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Abbiamo intitolato questo intervento Il mistero dell'icona perch, normalmente, il pubblico occidentale abituato a pensare all'icona come a un'opera

a d'arte. Se si prende un dizionario, di solito, alla voce "icona" si trover che "l'espressione tipica dell'arte sacra dell'Oriente cristiano". Questa definizione, per quanto n on falsa, molto parziale ed estremamente limitativa. L'Occidente sta oggi riscop rendo l'icona come l'approccio ad un tipo di arte che sia veramente sacra, che c io mantenga il senso della distanza, il senso della trascendenza, che non sia l'i dolo a cui si chiede perch in ogni caso risponda. Ma anche una tale accezione ris ulta riduttiva. 1 ) Quando parlo del mistero dell'icona, uso questo termine nel senso in cui la S. Scrittura e, al suo seguito, la Tradizione della Chiesa lo hanno usato. San P aolo , ad esempio, usa il termine "mistero" (in greco mystirion, in latino sacra mentum) in riferimento al Matrimonio: "Questo un grande mistero: lo dico riguard o a Cristo e alla Chiesa"(Ef.5,32). L'unione terrena di un uomo con la sua sposa quindi intesa quasi come un'icona dell'unione celeste, escatologica, mistica de l Cristo con la sua Chiesa. Dunque il termine "mistero" nella sua accezione bibl ica ( e biblico-patristica, considerato che i Padri continuarono ad usare questo termine nello stesso senso) prima ancora che la nozione dell'arcano, del segret o, del non rivelato, sottintende la nozione di sacramento, di un atto cio che, pu r compiendosi nella dimensione di questo mondo, riflette una realt che trascende infinitamente quella di questo mondo, che ha la capacit, oserei dire l'energia di rendere operante nella realt di questo mondo la dimensione trascendente in esso riflessa. E' in questo senso che la Chiesa parla dei Sacramenti. Nel Battesimo, per esempio, si prende dell'acqua e vi si immerge dentro il battezzando; eppure questo gesto sensibile compiuto sulla terra opera realmente ci che intende simbol eggiare a livello della sua operazione liturgica, il fatto cio che chi immerso ne ll'acqua realmente muore a somiglianza della morte di Cristo e realmente risorge a somiglianza della Sua risurrezione: "Ignorate voi, che noi tutti che siamo st ati battezzati in Ges Cristo siamo stati battezzati nella sua morte? Noi dunque s iamo stati sepolti con lui per mezzo del battesimo nella morte, affinch come Cris to risuscitato dai morti per la gloria del Padre, cos anche noi similmente cammin iamo in novit di vita. Poich se siamo uniti a Cristo per una morte simile alla sua , saremo anche partecipi della sua risurrezione..."(Rm.6, 3-5). Allo stesso modo , nell'Eucarestia, poniamo sulla Sacra Mensa del pane e del vino, mangiamo pane e beviamo vino, ma l'azione dello Spirito Santo, invocato con l'epiclesi, realiz za che chi mangia quel pane e beve quel vino realmente comunica al corpo e al sa ngue di Cristo, realmente diviene a Lui "con-carnale" e "consanguineo". Tutto ci valido per ciascuno dei sacramenti. Quando dunque parlo di "mistero" dell'icona, uso questo termine principalmente in senso sacramentale. Icona, dunque, come sa cramento. Potremmo per in parte utilizzare il termine "mistero" anche nel senso di "misteri oso" o meglio "misterico"1 , nel senso che i primi cristiani davano soprattutto a quest'ultimo termine. Al cristiano di oggi, abituato com' a vedere la religione quasi come una Religio civilis, a cui ricorrere nelle grandi occasioni e nei mo menti salienti della vita (e della morte), possono suonare strane talune parole del Vangelo. Per esempio: " Vi dico dunque: non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci..." (Mt.7, 6). Nella nostra Liturgia, completata la parte "didattica" di proclamazione e spiegazione delle Scritture, prima che abbia inizio la celebrazione vera e propria del Mistero Eucaristico, i l diacono esclama: "Quanti siete catecumeni, uscite; voi, catecumeni, uscite. Qu anti siete catecumeni, uscite. Nessun catecumeno rimanga. Quanti siamo fedeli: a ncora e ancora in pace preghiamo il Signore". C' un momento di frattura: terminat a l'istruzione, quindi chi non iniziato al Mistero deve uscire, perch sta scritto : "non date le cose sante ai cani". Nell'antica Liturgia gallicana, la Liturgia in uso nell'antica Francia, il passo evangelico era addirittura citato espressam ente dal diacono. E' evidente come questo richiamare cos fortemente la dimensione misterica rappresentasse un tentativo di proteggere i misteri della Fede ad una possibile profanazione da parte di quei tanti che dopo aver posto mano all'arat

ro, si sarebbero poi volti indietro (Lc.9, 62). Oggi questa dimensione misterica della fede cristiana, si quasi totalmente perduta. Il Cristianesimo religione u niversale, aperta a tutti "Andate in tutto il mondo ed annunziate l'Evangelo ad ogni creatura"(Mr.16, 15); ma se l'annunzio rivolto a tutti, di fatto non per tu tti, "poich molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti" (Mt.20, 16). Anche in que sta accezione, oltre che in quella di sacramento, possiamo dire che l'icona un M istero, poich essendo sacramento essa deve essere sottratta dalla possibilit di un a profanazione. Torna all'inizio 2 ) San Giovanni Damasceno rispondeva a chi gli faceva obbiezioni scritturistich e sulla liceit del culto delle icone, che non siamo pi sotto la Legge (ovvero sott o il Vecchio Testamento), ma sotto la Grazia. La Legge non era che l'ombra della Grazia, e scrutando le Scritture si sarebbe potuto trovare che le Scritture ste sse testimoniano dell'icona e del suo mistero. Afferma inoltre, citando San Basi lio: Fra i messaggi e le dottrine che sono custoditi dalla Chiesa, alcuni noi li abbiamo dall'insegnamento scritto, gli altri noi li abbiamo ricevuti essendoci s tati trasmessi nel mistero dalla tradizione degli apostoli, e sia gli uni che gl i altri hanno la medesima importanza per la nostra piet. Perci a questi non si opp one nessuno che abbia esaminato anche per un poco le leggi della Chiesa: infatti se tentassimo di rifiutare le usanze non scritte come aventi piccola forza, sen za accorgercene noi porteremmo danno perfino ai punti centrali del Vangelo.2 La Tradizione, dalla quale deriva l'autorit delle stesse Scritture, attesta dunqu e, "nel mistero", dell'icona. In un certo senso potremmo anzi dire che l'icona, tramandata nel mistero, tramanda essa stessa, ed dunque essa stessa Tradizione, essa stessa Rivelazione. L'icona, come ho gi detto, non un'opera d'arte sacra, o almeno non semplicemente questo, ma qualcosa di infinitamente pi grande. Basti pensare che la Chiesa le ha dedicato quasi per intero il settimo Concilio Ecumenico (l'ultimo riconosciuto come tale sia da Oriente che da Occidente), il secondo Concilio di Nicea, conten ente una definizione dogmatica a proposito del culto delle icone: E, per riassumere, noi conserviamo integralmente tutte le tradizioni ecclesiasti che, sia quelle che ci sono state tramandate per iscritto che quelle tramandatec i senza scritto; una di queste anche la pittura delle icone, che in accordo con la predicazione evangelica e giova senz'altro a confermare che non secondo fanta sia ma in realt il Verbo di Dio ha assunto la nostra natura umana (...). ...noi definiamo con ogni certezza e diligenza che cos come le figura della p reziosa e vivificante croce, cos devono essere esposte le venerande e sante icone , che siano esse fatte con colori o tessere di mosaico o altro materiale adatto, e debbono essere esposte nelle sante Chiese di Dio, nei sacri vasi, nelle vesti e sulle tavole, nelle case e nelle vie, sia che raffigurino il Signore e Dio e Salvatore nostro Ges Cristo, o l'immacolata Sovrana nostra la santa Deipara, gli angeli degni di onore, o tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto pi essi veng ono contemplati nelle icone, tanto pi coloro che li vedono sono portati al ricord i di coloro che vi sono raffigurati, e a tributare loro rispetto e venerazione.3 A sanzionare ancora maggiormente questa definizione dogmatica, il Concilio scagl i anche alcuni anatemi. Se qualcuno non confessa Cristo Dio nostro come circoscritto secondo l'umani t, sia anatema. Se qualcuno non ammette che le storie evangeliche possano essere espresse at

traverso le immagini, sia anatema. Se qualcuno non le venera, quando siano fatte nel nome del Signore e dei suo i santi, sia anatema. Se qualcuno rigetta la tradizione della Chiesa, sia scritta sia non scritta, sia anatema.4 L'icona dunque, come ogni atto sacramentale della Chiesa, come il fine stesso de ll'economia salvifica in cui questa dimensione sacramentale della Chiesa si inse risce, strumento finalizzato alla deificazione dell'uomo per la condiscendenza d ella umanizzazione di Dio. L'icona pu rappresentare il Dio umanato oppure l'uomo deificato, il santo. Ecco allora che il problema dell'icona un problema cristolo gico, un problema misterico, un problema soteriologico. Torna all'inizio 3 ) Concludendo, assistiamo oggi ad una moda dell'icona che dell'icona svilisce il significato pi profondo. L'icona serve infatti a pregare. E' facile, facilissi mo anzi, vedere oggi in commercio delle icone: sono quasi diventate un bene di c onsumo. Molto difficile invece vedere qualche occidentale non ortodosso pregare dinanzi ad un'icona, baciarla, oppure offrirle lumi o incenso. Ci significa che, nel dargli in mano un'icona, non si rispettato il precetto evangelico di "non da re le cose sante ai cani". E allora chi in Occidente testimonia la tradizione or todossa deve sempre chiedersi fino a che punto questa testimonianza debba essere portata avanti, agendo nella necessit di testimoniare una Tradizione che per mil le anni stata di tutta la Chiesa a uomini che questa tradizione hanno perduto. S arebbe allora utile riflettere maggiormente sulla dimensione misterica, sacramen tale dell'icona, rendersi conto di come non sia possibile (e, soprattutto, di co me non sia giusto) trattarne alla stregua di opere d'arte oppure oggetti di devo zione. L'icona non infatti n un'opera d'arte, n tantomeno un oggetto di devozione: l'icona uno strumento di culto, e, come tale andrebbe tutelata da fraintendimen ti riduttivi che non sono, in fondo, se non profanazioni.

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