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stese il reclamo e lo firm: Principe Volkonsky, geniiluomo di camera dello zar .

. I mmediatamente la scena cambi: i cavalli furono trovati e attaccati in fretta alla carrozza. Pi tardi, Pietro si accorse che aveva dimenticato accanto al registro dei reclami il proprio portafoglio con i suoi documenti, dai quali poteva risultar chiaro c he non era Volkonsky. Se non che, appena ebbe detto della sua dimenticanza, un p ostiglione part di carica e qualche. ora dopo era di ritorno col portafoglio intatto. Lo pseudoprincipe era salvo. (MARIA TIBALDI CHIESA, Ciaikov sky). 3134. S'era impegnata tra musicisti una discussione animata sulle varie scuole m usicali del tempo. E voi chiesero a Ciaikovsky a quale scuola appartenete? Io sono Ciaikovsky rispose fieramente il musicista. (MARIA TIBALDI CHIESA, Ciaik ovsky). 3135. A Lipsia, Ciaikovsky conobbe Grieg e sua moglie. Egli ammirava molto la mu sica di Grieg, e anche l'uomo gli riusc molto simpatico, tanto che divenne presto suo amico. Un giorno che a un concerto, nella vecchia sala del Gewandhaus, stava seduto acc anto a Grieg e a sua moglie, ud distintamente una signora del pubblico che, addit andolo alla figlia, le disse: Guarda, bimba mia: quello Ciaikovsky coi suoi due figliuoli. I due Grieg, piccolini e minuti, sembravano assai pi giovani della loro et: ma Gri eg in quel momento aveva 45 anni; mentre Ciaikovsky coi capelli e la barba incan utiti pareva assai pi vecchio che non fosse in realt: aveva appena 47 anni, due soli di pi dei suoi presunti figli! (MARIA TIBALDI CHIESA, Ci aikovsky). 3136. A Ciaikovsky piaceva molto giuocare a carte; ma anche nel giuoco era un ba mbinone. Se vinceva, si preoccupava per i suoi compagni che perdevano, e allora, per ristabilir l'equilibrio, faceva di tutto per perdere. Se per perdeva davvero , allora s'inquietava tanto che la notte non poteva dormire. Le carte mi rovinano il carattere diceva. Ma intanto non aveva il coraggio di rinunziare alla passione del giuoco. (MARIA TIBALDI CHIESA, Ciaikovsky). 3137. Era molto affezionato e benevolo coi suoi servitori che teneva come person e di famiglia. Oltre ad Alexej, il pi fedele dei suoi servi, che lo aveva seguito in tutti i suoi viaggi e che serviva nella sua casa da anni ed anni, Ciaikovsky aveva un altro servo, Logoscin. Il musicista gli voleva molto bene e, rivelando un modo di pensare che allora in Russia era pi che raro, rarissi- mo soleva -dir e: C' della gente che arriccia il naso per un lacch, semplicemente perch si tratta d i un lacch. Io non conosco nessuno che abbia un'anima ingenua e nobile come Logos cin. (MARIA TIBALDI CHIESA, Ciaikovsky). 3138. Il cognato di Ciaikovsky, Leo Davidov, era un gran cacciatore, e spesso co nduceva a caccia con s il musicista. Un tempo era cacciatore anche Ciaikovsky, se non che da ultimo il sangue gli faceva tanto orrore che una volta era svenuto d inanzi a una bestia uccisa. (MARIA TIBALDI CHIESA, Ciaikovsky). 3139. Poco si sa della vita privata di questo grande musicista che fu sempre ris ervatissimo in tutte le sue cose e assai misterioso. Per esempio, soltanto dopo che fu morto si venne a sapere che aveva moglie, e questa moglie anch'essa una d onna molto misteriosa. Par che l'avesse sposata quando aveva trentasette anni; m a anche i suoi familiari lo seppero soltanto quando egli non era pi. Morendo, las ci al Conservatorio di Mosca, dove egli era professore, un plico suggellato, che doveva aprirsi soltanto trent'anni dopo la sua morte. La sua faccia era impenetr abile, e su essa si raggelava un continuo sorriso senza significato. (The Contem porary Review, luglio 1900). CIALDINI Enrico, duca di Gaeta nato a Castelvetro nel 1811, morto a Livorno nel 1892, generale e uomo politico italiano; combatt nelle guerre d'indipendenza. 3140. Un capitano era stato punito dal suo colonnello. Credendo d'essere stato p unito a torto, si mise a rapporto col generale Cialdini per farsi revocare la pu nizione.

Pur riconoscendo che il capitano aveva ragione, il Cialdini lo confort a sopporta re la punizione senza lamentarsi, e concluse: La storia c'insegna che l'inferiore sempre pi o meno tiranneggiato dal superiore; e nel nostro mestiere bisogna consolarsene, potendo poi facilmente, a nostra vo lta, fare altrettanto. Strana teoria, se non fosse detta per scherzo! (CURATULO, Scritti e figure del R isorgimento). CICERIN Giorgio Valentino nato nel 1872; morto nel 1936; uomo politico russo, gi commissario degli Affari E steri del Governo sovietico. 3141. Cicerin accolse con queste parole la notizia che uno dei suoi figli era en trato negli ordini religiosi: Tanto meglio! Io non ho tempo di pregare per la sa lvezza della mia anima: se ne occuper mio figlio . (DE LA BATUT, L'esprit des gran ds hommes). 3142. Il diplomatico inglese Sir Henry Lunn narra un incontro del defunto lord C urzon, che della sua nobilt aveva un concetto altissimo, col bolscevico Cicerin, discendente di un antico casato russo. Senza invitare Cicerin a sedere, Curzon g li chiese soltanto cortesemente: - Lei desidera parlarmi? - No rispose Cicerin, breve. - Ma ha qualcosa da dirmi continu Curzon. No, niente rispose Cicerin; per poich sono qui, le dir, lord Curzon, che quando i s uoi antenati portavano ancora pelli di pecora e s tingevano con l'ocra, i miei er ano gi capi di potenti trib. Addio. (BRING, Das goldene Buch der Anekdoten). CICERONE Marco Tullio nato ad Arpino nel 106, morto nel 43 a. C.; sommo oratore e uomo politico romano . 3143. Cicerone, ancor giovane, si rec ad Atene per perfezionarsi nell'eloquenza, frequentando tra l'altro la scuola del celebre Apollonio Molone. Egli declamava cos bene negli esercizi scolastici, che tutti, scolari e maestri, ne restavano am mirati e non si stancavano mai di lodarlo. Apollonio solo taceva, e ogni volta c he l'udiva si faceva pi pensieroso. Ci fu chi, avendo notato questo suo strano co ntegno, gliene domand la ragione. . Come vuoi che non sia triste e pensieroso, vedendo che, mentre finora alla pove ra Grecia era rimasto il primato dell'eloquenza, costui sta per rapirci anche qu esto e per portarlo a Roma? (Encyclopdie mthodique). 3144. Cicerone, che molti considerano come il prototipo del retore, aveva invece molta avversione per le tirate retoriche. Un giorno stava ascoltando nel Foro u n patrocinatore che, in modo teatrale, diceva: Quest'uomo straordinario e indicava il suo cliente stato portato da sua madre no ve mesi sotto il cuore... Cicerone lo interruppe, per dire: - E le altre madri, i loro figli, li portano forse in tasca? 3145. Cicerone considerava Demostene come il pi grande oratore di qualunque tempo . Un giorno domandarono quale fosse, secondo lui, il pi bel discorso di Demostene . E Cicerone rispose: - Il pi lungo! (PADOVAN, Il libro del buonumore). 3146. Cicerone, come tutti sanno, ripudi la moglie. Agli amici che gli consigliav ano di pigliarne un'altra, rispose: Cari amici, l'esperienza mi ha insegnato che non possibile sposare insieme una d onna e la filosofia. (STRAFFORELLO, Proverbi di tutti i popoli). 3147. Il grande Romano aveva un giorno, come suo avversario, un avvocato che ave va fama di disonesto. Cicerone parlava parlava con la sua solita foga irruente, e l'avversario a un dato momento lo interruppe domandandogli: Perch latri tanto? Cicerone pronto: - Perch vedo un ladro. (Eloquenza). 3148. Caninio Resizio era stato console a Roma per un sol giorno. Cicerone dicev a scherzosamente di lui: Nella nostra storia possediamo un console che era cos vigilante del bene pubblico

, che durante il suo consolato non dorm mai. (Encyclopdiana). 3149. Giulio Cesare aveva emanato un decreto che le terre della Campania fossero distribuite ai soldati. Molti senatori che avevano beni laggi non approvavano il decreto, e pi degli altri era furioso Lucio Gellio, un senatore vecchissimo, che s'alz dal suo scanno senatoriale e con gran voce grid: - Questa distribuzione non si far, sin che io sar in vita. Cicerone allora, per pacificare gli animi con una burletta, interloqu: Quand' cos possiamo pure aspettare. Il collega Lucio Gellio ci chiede un breve rin vio. (Encyclopdie mthodique). 3150. Per Roma si era sparsa la voce che fosse morto Vatinio, che non era uno st inco di santo. Cicerone, incontrando per strada Ovinio, liberto di Vatinio, gli domand: Come vanno le faccende? Bene rispose Ovinio. Oh, allora vero che morto esclam Cicerone. (QUINTILIANO). 3151. Sempre a proposito della falsa notizia che Vatinio fosse morto, quando Cic erone si fu persuaso che si trattava di una voce senza fondamento, esclam: - Sia dannato chi ha mentito cos male. (Russo, Oratori). 3152. Marco Tullio Cicerone disse un giorno che nelle congiure i pochi non basta no e i molti le scoprono. (GARZONI, La piazza universale di tutte le. profession i). 3153. Il maggior trionfo oratorio di Cicerone fu certo nella sua difesa di Ligar io. Costui era accusato di aver portato le armi contro Giulio Cesare, e, il ditt atore in persona venne ad assistere al dibattimento per influire sull'animo dei magistrati. Se non che, per grande che fosse l'odio di Cesare contro Ligario, ap pena Cicerone cominci a parlare, Cesare segu con grande attenzione e con evidente commozione la difesa del grande oratore, e quando questi dipinse con parole degn e della sua eloquenza la condotta di Ligario nella battaglia di Farsaglia, il di ttatore si lasci cadere di mano i documenti che aveva portato per accusare Ligari o, dichiarandosi con ci vinto. (PLUTARCO). 3154. Durante il processo di Milone per l'uccisione di Clodio, l'accusatore, cer cando un elemento di accusa nel tempo del fatto, domand a un testimonio: A che ora stato ucciso Clodio? E Cicerone lentamente: Tardi, troppo tardi. E alludeva cos all'ora vespertina in -cui l'omicidio fu commesso e insieme voleva dire che c'era da rammaricarsi che un briccone simile non fosse stato ucciso pr ima. (La Tribuna, 3 febbraio 1897). 3155. Gli dissero che Cesare aveva fatto rialzare le statue di Pompeo. Questo disse Cicerone il mezzo pi sicuro per consolidare le sue. (Nuova Antologia , 1883). 3156. Incontr un giorno un suo amico che veniva da una provincia asiatica. - Che fai tu qui? domand Cicerone. - Vengo per chiedere a Cesare la libert per la mia provincia. - Bravo! continu Cicerone. E se riesci a ottenerla, improrala anche un po' per i Romani. (Nuova Antologia, 1883). 3157. Il vecchio e arguto Decimo Liberio attraversava un giorno, a teatro, la fo lla degli spettatori, per cercare un posto nelle file riservate ai senatori. Pas sando vicino a Cicerone, questi, per scherzare sul gran numero di nuovi senatori che aveva fatto Cesare, gli disse: Te lo darei io il posto, se non stessi gi a disagio. Sfido io che sei a disagio gli rispose Decimo tu, avvezzo a sedere su due sedie, devi ora stare su una sedia sola! Era un'allusione ironica ai tentennamenti politici di Cicerone. (La Tribuna, 3 f ebbraio 1897). 3158. Sconfitto a Farsaglia l'esercito di Porripeo, Nonio diceva a Cicerone, per rialzarne l'animo prostrato: Coraggio, noi abbiamo ancora sette aquile! - Le sette aquile potrebbero servire rispose l'oratore se avessimo a far guerra agli uccelli! (Encyclopdiana).

3159. Cicerone sostenne contro un amico che una signora con la quale aveva pranz ato non aveva che quarant'anni: Debbo ben crederla, disse giacche da dieci anni che me lo dice! (GUY DE LA BATUT , L'esprit des grands hommes). 3160. Un re, disse un giorno Cicerone nel corso di una discussione, una legge pa rlante, perch deve essere obbedito; e una legge un principe muto, perch deve avere altrettanta autorit dei principi. (DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). 3161. Metello rimproverava a Cicerone di aver, con le sue testimonianze, perduto maggior numero di persone di quel che non ne avesse salvate con la sua eloquenz a. E questo spieg il grande oratore perch sono ancora pi veritiero che eloquente. (DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). 3162. Al cominciamento della guerra tra Cesare e Pompeo, Cicerone scrisse: L'uno non vuol padroni, l'altro non soffre eguali: Cesare pensa di conquistare il tro no, Pompeo vuol farselo donare . (CANT, Storia Universale). 3163. Verre, essendo pretore in Sicilia, aveva fatto ogni sorta di malversazioni . Gli fu intentato un processo; e allora Verre, per aver come difensore Ortensio , gli mand a regalare una bellissima Sfinge d'avorio, opera di uno scultore greco e perci di gran valore. Quando Cicerone, che parlava contro Verre, cominci la sua bellissima orazione, Ortensio faceva le viste di non capire certe allusioni, ma Cicerone maliziosamente gli disse: Eppure dovresti capirle, perch hai la sfinge a casa tua. (GUERARD, Dictionnaire d 'anecdotes). 3164. Cicerone aveva citato, come testimone in un processo, Publio Cotta, che si dava delle arie di gran giureconsulto, sebbene fosse ignorante di questa scienz a. Interrogato sui fatti della causa, il testimone rispose: Non ne so nulla. Un momento! esclam Cicerone il teste crede che io gli abbia parlato di giurisprud enza. (GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). 3165. In una causa, egli aveva per avversario Metello Nepote. Costui si scagliav a con una certa acrimonia contro Cicerone, rimproverandogli di essere plebeo, o come si diceva allora un uomo nuovo , E ogni tanto rivolgeva al suo avversario la domanda: Chi infatti tuo padre? Cicerone lo lasci dire un pezzo,e finalmente, seccato, lo interruppe: Tua madre ha reso assai indelicata e difficile per te una domanda si mile. (GUER ARD, Dictionnaire d'anecdotes). 3166. Un giovanotto, accusato di aver avvelenato i suoi genitori con una torta, parlava contro Cicerone facendogli delle minacce. Minaccia, minaccia pure gli rispose Cicerone preferisco le tue minacce alle tue torte. (GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). 3167. Marco Appio, perorando una causa, faceva osservare che il suo cliente l'av eva pregato e scongiurato perch nel processo lo difendesse con dottrina, con prec isione e soprattutto con buona fede. E allora interruppe Cicerone hai il cuore ben duro, per non volergli dar retta, e per non far proprio niente di quanto hai promesso al tuo cliente. (GUERARD, Di ctionnaire d'anecdotes). 3168. Cicerone difendeva una volta una causa contro un certo Ottavio, che si dic eva fosse stato schiavo in Africa. Bisogna sapere che, secondo l'uso di quel pae se, agli schiavi si bucavano le orecchie. Ora, mentre Cicerone parlava accusando il suo avversario, questi faceva le viste di non capire quel che il grande orat ore diceva, e alle sue domande restava zitto. Non senti quel che ti dico? gli disse allora, impazientito, Cicerone eppure hai le orecchie bucate! (Encyclopdie mthodique). 3169. Interrogato Cicerone se egli stimasse le ricchezze, rispose: Niente affatto. Basta pensare che per le ricchezze un qualunque mer,cante pu vale re pi di Lelio o di Scipione. (Encyclopdiana). 3170. Cicerone aveva tanta stima del filosofo Platone da dire: Preferisco sbagliarmi con Platone, piuttosto che aver ragione con altri filosofi

. (Diversitez curieuses IV). 3171. Un suo antico compagno di scuola si faceva un giorno assai pi giovane che i n realt non fosse. Cicerone di rimando: Allora, quando studiavamo insieme, tu non eri ancora nato! (Diversitez curieuses III). 3172. Il grande oratore romano non era stato mai in vita troppo valoroso; ma ris catt assai bene ogni debolezza col coraggio che dimostr il giorno della sua morte. I sicari di Antonio lo andavano cercando per ucciderlo; e trovarono infatti la sua lettiga trasportata dagli schiavi in mezzo a un bosco. Gli schiavi si dispos ero subito per difendere il loro signore e certo, se anche non avessero potuto s alvarlo, avrebbero per vendicato la sua morte con la morte di molti di quei sicari. Ma Cicerone non volle che i suoi facessero la, me noma resistenza; e sporto il capo dalla lettiga, disse ai manigoldi: Ecco la testa che voi desiderate. nel pronunciare queste parole, non diede segno del minimo turbamen to. I sicari infatti gli furono addosso e, trucidatolo, gli tagliarono la testa, che portaron o ad Antonio. Fulvia, la moglie crudele del triumviro, si divert a pungere con un a spilla quella lingua che aveva tonato tante volte in difesa. della patria e de lle libert repubblicane. (PLUTARCO). CICERUACCHIO (Angelo Brunetti, detto) nato a Roma nel 1800, morto presso Rovigo nel 1849; tribuno popolare romano, poi garibaldino. 3173. Popolano romano, di Trastevere, faceva in giovent il carrettiere e consegu c ol suo onesto lavoro una certa agiatezza. Di ottimo cuore, dava ai poveri tutto ci che aveva. Durante un'inondazione si prodig per salvar gente e beni dei poveri. Fu perci molto amato dal popolo di cui, anche nell'agiatezza, volle mantenere i costumi. Quando divenne famoso e anche il papa Pio IX volle conoscerlo e stringe rgli la mano, sebbene venisse lodato da tutti e per il seguito che aveva fosse t emuto e potente, seppe non di meno restar semplice e modesto. E a chi ricorreva a lui per aiuti, diceva: Io sono stato e sar sempre il popolano di un tempo, e non ho nessuna influenza n s ulla polizia, ne sulla segreteria di Stato. (Nuova Antologia, 1894). 3174. Il re di Napoli, con simulazione di despota, come adulava Michele Viscusi napoletano, cos cerc di accaparrarsi le simpatie del tribuno romano Ciceruacchio, conferendogli la medaglia d'oro dell'ordine civile. Ma egli rifiut quell'onore in sidioso, dichiarando: Di ordini, di medaglie e di ciondoli io non voglio saperne. Sono sonagli da appe ndere al collo di quei tali che la societ ha diritto di riconoscere per quello ch e sono. (Nuova Antologia, 1894). CIMABUE n. 1240 - m. 1302; pittore italiano, maestro di Giotto. 3175. Il popolo fiorentino partecipava vivamente alla vita dei suoi artisti, all e loro gioie come ai loro dispiaceri. Quando Cimabue ebbe terminata una sua Mado nna, nel suo quartiere fu tal festa, che da allora in poi fu chiamata Borgo Alle gri. (MONNIER, Il Quattrocento). 3176. Il pittore Cimabue era cos scrupoloso della sua fama. che, appena s'accorge va che in un suo quadro c'era il minimo difetto, subito distruggeva il quadro. ( VASARI). CIMAROSA Domenico nato ad Averla il 17 dicembre 1749, morto a Venezia 1'11 gennaio 1801; insigne m usicista italiano. 3177. Il padre di Cimarosa era un povero muratore, la madre lavandaia. Sventura volle che un giorno il padre cadesse da un'impalcatura e miseramente morisse, la sciando la vedova e il figlioletto nella pi nera miseria. Il piccolo Domenico fu messo come garzone da un fornaio. Vicino al forno .abitava il cantante Giuseppe Aprile, che a quel tempo era famoso. Un giorno ,qu esti sorprese Cimarosa che, immemore delle sue faccende di garzone, se ne stava ad origliare al suo uscio mentre egli cantava, ed era come estatico d'ammirazion e. Capi allora, il buon Aprile, che il ragazzo aveva passione per la musica e gl i diede qualche lezione. Pi tardi egli fu messo alla scuola dei Conventuali, dove

un organista gli diede i primi rudimenti della musica. E finalmente fu accettat o per carit al Conservatorio di Santa Maria di Loreto. (CHIESA, Cimarosa). 3178. Cimarosa aveva musicato un inno repubblicano al tempo della Repubblica Par tenopea. Tornato il Borbone e caduta la repubblica, l'autore ,dell'inno, tale Ro ssi, pag la sua poesia con la testa. E un brutto giorno gli sbirri arrivarono anc he a casa di Cimarosa, saccheggiarono le sue carte, fecero a pezzi il cembalo e trascinarono il povero musicista in carcere. In carcere il Cimarosa rimase quattro lunghi mesi, e vi sarebbe rimasto chi sa q uanto, se un bel giorno ufficiali e soldati cosacchi giunti a Napoli a sostegno del trono di re Ferdinando, saputo che il grande musicista era prigioniero, non correvano a invadere il carcere, spalancandone le porte al maestro e portandolo in trionfo per le vie di Napoli. (Nuova Antologia, 1940). 3179. Ai suoi allievi diceva: Per riuscire nell'arte, necessario chistu cca! si toccava il cuore. (BOTTINI, Con sette note). 3180. In un teatro di Napoli, in cui cantavano degli artisti... cani, le sorti d ell'impresa pericolavano. L'impresario, cercando un mezzo per salvarsi, preg Cima rosa di concedergli un pezzo di sua composizione. Cimarosa compose un terzetto. Il nome del grande maestro fece gremire il teatro. Dei tre cantanti sfiatati, il primo che attacc -il terzetto fu il basso, con queste parole: Sono un cane e lo confesso. Candida confessione, che fu accolta con grandi applausi. Tocc poi al tenore. il q uale cominci cos: Ma quell'altro pi di me. L'entusiasmo giunse al colmo e per quella volta l'impresa fu salva. (Minerva, ma rzo 1931). 3181. Un aneddoto che riguarda lo stesso Cimarosa rievoca la consuetudine che do minava nel Teatro Regio di Torino, dipendente dal Sovrano, di contenere lo spett acolo entro determinati e insuperabili limiti di tempo. Un ciambellano assisteva per questo alle prove, verificando la durata di ogni pezzo. Poich alla prova del Vladimiro furono accertati in un'aria cinque minuti di troppo, il ciambellano n e richiese l'accorciamento e soltanto con una supplica allo stesso re Vittorio A medeo III il maestro pot ottenere il dono di quei cinque minuti. L'opera fu appla uditissima, ma ottenne un magro compenso, di cui il Cimarosa trov il modo di lame ntarsi, rispondendo argutamente al re che, nella visita di congedo, lo consiglia va a stare in guardia dai cattivi incontri in viaggio. Oh, Maest, se i malandrini non mi ruberanno i cinque minuti che la Maest Vostra gr aziosamente mi ha regalato, non potranno certo sottrarmi altro tesoro. (MINERVA, marzo 1931). 3182. Leopoldo II, imperatore d'Austria, ordin al Cimarosa di preparargli un'oper a, e Cimarosa scrisse allora Il matrimonio segreto. La prima sera fu un enorme s uccesso. Ma l'imperatore non aveva potuto assistere alla rappresentazione. La se conda sera l'imperatore era nel palchetto reale; ma, contrariamente alla prima s era, non si udiva un applauso. Colpa dell'etichetta, che voleva che il primo ad applaudire fosse il sovrano, il quale invece se ne stava l zitto ad ascoltare. Qu ando l'opera fu finita, Leopoldo II si alz in piedi ed esclam: Bravo Cimarosa! Non ho voluto applaudire -per non perdere nemmeno una nota di qu esto capolavoro. Ma, siccome qui tutti gli spettatori hanno gi sentito l'opera du e volte, mentre io l'ho sentita una volta sola, e non voglio essere da meno degl i altri, invito a pranzo l'autore e tutti gli esecutori, perch costoro, appena si saranno riposati e rifocillati, ricomincino l'opera. Sar un bis generale. Io non vado a letto fin che non ho ascoltato due volte questa musica. (DONDELOT, Petit s ctes amusants de la vie musicale). 3183. Un giorno un pittore rimproverava il suo amico Cimarosa perch era troppo mo desto e si dava le arie di uno scolaretto dinanzi a Mozart. Voi gli diceva valete mille volte pi di Mozart. Cimarosa, che era spiritoso e non amava le adulazioni, prese il pittore per un b raccio e, portatolo dinanzi a una tela che il pittore stava in quei giorni termi nando e che rappresentava la Sacra Famiglia, gli disse: Bello! Bello! La vostra Sacra Famiglia vale mille volte quella di Raffaello. (VA

N DER VELDE, Anecdotes musicales). CIMBRO (Lucio Tullio) partigiano di Giulio Cesare, poi congiurato contro di lui: fu quello che diede i l segnale di colpirlo, tirandogli la toga. 3184. A Cimbro, celebre per le sue sbornie, fu affidato l'incarico, insieme con altri congiurati, di uccidere Cesare. Siccome qualcuno diffidava un po' di lui, pel suo vizio di bere, egli rispose: Come potrei sopportare un tiranno, io che non sopporto il vino! (MONTAIGNE, Essa is). CIMONE figlio di Milziade, grande ammiraglio ateniese; vinse due battaglie nell'Eurimed onte, nel 468 a. C. 3185. I Greci avevano fatto molti prigionieri barbari, conquistando Sesto e Bisa nzio; e per far onore a Cimone diedero a lui l'incarico di dividere il bottino: i prigionieri costituivano infatti un bottino prezioso, in quanto eran venduti c ome schiavi. Cimone mise da un lato tutti i prigionieri nudi, e dall'altro tutti i gioielli e gli oggetti di valore che quelli possedevano, e disse agli alleati di Atene che fossero essi a scegliere per primi quello che volevano, in quanto gli Ateniesi si sarebbero accontentati di quel che essi avessero lasciato. Gli alleati scelse ro i gioielli e gli oggetti di valore. Cimone diede gli schiavi nudi agli Atenie si, passando, agli occhi degli alleati, come uno sciocco. Se non che poco tempo dopo, arrivarono dalla Frigia e dalla Lidia i parenti e gli amici dei prigionier i che diedero grosse somme di danaro per riscattare i loro cari, tanto che Cimon e mise insieme di che alimentare la flotta per quattro mesi. (PLUTARCO). 3186. Era diventato uno dei pi ricchi cittadini di Atene, in seguito alle sue str epitose vittorie sui Barbari; ma fece buon uso delle sue ricchezze. Cominci con l 'abolire le siepi e ogni altra chiusura che circondasse i suoi orti e le sue ter re, a ci ogni bisognoso potesse coglierne i frutti. E ogni giorno faceva preparar e un pranzo frugale ma abbondante, che servisse oltre che a lui anche a tutti i giovani che volessero favorire alla sua mensa. Quando andava per via, si faceva seguire da uno schiavo che portava molti mantelli, e appena incontrava qualcuno che avesse il proprio mantello lacero, gliene regalava uno dei suoi. Egli poi po rtava sempre addosso molte monete d'argento; e quando si accorgeva di qualche po vero vergognoso, gli metteva in mano nascostamente e in segreto un certo numero di quelle monete. (Magazin historique, 1764). 3187. Un ricco persiano, di nome Rosace, avendo abbandonato il proprio paese per stabilirsi in Atene, era malvisto dagli abitanti di questa citt. Egli si rifugi a llora nella casa di Cimone, e per ingraziarsi il padrone, gli port due gran coppe piene di darici d'oro, come suo regalo. Cimone sorrise e domand a Rosace: - Che cosa vuoi che io sia per te: un servo o un amico? - Un amico rispose il Persiano. E allora ripiglia pure il tuo denaro, perch, se sarai mio amico, nel momento che io ne avessi bisogno, esso sarebbe certamente a mia disposizione (Magazin histor ique, 1764). CIPRIANI Leonetto nato a Centuri (Corsica) il 12 ottobre 1812; morto il 10 maggio 1888; patriota i taliano. 3188. I Cipriani erano imparentati con famiglie principesche, e bench affabili e democratici, tenevano assai all'antica nobilt feudale. Patrioti, erano schiatta d 'eroi, un po' romantici, ma di -valore e d'ingegno. Leonetto fu governatore di L ivorno nel 1848. Si considerava cugino, alla moda corsa, di Napoleone III e, arr ivando a Parigi, abbracciava e baciava senza complimenti l'imperatrice Eugenia, chiamandola mia cara cugina , il che faceva ridere tutti della Corte. Conosceva b enissimo l'araldica e la storia di tutte le famiglie aristocratiche e, sicurissi mo dell'antichit della sua razza, scrisse un volume intero per provare che la fam iglia Cipriani discendeva... dalla Madonna. (TOSCANELLI PERUZZI, Vita di me). 3189. Leonetto Cipriani fece uno strano testamento. Lasci scritto che gli si face sse una statua sulla punta del Capo Corso, e voleva poi esser sepolto nella prop

ria camera, in modo che, sua moglie, quando dormiva nel letto nuziale, fosse pro prio al di sopra della sua tomba. In ci seguiva una tradizione di famiglia, essen do nei Cipriani tradizionali i testamenti bislacchi. Un suo antenato infatti, av endo due figli che non andavano d'accordo tra loro, lasci a uno la casa e all'alt ro la scala di essa, perch stessero forzatamente uniti. (TOCCANELLI PERUZZI, Vita di me). CIRIACO DI ANCONA n. 1391 - m. 1452; viaggiatore e archeologo italiano. 3190. Quando qualcuno chiedeva a Ciriaco di Ancona che cosGSPLIT:uPalazzi-Zanichel li 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}sm>KB

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