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I morti per forza si affollano intorno a Dante (1-24)

Dante spiega che quando finisce il gioco della zara, il perdente resta solo e impara a sue spese
come comportarsi nella prossima partita, mentre tutti si affollano intorno al vincitore,
attirando la sua attenzione; quello non si ferma, ma si difende dalla calca dando retta a tutti
e porgendo la mano all'uno e all'altro. Lo stesso fa il poeta attorniato dalle anime dei morti
per forza, rivolgendosi ora a questo ora a quello, e si allontana promettendo. Tra le anime c'
quella dell'Aretino che fu ucciso da Ghino di Tacco e Guccio de' Tarlati che mor annegato; ci
sono Federico Novello e il pisano che fece sembrare forte il padre Marzucco; ci sono il conte
Orso degli Alberti e l'anima di Pierre de la Brosse, che dice di essere stato ucciso per invidia e
non per colpa, per cui Maria di Brabante dovrebbe pentirsi per evitare di finire tra i dannati.

Virgilio spiega l'efficacia della preghiera (25-57)

Non appena Dante riesce a liberarsi dalle anime che lo pressano, si rivolge a Virgilio e gli
ricorda come in alcuni suoi versi egli nega alla preghiera il potere di piegare un decreto divino.
Queste anime si augurano proprio questo, quindi Dante non sa se la loro speranza vana,
oppure se non ha capito bene ci che Virgilio ha scritto. Il maestro risponde che i suoi versi
sono chiari e la speranza di tali anime ben riposta, a patto di giudicare con mente sana:
infatti il giudizio divino non si piega solo perch l'ardore di carit della preghiera compie in un
istante ci che devono scontare queste anime. Nei versi dell'Eneide in cui Virgilio parlava di
questo, inoltre, la colpa non veniva lavata dalla preghiera, poich questa era disgiunta da Dio.
Virgilio esorta Dante a non tenersi il dubbio, ma di attendere pi profonde spiegazioni da
parte di Beatrice, che illuminer la sua mente e lo attende sorridente sulla cima del monte. A
questo punto Dante invita il maestro ad affrettare il passo, essendo molto meno stanco di
prima e osservando che il monte proietta gi la sua ombra ( pomeriggio). Virgilio dice che
procederanno sino alla fine del giorno, quanto pi potranno, ma le cose stanno diversamente
da come lui pensa. Prima di arrivare in cima, infatti, Dante vedr il sole tramontare e poi
risorgere.

Incontro con Sordello da Goito (58-75)

Virgilio indica a Dante un'anima che se ne sta in disparte e guarda verso di loro, che potr
indicare la via pi rapida per salire. Raggiungono quell'anima che, come si sapr, lombarda,
e sta con atteggiamento altero e muove gli occhi in modo assai dignitoso. Lo spirito non dice
nulla e lascia che i due poeti si avvicinino, guardandoli come un leone in attesa. Virgilio si
avvicina a lui e lo prega di indicargli il cammino migliore, ma quello non risponde alla
domanda e gli chiede a sua volta chi essi siano e da dove vengano. Virgilio non fa in tempo a
dire Mantova... che subito l'anima va ad abbracciarlo e si presenta come Sordello, originario
della sua stessa terra.

Invettiva contro l'Italia (76-126)

Dante a questo punto prorompe in una violenta invettiva contro l'Italia, definita sede del
dolore e nave senza timoniere in una tempesta, non pi signora delle province dell'Impero
romano ma bordello: l'anima di Sordello stata prontissima a salutare Virgilio solo perch ha
saputo che della sua stessa terra, mentre i cittadini italiani in vita si fanno guerra, anche
quelli che abitano nello stesso Comune. L'Italia dovrebbe guardare bene entro i suoi confini e
vedrebbe che non c' parte di essa che gode la pace. A che servito che Giustiniano ordinasse
le leggi se poi non c' nessuno a metterle in pratica? Gli Italiani dovrebbero permettere
all'imperatore di governarli, invece di lasciare che il paese vada in rovina, affidato a gente
incapace. Dante accusa l'imperatore Alberto I d'Asburgo di abbandonare l'Italia, diventata una
bestia sfrenata, mentre dovrebbe essere lui a cavalcarla: si augura che il giudizio divino colpisca
duramente lui e i discendenti, perch il successore ne abbia timore. Infatti Alberto e il padre
(Rodolfo d'Asburgo) hanno lasciato che il giardino dell'Impero sia abbandonato: Alberto
dovrebbe venire a vedere le lotte tra famiglie rivali, gli abusi subti dai suoi feudatari, la rovina
della contea di Santa Fiora. Dovrebbe vedere Roma che piange e si lamenta di essere
abbandonata dal suo sovrano, la gente che si odia, e se non gli sta a cuore la sorte del paese
dovrebbe almeno vergognarsi della sua reputazione. Dante si rivolge poi a Giove (Cristo),
crocifisso in Terra per noi, e gli chiede se rivolge altrove lo sguardo oppure se prepara per
l'Italia un destino migliore di cui non si sa ancora nulla. Le citt d'Italia, infatti, sono piene di
tiranni e ogni contadino che sostenga una parte politica viene esaltato come un Marcello.

Invettiva contro Firenze (127-151)

Dante osserva ironicamente che Firenze pu essere lieta del fatto di non essere toccata da
questa digressione, visto che i suoi cittadini contribuiscono alla sua pace. Molti sono giusti e
tuttavia sono restii a emettere giudizi, mentre i fiorentini non hanno alcun timore e si
riempiono la bocca di giustizia; molti rifiutano gli uffici pubblici, mentre i fiorentini sono fin
troppo solleciti ad assumersi le cariche politiche. Firenze dev'essere lieta, perch ricca,
pacifica e assennata: Atene e Sparta, citt ricordate per le prime leggi scritte, diedero un
piccolo contributo al vivere civile rispetto a Firenze, che emette deliberazioni cos sottili (cio
esili) che quelle di ottobre non arrivano a met novembre. Quante volte la citt, a memoria
d'uomo, ha mutato le sue usanze! E se Firenze bada bene e ha ancora capacit di giudizio,
ammetter di essere simile a un'ammalata che non trova riposo nel letto e cerca di lenire le
sue sofferenze rigirandosi di continuo.

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