Prefazione............................................................................................ 1
Parte Prima
II neurone Le sinapsi I riflessi
1. Tecniche fondamentali per lo studio del sistema nervoso.............5
2. Osservazioni elettrofisiologiche elementari ......................... 11
3. Il potenziale di riposo.............................................................. 23
4. Il potenziale d'azione............................................................... 33
5. I riflessi del midollo spinale........................................................47
6. I riflessi evocati da stimoli naturali .......................................... 61
I riflessi flessori.....................................................................................62
Il riflesso da grattamento..................................................................63
I riflessi da stiramento..........................................................................64
Recettori dei riflessi da stiramento...................................................66
Recettori tendini e riflessi tendinei ..................................................70
Riassunto dei riflessi mediati delle fibre Ia, Ib e IIa........................72
Fibre gamma e regolazione del fuso neuromuscolare....................73
7. Trasmissione sinaptica...........................................................79
Sinapsi neuromuscolare........................................................................79
8. Trasmissione sinaptica nel sistema nervoso centrale.................89
Trasmissione sinaptica elettrica........................................................91
Trasmissione sinaptica chimica........................................................93
Potenziali postsinaptici eccitatori .....................................................95
Potenziali postsinaptici inibitori ......................................................97
Inibizione presinaptica......................................................................98
Nascita dei potenziali d'azione nei neuroni centrali ................... 100
9. Organizzazione del midollo spinale................................................ 105
Vie discendenti ............................................................................ 110
Vie propriospinali........................................................................ 112
Vie ascendenti ........................................................................ 113
Disturbi conseguenti alla sezione completa del midollo spinale. 114
III
IV
Parte Seconda
I recettori La sensibilit somatica II talamo
La corteccia cerebrale
1. Introduzione alle funzioni di senso........................................ 123
2. Organizzazione dei sistemi sensoriali .................................... 127
3. Il processo di trasduzione.................................................. 131
4. La sensibilit somatica................................................... 141
5. Tatto-pressione e senso di posizione: capacit discriminative
nell'uomo....................................................................................
145
6. I meccanocettori .......................................................... 151
7. Vie afferenti pretalamiche della sensibilit somatica.............. 159
Sistema dorsale e lemnico mediale................................................ 159
Sistema cervicale laterale.......................................................... 164
Sistema antero-laterale.............................................................. 166
Sistema trigeminale....................................................................... 168
8. I l tal amo............................................................ 173
Nuclei talamici aspecifici .......................................................... 175
Nuclei talamici specifici ............................................................... 180
Nuclei talamici associati alle vie sensoriali ................................ 182
Nuclei talamici associati alle vie con funzioni motorie.............. 186
Nuclei talamici associati a funzioni emozionali e percettive
complesse..................................................................................
187
9. Corteccia cerebrale...................................................................... 189
Aree della sensibilit somatica..................................................... 201
Area somatica sensoriale principale........................................... 202
Area somatica sensoriale II ............................................................. 205
10. Lesioni delle vie e dei centri del sistema somatosensoriale......... 209
Deficit conseguenti a lesioni dei cordoni dorsali ......................... 209
Deficit conseguenti a lesioni dei cordoni anterolaterali............... 210
Sindromi da emisezione del midollo spinale, da lesione delle
corna grigie posteriori e da lesione della sostanza grigia
centrale del midollo spinale..........................................................
211
Deficit conseguenti a lesioni del complesso ventrobasale del
talamo e dell'area somatica principale della corteccia
cerebrale....................................................................................
212
PREFAZIONE
Questo nuovo volume non una nuova edizione dei due precedenti
volumetti che raccoglievano le mie lezioni sul sistema nervoso. solo
una loro ristampa.
L'idea dell'Editore era che io aggiornassi il materiale gi pubblicato e
aggiungessi il sistema motorio che nei libri di testo trattato, in genere,
in modo piuttosto superficiale. Purtroppo non ho avuto tempo n per la
revisione n per l'aggiunta.
Mi auguro che questo volume abbia vita breve, di due tre anni al
massimo, e che venga poi sostituito da una nuova edizione aggiornata.
Spero di trovare il tempo di farlo. Non mi sento tuttavia particolarmente
in colpa per le inadeguatezze del volume in quanto a chi viene a lezione
viene segnalato dove il volume superato e dove studiare per integrarne
il contenuto.
Come avevo scritto nelle prefazioni precedenti, scopo di questi appunti
solo di dare una traccia semplice da seguire per capire i meccanismi di
base della fisiologia del sistema nervoso. Per una buona preparazione
questi appunti devono essere integrati con le lezioni e con capitoli da
studiare su altri testi.
Giacomo Rizzolatti
PARTE PRIMA
Il neurone Le sinapsi
I riflessi
1) TECNICHE FONDAMENTALI PER LO STUDIO
DEL SISTEMA NERVOSO
L'unit funzionale del sistema nervoso il neurone. Dal punto
di vista istologico il neurone tipo consta di tre parti principali: il
corpo cellulare o soma, i dendriti, e l'assone o neurite. L'assone ,
in genere, un lungo prolungamento che termina in contatto con al-
tri neuroni. La regione di contatto tra l'assone ed i neuroni prende
il nome di sinapsi.
I neuroni nell'uomo sono circa 25 miliardi e formano grazie
alle loro connessioni una complessa ed intricata rete. La rete ner-
vosa, dal punto di vista funzionale, non omogenea; ma alcune
parti di essa sono responsabili di certe funzioni, altre parti di altre
funzioni. Compito della fisiologia di stabilire quali funzioni hanno
le diverse parti della rete nervosa e di scoprire come i neuroni ed i
circuiti neuronali riescano a svolgere queste funzioni.
Le tecniche sperimentali usate per lo studio del sistema nervo-
sso sono fondamentalmente tre: la tecnica dell'ablazione, la tecnica
della registrazione, la tecnica della stimolazione. Vediamo in-
nanzitutto in cosa queste tecniche consistono e quali risultati pos-
sano dare.
La tecnica dell'ablazione consiste nell'asportazione chirurgica
di parti, anatomicamente ben precisate, del sistema nervoso. Ci si
prefigge di capire qual' la funzione della parte asportata esami-
nando il comportamento dell'animale dopo la lesione e paragonan-
dolo a quello di un animale integro. Se asportiamo, ad esempio,
l'area citoarchitettonica 4 della corteccia cerebrale, vediamo che
l'animale diventa paretico. Evidentemente la funzione dell'area 4
5
6 7
in qualche modo connessa colla motilit. Se invece asportiamo le
aree citoarchitettoniche 17, 18, 19 vediamo che compare un gra-
ve deficit della visione. Possiamo concludere che queste ultime
aree c'entrino in qualche maniera con la funzione visiva. Ecco che
abbiamo stabilito che due aree corticali diverse hanno funzioni
diverse e abbiamo dedotto dai sintomi che l'animale presentava,
quale possa essere la loro funzione.
I risultati ottenuti con la tecnica dell'ablazione possono essere
considerati sotto due punti di vista: l'utilit pratica ed il valore
teorico. Dal punto di vista pratico il loro interesse enorme. Cono-
scendo quali sono i sintomi che compaiono dopo lesione di una
certa parte del sistema nervoso il neurologo riesce a fare diagnosi
di sede. Sa cio pur ignorando ancora la causa della malattia, do-
ve la lesione e quindi pu eseguire indagini per accertarne anche
la causa. Se si considerano i processi patologici che colpiscono il si-
stema nervoso (traumi, infiammazioni, degenerazioni, tumori) si
vede subito che tutti essi imitano l'esperimento dell'ablazione del-
la neurologia sperimentale ed i disturbi che causano sono fonda-
mentalmente sovrapponibili a quelli che si hanno come conseguenza
dell'ablazione della regione colpita.
Dal punto di vista teorico gli esperimenti di ablazione presenta-
no il fianco a parecchie critiche. Innanzitutto il sistema nervoso
formato da una serie di aree o di centri collegati in serie l'uno con
l'altro. Pertanto se si distrugge un determinato centro nervoso i di-
sturbi conseguenti possono essere dovuti o alla mancanza del cen-
tro distrutto (e della sua funzione) o al fatto che stata interrotta
la via ai centri superiori (sindrome da disconnessione).
I mmaginiamo ad esempio di avere distrutto un'area corticale
ed il soggetto non capisce pi le parole. Possiamo concludere che
quell'area specifica per il linguaggio? Certamente no, perch la
lesione potrebbe essere semplicemente in un'area acustica o nelle
vie che congiungono l'area acustica ad un'area del linguaggio e
l'incapacit di capire il linguaggio potrebbe essere quindi dovuta
alla mancanza di afferenze ai centri specifici per esso. Questo
esempio pu sembrare banale, ma il problema di decidere quale sia
la funzione di un centro nervoso spesso complicata dal problema
della disconnessione che la lesione provoca.
Ancora non affatto detto che un solo centro nervoso sia re-
sponsabile di una certa funzione o almeno delle funzioni che ven-
gono esaminate nei vari tests che si applicano ai pazienti ed agli
animali. Ad esempio stato dimostrato che animali privati dell'a-
rea visiva corticale primaria (area 17) hanno ancora notevoli capa-
cit visive. Si deve da questo dedurre che quest'area corticale su-
perflua? Certamente no. Semplicemente la sua funzione visiva
diversa e pi complessa di quella che viene saggiata nei tests che
si applicano tradizionalmente per esaminare le capacit visive.
Un'ulteriore difficolt nell'interpretazione degli esperimenti di
ablazione costituita dal fatto che centri nervosi in grado di svol-
gere una loro attivit autonoma sono controllati dai centri superio-
ri. Se si distruggono i centri superiori, quelli inferiori, anatomi-
camente integri, cessano di funzionare per un certo periodo. Que-
sto deficit transitorio prende il nome di diaschisi. Conseguenza del-
la diaschisi che la sintomatologia iniziale di una lesione dovuta,
in parte alla mancanza della funzione del centro leso, in parte al
cattivo funzionamento dei centri sottostanti. Poich quando questi
ricuperano, la loro attivit non identica a quella precedente la le-
sione mancando il normale controllo esercitato su essi dal centro
superiore, l'interpretazione della funzione precisa del centro supe-
riore leso diventa molto difficile.
Con tutto questo le tecniche di ablazione restano la base delle
nostre conoscenze di neurologia clinica e sperimentale. Tuttavia esse
sono insufficienti a dare una risposta definitiva sulla funzione di un
centro nervoso e non dicono nulla sui meccanismi neuronali
responsabili della funzione.
Le tecniche di registrazione e stimolazione sono tecniche rela-
tivamente recenti e si basano sul fatto che l'attivit del sistema ner-
voso dipende da fenomeni elettrici. Di esse verr trattato ampia-
mente nei prossimi capitoli, per cui su di esse verranno presentati
qui solo alcuni cenni.
Quando si parla di registrazione dal sistema nervoso bisogna
8 9
avere chiaro che tipo di registrazione viene fatto. Si distinguono in-
fatti tre tipi di registrazione che danno informazioni su aspetti di-
versi dell'attivit del sistema nervoso: a) registrazione macroelet-
trodica; b) registrazione con microelettrodi extracellulari; c) regi-
strazione con microelettrodi intracellulari.
La registrazione macroelettrodica una registrazione che viene
fatta da popolazioni di cellule nervose, di fibre nervose, o di
cellule e fibre nervose. Come dice la parola si usano macroelettrodi,
cio elettrodi di diametro relativamente grande, nell'ordine dei
millimetri o anche dei centimetri. Un esempio di registrazione
macroelettrodica l'elettroencefalogramma. In questo caso si
applicano sulla cute della testa delle placchette di sostanza
conduttrice, bene a contatto colla pelle, e si registra la differenza di
potenziale tra coppie di elettrodi. Questo metodo non ci dice nulla
sul linguaggio con cui le cellule comunicano tra di loro ma, a
secondo del tipo di attivit elettrica presente, ci indica se una
certa zona della corteccia sana o affetta da processi patologici.
Un altro esempio di registrazione macroelettrodica il
neurogramma, la registrazione cio dell'attivit elettrica di un
nervo. Del neurogramma verr parlato a lungo nel capitolo
seguente.
Pi raffinato il metodo di registrazione con microelettrodi
extracellulari. In questo caso si usano come elettrodi degli aghi me-
tallici sottilissimi, completamente isolati tranne che in punta (dia-
metro 1-3 p) o delle micropipette di vetro riempite con una solu-
zione di NaCl. Questi elettrodi vengono introdotti nel centro ner-
voso che si vuole studiare e fatti avanzare usando dei micromani-
polatori, degli strumenti cio che permettono l'avanzamento del-
l'elettrodo di uno o pochi micron per volti. Grazie a questa tecnica
si riesce ad isolare l'attivit elettrica di un singolo neurone o di una
singola fibra nervosa.
Come studieremo pi avanti, ogni neurone in grado di gene-
rare diversi tipi di segnali elettrici, ma v' un solo tipo di segnale, il
potenziale d'azione, che viene trasmesso lungo l'assone e poi da un
arsone al neurone successivo. Questo potenziale il maggiore per
'
registrato con la tecnica di registrazione extracellulare. Caratteri-
stica dei potenziali d'azione quella di essere tutti della medesima
ampiezza. Cos se si pone un microelettrodo in prossimit di una
fibra o di una cellula si vede una serie di potenziali l'uno uguale
all'altro, ma la frequenza con cui si succedono cambia. Ci sono dei
momenti in cui i potenziali d'azione sono rari, altri in cui sono
frequenti. In altre parole il sistema nervoso parla un linguaggio che
si basa sulle modificazioni della frequenza di scarica dei neuroni.
Per capire la genesi dei potenziali d'azione e, pi in generale,
dei fenomeni elettrici alla base dell'attivit nervosa occorre usare
una tecnica ancora pi raffinata, quella della registrazione intracel-
lulare. Si usano elettrodi finissimi dalla punta minore di 1 . Si
tratta di micropipette riempite di una soluzione di KCl che vengo-
no infilate nell'interno della cellula o della fibra nervosa attraverso
la membrana cellulare. Usando questa tecnica si scoperto che, in
condizioni di riposo, c' una differenza di potenziale tra l'esterno e
l'interno del neurone (potenziale di riposo) e che, oltre ai potenzia-
li di azione, i neuroni generano altri potenziali di ampiezza minore,
i potenziali postsinaptici. Questi potenziali non si trasmettono lungo
l'assone, ma sono alla base della nascita dei potenziali d'azione.
La terza tecnica fondamentale usata nella fisiologia del sistema
nervoso la tecnica della stimolazione. Essa consiste nell'applica-
zione di correnti elettriche al sistema nervoso. Le correnti elettri-
che possono essere applicate usando macroelettrodi e cos interes-
sare moltissimi neuroni o essere applicate attraverso microelettro-
di extracellulari eccitando gruppi ristretti di cellule nervose. In ge-
nere negli esperimenti di stimolazione si usano correnti sufficienti
ad evocare nei neuroni dei potenziali d'azione. Si studia quindi
l'effetto che l'eccitazione di un certo gruppo di neuroni ha sul
comportamento del soggetto stimolato. Ad es. la stimolazione
dell'area corticale 4, la cui ablazione provoca come abbiamo visto
una paresi, determina delle contrazioni muscolari. La stimolazione
delle aree 17, 18, 19 la cui ablazione causa disturbi visivi porta alla
comparsa di sensazioni visive. Da questi esempi si vede come il
metodo della stimolazione sotto molti aspetti speculare a quello
10 11
dell'ablazione.
Bisogna tenere presente che gli effetti che si ottengono me-
diante stimolazione dei centri del sistema nervoso imitano molto
grossolanamente la loro funzione. Infatti la stimolazione interessa
contemporaneamente molti neuroni adiacenti, che in condizioni
normali non entrano in funzione simultaneamente, e viceversa la
stimolazione non eccita neuroni localizzati lontano dall'elettrodo
stimolante nel centro studiato o in altri centri che in condizioni
fisiologiche collaborano nel determinare una certa attivit funzio-
nale. Pur con questi limiti la tecnica della stimolazione ha dato
risultati di grande valore, come ad esempio la scoperta dell'esisten-
za di aree corticali con funzioni motorie. Infine in certi esperimen-
ti la stimolazione viene fatta con elettrodi introdotti nell'interno
delle cellule o delle fibre nervose (stimolazione intracellulare). Dei
parametri della corrente elettrica usati in questi e negli altri esperi-
menti di stimolazione (quelli extracellulari) si parler nei capitoli
successivi.
2) OSSERVAZIONI ELETTROFISIOLOGICHE
ELEMENTARI
Prima di studiare in dettaglio i meccanismi che sono alla base
delle propriet elettriche del sistema nervoso, esaminiamo alcuni e-
sperimenti elementari che ci permetteranno di chiarire cosa ci dob-
biamo spiegare.
Immaginiamo di avere chirurgicamente isolato dalla zampa di
una rana un muscolo ed il suo nervo, ad es. lo sciatico ed il gastroc-
nemio. Abbiamo il cosiddetto preparato nervo-muscolo isolato.
Questo preparato se trattato opportunamente sopravvive per mol-
te ore, anche se non connesso pi coll'organismo. Poniamo ora una
coppia di elettrodi stimolanti sul muscolo e facciamo passare della
corrente. Vedremo che il muscolo si contrae. Ci dovuto al fatto
che la stimolazione ha provocato la nascita, nelle fibre muscolari,
di potenziali d'azione e che questi, mediante un complesso mecca-
nismo, hanno causato la contrazione del muscolo.
Poniamo ora i due elettrodi stimolanti sul nervo e facciamo
passare la corrente. Vedremo che il muscolo si contrae anche que-
sta volta. Cosa successo? La stimolazione del nervo ha determina-
to la nascita di potenziali d'azioni che questa volta non sono nati
nel muscolo, ma si sono originati nel nervo e poi si sono propagati
al muscolo lungo il nervo, causandone infine la contrazione. Co-
me facciamo ad essere sicuri che il muscolo si contratto perch i
potenziali d'azione del nervo si sono trasmessi al muscolo e non
per diffusione di corrente o per qualche altro artefatto? Basta se-
zionare il nervo. Si vedr che pur lasciando i due tronconi a con-
tatto la stimolazione di quello non connesso al muscolo non deter-
miner la contrazione.
12
13
Nell'esperimento precedente la contrazione del muscolo stata
usata come indicatore che il nervo in grado di generare e condur-
re dei potenziali elettrici. Andiamo ora avanti nel nostro esperi-
mento e cerchiamo di vedere in cosa questi potenziali elettrici con-
sistano. Poniamo quindi sul nervo accanto ai due elettrodi stimo-
lanti un'altra coppia di elettrodi che serviranno per registrare gli e-
venti elettrici. La situazione sperimentale illustrata nella Fig. 2-1
in alto a sinistra.
elettrodi stimolanti elettrodi registranti
Fig. 2-1 - Soglia d'eccitamento per il nervo.
(Da B. Katz, Nerve, muscle,and synapse, New York, McGraw-Hill, 1966).
Se ora colleghiamo i due elettrodi registranti con un oscillosco-
pio vediamo che in assenza di stimolazione i due elettrodi sono iso-
potenziali cio tra di loro non v' alcuna differenza di potenziale.
Applichiamo ora uno stimolo elettrico debole al nervo, vedremo
che sul tracciato compare una deflessione praticamente istantanea
alla stimolazione (Fig. 2-l, primi due tracciati a sinistra). Questa
deflessione non dovuta ad un fenomeno biologico, essa rappre-
senta un artefatto dovuta a diffusione di corrente. Aumentiamo
progressivamente l'intensit dello stimolo, vediamo che oltre all'ar-
tefatto che progressivamente aumenta, compare un'onda che an-
ch'essa aumenta. Quest'onda un fenomeno biologico ed dovuta
ai potenziali d'azione che si propagano lungo il nervo. L'onda bi-
fasica, la prima fase (pi grande) negativa, la seconda minore posi-
tiva. (Le onde negative in questa figura, come d'altronde spesso in
fisiologia, sono rivolte verso l'alto, le positive verso il basso).
Perch l'onda bifasica? Questo dovuto alla maniera con cui
la registrazione stata fatta nell'esperimento. Infatti nell'esperi-
mento della figura 2-1 sono stati posti due elettrodi registranti en-
trambi sul nervo. I potenziali d'azione originano in corrispondenza
degli elettrodi stimolanti e poi si propagano verso quelli registranti.
Nel propagarsi essi incontrano prima un elettrodo, poi l'altro.
L'onda formata dai potenziali d'azione negativa e pertanto non
appena essa raggiunge l'elettrodo registrante pi vicino alla coppia
di elettrodi stimolanti, questo diventa negativo rispetto all'altro.
Successivamente l'onda formata dai potenziali d'azione raggiunge
anche l'elettrodo pi lontano. A questo punto non v' pi diffe-
renza di potenziale tra gli elettrodi in quanto entrambi sono egual-
mente negativi. Poi l'onda si allontana e solo l'elettrodo pi lonta-
no dagli elettrodi stimolanti registra l'onda negativa. L'elettrodo
pi vicino in rapporto al pi lontano diventa positivo. Ecco quindi
che nel tracciato compare un'onda positiva. La positivit dovuta
al fatto che la registrazione bipolare (entrambi gli elettrodi "ve-
dono" l'evento elettrico) e l'elettrodo di riferimento per la lettura
l'elettrodo pi vicino agli elettrodi stimolanti.
La dimostrazione che l'onda formata dai potenziali d'azione
negativa si ha registrando monopolarmente. Nella registrazione
monopolare un solo elettrodo "vede" l'evento elettrico biologico,
l'altro posto su una struttura che non viene interessata dal feno-
meno. Nell'esperimento della Fig. 2-l l'elettrodo distale, affinch
non registri i potenziali d'azione, viene spostato sulla porzione
nervo
14 15
estrema, uccisa, del nervo. In questo caso, come si pu vedere dal
tracciato in basso a destra della figura (linea continua) si ha un'onda
monofasica, negativa. L'onda tratteggiata rappresenta la stessa onda,
ma registrata bipolarmente.
A questo punto pu sembrare che ci sia una contraddizione tra
l'asserzione che i potenziali d'azione sono eventi rapidi e tutti
eguali per ampiezza l'uno all'altro ed il fatto che le onde registrate
dal nervo sono lente e aumentano d'ampiezza con l'aumentare
d'intensit dello stimolo. I n realt non v' nessuna contraddizio-
ne. Quando si registra da un nervo globalmente, si registra contem-
poraneamente da molte delle fibre nervose che lo compongono.
Aumentando l'intensit dello stimolo pi fibre vengono interessate
ed ognuna di esse genera un potenziale d'azione. Quello che si vede
sui tracciati un'onda formata dalla somma di molti potenziali
d'azione; pi fibre eccitate, maggiore l'ampiezza dell'onda. Bisogna
sempre fare attenzione al tipo di registrazione. Se si registra da pi
fibre (ad es. da un nervo) si vedranno delle onde (registrazione con
macroelettrodi), se si registra da una singola fibra o da poche fibre
si vedranno potenziali d'azione (registrazione con microelettrodi).
Nell'esperimento esaminato prima si visto che l'onda formata
dai potenziali d'azione compare quando l'intensit della corrente ap-
plicata al nervo raggiunge un certo valore. Si parla di intensit so-
glia quando l'intensit della corrente applicata al nervo la minima
necessaria per far nascere i potenziali d'azione. Si parla di corrente
sotto soglia o di stimoli sotto soglia quando la loro intensit in-
sufficiente perch nascano dei potenziali d'azione. Quando si vuole
determinare lo stimolo soglia per eccitare un nervo altri due para-
metri, oltre l'intensit della corrente, devono essere presi in consi-
derazione: la durata della corrente e la velocit con cui la corrente
aumenta (di/dt, cio la derivata intensit/tempo). Se l'aumento
d'intensit di corrente pressoch immediato, come ad es. nelle
onde quadre dei moderni stimolatori, e la durata della corrente
infinita il solo fattore che determina la soglia l'intensit di cor-
rente. Questa intensit di corrente soglia chiamata reobase.
Quando la durata dello stimolo breve l'intensit della corrente in
dispensabile per l'eccitamento del nervo aumenta. Facendo oppor-
tuni esperimenti si trova che per ogni intensit di corrente esiste
una durata soglia, questa durata soglia viene chiamata tempo utile.
Si possono quindi costruire per i vari nervi delle curve che rifletto-
no l'importanza reciproca della durata e della intensit di corrente.
Queste curve, che hanno una importanza pratica in quanto sono
modificate da affezioni patologiche dei nervi, sono chiamate curve
intensit-dura. La Fig. 2-2 mostra una tipica curva intensit-durata.
Fig. 2-2 - Curva d'intensit-durata.
(Da T.C. Ruch e J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics, Philadelphia,
W.B. Saunders, 1960).
In questa curva il tempo utile espresso in funzione dell'inten-
sit dello stimolo. Dal punto di vista pratico un valore importante
che si ricava da queste curve la cronassia. Per cronassia si intende
l tempo utile per un'intensit doppia della reobase. La cronassia
il valore che pi frequentemente viene ricercato in neurologia
quando si sospetta la malattia di un nervo.
Torniamo ora di nuovo alla situazione sperimentale della Fig.
2-l, ma stimoliamo il nervo non pi con un singolo stimolo, ma
16 17
bens con due shocks applicati uno dopo l'altro. Se dopo il primo
stimolo ne applichiamo un secondo prima che sia trascorso 1 msec
vediamo che questo, nonostante che sia soprasoglia, non provoca
alcuna risposta. Il nervo "refrattario" alla stimolazione. Se il se-
condo shock applicato dopo 2-3 msec, per ottenere una risposta
bisogna aumentare l'intensit della corrente, ed anche in questo ca-
so l'ampiezza dell'onda evocata sar minore di quella causata dal
primo stimolo. Allontanando nel tempo il secondo stimolo si vede
che solo con un intervallo di circa 5 msec l'onda evocata da un se-
condo stimolo di pari intensit al primo pari anche di ampiezza
all'onda evocata dal primo.
Cosa significano questi dati? Significano che una volta genera-
to un potenziale d'azione il nervo ha bisogno di un periodo di ricu-
pero. V' una prima fase in cui esso non in grado di generare as-
solutamente potenziali d'azione. Questa prima fase chiamata
"periodo refrattario assoluto". V' poi una seconda fase in cui il
nervo ricupera le sue capacit di generare potenziali d'azione, ma
solo parzialmente. La sua soglia in tale periodo molto elevata.
Questo periodo il `periodo refrattario relativo ". Il periodo re-
frattario rappresenta una importantissima propriet delle cellule
nervose. In conseguenza a tale propriet un potenziale d'azione
un evento la cui frequenza limitata. Ci significa che il codice
con cui le fibre nervose trasmettono le informazioni si basa su se-
gnali discontinui, discreti e che questi possono succedersi ad una
frequenza massima fissata dal periodo refrattario.
Nell'esperimento della Fig. 2-1 abbiamo visto che la stimola-
zione adeguata di un nervo determina la comparsa di un'onda ne-
gativa formata dai potenziali d'azione delle singole fibre costi-
tuenti il nervo. Prendiamo ora un nervo e poniamo gli elettrodi
registranti ad alcuni centimetri da quelli stimolanti. Applichiamo
ad esso uno shock massimale, uno shock cio che evoca la risposta
massima possibile; vedremo che sul tracciato compaiono pi onde.
Un esempio mostrato nella Fig. 2-3. In questa figura si vede dopo
l'artefatto dello stimolo un'onda precoce di grande ampiezza, onda
a, e una onda pi piccola tardiva, onda S. Le onde sono negative
monofasiche perch la registrazione monopolare.
Fig. 2-3 - Neurogramma del nervo safeno di gatto.
(Da T.C. Ruch e J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics; Philadelphia
W.B. Saunders, 1960).
Come mai vi sono due onde? Vi sono due possibilit teoriche:
la prima che un singolo shock sia in grado di generare pi poten-
ziali d'azione in tempi diversi, una scarica cio ripetitiva; la secon-
da che fibre di calibro diverso, sempre presenti in un nervo, con-
ducano a velocit diversa. Quindi se si registra ad una certa distan-
za dagli elettrodi stimolanti i potenziali d'azione dovuti alle fibre
che conducono pi rapidamente formeranno onde precoci, quelle
che conducono pi lentamente onde tardive. Questa seconda inter-
pretazione quella giusta. Ci si pu dimostrare ponendo due cop-
pie di elettrodi registranti sul nervo a distanze diverse dall'elettro-
do stimolante. Se vera l'ipotesi della risposta ripetitiva ci si deve
aspettare che le due onde si propaghino alla stessa velocit. Infatti
secondo questa ipotesi esse sono solo nate in tempi diversi, quindi
il ritardo dell'onda tardiva da quella precoce dovrebbe restare
18 19
invariata. Se vera l'ipotesi di una diversa velocit di conduzione
l'onda precoce dovrebbe distanziare sempre pi l'onda tardiva
mano a mano che cresce la distanza tra punto d'origine delle onde
e luogo di registrazione. Se si fa l'esperimento si trova proprio
questo risultato.
L'esperimento precedente indica quindi che in un nervo esisto-
no fibre che conducono a velocit diversa. Si pu dimostrare usando
stimoli di intensit variabile che le fibre che costituiscono i nervi
hanno anche soglie diverse. Precisamente le fibre a rapida conduzione
sono le fibre a soglia pi bassa. A questo punto c' una domanda
immediata che viene in mente. La diversit di eccitabilit e di
velocit di conduzione delle fibre nervose ha una controparte
nelle loro propriet anatomiche? La risposta si. Studiando infatti
il neurogramma dei vari nervi, cio il numero di onde evocabili, la
loro velocit di conduzione, la loro soglia, ecc. e paragonandolo alla
composizione istologica del nervo (fibre mieliniche, fibre amie-
liniche, diametro delle prime, diametro delle seconde, ecc.) si
trovato che v' una precisa correlazione tra propriet funzionali e
propriet istologiche.
Due autori americani, Erlanger e Gasser, che hanno studiato a
lungo questo problema hanno proposto di suddividere le fibre, a
secondo delle loro propriet, in tre gruppi principali: Fibre A, B e
C.
Fibre A: sono fibre mieliniche del sistema somatico, afferenti ed
efferenti. (Quando si parla di fibre afferenti si intende sempre
afferenti al midollo o al tronco dell'encefalo e lo stesso riferimento
vale per le efferenti). Il loro diametro compreso tra 1 e 21 p. La
loro velocit di conduzione varia tra 6 m/sec per le fibre pi piccole
a oltre 120 m/sec per quelle pi grandi. V' una relazione tra diame-
tro delle fibre a velocit di conduzione. Precisamente si trovato
che moltiplicando per il coefficiente 6 il diametro delle fibre del
gruppo A (guaina mielinica inclusa) si ha la velocit in metri al se-
condo. (Esempio: fibra del diametro di 10 p, velocit 60 m/sec; fibra
5 p, velocit 30 m/sec; ecc.). Le fibre A sono state ulteriormente
suddivise da Erlanger e Gasser in quattro sottogruppi: a, 0, y, S. Le
fibre pi rapide sono le a, le pi lente le S.
Fibre B: sono fibre mieliniche (preganglionari) del sistema autono-
mo. Il loro diametro inferiore a 3 p. La loro velocit di condu-
zione varia da 3 a 15 m/sec.
Fibre C: sono le fibre amieliniche. Hanno un diametro da 0,3 a circa
2 p. Velocit di conduzione da 0,6 a 2 m/sec. Sono in parte costituite
da fibre efferenti (post-gangliari) del sistema simpatico, in parte da
fibre afferenti amieliniche che si trovano nei nervi periferici e nelle
radici dorsali.
Oltre alla classificazione di Erlanger e Gasser v' un'altra clas-
sificazione delle fibre molto usata in neurofisiologia e che pertanto
indispensabile conoscere. E' la classificazione di Lloyd e Hunt e
concerne le fibre nervose afferenti. Secondo questa classificazione
le fibre si dividono in:
Gruppo I: diametro 12-20 , diametro medio 13 (corrisponde al-
l'A a di Erlanger e Gasser)
Gruppo I I : diametro 6-12 p, diametro medio 9 (corrisponde all'A
a di Erlanger e Gasser)
Gruppo I I I : diametro l-6 p. diametro medio 3 (corrisponde all'A
S di Erlanger e Gasser)
Gruppo IV: fibre amieliniche (corrisponde al gruppo C di Erlanger
e Gasser)
Le fibre Ay, chiamate pi semplicemente fibre y, si trovano so-
lo nei nervi efferenti e nelle radici ventrali; pertanto non hanno
una posizione nella classificazione di Lloyd e Hunt. Il loro diame-
tro varia tra 3 e 7 p; diametro medio 5 p.
Le due classificazioni qui riportate hanno una grande impor-
tanza perch come si vedr in seguito fibre dei diversi gruppi han-
no funzioni diverse.
Gli studi sulle propriet funzionali e morfologiche dei nervi
hanno mostrato che la composizione dei vari nervi costante e che
vi sono importanti differenze tra nervi cutanei e nervi muscolari. I
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nervi cutanei, almeno per quanto riguarda le fibre mieliniche, sono
formati solo da fibre afferenti, da fibre cio che vanno (afferisco-
no) al midollo spinale ed il loro studio non offre particolari diffi-
colt. Pi complesso invece lo studio dei nervi muscolari in quanto
in questo caso nella composizione del nervo accanto a fibre af-
ferenti vi sono fibre efferenti, fibre cio che provengono dal mi-
dollo spinale. Per stabilire da quali fibre afferenti composto il
nervo muscolare occorre eliminare la componente efferente. Ci si
pu fare tagliando le radici ventrali del midollo spinale. Dopo breve
tempo la porzione efferente del nervo, staccato dalle cellule di
origine va incontro a degenerazione (degenerazione secondaria o
Walleriana). Si pu quindi ottenere il neurogramma delle sole fibre
afferenti. Se al contrario si vuole stabilire il neurogramma della
porzione efferente del nervo muscolare si devono tagliare le radici
dorsali distalmente al ganglio spinale. In questa maniera si isolano
dai loro corpi cellulari, che come noto sono posti nei gangli spi-
nali, le fibre che provengono dai muscoli. Come nel caso precedente
le fibre isolate dal loro corpo cellulare degenerano, mentre restano
integre quelle efferenti provenienti dalle radici ventrali. Si potr
quindi stabilire il neurogramma della porzione efferente.
I risultati di questi esperimenti possono essere cos riassunti:
1) Nei nervi cutanei non vi sono fibre del gruppo I; sono presenti
fibre del gruppo II e del gruppo III.
2) Nei nervi muscolari la parte afferente formata da abbondanti
fibre del gruppo I ; sono presenti fibre del gruppo I I e del
gruppo III.
La distribuzione delle fibre afferenti mieliniche, a secondo del
diametro, in un nervo muscolare tipico ed in uno cutaneo sono
mostrate nella Fig. 2-4. La linea marcata indica la distribuzione
del nervo muscolare, la linea sottile quella del nervo cutaneo. Il
grafico che rappresenta la distribuzione delle fibre cutanee
tratteggiato.
Sia nei nervi cutanei che muscolari sono presenti fibre amieli-
niche, non mostrate in figura. Il loro numero in genere non
inferiore a quello delle fibre mieliniche.
Fig. 2-4 - Distribuzione delle fibre afferenti in un nervo muscolare (linea mar-
cata) ed in un nervo cutaneo (area tratteggiata).
Ordinate: numero delle fibre espresso in per cento del totale. Ascisse:diametro
delle fibre.
(Da T.C. Ruche J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics, Philadelphia,
W.B. Saunders, 1960).
3) Fibre efferenti: nel nervo muscolare privato della componente
afferente vi sono due gruppi di fibre. Il primo con diametro tra
11 e 18 , diametro medio 14 ; il secondo 3-7 , diametro
medio 5 p. Le fibre di calibro maggiore partono dai motoneu-
roni del midollo spinale pi grandi, chiamati motoneuroni a.
Esse innervano i muscoli scheletrici. Le fibre di calibro minori
originano da motoneuroni pi piccoli chiamati motoneuroni y.
Queste fibre, fibre y, innervano particolari strutture recettoria-
li poste nei muscoli: i fusi neuromuscolari.
La conoscenza della composizione, in termini di fibre, del
nervo molto importante. Da una parte serve a capire l'organizza-
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zione dei riflessi spinali e pi in generale dell'organizzazione fun-
zionale delle vie ascendenti nel midollo spinale, dall'altra aiuta a
stabilire, in caso di sospetta lesione di un nervo, se esso real-
mente leso ed eventualmente quale tipo di fibre colpito dalla ma-
lattia.
3) IL POTENZIALE DI RIPOSO
Gli esperimenti precedenti hanno dimostrato che i nervi sono
in grado di generare dei potenziali elettrici e che questi potenziali
si propagano con velocit diversa a seconda del tipo e del diametro
di fibra nervosa. Essi non dicono nulla per sui meccanismi respon-
sabili della nascita e della propagazione di questi potenziali. Per
studiare questi meccanismi si deve usare una tecnica pi complessa
di quella della registrazione con macroelettrodi impiegata negli e-
sperimenti precedenti. Si deve usare una registrazione con elettrodi
inseriti nell'interno della cellula o della fibra nervosa (registrazione
microelettrodica intracellulare).
L'esperimento di base il seguente. Si isola una singola fibra
nervosa (o muscolare) e la si pone in un bagno salino. Nel bagno
viene messa una coppia di elettrodi registranti. Dei due elettrodi
registranti uno resta nel bagno, l'altro - una micropipetta riempita
di KCl con la punta avente un diametro inferiore a 1 - viene mossa
lentamente verso la fibra nervosa. Finch entrambi gli elettrodi si
trovano nel liquido salino essi sono isopotenziali. (Talvolta per
ragioni tecniche v' una piccola differenza di potenziale tra gli
elettrodi, ma un dettaglio che non ci interessa). Ad un certo pun-
to, muovendo l'elettrodo questo penetra nell'interno della fibra
nervosa. Si vede che immediatamente tra l'elettrodo posto nel ba-
gno e l'elettrodo intracellulare compare una differenza di potenziale.
L'interno della cellula negativo. Questa differenza di potenziale
(presente anche se la fibra non eccitata) prende il nome di po-
tenziale di riposo. II potenziale di riposo varia a seconda delle
strutture studiate. Cos ad es. nella fibra muscolare di rana esso si
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aggira sui 90 mV (interno negativo rispetto l'esterno). Nel sistema
nervoso centrale dei mammiferi si accetta come valore standard 70
mV, sempre l'interno negativo rispetto all'esterno.
Il potenziale di riposo in condizioni fisiologiche o durante gli
esperimenti pu venire modificato. Si parla di iperpolarizzazione
quando la differenza di potenziale tra esterno ed interno aumenta.
Si parla di depolarizzazione quando invece la differenza di poten-
ziale diminuisce. Se la depolarizzazione supera un certo livello
inizia un processo per cui la depolarizzazione seguita da un'in-
versione della polarizzazione. L'esterno diventa negativo rispetto
all'interno. Quando questo succede nasce il potenziale d'azione.
Dei fenomeni che modificano il potenziale di riposo ci occupere-
mo in seguito ora ci occuperemo del potenziale di riposo.
Perch c' un potenziale di riposo? Il punto di partenza per ca-
pire il potenziale di riposo l'osservazione che la concentrazione
degli ioni all'interno ed all'esterno delle fibre nervose e delle fibre
muscolari notevolmente diverso. Ad es. nel muscolo di rana, un
preparato che si presta bene a tale tipo di studio, la concentrazione
degli ioni sodio all'esterno delle fibre, nei liquidi extracellulari, di
120 mM/l, mentre di soli 9,2 mM/l all'interno; viceversa la con-
centrazioni di ioni potassio di 2,5 esternamente e di 140 interna-
mente. Per quanto riguarda gli anioni, il Cl- si trova concentrato e-
sternamente - 120 mM/l - molto pi che all'interno - 3 mM/l circa -
mentre i grossi anioni organici sono concentrati all'interno. Uno
squilibrio tra concentrazioni di Na* e K' da una parte e di Cl- e
anioni organici dall'altra si trova anche nelle fibre nervose. Tra
queste particolarmente ben studiati sono stati gli assoni giganti di
calamaro. Questi assoni raggiungono il diametro di 1 mm e quindi
sono molto adatti per le registrazioni intracellulari.
Il punto successivo da chiarire come mai gli ioni intracellulari
ed extracellulari non si mescolano tra di loro. Due ipotesi principali
sono state proposte. La prima che tra l'interno e l'esterno delle
varie fibre nervose e muscolari vi sia una membrana e che questa
impedisca il mescolamento degli ioni; la seconda che nell'interno
delle fibre vi siano dei proteinati polielettrolitici carichi negativa
mente e che gli ioni potassio abbiano affinit chimiche selettive
per essi.
La prima ipotesi oggi quella generalmente accettata. Cruciali
sono stati a tale fine gli esperimenti di Hodgkin e Keynes. Questi
autori hanno studiato la velocit con cui ioni K* marcati si muovo-
no dall'esterno all'interno di un assone gigante di calamaro, la velo-
cit con cui si muovono dall'interno all'esterno ed infine quella
con cui si muovono dentro l'assone medesimo. Essi trovarono che
lo scambio tra K' marcato extra ed intracellulare un processo
lunghissimo che si compie nell'ambito di ore. Questo dato pu es-
sere spiegato sia con la presenza di una membrana che con una
composizione particolare dell'assoplasma. Ma se vera l'ipotesi
della membrana, il K` marcato introdotto dentro l'assone dovreb-
be diffondere all'interno dell'assone con velocit paragonabili
alla diffusione del potassio in una soluzione salina, viceversa se
vera l'ipotesi dei proteinati, il K`, essendo legato ai proteinati, do-
vrebbe diffondere lentamente anche all'interno dell'assone. I
risultati degli esperimenti di Hodgkin e Keynes dimostrarono
che il K* si diffonde all'interno dell'assone alla stessa velocit
approssimativamente con cui si diffonde nell'acqua marina. La
conclusione dell'esperimento che una membrana esiste tra l'in-
terno e l'esterno delle fibre nervose.
Un'ulteriore prova in favore dell'ipotesi della membrana data
dal fatto che si pu sostituire l'assoplasma in una fibra gigante di
calamaro con una soluzione di KCl senza alterarne le propriet
elettriche. Se invece si lede la parte superficiale di un assone il
potenziale di riposo si altera ed in breve tempo si azzera. Anche
questo risultato predetto dall'ipotesi della membrana, ma non da
quella dei proteinati.
Le nostre conoscenze sulla struttura istologica e chimica delle
membrane sono ancora incomplete nonostante i molti progressi
compiuti in questi ultimi anni. Al microscopio elettronico la mem-
brana cellulare appare formata da 3 strati, ciascuno di 25 X di
spessore: gli strati periferici appaiono scuri, quello centrale chiaro.
Dal punto di vista chimico la membrana formata da proteine (cir-
26 27
ca il 55
/o.
In questo capitolo parleremo dei riflessi del midollo spinale
studiati usando stimoli elettrici, nel successivo usando stimoli
naturali. In analogia con quanto fatto per le propriet delle fibre
nervose studieremo prima i fenomeni nella loro globalit, poi nel
capitolo ottavo, le propriet integrative dei neuroni alla base dei
fenomeni responsabili delle propriet dei riflessi.
Il midollo spinale ha una struttura segmentaria. La suddivisione
in segmenti (mielomeri) si basa sulla presenza delle radici nervose
che connettono il midollo spinale con la periferia. Le radici si
dividono in ventrali e dorsali. Le radici ventrali (o anteriori) sono
formate da fibre che nascono da neuroni posti nelle corna grigie
anteriori, le radici dorsali da neuroni posti nei gangli spinali (o gan-
gli radicolari). Le radici dorsali ed i loro prolungamenti rappresen-
tano la branca afferente dei riflessi. Questo si pu provare stimo-
lando elettricamente le radici dorsali e registrando da quelle ventra-
48 49
li e stimolando le radici ventrali e registrando da quelle dorsali. Si
vede che nel primo caso una risposta compare nelle radici da cui
si registra, nel secondo no. Questo significa che gli impulsi nervosi
passano attraverso il midollo spinale in una sola direzione: dalle
radici dorsali alle radici ventrali e non viceversa. La dottrina che
afferma la natura sensoriale delle radici posteriori e la natura
motori a dell e radi ci anteri ori prende i l nome di l egge di Bel l
e Magendie.
Vediamo ora quali propriet dei riflessi midollari si possono
scoprire stimolando elettricamente le vie afferenti e registrando
dalle vie efferenti. Un esperimento tipico mostrato in Figura 5-l.
DR
VR
Fig. 5-1 - Neurogramma delle radici ventrali in risposta a stimoli di varia inten-
sit applicati alla radice dorsale.
(Da D.P.C. Lloyd, J. Neurophysiol, 6:111, 1943).
Gli elettrodi registranti in questo esperimento sono dei macroelet-
trodi posti sulle radici dorsali. Se si stimola la radice dor- sale con
correnti deboli (tracciati da A a C) non si osserva alcuna risposta; se
la corrente viene aumentata tanto da eccitare circa il 30
0
/o delle
fibre (tracciato D) compare nelle radici ventrali una onda a breve
latenza (l-2 msec), seguita da onde a latenze maggiori. L'onda a
breve latenza la prima a comparire e raggiunge il suo massimo gi
in E, dove il 41