Il Sottosegretario di Stato per il Coordinamento della Protezione civile Il governo Ciampi, pur tra le difficolt di un momento di grandi travagli e cambiamenti nel Paese, nelle istituzioni e nella societ, ha dedicato una ragguardevole attenzione ai problemi dell'ambiente, della protezione civile, della tutela e del risanamento del territorio, della salvaguardia delle popolazioni nei confronti dei rischi derivanti da uno sviluppo che richiede doti sempre maggiori di equilibrio, prudenza di gestione e concorso di tutte le conoscenze utili della scienza e della tecnica, per tradursi in vero e duraturo benessere per la collettivit e non essere invece un puro dato quantitativo o di apparenza che, nel medio e lungo periodo, si rovescia in penalizzazione a danno delle generazioni sopravvenienti. In questo senso un atto qualificante del governo indubbiamente quello rappresentato dal decreto legge del 10 gennaio 1994, n. 13 (Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, la cosiddetta "legge Seveso") relativo ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attivit industriali, che fra l'altro attribuisce al Dipartimento della protezione civile la predisposizione delle linee guida per la pianificazione dell'emergenza esterna degli impianti industriali provvisoria o definitiva, e per la relativa informazione alla popolazione. Sul problema la - cui rilevanza, giusto sottolinearlo ancora, fondamentale vista la mappa delle industrie sul nostro territorio e, soprattutto, le caratteristiche particolari di molte lavorazioni - il Dipartimento aveva gi lavorato. E, oggi, fornisce ai prefetti quel documento essenziale che consentir loro di poter predisporre, in tempi relativamente brevi, i piani di emergenza esterni. Le "linee guida ", infatti, contengono sia i criteri generali cui attenersi per la pianificazione, che una "metodologia speditiva" delle aeree di impatto su cui basare un piano di emergenza anche provvisorio. Per quanto riguarda le problematiche dell'informazione al pubblico, sono state marginalmente affrontale, avendo questo documento come obiettivo primario la definizione delle zone di pianificazione, al fine di consentire appunto una rapida attivazione delle strutture prefettizie. L'argomento , comunque, in corso di approfondimento e sar oggetto di un'altra pubblicazione di prossima diramazione. Un esempio dunque, fra i tanti in questo nostro settore della protezione civile, di come le strutture della pubblica Amministrazione sia a livello centrale che a livello locale, si stanno adeguando, con crescente rapidit di riflessi, alle esigenze della nuova stagione che l'Italia si sta attrezzando a vivere nel contesto europeo. Vito Riggio Roma, 18 gennaio 1994
INDICE
PARTE PRIMA 1. Premessa 2. Quadro generale di riferimento 3. Criterio di scelta degli scenari incidentali 3.1 Definizione di scenario incidentale 3.2 Scenari di riferimento per la pianificazione 3.2.1 Grado di approfondimento richiesto per la pianificazione 3.2.2 Flessibilit nella considerazione delle condizioni atmosferiche 4. Livello di protezione. Zona di pianificazione 4.1 Definizione della zona di pianificazione 4.1.1 Prima zona - Zona di sicuro impatto 4.1.2 Seconda zona - Zona di danno 4.1.3 Terza zona - Zona di attenzione 4.2 Livelli di protezione Valori di riferimento per la valutazione degli effetti
PARTE SECONDA ALLEGATO - Metodo speditivo per la valutazione delle distanze nella pianificazione provvisoria
1. Premessa La pianificazione di emergenza esterna per impianti industriali a rischio di incidente rilevante si basa sugli scenari incidentali che emergono - dall'esame dei Rapporti di Sicurezza, al termine dell'istruttoria prevista dal D.P.R- 175/88. Nel corso di tale istruttoria questi scenari incidentali avranno ricevuto una validazione da parte degli organismi tecnici preposti. Tuttavia, l'attuale situazione fa prevedere che la conclusione dei procedimenti istruttori e la conseguente validazione degli scenari incidentali indicati dal Fabbricante possa comportare presumibilmente tempi lunghi e comunque non conciliabili con le urgenti necessit di pianificare, espresse dai Prefetti. Questi sono di conseguenza nella necessit, anche a seguito delle indicazioni loro pervenute da parte del Ministero dell'Interno, di produrre piani di tipo provvisorio nelle more della conclusione dell'iter istruttorio ex D.P.R. 175/88. Al fine di permettere che questa pianificazione provvisoria possa essere eseguita su basi per quanto possibili razionali ed omogenee sul territorio nazionale, appare opportuna l'introduzione di uno strumento che metta in grado il pianificatore di operare, oltre che sulla base di informazioni ancora non validate, anche mediante una valutazione indipendente che permetta in modo semplice una individuazione delle aree a cui estendere la pianificazione d'emergenza. Per ottemperare a questa esigenza, il presente documento si propone di fornire uno strumento che metta in grado: 1. di definire i principali criteri di base che dovranno informare i piani di emergenza esterni (schema n. 1); 2. di fornire supporto alle locali strutture di pianificazione nella eventuale individuazione degli scenari incidentali dedotti dagli elementi forniti dal fabbricante; 3. nelle more della determinazione degli scenari incidentali, di determinare in maniera speditiva le zone di pianificazione sulla base di elementi facilmente reperibili ed indipendentemente dagli scenari individuati dal fabbricante (schema n.2) ; La metodologia illustrata deriva da una elaborazione del documento redatto dal Segretariato del Comitato di Coordinamento delle attivit di sicurezza nel settore industriale in collaborazione con l'ENEA-Disp, lENI e l'Enichem, "Pianificazione di emergenza per rilasci di sostanze pericolose - Proposta di un criterio di dimensionamento", esaminata dal Comitato stesso nella seduta del 2 ottobre 1992 e gi utilizzata ai fini dell'espressione dei pareri per le istruttorie sin qui esaminate. La Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione del Grandi Rischi, istituita presso il Dipartimento della Protezione Civile, si espressa favorevolmente sul presente documento nella seduta del 18 Giugno 1993. I criteri di base espressi nel presente documento rispecchiano le tendenze maggiormente seguite in campo internazionale nella pianificazione d'emergenza esterna. Il metodo speditivo di valutazione delle aree di pianificazione deriva da quanto elaborato dal TNO ed utilizzato in Olanda da parte delle autorit locali nella pianificazione di emergenza esterna (1)
e ripreso in un approccio recentemente presentato dallUNEP (2) per la classificazione e la definizione delle priorit per gli impianti a rischio di incidente rilevante. Esso stato integrato dall'ENEA-Disp al fine di effettuarne un aggiornamento ed adeguarlo maggiormente alle esigenze a cui questo documento intende rispondere.
Schema n.1 Criteri per la pianificazione definitiva Conclusioni dell'istruttoria Parere del Dipartimento della Protezione Civile
Livelli di protezione Determinazione zone di pianificazione (punti 4.1 e 4.2).
Prima zona Seconda zona Terza zona
Criteri generali (punto 4.1)
Criteri di scelta (punto 3)
Pianificazione definitiva
Schema n.2 Criteri per la pianificazione provvisoria in assenza di scenari incidentali
Informazioni generiche (sostanze, quantitativi, modalit di stoccaggio)
Valutazione distanze standard (Allegato - punto 2)
Determinazione prima e seconda zona di pianificazione (Allegato - punto 3)
Criteri generali di pianificazione (punto 4.1)
Pianificazione provvisoria
2. Quadro generale di riferimento Le scelte di base e i criteri generali esposti nel presente documento derivano dall'esame delle indicazioni contenute in linee-guida o in documentazioni tecniche provenienti da Autorit pubbliche o da altre autorevoli fonti e relative in senso stretto alla pianificazione d'emergenza. Ci vale in particolare per quanto attiene al criterio di scelta basato sulla frequenza di accadimento per una pianificazione di dettaglio e alle soglie di vulnerabilit tipicamente assunte a rappresentare il limite di protezione considerato. E' da osservare come in campo internazionale vi sia una chiara tendenza, peraltro pienamente giustificata sotto un profilo logico, a mantenere distinti i limiti, e quindi le distanze di protezione, per la pianificazione territoriale e per quella di emergenza (3), (4). Il documento pone peraltro attenzione alle tendenze evidenziate dall'esame dei piani di emergenza provvisori gi operativi sul territorio nazionale. 3. Criterio di scelta degli scenari incidentali 3.1 Definizione di scenario incidentale Ai fini della pianificazione d'emergenza esterna non hanno rilevanza solo i singoli eventi incidentali (cause impiantistiche), quanto l'effetto di tali eventi sul territorio circostante ed in particolare sulla popolazione, effetto che viene cos a determinare un unico scenario incidentale. In tal senso, uno scenario incidentale viene ad essere costituito dal raggruppamento degli incidenti individuati, per i quali vi sia una sufficiente similitudine nei parametri caratterizzanti qualitativamente e quantitativamente l'impatto sul territorio, e quindi le azioni di emergenza da intraprendere. Specificamente dovranno risultare omogenei: sostanza rilasciata durata dell'esposizione ubicazione approssimativa del rilascio distanze di impatto assumendo per queste ultime l'insieme pi conservativo nel gruppo di incidenti rappresentati. La frequenza attesa di ogni scenario incidentale risulta pertanto la combinazione di quelle relative ai singoli eventi incidentali componenti, e sar poi questa frequenza combinata a dover essere utilizzata ai fini della selezione degli scenari su cui operare la pianificazione di dettaglio ovvero la predisposizione delle sole linee generali di intervento. 3.2 Scenari di riferimento per la pianificazione. 3.2.1 Grado di approfondimento richiesto per la pianificazione. L'approccio generalmente seguito in campo internazionale porta ad operare una selezione degli scenari da pianificare basata, in modo eventualmente articolato e non esclusivo, sulla frequenza attesa di riferimento. Gli scenari incidentali individuati nell'analisi di rischio, cos come richiesto dal DPCM 31/3/89 (5), dovranno comunque essere presi in considerazione ai fini della valutazione dello stato di sicurezza dell'impianto mentre, ai soli fini pianificatori, sar necessario distinguere fra gli scenari pi probabili (frequenza attesa almeno dellordine di 10 -4 /10 -5 ) e quelli meno probabili. In relazione a ci: La pianificazione di emergenza dovr essere estesa a comprendere nel dettaglio tutti gli scenari incidentali pi probabili che abbiano impatto all'esterno dello stabilimento. Per gli scenari meno probabili l'organo locale di pianificazione, tenendo conto di elementi obiettivi quali: la gravit dell'incidente; le caratteristiche demografiche e sociali del territorio; le disponibilit operative di intervento, potr decidere in merito all'approfondimento possibile nella pianificazione da seguire. In tal caso potr ritenersi giustificata la sola indicazione in termini generali dei criteri di protezione e di intervento connessi allo scenario, senza procedere ad una pianificazione di dettaglio in termini operativi sul territorio. 3.2.2. Flessibilit nella considerazione delle condizioni meteorologiche Nella maggior parte dei casi gli scenari di riferimento, per motivi di probabilit, saranno associati alla categoria di stabilit atmosferica D; per quanto riguarda le categorie di maggiore stabilit atmosferica (tipo la classe F), occorre osservare che, per molti siti, oltre ad essere meno probabili, queste presentano un carattere essenzialmente notturno. In queste condizioni un rilascio in classe F o equivalente, troverebbe presumibilmente la maggioranza della popolazione gi in condizioni "al chiuso" e molti dei centri di possibile concentrazione di soggetti vulnerabili (scuole, asili nido, luoghi pubblici, ecc.) non frequentati. Ci comporterebbe una situazione gi in partenza notevolmente mitigata rispetto a quella tipicamente diurna. In considerazione di ci sar giustificato, per le condizioni di elevata stabilit atmosferica, il mantenimento di una pianificazione di dettaglio degli interventi generalizzati limitata alla prima zona, prevedendo per le rimanenti zone, solamente gli interventi mirati, gi previsti per la sola terza zona individuata in condizioni di non elevata stabilit atmosferica. Tale approccio non comunque applicabile nei siti per i quali le categorie di elevata stabilit atmosferica siano significativamente presenti anche in condizioni diurne. 4. Livello di protezione. Zone di pianificazione. 4.1 Definizione delle zone di pianificazione In linea di principio la pianificazione d'emergenza comporta l'individuazione dell'area su cui complessivamente va posta l'attenzione. D'altra parte appare evidente la necessit di differenziare l'area d'impatto secondo la gravit e la tipologia delle conseguenze e quindi secondo la diversit delle azioni da prevedere a fronte dell'emergenza e nei riguardi del tipo e modalit di informazione alla popolazione. Tenuto conto di quella che risulta essere una tendenza largamente seguita in campo nazionale ed internazionale, in linea di principio e salvo eventuali esigenze particolari che emergano e siano valutate dallorgano di pianificazione locale, le azioni di pianificazione andranno impostate su tre diverse zone. Le aree di pianificazione avranno normalmente forma circolare con centro nell'impianto e raggio pari alla distanza determinata in base ai parametri ricavati dalla tabella di cui al punto 4.2. Linformazione relativa alla forma dell'area d'impatto (circolare, semicircolare, settore circolare) ed alla sua prevedibile superficie fornir utili indicazioni per il dimensionamento dei mezzi operativi e delle risorse da impiegare nella attuazione del piano di emergenza. 4.1.1 Prima zona - Zona di sicuro impatto. La prima zona, definita come zona di sicuro impatto e presumibilmente limitata alle immediate adiacenze dello stabilimento, caratterizzata da effetti sanitari comportanti una elevata probabilit di letalit anche per le persone mediamente sane. In questa zona l'intervento di protezione da pianificare consiste in generale, e segnatamente per il rilascio di sostanze tossiche, nel rifugio al chiuso. Solo in casi particolari (incidente non in atto ma potenziale e a sviluppo prevedibile oppure rilascio tossico di durata tale da rendere inefficace il rifugio al chiuso), ove ritenuto opportuno e tecnicamente realizzabile, dovr essere prevista l'evacuazione spontanea o assistita della popolazione. Tale eventuale estremo provvedimento, che sarebbe del resto facilitato dalla presumibile e relativa limitatezza dell'area interessata, andr comunque preso in considerazione con estrema cautela e solo in circostanze favorevoli. In effetti una evacuazione con un rilascio in atto porterebbe, salvo casi eccezionali e per un numero esiguo di individui, a conseguenze che potrebbero rivelarsi ben peggiori di quelle che si verrebbero a determinare a seguito di rifugio al chiuso. Data la fondamentale importanza ai fini della protezione che in questa zona riveste il comportamento della popolazione, dovr essere previsto un sistema di pronto allarme che avverta la popolazione dell'insorgenza del pericolo ed un'azione di informazione preventiva particolarmente attiva e capillare che dovr essere svolta con mezzi diretti, quali la distribuzione di modulistica porta a porta (informazione attiva). Per i punti particolarmente vulnerabili dovranno essere previsti sistemi di allarme direttamente collegati con lo stabilimento, linee di comunicazione dedicate, nonch una azione specifica di formazione e di addestramento del personale responsabile. Data la possibile elevata densit attesa di vittime, salvo eventuali casi specifici, le azioni di soccorso post-incidentale dovranno essere indirizzate prioritariamente a questa zona rispetto agli analoghi interventi richiesti per le altre due zone soprattutto nel caso in cui sia necessario prevedere una gradualit di intervento. 4.1.2 Seconda zona - Zona di danno Pur essendo ancora possibili effetti letali per individui sani, almeno limitatamente alle distanze pi prossime, la seconda zona, esterna rispetto alla prima caratterizzata da possibili danni, anche gravi ed irreversibili, per persone mediamente sane che non intraprendano le corrette misure di autoprotezione e da possibili danni anche letali per persone maggiormente vulnerabili (neonati, bambini, malati, anziani, ecc.). Gli effetti prevedibili sono tali da richiedere ancora l'intervento immediato di protezione e l'assistenza post-incidentale sulla generalit della popolazione presente nellarea d'impatto. In tale zona, l'intervento di protezione principale dovrebbe consistere, almeno nel caso di rilascio di sostanze tossiche, nel rifugio al chiuso. Un provvedimento quale l'evacuazione infatti, risulterebbe difficilmente realizzabile anche in circostanze mediamente favorevoli, a causa della maggiore estensione territoriale. Del resto in tale zona, caratterizzata dal raggiungimento di valori dimpatto (concentrazione, irraggiamento termico) minori, il rifugio al chiuso risulterebbe senz'altro di efficacia ancora maggiore che nella prima zona. Eventuali luoghi di elevata concentrazione di persone vulnerabili (asili nido, scuole, ospedali, ecc.) presenti nella seconda zona dovrebbero essere presi in particolare considerazione per provvedimenti specifici quali la costituzione di locali chiusi idonei al rifugio, formazione ed addestramento del personale responsabile, evacuazione mirata, attrezzature di protezione individuale, segnale diretto di allarme dallo stabilimento, linee di comunicazione dedicate, ecc. L'azione di informazione attiva dovrebbe essere estesa, limitatamente ai punti critici, almeno a tutta questa zona. Per quanto riguarda l'informazione al resto della popolazione, in questa zona si pu ricorrere ai normali mezzi di stampa e audiovisivi, all'informazione scolastica, ecc.(informazione passiva) Le azioni di soccorso post-incidentale, quando necessarie, avranno una priorit inferiore a quelle previste per la prima zona, con eccezione delle azioni mirate ai punti critici di cui sopra, per i quali le azioni di soccorso dovranno essere condotte prioritariamente. 4.1.3 Terza zona - Zona di attenzione. La terza zona caratterizzata dal possibile verificarsi di danni, generalmente non gravi, a soggetti particolarmente vulnerabili, o comunque da reazioni fisiologiche che possono determinare situazioni di turbamento tali da richiedere provvedimenti anche di ordine pubblico, nella valutazione delle autorit locali. L'estensione di tale zona non dovrebbe comunque risultare inferiore a quella determinata dall'area di inizio di possibile letalit nelle condizioni ambientali e meteorologiche particolarmente avverse (classe di stabilit meteorologica F). Tipicamente in questa zona rimane consigliabile il rifugio al chiuso e dovranno essere previsti solamente interventi mirati ai punti di concentrazione di soggetti particolarmente vulnerabili (scuole, ospedali, luoghi pubblici, ecc.) ed azioni di controllo del traffico. Nel caso del rilascio di sostanze tossiche facilmente rilevabili ai sensi, ed in particolare di quelle aventi caratteristiche fortemente irritanti, occorre porre specifica attenzione alle conseguenze che reazioni di panico potrebbero provocare in luoghi particolarmente affollati (stadi, locali di spettacolo, ecc.). Dovr comunque essere prevista un'azione di addestramento del personale responsabile dei punti critici quali ospedali, asili nido, ecc., nonch sistemi di collegamento diretto come per le altre zone. E' da osservare come la effettiva gravosit ai fini pianificatori, dovuta alla possibile significativa estensione di tale terza zona, verr nella maggior parte dei casi mitigata dalla natura e dalla limitatezza degli interventi generalmente da prevedere. In questa zona, le azioni di soccorso post-incidentale dovranno essere condotte con priorit inferiore a quella delle altre due zone, salvo segnalazione di specifiche e significative situazioni, generalmente associate ai punti critici gi citati. In relazione al possibile insorgere di tali situazioni sar comunque opportuno disporre di una riserva operativa per interventi mirati. Per quanto riguarda l'informazione alla popolazione, anche in questa zona si pu ricorrere a mezzi "passivi", quali i normali mezzi di stampa e audiovisivi. 4.2 Livelli di protezione - Valori di riferimento per la valutazione degli effetti. In tabella seguente sono riportati i valori di riferimento per la valutazione degli effetti in base ai quali vengono determinate le zone di pianificazione. In particolare: La delimitazione della prima zona determinata dai parametri riportati nella colonna, contraddistinta da n. 1 La delimitazione della seconda zona determinata dai parametri riportati nella colonna contraddistinta da n. 2 La determinazione della terza zona di pianificazione, esterna ai limiti della seconda, necessariamente demandata ad una valutazione specifica da compiersi per la particolare realt territoriale. In tal senso, l'organismo di pianificazione avvalendosi delle competenze tecniche-disponibili ed in collaborazione con i fabbricanti, provveder all'individuazione dei centri di vulnerabilit che potrebbero venire interessati dagli scenari incidentali individuati.
Valori di riferimento per la valutazione degli effetti Zone ed effetti caratteristici Fenomeno fisico 1 Elevata probabilit di letalit 2 Danni gravi a popolazione sana Note Esplosioni (sovrappressione di picco) 0,6 bar (0,3 bar)* 0,07 bar 1 BLEVE/Sfera di fuoco (radiazione termica variabile) raggio fireball 200 KJ/m 2 2 Incendi (radiazione termica stazionaria) 12,5 kW/m 2 5 kW/m 2 3 Nubi vapori infiammabili LFL 0,5x LFL 4 Nubi vapori tossici LC50 IDLH 5 _____________________ * Per gli effetti indiretti rilevanti; applicabile in presenza di edifici o manufatti collassabili
Legenda LFL Limite inferiore di infiammabilit LC5O Concentrazione di sostanza tossica, letale per inalazione nel 50% dei soggetti esposti per 30 minuti IDLH Concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l'individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l'esecuzione delle appropriate azioni protettive
Note alla tabella 1) Esplosioni/UVCE I valori di soglia indicati tengono conto solo degli effetti diretti dell'onda di pressione sull'organismo umano. Nel caso in cui siano presenti nell'area d'impatto edifici e altri manufatti vulnerabili, occorre peraltro tenere conto anche di effetti indiretti quali crollo delle strutture o edifici (indicativamente fino a distanze corrispondenti a 0,3 bar) ovvero rottura significativa di vetri con proiezione di frammenti (indicativamente fino a distanze corrispondenti a 0,03 bar). Per quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto, si pu prendere a riferimento il valore di soglia di 0,3 bar corrispondente al possibile danneggiamento a strutture pesanti, apparecchiatura di processo, serbatoi e tubazioni. 2) BLEVE/Sfera di fuoco I valori di soglia indicati rappresentano la dose termica assorbita (Dose = potenza incidente x durata) e corrispondono alla possibilit di subire il danno indicato da parte di persone non dotate di specifica protezione individuale. Ove il fabbricante fornisca il valore medio di irraggiamento espresso in kW/m 2 sufficiente moltiplicarlo per la durata del fireball per ottenere il valore atteso di dose termica da confrontare con il valore di soglia. Per quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto, si possono prendere a riferimento le tipiche distanze entro cui si verifica la proiezione della maggior parte dei frammenti di dimensioni significative, pari a 100 metri nel caso delle unit di imbombolamento e relativo immagazzinamento, 500 metri per serbatoi di stoccaggio sferici e 800 metri per serbatoi di stoccaggio cilindrici. 3) Incendi I valori di soglia per danni alle persone, in assenza di specifica protezione individuale, tengono conto della possibilit per l'individuo di sottrarsi in tempo utile al campo di irraggiamento, considerate le distanze ridotte che sono interessate, senza subire danni che impediscano la reazione di fuga. Per quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto, pu essere preso a riferimento il valore di soglia pari a 12,5 kW/m 2 . Tale valore corrisponde al possibile danneggiamento dei serbatoi atmosferici ovvero al collasso termico per quelli pressurizzati per esposizioni prolungate. 4) Nubi vapori infiammabili/Flash fire Data l'estrema brevit del fenomeno, si assume che effetti letali possano presentarsi solo nell'area di sviluppo fisico della fiamma. I valori di soglia tengono conto anche della possibile disuniformit della nube infiammabile, che pu peraltro originare sacche isolate e localizzate di fiamma anche a distanze maggiori di quelle corrispondenti al limite inferiore di infiammabilit. 5) Nubi di vapori tossici I valori di soglia indicati, sia per la zona 1 che per la zona 2 , si riferiscono alla concentrazione a cui verrebbe sottoposto un individuo stazionante all'aperto per un tempo dell'ordine dei 30 minuti. Tale situazione dovrebbe essere considerata mediamente, ma non sempre, come conservativa. In realt, qualora il tempo effettivo di esposizione dovesse variare significativamente, occorrerebbe assumere un valore di soglia congruentemente diverso. In particolare, i tempi di esposizione che si verificano mediamente nella pratica possono essere significativamente inferiori (sia per la durata tipicamente minore del rilascio o del passaggio della nube, sia per la possibilit del rifugio al chiuso per il quale sussiste una certa mitigazione, almeno per durate non eccessivamente prolungate). Viceversa la durata effettiva di esposizione potrebbe risultare superiore ad esempio nei casi in cui si possa avere la formazione di pozza evaporante per rilascio di liquido tossico relativamente volatile.
ALLEGATO METODO SPEDITIVO PER LA VALUTAZIONE DELLE DISTANZE NELLA PIANIFICAZIONE PROVVISORIA 1 . Premessa L'individuazione delle aree da pianificare in termini provvisori, come definite al punto 4 del testo, viene effettuata con riferimento ad una distanza standard, la cui valutazione di seguito illustrata. Il metodo proposto, basato sulle fonti citate nel testo, fa riferimento ad alcune specifiche assunzioni sulle ipotesi incidentali poste alla base delle valutazioni e sui livelli di danno atti a rappresentare l'area individuata. In tale senso occorre tenere presente quanto segue (1): il termine di sorgente per il rilascio corrisponde al massimo incidente credibile; la categoria atmosferica per cui sono state effettuate le valutazioni di dispersione la D, con velocit del vento pari a 5 m/s; criterio di vulnerabilit per incendi (variabili e stazionari): elevata probabilit di letalit per esposizione diretta alla fiamma; criterio di vulnerabilit per esplosioni: elevata probabilit di letalit entro la sovrappressione di 0.3 bar; criterio di letalit per rilasci di sostanze tossiche: elevata probabilit di letalit per esposizione a LC5O per pi di 30 minuti; criterio di classificazione delle sostanze (cfr. successiva tab.1 e 2) secondo quanto esposto in Appendice 1 al presente allegato. 2. Procedura di valutazione. Con riferimento alla tabella 1 si individua la sostanza per il rilascio della quale si vuole effettuare la valutazione della distanza standard. Dalla stessa tabella si rileva il gruppo di numeri di riferimento attribuibili alla sostanza coinvolta. Nel caso di sostanza non ricompresa in tabella 1, quest'ultima potr comunque essere utilizzata previa classificazione della sostanza in esame secondo i criteri esplicitati nella stessa tabella per gli infiammabili e in Appendice 1 per i tossici. Dalla tabella 2, in base alla tipologia di attivit in esame e/o della modalit di detenzione della sostanza stessa, si individua quale dei numeri di riferimento del gruppo sopra citato applicatile al caso attuale. In corrispondenza del numero di riferimento cosi individuato e in funzione della quantit di sostanza detenuta (massima realisticamente coinvolgibile in un singolo incidente), dalla tabella 3 (ovvero 3a ove specificamente indicato in nota a tabella 3) si determina la categoria di effetti associabile alla situazione in esame (contraddistinta da una lettera e da un numero romano). Ove necessario si proceder ad una interpolazione tra i valori estremi dei campi di variabilit delle quantit di tabella 3 e di distanza di tabella 4. Con tali elementi, dalla tabella 4 si determinano, in base alla lettera, la distanza standard e l'estensione superficiale dell'area di massimo impatto; in base al numero romano, la forma dell'area di impatto. Rispetto ad alcuni fini pianificatori generali dovr essere considerata la sola distanza di impatto cosi ricavata (distanza standard), mentre ai fini del dimensionamento delle risorse e dell'individuazione dell'area di intervento in emergenza sar utile anche l'informazione relativa alla forma dell'area e alla sua prevedibile superficie. Il processo di valutazione sopra descritto riportato, per maggiore chiarezza, nella figura riportata a pagina seguente. 3. Distanza di pianificazione provvisoria La distanza caratterizzante la prima zona di pianificazione coincide con la distanza standard ricavata come descritto al precedente punto 2. La distanza a cui va estesa la seconda zona determinata, sempre in termini speditivi, da quella standard moltiplicata per il coefficiente di impatto "i": Per sostanze infiammabili e/o esplosive i = 2 Per sostanze tossiche vedi Appendice 4
4. Informazioni necessarie L'applicazione del metodo spedito e la relativa pianificazione provvisoria potranno essere basate, oltre che sui contenuti del Rapporto di Sicurezza ove disponibile, sulle informazioni direttamente fornite dal Fabbricante su richiesta delle Autorit competenti, in base alla modulistica di cui in Appendice 3.
TABELLA 1 ELENCO DELLE SOSTANZE Numeri di riferimento Tipo di sostanza Sostanza 1,3 Liquido infiammabile con tensione di vapore < 0,3 bar a 20 C. (Punto di infiammabilit > 20 C). Alcool allilico Alcool furfurilico Alcool iso-amilico Alcool iso-butilico Alcool propilico Anilina Benzaldeide Benzil cloruro Butandione Butanolo Butil diglicol Dicloro benzolo Dietil carbonato Dimetil formammide Etanol ammina Etilen glicol acetato Fenolo Furfur aldeide Gasolio Greggio Metilbutil chetone Metil glicol Metil glicol acetato Nafta Naftalina Nitrobenzene Olio combustibile Stirolo Triossano Xilolo 1,3 Liquido infiammabile con tensione di vapore <0,3 bar a 20 C. (Punto di infiammabilit 20 C.) Acetale Acetone Acetonitrile Alcool iso-propilico Alcool metilico Benzene Benzina Butanone Butil cloruro Butil formiato Cicloesene Dicloroetano Dicloropropano Dietil ammina Dietil chetone Dimetil carbonato Dimetil cicloesano Diossano Eptano Esano Etanolo Etere isopropilico Etil acetato Etil acrilato Etil benzene Etil formiato Isobutil acetato Metil acetato Metil cicloesano Metil isobutilchetone Metil metacrilato Metil propionato Metil vinilchetone Ottano Piperidina Piridina Propil acetato Toluene Trietil ammina Vinil acetato 4,6 Liquido infiammabile con tensione di vapore 0,3 bar a 20C. Acetaldeide Benzina leggera Carbonio disolfuro Ciclopentano Dietil etere Etil bromuro Idrocarburi leggeri condensati Isoprene Metil formiato Pentano Propil aldeide Propilene ossido Soluzione di collodio 7,9 Gas infiammabile liquefatto in pressione 1,3 Butadiene Butano Butene Ciclopropano Difluoro etano Etano Etil cloruro GPL Isobutano Isobutilene Metil etere Propadiene Propano Propilene 10,11 Gas infiammabile liquefatto per refrigerazione Etilene Gas naturale liquefatto (GNL) GPL Metano Metil acetilene Propilene 13 Gas infiammabile in pressione Acetilene Butano Etilene Gas naturale GPL Idrogeno Metano Metil acetilene Propano 14,15 Esplosivi Nitrato di ammonio (fertilizz. tipo AI) Nitroglicerina Trinitro toluene 16,17 Liquido a tossicit bassa Acetil cloruro Allil ammina Allil bromuro Azinphos etile Bis (2-cloroetil) solfuro Butil acetato Cloropicrina 1.2-Dibromoetano Diclorodietil etere Dimetil idrazina Dimetil solfuro Disulfoton Epicloridrina Etantiolo Etil etere Etil isocianato Etil triclorosilano Ferro pentacarbonile Fosfamidone Fosforo ossicloruro Isopropil ammina Metil idrazina Mevinfos Osmio tetrossido Percloro metilmercaptano Piombo tetraetile Piombo tetrametile Propilene ossido Solforil cloruro Terzbutil perossiacetato Vinilidene cloruro 18 - 21 Liquido a tossicit media Acido nitrito (fumante) Acrilonitrile Acroleina Bis clorometil etere Bromo Carbofenothion Carbonio solfuro Cianogeno bromuro Clorfenvifos Cloro acetaldeide Cloro metiletere Dimetil clorosilano Etil cloroformiato Etilen immina Idrossi acetonitrile Metacroleina Metil cloroformiato Metil diclorosilano Metil ioduro Metil triclorosilano Oleum (acido solforico fumante) Parathion Stagno tetracloruro Sulfotep Triclorometilsulfenil cloruro Tricloro silano 22,25 Liquido a tossicit alta Acido cianidrico Allil cloruro Azoto biossido Demeton Dimefox Isobutil ammina Pentaborano Propilen immina Sodio monofluoro acetato Tepp Terz butilammina Thionazin Zolfo triossido 26,29 Liquido a tossicit molto alta Metil isocianato Nichel carbonile Zolfo pentafluoruro 30,35 Gas a tossicit bassa Dimetil ammina 31,36 Gas a tossicit media Acido cloridrico Acido fluoridrico Ammoniaca Azoto trifluoruro Boro trifluoruro Carbonio monossido Cloro trifluoruro Etilene ossido Silano Trimetil ammina Vinil bromuro Zolfo biossido 32,37,42 Gas a tossicit alta Acido bromidrico Azoto monossido Boro tricloruro Carbonil solfuro Cloro Cloro biossido Dicloro acetilene Esafluoro acetone Etil ammina Fluoro ossido Formaldeide Idrogeno solforato Metil bromuro Metil cloruro Percloril fluoruro Selenio esafluoruro Selenio idruro Silicio tetrafluoruro Solforile fluoruro Stagno tetraidruro Tellurio esafluoruro Vinil cloruro 33,38 Gas a tossicit molto alta Boroetano Carbometilene Carbonil cloruro Carbonil fluoruro Cianogeno Dimetil etere Fluoro Fosfina Fosgene Ossigeno difluoruro Stibina Zolfo tetrafluoruro 34,39 Gas a tossicit estrema Arsina Idrogeno seleniato Ozono Selenio esafluoruro 43 - 46 Prodotti tossici di combustione Acido cloridrico Azoto biossido Diossine Zolfo biossido
TABELLA 2 Classificazione delle sostanze per modalit di detenzione o tipologia di attivit
No. rif. Tipo di sostanza Caratteristiche della sostanza Tipo di attivit 1 3 4 6 Liquido infiammabile Tensione di vapore < 0,3 bar a 20C Tensione di vapore 0,3 bar a 20C Stoccaggio con bacino di contenimento Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Altro 7 9 10 11 13 Gas infiammabile Liquefatto in pressione Liquefatto per refrigerazione In pressione Stoccaggio sopra terra, auto/ferrocisterna Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Altro Stoccaggio di bombole (25-100 kg) 14 15 Esplosivi In mucchio (singola esplosione) In contenitori
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 Liquidi tossici A bassa tossicit A media tossicit Ad alta tossicit A tossicit molto alta Stoccaggio con bacino di contenimento Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Auto/ferrocisterna Trasporto per via dacqua Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Auto/ferrocisterna Trasporto per via dacqua Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Auto/ferrocisterna Trasporto per via dacqua Altro 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 42 43 44 45 46 Gas tossici Liquefatti in pressione: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema Liquefatti per refrig.: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema In pressione > 25 bar : t. alta Prodotti tossici di combustione Da pesticidi Da fertilizzanti azotati Da fertilizzanti solforati Da materie plastiche clorurate
TABELLA 3 Categorie di effetti
No.rif. Quantit (ton) <10 10-50 50-200 200-1000 1000-5000 5000-10000 >10000 1 - - - A I B I B I C I 3 4 6 - - - A I - B II B I - C II C I B I D II D II C II E II X C II X X D II X 7 9 10 11 13 B I C III - - C III C I C III - B II C II D I D III - C II C I E I X B I D II C I F I X C II E II X X X C II X X X X D II X X 14 15 B I C III C I C II C I C I D I D I X X X X X X 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 - - - C III D III C III A II D III E III D III C III E III F III E III - A III A III D III E III D III B III E III F III E III E III F III G III F III - A II B III X F III E III C III X G III F III F III X H III G III A II B II D III X X F III E III X X G III G III X X H III A II C II E III X X F III F III X X G III G III X X H III B II C II F III X X X G III X X X H III X X X C III C II F III X X X G III X X X H III X X X 30 31 32 33 34 A II B II E III F III G III A I C II E III G III H III B II D III F III G III H III B I E III F III G III X C III F III G III X X C II F III X X X X X X X X 35 36 37 38 39 42 43 44 45 46 A II C II D III F III G III A II B II - - A II C II E III F III H III B II C III A II A II A II D III E III G III H III D III E III C III C III B II D III E III G III X E III F III D III D III B II D III F III X X E III F IIII D III D III B II E III X X X X X X X X X X X X X X X X
Note: X Combinazione sostanza/quantit non riscontrabile nella normale pratica industriale -- Effetti trascurabili Per il numero di riferimento 42 vedere tabella 3a Ai fini dellapplicabilit di questa tabella, le quantit minime di prima colonna devono essere non inferiori alla soglia prevista per la notifica dal DPR 175/88 e successive modificazioni e integrazioni
TABELLA 3a Categorie di effetti (per gas a tossicit alta in pressione) No rif. Diametro (metri) Categoria Note 42 < 0.02 0.02 - 0.04 0.04 - 0.1 D III E III F III Diametro della pi grande tubazione connessa con il sistema di impianto o serbatoio contenente la sostanza.
TABELLA 4 Area di massimo effetto Categoria Distanza standard (metri) Estensione superficiale (ettari) I I I III
A B C D E F G H 0 - 25 25 - 50 50 - 100 100 - 200 200 - 500 500 - 1000 1000 - 3000 3000 - 10000 0.2 0.8 3 12 80 300 - - 0.1 0.4 1.5 6 40 150 - - 0.02 0.1 0.3 1 8 30 300 1000 Forma dellarea: I Circolare, con centro nel punto origine del pericolo II Semicircolare, con centro nel punto origine del pericolo e orientata in direzione del vento. III Settore circolare con apertura di circa 1/10 del cerchio, con centro nel punto origine del pericolo e orientato in direzione del vento.
APPENDICE 1 Criterio di classificazione delle sostanze tossiche La classificazione delle sostanze nelle tabelle 1 e 2 corrisponde a quella gi effettuata dal TNO per scopi analoghi 1 . Essa basata sui criteri di seguito esposti, che potranno essere applicati ove necessario per la classificazione di sostanze tossiche che non siano gi ricomprese nella tabella 1. Per ogni sostanza viene definita una classe di tossicit (TOX) sulla base del valore di LC50-ratto- (4h) 2 , come da tabella seguente:
LC50-RATTO- (4H) (ppm) Classe di tossicit (TOX) 0.01 - 0.1 0.1 - 1 1 - 10 10 - 100 100 - 1000 1000 - 10000 10000 - 100000 8 7 6 5 4 3 2 e una classe di volatilit (VL) basata, secondo la natura della sostanza, sulla tensione di vapore a 20 C (Pv) o sulla temperatura normale di ebollizione (Tb) o sulla pressione di esercizio (P), come specificato nella seguente tabella: Parametro fisico Classe di volatilit (VL) liquidi tossici Pv 0.05 bar 0.05 bar < Pv 0.3 bar Pv > 0.3 bar 1 2 3 Gas tossici liquefatti per compressione Tb > 265 K Tb 265 K 3 4 Gas tossici liquefatti per raffreddamento Tb > 245 K Tb 245 K 3 4 Gas tossici in pressione P < 3 bar 3 bar P < 25 bar P 25 bar 2 3 4
APPENDICE 2 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO SPEDITIVO PER LA VALUTAZIONE DELLA DISTANZA STANDARD DI PIANIFICAZIONE
Esempio n. 1 Impianto con stoccaggio in pressione di 500 ton totali di cloro, suddiviso in due serbatoi da 250 ton luno
La pericolosit dellimpianto determinata da: sostanza = cloro Entrando con tale sostanza in tabella 1: Numeri di riferimento Tipo di sostanza Sostanza
32,37,42 Gas a tossicit alta Vinil bromuro Zolfo biossido
si viene a determinare il gruppo dei numeri di riferimento pertinenti alla sostanza in esame: gruppo numeri di riferimento = 32, 37, 42 Passando alla tabella 2, si rileva quale dei numeri appartenenti al gruppo individuato corrisponda alle attuali condizioni di detenzione della sostanza:
No. rif. Tipo di sostanza Caratteristiche della sostanza tipo di attivit 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 42 43 Gas tossici Liquefatti in pressione: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema Liquefatti per refriger: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema In pressione > 25 bar: t. alta Prodotti tossici di combustione Da pesticidi si viene a determinare il numero di riferimento rappresentante la sostanza in esame, nelle attuali condizioni di impianto: numero di riferimento = 32 La quantit massima che pu essere ragionevolmente coinvolta in un singolo incidente quella relativa al contenuto di uno dei due serbatoi; pertanto: Quantit = 250 ton Entrando in tabella 3, con il numero di riferimento e la quantit: No. rif. Quantit (ton) < 10 10-50 50-200 200-1000 1000-5000 5000-10000 >10000
30 31 32 33 34 A II B II E III F III G III A I C II E III G III H III B II D III F III G III H III B I E III F III G III X C III F III G III X X C II F III X X X X X X X X si viene a determinare la categoria di effetti per la situazione in esame: categoria di effetti = F III Entrando in tabella 4 con tale indicazione:
Categoria Distanza standard (metri) Estensione superficiale (ettari) I II III
A B C D E F G H 0 - 25 25 - 50 50 - 100 100 - 200 200 - 500 500 - 1000 1000 - 3000 3000 - 10000 0.2 0.8 3 12 80 300 - - 0.1 0.4 1.5 6 40 150 - - 0.02 0.1 0.3 1 8 30 300 1000 si deduce: distanza standard = 500 - 1000 metri estensione superficiale = 30 ettari con una forma dellarea di impatto come in corrispondente nota in tabella 4: settore circolare con apertura di circa 1/10 di cerchio, con centro nel punto origine del pericolo e orientato in direzione del vento Infine volendo una definizione pi precisa della distanza alla quale estendere la prima zona di pianificazione, si pu operare una interpolazione dei campi di variabilit relativi alla categoria F III, ottenendo: estensione la zona = 600 metri
Esempio n. 2 Impianto con stoccaggio refrigerato di 500 ton totali di cloro, in un unico serbatoio La pericolosit dellimpianto determinata da: sostanza = cloro Entrando con tale sostanza in tabella 1: Numeri di riferimento Tipo di sostanza Sostanza
32,37,42
Gas a tossicit alta Vinile bromuro Zolfo biossido Acido bromidrico Azoto monossido Boro tricloruro Carbonil solfuro Cloro Cloro biossido Dicloro acetilene Esafluoro acetone Etil ammina si viene a determinare il gruppo dei numeri di riferimento pertinenti alla sostanza in esame: gruppo numeri di riferimento = 32, 37, 42 Passando alla tabella 2, si rileva quale dei numeri appartenenti al gruppo individuato corrisponda alle attuali condizioni di detenzione della sostanza:
No. rif. Tipo di sostanza Caratteristiche della sostanza tipo di attivit 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 42 43 Gas tossici Liquefatti in pressione: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema Liquefatti per refriger: t. bassa t. media t. alta t. molto alta t. estrema In pressione > 25 bar: t. alta Prodotti tossici di combustione Da pesticidi si viene a determinare il numero di riferimento rappresentante la sostanza in esame, nelle attuali condizioni di impianto: numero di riferimento = 37 La quantit massima che pu essere ragionevolmente coinvolta in un singolo incidente quella relativa allintero contenuto del serbatoio; pertanto: quantit = 500 ton Entrando in tabella 3, con il numero di riferimento e la quantit: No. rif. Quantit (ton) < 10 10-50 50-200 200-1000 1000-5000 5000-10000 >10000
35 36 37 38 39 A II C II D III F III G III A II C II E III F III H III A II D III E III G III H III B II D III E III G III X B II D III F III X X B II E III X X X X X X X X si viene a determinare la categoria di effetti per la situazione in esame: categoria di effetti = E III Entrando in tabella 4 con tale indicazione: Categoria Distanza standard (metri) Estensione superficiale (ettari) I II III
A B C D E F G H 0 - 25 25 - 50 50 - 100 100 - 200 200 - 500 500 - 1000 1000 - 3000 3000 - 10000 0.2 0.8 3 12 80 300 - - 0.1 0.4 1.5 6 40 150 - - 0.02 0.1 0.3 1 8 30 300 1000 si deduce: distanza standard = 200 - 500 metri estensione superficiale = 8 ettari con una forma dellarea di impatto come in corrispondente nota in tabella 4: settore circolare con apertura di circa 1/10 di cerchio, con centro nel punto origine del pericolo e orientato in direzione del vento Infine volendo una definizione pi precisa della distanza alla quale estendere la prima zona di pianificazione, si pu operare una interpolazione dei campi di variabilit relativi alla categoria E III, ottenendo: estensione la zona = 350 metri
Esempio n. 3 Parco serbatoi GPL per 3000 ton totali, suddiviso in dieci serbatoi da 300 ton luno. La pericolosit dellimpianto determinata da: sostanza = GPL Entrando con tale sostanza in tabella 1: Numeri di riferimento Tipo di sostanza Sostanza 7 - 9 Gas infiammabile liquefatto in pressione 1,3 - Butadine Butano Butene Ciclopropano Difluoro etano Etano Etil Cloruro GPL Isobutano Isobutilene Metil etere si viene a determinare il gruppo dei numeri di riferimento pertinenti alla sostanza in esame: gruppo numeri di riferimento = 7,9 Passando alla tabella 2, si rileva quale dei numeri appartenenti al gruppo individuato corrisponda alle attuali condizioni di detenzione della sostanza e al tipo di attivit: No. rif. Tipo di sostanza Caratteristiche della sostanza Tipo di attivit 1 3 4 6 Liquido infiammabile Tensione di vapore < 0.3 bar a 20 C Tensione di vapore > 0.3 bar a 20 C Stoccaggio con bacino di contenimento Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Altro 7 9 10 11 13 Gas infiammabile Liquefatto in pressione Liquefatto per refrigerazione In pressione Stoccaggio sopra terra, auto/ferrocisterna Altro Stoccaggio con bacino di contenimento Altro Stoccaggio di bombole (25- 100 kg) si viene a determinare il numero di riferimento rappresentante la sostanza in esame, nelle attuali condizioni di impianto: numero di riferimento = 7 La quantit massima che ragionevole supporre possa essere coinvolta in un singolo incidente del tipo incendio o esplosione, di regola quella relativa al contenuto di un serbatoio; pertanto: quantit = 300 ton Entrando in tabella 3, con il numero di riferimento e la quantit: No. rif. Quantit (ton) < 10 10-50 50-200 200-1000 1000-5000 5000- 10000 >10000
4 6 - - - B II - C II B I D II C II E II C II X D II X 7 9 B I C III C I C III D I D III E I X F I X X X X X 10 11 - - - B II - C II B I D II C II E II C II X D II X si viene a determinare la categoria di effetti per la situazione in esame: categoria di effetti = E I Entrando in tabella 4 con tale indicazione: Categoria Distanza standard (metri) Estensione superficiale (ettari) I II III
A B C D E F G H 0 - 25 25 - 50 50 - 100 100 - 200 200 - 500 500 - 1000 1000 - 3000 3000 - 10000 0.2 0.8 3 12 80 300 - - 0.1 0.4 1.5 6 40 150 - - 0.02 0.1 0.3 1 8 30 300 1000 si deduce infine: distanza standard = 200 - 500 metri estensione superficiale = 80 ettari con una forma dellarea di impatto come in corrispondente nota in tabella 4: Cerchio, con centro nel punto origine del pericolo Infine volendo una definizione pi precisa della distanza alla quale estendere la prima zona di pianificazione, si pu operare una interpolazione dei campi di variabilit relativi alla categoria E I, ottenendo: estensione la zona = 240 metri
APPENDICE 3 PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA PROVVISORIA ATTIVITA INDUSTRIALE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE SOGGETTA A NOTIFICA (ART. 4 DEL DPR 175/88 DATI A CURA DEL FABBRICANTE Denominazione impianto/deposito Sostanze pericolose presenti (secondo Allegato III DPR 175/88 e Allegato II DM 20/5/91) Quantit totale presente e numerazione secondo Allegati delle singole sostanze pericolose Quantit massima coinvolgibile in singolo incidente (indicativamente quella di singoli recipienti e/o apparecchiature di maggior capacit con sostanze pericolose di cui sopra Sigla recipienti e/o apparecchiature di cui sopra Pressione e temperatura di esercizio, stato fisico delle sostanze pericolose di cui sopra Schema planimetrico dellattivit con indicazione della posizione dei recipienti e/o apparecchiature di cui sopra Scheda di sicurezza sostanze pericolose di cui sopra _________________ Nota: I dati sopra descritti sono gi contenuti nei Rapporti di Sicurezza consegnati alle Autorit competenti. Essi vanno stralciati per consentire la predisposizione dei piani demergenza provvisori da parte delle Prefetture, secondo il metodo speditivo predisposto dal Dipartimento della Protezione Civile.
ATTIVITA INDUSTRIALE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE SOGGETTA A NOTIFICA SOCIETA/STABILIMENTO Schema planimetrico dellattivit (a cura del Fabbricante)
APPENDICE 4 Valutazione del coefficiente di impatto "i" per le sostanze tossiche Il coefficiente di impatto "i", da utilizzarsi esclusivamente nellambito del metodo speditivo di valutazione delle aree di impatto, riportato per le sostanze tossiche pi significative nella tabella seguente: Sostanza tossica Coefficiente di impatto "i" Acido cianidrico Acido cloridrico Acido fluoridrico Acrilonitrile Acroleina Ammoniaca Anidride solforosa Bromo Cloro Fosgene Idrogeno solforato Ossido di etilene Piombo tetraetile 1.4 3.7 4.8 1.4 3.7 3.1 3.4 3.0 2.6 1.2 1.4 1.5 2.1
Per le sostanze tossiche non ricomprese nella tabella, esso pu essere valutato sulla base dei parametri tossicologici della sostanza stessa ( 1 ), come da figura seguente:
________________________ 1. Il valore di LC50 da utilizzarsi quello relativo alluomo per esposizione di 30 minuti. Nel caso in cui sia disponibile il valore di LC50 per specie non umana e per tempo di esposizione diverso da 30 minuti, la trasposizione va effettuata secondo il metodo TNO, come da "Methods for Determination of possible Damage" (Green Book) TNO, Dec. 1989. Il valore di LC50 deve essere espresso in unit di misura congruenti con quelle dellIDLH.
NOTE NEL TESTO 1. Province of South Holland Fire Service Directorate of the Ministri of Home Affairs "Guide do hazardous industrial activities". 2. UNEP/WHO/IAEA/UNIDO, "Manual for the classification and prioritization of risk from major accidents in process and related industries 3. Health and Safety Executive, "Specialist Reports No. 21 Assessment of the Toxicity of Major Hazards Substances", 1989. 4. Secretariat dEtat aupres du Premier ministre charg de lEnvironnement etc., "Maitrise de lUrbanization autour des Sites industriel a Haut Risque", Annexe VII, Fiche No. 152 (Mitry-Mory, Seine-et-Marne). 5. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989. "Applicazione dellart. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, concernente rischi rilevanti connessi a determinate attivit industriali".
NOTE ALLALLEGATO 1. I criteri enunciati sono sostanzialmente in accordo con quelli definiti nel testo e debbono essere ritenuti specifici del metodo speditivo. In particolare si fa osservare che la classificazione delle sostanze di cui in tabella 1 e 2 non va confusa con quella della Direttiva CEE 67/548, con successive modificazioni ed integrazioni, e delle normative nazionali da essa derivate.
NOTE ALL'APPENDICE 1 1. Guide to Hazardous Industrial Activities: Handbook for the Cataloguing and Selection of (Industrial) Activities for which and Emergency Management Plan ought to be drafted. TNO Research for Fire Service Directorate of the Ministry of Home Affairs and the Transport & Public Works Department of the Province of South Holland (NL). The Hague, Sept. 1988. 2. Si noti che il valore di LC 50 per il ratto e per 4 ore di esposizione viene impiegato esclusivamente per la determinazione della classe di tossicit (TOX) e non ai fini di quanto al punto 5.2 del testo.