di Lev Trotsky
Il metodo marxista
Definita la scienza come strumento di conoscenza dei fenomeni obiettivi della natura, luomo ha cercato ostinatamente di escludersi dalla scienza, riservandosi privilegi speciali sotto specie di pretesi rapporti con forze trascendenti (religione) o con eterni principi morali (idealismo). Marx ha tolto alluomo, una volta per tutte, questi odiosi privilegi, considerandolo un anello naturale nel processo evolutivo della natura materiale e considerando la
societ umana, lorganizzazione della produzione e della distribuzione, e il capitalismo una fase nello sviluppo della societ umana. Non era scopo di Marx scoprire le leggi eterne delleconomia. Egli negava lesistenza di tali leggi. La storia dello sviluppo della societ umana la storia della successione di vari sistemi economici, ognuno operante in armonia con le sue proprie leggi. Il passaggio dalluno allaltro sistema stato sempre determinato dallaccrescersi delle forze di produzione, vale a dire la tecnica e lorganizzazione del lavoro. Fino a un certo punto, i mutamenti sociali hanno carattere quantitativo e non alterano le fondamenta della societ: le forme prevalenti di propriet. Ma si giunge a un momento in cui le forze di produzione, maturatesi, non possono pi contenersi entro le vecchie forme della propriet; ne segue un mutamento radicale nellordine sociale, accompagnato da urti violenti. La comune primitiva fu o spossessata o superata dallo schiavismo; alla schiavit segu la servit della gleba con le sue sovrastrutture feudali; lo sviluppo commerciale delle citt port lEuropa del XVI secolo allordine capitalistico, che attravers poi diverse fasi. Nel suo Capitale Marx non studia leconomia in generale, ma leconomia capitalista, che ha le sue leggi specifiche. Solo di passaggio egli fa cenno ad altri sistemi economici, per chiarire le particolarit del capitalismo. Leconomia autosufficiente della primitiva famiglia contadina non ha bisogno di una sua economia politica, perch la dominano da una parte le forze della natura e dallaltra le forze della tradizione. Leconomia naturale autosufficiente dei Greci o dei Romani, fondata sulla mano dopera degli schiavi, era dominata dalla volont del proprietario degli schiavi, il cui piano a sua volta era direttamente determinato dalle leggi della natura e della consuetudine. La stessa cosa potrebbe dirsi dello stato medievale con i suoi servi della gleba. In tutti questi casi, i rapporti economici erano chiari e trasparenti nella loro primitiva crudezza. Ma il caso della societ contemporanea completamente diverso. Essa ha distrutto gli antichi nessi a s stanti e i sistemi ereditari di lavoro. I nuovi rapporti economici hanno legato tra loro citt e villaggi, province e nazioni. La divisione del lavoro comprende ormai tutto il pianeta. Distrutte tradizione e consuetudine, questi legami non si sono connessi tra loro secondo un piano definito, ma piuttosto al di fuori della coscienza e della previsione umane. Linterdipendenza di uomini, gruppi, classi, nazioni, derivante dalla divisione del lavoro, non diretta da nessuno. Gli uomini lavorano gli uni per gli altri senza conoscersi, senza informarsi delle loro reciproche necessit, nella speranza, quando non addirittura nella certezza che i loro rapporti in un modo nellaltro si regoleranno da s. E ogni tanto lo fanno, o piuttosto tendevano a farlo. assolutamente impossibile cercare le cause delle fasi della societ capitalistica nella coscienza soggettiva, nelle intenzioni o progetti dei suoi membri. Le leggi obiettive del capitalismo furono formulate prima che la scienza cominciasse a pensarci seriamente. Finora la stragrande maggioranza non sa nulla delle leggi che governano leconomia capitalista. Tutta la forza del metodo marxista sta nel suo affrontare i fenomeni non dal punto di vista oggettivo di certe persone, ma da quello obiettivo dello sviluppo della societ come un tutto, cos come uno studioso di scienze sperimentali si pone a considerare un alveare o un formicaio. Per la scienza il valore decisivo dato da ci che gli uomini fanno e come lo fanno, non da ci che essi pensano delle loro proprie azioni. Alla base della societ non stanno la religione e la morale, ma la natura e il lavoro. Il metodo di Marx materialista perch procede dallesistenza alla coscienza e non in senso opposto. Il metodo Marx dialettico, perch considera la societ e la natura in fase evolutiva, e levoluzione stessa la lotta costante di forze contrapposte.
comprendere come, nonostante nella societ capitalista ognuno pensi per s e nessuno pensi agli altri, si creino le corrette proporzioni delle varie branche delleconomia indispensabili alla vita. Loperaio vende la sua forza lavoro, lagricoltore porta i suoi prodotti al mercato, il prestatore di danaro o banchiere concede prestiti, il bottegaio offre una quantit di merci, lindustriale costruisce uno stabilimento, lo speculatore compra e vende azioni e valori, ognuno secondo le proprie valutazioni, i propri piani privati, i propri interessi in fatto di salari o profitti. Tuttavia, da questo caos di azioni e di sforzi individuali emerge una certa unit economica che, invero, non armoniosa, ma contraddittoria, pure offre alla societ la possibilit non solo di esistere ma anche di svilupparsi. Ci significa che, dopo tutto, il caos non affatto caos e che, in un certo qual modo, esso viene regolato automaticamente, anche se non consapevolmente. Comprendere il meccanismo mediante il quale i vari aspetti delleconomia giungono ad uno stato di relativo equilibrio, significa scoprire le leggi obiettive del capitalismo. chiaro che le leggi che governano le varie sfere delleconomia capitalista, salari, prezzi, rendita fondiaria, profitti, interessi, crediti, borsa valori, sono numerose e complesse. Ma in definitiva si riducono alla singola legge che Marx scopr ed esplor da cima a fondo, quella legge del valore del lavoro, che la norma fondamentale delleconomia capitalistica. Lessenza di quella legge semplice. La societ ha a disposizione una certa riserva di forza-lavoro umana. Applicata alla natura, questa forza crea i prodotti necessari alla soddisfazione dei bisogni umani. In conseguenza alla divisione del lavoro tra produttori indipendenti, i prodotti assumono la forma di merci. Le merci vengono reciprocamente scambiate secondo una data proporzione, prima direttamente, e infine a mezzo di oro o monete. La propriet fondamentale delle merci, la quale in una data relazione le pone su un piano di reciproca parit, il lavoro umano esercitato su di esse, lavoro astratto, lavoro come principio generale, base e misura del valore. La divisione del lavoro tra milioni di produttori sparpagliati non porta alla disintegrazione della societ, perch le merci sono scambiate in base al tempo-lavoro socialmente utile da esse rappresentato. Accettando e rifiutando merci, il mercato, arena di scambi, stabilisce se essa contengano o non contengano in se stesse lavoro socialmente utile, determinando cos le proporzioni dei vari generi di prodotti necessari alla societ e di conseguenza determinando pure la distribuzione della forza-lavoro secondo i vari traffici. In realt i processi del mercato sono incomparabilmente pi complessi di quel che non si sia qui esposto in qualche riga. Cos, oscillando intorno al valore del lavoro, e prezzi fluttuano al di sopra o al di sotto dei loro valori. Le cause di queste deviazioni sono ampiamente spiegate nel terzo volume del Capitale di Marx, ove si descrive il processo della produzione capitalistica considerata come un tutto. Ad ogni modo, per grandi che possano essere le divergenze fra i prezzi ed i valori delle merci in singoli casi, la somma di tutti i prezzi uguale alla somma di tutti i valori, perch in definitiva solo i valori creati dal lavoro umano sono a disposizione della societ e i prezzi non possono superare questo limite, compresi e prezzi monopolistici dei trust, dove il lavoro non crea nuovi valori, l lo stesso Rockefeller non pu ottenere nulla.
Ineguaglianza e sfruttamento
Ma se le merci vengono scambiate secondo la quantit di lavoro che esse rappresentano, come nasce lineguaglianza dalluguaglianza? Marx risolse questo rompicapo mostrando la natura particolare di una data merce, che sta alla base di ogni altra merce: la forza-lavoro. Il proprietario dei mezzi di produzione, o capitalista, compera la forzalavoro. Come ogni altra merce la forza-lavoro viene valutata secondo la quantit di lavoro investitavi, e cio secondo i mezzi di sussistenza necessari alla vita e alla riproduzione delloperaio. Ma il consumo della merce -lavoro consiste nel lavoro, nella creazione cio di nuovi valori. La quantit di questi valori pi grande di quella che loperaio stesso riceve e spende per il proprio mantenimento. Il capitalista compera la forza-lavoro per sfruttarla. questo sfruttamento la fonte dellineguaglianza. Quella parte del prodotto che serve a coprire il mantenimento delloperaio, Marx la chiama prodotto-necessario; quella che loperaio produce in pi prodotto in eccesso, o plus-valore. Il plus-valore deve essere stato prodotto dallo schiavo, diversamente il proprietario di schiavi non ne avrebbe tenuti. Il plus-valore deve essere stato prodotto dal servo della gleba, diversamente il vassallaggio non sarebbe stato di nessuna utilit ai proprietari terrieri. Il plus-valore, e in proporzioni considerevolmente maggiori, ancora prodotto dal lavoratore salariato, diversamente il capitalista non avrebbe bisogno di comperare forza-lavoro. La lotta di classe non altro che la lotta per il plus-valore. Chi possiede plusvalore il padrone della situazione, possiede ricchezza, possiede lo Stato, le chiavi della Chiesa, delle corti, delle scienze e delle arti.
Concorrenza e monopolio
I rapporti tra i capitalisti, che sfruttano i lavoratori, sono determinati dalla concorrenza, che da tempo si affermata come fonte principale del progresso capitalistico. Le grandi aziende godono di vantaggi tecnici, finanziari, organizzativi, economici e, elemento importante, politici sulle aziende minori. Il maggiore accumulo di capitali, potendo
sfruttare un maggior numero di lavoratori, esce inevitabilmente vittorioso dalla gara. Questa la base inalterabile del processo di accentramento e di centralizzazione del capitale. Pur stimolando il progressivo sviluppo della tecnica, la concorrenza consuma non solo gli strati intermedi, ma anche se stessa. Sul cadavere e sui semicadaveri dei piccoli e medi capitalisti si leva un numero sempre pi esiguo di sempre pi potenti super signori del danaro. Cos, dallonesta, democratica, progressiva concorrenza emerge irrevocabilmente nocivo, parassitario, reazionario monopolio. Il suo dominio cominci ad affermarsi dopo il 1880, assumendo una forma definita agli inizi del nostro secolo. Oggi la vittoria del monopolio apertamente riconosciuta dagli esponenti ufficiali della societ borghese (2). Tuttavia, quando nel corso della sua prognosi Marx aveva concluso che il monopolio era implicito nelle tendenze del capitalismo, il mondo borghese considerava la concorrenza come una legge eterna della natura. Leliminazione della concorrenza da parte del monopolio segna linizio della disintegrazione della societ capitalistica. La concorrenza era stata la fonte animatrice del capitalismo e la giustificazione storica del capitalista. Parimenti, leliminazione della concorrenza segna la trasformazione degli azionisti in parassiti sociali. La concorrenza doveva avere certe libert, unatmosfera liberale, un regime democratico e un cosmopolitismo commerciale. Al monopolio occorrono un governo il pi autoritario possibile, barriere doganali, sue proprie fonti di mater ie prime e vasto gioco di mercati (colonie). Lultima parola nella disintegrazione del capitale monopolistico il fascismo.
mila famiglie facoltose avevano un reddito equivalente a quello di 11 milioni di famiglie medie e povere. Durante la crisi del 1929-1933 i monopoli non ebbero bisogno di ricorrere allaiuto pubblico; anzi, prosperarono pi che mai sul declino generale delleconomia nazionale. Nella barcollante ripresa industriale attorno al pasticcio cremoso del New Deal i monopolisti si schiumarono ancora una sostanziosa porzione di crema. Uil numero dei disoccupati discese da 20 a 10 milioni; nello stesso tempo la crosta superiore della societ capitalista, non pi di seimila adulti, accumul dividendi fantastici, come dimostr, cifre alla mano, Robert H. Jackson, durante la sua carica di vice procuratore generale antitrust degli Stati Uniti. Ma il concetto astratto di capitale monopolistico per noi pieno di carne e di sangue. Esso significa che un pugno di famiglie (4), legate da vincoli di parentela e da comuni interessi in una oligarchia capitalista a carattere esclusivo, dispone delle fortune economiche e politiche di una grande nazione. Bisogna ammettere per forza che la legge di Marx sullaccentramento di capitali tutto men che fallace!
Il regime fascista, che porta semplicemente allestremo limite il declino e la reazione impliciti in ogni capitalismo imperialista, divenne indispensabile, quando la degenerazione del capitalismo annull ogni possibilit dillusioni su un miglioramento del tenore di vita del proletariato. La dittatura fascista significa laperto riconoscimento della tendenza allimpoverimento che le pi ricche democrazie imperialiste cercano ancora di nascondere. Mussolini e Hitler perseguitano il marxismo con tanto odio proprio perch il loro regime la pi orrenda conferma dellanalisi marxista. Il mondo civile sindign, o finse dindignarsi, quando Goering, con quel tono tra il carnefice e il buffone che gli peculiare, dichiar essere i cannoni pi importanti del burro, o quando Cagliostro-Casanova-Mussolini consigli ai lavoratori italiani di imparare a stringersi ben bene la cintura sulle loro camicie nere. Ma non avviene sostanzialmente la stessa cosa nelle democrazie imperialiste? Per ogni dove il burro serve ormai a ingrassare i cannoni. I lavoratori di Francia, Inghilterra e Stati Uniti imparano a stringere la cinghia senza avere la camicia nera. b) Lesercito di riserva e la nuova sottoclasse dei disoccupati L'esercito industriale di riserva rappresenta un elemento indispensabile del meccanismo sociale capitalistico, esattamente uguale alle macchine di scorta e alle materie prime nei magazzini degli stabilimenti o ai prodotti finiti gi immessi nelle botteghe. N la generale espansione della produzione n l'adattamento del capitale al periodico flusso e riflusso del ciclo industriale sarebbero possibili senza una riserva di forza-lavoro. Dalla tendenza generale dello sviluppo capitalistico, l'aumento di capitale fisso (macchine e materie prime) a spese del capitale variabile (forza-lavoro), Marx trasse la conclusione: "Pi grande la ricchezza sociale... maggiore l'esercito industriale di riserva... pi grande la massa in eccesso di popolazione consolidata... maggiore il pauperismo ufficiale. Questa la legge generale assoluta dell'accumulo capitalistico". Questa tesi, indissolubilmente legata alla "teoria della miseria crescente" e per decenni tacciata di "esagerazione", "tendenziosit", "demagogia", divenuta ora l'impeccabile immagine teorica delle cose quali sono . L'attuale esercito di disoccupati non pu esser pi considerato "massa di riserva", perch la sua base non pu avere pi la minima speranza di ritrovare lavoro; anzi suscettibile di ingrossarsi per un costante afflusso di ulteriori disoccupati. La disintegrazione capitalistica ha prodotto tutta una generazione di giovani che non hanno mai trovato lavoro e non hanno speranza di trovarne. Questa nuova sotto-classe, tra il proletariato e il semiproletariato, e costretta a vivere a spese della societ. stato calcolato che in nove anni (fra il 1930 e il 1938) la disoccupazione ha sottratto all'economia degli Stati Uniti pi di 43 milioni di anni-uomo lavorativi. Ricordando che nel 1929, al massimo della prosperit, c'erano 2 milioni di disoccupati, negli Stati Uniti, e che in questi 9 anni il numero di lavoratori potenziali aumentato di 5 milioni, la cifra totale di anni-uomo perduti deve essere incomparabilmente pi alta. Un sistema sociale devastato da una simile piaga malato senza speranze di salvezza. La vera diagnosi di questa malattia stata fatta quasi ottanta anni fa, quando la malattia medesima era ancora un semplice germe. c) Declino della classe media Le cifre indicanti l'accentramento del capitale mostrano nello stesso tempo che il peso specifico della classe media nella produzione e la sua partecipazione al reddito nazionale sono stati in continuo declino, mentre le piccole propriet sono state completamente divorate o ridotte e derubate della loro autonomia fino a divenire un semplice emblema di sforzi intollerabili e disperata indigenza. Nello stesso tempo, vero, lo sviluppo del capitalismo ha considerevolmente facilitato la formazione dell'esercito di tecnici, degli amministratori, dei funzionari, impiegati, medici, avvocati, insomma del cosiddetto nuovo ceto medio. Ma questo strato, il cui affermarsi non era pi un mistero nemmeno per Marx e il suo tempo, ha poco in comune con l'antica classe media, che nel possesso dei suoi propri mezzi di produzione aveva una tangibile garanzia d'indipendenza economica. I "nuovi ceti medi" dipendono pi direttamente dai capitalisti degli stessi operai. Infatti la classe media in grande misura la loro caposquadra. Inoltre in seno ad essa si notata una notevole superproduzione, con la sua conseguenza di degradazione sociale. "Dati statistici attendibili", dichiara un uomo cos lontano dal marxismo come il gi nominato Procuratore Generale degli Stati Uniti Homer S. Cummings, "indicano che moltissime imprese industriali sono completamente scomparse e ha avuto luogo una progressiva eliminazione del piccolo uomo d'affari come fattore della vita americana". Ma, obietta Sombart, "l'accentramento generale, con la scomparsa della categoria degli artigiani e dei contadini" non s' ancora verificato. Come ogni teorico, Marx cominci a isolare le tendenze fondamentali nella loro forma pura; diversamente sarebbe stato del tutto impossibile comprendere il destino della societ capitalista. Lo stesso Marx era tuttavia perfettamente capace di considerare il fenomeno della vita alla luce dell'analisi concreta, come prodotto della concatenazione di vari fattori storici. Certo, le leggi di Newton non sono invalidate dal fatto che la velocit nella caduta di un grave varia sotto condizioni diverse o che le orbite dei pianeti sono soggette a deviazioni. Per comprendere la cosiddetta "resistenza" della classe media bisogna ricordare che le due tendenze, la rovina dei ceti medi e la loro trasformazione in proletariato, non si sviluppano n con un ritmo regolare n su una stessa scala. Dalla crescente preponderanza della macchina sulla mano d'opera deriva il fatto che pi procede il fenomeno della rovina dei ceti medi, pi esso supera quello della loro proletarizzazione; infatti a un dato punto quest'ultimo deve cessare completamente e addirittura invertirsi. Come l'opera delle leggi fisiologiche d risultati diversi, in un organismo che si sta sviluppando, da quelli in atto in un organismo morente, cos le leggi economiche dell'economia marxista si affermano diversamente in un capitalismo in sviluppo e in un capitalismo in via di disintegrazione. Questa differenza appare con particolare chiarezza nei reciproci rapporti fra citt e campagna. La popolazione rurale degli Stati Uniti, che
aumenta proporzionalmente con un ritmo minore di quello della popolazione totale, continu ad accrescersi in cifre assolute fino al 1910, quando giunse a pi di 32 milioni. Nei successivi vent'anni, nonostante il rapido aumento della popolazione totale, essa scese a 30,4 milioni, cio di milioni 1,6. Ma nel 1935 risal a 32,8, aumentando rispetto al 1930 di milioni 2,4. Questo giro di ruota, sbalorditivo a prima vista, non confuta minimamente n la tendenza della popolazione urbana ad accrescersi a spese della popolazione rurale n la tendenza della classe media a polverizzarsi, mentre dimostra contemporaneamente la disintegrazione del sistema capitalistico nel suo complesso. L'aumento della popolazione rurale nel periodo della crisi acutissima del 1930 spiegato semplicemente dal fatto che circa 2 milioni di appartenenti alla popolazione urbana o, per essere pi precisi, 2 milioni di disoccupati famelici si trasferirono in campagna, in appezzamenti di terreno abbandonati dagli agricoltori o in tenute agricole di loro parenti, per impiegare la loro forza-lavoro, rifiutata dalla societ, nell'economia produttiva naturale e per vivacchiare alla meglio anzich morire totalmente di fame. Cosicch, non si tratta tanto della solidit dei piccoli agricoltori, artigiani e bottegai, quanto della disperata precariet della loro situazione. Lungi dal rappresentare una garanzia per il futuro, la classe media un tragico, sfortunato relitto del passato. Incapace di schiacciarla completamente, il capitalismo riuscito a ridurla al massimo grado di decadimento e rovina. All'agricoltore sono negati non soltanto il fitto dovutogli per il suo pezzo di terra e gli interessi sul suo capitale investito, ma anche larga parte del suo reddito. Parimenti, i poveri diavoli di citt si trascinano nell'angoscia sul piccolo margine loro concesso tra la vita economica e la morte. La classe media non proletarizzata solo perch depauperata. In ci altrettanto difficile trovare un argomento contro Marx quanto in favore del capitalismo.
d) Crisi industriali
La fine del secolo scorso e gli inizi del presente sono stati caratterizzati da progressi cos preponderanti del capitalismo che le crisi cicliche parvero solo turbamenti "accidentali". Negli anni del quasi universale ottimismo capitalistico, i critici di Marx ci promisero che gli sviluppi nazionali e internazionali di trusts, consorzi e cartelli, introducendo un controllo pianificato dei mercati, presagivano il trionfo definitivo sulle crisi. Secondo Sombart, le crisi erano gi state "abolite" prima della guerra ' 14-' 18 dal meccanismo dello stesso capitalismo, onde "il problema delle crisi ci lascia oggi virtualmente indifferenti". Ora, a soli dieci anni di distanza, queste parole suonano come inutile beffa, mentre solo nella nostra epoca la previsione di Marx si annuncia nella piena misura della sua tragica urgenza. notevole come la stampa capitalistica, che tenta parzialmente di negare l'esistenza medesima dei monopoli, ricorra a questi stessi monopoli per negare parzialmente l'anarchia capitalistica. Se sessanta famiglie dovessero controllare la vita economica degli Usa, osserva ironicamente il "New York Times", il fatto significherebbe che il capitalismo americano, lungi dall'essere anarchico e non pianificatore... organizzato con grande precisione . Argomento che fallisce il bersaglio. Il capitalismo stato incapace di portare fino in fondo qualunque sua tendenza. Come l'accentramento di ricchezze non abolisce la classe media, cos il monopolio non abolisce la concorrenza, ma solo la deprime e la mutila. Con i "piani" d'ognuna delle sessanta famiglie, le numerose varianti di questi piani non sono minimamente favorevoli a coordinare le varie branche dell'economia, ma piuttosto ad accrescere i profitti della loro cricca monopolistica a spese di altre cricche e dell'intera nazione. L'incrociarsi di questi piani, alla fine, non fa che accentuare l'anarchia dell'economia nazionale. La crisi del 1929 scoppi negli Usa un anno dopo che Sombart aveva proclamato l'estrema indifferenza della sua "teoria scientifica" al problema stesso delle crisi. Dal vertice di una prosperit senza precedenti l'economia degli Usa. fu precipitata nell'abisso d'una mostruosa depressione. Nessuno ai tempi di Marx avrebbe potuto concepire convulsioni di tale ampiezza! Il reddito nazionale degli Usa era giunto per la prima volta, nel 1920, a sessantanove miliardi di dollari, ma per cadere non pi tardi dell'anno dopo a cinquanta miliardi, una diminuzione, cio, del 27% . Grazie alla prosperit degli anni successivi il reddito nazionale risal, nel 1929, al suo massimo culmine: 81 miliardi di dollari, che per si riducevano nel 1932 a quaranta, diminuzione d'oltre la met! Nei nove anni 1930-1938 vennero perduti circa 43 milioni di anni uomo-lavoro e 133 miliardi di dollari del reddito nazionale, prendendo come base lavoro e reddito del 1929, quando c'erano soltanto 2 milioni di disoccupati. Se tutto ci non anarchia, che cosa mai pu dunque significare questa parola? e) La teoria del disastro Le menti e i cuori degli intellettuali della classe media e dei burocrati delle associazioni sindacali operaie, furono quasi completamente affascinati dalle conquiste del capitalismo nel periodo che va dalla morte di Marx alla guerra mondiale. L'idea del progresso graduale (evoluzione) sembrava essersi affermata per ogni tempo, laddove l'idea di rivoluzione era considerata un mero relitto di barbarie. Alle previsioni marxiste vennero opposte quelle qualitativamente contrarie sulla distribuzione pi equilibrata del reddito nazionale, sull'attenuarsi delle contraddizioni di classe e sulla graduale riforma della societ capitalistica. Jean Jaurs, il pi acuto dei socialdemocratici di quell'epoca classica, sperava di riempire gradualmente di sostanza sociale la democrazia politica. In ci sta l'essenza del riformismo. Questa era l'alternativa della previsione. Che cosa ne resta? La vita del capitalismo monopolistico nel nostro tempo tutta una catena di crisi. Ogni crisi una catastrofe. La necessit di salvarsi da queste parziali catastrofi mediante barriere doganali, inflazione, aumento delle spese governative e debiti apre la via a ulteriori crisi, ma pi profonde e diffuse. La lotta per i mercati, per le materie prime,
per le colonie rende inevitabile la tragedia della guerra, con la sua appendice di sovvertimenti rivoluzionari. Non davvero agevole convenire con Sombart che, invecchiando, il capitalismo diviene sempre pi calmo, sedato, ragionevole. Si potrebbe anzi dire che stia perdendo l'ultima traccia di ragione. Ad ogni modo non c' dubbio che la "teoria del disastro" ha trionfato su quella del processo pacifico.
Il crescente debito pubblico naturalmente un onere per la posterit. Ma il New Deal stesso era possibile solo a causa delle enormi ricchezze accumulate dalle precedenti generazioni. Soltanto una nazione ricchissima poteva abbandonarsi a una politica di tale sperpero. Ma anche una nazione siffatta non pu continuare all'infinito a vivere a spese delle generazioni precedenti. La politica del New Deal con le sue vittorie fittizie e il suo autentico aggravio del debito pubblico inevitabilmente destinata a culminare in una feroce reazione capitalistica. In altre parole, va lungo le stesse vie su cui muove il fascismo.
Norma o anomalia?
Il ministro degli Interni degli Usa, Harold L. Ickes, considera "una delle pi strane anomalie della storia" che l'America, democratica nella forma, sia autocratica nella sostanza: "L'America, terra ove dominano le maggioranze, ma controllata, almeno fino al 1933(!), da monopoli che a loro volta sono controllati da un numero insignificante di loro azionisti". L'analisi corretta, meno l'allusione che con l'avvento di Roosevelt il dominio dei monopoli o era venuto a cessare o s'era attenuato. Tuttavia quella che Ickes chiama "una delle pi strane anomalie della storia" una cosa ovvia, una delle norme indiscutibili del capitalismo. Il dominio del debole da parte del forte, dei molti da parte di pochi, dei lavoratori a opera degli sfruttatori una legge fondamentale della democrazia borghese. Ci che distingue gli Stati Uniti dagli altri paesi solo il pi ampio raggio e la pi grande odiosit delle contraddizioni in seno a quel capitalismo. La mancanza di un passato feudale, immense risorse naturali, popolazioni energiche e intraprendenti, in una parola, tutti i requisiti occorrenti in un ininterrotto sviluppo della democrazia hanno prodotto una fantastica concentrazione di ricchezze. Promettendo questa volta di portare la guerra contro i monopoli a un esito trionfale, Ickes incautamente si rif a Thomas Jefferson, Andrew Jackson, Abraham Lincoln, Theodor Roosevelt e Woodrow Wilson come predecessori di Franklin D. Roosevelt. "Praticamente tutte le nostre pi grandi figure storiche" egli disse il 30 dicembre 1937, "sono famose per la loro tenace e coraggiosa lotta contro la superconcentrazione della ricchezza e del potere in poche mani". Ma dalle sue stesse parole deriva che frutto di questa "tenace e coraggiosa lotta" stato il completo asservimento della democrazia alla plutocrazia. Per qualche inesplicabile ragione Ickes ritiene che questa volta la vittoria sia certa, purch il popolo comprenda che la lotta "non fra New Deal e illuminato finanziere di tipo medio, ma tra New Deal e i Borboni delie sessanta famiglie che hanno portato gli altri finanzieri degli Usa sotto il terrore del loro dominio". Questo autorevole esponente del governo non spiega come i "Borboni" siano riusciti a soggiogare tutti gli illuminati finanzieri, in barba alla democrazia e agli sforzi delle "pi grandi figure storiche". I Rockefeller, i Morgan, i Mellon, i Vanderbilt, i Guggenheim, i Ford e compagni non invasero gli Stati Uniti dall'esterno, come Cortez nell'occupare il Messico: si svilupparono organicamente dal "popolo" o pi precisamente scaturirono da quel ceto di "illuminati industriali e finanzieri" e diventarono, concordemente all'analisi di Marx, il naturale apogeo del capitalismo. Se una giovane e forte democrazia nemmeno nei giorni del suo pieno vigore fu capace di frenare l'accentramento della ricchezza quando il processo era solo agli inizi, possibile credere per un solo momento che una democrazia in putrefazione sia in grado di indebolire gli antagonismi classisti giunti al loro massimo limite? Ad ogni modo, l'esperienza del New Deal non ha offerto motivi per tanto ottimismo. Confutando le accuse dell'alta finanza al governo, Robert H. Jackson, personaggio di non media importanza nei consigli del gabinetto Roosevelt, prov, cifre alla mano, che durante la presidenza Roosevelt i profitti dei magnati del capitale avevano toccato vette di cui essi medesimi avevano cessato di sognare fin dall'ultimo periodo della presidenza Hoover; dalla qual cosa si deduce, comunque, che la lotta di Roosevelt contro i monopoli non stata coronata da un successo maggiore di quello di tutti i suoi predecessori.
Ritorno al passato
Non si pu che essere d'accordo col prof. Lewis W. Douglas, ex Direttore del Bilancio nell'amministrazione Roosevelt, quando condanna il governo che "mentre attacca il monopolio in un campo, promuove il monopolio in molti altri". Pure, nella natura delle cose e non pu essere diversamente. Secondo Marx, il governo il comitato esecutivo della classe dominante. Oggi i monopolisti rappresentano la sezione pi forte della classe dominante. Nessun governo in grado di combattere il monopolio in generale, cio contro la classe per la volont della quale governa. Mentre attacca un aspetto del monopolio, obbligato a cercare un alleato nelle altre facce del monopolio. D'accordo con le banche e l'industria leggera pu vibrare ogni tanto un colpo contro i trusts dell'industria pesante, che, incidentalmente, non cessano di guadagnare profitti fantastici proprio a causa di ci. Lewis Douglas non contrappone la scienza all'ipocrisia ufficiale, ma solo un'altra specie d'ipocrisia. Egli vede la fonte dei monopoli non nel capitalismo ma nel protezionismo e, conseguentemente, scopre la salvezza della societ non nell'abolizione della propriet privata dei mezzi di produzione ma nella riduzione delle tariffe doganali. "Se non si torner alla libert dei mercati", egli predica, " dubbio che la libert di tutte le istituzioni, d'iniziativa privata, di parola,
educazione, religione, possa sopravvivere". In altre parole, la democrazia, non restaurando la libert dei traffici internazionali, ovunque e nei limiti in cui sia ancora potuta sopravvivere, deve cedere o a una dittatura rivoluzionaria o a una dittatura fascista. Ma la libert dei traffici internazionali inconcepibile senza liberi commerci interni, cio, senza concorrenza. E la libert di concorrenza inconcepibile sotto il dominio dei monopoli. Purtroppo, il signor Douglas, come il signor Ickes, come il signor Jackson, come il signor Cummings e il signor Roosevelt stesso, non s' preso il disturbo di iniziarci alla sua propria ricetta contro il capitalismo monopolistico e pertanto contro una rivoluzione o un regime totalitario. La libert di commercio, come la libera concorrenza, come la prosperit della classe media appartengono all'irrevocabile passato. Tornare indietro oggi la sola cura dei riformatori democratici del capitalismo: ridare pi "libert" a piccoli e medi industriali e finanzieri, cambiar sistema monetario e creditizio in loro favore, liberare il mercato dalla minaccia dispotica del trust, eliminare gli speculatori professionali dalla borsa, ripristinare liberi traffici internazionali, e cos via all'infinito. I riformatori vagheggiano perfino di limitare l'uso delle macchine e sottoporre la tecnica a una sorta di proscrizione, dato che la stessa tecnica turba l'equilibrio sociale ed causa di molte preoccupazioni.
Scienziati e marxismo
Parlando in difesa della scienza il 7 dicembre 1937, il Dr. Robert A. Millikan, eminentissimo fisico americano, ebbe a osservare: "Le statistiche degli Stati Uniti indicano che la percentuale della popolazione che presta la sua opera remunerata in costante aumento da cinquantanni a questa parte, periodo in cui la scienza ha veduto le sue pi rapide applicazioni". Questa difesa del capitalismo sotto specie di difesa della scienza non si pu dire felice. E proprio in quest'ultimo mezzo secolo che "si spezzata la catena del tempo" e l'interrelazione fra tecnica ed economia si nettamente modificata. Il periodo a cui Millikan si riferisce comprende cos gli inizi del declino capitalista come il pi alto livello della prosperit capitalista. Nascondere gli inizi di questo declino, che ha proporzioni mondiali, equivale a levarsi a patrocinatore del capitalismo. Respingendo il socialismo con aria di noncuranza e con argomenti che non farebbero onore nemmeno a Henry Ford, il Dr. Millikan ci dice che nessun sistema di distribuzione pu soddisfare le necessit dell'uomo, quando non elevi il valore quantitativo della produzione. Verissimo! Ma un peccato che il famoso fisico non spieghi ai milioni di disoccupati americani esattamente come dovrebbero fare per contribuire ad aumentare il reddito nazionale. Prediche astratte sulla grazia e la salvezza dell'iniziativa individuale e l'alta produttivit del lavoro salariato non forniranno certo un impiego ai disoccupati, n colmeranno il deficit del bilancio, n trarranno l'industria e la finanza nazionali fuor del vicolo cieco in cui si trovano. Ci che distingue Marx l'universalit del suo genio, la sua capacit a comprendere fenomeni e processi di vari campi nel loro intimo nesso. Senza essere uno specialista di scienze naturali, Marx fu uno dei primi ad apprezzare il significato delle grandi scoperte in quel campo; per esempio, la teoria darwiniana. Marx dovette questa preminenza non tanto al valore del suo intelletto quanto alla virt del suo metodo. Scienziati dalla mentalit borghese possono credersi superiori al socialismo; tuttavia il caso Robert Millikan non che un'altra conferma del fatto che, in sociologia, continuano ad essere disperatamente ciarlataneschi.
alla dittatura di qualche pazzoide. Nessuna di queste misure, che sono una beffa scandalosa agli interessi della societ, necessaria. Ma indispensabile e urgente separare i mezzi di produzione dai loro presenti parassitici proprietari e organizzare la societ in armonia con un piano razionale. Allora sarebbe immediatamente possibile curare la societ dei suoi mali. Tutti coloro in grado di lavorare troverebbero lavoro. La giornata lavorativa s'accorcerebbe gradualmente. I bisogni di tutti i membri della societ verrebbero sempre pi soddisfatti. Le parole "povert", "crisi", "sfruttamento" non sarebbero pi in circolazione. Il genere umano si trasformerebbe finalmente in autentica umanit.
una nuova". Nessuno ha finora potuto confutare Marx su questo fondamentale principio di sociologia della societ classista. Solo una rivoluzione socialista pu aprire la strada al socialismo.
Nell'epoca in cui fu pubblicato il primo volume del Capitale la dominazione mondiale da parte della borghesia inglese era ancora intatta. Le leggi astratte dell'economia mercantile trovavano naturalmente la loro pi perfetta incarnazione, e cio la meno legata a passate influenze, nel paese dove il capitalismo aveva raggiunto il suo massimo sviluppo. Pur basandosi nella sua analisi soprattutto sull'Inghilterra, Marx non aveva presente soltanto l'Inghilterra, ma l'intero mondo capitalistico. Si serv dell'Inghilterra del suo tempo come del migliore specchio contemporaneo del capitalismo. Ora resta solo il ricordo del primato britannico. I vantaggi della primogenitura capitalistica si sono trasformati in svantaggi. La struttura tecnica ed economica dell'Inghilterra s' logorata. Il paese continua a dipendere per la sua posizione mondiale dall'impero coloniale, eredit del passato, pi che da un attivo potenziale economico. Questo spiega, incidentalmente, la cristiana carit di Chamberlain verso il gangsterismo internazionale dei fascisti, carit che ha suscitato tanto stupore. La borghesia inglese non pu fare a meno di accorgersi che la sua decadenza economica diventata del tutto incompatibile con la sua posizione nel mondo e che una nuova guerra minaccia di provocare il crollo dell'impero britannico. Essenzialmente analoghe sono le basi economiche del "pacifismo" francese. La Germania, al contrario, ha utilizzato nella sua rapida ascesa capitalistica i vantaggi dell'arretratezza storica, armandosi con la tecnica pi perfetta dell'Europa. Con una ristretta base nazionale e scarsit di risorse naturali, il dinamico capitalismo germanico si per necessit trasformato nel pi esplosivo elemento nel cosiddetto equilibrio delle forze mondiali. L'epilettica ideologia di Hitler soltanto un'immagine riflessa dell'epilessia del capitalismo germanico. Oltre ai numerosi incomparabili vantaggi di carattere storico, lo sviluppo degli Stati Uniti ha goduto della preminenza di un territorio incommensurabilmente pi esteso e di ricchezze naturali straordinariamente pi grandi, che non la Germania. Superata, e di molto, la Gran Bretagna, la repubblica nordamericana divenne agli inizi di questo secolo la massima fortezza della borghesia mondiale. L tutte le possibilit insite nel capitalismo hanno trovato la loro pi alta affermazione. In nessun'altra parte del nostro pianeta la borghesia pu in qualsiasi modo superare le conquiste attuate nella repubblica del dollaro, che diventata, per il capitalismo del ventesimo secolo, lo specchio pi perfetto. Per gli stessi motivi per cui Marx prefer basare la sua analisi su statistiche inglesi, resoconti parlamentari inglesi, "libri azzurri" inglesi, noi siamo ricorsi nella nostra moderna introduzione a documentazioni fornite principalmente dalle esperienze economiche e politiche degli Stati Uniti. Non sarebbe difficile, naturalmente, citare fatti e cifre analoghe dalla vita di ogni altro paese capitalista. Ma ci non aggiungerebbe nulla di essenziale. Le conclusioni rimarrebbero le stesse, solo i fatti citati sarebbero meno impressionanti. La politica economica del Fronte Popolare in Francia stata, come uno dei suoi finanzieri l'ha giustamente definita, una riduzione del New Deal "per lillipuziani". pi che ovvio che in una analisi teorica sia infinitamente pi comodo trattare con ordini di grandezze ciclopiche anzich lillipuziane. E la stessa immensit dell'esperimento di Roosevelt dimostra come soltanto un miracolo possa salvare il sistema mondiale capitalistico. Ma si d il caso che lo sviluppo della produzione capitalistica ponga un termine alla produzione di miracoli. Inni propiziatori e preghiere abbondano, i miracoli non si verificano. Tuttavia chiaro che se il miracolo del ringiovanimento del capitalismo avesse a verificarsi in qualche luogo, non potrebbe accadere che negli Stati Uniti. Ma questo ringiovanimento non stato raggiunto. Ci che i ciclopi non sono stati capaci di fare, ancor meno lo possono i lillipuziani. Gettare le fondamenta di questa semplice conclusione lo scopo della nostra scorribanda nel campo dell'economia americana.
Madrepatria e colonie
"Il paese industrialmente pi sviluppato non fa che mostrare al meno sviluppato limmagine del suo avvenire" scrisse Marx nella prefazione alla prima edizione del suo Capitale. In nessun caso questa considerazione va presa alla lettera. L'accrescersi delle forze produttive e l'approfondirsi delle contraddizioni sociali senza dubbio il destino di ogni paese che si sia avviato sulla strada del progresso borghese. Tuttavia, la sproporzione fra ritmi e livelli, intrinseca a tutti gli sviluppi del genere umano, non solo divenuta particolarmente acuta sotto il capitalismo, ma ha promosso la complessa interdipendenza della subordinazione, dello sfruttamento e dell'oppressione tra paesi dalla diversa fisionomia economica. Soltanto una minoranza di paesi ha percorso completamente tutto il logico e sistematico processo di sviluppo dall'artigianato, attraverso la manifattura a domicilio, fino allo stabilimento, processo che Marx sottopose a un'analisi tanto particolareggiata. Il capitale commerciale, industriale e finanziario invase dall'esterno paesi arretrati, in parte distruggendo le forme primitive di economia locale e in parte soggiogandole al mondiale sistema industriale e bancario dell'occidente. Sotto la sferza dell'imperialismo, le colonie e le semicolonie furono costrette a non tener conto delle fasi intermedie, nello stesso tempo artificialmente persistendo su questo o quel livello. Lo sviluppo dell'India non ripet lo sviluppo della Gran Bretagna; non ne fu che un supplemento. Per, per comprendere il tipo combinato di sviluppo di paesi arretrati e non indipendenti come l'India, sempre necessario tener presente lo schema classico che Marx dedusse dallo sviluppo dell'Inghilterra. La teoria socialista del valore guida egualmente i calcoli degli speculatori nella City di Londra e le transazioni dei cambiavalute nei pi remoti angoli dell'Hyderabad, con l'eccezione che in questo caso assume aspetti pi semplici, meno sottili e scaltri.
Le sproporzioni di sviluppo portarono benefici straordinari ai paesi pi progrediti, i quali, anche se in grado diverso, continuarono a svilupparsi a spese dei pi arretrati, sfruttandoli, trasformandoli in colonie, o, almeno, rendendo loro impossibile di far parte dell'aristocrazia capitalista. Le ricchezze della Spagna, dell'Olanda, dell'Inghilterra, della Francia furono ottenute non solo dal plus valore fornito dai loro proletariati, non solo dalle devastazioni inflitte alle loro piccole borghesie, ma anche dai saccheggi sistematici dei loro possessi d'oltremare. Lo sfruttamento delle classi fu sostituito e migliorato dallo sfruttamento delle nazioni. La borghesia delle nazioni metropolitane pot assicurare una posizione privilegiata al suo proletariato, pagandola con una parte dei sopraprofitti spremuti dalle colonie. Senza tutto ci, qualsiasi forma di stabile regime democratico sarebbe stata impossibile all'infinito. Nella sua manifestazione diffusa, la democrazia borghese divenne, e continua a essere, una forma di governo accessibile soltanto alle nazioni pi aristocratiche e sfruttatrici. L'antica democrazia era basata sullo schiavismo, la democrazia imperialista sulla spoliazione delle colonie. Gli Stati Uniti, che formalmente non hanno quasi colonie, sono tuttavia i pi privilegiati fra tutte le nazioni della storia. I dinamici emigranti europei s'impossessarono di un continente ricco all'estremo, sterminarono la popolazione indigena, occuparono la parte migliore del Messico e si presero la parte del leone nelle ricchezze del mondo. Le scorte di grasso cos accumulate continuano a essere utili anche ora, nell'epoca della decadenza, per ungere il meccanismo e le ruote della democrazia. Recenti esperienze storiche, insieme con l'analisi teorica, attestano che il ritmo evolutivo della democrazia e la sua stabilit sono in ragione inversa della tensione dei contrasti di classe. Nei paesi capitalisti meno privilegiati (Russia, da una parte; Germania, Italia e simili dall'altra), che sono stati incapaci di generare una numerosa e salda aristocrazia del lavoro, la democrazia non si mai sviluppata in misura alcuna, soggiacendo alla dittatura con relativa facilit. Tuttavia, la continua paralisi progressiva del capitalismo sta preparando lo stesso destino alle democrazie delle nazioni pi ricche e privilegiate: la sola differenza sta nel tempo. L'irrefrenabile logorio delle condizioni di vita dei lavoratori rende sempre meno possibile alla borghesia concedere alle masse il diritto di partecipazione alla vita politica anche dentro l'angusta cornice del parlamentarismo borghese. Qualsiasi altra spiegazione dell'esautoramento della democrazia da parte del fascismo una falsificazione idealistica delle cose quali sono, volont d'illudere o d'illudersi. Mentre distrugge la democrazia nelle antiche madrepatrie del capitale, l'imperialismo nello stesso tempo impedisce il sorgere della democrazia nei paesi arretrati. Il fatto che nella nuova epoca non una sola delle colonie o delle semicolonie abbia consumato la sua rivoluzione democratica, soprattutto nel campo dei rapporti agrari, interamente dovuto all'imperialismo che diventato il freno principale al progresso economico e politico. Depredando le ricchezze naturali dei paesi arretrati e deliberatamente mortificando il loro indipendente sviluppo industriale, i magnati monopolisti e i loro governi contemporaneamente prestano aiuti finanziari, politici e militari ai gruppi pi reazionari, parassitari, semifeudali di sfruttatori indigeni. La barbarie agraria artificialmente mantenuta oggi la piaga pi tragica della contemporanea economia mondiale. La lotta dei popoli coloniali per la loro liberazione, superando le fasi intermedie, si trasforma di necessit in una lotta contro l'imperialismo, allineandosi cos con la lotta del proletariato nei paesi metropolitani. Guerre e sollevamenti coloniali a loro volta minano le fondamenta del mondo capitalistico pi che mai, rendendo ancor meno possibile il miracolo della sua rigenerazione.
quanto Hitler e Mussolini le loro richieste coloniali. La lotta furiosa e disperata per una nuova divisione del mondo deriva irresistibilmente dalla crisi mortale del sistema capitalista. Riforme parziali e pannicelli caldi non serviranno a nulla. L'evoluzione storica giunta a una di quelle fasi decisive in cui solo l'intervento diretto delle masse popolari pu spazzare via gli ostacoli reazionari e gettare le fondamenta di un nuovo regime. L'abolizione della propriet privata dei mezzi di produzione il primo passo per un'economia pianificata, e cio l'avvento della ragione nella sfera dei rapporti umani, prima su scala nazionale e alla fine mondiale. Una volta cominciata, la rivoluzione socialista si diffonder di paese in paese con una forza incomparabilmente maggiore di quella con cui si diffonde oggi il fascismo. Con l'esempio e l'aiuto delle nazioni progredite, le nazioni arretrate verranno esse pure trasportate nella fiumana del socialismo. I putridi cancelli di pedaggio delle dogane crolleranno. I contrasti che lacerano l'Europa e il mondo intero troveranno la loro naturale e pacifica soluzione nel quadro di una Confederazione Socialista in Europa e in altre parti del mondo. L'umanit liberata si lever ritta in tutta la sua statura.
Note
(1)La riduzione del primo volume del Capitale, fondamento di tutto il sistema dell'economia marxista, stata fatta da Otto Ruhle con profonda comprensione di simile compito. Sono stati eliminati esempi superati dai tempi, poi citazioni da scritti che oggi hanno solo interesse storico, polemiche con autori ormai dimenticati e infine numerosi documenti che, quale che possa essere la loro importanza per la comprensione di una data epoca, non hanno posto in un'esposizione concisa, che persegue fini teorici pi che storici. Nello stesso tempo, Otto Ruhle ha fatto tutto il possibile per conservare continuit al procedere dell'analisi scientifica. Deduzioni logiche e passaggi dialettici non sono stati, ne siamo certi, interrotti in nessun punto. ragionevole che questo estratto esiga una lettura quanto mai attenta. (2) La concorrenza come forza moderatrice, lamenta lex Procuratore Generale degli Stati Uniti, Mr. Homer S. Cummings, viene gradualmente eliminata e in vasti settori essa non pi che il pallido ricordo di condizioni che hanno cessato di essere. (3) Un commissario del Senato degli Stati Uniti rilev nel febbraio 1937 che in quegli ultimi 20 anni le decisioni delle dodici maggiori societ anonime equivalevano a ordini impartiti alla maggior parte dell'industria americana. Il numero di presidenti del consiglio d'amministrazione di queste societ corrisponde all'incirca ai numero dei membri del gabinetto del Presidente, branca esecutiva del governo della Repubblica stellata. (4) Lo scrittore americano Ferdinand Lundberg, che nonostante tutta la sua coscienziosit di studioso un economista piuttosto conservatore, scrisse nel suo libro che fece tanto chiasso: "Gli Stati Uniti sono oggi posseduti e dominati da una gerarchia di sessanta tra le pi ricche famiglie, sostenuta da non pi di novanta famiglie meno ricche". A queste si potrebbero aggiungere un terzo gruppo di, forse, 350 altre famiglie con redditi superiori ai centomila dollari annui. La posizione di predominio spetta al primo gruppo di sessanta famiglie, che dominano non solo il mercato, ma anche tutte le leve del governo. Sono esse il vero governo, "il governo del denaro nella democrazia del dollaro".