DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II SULLA MISERICORDIA DIVINA
Venerati Fratelli, carissimi Figli e Figlie, salute e Apostolica Benedizione! I Chi vede me, vede il Padre (cfr Gv 14,9) 1. Rivelazione della misericordia Dio ricco di misericordia (Ef 2,4) colui che Ges Cristo ci ha rivelato come Padre: proprio il suo Figlio, in se stesso, ce l'ha manifestato e fatto conoscere. (Gv 1,18) (Eb 1,1) Memorabile al riguardo il momento in cui Filippo, uno dei dodici apostoli, rivolgendosi a Cristo, disse: Signore, mostraci il Padre e ci basta; e Ges cos gli rispose: Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto...? Chi ha visto me, ha visto il Padre. (Gv 14,8) Queste parole furono pronunciate durante il discorso di addio, al termine della cena pasquale, a cui seguirono gli eventi di quei santi giorni durante i quali doveva una volta per sempre trovar conferma il fatto che Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo. (Ef 2,4) Seguendo la dottrina del Concilio Vaticano II e aderendo alle particolari necessit dei tempi in cui viviamo, ho dedicato l'enciclica Redemptor hominis alla verit intorno all'uomo, che nella sua pienezza e profondit ci viene rivelata in Cristo. Un'esigenza di non minore importanza, in questi tempi critici e non facili, mi spinge a scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre, che misericordioso e Dio di ogni consolazione. (2 Cor 1, 3). Si legge infatti nella costituzione Gaudium et spes: Cristo, che il nuovo Adamo... svela... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione: egli lo fa proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore (Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, 22: AAS 58 [1966], p. 1042). Le parole citate attestano chiaramente che la manifestazione dell'uomo, nella piena dignit della sua natura, non pu aver luogo senza il riferimento - non soltanto concettuale, ma integralmente esistenziale - a Dio. L'uomo e la sua vocazione suprema si svelano in Cristo mediante la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore. per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell'uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese. Se vero che ogni uomo, in un certo senso, la via della Chiesa, come ho affermato nell'enciclica Redemptor hominis, al tempo stesso il Vangelo e tutta la tradizione ci indicano costantemente che dobbiamo percorrere questa via con ogni uomo cosi come Cristo l'ha tracciata, rivelando in se stesso il Padre e il suo amore (Cfr. ib). In Ges Cristo ogni cammino verso l'uomo, quale stato una volta per sempre assegnato alla Chiesa nel mutevole contesto dei tempi, simultaneamente un andare incontro al Padre e al suo amore. Il Concilio Vaticano II ha confermato questa verit a misura dei nostri tempi. Quanto pi la missione svolta dalla Chiesa si incentra sull'uomo, quanto pi , per cosi dire, antropocentrica, tanto pi essa deve confermarsi e realizzarsi teocentricamente, cio orientarsi in Ges Cristo verso il Padre. Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e perfino a contrapporre il teocentrismo e l'antropocentrismo, la Chiesa invece, seguendo il Cristo, cerca di congiungerli nella storia dell'uomo in maniera organica e profonda. E questo anche uno dei principi fondamentali, e forse il pi importante, del magistero dell'ultimo Concilio. Se dunque nella fase attuale della storia della Chiesa, ci proponiamo come compito preminente di attuare la dottrina del grande Concilio, dobbiamo appunto richiamarci a questo principio con fede, con mente aperta e col cuore. Gi nella citata mia enciclica ho cercato di rilevare che l'approfondimento e il multiforme arricchimento della coscienza della Chiesa, frutto del medesimo Concilio, deve aprire pi ampiamente il nostro intelletto ed il nostro cuore a Cristo stesso. Oggi desidero dire che l'apertura verso Cristo, che come Redentore del mondo rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso, non pu compiersi altrimenti che attraverso un sempre pi maturo riferimento al Padre ed al suo amore. 2. I ncarnazione della misericordia Dio, che abita una luce inaccessibile (1 Tim 6, 16), parla nello stesso tempo all'uomo col linguaggio di tutto il cosmo: Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinit (Rm 1, 20). Questa indiretta e imperfetta conoscenza, opera dell'intelletto che cerca Dio per mezzo delle creature attraverso il mondo visibile, non ancora visione del Padre. Dio nessuno l'ha mai visto, scrive san Giovanni per dar maggior rilievo alla verit secondo cui proprio il Figlio unigenito, che nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1, 18). Questa rivelazione manifesta Dio nell'insondabile mistero del suo essere - uno e trino - circondato di luce inaccessibile (1 Tim 6, 16). Mediante questa rivelazione di Cristo, tuttavia, conosciamo Dio innanzitutto nel suo rapporto di amore verso l'uomo: nella sua filantropia (Tit 3, 4). proprio qui che le sue perfezioni invisibili diventano in modo particolare visibili, incomparabilmente pi visibili che attraverso tutte le altre opere da lui compiute: esse diventano visibili in Cristo e per mezzo di Cristo, per il tramite delle sue azioni e parole e, infine, mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione. In tal modo, in Cristo e mediante Cristo, diventa anche particolarmente visibile Dio nella sua misericordia, cio si mette in risalto quell'attributo della divinit che gi l'Antico Testamento, valendosi di diversi concetti e termini, ha definito misericordia. Cristo conferisce a tutta la tradizione vetero-testamentaria della misericordia divina un significato definitivo. Non soltanto parla di essa e la spiega con l'uso di similitudini e di parabole, ma soprattutto egli stesso la incarna e la personifca. Egli stesso , in un certo senso, la misericordia. Per chi la vede in lui - e in lui la trova - Dio diventa particolarmente visibile quale Padre ricco di misericordia (Ef 2, 4). La mentalit contemporanea, forse pi di quella dell'uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altres ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l'idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l'uomo, il quale, grazie all'enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (Cfr. Gn 1, 28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superfcialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia. A questo proposito possiamo, tuttavia, rifarci con profitto all'immagine della condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo qual delineata all'inizio della Costituzione Gaudium et spes. Vi leggiamo, tra l'altro, le seguenti frasi: Stando cosi le cose, il mondo si presenta oggi potente e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libert o della schiavit, del progresso o del regresso, della fraternit o dell'odio. Inoltre, l'uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli (Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, 9: AAS 58 [1966], p. 1032). La situazione del mondo contemporaneo manifesta non soltanto trasformazioni tali da far sperare inun futuro migliore dell'uomo sulla terra, ma rivela pure molteplici minacce che oltrepassano di molto quelle finora conosciute. Senza cessare di denunciare tali minacce in diverse circostanze (come negli interventi all'ONU, all'UNESCO, alla FAO ed altrove), la Chiesa deve esaminarle, al tempo stesso, alla luce della verit ricevuta da Dio. Rivelata in Cristo, la verit intorno a Dio Padre delle misericordie (2 Cor 1, 3) ci consente di vederlo particolarmente vicino all'uomo, soprattutto quando questi soffre, quando viene minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignit. Ed per questo che, nell'odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio. Essi sono spinti certamente a farlo da Cristo stesso, il quale mediante il suo Spirito opera nell'intimo dei cuori umani. Rivelato da lui, infatti, il mistero di Dio Padre delle misericordie diventa, nel contesto delle odierne minacce contro l'uomo, quasi un singolare appello che s'indirizza alla Chiesa. Nella presente enciclica desidero accogliere questo appello; desidero attingere all'eterno ed insieme, per la sua semplicit e profondit, incomparabile linguaggio della rivelazione e della fede, per esprimere proprio con esso ancora una volta dinanzi a Dio ed agli uomini le grandi preoccupazioni del nostro tempo. Infatti, la rivelazione e la fede ci insegnano non tanto a meditare in astratto il mistero di Dio come Padre delle misericordie, ma a ricorrere a questa stessa misericordia nel nome di Cristo e in unione con lui. Cristo non ha forse detto che il nostro Padre, il quale vede nel segreto (Mt 6, 4.6.18), attende, si direbbe, continuamente che noi, richiamandoci a lui in ogni necessit, scrutiamo sempre il suo mistero: il mistero del Padre e del suo amore? (Cfr. Ef 3, 18; inoltre Lc 11, 5-13) Desidero quindi che queste considerazioni rendano pi vicino a tutti tale mistero e diventino, nello stesso tempo, un vibrante appello della Chiesa per la misericordia di cui l'uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno. II Messaggio messianico
3. Quando Cristo inizi a fare e ad insegnare Dinanzi ai suoi compaesani a Nazaret, Cristo fa riferimento alle parole del profeta Isaia: Lo Spirito del Signore sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libert gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore (Lc 4, 18 s.). Queste frasi, secondo Luca, sono la sua prima dichiarazione messianica, a cui fanno seguito i fatti e le parole conosciute per mezzo del Vangelo. Mediante quei fatti e quelle parole Cristo rende presente il Padre tra gli uomini. quanto mai signifcativo che questi uomini siano soprattutto i poveri, privi dei mezzi di sussistenza, coloro che sono privi della libert, i ciechi che non vedono la bellezza del creato, coloro che vivono nell'afflizione del cuore, oppure soffrono a causa dell'ingiustizia sociale, ed infine i peccatori. Soprattutto nei riguardi di questi ultimi il Messia diviene un segno particolarmente leggibile di Dio che amore, diviene segno del Padre. In tale segno visibile, al pari degli uomini di allora, anche gli uomini dei nostri tempi possono vedere il Padre. signifcativo che, quando i messi inviati da Giovanni Battista giunsero da Ges per domandargli: Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro? (Lc 7, 19), egli, rifacendosi alla stessa testimonianza con cui aveva inaugurato l'insegnamento a Nazaret, abbia risposto: Andate e riferite a Giovanni ci che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri annunciata la buona novella, ed abbia poi concluso: E beato chiunque non si sar scandalizzato di me! (Lc 7, 22 s.). Ges, soprattutto con il suo stile di vita e con le sue azioni, ha rivelato come nel mondo in cui viviamo presente l'amore, l'amore operante, l'amore che si rivolge all'uomo ed abbraccia tutto ci che forma la sua umanit. Tale amore si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l'ingiustizia, la povert, a contatto con tutta la condizione umana storica, che in vari modi manifesta la limitatezza e la fragilit dell'uomo, sia fisica che morale. Appunto il modo e l'ambito in cui si manifesta l'amore viene denominato nel linguaggio biblico misericordia. Cristo quindi rivela Dio che Padre, che amore, come si esprimer nella sua prima lettera san Giovanni (1 Gv 4, 8.16); rivela Dio ricco di misericordia, come leggiamo in san Paolo (Ef 2, 4). Tale verit, pi che tema di un insegnamento, una realt a noi resa presente da Cristo. Il render presente il Padre come amore e misericordia , nella coscienza di Cristo stesso, la fondamentale verifica della sua missione di Messia, lo confermano le parole da lui pronunciate prima nella sinagoga di Nazaret, poi dinanzi ai suoi discepoli ed agli inviati di Giovanni Battista. In base ad un tal modo di manifestare la presenza di Dio che Padre, amore e misericordia, Ges fa della misericordia stessa uno dei principali temi della sua predicazione. Come al solito, anche qui egli insegna innanzitutto in parabole, perch queste esprimono meglio l'essenza stessa delle cose. Basta ricordare la parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11-32), oppure quella del buon Samaritano (Lc 10, 30-37), ma anche - per contrasto - la parabola del servo spietato (Mt 18, 23-35). Sono molti i passi dell'insegnamento di Cristo che manifestano l'amore-misericordia sotto un aspetto sempre nuovo. suffciente avere davanti agli occhi il buon pastore, che va in cerca della pecorella smarrita (Mt 18, 12-14; Lc 15, 3-7), oppure la donna che spazza la casa in cerca della dramma perduta (Lc 15, 8-10). L'evangelista che tratta particolarmente questi temi nell'insegnamento di Cristo Luca, il cui Vangelo ha meritato di essere chiamato il Vangelo della misericordia. Quando si parla della predicazione, si apre un problema di capitale importanza in merito al significato dei termini ed al contenuto del concetto, soprattutto al contenuto del concetto di misericordia (in rapporto al concetto di amore). La comprensione di quel contenuto la chiave per intendere la realt stessa della misericordia. Ed questo quel che per noi pi importa. Tuttavia, prima di dedicare un'ulteriore parte delle nostre considerazioni a questo argomento, cio di stabilire il significato dei vocaboli e il contenuto proprio del concetto di misericordia, necessario constatare che Cristo, nel rivelare l'amore-misericordia di Dio, esigeva al tempo stesso dagli uomini che si facessero anche guidare nella loro vita dall'amore e dalla misericordia. Questa esigenza fa parte dell'essenza stessa del messaggio messianico, e costituisce il midollo dell'ethos evangelico. Il Maestro lo esprime sia per mezzo del comandamento da lui definito come il pi grande (Mt 22, 38), sia in forma di benedizione, quando nel Discorso della montagna proclama: Beati i misericordiosi, perch troveranno misericordia (Mt 5, 7). In tal modo, il messaggio messianico sulla misericordia conserva una particolare dimensione divino-umana. Cristo - quale compimento delle profezie messianiche - divenendo l'incarnazione dell'amore che si manifesta con particolare forza nei riguardi dei sofferenti, degli infelici e dei peccatori, rende presente e in questo modo rivela pi pienamente il Padre, che Dio ricco di misericordia. Contemporaneamente, divenendo per gli uomini modello dell'amore misericordioso verso gli altri, Cristo proclama con i fatti ancor pi che con le parole quell'appello alla misericordia, che una delle componenti essenziali dell'ethos del Vangelo. In questo caso non si tratta solo di adempiere un comandamento o una esigenza di natura etica, ma anche di soddisfare una condizione di capitale importanza, affinch Dio si possa rivelare nella sua misericordia verso l'uomo: I misericordiosi... troveranno misericordia. III - L'Antico Testamento