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LLP-LDV/TOI/09/IT/0405

MANUALE WRITING THEATRE


METODI E TECNICHE DI SCRITTURA TEATRALE

Volume I

ITALY

GREECE

ROMANIA

Institutul de tiine ale Educaiei

Coordinamento editoriale: Federica D'Armini Contenuti: Federica DArmini, Daniela De Lillo, Lidia Giansanti, Claudia Lauricella, Vittoria Rossi, Alessandro Spadorcia, Valeria Stanziale. Graca: Gianfranco Pintus Si ringraziano l'Agenzia Nazionale per il Programma di Apprendimento Permanente - Programma settoriale Leonardo Da Vinci e la Commissione Europea - DGEAC

MANUALE WRITING THEATRE

METODI E TECNICHE DI SCRITTURA TEATRALE

Volume I

Senza la parola, il senso compare egualmente e si modifica sotto l'effetto del tempo e del contesto. Ma quando la parola entra in gioco in un bambino, quest'ultimo acquisisce la possibilit di elaborare tale senso, in seno alla sua famiglia e al suo ambiente culturale. Una conoscenza impensata si iscrive nella memoria di tutti gli esseri viventi, ma quando un essere umano accede alla possibilit di farne una rappresentazione condivisibile, pu agire sul modo in cui vede il suo passato e gusta il suo mondo. Dopo il gesto e la mimica, che nei bambini piccoli creano un senso preverbale, l'atto della parola permette una prima metamorfosi affettiva e interrelazionale. Pi tardi, la parola scritta permetter un ulteriore rimaneggiamento. Infine, il racconto giocato, parlato, scritto o filmato, utilizzer la rappresentazione del tempo per tradurre i ricordi del reale. A nostra insaputa, il reale fissa nel nostro cervello una memoria che ci governa implicitamente. Senza saperlo possiamo elaborare la rappresentazione per tutto il tempo della nostra vita e trasformare la realt per farne delle meraviglie o degli orrori, delle felicit o delle tristezze. E' il contesto affettivo, sensato, familiare e culturale, che indica la direzione per conferire senso ai fatti. La nostra capacit biologica, affettiva, psicologica e culturale di trasformare le nostre rappresentazioni del reale ci offre la possibilit di modificare un trauma. Il trauma esiste nel reale e persiste nelle memoria, ma i nostri strumenti verbali, affettivi e culturali ci danno il potere di rimaneggiare la rappresentazione, costituendo cos un precedente per la resilienza.
Boris Cyrulnik Le rel et sa reprsentation. Les requis de la rsilience Journal de la Psychanalyse de l'Enfant, Paris, Bayard (2004)

INDICE

PREMESSA STRUTTURA DEL MANUALE. GUIDA PRATICA ALLA CONSULTAZIONE Durata Nota metodologica Legenda

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SEZIONE 1 - RIFERIMENTI TEORICI DEL METODO WRITING THEATRE 1. METODOLOGIA E PRASSI 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Teatro di Inclusione Sociale Linee programmatiche Fondamenti del Writing Theatre Loperatore di Writing Theatre Bibliografia (AC) ARGOMENTO CORRELATO - TEATRO E DISAGIO Scheda 1. a - Teatro educativo Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia Scheda 1. b - Il gioco e la terapia del gioco Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia Scheda 1. c - Metodi di teatro creativo Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia

11 12 12 13 13 13 14 16 17 18 19 20 20 21 21 21 27 28 28 29 29 30 32 33 33 34 34 35 40

Scheda 1. d - Orientamenti di teatro terapeutico Mappa Obiettivi di apprendimento Argomenti specifici Bibliografia

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SEZIONE 2 - DIDATTICA TEATRALE E TECNICHE DEL METODO WRITING THEATRE 2 - AREE DELLA FORMAZIONE TEATRALE 2.1 2.1 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9 2.10 2.11 Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Interpretazione Movimento Voce Drammaturgia Regia Scenografia e costumi Tecnologia dello spettacolo Bibliografia

47 48 48 49 49 50 51 51 52 53 55 56 57

3 - TECNICHE SCENICHE E ARTE TERAPIA 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Warm up Video tecniche Improvvisazione teatrale Improvvisazione musicale Immaginazione collettiva Blog, Facebook, sms Raccontare e raccontarsi Racconto rap presentato Bibliografia

58 58 59 59 59 61 62 63 64 65 66 67 67

(AC) ARGOMENTO CORRELATO - TECNICHE DI LABORATORIO Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia

69 69 70 70 71 73

4 - TECNICHE DI NARRAZIONE: LO STORYTELLING 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Funzionamento delle storie Le storie e l'apprendimento inconscio Lo storytelling e la formazione Le nuove applicazioni dello Storytelling Bibliografia

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(AC) ARGOMENTO CORRELATO - COME DIVENTARE UNO STORYTELLER Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia

95 95 96 96 96 99

5 - LEZIONI DI SCRITTURA 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7 5.8 5.9 5.10 5.11 5.12 5.13 5.14 Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Com' fatta una storia Intervistare con le storie La scrittura creativa Scrittura drammaturgica e scrittura scenica Il proprio universo drammaturgico Dal racconto al monologo L'incipit La descrizione Il dialogo Lo stile Bibliografia

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(AC) ARGOMENTO CORRELATO - IL LINGUAGGIO E L'AUTORE TEATRALE Scheda 5.a Le funzioni del linguaggio Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici

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Scheda 5.b Le fasi della creazione testuale Mappa Obiettivi di apprendimento Introduzione Argomenti specifici Bibliografia

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Modi differenti per ricercare la medesima strada: quella che conduce alla scoperta delle possibilit per resistere, far fronte, trasformare, sviluppare e costruire ...un percorso, una comunit, una societ civile capace di integrare le differenze e le uguaglianze nel rispetto di tutti e di ciascuno. Elena Malaguti ("Articolazioni teoriche della resilienza" in "Costruire la resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi" a cura di Boris Cyrulnik e Elena Malaguti, Edizioni Erickson, 2005).

PREMESSA Il presente Manuale, rielaborato nel corso del progetto Writing Theatre (Programma di Apprendimento Permanente Programma settoriale Leonardo da Vinci, 2009-2011), raccoglie principi, contenuti e strumenti afferenti i Metodi e le Tecniche della scrittura teatrale costituenti la base teorico-pedagogica necessaria ad insegnanti, educatori, operatori culturali e sociali per gestire laboratori formativi che utilizzino le discipline e prassi drammaturgiche a beneficio di giovani ed adulti a rischio di esclusione economica, sociale ed occupazionale. Le soluzioni proposte promuovono e supportano il trasferimento e l'applicazione di prassi formativo-educative che vadano ad integrare quelle tradizionali con l'obiettivo di contribuire all'innalzamento della qualit dei servizi formativi, educativi e di orientamento in vigore nei sistemi nazionali, in modo tale che rispondano sempre pi efficacemente alla preparazione, sviluppo e qualificazione degli individui rispetto alle richieste di un mercato del lavoro sempre pi competitivo e di una societ che richiede ai singoli lattivazione di processi di integrazione e socializzazione pi complessi e sfidanti. Le pratiche di riferimento di seguito presentate, sono basate sullutilizzo, sviluppo e promozione delle capacit creative e riflessive non solo di "utenti" a rischio ma anche di formatori, docenti ed educatori che, attraverso un percorso strutturato, siano interessati a rafforzare il loro ruolo di facilitatore di processi di apprendimento finalizzati alla massima valorizzazione di skills, capacit e abilit che il singolo abbia acquisito in contesti informali e non formali di apprendimento. L'impianto di conoscenze e competenze proposto e la metodologia teorica e attuativa connesse, hanno come fondamento teorico, pedagogico e applicativo, lapparato conoscitivo relativo a tecniche di scrittura e recitazione proprie del Teatro per linclusione sociale, il quale condivide con altre buone pratiche riconosciute approcci metodologici e pedagogici fondati su:

la centralit del formando in quanto individualit irripetibile; il coinvolgimento pieno, in termini di co-produzione e proattivit, degli stessi beneficiari, affinch divengano coattori del loro stesso processo di apprendimento;

la cooperazione e contaminazione tra il contesto educativo-formativo informale e quello formale (sviluppo e applicazione in chiave integrata di metodi e strumenti);

la necessit di integrare e aggiornare ruoli e competenze dei mediatori della formazione e degli operatori di orientamento;

l'esigenza di ritarare i processi educativi e formativi applicando una logica che promuova la cooperazione e integrazione tra figure, competenze e attorialit diverse, appartenenti allo stesso sistema.

Lapplicazione del Teatro Sociale in termini pedagogici e terapeutici ormai ampiamente diffusa a livello internazionale, in/verso ambiti diversificati. Nel panorama generale che investe il ri-pensamento di discipline pedagogiche, formative e psicologiche, infatti, si inseriscono pratiche (come la narrazione o lautobiografia) fondate su una categoria pedagogica

ormai ampiamente riconosciuta dalla maggior parte dei metodi validati che abbiano come obiettivo il recupero o reinserimento di soggetti a rischio di esclusione socio-economica ed occupazionale: lassunzione della cura del s. Aspetto questo, che implica un processo che a sua volta implica un atto formativo e ladozione di prassi auto -educative orientate non solo alla formazione del singolo ma anche alla formazione professionale. Pertanto, la natura dei risultati attesi dall'adozione del percorso presentato in questo Manuale, declinabile in tre specifici aspetti riferibili a:

impianto metodologico; contesto di apprendimento; processo formativo,

che, oltre ad essere confermati dalla pratica, sono sostanziati da unampia letteratura di riferimento. Innanzitutto, perch luso delle tecniche teatrali o dei linguaggi artistici in genere, in senso educativo -formativo, trova riscontro nella ricerca contemporanea (sociologica, pedagogica e psicologica), che riporta lattenzione sulla esigenza di ricollocare il soggetto al centro delle esperienze e dei processi che ne strutturano la personalit e lo orientano nelle scelte. In secondo luogo, per la dimensione "di Laboratorio" proposta come setting necessario, che rimanda alla sperimentazione e al learning by doing in un luogo diverso dallaula organizzato come una comunit di pratiche. Infine, per il ruolo del formatore che nello sperimentare su se stesso l'applicazione di un altro metodo, collabora nella costruzione del sapere di altri, in qualit di facilitatore di processi.

STRUTTURA DEL MANUALE. BREVE GUIDA PRATICA ALLA CONSULTAZIONE Il presente Manuale rappresenta una rielaborazione della struttura del percorso formativo su Metodi e Tecniche di scrittura e rappresentazione teatrale applicato e trasferito in tre diversi contesti nazionali (Italia, Grecia e Romania) nel corso dell'implementazione del progetto Writing Theatre. I laboratori formativi realizzati, rivolti prima alla preparazione degli operatori Writing Theatre (formatori, insegnanti, educatori e operatori culturali e sociali) e, successivamente, di giovani autori Writing Theatre (giovani a rischio di et compresa tra i 14 e i 24 anni) prevedevano una struttura modulare (6 Moduli e 18 Unit), erogata secondo la metodologia blended (formazione on line e in presenza). L'impostazione del Manuale nella attuale versione prevede una struttura per argomenti e non per moduli, rispondente all'obiettivo di fornire uno strumento pedagogico-formativo flessibile maggiormente utilizzabile in un setting laboratoriale .
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Il Manuale infatti si articola in due Volumi. Nel primo Volume (Volume I) vengono declinati tutti i contenuti e principi che sostanziano il percorso formativo; nel secondo Volume (Volume II) vengono fornite letture di approfondimento, esercizi ed esempi pratici connessi a ciascun argomento trattato nel primo Volume.

Nella sua attuale riformulazione, il Manuale non include gli argomenti trattati nel Modulo 1 ( Elementi di storia e teoria della Drammaturgia) previsti nel percorso originario, in quanto si tratta di nozioni storico-teoriche di base facilmente rintracciabili in qualsiasi saggio di Storia del Teatro (il percorso modulare completo resta comunque fruibile on line in autoistruzione da sito di progetto www.writingtheatre.eu, accesso libero in homepage a writing theatre courseware).

Nel Volume I, i contenuti del percorso sono stati articolati secondo 5 macro argomenti, a loro volta divisi in due macro sezioni:

Sezione I - Riferimenti teorici del metodo Writing Theatre Sezione 2 - Didattica Teatrale e Tecniche del metodo Writing Theatre La struttura del Volume I pertanto la seguente: Sezione I - Riferimenti teorici del metodo Writing Theatre (Argomento) 1. Metodologia e prassi

Sezione 2 - Didattica Teatrale e Tecniche del metodo Writing Theatre (Argomento) 2. Aree della formazione teatrale (Argomento) 3. Tecniche sceniche e arte terapia (Argomento) 4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling (Argomento) 5. Lezioni di scrittura

A ciascun argomento - fatta eccezione per il 2. Aree della formazione teatrale - sono stati associati degli argomenti integrativi, indicati come Argomenti Correlati (AC).

Durata La durata complessiva del percorso proposto di 40 ore.

Nota metodologica Ciascun argomento (inclusi gli argomenti correlati) stato strutturato seguendo il medesimo schema (vedi Legenda che segue), proprio in virt del fatto che ciascun segmento formativo possa essere utilizzato, fruito ed erogato sia individualmente che in correlazione ad altri. Tale impostazione consente al formatore di poter selezionare gli argomenti di interesse e poterli trattare e ri-organizzare secondo le diverse esigenze e circostanze.

A tale proposito, necessario sottolineare che gli Argomenti "integrativi" hanno peso e rilevanza eguale agli altri. La scelta di identificarli come "correlati" dipende solo dal fatto che i contenuti in essi trattati sono particolarmente pertinenti rispetto al macroargomento cui sono associati.

LEGENDA

La declinazione dei singoli argomenti strutturata secondo il seguente schema:

Mappa

Visualizzazione del percorso complessivo in cui inserito ciascun argomento e dei contenuti in esso trattati, per Sezione.

Obiettivi di apprendimento

Conoscenze afferenti i contenuti trattati in ciascun argomento

Introduzione

Presentazione generale dei principi e contenuti trattati nei sottoargomenti in cui si declina ciascun argomento

Sottoargomenti specifici

Declinazione dei contenuti specifici afferenti ciascun argomento

Bibliografia

Elenco della letteratura di riferimento afferente i contenuti trattati in ciascun argomento proposto

Informazioni aggiuntive sono fornite utilizzando i seguenti simboli:

vedi anche

Durata del segmento formativo (tempo di erogazione prevista in presenza)

Riferimento a letture di approfondimento proposte nel Volume II - Sezione Approfondimenti

Riferimento ad esercizi pratici proposti nel Volume II - Sezione Esercizi ed Esempi

Riferimento a giochi proposti nel Volume II - Sezione Esercizi ed Esempi

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SEZIONE 1

RIFERIMENTI TEORICI DEL METODO WRITING THEATRE

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1. METODOLOGIA E PRASSI

vedi anche: Vol. II Approfondimenti


1. Esperienze di Laboratorio 2. Una riflessione autorevole: Jos Jorge Chade 1.1 Mappa

1. Metodologia e Prassi

Contenuti: 1.1 Teatro di Inclusione sociale 1.2 Linee programmatiche 1.3 Fondamenti del Writing Theatre 1.4 L'operatore di Writing Theatre

AC

Teatro e Disagio

Scheda 1.a Teatro educativo

Scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

Scheda 1.c
Metodi di teatro creativo

Scheda 1.d Orientamenti di Teatro terapeutico

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3 ore
1.2 OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Attraverso la conoscenza delle metodologie del Teatro di Inclusione Sociale possibile: conoscere i fondamenti e le finalit del Writing Theatre; apprenderne le metodologie, le diverse modalit di intervento e la struttura formativa dell'operatore teatrale che decide di intervenire con questo metodo su varie categorie del disagio; acquisire una cultura personale basata sull'integrazione sociale e indirizzata al benessere e alla crescita culturale e professionale dei soggetti beneficiari.

1.3 INTRODUZIONE Larte, il pi antico dei linguaggi espressivi, partecipa allevoluzione intellettiva e culturale dellindividuo, lo sostiene e lo fortifica nel processo di maturazione e nellacquisizione di cap acit di comunicazione, rispetto delle regole sociali e senso estetico adeguato a recepire lessenza delle idee culturali che la societ propone. su queste semplici ma fondamentali premesse che si basa lidea del WRITING THEATRE per la diffusione di un m odello formativo ed educativo basato sugli strumenti dell'arte, in particolare sulla scrittura teatrale, un modello formativo etico e solidale che conduce da una parte alla produzione creativa, dallaltra alla realizzazione del benessere di coloro che ne u sufruiscono, attraverso una modalit organizzativa che presti attenzione alla socializzazione, al riconoscimento e allaccoglienza delle diversit individuali, al la individuazione di capacit e talenti artistici. Basandosi sulle teoriche del Teatro di Inclusione Sociale, il metodo del Writing Theatre, pone al centro gli individui, le storie, la relazione, la comunicazione utilizzando gli strumenti della scrittura teatrale.

1.4 IL TEATRO DI INCLUSIONE SOCIALE Dopo i mutamenti sociali presenti nellimmediato primo dopoguerra, anche il Teatro si interroga, cambia forma e sostanza, si distacca dalla tradizione, cerca di definirsi cercando di abbattere tutti gli stereotipi. Diventa cos avanguardia e teatro politico. Il vecchio testo drammaturgico lascia il posto allespressione dellattore e alla creazione del regista. Il teatro esce dalle sedi istituzionali, si confronta con il pensiero psicologico e pedagogico, si offre a un nuovo pubblico con cui vuole instaurare rapporti di comunicazione e non rapporti comme rciali. Nella sua nuova veste, il teatro abolisce il sipario e simpegna a mettere in scena la verit. Dietro ai personaggi c lattore, dietro al pubblico ci sono gli uomini che hanno vissuto i drammi della guerra. Fondamentale lincontro con la pedagogia che, nellesperienza teatrale, restituisce valore allinsegnamento, alle dinamiche del gioco, allespressione corporea e allimprovvisazione. Nascono e pullulano le scuole di teatro che fondano il loro lavoro sullaffermazione di una realt sperimentale, in cui il presente si esprime attraverso lattore e il regista, e in cui allo spettacolo si preferisce lo studio dellarte creativa. Verso la fine degli anni 60 si verifica un nuovo cambiamento sociale e il dibatt ito culturale si riapre e invade di nuovo il teatro. Il senso della collettivit, la lotta per la liberazione degli oppressi, la contestazione giovanile, impongono nuove strade. Nei primi anni 70 in Italia crescono i gruppi teatrali con il fine di rinnovare la societ, opponendosi allindividualismo e al potere borghese. Loppresso, lemarginato diviene soggetto di teatro, il teatro al suo servizio, come organo di trasformazione della sua condizione. Tutti interi gli anni 70 vedono impegnati uomini di teatro e amministratori con una conseguente crescita dellattivit e della cultura teatrale. Nel sistema dello spettaco lo italiano, si impone in quegli anni lidea del Teatro come servizio pubblico. Ad oggi, il Teatro Sociale ampiamente diffuso su tutto il territorio nazionale indirizzandosi verso diverse realt: teatro e carcere, teatro e scuola, teatro e disagio sociale, teatro e handicap, teatro e psichiatria, teatro e follia, teatro integrato, teatro

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terapeutico e drammaterapia. Il termine stato utilizzato probabilmente per la prima volta nel 1995 da Claudio Bernardi e si diffuso attraverso il Centro Ricerche Teatrali di Milano che ha appunto indagato sulle esperienze teatrali di persone che vivono in situazioni di marginalit. Unapprofondita indagine stata compiuta anche dal gruppo Nuove Catarsi-teatri delle diversit dellUniversit di Urbino ed ha prodotto nel 2003, insieme allEnte Teatrale Italiano, il primo censimento nazionale di grup pi e compagnie che svolgono attivit con soggetti svantaggiati e disagiati.

Le esperienze si possono distinguere in tre categorie: 1. quelle dei gruppi teatrali gi esistenti che si avvicinano ai contesti del disagio e propongono un percorso teatrale coinvolgendo i soggetti; 2. quelle messe in atto da operatori di servizi di assistenza, terapia o riabilitazione con i propri utenti, a volte con la collaborazione di tecnici teatrali; 3. quelle proposte direttamente da soggetti che vivono o hanno vissuto condizioni di disagio.

1.5 LINEE PROGRAMMATICHE Andremo ora ad analizzare un metodo di formazione ed educazione artistica che prende il nome di TIS - TEATRO DI INCLUSIONE SOCIALE, che si fonda sull'idea che il teatro che della gente e che coinvolge registi, autori, attori, danzatori e coreografi, musicisti, fotografi e operatori cinematografici, scenografi, esperti di comunicazione con lo scopo di garantire la conoscenza e il corretto utilizzo delle tecniche teatrali collaborando strettamente con le figure professionali scientifiche che possono codificare in sistemi riabilitativi e terapeutici, le pr atiche, le regole e i principi dellarte scenica e drammaturgia.

Il Teatro non ha categoria ma si occupa della vita. il solo punto di partenza, l'unico veramente fondamentale. Il Teatro la vita. (Peter Brook)

Il teatro un insieme di differenti discipline, che si uniscono e concretizzano nella esecuzione di un evento spettacolare dal vivo. Su queste due affermazioni si basa il nostro metodo: il teatro vita e il teatro casa di differenti discipline. Imparare le tecniche attraverso la vita e viceversa. Usare i percorsi formativi del teatro per entrare in relazione con se stessi e gli altri. Scrive Silvio D'Amico che il teatro la comunione d'un pubblico con uno spettacolo vivente . Il Teatro vuole l'attore vivo, e che parla e che agisce scaldandosi al fiato del pubblico; vuole lo spettacolo senza la quarta parete, che ogni volta rinasce, rivive o rimuore fortificato dal consenso, o combattuto dalla ostilit, degli uditori partecipi, e in qualche modo collaboratori . Il teatro si rivolge e si fonda sull'elemento umano con la straordinaria capacit di metterlo nelle condizioni di esprimersi attraverso l'esperienza creativa. Nella nostra esperienza, abbiamo potuto verificare la forza e l'importanza socio-educativa del Teatro e la sua capacit di creare, da tanti diversi individui, un gruppo in grado di autogestirsi, di impegnarsi per il raggiungimento di un risultato finale e soprattutto di confrontarsi con la realt esterna. Il teatro la sola forma che permetta all'uomo la ricerca di se stesso in situazioni di vita vissuta. Esso permette di agire attraverso la fantasia e l'invenzione, ma anche di raggiungere la conoscenza insieme agli altri: superare insieme gli ostacoli, migliorare il proprio lavoro, arricchiscono l'individuo e il gruppo intero. E se da una parte l'applicazione della filosofia teatrale libera il corpo e la mente da inibizioni e pregiudizi, dall'altra, la realizzazione dello spettacolo finale conduce alla disciplina, all'autocontrollo e alla coordinazione. Per recitare, come per vivere, necessario che il singolo sia sensibile al gruppo, sia consapevole di esso e che si adoperi per farne emergere le qualit, le possibilit, i talenti. Il Teatro di Inclusione Sociale rappresenta una innovativa e variegata forma

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culturale nel quadro secolare della storia del Teatro, forma che si basa sulla costruzione della persona e che agisce tramite luso intenzionale delle tecniche teatrali e rappresentative a scopi educativi, riabilitativi e terapeutici e per incoraggiar e la crescita personale, lintegrazione e il benessere individuale e collettivo. orientata allestetica, al simbolico e al senso di appartenenza ad un gruppo. Il metodo con cui si sperimenta, si basa sull'idea che il teatro sia una delle poche reali possibilit offerte allessere umano del nostro tempo di occuparsi dellaltro come valore.

1.5.1 Metodologie di intervento Individuare nel teatro quel significato profondo di coinvolgimento emotivo e sociale insieme, il rapporto con il s, con il proprio e gli altri personaggi, con il pubblico, attivo fruitore di un messaggio di concreta integrazione e inclusione. Diffondere uneducazione a un nuovo concetto di cultura che conduca a riconoscere nellaltro la differenza e non la diversit. Lintegrazione, linclusione e la condivisione come primi valori riabilitativi. Trovare un livello di comunicazione che faccia vivere a tutti lesperienza del teatro in modo completo, secondo le regole di una vera Compagnia, dando rilievo alle possibilit di socializzazione del lavoro teatrale.

La cultura del gruppo altro non che il normale lavoro di una Compagnia teatrale, dove una serie di individui diversi, unici, irripetibili si sentono parte integrante di una comunit adoperandosi per il raggiungimento di un unico scopo: la creazione di uno spettacolo che sappia comunicare tante diverse realt ed emozioni. IL TEATRO, DUNQUE, COME FINE E NON SOLO COME MEZZO. Alla base del nostro metodo, si collocano lintrospezione, limprovvisazione e lin terpretazione che conducono al gioco dello scambio del ruolo. Quello che Aristotele definiva catarsi non che la nostra capacit di indagare sulla nostra personalit , rintracciando i sentimenti che il personaggio che interpretiamo ci chiede di esprimere. Tutto questo un magnifico gioco che ci insegna a non aver paura di conoscere noi stessi. Privilegiare le tecniche del gioco, del camuffamento, dellessere altro da s. Non dimentichiamo che nella maggioranza delle lingue, recitare si traduce con giocar e: spielen in tedesco, to play in inglese, jouer in francese, igrat in russo, significano giocare e recitare. Nel teatro, il gioco fantastico del fare finta di, creare degli interlocutori invisibili, parlare lingue inventate, creare miti posi tivi e negativi, lasciarsi guidare dalle sensazioni, non avere freni inibitori e censori, sono, nella maggior parte dei casi, le caratteristiche pi salienti del raggiungimento di risultati terapeutici e riabilitativi di persone con disabilit o con disagio conclamato. Affidarsi al valore educativo delle norme e dei comportamenti che regolano il gioco del teatro, laddove per educare si intende letteralmente rinviare alla radice latina del termine: e-ducere trarre fuori. Educare, dunque, vuol dire aiutare qualcuno a tirare fuori, sviluppare le proprie capacit e potenzialit sapendo metterle in relazione con lesterno e, quindi, con laltro. Il prodotto, lo spettacolo, dunque, inteso come momento di verifica: il lavoro pi importante quello che si va a svolgere sul vissuto del soggetto, nella volont di condurlo, attraverso la gratificazione del risultato, ad una consapevolezza delle proprie capacit, allacquisizione di una profonda autostima e di un senso di appartenenza alla comunit .

1.5.2 Integrazione e benessere Si considerano soggetti svantaggiati invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex-degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in et lavorativa in situazioni di difficolt familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Intorno all'aerea del disagio si

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muovono molte strutture e molte differenti professionalit ma la strada per la sperimentazione ancora aperta. Il nostro progetto pu essere in grado di fornire strumenti di comunicazione e intervento del tutto innovativi che, sperimentati su varie categorie del disagio, hanno condotto a grandi risultati rispetto all'integrazione sociale e la crescita culturale e professionale dei soggetti beneficiari. D'altro canto, l'utilizzo del gioco delle arti sceniche motiva e coinvolge, favorendo un approccio meno gravoso nei confronti del disagio ma anzi considerandolo come una risorsa che d la possibilit di conoscere un mondo vasto fatto di uomini e di individui attivi e protagonisti. La rappresentazione teatrale diventa specchio della quotidianit come delle aspirazioni nel suo complesso rendendola espressione privilegiata delle sfumature di una personalit e di un gruppo. Dal gioco, al ballo, allintrospezione fino alla coscienza del s e alla scrittura, tutto porta a scegliere il teatro come veicolo privi legiato per operazioni di inclusione sociali di ragazzi in via di abbandono scolastico operando anche ai fini della prevenzione del disagio sociale e della marginalizzazione.

1.6 FONDAMENTI DEL WRITING THEATRE Come accennato precedentemente, il Writing Theatre prende spunto dalle metodologie del Teatro di Inclusione Sociale che vede laltro come valore pertanto la metodologia direttamente legata alla realizzazione di unopera che abbia come scopo linclusione sociale di ragazzi con difficolt. Si sceglie la scrittura teatrale e le tecniche del teatro come strumento privilegiato poich in grado di parlare e raccontare la vita come nessunaltra forma darte diventando specchio della vita e delle aspirazioni nel suo complesso, espressione delle sfumature di una personalit o di un gruppo. Dal gioco, alla recitazione, allintrospezione fino alla scrittura e, dunque, alla coscienza del s, tutto porta a scegliere il teatro come veicolo privilegiato per operazioni di inclusioni sociali di ragazzi drop-out operando anche ai fini della prevenzione del disagio sociale e della marginalizzazione. per tali motivi che il Teatro di inclusione sociale insieme al Writing Theatre si rivolgono e si fondano sull'elemento umano con la straordinaria capacit di metterlo nelle condizioni di esprimersi attraverso l'esperienza creativa. La forza e l'importanza socio-educativa del Teatro e la sua capacit di creare risiede in diversi individui in grado di impegnarsi per il raggiungimento di un risultato finale e soprattutto di confrontarsi con la realt esterna. La scrittura teatrale insieme al teatro stesso sono quelle forme artistiche che permettono all'uomo la ricerca di se stesso in situazioni di vita vissuta. Permettono di agire attraverso la fantasia e l'invenzione, ma anche di raggiungere la conoscenza di se stessi, degli altri e del mondo che ci circonda superando insieme gli ostacoli, migliorare il proprio lavoro, arricchire l'individuo e il gruppo intero. Il teatro non solo poi sensoriale ma multidisciplinare: le varie discipline si uniscono e concretizzano alla fine per lesecuzione di un evento spettacolare dal vivo a cominciare dalla scrittura, elemento fondamentale su cui poi si basa tutta la metodologia del Writing Theatre. Sono necessarie quindi delle premesse per spiegare la filosofia alla base del Writing Theatre: la convinzione che la scrittura possa portare a una maggiore comprensione di s fino alla risoluzione di alcuni nodi emotivi; la convinzione che la scrittura una catarsi, e che scrivendo man mano si scopre che anche quando si vuole scrivere un semplice racconto, una storia astratta sempre una parte di s che muove i fili della storia; La convinzione che la scrittura riesce ad assegnare un ruolo da protagonisti e soggetti attivi ai giovani coinvolti.

Possiamo cos stilare delle linee guida. Il percorso di Writing Theatre basato sulle tecniche del Teatro di Inclusione Sociale poich rappresenta: una innovativa e variegata forma culturale nel quadro della storia del Teatro;

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un modo per raggiungere unequilibrata costruzione della personalit; un metodo educativo perseguito tramite luso delle tecniche teatrali; una tecnica che mira alla crescita personale, lintegrazione e il benessere individuale e collettivo; un tipo di rappresentazione orientato allestetica e al senso di appartenenza ad un gruppo.

1.7 LOPERATORE DI WRITING THEATRE Loperatore di Writing Theatre, come loperatore teatrale di inclusione sociale, deve possedere o acquisire competenze e flessibilit in ambito psicologico, sociale, pedagogico ed educativo, chiaramente possedendo anche la dovuta conoscenza ed esperienza teatrale, dai suoi fondamenti storici e teorici, alle tecniche. Una preparazione tale da garantire un lavoro di qualit nel raggiungimento della promozione umana di qualunque forma di disagio sociale. Tra gli obiettivi delloperatore vi quello di restituire dignit a persone svantaggiate attraverso un mezzo, quello teatrale appunto, che sappia, con la ricerca e lo sviluppo della creativit artistica, raggiungere risultati riabilitativi e terapeutici. Oltre che ai professionisti del settore, lo stesso metodo e la stessa tipologia d'intervento sono riservati a tutte le categorie, formatori, educatori, assistenti alla persona, operatori culturali da una parte e adulti, adolescenti dall'altra. Loperatore di Writing Theatre deve aderire alla realizzazione di un programma basato sulla volont di cimentarsi, realizzare un modello teatrale che sappia coniugare produttivit e solidariet in unarmonica relazione perch giusto e solidale dare a tutti la possibilit di concorrere alla produzione del benessere e dell a ricchezza e di goderne di unequa distribuzione.

Loperatore di Writing Theatre, inoltre, deve tener presente, a conclusione di ogni percorso, il valore che possiede lo spettacolo teatrale che, oltre ad essere il prodotto finale (visibile a tutti) di un percorso formativo ed educativo, costituisce principalmente una importante possibilit di crescita da parte dei ragazzi. Non si tratta, spesso, di risultati di alta qualit artistica ma come strumento di abilitazione espressiva, di socializzazione tra i membri di un gruppo che imparano a parlare ad ascoltare. Lobiettivo condiviso sar quello di porre attenzione ai processi di trasformazione ed emarginazione sociale, per progettare e sviluppare percorsi di inclusione sociale per persone che manifestano forme di disagio, attraverso un modello esplicitato e visibile: lo spettacolo. Tutte le persone impegnate seguiranno un modello educativo etico e solidale nel quale il laboratorio di arti teatrali, conduce da una parte alla produzione e ai servizi, dallaltra alla realizzazione de l benessere di coloro che ne fruiscono, attraverso appunto una modalit organizzativa che presta attenzione al clima relazionale, alla condivisione dei problemi quotidiani, ai momenti di socializzazione, al riconoscimento e allaccoglienza delle diversit individuali, alla individuazione di capacit e talenti artistici. La condivisione delle finalit, degli obiettivi e degli ideali di tutti gli istruttori, gli insegnanti, il personale tecnico e artistico, lequipe di educatori e psicologi, si affiancher nella partecipazione a tutta lattivit, alle fasi progettuali, ai risultati con particolare attenzione alla crescita del singolo secondo le sue possibilit.

La formazione un patrimonio, una risorsa importante e appartiene al valore aggiunto sul quale il corso intende investire cogliendo la sfida che la qualit chiede. Accanto a una formazione pi squisitamente professionale legata al settore produttivo, viene proposta anche una formazione relazionale e culturale, strumento indispensabile per indagare la complessit della societ. Cerchiamo di individuare alcuni obiettivi specifici che gli operatori devono perseguire durante i percorsi, validi per ogni tipo di intervento teatrale. Possiamo distinguere tra quelli di carattere interiore e personale e quelli di carattere tecnico, che assumono diversa entit a seconda del gruppo di lavoro, in modo particolare rispetto allet dei partecipanti.

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Obiettivi di carattere interiore e personale:

Imparare a relazionarsi allinterno di un gruppo di lavoro. Superare ostacoli psicologici: inibizioni, paure, incertezze, vergogne. Acquisire autocontrollo e sicurezza. Dar sfogo alla propria creativit. Accrescere il senso di responsabilit nei confronti del gruppo di lavoro e del risultato finale da ottenere.

Obiettivi di carattere tecnico

Studio e apprendimento delle tecniche teatrali: recitazione, canto, danza e attivit correlate. Studio e apprendimento della dizione. Scrittura teatrale. Realizzazione di uno spettacolo teatrale.

1.8 BIBLIOGRAFIA Barker C., Giochi di teatro, (Titolo originale: The games theatre) Milano, Bulzoni, 2000 Boal A., Il poliziotto e la maschera, (Titolo originale: Theatre of the Oppressed), La Meridiana, Molfetta, 1993 Demetrio D., L'autobiografia come cura di s, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1996 Cavallo M., Pensare per immagini. Arti Terapie e immagini mentali, Arti Terapia n.4, anno 1, 1995 Landy R.J., Drammaterapia. Concetti, teorie e pratica, (titolo originale Drama Therapy: Concepts, Theories, and Practices) Roma, Edizioni Universitarie Romane, 1999 Moreno J.L., Manuale di psicodramma. Il teatro come terapia., (titolo originale: The Handbook of Psychodrama) Roma, Astrolabio, 1985 Rossi O, La videoterapia nella relazione daiuto, Formazione in Psicoterapia Counselling Fenomenologia" n. 2, ed. IGF, Roma, 2003 Rossi, O., Narrazione creativa e disagio scolastico, Formazione in Psicologia Psicoterapia Psichiatria, vol.40, ed. GRIN- Roma, 2000 Rossi, O., Il teatro delle emozioni: un intervento di counseling scolastico, Formazione in Psicologia Psicoterapia Psichiatria, vol.41-42, ed. GRIN- Roma, 2000/2001 Winnicott D., Gioco e realt, (Titolo originale: Playing and Reality) Roma, Armando, 1974

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1. METODOLOGIA E PRASSI

(AC) ARGOMENTO CORRELATO TEATRO E DISAGIO

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Scheda 1.a Teatro educativo

Mappa Scheda 1.a Teatro Educativo

1. Metodologia e Prassi

AC Teatro e Disagio

Scheda 1.a Teatro educativo

Scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

Contenuti: Laboratorio teatrale come risorsa psicopedagogica L'educazione per un mondo nuovo di M. Montessori

La centralit del personaggio


Apprendere ad apprendere

Scheda 1.c Metodi di teatro creativo

Scheda 1.d Orientamenti di Teatro terapeutico

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2 ore
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Conoscere e comprendere gli aspetti pedagogici implicati nell'attivit del laboratorio teatrale che stimolano e supportano la crescita e la trasformazione dell'individuo, sia come singolo che come identit in relazione con gli altri. Acquisire i principi a fondamento del metodo Montessori e correlarli al percorso di self-empowerment personale che sostanzia il laboratorio teatrale, evidenziandone gli elementi comuni finalizzati all'accompagnamento del singolo nella conoscenza e nello sviluppo delle proprie capacit di apprendimento, attraverso la valorizzazione delle capacit comunicative e creative.

INTRODUZIONE La pedagogia, la scuola e il laboratorio teatrale sono tutti mezzi atti a stimolare o a comprendere la creativit e i metodi di apprendimento. Dallanalisi di figure importanti nella storia della pedagogia fino allo studio di un labora torio teatrale si evidenzieranno le linee di continuit esistenti tra pedagogia e teatro. Il teatro e leducazione sono due realt aventi finalit comuni: da un lato la pedagogia pone al centro dellazione educativa la persona con tutte le sue potenzialit da sviluppare; dallaltro il teatro persegue lo stesso obiettivo attraverso attivit che stimolano lo sviluppo della creativit e la comunic azione. Il Teatro Educativo un percorso formativo che si realizza attraverso le pratiche del laboratorio teatrale e al centro del quale sta una persona in fase di crescita o trasformazione. L'esperienza teatrale ha come obiettivo l'individuo, ma avviene nella relazione; unoccasione per la conquista di s, ma anche spazio di costruzione di rapporti significativi vo lti a rinforzare l'identit di gruppo, a stimolare la conoscenza reciproca, la condivisione, la cooperazione, la valorizzazione delleterogene it; un percorso individuale in un lavoro di gruppo.

Il laboratorio teatrale come risorsa psicopedagogica Un nuovo modello pedagogico tendente a sviluppare una serie interattiva di competenze e di abilit necessarie per una vera formazione del discente, dovrebbe inglobare strumenti e tecnologie, visuali e multimediali, pi consoni alla realt comunicativa nella quale il discente immerso. Il laboratorio teatrale diventa una forma interattiva di linguaggi diversi: verbale, non verbale, mimico, gestuale, prossemico, prosodico, iconico, musicale, ecc. grazie a questa poliedricit del linguaggio, si configura come un prezioso strumento formativo, multidisciplinare e interdisciplinare, insostituibile come strumento di attivazione simbolicosemiotica, emotiva, dinamico-relazionale, culturale ed interculturale del discente. L'idea di laboratorio teatrale non si riferisce solamente al momento finale della rappresentazione, ma anche e soprattutto all'iter dei processi che conducono alle forme rappresentative della realt. Il teatro inteso come ogni possibile forma espressiva che tende a rappresentare la realt e i suoi diversi linguaggi (poetico, narrativo, musicale, pittorico, corporeo ecc.), la storia, il presente, il passato, il futuro, il sogno, la fantasia, l'immaginazione. In quest'ottica il laboratorio teatrale diventa strumento pedagogico trasversale a tutti i linguaggi e le discipline. Fare teatro ai ragazzi significa realizzare una concreta "metodologia" interdisciplinare che attiva i processi simbolici del discente e potenzia e sviluppa la molteplicit interattiva delle competenze e delle abilit connesse sia con la comunicazione "globale" sia con il pensiero. Inoltre, il Teatro come approccio ermeneutico ai significati testuali, di aiuto a tutti gli apprendimenti disciplinari: la poesia, la storia, la letteratura, la fisica, la filosofia, la matematica possono diventare segni e significati teatrali. Rispetto ad altre forme artistiche, come il cinema, il Teatro possiede una sua tipicit che lo distingue: la comunicazione scenica, caratterizzata dall'interattivit, tra la rappresentazione e l'audience, come tipica esperienza sociale.

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Chi recita a teatro non solo l'attore, ma anche lo spettatore che "vive" l'esperienza della rappresentazione non come artifizio, ma come realt, vita reale. In questo senso il valore pedagogico del teatro va al di l delle stesse forme comunicative che lo producono. Il teatro diventa cosi una strategia interdisciplinare che pu far del progetto educativo oltre a sviluppare la creativit del discente. Non va dimenticato, inoltre, che l'uso di linguaggi diversi nella rappresentazione teatrale attiva il pensiero metaforico che permette di decodificare la realt nei suoi aspetti pi profondi: il teatro come immagine poliedrica della realt educa al relativismo delle verit stabilite. Un ulteriore aspetto pedagogico del teatro consiste nella possibilit di rappresentare i sistemi di vita e i "valori" di culture diverse dalla nostra. Rappresentare in forma scenica le culture significa, non solo conoscere profondamente la cultura che si intende rappresentare, ma anche attivare forme rielaborative interculturali. Il laboratorio teatrale pu rappresentare non solo i tratti "visibili" delle culture, ma anche quelli non immediatamente percepibili come i miti, le credenze, il senso comune, la visione del mondo. In quest'ottica fare teatro significa "ricreare" significati culturali non solo tramite le parole, ma anche attraverso la mimica, il gesto, l'ironia, e la stessa dimensione di spazio-tempo. Quindi, a livello pedagogico, appare insostituibile il mezzo teatrale per educare al rispetto e alla tolleranza della diversit. L'istanza fondamentale del laboratorio teatrale innanzitutto rivolta a stimolare il discente all'acquisizione di una metodologia critica ponendolo dinanzi ad un testo (di qualsiasi genere) con l'atteggiamento di chi deve interpretare e ricostruire creativamente i materiali a disposizione. Caso esemplare di questo procedimento sono appunto le diverse fasi che conducono alla messinscena teatrale, ove la necessit della trasposizione dei dati dal contesto grafico-verbale al contesto fisico-spaziale stimolo all'analisi del testo e alla problematizzazione e all'approfondimento delle singole componenti storico-culturali, semantiche, pragmatiche, ideologiche ecc., e implica l'assunzione di una posizione attiva e fattiva dinanzi al materiale proposto. La scelta del teatro come mezzo d'intervento motivata dalla peculiarit stessa del linguaggio specifico della scena, costituito dall'interazione di codici ai quali separatamente fanno riferimento le varie discipline curriculari (testuale, verbale, sonoro, visivo, fisico ecc.), che si offre come strumento adeguato, grazie al suo procedimento di interpretazione e "ritestualizzazione" del materiale di partenza, all'acquisizione di un metodo utilizzabile anche oltre il campo consueto della drammaturgia e della letteratura in genere. Perci, se vero che l'ambito di lingua e letteratura quello su cui un tale metodo si esplica pi direttamente, ci non toglie che procedimenti simili possano essere applicati in altri settori delle discipline umanistiche, sulle quali il metodo d'analisi del testo in funzione della messinscena pu essere impiegato per penetrare e scandagliare il sostrato storico-culturale, ideologico, filosofico, estetico-artistico di un'opera (non necessariamente drammaturgica). Inoltre, pi in generale, l'istanza del teatro alla rappresentazione del mondo- non solo in termini ideologicoculturali, ma anche come riproposizione delle categorie dello spazio e del tempo attraverso segni convenzionali ed immagini amplia la ricerca e l'analisi ai fondamenti delle scienze fisiche, implicando l'approfondimento del concetto di rappresentazione come sistema di interpretazione della realt.

L'educazione per un mondo nuovo di Maria Montessori Maria Montessori (1870 1952) stata una pedagogista, filosofa, medico, scienziata. Ma soprattutto fu uneducatrice che fond il metodo pedagogico che da lei prende il nome. La Montessori svilupp tutto il suo pensiero pedagogico partendo da una costruttiva critica della psicologia scientifica affermatasi nei primi anni del secolo. Il pensiero pedagogico montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica. L'introduzione della scienza nel campo dell'educazione il primo passo fondamentale per poter costruire un'osservazione obiettiva dell'oggetto. Della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il fatto che, in essa, tutto l'ambiente sia pensato a misura di adulto. In un ambiente cos concepito, il bambino non si trova a suo agio e quindi

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nelle condizioni per poter agire spontaneamente. Un presupposto indispensabile per realizzare una scuola montessoriana, infatti quello della massima fiducia nellinteresse spontaneo del bambino, nel suo impulso naturale ad agire e conoscere. Se posto in un ambiente adatto, scientificamente organizzato e preparato, ogni bambino, seguendo il proprio disegno interiore di sviluppo e i suoi istinti-guida, accende naturalmente il proprio interesse ad apprendere, a lavorare, a costruire, a portare a termine le attivit iniziate, a sperimentare le proprie forze , a misurarle e controllarle. A questo principio ladulto deve ispirare la sua azione e in particolare i due suoi compiti fondamentali: saper costruire un ambiente suscitatore degli interessi che via via si manifestano e maturano nel bambino; evitare, con interventi inopportuni, un ruolo di disturbo allo svolgimento del lavoro, pratico e psichico, a cui ciascun bambino va dedicandosi.

Ha scritto Maria Montessori che lobiettivo a cui puntare: lo studio delle condizioni necessarie per lo sviluppo delle attivit spontanee dellindividuo, larte di suscitare gioia ed entusiasmo per il lavoro. Il fatto dellinteresse che spinge ad una spontanea attivit la vera chiave psicologica delleducazione.. Lo sforzo del lavoro, dello studio, dellapprendere frutto dellinteresse e niente si assimila senza sforzo (...). Ma sforzo ci che si realizza attivamente usando le proprie energie e ci a sua volta si realizza quando esiste interesse (...). Colui il quale nelleducare cerca di suscitare un interesse c he porti a svolgere unazione e a seguirla con tutta lenergia, con entusiasmo costruttivo, ha svegliato luomo . (M. Montessori, Introduzione a Psicogeometria).

Interesse, attivit e sforzo sono i caratteri del lavoro spontaneo e autoeducativo nel quale il bambino si immerge con entusiasmo e amore, rivelando e costruendo le qualit superiori delluomo. Aiutami a fare da solo non uno slogan pedagogico, ma una domanda scientifica posta dalla natura stessa del bambino. Il compito delleducatore quell o di liberare il bambino da ci che ostacola il disegno naturale del suo sviluppo. Listinto e il bisogno fondamentali del bambino sono que lli di un adattamento attivo al mondo delle cose e delle persone, misurate e commisurate alle sue personalissime ista nze. Non v ambiente sociale, ha scritto Maria Montessori, nel quale non vi siano individui che abbiano esigenze e livelli diversi. Per questo stesso fatto la scuola un ambiente che deve accogliere bambini di et eterogenea e adatto al lavoro individuale o di piccolo gruppo. Il suo parametro di misura dunque la casa, con spazi articolati, irregolari, ricchi di angoletti nascosti, di ca ntucci tranquilli dove lavorare, pensare, immaginare con i propri tempi e ritmi interiori. Ma anche ambiente prepar ato nel senso della misura, con oggetti e arredi proporzionati allet e al corpo dei bambini stessi, rivelatori dellesattezza e dellordi ne, qualit che suggeriscono una disciplinata attivit autonoma; ambiente accogliente e caldo, rassicurante e vissuto con un positivo senso di appartenenza. Un ambiente, infine, nel quale i bambini possano muoversi liberamente anche senza il diretto controllo delladulto alle cui cure affidata la casa -scuola come luogo aperto alle scelte e al lavoro dei piccoli alunni. Mobili, tavoli e sedie devono essere costruiti e resi disponibili allinsegna della leggerezza: ci, se da una parte favorisce il lav oro di vita pratica dei bambini chiamati ad un impegno fisico di responsabilit nel posizionarli o trasportarli, dallaltr a parte per il carattere di fragilit denunciano lerrore dei bambini o il loro mancato rispetto. Per il medesimo criterio educativo, i bambini di una scuola Montessori usano piatti di ceramica, bicchieri di vetro, soprammobili fragili: i bambini sono cos invitati a movimenti coordinati, precisi, educati e in ogni caso ad esercizi di autocontrollo, di autocorrezione, di prudenza e rispetto, facendosi maestri del proprio movimento e padroni del proprio carattere: Cos il bambino avanza nella propria perfezione ed cos che egli viene a coordinare perfettamente i suoi movimenti volontari. (Maria Montessori, LAutoeducazione nelle scuole elementari).

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Lambiente scolastico diventa ambiente di vita nel quale i bambini sono impegnati gioiosamente al mantenimento dellordine, della pulizia, della bellezza. Queste attivit, definite appunto esercizi di vita pratica, hanno una funzione importante e significativa sia nella Casa dei bambini dove favoriscono il perfezionamento psico -fisico e la coordinazione dei movimenti, sia nella scuola elementare dove assume maggior rilievo la dimensione della autonomia responsabile e quindi della socialit. La scelta metodologica montessoriana assegna allinsegnante e alladulto anche da questo punto di vista una assun zione di responsabilit circa i rischi collegati alluso di materiali reali.

Nella Casa dei bambini lambiente sar: proporzionato alle capacit motorie, operative e mentali dei bambini per essere attivamente utilizzato e padroneggiato; ordinato e organizzato affinch, attraverso punti di riferimento non discontinui, il bambino possa formarsi una propria visione della realt che anche emotivamente abbia carattere di rassicurazione e certezza; calmo e armonioso per favorire la libera espansione degli interessi e delle esperienze e una positiva dimensione psicoaffettiva necessaria al sorgere del sentimento di fiducia in s e negli altri; curato e ben articolato nei particolari anche per stimolare il bambino alla scoperta dellerrore e allautocorrezio ne; attraente e bello affinch sia suscitato il naturale amore estetico del bambino verso tutto ci che rivela qualit di gentilezza, di ordine, di gradevolezza, di cura e attenzione.

Nella Scuola Elementare lambiente sar razionalmente organizzato e articolato anche in vista della pi attiva ricerca di relazione e di socialit che sono caratteristiche di questa et. Esso dovr favorire: la sperimentazione e il lavoro individuale e di gruppo; la lettura e la consultazione di testi con una essenziale biblioteca di classe; la raccolta, lo studio e la valorizzazione di elementi forniti dalla natura come occasione per la ricerca e le uscite di osservazione; lapertura alla realt extrascolastica e al territorio (la scuola entra nel mondo e il mondo entr a nella scuola); le attivit manuali legate al lavoro dellumanit, ma sempre collegate allo sviluppo della mente: il lavoro delle mani - ha scritto Maria Montessori - deve sempre accompagnare il lavoro della mente in virt di una unit funzionale della personalit.

Come noto, lambiente tipico di una scuola montessoriana si distingue per la presenza dei necessari strumenti di lavoro psico-motorio e intellettivo dei bambini, strumenti definiti materiali di sviluppo e di formazione interiore. Il bambino, come peraltro ogni essere vivente, guidato dai suoi misteriosi impulsi vitali ad adattarsi allambiente assorbendone i caratteri . Laddove esso sia confuso, instabile, incompiuto, n utile n necessario, privo di attrattiva e di interesse e non direttamente utilizzabile per una personale sperimentazione di conoscenza, ebbene il bambino assimiler questi caratteri negativi senza poter esercitare in modo chiaro, preciso e finalizzato i propri poteri psichici e mentali. In sostanza gli impedita o resa difficile la stessa formazione del carattere. Per questo motivo di fondo, strettamente legato alla costruzione di una personalit attiva e disciplinata, lambiente educativo montessoriano stato definito come maestro di vita e di cultura, come ambien te educatore. Il lavoro organizzato la dimensione pratica nella quale vivono e si realizzano i due presupposti scientifici che sostengono le ragioni e la necessit del metodo Montessori. Il primo di essi riguarda il bambino, ossia la sua natura che gli comanda,

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attraverso spinte interiori, impulsi delicati e profondi, di realizzare il proprio sviluppo psichico. soltanto la natura che gli suggerisce che cosa fare, quando farlo e come farlo, e lo guida nella creazione dei propri organi psichici (si pensi al mov imento e al linguaggio) mettendogli a disposizione particolari e temporanee sensitivit. Queste presiedono alla preparazione e formazione di forze e poteri che non potranno essere positivamente acquisiti quando i corrispondenti periodi sensitivi abbiano cessato di agire in modo intenso e dominante. Pertanto lo sviluppo psichico non avviene a caso n ha origine da stimoli esterni: certamente il bambino deve essere esposto allambiente alle cui spese si sviluppa; ma se lambiente necessario affinch il bambino agisca e incarni se stesso, la propria creazione psichica e mentale il risultato di una volont interna, di un misterioso segreto vitale: In questi rapporti sensitivi tra il bambino e lambiente, sta la chiave che pu aprirci al fondo misterioso in cui lembrione spirituale compie i miracoli della crescenza .

Il secondo presupposto afferma che i bambini hanno una forma mentale propria e diversa dalladulto: la mente inconscia e assorbente, creatrice della natura delluomo e della sua cultura: movime nto, linguaggio, pensiero, amore. Ma il bambino non crea e assorbe a caso, ma attraverso una guida severa e ordinata. Egli segue leggi costanti che creano normalmente i fatti dello sviluppo rispettandone i tempi di manifestazione ed esplosione. Per il solo fatto di vivere il bambino impara o meglio assorbe e fa suo tutto ci che lambiente offre alla sua attenzione trasformandolo in cultura e civilt e assicurando cos la continuit storica dellumanit. La scuola, a partire da questi fatti e fenomeni natur ali, perci coltivazione dellumanit, aiuto alla sua espansione e formazione: le menti in via di sviluppo hanno lavidit di un corpo affamato . La cultura del bambino , dunque, il risultato del suo libero lavoro nel corso di esperienze personali donde egli trae e assorbe gli elementi costitutivi, i quali si fissano nel suo spirito preparandosi a dare nuovi frutti. La scuola nel suo insieme e le aule non sono confini limitanti, ma luoghi di storie e di esperienze, perch il bambino circolandovi liberamente scopre nuove possibilit di lavoro e di conoscenza. Il bambino istintivamente si porta dove c opportunit di lavoro, di esperienza, di osservazione, di studio. La scuola Montessori rifiuta la concezione segmentaria dello spazio e del tempo, e si fa realt di vita e di ricerca in ogni suo luogo e momento, perch il bambino vive e si educa ovunque e sempre. I bambini desiderano conoscere e sapere, domandano e ricercano, pensano e immaginano perch istintivamente sanno che i fenomeni e i fatti debbono essere spiegati e giustificati e che essi vivono e esistono secondo determinate leggi e propriet. Ogni cosa pensata in una visione pi vasta della realt. Ma, ha scritto Maria Montessori, essi hanno bisogno di ricevere risposte complete, che provocano il loro entusiasmo e suscitano il bisogno di nuove ricerche e di attivit intensa .Gli insegnanti dovranno essere allaltezza di tale prorompente bisogno, ampliando la loro vita psichica, penetrando con le loro ricerche i n campi inesplorati, aprendosi a pi larghi orizzonti, impadronendosi di nuove conoscenze di cui forse non sospettano lesistenza. Pertanto, ha ricordato la Montessori, la scuola deve essere vivificata da uno spirito nuovo, deve essere animata da un maestro saggio, pi saggio di qualunque altro individuo umano, che conosce e rispetta le leggi delleducazione . Linsegnante montessoriano opera dunque con la fondata speranza che ogni individuo sia chiamato dalla natura a realizzare la propria evoluzione psichica, secondo un disegno da essa preordinato, purch egli viva in un ambiente adatto alle forme del suo lavoro. Linsegnante allora non giudica i risultati conseguiti dal bambino, ma le cause che ne impediscono o ritardano lascesa provvedendo a osservarle e capirle e a modificare le circostanze che ostacolano il normale sviluppo. Per questo motivo egli non ha un centro e una periferia nella classe ed contemporaneamente assente e presente: vicino al bambino che richiede la sua presenza, gli siede accanto con una piccola sedia, gli parla dolcemente e brevemente, senza

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sovrastare il bambino con il corpo e la parola adulti. Aiuta senza interrompere e correggere, e questo aiuto dato senza disturbare il lavoro e la concentrazione degli altri bambini. Il materiale Montessori il capitolo centrale del metodo e rende linsegnante stessa una figura di contatto e di mediazione. Il materiale , per cos dire, un eserciziario dello spirito, in quanto il bambino vi esercita la propria sensorialit ed intelligenza, liberamente attirato dalle segrete informazioni e dalle inesplorate soluzioni che esso racchiude. Penetrando il materiale strutturato i bambini si rendono conto di come operano, pensano, adottano ipotesi, congetture e soluzioni, di come classificano, risolvono problemi e modificano le proprie rappresentazioni mentali. In questo senso il materiale Montessori ha una valenza metacognitiva pressoch assente in altri materiali e tecniche di apprendimento. Non solo, ma i bambini sono consapevoli di costruire la propria conoscenza, integrano le informazioni nuove a quelle gi possedute, esplorano e scelgono le strategie, anche alternative, per impadronirsi di una nozione, di una operazione matematica, di un testo anche poetico. Poich il loro lavoro intimamente personale, essi esperimentano e conquistano il sentimento della propria autonomia e identit. certo che la dotazione storica del materiale Montessori sempre e necessariamente aperta allo studio e alla inventivit dellinsegnante che esperimenta e adotta nuovi mezzi, ma solo nella loro congruenza e conformit ai principi del metodo. In questo caso non escluso che si avvalga anche di materiali strutturati disponibili sul mercato.

La centralit del personaggio In unottica in cui il laboratorio teatrale diventa strumento privilegi ato di prevenzione al disagio i conduttori, secondo quanto analizzato finora, acquisiranno consapevolezza sugli obiettivi primari che tale strumento dovr portare a compimento. Il teatro, in questo senso, diventer qualcosa di pi delle semplici parole messe in bocca ai personaggi. Saranno i personaggi stessi con le loro parole, le loro storie a legarsi intimamente con la storia personale degli attori stessi, i loro conflitti, le loro paure tanto da trasformare il loro di-sagio in agio, attraverso le parole del Teatro, si potr interpretare il mondo, attraverso una motivazione tutta nuova in grado restituire senso, voglia di mettersi in gioco, di relazionarsi con laltro (gli altri pe rsonaggi) che spesso si oppone ai nostri desideri. Essere qualcosa di diverso da quello che si , permette di entrare in processi di creazione e di nuove regole di creazione, il laboratorio un mezzo per dotare di ogni tipo di strumenti espressivi gli alunni, con il fine di facilitare il loro stesso sviluppo e per aiutarli a superare e rendere pi ampi i propri limiti . (Fernando Bercebal, Drama. Un estadio intermedio entre juego y teatro, Ed. aque, Ciudad Real Editora, 1995) Il Teatro, dunque, attraverso le sue origini rituali e ludiche, elabora i vissuti di disagio vissuti da chi si accinge a creare il personaggio e lo fa percorrendo meccanismi come la catarsi, limitazione, la produzione simbolica. Il corpo, la voce diventano strumenti fondamentali per creare un personaggio che non possono essere nascosti, occorre lavorare su di s, in mezzo agli altri e possedere lo spazio. Essere padroni della propria voce che deve essere emessa per un certo tempo, avere una cadenza, creare atmosfere, coordinarsi con lazione. La rappresentazione di un personaggio, le difficolt dello stare in scena, i trucchi per acquisire pi sicurezza, per comunicare maggiormente uno stato danimo portano lutente a sperimentare se stesso nella realt che lo circonda, prendere coscienza del proprio essere, delle proprie capacit e potenzialit, per lo pi spesso sconosciute. Creare il personaggio significa, dunque, creare un cambiamento poich si impara a cambiare e cambiarsi, concentrarsi sullinesistente, manipolare cose ed emozioni, evocare la propria memoria affettiva per crearne di nuove ed entrare in contatto con il diverso da s auto-controllandosi.

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La diversit dall'altro, con le sofferenze che pu provocare, fonda l'esistere dell'esperienza teatrale stessa, possibile solo nel distinguersi di un attore e di uno spettatore. L'alterit riconosciuta si fa specchio in cui affermare la propria e l'altrui pluralit, nell'esperienza creativa del corpo espressivo e intenzionale . (http://delteatro.it/dizionario_dello_spettacolo_del_900/d/disagio_teatro_e.php).

Apprendere ad apprendere "Apprendere ad apprendere" unespressione che sta a dimostrare l'acquisizione di un metodo, anche quel genere di apprendimento che offre la possibilit di aprirsi ad un secondo apprendimento, nuovo o di livello differente. In altre parole, lapprendere ad apprendere va oltre l'oggetto che ha generato una specifica abilit (cognitiva, strumentale ecc.) e oltre la circostanza della sua acquisizione. Secondo Gregory Bateson lapprendimento produce un cambiamento, luomo sin dellinfanzia ha imparato ad apprendere in ambito familiare, e in contesti che si sono quotidianamente ripetuti. Insegnare ad apprendere nuovi metodi, come quello del teatro, significa stimolare nuove curiosit, creativit, ingegno vivendo il tutto alla luce dei primissimi precedenti apprendimenti. in virt del significato che ciascuno d allesperienza dapprendimento che possibile quella che Bateson chiama 'l'uscita creativa': a causa di una difficolt o di particolari stati danimo, una persona re-interpreta l'esperienza, vede in modo nuovo la realt, sempre alla luce degli apprendimenti profondi - mai uguali agli apprendimenti altrui - che ha acquisito stando al mondo. (Cfr. Gregory Bateson Le categorie logiche dell'apprendimento e della comunicazione , in Verso unecologia della mente, Adelphi, Milano 1976). Sono le esperienze nuove e lapertura verso queste che stimolano la creativit, limmaginazione. Ci sono indubbiamente materie di studio per vocazione 'creative' (il teatro, la musica, il disegno, la danza), che danno la possibilit alluomo di rapportarsi al mondo in modo differente, sino ad arrivare a guardarlo come non lo si mai guardato. Le capacit di apprendimento, dunque, sono solo in minima parte delle abilit innate e normalmente si esprimono in ciascun di noi al di sotto delle nostre reali potenzialit. Ci accade perch ci si ferma per lo pi ad abitudini disfunzionali acquisite nel tempo, credenze limitanti, e, soprattutto, a scarsa auto-consapevolezza. Lobiettivo di migliorare la stessa capacit di apprendimento attraverso un vero e proprio percorso di self-empowerment personale in grado di accompagnare alla conoscenza e al pieno sviluppo delle proprie capacit di apprendimento, riuscendo cos a prendere coscienza del modo in cui si apprende di apprendere e quindi a migliorarlo, per poi valorizzare e sviluppare la creativit, sperimentare nuove strategie, risvegliare la curiosit e lattitudine a porsi domande. (Cfr. Daniele Mattoni, Crescita personale Apprendimento, memoria, Milano, Franco Angeli, 2008).

Bibliografia Bateson, G., Le categorie logiche dell'apprendimento e della comunicazione, in Verso unecologia della mente , Adelphi, Milano 1976 Bercebal, F., Drama. Un estadio intermedio entre juego y teatro, Ed. aque, Ciudad Real Editora, 1995 De Santos, J. L. A., Labc del teatro volume 2, Roma, Dino Audino Editore, 2007 Hatcher, J., Scrivere per il teatro, Roma, Dino Audino Editore, 1996 Mattoni, D., Crescita personale Apprendimento, memoria, Milano, Franco Angeli, 2008

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Scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

Mappa scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

1. Metodologia e Prassi

AC Teatro e Disagio

Scheda 1.a Teatro educativo

Scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

Contenuti: Facciamo finta che io ero... Creativit, immaginazione e teatralit

Scheda 1.c Metodi di teatro creativo

Scheda 1.d Orientamenti di Teatro terapeutico

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OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Labilit di drammatizzare, di avere la possibilit di giocare tra mondo oggettivo e la realt dellimmaginazione, segna una significativa evoluzione nellampliamento della coscienza umana creando le condizioni di mettere in luce e prendere coscienza dei processi inconsci e quindi a livello terapeutico di arrivare allobiettivo di aiutare ad esprimere con sicurezza i propri problemi e ad acquisire padronanza (Cfr. Landy R. Drammaterapia, Treviso, Edizioni universitarie romane, 1999, 93). Queste riflessioni intorno allattivit ludica in generale spiegano anche aspetti del teatro come forma di gioco dellimprovvisazione, in cui allattore richiesto un certo allenamento al gioco simbolico dellimmedesimazione in un personaggio, dove, pur rappresentando un a ltro, lindividuo vuole essere se stesso, vuole essere con qualcuno, essere in contatto con ci che non conosce ancora. In questo senso il gioco del teatro di per s una psicoterapia per ladulto (Orioli W. Teatroterapia, Trento, Erickson, 2007, 23). Il gioco del teatro, dunque, provoca cambiamento nelle persone. Utilizzando tale strumento come mezzo ludico- espressivo si possono generare situazioni di gratificazione e di emozione positiva promuovendo la qualit della vita soprattutto in quei ragazzi che , nel periodo delladolescenza, vivono molti fallimenti (uno di questi pu essere, per esempio, labbandono scolastico) come conferma di unimmagine di s svalorizzata, inadeguata e senza speranze. La possibilit di riuscire al meglio secondo proprie potenzialit e capacit, la messa in gioco di aspetti sconosciuti, il positivo utilizzo di energie per fare sono tutti aspetti che definiscono positivamente la funzione del gioco teatrale.

INTRODUZIONE Il gioco una forma collettiva naturale che procura il coinvolgimento e la libert personale necessari al fare esperienza. I giochi sviluppano le tecniche e le abilit personali necessarie al gioco stesso, mediante lo svolgimento del gioco (Spolin V. Esercizi e improvvisazioni per il teatro , Roma, Dino Audino Editore, 2005, 12). Il teatro, inteso come esperienza creativa e ricreativa, pu costituire una via di fuga dalla quotidianit dellindividuo, per di pi, ha una forte componente ludica che non pu e non deve essere trascurata. Luniverso del gioco app are governato da una serie di regole, che possono essere trasferite nelluniverso teatrale, interagendo con i suoi codici e le sue strutture. Non a caso molti sono stati gli studiosi che hanno ricercato e analizzato diverse teorie sul gioco e in tutte emerge un comune aspetto fondamentale: la sua natura drammatica in quanto il dramma una dialettica tra il reale, la quotidianit e limmaginazione. Il bambino, o ladulto, che gioca esplora il contesto in cui vive tramite limmaginazione. Il contesto del gi oco immaginativo e spontaneo, caratterizzato dalla qualit di trasformazione della realt oggettiva in rappresentazioni soggettive (Landy R. Drammaterapia, Treviso, Edizioni universitarie romane, 1999, 90). Il teatro, dunque, utilizzato in diversi contesti terapeutici o come attivit finalizzata alla prevenzione, diventa strumento privilegiato in grado di far acquisire padronanza della realt rappresentata proprio come avviene nel gioco, in grado, soprattutto di creare quellequilibrio che porta allempo werment, allacquisizione di abilit di orientamento, di problem -solving e di creativit individuale e di gruppo. Nel gioco si riesce ad entrare in unarea tutta particolare in grado di mettere da parte legocentrismo e di dare alla crescita uno spazio pro prio ma che, allo stesso tempo, anche condivisibile, lo spazio dellindipendenza, dello stare da soli alla presenza di qualcuno provando gioia nello sperimentare la libera espressione forma primaria e necessaria di comunicazione e di relazione tra uomini. Influente in questo senso la nozione di gioco drammatico, diffusa in Francia sin dagli anni trenta da Louis Chancerel come forma di libera espressione ricercata dai ragazzi in funzione del proprio piacere (Rostagno R. Animazione, Torino, Rostagno, 1980, 342).

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Il gioco drammatico funziona, per, soltanto quando si ritagliano uno spazio e un tempo. Lo spazio non percepito dal giocatore come completamente fuori da s e neppure totalmente dentro. Il giocatore non separabile dallazione di giocare (Orioli W. Teatroterapia, Trento, Erickson, 2007, 23).

Facciamo finta che io ero Come gi anticipato nellintroduzione, nel gioco del teatro il piano della realt e quello della irrealt sono contigui e per certi versi interscambiabili. Quando si mette in atto il gioco del far finta di entra in campo liniziativa, la capacit di far fronte a determinate situazioni che si vengono a creare proprio attraverso lesperienza del gioco, si ha la possibilit di scavare tra cose e vissuti, tra fatti e schemi mentali, fra il piano della realt e quello dellimmaginazione e la conquista maggiore diventa lapprendimento o una piccola parte dapprendimento. per tale motivo che il gioco del teatro o meglio il gioco del far finta di va preso seriamente in consideraz ione. Il bambino, per esempio, quando finge di guidare unautomobile mentre afferra soltanto lo schienale di una sedia, lo fa con seriet, sapendo benissimo che non si tratta di una vera e propria automobile, al bambino preme latto, il vissuto, il significato, laspetto soggettivo del gesto compiuto. Adattamento e apprendimento, perci, si avvantaggiano del carattere simbolico del gioco, inoltre, il rielaborare sotto forma di gioco simbolico situazioni reali di vita quotidiana o non porta allesplorazione e rielaborazione, soprattutto in forma terapeutica, del proprio vissuto emotivo (Cfr. Paparella N. Pedagogia dellinfanzia, principi e criteri, Roma, Armando Editore, 2005, 67).

Il gioco del far finta di assume, tuttavia, durante la crescita di un uomo, diverse caratteristiche che possiamo definire s tadi evolutivi studiati e teorizzati da diversi ricercatori come Peter Slade (1954) e successivamente da Richard Courtney (1982). Secondo tali teorie, esistono diversi stadi in cui lessere umano, attraverso il gioco, passa da una prima identificazione con la madre, successivamente alla capacit di interpretare un ruolo fino ad arrivare a creare, soprattutto in gruppo, veri e propri esperimenti di improvvisazione. Nello stadio finale delladulto si realizza un processo di socializzazione continua mediata dallinterpretazione di un ruolo. Alcuni continueranno lesplorazione della forma drammatica prendendo parte ad attivit teatrali. A questo punto lattivit drammatica diviene pi complessa, evolvendosi in una situazione di interpretazione di ruolo o di improvvisazione (Landy R. Drammaterapia, Treviso, Edizioni universitarie romane, 1999, 122). Chi sperimenta questo tipo di gioco, mentre fa finta di essere qualcun altro e improvvisa un ruolo, riesce anche a liberarsi e a generare fiducia in se stessi e nel gruppo, che in quel momento impegnato a giocare con altri ruoli, si ha la possibilit, inoltre, di entrare a far parte di uno spazio tutto speciale, vivo, organico, ricco di stimoli liberandosi dalle risposte ristrette di un comportamento prestabilito, che inibisce la spontaneit ma che, invece, genera la capacit di far fronte a determinate situazioni attraverso il coinvolgimento e la libert di sperimentarsi, di essere creativi. Attraverso il gioco del far finta di vengono sviluppate abilit in grado di far dissolvere conflitti e tensioni per far fronte alle richieste poste dalla situazione.

Qualunque gioco degno di essere giocato fortemente sociale, e presenta un problema che deve essere risolto al suo interno: un obiettivo nel quale ogni individuo deve coinvolgersi, che si tratti di raggiungere una meta o di lanciare un gettone in un bicchiere. Perch il gioco possa essere giocato il gruppo deve accordarsi sulle regole del gioco e interagire allo scopo di raggiungere lobiettivo. I giocatori divengono agili e vigili, pronti e aperti a qualunque mossa inusuale, mentre reagiscono contemporaneamente ai tanti avvenimenti casuali. La capacit personale di entrare in contatto col problema del gioco e lo sforzo portato avanti per gestire i molteplici stimoli provocati dal gioco determinano la portata di questa crescita.

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La crescita avverr senza difficolt nellallievo attore, perch sar proprio il gioco a soccorrerlo. Lobiettivo sul quale il giocatore deve costantemente focalizzarsi e verso il quale ogni azione deve essere diretta provoca la spontaneit. In questa spontaneit si sprigiona la libert personale e si risveglia la totalit della persona, fisicamente, intellettualmente e intuitivamente. Ci causa nellallievo uneccitazione capace di fargli superare se stesso: diventa libero di entrare nellambiente, di esplorarlo, di avventurarsi e di affrontare senza paura tutti i peri coli che incontra. (Spolin V. Esercizi e improvvisazioni per il teatro, Roma, Dino Audino Editore, 2005, 12).

Creativit, Immaginazione, Teatralit Attraverso leducazione alla teatralit, oltre a trasmettere apprendimento, si d la possibilit al fruito re di entrare in unesperienza arricchente in grado di sviluppare fantasia, immaginazione e abilit creative, tali abilit vengono sviluppate proprio nel momento in cui una persona sta ricavando tutto il divertimento che un gioco possa offrire. Creativit e immaginazione, inoltre, riescono a far fronte a qualunque crisi che il gioco possa proporre, poich giocando diventa chiaro che il giocatore libero di raggiungere lo scopo del gioco secondo lo stile che preferisce. Fintanto che rispetta le regole del gioco pu dondolarsi, stare a testa in gi, o volare per aria (Spolin V. Esercizi e improvvisazioni per il teatro, Roma Dino Audino Editore, 2005, 12). Immaginazione e creativit, dunque, vengono solo incrementate dalla pratica, non esistono tecniche prestabilite per ottenerle: Ci che va ricordato quando si lavora sullimmaginazione che la teatralit nasce solo quando si recita con delle cose, e non con lidea delle cose. Ora, le cose in se stesse, nella loro essenza, la poesia a darcele, come in un lampo. Limmaginazione consiste dunque in questo potere di trasformare, una cosa banale, prigioniera della sua funzionalit, in un mezzo disponibile per la sua creazione artistica e per la creazione teatrale, allinterno di un a storia. Del resto questa trasformazione pu poggiare sugli accessori, i costumi, il trucco, cos come sulle emozioni (Spolin V. Esercizi e improvvisazioni per il teatro, Roma, Dino Audino Editore, 2005, 12).

Utilizzando il gioco del teatro come strumento in grado di accrescere lin ventiva e la libera espressione non si fa altro che alimentare quellattivit creativa interiore in grado di far lavorare sul proprio s, di far entrare nellimmaginario, in una dimensione inconscia per poi ritornare a un processo di ridefinizione in termini positivi della propria identit personale, ricostruendo un livello accettabile di autostima e di ridefinizione del s. Limmaginazione e la creativit, non sono strumen ti impenetrabili, ma se utilizzati e alimentati nella pratica quotidiana sono in grado di supportare modalit espressive diversificate, codici di comunicazioni alterni in grado di dare un senso a se stessi, ai propri comportamenti e alle proprie relazioni, in grado, inoltre, di mettere in atto strategie di volta in volta pi elaborate per affrontare problemi nuovi. Le finalit pedagogiche del fare teatro dunque sono quelle dellimparare a esprimersi, a comunicare, ad usare la fantasia, limmaginazione, ma anche, e soprattutto, stare insieme agli altri, con -dividere. La risposta al bisogno di creativit che in ogni persona, la ricerca del propria personalit in rapporto con gli altri sono momenti fondamentali che si possono riscoprire divertendosi al gioco del teatro. Per tali motivi diventa importante una proposta di educazione alla teatralit. La teatralit non ancora il teatro, qualcosa che appartiene a tutti, che si pu ritrovare nella vita di tutti i giorni. *+ Fondamentale in questa prospettiva il gioco di finzione attraverso il quale il bambino si rapporta alla realt (Orioli, 79). Bisogna partire dunque dal gioco, dal piacere che si prova giocando, per incoraggiare a sperimentare la teatralit e arrivare cos allatto creativo che poi porter al progetto teatrale che racchiude in s una grande ricchezza formativa.

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Bibliografia Bertini P., Ragazzi difficili, pedagogia interpretativa e livelli di intervento , Firenze, La Nuova Italia, 1999 Caterina R., Che cosa sono le arti-terapie, Roma, Carocci, 2005 Demetrio D., Manuale di Educazione degli adulti, Roma, La terza, 2003 Gonfalonieri E., G. Scaratti (a cura di), Storie di crescita. Approccio narrativo e costruzione del s in adolescenza , Milano, Unicopli, 2000 Oriol W., Teatroterapia, Trento, Erickson, 2007 Paparella N., Pedagogia dellinfanzia, Roma, Armando Editore, 2005 Pezin P., Il libro degli esercizi per attori, Roma, Dino Audino editore, 2003 Spolin V, Esercizi e improvvisazioni per il teatro, Roma, Dino Audino Editore, 2005

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Scheda 1.c Metodi di Teatro Creativo


vedi anche Vol. II Approfondimenti
3. Psicodramma e Drammaterapia 4. Teatro delloppresso

Mappa scheda 1.c Metodi di Teatro creativo

1. Metodologia e Prassi

AC Teatro e Disagio

Scheda 1.a

Scheda 1.b

Teatro educativo

Il gioco e la terapia del gioco

Scheda 1.c Metodi di teatro creativo

Scheda 1.d Orientamenti di Teatro terapeutico

Contenuti: Psicodramma Drammaterapia Playback theatre Nuovo circo e Teatro di strada

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OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO La funzione terapeutica e di cura a cui vuole assolvere il teatro e larte terapia in generale, legata a obiettivi specific i che devono essere ben chiari a chi intende approcciarsi a tale metodologia di cambiamento. Attraverso lacquisizione di conoscenze relative ai metodi di teatro creativo il conduttore di gruppi deve assolvere un compito principale: cercare di risolvere la situazione di emarginazione psichica o sociale dei componenti del gruppo dando loro la possibilit di esprimere in maniera adeguata ci che sentono, le loro emozioni e trovare nel rapporto con il conduttore del gruppo e con il gruppo stesso una struttura efficace di contenimento.

INTRODUZIONE Le arti terapie, il teatro educativo, il teatro sociale, il teatro di comunit, o come variamente viene definito, costituisce un nuovo modo di vedere il teatro. a partire dagli anni sessanta che si sente lesigenza di uscire fuori dai canoni specialist ici che vedono il teatro come una forma darte apprezzabile soltanto dal punto di vista este tico e che pu essere fatta soltanto da professionisti e in luoghi deputati per le rappresentazioni, al contrario, il teatro sente lesigenza di cominciare ad occupa rsi, attraverso un rinnovamento radicale, del disagio e dei problemi sociali. Larte, in questo modo, comincer a diventare formazione ed emancipazione per le persone. Il Teatro, in particolare, intende favorire processi di comunicazione in chi spesso ha difficolt a comunicare, a rapportarsi con gli altri, ad avere un ruolo sociale. Lintento di stimolare, far emergere in modo positivo quei lati creativi presenti in ogni individuo. Oggi esistono centinaia di pratiche, di metodi, di applicazioni, di scuole che affidano allesperienza teatrale una forte val enza socio-psicologica ma, tutte, si rifanno in qualche modo alle idee di base di Moreno inventore dello psicodramma e del teatro della spontaneit. Moreno matur una serie di tecniche di improvvisazione e di giochi di ruolo volti a rappresentare i conflitti e i drammi degli individui e a liberarli dalle oppressioni sociali attraverso la spontanea espressivit. (Cfr. Bernardi C., Teatro sociale. Larte tra disagio e cura, Roma, Carrocci, 2005) Nel corso del tempo le arti-terapie hanno assunto caratteristiche specifiche che pian piano hanno cominciato ad assumere una loro singolarit differenziandosi dalla psicoanalisi e dalle altre forme di psicoterapia. Nel modulo precedente, stata rilevata, per esempio, la forte influenza, ottenuta in Francia da Louis Chancerel, sulla nozione di gioco drammatico che egli definiva forma di libera espressione ricercata dai ragazzi in funzione del proprio piacere . (Rostagno R. 1980, Animazione, in Attisani A. (a cura di) Enciclopedia del teatro del 900, Milano, Feltrinelli, 1980, 342). Rilevanti furono anche gli influssi di movimenti come lMCE (Movimento di Cooperazione Educativa), il Teatro degli Oppressi di Augusto Boal, lAnimazione Teatrale, movimento nato in Italia alla fine degli anni sessanta che utilizza il Teatro come originale metodo pedagogico. Un percorso esemplare nel campo dellanimazione teatrale stato quello di Giuliano Scabia, definito poeta -animatore, tra i suoi pi celebri interventi da ricordare, sicuramente quello promosso, in un ospedale psichiatrico di Trieste tra il 1972 e il 1973 da Franco Basaglia. Nei laboratori interni allospedale psichiatrico si stabil di preparare una grande parata di tutte le persone rinchiuse da anni nel manicomio che doveva invadere la citt e terminare con una grande festa . (Bernardi, 46) Sempre in Italia, negli anni settanta, ebbe inizio la grande stagione delle politiche culturali, lallargamento offerto alla popolazione nellambito dei beni immateriali e materiali volti a migliorare la qualit della vita. Iniziano, cos, a sviluppa rsi iniziative e attivit relative al settore spettacolo.

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In tutte le citt pullulavano gruppi di giovani, pi o meno politicizzati, ma tutti pronti a contribuire ad un forte cambiamento e rinnovamento delle istituzioni e della societ. I pi propositivi erano i gruppi di teatro che nelle grandi citt sceglievano di lavorare nelle periferie e nei quartieri di maggior degrado sociale. Denunciavano con il teatro di strada o le grandi animazioni le oppressioni sociali, le alienazioni, lemarginazione. Ricostituivano con i laborato ri nuove aggregazioni, nuovi soggetti, nuovi attori. (Bernardi, 53-54) Da non dimenticare anche la valenza assunta dal Teatro Sociale e del suo stretto rapporto tra individuo (il teatro) e gruppo (il sociale) e, infine, la Teatro Terapia utilizzata da psicologi, terapisti, dramma terapeuti per risolvere problemi interiori e relazionali di individui o di piccoli gruppi. I confini tra queste aree teatriche sembrano, in realt molto differenti ma tra loro c una linea comune che mette in evidenza un unico obiettivo: il benessere psicofisico delle singole persone in armonia con lambiente che le circonda.

Psicodramma Nella storia della psicologia e della psichiatria dinamica Jacob Levi Moreno entra come il creatore dello psicodramma e uno dei principali inventori della psicoterapia di gruppo. A lui si deve lidea rivoluzionaria di aiutare lindividuo intervenendo sul suo sistema di relazioni interpersonali. Lo psicodramma pu essere definito come la scienza che, attraverso metodi drammatici, esplora la verit, non a caso letimologia greca della parola dramma significa azione; azione che richiede lutilizzo di cinque strumenti: il palcoscenico, il soggetto o paziente, il regista o direttore, il gruppo degli assistenti terapeutici, detti anche Io ausiliari e il pubblico. Il palcoscenico fornisce al paziente uno spazio che rappresenta la realt ma, sicuramente, uno spazio pi rassicurante dove il paziente pu sentirsi libero di esprimersi e di far prendere corpo ai sentimenti, le emozioni, le illusioni e allucinazioni. Al soggetto paziente viene richiesto di essere se stesso sul palcoscenico, non un attore a cui chiesto di reprimere il proprio s per dare spazio al ruolo imposto da qualcun altro, ma il soggetto attraverso la sua azione drammatica deve dare un esempio della sua vita quotidiana, esprimersi liberamente man mano che le cose gli vengono in mente, egli cos potr incontrare non solo parti di se stesso ma anche le altre persone (reali o illusorie) che prendono parte ai suoi conflitti mentali. Lesame della vita quotidiana del paziente, che nelle altre terapie viene analizzata soltanto in forma passiva, qui viene effettivamente realizzato sul palcoscenico. Tante possono essere le tecniche di riscaldamento del soggetto al ritratto psicodrammatico come il soliloquio, la presentazione di s, linversione di ruoli, il doppio, la tecnica dello specchio tutte, per, hanno un unico scopo: incoraggiare i pazienti non a essere attori ma ci che essi profondamente sono. Il terzo strumento pu essere definito in vari modi e pu ricoprire diverse funzioni: regista, terapeuta, analista. Il regista, in particolare, deve essere abile ad accordare landamento della sua regia con la vita del soggetto. A questa figura, inoltre, p u risultare utile far collimare allandamento del dramma informazioni ricavate dal pubblico, mariti, genitori, amici ecc. Estensioni del regista ma anche del paziente possono essere gli attori terapeutici o Io ausiliari poich raffigurano le persone reali o immaginate nel mondo del paziente e allo stesso tempo svolgono la funzione guida e indagatore sociale. Anche il pubblico, quinto strumento dello psicodramma, pu aiutare il paziente poich, proprio come avveniva nel teatro greco, il pubblico stava in prima linea ed era portavoce, rifletteva e valutava ci che guardava, accettando o comprendendo con risate o violente proteste. Allo stesso modo succede nello psicodramma di Moreno e il pubblico, di conseguenza, diventa esso stesso paziente. (Cfr. Rosati O.(a cura di) Manuale di psicodramma Roma, Astrolabio, 1985, 29-33) Altro concetto fondamentale da chiarire per definire meglio lo psicodramma di Moreno la sua idea di ruolo. Il ruolo, secondo Moreno, non si crea a partire dallo sviluppo del linguaggio perch non ci si pu limitare solo ai ruoli sociali ma il

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concetto di ruolo va applicato a tutte le dimensioni della vita, esso inizia ad operare a partire dal momento della nascita in poi. Moreno parla di ruoli sociali, psicosomatici (ruolo del mangiare, ruolo sessuale) e psicodrammatici che esprimono la dimensione psicologica del s. Se il paziente dimostra di avere ci che Moreno definisce ruolo in conserva, in poche parole, un ruolo rigido, prefissato che non d possibilit di cambiamento, attraverso lo psicodramma i pazienti hanno la possibilit di acquisire nuove potenzialit trasformative del ruolo e metterle in atto attivando il processo della spontaneit e della creativit. Ci permette alla persona di esprimere i diversi aspetti della sua vita, aiutando a stabilire tra questi dei collegamenti costruttivi. Durante il processo drammatico, inoltre, il paziente ha la possibilit mettere in pratica un processo catartico (termine aristoteliano recuperato da Moreno e trasferito sullattore), rivivendo i conflitti irrisolti della propri a vita attraverso la rappresentazione, il paziente, sperimenta un intenso flusso emotivo, che gli permette di esprimere le emozioni represse legate allepisodio in questione. (Cfr. Pitruzzella S. Manuale di teatro creativo, Milano, Franco Angeli, 2004, 31) In anni pi recenti lo psicodramma moderno risulta essere molto diverso da quello messo a punto da Moreno. Dagli anni quaranta in poi infatti, esso ha assunto via via unimpostazione prevalentemente psicoanalitica, allontanandosi dall'impronta dichiaratamente antipsicoanalitica del suo fondatore e perdendo cos il carattere di psicoterapia catartica (ritenuta inefficace per trasformare la struttura psichica profonda). Lo psicodramma psicoanalitico vieta il contatto fisico fra partecipanti, assegna agli analisti presenti il compito di costituire l'oggetto del transfert e ai partecipanti quello delle identificazioni, mentre lo scopo della rappresentazione, che avviene in assenza di pubblico, non ha in vista la catarsi, ma l'interpretazione, non della realt rappresentata, ma dell'immaginario del paziente-protagonista sul piano simbolico. Le sedute si svolgono in orari che sono regolarmente stabiliti, in spazi che non ospitano accessori teatrali e sono condotte da due analisti, di solito di sesso diverso, a cui spetta il compito dell'interpretazione dei conflitti che lo psicodramma evidenzia. Molte sono le differenze riguardo le teorie e tecniche tra le diverse scuole di psicoanalisi e molte riguardano la composizione dellequipe di terapeuti, limportanza accordata allanalisi del controtransfert, i significati dellinterpretazione (freudiana, lacaniana, junghiana) e lo stile della sua enunciazione, le indicazioni e controindicazioni del trattamento, limplicazione d egli analisti nel gioco drammatico. In realt, vari approcci si sono combinati tra loro. Lo stesso Moreno riteneva che il superamento di ogni rigidit di ruolo e di quelle che chiamava cultural conserves potessero essere la combinazione vincente del suo metodo. Lo sviluppo degli psicodrammi analitici, paradossalmente, sembra dargli ragione e conferma la grandezza della sua invenzione. Molte, inoltre, sono le forme di teatro che hanno tratto spunto dallo psicodramma di Moreno, tutte tengono presente lassunto che il comportamento quotidiano gi di per s drammatico e che, quando viene a ma ncare labilit di interpretare spontaneamente il proprio ruolo, il dramma il modo pi appropriato per ripristinare una condizione di equilibrio. Fra le pi importanti forme di teatro a tener presente questultimo assunto c la drammaterapia che ora and remo ad analizzare.

Drammaterapia A differenza di quanto detto per lo psicodramma, la drammaterapia non fa riferimento a specifiche teorie e tecniche enunciate da singoli ricercatori. I concetti e la struttura metodologica della drammaterapia si inseriscono in una lunga tradizione di teatro educativo sviluppatasi prima in Gran Bretagna, poi negli Usa e in Canada grazie a studiosi come Peter Slade (il primo ad usare il termine drammaterapia) Brian Way Richard Courtney che, in prima persona, hanno praticato, in svariati contesti, gli effetti benefici, a livello pedagogico, provocati dallesperienza drammatica. (Cfr. Pitruzzella, 32)

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Certamente, la drammaterapia, si rif a molte delle maggiori teorie psicoterapeutiche, poich attenta alle diverse dimensioni del cliente: processi consci e inconsci, mente e corpo, sentimenti e intuizione, ma gli obiettivi dei drammaterapeuti si presentano pi sotto forma di obiettivi teatrali, educativi e ricreativi allo stesso tempo, poich il teatro, oltre a liberare emozioni, pensieri, anche quel mezzo attraverso il quale si vive un momento di tregua dai problemi quotidiani. Per capire bene su che linea si muove la drammaterapia occorre analizzare concetti e pratiche attraverso quelle forme creative alle quali i drammaterapeuti hanno dato molta importanza. La drammaterapia, dunque, una forma eclettica di fare teatro per il benessere delle persone che trae spunto da molti modelli, alla base vi la relazione dellopera teatra le (recitazione, improvvisazione, narrazione, sceneggiatura ecc.) con la terapia. Naturalmente, tra gli obiettivi principali, come in ogni forma di terapia che usa il teatro come strumento di prevenzione o cura del disagio, vi il cambiamento. Il cambiamento pu verificarsi nella consapevolezza (un individuo percepisce in modo differente la relazione con se stesso, gli altri e lambiente in cui vive) e nellazione (attraverso il processo della terapia, un individuo comincia ad agire in mo do diverso in relazione a se stesso, agli altri e al mondo). Spesso, per, consapevolezza e azione non vanno di pari passo, il paziente potrebbe acquisire consapevolezza ma non riuscire a mettere in pratica lazione o, al contrario, potrebbe mettere in pratica un cambiamento nei comportamenti ma non avere consapevolezza del suo stesso cambiamento. Occorre, dunque, che il drammaterapeuta utilizzi modelli di riferimento che abbiano alla base la natura creativa ed espressiva dellarte del dramma/teatro, accrescendo la gamma di ruoli del cliente e la sua capacit di interpretarli con pi pienezza, tenendo presente anche la natura stessa del cliente e quindi la scelta flessibile nellapplicazione della terapia in relazione a diff erenti persone e circostanze. (Cfr. Landy R. J. Drammaterapia. Concetti, teorie e pratica, Roma, Edizioni Universitarie Romane, 1999, 69). In questo modo si d la possibilit al paziente di incontrare nuove forme del s, di provare nuovi modi di entrare in relazione con gli altri e con se stessi mai praticati prima, esprimere e riconoscere emozioni profonde, sperimentare nuovi e diversi punti di vista sul mondo e sulle cose.

La drammaterapia un percorso di ricerca, di esplorazione, di scoperta, di recupero delle potenzialit e delle capacit creative presenti in ogni persona. Attraverso i processi drammatici,immaginativi e narrativi, propri del teatro, i soggetti hanno la possibilit di riattraversare in modo creativo la propria condizione, allontanandosi da rigidi schemi di comportamento per scoprire nuovi modi di trasformare la propria realt. (www.drammaterapia.it).

per tali motivi che il drammaterapeuta, a differenza degli psicoanalisti, deve saper praticare la forma artistica del teatro con competenza, deve fare esperienza del processo drammatico creativo, deve saper governare i fondamenti della performance teatrale e dellimprovvisazione, avere abilit creative attraverso lacquisizione di capacit recitative, di regia e di sceneggiatura, abilit che si possono acquisire soprattutto con la pratica applicata creativamente con gruppi di bambini, adolescenti o adulti. (Cfr. Landy, 75-76). Naturalmente, oltre a categorie di clienti come tossicodipendenti, detenuti, diversamente abili, borderline, sordi, ciechi, ritardati mentali, il drammaterapeuta lavora anche con persone che non presentano speciali invalidit ma che hanno lesigenza di fare questa determinata esperienza, in chiave preventiva, per riesaminare la propria vita. Il drammaterapeuta, dunque, deve tener presente le specifiche singolarit e l ambiente di provenienza del paziente. Oltre queste specifiche abilit, il drammaterapeuta deve essere in grado di inserire allinterno del percorso drammatico il gioco in grado di produrre la possibilit di accesso ad un processo creativo e condiviso poich nella drammaterapia il gruppo una risorsa fondamentale.

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Nella drammaterapia, infatti, il gruppo diventa il contenitore affettivo, si legittima sempre di pi come contenitore in cui possibile esplorare i conflitti e dar voce, sulla scena, a emozioni represse e a parti di s in ombra. per poi ristabilire un equilibrio individuale e di gruppo. Lequilibrio un concetto fondamentale nella drammaterapia, lobiettivo terapeutico, in quanto la persona con disagio o disturbata in disequilibrio, dominata da ruoli autodistruttivi, confusa o ansiosa di confrontarsi con le ambivalenze dei ruoli. Durante il dramma, invece, con lacquisizione di determinate ruoli, si pu riuscir e a dare un senso allesistenza. In conclusione, passiamo ad elencare, in maniera sintetica le tre diverse fasi in cui si suddivide un incontro di drammaterapia:

1. La fase di fondazione che quella iniziale destinata alla creazione del clima di gruppo (fiducia, intimit, collaborazione) e allattivazione delle risorse espressive dei partecipanti attraverso esercizi di attivazione fisica; giochi di conoscenza; improvvisazione corporea; giochi di fiducia; improvvisazione immaginativa e narrativa. In questa fase necessario attivare un contesto ludico e promuovere un clima affettivo positivo. 2. La fase di creazione quella centrale in cui si creano le scene e la drammaturgia e si mette in moto il processo creativo drammatico attraverso giochi di ruolo: immaginativi, sociali, familiari. In questa fase il gruppo passa da uno spazio ludico a un momento di ricerca creativa in cui possibile affrontare alcuni elementi problematici personali attraverso il contenitore protetto della finzione. 3. La fase finale di condivisione segna luscita dai ruoli e dalla realt drammatica ed quella in cui il percorso viene riesaminato dai partecipanti e ne vengono condivisi i vissuti soggettivi attraverso lo scambio verbale che non sempre necessario: la consapevolezza del percorso fatto pu esprimersi in termini simbolici e immaginativi, con un gesto o con un segno, o semplicemente col silenzio o con il puro esserci.

Queste fasi sono presenti nellarco di una singola seduta e sono fondamenti su cui si basa lintero processo drammatico.

Playback Theatre In anni pi recenti molte altre sono state le forme di teatro che hanno preso spunto dallo Psicodramma di Moreno, particolarmente importante da analizzare il Playback Theatre che nasce intorno alla met degli anni settanta. Il suo fondatore Jonathan Fox, sperimenta forme di teatro improvvisato fino a giungere a unidea di performance basata principalmente sulle storie di vita del pubblico, nasce quindi come una delle forme sperimentali delle esplorazioni teatrali degli anni settanta poich cercava di coinvolgere il pubblico e di portare il teatro pi vicino alla realt quotidiana, rompendo con la tradizione del teatro scritto. Fox, con lappoggio di Zerka Moreno e del Moreno Institute, ebbe la possibilit di sperimentare le sue idee e di dare origine ad una compagnia di attori non professionisti, che avevano ricevuto una formazione in psicodramma, sottoponendoli a un training di sviluppo della spontaneit. La Original Playback Theatre Company ebbe vita fino agli anni 80, ma lasci, in tutte le parti del mondo allievi e continuatori. In particolare, in Italia nel 2002 si costituita la SIPT (Scuola Italiana di Playback Theatre), essa affiliata alla International School of Playback Theatre di New Paltz (New York State) e organizza corsi di formazione accreditati dalla scuola internazionale di diverso livello in Italia e allestero. Realizza eventi pubblici per incrementare la ricerca e la sperimentazione e per costruire una rete tra chi si occupa di playback theatre. Alla base delle idee che vedono nascere la pratica del playback theatre vi quella che sostiene limportanza che alle persone debba essere restituita la dignit che meritano.

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"Le storie rappresentate in scena hanno un effetto di rispecchiamento sul pubblico, e provocano una diffusa risonanza empatica che rinsalda il senso della comunit. La nozione di catarsi qui molto pi vicina a quella di Aristotele che a quella di Moreno. Lattivazione della spontaneit, attraverso la rimozione dei blocchi psicologici che ne ostruiscono il naturale fluire, uno dei cardini del processo del playback theatre. Fox delinea quattro aspetti principali della spontaneit: Vitalit, Appropriatezza, Intuizione, Disponibilit al cambiamento" (Pitruzzella, 34).

Nuovo Circo e Teatro di Strada Negli ultimi anni molte sono state le esperienze che hanno visto il teatro di strada e forme darte singolari come il circo avvicinarsi ai contesti di disagio. Tali esperienze prendono certamente spunto dalle idee di Augusto Boal e del suo Teatro dellOppresso. Un teatro che rende attivo il pubblico e serve ai gruppi di "spett -attori" per esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realt che essi stessi vivono. Ha tra le finalit quella di far riscoprire alla gente la propria teatralit, vista come mezzo di conoscenza del reale, e di rendere gli spettatori protagonisti dellazione scenica, affinch lo siano anche nella vita. proprio da questi assunti che sembrano farsi strada nuovi modi di applicare larte al disagio, di utilizzarla come mezzo di intervento sociale. Oggi tali esperienze diventano sempre pi solide e diffuse, in particolare il circo viene sempre pi visto come quella forma darte in grado di sviluppare autostima dare lopportunit ai ragazzi di esprimere se stessi di essere pi creativi, passare dal ruolo di vittima a quello di protagonista del cambiamento della propria vita, da pubblico ad artista, e, infine, per avere lopportunit di mettersi in collegamento con la societ, esprimersi, venire ascoltati. Singolare in questo senso il lavoro fatto durante gli anni 90 in Romania da un clown francese di nome Miloud Oukili. Il suo naso rosso, i suoi balli e la sua borsa gli servirono come passaporto per avvicinarsi ai bambini che vivevano nei sotterranei della citt di Bucarest, insegnava loro i primi rudimenti dellarte del circo, condivideva con loro lo smarrimento, la loro profonda solitudine, le loro angosce di bambini abbandonati, li accompagnava nei loro rifugi e passava la notte con loro. Forte di questa esperienza e realmente convinto dellimportanza di avvicinare i ragazzi di strada secondo le moda lit da lui sperimentate, Miloud decise di strutturare un vero e proprio intervento e nel 1996 si costitu FUNDATIA PARADA che in sei anni di attivit ha dato la possibilit a centinaia di ragazzi di essere reintegrati nella scuola, nelle loro famiglie e professionalmente. Oltre a quello di Miloud, molti altri sono stati gli interventi nel mondo che hanno portato a risultati eccellenti. Tra i tanti, possiamo menzionare concludendo, lazione del Cirque du Monde, uno degli otto programmi di azione sociale che il Cirque du Soleil ha dedicato alla causa dei giovani in difficolt.

In termini concreti il programma organizza workshop di arti circensi insieme alle organizzazioni sociali che lavorano con giovani a rischio nel mondo. Lidea del Cirque du Monde c ominci a prendere forma nel 1993, quando il Cirque du Soleil e Jeunesse du Monde, una grande organizzazione canadese che lavora con i giovani a livello nazionale ed internazionale, riconobbero il potenziale di un programma di intervento che usasse le arti circensi come metodo alternativo di insegnamento per giovani a rischio. Nel 1994, con il supporto finanziario del ministero di Health e Welfare canadese, cominciarono i preparativi per workshop di arti circensi in Brasile, Cile e Canada, in collaborazione con organizzazioni comunitarie la cui missione fosse quella di lavorare con giovani a rischio. Nel 1995 i primi workshop presero il via a Rio de Janeiro, Recife, Santiago, Montreal, Quebec City e Vancouver. Nel 1996 un documentario sul progetto, intitolat o Quando il Circo arriv in Citt venne prodotto e diretto da Adobe Foundation. Nel 1997, la Oxfam-Quebec, unorganizzazione impegnata nella cooperazione internazionale, divenne partner del Cirque du Monde, offrendosi di inserire dieci volontari allanno nel settore. Programmi furono fatti partire a Las Vegas e nel distretto San-Michel di Montreal, area dove si trova anche la sede centrale

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del CdS. Mexico City, e Belo Horizonte in Brasile, vennero aggiunti allagenda nel 1998. Lanno successivo Cirque du Monde crebbe in modo sostanziale: giovani da Dakar (Senegal), Abidjan (Costa dAvorio), Douala (Cameron), Durban (Sud Africa), Erth e Melbourne (Australia), Singapore, Ulaanbaatar (Mongolia) e dagli aborigeni della Atikamekw Nation (Quebec) presero parte al programma dei workshop. Nel 2002, giovani da pi 33 comunit di cinque continenti sono stati raggiunti attraverso Cirque du Monde. Per supportare lo sviluppo di Cirque du Monde e permettergli di operare con continuit stato varato fin dal 2001 un programma di formazione per istruttori di arti circensi basato su un approccio pedagogico che unisce espressone artistica e intervento sociale. Il programma attira artisti che desiderano usare il loro talento da un punto di vista sociale e operatori sociali che desiderano integrare le arti circensi nelle loro iniziative con i giovani. Questo programma di formazione supporta e sviluppa lapprocci o pedagogico, fornisce agli istruttori la possibilit di sviluppare le abilit necessarie al loro lavoro, incoraggia la condivisione e la creazione di un network tra gli istruttori e le organizzazioni coinvolte nellavventura del circo sociale. Cirque du Monde no n vuole essere una panacea per i disagi sociali, n un semplice diversivo per distogliere le menti dei giovani a rischio dalla loro situazione reale, ma solo un mezzo per agevolare il loro pieno sviluppo e consolidare i legami con la comunit. Si vuole fornire ai giovani partecipanti, siano a Montreal, Rio o in altri posti, un trampolino verso un nuovo stadio della loro vita. Questo pu significare riconciliazione con la famiglia, ammissione ad un programma di disintossicazione, o anche un crescente interesse verso unoccupazione o professione. La formazione di professionisti non sia uno degli obiettivi educativi del programma di Cirque du Monde eppure alcuni dei giovani partecipanti al programma manifestano il desiderio di guadagnarsi la propria vita in campo circense, diventare artisti di strada, formare una propria compagnia, o continuare la formazione presso scuole professionali di arti circensi. Ma il programma soprattutto unopportunit per unesperienza personale positiva che funzioni da catalizzatore in termini di autostima e identit culturale. La arti circensi richiedono solidariet e confronto su risorse e talenti individuali, aiutando i giovani a sviluppare il senso di appartenenza ad un gruppo. Proprio perch richiedono libert e creativit, e al tempo stesso perseveranza e disciplina, le arti circensi danno ai giovani a rischio la possibilit di sbocciare, di esprimere se stessi e di usare il loro status sociale come la base per creare nuovi legami in una societ che li ha spesso rigettati. (http://www.jugglingmagazine.it/new/index.php?id=198)

Bibliografia Attisani A., (a cura di) Enciclopedia del teatro del 900, Milano, Feltrinelli, 1980 Bernardi C., Teatro sociale. Larte tra disagio e cura, Roma, Carrocci, 2005 Pitruzzella S., Persona e soglia. Fondamenti di drammaterapia , Roma, Armando, 2003 Pitruzzella S., Manuale di teatro creativo, Milano, Franco Angeli, 2006 RAGAZZI ED EDUCATORI DI ARESE, Teatro si pu!, Leumann (To), Elle Di Ci, 1988 Rostagno R., Animazione, in ATTISANI, 1980 Schinin G., Augusto Boal. Storia critica del teatro delloppresso , Molfetta (Ba), La Meridiana, 1998

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Scheda 1.d Orientamenti di Teatro-Terapeutico

Mappa Scheda 1. d Orientamenti di Teatro terapeutico

1. Metodologia e Prassi

AC Teatro e Disagio

Scheda 1.a Teatro educativo

Scheda 1.b Il gioco e la terapia del gioco

Scheda 1.c Metodi di teatro creativo

Scheda 1.d Orientamenti di Teatro terapeutico

Contenuti: Teatro e prevenzione Il teatro come strumento di crescita personale

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1 ora
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Approfondire gli aspetti in grado di fornire, a chi opera nel settore del disagio, la possibilit di dare un valido contributo sotto il profilo pedagogico e formativo alla progettazione di interventi che adoperano il teatro come strumento di sostegno alla crescita delladolescente e alla costruzione di una sua coerente identit.

Teatro e Prevenzione Limpiego delle attivit creative, (teatro, danza, musica, pittura, scultura) come supporti riabilitativi di diverse patologi e, ha avuto negli ultimi dieci anni un grande sviluppo, come testimoniano le numerose ricerche sperimentali sullarg omento. Da tali sperimentazioni emerge, senza ombra di dubbio, che il teatro un ottimo strumento di prevenzione al disagio adolescenziale: permette di riscoprire la spontaneit, la libera espressione, restituendo la valenza creativa necessaria a tutti gli individui soprattutto a quelli coinvolti in un processo di crescita personale. La spontaneit precede latto creativo e lo rende possibile, lo stato psichico che stimola lindividuo a rispondere adeguatamente ad una situazione per lui nuova, oppure in modo nuovo ad una situazione a lui gi nota .
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Il laboratorio teatrale, dunque, uno strumento assai utile per supportare i giovani nei loro compiti evolutivi, che comprendono molti fenomeni quali la responsabilizzazione, lautonomia, la conoscenza e la gestione delle emozioni, degli umori e delle relazioni affettive. Attraverso le esperienze di laboratorio possibile evidenziare meglio le modalit espressive di un adolescente che cerca di dare un senso a se stesso, ai suoi comportamenti, alle sue relazioni. In un gruppo che lavora secondo tali modalit, si esprimono le diverse facce delladolescenza, i suoi codici di comunicazione sempre alterni e diversificati, i linguaggi a volte ermetici e confusi, a volte trasgressivi e provocatori. Il laboratorio teatrale diventa occasione particolare, una risorsa per chi vuole promuovere lagio in questa fase particolare della vita, non a caso uno degli obiett ivi principale quello di mettere in atto un processo di ridefinizione in termini positivi dellidentit personale delladolescente. In particolare, se il gruppo in questione formato da ragazzi drop-out, labbandono della scuola o la mancata scolarizzazione viene quasi sempre vissuta in termini di auto-colpevolizzazione, incapacit personale e inadeguatezza rispetto alla situazione.

La perdita di autostima, da parte di un adolescente, porta ad un conseguente calo degli investimenti sociali, fino allinteriorizzazione della marginalit stessa come cultura (Regoliosi L., La prevenzione nella scuola del disagio e dellabbandono, in Liverta Sempio O., Confalonieri E., Scaratti G. (a cura di), Labbandono scolastico. Aspetti culturali, cognitivi, affettivi, Milano, Raffaello Cortina, 1999, 236). Una sorta di svantaggio sociale che indica la situazione di chi esposto alla confluenza di pi fattori, alcuni legati alla sua condizione nella societ, altri ai risultati che ha conseguito nella scuola La fuga delladolescente, reale o psicologica che sia, si configura come reazione alla difficolt di essere, di stare (come protagonista) allinterno del proprio percorso esistenziale, con i compiti di sviluppo che esso impone. Lassenza, o linsufficiente presenza, di self-efficacy, di locus of control interno (La percezione degli eventi come dipendenti anche dalla propria volont, Cfr Polacek K., Locus of control: concetti, risultati e misurazione , Orientamenti pedagogici, vol. 27, O. S., Firenze, 1980, 410-414), laffermarsi di una sorta di impotenza oppressa o learned helplessness (Cfr. Gius E. Zamberini A., Testoni I., Psicologia sociale dei poteri: formazione della personalit e processi socio-riabilitativi, Studium
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Moreno J., Il teatro come terapia, in Rosati O. (a cura di), Manuale di psicodramma, Roma, Astrolabio, 1985, 121.

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educationis, n. 1, Rivista per la formazione nelle professioni educative, Trento, Erickson,2000, 67-68), lassenza di protagonismo, sono variabili di ordine personale che si esplicano con lassunzione di un atteggiamento di fondo passivo, generalmente orientato verso linsuccesso di fronte agli eventi che contrassegnano la quotidianit, indotte spesso a praticar e forme di aggressivit, di tipo auto lesivo (disturbi alimentari, fughe da casa, suicidio, assunzione di sostanze). In altri casi si presenta, invece, uno malato di protagonismo spinto da unillusione di invulnerabilit che lo conduce ad attuare in prevalenza forme di aggressivit allo plastiche (violenza, vandalismo, microcriminalit), dirette in modo esplicite contro gli altri e il mondo (Cfr Vico G., Educazione e devianza, Brescia, La Scuola 1988). La rappresentazione di s come persona non adatta a studiare, dunque, influenza negativamente qualsiasi ulteriore progetto. Il teatro pu diventare quello strumento privilegiato in grado di aiutare a ricostruire un livello accettabile di auto-stima. Occorre, dunque, da parte degli operatori, creare le condizioni adatte per sperimentare concretamente situazioni di conferma e di successo. La possibilit di riconquistare progressivamente fiducia nelle proprie capacit permette a questi ragazzi di riuscire a mettere in atto strategie di volta in volta pi elaborate per affrontare problemi nuovi, percepiti fino a quel momento come estranei alla propria esperienza di vita. Luso di tecniche come la drammatizzazione, limprovvisazione, la scrittura e la narrazione uno dei punti di forza della metodologia utilizzata poich molto diversificate, non ripetitive e poco scolastiche; in questo modo si ha la consapevolezza che una posizione svantaggiata non pregiudica necessariamente prospettive di realizzazione personale in nuovi contesti, interiorizzando un messaggio di recupero rispetto ad uno stato di motivazione e un livello di autostima molto basso. Il gruppo teatro, cos, diventa esperienza positiva e divertente sia per i ragazzi meno espressivi e introversi sia per gli attori nati, luso delle attivit drammatiche strutturate si rivela liberatorio per i partecipanti timidi e allo stesso tempo pone dei limiti utili per i componenti del gruppo pi dominanti, inoltre il gruppo si rivela essere uno strumento prezioso per creare senso dappartenenza nelle persone che partecipano in modo pi riservato. La gratificazione, la soddisfazione, lo stare bene con s fanno indubbiamente da argine al disagio tipico delladolescenza, il coinvolgimento di energie a fini positivi sottrae tempo, spazio, forza e voglia alla distruttivit tipica di questa particolare fase della vita. Il Teatro, dunque, ha un serio valore preventivo perch agisce in maniera considerevole sul disagio conclamato.

Il teatro come strumento di crescita personale Il Teatro non ha categoria ma si occupa della vita. il solo punto di partenza, l'unico veramente fondamentale. Il Teatro la vita. (Peter Brook)

Il teatro la sola forma che permetta all'uomo la ricerca di se stesso in situazioni di vita vissuta. Esso permette di agire attraverso la fantasia e l'invenzione, ma anche di raggiungere la conoscenza insieme agli altri: superare insieme gli ostacoli, migliorare il proprio lavoro, avere una considerazione positiva di se stessi, arricchendo l'individuo e il gruppo intero. Il teatro, dunque, si fonda sui principi di integrazione e di benessere della persona, partendo dai presupposti suddetti e dalla convinzione che larte abbia la capacit di relazionarsi con ogni tipologia di individuo. La condivisione del gioco del teatro, inoltre, da parte di un gruppo prevede la naturale accettazione delle reciproche differenze, la restituzione del concetto di diversit al suo valore positivo; il gruppo laboratorio basato su tali concetti costituisce esso stesso un fondamentale elemento di riabilitazione. Lassegnazione di un ruolo da protagonisti e soggetti attivi ai giovani coinvolti nel laboratorio, allinterno degli obiettivi prefissati, di per s positivo, il percorso verso lacquisizione del s,

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lautonomia e lautostima molto arduo ed per tali motivi che percorsi di questo genere devono avvalersi di figure professionali di varia tipologia (dai professionisti di teatro a psicologi, pedagogisti, educatori ecc.). Durante il percorso particolare attenzione deve essere posta allo spettacolo finale, esso una forma di comunicazione che nasce, come ogni espressione artistica, dal bisogno o dalla ricerca di soddisfazione dellattore che, utilizzando pi codici comunicativi veicolati attraverso canali diversi, rivolge la sua attenzione al pubblico provocando una risposta di ritorno. Allinterno dello spettacolo teatrale esistono due livelli di comunicazione: il primo intra -spettacolare ed avviene tra gli stessi attori, mentre il secondo si definisce spettacolare e si instaura tra attori e pubblico. Le regole dello spettacolo dal vivo, la condivisione di gruppo, il rispetto della diversit dell'altro, il gioco e la relazione, l'analisi dei sentimenti e dei caratteri umani, hanno la capacit di rendere migliore sia l'artista che la persona. Attraverso un gesto, unespressione verbale, un movimento, un suono, uno sguardo, lattore crea uno spazio comunicativo con il pubblico per mezzo del quale gli trasmette unemozione; ma lo spazio proiettivo della mente e la possibilit di trasmetter e la propria affettivit sono frutto di un intenso lavoro che egli effettua su se stesso e sul proprio corpo. Inoltre, il lavoro di gruppo che precede lo spettacolo, determina unatmosfera educativa, ricca di stimoli, che consente e favorisce lintrospezione, la discussione, il confronto e la crescita di ogni componente. Per tutti questi motivi importante credere che lo spettacolo a termine dellesperienza teatrale possa costituire una importante possibilit di crescita. Progetti di questo genere vengono sempre sviluppati con successo, non solo nei casi estremi di comunit protette o istituzioni chiuse, (comunit per tossicodipendenti, centri di prima e seconda accoglienza, carceri ecc.), ma anche nelle scuole, nei centri di formazione e orientamento per la dispersione scolastica, nelle cooperative, associazioni ecc..; la finalit sempre la stessa, rivolta soprattutto alla regolazione di emozioni e allo sviluppo di adeguate competenze sociali e interattive. L'utilizzo del gioco delle arti sceniche motiva e coinvolge, favorendo un approccio meno gravoso nei confronti del disagio ma anzi considerandolo come una risorsa che d la possibilit di conoscere un mondo vasto fatto di uomini e di individui attivi e protagonisti.

Loperatore che si appresta ad affrontare percorsi di qu esto genere deve imparare ad utilizzare delle specifiche metodologie di intervento in grado di individuare nel teatro quel significato profondo di coinvolgimento emotivo e sociale insieme, il rapporto con il s, con il proprio e gli altri personaggi, con il pubblico, attivo fruitore di un messaggio di concreta integrazione e inclusione. Deve saper diffondere, inoltre, uneducazione a un nuovo concetto di cultura che conduca a riconoscere nellaltro la differenza e non la diversit. Trovare un livello di com unicazione che faccia vivere a tutti lesperienza del teatro in modo completo, secondo le regole di una vera Compagnia, dando rilievo alle possibilit di socializzazione del lavoro teatrale. La cultura del gruppo altro non che il normale lavoro di una Compagnia teatrale, dove una serie di individui diversi, unici, irripetibili si sentono parte integrante di una comunit adoperandosi per il raggiungimento di un unico scopo: la creazione di uno spettacolo che sappia comunicare tante diverse realt ed emozioni. Naturalmente, la sperimentazione di progetti che vedono il teatro come strumento privilegiato di prevenzione al disagio, essendo ancora nel campo della verifica, non possibile dare una precisa catalogazione degli esiti di tali terapie sullindi viduo; n tanto meno siamo in grado di affermare che esse agiscano secondo schemi precisi e riconducibili ad una ben definita logica terapeutica. Tali incertezze sono dovute maggiormente al fatto che la terapia creativa agisce sulla psiche dellindividuo, che, con il suo bagaglio di esperienze e con la sua unicit, costituisce una variabile poco schematizzabile. E per pensiero comu ne che il teatro insieme allesercizio creativo possano agire in maniera positiva e costruttiva, riuscendo ad arrivare dove le medicine e le terapie tradizionali non arrivano.

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La creativit una dote insita nellindividuo, che attraverso di essa esplica unistanza positiva: tale istanza permette di produrre una serie di azioni mirate allestrinsecazione della migliore parte del propr io mondo interiore. Inoltre teatro e creativit, che possiedono una forte componente ludica, consentono di giocare con limmaginazione, permettendo un distacco, pur temporaneo, dalla realt di tutti i giorni. Tali considerazioni assumono maggiore significato se si riflette sulla tipologia di utenti a cui sono destinati tali percorsi. Attraverso limpiego delle arti si interviene sulla capacit di ogni individuo di ricrearsi, nel senso pi pregnante del term ine; ricreare per s una nuova condizione di espressione, non pi legata al quotidiano, ma trasportata in una sorta di nuova dimensione, consente allindividuo di staccarsi dalla propria condizione, consapevole o inconsapevole, per riscoprirsi altro da s. Ed proprio nella forza che tale scoperta ha, che risiede il segreto di tali terapie. Tanto maggiore la consapevolezza di cambiamento che lindividuo avverte, tanto maggiore sar il beneficio che egli potr trarre dalla terapia. Limpiego del teatro pu costituire un valido supporto di carattere psicologico e immaginativo per lindividuo, portandolo a raggiungere non solo buoni risultati di fluenza, ma anche e soprattutto a gestire meglio i suoi rap porti con la societ, che tanta parte ha nel suo complicato mondo interiore. Il teatro, inteso come esperienza ricreativa, pu costituire una via di fuga dalla quotidianit dellindividuo: il teatro ha una forte componente ludica che non pu e non deve essere trascurata e che pu essere considerata una vera e propria chiave di volta del nostro ragionamento. Sar quindi la dimensione di gioco dellesperienza teatrale ad essere alla base di ogni progetto.

Limpostazione di tale lavoro sceglie in primo luogo di non differenziare il programma didattico in base al d isturbo, al disagio o allhandicap che caratterizza i partecipanti; in secondo luogo stimola in essi un lavoro fortemente creativo, basato sul camb io di ruolo attraverso lintrospezione, limprovvisazione e linterpretazione. Lattivit si svolge in situa zione di gruppo. Con la pratica di esercizi dintrospezione, lattenzione dellallievo inizialmente concentrata sui propri vissuti, per poi svincolarsi da essi e trovare unespressione creativa e fortemente comica, che serve a sdrammatizzare qualsiasi si a il problema. Attraverso limprovvisazione vengono ricreate le situazioni tipo in cui lallievo riscontra maggiori difficolt a costituire un rapporto; tali difficolt vengono riproposte con leggerezza, andando ad individuarne la componente comica che nel quotidiano non viene mai osservata. Nella fase interpretativa, lallievo pu sperimentare il cambio di ruolo, riuscendo ad essere altro da s e costituendo, nella propria interiorit, lesperienza di questa diversit.

Proprio in tale possibilit e nella capacit dellindividuo di trasferirla nella vita quotidiana, risiede la valenza dellintervento terapeutico del teatro. Nellesperienza terapeutica, lattivit teatrale costituisce un elemento di valore aggiunto nellambito dellacquisizione dellautostima. Il teatro proposto come attivit aggiuntiva senza dichiarati scopi terapeutici e ha come finalit la messa in scena di uno spettacolo teatrale. Il teatro assunto in forma ludica e creativa senza differenziazioni di massima. La docenza dei corsi affidata ad un addetto a lavori, un regista teatrale, che gestisce in autonomia il programma didattico, in assenza del terapeuta. Il programma didattico prevede lo studio delle materie tradizionali con particolare attenzione allinterpretazione; lo studio del copione, infatti, costituisce una parte importante del lavoro, in quanto tutti i partecipanti imparano le parti di tutti i personaggi, al fine di sperimentare ruoli diversi, per poi personalizzare quello che porteranno in scena. Il lavoro pi importante quello che si va a svolgere sul vissuto del soggetto, nella volont di condurlo, attraverso la gratificazione del risultato, ad una coscienza delle proprie capacit e allacquisizione di una profonda autostima.

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In sintesi. Tutti gli interventi sono realizzati in una dimensione di gruppo, al fine di promuovere una buona socialit e condivisione. Il programma didattico e limpostazione tecnica non prevedono elementi di differenziazione rispetto ai corsi tradizionali di teatro. Ampio spazio dato alla parte creativa dellindividuo, stimolandolo a mettere in campo immaginazione e fantasia. La comicit e il gioco sono utilizzati per sdrammatizzare. Grande valore attribuito alla rappresentazione teatrale, come momento di valorizzazione dellindividuo. Attraverso il teatro viene compiuto un lavoro importante sulla personalit dellallievo, che impara a guardarsi con occhi diversi. Lutilizzo delle tradizionali tecniche drammatiche serve altres a correggere difetti e problematiche relative al linguaggio, a migliorare il governo del corpo in movimento, la sensorialit, larricchimento culturale, lallenamento mnemonico. Non va dimenticato, per, che ogni intervento deve necessariamente essere effettuato con professionalit ed attenzione, al fine di interagire in maniera corretta con gli individui e focalizzare, insieme a loro, quali sono gli obiettivi della sperimentazione.

Bibliografia Bartolucci G. (a cura di), Il teatro dei ragazzi, Firenze, Guaraldi, 1972 Bernardi C., La creazione scenica, in BERNARDI C., Il teatro sociale. L'arte tra disagio e cura, Roma, Carocci, 2004 Dolto F., I problemi degli adolescenti, Milano, Longanesi & C., 1991 GIUS E. ZAMBERINI A. TESTONI I., Psicologia sociale dei poteri: formazione della personalit e processi socio-riabilitativi, Studium educationis, n. 1, Rivista per la formazione nelle professioni educative, Trento, Erickson, 2000 Guccini G. (a cura di), La bottega dei narratori. Storie, laboratori e metodi di: Marco Baliani, Ascanio Celestini, Laura Curino, Marco Paolini, Gabriele Vacis, Roma, Dino Audino editore, 2005 Liverta Sempio O. Gonfalonieri E. Scaratti G., Labbandono scolastico. Aspetti culturali, cognitivi, affettivi , Milano, Cortina, 1999 Maggiolini A., Mal di scuola. ragioni affettive dellinsuccesso scolastico, Milano, Unicopli, 1990 Mantegazza R., Leducattore. Manuale di formazione teatrale per educatori , Molfetta-Bari, La Meridiana, 2006 Rossi Ghiglione A., Drammaturgia e teatro sociale. Fondamenti storici e linee metodologiche della scrittura scenica nel lavoro teatrale di comunit, in PONTREMOLI A., Teoria e tecniche del teatro educativo e sociale, Torino, Utet Libreria, 2005 Rossi Ghiglione A., Pagliarino A. (a cura di), Fare teatro sociale. Esercizi e progetti, Roma, Dino Audino, in corso di pubblicazione Polacek K., Locus of control: concetti, risultati e misurazione, Orientamenti pedagogici, vol. 27, O. S., Firenze, 1980 Pilotto S., La drammaturgia nel teatro della scuola, Milano, Led, 2004

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SEZIONE 2

DIDATTICA TEATRALE E TECNICHE DEL METODO WRITING THEATRE

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2. AREE DELLA FORMAZIONE TEATRALE

2.1 Mappa

2. Aree della formazione teatrale

Contenuti: 2.4 Interpretazione, 2.5 Movimento, 2.6 Voce, 2.7 Drammaturgia, 2.8 Regia, 2.9 Scenografia e Costume, 2.10 Tecnologia dello spettacolo

3. Tecniche sceniche e arte terapia

4. Tecniche di narrazione Lo Storytelling

5. Lezioni di scrittura

AC Tecniche di Laboratorio

AC AC

Come diventare uno storyteller

Il Linguaggio e l'Autore teatrale

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3 ore
2.2 OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Il Teatro il gioco pi bello del mondo perch ognuno di noi pu essere altro da s con la convenzionale accettazione di tutti, colleghi e pubblico. come quando da piccoli giocavamo al dottore o a guardie e ladri. Con la differenza che quando quellinnocente gioco diventa il proprio lavoro, o meglio la propria vita, riusciamo anche a farci pagare (non sempre). La battuta solo un pretesto per spiegare meglio che il Teatro pu diventare una ragione esistenziale forse pi di un qualunque altro lavoro. Dicevamo il Teatro come gioco. Non un caso, infatti, che i pi bravi attori del mondo siano i bambini. C on la loro innocente spregiudicatezza, con la loro totale assenza di sovrastrutture psicologiche o sociali, essi riescono a credere a ci che fanno o dicono. La verit dellinterpretazione pura, ed dentro di essi senza che ci sia bisogno di qualcuno che scriva loro le battute. Lobiettivo quindi di questo modulo senzaltro quello di trasferire una serie di conoscenze a chi debba imparare a scrivere una storia, qualunque essa sia, recuperando quella creativit innocente che crescendo chiunque di noi ha stipato nellangolo pi recondito della propria anima. Dunque presentazione e successiva analisi degli elementi tecnici, emozionali e culturali che formano la struttura portante dellevento teatrale al fine di fornire allallievo drammaturgo le conoscenze basilari che gli consentiranno la scrittura di un testo; tragitto sintetico e guidato attraverso i vari passaggi creativi dellOpera teatrale fornito come bagaglio di conoscenza generale e che consenta lassimilazione tecnica dello scrivere drammatico; stimolo alla consapevolezza delle proprie potenzialit espressive con brevi esercizi a tema. Il Teatro, in quanto gioco, socialit, comunione spirituale e terapia. Collegando quel famoso bambino che in noi alla conoscenza delle tecniche e delle specifiche teatrali, lo scopo quello di mettere su carta il momento ludico e saperlo rendere fruibile per chiunque voglia cimentarsi con esso. Attraverso una serie di esercizi di scrittura, anche i pi elementari, lal lievo prender dimestichezza con la capacit di trasferire il proprio immaginario su carta trasformandolo in qualcosa di drammaturgico. La fascia di et, unitamente a quella socio-culturale, degli allievi cui si indirizza il writing theatre consente di trovare ancora qualcosa di non cos nascosto nella loro anima. Raccontare se stessi, innanzitutto. La propria famiglia, i propri amori e i propri sogni. Raccontare un fatto specifico della propria vita (ma anche di quella di chiunque altro) e saperlo rendere drammatico apre le porte a rari momenti emozionali. Per riuscirci pu essere utile sapere cosa vuol dire stare su un palcoscenico. Magari anche solo raccontando una barzelletta.

2.3 INTRODUZIONE In un corso di writing theatre, indirizzato per lo pi a chi possa avvalersi della scrittura come forma terapeutica e di apprendimento, la conoscenza, nel pi vasto mbito della didattica teatrale, degli elementi su cui si fonda il Teatro il primo passo da compiere per ottenere validi risultati. Nello specifico, scrivere di Teatro non significa solo immaginare una storia, fatto gi di per s creativo e stimolante, ma anche mettere su carta qualcosa che altri rappresenteranno. necessario, quindi, partire dalle basi che reggono lintero impianto dellevento teatrale, conoscerle, farle proprie e utilizzarle a tale scopo. Si tratta di basi tecniche e specifiche, conoscendo le quali la scrittura anche di una sola battuta assume una valenza fortemente drammaturgica. chiaro, non si chiede a chi debba scrivere una scena di una commedia, di una tragedia o di qualsiasi altra forma teatrale di essere in grado anche di recitarla o di farne la rega. Peraltro anche in modo credibile. vero, molti commediografi o drammaturghi sono stati o sono oggi essi stessi attori (Molire, Shakespeare, Eduardo De Filippo). Ma questa non affatto una conditio sine qua non per saper scrivere di Teatro. Ma sapere come usare il proprio corpo o la propria voce, avere consapevolezza dello spazio scenico e conoscer e lelemento emozionale e spirituale del momento scenico

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fondamentale per chi poi voglia scrivere di Teatro. Pi avanti tratteremo, in modo il pi possibile esemplificativo, di quello che viene comunemente chiamato il bagaglio dellattore, ovverosia pr oprio di quelle basi cui accennavamo sopra. Linterpretazione come talento, emozione e gusto stilistico; il movimento, verit dellazione scenica; la voce, strumento dellinterprete; la drammaturgia, incontro con lArte; e la rega come momento creativo so no tutti elementi che chi si accinge a scrivere di Teatro incontrer sul suo cammino e che dovr conoscere e riconoscere.

2.4 INTERPRETAZIONE 2.4.1 Linterprete (attore, musicista, danzatore, cantante), medium tre Autore e spettatore LInterprete un tramite, un traghettatore sul fiume della Poesia. Egli trasporta lemozione dellArtista creatore, dalla sp onda dellimmaginario a quella del realizzato, del concreto, della rappresentazione. Sul palcoscenico, ma anche in un qualunque altro luogo deputato allesecuzione, lInterprete d vita allidea originaria di chi lha pensata. LInterprete egli stesso artista, laddove il suo specifico stile, le sue psicofisiche peculiarit, lo rendono alto, poetico, toccante. Il grande Interprete colui che fa sua lidea originaria dellAutore e la arricchisce con il proprio io. Il pubblico applaude chi riesce a far risuonare le c orde pi recondite della sua anima e che trasferisce il momento emozionale dalla sfera del narrato a quella del vissuto. LInterprete dunque la principale voce dellAutore, ma anche la pi variabile. In qualsivoglia campo dellArte, ogni Interprete ha dato e continua a dare la sua personale chiave di lettura dellOpera o del Personaggio. Si tratti di una partitura musica le o di un eroe tragico, lInterprete trasmette a chi lo ascolta anche molto di se stesso. Ecco perch un Amleto recitato da un attore A pu essere molto diverso, in peggio o in meglio, da quello recitato da un attore B. Perch luomo -attore egli stesso, banale dirlo, qualcuno e qualcosa di diverso da chiunque altro e porta in scena con s, perci, il proprio mondo e la propria vita. Il grande Interprete quello che riesce a far trasalire il pubblico di sublime emozione. Ogni spettatore pensa: S, ver o, capitato anche a me oppure Mi sembra di vedere mio padre o meglio ancora Ma fa sul serio o sta recitando?. Tanto che talvolta accade un paradosso: nel parlare comune lInterprete oscura lAutore. Nel caso di Herbert von Karajan ci si riferiva all e sue direzioni dorchestra come se le avesse composte lui: Sono andato allauditorium ad ascoltare la Nona di Karajan. Cos come Lo Schiaccianoci diventa di Nurejev o lOtello di Gassman e Randone. Insomma per assurdo Beethoven, Tchaikovsky e Shakespeare passano quasi in secondo piano ( vol. II - E2.1 Esercizi di interpretazione) 2.4.2 Esegesi della parola scritta In accordo con quanto enunciato sul lavoro dellInterprete, lo studio e linterpretazione di un testo parte integrante dell a sua attivit. Va da s che niente di quanto creato dallAutore devessere rappresentato seguendo canoni precostituiti. Anzi, lan alisi critica di un testo, anche alla luce delle personali caratteristiche sociali, politiche e culturali di chi lo metter in scena, avverr in maniera differenziata e soggettiva. I grandi classici rivisitati, il Teatro politico, le avanguardie sono state di volta i n volta, nella storia del Teatro, pietre miliari nellevoluzione del momento teatrale. Nella rappresentazione scenica di un testo di qualsivoglia natura, ogni Interprete, trasferendo se stesso come abbiamo gi detto, dentro lOpera, la render diversa da qualunque altra, la interpreter, appunto, in maniera soggettiva. Anche nella rappresentazione di una semplice favola, genere drammaturgico per eccellenza che affonda le sue radici nel Mito e nella Storia, una approfondita analisi del testo consente allInterprete di plasmare il proprio punto di vista che poi, trasferito sul palcoscenico, render il suo momento narrato un ico e personalissimo. Ecco perch linterpretazione di uno scritto, intesa anche e soprattutto come personale rilettura critica, d luogo a differenti mise en scene, lavoro, questo, ampiamente pi sviluppato dallo specifico compito del regista, egli stesso Interprete dellOpera, che vedremo pi avanti.

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2.5 MOVIMENTO Il corpo e lo spazio. Ma anche il gesto, la parola e la pausa. Tutto sulla scena movimento. Anche limmobilit d movimento allazione scenica, cos come la pausa lo d alla battuta. La consapevolezza del proprio corpo sulla scena consente allinterprete di essere e non soltanto di apparire. LInterprete si muove nello spazio scenico come se non ci fossero le limitazioni impo ste dalla scenografia o le indicazioni interpretative dettate dalla regia, e questo trasferisce lazione nel verosimile, nellineffabile mistero della finzione. Nelle scuole di Teatro si inizia proprio da qui, dal movimento. Si attraversa la scena tagliando il palcoscenico in diagonale. La richiesta dellinsegnante di camminare con naturalezza, senza rigidit o apprensione. Bisogna attraversare la scena come andando al supermercato o percorrendo un corridoio. Naturalmente. Senza fretta, n troppo lentamente, camminando con la propria andatura abituale. Ebbene, sembra che ci sia stato chi, eseguendo questo semplicissimo esercizio, sia addirittura inciampato sui propri piedi! Cadendo quasi. La spiegazione di psicologia spicciola ed piuttosto banale. Se qualcuno ci osserva perdiamo naturalezza. E in tal caso ci riescono innaturali i gesti pi spontanei. Quelli che altrimenti compiremmo senza neanche accorgercene, come appunto camminare. Il movimento un elemento fondante della rappresentazione scenica. lestensione esteriore del pensiero interiore, londa lunga dellimmaginazione che si trasforma in realt. Senza la sua caratteristica zoppa, unita alla sua orrenda deformit, Riccardo III non sarebbe cos efferato. E il movimento, ancor prima dellInterprete, reso dallAutore con ci che dice. Il mo vimento, prima ancora di quello rappresentato, quello pensato. Accompagnato dallespressione di chi lo interpreta, il Personaggio prende movimento dalle parole scritte. Terzine, sestine, rime baciate, endecasillabi o versi sciolti sono la prima palestra in cui il movimento si allena prima di eruttare come lava dal vulcano dellInterprete e trasferirsi sul palcoscenico. Ma non esiste solo il movimento fisico. C anche quello emotivo. LInterprete si muove allinterno di uno spazio parallelo a quello dell allestimento scenico, rappresentato dalle emozioni e dai sentimenti descritti dallAutore. Ecco perch anche i silenzi, le pause, i momenti sospesi , sono movimento. Perch dietro di essi si legge il pensiero che li sostiene e che li riempie di significato intrinseco. Quellattimo di vuoto musicale che un direttore dorchestra impone ai suoi musicisti nel tenere una pausa un po pi a lungo; quello staccare le mani dalla tastiera per un tempo breve ma lunghissimo che un pianista vive durante la sua esecuzione; quel silenzio inatteso durante il monologo di un attore; quello stare sulle punte durante un relev che fa una ballerina rimanendo con le braccia tese verso il cielo. Sono tutti movimenti dellazione scenica, peraltro imposti dal personale stile di c hi li interpreta. Ecco, quindi, che movimento e interpretazione vanno a braccetto, cos come vedremo accadere anche con gli altri argomenti specifici di questo modulo. Perch il momento teatrale un insieme di tutti questi elementi, incatenati tra di essi in modo imprescindibile. ( vol. II - E2.2 Esercizi di movimento) 2.6 VOCE La voce dell'uomo lapologia della musica (Friedrich Nietzsche). lo strumento primordiale. La voce la sublime lira sulle cui corde lInterprete teatrale si destreggia, alloccorrenza con perizia e virtuosismo. Grazie alla voce lInterprete comuni ca a chi lo sta ascoltando, gli trasferisce la Poesia e le emozioni che scaturiscono da essa. una delle frecce nella faretra dellattore o del cantante, una freccia acuminata che si conficca nel cuore dello spettatore. Gi dallantichit i primi poemi epici (lIliade o lOdissea) nacquero solo come racconti orali per poi, solo in un secondo tempo, trasformarsi in qualcosa di scritto. Ancora o ggi nelle societ tribali il racconto orale rappresenta la primaria forma di cultura in cui convergono e si tramandano tradizioni, usi e religione. Dunque la voce, proprio come uno strumento musicale ben accordato, pu far vibrare di sentimento lanima dello spettatore portandogli la parola dellAutore. Il movimento e linterpretazione di cui abbiamo pa rlato nei paragrafi precedenti

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ben si sposano con la voce di cui sono fedeli servitori. Una buona conoscenza delle incredibili possibilit interpretative de lluso della voce, consentono una notevole padronanza scenica mirata alla buona riuscita dellevento drammaturgico. Ma la voce anche un processo naturale, regolato dalludito e animato da attivit fisiche, psichiche e volitive. () il p rodotto di due forze fra loro antagoniste: una data dalla colonna daria respiratoria diretta dal basso verso lalto, e laltra costituita dalle corde vocali che nei loro movimenti di adduzione e di tensione oppongono resistenza alla fuoriuscita della colonna respiratoria. (R. Maragliano Mori). Lutilizzo, quindi, della voce un fatto prettamente tecnico che sottint ende un tirocinio e una preparazione specifica, fatta di costante abnegazione, cura ed esercizi. E chi scrive di Teatro, ma ancor di pi chi sta imparando a farlo, deve oltretutto sapere che una battuta pensata o articolata nella sua struttura narrativa in un certo modo, avr un effetto tanto pi incisivo quanto pi consentir allInterprete di dirla nel modo giusto. Ecco quindi che drammatur gia e vocalit percorrono strade parallele: la parola compresa, soprattutto nel suo intrinseco significato poetico, quando viene detta come lha pensata lAutore. Non un caso che la maggior parte degli autori di Teatro, del passato o contemporanei, utilizzi la didascalia ad inizio frase per spiegare allInterprete come dire la battuta, quale registri e quali inte nzioni usare. Ecco dunque che a chi si accinge a scrivere un testo vengono in soccorso degli amici fidati indissolubilmente legati alla voce. Elementi molto specifici connessi alluso della voce: la dizione, larticolazione e la respirazione. Tutti utili a chi debba enunciare un testo o cantare una canzone. Ma anche, come nel caso della sola respirazione, indispensabili, per esempio, allInterprete musicista che debba suonare il suo strumento o allInterprete ballerino che esegua un particolare passo. Si di ce infatti che un musicista respiri insieme al suono del suo strumento, come nel caso di un pianista o di un violinista, e che un ballerino respiri la musica che sta danzando. Lallievo che sta imparando a scrivere per il Teatro deve perci saper scegl iere le parole adatte alle sue intenzioni drammaturgiche s, ma deve anche sapere come si possono dire, o se sia preferibile usare una parola piuttosto che unaltra. un po ci che accade nelle partiture musicali delle opere liriche. LAutore del librett o sa che in quel preciso punto lInterprete cantante dovr prendere un fiato o che su quel movimento pianissimo dovr dire una certa parola. Egli scriver dunque un testo che sia possibile cantare, ma che al contempo sia comprensibile al pubblico e attinente al momento emozionale della narrazione drammatica. ( vol. II - E2.3 Esercizi sulla voce) 2.7 DRAMMATURGIA La struttura del racconto scritto e narrato articolata secondo parametri i pi variabili. Questo argomento, di tutti quelli descritti finora in questo modulo, forse quello pi specifico e inerente il corso di writing theatre cui la presente sezione fa riferimento. Senzaltro una buona ed esaustiva definizione di drammaturgia si pu facilmente trovare in qualunque vocabolario, ma qui intendiamo trovarne il significato pi intrinseco, quello meno formale. Il compito non facile, soprattutto perch la parola drammaturgia evoca un che di alto, serioso, importante, quasi sacro. Non necessariamente e non solo. In realt drammaturgia tutto ci che, scritto attraverso una costruzione articolata secondo parametri ben precisi, ne permetta la rappresentazione. Una poesia non di per s drammaturgica finch non la trasportiamo sulla scena e non la comunichiamo a qualcuno; ci vale anche per un romanzo o per un breve racconto. Diciamo dunque che la drammaturgia, di tutte le forme letterarie, quella che necessita di un qualcosa in pi per essere compiuta: di un allestimento scenico. Una qualunque Opera di un autore teatrale, seppur pensata per la scena e quindi ricca di parola, musica, scene, costumi, movimento e ritmo, rimane ferma su carta se non le si d una rappresentazione scenica. In buona sostanza tutto ci che viene scritto pu essere drammaturgia, purch contenga in s la possibilit dellesecuzione scenica. Questo vale anche per un brano rap o per uno stralcio del dialogo di una chat line, se possono essere trasformati in qualcosa di rappresentabile. Uno dei tanti

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esercizi di improvvisazione che si eseguono nelle scuole di Teatro proprio quello di mettere in scena qualsiasi cosa, anc he una canzone o un dialogo rubato al bar. Rendere dunque drammaturgico anche qualcosa pensato per altri scopi. Ma quali sono i parametri o, diciamo cos, le regole (anche se non codificate) da applicare per scrivere qualcosa di drammaturgico? Innanzitutto lidea, quella che Aristotele chiamava il tema. La descrizione che fa lAutore di essa o di parte di essa accompagna lo spettatore nello svolgersi della trama, e intesse lintero sviluppo del racconto drammatico. Ecco dunque la scelta di molti Autori di affrontare argomenti comuni ma trattati con Poesia: i sentimenti e le passioni dellUomo (lamore innanzitutto, ma anche lodio, la paura, la gelosia, ecc.), le questioni politiche e religiose, il potere e via dicendo. Ma a nche contenuti assolutamente originali e imprevedibili che spiazzano le aspettative dello spettatore coinvolgendolo in un momento spazio-temporale inatteso e accattivante (per fare qualche esempio La Metamorfosi di Kafka, I Sei Personaggi in cerca dAutore di Pirandello o Il Calapranzi di Pinter, ma nella storia della drammaturgia ve ne sono innumerevoli). Poi il ritmo. Quando si pensa qualcosa per il Teatro, bisogna sempre ricordare che la rappresentazione ha dei tempi da rispettare molto precisi cui necessario attenersi per tenere viva lattenzione di chi ascolta. Un film tratto da un romanzo , per fare un esempio, ha un ritmo narrativo decisamente diverso da quello del libro scritto. Certo, il Cinema un linguaggio diverso: lAmleto di Zeffirelli con Mel Gibson durava un paio dore. Il testo di Shakespeare da cui tratto, se rappresentato integralmente, pu arrivare a durare cinque ore. Ma proprio per lo stesso motivo molti registi preferiscono eseguire tagli al copione originale dellAutore per lasciare viva lattenzione del pubblico sul contenuto essenziale dellOpera. La convenzione dellazione scenica vuole che si racconti una vicenda, che a volte attraversa uno spazio temporale molto lungo, nellarco di qualche ora. necessario dunque che lAutore descriva lintera vicenda utilizzando accorgimenti narrativi che la sintetizzin o senza snaturarla. Non dimentichiamo mai, poi, che uno dei personaggi della rappresentazione il pubblico stesso che vi assiste. Esso chiamato dallAutore, con le sue parole, a partecipare emozionalmente allazione ed perci necessario forni rgli tutti gli elementi necessari perch ci accada. Cos anche la musica e la scenografia danno ritmo allazione drammaturgica. La musica accompagna e sottolinea i vari momenti della trama diventando essa stessa personaggio. Una specie di Virgilio sonoro che aiuta, sostiene e conduce il pubblico nello svolgersi dellazione. La scenografia fa vivere il pubblico dentro la storia cui assiste, consentendogli con pi agio di accettare la convenzione della finzione. Ancora, i personaggi. Colonna portante della trama, i personaggi devono a vere connotazioni ben precise gi dallinizio del dramma. compito dellAutore perci fornire al pubblico fin dalle prime scene gli elementi caratteristici di ognuno di essi, disegnandone da subito i tratti distintivi al fine di coinvolgere lo spettatore e consentendogli di scegliere da quale parte stare o per chi fare il tifo, per usare unespressione grossolana. Tecniche ed elementi di drammaturgia sono comunque pi ampiamente trattati in questo stesso progetto nel modulo 5.1 Le fasi della creazione testuale. ( vol. II - E2.4 Esercizi di drammaturgia) 2.8 REGIA Lintero impianto teatrale in mano al regista che, attraverso lanalisi critica del testo da mettere in scena e a una sua successiva personale interpretazione dettata dal suo estro creativo e dalle sue cognizioni specifiche, crea lo spettacolo. Ovverosia aggiunge spettacolarit alla parola scritta. La regia un insieme molto articolato di elementi tecnici, emozionali e di contenuto che fanno lo spettacolo teatrale. forse il lavoro pi creativo, insieme a quello iniziale dellAutore, di tutta loperazione di allestimento. Esso si avvale del sostanziale sostegno e della costante collaborazione dellilluminotecnica, della

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scenografia, della musica, della coreografia. In buona sostanza di tutte quelle aree dellallestimento scenico che arricchisc ono e completano lo spettacolo propriamente detto. Anche queste aree hanno in s molto di creativo, ma tutte sono al servizio dellidea del regista che ne stabilisce i confini entro cui muoversi, dando quindi la sua personale interpretazione del testo . Per questo motivo di uno stesso testo teatrale si possono realizzare allestimenti molto diversi tra loro, ognuno con tratti caratteristici e gusto scenico propri. Il lavoro del regista ruota sostanzialmente su due cardini, uno dei quali il pubblico. Il regista mostra al pubblico la propria personale lettura dellOpera, il proprio gusto stilistico e critico e lo accompagna per mano durante la rappresentazione. Non solo. Durante il suo lavoro di allestimento il regista si mette nei panni dello spettatore, a volte interpretandone i gusti e le tendenze, altre tradendo ogni possibile aspettativa offrendone una lettura interpretativa originale e personale, ma sempre considerando lo spettatore come un elemento dello spettacolo. In questo senso si pu definire la regia c ome locchio creativo del pubblico, in quanto realizza praticamente ci che il pubblico immagina solo. O a volte, invece, realizza ci che il pubb lico non ha neanche lontanamente pensato. Per questo motivo un bravo regista deve sempre avere rispetto dello spettatore cercando il pi possibile di farlo entrare nello spettacolo e di farlo emozionare. Un allestimento poco comprensibile, una lettura non fluida del testo e soprattutto una lettura troppo decontestualizzata di esso non favoriscono la comprensione di chi assiste allo spettacolo. E un pubblico cui viene a mancare la comprensione di ci che vede un pubblico insoddisfatto, deluso. In una parola tradito. Lonest del regista verso lo spettatore condizione essenziale nella realizzazione dello spet tacolo. Per rispettare questa condizione sufficiente tenere a mente che il pubblico ha unanima, sentimenti, gusti ed emozioni da stimolare. La percezione che il pubblico avr dello spettacolo sar tanto pi completa quanto pi il lavoro del regista sar riuscito a far vibrare le corde della sua sensibilit. Questo risultato lo si pu ottenere in mille modi, i pi contrastanti tra loro.

vero, abbiamo detto che musica, danza, scene, luci e costumi aiutano il regista a rappresentare lo spettacolo. Ques to per non significa che senza questi elementi, o senza qualcuno di essi, non si possa realizzare lo scopo che egli si prefissato. Spettacoli memorabili hanno avuto scene spoglie o luci le pi essenziali. Eppure hanno fatto vibrare il pubblico di vera emozione. Questo perch quegli elementi sono stati usati per la loro essenzialit funzionale: una luce che illuminava in un certo modo un punto della scena, un brano musicale suonato in un preciso momento, una battuta detta dallattore in un dato modo hanno comunque fatto lo spettacolo. Ecco dunque la necessit da parte del regista di conoscere le potenzialit espressive e le peculiarit degli elementi tecnici di cui si avvale. Un breve cenno esplicativo dei quali verr trattato pi avanti. Laltro cardine su cui fondato il lavoro del regista lattore. Il suo rapporto con lelemento umano di cui dispone in scena delicato e altrettanto sostanziale. Lonest verso il pubblico di cui si parlava prima la stessa che avr anche verso di es si. Lattore in scena linterprete non solo del testo dellAutore ma anche del punto vista e del gusto stilistico che il regista ha di esso. Il regista quindi dovr avere un rapporto dialettico molto stretto con i suoi attori e spiegare loro la sua idea registica in modo completo ed esaustivo per farli entrare dentro di essa. Dovr altres sforzarsi di comprendere la natura umana di ogni suo singolo attore, nonch conoscerne le caratteristiche interpretative. Non un compito facile.

Ogni attore-interprete innanzitutto un essere umano con le proprie peculiarit specifiche che, se valorizzate e sfruttate al meglio da parte di chi si occupa della messinscena, bene si accorderanno con lidea e con la migliore realizzazione di essa. Il regista deve essere in fondo egli stesso attore. Deve sapere come dire una certa battuta per spiegarla al meglio ai suoi attori affinch essi possano interpretare lo spettacolo secondo le sue indicazioni, ovvero dare il proprio contributo stilistico alla pice aggiungendo quanto di tecnico ed emozionale hanno dentro se stessi. Il rapporto con gli attori dunque per il regista un

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appuntamento pressoch fondamentale per la buona riuscita dello spettacolo secondo le sue intenzioni registiche. Un attore che ben si accorda col lavoro del suo regista lo aiuta a raggiungere presto e meglio il suo scopo. Un attore che, al contrario, entra in un conflitto stilistico-interpretativo con la regia o che non ne riesce a comprendere lidea, per suoi stessi limiti o per quelli del regista, non riuscir a renderla chiara sul palcoscenico. In conclusione si pu ben dire che il regista, oltre ad essere il coordinatore dellintero evento teatrale, un intimo conos citore della natura psicologica degli attori e una guida per il loro compito, oltrech un sapiente tecnico con solide basi di scenografia, illuminotecnica e sartoria. ( vol. II - E2.5 Esercizi di regia) 2.9 SCENOGRAFIA E COSTUMI Come gli attori, anche lo scenografo e il costumista hanno un rapporto diretto e continuo con la regia. In accordo con il regista scelgono e realizzano le scene e i costumi, elementi portanti della rappresentazione scenica che esaltano laspetto visivo de llo spettacolo sollecitando il coinvolgimento del pubblico. Il punto di partenza del loro lavoro come sempre lidea che il regista ha del testo da rappresentare. Sulla base di questa, di comune accordo col regista, essi decidono come rendere efficace lambientazione e i costumi che gli attori vestiranno in scen a. Abbiamo gi detto che di una stessa Opera se ne possono dare infinite letture. Se quindi il regista decider di mettere in scena un Romeo e Giulietta di Shakespeare ambientato in epoca moderna, lo scenografo immaginer, per fare un esempio, il balcone di Giulietta in un anonimo condominio di periferia, e il costumista decider di vestire i due innamorati come ragazzi dei nostri giorni. un po ci che fu realizzato nel 1996 al cinema col film interpretato da Leonardo Di Caprio. Al contrario, sempre per restare in ambito cinematografico, nel 1966 lo stesso testo scespiriano fu allestito da Franco Zeffirelli seguendo lambientazione classica immaginata dallAutore. Unapprofondita conoscenza della Storia dellArte e di Architettura aiuter senzaltro scenografo e costumista a realizzare lidea che il regista ha dello spettacolo.

Fin dallantichit le scene e i costumi hanno rappresentato fattori fondamentali dellarte drammatica. Si pensi per esempio a quanta importanza aveva nel teatro greco o romano luso della maschera o i coturni. La prima, per le sue caratteris tiche drammaturgiche (raccontava con la sua espressione il carattere o lo stato danimo del personaggio) e tecniche (aveva la funzione di amplificare il suono della voce dellattore perch il pubblico ne potesse udire distintamente ogni parola), era u n elemento imprescindibile alla rappresentazione scenica. Tanto che essa ha attraversato il corso dei secoli fino ad arrivare ai giorni nostri, anche se il suo uso ormai limitato agli spettacoli di carattere allegorico o a quei classici in cui era stata prevista dallAutore. Il coturno, invece, una calzatura dotata di un rialzo spropositato, dava allattore che la indossava in scena unimmagine gigantesca che ne esaltava il ruolo e limportanza. Ancora oggi ovunque nel mondo nelle feste di carattere religioso e non, i saltimbanchi o i giocolieri, abbigliati in maniera spesso grottesca, si esibiscono sopra alti trampoli o, come nel caso dei clowns, con ai piedi scarpe gigantesche. I costumi sono una specie di seconda pelle che racconta il personaggio dando allo spettatore le indicazioni sociali, psicologiche e narrative che lo riguardano. Hanno dunque un valore semantico oltrech sostanziale. Ecco perch il lavoro del costumista estremamente specialistico e si sorregge su solide basi artistiche e su una approfondita conoscenza della Storia dellArte e del Costume. I costumi di scena sono per lo pi creazioni originali, pezzi unici appositamente realizzati per un allestimento. Vere e proprie opere darte, molte delle quali conservate nei vari musei dei teatri lirici o di prosa di tutto il mondo. Le scene, poi, sono il luogo dove si svolge lazione, presentando al pubblico e raccontandogli, spesso prima delle parole, la storia cui assister. Allalzarsi del sipario locchio dello spettatore prima di ogni al tra cosa attratto dal luogo che vi

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rappresentato. La scena forse il primo contatto narrativo col pubblico, il primo attore che lo spettatore vede sul palcoscenico. Anche la scenografia di uno spettacolo il prodotto della creativit di chi chiamato a realizzarla, e quindi richiama i suoi gusti e il suo stile. Scene spoglie, essenziali o molto ricche, ingombre di elementi scenici; dai colori vivaci, a volte volutamente eccessivi, oppure scure e dalle tinte smorte; con sviluppi architettonici e planimetrici articolati, o semplici e lineari; arricchite da meccanismi complessi, o prive di qualunque complicazione. Tutte devono essere funzionali allallestime nto per il quale sono state pensate e tutte devono andare daccordo con lidea. Lo stesso dicasi per i costumi che, aggiungiamo a quanto detto prima, se vogliamo sono unestensione e un complemento delle scene. Scenografo e costumista, insomma, al servizio dello spettacolo e dellidea registica. Ma anche a servizio degli attori che de vono potersi trovare a loro agio sia in scena che nei costumi dei personaggi che interpretano. Ma soprattutto, anche in questo caso, credibili al servizio del pubblico cui si rivolgono.

2.10 TECNOLOGIA DELLO SPETTACOLO Viviamo in unepoca in cui la tecnologia, in tutte le sue forme, parte integrante della nostra vita quotidiana. Non poteva restarne esente la rappresentazione scenica che si avvale di essa per la realizzazione di tutto ci che riguarda lallestimen to. La rappresentazione di per se stessa spettacolare in q uanto sollecita lelemento visivo che proprio grazie alla tecnologia viene stimolato ed esaltato. Videoproiezioni, laser, luci, effetti speciali. Tutto ci fa da supporto attivo alla narrazione drammaturgica e alla sua rappresentazione. Tutto inizia, come sempre, dallantichit. Gi nel teatro greco luso di macchinari spesso complessi forniti di carrucole e paranchi consentivano lutilizzo di uno dei cardini drammaturgici sui cui ruotava il Teatro di quellepoca: il deus ex machina. La funzione risolutiva della vicenda che esso aveva, consentendo lintervento formale della divinit a sbrogliare e a concludere la trama, gli era in gran parte consentita proprio dalla tecnologia del tempo: grazie a una pedana, a volte un imbraco di tela che sorreggeva lattore che impersonava Giove, la apparizione del dio era il momento pi spettacolare della rappresentazione teatrale. Quindi la tecnologia veniva usata per un doppio scopo: drammaturgico e spettacolare-visivo. In fondo le cose non sono poi tanto cambiate. Anche oggi la tecnologia viene utilizzata con lo stesso fine, ed la stessa, seppure pi ampliata e complessa, di cui si avvalevano gli antichi. Questo vale anche per gli effetti speciali.

Oggi possiamo disporre di impianti di riproduzione sonora e di amplificazione molto sofisticati. Ma gli antichi greci non erano da meno. Per riprodurre il suono dei tuoni, tanto per fare un esempio, essi agitavano in quinta dei grandi fogli di sottile lamiera che creavano esattamente il rumore di un temporale. La pioggia veniva ricreata ruotando con una manovella un bussolotto che conteneva ghiaia. Queste due macchine teatrali le abbiamo usate anche noi fino a pochi decenni orsono, quando lavvento del computer e della tecnologia digitale hanno portato anche nel Teatro le innovazioni scientifiche. Eppure ancora oggi nel sottopalco del Teatro La Pergola di Firenze, uno dei templi della Prosa italiana, quelle macchine sono conservate e gelosamente custodite. Gli elementi tecnologici di cui si dispone oggi sono sostanzialmente in mano ai responsabili artisticotecnici dei vari settori che compongono lo spettacolo: lo scenografo, il datore luci (spesso sostituito dal regista), il fonico, il direttore di scena. Le scene create dagli scenografi, secondo le necessit dettate dalla regia, sono spesso molto complesse: palcoscenici articolati su pedane mobili comandate da verricelli e martinetti idraulici, nonch complicati da girevoli concentrici; quinte semoventi installate su carrelli che si muovono su binari; fondali a scompars a; botole. Tutto contribuisce a giocare sul palcoscenico offrendo al regista innumerevoli possibilit creative e di inventiva.

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Anche i costumi si avvalgono della moderna tecnologia. Recenti tessuti e materiali speciali permettono allattore che li indoss a di cambiarsi dabito molto velocemente in quinta nei cambi scena, o di soffrire meno il caldo quando, per esigenze di copione , gli stessi debbano sembrare molto sofisticati e pesanti. Le luci sono proiettate da fari a movimento automatico che mutano la loro intensit e direzionalit premendo un solo pulsante, e dispongono di lampade molto sofisticate che consentono di illuminare la scena come si desidera. Ve ne sono di molti tipi, ognuno dei quali con la sua specifica funzione. Possono addirittura ricreare effetti cinematografici come la dissolvenza incrociata o, opportunamente indirizzati su fondali speciali, la trasparenza. Hanno caratteristiche tecniche molto complesse come il voltaggio che permette di sparare la luce creando effetti molto suggestivi. Anche le luci laser, con i loro tagli affilati e geometrici, completano e arricchiscono le possibilit creative di cui pu disporre uno spettacolo teatrale. La fonica un altro elemento fondamentale dellallestimento scenico. Tracce audio digitali che riproducono qualunque tipo di suono o musica sono comandate da mixer audio programmabili e da computer che le riproducono fedelmente amplificandole e diffondendole in sala tramite casse che consentono effetti sempre pi coinvolgenti come il surround. Lo scopo di tutta questa odierna tecnologia lo stesso che avevano gli antichi greci che si occupavano di Teatro: stupire, impressionare e coinvolgere il pubblico nellazione scenica. Farlo entrare dentro la storia che gli viene narrata e farlo emozionare. In fondo il deus ex machina che scendeva dal cielo provocava nel pubblico lo stesso effetto che oggi pu provocare una videoproiezione, un taglio laser o un effetto sonoro mandato in sala a mille watt: sollecita limmaginario dell o spettatore avvolgendolo in un luogo spazio-temporale immaginario. In buona sostanza lo trasporta e lo culla nel mondo della Fantasia.

2.11 BIBLIOGRAFIA Alschitz, J., La grammatica dellattore il training, ed. Ubulibri 1998 DAmico, M., Scena e parola in Shakespeare, ed. Einaudi 1974 De Monticelli, R., Lattore, ed. Garzanti 1988 Diderot, D., Paradosso sullAttore (titolo originale Paradoxe sur le comdien), ed. Editori Riuniti 1972 Ejzenstejn, S., Lezioni di Regia (titolo originale Na wrokack reissury S.Ejzenstejn) , ed. Einaudi 1964 Frye, N., Shakespeare (titolo originale Northorp Frye on Sakespeare), ed. Einaudi 1986 Gassman, V., Intervista sul teatro, ed. Sellerio 2002 Maragliano Mori, R., Coscienza della Voce, ed. Curci 1970 Moussinac, L., Il teatro dalle origini ai giorni nostri (titolo originale Le thtre des origines nos jours), ed. Laterza Nicoll, A., Lo spazio scenico (titolo originale The development of the Theatre), ed. Bulzoni 1971 Palombi, C., Il gergo del teatro, ed. Bulzoni 1986 Pezin, P., Il libro degli esercizi per attori (titolo originale Le livre des axercises lusage des acteurs), ed. Dino Audino 2003 Piscator, E., Il teatro politico (titolo originale Das politische Theater), ed. Einaudi 1960 Ripellino, A.M., Il trucco e lanima, ed. Einaudi 1965 Szondi, P., Teoria del dramma moderno (titolo originale Theorie des modernen Dramas), ed. Einaudi 1962

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3. TECNICHE SCENICHE E ARTE TERAPIA


vedi anche Vol. II Approfondimenti
5. Counselling a mediazione artistica e video terapia a scuola 6. Riszard Cieslak: sullimprovvisazione

3.1 Mappa

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

Contenuti: AC Tecniche di Laboratorio 3.4 Warm up, 3.5 Video tecniche, 3.6 improvvisazione teatrale, 3.7 improvvisazioni musicali, 3.8 immaginazione collettiva, 3.9 Raccontare e raccontarsi, 3.10 Blog, facebbok, sms 3.11 racconto Rap - presentato

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling

5. Lezioni di scrittura

AC
AC Come diventare uno storyteller Il Linguaggio e l'Autore teatrale

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5 ore
3.2 OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Tutte le tecniche puntano alla sperimentazione e alla socializzazione dei sentimenti e delle idee, cercando di formare una palestra emotiva volta al recupero della persona e della sua capacit creativa. Con la pratica di esercizi dintrospezione, lattenzione dellallievo inizialmente concentrata sui propri vissuti, per poi svincolarsi da essi e trovarne unespressione creativa. Attraverso limprovvisazione vengono ricreate le situazioni tipo in cui lallievo riscontra maggiori difficolt a costituire un rapporto. Nella fase interpretativa, lallievo pu sperimentare il cambio di ruolo, riuscendo ad essere altro da s e costituendo, nella propria interiorit, lesperienza di questa diversit. Proprio in tale possibilit, nonch nella capacit dellindividuo di trasferirla nella vita quotidiana, risiede la valenza dellintervento terapeutico del teatro: attraverso il teatro viene compiuto un lavoro importante sulla personalit dellallievo, che impara a guardarsi con occhi diversi. Il lavoro pi importante quello che si va a svolgere sul vissuto del soggetto, nella volont di condurlo, attraverso la gratificazione del risultato, ad una coscienza delle proprie capacit e allacquisizione di una profonda autostima. Lutilizzo delle tradizional i tecniche drammatiche serve altres a correggere difetti e problematiche relative al linguaggio, a migliorare il governo del corpo in movimento, la sensorialit, larricchimento culturale, lallenamento mnemonico. Tutti gli interventi sono realizzati in un a dimensione di gruppo, per promuovere una buona socialit e condivisione. Concretamente, lobiettivo consiste nel far acquisire ai discenti la capacit di giocare ruoli diversi rispetto a quelli rigidi della vita quotidiana, sperimentando nella finzione scenica ci che si potr mettere in pratica nella vita reale. Questo percorso conduce alla scoperta e allo sviluppo delle risorse creative del singolo, quelle risorse che possono aiutarlo a migliorare le proprie condizioni di vita e/o del gruppo di cui fa parte. Infine, l'utilizzo dei nuovi linguaggi multimediali, faciliteranno l'approccio conoscitivo e la spinta a raccontarsi scrivendo.

3.3 INTRODUZIONE Il Writing Theatre una forma innovativa del Teatro che si basa sulla costruzione della persona e che agisce tramite luso intenzionale delle tecniche teatrali e rappresentative a scopi terapeutici, per incoraggiare la crescita personale, lintegra zione ed il benessere individuale e collettivo. orientata allestetica, al simbolico e al senso di appartenenza ad un gruppo. Le tecniche utilizzate fanno riferimento a diverse teorie e pratiche delle nuove arti terapie. Nella sezione saranno presi in esame metodi ed esercizi basati sulla capacit delle arti rappresentative di intervenire direttamente sulla persona, per sviluppare la creativit, aumentare l'autostima, fornire strumenti concreti e formativi. Ogni intervento proposto si fonda su un coinvolgimento diretto dei giovani capace di stimolarne la partecipazione attiva ed il protagonismo. Limpostazione di lavoro nella nostra metodologia stimola un lavoro fortemente creativo, basato sul cambio di ruolo attraverso lintrospezione, limprovvisazione e linterpretazione. Lattivit si svolge in situazione di gruppo. Nella seconda parte della sezione, si far un breve excursus tra i nuovi linguaggi comunicativi dei giovani e le loro possibili applicazioni

3.4 WARM UP 3.4.1 Preparazione al gioco dei ruoli Questa tecnica del riscaldamento direttamente presa in prestito dalla Drammaterapia di Landy e si basa sul concetto di ruolo come punto cardine del concetto di personalit, il contenitore come definisce lo stesso Landy - dei pensieri e dei sentimenti che abbiamo di noi stessi e degli altri, dei nostri modi sociali e immaginari. Linterpretazione del ruolo a live llo drammatico, secondo questa ottica, dunque, sintetizza i naturali processi di assunzione di ruoli che attuiamo durante la nostra crescita evolutiva, ossia: imitazione, identificazione, proiezione e transfert; la rappresentazione scenica del ruolo, il risultato

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di un lavoro intrapsichico fatto su di s ed esternato allinterno di un contesto di gioco. Proprio in questa cornice di come se il concetto di distanziamento usato da Landy trova il suo significato. Il warm up nella drammaterapia pu essere comparato al riscaldamento di un artista o di un atleta prima di una performance. Nei termini del paradigma dei ruoli, il warm up uno strumento che permette si soggetti di accedere al loro sistema di ruoli, un modo per preparare i soggetti al gioco dei ruoli. Nella drammaterapia, cos come nelle arti sceniche in genere, il warm up un mezzo per attivare limmaginazione. Il warm up pu assumere una forma qualsiasi e applicarsi a molti aspetti dellesperienza. Spesso fisico e mira a rilassare i muscoli e la tensione corporea. Molti includono la respirazione profonda, la meditazione ed esercizi di rilassamento, non solo per riscaldare il corpo ma anche per porre la mente in uno stato creativo. A volte il warm up basato sul lavoro di imagery piuttosto che sul movimento. Si pu iniziare una seduta, chiedendo ai soggetti di chiudere gli occhi e immaginare una scena particolare, ad esempio, un campo aperto. Attraverso una serie di proiezioni nellimmaginario, il conduttore scioglie limmaginazione dei soggetti, che pu essere evocata tramite direttive verbali o stimoli sensoriali, per esempio con luso di suoni. I warm up psicodrammatici possono essere semplicemente verbali se ogni membro del gruppo parla delle proprie esperienze settimanali o dei propri sentimenti attuali. Un warm up verbale maggiormente proiettivo quello in cui lindividuo A si riferisce al gruppo ponendosi nel ruolo della persona seduta accanto a lui lindividuo B.

A seguito di questa drammatizzazione, B assume il ruolo di A e interagisce col gruppo. Questa semplice inversione di ruolo rende consapevoli del modo in cui si vede laltro e del modo in cui laltro ci vede. Un altro tipo di warm-up consiste nella focalizzazione su un solo aspetto di un individuo, spesso una caratteristica esterna come una parte del vestiario. Il warm up, parte introduttiva di riscaldamento del clima affettivo, spesso basato prevalentemente su esercizi fisici miranti a rilassare i muscoli e le tensioni corporee per preparare i partecipanti al gioco dei ruoli; ma pu essere basato, piuttosto che sul movimento, sul lavoro di imagery (immaginazione) per esempio chiedendo di immaginare a occhi chiusi una certa scena, per porre la mente in uno stato creativo; o pu anche essere verbale, quando per esempio ogni partecipante narra un evento recente della propria vita. In sintesi il warm up un preludio allazione, che avverr nella fase successiva, quella di creazione scenica vera e propria (ma sotto certi aspetti una distinzione artificiale poich uno stadio confluisce nellaltro, vale a dire che nelle scene si estenderanno i ruoli e i sentimenti evocati nel warm up). Nella conclusione, di solito si chiede la rappresentazione delle impressioni su ci che stato fatto, di ci che si prova, di come ci si sente, di cosa si auspica per il futuro, attraverso la parola o pi semplicemente unimmagine o un movimento; questo, normalmente , seduti in cerchio, dando una forma di rituale di gruppo a questa fase di commiato.

Non superfluo far notare che anche il conduttore ha bisogno di una conclusione; quindi opportuno che condivida col gruppo riflessioni sullazione, sentimenti attuali e speranze per il futuro. Passato, presente e futuro sono rievocati prima della separazione: labilit del conduttore quella di far cogliere nella chiusura gli elementi che offrono nuove prospettive alla vita quotidiana, che aprono a tutte le possibilit dei ruoli. Il warm-up psicodrammatico innescato principalmente dallo sviluppo della spontaneit allinterno di tutti i partecipanti. Le condizioni necessarie sono le seguenti: un senso di fiducia e di sicurezza, norme che permettono linclusione di dim ensioni irrazionali e intuitive, sentimenti di distanza variabile (componente essenziale del gioco), disponibilit verso lassunzione di rischio e lesplorazione della novit. ( vol. II - E3.1 Esercizi sul warm up)

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3.5 VIDEO TECNICHE (MARIKA MASSARA- Psicologa, Psicoterapeuta- Percorsi di videoterapia - INformazione Psicoterapia Counselling Fenomenologia, n7, settembre-ottobre 2006, pagg. 68-75, Roma). Nella drammaterapia la tecnologia video uno strumento di auto-percezione e di autovalutazione: un espediente che permette non solo di vedere limmagine di se stesso ma anche di analizzare e parlare con questa immagine. Luso delle immagini e del linguaggio non verbale si va affermando sempre di pi, di generazione in generazione diventiamo sempre pi sensibili al linguaggio audiovisivo di comunicazione di massa, al linguaggio del cinema e della televisione. Le immagini comunicano attraverso modalit diverse, a volte pi dirette e creative, del canale verbale. Limmagine non ha bisogno di parole o d i commenti, arriva a noi diretta, a volte prepotente e violenta, a volte commovente. Lutilizzo del video riconosciuto in diverse aree della riabilitazione, delleducazione, della formazione e della terapia, e si pu inscrivere allinterno del contesto p i ampio delle terapie espressive e delle arti-terapie, intese come paradigma a cui si riferiscono metodologie e tecniche terapeutiche molto diverse che condividano per lutilizzo dei linguaggi artistici (Cavallo, 1995).

La videoterapia nellaccezione che propone O. Rossi (2003) il momento culminante di un percorso di crescita che porta e sostiene la persona nellincontro e nella re -visione di se stesso. La videoterapia d vita ad uninterazione dellio con il me: limmagine diventa linterlocutore del soggetto in un processo di facilitazione del confronto con se stessi. (O.Rossi, pag. 30, 2003). Gli utilizzi del video sono molteplici e diversificati, dalla videoconfrontazione al video partecipativo, al counselling videoterapeutico, il video diventa un mezzo, un media che facilita un lavoro di consapevolezza personale a vari livelli. Nel caso specifico della videoconfrontazione il soggetto parla con la sua immagine e in questo senso non c bisogno di stimolare un processo di proiezione e identificazione perch laltra parte l, parla, si muove ed in qualche modo reale. Limmagine un fenomeno percepibile direttamente senza necessit di mediazioni o facilitazioni. Come metodologia si user il dialogo tra le due opposte polarit, il dialogo tra limmagine di me che vedo sullo schermo e il me che parla. Limmagine diventa il contenitore delle mie proiezioni, dei miei contenuti interni. In questo senso nellimmagine proietto i miei contenuti interni e posso diventarne consapevole e renderli attuali e modificabili, posso instaurare un dialogo che mi porti ad una sintesi creativa. Con la videoterapia, il corpo non pu nascondersi, limmagine ce lo mostra in tutte le sue sfaccettature, la postura e i movimenti ci parlano e raccontano la nostra storia sia se vogliamo ascoltarla sia se cerchiamo di negarla. Rossi (2003) a tal proposito parla di copione posturale, lavorando sulle espressioni corporee lavoro anche sulla mia storia e sul mio copione di vita. Limmagine mi racconta e allinterno di una situazione di gruppo non sono solo io che guardo, ma anche gli altri partecipanti diventano testimoni di un confronto inevitabile. In tal modo ho la possibilit di riappropriarmi consapevolmente della mia identit mentale e corporea. Limmagine diventa una sorta di diario di s, in cui posso rileggere/rivedere a distanza di tempo, grazie alla videoconfrontazione in differita, la mia immagine e le mie modalit relazionali. Il video ci viene in aiuto anche allinterno di modalit di lavoro meno dirette: si possono elaborare temi difficili come il rapporto genitori-figli, grazie alla possibilit di costruire storie, di realizzare un video. Questo il caso del video partecipativo. Il gruppo diventa una vera e propria equipe di lavoro che coopera alla realizzazione del filmato. Psicoterapeuti della Gestalt, come Paolo Quattrini o Oliviero Rossi, utilizzano nelle drammatizzazioni la modalit del fare la regia: il soggetto stesso che mette in scena e dirige gl i altri partecipanti del gruppo nel rappresentare ci di cui ha bisogno in quel momento.

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Oliviero Rossi utilizza nel lavoro di costruzione di storie e counselling videoterapeutico con adolescenti un ulteriore forma di distanziamento (Il teatro delle emozioni, Rossi 2000-2001)[1]: il cambiare i riferimenti reali in fantastici, si cambiano i nomi e gli eventi, trasponendoli in un ambito di fantasia, di realt metaforica. Limmagine evoca differenza e permette un confronto. La distanza che si crea nel caso del video partecipativo tra me e la storia filmata, nel caso della videoconfrontazione tra me e limmagine di me che vedo, sia essa in diretta o in differita, produce uno spazio, un vuoto fertile allinterno del quale nas cono nuove possibilit.

3.6 IMPROVVISAZIONE TEATRALE La storia dell'improvvisazione parte dai rituali primitivi per arrivare agli happening. Tutte le forme d'arte sono cominciate con l'improvvisazione: i primi poemi epici, come l'Odissea e l'Iliade, furono all'inizio racconti orali improvvisati, e il canto, la danza presero una forma definita solo dopo un lungo periodo di pura improvvisazione. La commedia greca e romana e la commedia dell'arte italiana furono dirette emanazioni dell'improvvisazione. Oggi l'improvvisazione utilizzata in molte sfere della vita sociale, dal teatro vero e proprio, alla formazione professionale e imprenditoriale, fino alla psicoterapia e l'istruzione pubblica, dimostrandosi sempre molto valida. L'improvvisazione insegna a pensare e mira a fornire un chiaro ambito mentale che permetta di esprimere idee e sentimenti in modo conciso e ordinato: e, sottintendendo sempre una situazione umana a cui partecipano pi persone, costringe a elaborare il pensiero in modo estremamente rapido e qualche volta su differenti livelli nel medesimo tempo. L'individuo deve prendere le sue decisioni in rapporto con la situazione, ma poich la situazione sperimentale, pu imparare dai suoi errori e utilizzare l'esperienza per il futuro (J. Hodgson E. Richards L'improvvisazione teatrale 1976).

L'improvvisazione serve a percepire il nostro corpo in rapporto con la realt circostante, ottenendo una auto-consapevolezza fisica. Analogamente l'improvvisazione aumenta, attraverso l'uso della parola, la capacit espressiva e contribuisce ad afferrare tutte le differenze tra messaggio scritto e messaggio parlato. L'uso del linguaggio cambia a seconda delle situazioni e l'improvvisazione, attraverso una quantit di temi, ci permette di capire come il vocabolario, l'ordine delle parole e le immagini varino di circostanza in circostanza. L'improvvisazione comporta quasi sempre un'attivit o un interesse rivolti ad altre persone e per necessit di cose il partecipante indotto a guardare oltre se stesso, tanto da stupirsi molto spesso dei risultati personali che riuscito a conseguire. Ogni individuo riesce quindi a valutare il proprio potenziale caratterologico, e a scoprire in s capacit insospettate (J. Hodgson E. Richards L'improvvisazione teatrale 1976).

Concentrazione ed immedesimazione dipendono in gran parte dalla spontaneit e pi il gruppo si lascer assorbire da quanto sta succedendo e pi trover facile affrontare con naturalezza e immediatezza la situazione. Per cominciare, bene partire da un tema che riguardi la quotidianit dei partecipanti ma si pu anche superare la fase di autocoscienza staccando i partecipanti da se stessi attraverso l'evocazione di un mondo immaginario. Tutto dipende dalla capacit, da parte del conduttore, di capire davanti a quale gruppo si trova e di saperlo indirizzare con grande disponibilit grande offerta di idee, temi e materiali, per lo pi molto semplici. ( vol. II - E3.2 Esercizi di improvvisazione teatrale)

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3.6. 1 Esempio di seduta preliminare con un gruppo di adolescenti e ragazzi (J. Hodgson E. Richards L'improvvisazione teatrale , pg.63)

Tema Quotidiano L'istruttore potr dare inizio alla seduta invitando i partecipanti a girare con disinvoltura per tutto il locale secondo uno schema di movimento che tenga conto del loro atteggiamento. Dopo aver camminato per un certo tempo mossi dai pi diversi stati d'animo (dall'entusiasmo all'assoluta indifferenza), i ragazzi dovranno immaginare di arrivare a casa, entrare in camera e metter su un po' di musica. Questa stessa scena potr essere ripetuta variando l'atteggiamento fisico o mentale dei partecipanti e introducendo altre occupazioni oltre l'ascolto. Esaurita la fase in cui tutti gli individui reagiranno insieme ma separatamente, si potr procedere alla formazione di piccoli gruppi, di tre persone ciascuno, che improvviseranno su uno schema che prevede un venditore, un compratore e una terza persona con identit variabile. Come varianti, uno scambio di ruolo tra venditore e compratore e una vendita a credito. A questo punto, si possono operare scambi circolari nei gruppi, in modo che ogni individuo abbia la possibilit di lavorare a fianco di nuovi compagni e impostare una scena in cui i partecipanti siano accusati di aver rubato in un supermarket e un cliente di passaggio prenda le parti (a scelta) dell'accusato o dell'accusatore. Per rafforzare lo schema narrativo, si potr introdurre la figura di un rappresentante della legge. Si dar ai partecipanti il tempo necessario per discutere i particolari e provare la scena .

Tema Fantastico Un saloon del Vecchio West. I partecipanti dovranno immaginare di essere dei cowboys impegnati in varie attivit (entrare nel saloon, legare i cavalli, bere al banco, giocare a carte, cantare al piano ). Una volta che i partecipanti avranno acquistat o confidenza con i nuovi abiti, le pistole, le fondine, gli stivali, verr introdotto un avvenimento che interrompa la vita del locale e provochi una scena violenta. Ad esempio, l'entrata di uno straniero a cui segua una sparatoria e l'arrivo dello sceriffo. Durante le improvvisazioni, sar bene incoraggiare i partecipanti a parlare. I ragazzi amano costruire l'improvvisazione su momenti eccezionali della vita, come incidenti, fughe, incendi, uccisioni, rapine, naufragi

3.7 IMPROVVISAZIONE MUSICALE La musica costituisce un mezzo stimolante e fantasioso per affacciarsi ad un mondo di infinite possibilit conoscitive e per dare libero sfogo alla propria espressivit originale. Lattivit musicale inoltre, tra quelle artistiche una delle pi complete poich prevede lo sviluppo contemporaneo di capacit tecniche e sensoriali. Affrontare un percorso formativo di questo tipo attraverso attivit essenzialmente basate sul divertimento e sull'improvvisazione, non potr che rendere il lavoro pi

stimolante per tutti. Il gioco e lapprendimento divengono cos momenti strettamente connessi ed intercambiabili. Lobiettivo sar quello di fornire un mezzo di espressione con il quale mettere a frutto la propria vena creativa ed, eventualmente, prendere la via di un livello pi avanzato. Il laboratorio che si intende proporre si basa essenzialmente sull'estensione (teorica e pratica) del concetto di ritmo in musica. L'applicazione delle nuove tecnologie ha dato al ritmo,tradizionalmente uno degli elementi fondamentali di ogni applicazione musicale, una nuova forma e innumerevoli possibilit applicative. L'elemento ritmico insito nel pi comune mezzo dell'espressione artistica umana: la parola. Le significazioni che essa veicola sono scandite da accenti, pause, glissandi... quasi si trattasse dell'esecuzione strumentale di una partitura. Ed proprio a partire da questa analogia che si vuole inserire l'elemento ritmico della parola all'interno di un contesto didattico-musicale, perch produca a costituzione di un unico linguaggio. La parola, liberata da stretti vincoli di significazione e trasformata in suono

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ritmico, pu dare libert al suo potenziale sovrapponendosi, intrecciandosi, fondendosi con il suono degli strumenti e dei linguaggi. Il principale obiettivo di una serie di attivit connesse alla musica deve essere lo sviluppo di una consapevolezza del proprio ruolo attivo nella creazione nellinterpretazione e nellascolto, non solo per se stesso ma anche e soprattutto come elemento aggregante e di socializzazione. Il mondo dei suoni va esplorato attraverso il gioco, utilizzando diversi linguaggi: parlato (filastrocche, racconti, drammatizzazioni, etc...); manuale (costruzione di semplici strumenti musicali con materiali riciclati da casa) e naturalmente sonoro (canzoni, semplici melodie, ascolto etc...). Obiettivi Individuali Sviluppare il senso dellascolto di s, degli altri e dellambiente circostante. Sviluppare il senso della percezione spaziale del suono. Riuscire a distinguere le caratteristiche e le differenze dei vari ritmi e suoni. Apprendere, attraverso la memorizzazione di ritmi, canzoni e semplici melodie, le basi delle tecniche di respirazione, vocalizzo e canto. Riprodurre per imitazione suoni, rumori, versi di animali. Analizzare le relazioni tra gesti e suoni e le caratteristiche prettamente fisiche dei suoni. Sviluppare le capacit di memorizzazione di ritmi, suoni e melodie. Inventare, drammatizzare e interpretare fiabe, storie e tradurle nei diversi linguaggi interpretativi (grafico, sonoro, mimico, ecc...). ( vol. II - E3.3 Esercizi musicali) 3.8 IMMAGINAZIONE COLLETTIVA Alla base della scrittura creativa e del nostro Writing Theatre, c' l'immaginazione collettiva che, attraverso una serie di esercizi di gruppo, contribuisce alla scoperta di noi stessi, la nostra visione del mondo e quella che il mondo esterno ha di noi. Affrontare, sviluppare e condividere la nostra capacit creativa, conduce a scoprire nuovi aspetti della nostra immaginazione che ci aiuteranno ad affrontare la vita quotidiana; a trovare pi soluzioni alternative; sviluppare nuove forme e modalit di pensiero. La creativit aumenta la sensibilit ai problemi, ai bisogni, alle opportunit e la capacit di osservare con attenzione pi pronta. Aiuta a vedere le cose da differenti angolazioni. Aiuta a liberarsi dagli stereotipi. Aiuta ad avere pi fiducia in se stessi e pi facilit a mobilitare la proprie risorse. Permette di sviluppare il proprio potenziale. Aumenta la curiosit e lo spirito di avventura. Invita a proiettarsi verso il futuro. Risveglia il desiderio di sperimentare e di giocare. Aiuta a riconquistare il senso del fantastico. D un senso di realizzazione e benessere. Se tutti avessimo il coraggio di usare l'immaginazione, potremmo affrontare meglio le circostanze negative. La capacit immaginativa essenziale a livello umano, perch ci consente la conoscenza dell'altro e dei rapporti che legano le persone alle cose. Lo schema generale di lavoro per le tecniche di immaginazione collettiva: attivit immaginativa che si basa sull'osservazione di cose e persone reali (sia rendendole reali con l'immaginazione sia usandole immaginativamente); ricerca basata su esperienza di nuovi modi di usare gli elementi reali e quelli immaginari; realizzazione immaginativa basata su esperienza e penetrazione di materiale conosciuto di qualcosa di nuovo; attivit immaginativa illimitata. ( vol. II - E3.4 Esercizi di immaginazione collettiva)

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3.9 BLOG, FACEBOOK, SMS In unepoca in cui il rapporto con la creativit sembra esaurito a vantaggio di un approccio passivo con la realt, favorito dalluso-abuso della tiv, i linguaggi multimediali giovanili, internet e gli stessi telefonini cellulari, potranno spingere i ragazzi a confrontarsi con la scrittura. Caratteristica del blog quella di essere uno spazio aperto e in continuo aggiornamento. Il blog uno strumento semplice da utilizzare, che offre a tutti i partecipanti lopportunit di comunicare il proprio punto di vista in modo nuovo, inviando commenti personali, ma soprattutto di assumere il ruolo di autore pubblicando post con racconti, poesie, pagine di diario, articoli, recensioni, illustrazioni, fotografie, video. Il focus del blog la scrittura creativa . Nell'aggiornamento dello status di un twitter o un fa cebooker, una la domanda fondamentale: Cosa stai facendo in questo momento? A cosa stai pensando? Si leggono spesso frasi ricercate o fantasiose o poetiche il mezzo spinge a raccontare di noi, senza specificare gli eventi che ci sono occorsi, ma esprimendo sensazioni, emozioni, sentimenti, spesso in terza persona. Ministorie, segni di scrittura creativa. Per comunicare con l'altro, si scelgono pensieri, ma pensieri e stati provvisori. Il tempo reale con cui possiamo entrare in contatto con l'altro, ci consente di esprimere noi stessi nel proprio continuo cambiamento. Una sorta di diario che, seppur pubblico, non richiede la risposta altrui, ma ne cattura l'attenzione. Questa esigenza determina la scelta di un linguaggio, di un modo di esprimerci che solo il nostro e come tale riconoscibile. Frasi brevi, ma continue. Un modo creativo di scrivere, di cui tutti, con diverse et e diverse estrazioni e formazioni, si servono. La consapevolezza che abbiamo nell'esporci agli altri attraverso questi mezzi del social network, pu condurci ad una migliore conoscenza di s. Proprio per questo, riteniamo che sia una buona formula per spingere ragazzi difficili, a parlare di s, magari dietro qualche metafora o con qualche pseudonimo. D'altronde, stanno comparendo sul mercato e su internet opere letterarie e riviste concepite per essere realizzate e fruite attraverso piattaforme che offrono e pretendono una sintesi estrema, gli schermi dei cellulari e Twitter.

Le prime avvisaglie arrivano dal Giappone. Nel 2002 nessuno pensava a racconti e romanzi pensati per essere letti sullo schermo di un cellulare e, soprattutto, realizzati scrivendo direttamente sul cellulare, come se si stesse componendo un sms. Nel 2003 i romanzi mobili hanno generato introiti per 1,8 miliardi di Yen. Nel 2006 il mercato ha toccato quota 9.4 miliardi di Yen. Oggi molti provider di contenuti mobili offrono la possibilit di scaricare sul cellulare romanzi in abbonamento. Le storie sono divise in capitoli brevi, adatti per la lettura tra una fermata di metropolitana e laltra. Limpressione che anche il tempo di scrittura sia parcellizzato, frammentato tra viaggi sui mezzi pubblici, attese in fila e tutti gli altri momenti che si prestano alla composizione di un testo breve. I testi letterari seguono le stesse regole degli sms: frasi brevi, parole di pochi caratteri, molto dialogo e azione, poche descrizioni. Autori, ragazze per la maggior parte, e lettori sono giovani che raccontano e cercano storie contemporanee, metropolitane e tragiche, con grandi dosi di sesso e violenza. Anche su Twitter, piattaforma di microblogging che permette di inviare messaggi di massimo 140 caratteri,vengono condotti altri esperimenti letterari. @Thaumatrope una rivista di fantascienza, fantasy e horror curata dallo staff del sito Green Tentacles. Gli articoli sono limitati a 140 caratteri e hanno gi pubblicato testi (pagati alle tariffe della SFWA di 0.05 dollari a parola) di John Scalzi, Mary Robinette Kowal, Jeremiah Tolbert, Alethea Kontis e altri autori noti, oltre a quelli di semplici appassionati. Thaumatrope sempre alla ricerca di articoli e autori. @Outshine si definisce una picowebzine. E emanazione di Shine, unantologia che raccoglie racconti di fantascienza ottimisti ca, ovvero che presentano il nostro futuro sotto una luce positiva. Outshine segue lo stesso tema e pubblica poemi in prosa di SF ottimistica sul futuro prossimo. Questi poemi in prosa vengono pubblicati una volta a settimana. Anche Outshine accetta

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proposte e paga i suoi collaboratori ben 5 dollari a testo, sempre limitati ai 140 caratteri permessi da Twitter. Ogni autore pu proporre un testo a settimana. Twitter pu essere facilmente consultato in mobilit, collegandosi alla pagina dedicata ai dispositivi mobili m.twitter.com. Ed esistono molti programmi per smartphone che rendono pi facile laccesso, la consultazione e la gestione del proprio account. Quindi Twitter pu essere considerato una variante del fenomeno giapponese. (Microletteratura: racconti e romanzi via sms e Twitter on luned, 6 aprile, 2009 at 15:38 - Magrathea Rivista di narrativa fantastica - www. Magrathea.it)

3.10 RACCONTARE E RACCONTARSI Narrare rappresenta lunico modo che lessere umano possiede per far conoscere un accaduto o la propria storia. Naturalmente la narrazione pu esprimersi attraverso la parola o la scrittura, ma anche attraverso l'immagine-video o figurativa che sia. Naturalmente, raccontiamo agli altri per raccontarci a noi stessi. Secondo D. Demetrio, professore di Pedagogia all'Universit di Milano, che si interessa di "cura di s" e di "educazione nella vita adulta", il pensiero e il lavoro autobiografico, rappresentano una importante modalit riabilitativa per la cura di s. Inoltre, la narrazione rappresenta anche, e soprattutto, la via attraverso cui dare forma alla propria identit. Le esperienze che lIo compie danno forma allidentit: narrarle d loro un senso, le inserisce in un contesto, in un tempo e quindi in una storia gi esistente. Narra re rappresenta, quindi, unoperazione di consapevolezza in quanto equivale a costruire una propria visione di se stessi e del mondo: sono io come narratore che, nel momento in cui racconto qualcosa, opero una selezione, unorganizzazione del materiale disponibile. Lattivit narrante si completa e acquista senso solo se c un ascoltatore della narrazione. Non sufficiente, infatti, che qualcuno narri se non c nessuno che ascolti ci che sta narrando. Allintenzionalit di chi racco nta, quindi, sempre indispensabile si leghi lintenzionalit di chi sta ascoltando quel racconto (un libro ha bisogno di un lettore per diventare narrazione, cos come il diario ha bisogno del mio ascolto affinch mi narri qualcosa). Quello che narro, poi, sempre influenzato da chi mi sta ascoltando o da chi immagino mi stia ascoltando. Probabilmente il mio stile cambier anche in funzione del pubblico o di quello che immagino sia il mio pubblico. Nel momento in cui narro, compio una scelta: scelgo cosa narrare di me e cosa no, cosa far trasparire, organizzo i tempi, le intonazioni, le espressioni facciali, le parole, la voce, le pause Questo particolarmente evidente se racconto un fatto della mia vita a un amico, a un nemico, a una persona che mi sta antipatica, a una che mi sta simpatica, a una persona di cui mi vorrei innamorare o che odio. Il segreto rimedio e l'inusitata terapia sono intrinseci al fatto, e via via si discoprono tali, di dar quasi forma alla vita di un'altra persona. Quando ripensiamo a ci che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo (L'autobiografia come cura di s - Duccio Demetrio -p. 12).

Sempre secondo il prof. Demetrio, il lavoro autobiografico pu supportarci nella rivisitazione del passato e quindi nella cura di s, attraverso specifici fattori che sono veri e propri poteri ricostituenti del lavoro autobiografico: Dissolvenze: provare piacere nel ricordare. Le immagini ricompaiono sbiadite, crepuscolari, sfumate nei contorni: quasi inconsistenti e vaghe. Nulla mai completamente "a fuoco" e nulla mai chiassoso. Il potere curativo della dissolvenza alimenta cos un sentimento di distacco, mentale ed emozionale, che il primo requisito del benessere. Convivenze: corrisponde all'esibizione della nostra storia, disponibilit ad ascoltare e a essere ascoltati. Ricomposizioni: il ricordare o il raccontare ci danno la sensazione di "tenerci insieme". Un potere che Demetrio chiama ricompositivo. Scopriamo che da un lato il gioco dei ricordi, come ogni gioco, ci "alleggerisce" e distende; inoltre, che

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tutto questo vagare da uno spazio all'altro della nostra mente costruisce inter-spazi e corridoi che ci restituiscono la giovevole sensazione di sentirci molte, tante, tantissime dimensioni e di crearne di nuove (p. 51). Invenzioni: la creativit scaturisce dai giochi connettivi che finiscono col dotarci di una rete immateriale, che contiene tutto ci che siamo. Per "tenerci insieme" e godere del piacere di stare insieme con noi stessi, indispensabile fare un ulteriore progresso che consiste nella transizione dal mero pensiero autobiografico al lavoro di scrittura in senso proprio della nostra storia. Spersonalizzazioni: scrivere autobiografie non una pratica clinica in senso proprio, sembra per che la scrittura sia e sia stata un medicamento dell'anima per un numero sterminato di autori: medicamento non solo di natura artistica ma anche terapeutica.

3.11 RACCONTO RAP-PRESENTATO La cultura giovanile legata al mondo musicale, ci consente di utilizzare altre forme e tecniche per sollecitare la creativit e la scrittura. Il rap sicuramente consente di esprimersi attraverso un linguaggio attuale e musicale. Il senso del ritmo e del tempo rap consentono di trasformare un qualsiasi racconto in una vera e propria rappresentazione scenica. Ed proprio la natura musicale di queste tipologie di racconto che riporta le parole all'antico valore dell'oralit e quindi anche del teatro. Questi racconti devono essere letti a voce alta, presupponendo un pubblico, anche se dietro un video. L'utilizzo di certe forme artistiche, consente di fare procedere in tandem la parola scritta con quella parlata, la narrazione con la musica della voce. Storie spesso anche drammatiche, si propongono all'ascolto dell'altro, attraverso un tempo musicale che ha la capacit di catturare l'attenzione e di sviluppare una ricerca sul linguaggio scritto, sviluppando assonanze, rime versificando. La ste ssa poesia cambia rotta nei versi dei poeti di strada che, sempre sui ritmi rap, raccontano storie autobiografiche e fatti di cronaca, restando sempre a diretto contatto con i destinatari: una forma di poesia orale. Accanto, potremmo collocarci le parole pittoriche dei writers che sintetizzano fatti opinioni pensieri in espressioni grafiche, dove acquisiscono importanza i colori e le identit degli autori, le cui stesse firme sono manifestazioni del s agli altri, racconti. E se il rap ci riporta in qualche modo all'antica tradizione e funzione orale della poesia e del teatro, cos l'arte dei writers, ci riporta ai preistorici graffiti. Modi di comunicare, raccontare, mettersi a confronto con se stessi e con realt contestuale, attuando un distaccamento emotivo attraverso la rappresentazione e contribuendo all'acquisizione di una consapevolezza.

( vol. II - E3.5 Racconto POPROCKRAP) 3.12 BIBLIOGRAFIA BARKER, C., Giochi di teatro, Bulzoni, 2000. Bernardo, M., I magnifici otto, Ossuccio, 2002.(disponibile per e-mail su richiesta). BOAL , A., Il poliziotto e la maschera. La Meridiana, Molfetta, 1993. Cavallo, M. (1995), Pensare per immagini. Arti Terapie e immagini mentali, Arti Terapia n.4, anno 1. Demetrio, D., L'autobiografia come cura di s, Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano. Pp. 229. Ferrara, A. (1999/2000), Il paziente si racconta. Formazione IN Psicologia, Psicoterapia, Psichiatria n. 38/39. Giusti, F. (1999), Videoterapia. Un ausilio al Counselling e alle Arti Terapie , Sovera, Roma. Landy, R.J. (1994), Drama Therapy: Concepts, Theories and Practices, Springfield: Thomas, Trad.It. (1999) Drammaterapia. Concetti, teorie e pratica., Roma: Edizioni Universitarie Romane. Moreno, J.L. (1980), Manuale di psicodramma. Il teatro come terapia . Roma: Astrolabio,1985.

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Perls, F. (1969), Ego, hunger and aggression, trad. it. Lio, la fame e laggressivit, Milano: Franco Angeli, 1995. Perls, F. (1991), Qui & Ora Psicoterapia autobiografica, Sovera, Roma. Raudsepp Hough jr, Giochi per sviluppare la creativit, Francoangeli 1994. Rossi, O., Botticelli K., Cardamoni, D., Rubechini, S. (2003), Counselling a mediazione artistica e videoterapia a scuola . Formazione IN Psicoterapia Counselling e Fenomenologia, vol. 2, ed. GRIN- Roma. Rossi, O. (2003), La videoterapia nella relazione daiuto, Formazione IN Psicoterapia Counselling Fenomenologia" n. 2, ed. IGF, Roma. Rossi, O. (2000-2001), Il teatro delle emozioni: un intervento di counseling scolastico . Formazione IN Psicologia Psicoterapia Psichiatria, vol.41-42, ed. GRIN- Roma. Thenot, J.P. (1989), Videotherapie. Limage qui fait renaitre, Paris: Ed. Greco. Hodgson, J. Richards, E. L'improvvisazione teatrale 1976. Vopel, K., Giochi di interazione per adolescenti e giovani, vol. 1-2-3-4, Elledici, 1991. Winnicott, David W, Gioco e realt. Armando, Roma, 1974. Rossi, O. (2000), Narrazione creativa e disagio scolastico. Formazione IN Psicologia Psicoterapia Psichiatria, vol.40, ed. GRINRoma. Microletteratura: racconti e romanzi via sms e Twitter on lun ed, 6 aprile, 2009 at 15:38 - Magrathea Rivista di narrativa fantastica - www. Magrathea.it

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3. TECNICHE SCENICHE E ARTE TERAPIA

(AC) ARGOMENTO CORRELATO Tecniche di Laboratorio

vedi anche Vol. II Approfondimenti


7. Il Laboratorio Teatrale: una nuova Metodologia

Mappa AC Tecniche di Laboratorio

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

AC
Tecniche di Laboratorio

Contenuti: Giochi di conoscenza, di fiducia, di contatto, di concentrazione, Improvvisazione corporea, emotiva, immaginativa, narrativa, Rilassamento, Giochi di ruolo.

4. Tecniche di narrazione:

lo Storytelling
AC Come diventare uno storyteller

5. Lezioni di scrittura

AC Il Linguaggio e l'Autore teatrale

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5 ore
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Fornire un bagaglio di tecniche, esercizi e giochi che permettano di agire in una situazione di stimolo costante della creativit. Il programma didattico deve tenere in ampia considerazione la necessit di sviluppare delle abilit in cui si pu sviluppare la creativit di ciascuno; inoltre deve suggerire attivit che si sintonizzino bene con quelle specifiche per il trattamento terapeutico di ciascuna persona.

Esse sono: la pratica del rilassamento e delle tecniche respiratorie; la consapevolezza della posizione, nello spazio, del proprio corpo e di quello degli altri; la capacit di cogliere e analizzare ogni carattere degli stimoli in arrivo; la capacit di intraprendere e di variare rapidamente schemi di comportamento in relazione a sensazioni fisiche indotte o a situazioni immaginarie.

INTRODUZIONE Il teatro quello che si avvicina di pi al gioco puro e semplice: spielen in tedesco, to play in inglese, jouer in francese, igrat in russo, significano giocare e recitare, nonch suonare uno strumento. Per questo abbiamo ritenuto di dover privilegiare nel nostro percorso tutte quelle espressioni del gioco dello spettacolo. Le tecniche teatrali proposte in forma di gioco e sperimentazione, si rivolgono ai ragazzi, puntando a renderli autonomi ed in grado di scegliere percorsi di costruzione della propria identit in senso positivo, valorizzando le loro capacit creative ed espressive. Pi che di scuola teatrale, parliamo di un vero e proprio laboratorio, che costituisce unoccasione di incontro in cui possibile favorire la comunicazione, esercitare abilit, praticare la manualit, sperimentare se stessi e nuove forme di linguaggio, vivere emozioni, apprendere norme e valori di comportamento. Tali attivit, dunque, favoriscono la relazione e la formazione educativa attraverso la gestione di strumenti espressivi, in un "tempo" e in uno "spazio" in cui vengono offerte opportunit di apprendimento e di soddisfacimento di bisogni di appartenenza e di identit. Il laboratorio si configura come uno spazio di ricerca, in cui confluiscono lattivit del fare con quella del pensare e del progettare" insieme agli altri, dove i ragazzi sperimentano occasioni di gioco, di dialogo, di un concreto esperire intorno ad attivit stimolanti e aggreganti. Caratteristica fondamentale del laboratorio la dimensione della ricerca-scoperta, attraverso la quale i ragazzi diventano i protagonisti principali di unattivit nella quale hanno modo di sperimentare le proprie capacit, di saggiare personalmente le soluzioni ottimali per risolvere un problema, di ripercorrere tutte le fasi di unattivit, dallelaborazione dellidea alla sua realizzazione e alla verifica. Il laboratorio costituito da una serie di giochi che consentiranno di agire in una situazione di stimolo costante della creativit. Secondo le teoriche del Teatro dell'Oppresso, i giochi-esercizi sono strumenti di preparazione teatrale per sciogliere le nostre rigidit corporee e percettive, comprendono tecniche di integrazione, fiducia, sensibilizzazione (dal toccare al sentire, dal guardare al vedere, dall'udire all'ascoltare) e de-meccanizzazione. Il gioco un esercizio ricreativo singolo o collettivo che impegna la mente e l'abilit fisica, crea le condizioni di un'immersione in emozioni, ruoli e dinamiche che, prescindendo dal contenuto, possono essere analizzate "come se" fossero generate da situazioni reali. Sono strumenti di analisi e trasformazione della realt oppressiva, non sono quindi solo mera preparazione ad altro ma strumenti di ricerca completi. (cfr. www.lalbassociazione.com)

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L'esercizio e' una riflessione fisica su se stessi. Un monologo. Una introversione. I giochi, in compenso, sono legati all'espressivit del corpo che emette e riceve messaggi. I giochi sono un dialogo, esigono un interlocutore. Sono estroversione. I giochi aiuteranno a sviluppare ed approfondire di volta in volta un aspetto dellarte teatrale ma tutti richiedono una grande apertura verso gli altri e verso s stessi. Ogni gioco pu essere eseguito in maniera elementare ma lo si pu spingere ad un livello pi alto. In questo senso sar interessante ripetere lo stesso esercizio a distanza di tempo per verificare il livello di apertura che si raggiunto. Spesso con lo stesso esercizio si lavora su due o pi aspetti dellarte teatrale, bene che chi conduce il laboratorio li abbia tutti in mente ma che sappia per quale motivo ha proposto quel gioco. I giochi sono stati divisi per categorie. Queste categorie corrispondono ai principali aspetti del lavoro teatrale che, attraverso questi giochi, sono affrontati e sperimentati: il corpo, la voce, il ritmo, la concentrazione, la drammatizzazione. Naturalmente ogni esercizio tocca in realt pi aspetti contemporaneamente. Per esempio, un esercizio sulla voce pu coinvolgere anche il corpo o limprovvisazione, cos come un esercizio sul ritmo anche un esercizio di concentrazione, eccet era.

GIOCHI DI CONOSCENZA Andando a lavorare in gruppo diventa basilare la conoscenza tra le varie entit che questo gruppo compongono. Bisogna conoscere i propri compagni e farsi conoscere da loro. Solo cos si potranno capire le vere potenzialit del gruppo, le possibilit che il gruppo possiede, sino a dove il gruppo si pu spingere. Conoscendosi ci si rende conto di quali sono i punti di forza e le debolezze di ognuno, forze che il gruppo pu e deve sfruttare e debolezze che il gruppo deve saper incamerare. Nel concetto di conoscenza non va tralasciata la conoscenza di s stessi. Il teatro aiuta a scoprire, padroneggiare, mettere in luce aspetti del nostro io che ancora non si conoscevano vol. II - G3.1 - Giochi di conoscenza GIOCHI DI FIDUCIA In qualsiasi campo in cui si lavora in gruppo ci si rende conto di quanto la fiducia sia importante. In particolar modo nel teatro le persone sono chiamate a mettere in gioco il proprio io pi profondo, a mettere a nudo s stesse. Per fare questo bisogna potersi fidare delle persone con cui si lavora, sapere che si pu essere realmente s stessi, non temere il giudizio degli altri. Ogni singola debolezza deve essere supportata dal gruppo, ogni singola forza si deve irradiare nel gruppo. E in questa condizione di fiducia reciproca che passo dopo passo si riesce a dare sempre di pi e si raggiungono risultati inaspettati. I Giochi di fiducia sono indirizzati alla: fiducia in se stessi (non sempre conosciamo bene il nostro corpo. Esercitare questa conoscenza importante); fiducia nell'altro (ci che ti far e non ti far fare !!); fiducia nel gruppo (che deve garantire la sicurezza di ognuno). vol. II - G3.2- Giochi di fiducia GIOCHI DI CONTATTO Il gioco del teatro prevede che non ci siano vergogne e pudori tra i partecipanti, bisogna mettere tutto il proprio essere a disposizione del risultato finale. Il corpo per molti fonte di imbarazzo, per questo che diventa molto importante conoscere il proprio corpo, saperlo gestire e conoscere il corpo dei nostri compagni, non avere remore o blocchi quando bisogna entrare in contatto. A scuola generalmente non previsto che i ragazzi entrino in rapporto tra di loro anche con il corpo. Se lo fanno di solito per sbaglio, quando si urtano, oppure durante i litigi. Il teatro, attraverso esercizi specifici li aiuter a stimolare ed

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affinare il rapporto con gli altri, con il corpo degli altri. Questo non sa r utile solo ai fini dellespressione teatrale ma aiuter i ragazzi a crescere pi sicuri e sereni, capaci di maggiore fiducia, rispetto e attenzione nei confronti degli altri. vol. II - G3.3- Giochi di contatto GIOCHI DI CONCENTRAZIONE Nel gioco del teatro viene richiesta lattenzione a tanti elementi contemporaneamente. La concentrazione fondamentale in ogni momento della creazione teatrale, creazione magica, e quando viene a mancare tutto perde significato e diventa banale o ridicolo. Credere in quello che si sta facendo e tenere la concentrazione per tutto il tempo un aspetto che va tenuto sempre da conto. vol. II - G3.4- Giochi di concentrazione IMPROVVISAZIONE CORPOREA Abbiamo gi sottolineato limportanza dellespressivit corporea per interpretare un personaggio. Con il corpo parliamo, raccontiamo, mandiamo messaggi, esprimiamo sentimenti. Ecco degli esercizi che aiutano a cercare e scoprire nuove possibilit del proprio corpo e che mirano a stimolare il fisico nel provare nuove possibilit espressive. ( vol. II - E3.6 Esercizi di improvvisazione corporea) IMPROVVISAZIONE EMOTIVA Tutto concorre allespressivit di un personaggio. Per interpretare un personaggio bisogna mettere a disposizione tutto il proprio essere. Detto questo facile capire quanto sia importante riuscire a ricreare dei sentimenti per poter ridare al pubblico emozioni che il personaggio esprime e che lattore deve provare. Se non ci crede chi lo sta facendo, nessuno in sala ci creder . Bisogna quindi imparare a recuperare nella vastit del proprio io il sentimento che in quel momento serve al personaggio che si sta interpretando. ( vol. II - E3.7 Esercizi di improvvisazione emotiva) IMPROVVISAZIONE IMMAGINATIVA La performance teatrale terapeutica perch aiuta gli individui a negoziare i confini tra la realt della vita quotidiana e la vita immaginativa, tra mondo interno e mondo esterno, aiuta a scoprire i modi per vivere positivamente le spinte contraddittorie. Per stimolare la spontaneit occorre evitare di censurare le proprie reazioni istintive derivanti da particolari stimoli e di prestabilire le proprie azioni; cio pi il soggetto si lascer assorbire da quanto sta succedendo durante unimprovvisazione, tanto pi trover semplice affrontare con naturalezza e immediatezza la situazione che si sta delineando sul palcoscenico. Solo dopo aver raggiunto un buon livello di concentrazione e spontaneit, lallievo nelle condizioni ottimali per cercare di stimolare la propria immaginazione, partendo dalle analisi condotte precedentemente sui cinque sensi: dopo aver provato una sensazione, egli potr riprodurla o descriverla, oppure collegarla ad altro, attraverso una libera associazione del momento. Per ampliare la propria attivit immaginativa lattore non pu prescindere dallosservazione di cose, eventi e persone reali per poi introdurvi elementi derivanti da unattenta ricerca creativa, come ad esempio inventare nuovi modi di usare oggetti comuni in spazi e situazioni immaginarie per sconfinare, poi, nella creazione di vere e proprie situazioni neo-narrative. ( vol. II - E3.8 Esercizi di improvvisazione immaginativa) IMPROVVISAZIONE NARRATIVA Un ulteriore requisito della cittadinanza si potrebbe definire immaginazione narrativa: la capacit di immaginarsi nei panni di unaltra persona, di capire la sua storia personale, di intuire le sue emozioni, i suoi desideri e le sue speranze. Questo non comporta la mancanza di senso critico, poich nellincontro con laltro manteniamo comunque fermi la nostra identit e i

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nostri giudizi ma un primo passo verso la comprensione dellaltro essenziale per ogni giudizio responsabile , dal momento che non possiamo ritenere di conoscere ci che stiamo giudicando, finch non comprendiamo il significato che una determinata azione ha per la persona che la compie (Martha C. Nussbaum, tratto da Coltivare lumanit Carocci Editore, 1999 Roma, pag. 25). ( vol. II - E3.9 Esercizi di improvvisazione narrativa) RILASSAMENTO Il Training Autogeno un modo di autodistensione e di rilassamento che consente la modificazione di situazioni psicologiche e somatiche; la tecnica stata ideata e sviluppata da J. H. Schultz psichiatra e ipnotista contemporaneo di Freud. La tecnica creata per imparare a rilassarsi attraverso l' autodistensione concentrativa e l'allenamento che si fa da s raggiungendo la commutazione cio lo stato psicofisico durante il quale si produce un abbassamento generalizzato del biotono dello stato di veglia. In pratica, vale questo principio: Io penso, mi concentro, il mio corpo si adegua, si distende, ed anche la mia mente si rilassa. E,' quindi, una ginnastica psichica applicabile da tutti e in tutti quei campi nei quali occorrono concentrazione, calma, distensione. In generale, il training autogeno tende a promuovere la tranquillit d'animo, l'armonia interiore e una visione ottimistica della vita. Training proprio perch il rilassamento e l'autodistensione si realizzano con l'allenamento, dovuto alla realizzazione dello stato di calma, distensione, passivit. Il primo livello, attraverso esercizi somatici (peso, calore, cuore, respiro, plesso solare, fronte fresca) finalizzato alla realizzazione dello stato di calma, distensione, passivit. Il secondo livello, con esercizi psichici, raggiunge l'inconscio e ne fa emergere le produzioni a livello di immagini. Possiamo immaginare il T.A. come un edificio a sei piani con solide basi costituite dall'atteggiamento psicologico di calma e distensione; due piani pi importanti, fondamentali: pesantezza e calore; quattro piani complementari: cuore, respiro, plesso solare, fronte fresca. ( vol. II - E3.10 Esercizi di rilassamento) GIOCHI DI RUOLO - ROLE PLAYING Il Role playing (o "gioco di ruolo") consiste nella simulazione di una situazione reale attraverso l'identificazione e la recitazione dei diversi ruoli coinvolti. Proprio la modalit drammaturgica impiegata implica un coinvolgimento globale del soggetto, a livello cognitivo, sociale, emotivo. In una prospettiva di ricerca valutativa con tale strumento si intende esplorare i vissuti dei soggetti attraverso la loro "immersione" nel contesto indagato: in tal modo non si restringe l'analisi alla sola razionalizzazione di un determinato evento e si mira a far emergere il vissuto del soggetto riducendo i "filtri" comunicativi. vol. II - G3.5- Giochi di ruolo Bibliografia Benvenuti, P., Conati, D. Nuova guida di animazione teatrale Edizioni Sonda, Casale Monferrato (Al) 2006 Boal, A., Il teatro degli oppressi - teoria e tecnica del Teatro latinoamericano Cechov, M., La tecnica dell'attore, Dino Audino editore 2006 Cruciali, F., Falletti, C. Civilt teatrale nel XX secolo Il mulino, Bologna 1986 Marnati, L., Il rilassamento, XENIA tascabili 1996 Nussbaum, Martha C., Coltivare lumanit Carocci Editore, 1999 Roma, pag. 25 Vopel, K., Giochi di interazione per bambini e ragazzi, Editrice Elledici, Rivoli 1996

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4. Tecniche di narrazione: Lo Storytelling

4.1 Mappa

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

AC Tecniche di Laboratorio

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling

5. Lezioni di scrittura

AC
Come diventare uno storyteller

Contenuti: 4.4 Funzionamento delle storie, 4.5 Le storie e l'apprendimento inconscio, 4.6 Lo storytelling e la formazione, 4.7 Le nuove applicazioni dello Storytelling

AC
Il Linguaggio e l'Autore teatrale

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4 ore
4.2 OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Conoscere le tre principali funzioni dello storytelling (trasmettere le informazioni e la conoscenza; educare e incoraggiare il trasferimento della saggezza cumulativa da una generazione all' altra; incoraggiare la guarigione personale e il problem solving creativo). Come usare le storie e le metafore in qualit di strumento di formazione, per facilitare l'apprendimento in un contesto di training individuale e di gruppo e supportare lo sviluppo personale. Lo storytelling come processo interattivo e di condivisione per introiettare e dare un senso alle informazioni. Come utilizzare le storie e la pratica dello storytelling per aiutare le persone ad affrontare alcune problematiche come la definizione e il raggiungimento degli obiettivi, il problem solving, la programmazione dell'azione, la creazione di un rapporto con l'interlocutore/gli interlocutori.

4.3 INTRODUZIONE L'arte della narrazione ha sempre costituito una componente essenziale della natura umana: racconti, metafore, miti e leggende, sono stati usati sin dall'antichit per veicolare informazioni e conoscenza quali strumenti di comunicazione e insegnamento. Il raccontare, di fatto, un'esperienza riservata unicamente agli esseri umani i quali, rispetto agli animali, hanno sviluppato la capacit di astrazione. Vale a dire che siamo in grado di comunicare non soltanto esperienze personali - vissute in prima persona - ma anche esperienze vissute da altri, fornendo, in questo modo, un patrimonio di saggezza molto vasto e cumulativo. Diversamente da quanto si ritiene, i racconti non erano riservati ai soli giovani o bambini, ma anche agli adulti: avendo la capacit, infatti, di catturare l'immaginazione degli ascoltatori, essi restavano impressi nella memoria a lungo consentendo che un ampio patrimonio di conoscenza divenisse parte integrante della cultura di un popolo, passando di generazione in generazione. Anche se in forme e stili diversi, ci accade anche oggi: chiunque abbia il compito di trasferire informazioni, di promuovere l'apprendimento e lo sviluppo, di elaborare messaggi ad alto impatto, pu essere considerato un "cantastorie". Per fare qualche esempio, i primi che incontriamo nella nostra vita sono i genitori, i parenti, gli insegnanti, gli stessi amici; poi i nostri colleghi di lavoro, "i capi", i consulenti, i formatori; e ancora i politici, i giornalisti, gli intrattenitori (teatro, televisione), i leader religiosi, ecc. Il fatto che se siete coinvolti nell'attivit di formare o educare altre persone o svolgere il ruolo di mentore puntando ad aiutarle a ottenere una performance ottimale, e se il vostro scopo di fare queste cose in un modo che sia stimolante e memorabile, allora probabile che voi stiate utilizzando alcune delle capacit che i narratori hanno elaborato centinaia di anni fa: educare e divertire i propri ascoltatori, dipingere quadri verbali per sviluppare la loro memoria, usare metafore e analogie per aggiungere colore e trasmettere la saggezza accumulata. La storia di qualsiasi societ in ogni parte del mondo include la propria versione dello story-telling, e ancora oggi la maggior parte delle societ continua ad avere le proprie attivit di narrazione in qualche forma (basti pensare al modo in cui oggi affidiamo alla televisione, alla radio, ai giornali o a Internet la funzione di mantenerci aggiornati e aiutarci a comprendere il senso di ci che accade nel mondo). L'arte del "raccontare storie" (Story - telling), allorigine consisteva in semplici canti che osannavano lalba, la gioia di vivere, la natura e che venivano utilizzati per alleviare la fatica o la noia di compiti gravosi nel lavoro. In seguito, il "cantastorie" (story-teller) divenne "portavoce" della comunit, nonch "memoria" del gruppo, animando le storie e gli eventi (nascite, matrimoni, guerre, morti) con musica, canto, poesia: in questa fase che nasce la figura dello storyte ller professionista, che si svilupper nellarte dei trovatori e dei cantori di gesta. Alcuni narratori visitavano frequentemente le corti, ed erano riconosciuti di grande influenza

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sul re o la regina del tempo; spesso il giullare era il solo che poteva permettersi di affermare la verit, anche se mascherata abilmente in forma di scherzo o di storia. L'utilizzo di animali bizzarri come protagonisti delle storie aiut questi antichi narratori a satireggiare gli eventi politici del tempo: potevano rendere ridicoli i loro capi senza pericolo di una punizione. Ecco quindi come nacquero le favole, le allegorie e le metafore. In questo modo, gli appartenenti ad una comunit avrebbero parlato un linguaggio comune in cui erano rappresentati i valori culturali e la storia che condividevano e che li avrebbe aiutati a dare un senso al proprio mondo e alla propria parte in esso. I narratori originali erano anche coinvolti nell'educazione e nella trasmissione della saggezza accumulata, che assicurava la continuit dell'esperienza da una generazione alla successiva. In tutte le comunit del mondo esistita, e ancora vive, la tradizione dei vecchi che educano i giovani. A tale proposito, Milbre Burch, una storyteller di Pasadena, California, afferma: Lo storytelling affonda le sue radici nelle tradizioni tribali delle culture orali dei tempi in cui la memoria era la biblioteca. I pi vecchi trasmettevano la loro saggezza attraverso il mezzo della storia. Lo storytelling ancora oggi intergenerazionale: si rivolge a un pubblico multiet. (Burch, 1977)

4.4 FUNZIONAMENTO DELLE STORIE 4.4.1 Come e perch storie e metafore possono rafforzare apprendimento e memoria Gli antichi narratori, non conoscendo la scrittura, potevano preservare e trasferire le informazioni alle altre persone solo attraverso l'oralit. Il racconto comparabile ad un archivio dati e informazioni di oggi. Non solo, la trasmissione orale doveva garantire che le informazioni venissero preservate nel tempo - di generazione in generazione - e divulgate da persona a persona. Per questo assumeva importanza la modalit con cui la trasmissione avveniva: le informazioni fornite dovevano essere accurate, interessanti e soprattutto degne di essere ricordate. Il semplice passaggio di informazioni non era la sola funzione rivestita dai narratori originali: essi ricoprivano anche un ruolo importante nella costruzione delle comunit e nel preservare e condividere i dati storici. Per questo motivo, nel trasmettere la propria saggezza in modo che altri potessero apprenderla e trarne beneficio, i narratori dovevano assicurarsi che la lezione sarebbe stata assimilata e compresa da chi la ascoltava. Questa esigenza implicava necessariamente due aspetti: da un lato chi narrava doveva ricordare le informazioni di cui era portatore e, quindi, utilizzare il proprio cervello in modo differente dai suoi contemporanei; dall'altro elaborare un modo di raccontare che carpisse l'attenzione dell'ascoltatore a tal punto da garantire l'apprendimento - e quindi l'assimilazione - dei contenuti trasmessi. Per rispondere alla necessit di ricordare, i narratori svilupparono capacit di ascolto e di parola altamente evolute, una comprensione profonda dell'attualit e, elemento pi importante, una elevata capacit di memoria e visualizzazione. Nel tempo scoprirono che il miglior modo per ricordare e dare un senso alle informazioni era creare immagini fantastiche e vivide nelle loro menti e intesservi le informazioni; che le tecniche di visualizzazione per il potenziamento della memoria - che usavano su se stessi - funzionavano altrettanto bene per diffondere il messaggio tra i loro ascoltatori e assicurare che essi lo apprendessero. In effetti, in alcune culture, i narratori di diverse trib competevano tra loro per inventare le storie pi bizzarre e affascinanti, da cui la nascita, ad esempio, di "personaggi" quali streghe malvagie, draghi volanti e maiali parlanti. Ci che gli antichi narratori facevano in modo istintivo stato confermato dalle ricerche contemporanee sul cervello, secondo le quali, l'apprendimento e la memoria lavorano meglio quando: l'informazione vista come parte di un contesto o quadro pi ampio; vengono generate la novit e l'interesse; sono coinvolte le emozioni.

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4.4.2 Apprendere attraverso il contesto o il quadro pi ampio Il nostro cervello ricerca continuamente nel mondo il significato, il contesto e i modelli. La neo corteccia la parte del cervello che presiede ai processi del pensiero e del linguaggio; la sua funzione primaria prendere tutti i dati apparentemente privi di significato che entrano nella nostra testa e sistemarli in qualche tipo di modello o "mappa percettiva" che ci aiuti a comprendere. La neocorteccia contemporaneamente creatrice e identificatrice di modelli; pu ordinare e conservare informazioni utilizzando un sistema molto pi complesso del computer pi potente. Essa gioca un ruolo cruciale nel processo di apprendimento: quando impariamo qualcosa di nuovo, crea un'associazione con un modello esistente (assimilazione) o ne definisce uno nuovo (strutturazione), che in seguito archivia nel nostro inconscio per recuperarlo in un secondo tempo. Boller e Rovee-Collier (1992) scoprirono che quando gli studenti apprendevano una nozione come parte di un contesto attraverso una storia, una mappa o una prospettiva rilevante per l'argomento - l'apprendimento e la memoria aumentavano enormemente. Offrire un contesto o una cornice concettuale per l'apprendimento consente ai discenti di fare connessioni con ci che considerano importante e potenzia il richiamo della memoria (questo il motivo per cui i bambini preferiscono ascoltare storie con molte ripetizioni, note a volte come "racconti cumulativi"). Per fare un esempio pratico e attuale, in un contesto formativo e di apprendimento, trasferire semplicemente una nozione ai propri discenti non garantisce necessariamente risultati positivi: le informazioni cos fornite possono, infatti, essere recepite e percepite come sterili e noiose e il sistema di insegnamento offerto risultare privo di "significato". Imparare aspetti specifici di un ruolo, o argomenti, utilizzando anche il medium di una storia, offrirebbe a chi impara o ascolta un quadro di riferimento pi ampio e ricco, provocatorio e memorabile, vale a dire pi interessante, degno di attenzione. Un proverbio molto noto dice "l'esperienza fa il buon maestro" e se le storie sono basate sull'esperienza - la vostra o quella di altri - esse devono essere la cosa pi simile all'apprendere dalla vita reale. Le storie in linguaggio naturale (quando comprese da noi "empaticamente") coinvolgono in modo dimostrabile il nostro cervello: questo linguaggio, infatti, ricorda ed evoca nel nostro cervello la stessa risposta che sperimenteremmo se vivessimo realmente ci che il narratore racconta (per contro, il linguaggio logicomatematico non funziona in modo evocativo - Bartter, Hilgartner e Stoneman, 1999). Le stesse storie possono contenere modelli e schemi che ci aiutano a inserire i fatti in un contesto. Questi modelli possono essere contenuti nelle storie delle nostre vite, o nelle storie o metafore di quelle di altri. Kaye e Jacobson (1999) affermano che se vediamo "i molti accadimenti delle nostre vite come parte essenziale di un modello, scopriamo valori nelle storie che creano il modello". In altre parole, scopriamo pi facilmente un significato nelle nostre vite se vediamo gli eventi come parte di un quadro pi ampio invece che come una serie di avventure o disavventure casuali.

4.4.3 Apprendere attraverso la novit e l'interesse Potrebbe sembrare una contraddizione con quanto affermato sopra, ma l'apprendimento e la memoria possono anche essere migliorati quando un'informazione viene presentata in modo nuovo o fuori dall'ordinario, che non si adatta ai modelli e agli schemi prestabiliti nel nostro cervello. McGaugh et al. (1990) sostengono che quando un'informazione non si adatta a un modello esistente e riconoscibile, viene immediatamente catalogata dalla neocorteccia come differente, i livelli di stress naturale si alzano e con essi l'attenzione. Se l'informazione viene percepita come una minaccia, il corpo pu rilasciare cortisolo, se sentita come positiva viene rilasciata adrenalina. Attraverso gli esperimenti effettuati, gli autori hanno scoperto che entrambi questi composti chimici agiscono come fissanti della memoria e che le persone possono ricordare pi a lungo di quando tali composti non sono presenti. Questo il modo in cui le metafore possono lavorare nella nostra mente. Una metafora pu essere qualsiasi cosa, da una breve frase - " un incubo", "Vive sulla corsia veloce", " un orsacchiotto" - fino a

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una storia completa, che spesso viene definita una "metafora estesa". Una metafora un paragone tra due soggetti spesso privi di qualsiasi correlazione, ed proprio questa profonda differenza che pu creare quella tensione o dissonanza nella nostra mente che richiede una soluzione. Ascoltare una metafora serve come "segnale di interruzione" di un modello, ovvero, ci offre un'esperienza del tipo "Che cosa?" che, nel costringerci ad uscire dal nostro pensiero logico abituale, stimola la nostra attenzione e pu predisporci in modo diverso rispetto a un problema o a un argomento. Per fare un esempio, una metafora, se ben utilizzata, pu anche superare la nostra resistenza naturale al cambiamento (barriere protettive): l'offerta di una possibile soluzione attraverso il tramite di una metafora pu essere da noi percepita come pi accettabile e meno minacciosa. Affinch una metafora funzioni, la distanza tra i due soggetti, il concetto e il veicolo, deve essere tale da permettere all'ascoltatore di attuare alcune connessioni, ma non cos piccola da essere ovvia, o cos grande da apparire astrusa. Per esempio, "Vive sulla corsia veloce" funziona perch abbiamo tutti una qualche comprensione del concetto di corsia veloce sia essa su un'autostrada o su un campo di atletica - e di ci che questo pu significare in relazione alla vita di una persona; tuttavia affermare "sta vivendo come il football" non funzionerebbe, perch i termini sono troppo distanti ed esiste ben poco a cui relazionarci in termini di paragoni. Il linguaggio figurato, vivido e ricco di colore della metafora ci che ci aiuta a ricordare l'informazione e a espandere il nostro potenziale di apprendimento; il suo uso appropriato pu condurre a una comprensione pi profonda di noi stessi e degli altri. "La maggior parte dell'autoconoscenza costituita dalla ricerca di appropriate metafore personali che diano senso alla nostra vita" (Lakoff e Johnson, 1980). Le storie, gli aneddoti e le analogie possono essere tutti visti come metafore estese. Il formato generale e la struttura di ogni storia, sia essa un breve aneddoto o una favola o un mito di maggiore lunghezza, sono essenzialmente gli stessi: il personaggio/i della storia (reale o immaginaria) incontra un certo problema, conflitto o sfida (la dissonanza), che deve affrontare, con successo o meno, raggiungendo quindi una soluzione di qualche tipo. Nigel Watts (1996) descrive questo format come una serie di punti o pietre miliari di un viaggio: 1. lo status quo, nel quale incontriamo l'eroe/eroina; 2. il "grilletto", qualcosa che accade e che implica che lo status quo non pu continuare; 3. la ricerca, la risposta alla sfida; 4. la sorpresa, ci che veramente ci colpisce in faccia; 5. la scelta critica, il dilemma; 6. il culmine, la scelta che dobbiamo fare; 7. il rovesciamento, il cambiamento che deriva dalla scelta che abbiamo fatto; 8. la soluzione, se il rovesciamento viene corroborato.

Queste fasi della storia possono fornire un utile parallelo al discente (e quindi un utile strumento per il docente), qualsiasi "viaggio" formativo, professionale o di vita, stia intraprendendo, in particolare se esso comporta o implica una sfida o un problema (per esempio un cambiamento di lavoro o di ruolo, una scelta formativa, la definizione di nuovi obiettivi od orizzonti o il cambiamento di situazioni nella vita privata). L'uso delle storie come uno strumento per l'autotrasformazione stato ampiamente sostenuto nel mondo terapeutico per diverso tempo: se il conflitto nella storia viene visto come simile a quello che il discente sta affrontando, allora il messaggio del racconto acquista un significato ulteriore e pi rilevante.

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4.4.4 Imparare con le emozioni Ricercatori come Ornstein, Sperry e Lakoff hanno dimostrato, attraverso ripetuti studi sul funzionamento del cervello, che l'apprendimento e la memoria sono potenziati dalla loro associazione con l'attivit emotiva. Poich il centro emotivo del cervello (il sistema limbico) situato vicino alla parte responsabile della memoria a lungo termine, tutti noi ricordiamo pi facilmente quando le nostre emozioni vengono sollecitate, indipendentemente dal fatto che si tratti di eccitazione, curiosit, suspense o rabbia. Inoltre, O'Keefe e Nadel (1978) hanno scoperto che sperimentare emozioni positive rende pi facile costruire "mappe percettive", il che significa che possiamo richiamare e dare un senso ai nostri pensieri in modo pi chiaro e accurato. Pi recentemente, ricercatori come Daniel Goleman (1999) e Jack Canfield (1966), hanno rilevato che in un contesto lavorativo l'uso delle abilit tecniche e intellettuali non pi sufficiente a garantire il successo dei singoli all'interno delle organizzazioni moderne. Altre qualit e abilit "personali" necessario sviluppare, quali iniziativa ed empatia, autostima e motivazione. In altre parole, abbiamo bisogno di essere coscienti e di gestire le nostre emozioni, e le storie possono aiutarci a farlo: una storia ben narrata pu suscitare sentimenti positivi di curiosit, sorpresa o eccitazione, o sentimenti negativi di tristezza, depressione o rabbia molto di pi di quanto non possa fare una colonna di numeri o una lista di fatti. Le storie possono anche scioccare: il terapista Milton Erickson era ben noto per il suo uso di racconti didattici, alcuni specificamente progettati per colpire i suoi pazienti e farli uscire dai modelli di comportamento abituali. Di per s le storie non sono n positive n negative, dipende da come sono usate e per quale scopo. Peg Neuhauser (1993), nel suo libro " Corporate Legends and Lore", afferma che abbiamo bisogno di focalizzarci sul risultato voluto di una storia per determinare se produce un'emozione positiva o negativa. Per fare ci, possiamo analizzare o valutare l'efficacia dell'ascolto di una storia con domande come queste: ascoltando la storia, le persone si sono sentite fiere di se stesse o di altri? la storia ha aiutato il narratore o gli ascoltatori a ridurre la pressione o lo stress? la storia ha scioccato o turbato le persone?

L'uso di emozioni positive in un racconto, quando ben gestito, pu essere molto contagioso e incoraggiante. Michael Hattersley (1997), in un articolo sull'arte manageriale di raccontare storie, sostiene: " Le storie possono essere il miglior modo per confezionare il significato e incoraggiare gli altri a comprenderlo. Al livello pi elementare, lo storytelling pu aiutare un manager a guadagnarsi l'attenzione del suo pubblico; ma se la storia abbastanza buona, pu anche incoraggiare gli individui e le organizzazioni ad assumersi quei rischi che fanno della vita un'avventura".

4.4.5 Apprendere con l'umorismo L'umorismo un'emozione che merita una menzione speciale. Sebbene molto difficile da analizzare, esso si dimostrato un partner potente ad esempio nelle questioni di business. Basti pensare ai molti video delle societ tra gli anni '70 e '80 che sono stati realizzati sull'idea di utilizzare storie umoristiche per esporre argomenti aridi o accademici. Eric Iensen (1988) riferisce di alcuni lavori condotti alla Indiana University, nei quali i ricercatori hanno scoperto che quando gli studenti erano esposti allo humour si dimostravano pi ricettivi alle informazioni e si creava un miglior rapporto tra loro e l'insegnante. Questi studi hanno anche dimostrato che quando agli studenti venivano forniti dei punti chiave per l'apprendimento seguiti da una storia umoristica, erano in grado di ricordarli molto meglio di quando non veniva narrata alcuna storia. Ogni volta che ridiamo, il nostro cervello viene stimolato a produrre catecolamina, un ormone della vigilanza, che a sua volta favorisce il rilascio di endorfine, gli analgesici naturali del corpo. Quindi, oltre ad avere un grande potenziale per il nostro benessere

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generale e per la nostra guarigione fisica, il riso pu avere sul cervello gli stessi effetti di un "tranquillante". L'umorismo pu essere usato molto efficacemente in molti contesti formativi e non, sia individuali che di gruppo, sebbene sia necessario essere sicuri che il contenuto e l'atmosfera siano appropriati; in altre parole, deve essere condiviso e apprezzato da tutti in egual modo. Le persone che apprezzano una storia divertente e ridono insieme sono un gran modo per dissolvere qualsiasi tensione esista; inoltre, in una sessione di gruppo pu aiutare a costruire un senso di comunit tra i membri.

4.5 LE STORIE E L'APPRENDIMENTO INCONSCIO Il poeta e filosofo tedesco Goethe disse: "La maturit dell'essere umano ritornare alla seriet del gioco di un bimbo". Se avete osservato i bambini giocare, saprete che si tratta di una attivit che richiede tutta la loro concentrazione. In quanto adulti, ascoltare ed essere totalmente presi da una storia, fatto che avviene abbastanza facilmente se raccontata bene, pu aiutare a ridurre lo stress e la tensione muscolare e a promuovere sentimenti di benessere e rilassamento. Quando sono rilassate, le persone sono naturalmente pi ricettive, condizione che le aiuta a imparare e trattenere le informazioni pi facilmente. Le immagini del cervello e le ricerche sulle differenti funzioni e attivit hanno dimostrato che il nostro cervello funziona su quattro differenti lunghezze d'onda o frequenze: beta, il cervello conscio e completamente vigile; alfa, lo stato di rilassamento cosciente; theta, sul margine del sonno; delta, il sonno profondo.

Sebbene si possa pensare che il nostro cervello conscio e completamente vigile sia lo stato migliore per apprendere, le ricerche hanno dimostrato che, in realt, assorbiamo informazioni in modo pi veloce ed efficiente quando ci troviamo al livello alfa, ovvero in uno stato di "rilassamento cosciente". Il potere della storia sta nel fatto che mentre le nostre menti coscienti sono assorbite, il subconscio libero di assimilare la morale o il messaggio contenuti nel racconto. Questo assorbimento nella storia pu anche produrre l'effetto che lo psicologo Mihaly Csikszentrnihalyi (1990) definisce "flusso". Si tratta di una sensazione che possibile provare quando ci si trova cos coinvolti in un'attivit da perdere ogni nozione di tempo, spazio e s, e si diventa un tutt'uno con essa. Chiunque stia imparando a usare Internet e improvvisamente si renda conto di aver trascorso tre ore a "navigare" comprender il concetto di "flusso". Possiamo accedere pi in profondit ai livelli Alpha e Theta usando altre tecniche, come il rilassamento, la respirazione profonda, la meditazione e naturalmente la narrazione. Ascoltare una storia un metodo assai naturale per rallentare la nostra attivit cerebrale. Questo stato, sostiene lo psicologo, l'optimum per l'apprendimento e viene raggiunto al .meglio quando si riscontrano le condizioni seguenti: sfide importanti, non troppo facili n troppo difficili, motivate intrinsecamente, e libert di scelta; stress basso, non nessuno stress, ma un livello minimo e un sentimento generale di rilassamento; immersione in uno stato di "flusso", l'attenzione puntata sull'apprendimento e l'azione, non sul s o sulla valutazione del compito.

Anche le ricerche originali portate avanti da Roger Sperry negli anni '60 sulle funzioni dei due emisferi cerebrali ci forniscono delle indicazioni sul valore dello storytelling nell'apprendimento inconscio. In termini semplici, riteniamo che l'emisfero sinistro sia responsabile del linguaggio, della logica e dell'ordine, mentre quello destro sia deputato alla musica, alle arti figurative e al sogno a occhi aperti, anche se in realt non possibile tracciare una linea di demarcazione tra le due parti del cervello.

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Ricerche pi recenti hanno rivelato che, sebbene l'emisfero sinistro elabori le informazioni pi velocemente del destro, entrambi sono coinvolti, in grado diverso, nella maggior parte delle attivit umane, e in qualit di "formatori o mediatori di apprendimento" dobbiamo incoraggiare lo sviluppo di entrambi. Arthur Deikman (1982) nel suo libro The Observing Self suggerisce che il contenuto di una storia possa interessare tutti e due gli emisferi cerebrali: il sinistro che elabora le parole sequenzialmente e in modo analitico; il destro che ha a che fare con la visualizzazione e i modelli di apprendimento. Ci significa che l'emisfero sinistro attenua il suo livello abituale di dominazione sul destro, consentendogli un maggior grado di creativit e di libert. Ogni formatore, mentore, tutor o educatore dovrebbe utilizzare pienamente questa conoscenza e rendere i "discenti" in grado di avere accesso a entrambi gli emisferi, i quali di conseguenza funzioneranno in modo sempre pi efficiente.

4.6 LO STORYTELLING E LA FORMAZIONE I personaggi e gli eventi delle favole personificano e illustrano i conflitti interiori, ma suggeriscono anche sempre in modo sottile come questi conflitti possono essere risolti, e quale potrebbe essere il prossimo passo nello sviluppo verso un'umanit pi alta. (Bettelheim, 1991)

La narrazione come forma di conoscenza della realt e costruzione di significati trova la propria origine negli studi di psicologia sociale classica (K. Lewin), recente (Gergen), e nella psicologia cognitiva (Bruner). Secondo tale autore le strutture narrative sono forme universali attraverso cui le persone comprendono la realt e comunicano su di essa. Il racconto permette di costruire significati che consentono alle persone di interagire con il sistema di convenzioni culturali allinterno del quale esse vivono. Nel raccontare vi una forma di conoscenza sociale, cognitiva, affettiva che correla il nuovo con lesistente attribuendo ad esso un senso. Si impara ad affrontare lincerto, il non conosciuto attraverso un modo gi sperimentato, veicolato da altr i che hanno gi vissuto e costruito queste conoscenze. La forte valenza formativa della narrazione si trova soprattutto nel consentire al soggetto di riflettere sui vissuti cognitivi e affettivi. Nel selezionare e descrivere un evento, una situazione, ciascuno definisce quale importanza attribuire ai vari momenti della narrazione. Questo porta a elaborare varie strutture che comunicano di per se stesse il peso che stato dato a ogni fatto raccontato. Allora non vi solo un contenuto, ma anche una forma che veicola il contenuto. Lazione narrativa diviene consapevolmente o meno unassegnazione di senso individuale. Lascolto e la ripresa da parte di altri, la riformulazione, lampliamento divengono momenti di costruzione di significato intersoggettivo che va ad aumentare e modificare la precedente conoscenza soggettiva. La condivisione attraverso la narrazione favorisce inoltre la socializzazione delle conoscenze, nel senso che permette a ciascuno di rendere pubbliche le proprie competenze e di concertarle con altre per il raggiungimento degli obiettivi comuni. Le storie tradizionali spesso offrono una sorta di conforto per l'ascoltatore introducendo un "aiuto", una "guida" o altro genere di individuo protettivo, che appare sempre al momento giusto per aiutare il protagonista nel proprio viaggio. L'aiuto pu assumere molte forme, una madrina fatata, un angelo custode, un buddha, o forse una qualche sorta di personificazione della coscienza che rimane sulle vostre spalle e vi suggerisce consigli nell' orecchio. Nel campo della terapia, questa tradizione stata trasportata nella pratica contemporanea con pieno successo. I terapisti hanno accettato e utilizzato lo storytelling come uno strumento efficace e non invasivo di cura. Negli anni '60 e'70, Milton Erickson divenne famoso per il suo uso di "racconti di insegnamento" metaforici, che avrebbero divertito, sorpreso o addirittura scioccato i pazienti introducendo qualche cambiamento nella loro vita.

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La programmazione neurolinguistica (PNL) e la scuola di terapia della Gestalt includono storie e metafore come parte del loro kit per il pensiero creativo e il problem solving. In definitiva queste erano, e rimangono, le tre principali funzioni dello storytelling: trasmettere le informazioni e la conoscenza; educare e incoraggiare il trasferimento della saggezza cumulativa da una generazione all' altra; incoraggiare la guarigione personale e il problem solving creativo.

4.6.1 Lo scopo delle storie Nella sua forma pi semplice, la storia il resoconto di uno o pi eventi, reali o immaginari. L'eroe o l'eroina pu essere chiunque il manager di un'azienda, una divinit onnipotente o un gruppo di scaltri porcellini - ma la struttura della vicenda sostanzialmente la stessa. Gli elementi necessari di una storia efficace sono: i personaggi; la trama; un conflitto; la soluzione.

Tutte le storie propongono un'avventura in cui l'eroe o l'eroina alle prese con un problema che tenta in tutti i modi di risolvere. quando l'ascoltatore si immedesima nella storia e pu tracciare un parallelismo tra quella vicenda e la sua vita, e quando trae qualche insegnamento dal messaggio sottostante, che si pu parlare di metafora. Le storie sono state sempre usate per educare, ispirare, motivare e mettere in guardia e, specie prima dell'avvento della stampa, per tramandare informazioni importanti da una generazione all'altra. Ma perch il racconto diventato la forma di comunicazione preferita in assoluto? Quando le informazioni si potevano trasmettere solo oralmente, dipendeva tutto dalla memoria, sia dei narratori che degli ascoltatori. Era uno strumento tecnico, non un concetto fantasioso, che assicurava la sopravvivenza di determinate culture. Come gi evidenziato, i nostri antenati si resero conto che pi si potevano legare le informazioni all'insolito o al fantastico, pi era facile ricordarle. Tutte le moderne tecniche di memorizzazione e tutti i processi di pensiero creativo che riteniamo rivoluzionari si basano in realt sulle stesse, antichissime idee e attingono agli stessi principi. Ma che rilevanza hanno le storie nella nostra epoca di alta tecnologia di alfabetizzazione (quasi) generalizzata, con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per comunicare i nostri fatti, i nostri pensieri e i nostri sentimenti agli altri, e soprattutto per promuovere l'apprendimento? Qual la loro finalit nel mondo di oggi? Il loro scopo e la loro efficacia sono quelli di sempre, anche se lo stile, il contenuto e l'enfasi si sono ovviamente evoluti. Uno degli scopi principali dei racconti stato, e continua a essere, quello di comunicare informazioni, di consolidare valori culturali, di educare e di assicurare all'ascoltatore quella maggiore sensibilit che ne faciliter l'apprendimento, la crescita e lo sviluppo. La loro forza sta nel motivarci, nell'accendere le nostre emozioni, nello stimolare la nostra immaginazione e nel farci pensare e riflettere sulla nostra vita. Molti racconti si possono assimilare sotto certi aspetti a metafore della vita. In superficie ci assicurano rilassamento, distrazione e la possibilit di esercitare la nostra immaginazione e le nostre capacit mnemoniche; a un livello pi profondo ci permettono di affrontare gli aspetti pi difficili e pi complessi dell' esistenza, offrendoci un elemento di confronto pi semplice e pi positivo, aiutandoci a riflettere e a imparare e lasciandoci pi scelte nella soluzione dei nostri problemi. Che cos' "Il brutto anatroccolo", se non una lezione di autostima? Che cos' "La tartaruga e la lepre", se non una lezione di time management e di pianificazione? Un'altra ragione per cui usiamo e apprezziamo tanto, le storie che hanno quasi tutte un lieto fine, che ci lascia

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in uno stato d'animo pi positivo rispetto all'inizio della narrazione. E anche se razionalmente possiamo renderci conto che la classica chiusura "e vissero per sempre felici e contenti" indica un traguardo irraggiungibile e non particolarmente realistico nella societ di oggi, si tratta pur sempre di una condizione a cui molti di noi continuano ad aspirare, non solo per s ma anche per gli altri.

Certo, dobbiamo convivere con le realt della vita, ma non meglio trovare un equilibrio tra i due estremi? Betty Rosen parla dei legami e dei parallelismi tra la storia e la vita quotidiana: [Nelle storie] il reale e lo straordinario si scambiano, si fondono o si contrappongono costantemente. Ho la sensazione che questo processo sia pi simile di quanto non crediamo al metodo che usiamo abitualmente per dare significato al mondo. [ ... C'] una sorta di rapporto psicologico con la storia, perch essa se- gue l'andamento narrativo della normale meditazione umana. (Rosen, 1988)

Tutte le storie a lieto fine ci stimolano in positivo - la leggenda della tradizione popolare, il racconto pieno di entusiasmo che vi fa vostra figlia al ritorno da scuola o l'exploit della forza vendita di cui si parla in azienda - e ci danno entusiasmo, coraggio e ottimismo per il futuro. Ci offrono qualcosa di cui essere orgogliosi, qualcosa in cui identificarci e qualcosa da sperare.

4.6.2 Lo scopo della metafora Tutte le volte che usiamo frasi come "Mi sento la testa di piombo", "L fuori un campo minato" o "La sua vita era un libro aperto" impieghiamo una metafora. Il significato etimologico di questa parola "trasferire il significato", dal greco meta (fuori) e ferein (portare). La metafora un paragone, un parallelismo, tra due termini, talvolta privi di qualunque relazione. Questi termini sono stati classificati cos: il "soggetto" il concetto originario; il "veicolo" il suo equivalente metaforico; il "terreno" ci che le due cose hanno in comune; la "tensione" la dissonanza tra le due cose.

Per esempio, nella frase "Mi sento la testa di piombo", il "soggetto" la mia testa; il "veicolo" il piombo; il "terreno" ci che queste due entit hanno in comune, ossia un senso di pesantezza; la "tensione" la dissonanza tra le due entit: la testa fatta di carne, di ossa ecc., mentre il piombo un metallo.

questa relazione tra la realt e le due entit contrapposte che conferisce alla metafora la capacit di far pervenire un messaggio al destinatario. Noi usiamo le metafore in modo assolutamente naturale, spesso anche inconscio, nella vita quotidiana per descrivere certi eventi, certe situazioni o certi sentimenti. Conosciamo tutti le espressioni " caduto al primo ostacolo", "hai davanti un mare di opportunit", ma forse non siamo sempre pienamente consapevoli del potente effetto che questo linguaggio metaforico, usato con gli altri e con noi stessi, pu avere sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti. In un contesto di apprendimento, le metafore possono costituire un mezzo efficace e innovativo per descrivere una situazione, un'esperienza o un problema; un mezzo che pu offrire informazioni alternative, aiutare l'ascoltatore a "riconsiderare" la

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situazione da un altro punto di vista e a fornirgli soluzioni aggiuntive, talvolta innovative. Chi ascolta il racconto metaforico dovrebbe riuscire a trovare un collegamento con la sua situazione personale, ma senza arrivare alla piena identificazione. Il linguaggio metaforico pu essere molto pi potente del linguaggio diretto e pu avere un effetto pi rilevante sull' ascoltatore. George Lakoff e Mark Johnson, due esperti di utilizzo delle metafore, dicono che mentre l'immagine statica, la metafora personale, dinamica e stimolante, e pu costituire la base per progettare e realizzare dei cambiamenti nella nostra vita. La metafora uno degli strumenti pi importanti che abbiamo a disposizione per cercare di comprendere parzialmente ci che non siamo in grado di comprendere totalmente: i nostri senti- menti, le esperienze estetiche, le pratiche morali e la consapevolezza spirituale. (Lakoff e Johnson, I980)

4.6.3 Storie e processo di apprendimento Oggi che le organizzazioni e gli individui sono alla ricerca di modalit pi efficaci, pi economiche, pi durature e sempre pi sofisticate per facilitare l'apprendimento, la narrazione ancora una tecnica di insegnamento utile e pertinente? Lavorando con alcune grandi aziende americane, Peg Neuhauser ha scoperto che ci che si impara da una storia ben raccontata, in modo formale o informale, si ricorda pi facilmente e molto pi a lungo di ci che deriva da un elenco di fatti o di dati statistici.

I racconti consentono alla persona di vedere e sentire le informazioni, oltre che di capirle in termini pratici [ ... ] perch se "sentite" le informazioni in chiave pratica, visuale ed emozionale, pi probabile che vi restino impresse in modo duraturo nel cervello, con uno sforzo minimo da parte vostra . (Neuhauser, 1993)

Inoltre, gli insegnamenti contenuti in una storia tendono quasi sempre a produrre un "effetto onda" , perch chi la ascolta molto pi incline a raccontarla ai colleghi di quanto non farebbe con il contenuto di un rapporto ... Lo studioso Roger Sperry (1964) scopr l'esistenza dei due emisferi cerebrali posti a lato della corteccia, ognuno dei quali preposto a determinate attivit fisiche e intellettuali. L'emisfero destro, oltre a controllare il lato sinistro del corpo, governa l'attivit fantastica, la creativit e l'immaginazione, nonch il senso artistico, cromatico, musicale e del ritmo. L'emisfero sinistro controlla il lato destro del corpo e presiede alle funzioni intellettuali: l'espressione verbale, la logica razionale, il pensiero lineare e il ragionamento numerico. I due emisferi cerebrali non operano l'uno indipendentemente dall'altro: li collega un organo complesso, denominato corpo calloso, che movimenta milioni di informazioni in un tempo brevissimo. In ciascuno di noi prevale l'emisfero destro o l'emisfero sinistro e ci sono dei questionari - come l'Hermann Brain Dominance Instrument - che permettono di identificare il nostro orientamento prevalente, ma una strategia pi utile - specie ai fini dell'apprendimento - identificare delle soluzioni per svilupparli e utilizzarli nella stessa misura. Il cervello non diverso da qualunque altro muscolo: se non si usa, si atrofizza. La narrazione richiede - sia al narratore sia all'ascoltatore - l'utilizzo di entrambi gli emisferi cerebrali: il sinistro gestisce la processazione delle parole e la sequenza narrativa, mentre il destro presiede all'immaginazione, alla visualizzazione e alla creativit. Roberta e Gerald Evans (1989) hanno studiato come accrescere l'efficacia dei racconti, delle metafore e delle analogie rispetto ai seguenti meccanismi cognitivi: a) concretizzazione; b) assimilazione; c) strutturazione.

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a) Concretizzazione L'ascolto del racconto ci aiuta a dare significato pratico a quello che potrebbe apparire un tema astratto, tramite il collegamento con esempi tangibili o concreti. Ad esempio, per illustrare i concetti di fissazione degli obiettivi, problem solving o benchmarking si potrebbe raccontare una storia molto semplice che permette agli ascoltatori di rifarsi a una situazione estremamente "reale" e concreta, coerente con la loro esperienza.

b) Assimilazione L'apprendimento un processo continuo, mediante il quale si aggiungono nuove informazioni a quelle che sono gi archiviate nella nostra memoria. L'uso di una storia, specie se appartiene alla tradizione popolare o se si tratta di una vicenda nota a cui tutti possono fare riferimento, richiama alla mente dell'ascoltatore delle vecchie informazioni che si potrebbero vedere in una prospettiva nuova. Le storie possono risultare particolarmente utili quando si presenta un nuovo argomento a un gruppo di ascoltatori che non ha conoscenze analoghe a cui appoggiarsi. La storia pu offrire un utile punto di riferimento su cui lavorare. Per esempio, la scena di Alice nel paese delle meraviglie in cui la protagonista incontra lo stregatto universalmente nota; nella nostra infanzia abbiamo vissuto quasi tutti un'esperienza analoga e allora l'abbiamo presa alla lettera. Ma quando ci viene riproposta in et adulta, nel contesto della fissazione degli obiettivi o del problem solving, diventa immediatamente un modello pertinente e pratico per affrontare i dilemmi dell'operativit di oggi.

c) Strutturazione Coloro che imparano con l'ausilio della narrazione didattica possono applicare i concetti appresi ad altre situazioni, non direttamente legate a quella specifica in cui si verificato l'apprendimento. In altre parole, stanno costruendo nuove strutture di conoscenza e sono in grado di effettuare una generalizzazione in altre aree, al di l del momento e del luogo dell'apprendimento iniziale.

4.6.4 Metafore e apprendimento Esaminiamo ora in dettaglio come si possa usare il linguaggio metaforico nel contesto dell'apprendimento. Questo linguaggio si sta affermando sempre di pi come strumento per aiutare le persone ad acquisire nuove conoscenze e a trasferire l'apprendimento da ci che ben noto a ci che meno noto, in modo vivido e memorabile. Andrew Ortony (1993), che ha studiato approfonditamente i diversi utilizzi delle metafore, afferma che vi sono tre ragioni principali per ricorrere alla metafora nella vita quotidiana e in particolare in un contesto di apprendimento: a) ottenere compattezza nel nostro modo di comunicare; b) dare vivacit al nostro linguaggio; c) cercare di esprimere l'inesprimibile.

a) Compattezza Usiamo la metafora perch veloce, concisa ed efficace e si pu impiegare per fornire una comprensione universale. Per esempio, se una donna vi dicesse: "Sono terrorizzata; tremo come una foglia", quella frase non reggerebbe all'analisi scientifica, ma una frase che possiamo capire tutti e a cui possiamo facilmente riferirci. "Tremo come una foglia" non che una versione sintetica di "sono ansiosa, tesa, nervosa, tremo dalla paura, sento che qualcuno mi sta preparando una trappola".

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b) Vivacit Le metafore ci mettono a disposizione simboli e immagini pregnanti, che accendono molto spesso le nostre emozioni e rendono pi facile da comprendere il contenuto che descrivono. Oltre a questo, le informazioni diventano pi credibili e pi facili da ricordare. Per esempio, la frase: "Quando incontr il suo avversario, era un'autentica belva" suscita immediatamente una immagine mentale molto precisa e sicuramente pi vivida di quella che si affaccerebbe alla nostra mente se ci avessero detto: "Appariva estremamente sicuro di s". Ma c' dell' altro: la vivacit di una metafora ci aiuta a sviluppare il pensiero e stimola la nostra immaginazione. Per fare un esempio, le metafore colorite ci aiutano a descrivere e a capire i diversi tipi di leader: "lo squalo", "il delfino", "la gatta morta" o "Attila l'unno".

c) Inesprimibilit Le metafore ci permettono di dare chiarezza agli aspetti difficili da descrivere e di esprimerli succintamente in un linguaggio prosaico. Ricorriamo al "linguaggio metaforico" quando facciamo fatica a trasmettere un concetto. "Questo lavoro abbondanza o carestia" o "Nel mio lavoro devo tenere una serie di piatti in equilibrio su dei bastoncini" sono metafore efficaci per descrivere la natura effimera e transeunte delle proprie mansioni. Sul piano dell'apprendimento, le metafore - sotto forma di frase sintetica o di racconto - rappresentano un modo innovativo per descrivere una situazione potenzialmente difficile e per prospettare nuove vie di uscita, modificando la relazione percepita tra il problema e la metafora. Possono servire quando inducono le persone ad analizzare, ed eventualmente a modificare, la loro visione di se stessi e il loro livello di autostima. Un esercizio pu essere ad esempio di porre ai vostri discenti domande come le seguenti: Se fossi un personaggio dei cartoni animati, che personaggio saresti? Se fossi un regalo di Natale, che regalo saresti? Se fossi un odore, che odore saresti? Se fossi una bevanda, che bevanda saresti?

Una precisazione: questi giochi sono simpatici e generalmente apprezzati, ma non si deve sottovalutare la profondit dell'esercizio: le persone mettono a nudo la propria anima - anche se in modo scherzoso - e si pu notare che alcuni sono pi disposti a farlo di altri. In genere, consigliabile che sia il formatore a offrire per primo il proprio contributo, per dare un'idea di come funziona il gioco e dimostrare che non esita a dichiarare le proprie opinioni. Questi giochi basati sulle metafore si possono usare in modo analogo per aiutare le persone a ripensare le relazioni che intrattengono tra di loro, con altri soggetti in altre situazioni. Di fronte alla domanda "Se il tuo capo fosse una pietanza, che pietanza sarebbe?", il giovane manager riflett un attimo e poi disse in tono estremamente serio e risoluto: "Sarebbe il pudding". "Perch proprio il pudding?", gli chiese uno dei suoi colleghi. "Beh, sai, a volte a volte piace e a volte no!". Quella risposta suscit risate e applausi da parte dei colleghi, che conoscendo la persona in questione potevano apprezzare immediatamente la sua osservazione. E ai lettori che pensano " un giudizio un po' pesante", devo ricordare che si trattava di un'organizzazione decisamente favorevole alla valutazione a 360 gradi e alla comunicazione aperta e che il capo oggetto di quel paragone poco lusinghiero faceva parte del gruppo e si era unito alle risate. (M. Parkin1998)

L'utilizzo delle metafore nell'apprendimento pu essere particolarmente utile anche quando si lavora con dei gruppi di persone che non condividono la stessa cultura, le stesse conoscenze o gli stessi valori, e che faticano a instaurare una comprensione

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reciproca. Si va dal gruppo di apprendimento costituito dai rappresentanti di diverse funzioni della stessa azienda, che manca di valori comuni o di una visione comune, al gruppo di apprendimento costituito da persone di diversa origine etnica, religiosa o razziale. Lakoff e Johnson affermano che le metafore hanno un ruolo prezioso in tali situazioni, in quanto promuovono la comprensione reciproca attraverso la negoziazione del significato e l'apprezzamento della eterogeneit. L'immaginazione metaforica una competenza fondamentale per creare un rapporto e per comunicare la natura di una esperienza non condivisa. Questa competenza consiste in larga misura nella capacit di modificare la vostra visione del mondo e di adattare il modo in cui categorizzate la vostra esperienza. (Lakoff e Johnson, 1980)

4.6.5 Miti e Apprendimento Adesso che ci siamo abituati all'idea di un'organizzazione che apprende (learning organization), possiamo cominciare a familiarizzare con il concetto di un'organizzazione che racconta (storytelling organization; Boje, 1991) e a riconoscere l'importanza dei miti organizzativi nella formazione della cultura e nell'apprendimento. Non tutte le storie che si raccontano all'interno delle organizzazioni diventano necessariamente dei miti: i miti sono racconti particolari che si sviluppano in un arco di tempo prolungato, che presentano personaggi eroici e gesta coraggiose e che vengono tramandati da una generazione all'altra entrando cos a far parte della tradizione e della storia di una determinata organizzazione. I miti di oggi ci aiutano a: identificare l'identit e i valori dell'organizzazione; definirne la visione e gli obiettivi per il futuro; capire e adottare il comportamento ritenuto coerente con l'identit dell' organizzazione; apprenderne e accettarne le regole e i tab; attuare il necessario cambiamento nelle persone e nella cultura.

In ogni organizzazione, i componenti raccontano i loro miti, unici, che comportano l'identificazione di figure eroiche o leggendarie, autentici modelli di ruolo per chi vuole fare carriera. Questi personaggi sono presenti e operanti nella struttura sono cio "leggende del loro tempo" - o appartengono alla storia. Possono essere amministratori delegati o direttori generali, ma anche sindacalisti, capi reparto, insegnanti, impiegati amministrativi o addetti alle pulizie. ...Quale che sia il loro ruolo, ci che hanno in comune questi eroi dell'era moderna la capacit di personificare qualche aspetto dell'identit dei valori o delle credenze dell'organizzazione: forniscono un esempio tangibile che gli altri possono studiare ed emulare. I miti possono essere positivi o negativi e, naturalmente, veri o falsi; ma una cosa certa: se il comportamento che viene messo in atto all'interno dell'organizzazione non corrisponde alla storia che si racconta, quella storia, e probabilmente anche il narratore, non avranno alcuna credibilit: la piena coerenza tra il mito e il comportamento osservato che insegna il principio. Il fattore pi importante riguardo alla creazione e alla narrazione dei miti organizzativi probabilmente la loro ineliminabilit. I componenti delle organizzazioni si racconteranno sempre delle storie analoghe; delle storie che li hanno particolarmente ispirati o commossi, in positivo o in negativo. Questo processo una delle forme pi efficaci e sottovalutate di comunicazione umana, e la sfida che si pone ai dipendenti delle organizzazioni prenderne coscienza e utilizzarlo nel modo pi produttivo. Allora che cosa potete fare, formatori e manager, per utilizzare a fini di apprendimento i miti che esistono nella vostra organizzazione? Dove e quando conviene impiegarli? Dove e quando sono gi stati raccontati? Ascoltate con attenzione i miti che vengono raccontati e perpetuati nella vostra azienda/scuola/agenzia e cercate di scoprire dove e quando sono stati diffusi e tramandati. Sono miti positivi o negativi? Che cosa insegnano sull'organizzazione? Chi sono gli eroi? Chi sono i nemici? Una volta identificati, potete usarli all'interno di eventi di formazione, riunioni, eventi sociali che coinvolgano la struttura.

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4.6.6 Il messaggio nascosto delle storie Un interrogativo critico riguardo all'utilizzo dei racconti, e in particolare dei racconti metaforici, nella formazione : "Dirlo o non dirlo?". Manager e formatori, dovete esplicitare il messaggio insito nella storia che avete appena raccontato? O meglio non dire niente e lasciare che gli ascoltatori sviluppino i loro pensieri e le loro interpretazioni? Date per scontato che abbiano recepito lo stesso messaggio che avete recepito voi? Tenete una discussione per stabilire quale potrebbe essere il messaggio? Non facile rispondere a questa domanda e molti autori esprimono pareri contrastanti sull'argomento. Thomas Sticht (I993) afferma che i racconti popolari possono essere pericolosi in un ambiente didattico, perch potrebbero dare luogo a tante interpretazioni individuali da pregiudicare l'apprendimento; ritiene che il compito del narratore sia chiarificare, non creare una perplessit eccessiva nei discenti. Hugh Petrie e Rebecca Oshlag (I993) affermano per contro che la chiarezza emerge proprio dal dubbio e dall'incertezza interpretativa. Per loro, l'impatto della narrazione sull'apprendimento il risultato di un processo in quattro fasi.

1. Fase della "anomalia" - Il discente vede la situazione in chiave problematica e si rende conto di dover fare qualcosa per migliorarla. 2. Presentazione della metafora - Il discente ascolta un racconto narrato, o lo legge. 3. Applicazione della metafora - Il discente assume il nuovo comportamento suggerito dal racconto e stabilisce se l'anomalia originaria stata eliminata. 4. Correzione dell'attivit - Alla luce dei risultati che ottiene dal suo nuovo comportamento, il discente apporta gli aggiustamenti eventualmente necessari per eliminare del tutto l'anomalia.

In primis siete voi narratori a dover avere le idee chiare sulla finalit da dare alla storia e sull'importanza da attribuire all'univocit del messaggio. Se usate il racconto per chiudere in modo rilassato la giornata, probabilmente il caso di lasciare i partecipanti in quella condizione di relax, e quindi liberi di riflettere autonomamente sul significato del racconto metaforico. Se il racconto un aneddoto fulminante o una breve metafora "usa e getta", ha natura umoristica ed caratterizzato da un messaggio piuttosto semplice, consigliabile lasciare il messaggio inespresso. Ricamandoci sopra, si rischia di rovinare l'elemento di sorpresa e di umorismo; ed facile inimicarsi gli ascoltatori dimostrando di non fidarsi delle loro capacit di comprensione. Potete capire dalla loro reazione verbale o non verbale - se "l'hanno capita" o no. Se la finalit del racconto offrire un esempio tangibile della teoria che state presentando, conviene chiedere al vostro pubblico, in tono piuttosto allegro, "Che cosa diavolo c'entra questa storia con la fissazione degli obiettivi/la motivazione?", o "Che attinenza pensate che abbia con quello che abbiamo detto fin qui?" (Non fate la solita domanda "Avete capito?", non vi dice niente sulla comprensione del gruppo e pu anche risultare offensiva!). Permettete ai componenti del gruppo di "leggere" autonomamente il messaggio e di tracciare dei collegamenti con la loro esperienza personale. Se il racconto serve a chiarire un argomento particolarmente vasto o complesso, consigliabile spiegare il legame che voi vedete tra esso e l'argomento in discussione. Se utilizzate il racconto come base di riferimento per un caso di studio o per una discussione di gruppo, la domanda da porre ai partecipanti : "Quale ritenete che sia il messaggio contenuto in questa storia, e come si applica al... team building quality management?". Quando i partecipanti avranno fornito le loro risposte potrete aprire il dibattito,

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confrontare la loro interpretazione con la vostra, ed eliminare le anomalie. Vale la pena di ricordare che chiunque ascolti una storia ne dar sempre un'interpretazione personale e ci legger un suo messaggio specifico; lo fa anche il narratore e lo fa persino l'autore!

Sarete voi, in quanto narratori, a decidere: a. quale ritenete che sia il messaggio; b. dove usare il racconto e a quale scopo; c. se esplicitarne o meno il messaggio.

4.6.7 La storia e la memoria Pur senza ignorare il dibattito in corso da tantissimi anni sul concetto di memoria, qui possiamo definirla semplicemente "la conservazione e il recupero dell'apprendimento pregresso". Gli psicologi hanno osservato che la nostra memoria sembra funzionare al meglio in queste condizioni:

1. se possiamo inquadrare le cose in un ordine riconoscibile o in un modello strutturato; 2. se la nostra immaginazione e le nostre emozioni vengono adeguatamente stimolate; 3. se possiamo fare delle associazioni spontanee tra un'idea e l'altra; 4. se le informazioni stimolano fortemente i nostri sensi: vista, udito, odorato, gusto e percezione fisica.

Che ruolo pu avere allora la narrazione nello sviluppo della nostra memoria?

1. Possiamo inquadrare le cose in un ordine riconoscibile o in un modello strutturato Il nostro cervello ricerca per natura ordine, continuit logica e completezza. Ci spiega perch, quando qualcuno starnutisce, gli diciamo automaticamente "Salute!", e perch non riusciamo a sentire la frase "Una mela al giorno ... ", senza aggiungere d'impulso "leva il medico di torno". Spiega anche perch, per alcuni, difficile resistere alla tentazione di completare la frase in sospeso al posto di chi parla. "Ho pensato che oggi potremmo ... ehm ... " E voi vi affrettate a proporre: "Andare al cinema? Restare a casa con un buon libro? Fare una gita?". La stessa dinamica si incontra nella narrazione. Per la tendenza naturale a ricercare continuit e completezza, ci viene facile ricordare le cosiddette "storie cumulative", caratterizzate dalla ripetizione e dall'enfatizzazione di certe parole o di certe frasi. Lo stesso processo si ritrova nei racconti per adulti; pi si citano parole e frasi, e pi si nomina un determinato personaggio (reale o immaginario), pi il contenuto si imprimer nella memoria e pi agevole sar il ricordo. Ma fate attenzione al messaggio che andate ripetendo: positivo o negativo? E non abusate di questa tecnica.

2. La nostra immaginazione e le nostre emozioni vengono adeguatamente stimolate Gli scienziati hanno ormai dimostrato che, oltre ai due emisferi, il nostro cervello ha anche una struttura a tre livelli. La parte superiore o "corteccia" controlla i processi intellettuali, come il pensiero, la verbalizzazione ecc. La parte inferiore, o "rettiliana", controlla i comportamenti istintivi, come la respirazione; e la parte intermedia, il cosiddetto "sistema limbico", governa le emozioni. Gli scienziati hanno anche dimostrato che il sistema limbico si trova accanto alla parte del cervello che presiede alla conservazione dei ricordi, il che spiega perch tendiamo a ricordare pi facilmente le informazioni se siamo

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coinvolti sul piano emozionale. Perci, quando si usa il racconto come strumento didattico, pi il contenuto attiva l'immaginazione, attraverso l'inclusione di situazioni insolite, creature fantastiche o esseri mitologici, e pi stimola le emozioni - buon umore, pathos, empatia - pi probabile che il messaggio venga ricordato. Un'altra teoria sull'uso didattico del racconto afferma che questo processo pu indurre in noi una forma di regressione all'infanzia, e quindi suscitare quello stato emotivo di curiosit che sempre presente nei bambini, ma che tende a venir meno con l'et adulta. Una volta ritornati a questo stato infantile, siamo pi ricettivi e pi interessati alle informazioni che ci vengono comunicate, e quindi ricordiamo di pi.

3. Possiamo fare delle associazioni spontanee tra un'idea e l'altra Come sappiamo, il cervello composto da miliardi di neuroni o cellule cerebrali, ognuna delle quali ha un nucleo centrale e delle ramificazioni, chiamate "dendriti", che si irradiano tutt'attorno. Ogni neurone immagazzina delle informazioni e le trasmette ai neuroni adiacenti attraverso una carica elettrochimica. Dunque, tutte le volte che dite: "Ho avuto un lampo di ispirazione!" o "L'idea mi piovuta dal cielo!", siete perfettamente nel giusto. Ci che definiamo banalmente "pensiero" in realt un network incredibilmente complicato di cariche elettrochimiche, che viaggiano quotidianamente da un neurone all'altro infinite volte. per questo che i ricordi si recuperano pi facilmente se riusciamo ad associarli a qualcos'altro. Quanti di noi, se ci chiedono di dire quanti giorni ha giugno, sarebbero in grado di rispondere senza ripetere mentalmente la filastrocca "Trenta giorni ha novembre ... "? Gli esercizi di brainstorming funzionano proprio cos: l'idea espressa da una persona innesca un'associazione mentale in un'altra. E chi ha familiarit con le "mappe mentali" ideate da Tony Buzan (I993) vi riconoscer la stessa dinamica. Tony suggerisce l'impiego dei colori, delle immagini visuali, dei simboli e dei codici per stimolare la funzione associativa del cervello. L'ascolto dei racconti pu anche aiutare i nostri cervelli nell'attivit - del tutto automatica e naturale - di creare associazioni. I racconti ci inducono ad associare una parola a un'altra parola, a un'immagine, a un suono o a un sentimento. Cos come usiamo istintivamente le immagini visive nelle nostre mappe mentali, quando ascoltiamo una storia non possiamo fare a meno di crearci una rappresentazione visiva; solo che adesso lo facciamo all'interno, anzich all'esterno, della nostra mente.

4.Le informazioni stimolano fortemente il nostro senso preferito Gli studiosi di programmazione neuro-linguistica (PNL) sanno che gli esseri umani pensano, comunicano e imparano attraverso l'uso dei cinque sensi. Le percezioni sensoriali si possono classificare pertanto in: visive, uditive, cinestetiche, olfattive, gustative.

E sanno che ognuno di noi tende ad avere un senso preferito, o un "sistema di rappresentazione" preferito: i pi comuni sono la vista, l'udito e la percezione cinestetica. In termini di apprendimento, ci significa che ognuno reagisce a un certo tipo di stimolo, a seconda del suo sistema di rappresentazione. I discenti visivi sono particolarmente disposti ad apprendere quando possono vedere un testo scritto, dei diagrammi o dei modelli. Il loro linguaggio indicativo di quello che passa loro nel cervello: "Capisco il quadro", "Non ne vedo il senso" ecc. I discenti uditivi sono particolarmente disposti ad apprendere attraverso le conferenze, le discussioni di gruppo, le registrazioni

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audio e naturalmente la narrazione. Le loro tipiche frasi sono: "Ti ascolto" o "Mi piace quel suono". I discenti cinestetici sono particolarmente disposti ad apprendere quando provano dei sentimenti o delle sensazioni, o sono coinvolti in qualche attivit fisica; perci il role playing, i "giochi" formativi e i corsi di sopravvivenza sono ideali per loro. Usano espressioni come "Mi va a genio" o "Sono veramente eccitato a questa prospettiva". Quando stimoliamo il senso preferito di un individuo, gli facilitiamo la processazione e il successivo recupero delle informazioni. Ovviamente difficile sollecitare la corda giusta di ognuno; ma per fortuna c' la narrazione didattica, che funziona con tutti e tre i sistemi di rappresentazione. Il discente visivo ricorder il succo del vostro racconto se potr costruirsi delle immagini mentali durante l'ascolto o se potr scorrerne il testo. Il discente uditivo ricorder concentrandosi principalmente sulla voce del narratore, "sentendo" tutti i suoni che figurano nel racconto, reagisce bene anche ai racconti registrati, alla discussione e alla lettura diretta. Il discente cinestetico ricorder prevalentemente facendo dei collegamenti e delle associazioni tra il contenuto della storia, le sue emozioni e i suoi sentimenti. In alcuni casi, un racconto efficace potrebbe contenere tutti gli "attivatori" della memoria che abbiamo elencato prima.

5. LE NUOVE APPPLICAZIONI DELLO STORYTELLING In un famoso scritto intitolato The Storyteller, nel 1936, Walter Benjamin esprime una visione pessimistica del futuro dello storytelling: L'arte della narrazione sta giungendo al termine. Si incontrano sempre meno persone, e sempre meno frequentemente, in grado di raccontare una storia in modo adeguato. Sempre pi spesso si manifesta imbarazzo quando viene espresso il desiderio di raccontare una storia. (Benjamin, citato in Rosen, 1987)

Ci potrebbe sembrare ancora pi vero con l'avvento della radio, della televisione e del cinema, e oggi, ovviamente, dell'Information Technology e di tutto ci che essa porta con s. Si potrebbe affermare che nei tempi moderni il bisogno apparente di narrazione orale sia praticamente svanito, se non fosse che, paradossalmente, negli ultimi cinquant'anni l'attivit di storytelling sia in realt in aumento! Jack Zipes, professore alla University ofMinnesota e patrocinatore della Society for Storytelling, sostiene: Lo storytelling ovunque, nelle scuole e nelle biblioteche, nelle case e nei televisori, nei pub e nei ristoranti, durante gli intervalli per il pranzo, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, al telefono, nei teatri e nei cinema. Contrariamente a quanto credeva Benjamin, lo storytelling non stava per morire negli anni '30, e certamente non appare in procinto di esserlo oggi. (Zipes, 1996)

In realt, in particolare dagli anni '70 si manifestato un aumento costante nel numero di narratori professionali e semiprofessionali in tutto il mondo, e di un numero equivalente di societ e organizzazioni che li aiutano nella loro attivit. C' anche un numero sempre crescente di festival di storytelling, simposi e workshop in attivit in tutto il mondo.

5.1 Digital Storytelling La digital tale una narrazione che integra diversi linguaggi: la narrazione, la sceneggiatura e gli strumenti multimediali come video, colonna sonora, fotografie e altri materiali scannerizzabili. Vi sono principalmente due modalit di realizzazione di una digital tale:

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Computer Based: consiste nel basare la creazione della storia sullutilizzo del computer: immagini, musica, programmi come IMovie.

Sfondo Verde: il procedimento inverso dove la storia viene creata e narrata in maniera tradizionale e solo dopo integrata con elementi digitali.

5.2 Storytelling Management Lo Story telling management una disciplina ampia e articolata che, basandosi sui principi della narrazione applicata all'impresa, genera un vasto assortimento di strumenti, cartacei, digitali e relazionali che possono essere applicati a diverse aree o funzioni aziendali, come per esempio: principi strategici - brand management - comunicazione integrata - advertising formazione - product design. In tal senso lo storytelling ha cominciato ad essere considerato una disciplina e un metodo di lavoro, da poter adottare in settori come le organizzazioni e la comunicazione politica. Questo ha portato le nostre vite personali e lavorative a divenire costantemente avvolte da una sorta di rete narrativa, che filtra le nostre percezioni, stimola i nostri pensieri ed evoca le nostre emozioni.

5.3 Gli audiolibri Un audiolibro una registrazione audio di un libro letto ad alta voce, da uno o pi attori, uno speaker (un lettore) oppure da un motore di sintesi vocale. Il testo letto registrato pu essere la versione integrale o una riduzione di un libro o una sceneggiatura (originale o non) scritta appositamente per la registrazione audio . Gli audiolibri possono presentare anche musiche e ricostruzioni sonore (sound design), anche se generalmente l'audiolibro "classico" prevede la sola voce dello speaker che legge il testo. Gli audiolibri, oltre a permettere la lettura dei libri mentre si occupati in altre attivit, possono essere anche un valido aiuto per molte persone affette da particolari handicap visivi o motori. Gli audiolibri sono molto diffusi sul mercato anglosassone, in cui tutti i libri pi importanti di norma escono contemporaneamente in versione cartacea e in versione audio (a volte anche in doppia versione audio: integrale e ridotta), ma stanno trovando favore anche in Italia. Un tempo gli audiolibri venivano registrati su musicassetta, oggi su CD audio, anche se il formato pi diffuso ormai l'MP3 (oppure l'Ogg Vorbis), grazie anche ai tanti negozi digitali che ne hanno semplificato enormemente la diffusione e l'acquisto. Esistono anche formati pi specifici, come ad esempio il DTB (Digital Talking Book), che consentono di sincronizzare la visualizzazione del testo a schermo con l'audio. Molti audiolibri si possono anche scaricare, a pagamento, dai siti che vendono musica online, come iTunes Music Store. Un discorso a parte va fatto per i software di sintesi vocale, che tramite opportuni algoritmi, possono analizzare in tempo reale un testo e convertirlo in linguaggio verbale. Alcuni eBook reader li integrano nel loro software. In rete si stanno ampliando anche le risorse completamente gratuite, che devono per tenere conto dei limiti imposti dall'attuale legislazione sul copyright e che quindi, salvo disposizioni particolari degli autori, possono riguardare soltanto le opere scritte da autori scomparsi da 70 anni. La legge sul copyright tutela naturalmente anche chi ha effettuato la traduzione e le musiche eventualmente presenti nell'audiolibro. Gli audiolibri possono essere utilizzati per insegnare ai bambini a leggere e a sviluppare la comprensione del testo scritto. in particolare sono utili per l'insegnamento ai soggetti con disabilit visiva. Secondo il recente studio del National Endowment for the Arts "Reading at Risk", l'ascolto di un testo registrato tra le modalit di "lettura" che stanno contribuendo e supportando una generale e pi ampia alfabetizzazione.

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A tale proposito, gli audiolibri assumono particolare rilevanza in termini di apprendimento anche in virt del loro formato: diversamente, infatti, dai libri tradizionali o programmi supportati da video, possibile apprendere ascoltando un audiolibro mentre vengono eseguiti altri compiti, fermo restando che tali compiti devono essere di natura pratica e non implicare particolare concentrazione.

I vantaggi forniti dall'audiolibro sono sintetizzabili in due principali funzioni:

Replaying (ripetizione/riascolto): secondo il personale grado di attenzione e interesse, spesso necessario ascoltare i segmenti di un audio libro pi volte, in modo tale da comprendere e assimilare le informazioni in modo soddisfacente. Il riascolto pu anche essere reiterato nel tempo e dopo lunghi periodi.

Learning (apprendimento): possibile ascoltare un audio libro mentre lo si legge. Ci facilita l'apprendimento di parole che potrebbero non essere correttamente imparate attraverso la loro sola lettura (ad esempio in termini di pronuncia o intonazione). Per questo, ad esempio, l'audiolibro un ottimo supporto per l'apprendimento delle lingue.

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(AC) ARGOMENTO CORRELATO COME DIVENTARE UNO STORYTELLER

Mappa AC Come diventare uno storyteller

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

AC Tecniche di Laboratorio

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling

5. Lezioni di scrittura

AC
Come diventare uno storyteller

AC
Il Linguaggio e l'Autore teatrale

Contenuti: Come trovare la propria storia, Come preparare la propria storia, Come raccontare la propria storia.

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OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Conoscere i principi base per trovare, preparare e raccontare una storia.

INTRODUZIONE: GLI INGREDIENTI PER UNA BUONA STORIA Secondo lo studioso Peter Guber vi un ingrediente essenziale per lefficacia di una narrazione: la verit, intesa non come veridicit dei fatti ma autenticit del messaggio. Sinteticamente si possono definire le principali verit che devono essere contenute in una storia, come segue: La verit per il narratore. Una storia deve innanzitutto incorporare i valori profondi e le convinzioni di chi la racconta, e trasmetterli in modo congruente e genuino. La verit per il pubblico. C un patto implicito tra il narratore e il suo pubblico: le aspettative che il narratore genera nel pubblico devono essere esaudite. E per fare questo il narratore deve provare la propria storia, prima di raccontarla ad un pubblico, davanti a persone non direttamente coinvolte, in modo da valutare le loro reazioni e aggiustare man mano il tiro della narrazione, deve identificare le esigenze emotive del pubblico e soddisfarle con onest, deve raccontare la storia in modo interattivo. Una grande storia, dice Guber, non mai del tutto prevedibile con unanticipazione logica, ma accettabile con il senno di poi. Come dire, di fronte ad un finale ben riuscito: Non ce lo saremmo mai aspettato, ma, una volta svelato, fila perfettamente. La verit in quel momento. Il buon narratore non racconta mai la stessa storia nello stesso modo. La contestualizza, adattandola al momento. E per farlo sono necessarie da una parte una seria preparazione, dallaltra la capacit di improvvisa re. E questo soltanto apparentemente un paradosso. La verit per la mission. Una storia deve essere in grado di trasmettere la passione per qualcosa di superiore, per i valori in cui si crede e che si desidera che gli altri facciano propri. Anche nellet odierna, cos cinica e concentrat a su se stessa, le persone vogliono disperatamente credere in qualcosa pi grande di loro.

Come trovare la propria Storia Il primo passo trovare una storia, ma non una storia qualsiasi, la vostra storia, una che amate, che vi piacciaperch dovr ete ripeterla e ripeterla e ogni volta lo troverete piacevole e divertente. Una storia da raccontare potrebbe essere: a folktale (leggenda popolare), ovvero una storia che provenga dalla tradizione orale. Pu essere una satira fantastica o una fiaba, una storia damore o di fantasmi, un mito o una leggenda; un racconto letterario, di un autore, che in origine doveva essere letto; una storia vera, una storia di vita, che si riferisca a un fatto storico accaduto o che riguardi una tua personale esperienza. Per i principianti in generale le folktales sono pi facili, perch sono state pensate e costruite per essere raccontate a voce. Sono semplici, dirette e facili da ricordare. Per questo, da ora in poi ci focalizzeremo su di esse. Innanzitutto, le leggende popolari (l'Italia piena di storie, spesso in forma dialettale, che hanno origine in ogni Regione, citt o paese), rivolte sia ad adulti che bambini, possono essere rintracciate facilmente in libri che le raccolgono, su Internet, o note perch trasmesse di generazione in generazione. consigliabile cominciare con storie brevi: da una a tre pagine al massimo o pochi minuti di registrazione (infatti alcune si trovano registrate).

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Individuate per prime le storie caratterizzate da: linearit dell'azione, personaggi fortemente caratterizzati, struttura semplice. Se conoscete i vostri ascoltatori, selezionate un tipo di storia che li possa ammaliare o interessare, o modificatene una che si adatti al vostro obiettivo e alla vostra audience. Attenzione a citare le fonti originarie della storia, o l'autore, quando necessario.

Come preparare la propria Storia Gli Storytellers imparano le loro storie in modi molto differenti: alcuni ci riflettono sopra, altri la scrivono, altri la schematizzano e, infine, altri ancora cominciano direttamente dal raccontarla. Qualsiasi sia il modo migliore per voi, dovete assimilarla e farla vostra fino a diventare "naturale" per voi il raccontarla. Alcune parti della storia potete memorizzarle "parola per parola" (ad esempio incipit e fine quando sono particolarmente belli ed espressivi, oppure dialoghi importanti, espressioni particolarmente colorite, rime o frasi che si ripetono), ma non provate a memorizzarla tutta in questo modo: perdendo in efficacia interpretativa, difficilmente verrete ascoltati dalla vostra audience. Al contrario, immaginatela: visualizzate nel modo pi chiaro possibile nella vostra mente tutte le scene. Sono queste scene, infatti, che vi aiuteranno, in seguito, a ricreare la storia mentre la raccontate, sia che le richiamate alla vostra mente in modo conscio o no. Il passo successivo esercitarvi con uno "specchio". Questo pu essere uno specchio vero e proprio, o un registratore audio o video, o un amico....qualsiasi cosa possa aiutarvi a capire come state andando... Innanzitutto esercitatevi a ricordare la trama: la vostra versione della storia non deve necessariamente contenere tutti gli elementi di quella originaria, ma deve necessariamente avere senso, ovvero trasmettere quello che basta perch la storia abbia senso. Una volta che la trama chiara nella vostra mente, cominciate a concentrarvi su come raccontarla. Usate le ripetizioni prestando particolar attenzione alle rime o alle frasi che si ripetono. Queste, infatti, non aiutano solo voi che raccontate, ma anche chi ascolta, perch le ripetizioni aiutano a restare "connessi" alla storia, diventando mano mano "familiari", punti di riferimento. Accanto alle ripetizioni, usate la variet: variate timbro, tonalit, volume della voce, velocit, ritmo, articolazione (regolare o brusca). Usate i silenzi. ricordate che la variet carpisce e trattiene l'attenzione di chi ascolta. Usate i gesti, ma solo quelli adatti a supportare la storia. Usateli per mimare un'azione o per enfatizzarla. i gesti devono essere ampi! Perch solo cos gli occhi degli ascoltatori resteranno "incollati" a voi... Nella vostra storia, prestate particolare attenzione all'inizio e alla fine. Potete esercitarvi ad introdurre una storia e queste introduzione pu raccontare qualcosa di voi o della storia...ma state attenti a non raccontare tutta la trama! La fine deve essere chiara, cosicch si capisca che la storia terminata con il vostro raccontarla. Potete rendere la fine rallentando e aggiungendo enfasi: ad esempio molte storie terminano con frasi come "per sempre felici", "e questa la fine", "e non lo videro mai pi"... Fate particolare attenzione a come "rappresentate" i vostri personaggi: personaggi forti danno vita alla storia, quindi voi dovete dare a loro vita, usando il viso, la voce, i gesti, il corpo. Cercate di rendere i vostri personaggi differenti gli uni dagli altri quel tanto che basta per essere riconoscibili in modo immediato. Quando rappresentate due personaggi che dialogano, usate un trucco che si chiama "cross-focus": per rappresentare l'alternanza di ciascun personaggio assumete di volta in volta una posizione di profilo. Racconterete la vostra storia nel modo pi efficace se preparate non solo la storia ma voi stessi: la voce e il corpo sono i vostri strumenti e aiuta spere come utilizzarli al meglio. Per emettere e sostenere la voce dovete usare il respiro, dovete respirare

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profondamente e regolarmente. Per verificare, poggiate la vostra mano sul vostro stomaco: mentre inalate aria e i vostri polmoni si espandono, dovreste sentire il vostro stomaco spingere in fuori. Molte persone fanno esattamente l'opposto, ovvero trattengono lo stomaco e respirano solo con la parte superiore del petto. Inoltre, assicuratevi di tenere sempre la schiena dritta in modo tale che i polmoni possano espandersi del tutto. Non sforzate la voce e non usatela in modo innaturale (eccetto se questa dovesse essere una caratteristica di un personaggio). Per evitare sforzi, rilassate la gola e i muscoli della mascella e tutto il resto del corpo. Un ampio e sonoro respiro vi aiuter. Potete provare lo "sbadiglio del leone": aprite la bocca pi che potete e fate sporgere in fuori la lingua, senza per forzare. Pronunciate ogni suono di ogni parola distintamente. Gli scioglilingua sono utili per rendere la lingua pi agile.

Come raccontare la propria Storia Non pensiate n pretendiate di essere perfetti la prima volta che racconterete la vostra storia. Non verosimile! Ma se amate la vostra storia e la avete preparata bene, sarete gradevoli per i vostri ascoltatori e soddisfatti di voi stessi. ricordatevi che ogni volta che la racconterete, voi e la vostra storia migliorerete. Se vi possibile raccontatela prima ai vostri amici, cominciando possibilmente da gruppi ristretti. Man mano che acquisite confidenza ampliate il numero di ascoltatori, includendo anche persone che non conoscete bene. Molto presto non desidererete altro che raccontare la vostra storia davanti ad un ampia sala gremita di ascoltatori a voi sconosciuti! Gli Storytellers hanno stili molto diversificati. Se qualche suggerimento fornito non ti convince, ignoralo, non temere di provare qualcosa di diverso se senti che possa funzionare meglio per te. Per quanto riguarda il "setting", lo spazio che pi si addice ad una " storytelling session" deve essere confortevole, intimo al punto giusto, lontano da possibili elementi di disturbo o distrazione. Controllate il posto prima della vostra performance, in modo tale che possiate risolvere in anticipo e al meglio eventuali problemi. Dovete trovarvi a vostro agio in quello spazio. Soprattutto ricordatevi di isolarvi per un p prima della performance, in modo tale da poter avere tempo per riscaldare voce e corpo e concentrarvi. Date agli ascoltatori tutto il meglio di voi, tutta la vostra energia. Fate sentire la vostra voce chiaramente, fino all'ultima fila. Fate suonare le vostre parole. Evitate versi di esitazione tipo "um". Da seduti o in piedi, affrontate apertamente la vostra audience, tenendo sempre la schiena dritta. Restate calmi, non tenete le mani in tasca, non ondeggiate con il corpo spostandovi prima su una gamba e poi sull'altra. La magia dello Storytelling sta, almeno in parte, nel fatto di essere personale, quindi, create un contatto personale con i vostri ascoltatori. Parlate a loro e per loro, non interloquite, non abbiate paura a parlare con loro. Guardateli negli occhi. Se sono troppi o non riuscite a vederli tutti, guardate almeno coloro che vi sono seduti di fronte. Se alcuni di loro non vi prestano attenzione, rivolgetevi a coloro che invece lo fanno. Mentre raccontate la vostra storia, usate tutto il tempo che avete, prendetevi tempo e datelo ai vostri ascoltatori: tempo per "visualizzare" la storia, tempo per ridere, per emozionarsi, per riflettere, tempo per esitare sulla loro poltrona in attesa di ci che deve accadere. E' molto facile cadere nella tentazione di accelerare, pi difficile rallentare. Se state perdendo la loro attenzione, dovete rallentare! Finito il racconto, date loro il tempo di applaudirvi. Raccontare storie un evento interattivo: mentre gli ascoltatori rispondono alla vostra storia, lasciate che la storia risponda loro. Rendete voce e gesti "pi ampi" e "meno ampi". Allungate o abbreviate parti della storia. Fate attenzione a ci che funziona e a ci che non funziona, cosicch la prossima volta possiate modificare, aggiungere o sottrarre.

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Ma pi di tutto, credete in voi stessi, nella vostra audience, nella vostra storia. Ricordatevi che chiunque venga ad ascoltare uno storyteller, gi dalla sua parte. Il solo fatto di essere uno storyteller magico, anche prima di pronunciare una sola parola.

Suggerimenti finali Infine, alcune indicazioni per andare avanti nello storytelling. Andate a vedere ed ascoltare il maggior numero di bravi storytellers. Ne afferrerete le tecniche performative, nuove storie e la magia dello storytelling. I festivals sullo storytelling sono eventi meravigliosi che potete soprattutto trovare in Nord America e nel Regno Unito. Leggete le raccolte di leggende popolari, perch non solo troverete tante storie da raccontare ma anche perch svilupperete una sensibilit particolare per ci che una leggenda popolare e che la rende tale. Vi sar di aiuto se vorrete modificare una storia o crearne una nuova. Seguite un corso. Molte universit e organizzazioni li sponsorizzano, un modo piuttosto sicuro di entrare nel mondo dello storytelling, beneficiando di supporto e commenti. Unitevi, laddove possibile, a un gruppo locale di storytelling: in molte comunit ci sono gruppi che si incontrano per provare le storie e organizzare performances. Ma pi di ogni altra cosa raccontate, raccontate, raccontate quanto pi spesso potete. il modo migliore per imparare a "raccontare storie"! Bibliografia Parkin, M., Racconti per la formazione. 50 storie per facilitare l'apprendimento (titolo originale: Tales for trainers: using stories and metaphors to facilitate Learing), Etas, 2005 Parkin, M., Racconti per il coaching. 50 storie per allenare individui e piccoli gruppi (titolo originale: Tales for coaching. Using stories and metaphors with individuals and small groups), Etas, 2005 Shepard, A., Tell a Story! A Guide to Storytelling, Simple Productions, Arcata, California, 1990

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5. LEZIONI DI SCRITTURA

vedi anche Vol. II Approfondimenti


8. Sul Monologo di E. Erba 9. Racconto di S. Benni

5.1 Mappa

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

AC Tecniche di Laboratorio

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling

5. Lezioni di scrittura

AC Come diventare uno storyteller

Contenuti: 5.4 Come fatta una storia, 5.5 Intervistare con le storie, 5.6 La scrittura creativa, 5.7 Scrittura drammaturgica e scenica, 5.8 ll proprio universo drammaturgico, 5.9 Dal racconto al monologo, 5.10 L'incipit, 5.11 La descrizione, 5.12 Il dialogo, 5.13 Lo stile.

AC Il Linguaggio e l'Autore teatrale

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7 ore
5.2 OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Linsegnante che si prepara a formare un gruppo di discenti alla scrittura teatrale deve possedere padronanza sulle tecniche e gli strumenti che offrono la possibilit di approcciarsi con la stesura di un testo, deve saper verificare le fasi e gli elementi che lo costituiscono. Il ricco apparato di esercizi aiuter a cimentarsi fin dallinizio con la creativit letteraria. Seguendo un percorso graduale, dunque, lobiettivo quello di far apprendere le tecniche di base della scrittura utili a condurre un programma di lavoro con gruppi di persone che vogliono avvicinarsi alla scrittura creativa e imparare a scrivere storie teatrali.

5.3 INTRODUZIONE Scrivere senza ombra di dubbio un atto creativo, luomo, sin dallantichit, ha sempre inventato e creato storie da raccontare anche prima che nascesse la scrittura. Secondo gli antichi, essa era addirittura un dono degli dei. I geroglifici, per esempio, erano ritenuti possedere una vita propria e un grande potere devocazione, lesoterismo musulmano identifica i segni dellalfabeto col corpo di Dio, in India le lettere dellalfabeto simbolizzano le parti del corpo di Sarasvati, Shakti di Brahma, divinit che presiede anche alla parola (lipidevi); lo scrivere era considerato una vera e propria operazione magica, che ripeteva il gesto iniziale del Demiurgo. Il nome pi potente di Dio gli ebrei lo rappresentano con quattro lettere (JHVH). Lalfabeto ebraico costituisce la base dellAlbero sefirotico. Ogni lettera dellalfabeto rappresenta un numero che traccia rapporti sottili con lintero creato. Le lettere-numeri, sacri presso i popoli dellantichit, costituirono, come scrive Ale xandrian nella sua "Storia della filosofia occulta": "una vasta corrente teorica nella quale, inizialmente, si fusero quattro fonti distinte: la filosofia greca, la Gnosi, la mistica ebraica, e in particolare la cabala con la sua concezione delle Sefirot, i dieci numeri considerati emanazioni dellEn-Sof (il Dio nascosto) e, infine, il cristianesimo". Per comprendere la definizione che vede la scrittura come atto creativo occorrerebbe anche andare ad analizzare laspetto psicologico dellatto dello scrivere: attraverso la scrittura luomo non esprime soltanto i propri pensieri ma proietta sulla carta i propri elementi psichici non coscienti, i segni diventano simboli in grado di presentare al lettore il proprio mondo interiore. La scrittura, dunque, la manifestazione visibile della parola che rappresenta il simbolo pi puro della manifestazione dellessere.

Ania Teillard (Psicoterapeuta e grafologa tedesca), al proposito scrive: Nel momento stesso in cui scriviamo, ci situiamo nello spazio, il foglio di carta rappresenta luniverso nel quale ci muoviamo e ogni movimento scrittorio simbolo del nostro comportamento in questo mondo. Scrivere per di pi pu significare soddisfare quei desideri di risposta alle domande sullesistenza, il chi, il cosa, il dove, il quando, il perch e spesso, attraverso la scrittura, tali desideri vengono soddisfatti. Tutto ci che la scrittura richiede e avere confidenza con le parole per renderle in grado di farle interagire con la fantasia. Come lattore utilizza i gesti e la recitazione per esprimersi, come il pittore utilizza i colori per mostrare qualcosa, cos lo scrittore deve saper utilizzare le parole per raccontare. Tutto avviene solo grazie a questi piccoli simboli che chiamiamo lettere, che sono contenute nelle parole, che si moltiplicano per formare frasi e paragrafi. E per qualche processo magico queste parole interagiscono con limmaginazione dei lettori in modo che i lettori stessi siano catturati nella realt della s toria come Alice che attraversa lo specchio e una volta catturati possano vivere e sentire e appassionarsi a questa realt alternativa come fanno per le vicissitudini delle loro vite reali. Per noi umani questo processo importantissimo. come se avessimo un bisogno primario di storie, inventate o no, paragonabile al bisogno di cibo, di protezione, di compagnia . (Ghotam Writers Workshop, Lezioni di scrittura creativa. Un manuale di tecniche ed esercizi della pi grande scuola di formazione americana, Roma, Dino Audino Editore, 2006, 6).

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Lapproccio alla scrittura, in conclusione, personale e unico, alla base vi sempre un percorso che attinge ai sentimenti, alle emozioni, a determinate dinamiche mentali, un percorso che segue anche la crescita e la maturazione di ciascuno legato ai gusti personali, attitudini ed aspirazioni. Ma la scelta di come esprimersi attraverso la scrittura non pu essere casuale, allo scrittore occorre possedere organizzazione e come per qualunque altra disciplina artistica, anche per la scrittura, esistono metodi, tecniche che permettono di verificare e potenziare le proprie capacit.

5.4 COM FATTA UNA STORIA La storia un episodio costruito che narra di un mondo (il mondo narrativo) in cui essa si svolge, storia e mondo nascono e crescono in un rapporto di stretta interdipendenza ed proprio questo il fine di una storia: permettere di esplorare e di far conoscere mondi e allo stesso tempo sono i mondi che danno originalit e concretezza alle storie. Non c storia senza un mondo e non c mondo senza una storia . Naturalmente, la storia quasi sempre costruita e presentata per stimolare una reazione da parte di che legge. La storia pu essere ispirata ad un episodio realmente accaduto o simulare un racconto di fantascienza, ispirarsi a un racconto fantastico che parla di mondi magici abitati da elfi e fate, alla base vi sempre unidea (per chi si accinge a scrivere la storia una buona idea!) fatta di personaggi, situazioni, scene e ambientazioni. Lidea, dunque, pu essere ispirata da qualsiasi cosa: un nome, un luogo, da qualcosa sentita per caso, anche da un sentimento o da unemozione. Victor Hugo, passeggiando in un angolo oscuro della cattedrale di Notre Dame, not incisa sulla pietra una parola greca indicante il fato e immaginandosi che unanima tormentata avesse inciso quella parola diede vita allopera Il Gobbo di Notre Dame (Cfr. Ghotam Writers Workshop, 10). Le idee inoltre possono essere ispirate soprattutto dalla propria vita, non solo leccentrico e lesotismo ma anche la nor malit pu essere un buonissimo spunto, tutto ci che accade nella vita di una persona pu trasformarsi in unottima storia senza per cadere nellerrore di scrivere solo di se stessi, di esse re egocentrici. Occorre, dunque, ispirarsi ad un fatto personale ma dare lopportunit al lettore di provare piacere e godere della storia rispecchiandosi in essa. Allo stesso modo deve accadere se la storia ispirata ad un fatto che non ci appartiene, estraneo alla propria vita, naturalmente deve essere sempre qualcosa che ci interessa e che ci appassiona (Cfr. Ghotam Writers Workshop, 11-12). Jess How, insegnante del GWW, si era in qualche modo appassionato al concetto di ecolocazione, la tecnica ad ultrasuoni usata dai pipistrelli per orientarsi. Bench non conoscesse molto sulla ecolocazione, gli piaceva lidea e inizi ad immaginare una donna che credeva di avere questo potere, che usava per seguire lo spirito di sua madre scomparsa. Seguendo questa idea bizzarra, Jess ha scritto il noto racconto Il segreto dei pipistrelli (Ghotam Writers Workshop, 12). Ecco, dunque, come fatta una storia: lo scrittore prende un frammento di realt o qualcosa immaginata dalla sua fantasia, esamina il tutto in diversi modi finch non riesce a dargli un senso. ( vol. II - E5.1 - Com' fatta una storia) 5.5 INTERVISTARE CON LE STORIE Unaltra tecnica in grado di far nascere una storia quella dellintervista con le storie, vale a dire, un intervistatore decide di intervistare una o pi persone raccontando loro delle storie che devono, in qualche modo, suscitare reazioni, giudizi, immedesimandosi con i personaggi, condividere o meno scelte e comportamenti e, in fine, scoprire da loro come si sarebbero comportati in determinate situazioni, che tipo di scelte avrebbero fatto e, in molti casi, come avrebbero fatto concludere la storia. Tale tecnica, un modo efficace per far emergere le scelte di valore delle persone o meglio quelle
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(Cfr. PINARDI D. DE ANGELIS P., Il mondo narrativo. Come costruire e come presentare l'ambiente e i personaggi di una storia , Torino, Lindau, 2008, 3-8)

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convinzioni intorno ai giusti ruoli e comportamenti. Una vera e propria conversazione, dunque, a cui allintervistato verrann o raccontate delle storie, meglio se tratte da episodi realmente accaduti e perci sollevanti problemi sociali, per conoscere alla fine le opinioni degli intervistati. Molti possono essere gli esempi di storia da sottoporre agli intervistati, tutti devono contenere narrazioni in cui possibile dare le condizioni, a chi ascolta, di assumere una posizione e di fare delle scelte. Oltre a questa nuova tecnica, che d la possibilit di scrivere delle storie analizzando il punto di vista della gente, vi unaltra tecnica di intervista utile a chi ha il desiderio di scrivere la storia di avvenimenti accaduti o parlare di personaggi esistente o esistiti. Durante lintervista il ricercatore deve ottenere informazioni quanto pi dettagliate e approfondite possibili. Lobiettivo di accedere alla prospettiva del soggetto intervistato cogliendole sue categorie concettuali, le sue interpretazioni della realt e i motivi delle sue azioni, le domande che lintervistatore pone sono finalizzate a spingere lintervistato verso losservazione critica di s e del proprio agire e a esplicitare gli esiti di questa riflessione. ( vol. II - E5.2 - Intervistare con le storie) 5.6 LA SCRITTURA CREATIVA Scrivere ci permette di scoprire noi stessi, la nostra percezione del mondo e la percezione che il mondo ha di noi. Cos esordisce Robin Dynes nel suo libro Scrittura creativa in gruppo, suggerendo la possibilit che la scrittura possa aiu tarci a ripensare a chi siamo e alla nostra storia; scrivere ci chiede una pausa, per guardare da una diversa angolatura unesperienza passata, per entrare in contatto con la nostra realt interiore, per trovare noi stessi, per riconoscere e risolvere conflitti personali. Cos pensata la scrittura pu essere gioco, incanto, conoscenza, per divenire ricerca, comprensione e cura di s. Le attivit di scrittura creativa, oltre ad avere scopi di svago e puro divertimento, possono aiutare le persone a stimolare limmaginazione creativa e lespressione personale, a sviluppare capacit di problem solving e accrescere quindi fiducia in se stessi, esplorare sentimenti ed emozioni, rompere lisolamento sociale, avere consapevolezza di se stessi e degli altri. chiaro che, come per ogni nuova attivit che richiede un minimo di sforzo, si possono creare paure ed inibizioni, soprattutto quando ci si approccia alla scrittura. per tali motivi che, chi si prepara a formare gruppi di scrittura creativa, deve tener presente alcune regole fondamentali nella conduzione: Preparare un ambiente rilassante e appropriato (libri e riviste in vista, carta e penne in abbondanza, schede di biblioteca consultabili, tavoli sufficienti per scrivere comodamente senza che il vicino riesca a leggere) Domandare ai partecipanti cosa pensano e cosa sperano di ottenere Cominciare con esercizi semplici Discutere insieme prima di iniziare a scrivere per stimolare limmaginazione Allontanare atteggiamenti e pensieri negativi (Cfr. Dines R., Scrittura creativa in gruppo, Trento, Erickson, 2003, 10-14)

Gli esercizi da proporre possono essere suddivisi in tre categorie: Esercizi facili (quelli con cui iniziare). Esercizi in cui usare il proprio punto di vista e la personale esperienza. Esercizi medi. Scrivere secondo il punto di vista di altre persone. Esercizi difficili. Scrivere creando pensieri e dialoghi per personaggi differenti da se stessi.

Dines suddivide nel suo manuale 4 sessioni: 1. Temi generali; 2. Stimolare limmaginazione; 3. Esplorare le relazioni umane; 4. Sviluppare la consapevolezza. Per ogni sessione di esercizi proposti da Dines i primi cinque risultano essere i pi semplici. Di seguito vengono trascritti alcuni esempi. ( vol. II - E5.3 - La scrittura creativa)

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5.6.1 Ghotam Writers Workshop La Ghotam Writers Workshop la pi importante scuola americana di scrittura creativa, dalle idee dei suoi esponenti principali emerge, indubbiamente, un dato di fatto rilevante: un numero impressionante di persone desidera creare storie, occorre, per, dare la possibilit a queste persone di acquisire gli strumenti in grado di farli esprimere attraverso la scrittura. Secondo la scuola americana lacquisizione degli strumenti realizzabile soltanto con la pratica. Oltre il talento e le abilit , una buona acquisizione delle tecniche e la loro pratica quasi sempre indispensabile per realizzare una storia veramente buona. Il filo conduttore seguito dalla scuola americana parte con il descrivere e dare le linee guida sul come si crea un personaggio. I personaggi sono la forza propulsiva di un racconto, lautore deve conoscerli intimamente e conoscere i loro desideri, questi ultimi sono la forza che muove la narrativa di un racconto ma, prima di dare vita ai personaggi di una storia bisogna avere ben chiara la storia stessa e, dunque, concentrarsi sulla trama. Una volta fatto questo, la scuola americana, passa in rassegna la variet di tecniche per delineare dialoghi, descrizioni, spazio e tempi ecc. Sulla base del metodo descritto, di seguito troverete trascritti diversi esercizi proposti da questa scuola. ( vol. II - E5.3.1 - Ghotam Writers Workshop) 5.7 SCRITTURA DRAMMATURGICA E SCRITTURA SCENICA

Scrivere una possibilit e unenorme risorsa per chiunque voglia sperimentarsi, scoprirsi, sorprendersi delle proprie emozioni. Scrivere per il teatro comporta una responsabilit in pi, perch le parole, i pensieri, non sono destinati solo alla carta, ma gi devono prevedere linterpretazione delle proprie parole, lascolto da parte di un pubblico dei propri pensieri. La scrittura da leggere, meditare, su cui riflettere con calma completamente diversa dalla scrittura scenica che immediatamente deve far arrivare i propri messaggi tramite lazione, il suono, le immagini che evoca. Il teatro non il cinema: non dispone di mezzi visivi che ci permettono facilmente di capire luoghi, epoche, situazioni. Tutto sta alla parola. Per questo, la parola teatrale ha unenorme responsabilit (Barbara Sinicco).

La scrittura scenica una modalit di scrittura collettiva che nasce allimprovvisazione tra gli attori e il drammaturgo. La scrittura scenica presuppone di lavorare a fasi seguendo diversi percorsi. Gli strumenti sono gli stessi che per la scrittura a tavolino o di una modalit drammaturgica classica ma vengono usati assieme allattore, rendendolo autore delle proprie azioni e parole. Un drammaturgo non solo autore del testo ma fa nascere il copione in scena. Secondo uno studio di Oliviero Ponte di Pino sull'analisi di Lorenzo Mango, la nozione di scrittura scenica (la cui paternit da attribuire a un brechtiano come Roger Planchon) ha due accezioni, o meglio pu essere inserita in due contesti diversi. La prima pi ampia, e comprende in pratica tutta la storia del teatro del Novecento, quando la scena inizia a rivendicare ed esplorare la propria autonomia artistica, emancipandosi sia rispetto alla matrice letteraria (superando lapproccio che Mango sintetizza nellequazione teatro=parola) sia rispetto alla tutela del grande attore. In questa prospettiva, tanto i grandi teorici dinizio secolo (Gordon Craig, Ap pia) quanto le varie avanguardie (dai futuristi al Bauhaus), tanto i maestri della regia moderna (da Stanislavskij in poi, passando ovviamente per Brecht) quanto drammaturghi come Beckett, praticano tutti la scrittura scenica (contrapposta a una scrittura drammaturgica, sbilanciata sul versante testuale), declinandola a seconda delle diverse poetiche e situazioni storiche. In questottica, praticare la scrittura scenica significa essere consapevoli della specificit dellarte teatrale, senza limitar si alla illustrazione di un testo, ma utilizzando i diversi elementi che concorrono allevento spettacolare (la scena e pi in generale lo spazio, il suono ovvero parola, rumori e musica, il gesto, gli oggetti eccetera) valorizzandone lautonoma forza poetica e significante, e le diverse materialit e linguaggi.

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La seconda accezione invece pi specifica, e rimanda a un momento molto particolare della storia del teatro: gli anni Sessanta e Settanta, quando il concetto di scrittura scenica venne rilanciato in Italia in primo luogo da Giuseppe Bartolucci (e ripreso da Maurizio Grande), in contrapposizione proprio al teatro di regia. In quegli anni una variegata serie di esperienze ha obbligato a ridefinire lo statuto stesso del teatro: difficile sottovalutare limpatto sugli spettatori ma anche sugli studiosi dei lavori di Grotowski e dellOdin, del Living Theatre e del Bread and Puppet, di Peter Brook e di Andrei Serban, ma anche dellavanguardia americana di Wilson, Monk e Foreman, di Schechner e dei Mabou Mines, e in Italia lirruzione di Carmelo Bene e di Leo De Berardinis, e la stagione delle cantine romane e il teatro immagine di Mem Perlini e Giuliano Vasilic, fino alle provocazioni della nascente post-avanguardia di Carrozzone, Gaia Scienza e Falso Movimento... Questa pratica teatrale si contrapposta alla tradizione della regia, con modalit articolate e differenziate ma con molti elementi comuni. Si ricollegava consapevolmente allesperienza delle avanguardie (gli happening e le performance degli anni Sessanta, e risalendo allindietro dada, surrealismo e futurismo), dopo essersi emancipata dalla dipendenza da un testo preesistente fino a rifiutarlo provocatoriamente (salvo in alcuni casi smembrarlo e decostruirlo). Ha impostato una riflessione analitica sulle ragioni, sugli elementi e sulle modalit del fare teatro sullo specifico del teatro. Ha superato le distinzioni tra i generi e le arti e al tempo stesso ha cercato ogni occasione per contaminare arte e realt. Beppe Bartolucci teorizz il concetto di scrittura scenica in un volume, intitolato appunto "La scrittura scenica" (Lerici, Roma, 1968), e lo utilizz come testata per la rivista che diresse tra il 1971 e il 1983. Anche se poi, a quella stagione di programmatica sovversione, seguito sia negli Usa sia in Italia quello che a molti apparso un ritorno allordine, ovvero a forme spettacolari in apparenza pi ancorate alla tradizione e a codici pi consolidati, ristabilendo le abituali divisioni dei ruoli, a cominciare da quello del regista, e si recuperano il testo, il personaggio e i ruoli. (cfr ateatro 62.38, Il teatro tra rivoluzione e restaurazione - La scrittura scenica nell'analisi di Lorenzo Mango - di Oliviero Ponte di Pino). ( vol. II - E5.4 - scrittura drammaturgica e scrittura scenica) 5.8 IL PROPRIO UNIVERSO DRAMMATURGICO Secondo Franco Silvestri, responsabile di corsi di Drammaturgia alla Scuola Holden di Torino, ognuno di noi ha il proprio Universo drammaturgico, costituito da pianeti, costellazioni e ogni pianeta ha i suoi laghi, fiumi, monti, citt abitate da personaggi. In una citt pu vivere Batman, nellaltra la Morte del Settimo Sigillo, entrambi ci appartengono. Questi univers i drammaturgici che pochissimi di noi conoscono, ci permettono inconsciamente di apprezzare o meno il lavoro altrui. Un esempio: se un film piace a me e non al mio amico, significa che quella storia, quella situazione ha toccato corde che appartengono a me e non a lui. Allora sempre bene conoscere il proprio Universo drammaturgico, soprattutto quando si affronta la scrittura di un testo. importante per essere onesti con se stessi, per non mortificare la propria volont a scrivere facendolo di cose che ci interessano poco. Per onorare sempre il desiderio di scrittura. Per questo qualsiasi autore deve tentare di rintracciare le proprie corde per poterne scrivere. Sono proprio queste corde che caratterizzano un autore dallaltro. Non significa di certo diventare monotematici, stare sempre sugli stessi argomenti. Se sei tu lautore, significa aver chiare le tue chiavi di volta. Se sei il destinatario, dovresti essere in grado di rintracciare la cifra stilistica e immaginifica dellautore. Importantissimo, quindi, leggere molto teatro (perch in questo caso parliamo di scrittura drammaturgica), entrare nel vivo della lingua dei nostri autori di riferimento, spaziare in generi diversi, dai classici a quelli dalla sperimentazione pi estrema. Sono i temi, i luoghi, gli argomenti, lo stile a diversificare un immaginario dallaltro. Leggendo molto impareremo a riconos cere lUniverso drammaturgico di grandi autori e arricchiremo il nostro. Avremo pi dimestichezza con luso teatrale della parola, con lo stretto legame tra il suono e il gesto. ( vol. II - E5.5 - Il proprio universo drammaturgico)

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5.9 DAL RACCONTO AL MONOLOGO ( vol. II - E5.6.4 - Dal racconto al Monologo) 5.9.1 Il Racconto Il racconto una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico di minore estensione rispetto al romanzo. Chi si esprime nella dimensione del racconto normalmente ne compone una serie, e il suo mondo interiore si estrinseca in una costellazione di racconti: ciascun testo, per quanto in s concluso (a differenza dei capitoli di un romanzo portatore di una storia completa), va visto in collegamento unitario con gli altri appartenenti alla stessa raccolta. Se riferito ad una specifica persona, il racconto - di formato pi o meno esteso - diventa biografico. Se il racconto scritto in riferimento a s stessi, si davanti ad un racconto autobiografico. ( vol. II - E5.6.1 - Il racconto) 5.9.2 Il Racconto Comico Scritto da Davide Giansoldati luned, 30 marzo 2009 00:054 commenti.

Il manager era mostruosamente in ritardo. Indossava il suo perfetto completo Zegna e ogni due secondi, guardava il Rolex doro imprecando. Finalmente il treno arriv in stazione. Il manager si chin, prese il suo porcellino rosa e sal in prima classe .

Il racconto comico nasce da una situazione buffa: prevede un salto dal mondo reale, che tutti conosciamo, al mondo comico, dove c un cambio, un vero e proprio salto nellassurdo o nellopposto. Tutti noi possiamo inventare situazioni comiche: basta pensare alla nostra vita di tutti i giorni, alle nostre esperienze e immaginare che allimprovviso qualcosa cambi direzione.

Pensiamo ad esempio a: uno iettatore che allimprovviso porta fortuna; un mafioso che ha paura di sparare; una ninfomane che non sa cosa sia il sesso; un bambino che gestisce unazienda; un miliardario che si sveglia povero; un dio greco senza poteri; il sole che non sopporta il caldo.

Tutti questi sono spunti per delle trame di possibili racconti comici. Scrivere un racconto comico, per, prima di tutto una questione di coraggio di osare. Lasciamo un attimo da parte carta e penna e proviamo a pensare a quante volte abbiamo rinunciato a fare una battuta comica tra amici per paura di sembrare ridicoli o di non essere capiti.

Paura: questa il nemico numero uno della comicit e la Paura si fa aiutare dal nostro giudizio ipercritico. Paura e giudizio sono in agguato anche nella scrittura e non ci permettono di dare libero sfogo alla nostra creativit. ( vol. II - E5.6.2 - Il racconto comico)

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5.9.3 Il Monologo Il monologo, dal greco monolgos (composto di , mnos, "solo", "unico", e , lgos, "discorso"), una composizione scenica, o parte di una composizione scenica, teatrale o di altro tipo, pensata per essere recitata da un solo attore, che da solo in scena nel momento in cui parla. Il celebre Essere o non essere nell'Amleto di William Shakespeare un monologo. Lunghi monologhi possono costituire composizioni sceniche complete, che prevedono diversi gradi di partecipazione del pubblico, come Novecento di Alessandro Baricco, o il Mistero Buffo di Dario Fo. Talvolta un monologo pu essere un prologo o un epilogo, quando l'attore si ritrova da solo a recitare, all'apertura o alla conclusione della messa in scena, con intento esplicativo. In alcuni casi la funzione introduttiva o conclusiva di tali monologhi esplicitata, come nel caso in cui l'attore impersona direttamente un personaggio che ha funzione narrativa, chiamato direttamente Prologo, come nelle commedie di Pietro Aretino. In altri casi la funzione implicita alla scena, ad esempio quando, nel Riccardo III, egli stesso un personaggio della storia, che introduce lo spettatore nelle vicende, con esplicazione degli antecedenti e dichiarazione degli intenti futuri. In altri casi un testo recitato da un solo attore ha diverse valenze, come nel caso del soliloquio finale di Puck nel Sogno di una notte di mezza estate, che chiama in causa sia il suo personaggio di folletto, sia la figura dell'attore, che d corpo all'ombra del personaggio, sia la visione del teatro come sogno. Il monologo rientra nella categoria delle convenzioni teatrali, ossia dei "trucchi" realizzati dal drammaturgo per rendere partecipe lo spettatore di un evento che non ha visto rappresentato (ad esempio un episodio avvenuto nel passato di uno dei personaggi o il resoconto di una morte avvenuta fuori scena) o ancora per esplicitare i pensieri interiori di un personaggio (riflessioni su un avvenimento): in molti casi, quindi, ha funzione didascalico-narrativa o illustrativa di episodi extradiegetici.

Ci che lo rende un artificio scenico dunque il carattere di estraneit alle convenzioni dialogiche della realt sensibile, dove difficilmente si potrebbe esporre un argomento interiore a voce alta, se fossimo sicuri di non essere ascoltati. Proprio per il suo carattere di innaturalit, il monologo venne quasi totalmente soppresso nei testi esemplificativi del teatro borghese, che tendeva a restituire in scena la dimensione della realt sensibile: echov lo reintrodusse, forzando i caratteri propri del naturalismo borghese, per sottolineare il tumulto interiore dei suoi personaggi. Sempre l'innaturalit dello stesso lo porta spesso ad essere definito soliloquio, ossia il pensare ad alta voce rivolgendosi ad un pubblico immaginario: il monologo ha invece una funzione di reale agente della vicenda narrata quando un altro partecipante alla scena, nascosto da colui che lo sta agendo, lo ascolta. In questo caso, il monologo perde la caratteristica dell'attore solo in scena ma ha la funzione drammatica ben precisa di fungere da veicolo di informazione per gli altri personaggi del dramma. Il monologo consente di utilizzare il flusso di coscienza e il 'flash back' cio l'apertura di una finestra sul passato.

"Se lo raccontassi al primo che capita, ma cos, come se fosse accaduto ad un altro?... Sono gi del tutto pazzo... Che vado facendo cos in giro? Che ci faccio per strada? - Gi, ma dove dovrei andare? Non volevo andare da Leidinger? Ah! ah! sedermi tra la gente... credo che chiunque me lo leggerebbe in faccia... S, ma qualcosa dovr pur accadere... Che dovrebbe accadere?... Nulla, nulla -nessuno ha udito nulla... nessuno sa nulla... Per il momento nessuno sa nulla... Se andassi ora a casa sua e lo scongiurassi di non raccontarlo a nessuno?... - Ah, meglio bruciarsi subito le cervella che compiere un atto simile!". (Arthur Schnitzler: 'Il sottotenente Gustl', Bur, Milano, 1989).

E c' anche chi racconta in seconda persona ( vol. II - E5.6.3 - Il Monologo)

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5.10 L'INCIPIT cfr. Roberto Cotroneo, Manuale di scrittura creativa - Castelvecchi Editore 2008

Tutte le storie iniziano con C'era una volta. Ma soprattutto le fiabe iniziano con C'era una volta. E' l'inizio classico. Lineare. L'inizio per i bambini che non devono perdersi nel testo e nel racconto. Nell'ultimo secolo letterario, questo tipo di incipit non sono pi accettabili perch il lettore diventato pi consapevole e non chiede la storia nel modo lineare, ma chiede di essere avvolto nel testo. L'incipit non un riassunto in poche righe di quello che scriverete in tutto il testo. Ovvero, non iniziate con una frase del genere:

Marco aveva appena compiuto 18 anni. E nulla avrebbe fatto pensare che la sua vita lo avrebbe portato ai mille successi che aveva sempre sognato. In pochi anni sarebbe diventato il pi celebrato scrittore vivente.

In questo incipit c' troppo. Per fare un paragone fotografico: per l'incipit non si utilizza il grandangolo, ma si utilizza sempre il teleobiettivo. Riscriveremo lo stesso incipit in uno stile pi letterario:

Diciotto anni non sono nulla, si era detto Marco. Mentre sfogliava ancora quei trenta fogli scritti a mano soltanto in due notti. Li guard ancora. Pens a suo padre, che lo voleva ingegnere. Pens a quel romanzo. E per la prima volta sogn di poter leggere un libro stampato. Che portava il suo nome.

Qui non si rivela subito cosa accadr. Si crea un'attesa. L'incipit seduttivo. Chiaramente dipende tutto da come deciderete di utilizzare il tempo nel racconto. Ovvero, se la storia raccontata da qualcuno che la conosce gi per intero (oggi racconto quello che mi accaduto ieri), oppure se la storia raccontata oggi e il tempo proceder con il procedere della storia.

Esempio: Non avrei mai creduto che Sofia mi avrebbe mai lasciato in quel modo. Pensavo che una storia d'amore nata in una giornata di sole non potesse mai morire

Seconda variabile: Sofia sembrava felice di quel sole improvviso. Riapparso proprio per noi due, e per quel primo appuntamento. La vidi che sorrideva. Pensai che ormai ero certo che di appuntamenti cos ne avremmo vissuti tanti.

L'inizio in media res sempre il pi efficace. Quando un film inizia e vedete un uomo pallido e angosciato seduto in metropolitana, pensate immediatamente che prima accaduto qualcosa. Poi magari scoprirete che magari ha commesso un omicidio, o magari se ne appena andato di casa per sempre dicendo che usciva a comprare un pacchetto di sigarette. Non vi stupite che il regista non abbia filmato la scena precedente, vi fate solo una domanda che catalizza completamente la vostra curiosit: cosa accaduto prima? Quando c' poca esperienza, bene usare negli incipit la prima persona. E' pi facile e pi calda.

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Esempio: Terza persona Sofia arriv quasi di corsa. Dalla parte del marciapiede dove c'era un po' d'ombra. Lui pens che gli sarebbe piaciuto incontrarla in una giornata di pioggia

Prima persona La vidi correre verso di me. Protetta dall'ombra del palazzo accanto. L'avevo immaginata sotto la pioggia, per tutto il giorno. E sorrisi a quel pensiero, come fosse un'idea indecente che non potevo permettermi

La prima persona pi naturale, la prima persona il modo in cui avete sempre raccontato le vostre storie, la prima persona vi permette di raccontare anche i pensieri, i vostri, come fossero quelli del vostro personaggio. La prima persona non chiede astuzia e abilit per rendere pi intime e meno impersonali le situazioni. La prima persona come un diario e il diario la prima forma di letteratura che avete mai praticato nella vostra vita. ( vol. II - E5.7 - L'Incipit) 5.11 LA DESCRIZIONE cfr. Roberto Cotroneo, Manuale di scrittura creativa - Castelvecchi Editore 2008

La descrizione il punto vero in cui si riconoscono le capacit dello scrittore. Il cinema ha cambiato radicalmente il modo di descrivere in letteratura: ha reso impossibile il modo di raccontare ottocentesco. La descrizione della macchina da presa, tuttavia, non ha sostituito quella scritta, ma vi si sovrapposta. Nella descrizione cinematografica, il dettaglio si sostituisce alla panoramica. "....Probabilmente ci avrete messo tutto, sbagliando ": la letteratura del Novecento vuole le descrizioni attraverso dei salti visivi, anzich attraverso una completezza assoluta della descrizione.

Esempio Descrizione dettagliata: Lo studio in cui Roberto scriveva non era grande, pensai che non fosse pi di dodici metri quadrati. Il paviment o era chiaro, le pareti erano occupate da librerie. In fondo alla stanza una porta finestra dava su un piccolo balconcino. Quasi al centro della stanza, una scrivania inglese, di rovere, e un lume con la campana verde anni Trenta e due computer: uno portatile e uno da tavolo. Eccetto libri e scrivania, la stanza aveva solo una poltrona rossa. Avresti detto che quella era sicuramente la stanza di uno scrittore.

Questo esempio vi da l'idea precisa di come sia questa stanza, ma non significa nulla di pi di quello che leggete.

Provate adesso a leggere questa: Se non fosse stato per l'ordine, quell'ordine dei libri, avrei detto che quella stanza poteva essere l'esempio perfetto di uno studio di uno scrittore. O meglio: di quello che io credevo dovesse essere lo studio di uno scrittore. E invece mi stupivo a guardare quei libri allineati, quella poltrona vuota, quella luce ordinata che arrivava dalla finestra, con un balcone un po' pi in l che sembrava allungare ancora di pi quella stanza lunga e stretta. Anche i dorsi dei volumi erano molto spesso di colore

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chiaro, libri che davano a quella biblioteca bianca un aspetto, come potrei dire, moderno. Moderno come i computer della scrivania. Pensai che spesso si sarebbe seduto sulla poltrona rossa, guardai i titoli dei libri vicino alla poltrona. Ogni titolo mi suggeriva un percorso, un'idea di poesia che cercavo di far combaciare in qualche modo con lo scrittore che abitava in quella stanza.

Questa descrizione completamente diversa dall'altra.

Se non fosse stato per l'ordine, quell'ordine dei libri, avrei detto che quella stanza poteva essere l'esempio perfetto di uno studio di uno scrittore Inizio con un concetto di ordine che crea un'attesa..

E invece mi stupivo a guardare quei libri allineati, quella poltrona vuota, quella luce ordinata che arrivava dalla finestra, con un balcone un po' pi in l che sembrava allungare ancora di pi quella stanza lunga e stretta Gli elementi descritti contribuiscono a creare una narrazione e hanno un senso, non sono soltanto elementi visivi.

Anche i dorsi dei volumi erano molto spesso di colore chiaro, libri che davano a quella biblioteca bianca un aspetto, come potrei dire, moderno... Qui c' un ingrandimento, come se usassi uno zoom. Ingrandisco il dettaglio dei dorsi dei volumi, senza rinunciare a introdurre un elemento che produce senso: il concetto di modernit, al quale si aggiungono altri elementi:

Moderno come i computer della scrivania. Gli elementi sono funzionali al racconto.

Pensai che spesso si sarebbe seduto sulla poltrona rossa, guardai i titoli dei libri vicino alla poltrona. Un nuovo zoom, sui titoli dei libri. Cerco di capire una personalit attraverso i suoi libri, ma non lo faccio in modo didascalico, scelgo un punto di vista pi preciso, i libri che tiene accanto alla poltrona. Sono libri di poesia:

Ogni titolo mi suggeriva un percorso, un'idea di poesia che cercavo di far combaciare in qualche modo con lo scrittore che abitava in quella stanza

Ecco il punto finale. Titoli e disposizione delle cose suggeriscono un racconto interno. Tutto contribuisce ad arricchire il lettore, a dargli elementi su cui si pu spaziare. E il lettore libero di fare le sue ipotesi sulla personalit dello scrittore, attraverso una descrizione che rimanda di continuo all'idea di narrazione. In ogni descrizione va trovata una chiave, un taglio che possa mettere in gioco tutti gli elementi, che possa restituire il clima del racconto, fondendosi con tutto il resto. Nei testi letterari, dialoghi, descrizioni, eventi devono essere legati insieme da una tinta omogenea e devono completarsi a vicenda. ( vol. II - E5.8 - La descrizione)

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5.12 IL DIALOGO Ci sono molti modi diversi per scrivere un dialogo. Innanzitutto bisogna saper ascoltare i nostri personaggi, ma quando si va a trascrivere quello che ci hanno comunicato, ci accorgiamo che le dita non riescono a stare al passo dei pensieri. A questo punto conviene parlare, usare un piccolo registratore, per permettere al flusso di coscienza di fluire liberamente. Scrive Jeffrey Hatcher, drammaturgo e didatta statunitense:

Per Neddy il protagonista del testo teatrale "Compleat Female Stage Beauty", divenuto poi un film ho spesso dettato al registratore interi discorsi, a volte una scena intera. Ci non significa che io poi non riscrivessi questi dialoghi o scene. Qualche volta la voce aiuta ad immedesimarsi nel personaggio o nella scena in un modo c ompletamente libero da filtri . non posso raccomandare questo metodo a tutti, ma in certi casi utile, soprattutto per i monologhi .

Hatcher continua, nel suo saggio Scrivere per il teatro:

Ogni drammaturgo dovrebbe provare a recitare, anche solamente sedendosi e leggendo il copione. Recitare drammi del passato (Shaw, Shakespeare, Cechov, Williams), drammi contemporanei (Norman, Albee, Mamet), e drammi completamente nuovi che non sono ancora finiti. Si impara molto. Si impara cosa si prova a dover interpretare un discorso troppo scritto o una barzelletta strutturata male. Cosa si prova a leggere un dialogo che non mette in moto azioni. Cosa si prova a dire parole che non sembrano venire dal personaggio che sta parlando. ( vol. II - E5.9 - Il dialogo) 5.13 LO STILE La stilizzazione nel dialogo difficile da definire, ma uno stile vero, originale ed efficace sempre riconoscibile. Lo stile si forma con le letture che facciamo, nello stile esiste l'influenza letteraria. Ma non si pu scegliere uno stile nel dialogo. E' possibile migliorare il proprio, perfezionarlo nell'espressione drammatica o teatrale. Uno scrittore deve evitare di imitarne qualcun altro. Si pu adottare un'idea, si pu acquisire un linguaggio che sia un misto di altri scrittori; ma uno scrittore che imiti pedissequamente lo stile di un altro autore sar un banale ladro. Altrettanto pericoloso: uno scrittore che inizi con uno stile riconoscibile e poi lo trasformi in qualcosa su cui fa eccessivo affidamento. Questo pu accadere anche agli scrittori migliori.

Gli scrittori che hanno saputo creare gli stili migliori tra cui Pinter, Mamet e Shepard - hanno spesso dovuto controllarsi per evitare di diventare troppo indulgenti nei loro drammi. Come definire uno stile? A volte si usano termini che rimandano a un autore: proustiano, joyciano, Sono termini molto generici, come pure altri termini: una scrittura asciutta, o ricercata, con un grande ritmo della frase. Termini che spiegano poco. Bisogna provarsi nei vari stili, per trovare il proprio modo, la propria lingua per raccontare una storia anzich un'altra. ( vol. II - E5.10 - Lo stile)

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5.14 BIBLIOGRAFIA Bickham, Jack M., Come scrivere un racconto, Dino Audino Editore 2008 Cotroneo, R., Manuale di scrittura creativa, Castelvecchi Editore - 2008 GHOTAM WRITERS WORKSHOP, Lezioni di scrittura creativa. Un manuale di tecniche ed esercizi della pi grande scuola di formazione americana, Roma, Dino Audino Editore, 2006 Gooch, S., Scrivere per il teatro, Gremese Editore 2004 Mango, L., La scrittura scenica. Un codice e le sue pratiche nel teatro del Novecento Bulzoni, Roma, 2003 Marradi A., Raccontar storie. Un nuovo metodo per indagare sui valori , Roma, Carocci, 2005 Merli, S., Fare l'attore, Gremese editore 1998 Pinardi D. De Angelis P., Il mondo narrativo. Come costruire e come presentare l'ambiente e i personaggi di una storia , Torino, Lindau, 2008

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5. Lezioni di scrittura

(AC) ARGOMENTO CORRELATO IL LINGUAGGIO E LAUTORE TEATRALE

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Scheda 5.a Le funzioni del linguaggio

Mappa scheda 5.a Le funzioni del Linguaggio

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling


AC
Il Linguaggio e l'Autore teatrale

5. Lezioni di scrittura

Scheda 5.a Le funzioni del linguaggio

Scheda 5. b Le fasi della creazione testuale

Contenuti: Roman Jakobson e le funzioni principali del linguaggio, Il linguaggio teatrale, Funzione di appello, espressiva e poetica.

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2 ore
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Nelluso, che luomo fa del linguaggio, si esplicitano una serie di funzioni. Le funzioni rappresentano le diverse modalit del linguaggio nel suo dispiegarsi e si identificano con i diversi usi. Il linguaggio comanda ed informa, descrive e fa poesia, giudica ed esprime, crea capolavori (Bruner), svolge cio diverse funzioni. Sul piano delle funzioni linguistiche, il linguaggio un sistema di segni per conoscere, conservare e trasmettere informazioni. Attraverso lacquisizione del linguaggio, luomo: 1. prende coscienza della sua capacit creatrice; 2. d un nome alle cose; 3. distingue e classifica gli oggetti della sua esperienza; 4. accede al sapere, lo memorizza e lo tramanda.

Chi si prepara a intraprendere la strada della scrittura teatrale deve sapere quanto sono importanti le parole, viste dallautore stesso come una forza in grado di suscitare emozioni, sentimenti. Le parole di un autore si trasformano in testi orali tramite gli attori che le interpretano. Il linguaggio scritto d vita a quello orale, lautore deve tenere ben presente le sue dinamiche come tiene bene presente le dinamiche della scrittura, lobiettivo, dunque, arrivare ad esplicitare le proprie intenzioni comunicative e far diventare il linguaggio azione scenica.

INTRODUZIONE "In principio era il Logos", cio il Verbo, la Parola - recita il prologo di Giovanni. Il linguaggio fra gli strumenti pi importanti della comunicazione, una predisposizione naturale, lapprendimento della lingua comincia fin dalla pi tenera et. Attraverso lacquisizione di tale metodo luomo in grado di comunicare idee, conoscenze, em ozioni, sentimenti e desideri. Lo studio del linguaggio ha sempre avuto un posto di rilievo nellanalisi di molti ricercatori ma il suo peso inizia a farsi strada in Occidente quando, nell'ambito della filosofia idealistica post-hegeliana, si pensato di poter uscire dalla crisi dell'idealismo affermando che ogni "senso" trova la sua ragion d'essere se messo in rapporto al modo linguistico in cui stato espresso. Da quel momento molte sono state le teorie sviluppate nel corso degli anni dalla filosofia del linguaggio ma in questa sede di ricerca ne tralasciamo lanalisi, naturalmente tutte hanno studiato le relazioni tra linguaggio pensiero e realt facendo spa zio allidea di un linguaggio che non pu essere soltanto q uello verbale-astratto-teorico. L'essere infinitamente pi complesso del linguaggio. Dunque il linguaggio anche "gesto". Per essere capito un gesto non deve per forza formalizzarsi in un linguaggio orale o scritto. Quando si parla di linguaggio, dunque, occorre fare riferimento anche al linguaggio "segnico", cio quello "gestuale significativo"; ma perch qualsiasi forma di linguaggio sia significativo occorre che il suo rimando sia vero, positivo, profondamente umano. Ed proprio in questa accezione del linguaggio che entra in gioco il teatro che attraverso la scrittura in grado di trasformare il linguaggio nella verit delle cose e all'umanit pi profonda. Se si d alluomo la possibilit di esprimersi attraverso la scrittura si potr anche far acquisire unesperienza dell'essere per m olti versi emozionante e unica poich il linguaggio si esprime liberamente.

Roman Jakobson e le funzioni principali del linguaggio Come gi anticipato, le parole sono un elemento costitutivo del teatro, diventa necessario, dunque, affrontare una breve analisi delle funzioni del linguaggio e dellimportanza di questo strumento di comunicazione in grado di dar forma al pensiero

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di modellarlo e indirizzarlo verso canali specifici. Roman Jakobson, studioso di linguistica comparata e di filologia, grande appassionato di poesia pone l'accento costantemente, in tutte le sue opere, sulla comunicazione e sulle funzioni del linguaggio. Jakobson assegna a ciascun elemento del processo comunicativo una particolare funzione comunicativa, che si manifesta nelle forme e nei contenuti del messaggio. Pi precisamente, il rapporto tra elementi comunicativi e funzioni si articola secondo questo schema: Mittente Contesto Messaggio Contatto Codice Destinatario Funzione Emotiva Funzione Referenziale Funzione Poetica Funzione Ftica Funzione Metalinguistica Funzione Conativa

La funzione emotiva esprime latteggiamento dellemittente riguardo ci di cui sta parlando. La referenziale relativa al contenuto, consiste nella trasmissione dei un sapere, di un contenuto mentale su ci che si dice. La funzione poetica relativa all'organizzazione interna del messaggio, e riguarda il modo in cui esso realizzato e strutturato. Questa funzione prevalente nei messaggi poetici, in cui viene dedicata la massima attenzione alla struttura formale ed all'organizzazione interna. Nella funzione fatica il linguaggio viene utilizzato per stabilire, mantenere o interrompere la comunicazione, esprime in un messaggio l'impegno a garantire il contatto (un classico esempio di messaggio con funzione ftica la formula Pronto? che si dice rispondendo al telefono). La funzione metalinguistica per l'esplicitazione o spiegazione del codice linguistico stesso, riguarda la presenza all'interno del messaggio di elementi orientati a definire il codice stesso, ed prevalente in tutti quei casi in cui si chiedono e si forniscono chiarimenti sui termini, sulle parole e sulla grammatica di una lingua. Esempio: "Perch dici sempre Gianna e Margherita e mai Margherita e Gianna? Preferisci Gianna alla sua sorella gemella?" "Niente affatto, ma cos suona pi gradevolmente. In una successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome pi corto, la miglior configurazione possibile del messaggio. Una ragazza parlava sempre dell'"orribile Oreste". "Perch orribile?" "Perch lo detesto". "Ma perch non terribile, tremendo, insopportabile, disgustoso?" "Non so perch, ma orribile gli sta meglio .
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Analizziamo brevemente lo slogan politico I like Ike (/ay layk ayk/): nella sua struttura succinta costituito da tre monosillabi e contiene tre dittonghi /ay/, ciascuno dei quali seguito simmetricamente da un fonema consonantico, /...l...k...k/. La disposizione delle tre parole presenta una variazione: nessun fonema consonantico nella prima parola, due intorno al dittongo nella seconda, e una consonante finale nella terza. Hymes ha notato un analogo nucleo dominante /ay/ in alcuni sonetti di Keats. I due cola della forma trisillabica I like / Ike rimano fra loro, e la seconda delle due parole in rima completamente inclusa nella prima (rima ad eco): /layk/ - /ayk/; immagine paronomastica d'un sentimento che inviluppa totalmente il suo oggetto. I due cola formano un'allitterazione, e la prima delle due parole allitteranti inclusa nel secondo:
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da: Jakobson, R., Essais de linguistique gnrale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 190.

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/ay/ - /ayk/, immagine paronomastica del soggetto amante involto nell'oggetto amato. La funzione poetica secondaria di questa formula elettorale rafforza la sua espressivit ed efficacia . La funzione conativa, infine, esprime in messaggio la tendenza ad avere degli effetti extralinguistici sull'emittente, effetti cio che non si limitano alla pura comprensione linguistica; sono ad esempio messaggi conativi gli ordini, i consigli, le preghiere e le suppliche. Occorre tenere presente che queste funzioni non sono mai presenti allo stato puro, per cos dire, in un messaggio. Ovvero, non esiste un messaggio che sia esclusivamente poetico, o esclusivamente referenziale. Anzi, in generale ogni messaggio svolge tutte le funzioni. Tuttavia in ciascun messaggio esiste sempre una funzione prevalente rispetto alle atre, ed essa determina il carattere funzionale complessivo del messaggio stesso. Ad esempio nella lingua quotidiana prevale la funzione referenziale, cio la tendenza a parlare di qualche cosa. Ma allo stesso tempo si cerca sempre di comunicare i contenuti in modo formalmente curato, e spesso si esprime anche la propria posizione riguardo quei contenuti. Allo stesso modo, un componimento poetico caratterizzato da una prevalente cura formale e linguistica, ma non mai assolutamente privo di contenuto. Attraverso le sue analisi, Jakobson riesce a costruire un modello della comunicazione umana in grado di farci capire come e perch siamo in grado di parlare di qualcosa e di comprendere ci che ci viene detto introducendo il codice ed il contesto. Il codice pu essere definito come un insieme strutturato di segni e di regole che il mittente ed il destinatario devono condividere affinch il primo sia in grado di formulare messaggi ed il secondo di comprenderli.
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Il secondo aspetto della comunicazione linguistica il contesto. Infatti, per comunicare non sufficiente avere in comune un codice: quando parliamo con qualcuno parliamo di qualche cosa, in una data situazione e in un dato momento temporale. Affinch la comunicazione sia efficace, necessario che tutti questi elementi di contesto siano condivisibili mediante la lingua. Vediamo un caso esemplificativo: se A vuole comunicare a B che grazie ai suoi 140 cavalli potr percorrere Roma-Milano in 5 ore, B deve comprendere che A non si riferisce a una mandria di cavalli, ma ad una potente autovettura. Quindi, la comprensione di un messaggio, anche banale, un processo di enorme complessit. Infatti, B oltre che capire le parole dettegli da A e collegare i termini individuali ad oggetti reali, deve possedere un contesto cognitivo (una serie di conoscenze di base), composto dalle seguenti nozioni: la distanza approssimativa tra Roma e Milano; sapere che nessun cavallo si sposta a oltre 100 km/h; che il termine cavalli non necessariamente riferito agli equini, ecc. Nel momento in cui A si rivolge a B presuppone che quest'ultimo possieda in qualche modo queste conoscenze. Se A si accorge che questo presupposto falso, deve essere in grado di spiegare a B, mediante la lingua (o eventualmente con l'ausilio di messaggi visivi e filmati), almeno una parte di queste conoscenze di contesto, altrimenti non riusciranno a capirsi. E' facile convincersi che una perfetta coincidenza di competenze tra due persone impossibile. Infatti tali nozioni sono il frutto della storia personale e sociale di ciascuno. Anche ammesso che ci sia un sufficiente accordo di competenze tra due interlocutori, il senso complessivo di un messaggio per un destinatario non sarebbe comunque determinato solo da tale accordo. Se ad esempio B un appassionato centauro (nel senso di motociclista e non mitologico), il significato immediato della frase diventa a sua volta veicolo pi ricco di significati: per esempio, con una reale o presunta asserzione inespressa (la mia macchina pi veloce della tua moto) entra in gioco l'ironia verso il nostro interlocutore. Ecco che la comunicazione linguistica, ed in generale ogni processo di comunicazione tra esseri intelligenti mediata da un codice di sufficiente complessit (si pensi alla pittura, o al cinema), non presenta mai una perfetta simmetria tra codifica e decodifica. La decodifica richiede sempre un lavoro di
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da: Jakobson, R., Essais de linguistique gnrale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 190

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interpretazione, effettuata dal/dai destinatari alla luce di un insieme di competenze e di circostanze. Naturalmente questa decodifica interpretativa non sempre di pari complessit .
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Occorre, inoltre, non dimenticare che, quando parliamo con qualcuno parliamo di qualche cosa, in una data situazione e in un dato momento temporale. Una volta che tutti gli elementi di contesto sono condivisi vuol dire che vi una comunicazione, o, se non lo sono, che almeno siano condivisibili mediante la lingua. Ad esempio, per capire il senso della frase: Ehi, hai visto che grande Roma ieri occorre non solo sapere litaliano ma sapere che Roma si riferisce alla squadra e non alla citt, in altre parole, occorre afferrare in qualche modo l'"oggetto" del mondo di cui si sta parlando. Come questo afferrare il mondo mediante le parole avvenga un problema su cui i filosofi si interrogano da secoli ma tale dibattito lungo e non possibile, ora, soffermarsi, necessario per mettere in evidenza come la comprensione di un messaggio, anche banale, sia un processo di enorme complessit. Per comprendere realmente un messaggio occorre possedere una serie di conoscenze di base, una sorta di contesto cognitivo, in cui si a conoscenza di certe nozioni come, prendendo in esame lesempio di prima, sapere che da poco si giocata una partita di calcio, che cosa il calcio, che in corso un torneo sportivo nazionale di calcio, che chi sta parlando tifoso di una certa squadra, e cos via. Se una persona si rivolge ad unaltra con una frase simile a quella del nostro esempio, vuol dire che la persona a cui ci si rivolge possieda in qualche modo tali conoscenze. Se ci si accorge che il mittente ignaro dellargomento, allora diventa necessario spiegare, mediante la lingua almeno una parte delle conoscenze di contesto, altrimenti il messaggio della comunicazione non potrebbe arrivare mai. Naturalmente una perfetta coincidenza di competenze tra due persone impossibile, le nozioni sono il frutto della storia personale e sociale di ciascuno e un adeguato accordo di competenze tra due interlocutori non necessario poich per recepire il senso complessivo di un messaggio entrano in campo moltissime variabili per esempio linterlocutore pu essere tifoso di unaltra squadra e non afferrare immediatamente il senso della frase vista dal punto di vista di chi lo esprime, il messaggio pu trasformarsi a sua volta come canale di un senso pi ricco, in cui entra in gioco l'ironia e lo scherno verso il nostro interlocutore.

Ecco che la comunicazione linguistica, ed in generale ogni processo di comunicazione tra esseri intelligenti media ta da un codice di sufficiente complessit (si pensi alla pittura, o al cinema), non presenta mai una perfetta simmetria tra codifica e decodifica. La decodifica richiede sempre un lavoro di interpretazione, effettuata dal o dai destinatari alla luce di un insieme di competenze e di circostanze. Naturalmente questa decodifica interpretativa non sempre di pari complessit. Ci sono dei messaggi che interpretiamo tutti in modo largamente simile e con sufficiente velocit (se cos non fosse, d'altronde, il linguaggio non sarebbe stato quel formidabile strumento di sopravvivenza in un ambiente ostile che si rivelato essere per la nostra specie, fisicamente debole ed impacciata). Ed anche nel caso di messaggi pi complessi esiste in principio la possibilit di ricostruire un significato comune e condiviso. Ma questo spazio comune pu sempre essere il punto di partenza di un percorso interpretativo irriducibilmente individuale .
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Vedi anche www.galenotech.org/comunicazione.htm


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Cfr.http://www.mediamente.rai.it/mediamentetv/learning/ed_multimediale/lezioni/06/index.htm#Lo_schema_della_comunicazione_di_Jako bson.

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Il linguaggio teatrale Le parole, elemento costitutivo del teatro, prima di essere interpretate oralmente su un palcoscenico sono scritte, la scrittura drammatica fa parte della storia del teatro dallinizio dei tempi fino ad oggi. Il linguaggio teatrale, dunque, un filtro, materiale essenziale per autori, attori e registi, grazie alla lingua che essi danno forma a un pensiero lo modellano e lo indirizzano verso canali specifici. Occorre sottolineare che il linguaggio teatrale presenta vari aspetti: linguaggio della letteratura teatrale, linguaggio teatrale, che costituito dal linguaggio scenico o della messa in scena e dal linguaggio della ricezione teatrale. Il linguaggio teatrale letterario si avvale di altri linguaggi (lingua o idioma, linguaggio scritto, dei segni, scenografico, spesso musicale). Il linguaggio scenico si avvale del linguaggio gestuale, mimico, coloristico, parlato. Il linguaggio di ricezione dato dalla proiezione creativa e critica dello spettatore, il quale si presta alla deconnotazione semantica e diventa fruitore e fine ultimo della rappresentazione. Per Linguaggio teatrale si intende la somma del linguaggio scenico e di quello che percepisce lo spettatore con le conseguenti influenze reciproche. Possiamo dire che la specificit del linguaggio teatrale dato dalla coesistenza, in uno stesso luogo, s ia dellemittente del messaggio teatrale (scena, attore) sia del ricevente (spettatore) e dalle possibili influenze tra le due parti: comunicazioni, partecipazioni, scambio delle parti. Per questi motivi il linguaggio teatrale diverso da quello videoteatrale, ove non pu esservi la cooperazione dellattore e dello spettatore e non si possono determinare le conseguenze di questa duplice presenza e interazione. Per meglio comprendere la specificit del linguaggio teatrale, occorre esaminare i linguaggi delle arti ad esso vicine e notare le differenze. In un incontro di studiosi dello spettacolo, Billen ebbe a dire: Il teatro eloquenza, il cinema movimento, la radio evocazione, la televisione confidenza, confidenza nel tono, nellabolizione delle distanze morali e materiali, nello stabilire un contatto diretto con lo spettatore. La diretta televisiva possiede come il teatro, la contemporaneit di ascolto, ma non il contatto diretto. Televisione e cinema possono condividere luso selettivo della camera e il montaggio, ma presentano notevoli differenze sia nella composizione che nella fruizione del messaggio: infatti uno stesso filmato connotato, da uno spettatore, diversamente dalla visione in un cinematografo, sul grande schermo, e viene recepito diversamente, dallo stesso spettatore, sul piccolo schermo, a casa, nel suo ambiente naturale. Televisione e radio condividono l intimit di ricezione, ma la presenza del visivo acquista un caratt ere realistico concreto opposto a quello lirico-evocativo del mezzo radiofonico. Le caratteristiche tecnico-espressive della TV convergono a definirne limmediatezza, la spontaneit, lattualit, lintimit di comunicazione, la partecipazione e il coinvolgimento dello spettatore, diversamente dalla comunicazione scritta che con la sua uniforme e sequenziale linearit, induce il lettore ad atteggiamenti di distacco e di riflessione, pur potenziando lattivit fantastica. Perch molti preferis cono il linguaggio audiovisivo a quello letterario? Gli scrittori debbono usare molte parole per descrivere qualcosa, ad esempio lautunno, larredamento di una stanza, i vestiti e le fattezze dei personaggi; invece, il linguaggio audiovisivo ha descrizi oni immediate, inquadrature chiare e rapide, perch sono le immagini prima delle parole a raccontare. Anche il teatro si serve del linguaggio visivo e uditivo; esso anche arte retrospettiva, infatti riproduce un azione passa ta presentificandola ad ogni recita. Langolo visuale, in teatro, unico. Il cinema e la televisione hanno la po ssibilit di usare , in funzione espressiva, campi e piani diversi e inoltre hanno il montaggio. Pur nella sua semplicit tecnica, il teatro ha tuttavia un fascino immenso, che gli deriva dalla sua lunga storia, ma ancor pi dalla funzione sociale, politica, pedagogica che si estrinseca con grande realismo, vivida suggestivit e di grande pregnanza .
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http://www.gttempo.it/DizionarioTeatrale.htm

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Concludendo si pu affermare che lunico materiale su cui chi scrive per il teatro fa affidamento per creare questo mondo particolare sono le parole. Le parole nel teatro, a differenza delle altre arti, devono essere concrete e specifiche avere grande capacit di comunicazione vera ed autentica con lo spettatore, essere interpretate facilmente da un attore trasformato in personaggio. Le parole definiscono i personaggi in ogni momento dello sviluppo dellazione drammatica: i conflitti, le mete, le emozioni, il rapporto con lambiente, la posizione sociale, i successi e i fallimenti e la manifestazione esterna come esseri umani . (Jos Luis Alonso De Santos, LABC del teatro vol.2 Pratica dellarte teatrale, Roma, Dino Audino Editore, 2009, 238)

Funzione di appello, espressiva e poetica Dalle funzioni del linguaggio analizzate da Jakobson ed esposte nel paragrafo precedente, possiamo, ora, analizzare le funzioni del linguaggio che incidono direttamente sul linguaggio drammatico: di appello, espressiva e poetica. Appellare vuol dire ricorrere ad una persona o cosa per trovare un favore, una soluzione o un rimedio. La funzione di appello estremamente importante nel linguaggio drammatico dei personaggi poich il personaggio di unopera teatrale ha bisogno di utilizzare il linguaggio come strategia, come arma, come mezzo per arrivare ad un fine e provocare una determinata reazione non solo per quanto riguarda gli altri personaggi della storia ma anche nei confronti dello spettatore che coinvolto indirettamente nel dialogo scenico, in questo modo occorre considerare, nella funzione di appello, oltre allattore che attraverso il personaggio parla agli altri protagonisti, anche lautore che cerca di comunicare con il pubblico. (Cfr. Jos Luis Alonso De Santos, LABC del teatro vol.2 Pratica dellarte teatrale, Roma, Dino Audino Editore, 2009, 234). A riflettere lo s tato emozionale del messaggio la funzione espressiva che permette di conoscere lo stato danimo del parlante nel momento della comunicazione: lautore attraverso lo stile personale del linguaggio mostra le emozioni che lattore attraverso il personaggio esprime in scena. Il pubblico il destinatario finale di tutto questo processo emotivo/comunicativo. (Cfr. Jos Luis Alonso De Santos, LABC del teatro vol.2 Pratica dellarte teatrale, Roma, Dino Audino Editore, 2009, 235). La funzione poetica riguarda la funzione pi propriamente estetica del linguaggio, l attenzione sul linguaggio stesso, sul modo dellautore di comunicare le cose, di trasformare il linguaggio comune in linguaggio letterario, tale comunicazione risulter essere di gusto soggettivo al pubblico ricevente che decider o no se assistere alla messa in scena. Una volta cominciato lo spettacolo lautore teatrale insieme agli attori non possono tornare indietro modificando la forma e gli spettatori non possono relazionarsi nel discorso intervenendo, ci si trova di fronte a un fatto chiuso, unopera finita, scritta precedentemente dallautore con la consapevolezza di comunicare, attraverso il testo e il proprio gusto estetico, ad un pubblico anonimo di tipo universale. (Cfr. Jos Luis Alonso De Santos, LABC del teatro vol.2 Pratica dellarte teat rale, Roma, Dino Audino Editore, 2009, 236). Nel linguaggio c' sempre uno scarto fra ci che appare e il suo rimando concreto, effettivo. Se non fosse cos, non sarebbe possibile interpretare in maniera opposta una stessa proposizione, un identico concetto. Persino gli stessi fatti possono essere visti in maniera completamente diversa, proprio perch chi li osserva proietta inevitabilmente su di essi il proprio "essere particolare" (con i suoi pregiudizi, le sue pre-comprensioni, ecc.). La verit sempre l'esito a posteriori di un libero confronto tra posizioni diverse. Persino quando si stabilita una verit scientifica dei fatti, taluni si ostinano a non vederla, ed impossibile convincerli con la forza, poich cos si sentirebbero ancora pi giustifi cati (Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio, e Il linguaggio, Torino, Einaudi, 1987, 73).

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Scheda 5.b Le fasi della creazione testuale

Mappa scheda 5.b Le fasi della creazione testuale

2. Aree della formazione teatrale

3. Tecniche sceniche e arte terapia

4. Tecniche di narrazione: lo Storytelling


AC Il Linguaggio e l'Autore teatrale

5. Lezioni di scrittura

Scheda 5.a Le funzioni del linguaggio

Scheda 5. b Le fasi della creazione testuale

Contenuti: ll punto di partenza, L'autore e i suoi personaggi, Percezione, immaginazione e memoria,

Sentimenti, emozioni e creativit,


Autore, pubblico e societ, Il punto di vista.

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4 ore
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Analizzare gli elementi strutturali di un testo drammaturgico per acquisire la capacit di riconoscere i principi fondanti la drammaturgia; rendere propri e saper utilizzare gli strumenti necessari ad affrontare la scrittura di un testo teatrale.

INTRODUZIONE Scrivere per il teatro presuppone la conoscenza del mezzo per cui si sta scrivendo poich, pur avendo elementi in comune con le altre forme di scrittura, non bisogna mai scordare che gli autori di teatro scrivono per uno spazio tridimensionale, quale il palcoscenico, dove si svolgono azioni in tempo reale. Il drammaturgo, prima di elaborare il suo dramma, deve dare una struttura alle proprie idee, saperle riordinare per creare tre momenti fondamentali della scrittura teatrale: fase iniziale, fase centrale, finale. Nulla pu essere lasciato al caso perch non si deve in alcun modo creare confusione nel pubblico ed ogni fase deve preferibilmente seguire uno sviluppo emozionale ben preciso per tenere sempre viva la concentrazione e lattenzione dello spettatore. Per chi approccia alla scrittura teatrale importante conoscere i sei elementi di Aristotele che vanno tenuti a mente mentre si scrive un opera teatrale e sono: azione, personaggio, idee, linguaggio, musica, spettacolarit. Anche se ci che rester pi impresso nello spettatore lazione ovvero ci che accaduto durante la rappresentazione, lo scrittore deve sempre partire dal personaggio e dalle sue evoluzioni. Avere una buona idea per un testo teatrale non significa ottenere linteresse di chi guar da lo spettacolo poich tale interesse dato pi dallo spettacolo che dallargomento. Le idee possono essere infinite e tratte dalla nostra esperienza personale, da quello che succede intorno a noi, da un fatto storico, da un evento che ci ha colpito, ma quello che le rende efficaci il loro sviluppo; una buona idea deve suggerire un conflitto, una crescita per il personaggio che descrive e raggiungere una spettacolarit. Unaltra attenzione che lo scrittore teatrale deve avere quella relativa al modo di parlare dei suoi personaggi poich, cos come nella vita reale, ciascuna persona ha un suo modo di esprimersi e un suo codice linguistico, anche nellopera teatrale il personaggio deve avere una connotazione linguistica che aiuti lo spettatore ad ident ificare la sua personalit. Labilit dello scrittore sta nel far arrivare al pubblico, in un arco di tempo concentrato, le emozioni, i pen sieri, gli avvenimenti che riguardano la vita di un personaggio. Un ultimo ma fondamentale elemento che il drammaturgo non deve mai dimenticare, lonest nei confronti del pubblico, poich questultimo, andando a teatro, disposto a giocare, ad accettare lo svolgersi di avvenimenti in un tempo ridotto e in un luogo che accetta possa essere semplicemente evocato, descritto. Labilit dello scrittore teatrale sta dunque nel ridurre le necessit in un tempo ridotto mantenendo la coerenza dellargomento senza creare confusione nello spettatore. La percezione, il sentimento e limmaginazione sono le radici della scrittura, ma non esiste alcun manuale per impararle: quello che si pu apprendere il modo pi corretto per sviluppare e riordinare le idee. Nei paragrafi successivi verranno forniti degli elementi per poter approcciare ad un testo teatrale partendo dalle teorie Aristoteliche fino ad arrivare alle motivazioni che possono spingere lo scrittore ad affrontare uno specifico argomento. Il filo conduttore sar comunque il rapporto di complicit che si deve instaurare tra lautore e il pubblico passando per il ruolo del personaggio di finzione.

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Il punto di partenza Per cominciare a scrivere un testo teatrale bisogna conoscere la distinzione tra DRAMMA, ovvero lazione e TEATRO, luogo dove si svolge lazione. In un dramma ogni azione causa della successiva e risultato della precedente; il susseguirsi delle azioni crea la trama. Il dramma si pu definire come un susseguirsi di azioni compiute da persone che devono essere in conflitto tra loro, lo scontro tra le loro idee, le loro emozioni, e i loro pensieri porter ad una lotta tra forze che si contrastano e alla sua risoluzione finale. Alla base di ogni opera teatrale ci sono delle persone quindi lautore deve sempre partire dai personaggi. A questo punto necessario conoscere sommariamente la teoria di Aristotele sul dramma e analizzare i sei elementi che, secondo il filosofo greco, ne sono alla base: azione, personaggio, idee, linguaggio, musica, spettacolarit. Laspetto su cui ci soffermeremo maggiormente sar quello relativo alla funzione del personaggio. AZIONE: unazione per essere definita tale deve suscitare una reazione. Pertanto unazione drammatica data dallo svolgersi di un atto da parte di un personaggio che di conseguenza provoca unaltra azione da parte di un altro personaggio. Il susseguirsi di queste azioni determina la trama di un dramma che porta allevoluzione dei personaggi. A volte si presentano delle sotto trame, la cui funzione quella di mandare avanti la trama principale, di esserne di supporto. Lo svolgersi delle azioni allinterno del dramma sempre legato allo sviluppo del personaggio poich, come abbiamo gi detto, azioni suscitano altre azioni e di conseguenza un conflitto e la sua risoluzione. IDEE: Lidea per Aristotele quella che noi pi comunemente definiamo tema. Laspetto pi importante non lidea in s ma come essa viene descritta. Lidea pu essere dichiarata in maniera diretta dai personaggi oppure le azioni possono portare lo spettatore a capire lidea alla base del dramma che si sta rappresentando. In ogni caso con il pubb lico non bisogna essere troppo diretti, a lui piace assistere allo svolgere delle azioni dietro le quali possiamo nascondere le idee . Lautore di teatro non deve mai dimenticare che uno degli attori del dramma che sta scrivendo, lo spettatore, che deve svolgere un ruolo attivo allinterno della rappresentazione. LINGUAGGIO: ci che viene detto in scena dagli attori. Dal linguaggio si pu determinare il background di un personaggio. La concentrazione del tempo e dello spazio nella rappresentazione teat rale fa si che lautore debba utilizzare alcuni espedienti (come il linguaggio) per aiutare lo spettatore a capire elementi della storia che sarebbero troppo lunghi da narrare. Ad esempio il tono del linguaggio pu aiutarci a capire aspetti del personaggio oppure un dialogo pu velocizzare la conoscenza di alcuni elementi della vita di questo personaggio. MUSICA: ha un impatto fondamentale per il pubblico sia dal punto di vista sensoriale, emozionale che da quello pi pratico, poich pu aiutare lo spettat ore a capire meglio un atmosfera, un ambientazione, un personaggio. Proprio per questo un autore teatrale, durante il momento della scrittura, non pu non considerare il suo ruolo, sia essa usata in forma di commento sonoro, di canzone, di musica per danza o semplicemente intesa come suono. SPETTACOLARITA: Cos come la musica anche la spettacolarit agisce sui sensi dello spettatore e sulla sua comprensione degli aspetti del dramma. Per spettacolarit si intende lelemento visivo, il vedere, gli effetti speciali, la sorpresa. PERSONAGGIO: Il ruolo relativo al personaggio fondamentale e lo tratteremo nel prossimo paragrafo.

Il primo stadio per un autore teatrale quello di immaginarsi lopera che andr a scrivere, successivamente subentrano le conoscenze tecniche che permetteranno allautore di trasferire il suo immaginario in un testo. Lo scrittore deve dare una struttura alle sue idee e dal momento che lazione a far crescere i personaggi e sviluppare il dramma lautore deve stilare una lista di azioni per poi definire tre momenti cruciali di un dramma. La prima fase quella costituita dal punto di attacco ovvero lazione o linsieme delle azioni da cui scaturisce tutta la storia e serve per catturare lattenzione dello

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spettatore e ci introduce nellevento principale del dramma. Durante linizio del dramma gli spettatori devono conoscere i personaggi, lazione centrale, il tono, lo stile ed attraverso lesposizione che si comunica al pubblico ci che accaduto e che sta per accadere. I mezzi per comunicare con il pubblico possono essere il dialogo, il monologo, lazione oppure gli elementi scenici. Lesposizione pu essere rappresentativa quando utilizza gli elementi stessi dello spettacolo per raccontarsi, presentativa quando si rivolge direttamente al pubblico. La seconda fase la pi lunga e caratterizzata da momenti di tensione e di rilassamento e durante la quale avviene la crescita e lo sviluppo del personaggio attraverso un momento di crisi. Questa parte centrale deve far sentire la tensione nel pubblico, creare in lui delle aspettative. La terza fase prevede la messa in scena di un conflitto che viene risolto dal climax ovvero linsieme di azioni che portano alla risoluzione del conflitto. Durante questa fase si da risposta a tutte quelle domande che lo spettatore si posto nella prima del dramma. Fondamentale per il finale di un dramma che i personaggi abbiano raggiunto i loro obiettivi che per le loro sia stata mostrata una possibilit di redenzione, di sviluppo.

L'autore e i suoi personaggi Lo scrittore teatrale non pu elaborare il suo dramma se non tiene sempre a mente il personaggio. Sono proprio i personaggi che mantengono viva lattenzione del pubblico. Tale attenzione deriva da quello che il personaggio fa, da come agisce. Un personaggio azione poich ci che , la sua identit, pu essere dimostrata attraverso le sue azioni. Il personaggio deve inoltre essere interessante, poich ci che lo lega allo spettatore lidentificazione. Bisogna pertanto lavorare sulla creazione di un personaggio che stimoli il pubblico a seguire le sue vicende, deve essere simile a noi ma allo stesso tempo avere la possibilit di elevarsi, di risolvere i propri conflitti, deve essere in evoluzione e mirare ad un cambiamento attraverso il raggiungimento dei suoi obiettivi. Essendo la rappresentazione teatrale piuttosto breve, sono necessari degli elementi introduttivi che conducano lo spettatore a conoscere il personaggio per potersi affezionare a lui. Tali elementi possono essere ci che il personaggio dice di se stesso, ci che gli altri dicono di lui e ci che fa. Una volta conosciuto il personaggio bisogna dargli degli obiettivi, fargli affrontare delle difficolt e donargli le capacit per poter superare gli ostacoli. Importante per stimolare levoluz ione e lo sviluppo di un personaggio mostrargli un antagonista poich il contrasto tra esseri umani genera sempre un cambiamento. Ci che lo scrittore non deve mai dimenticare che lo spettatore rivive se stesso nel personaggio. Andare a teatro non solo intrattenimento ma anche un modo per capire ci che ci circonda attraverso la finzione, il gioco. La personalit di un personaggio allinterno del dramma prima si definisce poi si trasforma ed il tutto avviene davanti allo spettatore. Il personaggio attraverso le proprie azioni e le proprie parole ha il compito di raccontare e sviluppare la trama voluta dallautore. Ogni personaggio ha una triplice relazione, quella con lautore, quella con lattore che lo interpreta e quella con il pubblico. Lautore deve creare degli esseri di finzione che abbiano un carattere ben definito al fine di poter giustificare ogni sua azione: pertanto il rapporto che si instaura tra lo scrittore e i suoi personaggi molto profondo. Partendo da un essere comune lautore deve generare un personaggio che sia unico, dotato di una sua personalit. Per trasferire al pubblico forti emozioni lautore deve ricorrere alla sua esperien za personale, alla sua interiorit perch non si pu descrivere un sentimento se non lo si provato. Di conseguenza la memoria e gli affetti di un personaggio sono la proiezione della memoria e degli affetti del suo autore. Non si pu costruire un personaggio se non si degli attenti osservatori del mondo che ci circonda poich solo prendendo spunto dalla realt circostante, un essere di finzione pu essere credibile e godere di una propria essenza. Lautore non pu mai perdere di vista il suo personaggio, deve avere chiara ogni sua sfaccettatura affinch il personaggio mantenga una sua coerenza comportamentale ed emozionale anche quando si passa dalla fase della creazione a quella dellinterpretazione. Lo scrittore

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teatrale non deve dimenticare che il suo personaggio verr poi messo in scena da un attore al quale andr fornito il maggior numero di informazioni per poter entrare in sintonia con il personaggio e con quello che lautore vuole che rappresenti. Nella creazione del personaggio importante anche la connotazione linguistica che gli viene data: il suo modo di parlare lo caratterizza e lo inquadra in un contesto socio culturale, e quindi bisogna dargli il tono giusto. In conclusione un autore deve creare il suo personaggio a tutto tondo, deve avere chiaro cosa andr a fare e in che modo, dargli una forte personalit, un linguaggio identificativo, metterlo alla prova attraverso azioni che porteranno alla sua evoluzione.

Percezione, immaginazione e memoria La creativit dello scrittore ruota intorno alla percezione, allimmaginazione e alla memoria. La percezione lo spirito di osservazione, che abbiamo e che ci permette di vedere aspetti del mondo che ci circonda, per poi concettualizzarli allinterno dellopera drammatica. Alla percezione subentra poi limmaginazione che permette allautore di dare una sua interpretazione a ci che ha precedentemente analizzato. il momento pi creativo dellelaborazione di un testo e mette in contatto il mondo circostante con le nostre esperienze, il nostro vissuto e la nostra personalit. Infine c la memoria ch e fornisce ricordi, immagini ed aiuta a contestualizzare il percorso creativo dello scrittore. Sono momenti fondamentali nellelaborazione di un testo ed ovviamente variano da scrittore a scrittore. La percezione artistica consiste nel modo in cu i si osserva la realt poich essa viene percepita in ba se alle esperienze personali dellautore; tale percezione data da unattenzione continua verso gli altri ma essa pu subire linfluenza di una motivazione. Ovvero la nostra percezione varia in base agli stimoli che noi in quel momento otteniamo, alle esigenze che abbiamo e allo stato emozionale che in quel momento ci caratterizza. importante avere unampia conoscenza delle cose per poterci estraniare e non essere dominati, durante il momento della percezione, da quelle che sono le nostre motivazioni personali. Solo una profonda conoscenza pu permettere di andare oltre le apparenze ad avere lucidit nel descrivere le cose. attraverso limmaginazione che si pu dare un senso creativo alla percezione. Limmaginazione pu essere creativa quando mira ad un a finalit estetica dellopera drammaturgica oppure rappresentativa quando predilige laspetto pi spontaneo e ludico del processo immaginativo. Alla base della percezione e dellimmaginazione c comunque la memoria e le emozioni ad essa connesse. La memoria serve a contestualizzare la creativit dellautore. Attraverso la memoria entra in gioco lesperienza personale del drammaturgo, le emozioni non si possono attribuire ad un personaggio se non sono state provate dallautore e di conseguenza non possono essere trasmesse allo spettatore.

Sentimenti, emozioni, creativit Il teatro parla di passioni, e, come abbiamo detto, fortemente legato alla trasmissione delle emozioni; gi per lo spettatore greco assistere ad una tragedia aveva una valenza terapeutica e tale funzione emozionale si mantenuta nei secoli. Proprio per questo, sentimenti ed emozioni sono elementi fondamentali per il lavoro dello scrittore di teatro, non solo per la loro finalit pi pratica di dare spessore ai personaggi ma anche perch agiscono sulla sensibilit dello spettatore. Lapproccio emotivo viene fornito dallautore ma a renderlo concreto sar il ruolo del regista e di conseguenza dellattore. Ragione ed emozione sono le forme con cui lautore si mette in comunicazione con lo spettatore. Luniverso creativo del drammaturgo pu avvicinarsi alluniverso emozionale del personaggio sia attraverso un approccio soggettivo che oggettivo. Nel primo caso lautore deve scavare nel proprio mondo interiore per spiegare il mondo esterno, deve far leva su degli stimoli emotivi per far emergere lintuizione. Nella circostanza in cui prevale lelemento oggettivo, lautore cerca di incanalare le emozioni in un sistema pi razionale. Dalle emozioni si parte e alle emozioni si arriva poich lo

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scrittore deve sfruttare la sua memoria emozionale per dare forma ai personaggi e al tempo stesso il pubblico ricerca nella visione dello spettacolo una ricchezza di sentimenti. La fase intermedia di questo trasferimento costituita dal ruolo dellattore che, affinch il personaggio di finzione prenda vita, si presta a donargli le sue emozioni. Questo passaggio pu riuscire solo se lautore e lattore sono disposti a mettere a disposizione del personaggio la propria interiorit, il propri o sentire.

Autore, pubblico e societ Gli scrittori possono prendere spunto per le loro opere da fatti realmente accaduti, dalla loro esperienza personale, dalla societ in cui vivono, da un episodio, da un ricordo, da una motivazione ideologica, culturale, da unemozion e vissuta. Ci che conta non il momento di partenza, ma la convinzione rispetto a quello che andranno a elaborare. Le idee possono derivare da numerose fonti e dalle loro combinazioni purch sia qualcosa che interessi lautore; la sua personalit semp re allinterno del dramma che scrive. Lo scrittore deve credere fermamente nellidea che sta portando avanti, deve esserci legato altrimenti sar difficile ottenere linteresse del pubblico. Lautore attraverso i suoi testi cerca di offrire delle r isposte al mondo che lo circonda, mette a confronto le proprie esperienze con lambiente circostante e da questa riflessione nasce il suo dramma. Si tratta di un costante rapporto tra arte e vita che deve avere una duplice finalit; da una parte mantenere uno sviluppo teatrale e una ricerca estetica, dallaltra deve tentare di andare oltre ed offrire allo spettatore un momento di riflessione. Lopera teatrale la risposta che lautore fornisce agli stimoli che costantemente riceve dalla vita. Pertanto in un dramma ogni elemento ha un suo significato. La scelta di un linguaggio, di un personaggio, il suo modo di agire, i dialoghi sono mezzi con i quali lautore comunica i suoi valori, i suoi pensieri. La formazione, le ideologie, la concezione culturale di un autore emergono dal suo testo; ci che scrive sempre una proiezione del suo modo di essere e del suo pensiero. Tale pensiero assume poi una valenza artistica ed estetica pur mantenendo un suo preciso significato. Lo scrittore di teatro si mette pi in gioco degli autori televisivi o cinematografici dal momento che questi ultimi restano maggiormente nellanonimato. La visibilit del drammaturgo e la conseguente critica a cui sar sottoposto, fa in modo che lautore debba dire sempre qualcosa di sorprendente proprio come se stesse parlando direttamente con il pubblico. Fare teatro vuol dire avere la consapevolezza della presenza attiva dello spettatore e della sua capacit di cogliere lessenza di ci che viene rappresentato. Il testo teatrale non ha una comunicaz ione diretta con linterlocutore ma mediata dalla rappresentazione quindi lautore quando scrive deve pensare alla messa in scena di ci che vuole esprimere e avere la coscienza che la sua una forma di comunicazione collettiva e non individuale. Scrivere decidere, prendere una posizione che per deve essere espressa attraverso una serie di espedienti che mettano il pubblico nella condizione di apprezzare ci che andato a vedere. Se scrivere decidere, teatro finzione, ma proprio tramite il gioco che si pu imparare. La finzione ha infatti un ruolo fondamentale nella vita poich attraverso il travestimento, il mettersi nei panni di qualcun altro, possiamo capire meglio la nostra societ e quello che muove i comportamenti altrui e di conseguenza i nostri, come se il teatro fosse lo spazio reale da cui poter comprendere la condizione umana. Sul palcoscenico viene mostrata lidentit umana poich si recitano dei ruoli in un contesto pi o meno familiare al pubblico dove tutto pu accadere. Lo spettatore consapevole della finzione del teatro ma ne accetta le regole e ne apprezza il valore possibilista che permette alla realt rappresentata di essere, a volte, pi vera di quella che viviamo. Autore, attori e pubblico partecipano attivamente alla rappresentazione teatrale e collaborano per ricreare sulla scena una realt simile ma pi piacevole di quella a cui sono costretti. Il drammaturgo, nel momento dellideazione di un testo, non solo non deve dimenticarsi della presenza del pubblico, ma non deve neanche mai sottovalutare la sua intelligenza e non pu arrogarsi il diritto di considerare il grado di percezione dello

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spettatore inferiore a quello di colui che scrive. Lautore deve utilizzare ogni espediente per rendere attiva la presenza de l pubblico la cui partecipazione nei confronti della rappresentazione pu essere di natura emotiva, morale, intellettuale. Come pi volte abbiamo detto le azioni valgono maggiormente delle parole, quindi sulla scena deve sempre accadere qualcosa ed ogni azione che viene proposta dal drammaturgo al pubblico deve avere un senso ed essere interessante. Un dialogo non ha valore se non seguito da un fatto, deve esserci coerenza e corrispondenza tra le azioni e le parole ed un autore deve pensare in primo luogo a ci che accadr o che far il personaggio e successivamente alle parole che dir.

Per mantenere vivo linteresse di chi va a teatro, il drammaturgo deve considerare le diverse motivazio ni che ci spingono ad essere fruitori di teatro..... e queste possono essere legate alla ricerca di: puro divertimento; alla necessit di provare emozioni; ad un desiderio di comprensione dei comportamenti umani; ad una esigenza di relazioni sociali poich il teatro da la possibilit di entrare in contatto con persone che hanno gusti simili ai nostri; alla personale crescita culturale; al voler partecipare alle mode e alle tendenze del momento.

Il pubblico teatrale variegato e un autore deve fare in modo che chiunque vada a teatro possa percepire il messaggio che egli vuole trasmettere fornendogli gli strumenti pi adatti.

Il punto di vista Nello scrivere, un autore sceglie quale il personaggio destinato a rappresentarlo, quale il portavoce del suo pensiero. Allinterno dellopera per non c solo il punto di vi sta del protagonista poich necessario dare allo spettatore la possibilit di scegliere da che parte stare. La questione relativa al punto di vista coinvolge vari campi. Da una parte il punto di vista inteso come autore nella sua libert di poter esprimere un giudizio attraverso la sua opera, dallaltra il punto di vista di chi il referente della nostra storia ovvero chi ci racconta quello che accaduto o accadr. Subentrano poi i punti di vista degli altri personaggi poich, come nella vita, ognuno ha la propria opinione, il proprio modo di pensare ed, al di l del messaggio che si sta inviando, il pubblico ha il diritto di pensare diversamente dallautore. Non si sta dunque mettendo in discussione il ruolo del drammaturgo come portavoce del proprio p ensiero, dal momento che lautore non un semplice narratore ma lideatore della storia che ci sta raccontando. Il drammaturgo deve fare delle scelte libere perch, come abbiamo detto, scrivere decidere ma deve pur sempre tenere in considerazione anche il pensiero opposto al suo. Il drammaturgo per delineare chiaramente largomento che vuole raccontare deve esplicitare da quale punto di vista verranno trattati gli avvenimenti. Solo con questa trasparenza potr ottenere il coinvolgimento del pubblico. Spesso succede che lo spettatore, per via della familiarit che si instaura tra pubblico e personaggio, provi simpatia proprio per quel personaggio che invece lautore vorrebbe fosse analizzato criticamente. Le affinit che si instaurano tra il pubblico e i personaggi nascono talvolta dal grado di conoscenza che lo spettatore ha nei confronti dellindividuo rappresentato sulla scena; pi il personaggio si mette in mostra pi chi lo osserva disposto a comprenderne e accettarne gli aspetti che lo caratterizzano. Allinterno di un dramma maggior spazio viene dato a un personaggio e pi questo riesce a imporre il proprio punto di vista. Talvolta quindi la messa in scena pu stravolgere le intenzioni dellautore e metterne in discussione

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le sue motivazioni; questo accade poich tutto ci che avviene sulla scena sottoposto al giudizio di chi guarda e tale giudizio determinato da una serie di varianti e soprattutto da come lagire umano viene percepito socialmente. Nel rappresentare unazione centrale, non si pu prescindere dalle circostanze in cui viene messa in scena; uno stesso argomento pu essere infatti guardato da diversi punti di vista. Il drammaturgo, nel momento della stesura, deve avere chiara lambientazione e il possibile coinvolgimento del pubb lico, nulla pu essere lasciato al caso e deve essere chiaro in che direzione voler orientare lo spettatore.

Conclusioni Scrivere per il teatro un vero e proprio mestiere, non basta lintuizione o la genialit, tutto quello che si vuole argomentare deve seguire una linea ben precisa, deve essere organizzato e chiaro nella mente di chi scrive. La scrittura richiede una conoscenza approfondita dei fatti e dei mezzi che costituiscono la rappresentazione teatrale. Non si pu scrivere un dramma teatrale se non conosciamo le regole della messa in scena, se non rispettiamo il ruolo dello spettatore, se non siamo disposti a seguire la struttura che permette al nostro testo di non perdere mai lattenzione del pubblico. Quello che vogliamo scrivere fondamentale, poich rappresenta noi stessi e la nostra risposta alla societ di appartenenza ma lidea senza una forma ben precisa non dar mai buoni risultati. La riuscita di un testo teatrale dipende anche dal valore dei suoi personaggi, dalle loro capacit e dalle emozioni che riescono a trasmettere ma per ottenere questo lautore deve avere ben chiaro che tipo di individuo vuole ra ppresentare. Un dramma ha la finalit di interessare, coinvolgere, soddisfare gli spettatori ma per farlo il drammaturgo deve seguire le regole della scrittura teatrale, mettere a disposizione della collettivit il suo universo interiore e soprattutto non porsi in una condizione di superiorit intellettiva rispetto ai fruitori della propria opera altrimenti essa non potr mai essere unopera di successo.

Bibliografia Aristotele, Poetica in Opere, vol 10, trad. it, - 1991 Biblioteca Universale Laterza Beccaria, G. Luigi, Il mare in un imbuto. Dove va la lingua italiana, Torino, Einaudi, 2010 Bourneuf R.; Ouellet R., Luniverso del Romanzo, 1976 Giulio Einaudi Editore De Santos, J. L. Alonso, Labc del teatro volume 2 2007 Dino Audino Editore Gooch, S., Scrivere per il teatro, Gremese Editore 2004 Hatcher J., Scrivere per il teatro, 1996 Dino Audino Editore Louis Trolle Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio e Il linguaggio , Torino, Einaudi, 1987 Jakobson R., Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 2002 1958 (Essais de linguistique gnrale, Minuit, Paris)

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La scrittura ha trasformato la mente umana, pi di qualsiasi altra invenzione essenziale allo sviluppo pi pieno dei potenziali umani, innalza il livello di consapevolezza di s
Walter J. Ong (Oralit e Scrittura. Le tecnologie della parola, 1982)

Il presente progetto finanziato con il sostegno della Commissione Europea. L'autore il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilit sull'uso che potr essere fatto delle informazioni in esso contenute.

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