delta di Dirac. Si prenda una funzione rettangolare di ampiezza pari allinverso della sua durata: t 1 rect( ) T T Al diminuire di , il rettangolo diventa sempre pi stretto ed alto: la sua area, per, rimane sempre uguale a 1. Se 0, la funzione assume valori sempre nulli, tranne in t = 0, dove assume valore innito. Questa strana funzione (a rigore una distribuzione) quello che si chiama impulso, si indica con (t) e gracamente si rappresenta con il simbolo di gura 1.4.1 1 t lim rect( ) = (t) 0 T T
(t)

F IGURA 1.4.1. Rappresentazione graca dellimpulso o delta di Dirac. In base a quanto detto:
+

(t) = 1 e

(t) = (t) Il discorso fatto con la funzione rettangolo pu essere ripetuto con altre funzioni, compreso il seno cardinale, senza che, per, si aggiunga molto a quanto gi detto. Limpulso ha un signicato chiaro solo se compare allinterno di un integrale. In particolare, quella che pu essere considerata lespressione che lo denisce :
b

(1.4.1)
a

x(t) (t) = x(0) purch a < 0 < b

e sempre che x(t) sia continua in 0. Per giusticare questo risultato, si ritorni al rettangolo di base e altezza inversamente proporzionali. Se il rettangolo viene moltiplicato

1.4. LIMPULSO

23

per una funzione x(t), ne risulta una funzione sempre nulla, tranne per |t| < T /2 dove vale x(t)/(T ). Man mano che 0, si ripete il discorso dello stringersi e dellalzarsi del rettangolo e il contributo di x(t) si riduce a x(0): si tende, perci, a un rettangolo di base T e altezza x(0)/(T ) la cui area vale x(0). 1.4.0.1. Propriet dellimpulso. Lequazione (1.4.1) che denisce limpulso ne evidenzia la capacit di estrarre il valore di una funzione in un istante . Infatti:
+

(1.4.2)

x(t) (t )dt = x( )

La dimostrazione discende immediatamente dalla (1.4.1):


+ +

x(t) (t )dt =

x( + ) ( )d = x( ).

Una relazione simile quella che porta a concludere che, se si moltiplica un impulso piazzato nellistante per una funzione x(t) il risultato un impulso nello stesso istante, la cui area vale x( ): (1.4.3) Infatti: x(t) (t ) dt = x( ) (t ) dt = x( ) x(t) (t ) = x( ) (t )

Questa notazione viene utilizzata per indicare lestrazione di un campione da un segnale (cio il suo valore in un istante di tempo ben preciso). Mentre la (1.4.2), infatti, rappresenta il valore cercato come un numero, la (1.4.3) localizza esattamente nel tempo lo stesso valore. Un cambiamento di scala della variabile indipendente inuisce, ovviamente, sul risultato:
+ +

x(t) (at + b) dt =

b a

( )

d 1 b = x( ) |a| |a| a

Se ne pu concludere che 1 b (t + ). |a| a Ultima considerazione quella relativa alle derivate dellimpulso. La derivata dellimpulso, indicata con (t) e gracamente come in gura 1.4.2, detta doppietto (doublet in inglese) ed denita cos: (at + b) =
+

(1.4.4)

x(t) (t ) dt = x ( )

24

1. SISTEMI E SEGNALI ELEMENTARI

sempre che x(t) sia dotata di derivata in t = 0. La (1.4.4) si pu ricavare dal(t)

F IGURA 1.4.2. Simbolo del doppietto (derivata dellimpulso). la denizione dellimpulso (1.4.1) mediante integrazione per parti (ricordando che D(AB ) = AD(B ) + B D(A), dove D() rappresenta loperatore di derivazione):
+ x(t) (t ) dt = x(t) (t )|+ +

x (t) (t ) dt = x ( )

Applicando ripetutamente lo stesso ragionamento, si pu dimostrare che:


+

(1.4.5)

x(t) (k) (t ) dt = (1)k x(k) ( ).

Tutti gli integrali, per semplicit, sono stati indicati con estremi . Se gli estremi fossero stati al nito, ad esempio t1 e t2 , i risultati sarebbero stati identici, sempre che lintervallo [t1 , t2 ] contenesse listante in cui si trova limpulso (ad esempio, nella (1.4.5), se t1 < < t2 ). In caso contrario, tutti gli integrali considerati varrebbero zero. Si consideri, infatti, lintegrale
t

( ) d

Per quanto appena osservato, tale integrale vale 0 nch t < 0 e vale 1 solo se t > 0. Si osserva, quindi, che lintegrale dellimpulso lo scalino. Dualmente, la derivata dello scalino unitario limpulso unitario:
t

( ) d = u(t) = (t)

d u(t) dt

CAPITOLO 2

Sistemi lineari tempo invarianti


2.1. Introduzione Nel capitolo precedente si gi accennato al fatto che un sistema sico pu essere visto come qualcosa che accetta un ingresso ed a questo reagisce, producendo quella che si pu chiamare uscita. Quale sia la grandezza sica, funzione del tempo o di qualche altra variabile indipendente, che rappresenta lingresso o luscita, dipende caso per caso dal sistema in esame. Gracamente un sistema viene rappresentato come un rettangolo (a volte indicato come black box o scatola nera) con due rami orientati, uno entrante ad indicare lingresso ed uno uscente ad indicare luscita. La relazione che il sistema stabilisce tra ingresso ed uscita viene, in qualche modo, indicata allinterno della scatola nera.
s(t) r(t)

Sistema

F IGURA 2.1.1. Rappresentazione graca di un sistema Prima di affrontare il problema del calcolo della risposta di un sistema ad un ingresso qualsiasi, bisogna classicare i sistemi in base alle loro propriet.

2.2. Classicazione dei sistemi 2.2.1. Memoria. Si dice che un sistema non ha memoria se luscita in un istante dipende solo dal valore che lingresso assume nello stesso istante. Il partitore resistivo del capitolo precedente un sistema senza memoria, come gi osservato, perch luscita pari allingresso moltiplicato per un fattore che il rapporto di partizione instaurato dalla connessione serie delle due resistenze. Ogni resistenza costituisce un elemento senza memoria, che stabilisce un rapporto istantaneo tra corrente i che la attraversa e tensione v che si stabilisce ai suoi capi: v = Ri. Linserimento di un condensatore nella rete ne modicava drasticamente il comportamento, rendendo la risposta dipendente dal passato. Ci perch il condensatore un elemento con memoria, come risulta evidente se si esprime la tensione ai suoi capi in funzione della corrente che lo attraversa:
25

26

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

vc (t) =

ic ( ) d

La relazione precedente mostra in modo inequivocabile che la risposta allinstante generico dipende da tutta la storia passata dellingresso. Un sistema costituito dalla interconnessione di sistemi semplici esibisce memoria se al suo interno presente almeno un elemento dotato di memoria. 2.2.2. Causalit. Il concetto di memoria evidenzia il fatto che lingresso pu inuenzare luscita non solo in base al suo valore istantaneo, ma anche in base alla sua evoluzione passata. Questa descrizione basata su considerazioni che vengono spontanee per lesperienza di ognuno, cio che il presente pu essere inuenzato dal passato, non dal futuro. Il concetto di memoria, per, implica solo che luscita determinata da un certo intervallo temporale dellingresso, non necessariamente collocato tutto nel passato. Facciamo un esempio. Unoperazione spesso utilizzata per ridurre variazioni molto brusche di un segnale (qualora siano indesiderate) consiste nel sostituire al segnale la sua media in un intervallo assegnato: quella che si chiama media mobile. Questa operazione pu essere formalizzata in modi diversi. Consideriamone due: (2.2.1) e (2.2.2) sm2 (t) = 1 T
t+T /2

1 sm1 (t) = T

s( )d
tT

s( )d.
tT /2

Le due operazioni sono estremamente simili, se non proprio identiche. Per la (2.2.1) utilizza, per calcolare luscita allistante t, solo lingresso nellintervallo T precedente. La (2.2.2), invece, ha bisogno di conoscere lingresso anche per T /2 dopo listante t: ha bisogno di una conoscenza,.anche se limitata, del futuro. Un sistema in cui luscita inuenzata solo dal presente e dal passato dellingresso si dice causale; un sistema che abbia bisogno di conoscere lingresso anche nel futuro si dice non causale. Va da s che i sistemi reali non possono non essere causali: i sistemi non causali sono solo delle utili astrazioni matematiche. Confrontando la (2.2.1) e la (2.2.2), per, si osserva che sm2 (t T /2) = sm1 (t), ci vuol dire che sm2 si pu ottenere, a patto di accettarne una versione sufcientemente ritardata. Un sistema non causale, perci, pu diventare realizzabile, a patto di tollerare un ritardo, nellottenimento delluscita, tale da compensare il salto nel futuro richiesto dal sistema. 2.2.3. Tempo invarianza. Il legame tra ingresso e uscita stabilito dal particolare sistema che si sta considerando e dai valori dei parametri che ne quanticano i singoli elementi costituenti. Nel caso di una rete elettrica, il legame sussistente tra ingresso e

2.2. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI

27

uscita stabilito dal tipo e dal valore dei componenti di cui essa costituita. E evidente che se la struttura del sistema ed i valori dei parametri non cambiano nel tempo, il sistema deve rispondere allo stesso modo ad una stessa sollecitazione, in qualunque momento tale sollecitazione gli venga applicata, a condizione che anche listante di applicazione della condizione al contorno si sposti della stessa entit. Attenzione che le condizioni iniziali, in sistemi con memoria, possono assimilarsi ad ingressi applicati al sistema e vanno considerati con attenzione in questo tipo di ragionamenti. Un sistema si dice tempo invariante se ad un ingresso s(t) risponde con una uscita u(t) e ad uno stesso ingresso spostato nel tempo risponde con la stessa uscita, spostata nel tempo esattamente quanto lingresso: s(t) u(t) s(t ) u(t ) 2.2.4. Stabilit. La stabilit di un sistema pu essere denita in vario modo, ma ha sempre a che vedere con il fatto che il sistema risponda allingresso e non produca unuscita indipendentemente dalla sollecitazione esterna. Una denizione che si pu utilizzare per i sistemi che si considerano in questo corso (in particolare si tratta dei sistemi lineari, deniti nel successivo paragrafo 2.2.6) quella della stabilit BIBO (Bounded Input Bounded Output) in base alla quale un sistema stabile se risponde con una uscita di ampiezza limitata ad un ingresso di ampiezza limitata: t, |u(t)| < UM < se |s(t)| < SM < . 2.2.5. Sistema inverso. Per sistema inverso si intende un sistema che, messo in cascata ad un primo sistema, ne annulla leffetto, cio ricevendo come ingresso luscita del primo sistema, fornisce come uscita lingresso del primo sistema. Un tale sistema costituisce ancora unutile astrazione matematica che non detto sia realizzabile.
s(t) Sistema u(t) Sistema inverso s(t)

F IGURA 2.2.1. Sistema inverso. In casi in cui il vero sistema inverso non sia realizzabile, si ricorre a sistemi che lo approssimano in qualche modo. 2.2.6. Linearit. Un sistema si dice lineare se, per qualunque tipo di sollecitazione1, rispetta il principio di sovrapposizione degli effetti. Ci si formalizza di solito facendo riferimento a due propriet: omogeneit e additivit.
Qui e nei successivi paragra, col termine ingresso o sollecitazione si intender lingresso effettivamente applicato e lingresso che genera la condizione inziale del sistema.
1

28

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

Omogeneit. Se un ingresso s(t) produce unuscita r(t), un ingresso a s(t) produce unuscita a r(t): s(t) r(t) a s(t) a r(t) Questa propriet implica che un sistema produca risposta nulla se lingresso nullo. Additivit. Se lingresso s1 (t) produce unuscita r1 (t) e lingresso s2 (t) produce unuscita r2 (t), lingresso s1 (t) + s2 (t) deve produrre luscita r1 (t) + r2 (t). s1 (t) r1 (t), s2 (t) r2 (t) s1 (t) + s2 (t) r1 (t) + r2 (t) Le due propriet possono fondersi in una sola condizione: s1 (t) r1 (t), s2 (t) r2 (t) a s1 (t) + b s2 (t) a r1 (t) + b r2 (t). La propriet di linearit, anche se considerata per ultima, di importanza fondamentale. Non un caso che la teoria dei sistemi lineari sia gi assestata, mentre la teoria dei sistemi non lineari ancora aperta a nuovi contributi. Limportanza fondamentale del principio di sovrapposizione degli effetti consiste nella possibilit che esso d di calcolare la risposta ad un qualunque segnale combinando opportunamente le risposte del sistema in esame ad una opportuna serie di altri segnali. Naturalmente questi altri segnali devono soddisfare ad alcune condizioni, perch questa possibilit risulti di qualche utilit: calcolare la risposta del sistema a questi segnali deve essere possibile e, preferibilmente, facile; un qualunque segnale deve poter essere descritto come somma pesata di questi segnali elementari. Un segnale elementare che soddisfa a questi requisiti limpulso. Infatti, lequazione (1.4.2), qui di seguito riproposta
+

x( ) (t )d = x(t)

si pu interpretare, se si considera una variabile, dicendo che la funzione x( ) la somma (lintegrale pur sempre unoperazione di somma) di inniti impulsi, innitamente vicini, ognuno di area pari al valore della funzione nellistante in cui limpulso posto. Lequazione (1.4.2), in altre parole, garantisce che un qualunque segnale si pu considerare come somma di impulsi. Se si in grado di calcolare la risposta h(t, ) del sistema ad un impulso unitario posizionato in un qualunque istante , per un sistema lineare per il quale vale il principio di sovrapposizione degli effetti la risposta ad un qualunque segnale s(t) ottenibile come
+

(2.2.3)

r(t) =

s( ) h(t, ) d

2.2. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI

29

s(t)

h(t, )

r(t)

F IGURA 2.2.2. Sistema lineare. Se il sistema, oltre ad essere lineare, tempo invariante, la sua risposta ad un impulso ritardato di la risposta ad un impulso nellorigine, ritardata anchessa di h(t, ) = h(t ) e, di conseguenza, la risposta di un sistema lineare tempo invariante ad un segnale s(t) :
+

(2.2.4)

r(t) =

s( ) h(t ) d

s(t)

h(t )

r(t)

F IGURA 2.2.3. Sistema lineare tempo invariante (LTI).

2.2.7. Convoluzione. Loperazione (2.2.4) che lega segnale in ingresso e risposta allimpulso del sistema alluscita viene chiamata convoluzione ed indicata con il simbolo :
+

(2.2.5)

s( ) h(t ) d = s(t) h(t)

La convoluzione unoperatore lineare il caso di dire ovviamente e gode di alcune propriet: 2.2.7.1. Propriet commutativa. s(t) h(t) = h(t) s(t) cio
+ +

(2.2.6)

s( ) h(t ) d =

s(t ) h( ) d

che richiede solo una sostituzione di variabili. I due integrali in (2.2.6) corrispondono a due modi di interpretare ed implementare la convoluzione.

30

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

2.2.7.2. Propiet associativa. x(t) h1 (t) h2 (t) = [x(t) h1 (t)] h2 (t) = x(t) [h1 (t) h2 (t)] Questa propriet permette di affermare che se due sistemi sono collegati in modo che luscita del primo costituisca lingresso al secondo (sistemi in cascata), il primo con risposta allimpulso h1 (t) ed il secondo con risposta allimpulso h2 (t), essi corrispondono ad un unico sistema con risposta allimpulso h1 (t) h2 (t). 2.2.7.3. Propriet distributiva. x(t) [h1 (t) + h2 (t)] = x(t) h1 (t) + x(t) h2 (t) Questa propriet permette di affermare che due sistemi, alimentati dallo stesso segnale e le cui uscite vengono sommate tra loro (sistemi in parallelo), corrispondono ad un unico sistema con risposta allimpulso pari alla somma delle risposte allimpulso. Per le propriet dellimpulso
+

s(t) (t) =

s( ) (t ) d = s(t)

e, perci, un sistema con risposta allimpulso (t) il sistema identit, che ripresenta alluscita lo stesso segnale che ha allingresso. Inoltre
+

(2.2.7)

s(t) (t to ) =

s( ) (t to ) d = s(t to )

che sta ad indicare che (t to ) la risposta allimpulso di un ritardatore ideale, ma anche che convolvere un segnale con un impulso in to produce una traslazione dellorigine dei tempi del segnale in to . In modo del tutto simile si verica che lo scalino unitario la risposta allimpulso dellintegratore ideale
+ t

(2.2.8)

s( ) u(t ) d =

s( ) d

e che il doppietto la risposta allimpulso di un derivatore ideale. Infatti, per la denizione di doppietto
+

(2.2.9)

s( ) (t ) d = s (t)

(attenzione ai segni delle variabili!). Vale inne la pena di notare che larea della convoluzione uguale al prodotto delle aree dei due termini della convoluzione. Infatti:

2.2. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI

31

+ +

r(t) dt =

s( ) h(t ) d dt =

s( )

h(t ) dt d =

s( ) (Area di h) dt = (Area di h) (Area di s)

2.2.7.4. Interpretazione graca della convoluzione. In base a quanto detto a proposito degli effetti dei campbiamenti di variabile sui segnali, lequazione (2.2.4) si pu riscrivere come
+

r(t) =

s( ) h[( t)] d

e interpretare nel modo seguente: luscita da un sistema LTI nellistante t pu ottenersi prendendo la risposta allimpulso, ribaltandola, traslandola di t, moltiplicandola per s( ), e calcolando lintegrale del prodotto. La sequenza di operazioni rappresentata gracamente nella gura 2.2.4.
s(t) h(t)

t s(t) h(t) s(t)h(t)

t s(t) h[(tt 1 )] s(t)h[(tt 1 )]

t1 t

t1 t

F IGURA 2.2.4. Interpretazione graca della convoluzione. Consideriamo alcuni esempi con segnali molto semplici. Si consideri la convoluzione di un rettangolo con se stesso: t t rect( ) rect( ) T T

32

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

Per |t| > T il rettangolo e la sua replica ribaltata e traslata non si sovrappongono (vedi gura 2.2.5) e luscita nulla. Per T < t < 0 il risultato del prodotto nullo dappertutto, tranne che nellintervallo [T, t + T /2], dove vale 1. Dualmente, per 0 < t < T il prodotto nullo dappertutto, tranne nellintervallo [t T /2, T /2], dove vale 1. Perci

0, t t t + T, rect( ) rect( ) = T t, T T

|t| > T T < t < 0 0<t<T

Si verica che larea del triangolo risultante vale (2T T )/2 = T 2 , esattamente pari al prodotto delle aree dei due rettangoli.

t<T

T 2

T 2

T<t<0

t+ T 2

0<t<T

t) t ) rect( _ rect( _ T T *

t T 2 T

F IGURA 2.2.5. Convoluzione di un rettangolo con se stesso.

2.2. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI

33

Se si convolve ancora per lo stesso rettangolo si ottiene:


t t t rect( T ) rect( T ) rect( T )=

0, t+T /2 ( + T )d , T
0

|t| > 1, 5 T 1, 5 T < t < 0, 5 T


t+T /2

( + T )d +
0

(T )d,

0, 5 T < t < 0, 5 T 0, 5 T < t < 1, 5 T

tT /2 T

(T )d,
tT /2

0, 2 t /2 + 3T t/2 + 9T 2 /8 = t2 + 3T 2 /4 t2 /2 3T t/2 + 9T 2 /8

|t| > 1, 5 T 1, 5 T < t < 0, 5 T 0, 5 T < t < 0, 5 T 0, 5 T < t < 1, 5 T

*
T/2 T/2 T T

1,5 T

1,5 T

t F IGURA 2.2.6. Convoluzione ripetuta di un rettangolo: rect( T ) t t rect( T ) rect( T ).

La convoluzione di due rettangoli produce risultati diversi nel caso che le loro durate siano uguali e nel caso che siano diverse. Si considerino due rettangoli di durate T1 e T2 , con T1 < T2 : 0, t t t + (T1 + T2 )/2, rect( ) rect( ) = T1 , T1 T2 (T + T )/2 t, 1 2 |t| > (T1 + T2 )/2 (T1 + T2 )/2 < t < (T2 T1 )/2 |t| < (T2 T1 )/2 (T2 T1 )/2 < t < (T1 + T2 )/2

34

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

*
T 1 /2 T1/2 T2 /2 T 2 /2

T1

T 1 +T2 2

T 2 T1 2

T 2 T1 2

T 1 +T2 2

F IGURA 2.2.7. Convoluzione di due rettangoli di diversa durata. 2.3. Sistemi lineari invarianti Si possono adesso particolareggiare ai sistemi lineari tempo invarianti le proriet gi enunciate. Se un sistema LTI senza memoria, la sua relazione ingresso uscita deve essere del tipo r(t) = k s(t), cio di diretta proporzionalit. Un sistema LTI causale ha una risposta allimpulso che soddisfa la condizione h(t) = 0, per t < 0 perch questo garantisce che per produrre luscita allistante t servono solo valori dellingresso in istanti precedenti:
t

r(t) =

s( )h(t ) d

Un sistema per il quale h(t) = 0 per t > 0 si dice anticausale. Un sistema LTI stabile BIBO se e solo se
+

(2.3.1)

|h(t)|dt <

Infatti, se |s(t)| < M ,


+ +

|r(t)| = |

s( )h(t ) d | <
+

|s( )| |h(t )| d <

<M

|h(t )| d <

2.3. SISTEMI LINEARI INVARIANTI

35

cio, la (2.3.1) risulta condizione sufciente. Per vericare che sia anche necessaria, basta pensare ad un segnale che vale +1 o 1 in funzione del segno di h(t), cio s(t) = sign(h[t]). Perch il sistema sia stabile la sua uscita deve essere, in ogni istante, limitata, anche con questo segnale:
+ +

sign(h[ ]) h(t ) d

|h(t)|dt <

Inne, il sistema inverso quello che, con r(t) in ingresso, produce in uscita s(t), cio quel sistema che posto in cascata al sistema con risposta allimpilso h(t) produce, come sistema complessivo, il sistema identit: h(t) hi (t) = (t) 2.3.0.5. Sistemi descritti da equazioni differenziali. Negli esempi iniziali abbiamo considerato dei sistemi nei quali il legame ingresso-uscita era descritto da equazioni differenziali. Tutti i sistemi considerati sono sistemi lineari tempo-invarianti. Per brevit consideriamo lesempio 1.1.1. In assenza del condensatore si in presenza di un sistema lineare tempo invariante senza memoria. Infatti il legame ingressouscita V = E RM /(RC + RM ). In presenza del condensatore il sistema descritto da una equazione differenziale che, per comodit, viene qui ripetuta: 1 e(t) dv (t) v (t) = + dt RM RC C RC C Quando si ha a che fare con un sistema descritto da unequazione differenziale bisogna prestare attenzione alle condizioni inziali. Se il sistema deve essere LTI, la sua risposta allimpulso deve essere sempre la stessa e si deve spostare in accordo con la posizione dellimpulso. La condizione iniziale, daltro canto, innesca una risposta al transitorio che indipendente dallingresso e che non pu spostarsi nel tempo. Ne consegue che, perch si possa parlare di risposta allimpulso del sistema, le condizioni iniziali devono essere nulle. La linearit dellequazione facilmente vericata: se v1 (t) la risposta ad un ingresso e1 (t) e v2 (t) la risposta ad un ingresso e2 (t) (cio sono entrambe soluzioni dellequazione), a v1 (t) + b v2 (t) la risposta se lingresso a e1 (t) + b e2 (t). Infatti: d 1 (a v1 (t) + b v2 (t)) + (a v1 (t) + b v2 (t)) = dt RM RC C =a dv1 (t) 1 + v1 (t) + b dt RM RC C
1 RC C

dv2 (t) 1 + v2 (t) dt RM RC C

(a e1 (t) + b e2 (t))

Vediamo, senza alcuna pretesa di rigore matematico, come sia possibile calcolare la risposta allimpulso di un sistema descritto da unequazione differenziale ed

36

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

usiamo lequazione descrittiva del sistema nellesempio 1.1.1. Questa volta bisogner risolvere lequazione 1 (t) dh(t) + h(t) = dt RT C RC C La soluzione dellomogenea associata ancora, utilizzando la funzione scalino per evidenziare il fatto che questa risposta inizia allistante 0: (2.3.2) (2.3.3) ho (t) = A exp t RT C u(t)

A questo punto bisognerebbe aggiungere una soluzione particolare, ma in questo caso non ha molto senso. Infatti limpulso esercita uninuenza istantanea sul sistema, modicandone istantaneamente lo stato (la tensione sul condensatore) e innescando una risposta che non pu che evolvere come la risposta ad una condizione iniziale. La soluzione, oltre alla (2.3.2), potrebbe contenere tuttal pi degli impulsi o loro derivate. Siccome la soluzione deve rispettare la (2.3.3), evidente che essa non pu contenere un impulso, perch al secondo membro non compaiono derivate di impulsi. Ne consegue che la soluzione, in questo caso, interamente rappresentata dalla (2.3.3) in cui bisogna determinare il valore dellincognita costante. La condizione iniziale, per quanto gi osservato, deve essere nulla, ma prima dellapplicazione dellimpulso (a tempo 0 ). Dopo lapplicazione dellimpulso la tensione sul condensatore non nota. Per determinare A bisogna vericare che la (2.3.3) soddis la (2.3.2): A t exp RT C RT C + u(t) + A exp t RT C (t)+

A t exp RT C RT C

u(t) =

(t) RC C

perci, ricordando le propriet dellimpulso, A = 1/(RC C ) e la risposta allimpulso u(t). RC C RT C Lesempio considerato rappresenta un caso estremamente semplice di sistema LTI descritto da unequazione differenziale. Pi in generale, lequazione differenziale che descrive un sistema LTI del tipo
N 1 M

h(t) =

exp

D [r(t)] +
n=0

an D [r(t)] =
k=0

bk Dk [s(t)]

Vediamo un esempio con un circuito pi complesso di quello dellesempio 1.1.1: Come variabili indipendenti scegliamo la corrente iL nellinduttore e la tensione vC sul condensatore. Queste grandezze ci permettono di rappresentare la condizione

2.3. SISTEMI LINEARI INVARIANTI

37

L +
iL +

e(t)

vc

F IGURA 2.3.1. Sistema di secondo grado. iniziale degli elementi con memoria presenti nel circuito e costituiscono, per questo circuito (sistema), quelle che si chiamano variabili di stato. Per poter calcolare levoluzione del sistema non basta conoscere lingresso, bisogna conoscere lo stato di carica iniziale di condensatori e induttori. Le equazioni che descrivono il circuito di gura 2.3.1 sono: 1 1 vC (t) + C iL (t) C (t) = RC v (2.3.4) 1 iL (t) = L vC (t) + r(t) = vC (t) dove la terza equazione serve solo ad evidenziare che come uscita si prende la tensione sul condensatore. Il sistema del secondo ordine descritto, evidentemente, da un sistema di due equazioni nelle due variabili di stato. Unequazione separata specica come il segnale duscita vero e proprio sia ottenibile dalle variabili di stato ed, eventualmente, dallingresso. 2.3.0.6. Equazioni di stato. Questo modo di descrivere un sistema lineare in base alla evoluzione delle variabili di stato molto utile ed utilizzato e porta ad una rappresentazione molto compatta, se si utilizza una notazione matriciale. Se le variabili di stato (in questo caso vC (t) e iL (t)) sono organizzate in un vettore x, le uscite (in questo caso r(t)) in un vettore y e gli ingressi (in questo caso e(t)) in un vettore e, le equazioni (2.3.4) si possono scrivere = Ax + Be x y = Cx + De dove x= A= vC (t) iL (t) , y = r(t), e = e(t) , B= 0 1/L
1 L

e(t)

1/(RC ) 1/C 1/L 0 C=

1 0 , D = 0.

38

2. SISTEMI LINEARI TEMPO INVARIANTI

Partendo dalla (2.3.4), derivando la prima equazione ed effettuando una sostizione di variabile, si ottiene lequazione del secondo grado che descrive in modo del tutto equivalente il comportamento del sistema: 1 1 1 v (t) + vC (t) = e(t) RC LC LC Si osserva, perci, che un sistema LTI pu essere descritto mediante una equazione differenziale lineare a coefcienti costanti di grado N o, in maniera del tutto equivalente, da un sistema di N equazioni differenziali lineari a coefcienti costanti di primo grado. 2.3.0.7. Schemi a blocchi. La struttura dellequazione differenziale di un sistema LTI pu essere evidenziata in modo graco ricorrendo a tre elementi base che, opportunamente interconnessi, danno luogo a quello che viene chiamato schema a blocchi del sistema. I tre elementi che permettono di descrivere un qualunque sistema LTI sono: moltiplicatore per una costante, sommatore (sottrattore) e integratore i cui simboli graci sono riportati nella gura (2.3.5) v (t) +

a moltiplicatore sommatore

integratore

F IGURA 2.3.2. Elementi base degli schemi a blocchi. Per poter ricondurre la (2.3.5) allinterno di uno schema a blocchi in cui si utilizzino sono operatori di integrazione (in realt possibile usare o solo operatori di integrazione o solo operatori di derivazione) necessario effettuare alcuni passaggi. Riscriviamo la (2.3.5) evidenziando le derivate di ordine n come ln-pla applicazione delloperatore di derivazione D ed isolando al primo membro il termine che contiene la derivata di ordine massimo: 1 1 1 D[vC (t)] vC (t) + e(t) RC LC LC ed integriamo due volte rispetto alla variabile t. Usando il simbolo D1 per indicare lintegrazione D2 [vC (t)] = (2.3.6) 1 1 1 D1 [vC (t)] D2 [vC (t)] + D2 [e(t)] RC LC LC A questo punto lo schema a blocchi che corrisponde alla (2.3.6) quello di gura 2.3.3 vC (t) =

2.3. SISTEMI LINEARI INVARIANTI

39

e(t) 1 LC + 1 LC

+ 1 RC

v(t)

F IGURA 2.3.3. Schema a blocchi corrispondente alla (2.3.6)

CAPITOLO 3

Trasformata di Fourier
3.1. Introduzione Nei capitoli precedenti abbiamo osservato come si sia in grado di calcolare la risposta di sistemi lineari tempo invarianti ad ingressi a scalino, ingressi sinusoidali ed ingressi impulsivi. In particolare, sfruttando la capacit di calcolare la risposta allimpulso, si acquisita la possibilit di calcolare la risposta ad un ingresso qualsiasi. Infatti, assunta la linearit del sistema, poich si pu rappresentare qualunque segnale come somma di impulsi, la capacit di calcolare la risposta ad un impulso comunque posizionato equivale alla possibilit di calcolare la risposta ad un ingresso qualsiasi. Per un sistema tempo invariante questo porta a concludere che la risposta di un sistema LTI ad un ingresso qualsiasi la convoluzione dellingresso con la risposta allimpulso del sistema. Questa soluzione, pur se di estrema importanza ed efcacia, presenta delle difcolt, sia da un punto di vista pratico, sia da un punto di vista computazionale. Da un punto di vista pratico evidente la difcolt di misurare sperimentalmente la risposta allimpulso di un sistema reale: una di quelle operazioni che deve rimanere connata allambito concettuale ed essere sostituita da adeguati surrogati nel mondo reale. Da un punto di vista computazionale, oltre alla eventuale difcolt di calcolare effettivamente la soluzione dellequazione differenziale con ingresso impulsivo, rimane la complessit delloperatore di convoluzione, che richiede la sovrapposizione dei contributi di diversi termini in cui il segnale di ingresso stato scomposto. In altre parole: sarebbe bello che luscita in un certo istante dipendesse solo da uno degli impulsi in cui stato scomposto il segnale, ma non cos! Nasce cos la domanda: la decomposizione in somma di impulsi lunica possibile per un segnale, o ne esistono altre e, tra queste, magari ce n una che porti ad una ulteriore semplicazione del problema? Naturalmente, vincolo fondamentale che poi sia facile calcolare la risposta del sistema ad ognuno dei segnali elementari in cui il segnale vero e proprio viene decomposto. Fourier dimostr per primo che un segnale pu essere decomposto in somma di sinusoidi e, per questo motivo, tali tecniche prendono il suo nome. La cosa di notevole interesse, in quanto le sinusoidi sono dei segnali per i quali si in grado di calcolare la risposta di sistemi LTI.

41

42

3. TRASFORMATA DI FOURIER

3.2. Propriet delle sinusoidi Come gi osservato, quando si parla di sinusoidi ci si pu riferire alle funzioni trigonometiche usuali o alla loro rappresentazione mediante esponenziali complessi che nel seguito capiter di indicare come sinusoidi complesse. Data la sostanziale equivalenza delle due rappresentazioni, non dovrebbe costituire elemento di meraviglia trovare che le propriet che valgono per le sinusoidi valgano per gli esponenziali complessi. La propriet principale delle sinusoidi, nel contesto delle tecniche di Fourier, rappresentata dal fatto che non si pu sintetizzare una sinusoide di frequenza assegnata sommando un qualsivoglia numero di sinusoidi di frequenze diverse. E la propriet che va sotto il nome di ortogonalit. Matematicamente tale propriet si esprime nel seguente modo
+

sin(2f1 t) sin(2f2 t) dt = (f1 f2 )

oppure
+

(3.2.1)

exp(2f1 t) exp(2f2 t) dt = (f1 f2 )

(attenzione ai diversi segni degli esponenti!). Se lintervallo di integrazione nito lortogonalit vale ancora, ma solo tra sinusoidi che nellintervallo contengano un numero intero di periodi
+T /2 T /2

k n T sin(2 t) sin(2 t) dt = (k n) T T 2

oppure
+T /2

(3.2.2)
T /2

k n exp(2 t) exp(2 t) dt = T (k n) T T

dove la funzione (n), il cui argomento un numero intero, non un impulso (che avrebbe bisogno di un numero reale come argomento) ma la funzione delta di Kronecker: 1 n=0 (n) = 0 n=0 che pu essere vista come la corrispondente allimpulso in un contesto in cui la variabile indipendente pu assumere solo valori discreti. 3.3. La serie di Fourier Inizialmente si consideri il caso in cui il segnale s(t) sia periodico. Una somma di segnali pu dar luogo ad un segnale periodico se e solo se ognuno periodico di uno stesso periodo. Val la pena di ricordare che se un segnale periodico di periodo T , lo anche di periodi 2T , 3T , etc.

3.3. LA SERIE DI FOURIER

43

Una serie di segnali, tutti periodici di periodo T costituita dalle sinusoidi di frequenza f = 1/T e multipli (armoniche). Ebbene, Fourier ha dimostrato che un segnale periodico pu essere ottenuto come somma pesata di sinuoidi tra loro in relazione armonica, al limite in numero innito. Questo enunciato si pu formalizzare sia ricorrendo a sinusoidi reali, sia a esponenziali complessi. 3.3.1. Serie di Fourier esponenziale. Un segnale periodico di periodo T si pu descrivere come k ck exp 2 t . T k=

(3.3.1)

s(t) =

Il calcolo dei ck estremamente semplice, utilizzando la (3.2.2). Infatti, moltiplicando entrambi i termini della (3.3.1) per exp(2mt/T ) ed integrando sul periodo si ottiene:
T

s(t) exp(2
0

m t) dt = T

exp(2
0

m t) T

k ck exp(2 t) dt = T cm T k=

e, quindi, (3.3.2) cm = 1 T
T

s(t) exp(2
0

m t) dt T

Si osservi che i cm sono numeri complessi. Gli estremi di integrazione nella (3.3.2) e nelle equazioni dalle quali stata ricavata sono diversi da quelli nella (3.2.2) e tale diversit intenzionale, per evidenziare lovvia considerazione che, trattandosi di segnali periodici, lintervallo di integrazione pu essere posizionato arbitrariamente, purch si estenda esattamente su un periodo. La (3.3.1) dice che s(t) si pu ottenere sommando, ognuno con opportuno peso cn , esponenziali complessi di frequenza k/T . Tali ampiezze si possono ottenere mediante la (3.3.2) . Daltro canto, lequazione (3.2.2) assicura che per descrivere un esponenziale complesso di frequenza k/T non si pu utilizzare che un esponenziale di frequenza k/T . Una situazione esattamente simile si verica se si considera uno spazio vettoriale con un sistema di riferimento che individua coordinate ortogonali. Un vettore v in questo spazio si pu rappresentare come somma di tanti vettori orientati secondo le diverse coordinate ortogonali, individuate dai versori (vettori di lunghezza unitaria orientati secondo le direzioni coordinate). Ad esempio in uno spazio tridimensionale, con i versori rappresentati da , , k : v = x + y + zk con

44

3. TRASFORMATA DI FOURIER

x =< v, >, y =< v, >, z =< v, k > dove < , > rappresenta il prodotto scalare.
z

v k j i x y

F IGURA 3.3.1. Vettore in uno spazio tridimensionale. Il discorso si pu generalizzare ad un numero qualsiasi di dimensioni, ma oltre la terza non c modo di darne una visualizzazione. Ebbene, i coefcienti della serie di Fourier si possono equiparare alle componenti del vettore, la funzione dei versori viene svolta dalle sinusoidi di frequenza diversa, il prodotto scalare dalla (3.3.2). Le sinusoidi di frequenze multiple di 1/T costituiscono, in questa accezione, una base ortogonale per lo spazio delle funzioni periodiche di periodo T . La lunghezza di un vettore misurabile mediante il prodotto scalare: se un vettore di lunghezza unitaria, il prodotto scalare per se stesso deve valere 1. Il prodotto scalare (denito dalla equazione 3.3.2) di un esponenziale complesso di durata T con se stesso, infatti, vale 1. Quando le funzioni, oltre ad essere ortogonali, hanno lunghezza unitaria, si dicono ortonormali. Gli esponenziali complessi costituiscono, perci, una base ortonormale. 3.3.2. Serie di sinusoidi. Lo stesso segnale periodico si pu rappresentare come somma di sinusoidi (3.3.3) k k k s(t) = ak sin 2 t + bk cos 2 t = Ak sin 2 t + k T T T k=0 k=0 con Ak =
2 a2 k + bk ,

k = arctan

bk ak

3.3. LA SERIE DI FOURIER

45

Luso di seni e coseni (o di un termine di fase) necessario perch una serie di soli seni darebbe luogo ad un segnale dispari (s(t) = s(t)) ed una serie di soli coseni darebbe luogo ad un segnale pari. I coefcienti ak e bk si possono ottenere mediante le a0 = 0, b0 = 2 T
T 0

1 T

s(t) dt, per k = 0


0 T 0

ak =

k s(t) sin 2 t T

dt, bk =

2 T

k s(t) cos 2 t T

dt, per k = 0

Le due serie (3.3.1) e (3.3.3) devono essere equivalenti e, infatti, si pu passare da una allaltra osservando che, per uno stesso segnale, i coefcienti reali ak , bk ed i coefcienti complessi ck sono legati dalle seguenti relazioni: (3.3.4) infatti k ck exp(2 t) = T k=

b0 = c0 , e bk = ck + ck , ak = (ck ck )

(3.3.5)

= c0 +
k=1

k k ck exp(2 t) + ck exp(2 t) T T

= c0 +
k=1

k k (ck + ck ) cos 2 t + (ck ck ) sin 2 t T T

3.3.2.1. Condizioni di esistenza. Tutti i discorsi, fatti e da fare, sulla serie di Fourier hanno senso se e solo se la serie converge. Perch questo avvenga devono essere vericate delle condizioni, ricavate da Dirichlet (e normalmente vericate dai segnali che si si utilizzano nelle applicazioni pratiche). Perch lo sviluppo in serie di un segnale s(t) converga sufciente che siano soddisfatte le seguenti condizioni: (1) s(t) sia assolutamente integrabile in un periodo:
T

|s(t)| dt <
0

(2) s(t) abbia, nel periodo, un numero nito di minimi e massimi; (3) s(t) abbia, nel periodo, al massimo un numero nito di discontinuit. + In un punto di discontinuit to la serie converge al valore [s(t o ) + s(to )]/2. 3.3.3. Simmetrie dei coefcienti. I coefcienti delle serie di Fourier godono, in alcuni casi, di simmetrie che bene tener presente e sfruttare nei calcoli.

46

3. TRASFORMATA DI FOURIER

3.3.3.1. Segnale reale. Se il segnale s(t) reale, i coefcienti della serie esponenziale devono soddisfare delle ben precise simmetrie, se la sommatoria deve dar luogo ad un segnale reale. Per quanto gi detto a proposito dellortogonalit delle sinusoidi, lannullamento dei termini immaginari deve avvenire frequenza per frequenza. Dovr, perci, vericarsi che k k ck exp(2 t) + ck exp(2 t) = funzione reale T T Dalla (3.3.5) si ricava immediatamente che (ck + ck ) deve essere reale, mentre (ck ck ) deve essere immaginario. Perch ci possa vericarsi, Re{ck } = Re{ck } e I m{ck } = I m{ck }, cio ck = c k dove lasterisco indica la complessa coniugazione. Per quanto concerne i coefcienti ak e bk il fatto che s(t) sia reale non pone particolari vincoli, in quanto usando la serie di sinusoidi non possibile che ottenere segnali reali come risultato delle somme. 3.3.3.2. Segnale reale e pari (dispari). Se il segnale reale pari, evidente da quanto gi detto in precedenza, che tutti gli ak devono essere nulli e solo i bk possono essere diversi da zero. Per un segnale dispari sar vero linverso: gli ak possono essere diversi da zero, ma bk = 0, k . I coeffcienti della serie esponenziale, oltre alla simmetria gi osservata, dovranno soddisfare le seguenti condizioni: ck ck = 0, k ck + ck = 0, k se s(t) pari se s(t) dispari.

Esempio. A titolo di esempio calcoliamo lo sviluppo in serie di Fourier di un segnale che abbiamo gi incontrato nel capitolo 1: londa quadra. In particolare consideriamo londa quadra con 50% di duty cycle, cio un segnale che vale 1 esattamente per met del suo periodo T .

T/4

T/4

F IGURA 3.3.2. Onda quadra con duty cycle 50 %.

3.3. LA SERIE DI FOURIER

47

Con lorigine dei tempi come in gura 3.3.2, il segnale pari. Conviene, quindi, utilizzare lo sviluppo in serie di coseni: b0 = (3.3.6) 2 bk = T k cos 2 t T T /4
T /4 k t 2 sin 2 T dt = k T 2 T

1 T

T /4

dt =
T /4

1 2
T /4

=
T /4

2 sin k

k 2

I coefcienti di posto pari sono tutti nulli, tranne b0 . Quelli dispari hanno segno alternato e valore che varia inversamente con lindice: b1 = 1/ , b3 = 1/(3 ) etc. I coefcienti della serie esponenziale sono immediatamente ottenuti utilizzando le (3.3.4) e le simmetrie che discendono dallessere il segnale reale e pari: bk . 2 Esempio. Come ulteriore esempio consideriamo il segnale riportato in gura 3.3.3: c 0 = b0 , c k = c k = s(t) = t , 0 < t < T con s(t + kT ) = s(t), k T
1

2T

2T

F IGURA 3.3.3. Segnale a dente di sega. s(t) non n pari, n dispari: usiamo la serie esponenziale: c0 = 1 cn = T
T 0

1 T t 1 dt = T 0 T 2 t n exp 2 t dt = T T
T

3.3.4. Propriet della serie di Fourier. Si considerano, ora, alcune propriet della serie di Fourier.

n 1 t exp 2 T t = 2 n T 2 T

T 0

n exp 2 t T dt = n 2 2n T

48

3. TRASFORMATA DI FOURIER

3.3.4.1. Linearit. Se i segnali s1 (t) ed s2 (t), periodici dello stesso periodo T , sono sviluppabili in serie di Fourier: k k ck exp 2 t , s2 (t) = dk exp 2 t T T k= k=

(3.3.7)

s1 (t) =

il segnale a s1 (t)+ b s2 (t), combinazione lineare di s1 (t) ed s2 (t) e anchesso periodico di periodo T , ammette il seguente sviluppo in serie di Fourier k k a s1 (t) + b s2 (t) = a ck exp 2 t + b dk exp 2 t T T k= k= = k (ack + bdk ) exp 2 t T k=

con i coefcienti che risultano dalla combinazione lineare, con gli stessi pesi, dei coefcienti corrispondenti degli sviluppi in serie dei due segnali. 3.3.4.2. Traslazione nel tempo. Se ck sono i coefcienti dello sviluppo in serie di Fourier del segnale s(t), quanto valgono i coefcienti dello sviluppo in serie di Fourier di s(t ), lo stesso segnale traslato nel tempo? E ovvio che < T e che, in caso contrario, conta il valore mod(, T ), cio il minimo valore positivo che si ottiene continuando a sottrarre a multipli crescenti di T . k s(t ) exp 2 t T T /2 (3.3.8) = k k s( ) exp 2 ( + ) d = ck exp 2 T T T /2
+T /2 +T /2

dt =

E semplice vericare, a sostegno di quanto detto in precedenza, che se = + N T , lesponenziale nella (3.3.8) diventa k exp 2 T k = exp 2 T k exp (2N ) = exp 2 T c.v.d.

3.3.4.3. Teorema di Parseval. La potenza di un segnale periodico si pu calcolare sia nel dominio del tempo, sia dai coefcienti della sua serie di Fourier (nel dominio della frequenza). Infatti, considerando segnali reali: 1 T
T 0

1 s2 (t) dt = T

T 0

k ck exp 2 t T k=

dt =

c k c k =
k= k=

|ck |2

3.3. LA SERIE DI FOURIER

49

3.3.4.4. Prodotto di due segnali. Se due segnali periodici di stesso periodo (vedasi lequazione 3.3.7) vengono moltiplicati tra loro, il loro prodotto, anchesso periodico di stesso periodo, ammette il seguente sviluppo in serie di Fourier k n s1 (t) s2 (t) = ck exp 2 t dn exp 2 t = T T n= k=

=
k= n=

ck dn exp 2

k+n t T

=
m= k=

ck dmk

exp 2

m t T

I coefcienti dello sviluppo in serie dei due segnali sono ottenuti dai coefcienti degli sviluppi dei due segnali mediante unoperazione che lequivalente discreto della convoluzione. 3.3.5. Oscillazioni di Gibbs. Sommando sinusoidi si pu arrivare anche a descrivere una forma donda con variazioni molto brusche, come londa quadra di gura 3.3.2, ma bisogna sommarne un numero innito. Cosa succede se ci si ferma prima, cio se si tenta di descrivere il segnale periodico limitando il numero di armoniche? Ovviamente la somma delle sinusoidi non coincider pi con il segnale di partenza: si commetter un errore dovuto al troncamento della serie di Fourier. La gura 3.3.4 rappresenta il risultato del troncamento della serie (3.3.6) ai primi 11 termini.

F IGURA 3.3.4. Onda quadra approssimata con le prime 10 armoniche. La differenza tra lapprossimazione ottenuta troncando la serie ed il segnale periodico, cio lerrore di troncamento, ha un andamento oscillante nel tempo. Queste oscillazioni che si sovrappongono al segnale vengono dette oscillazioni di Gibbs. La gura 3.3.5 mostra le oscillazioni di Gibbs che risultano sovrapposte allonda quadra a causa del troncamento a 11 termini (continua pi 10 armoniche) del suo sviluppo in serie di Fourier.

50

3. TRASFORMATA DI FOURIER

F IGURA 3.3.5. Errore dovuto al troncamento oscillazioni di Gibbs. 3.4. Trasformata di Fourier Quando s(t) non periodico, non pu, ovviamente, essere descritto da una serie di Fourier. Per strano che possa sembrare, per, possibile, con opportuni cambiamenti, utilizzare lo stesso la scomposizione in somma di sinusoidi. Poich la serie di Fourier un concetto acquisito, si pu osservare che un segnale non periodico si pu considerare, al limite, come un segnale periodico il cui periodo tenda ad una durata innita. Se questa ipotesi valida, un generico segnale pu ancora essere descritto mediante somma di sinusoidi la cui frequenza fondamentale 1/T tende a zero e con armoniche che tendono ad essere innitamente vicine in frequenza. La (3.3.1) si trasforma, perci, in un integrale
+

s(t) =

S (f ) exp(2f t) df

con lampiezza della sinusoide complessa di frequenza f che vale S (f )df . La funzione S (f ), genericamente complessa come i ck che sostituisce, detta trasformata di Fourier di s(t) ed il suo valore si pu calcolare ricorrendo, ancora una volta, alla ortogonalit delle sinuoidi (complesse o reali), cio, questa volta, alla (3.2.1):
+ + +

s(t) exp(2f t) dt =
+ +

S ( ) exp(2t) d exp(2f t) dt =

S ( )
+

exp(2t) exp(2f t) dt

d =

S ( ) ( f ) d = S (f )

Si arriva, quindi, alla seguente coppia di equazioni che esprimono il calcolo della trasformata di Fourier S (f ) del segnale s(t) e il ritorno al segnale s(t) a partire dalla sua trasformata. Si parla, rispettivamente, di trasformata diretta ed inversa.
+

(3.4.1)

S (f ) = F [s(t)] =

s(t) exp(2f t) dt

3.4. TRASFORMATA DI FOURIER

51

(3.4.2)

s(t) = F 1 [S (f )] =

S (f ) exp(2f t) df

La trasformata S (f ), funzione complessa di variabile reale, viene chiamata anche spettro del segnale s(t), il suo modulo |S (f )| spettro di ampiezza e la sua fase S (f ) spettro di fase. Il simbolo F [] usato per indicare la trasformata diretta ed F 1 [] usato per indicare la trasformata inversa. Attenzione che se si usano le pulsazioni = 2f invece delle frequenze f , nella trasformata inversa necessario introdurre un fattore di normalizzazione (come banale osservare considerando correttamente il cambiamento di variabile): s(t) = 1 2
+

S ( ) exp(t) d

Anche per la trasformata esistono delle condizioni che s(t) deve soddisfare perch la sua trasformata possa esistere: sono sostanzialmente le corrispondenti di quelle enunciate per la serie di Fourier e cio:
+

|s(t)| dt <

ed s(t) deve avere un numero nito di minimi e massimi e di discontinuit. In realt alcune funzioni, pur non soddisfacendo una o pi di queste condizioni ammettono trasformata. Esempio. Come primo esempio calcoliamo la trasformata del rettangolo, sia usando la (3.4.1), sia calcolando il limite per T dello sviluppo in serie di unonda quadra.

2 2 2

+ 2 2

F IGURA 3.4.1. Rettangolo e sua ripetizione in unonda quadra.

52

3. TRASFORMATA DI FOURIER

Con riferimento alla gura 1.2.5 che qui si ripete, la trasformata del rettangolo vale: F rect (3.4.3) exp(2f t) = 2f
+ /2

+ /2

=
/2

exp(2f t) dt = sin(f ) = sinc(f ) f

=
/2

Adesso ripetiamo lo stesso calcolo utilizzando lo sviluppo in serie della forma donda rettangolare ottenuta ripetendo lo stesso rettangolo a passo T e poi passiamo al limite T . I coefcienti cn dello sviluppo in serie valgono n n 1 exp(2 T t) exp(2 t) dt = n T T 2 T
+ /2

1 cn = T

+ /2 /2

=
/2

n sinc( ) T T

I cn valgono 1/T volte la trasformata (3.4.3) valutata in f = n/T . Per T , la distanza tra le righe spettrali diminuisce e tende ad un valore innitesimo. Al limite, cn = S (n/T )df . Vale la pena di osservare che si sviluppato un metodo per passare dalla trasformata di un segnale s(t) alla serie di Fourier corrispondente allo stesso segnale periodicizzato (cio alla somma di innite repliche dello stesso segnale, ripetute a distanza T ): per calcolare il coefciente cn basta valutare la trasformata alla frequenza n/T ed applicare il fattore di normalizzazione 1/T .
+

sp (t) =
k=

s(t kT )

n n sinc( ) exp(2 t) T T T n=

Dualmente, si pu facilmente osservare che la serie di Fourier si pu esprimere come una trasformata inversa, pur di ricorrere agli impulsi. Infatti, per la denizione di impulso (1.4.2): (3.4.4) + k k s(t) = ck exp 2 t = ck (f ) exp(2f t) df T T k= k= Se ne deduce che si pu parlare di trasformata di Fourier anche per segnali periodici: la loro trasformata una somma di impulsi centrati alle frequenze multiple della frequenza fondamentale 1/T e di area pari al corrispondente coefciente della serie. Uno spettro costituito solo da impulsi si dice spettro a righe. Lo spettro di un segnale periodico ha le righe equispaziate.

3.4. TRASFORMATA DI FOURIER

53

2 1 T T

1 1 2 T T

F IGURA 3.4.2. Spettro del rettangolo di durata e spettro dellonda quadra, ottenuta dalla sua ripetizione con passo T , a meno del fattore 1/T . 3.4.1. Simmetrie della trasformata di Fourier. Similmente a quanto gi fatto per la serie di Fourier, osserviamo che la trasformata di Fourier gode, in casi particolari, di alcune simmetrie. 3.4.1.1. Segnale reale. Se s(t) un segnale reale
+

S (f ) = SR (f ) + SI (f ) = (3.4.5)
+

s(t) exp(2f t) dt =
+

s(t) cos(2f t) dt

s(t) sin(2f t) dt

ed ovvio che SR (f ) una funzione (di f !) pari, mentre SI (f ) una funzione dispari. Quindi, un segnale reale ha trasformata con parte reale pari e parte immaginaria dispari: S (f ) = S (f ), cio gode della cosiddetta simmetria Hilbertiana. 3.4.1.2. Segnale reale pari (dispari). Se s(t) pari, oltre che reale, il secondo integrale nella (3.4.5) ha funzione integranda dispari e, quindi, somma a zero. Viceversa, se s(t) reale e dispari, ad avere funzione integranda dispari il primo integrale, che risulta nullo. Quindi: un segnale reale e pari ha trasformata reale e pari, mentre un segnale reale e dispari ha trasformata immaginaria e dispari. 3.4.2. Propriet della trasformata di Fourier. Anche per la trasformata di Fourier molto utile, per motivi che si apprezzeranno nel seguito, evidenziare alcune sue propriet. 3.4.2.1. Linearit. Se s1 (t) S1 (f ) e s2 (t) S2 (f ), a s1 (t) + b s2 (t) ha trasformata
+

F [a s1 (t)+ b s2 (t)] =

(a s1 (t)+ b s2 (t)) exp(2f t) dt = a S1 (f )+ b S2 (f )

54

3. TRASFORMATA DI FOURIER

3.4.2.2. Traslazione nei tempi. Se s(t) S (f ), s(t ) ha trasformata


+

F [s(t )] = (3.4.6)
+

s(t ) exp(2f t) dt =

s( ) exp [2f ( + )] d = S (f ) exp(2f )

3.4.2.3. Ribaltamento nei tempi. Se s(t) S (f ), s(t) ha trasformata


+

F [s(t)] = (3.4.7)
+

s(t) exp(2f t) dt =

s( ) exp(2f ) d = S (f )

cio: un ribaltamento dellasse dei tempi corrisponde ad un ribaltamento dellasse delle frequenze. In presenza di un segnale reale e della conseguente simmetria Hilbertiana, un ribaltamento dellasse dei tempi corrisponde alla complessa coniugazione della trasformata: F [s(t)] = S (f ). 3.4.2.4. Cambiamento di scala. Se s(t) S (f ), s(t) ha trasformata
+

F [s(t)] = (3.4.8) 1 =
+

s(t) exp(2f t) dt = 1 S f

f s( ) exp 2

d =

3.4.2.5. Derivazione. Se s(t) S (f ), s (t) 2f S (f ); s (t) = (3.4.9)


+

d dt

S (f ) exp(2f t) df =

S (f ) 2f exp(2f t) df

Ne consegue che F [s (t)] = 2f S (f )

3.4. TRASFORMATA DI FOURIER

55

3.4.2.6. Convoluzione nel tempo. Se s(t) S (f ) e h(t) H (f ), s(t) h(t) S (f ) H (f );


+ +

F [s(t) h(t)] =
+ +

s( )h(t ) d

exp(2f t) dt =

(3.4.10)

s( )
+

h(t ) exp(2f t) dt

d =

= H (f )

s( ) exp(2f ) d = H (f ) S (f )

La trasformata di Fourier trasforma la convoluzione nel tempo in un prodotto nelle frequenze. E questa la propriet che rende la trasformata di Fourier cos importante nello studio di sistemi LTI. Poich gli operatori di trasformazione diretta e di trasformazione inversa sono identici, tranne che per il segno dellesponente, evidente che se un operatore applicato alla funzione del tempo produce un certo effetto sulla trasformata di Fourier, lo stesso operatore applicato alla trasformata produce un effetto sostanzialmente identico sulla funzione del tempo. Per il ribaltamento la cosa stata gi dimostrata. 3.4.2.7. Dualit. Per le (3.4.1) e (3.4.2) evidente che s(t) S (f ) = S (t) s(f ) 3.4.2.8. Traslazione in frequenza. Se s(t) S (f ),
+

S (f fo ) exp(2f t) df =

(3.4.11) =

S ( ) exp [2 ( + fo )t] d = s(t) exp(2fo t)

S (f fo ) la trasformata di s(t) moltiplicato per una sinusoide complessa di frequenza +fo . Vale la pena di notare che la traslazione in frequenza fa venir meno la simmetria Hilbertiana e, quindi, porta ad un segnale complesso. 3.4.2.9. Convoluzione in frequenza. Se s(t) S (f ) e f (t) F (f ), s(t) h(t) S (f ) F (f );
+ + +

S ( )F (f ) d exp(2f t) df =
+

(3.4.12)

S ( )
+

F (f ) exp(2f t) dtf

d =

= f (t)

S ( ) exp(2t) d = f (t)s(t)

56

3. TRASFORMATA DI FOURIER

3.4.2.10. Teorema di Parseval. La trasformata di Fourier esiste per segnali ad energia nita. Per i segnali a potenza nita, essendo segnali ad energia innita, normalmente non denibile una trasformata di Fourier. Lenergia di un segnale si pu calcolare sia nel dominio del tempo, sia nel dominio della frequenza:
+ 2 + + + +

s (t) dt =

s(t)

S (f ) exp(2f t) df
+

dt =
+

S (f )

s(t) exp(2f t) dt df =

S (f ) S (f ) df =

|S (f )|2 df

Esempi. Consideriamo adesso alcuni esempi di calcolo di trasformate di Fourier utilizzando, dove possibile, le propriet gi esaminate. impulso: s(t) = (t)
+

F [ (t)] =

(t) exp(2f t) dt = 1

derivata dellimpulso: s(t) = (t)


+

F [ (t)] =

(t) exp(2f t) dt =

d exp(2f t) dt

= 2f
t=0

forma donda triangolare T t, T + t, s(t) = 0, 0<t<T T < t < 0 altrove

(3.4.13)

In questo caso si possono seguire due strade: quella di applicare direttamente la (3.4.1) o quella di sfruttare le propriet della trasformata e qualche trasformata gi nota. Seguiamo la seconda, in quanto promette di essere meno faticosa. Si visto, nella sezione 2.2.7, che un triangolo isoscele il risultato della convoluzione di due rettangoli di durata met di quella del triangolo. Laltezza del triangolo pari allarea del rettangolo elevato al quadrato: il triangolo (3.4.13) ottenibile come convoluzione di due rettangoli di durata T e di altezza 1. Siccome a convoluzione nel tempo corrisponde il prodotto delle trasformate, F [s(t)] = F rect t T rect t T = T 2 sinc2 (f T )

3.4. TRASFORMATA DI FOURIER


T

57

T
T
2

3 T

2 T

1 T

1 T

2 T

3 T

F IGURA 3.4.3. Spettro del triangolo. Sinusoide di durata limitata: rect(t/T ) cos(2fo t) Il rettangolo utilizzato per limitare lestensione temporale della sinusoide che, di suo, avrebbe durata innita. Per le propriet gi esaminate, a prodotto nei tempi corrisponde convoluzione nelle frequenze.

T/2

T/2

f f o fo

F IGURA 3.4.4. Spettro di un treno di sinusoide. La trasformata del rettangolo gi stata calcolata (vedi (3.4.3)). Del coseno noto lo sviluppo in serie di Fourier: cos(2fo t) = 0, 5{exp(2fo t) + exp(2fo t)}. Per

58

3. TRASFORMATA DI FOURIER

la (3.4.4): (3.4.14) Perci: F rect t T cos(2fo t) = T sinc(f T ) = 1 { (f fo ) + (f + fo )} = 2 F [cos(2fo t)] = 1 { (f fo ) + (f + fo )} 2

T {sinc[(f fo )T ] + sinc[(f + fo )T ]} 2 cio lo spettro del rettangolo si trova spostato a +fo ed a fo . Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto se la sinusoide fosse stata moltiplicata per qualunque altro segnale. Altro esempio: Si consideri il segnale in gura 3.4.5.
s(t) 1 T 1 T t

F IGURA 3.4.5. Segnale di prova. La sua trasformata calcolabile facilmente osservando che il segnale la somma di due rettangoli di durata T : uno di ampiezza 1 centrato a T /2 e laltro, di ampiezza +1 centrato a +T /2. Per la linearit della trasformata: S (f ) = T sinc(f T ) exp T 2 + T sinc(f T ) exp T 2

3.5. Funzione di trasferimento Si riconsideri adesso la propriet esposta nel paragrafo 3.4.2.6. Elencata insieme alle altre propriet della trasformata sar passata inosservata, ma di unimportanza fondamentale. Essa, nel calcolo delluscita di un sistema LTI, sostituisce alla convoluzione tra segnale in ingresso e risposta allimpulso il prodotto tra le rispettive trasformate. A patto di sostituire le funzioni del tempo con le loro trasformate, si riesce a descrivere un sistema lineare con memoria con la stessa semplicit con cui si poteva descrivere un sistema lineare senza memoria, cio con una diretta proporzionalit tra ingresso e uscita. Per quanto questo risultato venga dopo tutta la strada percorsa n qui, esso era implicito in quanto detto allinizio circa il calcolo della soluzione di unequazione differenziale lineare a coefcienti costanti con termine forzante sinusoidale. Allora si osservato che la risposta al termine forzante sinusoidale doveva essere sinusoidale di

3.5. FUNZIONE DI TRASFERIMENTO

59

s(t)

h(t)

r(t)=s(t)*h(t)

S(f)

H(f)

R(f)=S(f) H(f)

F IGURA 3.5.1. Risposta allimpulso e funzione di trasferimento di un sistema LTI. identica frequenza, ma di ampiezza e fase da determinare. Se si ricorre alla rappresentazione di sinusoidi mediante esponenziali complessi, un cambiamento di ampiezza e fase si pu rappresentare mediante moltiplicazione per un numero complesso. Ovviamente, tale numero complesso cambia con il cambiare della frequenza del termine forzante. La (3.4.10) dice solo che, una volta che il segnale in ingresso sia stato decomposto in somma di (eventualmente innite) sinusoidi, la risposta di un sistema LTI a tale segnale si pu calcolare moltiplicando lampiezza di ogni componente alla generica frequenza f , per il numero complesso rappresentato dal valore assunto, a quella frequenza, dalla trasformata della risposta allimpulso H (f ). La trasformata di Fourier della risposta allimpulso di un sistema LTI viene detta funzione di trasferimento del sistema e consente di calcolare, almeno in linea di principio, la risposta del sistema a qualunque termine forzante per il quale si possa calcolare la trasformata di Fourier. Va osservato che, a differenza della risposta allimpulso, la funzione di trasferimento effettivamente misurabile in pratica, in quanto richiede solo di misurare la risposta di un sistema ad un segnale sinusoidale, facilmente approssimabile in pratica. Negli esempi di trasformate si sono gi calcolate alcune funzioni di trasferimento di sistemi elementari. Il sistema identit, che ha risposta allimpulso costituita da un impulso di area unitaria nellorigine, ha funzione di trasferimento di valore unitario. La sua uscita identica allingresso e, ovviamente, anche la trasformata delluscita deve essere identica alla trasformata dellingresso. Ritardatore ideale. Il ritardatore ideale un sistema per il quale luscita identica allingresso, tranne che per un ritardo . E immediato vericare che la sua risposta allimpulso un impulso ritardato: h(t) = (t ). Infatti (2.2.7)
+

s(t) (t ) =

s( ) (t )d = s(t )

La funzione di trasferimento del ritardatore ideale vale

60

3. TRASFORMATA DI FOURIER

(3.5.1)

F [ (t )] =

(t ) exp(2f t) dt = exp(2f )

Derivatore ideale. Un sistema con risposta allimpulso h(t) = (t) ha come uscita la derivata dellingresso (2.2.9). La sua funzione di trsgerimento vale (3.4.9):
+

F [ (t)] =

(t) exp(2f t) dt = 2f

Integratore ideale. In modo del tutto simile (2.2.8), un sistema con uno scalino unitario come risposta allimpulso un integratore ideale, cio presenta come uscita lintegrale dellingresso. Poich lintegratore loperatore inverso del derivatore, la loro applicazione in cascata deve corrispondere alloperatore identit, con funzione di trasferimento costante unitaria. Se due sistemi, con funzioni di trasferimento rispettivamente H1 (f ) e H2 (f ) sono messi in cascata, poich luscita del primo, con trasformata S (f ) H1 (f ), rappresenta lingresso del secondo, la trasformata delluscita complessiva vale S (f ) H1 (f ) H2 (f ). I due sistemi in cascata, quindi, corrispondono ad un solo sistema con funzione di trasferimento pari al prodotto delle funzioni di trasferimento.
S(f) H 1(f) S(f) S(f)H 1(f) H2(f) S(f)H 1(f)H 2(f)

H 1(f) H2(f)

S(f)H 1(f)H 2(f)

F IGURA 3.5.2. Sistemi in serie. Analogamente, se due sistemi sono alimentati con lo stesso segnale e le uscite sono sommate congurazione che si designa come connessione parallelo il tutto corrisponde ad un unico sistema con funzione di trasferimento somma delle due. Tornando al problema di determinare la f.d.t. dellintegratore, se Hint (f ) la f.d.t. dellintegratore, per quanto detto deve essere: 2f Hint (f ) = 1 = Hint (f ) = 1 2f

E il caso di osservare che questa non una trasformata normale, visto che per f 0 diverge.

3.5. FUNZIONE DI TRASFERIMENTO

61

S(f)

H 1(f) H2(f) S(f)

S(f)H1(f) S(f)(H1(f)+H2(f)) S(f)H2(f)

H1(f) + H2(f)

S(f)(H1(f)+H2(f))

F IGURA 3.5.3. Sistemi in parallelo. 3.5.1. Equazioni differenziali. Utilizzando le propriet elencate diventa banale calcolare la funzione di trasferimento di un sistema del quale si conosca la sua equazione differenziale. Ad esempio, se lequazione ar (t) + b r (t) + c r(t) = s(t) passando alle trasformate, sfruttando la linearit e la considerazione che loperatore di derivata n-esima un operatore di derivata prima applicato n volte in cascata, lequazione diventa (3.5.2) a (2f )2 R(f ) + b 2f R(f ) + c R(f ) = S (f )

Lapplicazione della trasformazione ha eliminato tutte le derivate, trasformando lequazione differenziale in unequazione algebrica: un bel passo avanti verso la soluzione, anche se alla ne bisogner antitrasformare. La (3.5.2) pu essere riscritta evidenziando il legame fra trasformata delluscita e trasformata dellingresso, cio la funzione di trasferimento: 1 S (f ) = H (f ) S (f ) a (2f ) + b 2f + c A titolo di esempio, calcoliamo la funzione di trasferimento del sistema di gura 2.3.1, descritto dallequazione differenziale (2.3.5). La sua funzione di trasferimento vale R(f ) =
2

1 1 2 + + RC LC E evidente, ed immediato da vericare, che questa funzione coincide con quella calcolata con le tecniche dellelettrotecnica in regime sinusoidale. Se lingresso e(t) una tensione sinusoidale di pulsazione , ampiezza 1 e fase nulla, luscita (la tensione ai capi del condensatore) a transitorio assente od esaurito sar sinusoidale di ampiezza 1/ (1 2 LC )2 + 2 (L/R)2 e fase arctan{L/[R(1 2 LC )]}. H (f ) =

1 LC

62

3. TRASFORMATA DI FOURIER

Esempio. Ricalcoliamo la trasformata del segnale di gura 3.4.5 utilizzando il concetto di funzione di trasferimento. Il segnale di gura 3.4.5 si pu ottenere alluscita di un integratore al cui ingresso si applichino 3 impulsi: 2 di area unitaria in T e +T , uno di area 2 nellorigine, come mostrato in gura
s(t) 1 T 0 T T T 1 t

La trasformata dellingresso vale: S (f ) = exp(2f T ) + 2 exp(2f T ) La trasformata delluscita , perci: R(f ) = [1 exp(2f T )] + [1 exp(2f T )] = 2f = { exp(f T ) + exp(f T )} T sinc(f T )

CAPITOLO 4

Trasformata di Laplace
4.1. Introduzione La trasformata di Fourier un attrezzo matematico di estrema utilit, ma il suo punto di forza rappresenta, paradossalmente, anche il suo punto debole. Luso delle sinusoidi come funzioni base cos utile perch una sinuoide attraversa un sistema LTI rimanendo se stessa. Per le sinusoidi sono di durata innita ed occorre uninnit di frequenze distribuite sullintervallo da a + per descrivere anche un segnale di durata limitata. Anzi, quanto pi breve il segnale nel tempo tante pi sinusoidi sono necessarie per riprodurlo. Luso di sinusoidi come funzioni base, in altre parole, fa perdere completamente la nozione di localizzazione temporale, nel dominio della trasformata. Ci ha per conseguenza limpossibilit (salvo luso opportuno degli impulsi) di tenere in conto la risposta al transitorio di un sistema. Ultima considerazione: poich le sinusoidi mantengono inalterata la loro ampiezza nel tempo, se il segnale s(t) non va a zero, lintegrale che denisce la trasformata nisce col non convergere. Basti pensare allo scalino, per il quale una trasformata di Fourier non , a rigore, denibile. Quando si considerata la soluzione di equazioni differenziali, per, si visto che la funzione che rimane uguale a se stessa nonostante lapplicazione di un operatore differenziale non tanto la sinuoide complessa, quanto la funzione esponenziale con esponente generalmente complesso exp{( + )t}. La presenza della parte reale aggiunge allandamento oscillante sinusoidale uno smorzamento (se > 0) esponenziale.

F IGURA 4.1.1. Parte reale di exp{( + )t}.

63

64

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

4.2. La trasformata di Laplace Si pu, perci, applicare tutta la metodologia vista a proposito della trasformata di Fourier, utilizzando come base ortogonale quella costituita da questi esponenziali complessi. La trasformata che si ottiene quella che viene chiamata trasformata di Laplace:

(4.2.1)

G(s) = L{g (t)} =


0

g (t) exp(st) dt

dove s una variabile complessa: s = + . La trasformata di Laplace, indicata con il simbolo L(), una funzione complessa di variabile complessa. La (4.2.1) viene detta anche trasformata monolatera di Laplace perch lestremo inferiore di integrazione 0, cio si considerano sempre e solo funzioni del tempo nulle per t < 0. Questo fatto non costituisce una limitazione grave, in quanto il considerare segnali che siano iniziati nellinnito passato pi una complicazione che un vantaggio ed anche i sistemi non causali sono pi unastrazione matematica che una realt. In compenso, leliminazione del semiasse negativo permette di utilizzare la parte di esponenziale reale che si smorza, trascurando la parte che tenderebbe a portare lintegrale alla divergenza (sempre che si consideri > 0). La (4.2.1) pu essere vista, infatti, come la trasformata di Fourier della funzione g (t) exp(t) u(t), che ha certamente maggiori probabilit di g (t) di essere assolutamente integrabile. I discorsi fatti evidenziano come la convergenza dellintegrale (4.2.1) dipenda non solo dalla funzione g (t), ma anche dalla parte reale della variabile complessa s. Ne consegue che la trasformata di Laplace converge non in tutto il piano complesso, ma in una regione denominata regione di convergenza.
j regione di convergenza a

F IGURA 4.2.1. Regione di convergenza nel piano s = + . E evidente che un valore pi grande per non pu che migliorare la situazione e, perci, la regione di convergenza normalmente la regione del piano s a destra di una retta parallela allasse immaginario indicata con Re[s] > a. 4.2.1. Trasformate elementari.

4.2. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

65

4.2.1.1. Impulso. Se s(t) = (t)

L{ (t)} =
0

(t) exp(st) dt = 1

4.2.1.2. Scalino. Se s(t) = u(t)

(4.2.2)

L{u(t)} =
0

exp(st) dt =

exp(st) s

+ 0

1 = , Re[s] > 0 s

Si verica, quindi, come alcune funzioni per le quali non esiste la trasfromata di Fourier, ammettano senza problemi la trasformata di Laplace. 4.2.1.3. Rampa. Se s(t) = t u(t)

L{t u(t)} = (4.2.3) +


0 0

t exp(st) dt =

t exp(st) s

+
0

1 exp(st) dt = 2 , Re[s] > 0 s s

4.2.1.4. Esponenziale. Se s(t) = exp(at) u(t)

L{exp(at) u(t)} =
0

exp(at) exp(st) dt =

(4.2.4)

=
0

exp[(a s)t] dt =
+

exp[(a s)t] = as

=
0

1 , Re[s] > a sa

4.2.1.5. Funzioni sinusoidali. Se s(t) = exp(o t) u(t)

L{exp(o t) u(t)} =
0

exp(o t) exp(st) dt =

(4.2.5)

=
0

exp[(o s)t] dt =
+

exp[(o s)t] = o s

=
0

1 , Re[s] > 0 s o

66

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

Se s(t) = sin(o t) u(t)

L{sin(o t) u(t)} =
0

sin(o t) exp(st) dt =

(4.2.6)

1 2

exp(o t) exp(st) dt
0 0

exp(o t) exp(st) dt o , Re[s] > 0 2 s2 + o

1 2

1 1 s o s + o

Inne, se s(t) = cos(o t) u(t)


+

L{cos(o t) u(t)} =
0

cos(o t) exp(st) dt = = s , Re[s] > 0 2 + o

(4.2.7) = 1 2 1 1 + s o s + o s2

Gi da questi esempi si pu osservare che la trasformata di Laplace assume spesso la forma di una funzione razionale fratta, cio il rapporto di polinomi in s. Le radici del numeratore o zeri non costituiscono un problema, perch in quei punti del piano complesso la trasformata vale zero. Le radici del denominatore o poli, invece, individuano i punti del piano s in cui la trasformata diverge. E evidente, quindi, che la regione di convergenza deve essere il semipiano a destra della retta Re[s] =parte reale del polo pi a destra.

4.2.2. Propriet della trasformata di Laplace. La trasformata di Laplace unilatera gode anchessa di propriet che utile tenere presenti nei calcoli. 4.2.2.1. Linearit. Se g1 (t) G1 (s) conRe[s] > 1 e g2 (t) G2 (s), conRe[s] > 2 , a g1 (t) + b g2 (t) ha trasformata

L[a g1 (t) + b g2 (t)] = (4.2.8)


0

(a g1 (t) + b g2 (t)) exp(st) dt =

= a G1 (s) + b G2 (s), Re[s] > max(1 , 2 ) 4.2.2.2. Traslazione nel tempo.

4.2. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

67

Se g (t) G(s) conRe[s] > , g (t to ) u(t to ) ha trasformata

L[g (t to ) u(t to )] = (4.2.9)

g (t to ) exp(st) dt =
to

= exp(sto )
0

g ( ) exp(s ) d =

= exp(sto ) G(s), Re[s] > 4.2.2.3. Traslazione nel dominio s. Se g (t) G(s) conRe[s] > , G(s so ) g (t) exp(so t). Infatti

(4.2.10) G(s so ) =
0

g (t) exp[(s so )t] dt =


0

{g (t) exp(so t)} exp(st) dt

con la regione di convergenza data da Re[s] > + Re[so ] 4.2.2.4. Cambiamento di scala. Se g (t) G(s) conRe[s] > , g (at), con a > 0, ha trasformata

L[g (at)] =
0

g (at) exp(st) dt =

(4.2.11)

1 a

g ( ) exp(s ) d = a 0

1 s = G( ), Re[s] > a a a 4.2.2.5. Derivazione nel tempo. Se g (t) continua in 0 < t < e la sua trasformata G(s) conRe[s] > , d/dt{g (t)} ha trasformata L (4.2.12) d g (t) = dt

g (t) exp(st) dt =
0 +

= g (t) exp(st)| 0 +s
0

g (t) exp(st) dt =

= g (0) + sG(s) La regione di convergenza non pi ristretta di quella di g (t), ma la moltiplicazione per s la pu modicare se si verica la cancellazione di un polo nellorigine. Se ad essere continua g (t) e le sue derivate no a quella di ordine n 1, la (4.2.12) si pu applicare ripetutamente, ottenendo il risultato:

68

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

(4.2.13)

dn g (t) = sn G(s) sn1 g (0) sn2 g (0) g (n1) (0) dtn 4.2.2.6. Integrazione nel tempo. Poich derivazione e integrazione sono operatori inversi, lintegrale di g (t)dovrebbe avere trasformata G(s)/s. Infatti: L G(s) = s exp(st) = s
t

g (t)
0

exp(st) dt = s
t

g ( ) d
0 0

+
0 t 0

g ( ) d

exp(st) dt =

=L
0

g ( ) d , Re[s] > a

sempre che lintegrale cresca, per t , pi lentamente di un esponenziale exp(at), in modo che il primo termine dellintegrazione per parti possa essere effettivamente nullo. 4.2.2.7. Derivazione nel dominio s. Se g (t) G(s) conRe[s] > , la derivata rispetto ad s di G(s) la trasformata di t g (t): d d G(s) = ds ds (4.2.14) =
0 +

g (t) exp(st) dt =
0

t g (t) exp(st) dt, Re[s] >

Applicando ripetutamente la (4.2.14) facile dimostrare che dn n G ( s ) = ( 1) tn g (t) exp(st) dt = (1)n L[tn g (t)] dsn 0 4.2.2.8. Convoluzione. Se g (t) G(s) e h(t) H (s), h(t) g (t) ha trasformata:

L[h(t) g (t)] =
0 0

h( )g (t ) d

exp(st) dt =

= G(s)
0

h( ) exp(s ) d = G(s) H (s)

La regione di convergenza data dalla intersezione delle regioni di convergenza di H (s) e di G(s), a meno che cancellazioni polo-zero non intervengano a modicarla. Esempi

4.2. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

69

Trasformata di t u(t): Abbiamo gi visto come si pu calcolare direttamente. Qui utilizziamo le propriet, partendo dalla trasformata dello scalino u(t) 1/s. Utilizziamo la 4.2.2.6: poich
t

t u(t) =
0

u( ) d

1 1 1 = 2 s s s

Ma si poteva utilizzare anche la 4.2.2.7: d 1 1 = 2 t u(t) ds s s che porta allo stesso risultato. Val la pena di iterare questultimo risultato dn 1 n! = (1)n n+1 (1)n tn u(t) n ds s s per cui 1 sn+1 =L tn n!

Trasformata della ripetizione periodica (per tempi positivi) di una funzione. Supponiamo che g (t) G(s); la trasformata della sua versione periodicizzata, per le 4.2.2.1 e 4.2.2.2 vale

L
n=0

g (t nT )

=
n=0

G(s) exp(snT ) = G(s)

1 1 exp(sT )

Ad esempio, calcoliamo la trasformata della funzione ripetizione di un numero


+1
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

F IGURA 4.2.2. Primo esempio di funzione periodica. innito di repliche del segmento compreso tra t = 0 e t = 4 che pu essere visto come la sovrapposizione di 3 scalini: il primo di ampiezza unitaria a partire da t = 0, il secondo di ampiezza 2 a partire da t = 1 ed il terzo, di ampiezza unitaria, a partire da t = 4. La trasformata di g (t) vale, quindi, sempre per le 4.2.2.1 e 4.2.2.2: G(s) = 1 exp(s) exp(4s) 2 + s s s

70

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

+1
1 2 3 4 5

F IGURA 4.2.3. Costruzione di un periodo mediante somma di scalini. e, passando alla funzione periodica:

L
n=0

g (t 4n)

1 2 exp[s] + exp[4s] s(1 exp[4s])

Trasformata di cos(t): partendo dalla trasformata di cos t s/(s2 + 1) ed utilizzando la 4.2.2.4, si ottiene cos(t) 1 s/ s = 2 2 (s/ ) + 1 s + 2

4.2.3. Teorema del valore iniziale. Se entrambi i limiti limt0 g (t) e lims sG(s) esistono, si ha
s

lim sG(s) = lim g (t)


t0

Dimostrazione. Per il teorema della trasformata della derivata si ottiene:


+

g (t) exp(st) dt = sG(s) g (0)


0

Considerando il limite di tale uguaglianza per s


+ s

lim

g (t) exp(st) dt = lim sG(s) g (0)


0 s

poich il primo membro nullo, si ha:


s

lim sG(s) = lim g (t)


t0

E il caso di notare che luguagliare limt0 g (t) con g (0) implica il considerare in realt g (0+ ). Questa osservazione acquista signicato in presenza di discontinuit in t = 0. A questo proposito, vale forse la pena di osservare come si possa calcolare la trasformata di una funzione anche se questa non continua, come ipotizzato in 4.2.2.5, ma continua a tratti.

4.2. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

71

Supponiamo che g (t) abbia una discontinuit in t = a. Si ha, applicando la formula dellintegrazione per parti:
+ a +

L[g (t)] =
0

g (t) exp(st) dt =
0

g (t) exp(st) dt +
a+ +

g (t) exp(st) dt =

= [g (t) exp(st)]a 0 + [g (t) exp(st)]a+ + s 0

g (t) exp(st) dt =

= sG(s) g (0) + exp(as) g (a ) g (a+ ) . In modo analogo si procede se vi sono pi discontinuit. 4.2.4. Teorema del valore nale. Se la funzione sG(s) non ha poli nel semipiano destro del piano complesso s, n sullasse immaginario, si ha:
s0

lim sG(s) = lim g (t)


t

Dimostrazione. Per il teorema della trasformata della derivata:


+

g (t) exp(st) dt = sG(s) g (0)


0

Considerando il limite di tale uguaglianza per s 0


+ s0 + s0

lim

g (t) exp(st) dt = lim sG(s) g (0)


0 s0

lim

g (t) exp(st) dt = g (t)| 0 = lim g (t) g (0)


t

perci
t

lim g (t) = lim sG(s)


s0

4.2.5. Soluzione di equazioni differenziali e analisi di sistemi lineari e invarianti. Le propiet della trasformata di Laplace possono ora essere applicate alla risoluzione di equazioni differenziali lineari a coefcienti costanti, in modo simile a quanto fatto con la trasformata di Fourier. Alla stessa equazione differenziale: ar (t) + b r (t) + c r(t) = s(t) applichiamo la trasformata di Laplace. Utilizzando la (4.2.13) si ottiene: a[s2 R(s) sr(0) r (0)] + b[sR(s) r(0)] + cR(s) = S (s) si osserva che adesso la trasformata di r(t) consta di due termini, uno dipendente da S (s) ed uno che dipende solo da r(0) e da r (0), cio dalle condizioni iniziali: R(s) = S (s) ar (0) + (as + b)r(0) + as2 + bs + c as + bs + c
2

72

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

4.2.5.1. Funzione di trasferimento. Il primo termine a secondo membro rappresenta la parte della risposta che dipende dallingresso. La funzione di s che moltiplica S (s) quella che si chiama funzione di trasferimento, in stretta analogia con quanto gi osservato con la trasformata di Fourier. Il secondo termine rappresenta, invece, la risposta al transitorio, cio il termine delluscita che dipende dalle condizioni iniziali. A differenza che con la trasformata di Fourier, quindi, utilizzando la trasformata di Laplace si pu calcolare sia la risposta al termine forzante, sia la risposta libera del sistema alle condizioni iniziali. Si osservi che la funzione di trasferimento pari al rapporto fra trasformata di Laplace delluscita (con condizioni iniziali nulle) e trasformata di Laplace dellingresso. E facile constatare, inoltre, che essa pari alla trasformata della risposta allimpulso, con condizioni iniziali nulle. 4.3. Trasformazione inversa di laplace Loperazione di antitrasformazione linversa della trasformazione secondo Laplace: essa, cio, consente di associare alla funzione complessa di variabile complessa G(s) la funzione g (t) (in generale complessa, anche se in tutto il corso si considerano solo funzioni reali del tempo) di variabile reale: g (t) = L1 [G(s)] Va ricordato che la trasformata di Laplace stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le due funzioni G(s) e g (t). Loperazione di antitrasformazione pu essere eseguita, in generale, mediante lintegrale complesso: + 1 G(s) exp(st) ds, t>0 2 g (t) = 0, t<0 Si noti che il percorso di integrazione una retta verticale nel piano complesso che deve essere interamente contenuta nel semipiano di convergenza, cio deve trovarsi a destra di tutte le singolarit della funzione G(s). Luso della formula di inversione complessa piuttosto scomodo. Molto spesso possibile effettuare lantitrasformazione per altre vie, quali luso di tabelle di trasformate e, per le trasformate sotto forma di funzioni razionali, mediante lespansione di frazioni semplici. E ovvio che le propriet della trasformata vanno utilizzate per rendere il pi semplice possibile il procedimento di antitrasformazione. 4.3.1. Antitrasformata di una funzione razionale. In molti casi di interesse pratico la funzione G(s) da antitrasformare una funzione razionale in s: cio essa espressa come rapporto di due polinomi in s:

4.3. TRASFORMAZIONE INVERSA DI LAPLACE

73

G(s) =

N (s) a0 sm + a1 sm1 + + am = D(s) b0 sn + b1 sn1 + + bn

Supponiamo che i due polinomi non abbiano radici comuni. Distinguiamo due casi: m n (frazione impropria) ed m < n (frazione propria). Frazione impropria. Se la frazione impropria, cio il grado del numeratore maggiore o uguale a quello del denominatore, possibile dividere il numeratore per il denominatore ottenendo: G(s) = K0 smn + K1 smn1 + + Kmn + R(s) D(s)

in cui R(s) il polinomio resto, certamente di grado inferiore a quello del denominatore. I termini del tipo Ki smni sono interpretabili come le derivate di ordine m n i di un impulso e, quindi, facilmente antitrasformabili. Per completare lantitrasformazione necessario antitrasformare il termine R(s)/D(s), per il quale valgono le regole di antitrasformazione delle frazioni strettamente proprie. Antitrasformata di funzione razionale strettamente propria. Lantitrasformata di una funzione razionale propria pu essere ottenuta ricorrendo allespansione in fratti semplici. Sia G(s) = N (s) a0 sm + a1 sm1 + + am = con n > m D(s) b0 sn + b1 sn1 + + bn

La G(s) pu essere espressa come somma di frazioni semplici. Per prima cosa si devono determinare le n radici di D(s): esse siano p1 , p2 , . . . , pl , rispettivamente di molteplicit r1 , r2 , . . . , rl ( l i=1 ri = n). Si ha: D(s) = b0 (s p1 )r1 (s p2 )r2 (s pl )rl . Pertanto la G(s) pu essere espressa come (4.3.1) G(s) = k11 k12 k 1r 1 + + + + r r 1 1 1 (s p1 ) (s p1 ) (s p1 ) k21 k22 k 2r 2 + + + + r r 1 (s p2 ) 2 (s p2 ) 2 (s p2 ) l kl 1 kl 2 klrl + + + + = (s pl )rl (s pl )rl 1 (s pl ) i=1 +

ri

j =1

kij (s pi )ri j +1

74

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

Poich kij tri j exp(pi t) (4.3.2) L = kij (s pi )ri j +1 (ri j )! evidente che, per la linearit della trasformata di Laplace, si ha:
1 l

L [G(s)] =
i=1

tri j exp(pi t) kij (ri j )! j =1

ri

Pertanto il problema di determinare la trasformata di Laplace si riconduce alla determinazione dei coefcienti kij . Minimo comun denominatore. G(s) = N (s) = D(s)
l ri

i=1 j =1

kij (s pi )ri j +1

Il minimo comun denominatore al secondo membro D(s). Portando la somma al secondo membro sotto froma di frazione unica, al numeratore si ottiene un polinomio in s: uguagliando i coefcienti delle stesse potenze di s a sinistra e a destra si ricavano n relazioni nelle n incognite kij . Risolvendo il sistema, si ottengono i valori. E XAMPLE 4.3.1. Si calcoli 2s2 4 L1 s3 4s2 + s + 6 Calcoliamo innanzitutto le radici del denominatore (poli): s3 4s2 + s + 6 = 0 Per ispezione si nota che un polo p1 = 1. Dividiamo, pertanto, il polinomio per (s + 1) s3 4s2 + s + 6 s3 + s2 5s2 + s 5s2 5s 6s + 6 6s + 6 Calcoliamo, quindi, gli altri due poli: s2 5s + 6 = 0 5 25 24 = = 2 3 2 s + 1 s2 5s + 6

p 2 ,3 Perci G(s) =

2s2 4 k1 k2 k3 = + + 3 2 s 4s + s + 6 s+1 s2 s3

4.3. TRASFORMAZIONE INVERSA DI LAPLACE

75

Effettuando il minimo comun denominatore k1 (s 2)(s 3) + k2 (s + 1)(s 3) + k3 (s + 1)(s 2) G(s) = = (s + 1)(s 2)(s 3) (k1 + k2 + k3 )s2 + (5k1 2k2 k3 )s + (6k1 3k2 2k3 ) (s + 1)(s 2)(s 3) Uguagliando i termini corrispondenti si ha il sistema = 2 k1 + k2 + k 3 5k1 + 2k2 + k3 = 0 6k1 3k2 2k3 = 4 = 1 1 4 1 7 1 G(s) = + 6 s+1 3 s2 2 s3 In denitiva: L1 2s2 4 s3 4s2 + s + 6 1 4 7 = exp(t) exp(2t) + exp(3t) 6 3 2

che, risolto, d i valori di k1 , k2 e k3 , per cui

Formula generale. I coefcienti kij possono anche essere determinati usando la seguente formula: kij = 1 dj 1 {(s pi )ri G(s)} (j 1)! dsj 1 , i = 1, . . . , l, j = 1, . . . , ri
s=pi

Vericarlo semplice, utilizzando lespansione (4.3.1) per G(s): (4.3.3) (s p1 )r1 G(s) = k11 + k12 (s p1 ) + + k1r1 (s p1 )r1 1 + k21 (s p1 )r1 k22 (s p1 )r1 k2r2 (s p1 )r1 + + + + (s p2 )r2 (s p2 )r2 1 (s p2 ) kl1 (s p1 )r1 kl2 (s p1 )r1 klrl (s p1 )r1 + + + + (s pl )rl (s pl )rl 1 (s pl ) + Per s = p1 , nel secondo membro della (4.3.3) lunico termine che non si annulla k11 . Per ottenere k12 basta derivare per s e valutare il risultato ancora in s = p1 : al secondo membro rimane solo k12 . Per ottenere k13 si deriva ancora una volta e, valutando il risultato in s = p1 si ottiene 2k13 . E cos via. I termini relativi agli altri poli varranno sempre 0 in s = p1 perch non si considerano mai derivate di ordine superiore a r1 1. E XAMPLE 4.3.2. Ricalcoliamo la trasformata

76

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

2s2 4 L s3 4s2 + s + 6 con il nuovo metodo, ovviamente riutilizzando le radici gi calcolate. I coefcienti calcolati risultano: (2s2 4)(s + 1) 2s2 4 2 1 k1 = = 2 = = (s + 1)(s 2)(s 3) s=1 s 5s + 6 s=1 12 6
1

(2s2 4)(s 2) k2 = (s + 1)(s 2)(s 3)


2

s=2

2s2 4 = 2 s 2s 3
2

=
s= 1

4 4 = 3 3

2s 4 14 7 (2s 4)(s 3) = 2 = = (s + 1)(s 2)(s 3) s=3 s s 2 s= 1 4 2 Ovviamente in questo caso, in presenza di poli semplici, la procedura risultata particolarmente semplice. E XERCISE 4.4. Effettuiamo il calcolo per il sistema descritto dallequazione (1.1.3) per il quale si era calcolata la soluzione complessiva: k3 = 1 E dv (t) + v (t) = dt RM RC C RC C In termini di trasformate di Laplace, lequazione diventa: sV (s) v (0) + cio V (s) = E 1 RC C s s + RM
1 RC C

RM

1 E V (s) = RC C sRC C + v (0) s+


1 RM R C C

=E

RM RC RC

1 1 s s + RM

1 RC C

v (0) s+
1 R M RC C

che corrisponde ad uno scalino (il termine 1/s) ed a due esponenziali con costante di tempo 1/RM RC C : v (t) = E RM t 1 exp RC + RM RM RC C u(t)+ v (0) exp RM t RC C u(t)

E XERCISE 4.5. Calcoliamo, ora, la risposta del circuito in gura 4.5.1, alimentato dal segnale specicato nella stessa gura. Il condensatore sia inizialmente scarico. Lequazione risolvente , poich la tensione sul condensatore inizialmente nulla: v (t) + 1 C
t 0

v ( ) d = e(t) R

4.6. CONSIDERAZIONI SULLA DEFINIZIONE DI TRASFORMATA DI LAPLACE


e(t)

77

C
e(t) +

i(t)

F IGURA 4.5.1. Circuito e segnale applicato in ingresso. e, passando alle trasformate di Laplace 1 V (s) s V (s) + = E (s) = V (s) = E (s) 1 RC s s + RC Il segnale e(t) pu essere visto come sovrapposizione di due scalini: uno di ampiezza +1 a partire da t = t1 ed un altro di ampiezza 1 a partire da t = t2 . Perci exp(st1 ) exp(st2 ) E (s) = s s In denitiva exp(st1 ) exp(st2 ) V (s) = 1 1 s + RC s + RC e, nel tempo: v (t) = exp
v(t)
1

v(t)

t1

t2

t t1 RC

u(t t1 ) exp

t t2 RC

u(t t2 )

t1

t2

F IGURA 4.5.2. Risposta del circuito di gura 4.5.1. 4.6. Considerazioni sulla denizione di trasformata di Laplace La trasformata di Laplace della funzione g (t) stata denita come

G(s) =
0

g (t) exp(st) dt

Nulla si detto per specicare il primo estremo di integrazione (che potrebbe essere 0+ oppure 0 ).

78

4. TRASFORMATA DI LAPLACE

In realt ci completamente indifferente se g (t) non contiene impulsi o derivate di impulsi nellistante t = 0. Nel caso, invece, in cui ci si verica, necessario precisare tale estremo: si porr, pertanto, uguale a 0 . Alla luce di ci, bisogna fare delle precisazioni su alcune propriet della trasformata di Laplace. 4.6.1. Trasformata della derivata. Si gi visto che (4.6.1) L[g (t)] = sG(s) g (0) In realt, il teorema applicabile in questa forma se si prescinde dalle eventuali discontinuit che la funzione g (t) ha in t = 0. E XAMPLE . Sia g (t) = cos t u(t)
cos(t)
1

F IGURA 4.6.1. g (t) = cos(t) u(t). Si noti che tale funzione presenta una discontinuit per t = 0: g (0 ) = 0, g (0+ ) = 1. Se si prescinde da tale discontinuit, si ha d cos t (4.6.2) = sin t dt Si pu, quindi, applicare la (4.6.1): L d cos t dt =s s2 s 1 1= 2 +1 s +1

In modo alternativo, invece, si pu tener conto della discontinuit. In tal caso la (4.6.2) non pi vera, perch bisogna tener conto del fatto che la discontinuit produce un impulso nella derivata. Infatti, formalmente, bisogna fare la derivata di g (t) = cos t u(t). Perci: (4.6.3) dg (t) = sin t u(t) + cos t (t) = sin t u(t) + (t) dt Questa seconda espressione della derivata (4.6.3) prende il nome di derivata generalizzata. Se si usa la derivata generalizzata, il teorema della trasformata della derivata assume la seguente forma, leggermente diversa: L[g (t)] = sG(s) g (0 )

4.6. CONSIDERAZIONI SULLA DEFINIZIONE DI TRASFORMATA DI LAPLACE

79

E XAMPLE . L Infatti
1

d cos t dt

=s

s2 s 0 = s2 + 1 s2 + 1

s2 1 L = L1 1 2 = (t) sin t 2 s +1 s +1 Si noti che la seconda formulazione particolarmente utile nei problemi in cui siano date le condizioni iniziali in 0 . 4.6.2. Trasformata dellintegrale. Si visto che
t

L
0

g ( ) d

G(s) s

Nel caso in cui si denisca la trasformata con integrazione a partire da 0 (cio si considerino anche le funzioni impulsive nellorigine) il teorema si modica nella forma: t G(s) L g ( ) d = s 0 E XAMPLE . t L[ (t)] 1 = L ( ) d = s s 0 Infatti lintegrale dellimpulso lo scalino.

CAPITOLO 5

Esercizi
E XERCISE 5.1. Calcolare la trasformata di Fourier del segnale y (t) = s(t) k= (t kT ), sapendo che la trasformata di s(t) S (f ). Il segnale y (t) risulta dal prodotto di s(t) e di un segnale periodico costituito da una serie innita di impulsi equispaziati di T secondi. Per la propriet 3.4.2.9 della trasformata di Fourier, al prodotto nei tempi corrisponde la convoluzione in frequenza. La risoluzione del problema richiede, quindi, il calcolo della trasformata della serie di impulsi. Usiamo la serie di esponenziali: cn = 1 T
+ T /2 T /2

n 1 (t) exp 2 t dt = T T

e, perci, utilizzando la (3.4.4) per poter esprimere la trasformata di un segnale periodico: 1 n F (t kT ) = f T n= T k= Ne consegue, per la (2.2.7), che 1 F{y (t)} = S (f ) T n f T n=

1 = T

S f
n=

n T

Lo spettro di y (t) costituito dalla somma di innite repliche dello spettro di s(t), ottenute traslando S (f ) di tutti i multipli dellinverso di T .
S(f) Y(f)

1/T

1/T

F IGURA 5.1.1. Spettro di S (f ) e di Y (f ). E XERCISE 5.2. Risolviamo il problema 1.1.2 utilizzando la trasformata di Laplace. Lequazione differenziale risolvente era: b k x (t) + x (t) + x(t) = g u(t) m m con x(0) = 0 e x (0) = 0.
81

82

5. ESERCIZI

Passando alle trasformate di Laplace b b k g sX (s) x(0) + X (s) = m m m s che, inglobando le condizioni iniziali nulle diventa: g X (s) = b k 2 s s +m s+ m s2 X (s) sx(0) x (0) + I poli sono: p0 = 0, p2,3 = b 2m b2 k 2 4m m

b2 k Caso 1: > . 2 4m m . In questo caso i poli sono tutti reali. Per uniformit con la notazione della sezione 1.1.2 chiamiamo p2 = 1 e p3 = 2 . Si ha: X (s) = g con A= B= C= Perci X (s) = g 1 2 1 2 1 1 1 + s 1 2 s 1 1 2 s 2 2 1 exp(1 t) exp(2 t) 1 2 1 2 s s(s 1 )(s 2 ) =
s=0

1 =g s(s 1 )(s 2 )

A B C + + s s 1 s 2 1 1 2

s 1 s(s 1 )(s 2 ) s 2 s(s 1 )(s 2 )

=
s=1

1 1 (1 2 ) 1 2 (2 1 )

=
s= 2

e, poich 1 2 = k/m, x(t) = mg k u(t) +

b2 k Caso 2: > . 2 4m m In questo caso i poli 2 e 3 sono complessi coniugati. Per uniformit con la notazione della sezione 1.1.2 chiamiamo p2 = R I e p3 = R + I . Si ha: 1 C A B X (s) = g =g + + s(s + R + I )(s + R I ) s s + R + I s + R I con s 1 m A= = 2 = 2 s(s + R + I )(s + R I ) s=0 R + I k

5. ESERCIZI

83

B=

s + R + I s(s + R + I )(s + R I )

=
s=R I

1 = 2I (R I ) 1+ R I

2 1 I + R I 1 1 + R 1m I = = 2 = 4 2 2 2 2 I + R I 2 I + R 2k

C=

s + R I s(s + R + I )(s + R I )

=
s=R +I

1 = 2I (R + I ) 1 R I R I

2 1 I R I 1 1 R 1m I = = 2 = 4 2 2 2 2 I + R I 2 I + R 2k

In denitiva: x(t) = mg k u(t) 1 exp(R t) 2 mg k 1+ R I exp (I t) + 1 R sin(I t) I exp (I t) =

u(t) exp(R t) cos(I t) +

E XERCISE 5.3. Calcolare lo spettro del segnale illustrato in gura 5.3.1


s(t)

F IGURA 5.3.1. Segnale di cui calcolare lo spettro. Il segnale s(t) pu essere considerato somma di due serie di impulsi a distanza 2T tra di loro: la prima serie costituita da impulsi di area +1 con un impulso nellorigine dei tempi, la seconda costituita da impulsi di area 1 e la posizione del primo impulso T . Quindi:
+ +

s(t) =
k=

(t k 2T )
k=

(t k 2T T )

La trasformata di una successione periodica di impulsi stata gi calcolata (). Quindi 1 S (f ) = 2T n f 2T n=


+

1 exp(2f T ) 2T

f
n=

n 2T

84

5. ESERCIZI

1 = 2T

1 exp 2
n=

n T 2T

f n 2T

n 2T =

1 = 2T

[1 (1)n ] f
n= +

1 = T

f
n=

n 1 T 2T

che risulta uguale allo spettro di una sequenza di impulsi di area unitaria, a distanza T , spostato in frequenza di 1/2T . Se chiamiamo P (f ) la trasformata di questultima successione di impulsi, vale la relazione S (f ) = P f 1 2T
+

Per le propriet della trasformata di Fourier P 1 f 2T t kT p(t)exp(2 ) = (tkT )exp(2 ) = (tkT )(1)k 2T 2T k= k=
+

E XERCISE 5.4. Calcolare lo spettro del segnale s(t) = | sin(t)|, rappresentato in gura 5.4.1
s(t) 1

F IGURA 5.4.1. s(t) = | sin(t)|. Essendo un segnale pari, si pu sviluppare in serie di soli coseni: s(t) = k bk cos 2 t k=0 2
+/2

Usando le formule della sezione 3.3.2 si ottiene: b0 = e 2 bk = k | sin t| cos 2 t /2


+/2

+/2

| sin t| dt =
/2

sin t dt =
0

2 2 2 cos t|/ = 0 dt =

4 dt =

+/2 0

k sin t cos 2 t

5. ESERCIZI

85

+/2

sin ({1 + 2k } t) dt +
0

+/2

sin ({1 2k } t) dt =
0 /2

2 cos ({1 + 2k } t) 1 + 2k =

/2

2 cos ({1 2k } t) 1 2k

=
0

2 4 2 + = (1 + 2k ) (1 2k ) (1 4k 2 )

E XERCISE 5.5. Calcolare lo spettro del segnale cos t rect(t/ ) ripetuto con periodo 2 rappresentato in gura 5.5.1
s(t) 1

F IGURA 5.5.1. Ripetizione periodica del segnale cos t rect(t/ ). Anche questo segnale pari e sviluppabile in serie di coseni. Questa volta i coefcienti dello sviluppo sono: b0 = e bk = 2 2 =
+/2

1 2

+/2

cos t dt =
/2

1 k t 2

+/2

cos t dt =
0

1 1 2 sin t|/ = 0 cos t cos (kt) dt =

cos t cos 2
/2

dt = 1

2
+/2

+/2 0

+/2

cos[(k + 1)t] dt +
0 /2

cos[(k 1)t] dt =
0 /2

1 sin[(k + 1)t] sin[(k 1)t] = + = k+1 k1 0 0 1 (1)k/2 (1)k/2 , k pari k+1 k1 = = 1/2 k=1 0, k altri dispari

86

5. ESERCIZI

1 2 (1)k/2 2 , k pari k 1 1/2 0, k=1 k altri dispari

E XERCISE 5.6. Calcolare lantitrasformata di Fourier dello spettro in gura 5.6.1


S(f) B

f 0

f0
0

F IGURA 5.6.1. Spettro di cui calcolare lantitrasformata. Si pu fare in diversi modi. Iniziamo con il metodo diretto: applichiamo la formula di antitrasformazione:
f0 +B/2 f0 +B/2

s(t) =
f0 B/2

exp(2f t) df +
f0 B/2 f0 +B/2

exp(2f t) df =
f0 +B/2

exp(2f t) = 2t = exp(2f0 t)

exp(2f t) + 2t f0 B/2

=
f0 B/2

sin Bt sin Bt + exp(2f0 t) = t t

= B sinc(Bt) 2 cos(2f0 t) Lo stesso risultato lo si poteva ottenere utilizzando le propriet di dualit e di traslazione in frequenza della trasformata di Fourier. S (f ) lo si pu vedere come due rettangoli di base B , uno traslato a +f0 e laltro traslato a f0 . Lantitrasformata di un rettangolo il solito seno cardinale con zeri a distanza pari allinverso della durata del rettangolo nel dominio delle frequenze: rect f B sinc(Bt)

La traslazione a +f0 corrisponde ad una moltiplicazione per exp(2f0 t), quella a f0 ad una moltiplicazione per exp(2f0 t). Il completamento dellesercizio, a questo punto, banale. E XERCISE 5.7.

5. ESERCIZI

87

Trovare lantitrasformata di Laplace di X (s) = Primo passo calcolare i poli: p 1 ,2 = per poi decomporre s2 con A= e B= Per cui s+2 A B = + s2 s+1 s2 (s + 2)(s + 1) (s + 1)(s 2) =
s=1

s2

s+2 s2 1 2

1+8 = 2

1 3

(s + 2)(s 2) (s + 1)(s 2)

=
s=2

4 3

4 1 x(t) = exp(t) + exp(2t) 3 3

E XERCISE 5.8. Trovare lantitrasformata di Laplace di 2 (2s + 1)3 Qui non ce bisogno di decomposizione. Con una banale trasformazione 1 1 X (s) = 4 (s + 1/2)3 Lantitrasformata , ricordando la (4.3.2): X (s) = 1 t2 exp(0.5t) 4 2 Lo stesso risultato lo si poteva trovare osservando che 1 1 1 1 X (s) = 4 s + 1/2 s + 1/2 s + 1/2 x(t) = cio X (s), a meno del fattore 1/4 il prodotto di termini (uguali). Per le propriet della trasformata, per, sappiamo che prodotto di trasformate corrisponde a convoluzione delle rispettive antitrasformate. Ricaviamo, perci, x(t) come convoluzione ripetuta di s(t) = L1 s(t) s(t) = u(t)
0

1 s + 1/2
t

= exp(0.5t) u(t)

exp(0.5 ) exp[0.5(t )] d =

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5. ESERCIZI
t

= u(t) exp(0.5t)
0 t

d = t exp(0.5t) u(t)

s(t) s(t) s(t) = u(t)


0

exp(0.5 ) exp[0.5(t )] d =
t

= u(t) exp(0.5t)
0

d =

t2 exp(0.5t) u(t) 2

e, quindi, x(t) = 1 t2 exp(0.5t) u(t) 42

Indice
Capitolo 1. Sistemi e segnali elementari 1.1. Introduzione 1.2. Segnali elementari 1.3. Trasformazioni di variabile indipendente 1.4. Limpulso Capitolo 2. Sistemi lineari tempo invarianti 2.1. Introduzione 2.2. Classicazione dei sistemi 2.3. Sistemi lineari invarianti Capitolo 3. Trasformata di Fourier 3.1. Introduzione 3.2. Propriet delle sinusoidi 3.3. La serie di Fourier 3.4. Trasformata di Fourier 3.5. Funzione di trasferimento Capitolo 4. Trasformata di Laplace 4.1. Introduzione 4.2. La trasformata di Laplace 4.3. Trasformazione inversa di laplace 4.6. Considerazioni sulla denizione di trasformata di Laplace Capitolo 5. Esercizi 3 3 13 18 22 25 25 25 34 41 41 42 42 50 58 63 63 64 72 77 81

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