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Roma.

Se c una novit del giorno non


certamente la fiducia che la Camera dei de-
putati ha rinnovato allesecutivo. Il fatto ri-
levante sta nella disponibilit del centrode-
stra a lavorare in tempi brevi con la maggio-
ranza sulla riforma della legge elettorale. E
nonsolo, perch al dossier sul sistema di vo-
to probabile che sintreccer quello dei
correttivi costituzionali conseguenti. Massi-
mo DAlema sintetizza cos lesito del dibat-
titoinaula: InParlamentosi manifestauna
larga volont di discutere delle riforme ne-
cessarie al paese. Ma una volont disin-
cantata e a scadenza breve. Silvio Berlusco-
ni chiede un confronto franco e serio in
tempi rapidi e definiti e almeno in questo
lUdc sembra daccordo:
Una riforma a carte sco-
perte, ha detto il segreta-
rio Lorenzo Cesa. Ma il Cav.
non si fida non sia un
espediente dilatorio, ma un
confronto. Vedo gi che sta-
te procedendo con ammic-
camenti trasversali e ol-
tretutto rimasto molto de-
luso dallatteggiamento as-
sunto da Piero Fassino e
Romano Prodi. Dimessi e concilianti solo
pochi giorni fa inSenato, insistendo ieri sul-
le divisioni nel centrodestra e irridendo le
promesse del governo precedente, hanno
sfoggiato a Montecitorio quel poco di pro-
tervia che basta per invalidare la promessa
duna pacificazione duratura. In ogni caso
adesso conta verificare la bont delle ri-
spettive offerte sulla legge elettorale. Lungo
lasseCasini-Rutelli-DAlema scorre sempre
il sospetto di un accordo che isoli Forza Ita-
lia e lasci An in un angolo a macerarsi divi-
sa tra il dovere di scegliere con coerenza e
la tentazione di sbaragliare una volta per
tutte la leadership berlusconiana. Perci il
Cav. ieri ha detto forte che nessun partito
della Casa delle libert tradir dietro alle
chimere del federalismo fiscale o del gran-
de centro. Perch dietro ai nostri partiti
c un solo grande popolo, quello delle li-
bert. E anche chi tra di noi vuole ora legit-
timamente distinguersi sono sicuro che non
tradir. Il messaggio era evidentemente di-
retto a Pier Ferdinando Casini, ma sopra
tutto al pi ondivago Gianfranco Fini. Fuo-
ri dalla lettera, Berlusconi segnala che non
disposto a concedere altro tempo e altre
parole alla mediazione interna. Ha capito
che al capo dellUdc non riuscita la ma-
novra di accerchiamento, concertata dieci
giorni fa con i Ds, per arrivare a un governo
istituzionale a trazione catto(post)comuni-
sta. E di fronte allamletismo di Fini si mo-
stra pronto a forzare appellandosi alla mag-
gioranza degli elettori moderati che lo so-
stengono. Ma il presidente di An ha risposto
positivamente.
La Giornata
* * * * * *
In Italia Nel mondo
LACAMERA CONFERMA LA FIDUCIA
A PRODI. IL CAV. APRE ALLA RIFORMA
elettorale. La Camera ha votato la fiducia
al governo, la mozione dellUnione stata
approvata. I voti a favore sono stati 342,
quelli contrari 253, astenuti Daniele Ca-
pezzone (Rosa nel pugno) e Salvatore Can-
nav (Rifondazione). Il premier Prodi ave-
va parlato prima del voto riassumendo i ri-
sultati del governo fino alla crisi giunta do-
po il voto in Senato sulla politica estera.
Nel discorso il premier ha parlato della
riforma elettorale, un tema che non nel-
le mani della sola maggioranza. Il segre-
tario dei Ds, Piero Fassino: Il centrode-
stra oggi non unalternativa praticabile.
Ieri intervenuto anche il leader della Ca-
sa delle libert. Silvio Berlusconi nel suo
intervento ha definito il governo Prodi una
assemblea di condominio molto rissosa,
ma ha aperto allipotesi di dialogo su una
nuova legge elettorale. Il presidente della
Camera, Fausto Bertinotti, ha detto: Con
la conclusione della crisi la riforma eletto-
rale si iscrive allordine del giorno della-
genda politica.
LUdeur ha confermato la fiducia alle-
secutivo, ma secondo Mastella il partito vi-
giler affinch i Dico non possano rientra-
re dalla finestra una volta usciti dallagen-
da politica.
* * *
Il senatore di An Storace sar processato
per lavicendaLaziogate. Il giudiceper lu-
dienza preliminare di Roma ha rinviato a
giudiziolexpresidentedellaRegioneLazio
FrancescoStorace(An) per lavicendachelo
vide coinvolto in presunte intrusioni infor-
matiche ai danni di Alessandra Mussolini.
* * *
Parisi conferma la presenza in Kosovo. Il
ministro della Difesa, a Wiesbaden, ha evi-
denziato la necessit di confermare la pre-
senzamilitareinKosovo: LUnioneeuropea
e la Nato possono partecipare da protagoni-
sti allasoluzionedellaquestionekosovara.
La discussione generale sul decreto leg-
ge che dovrebbe confermare la presenza mi-
litare italiana in Afghanistan inizier lu-
ned alla Camera.
* * *
Il Papa potrebbe incontrare Alessio II. Il
vescovo ortodosso Hilarion Alfeyev, rappre-
sentante del Patriarcato di Mosca, ha detto:
Sono certo che Benedetto XVI e il Patriar-
caAlessioII si incontreranno. Lofarannoin
campo neutro, n a Roma n a Mosca.
* * *
Italiani contenti della sanit pubblica. Se-
condo lIstat, un terzo della popolazione
soddisfatto del servizio sanitario. La figura
professionale che gode di maggiore fiducia
resta comunque il medico di famiglia.
* * *
Borsa di Milano. Mibtel -0,05 per cento.
Leuro chiude a 1,31 sul dollaro.
Ieri Energy europe, societ controllata
da Enel, ha acquistato 4,5 milioni di azio-
ni di Endesa. La societ italiana controlla
adesso il 22 per cento dellazienda spagno-
la. Previsto per oggi un altro aumento di
capitale.
LO SCUDO AMERICANO VERSO UN
AMPLIAMENTO NEL CAUCASO. Il piano
di difesa missilistica degli Stati Uniti po-
trebbe essere ospitato anche da Azerbai-
gian, Georgia e Armenia. LAgenzia per la
Difesa interessata a costruire un radar in
un non specificato paese della regione.
Le tre Repubbliche hanno detto di non
aver ricevuto proposte ufficiali da Wa-
shington e hanno adottato la linea della
cautela, alla luce delle dure reazioni russe.
Mosca infatti vede in questo allargamento
una minaccia ai suoi interessi: sostiene di
avere tutto il necessario per rispondere
adeguatamente a quella che, secondo il vi-
cepresidente della Duma Pekhtin, un in-
vito per la corsa agli armamenti. Berlino,
che valuta attentamente la possibilit di
uno scudo nellEuropa dellest, ha ieri chie-
sto di discutere il piano in sede Nato, in
modo da coinvolgere tutta lAlleanza.
Un rapporto del dipartimento di stato
americano include a sorpresa lUcraina
nellelenco dei paesi che cooperano con la
difesa antimissilistica di Washington.
* * *
I 5+1 vogliono rafforzare le sanzioni al-
lIran. Il ministro degli Esteri francese Dou-
ste-Blazy ha detto che c un accordo per
rendere pi dure le misure contro Teheran
previste dalla risoluzione 1.737 dellOnu.
La compagnia di bandiera iraniana ha
annunciato il collegamento Teheran-Cara-
cas via Damasco (articolo a pagina tre).
* * *
Al Qaida inIraq rapisce e uccide 14 agenti
del ministero dellInterno. Ieri sono stati ri-
trovati i cadaveri vicino Baquba. Il gruppo
Lo stato islamico dellIraq, collegato alla
rete di al Qaida, ha rivendicato il rapimen-
to, come vendetta per lo stupro di una ra-
gazza sunnita. Dieci persone sono rimaste
uccise in un attentato a Sadr City.
Continuano le operazioni del piano del
premier Maliki e del generale Petraeus. A
Sadr City stata costituita una joint se-
curity station, un fortino di sicurezza.
* * *
Israele avverte Mosca di non vendere armi
alla Siria. Ieri il vicepremier Peres ha av-
visato la Russia che vendere armi a Dama-
sco significa dare inizio a una guerra.
LIdf ha lanciato lallarme di miliziani
islamici in fuga dalla Striscia di Gaza ver-
so lIran e la Siria. Fonti dellintelligence
segnalano larrivo nel sud del Libano di
guerriglieri sunniti.
* * *
Turisti europei rapiti in Etiopia. Sono cin-
que inglesi e sette francesi. Tra loro langlo-
italiana Rossana Piani.
* * *
Bayrou vuole il Partito democratico. Il
candidato centrista allEliseo ha detto che,
in caso di vittoria, proporr un governo di
unit nazionale aperto a tutti gli schiera-
menti e la fondazione di un grande Parti-
to democratico per unire la Francia.
Nel sondaggio Ipsos/Dell Sarkozy vince
con il 53,2 per cento contro Royal (46,5).
IL FOGLIO
ANNO XII NUMERO 53 DIRETTORE GIULIANO FERRARA SABATO 3 MARZO 2007 - 1
quotidiano
Prodi fa un po lo spaccone
Il Cav. d una fiducia
disincantata e a tempo
al dialogo per le riforme
Berlusconi va a vedere il gioco dei pontieri
dellUnione. Fini lo segue, deludendo
i tavoli dei volenterosi e le bicameraline
E Casini che ha perso lattimo
Islamabad. Questa volta, al bazaar pachi-
stano della guerra al terrorismo, il generale
Pervez Musharraf non poteva limitarsi a
portare la solita retata di fanatici di piccola
taglia o di ex talebani ormai ai margini del-
la guerra. Luned scorso erano arrivati a pa-
lazzoil vicepresidenteamericano, DickChe-
ney, e il numero due della Cia, Steve Kap-
pes, con un messaggio chiaro dallAmmini-
strazione Bush: gli Stati Uniti hanno le pro-
ve foto satellitari e intercettazioni che le
provincenel norddel Pakistanoggi hannolo
stesso ruolo che lAfghanistan aveva prima
dell11 settembre. Ospitano campi sicuri per
lindottrinamento e laddestramento dei ter-
roristi (compresi quelli del 7 luglio 2005 a
Londra), offrono rifugio ai ricercati e ai co-
mandanti di pi alto livello di al Qaida, ga-
rantiscono alla guerriglia talebana una re-
lativa sicurezza dai bombardamenti e dalle
incursioni delle forze della
Nato in Afghanistan
che non possono inse-
guirli al di qua del
confine. Per questi mo-
tivi, il Congresso americano
non si fida pi di un alleato a braccia
consertedal 2004 evuoletagliarei 785
milioni di dollari di aiuti, di cui 300 in
spese militari, gi stanziati questan-
no per il governo di Islamabad.
Cos, dopo la retorica inverosimile di
duegiorni fa Terroristi stra-
nieri, voi rovinate limmagine
del nostro paese! Fate i bagagli
e andatevene, o dovrete fare i con-
ti connoi , il generaleMusharraf ha
ordinato larresto del mullah Obaidullah
Akhund. Se sar confermata anche da fonti
Nato, si tratter della cattura pi importan-
tedalliniziodelleoperazioni inAfghanistan
nellottobre del 2001. Akhund gi arrestato
epoi rilasciatonel 2002, grazieaunamnistia
stato il ministro della Difesa dei talebani
per tutta la durata del regime, dal 1996 fino
a quando stato rovesciato dagli Stati Uniti.
Nella gerarchia il terzo incomando, con-
sideratodallintelligenceamericanaunodei
leader e consiglieri pi vicini a Osama bin
Laden, fa parte del circolo di estremisti che
circonda il mullah Omar e anche della Shu-
ra Mujlis dei talebani, ovvero del Consiglio
esecutivo dei dieci membri che prepara le
campagne militari. Obaidullah stato arre-
stato a Quetta, al confine con le province af-
ghane del sud di Helmad e Kandahar, dove
i talebani stannoper scatenareloffensivadi
primavera. Anche se Musharraf nega Il
mullah Omar si nasconde a Quetta? Datemi
lindirizzo, esarioinpersonaadandaread
arrestarlo da tempo nella citt pachista-
na stata allestita una linea di comando e
controllo per consentire alla leadership
estremista di dirigere in relativa sicurezza i
guerriglieri in Afghanistan. Ora larresto di
Obaidullah potrebbe fornire ai pachistani
una quantit significativa di nuovi dati. Un
comandante del suo rango potrebbe essere
a conoscenza dei nascondigli di Osama bin
Laden se ancora vivo del suo numero
due, lideologo Ayman al Zawahiri, e del co-
mandante militare pitemuto, il mullahDa-
dullah. Eventuali informazioni sarebberoot-
tima merce di scambio con loccidente. A
breve termine, il presidente Musharraf ha
bisogno soprattutto degli americani e dei lo-
roaiuti, per nonessereingoiatodai suoi due
milioni di estremisti interni. Questa setti-
mana il suo ambasciatore a Washington,
MahmudAli Durrani, hacominciatounafre-
netica operazione di lobbying per impedire
al Senato americano di approvare una legge
che impedirebbe allAmministrazione di
aiutare paesi con armi nucleari, come il
Pakistan. Sarebbe la fine della collabora-
zione militare. Ameno che, dice una clauso-
la, il presidente americano non sia convinto
che ci siano particolari ragioni di sicurezza
nazionale. Islamabad sta cercando in tutti i
modi di rispondere di nuovo al requisito.
Per arrivare a Kabul
Sul lungo termine Musharraf punta tutta-
via sulla vittoria dei talebani, o, meglio, sul
ritorno a Kabul dove gi si tratta su unam-
nistia generale di un regime talebano mo-
derato. Secondo Syed Saleem Shahzad,
informatissimo corrispondente di Asia Ti-
mes, lestablishment pachistano ha gi stret-
to un accordo con i talebani che allargher
linfluenzadi IslamabadallAfghanistanme-
ridionale e dar nuova forza alla campagna
dellaguerrigliaper arrivareaKabul. Il mul-
lah con una gamba sola, Dadullah, sar luo-
mo forte del Pakistan in un corridoio largo
che dalle province pachistane del nord alle
province afghane del sud permetter ai ta-
lebani di muovere con impunit anzi, con
lappoggio silenzioso di Islamabad armi e
rifornimenti. Ma laccordo dei talebani con
il Pakistan, che presuppone un nuovo basso
profilo quindi niente attentati contro le
metropoli occidentali e in fondo un com-
promesso con un regime laico e militare
odiato da Bin Laden e da al Zawahiri, se-
condo Shahzad avrebbe aperto una fase di
diffidenza tra gli stranieri di al Qaida e i co-
mandanti della guerriglia afghana.
La strana guerra afghana
Il gioco ambiguo
di Musharraf preoccupa
al Qaida (e lAmerica)
Primi frutti della visita di Cheney e della
Cia. Per ottenere gli aiuti di Bush
il Pakistan arresta il mullah Obaidullah
Il patto per una zona franca
Una band israeliana vuole cantare
la minaccia atomica iraniana
a Eurovision, ma rischia la censura
Push the button
C
i sono alcuni governanti pazzi, si
nascondono e cercano di fregarci, e
con una volont demoniaca di distrug-
gere they are going to push the button,
premeranno il pulsante. E poi sar un
kaput-kaboom, anche se noi vorremmo
soltanto vedere i fiori fiorire, stare se-
duti al sole, divertirci, piangere anche.
Vorremmo non morire, insomma. Ma
they are going to push the botton, pre-
meranno il pulsante. Kaput-kaboom.
Il finale apocalittico, un misto di rap,
rock e sonorit orientali, tre lingue in-
glese, francese, ebraico usate per can-
tare la paura dellavanzamento tattico
dei regimi fanatici, e dello scoppio nu-
clare. E questo che i Teapacks presen-
teranno allEurovision di maggio, il
Sanremo internazionale che questan-
no si tiene a Helsinki. Ammesso che la
loro canzone resista al putiferio che si
sta scatenando ora che la melodia ar-
rivata alle fragili orecchie europee. Un
organizzatore dellEurovision ha gi
detto a Israele che ha scelto la canzo-
ne dopo che questa ha stravinto il
concorso nazionale
che inappropria-
to cantare la minac-
cia atomica (iraniana),
che ci possono essere
ripercussioni pericolose,
sia mai che il mondo islami-
co si irriti e finisca per boi-
cottare la kermesse, o peg-
gio ancora per metterla
sotto accusa. La band
non fa una piega, anzi,
dice che in fondo me-
glio scatenare un dibatti-
to piuttosto che star zitti ad
aspettare che quelli premano il pul-
sante. Del resto i Teapacks arrivano da
Sderot, nel Negev, il bersaglio preferito
dei lanciatori di Qassam dalla Striscia
di Gaza, volano missili e cadono anche
su di me, cantano. Temono pi i razzi
della censura. Temono pi la minaccia
nucleare dellIran di Mahmoud Ahma-
dinejad che pure nella canzone non
mai citato esplicitamente delle rimo-
stranze del comitato dellEurovision.
Soprattutto, hanno vinto un concorso
nazionale, cantano come ha scritto an-
che il Guardian un disagio che tutti
sentono, unaspirazione che tutti han-
no: avere una vita normale, stare sedu-
ti al sole, ridere e piangere.
La paura del kaput-kaboom
I puritani del festival ricordano che
le regole per partecipare sono chiare:
niente politica. Push the button non
sha da cantare. La questione talmen-
te dibattuta che persino i columnist sui
giornali israeliani si sono messi a di-
scutere, e alcuni hanno pure ricordato
che sto Eurovision proprio un flagel-
lo, visto che nel 1998 fu vinto da un
trans israeliano che fece scatenare la
comunit ultraortodossa del paese. A
breve arriver la sentenza, intanto mol-
ti sottolineano che non c nulla di ma-
le a dire in musica quello che le grandi
diplomazie del mondo non possono
neppure pensare, e che comunque la
minaccia c, lo dice Ahmadinejad mi-
ca Israele. E tanti gi canticchiano they
are going to push the button, anche se
noi non vogliamo un kaput-kaboom.
Giornalisti allAriston, Pippo lo vuole! La
domenica di Sanremo sar tutta della gran-
de stampa. Lo ha deciso Baudo che per co-
ronareil trionfodel Festival hachiamatosul
palco le prime firme del giornalismo. Co-
mincia Massimo Mucchetti. Il vicedirettore
ad personam del Corriere della Sera si esi-
bisce con due brani: il Cantachiaro per
cantarle chiare a Tronchetti Provera e poi
Ho un sassolino nel computer, ahi!, che mi
fatantotantomale. Cunaltrovicediretto-
re ad personam di via Solferino che si pre-
senta. E Magdi Allam, con un pezzo tanto
esotico quanto amato dagli italiani: Quanto
si bello a cavallo a sto cammello. I vicedi-
rettori del Corriere non finiscono mai, ma
quello che lavora veramente, Pigi Battista,
regalaaPippounemozionanteDieci ragaz-
ze per me. Con unesclusione: La ragazza
del secolo scorso, quella proprio no. Anche
la Stampa, quotidiano di Torino e perci
della Riviera, invia a Sanremo i suoi cam-
pioni. ApreMarcelloSorgi. Lecronistemon-
dane riferiscono unindiscrezione sullabito
scelto dal grande Marcel, trattasi di unfumo
di Londra indossato inluogo della tenuta da
yachtsman vista lora dellesibizione. Con
struggente malia lillustre firma canter:
Non ti scordar di me. Ancora dalla Stam-
pa arriva Lucia Annunziata. La spiritosa
editorialistasi lancianellasezionevoci nuo-
ve con una rilettura di un brano portato agli
onori degli allori da Cristina DAvena. Non
pi Quarantaquattro bens Settantasette
gatti in fila per sei col resto di due. Per il
dopo festival si prenota un campione del
giornalismo alto, Gad Lerner, che canta sul-
lo sfondo della silhouette di Rita Hayworth
Rovato mio. Al Festival non ci sono solo
canzonette ma anche momenti impegnati e
di confronto democratico. In assenza di Ca-
vallo Pazzo Lerner che si fa carico del mo-
mento alto con un testo che parole di Bau-
do colmalingiustiziaper lemarginazione
di Rovati anche nel Prodi bis.
Giornalisti allAriston, Pippo lo vuole! Aun
sicuro bis destinata lesibizione di Pietro
Calabrese, direttoredi Panorama, conunhit
allegro e musicarello: Marina, Marina, Ma-
rina. Tutta la redazione de La Repubblica,
in linea con leditore intenzionato ad acqui-
stare lAlitalia, canta uno smagliante Vola-
re!, con leccezione di Curzio Maltese inca-
ponitosi a voler fare un assolo del grande
Rascel: Il corazziere. AncheDuduMalubu
e Zuzu Karim sono a Sanremo. I due formi-
dabili reporter del Kenya Post, che da tre
settimane sono in Italia sperando di vende-
re a qualcuno lo scoop su Giovanna Melan-
dri a Malindi, nella casa di Briatore, saran-
no gli ospiti donore. Baudo li ha voluti a tut-
ti i costi, ha pure lasciato intendere di avere
convinto Mario Ciancio, leditore della Sici-
lia di Catania, a fare il colpaccio e acquista-
re lui lo scoop. Ad ogni modo gli ospiti si fa-
ranno onore, nella campagna di sensibiliz-
zazione del turismo consapevole i reporter
del Kenya Post canteranno: I Watussi. Du-
du e Zuzu saranno i protagonisti di un gran-
de show che preparer larrivo di un altro
big: CarloRossella. Il direttoredel Tg5 (sem-
pre che nel frattempo Clemente J. Mimun
non abbia gi fatto il suo golpe) canter fuo-
ri concorso Io, tu e le Tods. Grande assen-
te sar Gianni & Riotto. Baudo non lha vo-
luto. Sollecitato da un pizzino di Tot Cuffa-
ro: Garantisco io, Johnny canta Ciuri Ciuri
come pochi, Baudo non ha ceduto a quella
che sembrata unindebita pressione.
Da Volare di Repubblica a
una struggente Rovato mio
Super Pippo porta allAriston le grandi
firme. Il catalogo (e lesito) questo
Cantanti della domenica
Un articolo perfetto, ie-
ri. Capita di rado la let-
tura di articoli perfetti
come quello dove Alber-
to Statera signorilmente
inorridisce di fronte agli
imprenditori ladri (pro-
babilmente) ma di sicu-
ro cafoni. Tipo Danilo Coppola, passato dal-
laborgataFinocchioal palazzosettecentesco
di Mediobanca, passato da Torpignattara al
Lingotto, accanto ai Canaletto e ai Gustav
Klimt collezionati in una vita da Gianni e
Marella Agnelli. Dicasi in una vita, signora
mia. Ha infilzato tutti i parvenue tutti i gran-
di cafoni, Statera. Uno dopo laltro. Da Ri-
cucci a Ligresti, da Ventriglia a Zunino, da
Farina a Sindona e da DellUtri a Fazio. An-
che il figlio di DellUtri, ha infilzato, colpe-
vole nientemeno, di aver distribuito unfilm
dellasignoraRicucci, alias AnnaFalchi. Un
articolo davvero perfetto. Dove infilzando
lennesimo cafone, vale a dire il banchiere
Guido Calvi, Statera ha enumerato con vigo-
rosa professionalit tutti coloro i quali con
Calvi fecero affari. Il Vaticano, nona caso, lo
Ior e la banda della Magliana. Non ha com-
messoerrori, Statera. Egli haevitatoconcon-
sumata perizia la facile trappola di infilzare
Carlo De Benedetti perch fece s qualche
affare con Calvi, ma cafone non era.
Questo numero stato chiuso in redazione alle 21,00
Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1 Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO
Roma. La rete delle alleanze e gli equili-
bri dentro la Confindustria sono in una fa-
se di grande confusione. Il tema della suc-
cessione a Luca di Montezemolo per il mo-
mento non decolla. Mancano gruppi aggre-
ganti e king maker. Innanzitutto venuto
meno il ruolo tradizionale della Fiat, deci-
siva nella designazione del presidente fino
al 2000, fino alla sconfitta di Carlo Callieri
per mano di Antonio DAmato, partita in
cui fu decisivo Cesare Romiti che voleva
prendersi una rivincita su Torino dopo es-
sere uscito dal Lingotto. Montezemolo non
un presidente espresso dalla Fiat (fu
chiamato al vertice della holding, dopo la
morte improvvisa di Umberto Agnelli). Egli
era lespressione di un forte e trasversale
gruppo di potere che andava da Luigi Abe-
te a Vittorio Merloni, Giorgio Fossa, An-
drea Pininfarina e poi si allargato a mol-
ti altri. Insieme, con oltre un anno di anti-
cipo, avevano individuato in LCdM luomo
giusto, affidando a Innocenzo Cipolletta il
compito di organizzare il consenso neces-
sario. Unoperazione quasi militare, nata
da un gruppo di persone legate da amicizia,
ma soprattutto dal collante fortissimo del-
lantidamatismo. Lintenzione era trasfor-
mare Confindustria in un luogo da cui par-
tisse unagenda di rinnovamento economi-
co e sociale per il paese. Non molto di que-
sto disegno iniziale si realizzato.
Gli obiettivi si sono diluiti finendo per
destare perplessit anche negli stessi gran-
di elettori del presidente. Anche se le re-
centi tensioni tra LCdM da un lato, e Luigi
Abete, Cipolletta, ma anche Diego della
Valle o Andrea Pininfarina, dallaltro, sem-
brano rientrate, la magica intesa che aveva
caratterizzato lavvento di Montezemolo og-
gi sfumata. In questo quadro di malinco-
nica delusione, stentano a profilarsi candi-
dature forti. (segue a pagina quattro)
Roma. Anche il bioeticista superlaico
Maurizio Mori, sullUnit di ieri, si ag-
giunto alla compagnia degli indignati &mo-
bilitati contro il duro attacco alla ricerca
scientifica e al pluralismo etico sferrato
da una terribile e potente nuova Inquisi-
zione. Incarnata a sorpresa (e i pi sor-
presi sono proprio loro) dagli otto studenti
cattolici della Statale di Milano che hanno
diffuso lormai famosa lettera aperta alla
professoressa Elena Cattaneo (vedi il Fo-
glio del 28 febbraio). In quella lettera, gli
studenti si dichiarano sconcertati per il
fatto che nel corso del convegno sulle cel-
lule staminali embrionali umane organiz-
zato il 31 gennaio da UniStem, il centro di
ricerca universitario del quale Cattaneo
direttrice, fossero state largamente eluse
alcune questioni da essi ritenute fonda-
mentali. Prima tra tutte, se possibile fa-
re ricerca, senza porsi la domanda princi-
pale: che cosa ho di fronte? Nella fattispe-
cie: che cosa lembrione? E vita umana?.
Apriti cielo. La Cattaneo ha gridato al
volantinaggio abusivo, al complotto anti-
scientifico, ai toni offensivi. Le obiezioni
e le domande degli studenti, ha detto, pote-
vano essere fatte nello spazio del convegno,
previa registrazione e richiesta di inter-
vento. Non successo? E allora tutti zitti,
tempo scaduto, come nei quiz televisivi.
Nessuno si sogni di disturbare il manovra-
tore-scienziato con osservazioni puerili e
fastidiose. La tesi, stando alla linea di pen-
siero che dalla Catteneo arriva fino a Mori,
dunque che si possa discutere dei pro-
blemi etici sollevati dalla ricerca scientifi-
ca solo in appositi recinti guardati a vista.
Non c male, per chi continua ad annet-
tersi Galileo e a fare appello al libero pen-
siero contro loscurantismo. Dice al Foglio
Michele Benetti, uno dei firmatari della let-
tera aperta alla Cattaneo, che quando, nel
medioevo, nata quella che si chiamava
Universitas, davanti ai problemi che inter-
pellavano le coscienze si indicevano gran-
di dispute fra tesi contrapposte, e si ri-
spondeva nel merito, senza scandalizzarsi
dei pensieri diversi, anzi. E allora, se non
possibile il libero dialogo su uno dei
grandi problemi di questa epoca, quale do-
vrebbe essere il compito dellUniversit?
Non immaginavamo che porre domande,
esprimere opinioni, chiamare al confronto
su ci che intendiamo per vita umana, si-
gnificasse essere feroci inquisitori. Piutto-
sto sarebbe grave, per aspiranti ricercatori
come noi, non farsi e non fare quelle do-
mande. Ci viene giustamente chiesto di es-
sere scrupolosi sui pi minuti particolari
degli esperimenti e sul significato dei ter-
mini scientifici usati. Poi, di fronte a certi
problemi, ci viene detto che invece la ra-
gione pu essere accantonata, sospesa, ri-
messa nel fodero. Noi, invece, la ragione
vogliamo usarla, sempre. Ed un elogio,
quello che nella lettera aperta a una pro-
fessoressa facciamo di monsignor Maurizio
Calipari, quando scriviamo che durante il
convegno, parlando dellembrione umano,
ha difeso pi la ragione che il catechismo.
Maurizio Mori, invece, nel suo intervento
sullUnit lo considera da parte nostra,
chiss perch, una specie di accusa.
A confortare gli studenti c stata la pre-
sa di posizione del rettore della Statale,
Enrico Decleva, il quale ha ribadito che
gli atenei sono per loro natura e vocazio-
ne luoghi di confronto, nel rispetto reci-
proco. E Benetti spera che la professores-
sa Cattaneo, con altri scienziati di orienta-
menti diversi, accetti di partecipare allin-
contro pubblico che gli studenti contano
presto di organizzare, dal titolo: Se questo
un uomo. Riflessioni sulluso di embrioni
umani a scopo di ricerca scientifica.
LCdM ha scelto il suo successore
preferito, per si muovono molto
anche Abete e Bombassei
Confindustriarsi
La sacra laica inquisizione
Il nuovo oscurantismo chiede agli studenti cattolici della Statale
di Milano di tacere o di domandare se lembrione vita umana solo nelle
aule dei convegni scientifici. I ragazzi invece invitano i prof. a un dibattito
(segue a pagina quattro)
OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO
AVVENTURE
DELLA CORRETTEZZA
INCIDENTI ESILARANTI. La cultu-
ragay di Dolce&Gabbanaallimprov-
viso non va pi bene al progressista.
Perch? (editoriale a pagina tre)

NOVE COLONNE
GIANFRANCO FINI
ANNO XII NUMERO 53 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
D
a un paio di settimane mi porto dietro
le Le poesie damore, di silenzio, di
guerra di Harold Pinter (a cura di Edy
Quaggi, Einaudi, pp. 108, euro 12). Leggo
qua e l, cerco il bandolo. Mi perdo. La pri-
ma impressione di lacunosit e di incon-
sistenza. Pinter come poeta non d corpo a
un intero mondo. Scrivere poesia sembra
essere per lui unattivit naturale e prima-
ria, come prendere appunti o tenere un
diario, senza progetti e senza metodo.
Leggendo cerco di capire se questo un
libro di poesia o uneccitante curiosit let-
teraria: un modo di spiare dietro le quinte
il Pinter drammaturgo per vedere come
funziona il suo cervello quando non co-
struisce una pice e non scrive per il suo
pubblico. Un libro di cento pagine, conte-
nente poesie scritte dal 1951 allinizio del
2006, non pu essere certo unopera orga-
nica. E appunto un diario in versi, una rac-
colta selezionata di frammenti esemplari,
che mostrano tuttal pi che Pinter rima-
sto fedele al ventenne che era e che, in at-
tesa del suo futuro di scrittore, scriveva
poesie quando ne sentiva il bisogno o
quando semplicemente non sapeva che co-
sa fare di se stesso. E un poeta, Pinter? S
e no. Ma io propendo per il s, nel senso
che lo , linguisticamente, anche nel suo
teatro, fatto di incubi, di ritmo, di insulse
chiacchiere quotidiane che diventano pu-
ra metafisica della vita che silenziosamen-
te e inesorabilmente si autodistrugge. Ci
sono poi molti modi di scrivere poesia, pi
di quanti di solito si crede. La poesia, fra
tutti i generi letterari, la pi riuscita
trappola per inetti e illusi.
L E POES I E DI UN DRAMMA T URGO
Leonard Cohen ha scritto: Tra le mi-
gliaia di coloro che sono conosciuti/ o aspi-
rano a farsi conoscere/ come poeti/ forse
uno o due/ sono poeti autentici/ gli altri so-
no finti () Non c bisogno che vi dica/
che io sono fra quelli finti (). Aggiunge-
rei tuttavia che forse solo un poeta vero,
anche se potenziale, arriva a capire di es-
sere un poeta finto. Perch finti davvero
sono soprattutto quelli che mai dubitano
di essere veri.
Sembra proprio che Pinter abbia deciso
di scrivere poche poesie in pochi versi an-
zitutto per non credersi poeta e non cadere
nel falso. La sua una musica elementare,
desolatamente semplice fino allenigma.
Tutto semplice e chiaro in Pinter. Tutto
resta comunque enigmatico, il bene e il ma-
le, il nulla e il quasi-nulla di un giorno qua-
lunque, il silenzio della morte e il fragore
della guerra, un fragore che qui dove sia-
mo, se si vuole, non si sente, ma poi allim-
provviso, se ci si pensa, buca i timpani.
Guidato dal suo orecchio, dal suo senso
delle voci, dei tempi, delle misure e delle
pause, Pinter sta attento a non mentire,
neppure con la pi piccola, involontaria in-
crespatura di tono. Quando al suo meglio,
ci d il suono della nostra ordinaria follia.
Ma ogni tanto questa follia esplode e Pinter
diventa poeta-poeta (in alcune poesie gio-
vanili, con evidenti echi elisabettiani). Al-
lora non si d pi limiti, non riesce pi a
fermarsi dentro il perimetro claustrofobico
di una disperazione congelata, atona e afo-
na. Si mette a urlare e imprecare, d voce
allinsensato e alla pi oscena volont di
violenza, perch solo urlando contro i mo-
stri si pu far capire che sono mostri.
A ventanni Pinter, prima di diventare
il miglior drammaturgo post-beckettiano,
scriveva da poeta e arrivava perfino a far
sentire qualcosa dellincontenibile ener-
gia metaforica e oratoria di Dylan Tho-
mas: Dondolavo al sole in una camicia di
forza,/ in una pausa ostile, in un tempo de-
serto ()/ Vi dico questo solo il sordo
pu sentire e il cieco capire/ le miglia che
farfuglio./ Fra queste mie danze di soma-
ro e demonio,/ fra i detriti pu parlare so-
lo il muto (p. 13).
Fa pensare ad Amelia Rosselli
In qualche altra poesia del 1951, come
Un bicchiere a mezzanotte o Libro di
specchi, Pinter fa pensare alla sua coeta-
nea Amelia Rosselli, anche lei nata nel
1930, che sapeva ambientare tragedie sen-
za tempo n luogo in una camera da letto, e
i suoi incubi fra le pareti di una civile, irri-
conoscibile abitazione urbana. Si potrebbe
anche ipotizzare che Amelia Rosselli abbia
letto certe poesie di Pinter e ne abbia ri-
preso la tecnica. In quelle che battezz Va-
riazioni belliche (1964) moltissimi testi so-
no costruiti percussivamente battendo il
tempo sui se (Se nella notte sorgeva un
idillio, Se lanima perde il suo dono al-
lora perde terren., Se nella notte sac-
cendeva un faro, allora addio promessa).
Ed ecco Pinter, che sotto la didascalia
Parla una donna scriv: Se la sua sostan-
za si tende/ io sono la perdita del suo san-
gue./ Se le mie cosce lo approvano/ io sono
la somma della sua paura.// Se i miei occhi
lo lusingano/ di questo che fatto laccor-
DUE PES I E DUE MI S URE I N OCCI DENT E
Dare voce alle notizie su Israele e scoprire che la strategia da rifare
Roma. Ieri si aperto il convegno Due
pesi, due misure. Linformazione su Israe-
le, che proseguir fino a domenica sera
nei locali dello Star Hotel di Roma. Una
platea non soltanto di esperti, ma di letto-
ri e osservatori del mondo contempora-
neo stanchi della cattiva immagine a sen-
so unico che i media offrono di Gerusa-
lemme, fatta soltanto di scandali sessuali
di crimini di guerra, e mai delle violazio-
ni delle risoluzioni dellOnu da parte di
gruppi armati come Hamas ed Hezbollah,
fino ad arrivare allaccusa di apartheid
(anche se negli ospedali oltre il 30 per
cento dei pazienti ricoverati di origine
palestinese, giordana o irachena).
Fiamma Nirenstein, giornalista, esper-
ta di medio oriente, vive da anni a Geru-
salemme. Ieri intervenuta per offrire la
testimonianza di chi si trova in una posi-
zione privilegiata dalla quale possibile
vedere cosa Israele. E purtroppo, tor-
nando in Italia, ci si rende conto che non
esiste un paese tanto sconosciuto e che
viene soltanto fantasticato.
Secondo Nirenstein, buona parte della
stampa occidentale riporta episodi di cro-
naca senza fare informazione. Cio sen-
za comprendere in che modo il governo di
Ehud Olmert costretto ad affrontare una
guerra asimmetrica come quella in corso
in medio oriente. In questo modo si con-
tribuisce a produrre una realt falsata.
Per smentirla basterebbe raccontare epi-
sodi che quasi mai trovano spazio sui gior-
nali europei e illuminare le notizie che
ogni giorno raccontano una situazione di
guerra, che per non sono quasi mai ri-
prese. Il riferimento anche a quella li-
nea teorica portata avanti dal 2001, prima
da al Qaida e poi dal ricompattato fronte
sciita, che rilancia ossessivamente la can-
cellazione dello stato di Israele.
Non abbiamo ancora imparato a com-
battere bene questa guerra asimmetrica
dice Nirenstein perch per la mentalit
occidentale proibito bombardare gli in-
sediamenti dei missili Kassam di Hamas
e di Hezbollah. Non solo agli occhi degli
europei, ma anche per lestablishment di
Gerusalemme che per ora non si dimo-
strato in grado di gestire il fallimento del-
lidea terra in cambio di pace elaborata
da un leader forte come Ariel Sharon.
Il problema, secondo gli intervenuti
tra cui il giornalista e scrittore Carlo Pa-
nella, che da anni segue levoluzione del-
lo scacchiere mediorientale, con una par-
ticolare attenzione allIran e oggi al suo
presidente Mahmoud Ahmadinejad vie-
ne da pi fattori: quella posizione non ha
offerto i risultati sperati, dunque il gover-
no avrebbe dovuto cambiare passo. Non
lo ha fatto. Perch assieme alloccidente
non ha compreso che in questo momento
storico lunica concessione che il mondo
arabo sciita pu offrire a Israele una
hudna di qualche anno, una tregua che
non ha alcuna prospettiva di pace.
Assieme a Panella e a Nirenstein, ieri
sono intervenuti anche Maurizio Molina-
ri, corrispondente della Stampa da New
York, e Giorgio Israel, accademico che
collabora con diverse testate, tra cui il Fo-
glio. Israel ha indicato una strada da se-
guire per tentare di sopravvivere a questa
situazione: necessaria una profonda au-
tocritica, in particolare da parte di Geru-
salemme. Perch non si pu essere acco-
mondanti con gli estremisti: Contro chi
continua a usare un atteggiamento arro-
gante, loccidente cominci a dire la ve-
rit. In particolare gli uomini politici, co-
me il ministro degli Esteri italiano, Massi-
mo DAlema, che ha chiesto ad Hamas di
riconoscere uno stato che esiste dal 1948
soltanto implicitamente, ha notato giu-
stamente Israel.
Lappuntamento, organizzato dalla Fe-
derazione delle associazioni Italia-Israe-
le, con limpegno di Angelo Pezzana, pro-
seguir oggi alle 10 con gli interventi di
Massimo Teodori, Angelo Panebianco,
Menachem Gantz, Magdi Allam, il genera-
le Mario Arpino e altri ospiti.
Francesco De Remigis
I L DI BA T T I T O AL L A L A T ERANENS E RACCONT A T O DA CHI C ERA
Anche se Augias ci spera, nessuno lo processa per il libro su Ges
Roma. Gioved si leggeva sulla prima pa-
gina di Repubblica un pezzo pieno di buon
senso vergato da un battagliero Corrado
Augias che denunciava: Io, processato dal-
la chiesa per il mio libro su Ges. Il corsi-
vista di largo Fochetti raccontava di essere
stato vittima di una dotta reprimenda che
monsignor Romano Penna, noto studioso di
esegesi evangelica, gli aveva rivolto merco-
led nel corso di una conferenza allUniver-
sit lateranense. Un processo da santa in-
quisizione, perch, polemizzando con lui,
monsignor Penna avrebbe detto che non si
pu parlare di Ges senza la fede e non si
pu capire Gesse si prescinde dalla fede.
Per questo Augias, paladino della laicit,
spiegava come Gessi capisca molto meglio
prescindendo dalla fede, difendeva il suo
libro, ribadiva la sua tesi e rivendicava lin-
dipendenza della ricerca storica dalla fede
e dalla religione. Sacrosanto verrebbe da
dire, se si eccettuasse il dettaglio insignifi-
cante che a quanto pare Penna non lo ha
degnato di alcuna reprimenda. Anzi, pare
proprio che il professore porporato non ab-
bia mai citato Augias e il suo libro, neanche
per sbaglio. Pare dunque che Augias si sia
inventato vittima di un processo e che, pre-
so dalla foga eccessiva di difendersi da
unaccusa fantasma, si sia pure immaginato
che il professore Penna avesse polemizzato
sulleccessiva liberalit della ricerca stori-
ca che vorrebbe raccontare Cristo negando
la fede. Balle storiche. Eppure Augias alla
conferenza era presente e non si pu dun-
que neppure ipotizzare che forse qualcuno
lo ha male informato. Infatti la sua presen-
za non passata inosservata, come confer-
ma Sergio Lanza, professore allUniversit
lateranense e organizzatore dellincrimina-
ta lectio tenuta da Romano Penna. Au-
gias ha ascoltato due terzi dellintervento,
poi si alzato e se ne andato. Monsignor
Lanza pi stupito che arrabbiato. Spiega
che la conferenza era prevista da due anni
e che si trattato di un incontro sulla figu-
ra di Ges per come stata trasmessa dalle
fonti evangeliche. Per questo si era pensa-
to a Romano Penna, che unesperto di ese-
gesi neotestamentaria. Certo evidente che
la posizione di Penna diverge da quella di
Augias, ma il saggio del giornalista non
stato valutato in alcun modo nel corso del-
lincontro. Non se ne proprio parlato,
neanche per sottintesi, e neanche si fatta
polemica indiretta sulla libert di ricerca
storica. Figuriamoci. Anche noi siamo degli
studiosi, degli accademici. Non mica il
medioevo. Non siamo dei Torquemada, la
bellezza di questi argomenti, al contrario,
sta proprio nellaffrontarli con limpidit e
apertura di mente.
Il professor Lanza ci aiuta anche a fare
chiarezza e spiega che Augias assodato
che nessuno ce laveva con lui ha proba-
bilmente travisato le parole di Penna rela-
tive ai Vangeli e alla figura storica del Cri-
sto. Parole non da oscurantista inquisitore,
ma da studioso, da filologo biblista. Infatti
Penna non ha detto che non si deve studia-
re Ges prescindendo dalla fede, ma ha
semplicemente evidenziato che le uniche
fonti storiche sulla vita di Ges Cristo sono
i Vangeli, che per loro natura sono delle pe-
culiarissime biografie scritte da credenti
per dei credenti. E che dunque lo studio
della figura di Cristo non pu prescindere
dal cristianesimo proprio per la natura
stessa delle fonti biografiche, che furono
scritte allo scopo di diffondere la fede e non
semplicemente di raccontare la vita di Ge-
s. Lapalissiano. Tuttavia Augias un bra-
vo professionista, uno che ogni libro che
scrive unsuccesso, e va perdonato. Daltro
canto cogliere unoccasione per vittimizza-
re un proprio libro sta un po nelle cose, fa
parte del gioco. Perch un libro processato
e censurato un libro che si garantisce lun-
ga vita. Gli esempi sono innumerevoli. An-
che opere mediocri sono rimaste scolpite
nellimmaginario collettivo perch, male-
dette, scomunicate e processate. E infatti
essere processati incerti casi una tale am-
bizione per lo scrittore da spingerlo fino a
inventarsela, la censura, quando questa di-
sgraziatamente non dovesse arrivare. Ci
comprensibile e per questo Augias, che
pure bravo, va perdonato. Ma non si poteva
non raccontare. Amicus Plato sed magis
amica veritas.
DOPO L A DENUNCI A DI RA T Z I NGER S UL L EUGENET I CA
Pure Repubblica indaga il volto gentile del totalitarismo bianco
E
un modo nuovo, distante dal falso cli-
vage laici-cattolici, perfino conflittuale
con la pacificazione inerte dei miti postmo-
derni, quello con cui Repubblica ieri si
occupata delleugenetica denunciata da Be-
nedetto XVI sabato scorso. Eugenetica mor-
bida, quasi conviviale, che vorrebbe riscri-
vere la saga umana col linguaggio della pri-
vacy e della scelta germinale, che al posto
del concetto di razza ha messo quello di po-
polazione, le cui virtcardinali sono la com-
passione e il consenso, la compassione che
ci smuove adalleviare le sofferenze e il con-
senso che richiede che questa compassione
sia privatizzata. Luca e Francesco Cavalli-
Sforza ricostruivano la genesi darwiniana
di questideologia migliorista di Alva e Gun-
nar Myrdal, dei presidenti americani Theo-
dore Roosevelt e Woodrow Wilson, del giu-
dice capo della Corte suprema Oliver Hol-
mes, della sterilizzatrice di invalidi Marga-
ret Sanger, dei Nobel per la medicina Jo-
shua Lederberg e Hermann Mller, dei gu-
rudel Dna Francis Crick e James Watson, di
gran signori del progressismo anglosassone
come Francis Galton e Aldous Huxley, fino
agli appelli tipo Intelligent, Athletic Egg
Donor Needed For Loving Family. Ad
esempio, il filosofo Robert Nozick propone
un supermarket genetico che metterebbe
i genitori in grado di produrre bambini se-
condo i desideri.
Leugenismo come religione dellumane-
simo evoluzionistico basata sulla biologia,
in cui lofferta tecnologico-medica fa appa-
rire accettabile, fino a farla rivendicare, le-
liminazione dei non-conformi attraverso la
retorica pulita e sentimentale del best and
brightest (normale, ripete Didier Sicard).
Eugenismo tacito e consensuale, dice Jac-
ques Testart, non autoritario ma richiesto
dai genitori, che si guadagna il gradimento
della sicurezza sociale sanitaria, depurato
da ogni scoria ideologica e che caratterizza
luomo normale per difetto e nonpiper ec-
cesso di qualit. Una mitopoiesi medico-
scientifica in cui dalla collettivizzazione fa-
miliare si passati alla maternit respon-
sabile, dalloperaismo scandinavo al salu-
tismo del fitness, dal pedagogismo luterano
allo scientismo, incui lingegneria sociale si
allea a un olismo antropologico acreaturale
che inocula linfa naturalista allo slancio fu-
turista, laffascinante e inebriante idea di
una libert non limitata dal dato naturale.
Non confondere antropologia e profitto
Sempre su Repubblica Michele Aramini
puntava sullindustrializzazione della vita
umana, argomento nobile ma che rischia di
subordinare la grande questione antropolo-
gica sollevata da Ratzinger alla miscela na-
turale di richiesta sociale e profitto. Dimen-
ticando che la mercificazione una conse-
guenzadelladisumanizzazioneedel riduzio-
nismo biologico. E vero che della rivoluzio-
negenocentricacheaprealleugeneticafan-
no parte, fino a diventarne motore pulsante,
cliniche di fertilit e mirabilia spermatiche,
compagnieassicurativeekit prenatali, body
e baby shopping, industria delle provette e
medici dagli stipendi doro. Tuttavia, tutto
questovienedopo. Dopolideadi poter esse-
re generato con riserva e giudicato degno di
vitainbaseallesitodi untest genetico; dopo
leugeneticaliberalecomestrumentodi giu-
stiziaterrena, quasi messianica; dopolapro-
spettiva di un allevamento selettivo delluo-
mo; dopo i miraggi del cannibalismo tera-
peutico; dopolaccessoal cuoredel nessofra
le generazioni; dopo il trasferimento del mi-
sterioso processo della generazione dallo-
scurit dellutero alla luce fluorescente del
laboratorio; dopolavventodelleradellama-
nifattura umana e della lotteria cromosomi-
ca; dopocheil genetistasi calatonellantro
da cui scaturisce il potere supremo. Come
dice Marguerite Yourcenar, il desiderio di
fare il mondo prevale su quello di appro-
priarsi del suo significato. Leugenetica al-
lazoto liquido come rovesciamento della
favola antropocentrica, o come lo chiama
Peter Sloterdijks, sovvertimento agognato
dal fatalismo della nascita alla selezione
prenatale. Un totalitarismo tenero, un sadi-
smo bianco e glaciale che non scandalizza
soltanto perch non fa scorrere il sangue.
Giulio Meotti
do./ Se la mia bocca lo placa/ io sono pro-
prio la sua sposa (p. 33).
E dopo le sue pi famose opere teatrali
(The Birthday Party, The Room) che
Pinter scrive poesie diverse, pi somiglian-
ti a notazioni marginali o a epigrafi ag-
ghiaccianti. Alleggerisce il lessico, dirada
luso delle metafore. Diventa pi limpido,
ritmato, perfino canzonettistico e cabaret-
tistico. Sinistre litanie sempre pi spesso
politiche, che a colpi di ascia e di martello
spaccano la crosta della sordit e dellipo-
crisia e fanno emergere lo stato di fatto
pubblico o privato in cui ci si trova. Vivere
risulta essere una fragile cosa transitoria,
assediata dal buio, dallinsensatezza, dal
soffice nulla e dalla viscida morte che arri-
vano o crescono in silenzio.
Pinter ossessionato dallinvisibile di
ci che visibile. Dalle ombre di morte in-
separabili da ogni corpo vivente. E osses-
sionato dai fantasmi in pieno giorno, fra i
quali viviamo e che noi stessi siamo, per
noi e per gli altri. Ma certe minuscole poe-
sie damore, che sembrano appena damo-
re, sono di unintensit ustionante e quasi
incorporea. Dietro la normale ottusit co-
vano lorrore, il disgusto, loscenit omici-
da. La morte viene spesso nominata e per-
ci maledetta. Lamore viene nominato
perch resti intatto al di qua e al di l del-
le parole: La tenda bianca a pieghe,/ lei fa
due passi e si gira,/ la tenda ferma, la lu-
ce/ ondeggia nei suoi occhi.// Le lampade
sono dorate./ Il pomeriggio si piega, in si-
lenzio./ Lei danza nella mia vita./ Il giorno
bianco brucia ( p.45).
Alfonso Berardinelli
Note a margine di un ventenne fedele a s. Firmato Harold Pinter
Oltre la fifa
Massimalisti, liberalsocialisti e
riformisti. Tre modi delUnione
per accelerare via dalla crisi
Arthur Schlesinger
Nacque il 15 ottobre 1917. Nacque a Co-
lumbus, nellOhio. Crebbe nello Iowa, do-
ve il padre Arthur Meier insegnava storia
alluniversit. Un antenato della madre
era stato a sua volta storico. La famiglia si
trasfer nel Massachussetts quando
Arthuer sr. fu chiamato alluniversit di
Harvard, dove sarebbe diventato preside
della facolt di Storia. Arthur jr. fece un
lungo viaggio intorno al mondo, poi, fedele
alla tradizione di famiglia, si iscrisse alla
facolt di Storia di Harvard. A Harvard si
laure con una tesi su Orestes A. Brown-
son, un romanziere, giornalista e teologo
cattolico americano del XIX secolo. A Har-
vard insegn per un anno. Poi, quando gli
Stati Uniti entrarono in guerra, si mise al
servizio del paese. Serv sul suolo america-
no nel Office of War Information, serv in
Europa nellOffice of Strategic Services,
lOss, antenato della Cia. Limpegno milita-
re non gli imped di continuare a studiare.
Dopo la guerra lavor per la rivista Fortu-
ne, pubblic il discusso Age of Jackson
in cui ritenne di rintracciare le radici del
liberalismo americano negli anni tra il
1830 e il 1840, accett un incarico di inse-
gnante a Harvard. In un libro intitolato
The Age of Roosevelt magnific i risulta-
ti del New Deal per la ripresa dellecono-
mia americana dopo la grande depressio-
ne. Con Eleanor, la vedova di Roosevelt, e
con leconomista John Galbraith cre un
gruppo di pressione e di informazione a fa-
vore della politica democratica. Per due
volte consecutive, nel 1952 e nel 1956, mi-
lit con i sostenitori di Adlai Stevenson
nelle sfortunate campagne elettorali con-
tro Dwight Eisenhower. Approfond gli stu-
di sullo sviluppo del pensiero liberale nel
XX secolo, persever nel lavoro politico.
Per la campagna di J. F. Kennedy scrisse
un libro polemico sulle prospettive negati-
ve minacciate da Richard Nixon, organizz
il contatto con gli intellettuali, si occup
soprattutto delle condizioni politiche e so-
ciali nellAmerica Latina, diventata turbo-
lenta dopo la vittoria di Fidel Castro a Cu-
ba. Per lamministrazione Kennedy dise-
gn un fondo per il progresso sociale che
avrebbe dovuto favorire la riforma agraria.
Lavventura fallita della Baia dei Porci va-
nific il progetto. Poco dopo lassassinio di
Kennedy, si dimise dagli impegni governa-
tivi. Attacc la politica di Lyndon Johnson
a proposito del Vietnam. Conquist una fa-
ma internazionale con un libro intitolato
The Bitter Heritage: Vietnam and Ameri-
can Democracy. Collabor alla campagna
di Robert Kennedy per le presidenziali.
Anche il secondo Kennedy fu assassinato.
Schlesinger si ritir a scrivere un libro
pessimistico sulla societ e la violenza ne-
gli Stati Uniti e si dedic allo studio e al-
linsegnamento. Nel 1992 sorprese gli am-
bienti democratici con un libro inatteso in-
titolato The Disuniting of America: Re-
flections on a Multicultural Society. Con-
tro le sue convinzioni democratiche, vi at-
taccava il principio del multiculturalismo
e del relativismo culturale: Se il Ku Klux
Klan avesse voluto trovare un sistema edu-
cativo per svantaggiare gli americani neri,
non avrebbe potuto trovare nulla di pi
diabolicamente efficace dellafrocentri-
smo. Poi si dedic alle sue memorie, cri-
tic con durezza limpresa di Bush in Iraq.
E morto mercoled 28 febbraio.
Mario Chanes de Armas
Nacque il 25 ottobre 1926. Nacque allA-
vana. Fu sindacalista, milit nel Partito or-
todosso, conobbe Fidel Castro, partecip
allassalto alla caserma Moncada, fu con-
dannato a quindici anni di prigione, ne
scont due. Nel 1956 sbarc dal Granma
per iniziare la guerriglia sulla Sierra Mae-
stra. Collabor alla sconfitta di Fulgencio
Batista. Dopo la vittoria rifiut di entrare
nella polizia del nuovo regime, difese le
sue posizioni di democratico cattolico con-
tro la maggioranza comunista. Con i vecchi
compagni di lotta ebbe diverbi vivaci. Il 17
luglio 1961 fu accusato di avere organizza-
to un attentato contro Fidel Castro. Fu
condannato a trenta anni di carcere. In pri-
gione si sottrasse a ogni programma di rie-
ducazione politica. Per non indossare la
divisa dei condannati per delitti comuni,
rest nudo per sette anni in una cella di
punizione. Gli fu negato il permesso di par-
tecipare ai funerali dei suoi cari Fu libera-
to con un giorno danticipo, il 16 luglio
1991. Per ottenere un visto per emigrare
dovette aspettare ancora due anni. A Mia-
mi si dedic a raccogliere generi di confor-
to da inviare ai prigionieri politici. cubani
E morto sabato 24 febbraio.
Vite parallele
Arthur, liberal contro il melting pot
americano e Mario, liberatore
cubano imprigionato da Castro
Prendo altrove spunto da al-
cune uscite recenti, compreso
lagile libro di Pierluigi Bat-
tista (Cancellare le tracce. Il
caso Grass e il silenzio degli in-
tellettuali italiani dopo il fascismo, Rizzo-
li). Il libro ricapitola la documentazione
circalareticenza, quandononlamanipola-
zione e la falsificazione, di un vasto e illu-
stre novero di intellettuali che ebbero cura
di nascondere o imbellettare le proprie
compromissioni col fascismo, argomento
annoso e tuttavia ancora capace di rivela-
zioni e scandalo. Distinguerei, in chi torna
volentieri sulle macchie del passato (so-
prattutto quello altrui), fra la sensibilit
nuova e il nuovo punto di vista che il tem-
po offre o impone, e le vele messe al vento
che tira. Leggendo Battista mi sono chiesto
se la dissimulazione pi o meno disonesta
di quegli intellettuali, e la vergogna che le
si accompagn pronunciata cos dramma-
ticamente da Norberto Bobbio: e dove
luomo arrossisce, comincia il suo essere
pi nobile non abbiano pesato nellin-
transigenza oltranzista con cui in molti di
quegli antenati sostennero lantifascismo
militante della nuova sinistra alla fine de-
gli anni 60: argomentopsicologicamentein-
teressante, e per il resto ormai irrilevante.
PICCOLA POSTA
di Adriano Sofri
IL FOGLIO quotidiano
ORGANO DELLA CONVENZIONE PER LA GIUSTIZIA
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ISSN 1128 - 6164
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P
rima della cri-
si di governo,
un fantasma si ag-
girava nellUnio-
ne, il Partito de-
mocratico. Ora ce
n un secondo, il
cosiddetto polo
antagonista va in
cantiere. E addirittura un terzo, che si ve-
de e non si vede, ma non per questo me-
no insidioso: la costituenda forza laica, li-
berale e socialista, i piccoli che la setti-
mana prossima a Bertinoro proveranno a
crescere.
Quando entra in fibrillazione la sinistra
sono sempre dolori e qualsiasi parto com-
plicato. E lo diventa sempre di pi mano a
mano che ci si sposta verso lestrema. Do-
ve la parola, il linguaggio, il progetto, ca-
valcare fra storia e utopia, leggere il socia-
le, conflitti e movimenti, categorie non me-
glio precisate ma mitiche, concorrono pi
che altrove alla formazione della leader-
ship. Anche i riformisti pretendono di in-
novare in fatto di idee e linguaggio ma di
fatto il baricentro altrove. Il manifesto
per il Partito democratico una palla in-
digesta, Massimo Cacciari ha detto che al
confronto i dodici punti del Prodi bis sono
un capolavoro di chiarezza e lungimiran-
za. Ma per i leader delle parti contraenti
lessenziale era mettersi daccordo sulle
procedure di selezione del nuovo gruppo
dirigente e dei candidati alla premiership.
La carta didentit, lubi consistam verran-
no dopo se mai verranno.
Hanno accelerato i tempi, per arrivare
al congresso di fondazione gi questo an-
no, la Margherita in previsione che il go-
verno possa inciampare di nuovo, i dies-
se perch si sentono rafforzati dalla crisi
di governo e dal suo esito: si sa che nei
momenti di paura e di confusione la base
ha sempre un riflesso legittimista. E la
pi classica delle operazioni da appara-
to, in cui sommare i numeri e indossare
la maglia 30 per cento pi importante
che rompere, sorprendere, convincere e
creare un movimento di forte attrazione.
Visto da fuori sembra non so quello che
faccio ma lo faccio subito. In assenza di
contenuti, di una forte battaglia pubblica
sui principi fondatori, sullidentit della
nuova cosa, normale mettersi a cercare
altre strade.
A Bertinoro, si incontreranno i soliti
pezzi della diaspora socialista, laici, redu-
ci della Rosa nel pugno, pontieri con le
minoranze diesse, circoli e riviste di area.
Si pongono come obiettivo rimediare alla-
nomalia del solo paese in Europa in cui
non c un partito dichiaratamente socia-
lista o socialdemocratico. In cui il Partito
democratico, che dovrebbe esserne il sur-
rogato, nasce proprio dallincontro fra le
culture che il vecchio Partito socialista lo
misero a morte. Una nuova forza laica li-
beral-socialista dunque, Dio sa quante vol-
te se n sentito parlare. Lennesimo tenta-
tivo avrebbe qualche chance in pi di riu-
scire, di non essere il solito desolato ce-
spuglio e di entrare organicamente nel
Pse, il Partito socialista europeo, solo se
incrocia le minoranze diesse che si oppon-
gono al progetto di partito democratico e
non ci stanno ad ammainare i simboli del
socialismo. Ma per dare senso allopera-
zione, la parola socialismo non basta, co-
me per il Partito democratico non basta
parlare di superamento e sintesi delle cul-
ture riformiste dellex Pci e dei cattolici
democratici: la gente ha diritto di sapere
dove sia the beef, dove sia la ciccia.
Verso Bertinoro
Le cose vanno ancora peggio dalle parti
di Rifondazione, Comunisti italiani e simi-
li, appena rimessisi dalla fifa blu della se-
ra della crisi. Si parla di una confederazio-
ne, un cartello che consenta loro di supe-
rare eventuali sbarramenti in caso di
riforma del sistema elettorale, ma il disa-
gio molto pi profondo, lo prova la qua-
si espulsione del reprobo Turigliatto, roba
da terza internazionale e mezzo.
E in discussione la politica stessa di
Bertinotti che dopo tre anni presenta un
bilancio pi che contrastato. La lunga
marcia della sinistra antagonista dentro le
istituzioni pare che sia arrivata al capoli-
nea. Si pu stare fuori del Parlamento, o
dentro, portando nel cuore della rappre-
sentanza politica la voce, la testimonianza
dei conflitti, dei movimenti. Lunica cosa
che non si pu pensare allargare la par-
tecipazione portandoli al governo o gover-
nando in loro vece e nome. Perch le logi-
che sono diverse e a volerle connettere a
tutti i costi si rischia di perdere al governo
e di farsi emarginare nelle piazze, di per-
dere le penne e anche un pezzo di anima.
E poi di tutto ha bisogno lItalia meno che
dellallargamento della partecipazione,
delle basi della democrazia: come si dice
pi larga di cos, tu meurs!
Lanfranco Pace
DIARIO DI PACE
E a chi ti vuol chia-
mare in giudizio per to-
glierti la tunica, tu lascia
anche il mantello. Sia lodato Renato
Farina, che ha messo in pratica il Van-
gelo secondo Matteo consegnando il tes-
serino da giornalista al presidente del-
lordine. A imitare Cristo ci si guadagna
sempre: Farina riprender a scrivere
articoli e ritrover tutti i suoi lettori, an-
zi qualcuno in pi, mentre i farisei del-
lordine (unidea di Benito Mussolini
come i discorsi dal balcone e la campa-
gna di Russia) continueranno a scrivere
regolamenti.
PREGHIERA
di Camillo Langone
ANNO XII NUMERO 53 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
Il presidente iraniano oggi a Riad. Prepara una proposta per il vertice di Baghdad. I 5+1 vogliono rafforzare la risoluzione dellOnu
Occhialetti e viso pulito, il nuovo pupillo dei laburisti inglesi attira consensi. Ma molti avvertono: lombra di Blair ingombrante
E partito Yunus in Bangladesh, seguito dalla guatemalteca Mench. Ha chiuso Ramos-Horta, lunico che unesperienza ce lha
Roma. Mahmoud Ahmadinejad non perde occasione per
nominare i suoi nemici. Anche in Sudan ha ribaditoIsraele
il vero satana e tutti i mali del mondo sono causati dai
sionisti edagli americani. Maallaspavalderiaostentatanei
confronti degli avversari non corrisponde unanaloga sicu-
mera in tema di alleati. Come ha sottolineato un diplomati-
co iraniano, i nemici sono un problema e gli amici pure. La
differenza che mentre le nostre inimicizie sono stabili, le
amicizie sono molto piincerte. Teheran implicata intut-
ti i pi scottanti dossier regionali, ma nella geografia delle
alleanze, conla questione nucleare aperta, la rafforzata pre-
senza americana nel Golfo Persico e, sullo sfondo, linsolita
coesione del fronte sunnita, il regime deve fare anche qual-
che mossa in difesa. E con questo spirito che Ahmadinejad
affronta oggi la sua missione a Riad. Si tratta della prima vi-
sita ufficiale da parte del presidente iraniano, che secon-
do voci di Teheran ha personalmente sollecitato un incon-
tro con il re saudita Abdullah. Il quale non ha fatto mistero
inpassatodellasuainsofferenzanei confronti del leader ira-
niano, capo di quel cuneo sciita che altera gli equilibri
della regione mediorientale. Lobiettivo di Ahmadinejad
quello di tenere aperto il canale con Riad in modo da rag-
giungere unintesa di massima tanto sul Libano quanto sul-
lIraq. Molti analisti sostengono che lArabia Saudita non
far alcuna concessione. Ma, con la prospettiva di una nuo-
va risoluzione del Consiglio di sicurezza che prende (fatico-
samente) corpo insieme con lo spauracchio di altre pi te-
mibili sanzioni, Teheran non ha alternative se non cercare
di mitigarelepressioni internazionali. Poichlobiettivoato-
mico non messo in discussione, lIran moltiplica gli sforzi
per agganciare pi interlocutori possibili, complicare e al-
lungarei tempi del negoziatoeaprireunvarconel fronteoc-
cidentale per le sanzioni. Per questo Teheran vuole andare
a Baghdad e sedere al tavolo di chi decide, ma allo stesso
tempo deve impedire che la sua presenza si trasformi in un
processo alle attivit dei pasdaran in Iraq e in una legitti-
mazione del ruolo del Consiglio di sicurezza.
Non un caso che i tempi della visita a Riad coincidano
con i colloqui del tavolo dei 5+1 (i membri del Consiglio di
sicurezza dellOnu e la Germania) sulle sanzioni che mor-
dano, come ha richiesto Washington. Le fonti diplomatiche
parlano di dialogo costruttivo anche con Mosca e Pechino.
Ieri il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy,
ha detto al termine di una conference call che laccordo su
una nuova risoluzione vicino forse gi oggi, anche se con-
cretamente si comincer a mettere mano alla bozza da lu-
ned e dovrebbe riprendere lo spirito della risoluzione
1.737, rafforzando limpatto di questo testo, il che significa
sanzioni pi dure, ma non nuove rispetto a quelle gi previ-
ste. Il sottosegretario di stato americano, Nicholas Burns, ha
fattotrapelarechelareazionesarforte, manontantoquan-
tolAmministrazioneBushavrebbesperato. IntantoTeheran
non vuole smuovere le acque, e aspetta che gli interessi eco-
nomici dei singoli paesi europei compromettano la compat-
tezza del fronte occidentale. Come ha detto Annalisa Gian-
nella, rappresentante sulla non proliferazione del capo del-
ladiplomaziadi Bruxelles, Javier Solana: Ci sonopaesi che
hanno interessi consistenti inIraned impossibile che li la-
scino perdere da un giorno allaltro perch questo impli-
cherebbe conseguenze molto gravi per la nostra economia.
Cos i tempi si dilatano e lIran continua a tenere duro per-
ch visto da Teheran quello europeo soltanto un bluff e
lostracismo leggero della troika potr sempre essere allen-
tato da iniziative alternative, come quella italiana.
A gennaio Washington ha vietato qualsiasi transazione
con la Bank Sepah, la pi antica banca iraniana. Lestensio-
ne di una sanzione di questo tipo ai partner europei avreb-
be un effetto dirompente sullostentata sicurezza iraniana.
Anche di questo si discuter tra i 5+1, ma difficile che un
disegnodi questotipopossavenireaccolto. Altrettantoinsa-
lita la strada per chi tenti di colpire i rifornimenti bellici
per Teheran a causa del pi che probabile veto russo.
Roma. Guatemala, Timor est, Bangladesh. Che cosa le-
ga questi paesi? Tre premi Nobel per la pace, tre nuovi
leader politici. Non che la cosa stupisca, dalle nostre par-
ti, dal momento che anche in Italia successa la stessa co-
sa. Nel richiamo della politica finito il nostro Dario Fo,
Nobel per la letteratura, che si candidato senza suc-
cesso a sindaco di Milano. A sua moglie andata meglio
e ora siede, con tante crisi di coscienza, in Senato nei ban-
chi dellItalia dei Valori. Nellultimo mese, per, si re-
gistrato un vero boom. La carica dei Nobel. Ha aperto la
corsa leconomista Muhammad Yunus, il banchiere dei
poveri di Dacca fresco fresco di premio da Oslo, che ha
annunciato formalmente la costituzione del suo nuovo
partito, Potere dei cittadini. Lha poi seguito lindia gua-
temalteca Rigoberta Mench Tum, premiata nel 1992. Ha
concluso domenica il candidato alla presidenza di Timor
est, Jos Ramos-Horta, Nobel nel 1996, e non poteva es-
serci chiusura pi degna, visto che Ramos-Horta lunico
ad avere una vera esperienza politica alle spalle: a venti-
cinque anni era ministro degli Esteri dellindipendente e
autoproclamato governo dellisola nel 1975. Recatosi a
New York, tre giorni prima dellinvasione indonesiana, di-
venne rappresentante permanente del Fronte rivoluzio-
nario di Timor est indipendente (Frelitin) presso lOnu. Di
nuovo ministro degli Esteri con lindipendenza del 2002
da quella posizione, nel 2003, approv lintervento ameri-
cano contro Saddam Hussein stato nominato primo mi-
nistro di garanzia nel 2006, dopo i disordini che avevano
turbato il paese. E oggi, da padre della patria, vorrebbe
diventare presidente.
La storia del bengalese Yunus, invece, tutta economi-
ca e quasi antipolitica, perch, fino a qualche tempo fa, di-
ceva di voler lavorare con tutti. Ma l11 febbraio New
Nation ha pubblicato una sua lettera in cui chiedeva lo-
pinione di leader politici, lavoratori, imprenditori, uomi-
ni daffari, professori sulleventualit di fondare un par-
tito per concorrere alle elezioni, pur riconoscendo il ri-
schio di compromettere la propria credibilit. Evidente-
mente il responso stato positivo, perch il suo movi-
mento nato e si subito inserito nel dibattito politico del
Bangladesh, reso caotico negli ultimi mesi da scontri di
piazza e governo dimissionario. Come andr lesperimen-
to difficile dirlo, ma partito ben pi in sordina rispet-
to a quello dellultima Nobel ad aver attraversato il gua-
do del mondo politico: in Guatemala Mench gi favori-
ta nei sondaggi per le presidenziali. Sar che un perso-
naggio controverso, e si sa che questo non fa mai male.
Qualche anno dopo il premio del 1992 ricevuto anche
grazie al successo della sua autobiografia, Mi chiamo Ri-
goberta Mench un antropologo americano scopr che
il libro non era del tutto veritiero. Alcuni dettagli erano
stati drammatizzati. Ma il dato essenziale restava vero: tut-
ta la sua famiglia era stata uccisa dai militari al potere.
Un altro pasticcio Mench lo ha combinato accettando la
presidenza della casa farmaceutica messicana Salud pa-
ra Todos: avrebbe dovuto dare medicine gratis agli indios,
si trovata al centro di uno scandalo di malasanit. Ma la
mossa pi coraggiosa stata la recente rottura con Hugo
Chvez, il mattatore venezuelano della politica latinoa-
mericana. Lo scorso maggio, morto a Caracas lex ditta-
tore Lucas Garca che, secondo Mench, aveva stermina-
to la sua famiglia: grazie alla protezione di Chvez, la ri-
chiesta di estradizione per genocidio arrivata dalla Spa-
gna non era mai stata accolta. Mench ha deciso di fon-
dare un suo partito e allearsi con un gruppo di centrosi-
nistra dopo che gli emissari di Chvez erano arrivati in
Guatemala per tessere unalleanza tra limprenditore pro-
gressista lvaro Colom e gli ex guerriglieri di sinistra del-
lUrng. Insomma, per farla pagare al Colonnello si mes-
sa di mezzo al candidato che Caracas appoggia. E dato che
cera ha approvato il Trattato di libero commercio con gli
Stati Uniti, che il Venezuela vorrebbe far saltare.
La grande ammuina di Ahmadinejad per rimandare le sanzioni
Come Harry Potter, Miliband rischia la maledizione del clone
Avanti Nobel alla riscossa. Vinto il premio, tutti in politica
Londra. La successione blindata di
Gordon Brown verso il premierato britan-
nico appare sempre pi in pericolo. La
causa degli scricchiolii si chiama David
Miliband, il giovane ministro dellAm-
biente che conquista giorno dopo giorno il
consenso di tanti laburisti. Laustero can-
celliere dello Scacchiere, malgrado la
grande stima degli inglesi per i frutti del
suo decennio al timone del Tesoro, non
convince come premier, soprattutto non af-
fascina quellelettorato le donne e le gio-
vani coppie socially aspiring che sanc
il successo di Tony Blair nel 1997. Questa
fetta del popolo laburista si fatta con-
quistare dalla provocazione dellex mini-
stro Frank Field che, con un articolo sul
Guardian, aveva lanciato la candidatura di
Miliband. In un paio di settimane, tutti si
sono accorti del potenziale del giovane mi-
nistro dellAmbiente, dai mass media in-
tiene oculatamente lontano. Anche per-
ch figlio di uno storico marxista ebreo,
scuola statale seguita dalle migliori uni-
versit (Oxford e Mit), ricercatore in un
think tank filolaburista, linfluente Insti-
tute for public policy research vanta un
curriculum assai pi di sinistra rispetto al
suo ispiratore Blair. In pi Miliband par-
la bene, con una voce squillante su un vi-
so da Harry Potter, e ha gi capito per be-
ne, nonostante abbia appena qua-
rantanni, la dialettica politica.
Ma ci sono alcuni ma. Non (ancora) a
suo agio nei dibattiti ai Comuni e la sua
carriera ministeriale non stata priva di
intoppi: stato spesso accusato di aver lan-
ciato iniziative inutili soltanto per farsi no-
tare dal suo capo. Proprio la relazione con
Blair allo stesso tempo lacceleratore e il
freno di Miliband. Da un lato c la fedelt
al modello del premier, che si traduce in
una continuit che non dispiace a chi vuo-
le unInghilterra per lo pi blairista ma
senza Blair. Dallaltro c il rischio di es-
sere talmente assimilabili allattuale pre-
mier da non riuscire a scrollarsi di dosso
la sua ombra. Per molti Miliband un clo-
ne, un mini me di Tony e, se non tac-
ciabile di astio e sgambetti come Brown,
rischia di restare incastrato nel suo pre-
decessore. Il che, con un Cameron di rot-
tura come avversario, sarebbe un proble-
ma elettorale non da poco. Mary-Ann Sie-
ghart del Times, forse la columnist con i
contatti neolaburisti migliori, ha studiato
la storia di tutti i successori blindati del-
la politica del Novecento inglese e ha sot-
tolineato quanto siano finiti male quelli
che erano troppo identificati con il prede-
cessore. E questo il maggior problema di
Miliband, nel quale Sieghart intravvede
addirittura un John Major redivivo.
ternazionali ai politici inglesi che temono
che Brown resti schiacciato dallaltro pu-
pillo mediatico, il conservatore David Ca-
meron. Qualche giorno fa due antagonisti
del cancelliere dello Scacchiere, Alan Mil-
burn e Charles Clarke, hanno lanciato un
dibattito programmatico per il futuro
del New Labour e cos il sogno della suc-
cessione facile e gi decisa si infranto, a
tutto vantaggio di Miliband.
Per lanalista politico del Times Greg
Hurst, la forza del giovane ministro del-
lAmbiente semplicemente quella di es-
sere tutto quello che Brown non : giova-
ne, sia nellaspetto sia allanagrafe; colle-
giale, simpatico e inglese, nota non del tut-
to da sottovalutare se si pensa che l85 per
cento dellelettorato mostra insofferenza
per i bacchettoni in kilt, alla Brown.
Cio Miliband un blairista alleggerito
del fardello negativo dellIraq, da cui si
Con la fiducia il Prof. ributta la palla nel campo della Cdl. Le amministrative per potrebbero togliere il Polo dallimbarazzo
Il Cav. e Fini concedono tempo per logorare Prodi e riavere lUdc
L
a conclusione formale della crisi lampo
del governo nonha risolto i problemi po-
litici dellamaggioranzaeneppurequelli del-
le opposizioni. Per questo la fase che si apre,
nella quale le principali scelte politiche sa-
rannoaffidateaunadialetticaparlamentare
nella quale il vincolo di coalizione diventer
sempre pi sfocato, si preannuncia confusa.
Il programma dei 12 punti, con lultima ag-
giunta della promessa di restituire parte del
maltolto della Finanziaria gi dallanno
prossimo, e con laccantonamento della leg-
gesui Dico, corrispondepiagli obiettivi del
centrodestra che a quelli dei partiti della
maggioranza che li hanno approvati, per evi-
tare le ire di Giorgio Napolitano, ma nonsot-
toscritti. Il tira e molla parlamentare, col go-
verno nellangolo, diventer la sede di ma-
novre trasversali di ogni genere.
metterne a disposizione. In effetti difficile
che i sintomi di crisi che si notano in quasi
tutti i partiti della maggioranza non finisca-
no conlalimentare le controversie distrutti-
ve che hanno caratterizzato i primi mesi di
vitadel governo. Perlospostamentosul ter-
reno parlamentare delle questioni politiche
essenziali pu portare a contagiare anche
lopposizione, se nonritrova una linea unita-
ria. Questo pi difficile quando lattenua-
zione del vincolo di maggioranza dallaltra
parte apre spazi reali di contrattazione, nei
quali gli interessi diversi che ci sono nel-
lopposizione possono lacerarla.
Prodi ha lanciato la palla nel campo di
Berlusconi, che costretto a passare dalla
tattica semplice del rifiuto della prepotenza
di una maggioranza arrogante alla scelta ca-
so per caso delle posizioni da adottare. La
speranza che la sinistra antagonista, che sa-
rebbe esclusa quasi sistematicamente dalle
Sullo sfondo c il confronto sulla riforma
elettorale, tema che per sua natura porta a
far prevalere le ragioni e gli interessi di ogni
singola formazione sui vincoli di solidariet
che dovrebbero caratterizzare i due campi
politici. Gianfranco Fini ha stabilito in un
anno il termine di tempo massimo per ela-
borare la riforma elettorale, Silvio Berlusco-
ni teme che essa in realt si traduca in una
semplice manovra dilatoria, ma ambedue
hanno concesso tempo allesecutivo. Non
chiaro se si tratti di una scelta meditata, ba-
sata su un qualunque calcolo politico, per
esempio sullesigenza di dare il tempo e lo
spazio allUdc per tornare allalleanza di
centrodestra, o di una risposta improvvisata
a una situazione che non si riesce a decifra-
re. Probabilmente i leader della Cdl sillu-
dono che questa maggioranza piva avanti e
pi perde consensi, e che quindi, siccome il
tempolavoraper loro, noncragionedi non
I
n Spagna addirittura uscito un libello
tutto dedicato a lui, Anti-Moa. Autore,
unodei pezzi danovantadellastoriografia
politicamente schierata del paese, Alber-
to Reig Tapia, professore di Scienza della
politicaallUniversitdi Tarragona. Unat-
tacco a tutto campo, dalle accuse di in-
competenza professionale a non lievi insi-
nuazioni personali: Po Moa negli anni
Settanta era membro di un gruppo terro-
rista anarchico, che risult poi essere sta-
to infiltrato dalla polizia franchista: non
che lintero drappello fosse una creazione
del regime, e Moa al soldo del Caudillo fin
da quei d? La conversione che lo ha
portato dallestrema sinistra a posizioni
ampiamente revisioniste non sarebbe che
il ritorno a essere apertamente il fascista
che in realt sempre stato.
Non che a Moa la verve polemica faccia
difetto: sulle pagine web di Libertad di-
gital risponde quasi quotidianamente a
quelli che apostrofa i nostri lisenkisti,
propagandisti della Grande Menzogna.
Il fatto , spiega, che la ricostruzione del-
la guerra civile spagnola tira pesantemen-
te in ballo il passato, e perci il presente,
del Psoe. Ortodossamentemarxistafinoal-
la fine della dittatura, infatti, il partito di
Dolores Ibarruri e Largo Caballero si
poi convertito dalloggi al domani alla de-
mocrazia, tirando sul passato limpenetra-
bile saracinesca di uno slogan fortunato,
centanni di onorabilit: siamo sempre
stati dalla parte del bene, nulla da ripen-
sare, capitolo chiuso. Chi pretende di ria-
prirlo finisce allindice.
Lui, Moa, non si scompone, e da una de-
cina danni sforna un tomo dopo laltro,
smontando uno per uno i luoghi comuni
della storiografia progressista. E, quel
che pi manda in bestia i suoi avversari,
con un successo in libreria che loro man-
co si sognano. Ora stato tradotto in ita-
liano il saggio dedicato alle origini della
guerra. Sostiene la tesi che il movimento
insurrezionale dellottobre 1934 costitu il
reale inizio della guerra civile spagnola.
Fu progettato esplicitamente come una
guerra civile, e non soltanto risult il pi
sanguinoso tra tutti quelli che la sinistra
intraprese dal 1917 in Europa, ma anche
il meglio organizzato e armato. Nel luglio
del 1936 si sarebbe solamente riaccesa la
lotta intrapresa 21 mesi prima. La rivol-
ta delle Asturie e di molti altri luoghi
non fu, come sostiene la vulgata progres-
siva, una ribellione spontanea a sostegno
della Repubblica minacciata dai fascisti,
ma un moto pianificato con il preciso
obiettivo di affossarla. Tutto il resto ven-
ne di conseguenza.
LIBRI
Po Moa
LORIGINE DELLA GUERRA
CIVILE SPAGNOLA
416 pp. Meridiana, euro 20
decisioni assunte con maggioranze trasver-
sali, faccia saltare il tavolo, contraddetta
dalla tenacia con la quale lala ministeriale
dei partiti dellestrema sinistra tiene testa
alle contestazioni interne. Non c sempre
qualche trotzkista che toglie le castagne dal
fuoco. Daltra parte il gioco principale si
svolge ormai sulla riforma elettorale, sulla
quale i due leader, Prodi e Berlusconi, so-
stengono di nonavere alcuna strategia. Per
c una differenza sostanziale tra i due, per
Prodi perdere tempo un vantaggio, alme-
no nel senso che gli permette di restare a
Palazzo Chigi, nei cui dintorni, com noto,
sta la sede di quella famosa banca daffari
dove non si parla inglese. A Berlusconi, in-
vece, toccher il compito di costruire il pro-
filo politico e non solo numerico di unalter-
nativa di centrodestra. Per fortuna ci sono le
elezioni amministrative di primavera, che
potrebbero toglierlo dallimbarazzo.
EDITORIALI
Ma lomofobia no
L
a correttezza politica unideolo-
gia, dunque una falsa coscienza. E
le toccano incidenti talvolta esilaranti,
talvolta penosi. Dalla Spagna al nostro
Senato della Repubblica, passando per
i sindacati confederali e per Amnesty
International, rivolta aperta contro la
campagna pubblicitaria invernale degli
stilisti e promotori della cultura gay
Dolce&Gabbana. Il manifesto incrimi-
nato, in cui un gruppo macho tiene in
pugno distesa una donna che ridotta
a oggetto sofferente e desiderante, fa
scandalo, deve essere ritirato, urgono le
scuse in nome della dignit offesa di ge-
nere (quello femminile). Qui si allude
alla violenza, dicono, se non allo stupro.
Bene. Ma andiamo avanti. Quel manife-
sto non isolato, parte di una linea
pubblicitaria nota, alla quale si posso-
no tranquillamente aggiungere i cal-
ciatori unti e turgidi nelle loro mutan-
de nere, in vetrina nello spogliatoio, o i
corpi da macello sessuale dei ragazzini
di Calvin Klein o una quantit di altre
immagini simili, in cui sventola garrula
la bandiera liberante del sessismo e
della sua massima espressione com-
merciale, la ostentazione di corpi come
segnale commerciale per la vendita di
biancheria, pantaloni e altri oggetti del
desiderio contemporaneo. Il sessismo,
cari sindacalisti, cari moralisti zapate-
risti, cari senatori dellUlivo, nellor-
todossia para religiosa della nostra
epoca, il sentimento guida, con o sen-
za profilattico, nella versione gay e in
quella eterosessuale, della nozione mo-
derna e riscattata, emancipata, alla mo-
da, di amore. Ora vi arrabbiate perch
limmaginazione gay oriented mette in
scena per la clientela niente di meno
che una postura di schiavit femminile,
in nome della libert dellamore rigo-
rosamente separato dalla procreazione,
dal dono di s, dallintento comunitario
ed educativo di quel vecchio e allegro
impasto umano chiamato famiglia. Ora
ve la prendete con un immaginario pro-
miscuo in cui la figura femminile evoca
la debolezza espugnata e quelle ma-
schili la logica sessista del branco, ma
dovreste riflettere sul fatto che in una
societ defamiliarizzata, orgogliosa-
mente consegnata alle trappole deside-
ranti del libertinismo di massa, in un
mondo in cui alla gente viene da ridere
al solo sentire parole come castit, fi-
danzamento, matrimonio, amore coniu-
gale, complementarit di uomo e don-
na, mutande e calzoni si vendono me-
glio cos. La pubblicit di Dolce&Gab-
bana provocatoria e volgare, questo
certo, ma perfettamente corrisponden-
te alle vostre fisime libertarie, cari mo-
ralisti dellultima ora.
P
roponiamo a futura memoria un
suggerimento per eventuali mini-
stri propagandisti del governo Prodi:
evitare rigorosamente di attribuirsi il
merito del buon andamento del pil del
2006, che aumentato dell1,9 per cen-
to, e di quello delle pubbliche entrate,
cresciute di quasi due punti di pil, con
un deficit di bilancio diminuito al 2,4
per cento. Il buono che c stato dipen-
de un po dalla politica del passato go-
verno riforma del mercato del lavoro
e diminuzione delle imposte sul reddi-
to e dalla ritrovata dinamica delle
forze del mercato, nazionali ed euro-
pee. Il governo Prodi dovrebbe invece
preoccuparsi del fatto che la Finan-
ziaria per il 2007 appare sempre pi
fuori luogo, per la entit della manovra
(34 miliardi di nuove entrate) in rap-
porto al buon andamento fiscale del-
lanno precedente. E dovrebbe riflette-
re sul fatto che, dal lato delle spese, es-
sa si impigliata in un contenzioso con
lUnione europea, a causa degli innu-
merevoli interventi potenzialmente
contrari alle regole comunitarie.
Non si tratta solo delle distorsioni
alla concorrenza, che possono derivare
dal modo selettivo con cui stato ri-
dotto il cuneo fiscale sul costo del la-
voro delle imprese, favorendo alcuni
settori a discapito di altri. Si tratta co-
me ha ricordato ieri il Sole 24 Ore di
altri nove provvedimenti, contenuti in
altrettanti commi di questa Finanzia-
ria fiume, che per la loro natura di in-
terventi selettivi di spesa o di incenti-
vazione fiscale di matrice dirigista
hanno bisogno di unapprovazione pre-
ventiva della Commissione di Bruxel-
les per diventare operativi. Fra questi
campeggia il comma 762 relativo al fon-
do costituito presso lInps con i pro-
venti del Tfr tolto alle imprese, che do-
vrebbe essere erogato a favore di inve-
stimenti privati. Limporto sotto esame
quasi un quinto dellintera manovra,
sei miliardi. Se Bruxelles lo bocciasse
la Finanziaria risulterebbe sconvolta.
Inoltre vi sono altri diciotto commi che
riguardano spese o benefici fiscali che
non necessitano di autorizzazione pre-
ventiva, ma la cui gestione viene sorve-
gliata dalla Commissione, in quanto po-
trebbero violare gli obblighi comunita-
ri. Dunque, occhio alle 28 misure sotto
lo scrutinio di Bruxelles.
I
l senatore Giulio Andreotti, allo sco-
po di indurre il governo a seppellire
definitivamente la proposta di legge
sul riconoscimento giuridico delle
coppie di fatto, ha affastellato una se-
rie di luoghi comuni, popolareschi o
contadini finch si vuole, ma oltrag-
giosi nei confronti delle persone omo-
sessuali. Sostenere che quelli da ga-
rantire sono i diritti individuali di tut-
te le persone, indipendentemente dal
loro stile di vita o dal loro orienta-
mento sessuale, indispensabile, oltre
che giusto, se si vuole combattere in
modo civile lidea contraria, che con-
siste nel definire e garantire giuridi-
camente i rapporti affettivi, come fa la
proposta di legge sui Dico, equiparan-
doli alla famiglia. Il principio liberale
su cui ci si basa per contestarli che
lo stato non mette il naso sotto le len-
zuola, che lesatto contrario di un at-
teggiamento che di fatto seleziona e
giudica le persone per caratteristiche
delle quali lo stato e quindi la politica
non debbono impicciarsi.
Forse qualcuno pensa che il ricorso
a luoghi comuni sostanzialmente
omofobi, come quello che fa confusio-
ne tra la pedofilia e lomosessualit,
possa rendere popolare la battaglia
contro i Dico, e che quindi il fine giu-
stifica i mezzi. Va detto chiaro e tondo
che non cos. In primo luogo per una
ragione di principio: la denigrazione
di persone che non commettono alcun
reato del tutto intollerabile. Pu an-
che provocare rigurgiti di incivilt, co-
me accade spesso quando si attaccano
gruppi di minoranza. Basta ricordare
come si instillato lantisemitismo
nella Francia dellOttocento e nella
Germania del Novecento. Daltra par-
te anche la chiesa, che condanna le
pratiche omosessuali, distingue tra
quel disordine e la persona che lo
commette, che va comunque rispettata
e amata. C poi un aspetto, per cos di-
re tattico, che va considerato: la batta-
glia per la difesa della famiglia, in
questo caso quella basata sul matri-
monio civile, una battaglia di libert,
che rifiuta lomologazione decisa dal-
lo stato in modelli precostituiti.
Confonderla con un moralismo rozzo
la rende meno credibile.
Bruxelles ci scruta
Avventure della correttezza
Il governo europeista ha un po di problemi con lEuropa. E il pil non suo
La cultura gay di Dolce&Gabbana non va pi bene al progressista. Perch?
La difesa della famiglia richiede il rispetto dello stile di vita delle persone
OGGI Nord: soleggiato sulle pianure,
eccetto innocui passaggi nuvolosi o de-
boli stratificazioni. Addensamenti pi
compatti sul settore alpino. Centro: nu-
voloso sullalto versante tirrenico con
possibili deboli piogge su Versilia,
Apuane e Pistoiese. Sud: nuvolosit sul
settore tirrenico con piovaschi al matti-
no su Campania e coste calabresi.
DOMANI Nord: soleggiato su gran
parte delle regioni nella prima parte
della giornata. Centro: bel tempo e
molto mite sul versante adriatico e sul-
la Sardegna. Sud: banchi nuvolosi sul
versante tirrenico.
LA MIA CRISI - DI SERGIO SOAVE
ANNO XII NUMERO 53 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
Al direttore Il senatore De Gregorio, seccato
delle polemiche che spesso lo vedono coinvolto,
molto deluso dal mondo della politica e sembra
voglia intraprendere la carriera di attore anche
in virt della sua strepitosa somiglianza con
George Clooney o Brad Pitt, a giorni alterni.
Gianni Boncompagni
Al direttore Andreotti e i gay. Finalmen-
te una prova certa che non ha mai baciato
Tot Riina.
Maurizio Crippa
Al direttore Spedizione pomeridiana at-
torno alla Camera. Presenti nessuno. Votanti
nessuno. Astenuti nessuno. Vivi nessuno. La
Camera Introvabile approva.
Edoardo M. Rizzoli, Latina
Al direttore In occasione della crisi di go-
verno, si manifestato lo stesso problema che
la Cdl ha avuto durante la campagna eletto-
rale delle ultime politiche. Gli interessi di Ber-
lusconi e quelli di Fini e Casini non sono gli
stessi. Il Cav. ha lunico interesse a non far vin-
cere la sinistra, Fini e Casini hanno in mente
solo di togliergli il posto. A questo punto, visto
che An e Udc vogliono guadagnare tempo,
ora che Berlusconi si liberi di Fini e Casini. Ci
vuole una nuova iniziativa, accogliere i dissi-
denti di An e Udc, e prepararsi alle elezioni
senza Fini e Casini.
Enrico Fasano, Isernia
Liberarsi di Fini e Casini mi sembra un
po tanto, ma imporgli la logica dei numeri
facendo buona politica senza farsi mangia-
re la pappa in testa, questo s.
Al direttore Berlusconi adora mentire sa-
pendo di smentire, e credo lo faccia molte vol-
te inconsapevolmente. Per una volta per che
esprime un pensiero inequivocabilmente non
fraintendibile, sarebbe il caso di dare alle sue
parole il peso che meritano. Il cavaliere dice
che la legge elettorale un falso problema, e a
mio parere intende confermare quel sospetto,
difusissimo tra i cittadini, secondo cui, a pre-
scindere dai tecnicistici rilievi di merito, tutti i
partiti criticano limpopolare sistema senza
preferenze, ma tutti lo considerano comodissi-
mo ai loro scopi di mercificazione delle candi-
dature. E lo cambieranno solo se vi saranno
davvero costretti.
Francesco Nardi, Napoli
Al direttore Forse lei sa aiutarmi. Che fine
ha fatto il bonus figlio? Ricordo che in cam-
pagna elettorale il candidato Prodi (tutto con-
citato) prometteva addirittura di innalzarlo a
3.000 euro e di seguire i figli fino al diciottesi-
mo anno di et, ora sembrano svaniti anche i
tanto criticati 1.000 euro precedenti. Come al
solito, parole, parole, parole.
Monica Ferro, Genova
Al direttore A Otto e mezzo di venerd scor-
so nel trattare la posizione della chiesa cattoli-
ca nei confronti delle unioni di fatto manca-
to un indispensabile riferimento al diritto na-
turale, come invece argomenta spesso Bene-
detto XVI. Solo facendo riferimento a questo di-
ritto condiviso, infatti, si pu valutare la legit-
timit del diritto positivo. Quando le norme vi-
genti si distanziano dai diritti naturali, allora
rimangono solo espressione di unautorit. La
loro legittimit diventa, di conseguenza, flebile
e precaria.
Giorgio Abbo, via Internet
Liberarsi di Fini e Casini un po dura, ma guidarli, questo s
Sanremo. La nostra abbonata non inpri-
ma fila, ma in sesta. Poltroncina rossa nume-
ro 15, fila sei, teatro Ariston. La nostra abbo-
nata si chiama Giovanna, il cognome inizia
per L ma preferisce non essere rintraccia-
bile: Sacom, Napuli sempreNapuli. Ha
56 anni, venutainaereomarted, alloggiain
uno dei pi esclusivi alberghi di Sanremo,
quello delle star dove nonsi trova mai posto.
Ma io prenoto di anno in anno.
Lanostraabbonatavieneogni anno, daset-
te anni, solo per il Festival. Bello, bello, e
si liscia il suo completo nero, pantalone e
giacca. Ha unbel viso regolare, aperto, occhi
chiari, bocca carnosa, naso importante. I ca-
pelli castani sono raccolti con un fermaglio
luccicante. E truccata con un voluto effetto
naturale, solo il mascara calcato. La nostra
abbonata non alta ma in carne, una Mauri-
sa Laurito in versione slavata. Le mani sono
grassocce, la fede, seguita da un anello con
brillanti, stadiventandostretta. Gli orecchini
sono una grossa perla incastonata in oro con
brillantino sopra, inpandant conil girocollo.
La nostra abbonata non si annoia, a venire
ogni anno a Sanremo. Dice che il festival
bellissimo, e poi cambia ogni anno: Ecch.
Di Sanremo non coglie quellaria spenta da
rifugio geriatrico, non la infastidisce la folla,
non si scandalizza di telecamere, giornalisti,
ristoranti sempre pieni. Tutto, tutto, qui a
Sanremo me piasce tutto, latmosfera, la gen-
te, troppo bello. Dalla sua sesta fila riesce
ancheaintravvedereDel Noce, il direttoredi
Raiuno: Bellissimo. La nostra abbonata
questanno ha speso milleduecento euro per
entrare alle cinque serate. Dei campioni le
piace Marcella Bella, boccia Albano. Si avvi-
cina, con una mano a coprire la bocca: Lo
devo dire piano piano, quiunm piaciuto
proprio. Aaah. A sorpresa, la nostra abbo-
natacassapureMilva. Macos, unachevaal
festival pe fass ved, che si move tutta un
po(fa ciondolare testa e spalle) trabballa,
sembra che sta pe cad. Poteva pure evitare
tacchi, alla sua et, no? E poi sta attenta a
mettese sotto le luci, cos (alza il mento), per
nun farse vede le rughe. Come, sotto le luci
per nonfar vederelerughe? Ehs, cos, no?
(alzaancorail mento, comeper stirarelepie-
ghe del collo). Il concetto chiaro. La nostra
abbonata adora Pippo, eh, finalmente. Uno
che fa un festival come deve esse fatto. A
mmetutti sti presentatori cheparlanonfret-
ta, unsecapisceniente, unmepiacciono. Ma
vero che ha litigato con Del Noce?. E molto
beninformata, sembraunabbonatanavigata.
E questa ha tutta laria di essere la sua va-
canza. Ride: S, quella invernale. Con lei
vienesempreanchesuomarito(taleda37 an-
ni) e altri quattro amici (due coppie). Acasa
ha lasciato due figli, non sono mai venuti e
non ci pensano proprio. E che ci vengono
aff? Unostaastudi, allunviersit, laltrala-
vora. E poi me dicono: A ma, na noia!. A
proposito, tra i giovani le piaciuto qualcu-
no? Quello della pistola, s, un po comuni-
sta. Per m piaciuto. Nonsi vuole definire
di destra n di centro n svelare per chi ha
votato. Dopo qualche insistenza cede: A
mme me piasce Berlusconi. Se far i fatti soi,
ma lui le tasse non laumenta. Lei fa lin-
dustriale, ciolimprenditriceincampoedi-
le. Non costruisce le case, fornisce le mate-
rie prime. Lavora con suo marito, che dopo
la diretta tv, a volte, la porta al casin, ma
nun se vince, ride. Tra le edizioni di Sanre-
mo che ha visto ricorda bene larrivo a sor-
presasul palcodi Celentano. Erail 2004, con-
duceva Simona Ventura, direttore artistico
eraTony Renis. NonledispiaciutoBonolis,
due anni fa, ma parlava troppo. E comun-
que ama la musica, pi di tutto. Napuli
pienadi musica. Stasera(ieri seraper chi leg-
ge) viene Gigi DAlessio. Tra i cantanti na-
poletani ama Nino Bonocore e Peppino di
Capri. LasuacanzonepreferitaMaruzz, di
Carosone. Inpace stia. Centra consuo ma-
rito? Macch, sesiamonnamurati senzamu-
sica. Per attacca a cantare: Maruzzella,
Maruzz the miso dinta lluocchie o ma-
re/e mmh miso mpietta me/nu dispiacere
(la signora intonata). E la storia di una ra-
gazza con gli occhi blu, che fa impazz l suo
fidanzato. Unsi cuncedeaccuss. Nemmeno
lei si concessa. Ai miei tempi era diverso.
Un si usava. Era meglio, meglio accuss.
Diana Zuncheddu
La nostra giurata viene ogni anno, adora Pippo e ricorda Celentano
Confindustriarsi
C anche chi tifa per la squadra
rosa (e rossa), con Artoni
e Marcegaglia in campo
(segue dalla prima pagina) La recente vittoria sul-
la quotazione del Sole 24 Ore, per esempio,
rilancerebbe le ambizioni di Giancarlo Ce-
rutti, il quale potrebbe contare sullappog-
gio dei poteri forti del nord, da Medioban-
ca al mondo finanziario, fino a Fedele Con-
falonieri e una parte di Assolombarda. Sul
fronte lombardo si muove anche Alberto
Bombassei: stimato da tutti come impren-
ditore, non sembra per riscaldare i cuori
quanto sarebbe necessario. La sua discesa
incampopotrebbeesseresponsorizzatadal-
la Federmeccanica, con la speranza che al-
tri si accodino. A Bergamo cresce un altro
possibile candidato, Andrea Moltrasio, uo-
mo molto vicino a Montezemolo. Moltrasio
raccoglierebbe consensi nellarea monteze-
moliana, daTorinoallEmiliaRomagna, fino
a una parte del sud, e potrebbe essere spon-
sorizzato in primo luogo dallo stesso LCdM
per assicurarsi una successione: in questa
chiave alcuni leggono la creazione del co-
siddetto Clubdei 15 (struttura che raduna le
15 associazioni territoriali a predominanza
manifatturiera) affidatagli daLCdMallosco-
po di conferirgli visibilit. Trasversalmente
si muove la possibile candidatura di Emma
Marcegaglia: dotata di una fitta rete di rela-
zioni, avrebbedallasuaFederchimicaeuna
parte di Assolombarda. Seguono altri nomi
meno probabili: Giorgio Squinzi, sponsoriz-
zato da Federchimica, e Guidalberto Guidi,
presidente dellAnie. Inoltre, per contrasta-
relafolladi candidati vicini al centrodestra,
c chi vorrebbe in campo Anna Maria Arto-
ni, presidente degli industriali emiliani di
simpatie uliviste. Infine, lo scenario pi sor-
prendente si basa sulla ricandidatura di
Luigi Abete (che resta comunque il pi atti-
vo tra i possibili king maker), a capo di un
progetto che aprirebbe Confindustria a ban-
che e assicurazioni, in nome di una crescita
di potere rispetto a quello conferitole dai
piccoli e medi imprenditori che costituisco-
no oggi il 90 per cento degli associati. Sa-
rebbe un ritorno al passato. E infatti Anto-
nio DAmato ha ammonito: Se si candida
Abete, mi ricandido anche io.
Bipolaristi e no
Tra il Cav. e Fini resta un po
di diffidenza, ma stavolta operosa.
Ora il capo di An parla di elezioni
(segue dalla prima pagina) Nel suo intervento di ie-
ri Fini ha cercato di azionare un timer sul
capitolo delle riforme: un anno di tempo, e
se Prodi intanto cade si deve andare alle ur-
ne. E la conversione berlusconiana preco-
nizzata sul Foglio da Altero Matteoli due
giorni fa? Nonsolo. Prima di prendere la pa-
rola, Fini aveva notato la sgradevolezza del-
le parole fassiniane la caratteristica eufo-
ria del sopravvissuto, condanna Ignazio La
Russa ed subito andato a stringere la ma-
no a Berlusconi. Sebbene, sul piano dei rap-
porti umani, tra loro resista ancora quel sen-
so di sfiducia reciproca derivato dalle in-
comprensioni degli ultimi giorni. Il che ol-
tretutto ha impedito che i due fissassero un
vertice per la prossima settimana, come in-
vece speravano i diplomatici dei rispettivi
partiti. Ci nonostante Fini ha voluto accen-
tuare gli elementi di prossimit politica tra
An e Forza Italia (e indirettamente anche
con la Lega). Compreso questo dettaglio:
Non voglio tavoli dei volenterosi e dico no
a ipotesi di bicamerale, il confronto ci sia in
Parlamento. Quanto al referendum: Ve-
diamo, certo che se non si trova in Parla-
mento unaltra strada. Come Berlusconi,
il capo di An sospetta che il dialogo sulla
legge elettorale si concluder con un nulla
di fatto. Perci fa bene a perimetrare i tem-
pi di lavoro e intanto spera apertamente che
il referendum bipartitico faccia giustizia
delle manovre antibipolari. Sa pure che la
Lega di Bossi si trova, sofferente, nel mezzo
della contesa tra bipolari e non. Da qui lof-
ferta di lavorare in Parlamento per ottenere
un sistema di voto simile al tatarellum, il
proporzionale corretto in modo robusto da
norme antiribaltone che vige per le regio-
nali. Magari con quel premio di maggio-
ranza al Senato che Berlusconi vorrebbe
correggere su base nazionale anzich su
base regionale. Se si atterrano a questa po-
sizione, i leader della Cdl costringeranno
Casini a ripetere a lungo una sua frase che
ieri suonava come un ambiguo lamento:
Lattuale crisi di governo stata unocca-
sione mancata per fare chiarezza. (ag)
Weekend a Harbour Island. E arrivato
MarioDUrso. Alloggiaunpo daami-
ci, un po al The Pink Sands Hotel.
Alta Societ
Luomo pi piccolo che c
sulle rive dello Zambesi
alto 165 cm. Il pi alto 187
cm. Bene o male non ci so-
nodifferenzecos marcate
come in occidente, dove
tra il pi piccolo e il pi
alto c un metro di differenza.
Qualcuno deve decidersi a prendersi
la responsabilit di andare a tirare in-
dietro lorologio atomico di Rabat. Gli
astronauti hanno capito che avanti di
cinque minuti rispetto alla traiettoria di
Plutone. Se vado io, prima di tutto sto l
a dormire almeno una notte, non me la
sento di andare e venire in giornata, poi
tiro indietro lorologio di quindici minu-
ti. S, per sicurezza, cos se tra cento anni
calcoli ancora pi sofisticati dei matema-
tici dicono che abbiamo sbagliato ancora,
abbiamo dieci minuti di tolleranza.
II parte. Oggi ho comprato la Manetti
& Roberts, s tramite computer. Mai
avrei pensato da piccolo di comprare uno
stabilimento cos potente. A parte che
non pi la ditta di una volta. Ma nel
1965 la Manetti & Roberts faceva un mi-
lione di tonnellate di talco al giorno.
Adesso ne produce tre chilogrammi a set-
timana. Anzi, non so cosa la compro a fa-
re, anzi la vendo subito (on line) e compro
la Tonno Rio Mare. Forse entro sera la
giro a una cordata di lazzaroni come me
e mi compro la Sanbitter.
Titolo dellarticolo: economia virtuale
e rendite di posizione.
INNAMORATO FISSO
DI MAURIZIO MILANI
Allamico ritrovato. E stra-
no come ogni fiore che sor-
ride inquesta casa mi parli
di te. Ogni cosa, ogni parola,
ogni silenzio precipitoso,
avanza, pretende, si impo-
ne. Contiamo il tempo con
la punta delle dita: il tempo
batte, conta, dilata. Qualcuno dice che si
tratta della nostra vita, che sta finendo un
minuto alla volta, io non posso fare a meno
di vederci vecchi, anziani, sfiniti. Esistere ci
toglier la smania di essere? Nonc partita
quando te ne vai senza motivo, non c giu-
stificazione che tenga quando ti sottrai alla
gara per paura di toccare il cielo con un al-
tro dito, nonc amore se nonritorni per poi
riandartene e magari arrivederci, oppure
ciao, preferisco a presto. Come sai, non dire
pifacile che declamare. Mentre tumi re-
leghi nellautomatica e faticosa attesa, io
penso al patto che i nostri cuori hanno stret-
to per comune convenienza: nonc rancore
quandosi attendecichegisi conosce, non
c ripudio quando i ricordi sanno punire
prepotentemente i rimorsi. Come due alpi-
nisti legati alla stessa corda giochiamo a ru-
babandiera con il senso di colpa. Dove ti ho
cacciato? La fretta di risponderti mi rende
ladro, passami il computer, ti spiego: tutte le
cose che ci siamo rubati ce le siamo fregate
per cortesia, garbo o sincerit, e poi ce le
siamo diabolicamente restituite. Non sul
contenderematerialesi mai misurataque-
sta lunga parentesi di assenze, ma sul meto-
do che produce volutt. Caro amico, non mi
vergogno pi. Caro Tancredi, dilaga.
Dj & Ds
di Pierluigi Diaco
CHE SANREMO CHE FA
ANNO XII NUMERO 53 - PAG I IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
ROMEO, JULIET E TINO CAGNOTTO
Shakespeare, Al Pacino, il gelataio e la Sicilian Tragedi (ma si legge tragedai) di Ottavio Cappellani
Un romanzo in tre atti intreccia il teatro elisabettiano con la comicit di Martoglio e le guerre di mafia
di Mariarosa Mancuso
L
a torta di compleanno ha la forma
del Globe Theatre: rotonda, a stra-
ti, ricoperta da una glassa di cioccola-
ta che mima le tegole. Si festeggiano i
cento anni del grande attore scespi-
riano Melchior Hazard, alla presenza
di figli e nipoti: alcuni legittimi, altri
illegittimi, quasi sempre gemelli. Le
cento candeline sono appena spente,
e gi gli invitati sospettano che la fet-
ta per il patriarca sia corretta al vele-
no. Accade in Figlie sagge: il pi bel
romanzo di Angela Carter, scrittrice
britannica poco amata in patria, dove
la consideravano eccessiva e barocca.
La famigliona di attori loccasione
per una cavalcata attraverso Shake-
speare, in tutti i suoi stati. Lo Shake-
speare che fa disperare Al Pacino nel
film Riccardo III (gli attori america-
ni non capiscono neanche le parole),
lo Shakespeare rifatto a Hollywood e
accolto come capolavoro del kitsch, lo
Shakespeare dei comici da vaudevil-
le, lo Shakespeare con unattrice in-
cinta nella parte di Amleto.
Angela Carter si sarebbe divertita
parecchio leggendo in Sicilian tra-
gedi di Ottavio Cappellani, appena
uscito da Mondadori il resoconto
della cena scespiriana organizzata a
Catania dal regista Tino Cagnotto.
Uno che fa scrivere sui programmi, e
pazienza se il vecchio Will si rivolta
nella tomba: Romeo e Giulietta di
Salvatore Cagnotto. Per il buffet, or-
dina in pasticceria le Paste di Man-
dorla Giulietta, modellate a forma di
boccettine di veleno. Sulla pergame-
na ceralaccata che funge da menu le
correda con la giusta citazione: Save
a Piece of Marchpane. In salumeria
ordina culatello del Mercante di Ve-
nezia (mi raccomando tagliato a
pezzi grossi), e un bel rosso frizzante
da ribattezzare con il nome di Toby
Belch, personaggio della Dodicesi-
ma notte (peggio per chi ha frequen-
tato buone scuole, e ha capito solo
tardi che belch vuol dire rutto).
A Shakespeare hanno fatto di tutto:
parodie, ammodernamenti, seguiti
apocrifi, personaggi di contorno pro-
mossi a protagonisti (in Rosencrantz
e Guildenstern sono morti di Tom
Stoppard), bignamini che nel volgere
di unora e mezza sunteggiano morti
violente, tragici amori e scambi di
persona, scherzetti firmati da Ettore
Petrolini (Io sono il pallido prence
danese / che parla solo, che veste a
nero / che si diverte nelle contese /
che per diporto va al cimitero), rivi-
sitazioni sanguinarie organizzate dai
rampolli della famiglia Addams, ge-
mellaggi con Guerre stellari. Quan-
do ci si mette un regista bravo come
Baz Lurhman, o un genio della com-
media musicale come Cole Porter, i
risultati sono strepitosi. Ancora ricor-
diamo Leonardo DiCaprio e Claire
Danes che nel Romeo + Juliet am-
bientato a Verona Beach, California,
ripetono esattamente i non semplici
versi di Will, con laria svagata di due
ragazzini innamorati incapaci di con-
cludere una frase.
A Shakespeare hanno fatto di tutto,
e da talmente tanti secoli, che sem-
brava impossibile inventare qualcosa
di originale. Ottavio Cappellani rie-
sce nellimpresa, intrecciando Ro-
meo e Giulietta e le guerre di mafia,
il teatro elisabettiano e la tragedia
greca, le rappresentazioni barocche e
la commedia di costume, la comicit
di Nino Martoglio e le sagre del pesce
spada organizzate dagli assessori alla
cultura che sanno come tenersi buo-
no lelettorato.
Tino Cagnotto arriva a Shakespea-
re per vie molto traverse, dopo che
per anni ha sputato (non solo metafo-
ricamente) sui classici. Per il suo Ro-
meo e Giulietta scrittura due attori
presi dal teatro dialettale, con linten-
zione di riproporre sul palcoscenico
la botta di vita che il neorealismo ave-
va dato al cinema. Quindi ritraduce le
battute, con un occhio allavanspetta-
colo e uno ai doppi sensi che delizia-
vano gli spettatori del Globe (gente
che, se a teatro si annoiava, magari
perch non vedeva scorrere abba-
stanza sangue, girava langolo e anda-
va a guardarsi le impiccagioni). Ca-
gnotto non lo sa, ma lo spirito del tem-
po aleggia su di lui: un volumetto ap-
pena pubblicato dalla studiosa ingle-
se Pauline Kiernan Filthy Shake-
speare raccoglie e classifica i 400
Most Outrageous Sexual Puns disse-
minati tra La tempesta e il Sogno
di una notte di mezza estate. Se pen-
sate che la letteratura debba essere
per forza noiosa, o se siete convinti
che il romanzo sia un genere in via di
estinzione, e che il frammento aspiri
a diventarne erede, meglio stare alla
larga. I tre atti, pi un prologo e un
epilogo di Sicilian Tragedi (si legge
tragedai), sono splendidamente
strutturati compreso il grandioso fi-
nale del secondo atto che gli sceneg-
giatori di Hollywood raccomandano a
chiunque voglia tener desta latten-
zione del pubblico. Ottavio Cappella-
ni entra e esce da Shakespeare come
se non avesse fatto altro in vita sua.
Rigira le battute, le commenta, le ri-
mette in scena, orchestra magnifica-
mente gli incontri e gli scontri tra i
molti personaggi, ritmati da dialoghi
spassosi, merce pi unica che rara tra
gli scrittori italiani.
Valga per tutte la grande festa che
apre il romanzo, nei saloni e sulla ter-
razza di palazzo Biscari. Si celebra
Francesco Procopio dei Coltelli, il ge-
lataio siciliano che nel 1686 apr a Pa-
rigi il Caff Procope, dove andavano gli
attori della Comdie Franaise (che
aveva la sua sede a pochi metri), Voltai-
re e Rousseau, Danton e Robespierre,
Balzac e Victor Hugo. Tra un gambero-
ne e un involtino di melanzane, gli as-
sessori, le contesse, i registi bisognosi
di finanziamenti e i mafiosi con inte-
ressi teatrali a Londra, pi che altro a
scopo riciclaggio, architettano le loro
trame. Tra una frittura di pesce e una
cassatella che ricorda il seno martoria-
to di SantAgata, Mister Alfio Turrisi
resta folgorato da Betty Pirrotta, e
manda un pizzino al di lei molto riveri-
to signor padre chiedendo di poterla
rivedere. La contrastata storia damore
Betty un prodigio di astuzia femmi-
nile, assistita nei suoi maneggi da Car-
mine, gay che le fa da dama di compa-
gnia (In America si porta. Non te li ve-
di i telefilm?) d il via alle danze. So-
lo i suoi abitini, le sue infradito con i
tacchi, i suoi voltafaccia, i suoi sveni-
menti sul divano, basterebbero per un
romanzo, se Cappellani non apparte-
nesse alla categoria degli scrittori ge-
nerosi che vogliono la felicit dei letto-
ri. Intanto Tino Cagnotto si innamora
di Bobo, comincia a molestare i versi
di Shakespeare, debutta con il suo
Romeo e Giulietta nellanfiteatro di
San Giovanni La Punta: venti ordini di
gradoni che fanno da anello di con-
giunzione tra la cultura greca e labusi-
vismo in cemento armato. Con qual-
che ammazzatina strada facendo, per-
ch in Sicilia la tradizione teatrale
antica quanto la faida e la vendetta.
I lettori di Chi Lou Sciortino? (il
primo romanzo di Ottavio Cappellani,
tradotto in ventidue paesi) ritroveran-
no la lingua e la citt. Anzi, le lingue.
Perch oltre allitaliano c il sicilia-
no, variamente combinati a seconda
di chi parla, del suo temperamento,
del suo grado di irritazione o di con-
tentezza. Una Giulietta furiosa perch
la obbligano a recitare su un balcone
di pontili tubolari non ha lo stesso to-
no di una moglie che ricorda i primi
focosi mesi di matrimonio, quando il
consorte parcheggiava sotto casa la
betoniera, ora diventata Mercedes con
autista. Una contessa in vena di pette-
golezzi non usa gli stessi giri di frase
di una cronista che d fondo agli ag-
gettivi per dimostrare che lo Shake-
speare di Cagnotto non sfigurerebbe
a New York. La citt Catania, con
escursioni a Noto, a Palazzolo Acrei-
de, a Caltagirone. Senza scorci pittore-
schi. Lantico e il nuovissimo si sfiora-
no, spesso facendo scintille, senza pa-
gar pegno alle guide turistiche.
Erice (foto Corbis)
Di quelle opere hanno provato a
fare di tutto: film, commedie,
musical. Ora per anche Angela
Carter si divertirebbe parecchio
Ci sono litaliano e il siciliano gi
visti in Chi Lou Sciortino?. Ma
c anche una Giulietta, che ha il
balcone ma pure la Mercedes
Ma il vecchio Bardo non sapeva come si addobbano i pontili tubolari
Pubblichiamo un brano del romanzo di Ottavio Cappella-
ni, Sicilian tragedi (Mondadori, 200 pagine, 18 euro).
C
agnotto, attorniato da persone eccitate che stanno cer-
cando di chiedergli qualcosa, sta guardando una strut-
tura in tubolari Innocenti, alta qualche metro, che siste-
mata al centro dello spiazzo ghiaiettato dellanfiteatro, che
funge da palcoscenico. Paino gli si avvicina sorridendo:
Ha visto quanta gente? Neanche a Montecarlo. Paino ci
pensa: Montecarlo! Devo dirlo a Tafuri. A proposito, il ca-
poufficio stampa del Comune si messo a sua disposizio-
ne?. Cosa ?. Cosa?. Quello. Quello?. Cagnotto an-
nuisce. Il balcone di Romeo e Giulietta, e sotto la cella di
Frate Lorenzo. No, quello una cosa che sembrano che
devono ristrutturare un palazzo, ma dietro non c il palaz-
zo. Paino guarda il ponteggio tubolare annuendo: Quel-
lo che ho detto io. Insomma unallegoria. Una?. Alle-
goria, dice Paino annuendo. Di cosa? Ah, questo non
lo so, io sono lassessore alla Cultura, il regista lei. Non
lei che ha fatto il disegno?. E io regista le dico di farlo
smontare. Non credevo che lo realizzaste con i pontili tu-
bolari. Paino fa no con la testa: Impossibile, labbiamo
pagato, e adesso dobbiamo utilizzarlo. Non che possia-
mo scherzare cos, con i soldi pubblici. Si avvicina il ban-
conista del bar della piazza, con il cappellino bianco in te-
sta: Scusate. Paino e Cagnotto lo guardano. Nel bagno
del bar. Sta succedendo una cosa. Presto per favore, mi
stanno scappando tutti i clienti, e poi il proprietario se la
prende con me. Nel bar ci sono i clienti con i pasticcini e
i bomboloni, i coni gelato e i pezzi duri, le granite e le brio-
che, tutti terrorizzati e incuriositi dalle urla e dai rumori
che provengono dalla toilette. Paino e Cagnotto si scam-
biano uno sguardo. Paino si fionda preoccupatissimo. Ca-
gnotto si fionda con molta pi calma. Le scenate della
Lambertini, prima della prima, sono ormai famose. La
Lambertini, la scenata prima della prima, soprattutto
quando recita in una piazza nuova, dove non ha mai reci-
tato, la fa per una serie di motivi: per preparare il pubbli-
co, per attirare lattenzione su di s, per regalare un aned-
doto ai giornalisti che lindomani, scrivendo, parleranno
di lei rubando spazio nellarticolo agli altri attori, lo fa an-
che perch le piace, e infine, ma proprio infine, lo fa an-
che perch la Lambertini, prima della prima, isterica
per davvero. La Lambertini sta prendendo a sediate la
macchinetta automatica per asciugarsi le mani gridando:
Io sono la Lambertiiiniii!. Lanfiteatro, lorgoglio del Co-
mune. Fatto costruire dieci anni fa in cemento armato e
ghiaietta. Atterrato nel giardino pubblico di San Giovanni
La Punta come lastronave madre di et. Progettato dal geo-
metra Intelisano, fratello del ragioniere Intelisano che ge-
stisce lamministrazione barocca del comune di Noto. Ven-
ti ordini di gradoni in cemento armato che si elevano su
una piazza ghiaiettata sulla quale hanno sfilato miss, han-
no recitato Martoglio, hanno suonato i deejay pi famosi
di Radio Etna International. Lanfiteatro di San Giovanni
La Punta: lanello di congiunzione tra la cultura greca e
labusivismo in cemento armato dice la contessa. Paino
molto orgoglioso di questa definizione: il cemento armato
ha fatto la storia del boom economico in Sicilia.
Prima o poi lo rivaluteranno, e prima o poi, a vedere lan-
fiteatro di San Giovanni La Punta, ci verranno i turisti! La
storia cambia sostiene Paino. Dice che anche il barocco, le
prime volte che lo hanno fatto, faceva scandalizzare le per-
sone. Vedendo accorrere Paino e Cagnotto, finalmente, la
Lambertini si calma. Li guarda con disprezzo, sistema la se-
dia scunucchiata davanti al lavandino, si siede: Natural-
mente, io, lassopra, non ci salgo. Dove? chiede Cagnotto
comprensivo. L, nel coso. Paino dice: Dove? Nel balco-
ne?. La Lambertini annuisce decisa accavallando le gambe
e preparandosi a restare l anche un mese finch la cosa non
viene risolta. Paino annuisce: lui daccordissimo con la
Lambertini. Cagnotto si mette tutto a tremare con la testa e
con le mani, come a cercare di farsi finire una crisi isterica
che gli sta acchianando. Guarda Paino con odio, e spiega con
voce calma: Il teatro elisabettiano era cos, Rosanna. S?
Cerano i tubbi?. Cagnotto fa nocon la testa: No, i pontili tu-
bolari non cerano. Ma cera. Paino annuisce. La smetti di
annuire tu che non lo so manco io quello che sto dicendo?
Paino annuisce, come a dire certo che smetto di annuire
per sono daccordo. Cera lastrazione! dice Cagnotto tro-
vando una parola. Ecco! dice Paino.
Cagnotto lo guarda malissimo. Lastrazione, lallego-
ria dice Paino. Se la smette di parlare io magari cerco di
sistemare la cosa, gli fa Cagnotto con la faccia. S, s, no,
certo, io ascolto. Tu lo sai come si facevano i cambi di
scena nel teatro elisabettiano, Rosanna?. Certo che lo
so, con i cartelli!. Cagnotto ci resta malissimo. Era sicu-
ro di riuscire a convincerla con questa storia dei cartelli.
Nel teatro elisabettiano i cambi di scena si facevano con
i cartelli, sul cartello ci scrivevano bosco, e il palcosce-
nico diventava bosco, non cera bisogno neanche di un al-
bero. Se nel teatro elisabettiano bastavano i cartelli, figu-
rati che impressione ci potevano fare i pontili tubolari, al
teatro elisabettiano. E invece, a quanto pare, i pontili tu-
bolari, alla Lambertini, ci continuano a fare impressione:
Ecco appunto, dice Cagnotto per prendere tempo. E al-
lora? Quella cosa che c l montata, nellanfiteatro, ti
sembra un cartello?. Possiamo appendercelo, dice Pai-
no. Cagnotto e la Lambertini lo guardano malissimo. Di-
co un cartello. Nei pontili tubolari ci stanno bene i cartel-
li, di solito ce li mettono, tipo non attraversare, caduta
mattoni. S, e a me, magari, mi fa fare anche un cappel-
lino di carta, sa come, no? A barchetta, col foglio di gior-
nale, dice la Lambertini mimando sulla testa un cappel-
lo a forma di barchetta fatto con i fogli di giornale. Un
cappello?. Paino non capisce. Assessore, la prego, di-
ce Cagnotto. Faccia, faccia. Rosanna riprende Cagnot-
to, ascolta, neanche Romeo ha let di Caporeale. La
Lambertini stringe la funcia e le palpebre come a dirci a
Cagnotto adesso fai mezza battuta, dico mezza, sul fatto
che Giulietta non avrebbe la mia et, e te la faccio vede-
re io cosa una crisi isterica Diciamo che lunico ele-
mento reale della messa in scena scespiriana, dico della
messa in scena scespiriana che ho in mente, sei tu. La
Lambertini rilassa le palpebre, ma non ancora la funcia.
Diciamo che tu sei lunico personaggio in scena che rap-
presenta lancoraggio alla tradizione, altrimenti, lo sai,
non dico per dire, non avrei scelto te, se ho scelto te per-
ch tu hai una solida impostazione classica, diciamo da
teatro greco di Siracusa.
La Lambertini alza un po la testa come a dire conti-
nua. Caporeale, Cosentino, il balcone stilizzato, rappre-
sentano il patto artistico che si stipula tra rappresenta-
zione e fruitore continua Cagnotto, quella magica fol-
lia teatrale per cui tutto altro da s. Esatto dice la
Lambertini che non sta capendo una minchia ma gli pia-
ce quando parlano difficile, soprattutto quando parlano
difficile parlando di lei. Tu rappresenti la linea di con-
tinuit tra Shakespeare e oggi. Quindi io, se salgo sui
tubbi, sono lunica normale. Esatto! esclama Cagnotto.
Alla Lambertini, evidentemente, questa cosa che lei lu-
nica normale piace. La Lambertini si alza, si alliscia la
gonna: Vabb, io vado a mettermi il costume, ma voglio il
glicine. Il glicine? chiede Paino. S assessore inter-
viene Cagnotto, un po di glicine. Non si potrebbe procu-
rare un po di glicine per. Cagnotto pensa a un termine
che possa soddisfare un assessore addobbare i pontili
tubolari?. Addobbi? Non c problema. Lo facciamo ar-
rivare subito con lInterflora.
Ottavio Cappellani
ANNO XII NUMERO 53 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
I DICO DELLECONOMIA
Liti, tradimenti, corna e patti che volano per aria. Coppie
di fatto e altre convivenze incrociate della finanza italiana
di Fabio Dal Boni
D
iritti e doveri fra due persone mag-
giorenni e capaci, anche dello stes-
so sesso, unite da reciproci vincoli affet-
tivi, che convivono stabilmente e si pre-
stano assistenza e solidariet materiale
e morale, senza essere unite da vincoli di
matrimonio o parentela in linea retta en-
tro il secondo grado, di affinit in linea
retta entro il secondo grado, adozione,
affiliazione, tutela, curatela o ammini-
strazione di sostegno. Eccoli gli arcino-
ti Dico, i diritti di convivenza sui quali il
governo Prodi ha fatto harakiri. Il Profes-
sore (senza neanche un Rovati che lo av-
vertisse) non immaginava certo di scivo-
lare ancora una volta sui poteri forti
banche, gruppi industriali, giornali e tv,
commissioni di controllo, confraternite
della finanza, enti pubblici e invece pa-
tatrack! Come? Provate a sorvolare su
quel quasi stucchevole richiamo allaf-
fetto (mica c scritto amore), anzi cassa-
te del tutto linciso unite da reciproci
vincoli affettivi e la frittata fatta: non
bastano le lenzuolate del ministro Bersa-
ni a ficcare il naso tra i nostri affari si
saranno detti ai piani alti delle grandi
corporazioni cosaltro si vuole discipli-
nare adesso? Nei santuari del capitali-
smo esistono gi poche, semplici e rigide
regole di convivenza e coabitazione; una
delle pi osservate quella di lavare i
panni sporchi in casa, salvo servirsi del-
la ribalta dei media per ribaltare lo scon-
tro a proprio favore. Lesempio facile-fa-
cile anche il pi fresco, ma non per
questo lunico n lultimo: ricordate
Xdono (fa pi o meno cos: Perdono
s, quel che fatto fatto, io per chiedo?
Scusa regalami un sorriso, io ti porgo
una? Rosa su questa amicizia nuova
pace si? Posa), il successo discografi-
co di Tiziano Ferro, intonato da Matteo
Arpe a Cesare Geronzi? La baruffa, per
ora ricomposta, al vertice di Capitalia tra
amministratore delegato e presidente (e
soci), solo un piccolo assaggino.
A controllo pubblico o privato non
fa differenza, nelle case del potere si
tira la coperta da una parte e dallal-
tra per interessi contrapposti, per cor-
renti di pensiero, per intrecci di con-
venienze e relazioni o soltanto per ri-
valit personale del tipo io vengo dal-
la McKinsey, tu dalla Bocconi. Nel
pubblico soprattutto la spartizione
delle nomine a creare difficili coesi-
stenze in sala comando. Nel privato,
invece, lepicentro spesso coincide con
il manager estraneo alla famiglia fon-
datrice, magari imposto dalle banche
creditrici: qualcuno ricorda gli epici
duelli tra Cesare Romiti e gli Agnelli?
Se, poi, il sistema misto pubblico-pri-
vato tutto si moltiplica e si complica.
Lo stesso Roberto Colaninno, artefice
dellarmistizio tra Geronzi e Arpe, ha
nel cassetto diverse foto di vecchi convi-
venti, con il timbro cancellato. La sua
storia pi importante, quella che non si
scorda mai, con Carlo De Benedetti.
Un Ragioniere con un Ingegnere, che
unione. La racconta il primo, oggi sedu-
to elegantemente sul sellino della Vespa
orgoglioso di averla risanata: Mi
chiam De Benedetti: Colaninno, io e
lei lavoriamo assieme da molti anni, lei
la persona giusta per lOlivetti, la pre-
go di accettare per il bene del gruppo.
Il secondo ebbe a dire invece guardan-
do con malevola gelosia la scalata alla
Telecom che lex sodale aveva mandato
in porto a dispetto degli gnomi delle
banche italiane: Colaninno un simpa-
tico ragazzo del popolo, tenace, gran la-
voratore e risparmiatore, un uomo sem-
plice () Dopo la mia uscita dalla Fiat
fu lui a cercarmi: la Fiaam era finita in
mani britanniche, lui voleva comprarla
e mi voleva come padrone. Ma loccasio-
ne buona si ripresent negli anni Ottan-
ta, quando ero allOlivetti: costituimmo
la Sogefi. Per anni, i due, rispettando
alla lettera larticolato dei Dico, si pre-
stano assistenza e solidariet materiale
e morale. Ma la loro convivenza si sgre-
tola sulla madre di tutte le Opa, che il
Ragioniere mantovano lancia con un al-
tro partner: Chicco Gnutti da Brescia. In-
sieme sembrano inarrestabili, tanto da
essere ribattezzati capitani coraggiosi
dal premier dellepoca, Massimo DAle-
ma (che dal suo sito personale insiste
per nel bollare il lasciapassare come
invenzione giornalistica). Un Ragionie-
re (che per definizione dovrebbe mette-
re in fila i conti e di solito cercare di far
quadrare lultima riga) con un Finanzie-
re (nel senso di uno che gioca con il de-
naro mettendo in fila i conti correnti al-
trui e di solito cerca di moltiplicare lul-
tima riga). Che razza di coppia. E, di fat-
to, finisce male. Il bresciano, di l a po-
co, smonta il giochino lasciando Cola-
ninno tradito e senza telefoni, venduti a
Marco Tronchetti Provera. Il quale Tron-
chetti, faticher le proverbiali sette ca-
micie per liberarsi (e ancora non vi
riuscito del tutto) dellabbraccio di Gnut-
ti e della sua finanziaria Hopa, un vero
concentrato di Dico incrociati, dove han-
no fatto palestra il dio quattrino della
ricca Padania e il mondo bancario e
cooperativo rosso del Centro-Italia (leg-
gasi Monte dei Paschi di Siena e Uni-
pol). E in questi giorni, se si concretizze-
ranno le ipotesi di fusione fra Hopa e la
Mittel di Giovanni Bazoli (presidente di
Banca Intesa, adesso Intesa-Sanpaolo) e
dellamico-raider Roman Zaleski, si ar-
river a un Dico inedito e inesplorato
tra la finanza laica e quella cattolica.
Se Colaninno oggi un single e si
concede il lusso di mettere il dito tra
moglie e marito con buone doti di diplo-
mazia, anche il suo ex, Carlo De Bene-
detti, rimasto scoppiato da Carlo Ca-
racciolo di Castagneto, fondatore con
lIngegnere del gruppo Espresso-Repub-
blica. Che coppia con il Principe. I gior-
nali sono strani oggetti del desiderio,
per conquistarli si buttano nella mischia
perfino pidduisti, faccendieri e spie, si
azzardano coppie traballanti: si guardi
al Corriere della Sera degli ultimi
trentanni. No, troppo faticoso, bastano
gli ultimi tre. Con una premessa, tanto
per ricordare che i Dico nel grande cir-
co della finanza sono sperimentati da
tempo e si chiamano Patti: patti di con-
sultazione, patti di sindacato, patti di
non concorrenza. Sono documenti, spes-
so secretati nelle loro clausole pi intri-
ganti, che due o pi parti (azionisti o so-
ciet) si obbligano a rispettare. Un po
come un contratto matrimoniale: preve-
de anche risarcimenti o compensazioni
in caso di corna o abbandono del tetto
coniugale. Ci si mette insieme per con-
trollare ( evidente, con minor impegno
di fondi a testa) che nessuno dallester-
no possa interrompere lidillio e scuote-
re gli equilibri raggiunti. In realt si re-
gola (e si consolida) anche un clima di
sfiducia interno, dove la moglie non si fi-
da del marito e viceversa.
Ebbene, torniamo al Corriere: che
spettacolo, un trionfo dei Dico. Siamo
nellestate 2004, il primo giornale italia-
no quotato in Borsa attraverso la so-
ciet Rcs (Rizzoli-Corriere della Sera)
che lo controlla attraverso un patto di
sindacato, composto da undici (dicasi un-
dici) membri: Mediobanca, Fiat, Pesenti,
Pirelli, Banca Intesa, Lucchini, Assicura-
zioni Generali, Mittel, Edison, Gemina
(Romiti), Bertazzoni. Un altro dei frutti
della mente diabolica del grande tessito-
re Enrico Cuccia, fondatore di Medio-
banca, morto quattro anni prima lascian-
do anche quel patto alla navigazione del
capitano dei capitani dindustria, Gio-
vanni Agnelli, cui era riservato in senso
quasi patriarcale il diritto di nomina del
direttore del Corsera. Ma anche lui
scompare, nel 2003.
Alle porte del patto bussano gli invaso-
ri, cSalvatoreLigresti (che, ironia, daan-
ni come mister cinque per cento svolge
il ruolodi collantedi fattoal pianodi so-
pra: socio in Mediobanca e dei Pesenti,
di Pirelli e delle Generali, ma non lo fan-
no entrare nella controllata di via Solferi-
no) e ci sono i new comers alla Diego Del-
laValle, esponenti dellaemergenteclasse
imprenditoriale che si fa strada fino alla
nomina di Luca Cordero di Montezemolo
alla presidenza della Confindustria. Quel-
li dentro il salotto buono (etichetta gior-
nalistica derivata forse da un mix di di-
staccoinvidiosoversochi vi partecipaedi
salamelecchismo tipico di chi tenta di sa-
lire sul carro vincente) fanno le barricate,
gli altri spingono. Il muro crolla: entrano
Ligresti, Della Valle, Francesco Merloni e
unaltra banca, quale? Capitalia.
Ma soprattutto viene accompagnato
alluscita uno dei grandi azionisti della
prima ora, la famiglia Addams (inven-
zione tutta di Diego Della Valle, il re dei
mocassini, per ripicca contro chi fino a
quel momento lo respingeva come scar-
paro): i Romiti. Pap Cesare rester
con qualche azione attraverso la Gemi-
na; suo figlio Maurizio, che guida il grup-
po editoriale e si macchiato di un te-
stacoda pericolosissimo nel settore del-
la moda, viene liquidato. Il patto si allar-
ga, il Dico rasenta la comune dei tem-
pi dellamore collettivo: quindici soci
che si blindano sospettosi contro altri
possibili intrusi. Che si materializzano
lestate successiva, per mano di Stefano
Ricucci. Il suo rastrellamento continuo
e frenetico di azioni Rcs mette a soqqua-
dro il salotto: Bazoli, che veste i panni
dellAvvocato, arriva a sfornare un codi-
cillo anti-nemico per stringere ancor pi
le maglie del Dico, sul fronte per dei
doveri. Vale a dire: chi vuole uscire ven-
de le sue quote agli altri pattisti, non al-
limmobiliarista di Zagarolo; e chissene-
frega se il segretario dei Ds, Piero Fassi-
no, a un certo punto della bagarre se ne
esce a difesa dello spericolato afferman-
do che un immobiliarista vale come un
produttore di automobili. Ma il giovane
scalatore non si preoccupa dellavviso
sul traliccio del Corsera: alta tensione,
pericolo di morte. La scossa storia
dei mesi scorsi lo stende: sequestro dei
beni personali, fallimento, galera. Mal
gliene incolse, perch sulla scena dei
furbetti del quartierino (sue parole, a
verbale) a un certo punto compare Gui-
do Rossi, il Signore delle Procure, che di
solito non fa prigionieri. Risultato: il
Corrierone salvo, ossia il Dico dei Di-
co saldamente in mano al Dico.
Intendiamoci, Rcs e Corsera rappre-
sentano una routine per la Borsa italia-
na: una societ quotata su cinque ret-
ta da unioni di fatto e nessuno sembra
scomodarsi pi di tanto: le Generali fre-
quentano almeno undici patti parasocia-
li, Mediobanca e Montepaschi otto, Li-
gresti sei o forse sette. Qualche anno fa,
un autorevole tecnocrate di nome Mario
Draghi, allepoca direttore generale del
Tesoro, adesso governatore della Banca
dItalia, mise mano alla ragnatela di con-
dizionamenti. La legge che porta il suo
nome disbosc i rapporti fantasma con
lobbligo di dare pubblicit ai patti (cio,
niente pi Dico sommersi) e stabil lo
scioglimento senza preavviso del vinco-
lo in caso di offerta pubblica dacquisto
(lOpa). In definitiva, liberi di unirsi ma
altrettanto liberi di trovarsi una compa-
gnia migliore e pi conveniente. Perci,
gi con le coppie, i triangoli, gli esagoni,
i poligoni a quindici e via cos.
Un fenomeno che a Guido Rossi,
sconfitto quandera presidente della
Consob (la Commissione di vigilanza
sulle societ) continua a fare letteral-
mente schifo, al punto da rovesciare nel
2006 il tavolo della discussione con una
proposta leninista (farina del suo sac-
co) che avrebbe abolito i patti per legge,
invitando Prodi a inserirla nel program-
ma dellUlivo. I patti di sindacato ren-
dono quello italiano un sistema capita-
listico di quartordine, tuon il giurista
che nel 2004 aveva gi provato a chiari-
re il concetto: Il nostro capitalismo
arretrato sia nella sua struttura sia nel-
le sue manifestazioni ed condannato
ad assumere o il volto del capitalismo
di Stato o quello del capitalismo fami-
liare che ha la caratteristica di essere
un capitalismo senza capitali, cio a
credito. Ci risiamo, tutto transita per le
banche e dai banchieri, ma prima di oc-
cuparci delle unioni in doppiopetto gri-
gio (da una fortunata immagine di Miss
America che posava per la campagna di
privatizzazione del Credito Italiano) an-
notiamo sul taccuino anche il Dico di
Rossi, salito dallautunno scorso alla
presidenza di Telecom Italia, anchessa
governata da un patto (!) siglato da Olim-
pia (il Dico tra Tronchetti e Benetton),
Mediobanca e Generali, e diretto da
Tronchetti Provera.
Si capisce bene limportanza di avvici-
narsi (meglio se con qualche Dico) alle li-
nee di credito. Una da 50 miliardi di euro
era riuscita ad averla lamministratore
delegato dellEnel, Fulvio Conti, attual-
mente impegnato a dirottare risorse per
acquisti inSpagnapersalirenellacompa-
gnia Endesa dopo aver tenuto lanno scor-
so in ansia i rapporti diplomatici Italia-
Francia con la super-opa sulla Suez. Lo-
perazione era stata studiata nei minimi
dettagli dalle banche, pronte a tuffarsi su
ricchecommissioni, mainvirtdel cam-
bio di governo da Berlusconi a Prodi fa-
ceva tremare i polsi al presidente della
stessa societ, Piero Gnudi. Il Dico ener-
getico Conti-Gnudi era sceso a temperatu-
re sottozero fino a quando lopa stata se-
polta sotto il Monte Bianco. Certo, ben
difficile fare shopping oltre confine, per
molti un salto nel buio. Non per Ales-
sandro Profumo: entrato in campo credi-
tizio quasi dalla porta di servizio (non
chiamatelo banchiere. Sono un banca-
rio, ripete), il giovane McKinsey presto
salito al timone di una delle bin, le ban-
che dinteresse nazionale. La sua poltro-
na di amministratore delegato stata
messa in gioco da un Dico dopo laltro, vi-
sto che negli anni ha incorporato altre
banche regionali cedendo pezzi di potere
ai loro rispettivi feudi. Nel 2002 si scontra
col presidente Francesco Cesarini, questi
rappresentava un coacervo di azionisti,
lui puntava il binocolo altrove, spesso al-
lestero. Da Profumo ad Arrogance il
passoerapicheelementare. Mavinceva
lui, contrasti al vertice? Una situazione
normalissima, alcuni eventi aziendali de-
vono essere gestiti in ambito interno e
penso che tali debbano restare. Stop, i
panni sporchi non si lavano in Arno.
Stanco delle beghe italiane (a propo-
sito del Corriere, quando il salotto di-
ventato uno schiamazzo, Profumo ha tol-
to le tende dalla Rizzoli) il suo Dico se
l scelto tedesco: ha inglobato listituto
bavarese Hvb e ora se la gode da prima-
rio player europeo dimenticando le
passioni bruciate in patria. Una fra tut-
te, quella di Pietro Modiano, suo braccio
destro negli anni della moltiplicazione
degli sportelli e degli strumenti derivati
(una sorta di roulette russa finanziaria).
Il manager, marito della Barbara Polla-
strini ministra dalemiana per i Diritti
e le Pari opportunit e madre (assieme
alla collega Rosy Bindi) di tutti i Dico ,
volato a Torino per trasferirsi al grup-
po bancario Sanpaolo Imi. Non avrebbe,
per, immaginato di ritrovarsi subito a
Milano per la fusione concepita dal suo
presidente Enrico Salza e dal nume di
Banca Intesa, il professor Nanni Bazoli.
Modiano ha dato cos alla moglie, quel-
la vera, il primo caso di scuola: escluso
dalla stanza dei bottoni nel nuovo colos-
so italico Intesa-Sanpaolo, quali diritti
di convivenza poteva far valere se tutte
le deleghe erano finite nelle mani di
Corrado Passera, lamministratore dele-
gato della parte milanese? Quelle pie-
montesi, quelle diessine o quelle con-
trattuali? Per quieto vivere, per il mo-
mento, un accomodamento stato trova-
to con un ufficio da numero due operati-
vo. Il suo nome, comunque, circolato
tra i candidati a sostituire Arpe in Capi-
talia, ma a Roma ancora sul piatto del
deejay il cd di Tiziano Ferro.
Quanto regger il Dico Modiano-Pas-
sera? Questultimo, laureato in Bocconi
e masterizzato McKinsey, non certo un
tipino accomodante. Carattere forte
quanto basta a superare la scuola De Be-
nedetti (che coppia anche l: un Ingegne-
re con un futuro Banchiere), evitare il
tornado Berlusconi durante la battaglia
di Segrate per la Mondadori, dare final-
mente un senso alle Poste italiane, la-
sciare Bazoli allAmbrosiano Veneto e
poi farsi riassumere in Banca Intesa.
Beh, Nanni e Corrado sono la coppia di
fatto, Modiano nuovo della casa. Varr
anche per lui il motto resistere, resiste-
re, resistere, preso per buono da Luigi
Abete? Lex presidente degli industriali
ha messo radici in Bnl spezzando la mor-
sa del fidanzamento con il Montepaschi
dopo interminabili duelli (ideali, per ca-
rit) con lamministratore delegato Davi-
de Croff. Poi rimasto in sella con una
doppia vittoria sullavanzata di Caltagi-
rone e degli altri immobiliaristi e su
quella dellUnipol di Giovanni Consorte.
La banca di Abete, alla fine, andata ai
francesi di Bnp Paribas, lui stato con-
fermato presidente. In tv passa uno spot
in questi giorni sul nuovo conto corrente
Bnl Revolution che paghi solo quan-
do vai allo sportello, ad un certo punto
il bancario inventore del prodotto gongo-
la quando il collega ammirato gli stringe
la mano: E una vera rivoluzione!. E
quello, di rimando, deborda: Vedrai,
solo linizio. Stia attento Abete, moglie
e buoi dei paesi tuoi.
E il Cavaliere? Conflitti di interesse
come se piovesse e nessun Dico, possi-
bile? Qualcosa di televisivo, magari
nella Rai, dove i Dico sono uno stile di
vita con direttori generali che fanno a
pugni con i presidenti ( in onda il
match Claudio vs Claudio, Cappon
contro Petruccioli) e consiglieri che si
fanno lo sgambetto a ogni passo, dove
si entra e si esce, si sale e si scende
per tessere di partito, di corrente e di
circolo? Sono matrimoni di serie B,
ha immediatamente preso le distanze
Silvio Berlusconi dalla legge sulle cop-
pie di fatto. Ma in Borsa almeno due
patticelli li ha sottoscritti anche la sua
Fininvest: quello di Capitalia e quello
di Mediolanum. Ed forse questa
lunione di fatto da osservare con
maliziosa attenzione: il suo socio (lu-
nico in tanti anni di attivit) Ennio Do-
ris che condivide, con il 25,5 per cen-
to ciascuno, il controllo della banca
costruita intorno a te non se ne se-
parerebbe mai. Eppure in certi mo-
menti la presenza del partner-premier
o ex premier si rivelata un freno al-
lingresso di nuovi investitori (magari
esteri) e alliniezione di mezzi freschi.
La convivenza tuttaltro che scomo-
da; anzi, in questo caso si pu rispolve-
rare quella riga tolta allinizio sui vin-
coli affettivi, il rapporto tra i due sal-
do e di vecchia data. Allora, perch
Doris insiste a farsi riprendere negli
spot su una poltrona rossa, ma cos
rossa da far impallidire la Pollastrini?
Non sarebbe meglio azzurra. O, ancora
meglio, rossonera?
Geronzi e Arpe, Bazoli e
Passera, Colaninno e CDB,
Romiti e Agnelli e poi il grande
Signore delle Procure
Patti di consultazione, patti di
sindacato, patti di non concorrenza
e patti secretati. Poi per ci sono
anche i contratti matrimoniali
I giornali, le televisioni, le
commissioni, le amministrazioni.
linteresse nazionale e gli ultimi scapoli
delle grandi banche
I conflitti dinteresse, lopa, la
Borsa e le proposte leniniste. Anche
se poi c chi fa shopping allestero
perch preferisce le straniere
(foto Corbis)
ANNO XII NUMERO 53 - PAG III IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
di Stefano Di Michele
perch assurdo definirmi cos
ora: compagno di chi, poi?; eccomi pi
disperato di prima e con un gran senso
di inutilit addosso. Voi mi capite, vero
compagni?
(Gianni, lettera a Lotta continua,
14 dicembre 1977)
Avoltemi chiedosesonocambiatoio
oil mondohapresounapiegachenonmi
sarei aspettato
(Lettera al Manifesto,
27 febbraio 2007)
Lesito della crisi deve farci riflettere
(Titolo su Liberazione, ieri)
R
idotta allosso, un po volgarmen-
te, la faccenda funziona cos: pri-
ma si fa (a volte) la cazzata, poi parte
(inevitabilmente) il dibattito. Che
confronto. E discussione, si capisce.
Certo controversia. Se vogliamo di-
sputa. Pure contestazione. Forse
scontro. Sostanzialmente: autoco-
scienza. E una componente essenzia-
le, nella storia politica della sinistra
e nella pratica personale dei suoi mi-
litanti. Che si fa? Come si spiega? Chi
ci porta? Chi siamo? Dove andiamo?
Quanti siamo? Davanti alla difficolt,
di fronte alla scelta, lautocoscienza
si fa inevitabile. Nel momento esatto
in cui Prodi veniva affondato al Sena-
to, nel cortile interno di Montecito-
rio, sotto un gazebo, tra palme e limo-
ni, sbiancava la compagna Vladimir
Luxuria: E adesso che diciamo alla
gente?. Il primo, fondamentale gra-
dino di avvio del processo di autoco-
scienza. Che diciamo alla gente per
ogni comunista, sia ex o post o stabi-
le, prioritario. Tanto indovin
Luxuria, che sui giornali che hanno
ospitato il travaglio di questi giorni la
questione si riproposta a pioggia.
Rivela Liberazione il dramma dei
compagni militanti, le difficolt di
relazione con il panettiere di fiducia
o con il vicino di casa, adesso che il
governo Prodi in crisi, fino a odio-
se forme di vere e proprie discrimi-
nazioni, dalla Toscana dicono di ba-
risti che si rifiutano di servire il caff
ai compagni, no riformismo no caf-
feina, e dalla Sicilia fanno sapere di
mamme preoccupate. Loredana
scrive al Manifesto: Il giorno dopo,
in ufficio, con le facce irridenti dei
colleghi di destra Tocca a noi, gen-
te normale, affrontare gli sguardi del-
le commesse del supermercato che
pensano a come pagare il mutuo in
banca o di pensionati che aspettano
autobus che non arrivano mai. Au-
torevolissima la testimonianza sul-
lUnit di Silvana Sanlorenzo, re-
sponsabile culturale dei Ds e mem-
bro della segreteria, nientemeno in-
viata dal partito a seguire il festival
di Sanremo ( tutto vero!). Superata
liniziale e giustificata perplessit
dei compagni di Scandicci (Ci vai
per uniniziativa di partito?. Certo
che s visto mai, per un dibattito
con gli Zero Assoluto), affrontata la
questione personale tanto sempre di
autocoscienza si tratta (Come tenere
insieme la mia passione per Eros Ra-
mazzotti e quella per lErmeneutica?
Mi stato di grande aiuto Gramsci,
tra gli altri insieme a Sorrisi e
Canzoni Tv, probabilmente), la com-
pagna Sanlorenzo incontra le prime
masse dubbiose. Il tassista commen-
ta: Il clima a Sanremo lunica cosa
che la politica non ha guastato. Ele-
vato il momento della sistemazione
in cuccetta: Laddetto ai Wagon Lits,
ex iscritto ai Ds di Napoli, ci rimpro-
vera il distacco dalla gente. Ecco qui
subito due grossi problemi: lantipo-
litica e il rinnovarsi della politica
per tacere del terzo, il futuro musica-
le di Dj Francesco e Roby Facchinet-
ti. Insomma, quando la vita, il caso, la
politica o la cazzata, manda la sini-
stra in riflessione, orizzonti immensi
si aprono. Perch se certo impor-
tante interrogarsi su cosa dice la gen-
te, non meno fondamentale cosa di-
re alla gente. Tenuto conto (lettera al
Manifesto) che no, cari miei, forse al
mondo saremo rimasti in pochi a ve-
dere la realt fuori dagli schemi im-
posti da altri, ma ci consola il fatto
che la politica vera ormai passata
in altre mani che non aspettano altro
che raccogliere i frutti della nostra
decadente societ. Tutto ci accerta-
to, la nostra coscienza cosa fa dire al-
le masse? Chi di noi domani andr a
dare un volantino di Rifondazione?
(lettera a Liberazione). Siamo perce-
piti anche da una larga fetta del no-
stro blocco sociale ed elettorale co-
me un partito inaffidabile, e dun-
que? Dunque, apriamo una discus-
sione seria, compagni e uno! (Libe-
razione). Le masse, le masse, oddio le
masse. Scrive un altro lettore al gior-
nale bertinottiano: La base, i lavora-
tori, i pensionati, i consumatori, le as-
sociazioni, tutte le persone a noi vici-
ne ci chiedevano unit, unit, unit e
ce lo chiedono ancora se ci rimane
un briciolo di speranza. Ecco, la
speranza. Il compagno Augusto si
spinge su terreni finora ignoti: Fol-
lini ha avuto il coraggio, in questIta-
lia di ipocriti ed in quella destra di
servi sciocchi, di alzarsi contro il re.
Ora, ammirando, io, il coraggio e lo
spirito delluomo sono con lui solida-
le anche se un avversario. Perci
parlare e parlare, ripartiamo dalla-
scolto del popolo, delle sue lamente-
le, dei suoi problemi ed esigenze,
cercare e ancora cercare, dentro e
fuori di noi. A tale proposito, suggeri-
sce Valentino Parlato sul Manifesto,
Proviamo ad aprire una discussione
un po pi in profondit sul futuro
della sinistra e due!
Figurarsi se alla sinistra non piace
una discussione sul futuro della sini-
stra. Approfondita, poi, quanto di
meglio si possa chiedere e quanto di
pi piacevole praticare. Fiumi di pa-
role, potrebbe ben dire la sanreme-
se compagna Sanlorenzo: un vero e
proprio festival della militanza. Non
posso credere a quello che sta succe-
dendo, premette per tutti il compa-
gno Angelo. Salta alle conclusioni il
compagno Luigi: Anche se, come
sembra, la sinistra in questi tragici
momenti in minoranza: votate sem-
pre e comunque. Tappatevi il naso,
ma votate. Certo, per volare alto si
potrebbe volare alto, seguire per
esempio Marco Revelli che avverte:
Alla sinistra serve una nuova Costi-
tuente e in quel momento preciso
si avverte il passaggio dallincazzatu-
ra allabbioccamento e significativa-
mente spiega: La sinistra deve riflet-
tere seriamente su quello che un
cambiamento di statuto della demo-
crazia. O mettersi dietro il capogrup-
po, Giovanni Russo Spena: Vogliamo
la luna!, quando al pi si tratta di vo-
lere el senador Pallaro. Pedinare,
perch no, Franco Giordano: Un par-
tito, una formazione si costruisce su
unidea del mondo, con una percezio-
ne, un angolo di visuale della so-
ciet. Instradarsi con il vertiginoso
Pietro Folena, ci troviamo di fronte
a uno spartiacque che pu portarci ad
una meta o verso il suo opposto. O ma-
gari verso un baratro urge toccata
davvero di massa. Fidarsi di Alex Za-
notelli: E una buona occasione per
fare chiarezza. Che poi, come appun-
to spiega Bertinotti, bisogna capire
come questo avviene. Tutto ci si po-
trebbe fare. Ma meglio ancora, a voler
seguire questa ennesima settimana di
autocoscienza, rendere la parola ai
militanti, una sana incazzatura, certo
lontana dalle raffinatezze delle No-
te da lontano che Rossana Rossanda,
sotto il bellissimo disegno di un gatto,
spedisce al Manifesto (e che le procu-
ra duri attacchi da sinistra. A sinistra
della Rossanda? S, a sinistra della
Rossanda dite voi), e sinnalza sul
cielo della sinistra tutta. Per dire: La
fine del secolo passata su di noi co-
me uno tsunami. Non ci ha distrutto.
Minoranze importanti crescono. Ma
minoranze. Vediamo di coltivarle in-
vece che affogarle. Ecco invece che
Liberazione d liberamente voce, di-
ciamo, alla base. I compagni fanno
autocoscienza e tirano moccoli. Pure
sul partito. In romanesco, come ripor-
ta con la massima fedelt filologica il
giornale, sempre del partito: Rifon-
dazzione cha n problema, che non
poi continuatte a chiama Rifondaz-
zione doppo quindici anni, chhai
rifondato?. O anche: Io nun ce so
stata, ma secondo voi ner Pci poteva
succede na cosa der genere?. Oppu-
re: Lidea de sta insieme do cazzo
sta?. O anche amare riflessioni: Io
me so fatto dai venti ai trentanni del-
la mia vita con un paese che stava an-
dando nella merda, e adesso che cab-
biamo la maggioranza al governo, al-
la regione, alla provincia, al comune,
ai municipi, ora dobbiamo smerdare
tutto?. Metafora che si ritrova pure
su qualche sito del movimento: Qui
mangiamo merda, ma con gli altri sa-
remo morti soffocati dalla merda.
Sintende che lautocoscienza a si-
nistra ha questa caratteristica: non ha
strade nette, non ha percorsi definiti,
non ha argomenti blindati. Uno pren-
de e parla per esempio: Bel colpo,
compagni, ed ora cosa facciamo? o
parla e prende, scusate, ma sono
molto incazzato, ma sempre da dove
pi gli viene comodo. Il problema
che si sta perdendo nelle persone il
senso di che cos listanza politica,
per esempio. Cos, se ne va a puttane
la relazione con i territori, che
sempre un bel tema da trattare. Ci so-
no proposte singolari, come quella di
un lettore del Manifesto: E un po
che vado propagandando a destra e a
manca lidea che bisogna togliere ai
partiti politici lonore e lonere di in-
dicare i nomi dei personaggi che sie-
deranno in Parlamento. Su Libera-
zione si riflette sui peccati dellestre-
mismo. Io lho imparato tanti anni fa
da un dirigente sindacale, iscritto al-
la mia stessa sezione del Pci: io, giova-
ne, volevo incendiare il mondo, vole-
vo tutto e subito E lui mi diceva che
quando era giovane era come me, poi
il suo mestiere lha portato a essere
pi riflessivo e a ottenere le cose pia-
no piano. Aveva ragione. C anche
lelettore che somatizza e soffre, come
confida Romano al Manifesto: E allo-
ra, che rimane della storia della sini-
stra? Non lasciamo che anche le ulti-
me speranze si spengano. Forza, ra-
gazzi!. Sullo stesso giornale: Regna
una grande confusione sotto il cielo
di questo nostro povero paese, sar
stata forse lera del cavaliere e della
sua feudale corte dei miracoli a deva-
stare le nostre coscienze. Che sep-
pur devastate, allautocoscienza non
si sottraggono. E le une e le altre si
confrontano. Daniele Sepe scrive per
dire che pena le lettere al Manifesto
degli elettori di questo governo Pro-
di, per le cui sorti lui non palpita.
Una signorina addirittura scrive che
dopo tutto lAfghanistan non una
questione prioritaria e che dovrem-
mo pensare prima agli affari di casa
nostra. Alla faccia dellinternaziona-
lismo proletario!. Riecco Liberazio-
ne. Essa, questidea, retroagisce anzi
sulle componenti di sinistra della
coalizione argomenta Luigi con pre-
ciso linguaggio da dibattito sezionale
che non sono riuscite a produrre fi-
nora quella massa critica indispensa-
bile per poter offrire uno sbocco poli-
tico al conflitto sociale. Tra il socio-
logico e il politico e lartistico, la ri-
flessione l a fianco di Renato: Vor-
rei chiudere con limmagine del
Quarto stato: in prima fila c una
donna, normale e fiera, con un bambi-
no in braccio. Pu ora una tale figura
guidare la nostra piazza, capire il no-
stro governare, comprendere il no-
stro linguaggio e stare bene nel no-
stro partito?. Lautocoscienza a volte
prende strade inaspettate. Si diceva,
delle lettere dinsulti alla Rossanda
dopo il suo articolo. C chi scrive rac-
contando la sua tristezza per le ar-
gomentazioni annotate da lontano da
Rossana, chi per ringraziare con pa-
role alate: Grazie a Rossanda per la
verit anche crudele, lamore per la
propria parte, il senso del limite di
tutti noi, il peso delle parole, e soprat-
tutto lintelligenza con la quale cerca
di dare la barra a un timone impazzi-
to, chi per definire linsieme da
compagni sinistri. Insulti a Rossan-
da, e insulti a Lidia Menapace. Tipo:
Ti perdoniamo perch sei una vec-
chia comunista senza cervello, con la
demenza senile, con lAlzheimer
alla faccia dellultrapacifismo. Rispo-
sta (non male) della Menapace, quel-
la che non voleva far levare in volo le
Frecce tricolori: Caro signore, ho
preso nota delle sue opinioni, la rin-
grazio e le auguro, quando avr 82 an-
ni come me, di avere il mio stesso li-
vello di demenza senile, vedr che si
trova bene. Se una volta lautoco-
scienza a sinistra era sostanzialmen-
te sezionale (perfetta limmagine del
dibattito nel Pci, al tempo della svol-
ta, nel film La cosa di Nanni Moret-
ti), ora arriva anche attraverso altri
canali: il telefonino, le email, il web,
la televisione Per esempio, quando
Liberazione d conto della raccolta
dellautocoscienza del partito, dopo il
voto di Turigliatto, annota anche la
presenza di Andrea, con il suo te-
lefonino ipertecnologico, i dirigenti
davanti al pc, il briefing mattutino
per fare il punto, il sito parlacon-
noi@rifondazione.it dove sfogarsi a
tutto spiano E ci sono quelli del
centrosinistra milanese tutti: pure i
diessini, pure la Margherita, oltre ai
rifondatori che sono imbufaliti e
con le balle piene: Se il governo Pro-
di cadesse si dovrebbe tornare dritti
alle elezioni. Ma in tal caso saranno
questi dirigenti a fare la campagna
elettorale, a distribuire volantini, a
organizzare le migliaia di riunioni
con i nostri concittadini per illustrare
i programmi. Noi non lo faremo pi.
Quasi sempre non approdano a
nulla, queste sedute di autocoscienza
politica. Radicate, per, a sinistra.
Quando manca il respiro alla politica,
levocazione arriva presto. Anche in
positivo, per esempio, cos che lanno
scorso, alla vigilia delle elezioni, Um-
berto Eco notava: Mi sembra che le
sedute di autocoscienza di questi
giorni abbiano dimostrato che la sini-
stra vuole superare definitivamente
il complesso dei migliori. Ed faci-
le trovare articoli titolati, anche al
tempo del governo Berlusconi, sul-
lUlivo che fa autocoscienza su qual-
che cosa (LUlivo fa autocoscienza.
Ragazzi, per che votiamo?, Repub-
blica, 16 febbraio 2005, di Concita De
Gregorio), e si vola tra Castagnetti
per il quale non bisogna sentire un
complesso di inferiorit, Marini per
il quale si soffre di una grave caren-
za di analisi politica, Rutelli per il
quale il problema mantenere un
filo di coerenza, Rosy Bindi che in-
voca oh santo paradiso benedetto,
Dini che ammette non credo pro-
prio che ci sia chi ha capito qualco-
sa, e Guido Calvi che tratteggia il
contesto: Lultima volta che ho visto
una cosa del genere stato ai collet-
tivi del 68. Per capire quanto lauto-
coscienza sia nel Dna proprio della
sinistra, cos che si potrebbe finire
come nel paradosso coniato da Stani-
slaw J. Lec: In principio era il Ver-
bo, alla fine le chiacchiere!, perch
chiacchiere sono, a volte per rinfac-
ciare le chiacchiere altrui. E il bello
dellautocoscienza, quello che faceva
dire in una sezione, durante un di-
battito sul cambio del simbolo del
Pci in quel momento di autoco-
scienza collettiva, come Nanni Mo-
retti lo ha definito a un anziano mi-
litante: Io sono stanco dei compagni
che prendono un problema e studia-
no. Ingrao, problemi dello stato: sono
dieci anni che studia. E Tortorella?
Chi Tortorella? Cosa ha studiato
Tortorella per migliorare la mia cul-
tura?. Non che abbia molto senso
politico, lautocoscienza, eppure ha
una sua precisa indispensabilit.
Tanto nella sinistra storica quanto in
quella che un tempo fu rivoluziona-
ria ben prima di Rifondazione (con
leccezione radicale di Radio paro-
laccia, i microfoni aperti a tutti per
giorni e giorni, ma fu tuttaltra cosa).
Un classico dei classici (dellauto-
coscienza di classe) sono state le let-
tere a Lotta continua, negli anni Set-
tanta. Autocoscienza di nuova specie,
dove il personale finiva col prevalere
sul politico, i sentimenti sulle aduna-
te, il sesso sui proclami. Il compagno
si faceva imbranato, la compagna de-
terminata. Ma quanti compagni han-
no veramente capito che cazzo vuol
dire questa storia del personale e del
politico, scriveva Gianni, con gli oc-
chi gonfi di lacrime (s, anche i ma-
schietti piangono). E Michele di ri-
torno dal megaraduno di Bologna,
mi torna in mente il sorriso felice,
commosso, di quella compagna scono-
sciuta che, a cavalcioni di un ragazzo,
scopriva quanto era grande quello
straordinario corteo. E si contestava
una gerarchia tutta particolare: Sia-
mo stufi (io, almeno, sono stufo) di es-
sere avanguardie che devono assu-
mersi le proprie responsabilita allo
stesso modo dei compagni indiani ai
quali demandato il compito di esse-
re ironici e divertenti allo stesso mo-
do delle compagne femministe che
debbono occuparsi di liberazioni o
dei compagni omosessuali che deb-
bono occuparsi di sessualit o anco-
ra dei compagni freak che debbono
occuparsi di spinelli e buchi. I com-
pagni militari invocavano (con il ri-
schio di qualche sconsiderato equivo-
co): Soddisfiamo i nostri bisogni an-
che in caserma. Limpiegata: Lo
squallore dellufficio della scrivania
delle lampadine accese tale da es-
sere sovrumano. La solitudine di que-
ste otto ore qui dentro pure poco
umana. Lomosessuale che altro
che i Dico: Se con alcuni amici (che
si dicono compagni) provi a parlare
dellomosessualit si mettono subito
a ridere, e condiscono il tutto con
quelle battutine ironiche e cazzose,
ormai retoriche. Questi sarebbero gli
anticonformisti!, gli spavaldi extra-
parlamentari!. Autocoscienza di un
tempo, documento prezioso del tem-
po lontano. Ma di questi giorni di ul-
tima autocoscienza, rester molto me-
no nel costume. E ha unottima idea il
militante che avvisa Rifondazione:
Unincazzatura generale, mo me ne
vado a dorm noretta.
PARTITO DI LOTTA E DI AUTOCOSCIENZA
E mo, che diciamo alla gente?. Cade Prodi e tra i compagni si apre il festival della militanza. Compagni di chi, poi?
Lo sguardo del panettiere, la
cassiera, i colleghi dufficio. E il
barista che nega il caff. E ora noi
che diciamo a questa gente?
Adesso compagni, apriamo la
discussione. Il bivio di Folena, la
luna di Russo Spena e gli attacchi
da sinistra a Rossana Rossanda
Vi chiamate Rifondazione da
15 anni, ma che avete rifondato?.
Mangiamo merda, ma con gli altri
saremmo soffocati dalla merda
Il classico dei classici (di classe):
le lettere del 77 a Lotta continua.
Ma quanti compagni hanno capito
che cosa vuol dire questa storia?
(foto Alinari)
ANNO XII NUMERO 53 - PAG IV IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
I DUE HOLDEN BOYS
Rachid O. e Gerloczy hanno reinventato con lautobiografia il romanzo di formazione. Sapore di Salinger
di Marianna Rizzini
T
i pu prendere bene e ti pu pren-
dere male. Quando ti prende bene
(caso raro) ladolescenza un fiume di
ottundimento: amici, feste, scuola, ri-
creazione, gita a Londra, primi amori,
sbornie, forse canne, sport, vacanze.
Noia, non sapere chi sei, e in ogni caso
un trauma di fronte alla prima scelta
adulta. Quando ti prende male, e il pi
delle volte ti prende male, capita che tu
ci rimanga a vita, adolescente, o che
trascorra anni definiti spensierati
(incautamente e soprattutto ex post) a
piangere per motivi nebulosi, a girova-
gare qua e l tra una scuola e laltra in
cerca di un futuro, a ribellarti a compi-
ti, genitori, fratelli e orari, su e gi per
picchi di disperazione e asocialit.
* * *
Se Rachid lavesse presa male, lado-
lescenza, forse sarebbe ancora in Ma-
rocco. Si sarebbe accoccolato nel ma-
lessere, non si sarebbe trasferito in
Francia, avrebbe continuato a guarda-
re e sognare loccidente attraverso lo
schermo di un televisore in un negozio,
chimera in mezzo a chimere elettroni-
che che non poteva ancora permetter-
si. Non avrebbe forse mai accettato e
dichiarato di essere gay, non avrebbe
inseguito con serena ambiguit i suoi
amori, puri e casuali, e non avrebbe fat-
to lo scrittore. Invece Rachid che oggi
ha 35 anni, scrive libri e si firma Ra-
chid O. per evitare problemi ai parenti
rimasti in Marocco ladolescenza lha
attraversata con levit nonostante la
sua condizione di ragazzo che ama gli
uomini in un paese musulmano. E ha
raccontato tutto in tre romanzi-biogra-
fia. In Cioccolata calda si descrive
immerso in una bolla di affetto pater-
no. Ne Il bambino incantato va al-
lhammam come a caccia, si innamora
di un professore, si guarda crescere co-
me dallesterno. In Tante vite, lulti-
mo romanzo, uscito in questi giorni per
Playground, racconta del Rachid giova-
ne uomo, in giro per la prima volta in
Europa, a spasso per strade osservate
con lo spirito di un Candido di fronte al
migliore dei mondi possibili (con qual-
che bruttura, pazienza).
* * *
Se Marton Gerloczy non lavesse pre-
sa malissimo, ladolescenza, ora proba-
bilmente sarebbe un ventenne unghe-
rese residente a Roma, Berlino o a Pa-
rigi, colto, multilingue, quadrato, ma-
nageriale, persino un po pariolino, for-
se. Invece vive a Budapest, va in giro
con il certificato di nascita come unico
documento, non ha mai preso la matu-
rit ma ha scritto un libro autobiografi-
co incredibilmente maturo, dal titolo
Assenza giustificata (edito da Lain).
E il monologo interiore di un ragazzino
convinto che ci sia un limite superato
il quale la voce, il richiamo del dovere
che urla dentro, cessa di esistere. Per
Marton il dovere ha cessato di esistere
in giovanissima et, quando gi era
consapevole di essere figlio del primo
marito di sua madre (grazie a un fulmi-
neo ritorno di fiamma di una notte), e
gi diceva: Siamo noiosi, pensiamo di
avere dei doveri, magari per il domani,
oppure, se siamo gente di mondo, per il
fine settimana; aspettiamo suddividen-
do la nostra esistenza in giornate, poi ci
dimentichiamo di aver voluto qualco-
sa. Quando va nel villaggio di campa-
gna scelto per le vacanze dalla mamma
fricchettona, amante delle scuole stei-
neriane, Marton lo descrive cos: C il
monte Maiale e il monte Cane, ci sono
maiali e cani. Gonfio di birra ma luci-
dissimo, Marton legge ma non studia.
* * *
Rachid e Marton non lhanno mai co-
nosciuto. Non avrebbero potuto perch
non una persona reale come loro, non
uno che scrive romanzi autobiografici.
E un personaggio di fantasia, anche se
molti critici hanno sempre sospettato
che il suo creatore gli avesse prestato
pi di un pensiero. Forse, per, Rashid
e Marton lhanno introiettato come let-
tura dinfanzia, assieme ai turbamenti e
ai dolori di altri giovani letterari, i
Torless e i Werther. Si tratta del giovane
Holden, il ragazzo che molto prima di lo-
ro ha girovagato per una citt, New York,
con quel chiacchiericcio incessante in
testa. E nato nel 1951 per volont de-
miurga di J.D. Salinger. Holden, espulso
da un collegio prestigioso, prima di tor-
nare a casa con la brutta notizia, si met-
te a camminare, sotto la pioggia, incon-
trando amici, professori, ragazze, una so-
rellina. Bagnato fradicio, mezzo febbri-
citante. Quel dialogo di un adolescente
con se stesso diventato famoso come
manifesto di una generazione contro.
Holden arrabbiato, ma non si sa bene
contro cosa: le istituzioni, i borghesi, i
coetanei cretini? E una rabbia che tra-
suda dalla prosa senza fronzoli. Holden
parla mettendo a ogni frase undanna-
to, un maledetto, un dannatissimo,
un eccetera eccetera. Nonostante tut-
to, cerca un contatto con chi la maturit
ce lha, con chi lha raggiunta, dopo aver
capito a fatica che parte prendersi nel
mondo. Quando un professore cercato
da Holden in quel giorno di ansia, il
mezzo ubriaco Antolini, gli fa una sorta
di predica esistenziale, Holden fa finta
di non capire, o di non voler capire. Il
capitombolo che ti stai preparando a fa-
re un tipo speciale di capitombolo, or-
ribile dice il professore A chi preci-
pita non permesso di accorgersi n di
sentirsi quando tocca il fondo. Continua
soltanto a precipitare gi. Questa bella
combinazione destinata agli uomini
che, in un momento o nellaltro della lo-
ro vita, hanno cercato qualcosa che il lo-
ro ambiente non poteva dargli. O che lo-
ro pensavano il loro ambiente non po-
tesse dargli. Sicch hanno smesso di cer-
care. Hanno smesso prima ancora di
aver veramente cominciato. Poi il pro-
fessore porge a Holden un biglietto con
una citazione: Ci che distingue luomo
immaturo che vuole morire nobilmen-
te per una causa, mentre ci che distin-
gue luomo maturo che vuole umil-
mente vivere per essa. Holden pensa:
Io lo lessi subito appena me lo diede, e
poi lo ringraziai eccetera eccetera e me
lo misi in tasca. Era stato gentile a pren-
dersi tutto quel disturbo, sul serio. Ma il
fatto era che non me la sentivo di con-
centrarmi, ragazzi, tutta un tratto mi
sentivo cos maledettamente stanco.
Io credo gli dice imperterrito il prof
che uno di questi giorni ti toccher sco-
prire dove vuoi andare. E allora devi
metterti subito in marcia, ma immedia-
tamente. Non puoi permetterti di per-
dere un minuto, tu no. Holden fa di s
con la testa ma pensa: Non ero troppo
sicuro di capire che cosa diavolo avesse
in mente. Ero quasi sicuro di saperlo,
ma in quel momento non ci avrei giura-
to. Ero troppo stanco, accidenti.
* * *
Ecco, la stanchezza. E che a quindi-
ci, diciotto, ventanni proprio non ti va.
Non ti va nemmeno di pensarci, a dove
stai andando. E se ci pensi, in genere,
ti prende lo sconforto. Arrivaci, dove
vuoi andare. Meglio, molto meglio es-
sere stanchi.
* * *
Anche Marton stanco, e pure ar-
rabbiato, molto arrabbiato. Contro
quelloccidente che ha fatto irruzione
in Ungheria o contro lUngheria che
non stata abbastanza intelligente da
buttarcisi a capofitto, nel bello delloc-
cidente, nella sua libert crudele ma
salvifica. Che poi non si sa se la rabbia
gli deriva piuttosto dallessere pi
grande di quella madre mai cresciuta,
moralista come sanno esserlo solo gli
ex rivoluzionari, persa tra mille amori
ugualmente tormentati e ugualmente
fuori tempo e fuori luogo, infelici come
mai sono stati quelli del giovane Mar-
ton, che al massimo lamore lo riversa
nelle poesie che riempiono le sue lun-
ghe mattinate al parco. E insomma non
gliene importa nulla, di essere stato
concepito la notte in cui un pazzo
spar a John Lennon, e sua madre
trad il secondo marito con il primo,
ma qualcosa gli dice che non del tut-
to ininfluente, per lui, essere figlio di
quella scopata dovuta a improvviso
impeto. E quando si definisce idiota
asociale sa di che cosa parla. Era
partito il rapido treno della mia adole-
scenza, la consapevolezza di diventare
uomo si rafforzava e metteva alla pro-
va il mio modo di essere; bisognava
scegliere una via, costruire un sistema
difensivo, perch capivo di non avere
una vita sociale, la cui realizzazione sa-
rebbe stata inutile e impossibile, dun-
que avevo davanti un compito la cui so-
luzione non richiedeva quasi nessun
cambiamento intellettuale o caratte-
riale, ma solo sincerit: nascondere ci
che non riguarda gli altri, pur facendo
loro capire che esiste, per mettermi in
vantaggio e creare incertezza in quelli
che mi giudicano. Pi che un idiota
asociale, Marton ipersociale: Mi fi-
davo della mia interpretazione delle
relazioni umane, cercavo gli elementi
mancanti, raggiravo falsi sentimenti
umani funzionanti secondo sistemi pri-
mitivi e aspettavo, osservavo in ogni
momento delle mie giornate. Non mi
abbattevo per la solitudine, perch io
ero dalla parte della gente, mentre lo-
ro non tendevano veramente la mano.
Io li stavo a sentire se mi domandava-
no qualcosa, e gli rispondevo pure, ma
non volevo nulla da loro. La scuola
superflua per Marton, e non certo il
primo adolescente a pensarlo. Solo che
Marton non si autogiustifica : Le pa-
gelle non hanno mai influenzato il mio
futuro, credo per colpa mia, perch
non ho mai voluto un futuro e non ero
capace di un impegno costante: non ne
sentivo la necessit, non pianificavo la
mia vita, non sapevo nemmeno che co-
sa avrei fatto il giorno dopo. Sapevo
sempre per cosa volevo fare due ore
dopo. Nella sua vita deragliata parla
con la luna come Giacomo Leopardi.
Sogna di avere un cervello matematico,
tutto ordine, un ordine dove perdersi.
Non riesce a sentirsi n come gli in-
tellettuali easy-going amici del fratel-
lo che traevano linfa vitale dagli altri
n come i nuovi ricchi di Budapest
amici della sorella, tutti intolleranza e
consumismo giovane. Marton si ubria-
ca senza perdersi e fa il bullo senza
crederci. E vorrebbe, a intermittenza,
uscire dalla solitudine: Quante volte
ho sentito delle ragazze dire che ave-
vano trovato se stesse o, al contrario,
che non riuscivano a trovarsi, e io ri-
spondevo, ahim, riprova e se ci riesci
prova a trovare anche me, cos ci fare-
mo compagnia. Inspiegabilmente, ha
impeti proibizionisti: La marijuana
diminuisce la possibilit di diventare
un individuo. Quando giudica gli stu-
denti benestanti e il loro vuoto dice:
Non riuscivo a immaginare che sa-
pessero amare, perch si sono fermati
a un determinato punto dellevoluzio-
ne e si sono infilati in un personaggio
ideale che pi tardi ha cominciato a
coordinare le loro azioni spingendoli
allindietro e bloccando il libero flusso
dei loro sentimenti. Non risparmia
neanche Florisse, la ragazza che bacia
e poi lascia partire, e non sa perch. Sa
che gli manca, ma non sa perch, e la
vorrebbe l ma anche no. E per in fon-
do la ama perch ha capito che tutti
rappresentano solo un periodo arri-
vavano a ricaricarmi sensazioni diver-
se, come se fossi stato un cellulare ap-
pena comprato. Marton, pessimista
com, capace di grandi ottimismi di
fondo: Non avere la maturit, aver se-
guito una mia strada mi hanno reso un
errore che vaga alla periferia della vi-
ta ordinata. Per ci crede, di poter tro-
vare una strada. Come Holden.
* * *
Rachid invece non la cerca, la stra-
da. Preferisce il percorso. Vivere du-
rante il percorso, non perdere neanche
un minuto, neanche un incontro. Non
ha nessun tormento e nessun dolore
giovane, n tantomeno rabbia giova-
ne. Non odia loccidente, non odia
Israele, non si schiera senza se e senza
ma con i giovani ribelli delle banlieue
parigine. La sua rabbia non ha bisogno
di sfogarsi perch gi contro la per-
sona che avrebbe dovuto essere. E que-
sta gi una forma di rabbia manifesta.
Rachid ha scoperto da bambino di es-
sere gay e con serena naturalezza ha
anche capito di non volerlo nascondere
n reprimere. Non ha voluto fare pro-
clami, non si messo l a cercare il mo-
do per comunicarlo a chi non lo voleva
accettare. Il Rachid di Tante vite un
ragazzo incredulo. Sono proprio io que-
sto tizio che arriva inEuropa?, sembra
chiedersi. E certo non processo indo-
lore passare dal suo lento quotidiano
in Marocco, alle strade europee a lungo
immaginate e ora trovate con tutta la lo-
ro fretta. A ogni viaggio in treno, a ogni
passeggiata, Rachid incontra laltro:
una ragazza madre e suo figlio, un tos-
sicodipendente di Zurigo, il francese
malato di Aids, il barbone inglese. Gli
amanti occasionali che non sono una
conquista da segnare sul taccuino, ma
materia umana da osservare.
Ho preso il treno da Rabat a Tange-
ri racconta Rachid in Tante vite
poi, da Tangeri ad Algesiras, ho preso il
traghetto. Ero contentissimo. Mi ricor-
do che sul traghetto la traversata dura
unora e mezza, due, tutti quanti vomi-
tavano, tutti che stavano male, mentre
io ero cos felice che su di me non ave-
va nessun effetto, ascoltavo il walkman,
ero cos felice che sorridevo a tutti, per
tutta la giornata non ho parlato con nes-
suno. Magari avercelo avuto tutti, un
umore cos, durante ladolescenza. Ma-
gari essere stati come lui, uno a cui ba-
sta arrivare in Europa per sorridere e
dimenticare ogni sturm und drang:
Le prime immagini sono state i muri
coperti da graffiti, le bombolette di ver-
nice. Mi sono detto: Sono proprio in
Europa, era davvero limmagine dei
giovani che vedevo alla televisione in
Marocco la cosa che pi mi colpiva
erano le lavanderie automatiche, per
strada, mi sembravano una cosa strana,
da noi non ci sono. Mi piacevano un
sacco. Le sagome della gente dentro, i
giovani, i clienti. In Marocco non ne
avevo mai viste. Lo trovavo emozionan-
te. Erano gesti abituali, la gente che in-
filava biancheria sporca e la ritirava
fuori pulita. Rachid un tardo adole-
scente pi o meno single che solo in Eu-
ropa scopre lesistenza dei single: An-
che i supermercati mi hanno colpito, i
giovani che facevano la spesa col car-
rello, mi emozionavano pi gli uomini
che le donne. Le donne di solito, da noi
come in Marocco, sono loro che fanno
la spesa e si occupano di tutto quanto,
mentre l erano giovani, uomini, era
uno stile di vita da single che da noi
non esiste. Rachid ci rimane di propo-
sito, single, ma non per andare in cerca
di altre avventure: Mi dirigo verso An-
toine per dirgli che non continuo il
viaggio con lui. Non ho fatto in tempo a
finire la frase che lui aveva gi il muso
lungo. Aveva cambiato umore, era scon-
tento. gli ho scritto il mio indirizzo,
ero sicuro che mi avrebbe dato il suo, e
invece lui mi ha detto: No, non ne vale
la pena. Non voglio. Mi sembrato
molto cattivo, ho pensato che io non ero
stato cattivo come era diventato lui, tan-
to da rifiutarsi di vedermi, nemmeno le
lacrime che mi avevano riempito gli oc-
chi hanno avuto effetto ho provato un
senso di frustrazione per un bel po.
* * *
Frustrazione, stanchezza. Marton si
sente profondamente responsabile,
Rachid profondamente innocente. E
il loro modo per sopravvivere a Hol-
den, per sporgersi oltre let dellec-
cetera eccetera.
Se Rachid avesse preso male
ladolescenza, rapito da qualche
sturm und drang, non sarebbe
scrittore e serenamente gay
Se Marton non lavesse presa
malissimo, ladolescenza, oggi
sarebbe un ventenne colto e un
persino po pariolino
(foto Corbis)
Rachid O. nato nel 1970 a Rabat in Marocco, oggi vive a Parigi
ANNO XII NUMERO 53 - PAG V IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
di Stefania Vitulli
N
on ci sono pi i lari, non ci sono pi
le case, non ci sono pi le stufe in-
torno alle quali si potrebbero ritrovare
i membri del nucleo familiare. Troppo
pochi i metri quadri, troppo incerte le
pensioni, troppo volatili le liquidazioni:
un figlio proprio non ci sta, non c lo
spazio e non c il tempo, la coppia inu-
tile dirlo che scoppia. Insomma loriz-
zonte troppo vicino, cos oppressivo
che schiaccia, qualsiasi progetto ha il
fiato corto. Rinunciamo a guardare oltre
e abbassiamo di nuovo gli occhi sul mo-
nitor del computer: famiglia, addio. E il
momento in cui tutti hanno voglia di tor-
nare a casa, perch a casa non c nessu-
no e possiamo essere liberi. Finch arri-
ver il momento in cui nessuno avr vo-
glia di tornare a casa, perch a casa non
ci sar nessuno a cui urlare che non ci
lascia essere liberi. Dopo altre morti il-
lustri, oggi gli statistici, i demografi e i
politici decretano ufficialmente la mor-
te della famiglia. E ci istigano a cerca-
re gli assassini: il divorzio, laborto, la
medicalizzazione del parto, poi il gioco
al ribasso del figlio unico.
Finch si ritrova per la mani volu-
metti come Bimbo non a bordo. Un in-
no alla vita senza figli (Salani) che sfor-
nano consigli anti-bambino per soddi-
sfare quei nuovi lettori che dovrebbero
essersi formati sulla scia dellaumento
anchesso decretato dai demografi
delle coppie e delle donne sole che de-
cidono di non avere figli gi allinizio
della propria vita riproduttiva, i cosid-
detti childfree. Arriva anche da noi, e
senza troppo scandalo, lincantevole vo-
ce delle sirene ammazzanatalit, maga-
ri camuffata da humor nero: Fate sol-
di, non bambini. Avete del denaro a di-
sposizione? Ecco come potete spender-
lo, e come potreste spenderlo se aveste
dei figli; Il semplice immaginare
quello che accadrebbe alla vostra casa-
dolce-casa se aveste dei figli sufficien-
te per desiderare di farvi chiudere le
tube e rifare il parquet!; Voi e il vo-
stro partner apprezzate ogni cosa che fa
la vostra met senza il fastidio di dover-
lo condividere con un intruso minoren-
ne. Il vostro stile di vita spensierato fa
scoppiare dinvidia le mamme di pro-
fessione e fa desiderare ai neo pap di
riprendersi indietro il loro seme.
Senza contare i capitoletti al limite
della sevizia dei cosiddetti BDA (i bam-
bini degli altri), in cui si cancellano con
disinvoltura passati millenni di invidia
della maternit e paternit da parte del-
le coppie senza figli e li si trasforma in
potenziali futuri millenni di irrisione
delle coppie con figli. Per maneggiare i
BDA in modo che non ve lo chiedano
mai pi, basta seguire alcune folli rego-
lette, tipo: posizionare il bimbo sulla let-
tiera del gatto, il pi vicino possibile al-
la tv, afferrarlo con una mano per la ca-
viglia e farlo penzolare a testa in gi,
medicarlo con acqua ossigenata, assicu-
rarlo ai giochi da giardino con guinza-
glio e imbracatura, mettere la sabbia
nella sua porzione di torta. E per farlo
dormire? Metterlo per terra e coprirlo
con una coperta puzzolente, spegnere le
luci, narrare storie paurose con una tor-
cia elettrica sotto il mento. Poi dargli nu-
merosi bicchieri di latte, per essere cer-
ti che bagni il lettino. Famiglia addio,
addio bambini.
E tuttavia, ogni volta che in unepoca
storica si fa morir qualcosa, potete star
certi che in realt ci si prepara al suo
grande ritorno. Magari, tanto per comin-
ciare, anche solo letterario alla faccia
del marketing pro-childfree. Ad esem-
pio Letizia Muratori ha appena sfornato
ne La vita in comune (Einaudi) una
protagonista femminile di nome Tina
che nasce due volte: la prima al policli-
nico di Roma, dove qualcuno, il 30 giu-
gno del 1972, lha lasciata alle cure di
una caposala. La seconda il 14 luglio
dello stesso anno, giorno in cui un uo-
mo venne a prendermi al nido. Fece in
fretta, mi afferr senza darmi nemmeno
unocchiata. Per conoscersi cera davan-
ti tutta la vita. Senza contare che una
donna ci aspettava in doppia fila, a bor-
do di una cinquecento giardinetta. Tap-
pata l dentro, divor nervosa due pe-
sche. Quando arrivai, disse che non po-
teva prendermi in braccio, perch aveva
le mani sporche. Una famiglia nasce
anche cos.
Ho pensato di raccontare una situa-
zione normale ci dice Muratori. La sto-
ria di una persona che viene da una fa-
miglia nucleare frammentata perch i
genitori adottivi sono divorziati e tenta
unavventura familiare policentrica.
Questo tentativo di dare riconoscimento
legale a famiglie di fatto mi fa meno
paura del caos del disimpegno: unal-
ternativa che ti permette di cominciare
a vivere con qualcuno pensando che non
stai vivendo unavventura o una storia di
serie B. Un tentativo di irreggimentare
la situazione anche se in un modello al-
ternativo. Perch altrimenti la societ
offre solo la nebulosa del Se po fa tut-
to. Mi sembra un incentivo a buttarsi
nei legami. Insomma, i pacs come ac-
compagnamento al matrimonio. Per
non si capisce perch, se la vita in co-
mune sguardo sullaltro e se prima o
poi lo sguardo sullaltro diventa fami-
glia, o almeno qualcosa che ci somiglia
molto, non si possa ammettere di averne
bisogno dal fondo dello stomaco, della
triade pi vecchia del mondo: un uomo,
una donna, un bambino: Lunica vera
necessit dellessere umano quella di
avere rapporti con gli altri. Se ti piace,
chiamala famiglia continua Muratori.
Una volta, nemmeno tanti anni fa, si
chiamava impegno.
E se la parola impegno fa tremare le
ginocchia, basta sottoporsi ai test rapidi,
precisi, infallibili del manuale dei non-
genitori Bimbo non a bordo. Eccone
un paio: A quali delle ragioni per non
fare figli vi sentite pi vicino? A) Puzza-
no di sedere; B) Ci sono gi tanti bambi-
ni nel mondo. Perch aggiungerne un al-
tro?; C) Una volta che diventano adole-
scenti, vi odiate e ignorano qualsiasi co-
sa diciate loro; D) Monopolizzano tutti i
giochi. Oppure: Quale aggettivo pi
probabile che usiate per un beb? A)
Soffice B) Bisognoso C) Parassita. Inuti-
le fornire anche linterpretazione delle
risposte. I futuri o presenti childfree si
sono gi costruiti unidentit culturale e
di costume: frequentano regolarmente
lestetista, fanno sempre weekend fuori
citt, amano le crociere di lusso con
partner a scelta, puntano alla decappot-
tabile, accedono mutui per case pi bel-
le (ma non necessariamente pi grandi),
adorano il sushi a domicilio, i ristoranti
fusion, spazzolano mousse di kiwi da-
vanti ad un dj fino alle due di notte an-
che oltre i trentanni e quando pensano
alla vecchiaia ci vedono dentro camper
modificati, donazioni di beneficenza a
improbabili societ per la salvaguardia
delle mucche albine, brevi periodi come
groupie dei Rolling Stones. Altro che gi-
te a Eurodisney 3 coi nipotini.
Ad ammazzare la famiglia ci prova
anche la pubblicit: ha iniziato un sugo,
lanno scorso, questanno han prosegui-
to le fettine di formaggio filanti. Mamma
single con figlio in et da scuola ele-
mentare che soffia al potenziale padre
di passaggio un piatto di spaghi. Qua-
rantenne con figlio adolescente tenta
con laiuto delle sottilette di formare
una famigliastra con maschio della
stessa et e annessa figlia teenager. Co-
me sono cambiate le sceneggiature de-
gli spot: che fine ha fatto il modello mu-
lino bianco? Nei miei romanzi la fami-
glia insostituibile ribatte Giulia Car-
casi, ventiduenne romana autrice di Io
sono di legno (Feltrinelli), che gi
scal le classifiche un anno fa con Ma
le stelle quante sono. Non bastano
mille amicizie e mille amori e mille
scuole a rimpiazzarla. A scuola tinse-
gnano quando scoppiata la rivoluzio-
ne francese, dov il soggetto allinterno
di una frase, ma non ti educano al sen-
timento. Le famiglie sono le prime sce-
ne damore a cui assistiamo, e prima
dinnamorarci di un ragazzo o di una ra-
gazza, vediamo lamore tra nostro padre
e nostra madre. Se dentro casa non hai
visto carezze, difficile rifarle a distan-
za di ventanni, ti manca un dato in me-
moria, devi inventarti un gesto e non
facile. Leducazione al sentimento fon-
damentale. Non bisogna aver paura di
confondere il bicchiere dellacqua con
quello del vino, bisogna aver paura di
non sapere amare. In effetti la Giulia
protagonista del romanzo paura ce lha.
Che sua madre sia troppo fragile, che
sua madre sia troppo stupida, che sua
madre sia impreparata ad essere una
madre. Che le abbia rubato la possibi-
lit di essere figlia. E con questa la pos-
sibilit di essere madre a sua volta. Per-
ch secondo la Giulia del romanzo I
nostri corpi sono album di famiglia. Sia-
mo la collezione di chi stato prima di
noi. E allora poi se non si riesce, o non
si vuole, avere un figlio, la colpa sar un
po anche del posto da cui veniamo.
La Carcasi ha le idee pi chiare degli
statistici e come tutti i giovanissimi non
ha piet: La famiglia non va pi di mo-
da, le case non vanno pi di moda. Van-
no di moda i monolocali. Il matrimonio
per sempre e per sempre diventata
una parola troppo lunga. La vita media
aumentata e per sempre vuol dire anche
cinquantanni insieme. Non c pi mol-
ta voglia di essere genitori perch esse-
re figli pi comodo. Hai sempre qual-
cuno con cui prendertela: se non ti piaci,
puoi sempre dire che ti hanno fatto cos.
Sui figli, anzi, sulle figlie e sulle ma-
dri un punto narrativo ulcerato e grot-
tesco lha messo qualche mese fa Rosa
Matteucci, che con Cuore di mamma
(Adelphi) ha creato Luce, che nei fine
settimana va sempre a casa di sua ma-
dre vecchia. Verso una resa dei conti, il
giudizio universale dei vincoli di san-
gue. Luce, debole eroina che cerca di
liberarsi delloppressore, una madre
che lha generata col corpo e che ora
tenta di rifagocitarla con il ricatto psi-
cologico. Luce che sa, o costretta a sa-
pere, che in ogni famiglia la madre
rappresenta la custode degli affetti,
della tradizione e dei ricordi. A tale
compito la donna maritata non pu sot-
trarsi per nessuna ragione al mondo;
questa la regola dellumano consorzio,
il fulcro delleconomia domestica. La
madre ha degli obblighi di vestale cui
tenuta nei confronti della prole e dello
sposo, sia da abile che da malata. Pos-
siede il battipanni, il mestolo e larca
del pane. La Matteucci annuisce con-
vinta: non mica cambiato niente. Bub-
bole. La famiglia ancora quella cosa
l: La famiglia italiana un modello
in cui io non sono in grado di sopravvi-
vere, gli altri, quelli inconsapevoli, s.
Io, passati i 45 anni, non riesco ancora
a capacitarmi di che cosa sia, per me
un mondo marziano. Il mio modello
una specie di stato brado di nomadi-
smo in cui ogni tanto ci si pu accompa-
gnare con qualcuno. Quando ero pi
giovane spasimavo di avvicinare le fa-
miglie tradizionali. Poi, quando le ho
conosciute da presso, mi hanno orripi-
lato. In famiglia non si dicono mai le co-
se come stanno. Il padre di solito si sta
per suicidare e moglie e figli chiedono
come stai? E lui risponde: benone.
La bizzarra apertura mentale con-
temporanea, spazzolati via i sensi di
colpa, gli ultimi residui del non pos-
siamo non dirci cristiani e le geremia-
di dei potenziali nonni, permette la to-
tale disapprovazione dellesistenza in
vita dei piccoli diavoli altrui, specie se
sconosciuti: Quando ha a che fare con
un piccolo mostro, anche il pi com-
prensivo dei non genitori rischia di per-
dere il suo aplomb, citiamo dallInno
alla vita senza figli. E allora gi con i
rinforzini psichiatrici anti-peste: viag-
giate in business class o prendete voli
notturni, mai nei weekend o verso me-
te per famiglie; frequentate secondi
spettacoli o convincete i padroni dei ci-
nema a sbattere fuori bimbi e genitori;
cercate casa in zone con poche scuole e
stroncate la confidenza coi figli dei vi-
cini sgridandoli sempre e comunque. E
se avete sorelle o fratelli che nonostan-
te tutto si ostinano a figliare, mettete in
atto da subito deterrenti stronca-mar-
mocchi: il bimbo appena nato, che, per
inciso, somiglia al verme che avete pe-
stato per sbaglio stamani, va appellato
da subito come mostriciattolo; il ni-
potino che si tocca il pistolino tutto il
tempo merita la favola del bimbo cui le
mani divennero pelose e perse la vista
e per la piccola che muove i primi pas-
si pronto un armadietto vuoto con luc-
chetto tutto da esplorare.
Vender questo libro al sud dove nel-
limmaginario collettivo sono ancora
forti le barricate delle famiglie tradizio-
nali? Quelle siciliane, tanto per comin-
ciare, come quella inventata da Simo-
netta Agnello Hornby nel suo Bocca-
murata (Feltrinelli), da pochi giorni in
libreria. Qui protagonisti veri e propri
non ce n. Il romanzo corale e la fa-
miglia occupa tutto il tempo e tutto lo
spazio, tutti i dialoghi e tutti i ricordi e
nei ruoli familiari ci sono tutti i ruoli
della vita, dalla nascita alla morte, tan-
to da far pensare che fuori dalla fami-
glia, il luogo da cui si arriva e da cui
non ci si pu staccare mai, nemmeno si
possa esistere. Eppure, non si soffoca.
Perch secondo la Hornby alla base
della famiglia c ancora quello scanda-
lo innominabile che lei non ha vergo-
gna di chiamare amore: Lessere uma-
no ci dice la scrittrice palermitana, av-
vocato dei minori, che da oltre trentan-
ni vive a Londra, ha sempre avuto bi-
sogno di una famiglia. Il bambino ha bi-
sogno di avere modelli per crescere e a
cui fare riferimento. Non ho dubbi che
per un bambino ci sia bisogno di una
padre e di una madre perch cos la
natura umana. In Sicilia c una fami-
glia che molto pi simile a quella del
medio oriente, a quella cinese o africa-
na, anzich a quella del nord Europa.
Abbiamo ancora un culto degli antena-
ti, il culto dei morti, anche se nascosto
dietro a pupi di zucchero che scintilla-
no nelle vetrine. Quando ero giovane
non credevo nel matrimonio, a meno
che non fosse espressione di una fede
religiosa. Oggi so che in realt si tratta
di una dichiarazione al mondo che due
giovani vogliono creare una famiglia. Il
modello naturale padre madre e bam-
bino purtroppo o per fortuna quello
che funziona meglio.
Ma i numeri raccontano che gli italia-
ni non ci vogliono credere pi. La per-
centuale dei childfree convinti in au-
mento, cos come quella delle coppie
casualmente senza figli, cos come
quella delle donne che ad un certo pun-
to della vita, nella media dopo i 35 anni,
dichiarano, spesso daccordo col part-
ner, che di figli, visto che non se ne fat-
ti fino a quel momento, non se ne faran-
no mai. Per paura di essere inadatti, di
perdere le certezze economiche appena
conquistate, di perdere la libert. Le
dir: la gente che fa e vuole ancora i fi-
gli sono i poveri, risponde senza esita-
zione lavvocato-scrittrice Hornby. Lo-
ro il problema finanziario lhanno sem-
pre avuto, per cui non cambia niente. E
chi vuole vacanza, vestito di marca, ca-
sa pi bella che dice: non voglio rinun-
ciare a queste cose per un figlio. Noi
che parliamo di rinunciare ai figli sia-
mo la borghesia e ci sentiamo di rap-
presentare il mondo, ma siamo una pic-
cola parte. I figli non costano tanto. Co-
stano sacrifici, nel senso che uno non
pu uscire e andare al cinema. Ma que-
sto se ci pensa un risparmio. Quello
che frena desiderio di godere. Il fatto
che i nonni non aiutano. Il precariato.
Mille pretesti per mettere a dormire
questo istinto fondamentale delluma-
nit che la vita, controllare razional-
mente la procreazione. Ma quella voglia
ritorner, prepotente, pi di prima.
Non daccordo il popolo dei senza
figli, che magari in futuro i pannolini
dei figli degli altri li cambier gettan-
doli per terra dalla parte sozza e infi-
lando al bimbo il patello nuovo attra-
verso il buco della gamba sinistra, sigil-
lando i buchi restanti con nastro isolan-
te e graffette. Non daccordo lIstat,
che sforna cifre che dicono che la fami-
glia in Italia pronta a estinguersi, co-
me e peggio della tigre siberiana. Non
paiono daccordo i trentenni, che si so-
no rassegnati a stare incollati davanti
alla tv di mamma. E pi che daccordo,
invece, la giovanissima Carcasi, convin-
ta che di tempo per fare una famiglia
ce n tutto quel che serve, e anche di
pi. E di estinzioni non ne vuole sape-
re: Io credo che adesso lamore di-
ventato amore e basta ed difficile far-
lo. Restare insieme non pi scontato,
una scelta che si fa ogni giorno. Ades-
so lamore non si pu pi confondere
con la riparazione o con lappoggio o
con il puro bisogno di evadere dalla fa-
miglia di origine o, peggio ancora, con
il dovere. Io sono figlia ancora, vivo a
casa con i miei. Ma vorrei trovarmi un
appartamento su misura, ho voglia di
casa mia. Vorrei fare prove di distacco
dallalbero. Vorrei costruire una fami-
glia, con la presunzione di quelli che
provano per la prima volta, con la pre-
sunzione che sar migliore.
LIBERI DAI FIGLI
Senza case, senza stufe, senza culle, senza matrimonio. Ecco perch i libri
sulla famiglia funzionano soltanto se non ci sono bimbi in mezzo alle scatole
Pensate a cosa accadrebbe alla
vostra casa con quei mocciosi in giro.
Non verrebbe voglia di rifare
completamente il parquet?
Il mio modello una specie di
stato brado di nomadismo in cui
per ogni tanto ci si pu pure
accompagnare con qualcuno
Cornelius Johnson, Sir Thomas Lucy and his Family, Charlecote Park, Warwickshire
Jan de Bray, The de Bray Family (1669), Currier Gallery of Art, Manchester, New Hampshire
ANNO XII NUMERO 53 - PAG VI IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
ROMANZO DAMORE E GUERRA DI MI
Mrs Podhoretz racconta le sue battaglie ideologiche, le barricate, i libri scritti, il suo pi grande
di Amy Rosenthal
V
a sempre dritta al punto, Midge
Decter. Non ama retorica n fron-
zoli. Preferisce le discussioni serrate,
le battaglie solitarie, le idee che non
piacciono a nessuno, non subito alme-
no, perch quando poi diventano po-
polari lei stessa a essersene gi stu-
fata. A settantanove anni, con il fisico
minuto che la fa sembrare fragile, un
marito che si chiama Norman Podho-
retz ed il padre del neoconservato-
rismo e un fare divertito e affasci-
nante, Midge Decter non si risparmia
su nulla. Quando parla di s sembra
di entrare dentro un romanzo. Un gi-
gantesco romanzo americano. In ogni
parola si sente leco delle sue molte
esperienze: redattrice in tante riviste
Commentary, The Saturday Review,
Harpers ha fatto parte di organizza-
zioni politiche (come Accuracy in Me-
dia, la Coalition of the Free World e il
Project for the New American Cen-
tury) e ha avuto vari incarichi nei
principali think tank conservatori
americani, come lHudson Institute, la
Hoover Institution e lInstitute on Re-
ligion and Public Life. Intanto ha an-
che scritto cinque libri e una quantit
inaudita di saggetti bollati come po-
litically incorrect. Ma in oltre cin-
quantanni di carriera, Midge Decter
non ha perso la sua verve, anzi. Dice
che il motto che si ripete al risveglio
da sempre ad averla conservata cos
in forma: Alzati ogni mattina e vai al-
lattacco del mondo. E quello che ha
fatto per tutta la sua vita.
Nel 1946, a diciannove anni, lasci
la sua citt natale di St. Paul, in Min-
nesota, e si trasfer a New York City.
Oggi una cosa normale, ma nellA-
merica dellimmediato dopoguerra
era un fatto piuttosto eccezionale.
Riuscii a manipolare benissimo i
miei genitori ricorda con un sorriso
furbetto Decter Ero gi stata alluni-
versit, ma avevo abbandonato gli stu-
di. Ma dato che i miei genitori erano
appassionati sionisti, mi trasferii a
New York con la scusa di seguire un
corso di studi presso il Jewish Theolo-
gical Seminary. Dissi che sarei andata
l per studiare lebraico e che poi mi
sarei trasferita in Palestina. A quel
tempo, avevo ancora lidea romantica
di andare in Palestina e morire sulle
barricate. Decter fa ancora un sorri-
so e continua: A ogni modo, si bevve-
ro la mia storia e mi lasciarono anda-
re a New York. Credo che si sentisse-
ro anche sollevati dal fatto che avevo
trovato un obiettivo per la mia vita.
Il padre di Decter era originario di
New York. Lei, da piccola, era stata un
paio di volte sulla costa orientale in-
sieme con la famiglia per visitare al-
cuni parenti. Ricordo, in particolare,
una volta in cui, ancora molto giovane,
mi trovavo in unaffollata strada di
Brooklyn. Cerano un sacco di carroz-
zine, lodore di pane fresco che arriva-
va dai forni e un traffico interminabi-
le. Ricordo perfettamente che rimasi
l ferma e dissi ai miei genitori: Un
giorno verr a vivere qui. E esatta-
mente quello che ha fatto per oltre
sessantanni. Cinquantuno dei quali
passati con lintellettuale e direttore
della rivista Commentary, Norman
Podhoretz. Lo incontrai per la prima
volta al Jewish Theological Seminary
subito dopo il mio arrivo nella Grande
Mela racconta Cera una giovane
bella ragazza che lavorava nellufficio
e io avevo bisogno di una mano da lei,
non ricordo per quale motivo. Cos, so-
no entrata nellufficio e l ho notato
questo giovanotto che faceva lo spac-
cone con la signorina. A un certo pun-
to cit in modo errato un verso di T. S.
Eliot e io naturalmente intervenni per
correggerlo. Si volt verso di me e in
quello stesso istante diventammo ami-
ci. Decter ha due anni in pi di
Podhoretz, e lui allora cominci a
chiamarla la mia amica pi anzia-
na. Non molto romantico, insomma.
In linea con lo status di vecchietta,
Midge divenne presto la spalla su cui
Norman piangeva per le sue pene da-
more. Poi, per farla corta, io mi sono
sposata con il mio primo marito, Mo-
she Decter, ho finito luniversit alla
Columbia e sono andata a completare
i miei studi in Inghilterra. Per qual-
che tempo abbiamo perso i contatti.
Poi ho divorziato e ho iniziato a lavo-
rare per Commentary. Sembra un po
strano a dirsi, ma proprio tra le scri-
vanie della redazione di una delle ri-
viste politiche pi influenti dAmerica
che scocca la freccia di Cupido. A
Norman era stato promesso un posto
a Commentary fin da quando aveva
terminato il servizio nellesercito.
Qualcuno gli aveva scritto una lettera
con scritto: Qui c qualcuno che dice
che il suo nome Midge Decter e che
ti conosce. Lei dice che se impara a
dattilografare meglio prima del tuo
arrivo, potrebbe essere ancora qui.
Cos, alla fine Norman arriv, ci in-
contrammo nellufficio e nacque la
nostra storia.
Ma cosa fu ad attrarla nel suo se-
condo marito? Decter balbetta che pa-
re una scolaretta innamorata fa te-
nerezza vedere che ancora emozio-
nata e poi esclama: La sua intelli-
genza e la sua voglia di vita. Fa una
piccola pausa e poi: Ed ancora la
stessa cosa che provo per lui oggi.
Due intellettuali, per di pi entrambi
scrittori, sotto lo stesso tetto non de-
ve essere stato facile. Chiss quante
volte si saranno mezzi scannati per
qualche questione politica, o sul fem-
minismo o sul comunismo o sui liberal
che perdevano la loro vera identit e
sannacquavano di salottismo o su
tutto quello che passava sotto i loro oc-
chi in quegli anni. Ma Decter dice che
no, liti ideologiche non ce ne sono mai
state. Alcune volte non siamo stati
daccordo sui dettagli, ma sul piano
ideologico mai. Abbiamo entrambi ini-
ziato la nostra carriera come appassio-
nati liberal ebrei-americani e antico-
munisti; ma, nel mio caso, la fonte
principale della mia opposizione al si-
stema sovietico fu il sionismo. Norman
era meno sionista di me.
Durante la Guerra fredda, la lotta
contro lUrss la spron a entrare in
organizzazioni che promuovevano la
democrazia e lanticomunismo o addi-
rittura a fondarne di nuove. Nel 1972
entr nella Coalition for a Democra-
tic Majority, formata dallala conser-
vatrice del Partito democratico, soste-
nitrice della necessit di un potente
apparato militare e promotrice del
concetto della pace attraverso la for-
za; nel 1976 contribu personalmen-
te alla fondazione del Committee on
the Present Danger. Questultimo un
gruppo di pressione ha cercato di
riaffermare la dottrina del conteni-
mento militare come tema centrale
della politica estera statunitense. In
conformit con gli obiettivi di questi
gruppi, centrati sulla promozione dei
valori democratici e su un risoluto an-
ticomunismo, Decter fond poi nel
1981, subito dopo lelezione di Ronald
Reagan a presidente, il Committee for
the Free World.
Come ha osservato Stanley Kurtz
in una recensione alle memorie di
Decter (pubblicate nel 2001 con il ti-
tolo An Old Wifes Tale: My Seven
Decades in Love and War), Decter
ha passato tutta la sua vita immersa
nella battaglia contro loppressione
comunista. Questa onorevole batta-
glia, ci sembra, ha avuto il ruolo mo-
rale e spirituale che avrebbe altri-
menti potuto essere svolto dalla fitti-
zia lotta delle femministe contro lop-
pressione maschilista, il Potere di
Foucault, o qualche misteriosa trama
reazionaria. Oggi Decter dice che s,
forse Kurtz ha ragione. Del resto, nel
suo pioneristico saggio La nuova ca-
stit e altri argomenti contro la libe-
razione della donna, pubblicato nel
1972, Decter aveva gi spiegato quel
che pensava della questione. Inizial-
mente ci che detestavo del femmini-
smo era il fatto che fosse soltanto
molto chiassoso, ma in definitiva in-
sultante per le donne stesse. Mi sem-
brava che, invece di infondere corag-
gio alle donne, insegnasse loro che
erano schiave, il che assolutamente
falso. A mio giudizio, un movimento
autenticamente femminista avrebbe
dovuto dire: Le donne sono esseri
straordinari e possono fare qualsiasi
cosa vogliano. Perci, avete una nuo-
va opportunit. E difficile. E, certo,
ci vuole coraggio. Il Movimento di li-
berazione delle donne non ha porta-
to alcun vantaggio alle donne, sen-
tenzia Decter e spiega: Proclamava
che le donne che avevano scelto di
avere bambini e fare le madri aveva-
no in definitiva fatto la scelta sbaglia-
ta. E terribile. La cosa pi antifem-
minista che si possa dire. Qual sta-
to il risultato del femminismo? Che le
giovani donne si sono dedicate anima
e corpo alla loro carriera e poi hanno
scoperto con angoscia che stavano in-
vecchiando e che presto sarebbero
state troppo vecchie per avere figli.
Eccoci qui a discutere di matrimo-
nio e famiglia, che secondo Decter
non sono come una torta di cioccola-
to, che serve soltanto a soddisfare la
tua golosit, ma istituzioni necessarie
per la vita delluomo. Certo, vien da
pensare, lei ha trovato un perfetto
equilibrio tra la carriera e la famiglia,
non ne sapr niente di quanto sia diffi-
cile questa conciliazione al giorno dog-
gi. Ma Decter ci stupisce quando am-
mette che be, non sono poi stata cos
brava e non sono sicura che sia possi-
bile trovare davvero un equilibrio. Per
me stato un problema centrale per
molti anni. Quando i miei figli erano
piccoli, ho lasciato il lavoro, poi qual-
che anno dopo lho ripreso e poi lho la-
sciato nuovamente. Certo, essendo una
scribacchina, per me era pi facile per-
ch potevo lavorare a casa. Ma avere
un lavoro e gestire una famiglia dav-
vero unimpresa difficilissima per una
donna, e quasi impossibile se non pos-
siede una straordinaria energia e una
salute di ferro. Ma arrendersi mai,
giusto? Continuo a ripetere alle giova-
ni donne una cosa che, malgrado loro
non ci credano, innegabile: anche se
abbandonate la vostra carriera per
qualche anno per dedicarvi ai vostri fi-
gli, vi rimane ancora la possibilit di ri-
prendere in seguito a lavorare. Spesso
mi rispondono: No, non si pu perch
si rientra nel mondo del lavoro da una
posizione inferiore e si perde la possi-
bilit di un avanzamento di carriera.
Anche se questo potrebbe essere vero,
non poi cos terribile perch proba-
bilmente molte donne non sono inte-
ressate soltanto alla carriera. Ma in
fondo il motto della mattina che spin-
ge Decter a credere che si possa conci-
liare tutto, se davvero c fiducia nelle
cose che si fanno, una donna pu arri-
vare allapice della sua professione an-
che se decide di avere figli e di rimane-
re per qualche tempo a casa. Ecco
perch esclude che le donne abbiano
bisogno dellaffirmative action cos
come non ne hanno bisogno i neri,
puntualizza Midge, in naturale contro-
tendenza rispetto al mainstream, de-
vono essere lasciate in pace e libere di
dimostrare quel che sanno fare.
Ma gli effetti nefasti del femmini-
smo non riguardano soltanto le don-
ne. Il racconto della divisione dei
compiti tra i due sessi una delle
pagine pi divertenti e allo stesso
tempo precise del romanzo di Decter.
Insomma, questa cosa che gli uomini
e le donne hanno in comune qualco-
sa frutto di una combinazione estre-
mamente delicata. Gli uomini e le
donne sono esseri molto diversi luno
dallaltro, e fra di loro stabiliscono un
patto. Sostanzialmente, la donna dice
alluomo: Tu aggrappati a me e io
far in modo di dimostrarti che ne
valsa la pena; questo un buon pat-
to e funziona. Dire Tu uomo mi hai
oppresso per anni e anni, ma ora sia-
mo 50 e 50 e ti toccher lavare i piatti
e spazzare il pavimento una totale
sciocchezza. Non ha nulla a che fare
con una vera comprensione di come
gli uomini e le donne dovrebbero con-
vivere. Con tutta questa follia impe-
rante, diventa davvero difficile. Dec-
ter ricorda che, allinizio, nel movi-
mento femminista cerano donne che
si dedicavano alla formulazione di
nuovi contratti matrimoniali. Il loro
tenore era di questo genere: Chi fa
che cosa in casa? Il luned, il merco-
ledi e il venerd tocca alla moglie la-
vare i piatti, e negli altri giorni al ma-
rito. Se il bambino si mette a piange-
re nel mezzo della notte, necessario
che si stabilisca chi di turno per far-
gli le coccole. Non c nulla che fa ir-
ritare Decter pi di questi ricordi, e
chiude il capitolo sulla famiglia con
asprezza: Questo un contratto in
cui tutta la vita vista soltanto come
un pesante fardello di cui nessuno
vuole prendersi la responsabilit.
Ecco che passiamo a unaltra fami-
glia. Quella politica. Soprattutto quel
traghettamento dallidentit liberal
allindentit neoconservatrice inizia-
to negli anni Settanta. Lassalto della
realt. Lei allora era ancora una ra-
gazzina, dice, con tanti ideali e troppi
sogni, una liberal con la L maiuscola,
convinta che le politiche governative
potessero curare con effetti miracolo-
si qualsiasi difetto della societ. Poi
nacque il movimento per i diritti civi-
li, allinizio fu esaltante, ma ben pre-
sto degener ricorda Divenne radi-
cale e malvagio, ostile verso i bianchi
e zeppo di fesserie da black power.
Immersi in questa atmosfera, ovvia-
mente, cerano tutti i miei amici libe-
ral bianchi, i quali, sposando quegli
atteggiamenti non facevano che peg-
giorare le cose. Poi fu la volta del mo-
vimento delle donne, e allora le parve
chiaro di non aver pi molto da spar-
tire con i suoi compagni: La cultura
nella quale vivevo stava cercando di
impadronirsi dei miei figli, e questa
sensazione ha fatto scattare un clic
che mi ha costretto a ripensare subito
ogni cosa. Decter ripete con tono so-
lenne le ultime due parole, scanden-
do bene: O-g-n-i c-o-s-a.
La religione, innanzitutto. Una pas-
sione che lha conquistata quando era
gi grande, in una fase avanzata del-
la vita. Proprio quando sembrava
che lintera societ stesse per dera-
gliare, mi capitato di riflettere in
modo serio e profondo sulla religione.
Quando scopri che la cultura nella
quale vivi vuole impadronirsi dei tuoi
figli e che necessario combattere
strenuamente per tenerli in salvo, co-
minci ad assumere un punto di vista
completamente diverso sul senso del-
la vita e su ci che implica. Decter fa
una piccola pausa e poi, come se la-
vesse presa ancora quellintuizione di
allora, esclama: S, proprio in quel
momento che cominci a credere in
Dio! Lateismo, come gi pensavo allo-
ra, stava alla radice di questo terribi-
le esplosione culturale degli anni Ses-
santa. La quale la vera responsabile
dellattuale e diffuso ateismo latei-
smo, per essere precisi, del Perch
no? e dellE allora?.
Decter convinta che la religione
sia necessaria non soltanto per la vita
politica ma anche per la stessa mora-
lit pubblica. Abbiamo scoperto
sottolinea con tono deciso che ha
una funzione essenziale. A molti di
noi occorso parecchio tempo per ca-
pirlo, e con noi intendo gli ex liberal
ebrei-americani diventati neocon, so-
prattutto perch nessuno di noi era
particolarmente religioso. Comun-
que, Decter aggiunge subito che il pas-
saggio da liberal a conservatori non
stato per gli ebrei americani altrettan-
to facile di quanto lo stato per i cri-
stiani: Per quanto possano essersi al-
lontanati, il viaggio dalla cultura libe-
ral a quella conservatrice per i cristia-
ni , in sostanza, un ritorno a casa, do-
ve ci sono numerose amorevoli brac-
cia pronte ad accoglierli. Per gli ebrei,
invece, la situazione diversa. Per lo-
Tre donne nella mosche sciita e irachena di Samarra, a Kerbala (foto Corbis)
Le femministe dicevano che fare
le madri era una scelta sbagliata.
Una cosa terribile. La cosa pi
antifemminista che si possa dire
La storia damore con Norman
Podhoretz nata tra le scrivanie
di Commentary, perch lui era
intelligente e pieno di vita
Midge Decter nata a St Paul, nel
Minnesota, il 25 luglio 1927. Scrittrice
neocorservatrice, ha frequentato lUni-
versit di New York e quella del Min-
nesota, senza laurearsi. Ha scritto per
Commentary, la rivista intellettuale
dellAmerican Jewish Committee, di
cui ha sposato, in seconde nozze, il pre-
sidente Norman Podhoretz. Ha svolto
attivit editoriale anche per Midstream
e Harper's Magazine. E autrice di di-
versi libri sul femminismo e sulledu-
cazione liberal dei bambini, oltre che
di centinaia di saggi di politica. Uno
dei suoi lavori pi conosciuti la bio-
grafia dellex segretario alla Difesa Do-
nald Rumsfeld, Rumsfeld: A Personal
Portrait (2003). Con lex capo del Penta-
gono stata co-presidente del Commit-
tee for a Free World, comitato intellet-
tuale anticomunista sciolto dopo la ca-
duta del Muro di Berlino.
Midge Decter, la biografa di Donald Rumsfeld
IDGE DECTER, SIGNORA DEI NEOCON
rammarico e il miglior consiglio (solo per donne): Trovatevi un buon marito, ne basta uno solo
La statua della Libert nel giorno del suo settantesimo compleanno (foto Richard Morris Hunt/Corbis)
ANNO XII NUMERO 53 - PAG VII IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
ro il conservatorismo rappresenta un
allontanamento da due delle loro pre-
cedenti comunit dappartenenza: la
comunit ebraica e quella degli intel-
lettuali liberal. Questo spiega perch
quasi tutti gli ebrei americani siano
rimasti liberal e non abbiano compre-
so limportanza fondamentale dellal-
leanza con i sionisti cristiani. A giu-
dizio di Decter, i cristiani evangelici
sono diventati un essenziale alleato
politico, al quale tutti gli ebrei ame-
ricani dovrebbero dare il benvenuto
e nei confronti del quale dovrebbero
sentire una profonda riconoscenza.
Decter ribadisce la necessit di
unaccoglienza per gli evangelici,
eppure ha scritto pi volte di non aver
mai avuto la mania del ricorso al
mondo o alla tradizione giudaico-cri-
stiana. Ma lei, come sempre, ha la ri-
sposta pronta. Quello che mi d fasti-
dio il fatto che non esiste una singo-
la tradizione. Tutte le tradizioni sono
molto diverse luna dallaltra, e mi
sembra un segno di debolezza voler
fare unenorme bolla di questa vaga
entit cui diamo il nome di tradizione
giudaico-cristiana. Va bene, allora
veniamo al sodo. Che cosa ne pensa
Midge Decter di Papa Ratzinger? So
una cosa su di lui dice della quale
mi sono resa conto durante il lavoro
svolto presso lInstitute of Religion
and Public Life, cio che un uomo
estremamente brillante e con una
mentalit molto adattabile.. Quanto
alla polemica della scorsa estate con i
mondo musulmano, suscitata dal di-
scorso del Papa a Ratisbona, Decter
non si perde in troppe precisazioni
teologiche: E stata una cosa ridicola.
Purtroppo, come noto, viviamo in
unepoca in cui alle persone serie non
concesso parlare.
Torniamo alla fede di Decter, il giu-
daismo, e alla terra, a Israele. Il suo
grande rammarico. Perch ci sarebbe
andata volentieri a vivere, in quella
terra. Sono sempre stata una sioni-
sta. E questo vero anche se non ho
compiuto latto supremo di un auten-
tico sionista, che quello di andare a
vivere in Israele. Per lei lo stato
ebraico ha un significato fondamen-
tale sia sul piano personale sia su
quello spirituale, e sottolinea che i
suoi figli e i suoi nipoti vi sono andati
a vivere. Penso che ogni ebreo, che
ne sia consapevole o no, ha una qual-
che connessione con Israele. Quasi
tutti gli ebrei, quando si recano in
Israele, se ne rendono conto, ed per
questo che penso che molti se ne ten-
gono lontani, per non doverlo ricono-
scere apertamente. Detto questo, il
mondo pi conciso in cui posso espri-
mere come la penso su Israele que-
sto: oggi gli ebrei hanno ottime armi a
propria disposizione, e nessuno potr
ucciderli senza subirne le conseguen-
ze. Alla domanda su quale ruolo ab-
bia avuto il giudaismo nella formazio-
ne del suo pensiero e nella stesura dei
suoi scritti, Decter esclama: Oh, Dio,
se soltanto potessi spiegare a me stes-
sa il rapporto con il giudaismo, forse
potrei spiegarlo anche a lei!.
Con il sorriso ancora sulle labbra, af-
frontiamo lultimo capitolo di questo
gigantesco romanzo che la storia di
Midge Decter. E il capitolo sul neocon-
servatorismo. Il nome di Decter si ritro-
va in quello di una lunga lista di neo-
con suo marito Norman Podhoretz,
suo figlio John Podhoretz e suo cogna-
to Elliott Abrams ma lei ha un ruolo
di spicco nella cricca, perch, come
lhanno definita i mass media liberal,
lei la chioccia, la Madre superio-
ra dei neocon. E naturalmente questi
nomignoli fanno sorridere Decter. An-
zi, a dire il vero non riesce a smettere
di ridere quando li sente pronunciare
per lennesima volta. Che sia un modo
per nascondere, con eleganza, una fu-
rente irritazione? Ma lei scuote la testa
mentre cerca di riprendere un po di
contegno e dice finch si limitano a
questo non ho problemi. A parte gli
scherzi, Decter e i suoi amici neocon
sono stati accusati dai liberal america-
ni e talvolta dagli stessi conservatori
di essere responsabili di avere con-
dotto la nazione verso la follia scate-
nando la guerra in Iraq. Non una cosi-
na da poco, visto che la campagna ira-
chena sta determinando il futuro della
politica estera americana, e anche del-
la dialettica interna. S, ne sono con-
sapevole dice Decter ma mi sembra
che la guerra in Iraq sia la conseguen-
za necessaria della guerra dellAmeri-
ca contro lislamofascismo. Secondo
Decter, ci che stanno attualmente fa-
cendo gli Stati Uniti in medio oriente
analogo allenorme sforzo da essi com-
piuto dopo la Seconda guerra mondia-
le in Europa, quando consolidarono il
continente e lo difesero dalla minaccia
sovietica fino a quando fu trasformato
e i sovietici non rappresentarono pi
una minaccia. Poi aggiunge: C qual-
cosa nellanimo liberal che non gli fa
apprezzare la guerra. C stata una
grande opposizione a questa campa-
gna, cos come lidea diffusa che non
avrebbe dovuto causare vittime ameri-
cane e sarebbe dovuta durare molto
meno tempo. In America, tuttavia, ci
sono molti gruppi che non vogliono af-
fatto che gli Stati Uniti siano coinvolti
in medio oriente, come, per esempio, i
liberal dellex presidente Jimmy Car-
ter. In pi, circola anche un certo sen-
timento anti-Israele, secondo il quale
limpegno americano in Iraq dovuto
interamente al problema di Israele, il
che del tutto ridicolo. Temo che mol-
ti, allinterno del Partito democratico,
siano davvero degli idioti pacifisti. Al-
cuni cercano di giocare la carta delle
paure americane riproponendo il dis-
senso scatenatosi durante la guerra del
Vietnam. Ebbene, io stessa mi opposi
alla guerra del Vietnam, e mi sono col-
pevolizzata per quel grande errore. Ma
non lo ripeter unaltra volta. Alcuni
critici hanno anche sostenuto che il
progetto neoconservatore, come il libe-
ralismo dal quale derivato, sia essen-
zialmente una nuova forma di utopi-
smo globale. Un idealismo. Lo stesso
che viene attribuito, mischiato con lac-
cusa di mortifera superficialit, al pre-
sidente George W. Bush. Ma Decter non
ci sta. Non c nulla di utopico nel fat-
to che la nazione pi potente del mon-
do si assuma la responsabilit del ten-
tativo di creare un minimo di stabilit
internazionale! Ecco, se il paese pi
potente non lo fa, nessun altro lo far,
e sappiamo che cosa accade in questi
casi. Labbiamo visto in Africa, dove
non vi alcuna stabilit: un vero e pro-
prio massacro.
Non si pu discutere del neoconser-
vatorismo senza menzionare il com-
pianto filosofo politico Leo Strauss,
definito dalla stampa liberal europea
e americana il padrino dei neocon-
servatori. E Decter sorride di nuovo.
Onestamente, leggere tutti questi ar-
ticoli su Strauss usciti negli ultimi due
anni stato per me un vero diverti-
mento. Aprire i quotidiani e scovare i
tentativi di questi poveri reporter per
spiegare il neoconservatorismo e lin-
fluenza di questo oscuro professore di
filosofia stata una manna. La stampa
americana non ha la minima idea di
chi fosse Strauss o del significato del-
le sue opere. Tutto quello che sa che
era un filosofo e il professore di Allan
Bloom e altri studenti. Decter ripren-
de a ridere ancora una volta e poi ci
racconta di avere seguito un corso su
Aristotele tenuto da Strauss alla New
School for Social Research poco dopo
il suo arrivo in America. Strauss mi
ha insegnato come si fa a leggere. Era
un uomo affascinante, spiritoso e, so-
prattutto, un maestro straordinario.
Sebbene abbia seguito i suoi corsi,
Decter dice di essere certa di non
avere subito la sua influenza allo stes-
so grado di Irving Kristol, che ha an-
che intrapreso un approfondito studio
dei suoi scritti. Come lei stessa am-
mette, bench abbia una nozione ge-
nerale delle sue opere, non posso dire
di averle studiate in modo dettaglia-
to. Ma allora chi sono, secondo Mid-
ge Decter, i giganti del conservatori-
smo?. William F. Buckley, fondatore
della rivista National Review, e lo
scrittore Thomas Sowell. Aggiunge:
Ce ne sono tanti altri. Non appare
soddisfatta, e con fare furbo dice:
Che dire, per esempio, di Geremia?.
Forse ha contribuito alla naturale
propensione al conservatorismo an-
che il fatto di essere cresciuta nel
mid-west. Chiss, magari unadole-
scenza a Los Angeles o a San Franci-
sco, a New York o a Boston, su quelle
coste cos fricchettone e liberal avreb-
be avuto un esito diverso. Certamen-
te annuisce Decter tranne per il
fatto che il Minnesota, dove io sono
nata, uno stato che, per varie ragio-
ni storiche, oscilla tra la sinistra e la
destra. Detto questo, il centro del pae-
se tende generalmente a essere pi
conservatore delle zone costiere, sia
orientali che occidentali. Poi, per
meglio ribadire questo punto, Decter
racconta una breve storia. Qualche
anno fa, io e mio marito abbiamo fatto
un viaggio in macchina attraverso gli
Stati Uniti. Era il periodo in cui tutti
dicevano lAmerica in declino. Le-
conomia in cattivo stato. Tutto va
male e le citt stanno collassando.
Eppure, noi attraversavamo luoghi co-
me lIowa e il Nebraska gli stati con-
tadini e vedevamo tutto sbocciare e
crescere, in una fantastica pienezza di
vita e energia. La gente era indaffara-
ta e nessuno se ne stava seduto a la-
mentarsi come facevano i newyorkesi.
Per me stata una lezione molto im-
portante. Avevo dimenticato che que-
sto genere di vita esisteva ancora,
mentre io me ne stavo seduta a un ta-
volo insieme con i miei amici a discu-
tere sugli articoli del New York Times
e a lamentarmi per la crisi del mondo.
Mi sono resa conto che la maggior par-
te della gente si alza alla mattina e vi-
ve la vita di tutti i giorni ragionevol-
mente soddisfatto e del tutto incuran-
te di cosa stia accadendo nella politi-
ca interna ed estera degli Stati Uniti.
Sar, ma basta citare politica este-
ra, che Decter non riesce a trattener-
si. E il suo pane questo. Allora comin-
cia dal suo grande amico Donald Rum-
sfeld, ex segretario alla Difesa ameri-
cano, sul quale lei ha scritto una detta-
gliata biografia intitolata Rumsfeld:
A Personal Portrait e pubblicata nel
2003. Rumsfeld considerato dal mon-
do liberal come una delle menti folli
che ha trascinato il mondo in una
guerra illegittima, ma anche tra i neo-
con molti sono stati i critici della dot-
trina della guerra leggera di cui lui
stato il paladino. Quando Rummy ha
dato le dimissioni, in seguito alla scon-
fitta del Partito repubblicano alle ele-
zioni di mid-term di novembre, molti
hanno pensato che Bush lo avesse co-
s relegato al ruolo di capro espiatorio
per gli errori commessi in Iraq. Decter
non si sbilancia, dice che lunica per-
sona che potr dire se vero che sta-
to scaricato sulle sue spalle il fardello
iracheno proprio Rummy, forse ce
lo dir dal letto di morte, aggiunge
con un sorriso. Poi, fattasi seria, spie-
ga: Bush era in difficolt e potrebbe
essersi sbarazzato del segretario alla
Difesa non soltanto per dare il segna-
le di una svolta, ma anche per annun-
ciare la sua nuova politica per lIraq.
Detto questo, chi lo sa che cosa pensa
davvero Bush?. Chiss. Per certo, tra
tutte le cose imperscrutabili, ce n
una chiara: il presidente americano
convinto della superiorit di una poli-
tica estera fondata sul principio etico
della promozione della democrazia.
Decter, con una buona dose di reali-
smo, commenta: Ecco, non si pu ba-
sare la politica estera sulla promozio-
ne della democrazia, ma si pu comun-
que tenere a mente questo principio
mentre si attua una politica razionale.
Sono convinta che non siamo andati in
Iraq per portare la luce e la gioia nel
mondo. Siamo in Iraq per sconfiggere
i nostri nemici.
La guerra sta andando per le lun-
ghe. E stata adottata una nuova politi-
ca, ma tutti, politici e generali, ripeto-
no che lanno che ci aspetta sar du-
rissimo e che la soluzione della crisi
irachena prevede tempi lunghi. Ma il
mandato di Bush volge al termine. Ci
saranno le elezioni nel 2008. Per chi fa
il tifo Midge Decter? Rudy Giuliani
dice, senza neppure un attimo di esi-
tazione Perch un uomo coraggio-
so e molto intelligente. Ha salvato
New York, quando tutti pensavano
che fosse impossibile. E tra i demo-
cratici? A dire il vero quasi una do-
manda superflua, perch il figlio di
Midge, John, ha scritto un libro lanno
scorso su Hillary Clinton con un titolo
che non lascia molti non detti: Can
She Be Stopped?, pu essere ferma-
ta? Cuore di mamma vuole che Midge
la pensi come il figlio, anche se lei
unidea su come fermarla ce lha gi:
Bisogna provocarla fino a che non
mostra il suo lato pi vero e maligno.
Purtroppo per farlo ci vuole una per-
sona molto coraggiosa e nessuno degli
uomini che si sono scontrati o che si
scontreranno con lei sembra essere in
grado di riuscirci, perch sono stati
tutti cresciuti nella convinzione che
non bisogna attaccare con durezza le
ragazze. Perci, da questo punto di vi-
sta, potrebbe essere molto difficile
batterla. Non ce la far neppure Ba-
rack Obama, il pupillo dai mass me-
dia? Neanche per sogno, sembra dire
Decter, giovane, bello e di colore, e
quindi tutti sono andati fuori di testa.
Ma, secondo me, nel giro di sei mesi
sar dimenticato.
Quindi potrebbe essere uno scontro
tutto newyorkese, Rudy contro Hillary.
La battaglia si combatter sul terrori-
smo, le relazioni dellAmerica con
lEuropa e la politica estera, dice
Decter, ma aggiunge: Lunica cosa che
tutti gli americani hanno in comune,
tranne forse Jimmy Carter, lodio per
le Nazioni Unite. Sulla politica este-
ra molti neocon si oppongono allipo-
tesi di colloqui diretti tra Washington
e Teheran, Damasco o la Corea del
nord, per paura che Washington possa
perdere la propria credibilit. Tutta-
via, molti critici di questa politica di
rifiuto dei colloqui sottolineano che
il presidente Reagan aveva intrattenu-
to colloqui con Gorbaciov, nonostante
tutti gli allarmismi che si erano scate-
nati. Ma secondo Decter quel parago-
ne non applicabile oggi, Reagan
aveva di fronte unUnione Sovietica
armata fino ai denti e si stava prepa-
rando a negoziare con questa propo-
sta: Tu rinunci alle tue armi e io alle
mie; ma questo non funzionava. Nel
frattempo, lUrss si era progressiva-
mente indebolita al proprio interno.
Era uno scenario del tutto diverso da
quello che comporterebbero dei collo-
qui con un paese come la Corea del
nord. A che serve discutere con paesi
cos? I casi sono due: o continueranno
i loro programmi nucleari, oppure ne
verranno dissuasi, dai cinesi o dagli
americani e i cinesi insieme. Mi sem-
bra che i fatti parlino da soli. Se gli
Stati Uniti, con lEuropa, non prendo-
no immediati provvedimenti, questi
paesi si doteranno di armi nucleari,
che verranno puntate contro locciden-
te. Non intendo soltanto contro di noi,
ma anche contro lEuropa.
La minaccia incombe, il tempo fi-
nito. Lultima domanda, prima di chiu-
dere il libro. Qual il successo pi
grande di Midge Decter? Non ho avu-
to successi risponde piuttosto frut-
ti della fortuna. La mia pi grande for-
tuna personale quella di avere un
marito, quattro figli e dodici nipoti,
con i quali ho un rapporto di amore
straordinario e non ho mai avuto dis-
sidi. Questa davvero una grande for-
tuna. Quanto a ci che ho realizzato
sul piano professionale, penso che sia-
no altri a doverlo dire. Poi sorride, e
d un consiglio solo per donne: Tro-
vatevi un buon marito! Come ripeto
sempre alle mie figlie e alle mie nipo-
ti: Ne basta uno solo!.
(traduzione di Aldo Piccato)
Faccio il tifo per Rudy
Giuliani. Hillary? Soltanto un
uomo coraggioso pu fermarla. E
non il caso di Obama
Alcune suffragette festeggiano il passaggio del diciannovesimo emendamento. Midge Decter stata una delle pioniere delle battaglie contro il femminismo (foto Corbis)
Quando ti accorgi che intorno
a te vige lateismo assoluto del
Perch no? e dellE allora?, ti
viene voglia di credere in Dio
ANNO XII NUMERO 53 - PAG VIII IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
RADIO ELETTRA PER SCRITTORI
Alessandro Baricco debutta anche nella scuola per corrispondenza. Prima puntata: dove andava Batman quel giorno?
di Edoardo Camurri
D
opo essere stato in edicola e aver
speso, in offerta lancio, tre euro e
novantanove centesimi per un dvd e
due fascicoli De Agostini con il primo
corso di scrittura creativa a cura della
scuola Holden di Alessandro Baricco,
corro a casa e metto il dvd in un appa-
recchio da dvd e vedo una serie di gio-
vani, tutti allievi della scuola Holden
di Alessandro Baricco, che parlano
dei loro incipit preferiti con alle spal-
le, come se fossero politici navigatissi-
mi che rilasciano una dichiarazione al
telegiornale della sera, una libreria
piena di libri tra cui lopera omnia di
Raymond Carver e Morte a credito
di Cline. Parlano in sette, ma ne scel-
go tre, i pi simpatici.
1) Ragazzo con camicia rosa a fanta-
sia, cravatta monocromatica ma lucida,
capelli con codino rasta e barba neris-
sima: Hemingway comincia a raccon-
tare la storia del vecchio e del mare
raccontandoci di come un vecchio non
pesca ormai da ottanta giorni e i primi
quaranta stato accompagnato da un
ragazzetto che lo aiutava a pescare
per la famiglia del ragazzo siccome il
vecchio ormai era condannato a una
sfortuna tremenda lo aveva obbligato
ad andare su unaltra barca. Per il ra-
gazzo era triste quando vedeva tornare
il vecchio senza pesce la sera, lo aiuta-
va a riportare a terra le cime adduglia-
te, insomma le cose che gli servivano e
tra laltro lalbero su cui era serrata la
vela, dice questa vela era troppo lisa,
con sacchi di farina e sembrava, dice
Hemingway, la bandiera di una sconfit-
ta perenne. Ora, sotto questa bandiera
cominceremo a navigare insieme al
vecchio in tutta la storia che He-
mingway ci vuole raccontare.
2) Ragazzo in maglietta bianca e
sguardo un po spaesato. Eh, nero,
musica, Cos parl Zarathustra, pensa-
vo davere una copia del dvd guasta, in-
vece era normale, lho riportata, ma
inizia cos, sono andato avanti, fanta-
scienza, ho visto tutte scimmie, ho det-
to no no forse un documentario, ho
detto no no guarda bene, poi lancia
losso e diventa unastronave, un po
la storia delluomo, mi hanno detto, e
mi piaciuta molto. 2001 Odissea nello
Spazio di Stanley Kubrick.
3) Ragazzo con collana di palline di
ferro, grintoso ma emozionato. Linci-
pit di cui vorrei parlare lincipit di un
libro abbastanza famoso che inizia con
una frase mi pare c uno spettro, un
fantasma, mi pare, che si aggira, non
so, per lEuropa, e infatti ho iniziato a
leggerlo e ho capito fosse un thriller,
un romanzo gotico, cio inizia in un
modo molto strano, poi invece dice il
comunismo e quindi ti spiazza. E mol-
to bello per questo. E oltretutto non ca-
pisci bene se una cosa bella o una co-
sa brutta, perch in fondo dice che
uno spettro, quindi molta gente proba-
bilmente stata fuorviata da questo in-
cipit, magari si fermata allincipit e
pensava che fossero cose brutte eh
per secondo me uno degli incipit
pi interessanti della storia della lette-
ratura. Manifesto del partito comunista
di quello con la barba, Marx!.
Guardo e trascrivo queste interviste
e dopotutto non penso che sia colpa
dellesempio di Walter Veltroni se tut-
ti vogliono diventare scrittori e impa-
rare i cosiddetti ferri del mestiere tra-
sformandosi, come il sindaco di Roma,
in Pichi delle Mirandole disposti a tut-
to perch buoni a tutto, con un cervel-
lo cos grande che naturale, per que-
sto cervello, riuscire a eccellere alme-
no in quattro o cinque specialit come
Veltroni ha dimostrato di saper fare
essendo, ubiquamente, amministrato-
re locale, futuro presidente del Consi-
glio, cineasta, musicologo, scrittore
raffinatissimo, filantropo e missiona-
rio africano. No, Veltroni non centra
nulla, centra piuttosto, in questa ma-
nia nel voler fare gli scrittori a tutti i
costi, anche solo con tre euro e novan-
tanove centesimi, proprio quello che
significa, in fatto a moda, questo fasci-
colo della De Agostini trovato in edi-
cola che , come ama ripetere chi
bravo nelle metafore, solo la punta
delliceberg. I tre ragazzi intervistati
non hanno nessuna colpa, penso men-
tre ascolto dal dvd i consigli dello
scrittore Domenico Starnone, gi pre-
mio Strega, ripreso anche lui mentre
elargisce ai narratori in erba alcune
informazioni illuminanti come: Il rac-
conto nasce sotto uno stimolo, cio ti
pu arrivare la storia per intero diret-
tamente dallesperienza oppure ti pu
arrivare unimmagine, anche una pa-
rola sola. Tutto questo diventa lespe-
rienza che fai del mondo, cio lespe-
rienza vera e propria caos, c poi bi-
sogno di trovare allinterno di questo
disordine ci che serve al racconto e
quindi creare un ordine che viene
trattato fantasticamente che il rac-
conto. Non male, per tre euro e no-
vantanove, questa complicazione del
mondo. Ma quello che viene da chie-
dermi, ripensando a quei ragazzi che
non hanno colpa e che, presumo, rap-
presentano una selezione accurata de-
gli allievi della scuola Holden, come
si fa a far fruttare indicazioni del gene-
re. Mi sono immedesimato in un allie-
vo e provo a prendere anchio tutto al-
la lettera. Ma anche bendisposto al
massimo, con le migliori intenzioni, mi
verrebbe voglia di scuotere la televi-
sione che in questo momento racchiu-
de Starnone, e chiederle di specifica-
re meglio cosa posso ricavare, manco
fosse un ragno dal buco, dallidea che
un racconto nasce da uno stimolo. Gli
chiederei insomma di farmi lesempio,
se c, di un racconto nato da un non
stimolo, e visto che Starnone presup-
pone la necessit di uno stimolo, gli
domanderei cos un non stimolo, e
perch ce lha tanto con questultimo.
Ma niente, il dvd non risponde e subi-
to affronta, sempre nelle parole di
Starnone, una delle questioni pi cla-
morose di tutta la storia della lettera-
tura: che cos lispirazione. Lispira-
zione dice unimmagine. Appunto,
sono parole, una frase che ha una
sua cadenza e che ci spinge a conti-
nuare. Io pi che di ispirazione prefe-
risco parlare di coinvolgimento. Certe
volte si comincia a scrivere una storia
e poi la storia si interrompe perch
non riusciamo a sentirla come no-
stra la scrittura diventa in questo ca-
so faticosa. I dolori del giovane
Werther, penso mentre Starnone conti-
nua a parlare e a insegnare e io mi
sento gi scoraggiato. Interrompo il
dvd e prendo il fascicolo allegato, tren-
tatr pagine di consigli divisi in quat-
tro parti, a seconda dellinteresse di
ciascuno: Scrivere per la pagina: par-
tire con il piede giusto; Scrivere per
le immagini: lidea per un film; Scri-
vere per mestiere: le fonti dellinfor-
mazione; Scrivere al lavoro: affron-
tare la pagina bianca. Tra tutte le pos-
sibilit che mi vengono offerte mi atti-
ra maggiormente un futuro da roman-
ziere, e allora seguo le indicazioni che
trovo. Per prima cosa, come spinta ot-
timista, il fascicolo si apre con alcune
dichiarazioni di Mario Vargas Llosa
che sembrano voler dire, in una specie
di pedagogia calvinista da allenatore
di una squadra femminile di pallavo-
lo, che per scrivere non affatto ne-
cessario il talento ma solo il lavoro e la
fatica. Leggo: Nella narrativa quello
che abbonda sono i casi di scrittori
che allinizio sembravano non avere
nessun talento, essere dei mediocri, e
che invece con il passare del tempo,
con un investimento, a volte mostruo-
so, di sforzo, di volont, di caparbiet,
di fanatismo, sono arrivati ad avere ta-
lento. Questa una delle ragioni per
cui ammiro tanto Flaubert. Lo ammi-
ro, ovviamente, perch i suoi romanzi
sono meravigliosi. Per, forse, lo am-
miro ancora di pi perch il suo caso
mi ha aiutato straordinariamente
quando scrivevo le mie prime storie e
mi accorgevo che quello che scrivevo
era bruttissimo, vera spazzatura, e mi
stavo convincendo di non avere nes-
sun talento, il che mi intristiva perch
la mia grande passione era la lettera-
tura e volevo essere uno scrittore. Mi
domandavo: perch non ho talento?
Ebbene, Flaubert mi fu di grande aiu-
to, perch quando cominci a scrivere,
lui non aveva alcun talento. Ora, nes-
suno vuole mettere in discussione la
validit delle dichiarazioni di Vargas
Llosa, certo per che messe in questo
contesto, cio come apertura di un fa-
scicolo che viene venduto per insegna-
re a diventare narratori, poco poco,
senza neanche voler pensar male, san-
no di minchionatura. Il contrario, dal-
tronde, sarebbe stato impensabile. Se
si iniziasse a dire la verit, e cio che
per scrivere devi avere un talento
grande cos e che se non ce lhai puoi
lavorare quanto ti pare, frequentare
tutti i corsi che vuoi, comprare in edi-
cola tutti i fascicoli di questo mondo,
compresi anche, in un sovrappi di en-
tusiasmo, Mani di fata, Rakam e
Susanna, e mai riuscirai a buttare
gi uno qualunque di quei romanzi
meravigliosi che Flaubert-senza-talen-
to-innato riusc invece a pubblicare,
bene, si sarebbe fatta opera di onest,
ma avremmo anche fallito nellobietti-
vo principale, vale a dire vendere e
pubblicizzare i corsi e le scuole di
scrittura creativa che tanto ci stanno a
cuore. Comunque, non questo il pun-
to. Perch quando Vargas Llosa spiega
che Flaubert, da giovane, non aveva
talento, mi verrebbe voglia di leggergli
qualche lettera che Flaubert scrisse
allet di dieci anni. Per esempio que-
sta, in cui c gi tutto e che culminer
poi in Bouvard e Pcuchet: Caro ami-
co, hai ragione di dire che il capodanno
bte, amico mio hanno appena licen-
ziato il bravo dei bravi la Fayette dai ca-
pelli bianchi la libert dei due mondi.
Amico mio ti invier alcuni dei miei di-
scorsi politico costituzionali liberali.
Hai ragione di dire che mi farai piacere
venendo a Rouen, me ne far moltissi-
mo. Ti auguro un buon 1831. Abbraccia
di tutto cuore per me la tua buona fami-
glia. Il compagno che mi hai indirizzato
ha laria di un buon ragazzo, bench
labbia visto una volta. Ti mander le
mie commedie. Se vuoi associarti a noi
per scrivere, io scriver commedie e tu
scriverai i tuoi sogni, e siccome c una
dama che viene da pap e ci racconta
sempre delle btises io le scriver. Le
cose non cambieranno neppure qual-
che anno dopo, nelle distrazioni della
pubert, quando Flaubert avr sedici
anni: La pi bella delle donne scri-
ve sempre allamico Ernest Chevalier
non pi tanto bella sul tavolo ana-
tomico, con le budella sul naso, una
gamba scorticata e mezzo sigaro spen-
to che riposa su un suo piede. Non c
cosa pi triste della critica, dello stu-
dio, che discendere nel fondo della
scienza per non trovarci che vanit, di
analizzare il cuore umano per trovarci
egoismo, che di capire il mondo per
trovarci soltanto vanit.
Certo, si pu fare unobiezione. Nes-
sun corso di scrittura creativa ha lam-
bizione di insegnare a scrivere come
un genio, sufficiente introdurre a un
mestiere, offrire qualche trucchetto,
spiegare soprattutto quali errori evita-
re. Allora, continuando nella lettura
del fascicolo, con meno pretese, si pu
affrontare il capitolo curato dallo scrit-
tore napoletano Diego De Silva. Sinti-
tola Basta guardare, come se guarda-
re fosse una cosa semplice. Certo, in
parte lo , tutti guardano, persino un
polpo guarda, ma nessun essere viven-
te con i tentacoli, che si sappia, almeno
in questo pianeta, ha mai pubblicato
un libro. Comunque, ancora una volta,
non questo il punto. Il fatto che an-
che Diego De Silva la fa troppo facile.
Se Vargas Llosa ha infatti spiegato che
il talento non necessario perch ba-
sta lavorare e faticare, De Silva aggiun-
ge invece che sufficiente avere un po
di immaginazione e che lintelligenza,
per scrivere, non una qualit fonda-
mentale. Anzi. Dice De Silva: Limma-
ginazione produce fantasie sospenden-
do limmaginazione. Come dire: quan-
do limmaginazione al lavoro, si smet-
te di essere intelligenti e si comincia a
desiderare. Cio, a osservare. A senti-
re. A volere. Viene da chiederci se ci
stanno prendendo per i fondelli. Sem-
bra che fare lo scrittore sia il lavoro
pi facile del mondo; fino a qui, volen-
do riassumere un po brutalmente, lin-
segnamento chiaro: non necessario
il talento, non necessaria, almeno in
prima battuta, lintelligenza. Faccio fa-
tica a crederlo ma in effetti cos. So-
prattutto quando scopro che uno degli
esercizi che il fascicolo propone di
scrivere un racconto in cui bisogna svi-
luppare la seguente storia: traffico, uno
di quegli ingorghi che si vedono ogni
dieci anni; macchine, camion, furgoni,
autobus stanno cos attaccati uno allal-
tro che non si vede nemmeno lasfalto;
in mezzo a questo imbottigliamento c
anche Batman con la sua batmobile;
dove andava Batman quel giorno? Chi
attende con ansia il suo aiuto? Come
uscir dallingorgo? Raccontala tu,
questa storia, in due cartelle. Non
proprio un tema come Parlami delle
tue vacanze o Descrivimi la tua fami-
glia, per ci siamo capiti. Si tratta di
stimolare limmaginazione e la fantasia
degli aspiranti romanzieri e a tre euro
e novantanove, in effetti, che cosa si
pu pretendere?
Su Google, se digito Scuola di scrit-
tura, vengono fuori sessantamilacin-
quecento risultati. Il primo scuoladi-
scrittura.com. Non so di cosa si tratti
ma propone un decalogo che al primo
punto recita: Si pu diventare grandi
scrittori anche scrivendo soltanto di
domenica, ma nessuno scrittore della
domenica mai diventato grande.
Siamo allaforisma zen in cui tutti pos-
sono riconoscersi, un po come nelle-
sortazione di Vargas Llosa dove veni-
va ripetuto che per scrivere basta
limpegno (e anche qui, almeno nelle
intenzioni, limpegno garantibile da
tutti e non esclude nessuno). La moda
delle scuole di scrittura ha per an-
che un valore retroattivo. Vengono
cio pubblicati volumi in cui alcuni
grandi romanzieri del passato, facen-
do un collage di vari brani delle loro
opere, si trasformano in Alessandri
Baricchi qualsiasi e quindi in docenti
loro malgrado di scrittura creativa.
Minimum Fax si specializzata nello-
perazione e ha proposto, per esempio,
Jack London (Pronto soccorso per
scrittori esordienti), Anton Cechov;;
(Senza trama e senza finale. 99 consi-
gli di scrittura), Francis S. Fitzgerald
(Nuotare sottacqua e trattenere il
fiato. Consigli a scrittori, lettori, edito-
ri), Henry Miller (Una tortura deli-
ziosa. Pagine sullarte di scrivere),
eccetera. E qualcosa di magnifico, ad-
dirittura di commovente. E permette,
se vogliamo, di far tesoro della lezio-
ne dei maestri del passato. Rimane
per un rammarico che si lega a una
considerazione. Visto che in questi ul-
timi decenni allidea dello scrivere si
aggiunta se non la necessit almeno
lopportunit di immatricolarsi a una
scuola di scrittura, viene infatti da
chiedersi come diavolo ci si sia rego-
lati in passato, quando scuole di que-
sto genere non esistevano e si scrive-
va evidentemente a caso, senza sape-
re dove poi si sarebbe andati a finire.
Insomma, cosa ne sarebbe stato di
Hermann Melville, per esempio, se al
posto di imbarcarsi su una baleniera
avesse avuto la possibilit di eserci-
tarsi con Batman in mezzo al traffico?
E Gadda cosa avrebbe combinato? Lo
avrebbero sgridato perch usa troppi
aggettivi e scrive frasi eccessivamente
lunghe e sconclusionate? Sarebbe di-
ventato un minimalista? Se lavessero
filmato per chiedergli il suo incipit
preferito avrebbe fatto il simpatico e
avrebbe rinunciato al suo proverbiale
caratteraccio?
I fascicoli propongono: Lidea per
un film, Scrivere per mestiere,
Scrivere per lavoro, ma anche un
Affrontare la pagina bianca
Volendo riassumere, un po
brutalmente, sembra che fare lo
scrittore sia diventato il lavoro pi
facile del mondo. E davvero cos?
Norman Rockwell, Homecoming Marine
Norman Rockwell, Freedom of speech
ANNO XII NUMERO 53 - PAG IX IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
ME WITHOUT JUVE
Ecco perch il mite Cobolli Gigli, presidente della Signora, amato da tutti
i protagonisti del mondo del calcio. Proprio da tutti, tranne che dagli juventini
di Beppe Di Corrado
P
icchiava sul serio: dritto, gancio.
Giova, alta la guardia. Copri, co-
pri. Schiva. Giovanni Cobolli Gigli en-
trava nella palestra Ignis del Vigorelli
a Milano per divertirsi coi pugni. Il
sacco e gli avversari. I guantoni. Diffi-
cile crederci, ora. Ha la faccia di uno
che non darebbe un cazzotto anche se
fosse pagato. Non pu bastare quel-
lurlo alla Howard Dean dopo la sen-
tenza di retrocessione della Juventus
in serie B e dei 17 punti di penalit:
Sono proprio incazzato, sento che ce
lhanno messa in quel posto. Non
abbastanza: per dare un pugno ci vuo-
le di pi. La voglia di fasciarsi le mani,
infilare i guanti, mettere in bocca il
paradenti, respirare solo col naso. Ne-
gli anni Sessanta cera gusto. Cassius
Clay e Nino Benvenuti. A Giovanni ba-
stava guardare. LOlimpiade di Roma
per i fanatici del pugilato doveva esse-
re stata straordinaria. Cobolli Gigli
aveva 15 anni, veniva da Albere con
Cassano, nel Comasco: per lui la boxe
era meglio del pallone. Sport, comun-
que. Calcio, sci, corsa. Neppure questo
si direbbe, adesso. A vederlo sembra
uno di quei signori che non sono stati
mai giovani: hanno studiato e non su-
dato. Quelli che al mare indossano la
t-shirt bianca per non scottarsi, che
guardano con malcelato sospetto i ma-
niaci del movimento. Lascia stare:
quando scavi nella vita del presidente
della Juventus incontri gente che lo
conosce e racconta una persona diver-
sa. Scia ancora. Spesso. Gioca a tennis.
Corre. Allora sudare non gli deve fare
tanto schifo. Cos il polsino nero in-
dossato in tribuna a Rimini non uno
sconosciuto. Asciuga la fronte. Pure le
tempie. Quelle grondano anche senza
movimento: a Cobolli Gigli hanno dato
sempre situazioni complicate. La Fab-
bri, Rcs libri, la Rinascente. Adesso la
Juventus nuova. Ogni tanto mi chiedo
dove sono: Torino, Milano, Roma,
Aqui, Pinzolo. Ma ho un buon allena-
mento alle spalle: fino a poco tempo fa
ero responsabile del Gruppo Rina-
scente, sette miliardi di fatturato e 33
mila dipendenti. Vivevo con un gran
senso delloggi, con una buona carica
dadrenalina. Sono arrivato alla Juve
sapendo come muovermi in una so-
ciet. Ho dovuto imparare in tempo
reale le regole che non conoscevo, per
esempio quelle della Lega. A 62 anni il
calcio entrato prepotente: lIfil lha
mandato a prendere cazzotti veri dal
mondo del pallone. Non cha capito
molto allinizio. Primo giro: Dobbia-
mo dare una nuova immagine alla no-
stra squadra e alla nostra societ. Se-
condo giro: Noi non dobbiamo essere
simpatici, dobbiamo vincere. Prima
arrivava al Delle Alpi come uno qua-
lunque: seduto in tribuna donore per-
ch tifoso e manager del gruppo. S
trovato al nuovo Comunale da presi-
dente. Gli ultimi dieci mesi sono stati
un casino: il campionato finito con due
scudetti in meno, il processo, la difesa
scellerata, poi il tentativo di recupero,
laddio di Capello, le vendite di Zam-
brotta, Cannavaro e Ibrahimovic, il
tentativo di suicidio di Pessotto, la
morte dei due giovani della primave-
ra. Ora ha ripreso fiato. Dice che la-
marezza pi grossa glielha fatta pro-
vare mister Fabio: Da uno a dieci, so-
no deluso otto pi. Mi ero sbagliato
sulla persona. Avr fatto i suoi conti.
Anche Cannavaro li ha fatti. Per con
lui non c stata tensione: Mi ha detto
che aveva ancora solo un paio danni a
grande livello, non poteva sprecarli. A
malincuore ha chiesto di essere cedu-
to. Ibra non gli piaciuto. Cobolli cre-
deva di poter riuscire a trattenerlo:
Abbiamo provato a convincerlo an-
che mandando Nedved a fare il diplo-
matico. Non ha voluto sentire ragioni.
Comunque diciamolo: Zlatan il primo
anno aveva capacit di tocco, legge-
rezza, poi ha avuto uninvoluzione e
metteva un po troppa animosit nella
ricerca del gol. Dopo il tentativo di
Pinzolo, con Nedved, abbiamo deciso
di venderlo allInter perch quella era
lofferta migliore.
Ecco, latteggiamento che ha inner-
vosito la gente della Juve questo
qua. Quello del non ci sono incedibili,
quello del non potevamo trattenerli.
Gli juventini fanno fatica a perdonar-
lo. Avrebbero voluto uno pronto a im-
puntarsi, uno deciso a tenersi tutto e
tutti. Di fronte alla fuga di mezza squa-
dra lhanno visto impotente: pure Del
Piero s ribellato. E Buffon? Dieci
mesi dopo non s ancora chiuso il mi-
stero: va, resta, lui che se ne vuole
scappare, la societ che non fa nulla
per convincerlo a restare. Diplomati-
camente, Cobolli Gigli ha messo a fuo-
co lobiettivo: ha imparato a dire che
la Juventus non vende i suoi pezzi
migliori. Per vacilla sullimbarazzo
degli scudetti. Quanti sono? Ventiset-
te o ventinove? La risposta compli-
cata politicamente, ma non pu esser-
lo di fronte a una bandiera, a una
sciarpa, a un cappellino. Non ama che
gli venga posta insistentemente la do-
manda, il presidente. Crea difficolt,
perch il distacco dallepoca Moggi-
Giraudo devessere ben evidente. E il
mandato ricevuto e che Cobolli Gigli
vuole rispettare: Ho rispetto per
Moggi come per tutte le persone sotto
giudizio. Non lho incontrato e non
credo che accadr in futuro. Come lo
vedo opinionista? Preferisco non sen-
tire Giraudo: apprezzo il suo silenzio.
Bettega, invece, un grande del no-
stro passato e lavora ancora con noi.
E vero, uscito pulito dallo scandalo,
per faceva parte di quel gruppo e ab-
biamo deciso con lui lesclusione da
ogni ruolo rappresentativo. Bisognava
cambiare pagina. Lo ripete ogni vol-
ta, come se la precisazione continua
possa cancellare la memoria. C foga,
nella puntualizzazione. C il muro
che si alza: quello era il prima, questo
il dopo. La censura preventiva ha
portato il pi grave errore: Ritenia-
mo equa la retrocessione in serie B
con penalizzazione. La linea difensi-
va pi autolesionistica scelta dallav-
vocato Zaccone. Evidentemente la
nuova dirigenza sapeva, per. E aveva
avallato. In nome di unoperazione
simpatia, Cobolli Gigli s trasformato
in Tafazzi. Ha capito lerrore, poi. Lha
capito quando ha visto che gli altri
club saggrappavano agli accordi per-
sonali dei propri dirigenti, quando li
ha sentiti chiedere le assoluzioni,
quando ha letto le sentenze e s reso
conto che la Juve aveva pagato molto
pi degli altri. Allora la storia cam-
biata. Il presidente passato allec-
cesso opposto: avrebbe voluto finire al
Tar, ricorrere comunque e dovunque.
Alla fine non lha fatto e forse ha sba-
gliato la seconda volta. Perch a quel
punto se si sentiva truffato davvero
poteva andare fino in fondo. S fer-
mato in nome del buon costume. Buo-
no e un po ingenuo. I tifosi non hanno
capito di nuovo. Uno saspetta di ve-
dere combattere, mica rassegnarsi. La
cosa s fatta imbarazzante, poi, quan-
do s sparsa la voce peggiore: Cobolli
Gigli avrebbe applaudito nel momen-
to in cui la Lega ufficializzava lasse-
gnazione a tavolino allInter dello scu-
detto vinto sul campo dalla Juventus.
Cattivi pensieri, questi: Il fatto non
esiste. Non sapevo della premiazione,
ho partecipato ai lavori dellassem-
blea e alla fine mi sono allontanato
per andare alla toilette. Al mio ritor-
no, Antonio Matarrese mi ha chiama-
to al tavolo per consegnarmi un picco-
lo lingotto. Io sono per la demitizza-
zione dei problemi, ma lapplauso al-
lInter sarebbe stato veramente fuori
luogo. Ha sistemato la questione, ma
non i rapporti con il tifo. Non piace
ancora, Cobolli Gigli. Non ispira sicu-
rezza, evidentemente. Forse troppo
aziendalista: tifoso, ma con i paletti
del manager. Loperazione simpatia,
allora lha spostata su se stesso. Pillo-
le di juventinismo a ogni intervista:
Che cosa ne penso di Collina come
nuovo allenatore degli arbitri? Se mi
viene chiesto come tifoso, rispondo
che mi viene ancora in mente listan-
tanea di Perugia, Collina con lo scu-
detto aperto e lo scudetto volato via.
Ancora: Ogni discussione sul futuro
partir da Alessandro Del Piero. Sof-
frivo per lui quando lanno scorso lo
vedevo costretto a restare in panchina
con Capello. Lo ammiravo per come si
teneva dentro la tristezza. Poi anche:
La finale di Champions League del
2009 a Roma non un sogno. Dobbia-
mo tornare in A e poi il nostro obietti-
vo sar quello di vincere subito lo scu-
detto o di arrivare in zona Champions:
nella sala delle coppe ce ne sono sol-
tanto due. Ce ne vuole qualcuna in
pi. Il presidente ci sta provando.
Simpegna: Dico chiaro che la nuova
Juventus non ha alcuna intenzione di
risultare simpatica a ogni costo. Vuo-
le tornare subito a vincere in modo
trasparente, rispettando un codice eti-
co. Lesercito dei nostri tifosi si divide
in due grandi blocchi: i pi maturi col-
tivano tormenti e rancori per i troppi
sacrifici imposti alla squadra dallo
scandalo; i pi giovani, invece, appro-
vano la nostra politica. Anchio mi so-
no consumato nel rancore, ma lespe-
rienza drammatica delle ultime setti-
mane mi hanno insegnato che gli scu-
detti si possono recuperare, mentre le
vite dei nostri ragazzi no. Parla della
morte dei due giovani della primave-
ra della Juventus. In tutto il caos da
giugno a oggi, stata la storia peggio-
re per Cobolli Gigli. Gira sempre con
una foto di uno dei due ragazzi: Me
lha data il pap di Alessio.
Anche il caso Pessotto stato com-
plicato. E arrivato quando il club sta-
va rimettendo insieme lo staff per il
nuovo campionato di serie B. Aveva la
faccia distrutta, in quei giorni. Parl
da capo e un po da padre: Gianluca
in societ. Il nostro legame indissolu-
bile. Quando torner sceglier lui: il
team manager o qualunque altro inca-
rico, saremo contenti. Qualche volta
deve aver pensato di mollare. In fondo
non il suo mondo questo. E sempre
andato allo stadio, s. Ma non uno di
mestiere nel palazzo del pallone. Chi
ha lavorato con lui, dice che a lasciare
un pensiero pu averlo fatto. Qualcu-
no glielha chiesto, comunque. E suc-
cesso quando s lanciato in avanti e
poi s tirato indietro sulla vicenda del
ricorso al Tar: La gente non ha capito
l per l. In quel periodo ho vissuto mo-
menti di delusione, ma ho accettato
questo incarico perch c un progetto
da portare avanti e se ci sono proble-
mi li affronto. Le dimissioni secondo
me sono una fuga. Se quel lha avuto,
lha cancellato subito: se le dimissioni
siano o meno una fuga alla fine un
dettaglio. Il fatto vero che Giovanni
troppo fedele alla famiglia Agnelli
per abbandonare la Juventus. Cos fe-
dele che in questi anni ha accettato
tutto. Come lavventura della Fabbri.
Cobolli Gigli arrivava dal settore fi-
nanziario. Nel 1973 la Ifi laveva preso
da una multinazionale farmaceutica
dove aveva trovato il primo impiego
dopo la laurea in Economia e com-
mercio alla Bocconi. Nella casa edi-
trice Cobolli Gigli fece strada: prima
assistente dellamministratore delega-
to, poi direttore generale nel 1984. Nel
1990, la Fabbri fu ceduta dallIfi alla
Rcs editori per 307 miliardi di lire.
Lanno dopo Cobolli Gigli era ammini-
stratore delegato della Rcs Libri che
nel 1994 avrebbe pesato non poco in
un bilancio non propriamente confor-
tante nel gruppo Rcs. Colpa di quella
spesa e di una situazione economica di
Fabbri decisamente poco confortante.
Na bella sola, ha definito Massimo
Mucchetti laffare Fabbri nel libro Il
baco del Corriere. Rispetto ad allora,
la gestione della Juventus di oggi ro-
ba semplice. In quegli anni dinizio
Novanta, Cobolli non si deve essere di-
vertito molto: conti in rosso, i guai del-
la casa madre Gemina per lesposto
della Consob sui bilanci 1991, 1992,
1993. Fedele e discreto, il nuovo presi-
dente della Juve rimasto in sella a
fare da testa di ponte degli Agnelli an-
che nei momenti pi complicati. Muc-
chetti scrive: Cobolli si era formato
alla Ifi e in particolare alla Fabbri ().
Era, ed , dunque, una persona di as-
soluta fiducia della famiglia.
Garanzia, anche. Lo dicono tutti ed
il motivo che lha portato poi al ver-
tice del Gruppo Rinascente. L ri-
masto una decina danni, tra ipermer-
cati, propriet immobiliari e bricola-
ge. E stato in questo periodo che s
spremuto. Non gli doveva piacere tan-
tissimo passare dai libri alle pentole,
per chi lavorava con lui, giura ades-
so che lamministratore delegato arri-
vava in ufficio sempre prima delle no-
ve e non se ne andava prima delle
20.30. Grande lavoratore, dicono. Lui
lo prende come un grosso complimen-
to. Per preferisce ricordare che sen-
za clamore ha contribuito a consoli-
dare alcune delle cose che hanno
cambiato il modo di vivere di una ge-
nerazione di italiani: le raccolte in fa-
scicoli vendute in edicola. Se ne occu-
pava alla Fabbri e gli hanno dato un
sacco di soddisfazioni. Che oggi uno
vede tutte le pubblicit e dovrebbe
pensare che il corso dinglese, la scuo-
la di cucina, la collezione dei capola-
vori della letteratura da rinchiudere
nel comodo raccoglitore sono da ri-
collegare alla sua astuzia. Gli piace so-
prattutto quel periodo della carriera.
Cos quando parla di s, il numero
uno della Juventus ricorda lesperien-
za maturata tra libri e riviste. Dice di
essere stato svezzato da Valentino
Bompiani, figura storica delleditoria
italiana, rammenta lamicizia con mol-
ti esponenti si spicco dellAdelphi, co-
me Zeli e Fo. Poi tira fuori la storia
delle dispense. Sostiene che sono
quelle ad avergli sviluppato il fiuto
per puntare sempre allobiettivo. La
chiave nel primo numero: se si ag-
gancia il lettore allora si prosegue, vi-
ceversa, meglio cambiare strada. Al-
la Juventus non ha funzionato. La pri-
ma uscita stata la peggiore. Ora re-
cupera, piano piano. S giocato lo zoc-
colo duro, la base che ti porti fino alla
fine perch s convinta prima e s
abituata poi. Non ha potuto fare affi-
damento neppure su un altro pizzico
desperienza fatta: quella allAlpitour,
il tour operator degli Agnelli. Siede
nel consiglio di amministrazione dal
2005, per non che tra lui e la vacan-
za ci sia moltissima confidenza: al ma-
re le mete preferite sono o Ponza o le
Tremiti; in montagna la Valle dAo-
sta. S inventato, allora. In quella via
di mezzo tra una cosa seria e una cosa
poco seria che il pallone, Giovanni
Cobolli Gigli s buttato. Deve coordi-
narsi ancora. Dallo scoglio che ha
scelto per lanciarsi prende troppe
panciate. Fino a poco tempo fa spera-
va pure che la sorte gliela suggerisse-
ro le stelle: Sono un capricorno su-
perstizioso. Negli anni mi sono con-
vinto feticisticamente che se andava
bene alla Juventus, andava bene an-
che a me. Ora non si capisce bene
che cosa pensi degli ultimi anni: se
per lui la Juve vinceva perch era for-
te, o perch crede fosse aiutata. Da
tifoso deve pensare la prima, ovvia-
mente. Almeno sicuro che pensi che
ci vogliono i campioni per vincere. A
febbraio aveva promesso acquisti im-
portanti, poi ha ritrattato: ha spostato
la linea dacquisto a giugno, con il ri-
torno in serie A. Per non fa nomi: To-
ni? No non ci interessa. Ronaldinho
Piacerebbe allAvvocato, ma non lo
compreremo. Deve capire se riuscir
a convincere Buffon a restare, innan-
zitutto. Non riprender mai Capello,
al quale ha dedicato un bel dritto, lal-
tro giorno: Il Real Madrid che non
funziona la dimostrazione che Ca-
pello non Superman. Si terr De-
schamps, poi. Meglio non mollarlo: Di-
dier uno che da giocatore fece a caz-
zotti nello spogliatoio con Marcello
Lippi. Ora Giovanni Cobolli Gigli non
ha pi i riflessi di prima.
La Fabbri, Rcs, la Rinascente,
lIfil, Roma, Milano e ora Torino.
Ma molto tempo fa, Cobolli era
un grande pugile
Sono partiti Capello, Emerson,
Cannavaro. Forse andr via anche
Buffon, ma c chi dice che lui ora
abbia imparato a fare il duro
Il presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli (foto Ansa)
C
un presidente di una squadra di calcio italia-
na che non sa quanti scudetti abbiano vinto i
suoi ragazzi e che non riesce a rispondere a una do-
manda semplice semplice. Questa: quanti campio-
nati ha vinto la Juventus, 27, 28 o 29? (For the record:
sono 27 per i frequentatori delle curve sud, 28 per lI-
talia di mezzo, 29 per chiunque capisca di calcio). Il
presidente della Juventus invece non sa rispondere.
Meglio, non vuole rispondere. Probabilmente, non
pu rispondere. Sui documenti ufficiali, compreso il
sito della Juventus, ha fatto scrivere 27. Davanti alla
sede ha fatto togliere la fioriera rossa che mostrava
il numero 28. Sul pullman di servizio, le stelline
dei trofei sono due di meno. Nelle interviste, a volte
dice 27, a volte spiega che sono 28. In altre occasioni
si lamenta che nessuno gli restituir mai quei due ti-
toli scippati, una cosa ovvia non avendoli mai chie-
sti indietro. Stando al giornale di famiglia, La Stam-
pa, Cobolli Gigli ha addirittura applaudito con con-
vinzione quando gli stato comunicato che la coppa
dello scudetto che la Lega aveva consegnato alla Ju-
ventus lanno scorso era un falso, ch quella vera
stavano per consegnarla a tavolino a Moratti.
Era, insomma, dai tempi di Luca Cordero di Mon-
tezemolo che alla Juventus non capitava una scia-
gura come lavvento di Giovanni Cobolli Gigli. Il pre-
sidente un uomo elegante, certamente piacevole,
gentile come pochi, quindi lesatto contrario di
quanto servirebbe a una squadra di calcio che al
momento del suo arrivo aveva a disposizione la for-
mazione pi forte degli ultimi 15 anni, compresi no-
ve tra campioni e vicecampioni del mondo pi, a fa-
re undici, il pallone doro Nedved e il migliore cal-
ciatore in circolazione, quellIbrahimovic che da so-
lo sta vincendo il precampionato cui d importanza
soltanto un giornale rosa che si trova sui banconi dei
bar dello sport.
Quella squadra formidabile non c pi. Cobolli
lha smantellata. Da manager proveniente dalla
grande distribuzione, ha distribuito due campioni al
Real, due al Barcellona, due alla Fiorentina e due
agli indossatori-di-scudetti-altrui, rafforzando tutti e
indebolendo solo la societ che rappresenta. Per un
soffio, al simpaticissimo Cobolli, non riuscito di
vendere anche Buffon, Camoranesi e Trezeguet, ma
per loro c ancora tempo. Certo la Juve stava per es-
sere retrocessa, ma il dramma di Cobolli che la Ju-
ventus non andata in B per le colpe della vecchia
gestione Giraudo-Moggi, cio di Umberto Agnelli, vi-
sto che le accuse da bar dello sport sono state riget-
tate sia nei processi sportivi sia in quelli penali (non
c stata alcuna partita truccata, nessun sorteggio ta-
roccato, nessuna ammonizione mirata e gli arbitri
sono stati assolti). La Juventus in B perch la sua
propriet, ramo Gianni Agnelli, ha deciso per moti-
vi oscuri di non difendersi e di sbarazzarsi degli in-
gombranti uomini del ramo Umberto. Nessuno sa-
rebbe riuscito meglio di Cobolli a farsi travolgere co-
me ha saputo fare lui. La Juventus cobolliana ha
chiesto di essere retrocessa, purch con forte pena-
lizzazione e malgrado non ci fosse uno straccio di
prova come aveva scritto la procura di Torino chie-
dendo larchiviazione dellindagine. Poi ha rinun-
ciato al Tar e anche al Tas, infine a qualsiasi altro
strumento anche simbolico per ribadire che la Ju-
ventus quei titoli li aveva vinti meritatamente sul
campo. Cobolli quasi non centra, fa anche tenerez-
za, forse meriterebbe un premio, il suo problema
che vanta una credibilit pari al numero di scudetti
vinti da Moratti. A meno che non risponda forte e
chiaro 29 alla domanda di cui sopra.
Christian Rocca
Se non vuole finire come LCdM, lo dica ora: la Juve quanti diavolo di scudetti ha vinto?
ANNO XII NUMERO 53 - PAG X IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
I
l grande regista della Berlino ridotta
in macerie dalla guerra, divisa in
quattro settori di influenza, poi spacca-
ta in due dal muro, fu Billy Wilder.
Scandalo internazionale, con
Marlene Dietrich e
Jean Arthur, girato
nel 1948, racconta-
va la crociata moraliz-
zatrice promossa contro
le attivit non sempre cri-
stalline dei soldati ameri-
cani: una funzionaria in-
tegerrima, arrivata dallo
Iowa, si faceva corteggia-
re dallo stesso tenente
corrotto che intratteneva le
cabarettiste (allaeroporto,
si presenta in divisa, e sul-
lattenti, peccato per la calza di seta che
gli sbuca dalla tasca dei calzoni). Uno,
due, tre!, girato nel 1961, raccontava le
traversie di James Cagney, in citt per
vendere la Coca Cola ai paesi dellEst (e
convincerli a restituire i vuoti). Dovr
badare alla figlia del megadirettore ge-
nerale, che appena sbarcata in Europa
da Atlanta si innamora di un comunista.
Steven Soderbergh ruba a Billy Wilder
le riprese della citt distrutta viste in
Scandalo internazionale: fanno da
CINEMACINEMACINEMA
INTRIGO A BERLINO di Steven Soder-
bergh, con George Clooney, Cate Blan-
chett, Tobey Maguire, Beau Bridges
BORAT di Larry Charles, con Sacha Ba-
ron Cohen, Ken Davitian, Pamela An-
derson, Luenell
S PET T A T ORI PER UNA S ET T I MANA
RI PES CAGGI
sfondo al viaggio di George Clooney dal-
laeroporto di Tempelhof al centro della
citt. Guida lauto Tobey Maguire. Poi sa-
premo che va a letto con Lena, la ragaz-
za tedesca di cui Clooney era innamora-
to prima della guerra. A Berlino per se-
guire la conferenza di Postsdam, nei ri-
tagli di tempo il cronista cerca di ritro-
vare lantico amore. Il raccordo tra vec-
chie riprese e nuove sequenze
funziona cos cos. Ma i film an-
ni Quaranta a cui il regista si
ispira erano anche pi sfaccia-
tamente finti, a confronto con il
realismo di oggi. Quindi deci-
diamo di dargli unaltra pos-
sibilit. Purtroppo, anche
le luci sono sbagliate.
Troppi volti illuminati in
stile fototessera, troppi an-
goli bui, mentre i diretto-
ri della fotografia presi a
modello disegnavano i
chiaroscuri sulle facce degli
attori. Soderbergh che ha voluto
fare tutto da solo, nascondendosi dietro
lo pseudonimo di Peter Andrews non
azzecca il perfetto mimetismo con cui
Todd Haynes, in Lontano dal paradi-
so, ricopi i colori pastello di Douglas
Sirk. Tratta da un romanzo di Joseph
Kanon, sceneggiata dal Paul Attanasio
di Quiz Show, la storia ha molti colpi
di scena, mal serviti dalla rigidit degli
attori. Sulla carta, poteva essere una de-
lizia retr. Sullo schermo, risulta uno
zoppicante esercizio di stile.
D
uecentocinquanta milioni di dolla-
ri, spartiti quasi a met tra gli Stati
Uniti e il resto del mondo. Tanto Borat
ha incassato dal tre novembre (data del-
luscita internazionale) fino a
oggi, data fissata per farlo
finalmente uscire nei
cinema italiani. Le ci-
fre lo posizionano al
207 miglior incasso ameri-
cano di tutti i tempi, e ovvia-
mente al primo nella catego-
ria mockumentary. Nel
frattempo il film stato
doppiato, ed stato pub-
blicizzato in modo che so-
migliasse allultima fatica di
Massimo Boldi. Foto di Borat
con il reggipalle verde sono
state affisse per strada, com-
menti di Borat sulla dotazione
di maschi e femmine sono com-
parsi nei cessi dei multiplex, perfino
linvito allanteprima era stato scritto
imitando gli svarioni del reporter kaza-
co. La voce di Pino Insegno, dicono,
stata approvata da Sacha Baron Cohen.
Sapendo a memoria il film, e non aman-
do troppo i doppiaggi almeno un paio
di copie sottotitolate dovrebbero circo-
lare, se no cosa ci stanno a fare le multi-
sale? non facciamo testo. Abbiamo per-
ci usato come cavia gli spettatori delle
proiezioni organizzate per la stampa mi-
lanese. I primi sghignazzi sono arrivati
con un po di ritardo sul previsto. Pi o
meno quando Borat prima di mettersi
a conversare con le femministe ricor-
da al pubblico che in Kazakistan vie-
tato alle donne riunirsi in pi di cinque,
a meno che non siano in una fossa o in
un bordello. E andata meglio con
la lotta a met tra il kamasutra e
la lotta grecoromana che Borat
combatte con il suo grasso produttore,
prima nella camera dalbergo, poi in
ascensore, poi a un convegno di
broker. Del resto, questa una scena
che si capisce in tutte le lingue senza
bisogno di doppiaggio, bastano
le pecette nere che
inseguono i
lottatori co-
prendo le
vergogne. Ancor
pi che la voce italiana
di Borat straniante soprattut-
to per chi conosce loriginale stupi-
scono le voci degli interlocutori, dop-
piati come nelle pubblicit in onda a
tarda notte sulle tv locali. Il regista
Larry Charles, subentrato in corso do-
pera, sta intanto lavorando a un film che
dovrebbe satireggiare ebraismo, islami-
smo e cristianesimo, presentato in gran
segreto al mercato della Berlinale. Ha
gi pronto lo slogan: Prossimamente,
nel covo di falsi idoli pi vicino a voi.
P
sicoanalista in tenera et, pi la
pi permissiva delle educazioni
permissive, pi una madre completa-
mente fuori di testa. Non c da stu-
pirsi che Augusten Burroughs (pseu-
donimo di un giovanotto registrato al-
lanagrafe come Chris Robinson) ab-
bia sentito il bisogno di vuotare il sac-
co scrivendo unautobiografia. Non
c da stupirsi neppure del fatto che
la figlia dello strizzacervelli dove era
stato collocato a pensione (si chiama
Turcotte nella realt, Finch nella fin-
zione letteraria e cinematografica)
abbia sentito il bisogno di far causa.
Prima allo scrittore e alla sua casa
editrice, ora anche al regista. Colpe-
voli di aver raccontato dettagli falsi e
tendenziosi. O forse i particolari era-
no veri, ma sarebbe stato meglio te-
nerli segreti. In una lunga intervista
uscita su Vanity Fair, Theresa Turcot-
te non sa decidersi tra le due accuse,
furiosa perch Augusten Burroughs,
invece di mostrarsi riconoscente, ha
usato linfanzia infelice come arma
per scalare la lista dei best seller del
New York Times. Correndo con le fo-
bici in mano rimasto in classifica
per oltre due anni, e secondo un criti-
co stabilisce nuovi standard per il
moderno racconto autobiografico. A
leggere il libro (pubblicato da Alet)
non si capisce esattamente perch: a
CORRENDO CON LE FORBICI IN MA-
NO di Ryan Murphy, con Annette Be-
ning, Brian Cox, Joseph Fiennes
SCELTI DA MARIAROSA MANCUSO
I
diamanti sono i migliori amici del-
le ragazze bionde, e uno dei peggio-
ri nemici per lAfrica nera. Venduti in
cambio di armi, mitragliatrici e grana-
te, alzano il livello dei conflitti in una
terra gi piuttosto litigiosa di suo, fini-
scono nei caveau, poi nelle vetrine
delle gioiellerie. Considerato il pi re-
cente prodotto della Hollywood che
ha preso coscienza del terzo mondo e
dei miserabili, Blood Diamond lo
fino a un certo punto. Edward Zwick lo
ambientato nella Sierra Leone di fine
anni 90 perch dal 2003 esiste il certi-
ficato Kimberly, che appunto si propo-
ne di non far arrivare ai tagliatori di
Anversa i diamanti insanguinati. Biso-
gna saperlo, per non lasciarsi trasci-
nare dagli entusiasmi, e scambiare
Blood Diamond per un film di origi-
nalissima e tempestiva denuncia. E
un buon film dazione, con uno sfondo
originale, pi trascinante rispetto a
Lultimo samurai, e altrettanto di-
sinteressato alle femmine. Riescono
meglio i due maschi, entrambi candi-
dati allOscar, DiCaprio come attore
protagonista (era per ancor pi bra-
vo in The Departed), Djimon Houn-
sou come non protagonista.
BLOOD DIAMOND di Edward Zwick,
con Leonardo DiCaprio, Djimon Houn-
sou, Jennifer Connelly
D
ei narratori tendiamo a fidarci.
Per questo, quando si rivelano
inaffidabili o bugiardi, restiamo ma-
lissimo. In La donna dello scandalo,
il romanzo di Zo Heller da cui Ri-
chard Eyre ha tratto il film, serviva un
po di tempo per scopri-
re che le annotazioni
sul diario di Barbara Co-
vett, anziana insegnante in
una scuola di Londra, non
erano esattamente la ve-
rit. Al cinema il truc-
co affidato alla voce
fuori campo funzio-
na meno bene. Appena
compare Judi Dench nella parte di
Barbara, acida e zitella al massimo
grado, appena vediamo come viene in-
quadrata Cate Blanchett, angelo bion-
do in una classe di teppisti, si capisce
che tra le due donne il gioco si far pe-
sante. Lo sceneggiatore Patrick Mar-
ber, lo stesso di Closer, dove per il
teatrino della crudelt era meglio con-
gegnato (da brivido, solo le osservazio-
ni sul comportamento bohemien della
famiglia). Candidatura agli Oscar per
Judy Dench. Nulla per Bill Nighy, il
pi bravo di tutti in un ruolo ingrato.
DIARIO DI UNO SCANDALO di Ri-
chard Eyre, con Cate Blanchett, Judy
Dench, Bill Nighy, Michael Maloney
F
erzan Ozpetek ha girato la sua
Stanza del figlio. Soltanto che,
invece di madre padre e sorella af-
franti, qui abbiamo una famiglia allar-
gata a dismisura. Si ritrovano al capez-
zale dellamico in coma,
mentre incombe la se-
parazione tra Marghe-
rita Buy e Stefano Ac-
corsi (colpa di una-
mante fioraia, Isabella
Ferrari). Siamo nella per-
fetta scia dei film malin-
conici e pensosi, girati alla soglia
dei cinquantanni. Un po per esorci-
smo, e un po per illustrare al mondo le
cose che crediamo di aver capito, quel-
le a cui non vogliamo rinunciare, quel-
le che vorremmo proporre agli altri co-
me modello. Valga per tutte la scena
dove i genitori fanno i conti, nellordi-
ne, con lomossessualit del figlio, il
suo desiderio di cremazione. Dopo
qualche freddezza iniziale, tutto pro-
cede per il meglio. Sembra una favola,
non una scena realistica. Si salva lin-
fermiera Milena Vukotic, che non ha
messaggi da mandare, e si droga con
luncinetto. Simpatici anche i ragazzi-
ni, molto pi svegli dei genitori.
SATURNO CONTRO di Ferzan Ozpetek,
con Stefano Accorsi, Margherita Buy,
Pierfrancesco Favino
I
l filmino dapertura un piccolo
gioiello, un tuffo negli anni Ottan-
ta, unazzeccata imitazione dei video
musicali in onda su MTV. Protagoni-
sti, il duo Fletcher & Fischer, in arte
PoP: calzoni bianchi, capelli cotona-
ti, saltelli e colpi danca. Fanno da
modello gli Wham! per la recitazione,
e i Duran Duran per i balletti, spie-
ga Hugh Grant, che nel video ha la
parte di Alex Fletcher. Il suo ex com-
pagno di duetti Fischer ha fatto car-
riera come solista. Lui canta alle riu-
nioni degli ex compagni di scuola,
durante le feste per il ventennale
della maturit. Quando va nei negozi,
trova il suo unico Cd in saldo. Quan-
do gli telefonano, per invitarlo a
trasmissioni tv in cui i famosi degli
anni 80 guerreggiano per guadagnar-
si il diritto di ricantare uno dei loro
successi. Poich siamo in una com-
media romantica entra in scena subi-
to Miss Barrymore, giardiniera a do-
micilio cos svampita che annaffia an-
che le piante di plastica. Insieme
scriveranno una canzone damore per
Cora, una biondina che si presenta
seminuda sul palco, fa mosse da bal-
letto indiano, beve succo di gramigna.
SCRIVIMI UNA CANZONE di Marc
Lawrence, con Hugh Grant, Drew
Barrymore, Chris Riley, Haley Bennett
A
lle prese con le coppie malmari-
tate, John Curran ha una mano fe-
licissima, lievemente rtro. Edward
Norton e Naomi Watts, che oltre a re-
citare splendidamente hanno prodot-
to il film tratto dal
romanzo di William
Somerset Maugham
(Adelphi), non poteva-
no scovare regista pi
adatto alla bisogna.
Era difficile rendere
credibile sullo scher-
mo linghippo in cui si
trova Kitty Fane, sposata per raggiun-
ti limiti di et (siamo nella Londra de-
gli anni 20) a un batteriologo di poche
parole. Vivono a Shanghai, dove la mo-
glie annoiata si consola con un aman-
te. Sorpresa dal marito, riceve il peg-
giore degli ultimatum: o divorziamo
per tua colpa (con scandalo, giacch
lamante sposato, nonch viceconso-
le) oppure vieni con me nella profon-
da Cina, l dove impazza unepidemia
di colera. Mentre il taciturno scienzia-
to si trasforma in un gelido vendicato-
re, Kitty fa le valige, e risponde a tono:
Direi che basta qualche vestito leg-
gero, e un sudario.
IL VELO DIPINTO di John Curran, con
Edward Norton, Naomi Watts, Liev Sch-
reiber, Toby Jones
L
a prossima volta che sentite le voci,
aspettate prima di prendere ap-
puntamento con lo psichiatra. Potreb-
be essere la voce narrante di un ro-
manzo che racconta le vostre giornate.
Rumore di fondo a
parte, abitare in un
romanzo non trop-
po scomodo. Finch
la voce non pronun-
cia la parola deces-
so, e il povero im-
piegato Harold Crick
non riesce pi a dormire sonni tran-
quilli. La delirante fantasia non esce
dalla penna di Charlie Kaufman. Lha
scritta un giovane rivale, Zach Helm, ri-
nunciando a una breve e brillante car-
riera da script doctor. I maligni sosten-
gono che stava facendo agli altri quel
che non voleva fosse fatto ai suoi co-
pioni. Errore: gli aggiustatori di sce-
neggiature lavorano su testi zoppicanti,
su buone idee mal realizzate. Vero co-
me la finzione invece una stranezza
molto ben congegnata. Poich i produt-
tori non sono idioti, lhanno comprata
subito, assieme a Mr Magorium Won-
der Emporium, che segner il debutto
del talentoso giovanotto nella regia.
VERO COME LA FINZIONE di Marc
Forster, con Will Ferrell, Maggie Gyl-
lenhaal, Emma Thompson
parte la caricatura degli anni Settan-
ta, con i bambini che fanno la cacca
in salotto, tra i battimani degli adulti,
una storia tragicomica simile a tan-
te altre (vera da cima a fondo, giu-
ra lo scrittore, minacciando esi-
bire i suoi diari come pezze dap-
poggio). Theresa Turcotte nel
film si chiama Natalie, e ha la fac-
cia e gli zatteroni della bravissima
Evan Rachel Wood (gi adolescente
disturbata, con piercing alla lingua,
in Thirteen). E la figlia minore del
dottor Finch, che in casa ha uno stan-
zino detto Masturbatorium, e quando
gli capita un paziente particolarmen-
te disturbato lo adotta, mentre la mo-
glie sta sul divano a mangiare croc-
cantini per cani. La figlia maggio-
re veste come nel quadro Ame-
rican Gothic, e ha una mor-
bosa relazione con il gat-
to. Per passare il tem-
po, i ragazzini gio-
cano allelettro-
chock (di tutti gli
svaghi, risulter il
meno pericoloso).
Per sospendere lin-
credulit cinemato-
grafica, che la storia sia
vera o inventata allo
spettatore non importa
serviva un regista
migliore. Ryan
Murphy viene da
Nip/Tuck, e nel dubbio la
butta sul grottesco, obbligando An-
nette Bening a recitare sopra le righe.
L
e sorprese, nel cinema italiano,
arrivano dai film che riescono a
calibrare ambizioni e risultati. Me-
glio dare una limatina alle proprie
ambizioni - magari lavorando a una
storia che non pretenda di pronun-
ciare parole definitive sulla propria
generazione, o sul mondo, o sui gran-
di temi della vita e della morte -
che puntare altissimo, e ar-
rancare strada facendo. Da
questo punto di vista, Uno
su due fa da contraltare a
Saturno contro di Ferzan
Ozpetek. Il cast non stella-
re, le pretese sono minori, la
sceneggiatura parla di faccen-
de gravi senza bisogno di sot-
tolinearle ogni momento.
Non una storia nuo-
va, ma Genova e
lUmbria che fanno
da sfondo a Uno su
due riescono a can-
cellare la monotonia
delle case romane, e re-
lativo effetto Grande
freddo, tutti nella cu-
cina apparecchiata a
fare i conti con gli anni
che passano. Non una storia
nuova: la malattia che potrebbe esse-
re grave, lattesa della diagnosi che
potrebbe cambiarti la vita sono state
UNO SU DUE di Eugenio Cappuccio,
con Fabio Volo, Anita Caprioli, Ninetto
Davoli, Giuseppe Battiston
ampiamente frequentate dal cinema,
con esiti pi o meno deprimenti. Il
campione fino a ora Franois Ozon,
nel Tempo che resta: il fotografo di
moda conosce la tremenda prognosi
nella prima scena del film, si ritira
dal lavoro e dalle feste, va a trovare
solo la vecchia nonna perch anche
lei ha i giorni contati. Isabelle Coixet,
in La mia vita senza di me, appe-
na un po meno cupa. Ann vive in una
roulotte, ha due figlie, e si prepara un
decalogo con le cose che vuol fare
prima di morire (per esempio, regi-
strare i nastri con gli auguri per le fe-
ste di compleanno, e trovarsi un
amante). Nel film di Eugenio Cap-
puccio assistente alla regia di Fe-
derico Fellini in Ginger e Fred
Fabio Volo un trentenne rampante,
perch i soldi gli piacciono, e perch
si vergogna del padre che faceva il
portinaio. Alla vigilia di un grosso af-
fare con i russi, sviene sul marciapie-
de. Si ritrova allospedale, con la te-
sta rapata, un cerotto dove gli hanno
fatto la biopsia, un vicino di letto ex
camionista che non si fa gli affari suoi
(Ninetto Davoli, quasi irriconoscibi-
le), e lamico del vicino di letto che
viene a farsi la partitella a scacchi.
Non ti preoccupare, in un caso su
due non niente sono le parole di
conforto. E il medico avverte: Mi rac-
comando, non vada a guardare su In-
ternet. Fabio Volo allaltezza della
situazione. Molto meglio di Giorgio
Pasotti in Volevo solo dormirle ad-
dosso, girato da Cappuccio nel 2004.
I pionieri e i teorici del montaggio non lavevano previsto. David Wark Griffith e
Sergei Eisenstein si erano limitati a fissare le regole, affinch le sequenze girate dai
registi avessero il maggiore impatto possibile sullo spettatore. Ma per la regola se-
condo cui lavanguardia prima o poi diventa farsa, o parodia, o almeno pratica co-
mune, un esercito di montatori dilettanti sta invadendo il web. Confezionano trai-
ler di film celebri cambiandone il genere: il pi visto e linkato prende Shining di
Stanley Kubrick e da horror lo fa diventare una commedia sentimentale. Mettono
insieme scene tratte da pellicole diverse, fabbricando prossimamente che hanno
vita autonoma, per la delizia dei frequentatori di You Tube. Immaginano seguiti
per titoli dal finale blindato, come Titanic Two: The Surface, dove Leonardo Di-
Caprio viene ricuperato alla vita, e si dispera quando vede la tomba di Rose. Per
non parlare delle decine e decine di finti Brokeback, che dalle montagne del Wyo-
ming sconfinano ovunque. Uno sguardo maschile languido qui, uno sguardo ma-
schile languido l, la romanticissima musica originale, e il solitario puntualmente
riesce. Tra i tanti, c un Harry Potter and the Brokeback Goblet, che dar ai fan
del maghetto lo stesso brivido che hanno provato gli spettatori a teatro, vedendo Da-
niel Radcliffe tutto nudo e morbosamente attratto dai cavalli, in Equus di Peter
Shaffer. In gergo si chiamano recut (quando le immagini sono rubate a un solo film)
o mash up (quando le immagini provengono da pellicole diverse). Sarebbe mate-
riale protetto da copyright, ma nessuna delle grandi major al momento in grado di
controllare luso, tra il divertito e il perverso, che i montatori dilettanti fanno delle se-
quenze su cui riescono a mettere le mani (quasi tutte). Dilettanti, sta per non auto-
rizzati. Chiunque abbia frequentato il web, alla ricerca di trailer taroccati, sa che la
qualit altissima, e i montatori della domenica producono falsi non inferiori agli
originali. Se non conoscessimo i film saccheggiati, potremo prenderli per buoni.
Tom Hanks is James Bond stato messo insieme spulciando una decina di
James Bond, e unaltra decina di pellicole, da Big al Codice da Vinci, dove
compare Tom Hanks. Caakthal ha dato meno problemi per reperire le immagi-
ni vengono tutte da Cocktail con Tom Cruise, annata 1988 ma la storia del
giovanotto che intende diventare il miglior barista a sud della 14 strada si tra-
sforma in un perfetto musical di Bollywood (lo shaker, naturalmente va a tempo).
Entrambi si trovano, assieme a molti altri, sul sito thetrailermash, dove vengono
classificati, divisi per generi, accompagnati da stellette di gradimento, messi in ar-
chivio. L si pu vedere Hamlet is Back, con Arnold Schwarzenegger nella parte
del principe di Danimarca. Le scene sono prese da Conan Il barbaro, Dra-
gonheart, Last Action Hero. Il dilemma tra To be or not to be si risolve con un
brusco Not to be. Segue strage.
Popcorn
inventato, non possibile che vada a finire
cos. E infatti cos non va a finire, ogni pa-
ginaribaltalecertezzecostruitefinoaquel
momento, nulla scontato, lassassino non
il maggiordomo e tutto scritto tra le ri-
ghe. Se non ti gira la testa, forse lo scopri.
(Simone Toscano)
George Weigel
BENEDETTO XVI
Rubbettino, 368 pp., euro 18
T
eologo cattolico oriundo di quel Mary-
land che fu la culla del cattolicesimo
statunitense, fondatore di una James Madi-
son Foundation che ebbe un ruolo impor-
tante nellelaborazione delle politiche del-
lamministrazione Reagan, George Weigel
si colloca in una corrente di conservatori-
smo, sia pure aperto ai problemi sociali,
chelohapostoincostantepolemicaconun
certo mainstream liberal del cattolicesimo
Usa. Invece, si dichiarato dalla parte pri-
ma di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto
XVI, pur dissentendo talvolta da loro: ad
esempio, sulle riserve vaticane alle due
guerre irachene, o a proposito di pena di
morte. E a Giovanni Paolo II ha dedicato
quella biografia conosciuta in Italia col ti-
tolo di Testimone della Speranza, e che
in molti considerano lopera definitiva sul-
la vita del pontefice. Sarebbe facile imma-
ginare questo libro come una nuova bio-
grafia. Ma non cos, anche perch sareb-
beeffettivamenteunpo prestoper traccia-
re un bilancio appena agli inizi. Certo,
qualche nota in proposito presente, ver-
so il centro dellopera. Si parla dellorigine
a cura di Gerolamo Fazzini
LLIBROROSSO
DEI MARTIRI CINESI
S. Paolo, 271 pp., euro 16
C
inque testimonianze di fede e di tortu-
ra nella Cina di Mao, le storie di padre
Tiande, di padre Huang e padre Li Chang,
della distruzione di un intero monastero
trappista e della deportazione dei suoi mo-
naci, della persecuzione di una maestra di
una scuola elementare cattolica. Arresti,
detenzioni, interrogatori, processi popola-
ri ai danni di cristiani cinesi ritenuti per il
loro solo credo di essere dei controrivolu-
zionari o dei cani fedelissimi dellimpe-
rialismo. I racconti partono da met degli
anni Quaranta e si chiudono nei primi an-
ni Ottanta, con lavvento al potere di Deng
Xiaoping. Sono testimonianze, alcune scrit-
te di proprio pugno dai protagonisti e non
del tutto sconosciute. Ma come afferma il
Cardinale Giuseppe Zen, vescovo di Hong
Kong, nella sua prefazione, tenute nel cas-
setto per lungo periodo per non urtare le
autorit politiche e mettere in pericolo, an-
cora di pi, i cristiani. Ma anche vero
scrive il Cardinale Zen per anni il maoi-
smo stato esaltato, oltre il limite della ra-
gionevolezza e cera una specie di riluttan-
za, persino da parte dei membri della chie-
sa, di denunciare le persecuzioni subite
sotto il regime di Mao e denuncia anche
coloro che non erano daccordo hanno avu-
to il coraggio e/o la libert interiore di par-
lare fuori dal coro ideologico. Per la ve-
rit, altri editori, anche in Italia, avevano
cercato di portare alla ribalta le persecu-
familiare di Ratzinger, e di quella che fu la
sua famosa esperienza nellesercito tede-
sco durante la guerra: per rispondere a
certe volgari caricature tipo Da Nazi a
Ratzi su cui si divertirono certi titolisti di
giornali dopo la fumata bianca in Vaticano,
certo. Ma ancor di pi per chiarire il senso
di unintransigenza sui principi nata anche
dalla personale esperienza sul modo in cui
una teologia germanica troppo adattata al
mondo, e non solo dal versante protestan-
te, aveva finito per accomodarsi infine an-
che alla barbarie hitleriana. Altre pagine
servono a evidenziare la matrice mitteleu-
ropea. A segnalare la novit, spesso poco
avvertita, che prima ancora di diventare
Papa lallora cardinale fu il primo respon-
sabile della dottrina cattolica da secoli e
secoli a ispirarsi ad Agostino piuttosto che
al tomismo. Soprattutto a puntualizzare la
sua posizione rispetto al Concilio Vaticano
II, secondo cui il necessario aggiornamen-
to della chiesa non doveva dimenticare di
andare al passo con un contemporaneo
ressourcement: unritornoallefonti del-
la teologia cattolica. Se il ressourcement
e laggiornamento non procedono uniti, il
credo cristiano diventa semplicemente
unopinione tra le tante, e credere signifi-
ca solo avere unopinione. Poi esplora i
modi in cui il Conclave arriv alla scelta,
non senza coprire qua e l di caustiche
frecciate gli spropositi della stampa. Me-
morabile la storia di quel cronista dellIn-
ternational HeraldTribunecheequivocan-
do linglese crozier con crows ear
scrisse di come sul cadavere di Wojtyla era
stato posto non il pastorale, ma lorecchio
del corvo. (Maurizio Stefanini)
zioni dei cristiani in Cina, ma case editrici
piccole, come la Emi, che ha pubblicato
nel 1981 Lettere di cristiani dalla Cina e
nel 1998 Martiri in Cina, non sono riusci-
te a entrare nel circuito mediatico. La
grande novit di questo libro anche il suo
enorme successo di pubblico. La veste gra-
fica, le fotografie, laver curato una rico-
struzione organica delle testimonianze con
note anche sul periodo storico e aver rita-
gliato i racconti ad una lunghezza e siste-
macit, che incoraggia la lettura. Anche il
chiaro messaggio di condanna contenuto
nel titolo del libro una ragione della ra-
pidit della sua divulgazione, gi alla se-
conda edizione dopo appena un mese dal-
la prima pubblicazione. Libro rosso come
il libretto rosso simbolo della rivoluzio-
ne culturale, che riportava le citazioni di
Mao e veniva agitato ad ogni manifestazio-
ne e rappresentato in qualsiasi oggetto di
uso quotidiano, in questo caso la testimo-
nianza dei misfatti degli anni del suo pote-
re. Padre Tiade, lunico sopravvissuto e og-
gi novantenne, racconta trentanni di pri-
gionia e lavori forzati nei laogai, i gulag
cinesi, ma anche la sua forza di superare
tutto con un insospettabile, anche per lui,
gioia e fiducia nella Misericordia divina.
Scrive Gerolamo Fazzini, i laogai nelli-
deologia marxista dovevano essere i labo-
ratori delluomo nuovo, plasmato secon-
do i dettami dellideologia, ma hanno dato
alla luce uomini nuovi, si, ma delle no-
vit del Vangelo. Alla stessa conclusione
sono arrivati molti cinesi che oggi, anche
se ancora in un clima di moderata libert
di culto, tornano a popolare le chiese cat-
toliche cinesi. (Elisabetta Galeffi)
tare lisola, i suoi gesti, i suoi silenzi, le fac-
ce che annuiscono con la coppola in testa,
le mani che volano in aria con le dita unite
per dare un comando a qualche picciotto.
Chi affascinato da questo mondo sar
contento nel leggere il Figlio di Vetro,
perch trover tutto questo. Manca solo,
forse, un Mastroianni che muove langolo
della bocca verso lesterno, sbiascicando
uno schiocco di lingua sui denti. E manca
una lupara, anche quella non c, sostituita
da una pi continentale pistola tenuta nel-
la fondina sotto lascella, come Charles
Bronson. Quel che certo che il romanzo
una storia di mafia in cui per la parola
mafia scritta una sola volta, pur respi-
randosi ovunque, pur dominando la scena
dalla prima allultima riga, quando ci ac-
corgiamo che il racconto, iniziato nel 1977,
lentamente arrivato fino al 1992, quindici
anni dopo, con la sua strage di Capaci, lat-
tacco allo stato, Falcone e Borsellino, il
passaggiodaunerastoricaadunaltra. For-
se. Per le prime cinquanta, cento pagine, il
lettore si trova spaesato e non riesce ad in-
dividuare chiaramente n il protagonista,
n il luogo della vicenda, n che cosa abbia
spintolautorearaccontarci proprioquesta
storia invece di unaltra. Poi il libro decol-
la. Certo, il volo a tratti difficile, il raccon-
to a volte inzeppato di citazioni di film e
telefilm anni Settanta che sanno molto di
Amarcord, per lautore dimostra quasi su-
bito il gusto dei colpi di scena. Tanti, trop-
pi. Sono loro a tenere banco fino allultima
pagina, la cento-sessanta-tre-esima. Sono
loro che ti fanno pensare, se proprio hai la
voglia e la pazienza di andare avanti, vo-
glio proprio vedere cosa succede, cosa si
Giacomo Cacciatore
FIGLIO DI VETRO
Einaudi, 169 pp., euro 14
C
chi sostiene che i libri possano esse-
re divisi in due categorie: quelli un po
ingarbugliati, difficili da leggere quando si
stanchi, equelli cheinvecevannolisci co-
me lolio, con le pagine che scivolano velo-
cementetraledita. Figliodi Vetro, del si-
ciliano Giacomo Cacciatore, stupisce e a
volte stordisce per lo slalom tra le due ca-
tegorie (libri per stanchi, libri che scivola-
no) acui il lettorecostrettomanmanoche
il racconto va avanti. E cos pagine leggibi-
li si alternano a farraginose costruzioni sti-
listiche che sembrano quasi decise a tavo-
lino e che finiscono per complicare il tutto,
e semplici pensieri di un bambino il pro-
tagonista del libro finiscono per cedere a
riflessioni sul sistema mafioso che sarebbe
pi logico trovare in bocca ad un adulto, ad
unattentoconoscitoredel fenomenomafio-
so, che sa interpretare le cose che il sicilia-
no dice o, molto pi spesso, non dice. E
questo il punto per, e cio che il protago-
nista del libro non si chiama Leoluca Or-
lando, non un adulto, non un professio-
nista dellantimafia, ma si chiama Giovan-
ni, e ha solo dieci anni. E la cosa disorien-
ta. Stona. Fa ridere. Il culto del camilleri-
smo, che ha portato in ogni angolo del pae-
se un pezzettino di quella Sicilia sospesa
tra passato e presente in cui si muove Mon-
talbano, ha avuto come conseguenza una
ventata di sicilianismo letterario che ha
creato molti figli, geni ribelli, mostri, tutti
uniti in nome di un desiderio forte: raccon-
UNA FOGLIATA DI LIBRI
E
siste una formica, comunemente detta, come la regina e il cocktail, La
sanguinaria, che per il piacere sottile di leccare le essudazioni odorose
di alcuni parassiti d in pasto a questi ultimi le uova e le giovani larve fino
adistruggere lintero formicaio di cui anchessafaparte. Vistacos, e cio nel-
le sue proporzioni di formica, lacosapu far ridere edessere consideratauna
curiosital massimo daentomologo. Cambiatutto se invece allaformicadia-
mo il peso che si merita, quello dellallegoria e del simbolo. La formica sangui-
naria dopotutto unutopista: ricerca la felicit assoluta del proprio formicaio sen-
zaaccorgersi di portarlo allautodistruzione. Scrivevainfatti il filosofo inglese IsaiahBerlinvolen-
do confutare le ideologie utopiste del XXsecolo: Parrebbe che la dottrina secondo la quale ogni
specie di mostruose crudeltdeve essere permessa, perch altrimenti lacondizione ideale nonpu
essere raggiunta tutte le giustificazioni che parlano di rompere le uova per arrivare alla fine a
fare lafrittata, tutte le brutalit, i sacrifici, il lavaggio dei cervelli, tutte le rivoluzioni, tutto ci che
ha reso questo secolo forse il pi spaventevole dai primordi dellumanit, perlomeno in occiden-
te , parrebbe che tutto questo sia privo di senso, giacch luniverso perfetto non soltanto irrag-
giungibile, ma inconcepibile, e ogni cosa che si faccia per realizzarlo poggia su un gigantesco er-
rore intellettuale. La storia della Cina, a proposito, eloquente. Senza voler arrivare subito a
Mao, si pu ricordare lImperatore Koei che mand inrovina il suo regno perch passava tutto il
tempo steso ai piedi della moglie Mei-Hi a lacerare pezzi di seta perch questultima amava udir-
ne il rumore (Koei costru anche unpalazzo sotterraneo per poter dare feste di notte inpieno gior-
no) e lImperatore Cheu Houang-ti, contemporaneo di Annibale, che edific la muraglia cinese
(recingere unorto o ungiardino cosacomune; noncos recingere unimpero scrivevaBorges),
fece distruggere tutti i libri del passato (a eccezione dei trattati di medicina, di farmacia, di divi-
nazione, di agricoltura e di giardinaggio) e costrinse i suoi scienziati a trovargli una droga per
limmortalit (quando a Cheu Houang-ti capit ovviamente di morire, la vettura che lo traspor-
tava, per molti mesi, venne scortata da un carico di centoventi libbre di pesce salato per confon-
dere lodore del suo cadavere che, agli occhi di tutti, doveva invece apparire vivissimo). Tirannia
e ideologia. Sul City Journal del 20 febbraio, John Kekes affronta ancora largomento recensen-
do due volumi di scritti di Robespierre e di Mao Zedong ripubblicati recentemente in Inghilterra
con una confusissima prefazione del filosofo sloveno Slavoj iek. Il suo punto di vista condivi-
sibile: Sia Robespierre che Mao scrive Kekes hanno radicalizzato rivoluzioni che non hanno
iniziato. () Hanno ricercato lapurezzaideologica. () Linnocenzanonfacevaparte del loro vo-
cabolario. () Le loro ideologie sostengono che coloro che nonsono daccordo sono nemici dellu-
manitmeritevoli soltanto di essere annientati. Il terrore diventavacos, per Robespierre, lafon-
te dellavirt, mentre democraziae libert, secondo Mao, sidentificavano nellasuavolonte nel-
lobbligo, per chiunque, di obbedirle. E lidea, condivisa dalla formica sanguinaria, secondo la
quale, per raggiungere la felicit, qualche concreta purga o unpo di stermini (fino allannienta-
mento quasi totale della popolazione) possono essere visti come necessari e salutari. Volendo ve-
dere la situazione da un punto di vista pi consolatorio, vale la pena ricordarsi di quella scena
memorabile di Ninotchka, uno dei capolavori di Ernst Lubitsch, quando auncerto punto, apro-
posito del regime bolscevico, viene recitato questo dialogo fulminante. Come vanno le cose da
noi?. Benone. Sono rimasti pochi russi, ma soltanto i migliori.
Edoardo Camurri
Laeroplanino di carta
ANNO XII NUMERO 53 - PAG XI IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 3 MARZO 2007
Elie Barnavi
LES RELIGIONS
MEURTRIRES
Flammarion, 138 pp., euro 12
U
naciviltcheperdefiduciainsestessa
fino a smarrire il gusto di difendersi si
avvia verso la propria decadenza, scrive
Elie Barnavi nellultimo capitolo del suo
nuovo libro, Les religions meurtrires, le
religioni assassine, bestseller in Francia.
Loccidente dubita dei suoi valori, dice al
Foglio lex ambasciatore dIsraele a Parigi.
Oggi, Barnavi storico ed ex professore al-
luniversit di Tel Aviv dirige il Comitato
scientifico del Museo dellEuropa. Crede-
vate che Dio fosse morto e sepolto o perlo-
meno che fosse stato cacciato dallo spazio
pubblico scrive nel suo breve saggio ri-
torna invece in forza e con frastuono. Per
voi, cari europei perplessi e angosciati, per
armarvi contro un avversario molto diffe-
rente da tutti quelli che i secoli passanti vi
hannomessodi fronte. Sonoinballoi vostri
valori, levostrelibert, lavveniredei vostri
figli. Secondo Barnavi, secoli di conviven-
zaconleideedellilluminismo, del raziona-
lismo e del laicismo hanno reso lEuropa
ignorante sulla religione e oggi incapace di
affrontare il problema del fondamentali-
smo rivoluzionario islamico. Scrive: Que-
sto terrorismo non lo capiamo perch ci
radicalmente straniero. Se non ci rendia-
mo conto che possa esistere chi capace di
uccidere per la religione, come facciamo a
combattere questa minaccia? Loccidente
nonsi rendecontodel pericolo, nonhapi
i mezzi concettuali per capire. Non sa pi
chiaramente cosa significhi religione. Per
Haaretz, quotidiano israeliano, sorpren-
dente che unintellettuale di sinistra, attivi-
stadi PeaceNow(organizzazionenongover-
nativaisraeliana, pacifista, natasullideadi
terraincambiodi pace), dicaquestecose.
Lui che si definisce un socialista democra-
tico, sostiene che lEuropa non ha pi un
collante comune. Negli Stati Uniti esiste un
cementificante: valori cui limmigrato, che
vuole essere americano, accetta di rendere
propri. Loccidente ha perso il sentimento
di civilt comune, con valori da difendere.
Nonc pila religione adaccomunare. E
necessarioavereunaspeciedi collantemo-
rale comune per esistere: la Repubblica,
nel passato, in Francia e ancora oggi negli
Stati Uniti. LaFranciacambiata, dice, non
pi il paese capace di trasformare la R-
publique in una religione anche per i suoi
immigrati. Non c alcuna maniera di dare
aquestasocietuncollantechelaunisca. E
necessaria quindi una battaglia di spiriti e
la comprensione di quali valori vogliamo
salvare. Si ignorail passatoesi diventaco-
s incapaci di aprire un dialogo con laltro.
Loscontrodi civiltesiste. Eppure, Contro
il dialogo tra civilt il titolo dellultimo
capitolodel libro. Sesonocontroil dialogo
perch non so pi cosa siano queste ci-
vilt. Mi sentopivicinoaunmusulmanoil-
luminatocheaunebreofondamentalista. A
proporre il dialogo tra civilt sono persone
come Mohammed Khatami (ex presidente
iraniano, ndr), perch lui si vede come una
civilt chiusa. Se la felicit delloccidente
stataladistinzionetraspiritualeetempora-
le, la sfortuna dellislam stata la loro irri-
mediabile confusione, scrive. E per con-
tro ogni concetto totalitario di laicismo. Se
consideratocomeunaltrareligioneallora
non minteressa. La laicit intesa come se-
parazione tra stato e chiesa bisogna difen-
derla fino alle ultime energie: la felicit
delloccidente, esiste solo nel cristianesi-
mo. Che lislam politico radicale sia una
minaccia, per lautore, ormai nonaltroche
una constatazione. Barnavi indaga anche i
fondamentalismi del cristianesimo e del
giudaismo. I suoi primi scritti si concentra-
no sulle Guerre di religione in Europa, alla
fine del XVI secolo e sul movimento ultra-
cattolico della Sainte Ligue francese. Oggi,
spiega, il cristianesimo ha risolto il suo
problema con la violenza. Il giudaismo
unareligionechenonsi esporta. Lislam, in-
vece, in piena crisi religiosa, sociale, eco-
nomica, dautorit. E lislam che utilizza
sermoni rivoluzionari. Lobiettivo di al Qai-
da non lAmerica, ma sono Riad e il Cai-
ro, i regimi islamici considerati corrotti
dallislamfondamentalistarivoluzionario.
C di buono, dice lex ambasciatore, che a
livelloeuropeoesisteunimpercettibilepre-
sa di coscienza che prende la forma di atti-
vismogiudiziarioepoliziescocontrolislam
politico radicale europeo. E soprattutto il
caso della Gran Bretagna. Manca ancora
una politica dellintegrazione. Pi che le
azioni di al Qaida, lui teme il velo integrale
delle islamiche a Bruxelles, gli orari delle
piscine che si adeguano a valori morali non
autoctoni, i cambi di cartellonedegli spetta-
coli teatrali. Nonci sarguerratradiziona-
le, ma rosicchiamento dallinterno con la
partecipazione volontaria delle vittime.
Prender la forma di uno spettacolo teatra-
lecancellatoquaelinEuropa, acausadi
contenuti considerati islamicamente scor-
retti dalle comunit musulmane. Quello
che non faranno i democratici dice preoc-
cupato lo faranno i fascisti. Conluccisio-
nedel registaTheovanGoghsi resaconto
che il multiculturalismo alla britannica
non ha funzionato; lalternativa lintegra-
zione alla francese, ma quella funzionante,
non il communitarisme, il ghetto, ma il ri-
spetto della neutralit della scuola, il forni-
re valori repubblicani: bisogna far acquisi-
re mezzi intellettuali e morali comuni per
creare una societ comune. (Rolla Scolari)
Aleksander Kaczorowski
IL GIOCO DELLA VITA
e/o, 163 pp., euro 14,50
L
a vita un romanzo: ecco una bugia
romantica che solo pochi scrittori si
sonopreoccupati di smentire. GarcaMr-
quez, per esempio, ma anche Svevo, per
restare ai grandi del Novecento. E Bohu-
mil Hrabal, anche. Il fatto che questi
scrittori hannotempestatoi propri roman-
zi di eventi e figure caratteristiche della
loro biografia. Al punto che Cartagena, la
cittadina colombiana cui Garca Mrquez
hadedicatolesueepopee, hadecisodi re-
cente di ribattezzarsi Macondo. O al pun-
tochelanipotedi EttoreSchmit, LiviaVe-
neziani, ritenne di doversi chiamare in
pubblico Livia Svevo. Paradossi della let-
teratura. Di cui zeppa lesperienza uma-
na e letteraria di Bohumil Hrabal: tutti i
suoi lettori hanno imparato a riconoscere
Zio Pepin, per esempio, cantore un po
pazzo un po drammaticamente consape-
vole che popola i romanzi di Hrabal, sa-
pendolo al confine tra realt e finzione,
ma pur sempre ben radicato nella biogra-
fia (vera) dello scrittore. Ebbene, a dipa-
nare questo intreccio sopravviene ora un
bel libro del critico polacco Aleksander
Kaczorowski. Non un biografia nuda e
cruda, diciamolosubito, proprioperchla
vita di Hrabal riempie gi i suoi romanzi:
un catalogo di illazioni sullo scrittore,
costruito seguendo la duplice traccia del-
la vita e delle opere. A partire dallepilo-
go drammatico: la morte dello scrittore,
forse un suicidio, forse un incidente. Co-
me si ricorder, Hrabal il 3 febbraio del
1997 si sporsedallafinestradellasuastan-
za nellospedale Bulovka di Praga e fin in
basso, senza vita. Si diede morte o la ebbe
per uno sciagurato inciampo del destino?
Molti commentatori propendono per la
prima soluzione, ma non manca chi subi-
to afferm il contrario. Ebbene, in questo
equivoco (in questa domanda) Kaczorow-
ski ravvede il nodo centrale del rapporto
fra la vita e il romanzo in Hrabal. E non
ha torto. Perch lopera di Hrabal piena
di personaggi chesi dannomorte, maque-
sto non basta a motivare un suicidio. Per
di pi, lo scrittore fino a quel giorno di
dieci anni fanonavevamanifestatoinmo-
do chiaro alcuna intenzione suicida. Il
problema un altro. E Kaczorowski lo in-
centra proprio sulla necessit di costruire
una letteratura fortemente radicata nella
realt, sia pure con gli strumenti fantasti-
ci (quasi da leggenda) tipici degli intrecci
di Hrabal. Ossia: lo scrittore ceco aveva
una prepotente necessit di testimonia-
re, di collegare la sua esperienza di scrit-
tore al suo tempo, allavventura sociale e
politica della Boemia del suo tempo. E,
volendo mantenere intatta nelle sue ope-
relasociet, nongli rimanevachericama-
resullavitadi personaggi reali: selasua
famiglia. Fu un modo, questo, per rove-
sciare il realismo in voga (perch indotto
con la forza) nel mondo dinfluenza sovie-
ticadelloscorsosecolo: unattodi ribellio-
ne come a dire accetto il realismo che mi
imponete, mavelorovesciocontro. Uno-
perazione sommamente letteraria ma an-
che sommamente politica. Del resto, un
atteggiamento del genere comprensibi-
le solo nel contesto della cultura (e della
societ) ceca dello scorso secolo. L il so-
cialismo fu allinizio unautentica aspira-
zione di popolo; solo in un secondo mo-
mento venne assorbito nella tirannide so-
vietica. Equandopopoloeintellettuali ce-
chi vollero combattere con forza e di pet-
to quella tirannia, lo fecero pur sempre
nel nome del socialismo. Proprio come fe-
ce Hrabal, usando il suo realismo con-
tro il realismo sovietico. E cos, i suoi ro-
manzi alcuni titoli su tutti: Treni stret-
tamente sorvegliati, Una solitudine
troppo rumorosa, Ho servito il re dIn-
ghilterra, ma anche il fantasmagorico
Inserzione per una casa in cui non voglio
pi abitare sono pieni di luoghi e per-
sonaggi reali della vita dello scrittore. Ma
pure propendono alliperbole, alla vena-
tura fantastica. Che una vena dolorosa,
nella tradizione ceca, fin dei tempi di
Kafka e Hayek, e testimonia malessere in-
teriore o disperazione, non gaiezza o ric-
chezzadi fantasia, comeinaltri ambiti let-
terari (il solito Garca Mrquez, per esem-
pio). E un mondo vero ma fantastico dove
lo scrittore si preoccupa di limare i confi-
ni tra realt e fantasia: questo per lui la
letteratura. Daltra parte, come racconta
con molta perizia Kaczorowski, Hrabal
era un po un predestinato a questa fun-
zione: tanto che ancora oggi non sappia-
mo, per esempio, chi ne fosse il vero pa-
dre e quale rapporto dovette avere con
questa circostanza. Kaczorowski poi insi-
ste molto sul caso straordinario dellin-
contro fra lo scrittore e una presunta so-
rellastra comparsa sul suo orizzonte solo
negli anni Settanta: anchequestounepi-
sodio vero ma letterario. Uno spazio reale
nel quale il surrealismo prende il soprav-
vento. E infatti il surrealismo ebbe un pe-
so significativo nella formazione lettera-
ria di Hrabal. Insomma, accostandosi a
uno scrittore del genere anche con lau-
silio di un saggio biografico come questo
non bisogna mai dimenticare il contesto
socio-politico perch allinterno di esso
che la figura di Hrabal assume un peso
notevole. Finanche con lultima sua ope-
ra, verrebbe da dire, quale fu il suo dis-
simulato suicidio. (Nicola Fano)

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