Ho incontrato Pietro Gori a Livorno, la sua Livorno, la nostra Livorno. Lho incontrato per caso, sotto i portici di via di Franco, a met strada tra la Sinagoga e la piazza del mercato. Le urla dei venditori gridano i ribassi dei prezzi del pesce, della frutta e della verdura. Si avvicina il tocco della campana del duomo e i commercianti hanno fretta di vendere le ultime mercanzie, prima di chiudere bottega e filare a casa, a desinare. Il libraio che mi scruta di sottecchi, mentre io gironzolo tra i suoi sudici volumi, non fa eccezione. un uomo grasso, bisunto, insaccato in una camicia bianca a righe grigie e verdi che fatica a contenere il buzzo tracotante. Mi osserva, appollaiato su uno sgabello di legno, mentre finge di sfogliare un libro ingiallito, con un toscano fra le dita e un paio di occhiali sottili, da lettura, annodati a una cordicella dorata che penzola dietro le orecchie. La brezza marina spira tra i vicoli della citt vecchia, ricacciando a monte lafrore stantio dei fossi. A un tratto, il libraio scrolla una mano: al polso ha un vistoso orologio doro massiccio. Controlla le lancette, sbuffa un paio di volte, si riaccende il sigaro e alla fine sbotta: <<Cinque minuti e si chiude>> <<La campana non ancora suonata>> Replico prontamente. Ma il libraio rimane impassibile, come se non stesse l per vendere libri. <<Suona tra cinque minuti>> Ho sempre odiato gli orari inflessibili della provincia e il mio pi grande rammarico che anche la metropoli ormai sta diventando provinciale. Preso dalla fretta, e da un acido sentimento di ripicca, noi livornesi siamo animi litigiosi, gli metto a soqquadro la bancarella, sparigliando pile di libri e montagne di polvere, finch, tra uno starnuto e laltro, in fondo a una cassa, noto la fotografia di un uomo in bianco e nero, seduto su una sedia, con una camicia bianca, un gilet e uno spolverino nero, un cappello a falde larghe nero e un paio di lunghi baffi ottocenteschi, senza barba. Ha uno sguardo melancolico ma sognatore. Dimprovviso la campana rintocca luna e il libraio si alza dalla sedia. <<Bimbo, io chiudo>> Non ci penso due volte, agguanto il libro e mi affretto a pagare. Il libraio si aggiusta gli occhiali sul naso. Esamina il libello con fare scrupoloso e, alla fine, esclama: <<Ma tu guarda, Pietro Gori. Non sapevo pi neanche di avercelo>> Confesso di aver ringraziato la fretta, che non sempre cattiva consigliera. E, dopo aver negoziato il prezzo, a Livorno tutto commercio e contrattazione, ho acchiappato lopuscolo e sono filato, di corsa, a casa, a leggere.
La scrittura di Pietro Gori limpida, lucida, chiara e, al tempo stesso, ricercata, colta e persino poetica. Sorprender il fatto che io abbia conosciuto questo personaggio fondamentale dellanarchismo italiano, soltanto passati i venti anni. Ma c un dato di fondo che, penso, caratterizzi la mia generazione (e successive) da quelle passate. Infatti, si potrebbe considerare il secolo scorso come un secolo lungo, durato duecento anni: dal 1789 al 1989. Un secolo delle rivoluzioni, nel quale una parte della societ ha lottato per la trasformazione dello Stato in un senso o in un altro (borghese, piccolo-borgese, proletario). Con il crollo del muro di Berlino, i sogni, le speranze, le utopie legate alla trasformazione della societ sono anchesse franate, donde la crisi del sistema politico-culturale italiano, incapace di raccontare un nuovo sogno sociale. quindi aumentata, inevitabilmente, la distanza tra la mia generazione (e successive) e le generazioni precedenti rispetto agli ideali di Gori. E allora perch riproporre le conferenze dellautore toscano? Prima di tutto per suggerire una nuova lettura del movimento anarchico italiano. Lettura che, in fondo, non cos nuova, ma che, ad esempio, come studente di storia mi capitato raramente di affrontare. Infatti, del fenomeno anarchico sovente esaltata la componente insurrezionalista- rivoluzionaria, mentre si omette spesso che stato il primo grande incubatore dei movimenti per i diritti civili italiani. C pi educazione civica in queste conferenze di Gori che nella stessa Costituzione Italiana. Difatti leducazione, civica e morale, si antepone a qualsiasi legge. Una buona coscienza emana una buona legge, ma una legge, per quanto buona sia, da sola non sufficiente a formare una buona coscienza. Bisogna ripartire da qui, dalle conferenze di Pietro Gori, dalla tradizione anarchica italiana depurata dagli aspetti materialistici, ormai obsoleti. Del resto, non era lo stesso Malatesta a distinguere tra anarchia e anarchismo? E la tradizione anarchica non pi radicata, proprio nelle regioni in cui c un maggior rispetto della cosa pubblica? Il secondo motivo per rileggere, o leggere per la prima volta, Pietro Gori ragionare sul termine stesso di Rivoluzione. Ultimamente, quando si parla di rivoluzione, ci si riferisce a un maxi- apriscatole che dovrebbe incombere su governo e parlamento. E ci si dimentica spesso, o forse non si mai saputo, che la Rivoluzione, la vera Rivoluzione non ha bisogno di un re decapitato. Infatti, la vera Rivoluzione implica un cambiamento di cultura, di mentalit, di essere, di agire delle persone. Le Rivoluzioni pi esuberanti, invece, si risolvono spesso in un nulla di fatto. Gutta cavat lapidem (goccia a goccia lacqua scava la pietra) recita un proverbio latino, mentre Tomasi di Lampedusa scriveva: se vogliamo che tutto rimanga com bisogna che tutto cambi.
E allora, domandiamoci: rivoluzionario oggi affermare che i lavoratori devono essere tutelati, perch non si pu morire di lavoro? rivoluzionario oggi sostenere i diritti di sciopero, di manifestazione, di libera associazione e di libero pensiero? rivoluzionario oggi contrastare i matrimoni combinati, di convenienza o interesse? Eppure una volta era questa listituzione del matrimonio. rivoluzionario oggi dichiarare che le unioni tra individui devono essere libere e seguire le ragioni del cuore?
Il termine rivoluzione, rispetto allepoca di Gori, ha subito una variazione di significato perch la societ stessa che cambiata; prova che molti ideali per i quali si combattuto sono stati raggiunti; prova che, in Italia, una rivoluzione c stata, anche se invisibile; anche se tutti, per un motivo o per laltro, hanno fatto finta di non vederla. Rileggiamo dunque le parole di Gori:
D. Come spiega i delitti dei dinamitardi dei pugnalatori, che si professano anarchici?... R. Ed anarchici sono realmente. Lerrore per sta nel credere, che cotesti atti siano una conseguenza delle dottrine, anzich dei temperamenti individuali. Io, per esempio, che mi sento socialistaanarchico quanto altri mai, sarei incapace di recare il minimo danno ad un mio simile, o di incitare altri a farlo. [] La mia fede incrollabile nella propaganda, che vuol dire ragionamento, discussione, viso aperto.[] Volete sopprimere lanarchismo violento, ed essere conservatori serii?... sopprimete le iniquit sociali, che lo alimentano. Ma allora avrete fatta la rivoluzione.
Caro Pietro, eri consapevole che le tue battaglie andavano combattute con la penna e con linchiostro, per questo alla fine hai vinto la guerra. Adesso spetta a noi vincere la pace.