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numero 38 anno V 6 novembre 2013


edizione stampabile

Luca Beltrami Gadola DEMANIO STATALE: GI LE MANI DALLA CITT Giulia Mattace Raso MILANESI AMBIENTALISTI A LORO INSAPUTA? Oreste Pivetta MILANO, LA CAPITALE" IMMORALE" RASSEGNATA? Chiara Copello SEGRETARIO PROVINCIALE PD: CONTI, CORRENTI, SALDI Fabrizio Bottini FAMAGOSTA: UN CIMITERO O UNA HIGH-LINE METROPOLITANA? Pierluigi Nicolin
SE ARREDO URBANO FOSSE UN NEOLOGISMO PER SOTTRAZIONE

Alessandro Rosina CERA UNA VOLTA LA SEPOLTURA. I MILANESI E LE SCELTE DI FINE VITA Eleonora Poli NESSUNO IRONIZZA. MA LA PARTECIPAZIONE RESTA ANCORA UNA UTOPIA Gianfranco Chierchini GLI INCIDENTI STRADALI E IL GATTO NERO Rita Bramante SCUOLA ITALIANA: REQUIEM O RIPARTENZA?

VIDEO A. BONESSA, V. BOTTELLI E M. DE CARO CANDIDATI ALLA PRESIDENZA DELLORDINE DEGLI ARCHITETTI DI MILANO suggerimento musicale Manuela Cricelli canta TRENTA CARRINI

rubriche di attualit CINEMA - Anonimi milanesi MUSICA - a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Virginia Colombo LIBRI - a cura di Marilena Poletti Pasero SIPARIO - E. Aldrovandi - D. G. Muscianisi www.arcipelagomilano.org

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MILANO. RIPRENDIAMOCI IL DEMANIO STATALE: NOSTRO Luca Beltrami Gadola


Milano ha bisogno di rialzare la testa: non ne possiamo pi di notizie deprimenti e di scandali che, se pure non riguardano solo Milano, la vedono comunque coinvolta, travolgendo gli uomini arroganti che nelle opache stanze del potere finanziario e immobiliare milanese, hanno fatto strame delle sue istituzioni e delle sue ricchezze finanziarie, imprenditoriali e del suo territorio. Le legittima aspettativa di giustizia si sta spegnendo nellamarezza dello spettacolo delle cattive frequentazioni di uomini e donne delle istituzioni. Che dobbiamo fare? Per non morire cercare le poche buone notizie tra le righe dei giornali che, loro pure in preda al pessimismo, le buttano l come se nulla fosse. Ada Lucia De Cesaris, la vicesindaco assessore al territorio, donna di poche e spesso ruvide parole ha detto: Senza accordo quelle aree valgono zero. Si riferiva alle aree delle Ferrovie dello Stato, quelle degli scali ferroviari, del tutto o in parte dismesse e che le Ferrovie vorrebbero valorizzare (leggi vendere per costruire) a loro piacimento. Le parole della vicesindaco sono la buona notizia. La sua strada tutta in salita perch le amministrazioni precedenti la Giunta Pisapia hanno lasciato in eredit accordi parzialmente in essere che consentono furibonde resistenze; amministrazioni quelle di allora che non solo per il demanio ferroviario ma anche per quello militare si sono comportate da mezzane chiedendo poca mercede a favore delle comunit che rappresentavano in cambio di vaste concessioni in termini di edificabilit. Da quando ho avuto loccasione di pubblicare qualcosa sui giornali milanesi, Repubblica in particolare e ora ArcipelagoMilano, mi sono sempre battuto perch le aree milanesi di demanio statale (scali e rilevati ferroviari e poi caserme in particolare) venissero semplicemente restituite alla citt, al pi dietro un simbolico corrispettivo che equivalesse, ancorch rivalutato monetariamente, al prezzo di esproprio originariamente pagato dalle varie amministrazioni dello Stato che ne erano cos divenute proprietarie. Il mio ragionamento, pi basato sullequit e sulla politica che su norme di legge, mi porta a dire che il valore che queste aree hanno assunto non certo aumentato per gli investimenti che vi furono fatti per il loro uso ma semplicemente perch attorno vi cresciuta una citt fatta di strade, piazze, servizi e infrastrutture che le hanno valorizzate. Chi ha fatto questi investimenti? Nessuno negher che a farli furono tre o quattro generazioni di milanesi che vi costruirono case, fabbriche, uffici e che con le loro tasse permisero al Comune di farvi strade, scuole, parchi, giardini, monumenti: insomma una citt di un milione e mezzo di abitanti. Fu anche merito delle Ferrovie? Certo, ma con che soldi si fecero gli impianti e soprattutto con che soldi ne abbiamo coperti i disavanzi? Oggi su quelle aree vorrebbero far quattrini facendoci balenare che una parte di quel denaro andrebbe a migliorare la nostra rete. Vi fidereste? Milano un cliente delle Ferrovie come il resto del Paese niente di pi o di diverso. Per chi non mi vuol seguire su questa via, ne propongo unaltra. Non ho ancora chiaro, dopo le tante ipotesi fatte, quanto le Ferrovie incasserebbero dalla vendita delle loro aree ma qualunque cifra incassino sar sempre inferiore al benessere che deriverebbe per la citt dal poter disporre gratuitamente di un bene territoriale indispensabile a dar respiro e persino magnificenza a una citt vittima pi di ogni altra della speculazione immobiliare. Mi sia permesso anche un malevolo inciso: vedo sempre con sospetto queste vendite di beni pubblici che finiscono inesorabilmente in mano ai soliti noti e ai loro amici, finanziati dalle solite banche anchesse am iche con quei famosi giochi di scatole cinesi per le quali alla fine a ripianare le perdite, generate da benefit favolosi e profitti distratti altrove, siamo sempre noi contribuenti. Il demanio pubblico quando somiglia come una goccia dacqua a unarea dismessa non ha valore o meglio lha solo per la collettivit, come bene comune per le sue necessit: verde, case ad affitto ragionevole, scuole e spazi per il tempo libero e la socialit. Questa riappropriazione una battaglia di civilt. Non combatterla dopo che Lucia De Cesaris ha fatto il primo passo, sarebbe imperdonabile miopia e soggezione a un modello di sviluppo urbano non solo non condivisibile ma da combattersi.

MILANESI AMBIENTALISTI A LORO INSAPUTA? Giulia Mattace Raso


A maggio poteva sembrare solo una gran festa (e non lo era), un grande corteo di biciclette a Milano per Cambiare strada. Cambiare passo e direzione celebrando la giornata per la mobilit nuova. Ora non ci sono dubbi la questione si fa seria: Milano laboratorio nazionale (e internazionale) per la mobilit dolce. Siamo esattamente qui, tra il XX rapporto sullEcosistema Urbano di Legambiente, Eicma, Citytech e il Libro Bianco sulla Mobilit e i Trasporti in Italia di Eurispes, C40 Cities. Pisapia: C una citt che capofila in questa rivoluzione di costume e di tecnologia: Milano. A Milano la mobilit dolce e sostenibile, n. 38 V 06 novembre 2013 quella che non inquina, non pi unutopia. Limportante esserne ben consci. stato presentato in questi giorni il XX Ecosistema Urbano 2013 rapporto di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore sulle eco-performance dei capoluoghi di provincia, la fotografia della debacle delle citt italiane: emergenza smog e trasporto pubblico in picchiata, aumentano le auto private, immutate depurazione e perdita dacqua potabile. Tra le tinte fosche Milano va in controtendenza: due faccette sorridenti, che stanno a indicare una netta prevalenza di indicatori che migliorano. Due le considerazioni di Vittorio Cogliati Dezza presidente di Legambiente: un progetto politico nazionale che riconosca alle citt un ruolo centrale e imprescindibile, quale fulcro della rinascita del Paese, che investa sulle riqualificazioni urbane, non pi procrastinabile. Le citt possono essere smart solo se ci sono smart citizens, e quindi relazioni, creativit e cultura per creare consapevolezza sulle sfide e nuovi stili di vita. La settimana scorsa a Citytech stato illustrato il Libro Bianco sulla Mobilit e i Trasporti in Italia di Eurispes. Inquinamento atmosferico e acustico, congestione, occupazione 2

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del territorio, inefficiente utilizzo del fattore tempo ha dichiarato Carlo Tosti costituiscono indicatori cui sia le persone che le imprese pongono rilevante e crescente attenzione. Queste problematiche vengono avvertite con pi forza nellambito urbano, dove c ovviamente maggiore concentrazione di popolazione, produzione e distribuzione delle merci. Citytech ripensare il paradigma per la mobilit del terzo millennio: due giorni di incontri tra amministrazioni pubbliche, aziende produttrici di tecnologie, opinion-makers di settore, operatori e associazioni, con lobiettivo di indirizzare le scelte e ridefinire i paradigmi sulla mobilit e il trasporto in Italia. Una mobilit nuova per reinterpretare lo spazio, la qualit della vita e il rapporto della citt con i suoi abitanti. Spunti e riflessioni tra i workshop: bikeconomics, luso della bicicletta genera benefici economici nellUE pari a 200 miliardi di euro lanno. LItalia, primo produttore di bici in Europa, il paese che pi di ogni altro deve approfittarne ; smart park, le ultime novit sul mondo dei parcheggi in Italia e allestero, un

focus sul 16 Congresso Internazionale della European Parking Association e sulla citt di Amsterdam, citt modello in Europa per la gestione della sosta Citytech stato organizzato dal Comune di Milano in collaborazione con la Commissione europea Rappresentanza a Milano, ladesione del Presidente della Repubblica e sua medaglia di rappresentanza. Ieri ha aperto i battenti lEICMA, la fiera del ciclo e motociclo settore di punta del Made in Italy. LItalia concentra pi del 50% della produzione europea, con un parco circolante che raggiunge circa 9 milioni di veicoli tra ciclomotori, scooter e i cosiddetti cinquantini realizzati da pi di 170 aziende: anche qui si parla di mobilit sostenibile. Il C40 Cities - Climate Leadership Group (C40) una rete globale di grandi citt impegnate in tutto il mondo a realizzare politiche e programmi di sostenibilit a livello locale che aiuteranno ad affrontare i problemi legati ai cambiamenti climatici su scala globale: Milano ne fa parte come citt innovativa. Sono rimasto molto colpito dai successi dellAmministrazione del Sindaco

Pisapia per aver conseguito in un breve periodo di tempo importanti risultati grazie a iniziative low carbon quali il Piano integrato della mobilit di Milano e la congestion charge, che hanno generato una riduzione del traffico del 30% in meno di un anno. Limpegno della citt per un ruolo di leadership sul fronte dei cambiamenti climatici chiaro ha dichiarato Rohit Aggarwala, Special Advisor del Presidente di C40, il Sindaco di New York Michael R. Blooomberg - C40 felice e onorata di avere la sua sede regionale europea a Milano, la cui posizione centrale pu aiutarci a proseguire lazione di tutte le 19 citt europee che fanno parte di C40.. La ricerca dell'Unit di pediatria ad alta intensit di cura della Fondazione Policlinico di Milano, in particolare, resa recentemente nota, ha evidenziato "una stretta relazione tra inquinamento atmosferico e sviluppo di patologie respiratorie in et pediatrica, con un aumento del rischio, in termini di frequenza e gravit, nei soggetti con broncospasmo (wheezing) o asma. I bambini ci guardano, ambientalisti lo dobbiamo essere per scelta.

MILANO, LA CAPITALE IMMORALE RASSEGNATA? Oreste Pivetta


La citt pi importante d'Italia, da tutti i punti di vista, Milano, metropoli europea per definizione. Se dovessimo essere ragionevoli, Milano dovrebbe essere la capitale del vostro paese. Cos scrisse Fernand Braudel, ma si era nel 1980 e lentusiasmo dello storico francese si poteva capire: Milano era la l ocomotiva che trascinava lItalia in Europa, Milano che banche che cambi come cantava Lucio Dalla (che aggiungeva, generoso: Milano tre milioni/ respiro di un polmone solo/ che come un uccello/ gli sparano/ ma anche riprende il volo), era langolo forte del triangolo industriale, Milano era la capitale mor ale: morale in ragione del suo senso etico del lavoro e del profitto, intensamente avvinti, anche se uno andava da una parte e il secondo da unaltra, morale anche nel significato del virtuale, di un primato meritato ma negato, alla maniera di tante vittorie morali dei nostri cronisti sportivi ma anche nel modo nobile di tante popolari risposte alla violenza, al terrore, allingiustizia. Capitale morale attribuito a un napoletano, Ruggiero Bonghi, direttore della Perseveranza, un giornalista, dunque, che avrebbe usato quella memorabile espressione nel 1881, nellanno dellEsposizione industriale nazionale, quella che avrebbe dovuto esaltare le qualit manifatturiere del capoluogo lombardo, che viveva intensamente la fine del secolo dellUnit e correva convinto verso il decennio del boom giolittiano. Bisogner attendere un secolo per leggere una definizione altrettanto fortunata: e fu Tangentopoli, altra invenzione di un giornalista (qui, a proposito della firma le opinioni non sono concordi e il dibattito di tanto in tanto si rinnova nella sala stampa del Palazzo di Giustizia), tangentopoli punto di svolta nelle vicende della Repubblica, prova provata della corruzione della politica, duro colpo a tante benevole certezze, a tante propulsive sicurezze. Gli anni sono passati, ci avviciniamo allEsposizione universale, 2015, e il primo scrupolo annunciato stato quello di tenere fuori dagli appalti la ndrangheta. Ci riusciranno? Per anche in questi buoni propositi il segno del destino amaro della capitale morale. In fondo stiamo al dopoguerra allinizio erano gli innocui banditi di via Osoppo, poi sono arrivati i sanguinari Turatello e Petrovic. Con la ndrangheta si compiuto il salto: la storia vecchia, storia di un insediamento lento, capillare, inarrestabile, il cambiamento pi recente, la criminalit organizzata ha maturato poco alla volta la consapevolezza che il potere economico e finanziario quello che conta e qualche cosa di utile ha imparato da Tangentopoli, ad esempio anche la possibilit di avvalersi del contributo di qualche amministratore pubblico. Linterrogativo chiaro: tangentopoli continua, la ndrangheta infiltrata e gli ultimi morti ammazzati in una strada di Quarto Oggiaro hanno cancellato la capitale morale? Capitale Milano lo fu con Napoleone e con gli austriaci, poi si vide ridimensionata nel rango da un aggettivo, per quanto ragguardevole, rinunciando non solo allambizioso titolo (chiusa inevitabilmente la partita dai Savoia che da Torino scesero prima a Firenze e quindi, ultimata o quasi la pratica unitaria, a Roma), ma anche a qualcosa la cui assenza avrebbe alimentato annose polemiche, rivendicazioni, riflessioni stori-

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www.arcipelagomilano.org che e culturali, persino slogan elettorali. Malgrado Mussolini, Craxi e Berlusconi (singolare triade, allultimo capo della quale si potrebbe connettere anche Bossi), Milano non fu mai politica, per una scelta antica e a questo proposito non bastano poche righe ma andrebbe letto e riletto il bel saggio (assai ponderoso) di Giovanna Rosa, Edizioni Comunit, Il mito della capitale morale, fitto di tante citazioni, tra saggi, romanzi, interventi giornalistici, dellepoca, tra ultimi decenni dellOttocento e i momenti decisivi del Novecento. Risalendo alle stagioni doro dellindustrializzazione milanese (gli anni ottanta dellEsposizione nazionale), Giovanna Rosa annota che il terreno competitivo in cui le forze economiche si fronteggiavano per raggiungere ricchezza e predominio era anche e soprattutto sede elettiva per armonizzare slancio individuale e destini collettivi, che la societ civile, contrapposta alla disgregazione inefficiente del mondo politico, veniva idealizzata, che l'elemento di conflittualit che le era strutturalmente proprio veniva vanificato nell'ideale di un ordine superiore. Le radici del mito affondano dunque nella volont ambrosiana di contrapporsi alla capitale politica in nome dei puri valori morali, svelando la contraddizione di una citt che si autocandidava alla direzione del paese rifiutandone per la dimensione nazionale e politica. Era una rinuncia, in nome di un presunto primato ideale, culturale. Ricchi e puri. Si dovrebbe leggere oltre, perch la pubblicistica daltro peso densa, da Paolo Valera (con Milano sconosciuta: Nessuno immaginerebbe di trovare in questa capitale morale, viottoli ove non scende mai raggio di sole, vicoli ignorati persino dal cappellone (sorvegliante), crocicchi ne' quali si respira un'aura graveolente di miasmi micidiali, angiporti dove si costretti a rimboccare i calzoni, tanto sono coperti di immondizie e di escrementi solidi e liquidi) a Ludovico Coiro (con Abissi plebei, quasi una anticipazione di The People of the Abyss del ben pi popolare Jack London in Coiro frequente il confronto tra Milano e le vere capitali europee, come Parigi e Londra) ed una pubblicistica che scopre una dura questione sociale (Bava Beccaris arriver neppure due decenni dopo). Un popolo di orfani, ladri, prostitute (pi di quattrocento quelle dichiarate nellanno dellEsposizione), miserabili, affamati, disoccupati, diseredati di ogni genere svelavano laltro volto, intimo, profondo, blasfemo, oscurato, della capitale morale e soprattutto smascheravano il mito consolatorio della una classe dominante, mai diventata dirigente e nazionale. Il capitolo, oggi, mi sembrerebbe chiusissimo. Se non che in un paese in crisi (in inevitabile rivolgimento) le partite si potrebbero sempre riaprire, non per ripristinare una rivalit, confidando in unimprobabile superiorit morale, in nome magari di una supposta societ civile come ai tempi dei girotondi, finendo nella banalit dellantipolitica, ma per ritrovare finalmente la politica, diritto ed esercizio collettivo (non sarebbe comunque facile, ma si potrebbe cominciare riscoprendo qualche vena culturale e critica nelle sue tante fabbriche di libri, giornali, televisioni). Forse una luce potremmo riaccenderla.

SEGRETARIO PROVINCIALE PD: CONTI, CORRENTI, SALDI Chiara Copello


Luned scorso l'assemblea dei delegati provinciali ha scelto Pietro Bussolati come nuovo segretario metropolitano del PD milanese, con 89 voti contro i 63 per Arianna Cavicchioli. L'assemblea costituita da circa 150 delegati, eletti sulla base delle liste bloccate collegate a ognuno dei quattro candidati: la maggioranza dei delegati era perci gi schierata, mentre quelli eletti con le liste Gentili e Censi, che avevano preso meno voti, si sono posizionati a seconda delle indicazioni del proprio candidato, o della propria area di appartenenza, o della propria individuale coscienza. Il risultato non stupisce: Bussolati aveva gi pi delegati di Cavicchioli, Censi aveva espresso subito l'appoggio al giovane renziano e nonostante Gentili avesse sollevato la polemica sul tesseramento scontato da parte di alcuni circoli (tra cui senz'altro lo 02, il circolo di Bussolati) molto suoi sostenitori, come ad esempio l'assessore alle politiche sociali del comune di Milano Pierfrancesco Majorino, avevano dato indicazione di voto pro-cambiamento, sottintendendo appunto il giovane Pietro. Meno scontato era forse il risultato del primo turno, al quale partecipavano come elettori tutti gli iscritti al partito nella provincia di Milano; eppure sembra che nonostante l'occasione data di partecipazione e dibattito, ovvero la possibilit di scegliere il segretario provinciale da parte degli iscritti, i giochi si siano svolti secondo i soliti tristi schemi di schieramento e appartenenza, con la stragrande maggioranza dei votanti che ha fatto un segno su un nome senza aver voluto neanche conoscere, informarsi, valutare gli altri. Ci che ho vissuto in prima persona da iscritta al partito nel mio ambito di frequentazione (circolo, quartiere, zona), viene confermato dall'analisi del voto circolo per circolo, secondo qualche deduzione che abbozzo, se fosse necessario, nelle righe che seguono. Pietro Bussolati, il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti, stato premiato sia dalla sua citt, Milano, sia dalla provincia, dove si presume sia meno conosciuto: Pietro infatti il candidato pi giovane, ha 31 anni, e non ha mai ricoperto incarichi amministrativi, n a Milano n fuori; lavora in ENI come dipendente immagino, qualunque sia il suo inquadramento; la sua attivit politica, per quanto vivace, si esaurisce con quella del circolo di cui segretario, lo 02Pd, circolo che pur essendosi rivelato efficacissimo trampolino di lancio (ha sfornato l'attuale assessore ai trasporti del comune di Milano e la pi giovane deputata del Parlamento eletto nel febbraio 2013) opera su un territorio ampio come un quartiere. Pietro Bussolati, insomma, ottimo segretario di circolo, collega ideale, oratore brillante, poteva essere conosciuto in zona, in qualche altro circolo milanese, e nella sua cerchia di colleghi, amici, parenti. Ma la caterva di voti che ha preso in provincia (32%) e in molte zone di Milano per forza legata a un'indicazione di voto, nel caso di Pietro credo abbia valso la notizia che lo voleva renziano. probabilmente il caso del Circolo della Pallacorda, nato a Milano nel maggio scorso con l'esplicito proposito di sostenere Matteo Renzi, e che sabato 26 ottobre ha fatto votare 153 iscritti, dei quali un voto andato simbolicamente ad Arianna Censi, uno altrettanto simbolicamente a David Gentili, nessuna preferenza per Cavicchioli, e 151 a Pietro Bussolati; senza schede bianche

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www.arcipelagomilano.org n nulle. Meno artistico ma comunque indicativo il risultato del Circolo di Vizzolo Predabissi: su 45 votanti 35 hanno scelto Pietro e 5 Arianna Censi. O infine i tre circoli di Cinisello Balsamo: a "Cinisello Balsamo 2" su 62 votanti stravince Cavicchioli con 42 voti; ma a "Cinisello Balsamo 1 e 3" le forze convergono su Pietro: oltre 300 votanti per i due circoli, che hanno scelto Bussolati con 172 voti e Cavicchioli con 83. Arianna Cavicchioli, seconda classificata, ha una storia pi lunga: sindaco di Rho per due mandati, poi consigliere provinciale coi DS e nel 2010 consigliere regionale; presumibilmente forte nell'hinterland, o meglio nel suo hinterland cio Rho e dintorni. I voti presi a Milano e in altre zone della provincia non possono non essere frutto di un'adesione "di corrente": poco conosciuta e non particolarmente ispirata o trascinante nel suo porsi agli elettori (in questo senso il confronto con Arianna Censi era schiacciante, e ci vale anche per gli altri due candidati), chi l'ha votata ha ubbidito al dictat di appartenenza a CGIL, o a "Primavera Democratica", o pi genericamente all'appioppatole aggettivo di bersaniana. Blocchi di tessere per Arianna Cavicchioli sono apparsi a macchia di leopardo da Legnano (162 preferenze su 261 votanti) ai circoli milanesi 15 Martiri, Romana - Calvairate, Barona, Quarenghi, ai circoli di Garbagnate, Novate Milanese e ovviamente Rho. David Gentili si diceva slegato, trasversale, poi appoggiato da molti civatiani e da alcuni cuperliani. Ma al netto delle etichette il suo risultato rispecchia maggiormente quella che stata la sua reale attivit sul territorio: Gentili infatti andato bene a Milano dove lavora come consigliere comunale e come presidente della commissione antimafia del Comune, ed andato bene soprattutto in zona 7 dove vive, e dove ha lavorato per molti anni come educatore e poi counsellor psicosociale. Ho personalmente creduto nella sua candidatura proprio per il suo impegno nel contrasto alla criminalit organizzata, tema sensibilissimo in un'area metropolitana che si appresta ad ospitare un evento come l'Expo 2015 e che sar (ed gi) soggetta a pressioni fortissime per gli appalti. Arianna Censi, sostenuta da Area Dem, stata sindaco di Locate Triulzi per nove anni, poi consigliere provinciale, ed attualmente responsabile degli Enti Locali per il PD metropolitano. Ha ottenuto un risultato che non ritengo proporzionato al suo valore e alla sua passione politica, se non ad Opera, la sua citt, o Abbiategrasso, Corsico e altri comuni minori sparsi per l'hinterland. Alle serate di presentazione dei canditati, come da copione, la platea, pi che da curiosi o indecisi, era composta in maggioranza da sostenitori, poco disposti a scoprire aspetti positivi negli avversari; molti circoli inoltre non hanno tentato un approfondimento sui quattro aspiranti segretario al netto degli schieramenti - valutando ad esempio programmi e curriculum - ma hanno semplicemente permesso che i giochi si svolgessero abbandonando ognuno ai propri riferimenti, fari o aree di appartenenza. Si sa che le cose vanno cos, si dir: questa analisi non aggiunge niente di nuovo. Eppure a me preme parlare di questo, del presunto cambiamento che passa per antichi schemi. Chi ha votato in massa Bussolati o Cavicchioli nella stragrande maggioranza dei casi non ha voluto conoscere gli altri tre candidati. Ha perso un'occasione di dibattito, ma non solo: ha perso un'occasione di esercizio della propria libert di scelta. Votare l'unico candidato che si conosce, o peggio ancora quello che ci stato indicato da qualcun altro, non l'esercizio di un diritto di voto libero, ma semplicemente una scelta obbligata nel primo caso o l'esecuzione di un ordine (chiamiamolo un suggerimento) nel secondo. Sono cose cos banali, eppure bisogna chiarirle ancora. Questo atteggiamento ottuso, che danneggia innanzi tutto la dignit di chi compie questo atto di "obbedienza" e delega incondizionata, rattrista anche per la scarsa considerazione dell'altro, in questo caso di chi la libert e la democrazia le esercita veramente, o almeno ci prova. Questo modo di essere elettori e di partecipare alla vita democratica regala alla collettivit e alle istituzioni personaggi cooptati, spesso privi dello spessore umano e culturale necessario allo svolgimento delle funzioni cui sono chiamati. E che proprio per questo, difficilmente saranno in grado di garantire reali cambiamenti, per il loro essere a priori debitori di quelle correnti che come li hanno voluti, subito possono farli cadere. Pietro Bussolati sapr senz'altro dimostrare che non questo il suo caso; ma sono gli elettori i protagonisti di un falso cambiamento: lo chiedono senza saperlo praticare.

FAMAGOSTA: UN CIMITERO O UNA HIGH-LINE METROPOLITANA? Fabrizio Bottini


Cala il silenzio sulla tragedia dell'incidente di via Famagosta, dove hanno perso la vita una madre e due bambini. E nei giorni di discussione su stampa e social networks l'opinione pi diffusa era che tutto sia accaduto soprattutto perch quella giovane signora, immigrata di fresca data a Milano, ancora non avesse assimilato i codici dei comportamenti metropolitani. Quelli che fanno scattare automaticamente segnali interni in corrispondenza di alcuni stimoli esterni. Quelli che dopo un'occhiata alla superficie liscia stesa davanti alle pensiline della stazione MM2 di Famagosta suonano allarme rosso: attenzione, zona a rischio, sotto quella calma piatta apparente si aggirano branchi di squali, sempre. Chi si inoltra l sopra sicuro di vederli spuntare. La signora questa sensibilit non l'aveva ancora sviluppata, poveraccia lei, ma che ci possiamo fare noi. Forse potremmo fare qualcosa, ad esempio ricordandoci come qualche settimana fa i giornali ricordassero con notevole rilevanza la scomparsa di un intellettuale marxista americano, Marshall Berman, noto per L'esperienza della modernit, che raccontava i devastanti effetti sociali e urbanistici delle autostrade tagli ate con la mannaia nel tessuto vivo della citt. Abbastanza singolare, tra l'altro, che questi ricordi di Berman fossero pi o meno contemporanei alla pubblicazione di un'altra edizione italiana importante, Citt Ribelli, di David Harvey, che si apre pi o meno con la medesima tematica degli sventramenti, sostenendo pi o meno la medesima tesi. Ovvero che i tagli con la mannaia nel tessuto vivo della citt sono una delle forme pi esplicite e violente di espressione del potere contro i cittadini, o se vogliamo una delle punte di diamante dello scontro di classe. L'unica differenza fra lo sventratore paradigmatico Barone Haussmann, e i suoi epigoni del ventesimo secolo, sta nelle specifiche tecniche del-

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www.arcipelagomilano.org le autostrade urbane, e nel volume dei capitali investiti. Quindi a ben vedere non affatto vero che nell'incidente di via Famagosta ci sia in campo solo la soggettiva capacit delle persone coinvolte di cogliere e interpretare i segnali della metropoli, reagendo con comportamenti adeguati. Nel caso specifico l'incontro/scontro pare proprio fra un soggetto debole, e una delle forme pi potenti di attacco alla citt dei cittadini da parte delle forze della modernizzazione autoritaria, ovvero le arterie di grande comunicazione veloce urbane tagliate con la mannaia nel tessuto vivo dei quartieri, per dirla col linguaggio compiaciuto dello zar newyorchese dei lavori pubblici, Robert Moses. Una scelta che nel contesto specifico di Milano in via Famagosta rappresenta un caso limite, ma che in tono minore si ripropone in altre zone della citt, specie quelle che si collegano direttamente all'anello delle Tangenziali. Qui, in corrispondenza dell'ex capolinea MM2, ancora a ridosso della citt compatta e di grandi quartieri residenziali, si aperto il varco a un contesto compiutamente autostradale, con una bretella multi-corsia che dal nodo di Assago Milanofiori arriva a scaricare direttamente il traffico nello svincolo su tre livelli, mescolandolo a quello delle circonvallazioni urbane con attraversamenti pedonali. In buona sostanza, le sei corsie che la signora incinta con bambino piccolo per mano ha cercato di attraversare nel buio di una sera di pioggia, altro non sono che un equivalente, anzi un prolungamento diretto, delle Tangenziali, incongruamente sbattuto tra le due fermate dell'autobus. Anche ammettendo il contesto metropolitano e i segnali di allarme che emette per chi li sa cogliere, val la pena chiedersi: ha senso? Ognuno poi si pu dare la risposta che preferisce. Io ne proporrei una, magari in prospettiva di medio-lungo periodo. Da quando hanno iniziato a circolare le immagini del recupero a parco del ponte ferroviario dismesso High Line, a Manhattan, si accesa la fantasia dei progettisti, che hanno iniziato a immaginare fioriere e alberature un po' ovunque ci fosse qualcosa di high che si presentasse in forma vagamente di line. Fino a disegnare una sopraelevata SerraMonte Ceneri trasformata in tranquillo viale pedonalizzato, magari mettendo in secondo piano il fatto che cos si sarebbe condannato tutto quanto stava sotto al soffocamento, per via del traffico da e per le autostrade. Con la bretella Milanofiori Famagosta, anche senza immaginarsi improbabili passeggiate nel verde tra quelle corsie, una cosa certa: spostare progressivamente pi a monte rispetto all'anello autostradale l'interfaccia col traffico urbano, non pu fare che bene alla citt. In molte metropoli del mondo uno degli strumenti di questo spostamento sono anche le cariche di dinamite, a eliminare certi eccessi di entusiasmo infrastrutturale del passato. Ma ci sono pure soluzioni meno rumorose e altrettanto efficaci, come i pedaggi, che ad esempio collegati (la smart city anche questo, no?) a parcheggi e mezzi pubblici opererebbero in modo pi efficiente di uno svincolo su vari livelli in mezzo alla citt. Qualsiasi cosa, pur di non dover essere ancora costretti a spiegare le stragi con gli strumenti della psicologia da dilettanti.

SE ARREDO URBANO FOSSE UN NEOLOGISMO PER SOTTRAZIONE Pierluigi Nicolin


Molti di noi avvertendo un certo disagio per lo stato di decomposizione dello spazio pubblico si chiedono cosa fare per migliorare la situazione attuale. invalsa giustamente lopinione che sinora non si sia fatto abbastanza, per cui sembra senz'altro necessario operare di pi per contrastare un degrado sempre pi diffuso. Con il di pi immagino si voglia intendere sostanzialmente nuovi interventi. Quindi partirei proprio da questo punto per cercare una risposta alle numerose istanze dei cittadini pur sapendo di trovarmi di fronte a una quantit pressoch illimitata di richieste: riguardo, giardini, pensiline, panchine, corsie preferenziali, linee tramviarie, piste ciclabili, dissuasori, marciapiedi, pavimentazioni, sistemi di raccolta rifiuti, aree pedonali, graffiti, segnaletiche stradali, insegne, cartelloni pubblicitari, illuminazione pubblica, aree per soste, parcheggi, ecc. Difficile scorgere il limite di questo elenco, e pi la lista si amplia pi le soluzioni sembrano allontanarsi. Essendo evidentemente il cumulo delle richieste impossibile da smaltire ci troviamo gettati in una situazione di impotenza destinata alla rassegnazione. E se, invece di insistere con queste domande di intervento rese ambigue e poco credibili da uno scetticismo generalizzato, se, considerando il peso delle difficolt e delle incertezze attuali, cambiassimo atteggiamento decidendo di fare una pausa di riflessione? Una pausa per mettere a punto il modo per prenderci cura degli spazi esistenti, di quel che al presente offre la citt? A ben vedere per come siamo messi non si potrebbero neppure intraprendere iniziative di educazione civica privi come siamo di idee su come disporre al meglio le cose esistenti: eventualmente per eliminarne alcune, o per lo meno per eliminare il superfluo, e, con questo, forse molta parte delle cose di cui si parla a proposito di arredo urbano. Se uno volesse percorrere la via del fare, o meglio, dellavere di meno, nella direzione di una citt pi intelligente, considerando lobbiettivo della riduzione quantitativa dei componenti darredo, in particolare delle ridondanze segnaletiche e delle barriere fisiche, dovrebbe avere il coraggio di cambiare radicalmente orientamento. Certo, in attesa degli ulteriori e necessari affinamenti, si potrebbe senza indugio iniziare a togliere un bel po di pali, fare quella depalificazione di cui si parla da anni, in previsione di pi coraggiose iniziative di depaving sfruttando anche lopportunit di ottenere prati o giardini rimuovendo le superfici di asfalto, di cemento, ecc. In ogni modo la pressante richiesta di un di pi deve anche fare i conti con il fastidio provato da molti per la dizione/nozione stessa di arredo urbano, perch quellelenco di richieste spesso enfatizzato da una falsa idea di decoro, da un horror vacui indotto nei cittadini dalla stessa nozione corrente di arredo urbano. E cos i miei amici del Politecnico stanno avviando un Master in Urban interior design per affrontare il tema in un modo finalmente adeguato guardandosi dal menzionare la parola arredo. Per parte mia, sullonda di certe affermazioni di Carlo Scarpa, cercherei di sdoganare, togliere dal ghetto delle parole impronunciabili mi rivolgo beninteso alla comunit dei designers, architetti, persone colte, ecc. nientemeno che quella parola "arredamento" destinata sinora a indicare lidea di un falso ornamento, di qualcosa di inautentico, in cui cadrebbero le persone equivocando

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www.arcipelagomilano.org sui loro reali bisogni e, di fatto, producendo quel kitsch domestico da cui pochi riescono a sottrarsi. Ma cosa succede quando con questo atteggiamento si affronta lo spazio pubblico? Da qui una certa repulsione ad adottare la famigerata parola "arredo" in quel senso inautentico. Carlo Scarpa, nel tentare una riflessione sulla parola "arredo", "arredare" cita il vocabolario della Crusca che alla voce "arredo" dice soltanto: "provvedere del necessario". Insoddisfatto, integra questa definizione laconica con laiuto di un dizionario etimologico il quale afferma: "arredare" deriva dal gotico "garedam" che vuol dire "avere cura" e dallo spagnolo "arrear" che significa "adornare". Insomma potremmo tornare a usare la dizione arredo, anche per la citt, se con questa parola intendiamo quellaver cura che considera le modalit dellarredare come conseguenza di un principio di necessit, poich nello stesso modo in cui si provvede alla cura, si provvede a dar forma, un fatto questo insito negli uomini fin dalle origini. Il contrario del degrado e dellabbandono. Perci "Cura" mette in evidenza la totalit unitaria di un insieme di strutture sia nel suo rapporto con le cose, sia con gli altri. Si potrebbe proseguire indicando come il termine Cura sta a indicare la compresenza di due riferimenti: uno allangoscia, laltro alla protezione. Insomma, evocando il termine cura vogliamo significare anche preoccupazione, latto del prendersi cura di una situazione preoccupante carica di inquietanti interrogativi. Non occorre altro che aver cura. Disporre meglio le cose. Eventualmente eliminarne alcune. Non fare per ora nuovi progetti darredo.

CERA UNA VOLTA LA SEPOLTURA. I MILANESI E LE SCELTE DI FINE VITA Alessandro Rosina
Una delle storie pi inquietanti contenute nei Racconti del terrore di Edgar Alla Poe quella che fa leva sulla paura di risvegliarsi vivi nella tomba (The Premature Burial). Se si entra in una delle discussioni sul web sul tema della cremazione, questa paura si trova spesso citata tra i motivi che portano a preferire tale soluzione rispetto alla tradizionale inumazione o tumulazione della salma. Le ragioni sono in realt molte e variano da persona a persona. C chi preferisce che il corpo sia restituito nella via pi immediata al ciclo della natura anzich lasciarlo mangiare dai vermi. C chi, pi pragmaticamente, considera la cremazione una forma pi efficiente e igienica. E chi, pi poeticamente, desidera che le proprie ceneri siano disperse su un luogo che ispira pace e serenit o che ha avuto un significato particolare nella sua vita. Il fattore comune alla maggioranza delle ragioni comunque quello di voler decidere quale sar il destino del proprio corpo dopo la morte, senza dare per scontata la forma tradizionale di sepoltura. Allepoca di Allan Poe e in tutta la storia precedente dellumanit, le scelte erano molto limitate. Non ci si allontanava molto dal proprio luogo di nascita. Si faceva tipicamente il lavoro dei propri genitori. Ci si sposava con una persona dello stesso ceto sociale e spesso in modo combinato dai parenti. Si avevano tanti figli quanti ne arrivavano e molti morivano fatalmente in et precoce. Le forze della costrizione dominavano, in generale, su quelle della scelta. La rivoluzione tecnologica, quella industriale e la transizione demografica hanno reso luomo sempre pi convinto di poter essere artefice della propria vita. Oggi si sceglie non solo, pi liberamente, se sposarsi e con chi, ma anche quanto far durare il matrimonio. Il numero di figli diventato una questione di preferenza. Si esercita il controllo non solo sul non averne (oltre un certo numero) ma anche sullaverne, tramite procreazione assistita, quando spontaneamente non arrivano. Ma ecco che dopo aver cercato di dominare il corso della vita sempre pi si sta cercando di gestirne la fase conclusiva: il momento della morte e quello che di noi rester dopo. La cremazione risponde allesigenza, sempre pi forte nelle societ moderne avanzate, di autodeterminazione individuale. Non a caso una scelta in continua crescita. In molti paesi europei viene praticata in oltre il 40% dei casi. In Italia la percentuale molto meno della met, ma con forti differenze territoriali. I valori pi alti si trovano al Nord, con punte particolarmente elevate in Lombardia e soprattutto nel suo capoluogo. Secondo i dati disponibili sul sito del Comune di Milano, se ancora nel 2001 la pratica della cremazione riguardava poco meno della met dei funerali totali (4.864 su 11.676), nel primo decennio di questo secolo sono diventate nettamente prevalenti, salendo nel 2011 a 7.090 (a fronte di 2.972 inumazioni e 1.047 tumulazioni, su 11.109 esequie complessivamente celebrate). Una crescita particolarmente accentuata, coerente con la maggior predisposizione dei milanesi a far propri sensibilit e comportamenti che innovano rispetto alla tradizione, soprattutto quando ampliano la sfera delle scelte personali. Il forte aumento per anche sostenuto da un ruolo dellamministrazione comunale molto pi attento e attivo sui temi dei diritti e della loro effettiva espressione rispetto a quanto tipicamente avviene nel resto del paese. Una conferma lo sportello espressamente dedicato al cosiddetto testamento biologico che verr aperto l11 novembre presso gli uffici dellassessorato alle Politiche sociali. Lo scopo quello di consentire di lasciare formalmente indicate le proprie volont sul fine vita, con particolare riferimento ai trattamenti sanitari, alla donazione di organi, oltre che alla scelta della cremazione e delleventuale dispersione delle ceneri. Nel frattempo la rivoluzione digitale, che ha cambiato le nostre vite negli ultimi decenni, sta ora investendo sempre pi il modo di rappresentare il trapasso, consentendo anche di decidere su come mantenere viva e attiva la propria presenza virtuale dopo la morte fisica.

NESSUNO IRONIZZA. MA LA PARTECIPAZIONE RESTA ANCORA UNUTOPIA Eleonora Poli


Sullassemblea al Quartiere Adri ano, gli articoli di Anna Scavuzzo e Alberto Proietti che in risposta al mio hanno proposto nuove riflessioni mi danno unoccasione di pi per chiarire il mio pensiero. Su

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www.arcipelagomilano.org quella serata e oltre. Non che si trascurino dettagli per negligenza o malafede; che le storie si raccontano (e si leggono!) sempre sotto un punto di vista piuttosto che un altro. nella natura delle persone, non essere imparziali. Penso cos che un incontro pubblico con un rappresentante delle istituzioni sia indubbiamente un momento informativo, ma che possa trasformarsi nell'occasione per cogliere un'atmosfera, e per ampliare il discorso al di l del caso specifico. A me, come "cittadina attiva, ha suscitato una semplice constatazione: che non si coglieva nelle comunicazioni dei relatori e negli interventi di molti abitanti e rappresentanti delle associazioni n ununiformit di vedute e di informazioni a disposizione di ciascuno, n una priorit univoca e condivisa di finalit da privilegiare. Sembrava che ci si incontrasse per la prima volta. Chiaro, non era affatto cos, ma questo era quanto, solo a tratti, poteva apparire a un osservatore esterno. Leggendo poi quanto scritto dalla signora Scavuzzo, mi sono domandata, con sorpresa, come mai abbia valutato come del tutto irrilevanti i molti meriti che riconoscevo alla vicesindaco De Cesaris, per i passi avanti compiuti e per come una situazione tanto critica era stata gestita; come mai abbia ignorato, che non mi ero invece trovata daccordo con lirragionevole richiesta del tutto e subito emersa in alcuni interventi del pubblico. Quello che ho messo in discussione non mai stato limpegno dellamministrazione, semmai il ruolo del cittadino e la sua incapacit (o impossibilit), in certi casi, di essere concretamente parte, e a parte, di quanto accade. Mai ho comunque avuto l'intenzione di stilare una cronaca dettagliata del percorso in fieri al Quartiere Adriano: per fare il punto in proposito, anzi, ho letto con attenzione la sintesi di Proietti del Consiglio di Zona 2 che ha concretizzato benissimo tutti gli aspetti della questione; e ho apprezzato il suo esordio, che riporta al cuore del problema gli abitanti sono stati invogliati a comprare casa in un nuovo quartiere modello con piscina, parco sotto casa, scuola materna, centro commerciale, studentato, RSA, filari alberati e una metrotramvia che collega in pochi minuti a due metropolitane: tutto sulla carta. La reazione tanto accesa della signora Scavuzzo di fronte a una normalissima divergenza di valutazione mi ha invece stupito e ho cercato di interpretarne le ragioni. Ripensandoci a freddo, mi sono resa conto che il nervo scoperto che ho toccato non riguarda solo il Quartiere Adriano, quanto il controverso tema della partecipazione. Da tempo la cittadinanza attiva (ritorno di nuovo a questa formula, abusata) si pone domande su che cosa sia la partecipazione nella pratica quotidiana, su come vada espressa, vissuta. Personalmente, ma qui potrebbe aprirsi un dibattito a pi voci, mi chiedo se a questa parola tutti diano lo stesso significato, cittadini e istituzioni. da qui che si snodano i miei dubbi. Fin troppo chiaro che un'amministrazione per poter agire in modo efficace e costruttivo non possa dibattere ogni proposta, progetto e percorso con tutta la collettivit o con gruppi organizzati di essa; ed verissimo che a una rappresentanza, proprio perch eletta, si riconosce una responsabilit, nonch una legittima delega. Tutto sembra chiaro, quindi, e il lavoro della Giunta e della Vicesindaco non mai stato oggetto di discussione. Sar allora, forse, che tutto questo parlare e parlarci addosso - negli ultimi tre anni - di progetti partecipativi, tavoli di confronto, comitati, ComitatixMilano ci deve avere evidentemente confuso un po' le idee. Qualcuno tre anni fa aveva iniziato insieme a noi una bellissima avventura fondata e incentrata proprio sulla partecipazione: intesa non solo come ascolto reciproco, ma soprattutto come condivisione di intenti, tensione comune verso il cambiamento, e sinergia di obiettivi; oserei dire anche di metodi, o almeno a tanto si aspirava. Nel senso che i miei interessi e i tuoi rispetto al miglioramento di Milano non sono altri, ma diventano esattamente gli stessi grazie al lavoro svolto insieme, all'interscambio di competenze. Tutto questo per non basterebbe: gli obiettivi diventano comuni anche grazie a una sorta di empatia che ci dovrebbe porre sebbene, come giusto, soltanto a tratti tutti sullo stesso piano. Per centrare questa condivisione abbiamo lavorato come volontari nei Comitati e ci siamo abituati a considerare non estraneo quanto succede nella citt, sul territorio. Perci ora ci permettiamo, con vero spirito critico e non con sparate da fuoco amico - e senza un briciolo di ironia, questo mi sento di assicurarlo - di fare il punto sullo stato di fatto del condividere, e non certo sui progetti avviati o compiuti con successo al Quartiere Adriano o altrove. Per riprendere laffascinante metafora proposta, il medico di fiducia stato chiamato, ma saranno i pazienti a decidere se la cura sperimentata in prima persona funziona in modo soddisfacente. E credo non ci si aspetterebbe, mai e poi mai, di essere attaccati da un consigliere comunale per la semplice ragione di avere espresso unopinione contraria. Fosse pure un dissenso. I Comitati (e forse altre realt nate e cresciute in questi anni con gli stessi intenti) attraversano un momento di grande crisi. In molti se ne sono allontanati, forse anche rendendosi conto, come scrive la signora Scavuzzo, che le parti non si devono scambiare, n intersecare. La confusione dei ruoli pu ingenerare deresponsabilizzazione e non ci serve che le responsabilit siano di tutti perch abbiamo imparato che poi finiscono con lessere di nessuno e che non mi convince chi vuole sostituire alla politica delle istituzioni quella di gruppi pi o meno organizzati di cittadini. cos che molti milanesi volenterosi, stanchi di organizzare solo piccoli eventi di quartiere, si sono ritirati nelle loro vite, nel loro mestiere. Certo, non escludo che in questo ritirarsi abbia giocato non poco la convinzione che chi amministra ora la citt qualcuno di cui potersi fidare. E unaltra volta lo dico senza ironia, perch in questa Giunta mi riconosco e ho la massima stima di chi ne fa parte. Ci che sembra non funzionare ancora motivo di dispiacere, un punto perso e non segnato. Unica perplessit: nel momento in cui ci si resi conto, per esperienza diretta, che la partecipazione come era stata presentata in campagna elettorale era impraticabile in una citt come Milano - che ha ereditato problemi immensi oltre ai buchi economici - allora perch non riconoscerlo apertamente? Perch rischiare invece di lasciar finire le cose, in questo caso porto l'esempio dei Comitati, per esaurimento e per inerzia, in un continuo dibattere che non arriva a un fine? Per quanto mi riguarda credo che, a parte le istituzioni, neppure i cittadini milanesi fossero pronti per la partecipazione. O meglio, che lo fosse soltanto chi se ne costruita una esperienza nel tempo, perch da sempre attivo sul territorio o impegnato politicamente. Ma la partecipazione non si andata affatto allargando ad altri soggetti, si rimane sempre gli stessi, un po' si brontola e un po' si propone, un po' si cercano nuove strade, un po ci si parla sempre in modo autoreferenziale. Un po' ci si perde in intermi-

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www.arcipelagomilano.org nabili riunioni, un po' si pensa a dove si sta andando e dove si ha sbagliato. S, dove noi cittadini abbiamo sbagliato. Nella mia esperienza, di una cosa in particolare mi sono accorta: che per quanto propositivi si possa essere, e ricchi diniziativa, arriva un momento in cui la buona volont, il tempo profuso e limpegno (anche autofinanziato) non bastano a realizzare i progetti, anche se si tratta solo dellaiuola sotto casa, perch si rendono necessari la collaborazione e il benestare delle istituzioni, degli assessori e dei loro funzionari per approvare e appianare gli ostacoli burocratici. Davanti ai quali molti mollano il colpo. Ma soprattutto si chiedono scusate, in tutta si ncerit, avete ancora bisogno di noi?

GLI INCIDENTI STRADALI E IL GATTO NERO Gianfranco Chierchini


La stragrande maggioranza delle persone sedute nel sedile posteriore della autovettura non si allaccia la cintura di sicurezza: non sa nemmeno che obbligatorio da tempo e non simmagina che, in caso di tamponamento, anche a velocit considerate basse, come 30 o 50 chilometri orari, va a sbattere contro il retro del sedile anteriore con un impatto pari a molti quintali, lo fa uscire dai suoi binari, e lo fa sbattere, assieme a chi ci stava seduto, contro il cruscotto. La carrozzina che esce dal portone spinta dal genitore, se investita da una bicicletta che circola sul marciapiede piano, otto o dieci chil ometri orari, fa sbalzare fuori il piccolo e fa molto probabilmente cadere per terra chi spingeva la carrozzina; il ciclista di solito cade dalla parte opposta, con un impatto sul marciapiede o, se questo non molto largo, sulla macchina parcheggiata, pari a quello che avrebbe se cadesse dal balcone di un primo piano. Se il piccolo sbalzato dal passeggino, cade a terra dallaltezza del passeggino, un metro. Digitare sul cellulare ok come risposta a un messaggio brevissimo, tipo Ci vediamo stasera? significa non guardare la strada per almeno un secondo per aprire il messaggio e leggerlo e per almeno due secondi per digitare e inviare la risposta. In tutto tre secondi, uninezia. Ma uninezia durante la quale, in citt, a 50 chilometri orari, si percorrono 41,6 metri (50.000 metri diviso 3.600 secondi, per tre), la misura ad esempio di un edificio di una dozzina di piani. In autostrada, a 130 chilometri orari, lo spazio percorso senza guardare la corsia, per tre secondi, di 108,3 metri, la altezza del grattacielo Pirelli. Al termine di un pranzo fuori porta, per festeggiare una ricorrenza familiare o per una cena di amici, spesso chi guida al ritorno ha bevuto una certa quantit di alcolici: mezzo calice di bianco come aperitivo, due mezzi bicchieri per il primo e per il secondo, un calice di spumante con il dolce. Magari, dopo il caff, ha sorseggiato un bicchierino di liquore. Non si tratta di una persona ubriaca, anche se certamente al di sopra del limite previsto da Codice della Strada (0,5 grammi di alcol per ogni litro di liquido corporeo): si tratta di una persona che sopravvaluta le proprie capacit fisiche e i propri riflessi e che animato da una leggera euforia. Si tratta della situazione pi pericolosa, perch l'attenzione e la valutazione dei rischi sono attutite. la persona che vede il semaforo con segnale rosso, ma vede con chiarezza che non passa nessuno e passa lui. Sono solo quattro esempi di situazioni che comportano incidenti stradali: gli esempi potrebbero continuare, almeno per 3.800 volte, il numero dei decessi per incidente stradale dellultimo anno in Italia, (una decina al giorno) o per 290.000 volte, il numero delle persone che sono dovute andare (o che sono state trasportate) al pronto soccorso degli ospedali (quasi 800 al giorno). Spessissimo, di fronte allincidente o alla sua notizia, il viso ammutolito di parenti, amici, colleghi, ricorre al termine disgrazia, oppure a incredibile fatalit, non trovando una spiegazione. Espressioni comprensibili per laffetto che si porta (o si portava) alla persona coinvolta nellincidente, ma completamente sbagliate, per forma e per sostanza. Lincidente stradale non ha niente di incredibile: stato provocato da comportamenti ben precisi, riproducibile in laboratorio, regolato da leggi della fisica e della meccanica, prima fra tutte quella della energia cinetica che aumenta con il quadrato della velocit. Una persona di 70 chili che urta contro un muro a 50 chilometri orari, semplificando, impatta con la forza di quasi pi di una tonnellata, a 130 chilometri siamo a pi di quattro tonnellate! Le conseguenze non potevano essere se non quelle accadute. La disgrazia unaltra cosa. Si dir: e lo scoppio improvviso dello pneumatico in autostrada?. Non cos: uno pneumatico non scoppia da solo. Se scoppia, per continuare a usare questespressione, significa che stato sollecitato in precedenza a numerosi stress (ad esempio, la pessima abitudine di parcheggiare sul marciapiede), oppure che non aveva avuto la corretta manutenzione, oppure che la pressione era molto diminuita, oppure linsieme di questi motivi. A quella pressione, a quella temperatura, a quella usura, ecc., non poteva che scoppiare. Bisognava intervenire prima. Si dir: e la caduta del ciclista perch la ruota della bicicletta si infilata nella rotaia del tram? oppure e il bambino investito dalla autovettura perch sbucato improvvisamente in strada, rincorrendo il pallone? oppure e il tamponamento dovuto alla frenata improvvisa della autovettura che ci precede? oppure Ciascuno di noi, riflettendo, pu trovare le motivazioni di tali incidenti, motivazioni di fatto sottovalutate o addirittura schernite, prima che lincidente avvenga. Quando avvenuto pi facile parlare della disgrazia, del maledetto caso, del gatto nero che il giorno prima ci ha attraversato la strada pi comodo. La ricostruzione della causa, o meglio, dellinsieme delle con-cause che hanno generato lincidente stradale sono comunque riconducibili a diverse aree, non solo all ignoranza (o alla dimenticanza) dei princpi della fisica: incide negativamente la consapevolezza che la capacit di controllo e di repressione debole nel nostro Paese, cos come continuano ad avere un peso notevole comportamenti aggressivi o furbeschi alla guida delle due o della quattro ruote. Il sistema con cui la patente di guida viene rilasciata la prima volta e rinnovata successivamente non pu non essere rivisto. Un altro elemento, ma questo di difficile valutazione, lelevato livello di confort e di tecnologia presente ormai anche in autoveicoli di piccola cilindrata: una velocit media (ad esempio 70 80 chilometri orari) non percepita come una velocit media, ma bassa: non si sentono

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www.arcipelagomilano.org rumori, non si sentono vibrazioni, soprattutto non si sente il motore che gira; i sistemi che prevengono in automatico il pattinamento delle ruote o il capovolgimento della vettura sono stati talvolta visti come bacchette magiche, in grado di risolvere situazioni ormai compromesse. Conforta che in questultimo periodo siano stati compiuti numerosi interventi per ridurre gli incidenti stradali, da soluzioni dellingegneria stradale a campagne di sensibilizzazione, e conforta che il numero dei decessi si ridotto in trent anni di pi della met. Ho la convinzione che divulgare in una forma attraente allopinione pubblica le motivazioni tecniche che hanno provocato un determinato incidente sia una delle strade maestre da perseguire per rendere pi sicuri i nostri spostamenti individuali. Qualsiasi sperimentazione in questo senso va bene. Alcune trasmissioni televisive inscenano processi per litigi familiari o bisticci di condominio: si potrebbero inscenare processi a determinati incidenti stradali, ricostruendo le motivazioni pi ricorrenti: limportante che limputato non sia il gatto nero.

SCUOLA ITALIANA: REQUIEM O RIPARTENZA? Rita Bramante


'I numeri da cambiare'. Con questo titolo Fondazione Rocca e Associazione TreeLLLe hanno raccolto in una pubblicazione sulla qualit dell'istruzione in Italia una ricca banca dati, che illustra le criticit del sistema educativo italiano nel confronto internazionale con altri paesi che raggiungono in formazione risultati decisamente migliori. Non mancano primati riconosciuti anche alla scuola italiana, come il tasso di accesso alla scuola dell'infanzia pi alto nell'Unione europea, con pratiche di eccellenza quali Reggio Children, esperienza sperimentale che ha saputo ispirare le politiche di interi paesi per gli interventi sulla prima infanzia e generare un network all'avanguardia nella ricerca e negli scambi pedagogici. Anche le pratiche didattiche della scuola primaria sono apprezzate a livello internazionale; la primogenitura della filosofia dell'integrazione degli alunni con disabilit, e pi in generale dell'inclusione, diventata un modello guida in Europa. Ma per altri aspetti il nostro sistema scolastico ha la maglia nera. Tanti, troppi indicatori posizionano il livello di istruzione della popolazione italiana tra i pi bassi della UE e dei paesi OCSE e tante sono le problematiche irrisolte dalle politiche scolastiche degli ultimi decenni: mancanza di un settore postsecondario professionalizzante non universitario, elevata percentuale di insegnanti anziani e ricorso al precariato nel reclutamento dei docenti che ha effetti non positivi sulla continuit didattica, carenza di figure dirigenziali, esiti disomogenei tra aree del Paese e soprattutto politiche ancora inefficaci per il contrasto dell'abbandono. Se la tesi principale al centro del dibattito sul futuro della scuola che il servizio scolastico pubblico ha ragion d'essere "solo e soltanto se riesce a eliminare discriminazione, coniugando efficienza con equit e eccellenza", risulta evidente che molta strada resta ancora da percorrere affinch alla fine della scolarit obbligatoria tutti gli alunni, nessuno escluso, acquisiscano un insieme di competenze comuni a garanzia dell'esercizio del diritto di cittadinanza (1). Con uno slogan che va ben pi al cuore della missione educativa di quello delle tre I (inglese, informatica, impresa), possiamo dire che per sopravvivere in una dimensione di senso la scuola dovrebbe diventare il luogo delle tre E (efficienza, equit, eccellenza), parametri irrinunciabili in cui declinare l'obiettivo della qualit. In gioco la sopravvivenza del sistema scolastico pubblico come tale, in un trend di crisi generalizzato e finora inarrestabile. Le strategie politiche scolastiche necessitano pertanto - come afferma Norberto Bottai - di un ripensamento radicale: "se i sistemi scolastici pubblici non diventano pi equi e pi giusti socialmente si pu allora seriamente temere per il loro futuro, perch ci si potr e ci si dovr chiedere quali sono le ragioni che ne giustificano la sopravvivenza". "La nostra 'scuola di tutti', quella incisa negli articoli della Costituzione, non appare n equa n efficace e un Paese non all'altezza della sua scuola tradisce il proprio futuro", ammonisce Mario Dutto. A scuola non si deve sciupare tempo, "ripartire ricordare che per ogni studente il tempo della scuola irripetibile; non c' il secondo tempo, n il girone di ritorno". Non il caso di rimanere schiacciati dai ritmi della consuetudine e di essere resistenti di fronte a ipotesi di cambiamento, ma per ripartire bisogna avere il coraggio e la visione di interrogarsi sul ruolo della scuola e di riposizionarla, chiamando il Paese alle sue responsabilit, costruendo soluzioni secondo strategie di consenso e trovando la capacit di parlare agli studenti di oggi e di coltivare talenti per assicurarci il futuro (2). Una partita tutta da giocare, siamo solo alla fase del preriscaldamento. (1) N. BOTTANI, Requiem per la scuola, Il Mulino, 2013 (2) M. G. DUTTO, Acqua alle funi. Per una ripartenza della scuola italiana, Vita e Pensiero, 2013

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Un direttore difficile da capire
Il 27 ottobre 2009 scrivevamo su queste colonne: Helmuth Rilling uno dei massimi musicisti europei, conosciuto in tutto il mondo grazie a una straordinaria attivit di fondatore e direttore di orchestre e di cori, alle innumerevoli incisioni, alla generosa attivit di insegnante di musica a tutto tondo Ma questo ap-

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www.arcipelagomilano.org proccio cos rigoroso, se riservato a un concerto brahmsiano finisce per ottenere leffetto opposto: lo pr iva cio di quel valore che nel tempo si aggiunto grazie a sempre nuove letture e interpretazioni, alla evoluzione della tecnica strumentale e della direzione dorchestra, allaccumulo di ricerche e di esperienze musicali a tutto ci che fa di ogni vera grande opera darte un soggetto sempre nuovo e reinventato e perci sempre nuovamente godibile e attuale Come si potrebbe oggi ascoltare la musica dei secoli passati se la si fosse eseguita - e si continuasse a eseguirla - sempre nello stesso modo ancorch perfetto (esiste?), senza immettervi costantemente il soffio della modernit, senza sottoporla a una sempre nuova idea interpretativa? Quasi un anno dopo, il 22 giugno 2010, a proposito del Paulus di Mendelssohn, scrivevamo ancora un vecchio e amato direttore dorchestra - quellHelmuth Rilling di cui nellottobre scorso avevamo lamentato la pesantezza di una lettura esageratamente filologica del romanticissimo Doppio concerto (violino, violoncello e orchestra) opera 102 di Brahms - ha tolto dalla soffitta loratorio Paulus di Mendelssohn e, smentendo il precedente giudizio, ce ne ha restituito una esecuzione avvolgente e travolgente dirigendo a memoria (eccezionale!) libero dallossessione della filologia, soprattutto lasciando esprimere allorchestra tutta lemozione che ogni numero dellopera scatenava. Infine, un anno e mezzo fa, l8 febbraio 2012 a proposito di Elias, laltro oratorio mendelssohniano, concludevamo noi con Rilling non fummo molto teneri e gli rimproverammo di trasferire sic et simpliciter nella musica romantica la prassi esecutiva cosiddetta filolog ica da lui promossa e portata ai massimi livelli nelle esecuzioni bachiane questa volta temevamo che ci avrebbe imposto una interpretazione pi barocca che romantica e sostanzialmente noiosa. E invece, cos come accadde per lOratorio gemello ci ha sorpreso per la freschezza, la passione e la capacit di suscitare emozioni profonde. Laltra sera, sempre con lorchestra Verdi allAuditorium, ancora Rilling che nel frattempo ha felicemente raggiunto gli ottantanni - ci ha proposto un concerto tutto mozartiano composto da due Sinfonie (una giovanile, la n.33 in si bemolle maggiore K. 319 e una della cosiddetta et matura, la n. 38 in re maggiore K. 504 detta anche la Praga) intervallate da quel gioiello che lExultate jubilate, K. 165, mottetto per soprano e orchestra scritto a Milano nella foresteria della Chiesa di San Marco da un Mozart appena diciassettenne. Un programma delizioso, unottima orchestra (insistiamo a ritenere che sia in assoluto la migliore delle orchestre milanesi e forse la prima in Italia) e un direttore dal quale visti i precedenti ci aspettavamo molto (non parliamo, invece, della giovane soprano troppo acerba per cantare davanti al pubblico in sale da concerto). Ebbene, a dispetto di ogni logica, un concerto dominato dalla noia, dimostrazione palpabile di quanto dirigendo o suonando Mozart si rischi facilmente di non farne emergere il genio e di trasformarlo in un musicista rococ; sufficiente, ad esempio, non essere del tutto concentrati. Rilling dirige sempre a memoria, usando solo la mano destra; la sinistra pende al suo fianco e ci auguriamo che non sia un problema di salute. La destra d i tempi, gli attacchi e imprime ritmi; con la sinistra si esprimono i contenuti musicali, si disegna il fraseggio, si spiegano i significati dellespressione musicale per condividerli con i colleghi dellorchestra. Rinunciare alluso del braccio e della mano sinistra come chiudersi nel silenzio, non volere o non sapere comunicare con lorchestra o anche solo aver poco da dire. Ci rendiamo conto quanto sia azzardato esprimere queste opinioni a cospetto di un maestro cos importante, ma limpressione di piattezza, soprattutto per le prime due composizioni (con la Praga le cose sono un poco migliorate), era troppo evidente. La semplice esecuzione della musica poca cosa se non vi si aggiunge una interpretazione illuminata e illuminante, che insuffli la vita e dia lanima alle note; le quali sono solamente dei numeri che, riportate sugli strumenti, possono anche restare insignificanti. Un buon concerto sempre una sorta di miracolo, non si pu pretenderlo ogni sera.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Il marmo vivo di Rodin
Sessanta sculture e un allestimento che sembra un cantiere in corso, per dare lidea di un atelier vivo ma in momentaneo riposo. Cos la sala delle Cariatidi stata invasa e resa un cantiere artistico tutto in divenire, creato appositamente per ospitare i preziosi marmi di Auguste Rodin, celebre scultore francese, protagonista della rassegna pi completa sulle opere in marmo del maestro francese. Tre le sezioni presentate, che illustrano temi e modi del lavoro di un artista che, al pari di Michelangelo, ha saputo trasformare un materiale difficile come il marmo in qualcosa di tenero e seducente. Lillusione della carne e della sensualit infatti il tema intorno a cui si sviluppa la prima sezione, nella quale sono raccolte alcune opere giovanili e di stampo classico. Protagonista indiscusso di questa prima parte Il bacio, che spicca, anche per dimensioni, su tutta la sala, e che fece scalpore nella Francia di fine Ottocento per la libert e la sensualit dei due amanti colti in un gesto proibito. La seconda sezione propone alcune fra le sculture pi conosciute di Rodin e dimostra la piena maturit del maestro anche dal punto di vista della capacit di elaborazione delle figure che emergono dai candidi blocchi di pietra. Accanto a ritratti di grande intensit, lontani dalla fredda precisione dinizio carriera, come il busto dedicato alla compagna di una vita Rose Beuret, si alternano richiami alleros e alla disinibita ricerca formale ed estetica del maestro, manifestando la sua necessit di tentare nuovi percorsi scultorei. Qui le commoventi Mains damant sono un richiamo lirico allamore e alla sensualit, ma lasciano gi pienamente comprendere il lavoro di recupero della tradizione che Rodin conduce insieme allaffermazione di una nuova idea di scultura. La poetica dellincompiuto caratt erizza la terza sezione dove c il tri-

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www.arcipelagomilano.org onfo del non finito, espediente che rimanda immediatamente a Michelangelo e che Rodin rielabora in una chiave di assoluta novit. Una mostra che spiega anche la modernit del pensiero di Rodin, gi conscio dellimportanza di avere opere darte riproducibili e che chiama a lavorare con alcuni tra i pi valenti maestri lapicidi dellepoca, diretti e indirizzati proprio da Rodin stesso nel creare e sbozzare marmi preziosi. Scrive Aline Magnien conservatore capo del patrimonio del Muse Rodin di Parigi: Se la mano dello scultore fondamentale per i suoi interlocutori, evidente come Rodin tenga separate le cose: da una parte lideazione e il modello, di cui si assume la piena responsabilit, dallaltra lesecuzione, aperta mente delegata e alla quale non esita a far partecipare il committente, a cui lascia talvolta scegliere il titolo che preferisce. Rodin era considerato un maestro ineguagliabile, i contemporanei dicevano che davanti a lui la materia tremava. Dominatore di quella stessa materia, il marmo gli permetteva di studiare la luce e la vita, cos come il bronzo era strumento per studiare le ombre. E alcuni marmi sembrano vivi davvero, sembrano scavare e farsi strada tra la materia grezza e incompiuta di alcune opere, e che a fatica fa emergere volti di fanciulle, amanti abbracciati, mani che si rivolgono al cielo. Rodin il marmo, la vita Palazzo Reale - Sala delle Cariatidi Fino al 26 gennaio 2014 Orari Luned dalle 14.30 alle 19.30 Marted, mercoled, venerd, domenica dalle 9.30 alle 19.30 Gioved e sabato dalle 9.30 alle 22.30 Biglietti: Intero 11,00, Ridotto 9,50

Le Fault Lines di Allora & Calzadilla


La Fondazione Trussardi torna con una grande, interessante mostra dedicata alla coppia di artisti Allora & Calzadilla, dedicandogli la prima monografica italiana. Ma in Italia i due artisti erano gi sbarcati, nel 2011 alla Biennale di Venezia, per rappresentare gli USA. Lo fecero in modo ironico e spietato: un carro armato capovolto diventava un enorme tapis roulant, un grottesco attrezzo sportivo che sottolineava la corsa e le mire espansionistiche degli Stati Uniti. E sempre per la prima volta uno storico palazzo milanese apre le sue porte per ospitare una mostra di arte contemporanea: Palazzo Cusani, importante residenza privata di stampo barocco ma rinnovata in stile neoclassico da Giuseppe Piermarini nel 1779, gi residenza dei generali Radetzky e Cadorna. Oggi Palazzo Cusani sede del Comando Militare Territoriale di Milano e del Circolo Ufficiali di Presidio dellEsercito, oltre che del Comando del Corpo dArmata di Reazione Rapida della Nato. Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, americana lei, cubano lui, si conoscono in un viaggio studio a Firenze, e dal 1995 iniziano a lavorare insieme. Le loro opere sono un mix di linguaggi e sperimentazioni, video, scultura, fotografia, ma anche performance e musica, che analizzano la societ contemporanea con occhio acuto ma allo stesso tempo delicato e sottile. Per loro larte un pretesto per indagare concetti chiave del nostro presente, quali lidentit nazionalit, la dem ocrazia, il potere, la libert, la partecipazione e i cambiamenti sociali. Il titolo della mostra quanto mai indicativo, Fault Lines, cio alla lettera, linee di faglia, linee instabili, frastagliate, create da quelle fratture del suolo che si formano nel punto di incontro tra due masse rocciose in movimento. Ecco dunque che queste linee diventano linee di confine, fisiche e simboliche tra due mondi: Occidente e Oriente, uomo e animale, antico e moderno. Nei magnifici spazi di Palazzo Cusani Allora & Calzadilla presentano una imponente selezione di lavori recenti, per lo pi inediti in Italia, e nuove produzioni realizzate appositamente per la mostra. Dal cortile allo scalone donore, di sala in sala passando per lo straordinario salone da ballo, si susseguono installazioni, video, sculture, performance e tanta musica, rendendo le stanze affrescate e stuccate inedite testimoni di una storia moderna e in divenire. Come in una sorta di carillon gigante, lo spettatore rimarr ammaliato dalla grande scultura -installazione del cortile - Sediments, Sentiments (Figures of Speech) -, dove tenori e soprani giovanissimi sono rinchiusi in una grotta di poliuretano e cantano a turno riprendendo i discorsi tenuti dai pi importanti uomini del 900, in una sorta di paradossale e spiazzante botta e risposta; un trombettiere dai movimenti lenti accompagna su per le scale che portano al grande salone, in cui un pianista dentro, letteralmente, un pianoforte a coda, si muove per la stanza e suona (al contrario) la Nona Sinfonia di Beethoven. Per passare ai video bisogna poi attraversare una porta umana fatta di ballerini che fondono insieme movimenti militari, passi di danza e gesti meccanici. I video sono lirici e intensi e fanno parte di una nuova trilogia in cui gli artisti indagano la storia della musica e in particolare cercano di capire il legame tra le culture primitive, le nostre origini e la funzione del suono: dalla serenata fatta da Tim Storms, luomo con la voce pi bassa al mondo, che canta una nenia davanti allo scheletro di due elefanti portati a Parigi come bottino di guerra alla fine del 700, allinterno del Museo di Scienze Naturali di Parigi; al suono del primo strumento musicale della storia, un flauto di 15.000 anni fa ricavato dalle ossa di un grifone, suonato proprio davanti a un grifone in carne e ossa. Lultimo incredibile video unisce ancora una volta storia e musica: Allora & Calzadilla hanno filmato la Venere di Lespugue, conservata al Muse de lHomme di Parigi, straordinario manufatto primitivo in avorio. Secondo alcuni studiosi, nelle scanalature di quelle sembianze femminili esagerate si nasconderebbe la scala musicale diatonica, conosciuta dai Greci come "modo dorico". Su quel canone si sviluppa il concerto di violoncello composto da David Lang, e suonato davanti alla scultura. Allora & Calzadilla sembrano dirci che la musica rimarr dopo di noi, e che anche una traccia, (una linea) formidabile che ci lega anche al nostro passato pi remoto. Allora & Calzadilla. Fault Lines Palazzo Cusani, via Brera 15 Milano, 22 Ottobre - 24 Novembre, 2013 Ingresso libero tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00

Autunno Americano parte 2: Andy Warhol


Dopo la grande mostra in Triennale del 2004, e una monografica di stampe al Museo del Novecento questa primavera, Andy Warhol torna a Milano con una super esposizione: le opere della collezione di

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www.arcipelagomilano.org Peter Brant. La mostra si presenta subito come una grande retrospettiva del lavoro dellartista originario di Pittsburgh, comprendente alcune delle sue opere pi famose e conosciute a livello mondiale, per un totale di oltre 150 opere darte, tra dipinti, serigrafie, sculture e fotografie. La mostra, curata da Francesco Bonami e dallo stesso Peter Brant, sar unoccasione interessante per approfondire la figura, a torto ritenuta spesso solo superficiale e frivola, di Andy Warhol, artista invece ben pi complesso e tormentato. Peter Brant, magnate americano, fu intimo amico di Warhol, e ad appena ventanni inizi a comprare i lavori dellartista, partendo proprio dalla famosa lattina di zuppa Campbell riprodotta da Warhol. Sar un legame lungo tutto una vita quello che accompagner lavventura di Brant e Warhol, che vissero e segnarono insieme i pazzi anni 60 e 70 della scena newyorchese. Un sodalizio di vita e lavoro il loro, che sfocer nella collaborazione tramite la rivista Interview, fondata dallo stesso Warhol nel 1969 e acquistata da Brant e dalla sua casa editrice dopo la morte dellamico, avvenuta nel 1987 in seguito ad unoperazione chirurgica finita male. La mostra presenta capolavori assoluti, che caratterizzano la collezione Brant come una delle pi importanti e significative a livello internazionale rispetto alla produzione warholiana. Attraverso un percorso cronologico si potr ricostruire a tutto tondo la figura di Warhol, partendo dai suoi inizi come grafico e pubblicitario, famoso gi allepoca per rivoluzionari e particolarissimi disegni di calzature femminili e per il suo atteggiamento irriverente. La pubblicit per era solo linizio. Warhol voleva far parte dellelite artistica, ecco perch si rivolse sempre pi allarte e al mondo pop, ovvero a quel substrato culturale che coinvolgeva tutti gli americani, dal Presidente alluomo comune. Il suo universo si popola di lattine di zuppa, di Coca-Cola, di scatole di detersivo Brillo; dalle sue tele si affacciano Liz, Marilyn, Elvis, Jackie e tanti altri divi osannati dallAmerica, e che per ebbero anche, quasi Warhol fosse stato un profeta, fini tragiche o destini infelici. Come a dire, lapparenza, nonostante i colori e i sorrisi smaglianti, inganna. Una presa di coscienza di quello che lamericano medio aveva sotto gli occhi tutti i giorni, visto al supermercato o sui giornali, e che Warhol ripropose ingrandito, ripetuto fino allo sfinimento, disarticolato, sovrapposto e modulato, ma senza mai criticare. Anzi. La pop art di Warhol lontanissima dal voler lanciare invettive contro il consumo smodato o il capitalismo. Warhol stesso ci era cresciuto, e la cosa pi naturale per lui era proprio partire da quello che conosceva meglio e che poteva riguardare tutti. Senza messaggi nascosti o significati troppo profondi. Oltre ai famosi Flowers multicolor e ai ritratti di Mao, paradossale vera icona pop, la mostra propone anche le rielaborazioni che Warhol fece di un grande classico come lUltima Cena di Leonardo; cos come stupiranno una serie di Portraits, di autoritratti che lartista si fece grazie alle polaroid che amava tanto, e che usava per riprendere anche i suoi amici Mick Jagger, Diana Ross e Jane Fonda. Tutti presenti in mostra. Emerge cos un Warhol non solo mondano e padrone del suo palcoscenico, la celeberrima Factory, in cui numerosi assistenti producevano effettivamente le sue opere, ma anche un Warhol pi introverso, spaventato forse da quella celebrit raggiunta e cercata, ma che era diventata perfino pericolosa. Fu infatti vittima di un tentato omicidio, per mano di una femminista, e dal quale si salv per miracolo nel 1968. Vittima di un diverso colpo di arma da fuoco fu invece una delle opere pi famose di Warhol, una Marilyn blu che venne colpita da un proiettile in piena fronte, sparato senza motivo da unamica dellartista nel 1964. Da quella data lopera venne chiamata, per lappunto, Blue Shoot Marilyn. Ennesimo esempio del circo che circondava lartista e che lui osservava quasi in disparte, dietro i suoi occhiali da sole e al riparo di una parrucca argentata. Warhol, dalla collezione Peter Brant Palazzo Reale fino al 9 marzo 2014 Orari: Luned: 14.3019.30 Dal marted alla domenica: 9.3019.30 Gioved e sabato: 9.30-22.30 Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,50 euro.

Josep Albers torna a Milano


Milano celebra il genio di Josep Albers attraverso una mostra in due sedi che ripercorre alcuni degli aspetti fondanti della carriera del grande artista modernista ed esponente del Bauhaus, promossa dalla Josef & Anni Albers Foundation. Fino al 6 gennaio presso la Fondazione Stelline sar possibile visitare Josef Albers. Sublime Optics, prima mostra monografica milanese dedicata allartista tedesco. Curata e allestita da Nick Murphy (Projects Director della Josef and Anni Albers Foundation) la mostra offre una prospettiva unica su questo grande artista e maestro del Bauhaus, raccogliendo rari disegni giovanili, interessanti ed emozionanti vetri colorati, vetri sabbiati e una selezione di dipinti astratti. Il percorso espositivo presenta 78 lavori realizzati all'inizio della sua carriera artistica, quando Albers insegn in Vestfalia, per arrivare fino agli ultimi giorni della sua vita: dal primissimo disegno conosciuto fino all'ultimo e straordinario Omaggio al Quadrato. Una carriera artistica permeata, nonostante le rigide geometrie e strutturazioni delle sue opere, dalla sua religiosit cattolica e dal suo credere fermamente che, applicando il talento artistico con dedizione e verit, sarebbe stato possibile trasformare la realt quotidiana in modo miracoloso. La mostra - afferma Nick Murphy analizza gli esperimenti del maestro con la luce (attraverso raffinate manipolazioni di colore, forme e linee) in modo da creare ulteriori misteri nel mondo, misteri che possano funzionare come esercizi spirituali per nostri occhi. come un ottico mistico che ci fa indossare lenti per veder meglio il sublime intorno a noi. Liniziativa alla Fondazione Stelline il primo ritorno a Milano delle opere dellartista dopo quasi ottanta anni di assenza. Lultima volta che Albers ebbe una mostra personale in citt fu quando lamico e collega della Bauhaus Wassily Kandinsky organizz una mostra delle sue stampe presso la galleria Il Milione nel 1935, a un anno dalla chiusura del Bauhaus (di cui Albers fu studente e docente dal 1920 al 1933). La seconda esposizione Imparare a vedere: Josef Albers professore, dal Bauhaus a Yale in programma dal 2 ottobre al 1 dicembre 2013 nella Sala Napoleonica dellAccademia di Brera curata da Samuele Boncompagni e da Giovanni Iovane e approfondisce limpatto dellinnovativo metodo di insegnamento di Albers, dapprima al Bauhaus, quindi

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www.arcipelagomilano.org al Black Mountain College di Asheville (North Carolina, USA), dove emigr con la moglie alla chiusura del Bauhaus tedesco, e infine alla Yale University di New Haven (Connecticut, USA). La passione e la creativit impiegate da Albers durante le sue lezioni saranno rilette attraverso quattro Omaggi al quadrato di Albers e cento tra documenti, foto, libri, materiale didattico dello stesso Albers e dei suoi studenti, che documentano in maniera approfondita la qualit del suo insegnamento.

Josef Albers. Sublime optics, Milano, Fondazione Stelline (corso Magenta 61), fino al 6 gennaio 2014, orario di apertura: dalle 10 alle

Il volto del 900: capolavori dal Pompidou di Parigi


Cosa ci fanno insieme capolavori di Matisse, Bacon, Mir, Picasso, Magritte e unaltra cinquantina di artisti del secolo scorso? Sono solo alcuni dei protagonisti indiscussi della mostra Il Volto del 900, antologica con 80 opere darte provenienti dal prestigioso Centre Pompidou di Parigi e che ripercorre la storia del ritratto dallinizio del 900 ai (quasi) giorni nostri. Il ritratto una delle forme darte pi antiche della storia, il cui uso variato molto nel tempo, a seconda dellepoca e delle classi dominanti. Dallarte egizia al Rinascimento, dalla nascita della borghesia alla ritrattistica ufficiale, il ritratto stato veicolo di rappresentazione di mondi interi, ognuno col suo codice linguistico, di valori e di simboli. E nel '900? Il ritratto sembra essere giunto alla resa dei conti con la grande invenzione della fotografia:un confronto/scontro che se da una parte lo ha condotto allemarginazione dal punto di vista utilitario, dallaltra ne ha fatto riscoprire anche un nuovo utilizzo e un nuovo potenziale, come si resero conto anche gli stessi Impressionisti gi dalla fine dell'800. Il 900 stato il secolo difficile, nella storia com e nellarte. Gli artisti, testimoni di guerre e genocidi, si sentono impossibilitati a esprimere il volto umano delle persone, ed ecco allora che ne rappresentano il volto tragico. La nascita della psicanalisi di Freud, lannientamento dellIo singolare a favore di un Io di massa portano a rivoluzionare il ritratto, che diventa non solo rappresentazione fisica ma anche e soprattutto rappresentazione intima e interiore del soggetto. Le avanguardie si scatenano: rovesciano tutti i canoni, lastrazione entra prepotente, i colori si allontanano dalla realt, i soggetti non sono pi seduti in posa nello studio dellartista ma vengono copiati da fotografie prese dai giornali, dando vita a opere fino a qualche anno prima impensabili, di grande rottura e scandalo. Picasso (in mostra con 3 lavori) docet. La mostra, curata da Jean-Michel Bouhours, conservatore del Centre Pompidou, presenta sei sezioni tematiche, incentrate su temi filosofici o estetici. I misteri dellanima, lautoritratto, il formalismo, il surrealismo, caos e disordine e infine larte dopo la fotografia coinvolgeranno il visitatore in questa galleria di opere che si snoda da sculture di eccezionale valore, come la Musa dormiente di Brancusi, e il Ritratto del fratello Diego, di Alberto Giacometti; passando per lautoritratto angosciante di Bacon e quello a cavallo tra futurismo e cubismo di Severini; senza dimenticare i dipinti stranianti di Magritte e Mir, e per poi concludere, con molti capolavori nel mezzo, con liperrealismo di Chuck Close e il Nouveau Realisme di Raysse. In un mondo in cui siamo bombardati di immagini e i nostri autoritratti impazzano sui social network, la mostra del Pompidou aiuta a contestualizzare e a comprendere perch questa fame di immagini ci , forse, scaturita. ll Volto del '900. Da Matisse a Bacon - I grandi Capolavori del Centre Pompidou Palazzo Reale Fino al 9 Febbraio 2014 Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,5 euro. Luned 14.30-19.30; da Marted a Domenica 9.30-19.30; Gioved e Sabato: 9.30-22.30

I sette savi di Melotti


Dopo quasi cinquanta anni di assenza tornano a far bella mostra di s i Sette Savi dello scultore Fausto Melotti. Le sculture, restaurate con il contributo di SEAAeroporti di Milano, attenderanno da qui al 10 novembre i viaggiatori e i frequentatori dellaeroporto di Malpensa presso la Porta di Milano, tra l'ingresso del Terminal principale e la stazione ferroviaria che conduce in citt. La Porta, progettata dagli architetti Pierluigi Nicolin, Sonia Calzoni (che hanno curato l'allestimento della mostra), Giuseppe Marinoni e Giuliana De Gregorio, con i suoi effetti datmosfera, esalta e valorizza i giganti di pietra di Viggi scolpiti da Melotti con un forte richiamo alla metafisica dechirichiani. I Sette Savi hanno una lunga e travagliata storia alle spalle. Lopera fu concepita infatti come un insieme di 12 gessi per la sala disegnata dagli architetti B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) e intitolata Coerenza delluomo della VI Triennale di Milano. Di queste sculture ne sopravvissero intatte solo sette e questo stesso numero port Melotti a non volere reintegrare le cinque perdute. Lopera infatti acquis un nuovo senso, facendo riferimento alla magia del sette che da sempre compare nella storia delluomo con significati filosofici e religiosi: nel Buddismo il numero della completezza, nel Cristianesimo sette sono i sacramenti e i doni dello Spirito Santo, nella religione islamica il sette identifica gli attributi fondamentali di Allah. Questo numero ha non solo nella religione, ma anche nella cultura - astronomica, storica, mitologica - un forte significato simbolico. Sette sono le arti liberali, le virt teologali, i peccati capitali, le meraviglie del mondo e i metalli della trasmutazione alchemica. Dovendone produrre altre versioni, lautore decise quindi di creare sempre e solo sette elementi. Ogni scultura simile ma differente dalle altre, creando un ritmo quasi musicale come era tipico della cultura astratta di Melotti. Lo scopo dei Savi sembra quello di far riflettere sulla compostezza e laspetto sacrale di coloro che dedicano la loro vita alla conoscenza, con profonda concentrazione e forza di volont. Al grande pubblico era per gi possibile vedere altri Savi di Melotti in un paio di versioni: quella

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www.arcipelagomilano.org in gesso, esposta al MART di Rovereto, eseguita nel 1960, e quella in marmo di Carrara creata nel 1981 ed esposta nel giardino del PAC di Milano, visibile anche dalla vetrata interna. Ma questi giganti di pietra, dove erano finiti per quasi cinquanta anni? I Sette Savi in questione vennero commissionati dal Comune di Milano allo scultore trentino per adornare, nel 1961, il giardino del Liceo Classico Giosu Carducci di via Beroldo, e lopera fu selezionata da una commissione composta dagli architetti Piero Portaluppi, Franco Albini e Renzo Gerla, allora consulenti del Comune. Fu pagata 5.805.000 lire, una cifra considerevole per i tempi anche se, visto il valore odierno, fu anche un lungimirante investimento economico. Nel 1964, due statue vennero danneggiate dagli studenti; e da allora, lopera giaceva in un deposito del Liceo, in attesa del suo recupero, dimenticata e acciaccata. Dopo un restauro costato 18.000 euro ecco che ora i Savi accoglieranno viaggiatori e passeggeri in transito per Milano, presentandosi come un interessante biglietto da visite della citt in vista dellExpo 2015

La Biennale enciclopedica di Gioni


Il 1 giugno ha aperto la 55 Esposizione internazionale d'arte di Venezia, firmata dal pi giovane curatore nella storia della Biennale, Massimiliano Gioni, gi direttore artistico della Fondazione Trussardi e direttore associato del New Museum di New York. Il titolo dellevento imponente: "Il Palazzo Enciclopedico", ripresa dichiarata del progetto pensato dall'artista-architetto italoamericano Marino Auriti, che nel 1955 aveva depositato il brevetto per realizzare un edificio di 136 piani destinato a contenere 'tutto il sapere dell'umanit, collezionando le pi grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite". Unimpresa chiaramente impossibile, rimasta utopica, ma che ha dato spunto a Gioni per creare una Biennale che si preannuncia essere ricca di sorprese e meraviglie. Concentrare in un luogo solo tutto il sapere (artistico) del panorama contemporaneo, con i grandi di ieri e di oggi: una sfida per Gioni, accettata per dai 150 artisti provenienti da 38 Paesi diversi. Sviluppata come sempre tra il Padiglione Centrale, i Giardini e l'Arsenale, la Biennale concepita come un museo contemporaneo, e, spiega Gioni l'esposizione sviluppa un'indagine sui modi in cui le immagini sono utilizzate per organizzare la conoscenza e per dare forma alla nostra esperienza del mondo". Insomma quel sogno che da sempre rincorre luomo di poter arrivare al sapere sommo e totale, viene abbozzato da Gioni nella sua Biennale, chiamando gli artisti a contribuire con un pezzetto di arte, a questa utopia. Un percorso e un allestimento che si preannunciano in stile Wunderkammer, le celebri camere delle meraviglie in voga tra 1500 e 1600, destinato a suscitare stupore e sorpresa, ma anche a far riflettere sul senso dellarte oggi, secondo una progressione di forme naturali e artificiali, messe insieme per strabiliare lo spettatore. Il Palazzo Enciclopedico una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dellimmaginazione e si apre al Padiglione Centrale ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung dice Gioni, riferendosi al manoscritto illustrato al quale lo psicologo lavor per sedici anni, posto in apertura del Padiglione Centrale. Un lavoro che stimola la riflessione sulle immagini, soprattutto interiori e sui sogni in chiave psicanalitica, cancellando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider - dice ancora Gioni l'esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandoci in particolare sulle funzioni dell'immaginazione e sul dominio dell'immaginario". La Mostra sar affiancata da 88 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, allArsenale e nel centro storico di Venezia, con ben dieci Paesi new entry: Angola, Bahamas, Regno del Bahrain, Costa dAvorio, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay, Tuvalu e Santa Sede. E la partecipazione di questultima forse la novit pi forte, con una mostra allestita nelle Sale dArmi, fortemente voluta dal cardinal Bagnasco. E il sempre chiacchieratissimo Padiglione Italia? Questanno il compito curatoriale toccato a Bartolomeo Pietromarchi, che ha deciso di lavorare sugli opposti, con Vice versa, titolo scelto riprendendo un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studi di Poetica (1996), in cui il filosofo sosteneva che per interpretare la cultura italiana fosse necessario individuare una "serie di concetti polarmente coniugati" capaci di descriverne le caratteristiche di fondo. Binomi quali tragedia /commedia o velocit/leggerezza divengono cos originali chiavi di lettura di opere e autori fondanti della nostra storia culturale. Una attitudine al doppio e alla dialettica che particolarmente cara alle dinamiche dellarte contemporanea italiana. Quattordici gli artisti invitati e ospitati in sette stanze: Francesco Arena, Massimo Bartolini Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa. Gli artisti, in un dialogo di coppia, compongono un viaggio nellarte italiana di ieri e di oggi, letto per non come una contrapposizione di stili, forme o correnti, ma piuttosto come un atlante del tempo recente che racconta una storia tutta nazionale. Insieme ai tantissimi eventi collaterali sparsi per la citt, non resta che scoprire, vivendola dal vivo, questa promettente, e ricca di citazioni, Biennale. Per scoprire i vincitori, clicca qui.

Leonardo e le macchine ricostruite


Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cosera il famoso Leone Meccanico? Perch non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie allinnovativa - e unica nel suo genere - mostra che si appena aperta in una location deccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele.

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www.arcipelagomilano.org Tutto nasce dallidea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attivit, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione. Leonardo3 (L3) parte di un progetto pi ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie allavanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati allopera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dellAutomobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano. Non solo macchine per. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, cos come il Codice del Volo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre pi utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, gi molto rovinati dallusura e dal passare dei secoli. Una mostra che divertir grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D, i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante. Una delle ultime sezioni poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perch Leonardo sbagli di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avr anche la possibilit di leggere i testi di Leonardo invertendo la sua tipica modalit di scrittura inversa (da destra a sinistra). L3 si gi fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in citt e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile. Leonardo3 Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 28 febbraio 2014 luglio, orari: tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: 12 intero, 11 studenti e riduzioni, 10 gruppi, 9 bambini e ragazzi, 6 gruppi scolastici.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Bijan Zarmandili Vieni a trovarmi simone signoret Nottetempo 2013 pp . 200, euro 16
Mercoled 6 novembre ore 18, a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7 Milano verr presentato il libro con Paolo Mereghetti, letture di Lorena Nocera, a cura di Unione Lettori Italiani Milano Lo shock della notizia, che era stato imprigionato nel 2010 il regista Jafar Panahi (pluripremiato a Venezia e a Berlino, gi aiuto regista del grande Abbas Kiarostami) fu tale per Zarmandili da indurlo a scrivere un romanzo in omaggio al cinema iraniano, grande a suo dire nonostante la rivoluzione komeinista, gli otto anni di guerra con l'Irak, la repressione. La cinefilia dell'autore deriva dal fatto di essere figlio del direttore del pi bel cinema di Teheran, il Metropole e avere cos potuto vedere tutti i film italiani e francesi che si proiettavano negli anni '60, maturando un vera predilezione per i noir francesi. In quanto dissidente, membro della dirigenza della sinistra iraniana, oppositore dello scia Reza Pahlavi, Zarmandili esule a Roma sin dal '60, fu capo redattore esteri di "Astrolabio", collaboratore di "Politica internazionale" e di Rai News 24, oggi esperto di politica mediorientale per il gruppo Espresso - Repubblica e Limes. Rilevanti sono le sue biografie su Mossadegh e sull'Ayatollah Komeini del 1974. "La grande casa di Monirrieh" del 2004 il suo primo romanzo al quale ne seguiranno altri quattro, l'ultimo dei quali "Mi manda Simone Signoret" la storia di un amore impossibile e negato,una storia di morte, di rivoluzione, protagonisti un ragazzo ebreo di famiglia benestante e una ragazza mussulmana, figlia del temibile capo della Savak, la crudele polizia dello scia. Il fascino del romanzo la sua costruzione a scatole cinesi, una storia nella storia, che si dipana cos su due livelli: quello della realt, la storia sopra raccontata, e quello della immaginazione del povero vecchio regista Changiz, l'io narrante. Egli imprigionato nel terribile carcere di Evin, con l'accusa di ammiccamento al sionismo, un crimine contro la sicurezza nazionale, proprio a causa della tipologia della storia da lui scelta per la trama del suo film, che viene subito censurato dalle Autorit, prima ancora di iniziare a girare. E cos nella solitudine della sua cella, dove filtrava una pallida luce, la sua ossessione, Changiz potr finalmente iniziare a girare le sequenze del suo film proibito, seguendo la sua inclinazione, e riuscir in questa stupefacente operazione con l'aiuto della sua sola fantasia. Le inquadrature si susseguono nella mente a onde continue, che gli permettono di evocare, tra uno stacco e l'altro, molti dei migliori film proiettati in quegli anni in Europa. Intanto gli eventi della storia avanzano inesorabili in una rimpianta Teheran assediata dalla neve, fino

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alla tragica fine inaspettata per il lettore, propria degli amati noir francesi. E quando alla fine Changiz uscir dal carcere trover ad attenderlo la saggia moglie Ozra con la sua inseparabile sigaretta, proprio

come Simone Signoret di Una giornata amara. E tu lettore a fatica potrai distinguere verit e fantasia perch come bene sanno i bambini iraniani, ogni loro storia inizia con Yeki bood, Yeki

nabood, e cio C'era una volta Non c'era una volta, per provocare un piacevole spaesamento. Proprio del DNA della gente iraniana, dalla fervida vena favolistica.

CINEMA questa rubrica a cura di Anonimi Milanesi rubriche@arcipelagomilano.org FINALI DI PARTITA ovvero della delusione che ti prende quando finisce una grande serie TV
Laltro giorno ho finito di vedere le ultime stagioni di Dexter e Breaking Bad. Non preoccupatevi, non far spoiler, ma ammetto di esserne uscito col muso lungo. Ora, ai tempi di Lost, quando tutti i fan si lamentavano della povert della chiusura architettata da Abrams & Co., io avevo limpressione che, aldil di alcune giuste rimostranze, i pi stessero semplicemente scaricando la colpa del proprio lutto per la fine della serie sugli sceneggiatori. Un po come certi parenti fanno con i medici in ospedale quando sparisce un congiunto. Pu essere che la stessa cosa stia accadendo a me? mi sono chiesto. Pu darsi ma forse c di pi: ragioniamoci sopra. La prendo un po alla lontana e comincio col considerare questo: mentre la serialit italiana si satura sempre pi di preti investigatori, eroiche passionarie e industriali filantropi i protagonisti delle serie pi importanti e riuscite degli ultimi quindici anni di televisione americana, sono tutti psicopatici. Tra i criminali conclamati lelenco dei sociopatici sarebbe interminabile: da Tony Soprano de I Soprano, a Vic Mackey di The Shield, da Dexter Morgan di Dexter, a Walter White di Breaking Bad a Nucky Thompson di Boardwalk Empire (ma non che tra i buoni le cose vadano tanto meglio: Jack Bauer di 24, Gregory House di Dr. House o Carrie Mathison di Homeland sono quasi altrettanto svitati). Questi personaggi, spesso assassini incalliti, spesso divisi tra gli affetti familiari e la necessit di uccidere, spesso perseguitati dal rimorso e dal senso di colpa, potrebbero sembrare un ritratto di quel s lacerato che stato indicato da alcuni come un segno caratteristico della civilt post industriale americana e sar pure cos. Io per li vedo pi come i veri eredi della tradizione shakespeariana. Macbeth, Re Lear, Amleto, quella gente l. In particolare il montare del rimorso per i propri crimini e limplacabile condanna finale che stanno alla base del Macbeth (ma che in generale segna anche il percorso del peccato di hybris tipico della tragedia greca) sembra avere fornito agli sceneggiatori di questi serial un modello preciso su cui costruire larco di sviluppo della varie stagioni. Guardate le prime stagioni di The Shield, Dexter o Breaking Bad qui la serie vive una sorta di giovinezza, dove tutto permesso: si commettono crimini orrendi e la si fa franca, ci si ride persino sopra. Poi di stagione in stagione la serie diventa adulta, i personaggi devono iniziare a prendersi le loro responsabilit (non a caso Dexter si sposa nella terza stagione e diventa padre nella quarta) ma da lontano, si inizia gi a vedere la tragedia che incombe, proprio come la vecchiaia della serie che porta inevitabilmente alla catarsi finale dove il nostro eroe incontra il proprio fato. E siamo arrivati al punto. questo che mi incupisce? Preferirei che il mio eroe la facesse franca e cavalcasse verso il tramonto o, nel caso di Tony Soprano, riuscisse a mangiare in pace quel maledetto anello di cipolla fritta? O mi infastidisce che letica puritana finalmente pretenda il suo obolo in maniera cos ipocrita? Perch ammettiamolo, per sei stagioni abbiamo goduto come ricci nel vedere Vic Mackey infrangere tutte le regole del codice deontologico di un poliziotto: mentire, razziare, uccidere i colleghi. E adesso vogliamo fare finta che non ci sia stato niente tra noi? Andiamo! E poi c un problema di tipo squisitamente tecnico. Il tono di molti di questi serial, pensate solo a Breaking Bad, un mix perfettamente bilanciato di comico e tragico, di grottesco e di drammatico. Possono accadere le cose pi turpi ma c un grande distacco ironico nel modo in cui vengono raccontate. Una vasca piena di acido con un corpo semismembrato corrode un pavimento e precipita col suo carico immondo al piano inferiore. Gli esiti sono raccapriccianti ma la reazione dello stupito e strafatto Jessie Pinkman ci strappa una risata. E non un particolare da poco: questo elemento grottesco fa parte integrante del franchise della serie, vale a dire linsieme di quelle caratteristiche che la rendono immediatamente riconoscibile e che ti aspetti di trovare quando accendi la TV, come ti aspetti di trovare la lattuga nel Big Mac. Ecco, quello che mi ha disturbato di molte ultime stagioni recenti che il franchise ne esca stravolto. Ok, volete virare verso la tragedia ma non potete snaturare tutto e fare diventare la serie qualcosa di intrinsecamente altro rispetto alla serie che amavo. E vogliamo parlare dei personaggi? Di colpo perdono tutte le qualit che gli riconoscevamo e di cui ci eravamo innamorati ma io che me ne faccio per esempio nella parte finale di "Breaking Bad" di un Jesse Pinkman che continua a piagnucolare o di un Hank che diventato il clone dellossessionato Kavanaugh in The Shield? Va bene, sar pure il termine del loro arco narrativo, ma io dovrei passare settimane con questa gente che non (ri)conosco e che per di pi non mi nemmeno simpatica? Lo faccio, va bene, ma non chiedetemi pure di essere soddisfatto. E vi avverto, provo gi un intenso desiderio di rituffarmi in una bella fiction di Rai 1. Almeno l gli eroi sono sempre senza macchia e senza paura e il peggio che gli possa capitare a fine puntata di sporcarsi di sugo la camicia mentre la moglie, con buona pace della Boldrini, mette in tavola un bel piattone di pasta fumante. Tom Doniphon

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SIPARIO questa rubrica a cura di E. Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Orphe tt Eurydice Balletto contemporaneo in atto unico
Regia e coreografia di Frdric Flamand. Scenografia, luci e costumi di Hans Op de Beek. Musica di Christoph W. Gluck (versione francese di Hector Berlioz). Coproduzione dellOpra Thtre de Saint-Etienne I e del Ballet National de Marseille
La storia quella nota, raccontata molto sentimentalmente anche dal poeta latino Virgilio. Orfeo un poeta e musico che con la bravura del proprio canto trascinava boschi e pietre, aveva una moglie bellissima, Euridice, che per sfortuna venne morsa da una vipera e mor. Il dolore di Orfeo era tale che non smise mai di cantare la perdita dellamata moglie, al punto da commuovere persino la tremenda regina degli inferi, Persefone, la quale gli permise di scendere nel regno dei morti, recuperare lanima della povera Euridice e riportarla nel mondo dei vivi. Una sola era la condizione da non violare: nel tragitto di risalita e riemersione dallAde Orfeo non si sarebbe dovuto voltare mai indietro a guardare la moglie. Inspiegabilmente, per, appena prima delluscita, Orfeo si volt a guardare Euridice e la vide svanire risucchiata nellAde, stavolta per sempre. La creazione di Flamand si configura come unopera di collaborazione delle arti: la danza si fonde al canto lirico sullo sfondo di istallazioni scenografiche proiettate e anche fisiche di architettura fai-da-te, quasi a simboleggiare il corteo delle nove Muse, di classica memoria. Purtroppo, nonostante lintento fosse nobile e lodevole nella realizzazione, ogni tanto si aveva limpressione che la danza regina dello spettacolo perdesse di importanza di fronte agli acuti e ai virtuosismi delle arie liriche oppure di fronte alle stravaganze della scenografia; e limpressione generale portava a ritenere che questo non fosse un elemento ricercato, ma solo imprevisto. I danzatori del Balletto di Marsiglia dalle fisicit cos composite e diversificate, rispetto alla (qualche volta) rigida e dittatoriale scelta fisica del balletto classico, ha dato respiro ed espressione alla danza, che si configurava con i movimenti morbidi e sinuosi tipici della danza contemporanea francese, che in Roland Petit ha il suo vate, ma che da Roland Petit prende le distanze riuscendo nellintento di creare una propria identit firmata Marsiglia e Flamand. Alla morbidezza dei movimenti contemporanei stata spesso (e a volte troppo) mescolata la tecnica classica, anzi meglio neoclassica, come nel personaggio femminile dargento che avrebbe potuto rappresentare Persefone; oppure nellensemble di pas de deux neoclassici, che perdevano un po di importanza nellaria lirica usata come base. Le scene erano ben definite nella successione, ma la storia (se di narrazione si pu parlare nel balletto contemporaneo) non aveva una chiara delineazione n per chi conoscesse il mito di Orfeo ed Euridice, che dal titolo del balletto non poteva non essere condizionato, n per chi non lo conoscesse e si basasse sullimmagine e la mimica: infatti, i costumi si ispiravano allambito professionale con tailleurs per le donne e abito per gli uomini, che potevano rimandare lo spettatore alla psicologia delle nevrosi moderne. Un interessante motivo stato quello di sdoppiare il personaggio di Orfeo in un Orfeo bianco e un Orfeo nero. Infatti, attraverso lo sdoppiamento si potuto immaginare e in un certo senso spiegare la violazione della condizione dettata dalla regina dei morti, come di un Orfeo nero che, nevrotico e combattuto, non vorrebbe pi riprendere Euridice e di un Orfeo bianco risoluto che riprende la moglie e alla fine vince. Da notare che il mito viene cambiato, la storia ha un lieto fine: Orfeo si ricongiunge a Euridice e riemergono dal regno dei morti. Tuttavia, una chiara linea direttrice nella sceneggiatura tra il richiamo al mito classico del titolo (si ricordi anche che proprio in francese Orphe et Eurydice una famosa tragedia seicentesca di Racine) e lo sviluppo figurativo-rappresentativo dello spettacolo non stata chiaramente delineata. Al di l di certi eccessi e sovraccarichi di Muse e delle molte domande sulla regia e sceneggiatura, lo spettacolo stato piacevole a tratti emozionante, la tecnica e lespressivit dei ballerini di Fl amand molto buona e bilanciata tra scatti atletici e virtuosistici, tipici del balletto classico, e movimenti morbidi della tecnica contemporanea. Domenico G. Muscianisi Teatro Elfo Puccini di Milano, MilanOltre 2013 (XVII edizione), spettacolo del 6 ottobre 2013 uni.

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GALLERY

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A. BONESSA, V. BOTTELLI E M. DE CARO CANDIDATI ALLA PRESIDENZA DELLORDINE DEGLI ARCHITETTI DI MILANO BONESSA http://www.youtube.com/watch?v=fz_oZ05kd34 BOTTELLI http://www.youtube.com/watch?v=zKc6s7NvSpI DE CARO http://www.youtube.com/watch?v=GhrexyTYCvY

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