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Sisca Observer, Anno 7, Numero 2, Dicembre 2003 1

Il trambusto in una casa


lattivit pi solenne
che si svolga sulla terra
il mattino che segue la morte.
Si spazzano i cocci del cuore
con cura si ripone lamore
che non vorremmo pi usare
fino alleternit
(E. Dickinson)
Parlare di eutanasia difficile, perch difficile qualsiasi
pensiero e discorso sulla morte. difficile perch doloroso
e perch la morte rimane fondamentalmente, finch non la
incontriamo personalmente, un mistero. Daltronde un viag-
gio trasversale nella letteratura attesta lesistenza di ben pochi
contributi relativi alla pratica eutanasica in veterinaria: e sono
molteplici le radici allorigine di questo silenzio. un mo-
mento professionale che apre molteplici interrogativi, senza
poter essere costretto nella sua dimensione meramente tecni-
ca, che finirebbe per comprimerne il carattere emotivo, affet-
tivo, relazionale ed etico. Leutanasia non solo uniniezione:
si inscrive in un sistema di significati, fantasie, aspettative di
pi protagonisti:
1. il rapporto uomo-animale, cos come si creato nel cor-
so dei secoli e nella sua attualit
2. le rappresentazioni culturali della morte
3. le rappresentazioni culturali delleutanasia da parte dei
medici veterinari
4. il proprietario in quanto individuo, nelle sue compo-
nenti di personalit, cultura, sesso, et, professione, sti-
le di vita, relazioni famigliari
5. il veterinario nella sua veste professionale ed individua-
le, nel suo modo di intendere il mandato professionale
e la mission del servizio che offre
6. i fenomeni psichici relativi al lutto, nel proprietario ma
anche nel professionista
Per capire cosa accade nel momento delleutanasia e quale
strategia adottare per affrontarla dobbiamo partire dal sogget-
to dellintervento: che non lanimale in quanto singolo bens
la relazione che si sviluppa tra quello ed il suo proprietario. In
questa osservazione si allineano e convergono discipline di-
verse, quali la zooantropologia, il Service Marketing e la psi-
coanalisi, sottolineando con forza che ci che viene portato in
ambulatorio un affetto, cio una relazione. Troppo spesso il
veterinario misconosce questo profondo e complesso legame,
o lo sottovaluta incorrendo nellerrore che storicamente ha
compiuto la medicina nella societ moderna, identificando la
sua missione nella cura della patologia (il disturbo fisico) e
trascurando lesperienza della malattia, lesperienza umana.
Il proprietario ed il suo animale sono una coppia ed il lega-
me che li unisce molto profondo: a tutti gli effetti un lega-
me di amore. Che riguarda non solo luomo dal momento
che molti studi oramai attestano la biunivocit e la reciprocit
di questo scambio affettivo. Gli animali sono in grado di atti-
vare operazioni cognitive ed emotive molto complesse, so-
prattutto i mammiferi, che sono dotati di un cervello emoti-
vo sostanzialmente simile al nostro.
Quello che si stabilisce con lanimale daffezione un vin-
colo di attaccamento, con precise componenti affettive. un
legame basato sullo scambio e la reciprocit anche se forte-
mente asimmetrico. Prova ne la profonda differenza che in-
tercorre nella relazione che lessere umano pu stabilire diffe-
DALLA PARTE DEL PROPRIETARIO:
IL CORDOGLIO ED IL LUTTO PER LA MORTE
DEL PROPRIO ANIMALE
BARBARA ALESSIO
Psicologa e Psicoterapeuta Torino
Obiettivi
Per capire cosa accade nel momento delleutanasia e quale strategia adottare per affrontarla dobbiamo partire dal soggetto
dellintervento: che non lanimale in quanto singolo bens la relazione che si sviluppa tra quello ed il suo proprietario. Dare
un buon servizio in quel frangente cos delicato impone al professionista un profondo coinvolgimento empatico nei confronti
del partner umano, tecnicamente definito come Pet Loss Counseling, consistente nellassunzione dei ruoli di consulenza e
di mediazione. Leutanasia in questottica assume la connotazione di pratica ad alta densit professionale, che riesce a confi-
gurarsi come terapia del morire con dignit.
2 Dalla parte del proprietario: il cordoglio ed il lutto per la morte del proprio animale
rentemente con un cane o con un peluche Con i nostri ani-
mali si crea un vero scambio affettivo, si costruisce un mondo
che lo scenario della relazione, ricco e complesso, che rive-
ste per luomo unimportanza immensa sotto il profilo psico-
logico. Si crea un dialogo, battito cardiaco dellesistenza
umana (Kaplan), che risponde al nostro bisogno di attacca-
mento e di sviluppare relazioni. Un rapporto che vitale in
quanto reciproco.
Pensiamo allora a quando questo legame si spezza. A
quando il rapporto finisce non per volont o sfinimento ma
perch si verifica quelleventualit disgraziata e blasfema in
cui un polo della diade deve decidere di uccidere lal-
tro unangolatura, questa, che certamente accentua le
coloriture emotive del contesto ma che forse proprio per
questo pu costituirsi come una prospettiva migliore per av-
vicinarsi alle emozioni del proprietario, aggiungendo alcuni
elementi per comprenderne il dolore, la disperazione, le ti-
tubanze, le ambivalenze...
La morte, qualunque morte, prima di tutto fa paura A tut-
ti. Umilia il nostro sguardo, ci riconduce alla dimensione di
creature, ci fa tornare noi stessi. C stato un tempo in cui la
morte era sentita come una realt domestica, familiare: faceva
parte del mondo quotidiano, era un momento importante
della vita collettiva. Oggi una realt oscena, da nascondere.
Non evento naturale ma sventurato, il risultato di un inci-
dente, un guasto. Lindividualismo ne ha privatizzato la forma
riducendo la solidariet ed i significati condivisi cos come la
sua medicalizzazione rappresenta un tentativo estremo di
rimuoverla dal nostro piano esistenziale. Eppure la morte
non un fenomeno puramente individuale: coinvolge infatti
il gruppo e la collettivit, la societ perch chiama in causa il
modo in cui le culture leggono la morte e la integrano nel
loro tessuto di credenze e comportamenti.
Pi si rimuovono langoscia di morte ed i sentimenti panici,
depressivi, inquietanti connessi allesperienza della caducit e
del limite pi si perde la possibilit di entrare in contatto con
le fondamenta della nostra sensibilit. Gli aspetti pi istintivi e
naturali della condotta umana sono schiacciati ed organizzati
in modo artificioso. Le emozioni pi forti ed i moti dellanimo
pi profondi vengono vissuti con un senso di vergogna di insi-
curezza, e giudicati dalla collettivit quasi come manifestazioni
di debolezza e di fragilit. Limbarazzo di fronte alla morte e
lincapacit di esprimere autenticamente commozione e turba-
mento alimentano la necessit di occultare continuamente
quellevento doloroso. Allora la fuga davanti al morente espri-
me non soltanto langoscia di morte ma anche un pi profon-
do desiderio di fuga da s stessi, dalla sterilit di unesistenza
che proprio nei momenti pi cruciali non trova valore. Galim-
berti ci ricorda che letimologia di sentimento rimanda alle-
sistenza di un contenitore, la mente, che tiene in-sieme (syn)
gli opposti, senza espellere luno a vantaggio dellaltro. Per
provare sentimenti occorre tollerare tutte le esperienze, le am-
bivalenze, il bene ed il male che coesistono luno a fianco del-
laltro. Altrimenti c indifferenza, che una forma di difesa.
Morte e vita sono nellinconscio coppie complementari: ecco
perch la piena esperienza della vita implica laccettazione ed
il contatto profondo con la morte.
Lodierno occultamento della morte nasconde, in realt, la
nostra grande paura e smaschera limpreparazione culturale
di una societ i cui membri si riconoscono incapaci di convi-
vere con lidea di finitezza e transitoriet, lidea che ciascuno
di noi implacabilmente destinato a scomparire. La vicinan-
za della morte evoca risposte primitive, spesso caotiche e con-
trarie a tutte le aspettative. Ma attenzione allora ad applicare
le categorie della razionalit in un processo che non pu che
generare irrazionalit.
Ma che dire della morte del proprio animale da compagnia?
Come accostare il discorso della transitoriet dellesistenza
umana alla scomparsa di un semplice animale? Si potrebbe
obiettare in prima battuta che non si possono applicare alla
sua morte le stesse categorie interpretative che guidano la
comprensione del lutto nei confronti di esseri umani. Ma,
inaspettatamente forse, questa obiezione non ha fondamento
per due ragioni: innanzi tutto perch il LEGAME un lega-
me damore, e replica la facolt vitale dellessere umano dello
stabilire rapporti affettivi di reciprocit. A ci si aggiunge il
fatto che il concetto di LUTTO in psicoanalisi ha un signifi-
cato ampio, inerente qualsiasi esperienza di perdita del lega-
me, persino a prescindere dalla morte reale. Noi sperimentia-
mo la morte sotto diversi aspetti: ogni perdita o commiato
in termini psicoanalitici e dunque interni un lutto. Nella vita
ci accomiatiamo continuamente, e non solo dalla persone, ma
anche da aspetti della nostra personalit o della nostra vita o
da progetti. Molti proprietari sono sorpresi dallintensit del
cordoglio che vivono per la morte del loro animale da com-
pagnia. Non c da sottovalutare che la perdita di un animale
pu riattivare altre esperienze di lutto della persona: ad esem-
pio la morte del coniuge, che sembrava gi superata. O quella
di un figlio. Questo comunque capita sempre nel lutto: ogni
nuova esperienza attiva la sensazione di perdere di nuovo tut-
te le persone che si sono perse in precedenza.
Lespressione elaborazione del lutto di Freud, il padre
della psicoanalisi, e risale al 1915. Si riferisce ad un lavoro psi-
chico che comporta forza, movimento, fatica e spostamento
di accenti, di attenzione, di priorit, di ottica. Il lutto implica
la ristrutturazione di un nuovo rapporto con s e con il mon-
do in seguito alla perdita dellaltro ed alla perdita di quanto di
noi era legato allaltro. Non sono molti gli studi che hanno ac-
costato e riflettuto sullesperienza psicologica umana della
morte: nemmeno nel campo della medicina umana. Quello
che rimane il riferimento fondamentale il pensiero di E. K-
bler-Ross
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nel suo lavoro di accompagnamento ai morenti, ri-
conosciuta come esperta di fama mondiale rispetto alle emo-
zioni ed agli atteggiamenti che caratterizzano il paziente, i fa-
migliari ed il personale a contatto. Anche i rari contributi nel
campo veterinario, tutti di origine anglosassone, utilizzano le
sue categorie per descrivere i sentimenti dei proprietari, le
reazioni che esibiscono e le strategie per affrontarle. Riporta-
no cos una sequenza comportamentale caratterizzata dappri-
ma dal rifiuto e dallisolamento, poi dalla collera (naturalmen-
te difficile da tollerare da parte dei professionisti, perch si ri-
versa pretestuosamente su di loro), infine dalla depressione.
Se la persona ha avuto il tempo sufficiente per elaborare
queste fasi ed stata aiutata potr allora approdare allaccetta-
zione. il segno che avr cominciato a ristrutturare il rappor-
to con la sua bestia, con s stesso e con il mondo.
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Psichiatra di origine svizzera che ha realizzato con molte difficolt inizia-
li uno studio ampio e ricco sulla psicologia dei morenti e di coloro che
sono coinvolti nellassistenza alla morte, compresi i famigliari. La sua ri-
cerca cominciata nel 1965 a Chicago. Il suo pensiero costituisce un rife-
rimento fondamentale per tutti quelli che si sono avvicinati al problema
pratico di cosa fare di fonte alla morte, che lei risolve parlando di un
modo di essere di fronte alla morte, anzi, di fianco alla morte.
Sisca Observer, Anno 7, Numero 1, Giugno 2003 3
Lelaborazione del lutto riguarda il processo lungo ed emoti-
vamente difficile di guarigione da questa malattia dellanima.
Non solo un distacco ed un abbandono ma anche una rico-
struzione del nostro mondo interiore e del rapporto con la vi-
ta che conduciamo.
Perdere un amore un po morire, veder svanire una
parte di noi, della nostra esistenza, quella che esisteva assieme
a quellaffetto. Ecco dove sta il significato VITALE delle no-
stre relazioni. La morte uccide una parte di noi: quella che
amava quellaffetto. Non si potr pi essere uguali a prima. Il
rapporto con lanimale crea un mondo comune solo ai prota-
gonisti che lo creano e vivono, che lesperienza della morte
distrugge. Questo credo sia ancora pi vero per la relazione
con lanimale, perch basata molto sul gesto e poco sulla
parola, sulla comunicazione non verbale, molto pi pregnan-
te ed antica, profonda, regressiva. Lelaborazione del lutto
dovr allora consistere nellelaborazione di un nuovo rappor-
to con il mondo: ci che facevamo con laltro, che eravamo
con laltro viene letteralmente seppellito. la nostra morte at-
traverso la morte dellaltro.
Si rivela importante a questo proposito la sottolineatura di
due aspetti che facilitano il processo di lutto, particolarmente
delicati in tema di eutanasia animale perch spesso assenti,
anche se per ragioni diverse. Ci si riferisce alla preparazione al-
levento che protegge dal senso di confusione, e rende pi ca-
paci di accettare la realt della perdita ed in particolare meno
propensi alla collera. Le pi gravi e prolungate reazioni di lut-
to si manifestano con maggiore probabilit, infatti, quando la
morte viene percepita come improvvisa ed immatura, perch
in quel caso non si riesce ad anticipare mentalmente, cogniti-
vamente ed emotivamente lo stato di perdita. Mentre in rela-
zione ai momenti che seguono la morte hanno grande inci-
denza i rituali di lutto ed inumazione, che riconoscono la gran-
dezza dellevento e offrono a chi ha subito una perdita un in-
tervallo di tempo separato dalla vita normale. Il rito lo stru-
mento che la cultura, anzi, le culture hanno nel tempo elabo-
rato per aiutare lindividuo ad affrontare momenti molto
emotivi, che hanno un rilievo non solo individuale e sociale.
Tutte le culture hanno, fin dai tempi pi remoti, identificato e
codificato riti funebri. Il rito rispetta il tempo interno del lutto
e lo aiuta, d significato e contiene lemozione, rassicurante;
aiuta lelaborazione ma soprattutto non lascia sola la persona.
Lesperienza di chi perde il proprio animale nella societ oc-
cidentale quella di una generale rimozione e banalizzazione dei
suoi vissuti.
Gli negata la possibilit di esprimere ci che prova per-
ch la societ non comprende e non accetta che si possa pro-
vare un legame profondo con un animale. Si vergogna, non sa
bene come comportarsi. E cos allesperienza della perdita si
aggiunge anche la solitudine, la sensazione di esclusione. Ma
anche loro impedito il ricorso a tutti quei riti che incanalano
le mozioni e che aiutano il processo di lutto. Nessuno conce-
pisce un congedo dal lavoro, nessuno accetta il pianto, manca
un rito funebre socialmente condivisibile La recente diffu-
sione dei cimiteri per gli animali, o la possibilit di cremare,
sono ancora poco conosciuti, non facile reperire informa-
zioni al riguardo frequente la ridicolizzazione.
Non bisogna avere idee preconcette sul lutto, ancor di pi
sul lutto che segue la morte di un animale, codificando quan-
to sia opportuno o quanto convenga che duri. Quanto pi
emozionalmente siamo legati a chi si perso pi sar intenso
e lungo il lutto. Se si riesce ad immaginare a come gli animali
accompagnino la vita di certe persone, a come ne scandisca-
no ritmi ed abitudini, a come ne regolino gli scambi sociali
non si fatica a mettere a fuoco quanto e come si intrecci lesi-
stenza con la loro.
LE RAPPRESENTAZIONI CULTURALI
DELLEUTANASIA: IL RUOLO DEI VETERINARI
Le fonti veterinarie sono parche sul tema: offrono alcuni ri-
ferimenti di ordine farmacologico o metodologico, ma nulla
SULLA MORTE. Eppure la comprensione dellevento eu-
tanasia passa anche attraverso quelli che sono i vissuti e le
interpretazioni dei medici che ne sono gli esecutori materiali.
I medici sono uomini e donne che vivono questo tempo,
dunque sono soggetti alle letture interpretative culturali di
cui si appena detto, che relegano la morte ad un rimosso
collettivo. I valori quali felicit, bellezza, giovinezza, efficien-
za fisica ed economica e lo sviluppo delle tecniche biomedi-
che hanno avallato lillusione dellinesistenza delle barriere al
controllo delluomo sulla natura, mutando il paradigma entro
il quale concettualizzata e vissuta la morte.
Per i medici nel concetto di cura insito quello di successo e
di guarigione. Non lieve per un medico prendere atto di una
simile impotenza: non posso pi fare nulla. Si formato
professionalmente per guarire e risolvere le patologie ed i di-
sturbi e considera istintivamente la morte altrui come un falli-
mento personale. I medici legano la loro arte alla salvaguardia
della vita. Il Giuramento di Ippocrate ed il codice deontolo-
gico italiano sono concordi nel negare al medico qualsiasi
possibilit di fornire al paziente un aiuto a morire. Il Giura-
mento in realt stato molto rimaneggiato e nel corso del
tempo ha subito un processo di banalizzazione che ne ha tra-
visato e stravolto profondamente il senso. Il Giuramento nac-
que da uno scrupolo diverso da quello della necessit di ga-
rantire una competenza tecnica: nacque per garantire un
comportamento etico. Allepoca della sua codifica gli Ascle-
piadi si convinsero che il sapere non sarebbe bastato al dotto-
re, che il pubblico avrebbe posto la differenza tra il medico
finto e quello vero sulla base di criteri diversi da quelli
meramente tecnici e professionali. Il Giuramento segna qual-
cosa di pi della nascita deontologica professionale: rappre-
senta la piena coscienza delle responsabilit del medico nei
Un fiore, un pensiero, un ultimo omaggio al cane morto da parte del
suo padrone.
4 Dalla parte del proprietario: il cordoglio ed il lutto per la morte del proprio animale
suoi rapporti con il malato, la famiglia del malato e la societ
pi in generale. Non era una dichiarazione manichea nei con-
fronti della vita contro la morte Era lespressione ritualizza-
ta di una filosofia di vita e di professione. Il corpus ippocrati-
co infatti si occupa anche di tutto quellinsieme di pensieri e
riflessioni che costituiscono da sempre una parte indispensa-
bile dellarte della medicina, una gamma completa di cono-
scenze al di l di quelle necessarie a comprendere i meri pro-
cessi fisici della malattia.
Eppure molti medici odierni sembrano dimenticare questa
tradizione, e si avvicinano ai pazienti con una lente scrupolo-
sa ma circoscritta.
Se tutto questo concerne larea generale della medicina, a
quella veterinaria si imputa una grave mancanza aggiuntiva:
non esistono ricerche circa le reazioni del proprietario alla mor-
te del proprio beniamino. Nonostante siano trentanni che si
sottolinea la complessit del rapporto tra luomo ed suo pet
non si possiedono dati sul momento emotivamente pi cru-
ciale (e rivelante, probabilmente) di questo rapporto. Se ne
pu dedurre che probabilmente il veterinario troppo spesso
cade nelloblio di uno dei protagonisti, senza riuscire a consa-
pevolizzare che ha sempre pi a che fare con una diade, non
con un singolo individuo. Il proprietario unentit sempre a
margine dellattivit professionale, un missing che pu costa-
re assai caro
Da questa mancanza di conoscenza ne discende la diffusa
convinzione che leutanasia conduca invariabilmente o assai
frequentemente alla perdita definitiva del cliente. Per di pi si
fa anche fatica a farsi pagare Ecco che si investe poco sul
momento.
difficile stare accanto a persone che stanno male: si cerca
di velocizzare i tempi perch la sofferenza del proprietario
crea disagio e non si sa come affrontarla. Cos come pesante
dover sopprimere una bestia, anche se ci si rende conto che
un atto pietoso nei suoi confronti.
Motivazioni e percorsi individuali e passione per la dimen-
sione pi relazionale del proprio lavoro consentono invece di
elaborare una filosofia del proprio lavoro che includa anche la
morte, invece di occultarla. Bisogna accettare di stare a met
tra il sentimento e laccademia, possibilmente rimanendone
equidistanti. Il mestiere del medico mette in contatto con
aspetti della vita malattia, sofferenza, morte che suggeri-
scono riflessioni che si spingono oltre la lama del bisturi per
penetrare in quelle aree geografiche del pensiero che riguar-
dano il nostro essere esseri umani. Conduce inevitabilmente a
trascendere la dimensione tecnocratica se si vuole essere una
mano che pensa (G. Macellari).
In un assetto ove la morte dellanimale da compagnia si
trova ad essere sempre pi gestita dal professionista, il me-
dico non pu fare a meno di reinventare uno scenario vivibi-
le della morte, sia per lanimale morente sia per i vivi che gli
stanno intorno, il medico stesso ed il proprietario.
LEUTANASIA UNA PRATICA AD ALTA DENSIT
PROFESSIONALE, non priva di elementi gratificanti, alme-
no sotto il profilo affettivo. Certo deve essere frutto di valuta-
zioni molteplici e deve connotarsi come una negoziazione tra
veterinario e proprietario. Va pensata, fatto che implica la
disponibilit a pensare la morte ed ad attraversare tutte le
emozioni che essa implica. Possiamo fare a questo punto an-
che un riferimento al business ed al Practice Management: il
40% dei clienti cambia veterinario a causa di unesperienza
negativa allatto del decesso del uso animale. Ecco limpor-
tanza della comunicazione, della cura del cliente, del coinvol-
gimento del cliente, con unattenzione specifica a non separa-
re la parte clinico-sanitaria della professione dal management.
Se si vuole imparare a dare un buon servizio va intrapresa
lapertura ad un pi profondo coinvolgimento emotivo, che la
letteratura anglosassone descrive come Pet Loss Counseling.
La scelta di questo comportamento dal punto di vista relazio-
nale lassunzione dei RUOLI DI CONSULENZA (counse-
ling) E DI MEDIAZIONE con importanti riverberi sullela-
borazione del lutto, grazie al bilanciamento di tre funzioni:
- educazione (il parlare): dare informazioni sul processo in
atto quando il cliente pronto ed aiutarlo ad utilizzarle
- supporto (lascoltare): il sostegno, lesserci, lessere a di-
sposizione
- facilitazione (agire): chiedere, suggerire, rimandare e cer-
care di aiutarlo a prendere una decisione.
Una buona pratica di accompagnamento consente il conte-
nimento di tutte le emozioni dei protagonisti (sensi di colpa,
angoscia, senso di sconfitta, depressione), anche dei veterina-
ri, migliorando il clima e la gestione del gruppo di lavoro. La
morte un trauma: la perdita un trauma per tutti. A ci si
aggiunge uno stereotipo assai radicato da sconfiggere: quello
che la sensibilit costituisca un difetto, che funzioni il model-
lo forte e distaccato, quello, cio, disumano.
Non pi questione di fuggire ma di sedersi, non di parla-
re ma di ascoltare. Di comunicare con il sorriso, una mano, lo
sguardo. Il medico, prima condannato a guarire o a fallire,
scopre allora unaltra filosofia della cura ed un altro senso
della propria funzione: impara a prescrivere s stesso secon-
do lespressione del medico psicoanalista Balint. Non il TO
CURE, che il curare per guarire ma il TO CARE cio il
prendersi cura, condividendo pensieri e sentimenti col clien-
te, aiutandolo ad esprimere ci che sente. Pi il dolore
espresso pi condiviso e dunque sopportabile.
Se il veterinario crede in questo servizio e la sua una di-
sposizione autentica riuscir ad aiutare pi con latteggiamen-
to che con le parole, vivendo leutanasia non come sconfitta.
Pensando che lui per quella diade davvero importante, se ne
preso cura per molto tempo, lha tutelata e protetta e pertan-
to nel momento della sua trasformazione DEVE essere l.
Questa impostazione vede la medicina non al servizio della
vita ma dei viventi: animali e persone, dunque anche al servi-
zio dei morenti o di coloro che stanno accanto ai morenti.
Leutanasia in questottica una terapia del morire, del morire
con dignit. Perch questo possa avvenire occorre per che i
medici non abbiano paura di riconoscere che per quel pa-
ziente non c pi nulla da fare e che non vivano la comunica-
zione del reale stato di cose come uno scacco personale, evi-
tando perci quegli interventi ed analisi che servono solo a
creare lillusione, prima di tutto in s e poi nel proprietario,
che si abbia ancora nel proprio bagaglio tecnico qualche stru-
mento che possa essere usato. Quello il momento di accom-
pagnare il paziente alla morte ed il proprietario alla fine del
rapporto concreto con il suo affetto. Ecco che la medicina
viene a perdere carattere di sistematicit e diventa, primaria-
mente, un gesto: un gesto di relazione.
Parole chiave
Eutanasia - lutto - emozioni del proprietario - counseling -
reazioni di fronte alla morte.

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