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I REATI CONTRO LE PERSONE

PARTE I REATI CONTRO LA VITA E LA INCOLUMITA INDIVIDUALE


INTRODUZIONE
Sappiamo che il nostro codice penale, il Codice Rocco, risale al 1930, ed arrivato fino ad oggi, con molte modifiche.
ovvio che il codice risenta della mentalit del tempo. Gentile nellenciclopedia Treccani del 1932 definisce il Fascismo
come concezione per cui luomo non quello che se non in funzione del processo spirituale, cio luomo in quanto
concorre allo Stato, non lo Stato una creazione delluomo. Si pone lo Stato al centro della tutela, e per questo il
codice adotta questo modello (cd della progressione discendente), che muovendo dai delitti contro la personalit
dello Stato, giunge ai delitti contro la persona per chiudersi con i delitti contro il patrimonio. Possiamo infatti notare
che la parte speciale parte, nellart 241, con il delitto di attentato contro la integrit, lindipendenza e lunit dello
Stato.
Dopo lentrata in vigore della Costituzione si adottato il modello personalistico, che garantisce il primato della
persona umana, e che colloca i delitti contro la vita e lincolumit personale (capo I titolo XII) in una posizione
primaria, essendo certamente tra quelli che tutelano i diritti naturali.
Tutte le riforme che hanno riguardato questa parte sono sempre state volte ad una maggiore tutela della vita umana.
Emblematica deve considerarsi labrogazione della rilevanza penale della cd. causa donore. Infatti in origine il codice
prevedeva per alcune fattispecie (omicidio, infanticidio, abbandono di minori), un trattamento sanzionatorio pi mite
a condizione che il soggetto avesse agito per causa donore, cio per salvare lonore sessuale proprio e del suo nucleo
familiare. Con il mutamento della concezione risultava ovvia la necessita di una riforma, dato che la causa donore non
poteva considerarsi unattenuante; per questo la legge 442/1981 ha abrogato tali fattispecie.
Ma importanti innovazioni sono state introdotte anche con leggi complementari: in particolare ci riferiamo alla legge
n.194/1978 (norme per la tutela sociale della maternit e sulla interruzione volontaria della gravidanza), che ha
disposto labrogazione del Titolo X, libro II del codice penale, che sanzionava i delitti contro lintegrit e la sanit della
stirpe, e ha provveduto a riformulare le fattispecie in tema di aborto.
Parimenti importante la legge n. 40/2004 (norme in materia di procreazione medicalmente assistita); i rapidi
progressi compiuti dalla medicina e dalla genetica, rendevano necessaria una disciplina organica della materia, per
poter assicurare unadeguata protezione di beni giuridici di primaria importanza, quali la vita del concepito, lidentit e
unicit genetica dellindividuo.
Unaltra importante introduzione recente al codice avvenuta grazie alla legge n. 7/2006, recante disposizioni
concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, problema divenuto maggiore
in seguito ai recenti fenomeni di immigrazione.
Modifiche sono state introdotte anche per lomicidio colposo, nei casi di violazioni delle norme antinfortunistiche e di
violazione delle norme sulla circolazione stradale da cui derivino incidenti. Infine abbiamo anche una nuova fattispecie
introdotta con lart 612bis, cio gli atti persecutori (stolking).
DELITTI DI OMICIDIO. CONCETTI GENERALI
Nel codice i delitti di omicidio si distinguono, in base allelemento psicologico, tra omicidio volontario (doloso) (art
575), colposo (art 589) e preterintenzionale (art 584). Altri ordinamenti europei (Francia, Belgio, Germania)
distinguono due forme di omicidio doloso in relazione alla gravit di esso: assassinio e omicidio. Negli Stati di common
law si parla di murder (assassinio) e manslaughter (omicidio). Al contrario il nostro codice Rocco, prevede una figura
base (art 575) e delle circostanze aggravanti speciali (art 576-577). Per contro sono anche previste due forme di
omicidio attenuato, cio quelle di infanticidio e feticidio in condizioni di abbandono morale e materiale (art 578) e di
omicidio del consenziente (art 579).
Omicidio vuol dire cagionare la morte di un essere umano vivo. Bisogna quindi esaminare i concetti di vita e morte.
Per quanto riguarda il primo concetto, questo assume rilievo come discrimine fra i delitti di omicidio e di aborto;
sappiamo che il limite per poter abortire di 6 mesi, ma non qui che nasce lessere umano. Dallart 578 si deduce
che il codice considera inizio della vita umana il momento del parto, dato che si equipara allinfanticidio il feticidio
commesso nel corso del parto. Questo problema assume rilevanza soprattutto nellambito della responsabilit
colposa: se ai fini della legge penale il feto durante il parto ha gi assunto qualit di essere umano, si deve affermare
che un sanitario che negligentemente cagioni la morte del feto nascente, sia responsabile di omicidio colposo. La
giurisprudenza orientata nel senso di riferire la fattispecie di omicidio colposo a chi abbia cagionato per colpa la
morte del feto durante il parto.
Bisogna capire ora quando il feto acquisti natura di uomo. Linterpretazione prevalente afferma che tale momento
coincide con il distacco del feto dallutero materno, quindi linizio delle doglie, del travaglio del parto. Tuttavia questo
criterio non appare preciso, dato che le doglie si protraggono per ore. La giurisprudenza invece orientata nel senso
che linizio del parto vada fissato nel momento della rottura del sacco delle acque. In realt, il criterio che appare

preferibile quello secondo cui il momento in cui le contrazioni assumono il carattere della frequenza e ritmicit che
pu essere assunto a sintomo inequivocabile della fine della gravidanza e dellinizio, agli effetti della legge penale,
della vita umana. Per quanto riguarda il parto cesareo si ritiene preferibile la tesi secondo cui solamente con
lincisione dellutero il feto pu considerarsi nato.
Lordinamento penale tutela anche la cd. vita prenatale, grazie soprattutto alla l. n. 40/2004.
Passiamo ora al concetto, anchesso controverso, di morte. Da tempo gi si era avvertita la necessit di abbandonare il
criterio della morte intesa come arresto dellattivit cardiocircolatoria ovvero respiratoria, dato che le tecniche
mediche, soprattutto quelle di rianimazione, avevano resi superati questi tradizionali criteri di accertamento della fine
della vita. A ci si aggiungeva il problema determinato dal diffondersi nellattivit medico-chirurgica, dei trapianti da
cadavere; in particolare con la legge n. 644/1975, lordinamento aveva accolto il concetto di morte encefalica (o
cerebrale). Per il problema dellaccertamento, si riteneva di dover considerare la cessazione irreversibile di tutte le
funzioni dellencefalo (nel caso Eluana Englaro alcune funzioni dellencefalo erano andate avanti per 10 anni), e quindi
lassenza di attivit elettrica cerebrale, spontanea e provocata.
La questione stata definitivamente superata con lentrata in vigore della l. n. 578/1993 (norme per laccertamento e
la certificazione della morte), che nellart 1 stabilisce che la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte
le funzioni dellencefalo, e nellart 2 che la morte per arresto cardiaco si intende avvenuta quando la respirazione e
la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni
dellencefalo
Quindi si pu definitivamente affermare che oggi lordinamento accoglie il concetto di morte cerebrale.
Questioni
Alcune questioni si sono poste riguardo al neonato anencefalo, cio privo di cervello e corteccia cerebrale, poich in
alcuni ospedali sono stati utilizzati come serbatoi dorgani per il trapianto. La liceit di tale comportamento
troverebbe legittimazione nella tesi secondo cui la totale assenza di funzioni cerebrali nellanencefalo giustificherebbe
la sua parificazione con il caso di morte cerebrale. In particolare ricordiamo un caso in cui i medici dellospedale di
Palermo si sono rivolti alla magistratura per ottenere il consenso allespianto degli organi della bambina ancora
sottoposta a terapia intensiva. Tale consenso stato negato sul presupposto che la legge sui trapianti non permette
lespianto di organi prima dellaccertamento della morte cerebrale del paziente, accertamento che nel caso
dellanencefalia impossibile, dato che vi fin dallinizio assenza totale di attivit cerebrale.
Bisogna concludere che anche lanencefalo, per il periodo della sua vita, acquista la qualit di essere umano, e che la
sua morte pu venire accertata solamente attraverso il tradizionale criterio della cessazione dellattivit cardiaca.
Casi
Un caso giurisprudenziale assume una certa rilevanza., cio il caso di una donna che si trova in coma presso lospedale
di Monza, in condizioni molto gravi, costretta allintubazione e ventilazione forzata. Il coniuge, conosciuta la diagnosi,
stacca i tubi dellapparecchio che permette la ventilazione forzata, procurando la morte della donna. In primo grado
limputato viene condannato per omicidio volontario. Al contrario il giudice di secondo grado ha qualificato la
condotta dellimputato come omicidio impossibile (art 49, 2 co), per linsufficienza della prova dellesistenza della
vita.
OMICIDIO DOLOSO (575)
Lart 43 c.p. da una definizione di dolo: quando levento dannoso o pericoloso, che il risultato dellazione od
omissione e da cui la legge fa dipendere lesistenza del delitto, dallagente preveduto e voluto come conseguenza
della propria azione od omissione. Gli elementi costitutivi del dolo sono quindi la rappresentazione e la volizione.
Nellomicidio doloso il bene giuridico tutelato dalla norma quello della vita individuale. Questo dato emerge anche
dal confronto con altre norme (come la strage, la devastazione, lepidemia) che aggrediscono invece una pluralit di
persone; qua i beni tutelati sono lincolumit pubblica o la personalit dello Stato.
Inoltre la vita umana viene protetta anche come interesse della collettivit, e questo evidenziato dalla norma che
punisce lomicidio del consenziente (art 579), poich lordinamento assegna alla vita del singolo anche un valore
sociale.
Il delitto di omicidio doloso un delitto comune: soggetto attivo del reato pu essere chiunque. Nelle ipotesi di
omicidio realizzato mediante condotta omissiva lautore del reato deve rivestire una posizione di garanzia, in base alla
quale gli derivi un obbligo giuridico di impedire levento. Quanto al soggetto passivo del reato, esso in primo luogo
coincide con loggetto materiale, cio il corpo umano su cui viene a ricadere la condotta delittuosa. inoltre richiesto
che lessere umano sia vitale. In passato si posta la questione se possa costituire omicidio luccisione del neonato
mostruoso. Tralasciando considerazioni legate a tempi pi antichi, ai giorni nostri si sostenuto, da un lato, che a
favore della soppressione degli infanti deformi vi sarebbero ragioni di umana piet e di convenienza sociale, e,
dallaltro, che lessere particolarmente mostruoso non potrebbe considerarsi uomo. Tale opinione appare oggi
superata: la vita di ogni essere umano, anche quello affetto dalle pi gravi malformazioni, tutelato in modo pieno
dallordinamento. Ci non significa che nei confronti di questi neonati vi debba essere un accanimento terapeutico in

quanto al medico incombe solo lobbligo di dare al neonato unassistenza che gli consenta di non soffrire nel breve
periodo della sua vita.
Esaminando ora la fattispecie oggettiva dellart 575 va detto che lomicidio il classico delitto a forma libera o
causalmente orientato. Infatti la norma non individua condotte specifiche, ma si limita ad incriminare ogni
comportamento che cagioni la morte di un uomo: il reato pu quindi realizzarsi sia mediante una condotta attiva, sia
omissiva. Inoltre lomicidio pu compiersi sia con mezzi materiali, che attingano il corpo della vittima, sia con mezzi
non materiali, ad esempio con violente emozioni o insopportabili vessazioni psicologiche nei confronti di persone
portatrici di patologie predisponenti (es una cardiopatia). Inoltre il delitto pu realizzarsi con mezzi diretti o indiretti.
Nel primo caso, lagente pone in essere direttamente la serie causale che cagiona la morte della vittima, nel secondo
caso realizza una serie causale che non opera immediatamente, ma fa scaturire una serie ulteriore, che cagiona a sua
volta la morte (ad es il contagio di AIDS).
Da questa condotta attiva o omissiva deve derivare la morte della persona, che costituisce levento della fattispecie.
Lart 575 parla di uomo, che va interpretato come essere umano. Pi correttamente lart 589, nel sanzionare
lomicidio colposo, utilizza la formula cagionare la morte di una persona.
Il delitto punito a titolo di dolo generico, richiedendo che il soggetto si sia rappresentato e abbia voluto la morte di
un essere umano. Sotto laspetto dellelemento volitivo, lomicidio pu essere realizzato con:
Dolo intenzionale, consistente nella volont di uccidere come obiettivo principale della condotta;
Dolo diretto, quando il soggetto agisce con la consapevolezza che dalla sua condotta deriver in modo certo
e altamente probabile levento morte senza, peraltro, che esso sia preso di mira dal reo;
Dolo eventuale, ed qui che si presentano i casi pi controversi sui labili confini con la colpa cosciente (o
colpa con previsione).
Casi
Lesempio del lancio di pietre dal cavalcavia: qui i colpevoli agivano nei confronti di incertam personam, ma sapevano
che era un atto potenzialmente mortale. Qui si parlerebbe di colpa con previsione; il dolo richiede qualcosa di pi, cio
che levento morte sia lobiettivo che il soggetto si prefiggeva.
Esempio dellattentato di Piazza Fontana, quando fu piazzata una bomba nella banca nazionale dellagricoltura. La
bomba deve scoppiare alle 5:30. Si prevedeva che la banca fosse chiusa, doveva essere solo una dimostrazione. Gli
attentatori non sapevano per che in quel giorno cera il mercato, e cos morirono una decina di persone. Questo un
esempio di dolo eventuale, perch si configura come possibile la morte di qualcuno (pu sempre esserci la donna delle
pulizie a quellora).
Un caso giudiziario rilevante in questo ambito il caso del contagio di AIDS attraverso rapporto sessuale. Qui la
vittima era stata contagiata dal marito nel corso di numerosi e continuativi rapporti sessuali non protetti, svoltisi nel
quadro di una relazione di tipo esclusivo, ed successivamente morta per AIDS. Il giudice di primo grado ha
condannato limputato per omicidio volontario, commesso con dolo eventuale sul presupposto che limputato, a
conoscenza del proprio stato di sieropositivit da 11 anni, cio unepoca precedente allinizio della relazione con la
vittima, non potesse non essere consapevole del pericolo cui esponeva la moglie ignara, considerate le numerose
informazioni ricevute dalle strutture sanitarie riguardo alle modalit di trasmissione del virus.
Il giudice di appello ha qualificato invece il fatto come omicidio colposo aggravato dalla previsione dellevento, sul
presupposto che non vi sia la prova di una sufficiente rappresentazione dellalto rischio di trasmissione e di evoluzione
mortale della malattia. E tale ricostruzione dellelemento psicologico stata confermata anche dalla Corte di
Cassazione.
CIRCOSTANZE AGGRAVANTI DELLOMICIDIO (576-577)
Gli artt 576 e 577, prevedono le circostanze aggravanti speciali dellomicidio per cui si prevede la pena dellergastolo,
salvo lart 577, 2 co. In particolare lart 576 n.1 esprime il nesso teleologico, richiamando lart 61 n.2, cio laver
commesso il fatto per eseguire o occultare un altro reato, ovvero per conseguire o assicurare a s o ad altri il profitto
o il prodotto o il prezzo ovvero limpunit di un altro reato(aggravanti comuni).
Importante tra le circostanze aggravanti la premeditazione, prevista dallart 576, n 2, che si verifica quando il
soggetto attivo commetta il delitto in seguito a una determinazione fatta maturare e quindi mantenuta e conservata
per un certo spazio di tempo, rappresentando cos lopposto della condotta posta in essere a fronte di un impulso
immediato, scaturente da situazioni improvvise e contingenti.
dunque caratterizzata da un elemento cronologico ed uno psicologico:
Il primo coincidente con lo svolgersi di una determinata quantit di tempo, che va dalla maturazione del
proposito delittuoso fino alla sua esecuzione;
Il secondo si concreta nella persistenza dellintento criminoso durante tutto il predetto lasso di tempo.
Non si pretende pi il frigido paca toque animo (con animo freddo e pacato). Per accertare tale circostanza si
valuteranno alcuni profili quali la preordinazione (preparazione degli strumenti), o lesternazione dellintento

criminoso precedente alla sua realizzazione. Devono coesistere i due elementi suddetti, anche la preordinazione da
sola non sufficiente.
considerato compatibile con la premeditazione anche lipotesi di premeditazione condizionale, cio ci si prospetta la
possibilit di commettere lomicidio qualora si verificasse una condizione (se lo trovo con lamante lo uccido). Anche il
vizio parziale di mente considerato compatibile con tale aggravante, purch la premeditazione non rappresenti una
conseguenza di una determinata malattia, ad es una sindrome ossessiva.
OMICIDIO DEL CONSENZIENTE (579)
Il codice Rocco ha introdotto una fattispecie fino ad allora sconosciuta, lomicidio del consenziente (art 579), che
punisce con una peno meno severa rispetto allomicidio doloso, colui che cagiona la morte di un uomo con il suo
consenso, confermando il principio tradizionale secondo cui la vita un bene indisponibile.
Il valido consenso del soggetto passivo uno degli elementi costitutivi, per distinguere questa fattispecie
dallomicidio comune. La previsione di un trattamento punitivo pi mite si spiega nel minore disvalore della condotta,
sia sotto il profilo oggettivo, poich il fatto viene ad offendere la vita, ma non anche la libert di autodeterminazione
della vittima, sia sotto il profilo soggettivo, dato che il consenso attenua la colpevolezza del reo.
Il consenso funge qui da attenuante rispetto alle ipotesi di omicidio doloso, e non causa di esclusione del fatto tipico,
come prevede in via generale lart 50. Tale articolo (consenso dellavente diritto) codifica il principio volenti non fit
iniuria, escludendo la punibilit di chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso di chi pu validamente
disporne. Nel caso dellomicidio il consenso non pu essere scriminante, essendo la vita un bene indisponibile. Lart 50
non ci dice quali siano i diritti disponibili, quindi si ritiene che il punto di riferimento sia lart 5 c.c., norma che vieta gli
atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dellintegrit fisica, ovvero siano
contrari alla legge, allordine pubblico o al buon costume, con leffetto che, in linea di principio, anche lintegrit
personale un bene indisponibile. evidente come emerga il favor del legislatore per lomicidio pietatis causa, dato
che il 2 co dellart 579 dispone la non applicazione delle circostanze aggravanti comuni di cui allart 61.
Tuttavia, laddove il consenso non sia validamente prestato in presenza di situazioni tassative descritte nel comma 3, si
applicano le pi severe disposizioni relative allomicidio comune. Infatti perch il consenso sia valido deve essere
espresso da persona maggiore di et, capace di intendere e di volere, e non deve essere stato estorto con violenza,
minaccia, suggestione o carpito con inganno; pertanto necessaria una libera e spontanea manifestazione di volont
della vittima non incapace. Si dice infatti che non deve trattarsi di persona inferma di mente o che si trova in
condizioni di deficienza psichica per unaltra infermit o per abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti. Per cui chi
invoca lapplicazione dellart 579 deve dimostrare come linfermit non abbia prodotto leffetto della deficienza.
Inoltre il consenso deve essere:
Personale, non ammessa la rappresentanza volontaria o legale;
Reale, cio prestato effettivamente e in modo non equivoco;
Specifico, cio avente ad oggetto levento morte;
Attuale, ossia manifestato e persistente al momento della condotta omicida;
Libero e informato.
invece indifferente la forma di estrinsecazione, per cui il consenso pu anche essere tacito, se desumibile senza
equivoci dal comportamento del soggetto. Pu essere sottoposto a condizioni, ed revocabile ad nutum. Nessun
dubbio sorge in relazione alla revoca intervenuta prima del compimento dellazione omicida, la cui inosservanza
comporta la perseguibilit del reato di omicidio comune. Diversamente si discute qualora la revoca del soggetto
intervenga durante il decorso causale: vi chi sostiene che in tale ipotesi vi sia in capo allagente un dovere immediato
di contro agire per evitare levento morte, la cui violazione comporta omicidio doloso comune; e chi invece sostiene
che sia sufficiente la sussistenza del consenso al momento dellazione, a prescindere da eventuali revoche del
consenso successive.
Il requisito dellattualit del consenso alla base delle problematiche connesse al cd testamento biologico o living
will. Ci si riferisce alla dichiarazione con cui il soggetto, nel pieno delle facolt mentali, pone le disposizioni riguardanti
le terapie che desidera ricevere e quelle che intende rifiutare, nel caso in cui venga a trovarsi in stato di incoscienza e
nelle condizioni di malattia terminale. Per buona parte della dottrina tale dichiarazione non pu ritenersi imperativa,
non essendo attuale, poich lintento volitivo espresso in anticipo, indipendentemente dalle condizioni concrete. Ma
anche laddove si ritenga che il consenso sia valido, resta il problema della vincolativit per il medico di tale
testamento.
In questo senso utile una parentesi in tema di eutanasia: etimologicamente tale termine deriva dal greco eu
thanatos, morte bella e soave. Le problematiche in tema di eutanasia sono collegate al concetto di vita: se si ritiene
la vita come valore sacrale, leutanasia equivale ad omicidio; qualora invece prevalga il concetto di dignit e qualit
della vita pu essere interpretata quale gesto terapeutico.
Da un punto di vista strettamente giuridico, manca qualsiasi parametro legale cui far riferimento, dato che il termine
eutanasia non appare in alcuna disposizione normativa.

Leutanasia pietatis causa, in campo medico, viene definita eutanasia terapeutica, per cui si distingue tra:
Eutanasia attiva, quando la condotta volta a procurare la cessazione dei processi vitali;
Eutanasia passiva, quando consiste in unomissione di terapie.
Inoltre si distingue tra:
Eutanasia diretta, quando il soggetto agisce (o non agisce) con lintenzione di far morire il malato per porre
fine al suo soffrire;
Eutanasia indiretta, quando la morte sopraggiunge per il malato in seguito allazione (o non azione) di un
soggetto ma ne una conseguenza secondaria: a questo concetto viene ricondotto il tema della cd. terapia
del dolore o palliativa, la cui legittimit confermata a livello legislativo.
Nessun problema sulla legittimit penale della determinazione del medico a lasciar morire il paziente avendone
constatato lassoluta insanabilit e atrocit delle sofferenze patite. Qualora vi sia un rifiuto consapevole da parte del
malato alla cura non sussiste pi alcun obbligo giuridico di intervento da parte del sanitario, ma sorge lobbligo di non
iniziare o di sospendere le cure, poich il suo intervento si scontrerebbe con lopposta volont del titolare.
Connesso a tale argomento il problema che riguarda il rifiuto al cd accanimento diagnostico-terapeutico, consistente
nella ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente sperare di ottenere un beneficio per il paziente o
per il miglioramento della vita. In questo caso il lasciar morire acquista una connotazione positiva poich manca il
nesso di causalit rispetto ad un evento letale ineluttabile.
Nel caso invece della vera e propria eutanasia, si pu notare che la figura riconducibile a quella dellomicidio del
consenziente, se non fosse per il fatto che non pu essere accertato il valido consenso nelle ipotesi in cui il paziente
sia in condizioni di deficienza o debolezza psichica. Infatti qualora la gravit della malattia non consenta la dazione di
un consenso valido la condotta deve essere ricondotta nellipotesi di omicidio volontario, ma in genere si riconosce a
tale forma di eutanasia compassionevole lapplicabilit dellattenuante di cui allart 62, n 1, cio il motivo di
particolare valore morale; anche se in giurisprudenza stata contestata lapplicabilit di tale attenuante, mancando
lelemento positivo dal punto di vista etico-morale nella societ attuale. Inoltre anche il Codice di deontologia medica
prevede una disposizione in tema di eutanasia che impone al medico di non effettuare trattamenti diretti a provocare
la morte, anche su richiesta del malato. Per cui evidente che necessaria lindividuazione di una regolamentazione
ad hoc di tale materia.
Inoltre in questa fattispecie si pone anche il problema delleventuale errore sulla esistenza o validit del consenso
prestato. In questo caso lautore ritiene ugualmente applicabile la fattispecie in esame, dato che presente
lelemento soggettivo del reato di omicidio del consenziente, e mancando invece il dolo del omicidio comune. Ma altri
commentatori non sono daccordo, ritenendo applicabile in questo caso lart 575.
Casi
Due casi in particolare possono essere richiamati in riferimento al tema della fine della vita e delle condotte omissive,
che nei soggetti in stato vegetativo e permanente, consistono nella sospensione dellalimentazione e dellidratazione.
La prima la famosa storia di Eluana Englaro, deceduta nel 2009 per un arresto cardiaco in seguito allavvio della
procedura di sospensione dellalimentazione e dellidratazione forzata che la tenevano in vita. Eluana rimasta per
lungo tempo in un persistente stato vegetativo; per questo il cui tutore e padre , sulla base di quanto manifestato
dalla figlia prima di perdere la capacit a seguito di un incidente avvenuto nel 1992, propone ricorso affinch venga
sospeso il trattamento di alimentazione artificiale. La Corte dAppello di Milano afferma linfondatezza della richiesta
perch ritiene che, trattandosi di soggetto incapace di cui non si conoscono le direttive espresse a riguardo in
precedenza, debba darsi prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dalla sua qualit. La Corte riconosce che in
forza del diritto alla salute e allautodeterminazione in campo sanitario, il soggetto capace possa anche rifiutare le
cure indispensabili per tenerlo in vita, ma ritiene che generiche dichiarazioni in relazione a fatti accaduti ad altre
persone non abbiano il valore di una personale, consapevole e attuale determinazione volitiva, maturata con
assoluta cognizione di causa, della sua condizione presente.
Ma recentemente questo orientamento ha visto un cambio di rotta. Infatti, la Cassazione giunta ad affermare che il
giudice possa autorizzare la disattivazione del presidio sanitario che tiene in vita un soggetto in stato vegetativo
permanente nelle sole ipotesi in cui la condizione di stato vegetativo sia irreversibile e sempre che listanza avanzata
dal tutore sia realmente espressiva della volont del paziente, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla
sua personalit, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti espressi prima di cadere in stato di incoscienza. Per cui la
Corte dAppello di Milano, sulla base del principio enunciato dalla Cassazione, ha accolto allistanza del padre di
interrompere lalimentazione forzata della donna.
Importante anche il caso di Piergiorgio Welby; qui unordinanza del Tribunale di Milano aveva dichiarato
inammissibile la richiesta di provvedimento durgenza, avanzata da persona affetta da un gravissimo e irreversibile
stato morboso degenerativo, volta a conseguire la cessazione del suo sostentamento mediante ventilazione artificiale,
nonch la contestuale sottoposizione ad una terapia di sedazione terminale. A differenza del primo caso, qui il
ricorrente era persona del tutto cosciente e consapevole, ma affetta da un gravissimo stato morboso degenerativo
che lo rendeva incapace di qualsiasi movimento. Il provvedimento del Tribunale appare inizialmente riconoscere il

principio di autodeterminazione in virt degli artt 2, 13, 32 Cost., lamentando per che tale principio non presenti
concretezza ed effettivit in questo ambito, soprattutto per quanto riguarda laccanimento terapeutico: in particolare
si evidenziato come nel nostro ordinamento manchi una definizione condivisa ed accettata dei concetti di futilit del
trattamento, di quando linsistere con trattamenti di sostegno vitale sia ingiustificato o sproporzionato. In mancanza
di una disciplina in materia si rischia uninterpretazione soggettiva o comunque discrezionalit nella definizione di tali
concetti di altissimo valore morale. La vicenda si risolta con il gesto dellanestesista che ha, di propria iniziativa,
disconnesso il respiratore, cui segue limputazione di delitto di omicidio del consenziente. Lepilogo giunto con una
sentenza di non luogo a procedere; il dissenso alla prosecuzione del trattamento era stato espresso liberamente e
personalmente dal paziente, capace, compiutamente informato sulle conseguenze della sua richiesta. Se si ammette,
inoltre, che il medico sia divenuto titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente (art 40, 2 co), non
pu negarsi la legittimit della scelta assunta dal sanitario di praticare solamente la terapia scelta dal paziente
(somministrazione di sedativi) e di interrompere la terapia di sostegno respiratorio in atto. In conclusione la sentenza
del Tribunale giunta a riconoscere la valenza costituzionale del principio di autodeterminazione e del consenso
informato, valori idonei a rendere latto medico lecito quando condiviso dal paziente consapevole.
Una vicenda simile quella di Giovanni Nuvoli, uomo di 53 anni colpito da sclerosi laterale amiotrofica, malattia che lo
ha portato a 20 kg di peso e ad un annullamento totale della funzione motoria e fonatoria, per cui veniva ventilato
artificialmente; ma riusciva a comunicare perfettamente il suo pensiero con il movimento delle palpebre, scrivendo
frasi in un monitor computerizzato, per cui poteva esprimere un valido ed esplicito rifiuto al trattamento di sostegno
vitale della ventilazione meccanica. Nel 2007 Nuvoli, esasperato dalla sua condizione , decideva di non alimentarsi pi
e di assumere solamente una terapia sedativa e antidolorifica. La morte giunse pochi giorni dopo. In questo caso, dato
il chiaro e valido consenso prestato dal paziente, il suo rifiuto appare giuridicamente efficace poich rientrante nellart
32, 2 co Cost: di conseguenza lomissione del medico non appare penalmente rilevante, essendo venuto meno
lobbligo giuridico ex art 40, 2 co.
ISTIGAZIONE O AIUTO AL SUICIDIO (580)
Lart 580 punisce chiunque determina altri al suicidio o rafforza laltrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in
qualsiasi modo lesecuzione. La misura della pena diversa qualora il suicidio avvenga o non avvenga, sempre che dal
tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Il suicidio o il tentativo di suicidio non sono ovviamente perseguibili penalmente; ma dal momento in cui a cagionarlo
concorre, oltre allattivit del soggetto principale, anche unaltra forza individuale esterna, allora cessa di essere
penalmente indifferente. Il bene giuridico da tutelare la vita, la quale viene tutelata contro ogni offesa altrui diretta
a distruggerla o a metterla in pericolo.
Lart 580 punisce chiunque agevoli lesecuzione dellaltrui suicidio; ma per poter essere comunque suicidio il s.p. deve
essere dominus della sua sorte e provvedere egli stesso alla sua esecuzione. Lo stesso reato contiene figure
eterogenee: si parla di aiuto o istigazione. Come nel codice Zanardelli, si mantiene la distinzione fra partecipazione
morale e materiale e prevede unulteriore nuova forma di esplicazione dellattivit partecipativa, prevedendo lipotesi
autonoma di rafforzamento dellaltrui proponimento. Il legislatore ha individuato tre forme di ingerenza esterna:
Determinazione, intesa come pressione psichica diretta a far sorgere in altri il proposito prima inesistente di
togliersi la vita;
Rafforzamento, quale forma di influenzamento che rende definitivo il proposito di morte gi meditato;
Agevolazione, ovvero il comportamento di ausilio consistente nella fornitura di mezzi utili per lesecuzione
del suicidio o nella rimozione di eventuali ostacoli.
La partecipazione pu essere:
Morale, quando si limita ad unattivit manipolativa dellautonomia individuale, senza scadere in una
coartazione del volere della vittima: la volont del s.p. viene influenzata dallagente esterno, ma non privata
della propria libert.
Materiale, quando si agevola in concreto il processo di esecuzione dellaltrui volont suicidi aria.
Si ritiene istigazione al suicidio, anche lazione, contro un soggetto facile alla depressione, di minaccia di denuncia
penale e di morte al fine di ottenere indietro alcuni oggetti dati in deposito, qualora esista il dolo di previsione
dellevento.
Lagente deve porre in essere consapevolmente un comportamento che renda pi agevole la realizzazione del suicidio;
quale che sia la modalit di esternazione della condotta partecipativa, affinch ricorra la fattispecie in esame, lattivit
dellagente deve accostarsi al gesto suicida dellindividuo che vuole togliersi la vita, ma senza compiere alcuna
ingerenza materiale nellesecuzione; infatti il dominio sullazione esecutiva deve restare integralmente nelle mani di
chi si toglie la vita, e questo traccia la linea di confine con lomicidio del consenziente.
Si richiede, sotto il profilo oggettivo, che levento del suicidio sia in rapporto di derivazione causale con la condotta
realizzata dallagente, indagine non sempre agevole e di facile accertamento.

La fattispecie pu anche essere integrata con omissioni: il non attivarsi ad impedire laltrui suicidio, quando si avrebbe
lobbligo giuridico di agire, comporta responsabilit ex artt 40, 2 co, e 580; ad esempio nel caso di dolosa inosservanza
degli obblighi di custodia o assistenza imposti dalla legge o da particolari rapporti con la vittima.
La previsione richiede inoltre che si verifichi il suicidio o che si verifichi per la vittima una lesione grave o gravissima;
ma la norma non integrata qualora dal tentato suicidio conseguano solo lesioni lievi o lievissime.
Il dolo consiste nella volont cosciente di determinare il suicidio o di rafforzare laltrui proposito o di agevolarne
lesecuzione. Si ritiene sufficiente il dolo generico, e inoltre pu essere richiesto solo il dolo intenzionale, mentre si
esclude il dolo eventuale. Irrilevanti sono i moventi e non prevista lipotesi colposa.
Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica il suicidio o la lesione grave o gravissima da suicidio
mancato. Non configurabile un tentativo punibile, pur in presenza di atti idonei e diretti allaltrui suicidio, poich per
la perfezione del reato devono derivare almeno lesioni gravi o gravissime.
Nel 2 co sono previste le circostanze aggravanti e si richiama in primo luogo lart 579, n 1 e 2 (1. contro una persona
minore degli anni diciotto; 2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizione di deficienza psichica,
per un'altra infermit o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti),
per cui si applicheranno le disposizioni previste per lomicidio comune; in secondo luogo si prevede che se la persona
istigata minore di anni 14 o priva della capacit di intendere e volere, trovano applicazione le disposizioni relative
allomicidio comune.
Casi
utile una riflessione sui confini tra le fattispecie di omicidio del consenziente e di istigazione o aiuto al suicidio. Una
netta distinzione diviene necessaria nellipotesi di suicidio di coppia ove uno dei due soggetti sopravviva. In
giurisprudenza si rinviene il caso di due giovani studenti i quali, in condizione di prostrazione psicologica e disagio
esistenziale, maturano un comune proposito suicida il cui esito finale conduce alla morte di solo uno studente; si pone
quindi il problema della punibilit del sopravvissuto, quale partecipe dellesecuzione del suicidio riuscito. Si tratta di
capire se il sopravvissuto sia stato esecutore del suicidio dellaltro o solo agevolatore. La Assise di Messina giudica il
soggetto non punibile ex art 580 in quanto il suicida si autonomamente determinato senza essere dallaltro
minimamente influenzato, e circoscrive le ipotesi punibili a quelle in cui laiuto al suicidio abbia esercitato
unapprezzabile influenza nel processo formativo della volont della vittima, che ha trovato nella collaborazione
dellestraneo incentivo e stimolo a togliersi la vita. Confermata in appello, contro la sentenza viene presentato ricorso
in cassazione nella parte in cui esclude la configurabilit del fatto quale omicidio del consenziente. La S.C. individua il
discrimine tra reato di omicidio del consenziente e quello di istigazione o aiuto al suicidio nel modo in cui viene ad
atteggiarsi la condotta e la volont della vittima in rapporto alla condotta del soggetto agente; sussiste lart 579
quando chi provoca la morte si sostituisce allaspirante suicida, anche se con il suo consenso, assumendone in proprio
liniziativa; sussiste invece la fattispecie ex art 580 quando la vittima conserva il dominio della propria azione,
nonostante la presenza di una condotta estranea di determinazione o aiuto. Secondo la Cassazione in questo caso non
sussiste lipotesi di omicidio del consenziente perch la vittima avrebbe potuto in qualsiasi momento recedere dal
comune proposito suicida. La Corte di Cassazione qualifica la condotta del sopravvissuto come istigazione o aiuto al
suicidio.
Un altro caso rilevante lipotesi del suicidio medicalmente assistito a scopo eutanasico, che si distingue
dalleutanasia attiva per il diverso soggetto che da direttamente la morte. Nel suicidio assistito il malato che
materialmente si toglie la vita anche se il medico concorre allatto, prescrivendo i farmaci necessari per il suicidio.
Questa fattispecie contrappone le tesi di matrice cristiana a concezioni etico-giuridiche che danno rilevanza alla
dignit delluomo. Comunque il suicidio medicalmente assistito continua ad essere previsto, come leutanasia
volontaria, come reato dal cod pen italiano.
PERCOSSE (581)
Il reato di percosse, al di fuori di quello di lesioni, pur tutelando lo stesso bene giuridico, a differenza di quanto
avveniva in passato: infatti il cod Zanardelli del 1889 puniva le percosse insieme alle lesioni lievissime.
Invece il delitto previsto dallart 581 punisce chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia del corpo
o della mente; il secondo comma precisa che la disposizione non si applica quando la legge considera la violenza
elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato. Il bene giuridico tutelato l'incolumit personale
intesa quale bene individuale della persona tutelato dall'art 32 Cost.
Si tratta di un illecito di mera condotta: infatti l'incriminazione prescinde dalla produzione di un evento in senso
naturalistico. Il comportamento punito individuato in qualsiasi attivit fisica idonea a provocare nella vittima una
sensazione dolorosa, pertanto lelemento oggettivo integrato anche quando, per particolari ragioni, la p.o. non
percepisca dolore fisico. Inoltre lattivit posta in essere deve essere violenta, e la violenza fisica pu estrinsecarsi in
qualsiasi forma, senza che sia necessario il contatto tra agente e soggetto passivo, essendo sufficiente lutilizzo di un
qualsiasi mezzo idoneo a provocare sensazioni dolorose.

In questa materia assumono rilevanza i temi dellesercizio di unattivit sportiva e del finalismo correttivo. Le
percosse, quanto al primo punto, sono scriminate dallart 51 quando:
La disciplina sportiva sia autorizzata dallordinamento;
Sussista un valido consenso del soggetto allesercizio dellattivit;
La piena consapevolezza delle regole a essa inerenti;
La pratica sportiva sia svolta nel rispetto di esse.
Quanto alle percosse inferte ad un minore a scopo correttivo, la portata dellart 51 ormai ridotta in virt della
ratifica della Convenzione internazionale sui diritti dellinfanzia. Risultano qui legittimati allesercizio di una modesta
forza fisica a scopo correttivo, rigorosamente limitata allinflizione di una semplice sensazione dolorosa, soltanto i
genitori e le persone da essi delegate, non gli insegnanti o i loro collaboratori nellambito dellattivit didattica.
Il legislatore pone due limiti alloperativit di tale norma:
La violenza esercitata non deve determinare il sorgere di una malattia, e ci la distingue dalle lesioni
personali;
La violenza non deve costituire elemento essenziale o accidentale di un altro reato.
Il dolo generico e per la posizione tradizionale coincide con il dolo del delitto di lesione personale, consistendo nella
coscienza e volont di colpire taluno con violenza, pertanto i due delitti si differenziano esclusivamente per il risultato
in concreto prodotto dalla condotta. Per la dottrina prevalente, invece, il dolo non consiste in una generica volont di
colpire con violenza, ma nella volont di tenere una condotta violenta tale da cagionare solo una sensazione dolorosa.
LESIONE PERSONALE (582)
Nellambito della lesione personale il codice distingue tra lesione personale lieve o lievissima (582) e lesioni gravi o
gravissime (583), e poi lesioni personali colpose (590).
Il bene giuridico protetto lincolumit individuale, sia fisica che psichica, che subisce effettiva lesione in
conseguenza della malattia cagionata dalla condotta tipica. Sono escluse le autolesioni; invece loffesa allincolumit di
un numero indeterminato di persone sanzionata nel titolo VI cod.pen.
Il co 1 dellart 582 punisce le lesioni lievi (da 21 a 40 giorni), cio chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale,
dalla quale deriva una malattia del corpo o della mente. Il 2 co punisce le ipotesi di lesioni lievissime (malattia di
durata non superiore a 20 giorni, e senza che ricorrano le circostanze aggravanti ex artt 583, 585, ad eccezione del n 1
e dellultima parte dellart 577).
Si tratta quindi di un reato di danno e di un reato comune. Soggetto passivo una persona determinata e vivente, e
non tale il feto; diverse soluzioni sono state presentate per il feto durante il parto, e si ritiene preferibile quella che
gli attribuisce tutela allintegrit fisica, cos come gli garantita la tutela della vita.
Il reato pu essere realizzato con qualsiasi condotta, quindi anche mediante omissione di un dovere giuridico di
impedire levento (sanitario che omette di praticare la necessaria terapia), purch idonea a produrre levento (delitto
casualmente orientato, a forma libera e di evento naturalistico). La fattispecie consiste in due eventi materiali:
Una condotta causante la lesione;
Una malattia che deriva dalla lesione.
Quanto al concetto di lesione se la si considerasse come vera e propria violenza fisica si escluderebbe lipotesi della
malattia mediante contagio (es trasmissione di AIDS mediante rapporto sessuale consentito)dottrina e giurisprudenza
escludono perci che la violenza fisica sia necessaria per la configurabilit del reato. Levento dunque unico: la
malattia. La lesione rappresenta solo un nomen juris tradizionale del reato, infelicemente introdotto nella sua
definizione. Quindi lelemento oggettivo integrato anche nel caso di un coito consentito, di unemissione di fumi
industriali insalubri, ecc.
La nozione di malattia controversa. La dottrina dominante, oggi confermata dalla giurisprudenza recente, ritiene
necessario lo sviluppo di un processo patologico che determini unapprezzabile menomazione funzionale
dellorganismo, con la conseguenza che, ove si verifichi unalterazione solo anatomica senza implicazioni funzionali
non sussiste il delitto di lesione ma quello di percosse (vedi es pag 65).
Per malattia della mente si intende ogni modificazione dannosa dellattivit funzionale psichica, quali loffuscamento,
il disordine, lindebolimento, depressione, con effetto temporaneo o permanente (vedi es 65). La convalescenza va
calcolata nel tempo di durata della malattia, purch si accompagni ad una reale menomazione delle forze organiche e
ad un processo di restaurazione delle stesse.
Il delitto si consuma non appena insorge la malattia. Il tentativo senzaltro configurabile.
Ai sensi dellart 581, 2 co, la violenza assorbita nei reati che la contemplano quale elemento costitutivo o circostanza
aggravante solo qualora essa non vada oltre il livello di intensit delle percosse, altrimenti sussiste un concorso
formale tra questi reati ed il reato di lesioni.
Casi
Importante il problema delle condotte di trasmissione del virus HIV, non ancora trasformatosi in AIDS (vedi
spiegazione pag 67). Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ricondurre il contagio allinterno della nozione di

malattia. Il dubbio si ritrova nel fatto che la mera sieropositivit non provoca un mutamento anatomico percepibile,
ma solo una lieve modifica cellulare del linfocita.
Ulteriori problemi si pongono nellaccertamento del nesso causale: in un caso giurisprudenziale di trasmissione
dellAIDS tramite rapporti sessuali, fu affermata lesistenza del nesso eziologico tra la condotta del marito malato di
AIDS e la morte della moglie in seguito allesclusione dellintervento di qualunque altra possibile causa di trasmissione.
Quanto allelemento soggettivo sorge il problema quando il malato, senza in alcun modo volere la trasmissione
dellinfezione, sia consapevole del rischio che fa correre al partner. Sorge quindi lesigenza di distinguere tra dolo
eventuale e colpa cosciente.
LESIONE PERSONALE GRAVE E GRAVISSIMA (583)
Lart 583 prevede un inasprimento della pena rispetto allart 582, nelle ipotesi di lesione personale grave e
gravissima, cio quando la lesione personale abbia causato conseguenze fisiche o psichiche particolarmente dannose
per lincolumit dellindividuo. controverso se si tratti di circostanze aggravanti speciali o di fattispecie autonome di
reato; preferibile appare la prima tesi sia perch la rubrica parla esplicitamente di circostanze aggravanti, sia perch
nellart si richiama larticolo precedente.
Il co 1 n 1 indica come grave la lesione personale dalla quale derivi:
1. Una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa ovvero una malattia o un'incapacit di
attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2. Lindebolimento permanente di un organo o di un senso.
Si ha pericolo per la vita quando , in un qualsiasi momento del processo morboso si registra la probabilit e
imminenza della morte della persona offesa. Quanto alla malattia o un'incapacit di attendere alle ordinarie
occupazioni, la durata del processo si riferisce a tutto il tempo necessario per pervenire alla guarigione clinica,
comprendendo anche la fase di convalescenza; ci che rileva , pertanto, il pieno recupero funzionale, a prescindere
dal perdurare di segni anatomici della lesione. Lespressione ordinarie occupazioni riguarda non solo le attivit
lavorative, ma ogni occasione in cui sia necessario impiegare energie fisiche o psichiche. Lincapacit pu essere anche
solo parziale. Il termine di quaranta giorni deve essere superato almeno da una delle due previsioni, malattia o
incapacit, senza la possibilit di sommare i giorni di malattia a quelli di incapacit.
Per quanto riguarda laggravante dellindebolimento permanente di un organo o di un senso: per senso si intende un
complesso di elementi e tessuti anatomici che pongono lindividuo in rapporto con il mondo esterno o interno; per
organo si intende un complesso di elementi e tessuti anatomici che servono ad una specifica funzione inerente a un
settore della vita vegetativa o di relazione. Lindebolimento consiste in una menomazione che conduce una funzione
biologica ad una riduzione rispetto allo stato anteriore, e per essere penalmente rilevante deve essere apprezzabile.
Lindebolimento deve provocare una menomazione funzionale, e la possibilit di eliminare lindebolimento con un
intervento chirurgico non esclude laggravante. Lindebolimento deve poi essere permanente, cio presumibilmente
perdurante per tutta la vita della p.o.
Nel 2 co si prevede che la lesione gravissima se dal fatto deriva:
1. una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2. la perdita di un senso;
3. la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o
della capacit di procreare, ovvero una permanente e grave difficolt della favella;
4. la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.
Una malattia insanabile quando destinata a durare senza interruzione, ed certa se la possibilit di guarigione
del tutto esclusa; mentre probabile se il grado di probabilit di guarigione inferiore a quello contrario. Per perdita
del senso si intende non solo la sua distruzione, ma anche il caso di menomazione che lo renda praticamente
inutilizzabile. Per perdita dellarto si intende sia in senso anatomico (amputazione) sia funzionale. Per perdita delluso
di un organo si intende la privazione totale e definitiva dellutilit che la p.o., prima della lesione, traeva o poteva
trarre dalla funzione dellorgano stesso. Quindi non si ha perdita delluso di un organo quando , al momento della
lesione, esso non svolgeva pi o non aveva mai svolto alcuna specifica funzione biologica. La perdita della capacit di
procreare consiste nella perdita definitiva della facolt di dare alla luce un prodotto del parto vivo. Per difficolt della
favella si intende ogni lesione che produca una menomazione della naturale chiarezza delleloquio; la difficolt deve
essere permanente e grave. Deformazione del viso qualsiasi alterazione anatomica che turbi la simmetria della
parte del corpo che va dalla fronte allestremit del mento, e dalluno allaltro orecchio in modo da determinare
nellosservatore un senso di ripugnanza. Sfregio invece, qualsiasi nocumento di intensit minore che determini una
sensibile modificazione in peggio delleuritmia, dellarmonia e dei lineamenti del viso.
Reati culturalmente orientati

Appunti: la circoncisione maschile, nasce nei paesi del deserto, religione ebraica, viene imposto per ragioni igienicosanitarie, per mancanza di acqua, e quindi di condizioni igieniche. Oggi solo una questione religiosa, mentre da noi si
fa per motivi medico-sanitari.
Lesempio del padre che uccide la figlia perch indossa la minigonna, per tutelare lonore della famiglia, pu invocare il
reato culturalmente orientato? (cultural defensis). Da noi stato abolito il delitto per causa donore.
Lart 583 bis, che punisce le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, stato introdotto perch in Europa
sempre pi si erano presentati casi di ragazze con gravi lesioni e infezioni agli organi genitali esterni. Queste lesioni,
anche se avvenute con il consenso della ragazza, vanno contro lart 5 c.c. che vieta gli atti di disposizione del proprio
corpo che comportino una diminuzione permanente dellintegrit fisica. La comunit somala ha per fatto notare
lesistenza di questa tradizione millenaria, per cui un medico somalo in Italia ha proposto una via di mezzo, cio quella
di pungere il clitoride facendo uscire delle gocce di sangue; in questo modo si trovato un compromesso tra la legge e
la tradizione.
Mensure : duelli delle corporazioni studentesche di alcuni decenni fa; si richiedeva, per poter entrare a far parte di
queste corporazioni (protestanti), di fare un duello e si terminava solo quando uno dei due aveva una ferita. Si parlava
di azioni socialmente adeguate.

PRATICHE DI MUTILAZIONE DEGLI ORGANI GENITALI FEMMINILI (583 bis)


Nel 2006 sono stati introdotti due nuovi ed autonomi reati: il 1 co punisce chiunque, in assenza di esigenze
terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili, considerando mutilazione la clitoridectomia,
lescissione e linfibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo; il 2 co punisce chiunque, in
assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali
femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente. Entrambe le
fattispecie sono speciali rispetto al delitto di lesioni personali.
Il b.g. tutelato la salute fisica e psico-sessuale della donna e la sua dignit personale. Loggetto materiale
rappresentato dagli organi genitali femminili, ma considerando solo gli organi esterni.
La seconda parte del 1 co definisce la mutilazione:
per clitoridectomia si intende lablazione, parziale o totale, del clitoride;
lescissione lablazione del clitoride e delle piccole labbra;
linfibulazione lablazione totale del clitoride e delle piccole labbra nonch della superficie interna delle
grandi labbra e cucitura della vulva per lasciare soltanto una stretta apertura vaginale.
Il 2 co sanziona con minore severit chiunque, al fine di menomare le funzioni sessuali, provoca lesioni agli organi
genitali femminili diverse da quelle indicate nel co 1, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente (delitto di
lesione). Vi rientrano pertanto tutti i tipi di aggressione agli organi genitali femminili esterni produttivi di una malattia,
ma non consistenti in mutilazione. richiesta lassenza di esigenze terapeutiche per entrambi i delitti.
Quanto alla possibilit della rilevanza del consenso dellavente diritto ci si chiede se in questi casi si rispettino i limiti
ex art 50. Per quanto riguarda la mutilazione si ritiene irrilevante il consenso dellavente diritto in quanto si tratta di
diminuzione permanente dellintegrit fisica. Invece non si pu escludere che le pratiche di lesione possano risolversi
in una diminuzione non permanente dellintegrit fisica. La dottrina si chiede anche se la lesione ex art 583 bis possa
essere scriminata per effetto dellesercizio del diritto di libert religiosa (art 19 Cost). Si ritiene per che lesercizio
della libert religiosa non possa comportare il sacrificio dei prevalenti diritti allintegrit fisica, alla salute psicosessuale e alla dignit personale.
Entrambi i delitti sono puniti a titolo di dolo, che per la mutilazione un dolo generico, per la lesione specifico: fine
di menomare le funzioni sessuali. In entrambi necessaria la consapevolezza di agire in assenza di esigenze
terapeutiche.
Il 2 co prevede per il delitto di lesione degli organi genitali femminili lattenuante speciale della lieve entit. Il 3 co
prevede le aggravanti di aver agito a danno di un minore o per fini di lucro. Il 4 co prevede la punibilit delle pratiche
vietate anche se commesse allestero se commesse da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, o in danno di
cittadino italiano o di straniero residente in Italia.
RISSA (588)
Il 1 co dellart 588 punisce chiunque partecipa ad una rissa. Il 2 co stabilisce una pena maggiore, per il solo fatto della
partecipazione, se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale. Il 3 co stabilisce che la stessa pena si
applica anche se luccisione o la lesione personale , avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.
Quindi ogni partecipe punito per il solo fatto di aver partecipato alla rissa, a prescindere dal verificarsi di altri delitti
contro la vita o lincolumit individuale. Il b.g. la vita e incolumit individuale dei corrissanti e terzi estranei alla
rissa.

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Il reato di pericolo, in quanto punisce una condotta che pu sfociare in delitti di sangue; quindi non occorre che sia
accertato in concreto il pericolo per lincolumit individuale, che appare presunto in via assoluta dalla legge per il solo
fatto dellesistenza di una rissa.
Ove si verifichi, l'evento danno costituisce una circostanza aggravante. Si tratta di un reato comune, a concorso
necessario. Quanto alla condotta tipica si ritiene che possa considerarsi l'impiego della violenza e la reciprocit
dell'aggressione, cio la contesa violenta tra pi persone animate dal duplice intento di recare offesa agli avversari e di
difendersi dalla violenza di costoro.
Sul numero minimo di partecipanti si discute tra chi ritiene che debbano essere almeno in tre, chi ne ritiene sufficienti
due, chi invece sostiene che debbano esserci due gruppi contrapposti formato ciascuno da almeno due soggetti. Nel
numero minimo vanno computati anche i non imputabili e i non punibili.
Si discute sull'applicabilit della causa di giustificazione della legittima difesa. Si possono verificare due casi:
in un primo caso un gruppo di soggetti ne aggredisce un altro che assume solo azione difensiva, senza
eccedere, ma in questo caso non potrebbe parlarsi di rissa;
in un secondo caso una reazione imprevedibile e sproporzionata, del tutto nuova ed autonoma, pu seguire
alla condotta di uno o pi corrissanti, in tale ipotesi di illiceit ulteriore deve condividersi l'orientamento che
tende a riconoscere l'operativit della legittima difesa.
sufficiente il dolo generico, cio la consapevolezza e la volont di partecipare ad una rissa.
Il 2 co prevede unaggravante speciale nel caso in cui nella rissa , ovvero immediatamente dopo e in conseguenza di
essa, taluno rimanga ucciso o riporti una lesione personale, anche lievissima; e per taluno si intende un soggetto
qualsiasi, anche il paciere o un passante. Laggravante non si applica nei confronti di chi si sia allontanato dalla rissa
prima della verificazione dellevento dannoso, mentre si applica nei confronti di colui che subentra successivamente
alla realizzazione dellevento. Si tratta di un caso di responsabilit oggettiva, dato che levento morte o lesione
posto a carico dei corrissanti a prescindere da ogni indagine sullelemento psicologico.
Il delitto di omicidio e quello di lesione concorrono con quello di rissa solo per i corrissanti che li abbiano commessi,
mentre agiscono da semplice aggravante del delitto di cui allart 588 per gli altri partecipanti. Non si ritiene
compatibile con il reato lattenuante della provocazione; tuttavia si pu ammettere lapplicazione nel caso in cui un
corrissante abbia ecceduto i limiti accettati da tutti, determinando un nuovo ed autonomo fatto ingiusto.
OMISSIONE DI SOCCORSO (593)
Ai sensi dellart 593, commette omissione di soccorso colui il quale, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo
minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, omette di darne immediato avviso
all'autorit. Il 2 co punisce con la stessa pena chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una
persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso
all'autorit. La pena aumentata o raddoppiata, secondo il 3 co, se da tale condotta derivano rispettivamente una
lesione personale o la morte del soggetto passivo.
Il b.g. quello della vita e incolumit individuale, con il quale si impone un dovere generale di soccorso e assistenza
alle persone in pericolo, il cui fondamento oggi costituito dal principio solidaristico di cui all'art 2 Cost.
Si tratta di un reato comune, poich non richiesto dalla legge alcun rapporto particolare che leghi l'agente al
soggetto passivo. Anzi qualora ci sia un particolare rapporto che porti ad una vera e propria posizione di garanzia, si
parlerebbe di delitto di lesione o omicidio volontario.
Si tratta di reato omissivo proprio, poich il soggetto ha l'obbligo giuridico di attivarsi nei modi normativamente
previsti.
Si tratta inoltre di reato di pericolo concreto, che costituisce un elemento costitutivo del reato, di cui perci
necessario l'accertamento.
Per quanto riguarda la fattispecie del 1 co, qualora l'agente trovi uno dei soggetti (vedi), sorge in capo al ritrovatore
l'unico obbligo di dare avviso all'autorit, avviso che deve essere immediato. Per autorit deve intendersi qualsiasi
pubblica autorit, sia essa o meno direttamente competente a provvedere. Un ritardo equivale a pieno
inadempimento.
Quanto al 2 co il ritrovatore ha l'obbligo di dare immediato avviso all'autorit o di prestare l'assistenza occorrente;
quest'ultima ovviamente nei limiti del personale patrimonio di scienza ed esperienza del soccorritore, anche per
evitare interventi inutili o controproducenti.
sufficiente il dolo generico, anche solo eventuale, consistente nella consapevolezza di tutti gli elementi della
situazione di fatto e nella coscienza e volont dell'omissione.
Il delitto aggravato qualora dalla condotta del colpevole derivino una lesione personale o la morte del s.p. (3 co,
reato aggravato dall'evento).
Il delitto di tipo omissivo, si consuma istantaneamente all'inutile scadere del termine ultimo per l'adempimento.
L'avviso deve essere dato immediatamente, per l'assistenza bisogna valutare il caso concreto, tenendo presente che il

11

ritardo integra gi il reato e il successivo attivarsi vale solo come circostanza attenuante. Si propende per la non
configurabilit del tentativo.

INFANTICIDIO IN CONDIZIONI DI ABBANDONO MATERIALE E MORALE (578)


Originariamente il cod. Rocco inseriva l'infanticidio tra i delitti per causa d'onore. Infatti il codice penale italiano era
rimasto ancorato all'idea per cui veniva giustificato un trattamento privilegiato nel caso in cui l'uccisione di un
neonato o la soppressione di un feto, frutto di relazione illegittima, fosse determinato dalla volont di salvare l'onore
proprio o della famiglia. Nel 1981 stata abrogata la rilevanza penale della causa d'onore.
Per cui oggi l'art 578 punisce La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o
del feto durante il parto, quando il fatto determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al
parto.
L'unico soggetto attivo del reato la madre; per le persone che concorrono al solo scopo di favorire la madre
previsto un regime attenuato di pena, mentre per tutti gli altri la sanzione parificata a quella dell'omicidio doloso.
Per quanto riguarda il soggetto passivo del reato, la distinzione tra neonato e feto nel corso del parto ha valore
prevalentemente terminologico, dato che anche il feto, nel momento dell'inizio del parto, acquista per la legge penale,
natura di essere umano.
Quanto al concetto di abbandono materiale e morale, si tratta di elemento di difficile determinazione: si ritiene
comunque che tali condizioni attengono non esclusivamente ad uno stato psichico, bens ad una situazione oggettiva;
Ambrosetti parla di elemento obiettivo di colpevolezza. La prevalente giurisprudenza si orientata in senso di
un'interpretazione restrittiva: possono ritenersi sussistenti solo quando la madre venga a trovarsi, al momento del
parto, o subito prima o dopo di esso, in uno stato di isolamento tale che non consenta l'aiuto di presidi sanitari o di
altre persone,.., non quando l'isolamento venga creato a causa dell'indifferenza o dell'incuria della donna. In altre
sentenze si data per rilevanza ad un'accezione maggiormente psicologica, di solitudine interiore, tenendo conto del
fatto di come nella nostra societ esistano sacche di emarginazione, come la tossicodipendenza o l'immigrazione
clandestina.
INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA (l. n. 194/1978)
Con la l. n. 194/1978 stata introdotta l'attuale normativa in tema di interruzione di gravidanza, in cui si prevede
anche l'abrogazione dei delitti contro l'integrit e la sanit della stirpe. Prima di questa la Corte Costituzionale nel '75
aveva dichiarato la parziale illegittimit dell'art 546 (aborto di donna consenziente) nella parte in cui la norma non
consentiva che la gravidanza potesse venire interrotta quando l'ulteriore gestazione implicasse danno o pericolo grave
per la salute della madre. In questo modo la Corte allargava le ipotesi di aborto terapeutico, dando un forte stimolo
all'avvio di una riforma normativa.
Nel cod. Rocco il legislatore aveva fatto riferimento al tradizionale concetto di aborto, inteso come morte del prodotto
del concepimento; mentre oggi si parla di interruzione di gravidanza, cio la cessazione dello stato di gestazione
prima dell'esito naturale del parto. Perci da essa non deriva sempre la morte del concepito (aborto), poich in alcuni
casi, quando la gestazione ad uno stadio avanzato, il neonato pu continuare a vivere (parto prematuro). In generale
per le norme spesso parlano di interruzione di gravidanza come sinonimo di aborto.
Una questione importante riguarda il momento di inizio dell'essere umano. L'orientamento prevalente ritiene che
l'inizio della vita coincida con il concepimento o fecondazione; ma ci sono anche tesi che non condividono questa
opinione.
In questo ambito bisogna quindi far riferimento alla distinzione tra contraccettivi e mezzi abortivi precoci. Sul
presupposto che la vita umana inizia dalla fecondazione, ne deriva che contraccettivi in senso proprio sono solo quelli
che impediscono il concepimento. Rientrano perci in questa categoria sia i contraccettivi meccanici, che impediscono
l'incontro degli spermatozoi con l'ovulo (preservativi, diaframmi), sia i contraccettivi chimici che si basano su una
azione spermicida. Lo stesso vale per la pillola, che blocca temporaneamente l'ovulazione. Diverso il discorso per
la pillola del giorno dopo, la quale un vero e proprio abortivo in quanto non consente l'annidamento dell'uovo
fecondato agendo quindi quando la vita gi iniziata. Abortivo anche la cd spirale.
L'art 19 della legge stabilisce che l'interruzione di gravidanza costituisce reato solo se compiuta fuori dai casi e senza
l'osservanza delle modalit previste dalla l. n. 194/1978. Quindi l'interruzione di gravidanza compiuta nel rispetto di
tale legge non un illecito penale.
La premessa perch si realizzi il delitto previsto dall'art 19 che la donna sia consenziente, altrimenti si ricadrebbe
nell'art 18. Quindi un delitto che normalmente presuppone un concorso di persone fra la donna consenziente e tutti
coloro che hanno contribuito causalmente all'interruzione illegale della gravidanza. Trattasi per di un concorso
eventuale di persone poich non si pu escludere che la donna si autoprocuri l'aborto. La donna punita in modo
molto meno severo rispetto agli altri concorrenti del reato. Infatti essa considerata vittima prima ancora che
complice e soprattutto la salute della donna il bene principalmente protetto dal reato di aborto illegale.

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L'art 19 rende rilevante la violazione dell'art 5. Quindi il reato sussiste quando l'interruzione della gravidanza non sia
preceduta dal compimento delle attivit demandate al consultorio, alla struttura socio-sanitaria o dal medico di
fiducia dall'art 5, volte a rendere la donna a pieno consapevole del significato dell'atto interruttivo di gravidanza e ad
aiutarla, prospettandole soluzioni diverse al suo problema e facendole conoscere i mezzi di tutela offerti
dall'ordinamento alle madri, a desistere dal manifestato proposito. Inoltre il reato sussiste nei seguenti casi:
1. quando l'interruzione volontaria della gravidanza sia praticata da persona non abilitata all'esercizio della
professione sanitaria, ovvero dal medico non addetto al servizio ostetrico-ginecologico;
2. se l'interruzione della gravidanza non sia preceduta dalla verifica dell'esistenza di controindicazioni sanitarie;
3. se essa sia praticata in luogo non abilitato;
4. quando sia stato superato il tetto degli interventi praticabili tenendo conto della percentuale fissata dal
Ministero della Sanit.
Quindi la donna libera di ricorrere all'interruzione della gravidanza purch rispetti determinate modalit e
procedure. Se per sono decorsi novanta giorni di gravidanza, la legge prescrive che non possa venire effettuato un
intervento di interruzione della gravidanza in assenza di specifici presupposti oggettivi accertati medicalmente. Cio in
particolare l'interruzione pu essere praticata dopo i novanta giorni:
1. quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
2. quando siano accertati processi patologici che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica
della donna.
Si pu notare che quindi nei primi tre mesi la tutela del feto solo indiretta, mentre dopo i tre mesi acquista un valore
maggiore.
Il 5 co dell'art 19 prevede un aggravamento sanzionatorio nell'ipotesi in cui l'interruzione volontaria della gravidanza
sia stata eseguita su donna minore degli anni 18, o interdetta. Infine negli ultimi due commi sono configurate figure di
delitti preterintenzionali (vedi).
L'art 18, co 1 punisce chiunque cagioni l'interruzione della gravidanza di una donna senza il suo consenso, o con
consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno.
Nell'art 12 si prevede che se la donna inferiore di anni 18, per l'interruzione della gravidanza richiesto l'assenso di
chi esercita la potest o la tutela.
Il 2 co dell'art 18 prevede che la stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni
dirette a provocare lesioni alla donna. Il cod. Rocco prevedeva l'aborto come circostanza aggravante delle lesioni,
mentre ora una fattispecie autonoma di tipo preterintenzionale. Si pu ritenere che nell'ipotesi che l'agente agisca
con dolo di percosse cagionando involontariamente l'aborto, risponda di un concorso di reati e cio percosse e aborto
colposo (art 17 legge 194).
Il 3 co dell'art 18 prevede che la pena diminuita fino alla met se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto. Il 4
co aggrava la pena nel caso in cui da tali fatti derivi la morte della donna o una lesione personale gravissima. L'ultimo
comma prevede un aggravamento di pena se la donna minore di 18 anni, in tutte le ipotesi dei commi precedenti.
L'art 17 prevede la responsabilit colposa, che a differenza di quanto precedentemente previsto dal cod. Rocco, una
fattispecie autonoma di reato e non circostanza.
Un problema si pone riguardo la distinzione tra aborto e parto prematuro. La tradizionale distinzione si basava sul
fatto che nel primo caso si ha la morte del prodotto del concepimento, nel secondo caso si ha la sua sopravvivenza.
Tuttavia oggi appare ragionevole effettuare una distinzione dando rilevanza non alla vita ma alla vitalit. Cio cagiona
aborto chi interrompe la gravidanza in un periodo in cui, per le attuali conoscenze mediche, il prodotto del
concepimento non in grado di sopravvivere, neppure con l'ausilio di strumenti offerti dalla moderna tecnologia.
Cagiona invece un parto prematuro chi interrompendo la gravidanza provoca la nascita di un neonato in grado di
giungere fino al completo sviluppo con l'aiuto dell'incubatrice o di altri strumenti.
PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (l. n. 40/2004)
La legge 40/2004, in materia di procreazione medicalmente assistita, tutela beni giuridici di primario interesse, quali
quello alla vita del concepito e quello all'identit e unicit genetica dell'individuo. Si tratta di una disciplina
strettamente collegata alle scelte fondamentali, etiche, religiose, sul valore dell'essere umano. In effetti la legge
stata circondata, prima e dopo la sua emanazione, da un acceso dibattito. Dopo la sua promulgazione stato
promosso un referendum popolare diretto ad abrogare il provvedimento. Tuttavia tale referendum, da un lato, stato
dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale sul presupposto della natura costituzionalmente necessaria della
normativa, e dall'altro non ha raggiunto il necessario quorum di votanti.
La legge in questione detta un'articolata disciplina con cui viene regolamentata per la prima volta la procreazione
medicalmente assistita, prevedendo poi anche misure a tutela dell'embrione, cio stabilendo le condizioni secondo le
quali pu svolgersi la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione.

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Per quanto riguarda la protezione dell'embrione, con riferimento al tema dell'inizio della vita umana, la legge ha
collocato tale evento al momento del concepimento senza quindi distinguere tra una fase embrionale e una
preembrionale.
L'art 13, 1 co sancisce il divieto di sperimentazione su ciascun embrione umano. proibita la produzione di embrioni
umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge. L'unico
fine lecito che legittima la produzione di embrioni, quindi quello procreativo. Si stabilisce poi il divieto di selezione a
scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di
manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico
dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi
finalit diagnostiche o terapeutiche. Quindi consentita la ricerca clinica e sperimentale sull'embrione a condizione
che essa sia volta alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso e non siano disponibili metodologie
alternative.
proibita la crioconservazione e la soppressione di embrioni, ed questo l'ambito che ha suscitato maggiori
perplessit nella dottrina. Ci si chiesto se questa norma non legittimi la possibilit di svolgere ricerche sulle cellule
staminali embrionali. vero che per fini sperimentali si potrebbe far ricorso agli embrioni soprannumerari per i quali
sia venuta meno la possibilit di impianto. La disciplina italiana stata per di segno opposto, dato che le misure
introdotte a tutela dell'embrione sono preclusive della possibilit di servirsi di embrioni cd soprannumerari. stato
invero sottolineato che i principi della protezione della salute come interesse della collettivit e della libert di ricerca
legittimerebbero il sacrificio di embrioni non destinati ad essere impiantati.
Il terzo co dell'art 13, poi, proibisce gli interventi di clonazione, e la fecondazione di un gamete umano con un gamete
di specie diversa e la produzione di ibridi o chimere.
Per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita, il presupposto per accedere a tali tecniche sta nella
impossibilit di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed comunque circoscritto ai casi di
sterilit e infertilit. necessario che la coppia sia composta da due persone maggiorenni di sesso diverso, coniugate o
conviventi, in et potenzialmente fertile, entrambi viventi. Si esclude la fecondazione eterologa, in quanto l'art 12
vieta di utilizzare a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente.
prevista una causa di non punibilit per l'uomo o la donna cui siano state applicate tecniche mediche in violazione
dei divieti. Invece particolarmente rigoroso il trattamento riservato ai soggetti, diversi dalla coppia, che
trasgrediscano ai divieti imposti, con la previsione di sanzioni amministrative pecuniarie.
poi previsto il divieto di clonazione e di maternit surrogata, per cui il b.g. la tutela della dignit dell'essere umano
anche sotto il profilo dell'irripetibilit del suo genoma. Per surrogazione di maternit si intende l'obbligazione di una
donna di portare a termine una gravidanza e di consegnare il neonato alla coppia committente, sia nel caso in cui sia
pattuito un corrispettivo, ma anche se gratuita, per spirito solidaristico. anche indifferente che la tecnica utilizzata
implichi una fecondazione in vivo o in vitro. Nel primo caso la fecondazione dell'ovocita effettuata con il gamete
dell'uomo direttamente nel corpo della donna che si impegna a consegnare il bambino. Nel secondo l'embrione viene
fecondato in vitro con i gameti della coppia e successivamente annidato nell'utero della madre.

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PARTE III I REATI CONTRO LA LIBERTA INDIVIDUALE


REATI CONTRO LA PERSONALITA INDIVIDUALE
GENERALITA E NORME COMUNI (600 sexies)
Gli artt 600ss si occupano dei delitti contro la personalit individuale, intesa come status libertatis. Il soggetto passivo
cessa di avere una propria personalit, ovvero, pur conservandola come condizione di diritto, , di fatto,
completamente asservito al potere del colpevole.
Originariamente questa categoria di reati comprendeva solo la schiavit e il plagio. Nel 1930, quando fu emanato il
codice Rocco, la schiavit era scomparsa dal mondo civile, ma nonostante ci stata introdotta ugualmente. Nel 1981
la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimit del plagio, che consisteva nel sottoporre una persona al proprio potere in
modo da ridurla in stato di soggezione. La norma era carente di tassativit; venivano incriminati i professori che
avevano rapporti sessuali con gli alunni. La definizione normativa era vaga in quanto vi rientravano anche ad es
persone innamorate al punto di essere in stato di soggezione. Bisogna vedere se era patologico. La Corte non ha
trovato nessuna tassativit n intrinseca n estrinseca. Ci sono state molte proposte di introduzione del reato di
manipolazione mentale, che dovrebbe essere il nuovo plagio, ma niente stato emanato finora.
Negli anni '80 ci si rende conto che se la schiavit era scomparsa nella forma tradizionale, erano nate nuove forme di
schiavit, in cui sulla persona soggetta non si esercitavano diritti di propriet, ma effetti analoghi. Es bambini argati, in
ex Jugoslavia, bambini che venivano comprati per l'accattonaggio. Ma anche casi di lavoro clandestino, prostituzione
minorile. Per questo il legislatore ha deciso di introdurre tutta una serie di nuove fattispecie per combattere queste
nuove forme di schiavit.
L'art 600 sexies nel 1 co prevede un'aggravante ad effetto speciale, legata all'et minore degli anni 14 della vittima dei
delitti previsti dagli artt 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 600, 601, 602. Il 2 co prevede un'altra aggravante dei delitti ex
artt 600 bis, 600 ter, 600, 601, 602 quando il fatto commesso in danno di un minore e l'autore del fatto un
ascendente, genitore adottivo, loro coniuge o convivente, il coniuge o affini entro il secondo grado, un parente fino al
quarto grado collaterale, il tutore o persona alla quale il minore sia stato affidato per ragioni di cura, educazione,
istruzione, vigilanza, custodia, lavoro, ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle
loro funzioni. Lo stesso aumento di pena si applica quando il fatto sia commesso in danno di un minore in stato di
infermit o minorazione psichica. Il 3 co prevede un'aggravante in caso di violenza o minaccia dei delitti previsti dagli

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artt 600 bis, 600 ter. Il 4 co prevede un'attenuante per i delitti ex artt 600 bis, 600 ter, 600, 601, 602 per chi si adopera
concretamente in modo che il minore degli anni 18 riacquisti la propria autonomia e libert (anche se concretamente
poi non ci riesce).
L'art 604 estende l'applicabilit dei delitti della sezione I anche quando il fatto sia (interamente) commesso all'estero
da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano (da uno straniero) ovvero dallo straniero in concorso con
un cittadino italiano.
PORNOGRAFIA MINORILE (600 ter/ 600 quater1)
I delitti di pornografia minorile (600 ter/ 600 quater1) sanzionano condotte aventi ad oggetto esibizioni e materiali
pornografici in cui sono utilizzati minori di anni 18. Il bene giuridico tutelato il minore e il suo corretto sviluppo fisiopsichico.
L'art 600 ter, rubricato pornografia minorile sanziona la realizzazione di esibizioni pornografiche e la produzione di
materiale pornografico utilizzando minori di anni 18, e aggiunge l'ipotesi di induzione dei minori a partecipare a
esibizioni pornografiche.
Il 2 co punisce il commercio del materiale pornografico di cui al co 1, intendendosi non solo la lucrosit, ma anche
un'attivit imprenditoriale, cio dotata di una struttura organizzativa qualificata dal fine di lucro e dalla destinazione
del materiale ad una pluralit di consumatori.
Il 3 co sanziona chi, con qualsiasi mezzo distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale di cui al co 1, su ogni
tipo di supporto. Il 4 co sanziona la condotta di chiunque offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale
pornografico ex art 1. Il 5 co prevede una circostanza aggravante ad effetto speciale per i delitti dei co 3 e 4 quando il
materiale di ingente quantit.
L'art 600 quater, rubricato detenzione di materiale pornografico, sanziona chi consapevolmente si procura o detiene
materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18. il 2 co prevede l'aggravante nel caso in cui il
materiale sia di ingente quantit.
L'art 600 quater1 estende la punibilit dei due art precedenti anche ai casi di cd materiale pornografico minorile
virtuale, limitando per il rilievo penale alle immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni 18
o parti di esse. Il minore rappresentato deve essere identificato o quanto meno identificabile.
PROSTIRUZIONE MINORILE (600 bis, 600 quinquies)
L'art 600 bis, rubricato prostituzione minorile punisce al 1 co chiunque induce alla prostituzione una persona di et
inferiore agli anni 18 ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione. Il 2 co invece, salvo che il fatto non costituisca pi
grave reato, sanziona chiunque compie atti sessuali con un minore di et compresa tra i 14 e i 18 anni, in cambio di
denaro o di altra utilit economica.
Nella prostituzione non punibile il cliente, ma solo chi sfrutta; qui invece abbiamo una deroga.
Il bene giuridico protetto la tutela dei fanciulli contro ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale a salvaguardia
del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale. Lo sfruttamento sessuale dei bambini a fini
commerciali considerato una forma di schiavit contemporanea, e per questo inserita all'interno dei delitti contro
la libert individuale e, in particolare, contro la personalit individuale.
La legge Merlin inseriva questa materia nell'ambito della tutela di beni collettivi quali la moralit pubblica e il buon
costume, mentre la nuova normativa tutela i minori.
L'art 600 bis sanziona al 1 co l'induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Per induzione si
intende non solo la condotta volta a far sorgere in taluno ex novo la volont di prostituirsi, ma anche quella tesa a
rafforzare una preesistente intenzione non ancora perfezionatasi, o a far desistere chi abbia gi intrapreso tale attivit
ed intenda abbandonarla. Sfruttamento qualsiasi percezione di utilit derivante dall'altrui prostituzione. Il
favoreggiamento consiste in qualunque comportamento che abbia una incidenza causale apprezzabile nel
determinare condizioni pi favorevoli all'esercizio del meretricio (es la condotta dell'albergatore che fornisca stanze a
condizioni agevolate; no invece la condotta del cliente che riaccompagni con la propria autovettura la prostituta sul
luogo di lavoro).
Il 2 co punisce chiunque compie atti sessuali con un minore di et compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in
cambio di denaro o di altra utilit economica.
L'art 600 quinquies, rubricato iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, noto come
turismo sessuale, sanziona chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attivit di prostituzione
a danno di minori o comunque comprendenti tale attivit. Il reato tutela lo stesso b.g. dell'art 600 bis, con la
differenza che per la consumazione non si richiede l'effettiva fruizione della prestazione sessuale e neanche il
compimento del viaggio (reato di pericolo astratto o presunto).
RIDUZIONE IN SCHIAVITU' O SERVITU' (600)

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Commette reato chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di propriet, ovvero
chiunque induce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni
lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento.
Il b.g. tutelato tradizionalmente ritrovato nello status libertatis, anche se nella sua nuova formulazione, la norma
tutela maggiormente la dignit umana.
Il 2 co prevede le circostanze aggravanti:
quando i fatti siano commessi in danno di un minore degli anni 18;
quando i fatti sono diretti allo sfruttamento della prostituzione;
quando sono commessi al fine di sottoporre la vittima al prelievo di organi.
TRATTA DI PERSONE (601)
Il reato integrato da chiunque commette tratta su una persona che si trova in condizione di schiavit o servit,
oppure da chiunque, al fine di commettere il reato di riduzione o mantenimento in schiavit o servit, la riduce o la
costringe a far ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello stato o a trasferirsi al suo interno. La previsione
specifica che:
l'induzione deve avvenire mediante inganno;
la costrizione mediante violenza, minaccia, abuso di autorit o approfittamento di una situazione di
inferiorit fisica o psichica o di una situazione di necessit, o mediante la promessa o la dazione di somme di
denaro o altri vantaggi a chi ha autorit sulla persona.
ACQUISTO O ALIENAZIONE DI SCHIAVI (602)
sanzionato chiunque, non commettendo il reato di tratta di persone, acquista o aliena o cede una persona che si
trova in una delle condizioni di cui allarticolo 600, cio sia stata gi ridotta in schiavit o servit. Si tratta di una
fattispecie residuale, che si applica fuori dei casi di tratta di persone; il reato quindi sussiste quando il commercio
dell'essere umano avvenga senza inganno, violenza, minaccia, abuso di autorit, approfittamento di una situazione di
inferiorit fisica o psichica o di una situazione di necessit, mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri
vantaggi.
Il 2 co prevede le circostanze aggravanti:
quando i fatti siano commessi in danno di un minore degli anni 18;
quando i fatti sono diretti allo sfruttamento della prostituzione;
quando sono commessi al fine di sottoporre la vittima al prelievo di organi.
REATI CONTRO LA LIBERTA PERSONALE
SEQUESTRO DI PERSONA (605)
L'art 605 punisce chiunque priva taluno della libert personale, per cui il b.g. tutelato proprio la libert personale.
Tuttavia quest'ultima non va intesa solo nel senso tradizionale come sola libert fisica di movimento e di
locomozione, ma anche come diritto a ciascuno a non subire interventi coattivi sul corpo.
Soggetto attivo pu essere chiunque. Soggetto passivo il titolare del diritto alla libert personale; anche chi si trovi
gi in stato di parziale privazione della libert personale, ad es il detenuto, quando la sfera di movimento consentita
venga ulteriormente limitata.
La condotta consiste nel privare taluno della libert personale ed un reato a condotta libera che pu essere attiva
(non ti faccio muovere) o omissiva (non apro la porta). sufficiente una limitazione anche solo parziale della libert
personale, purch si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile, determinando la lesione del b.g. tutelato.
Non necessario che alla vittima sia resa del tutto impossibile ogni via di scampo; la possibilit di fuga non esclude
l'esistenza del reato quando a tal fine si richiederebbero mezzi straordinari o di difficile attuazione, o quando il
tentativo di fuga esporrebbe quest'ultimo ad ulteriori pericoli o danni alla persona. La lesione della libert personale
pu avvenire mediante violenza, minaccia o con l'inganno.
sufficiente il dolo generico, consistente nella coscienza e volont di privare taluno della libert personale. Il delitto si
consuma nel momento in cui inizia lo stato di privazione, assoluta o relativa, della libert personale del soggetto
passivo. Il tentativo pu configurarsi solo prima di tale momento quando l'agente non riesca a consolidare per una
durata giuridicamente apprezzabile tale situazione, ma abbia comunque posto in essere atti idonei diretti in modo non
equivoco allo scopo. Trattasi di reato permanente.
Il 2 co prevede due circostanze aggravanti che si applicano:
quando il fatto commesso in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge;
quando il fatto commesso da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
L'art 605 generale rispetto ad altre figure di sequestro, per cui non si applica quando ricorrano le fattispecie delle
norme speciali (es sequestro a scopo di estorsione, sequestro di persona a scopo di terrorismo). Tradizionalmente in

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materia sessuale vi erano due tipi di sequestro: ratto a scopo di libidine e ratto a scopo di matrimonio. L'art 605 in
rapporto di specialit anche con quello di violenza sessuale (art 609 bis, anche di gruppo 609 octies), ma pu anche
verificarsi concorso, quando l'azione di privazione della libert di movimento non limitata all'atto sessuale; es
ragazza tenuta tutta la notte in un casolare, subendo plurime violenze.

Casi
Un problema discusso quello della efficacia scriminante del consenso dell'avente diritto. In dottrina il diritto alla
libert personale stato ritenuto solo parzialmente disponibile, ed quindi ammessa una limitazione circoscritta e
secondaria della libert. Esistono delle cause di giustificazione terapeutiche o anche derivanti da arresto obbligatorio
in flagranza.
Un caso giudiziario quello della comunit di San Patrignano, a Rimini, comunit di recupero eroinomani. Muccioli
aveva fondato la comunit, e forniva assistenza gratuita, purch si rispettassero le sue regole. Succedeva spesso che
durante le crisi d'astinenza i tossicodipendenti scappassero per cercare la droga. Era testimoniato che per impedire
che fuggissero e che si facessero male durante le crisi, venivano legati al letto. Per questo Muccioli era stato
denunciato per sequestro di persona e condannato in primo grado. In appello si fa valere il consenso prestato dai
malati che, anche se l'avessero revocato successivamente, la revoca non operava in virt dello stato di necessit ex art
54 c.p. poich vi era il pericolo che morissero di overdose.
VIOLENZA SESSUALE (609 bis, 609 ter)
L'art 609 bis stato introdotta nel 1996. Originariamente nel cod Rocco la cd violenza carnale e gli altri reati sessuali
erano collocati tra i delitti contro la moralit pubblica e il buon costume. Due sono i punti fondamentali della riforma:
l'abrogazione dell'intero capo I del titolo IX e l'inserimento degli artt da 609 bis a 609 decies, dedicati ai
delitti contro la libert personale;
sostituzione delle previgenti figure di violenza carnale (519 e congiunzione carnale commessa con abuso delle
qualit di p.u., 520) e atti di libidine violenti (521) con l'unica fattispecie criminosa, pi severamente punita,
denominata violenza sessuale. L'originaria distinzione si basava sulla penetrazione, la congiunzione.
Ovviamente nel 1930 non c'era la pillola del giorno dopo, quindi la violenza poteva causare l'ulteriore trauma
di una gravidanza. Bisognava effettuare una perizia ginecologica per capire se era stata penetrata (si pensi al
trauma che pu essere per una bambina); per questo si pensato di riunire tutto in una fattispecie.
Ma era cambiato anche il modo di vivere la sessualit, i giovani la scoprivano prima della maggiore et. Poi bisognava
aggiungere la fattispecie di violenza sessuale di gruppo. Da noi non c' la fattispecie di molestie sessuali verbali, che
avviene soprattutto sul posto di lavoro, mentre molti paesi prevedono anche questa fattispecie.
Con la riforma la distinzione sopra detta viene abbandonata, e sostituita con l'unitario concetto di violenza sessuale,
in cui il b.g. protetto la libert sessuale.
Il 1 co punisce chiunque, con violenza, minaccia o mediante abuso di autorit, costringe taluno a compiere o subire
atti sessuali. Il 2 co punisce invece chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, abusando delle condizioni di
inferiorit fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto, ovvero traendo in inganno la persona offesa per
essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Il reato comune, fatta eccezione per la violenza sessuale mediante abuso di autorit, considerata un ipotesi di reato
proprio. Quanto al soggetto passivo, l'espressione taluno evidenzia che pu trattarsi di una donna e di un uomo, di
una donna virtuosa e di una prostituta, di una donna nubile e sposata; quindi superato l'indirizzo seguito fino agli
anni '70, in base al quale non veniva considerato reo di violenza sessuale, ma al massimo di ingiuria, percosse, violenza
privata, il coniuge che avesse costretto la propria moglie a subire rapporti sessuali con violenza o minaccia.
Quanto al concetto di compiere, pu trattarsi sia di atti sessuali che la vittima compie su se stessa, sia sul soggetto
attivo del reato, sia su un terzo che pu essere a sua volta vittima; il termine subire indica invece che la p.o. sopporta
l'atto sessuale eseguito sul suo corpo, dal soggetto agente o da un terzo, il quale pu anche agire contro la sua
volont.
Quanto alle modalit, il reato si articola in due fattispecie (reato a forma vincolata):
violenza sessuale per costrizione, che viene realizzata mediante violenza, minaccia o abuso di autorit;
violenza sessuale per induzione.
Il concetto di violenza ha assunto ormai una portata onnicomprensiva; un tempo si poneva a carico della vittima un
onere di resistenza rischioso per la sua incolumit fisica, poich per vedersi tutelata penalmente doveva dimostrare di
avere adeguatamente resistito all'aggressione sessuale. Oggi la violenza si desume dal complesso delle circostanze di
fatto. Al s.p. non pi richiesto di resistere ed irrilevante che esso abbia diminuito la propria opposizione durante il
rapporto sessuale violento, come non necessario che la violenza si sia protratta per tutta la durata dell'aggressione,
ovvero irrilevante che sia sfociata durante l'esecuzione di un rapporto inizialmente consensuale. sufficiente che la
violenza sia anche solo potenziale.

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Anche gli atti sessuali compiuti a sorpresa, cio mediante toccamenti e palpeggiamenti di zone erogene, effettuati in
maniera insidiosa e repentina, sono considerati violenti perch la repentinit e furtivit del gesto impediscono alla
vittima di esprimere il proprio dissenso, coartando, cos, la sua volont. Una nozione cos ampia di violenza, che
prescinde dall'impiego di forza fisica, ne rende sfumata la distinzione dalla minaccia e produce l'ulteriore effetto di
trasformare il reato a forma vincolata in uno a forma libera. La minaccia colpisce la sfera psichica dell'individuo, in
quanto consiste nella prospettazione di un male ingiusto futuro per costringere la vittima a compiere o subire atti
sessuali; deve essere di una certa gravit e, a differenza della violenza che deve essere necessariamente esercitata
sulla vittima, pu riguardare anche persone diverse da questa.
Una novit del '96 l'introduzione dell'abuso di autorit. A differenza che in passato, oggi si ritiene che non occorra
pi che il soggetto attivo sia un p.u., potendo essere chiunque eserciti un potere autoritativo su di una persona ed
approfitti di questo rapporto di supremazia per costringerla a compiere o subire atti sessuali. E soggetto passivo, allo
stesso modo, non pi solo la persona arrestata o detenuta. Es viene fermata una donna extracomunitaria senza
permesso di soggiorno e l'ufficiale fa capire che chiude un occhio se concede un atti sessuale. In alcuni casi questo al
confine con la concussione.
Il 2 co disciplina la violenza sessuale per induzione, prevedendo due modalit:
l'induzione mediante abuso delle condizioni di inferiorit fisica o psichica,
mediante inganno derivante da sostituzione di persona.
L'induzione richiede la cooperazione della vittima, nel senso che questa deve acconsentire al compimento di atti
sessuali, sebbene il consenso sia invalido perch carpito con l'inganno, ovvero approfittando delle condizioni di
menomazione. Nel caso di sostituzione di persona, l'inganno si verifica non solo nel caso in cui la vittima venga
determinata in errore sull'identit fisica dell'agente, ma anche quando il soggetto attivo si attribuisca un falso nome,
un falso stato, ovvero una falsa qualit a cui la legge attribuisce effetti giuridici, cos come previsto dall'art 494.
Tutte le fattispecie sono caratterizzate dal dolo generico, che richiede la consapevolezza del dissenso della vittima o
della invalidit del consenso ed escluso dall'errore, ancorch colposo. sufficiente il dolo eventuale, cio
l'accettazione del rischio che il soggetto passivo sia dissenziente. La consumazione si realizza nel momento e nel luogo
in cui si compie o si subisce l'atto sessuale.
L'art 609 ter prevede sei ipotesi di circostanze aggravanti (vedi), collegate alla commissione dei fatti di cui all'art 609
bis. Possono individuarsi due gruppi di circostanze:
quelle dettate in ragione della particolare vulnerabilit del soggetto passivo (quelle che considerano l'et
della vittima o lo stato di privazione della libert personale)
quelle contrassegnate dalla particolare offensivit della condotta attiva, cio prevedono l'utilizzo di sostanze
lesive e il travisamento del soggetto agente.
Quanto ai rapporti tra la violenza sessuale per costrizione mediante abuso di autorit e il delitto di concussione, si
ritiene che possa sussistere il concorso formale di reati perch la prestazione sessuale della vittima pu essere
ricompresa nella nozione di altra utilit di cui parla l'art 317.
Casi
Alcune discussioni ha fatto sorgere la sostituzione della vecchia distinzione, con la nuova di atti sessuali, che
attribuisce un significato alla sessualit, quale estrinsecazione della libert personale. Il concetto di atti sessuali
stato inteso in diversi modi:
Secondo un primo orientamento il termine atti sessuali deve essere interpretato nel segno si una continuit
con la normativa previgente, cio la mera sintesi delle due locuzioni di congiunzione carnale e atti di
libidine.
Una diversa lettura valorizza la connotazione soggettiva della sessualit, ritenendo che la nozione sia pi
ampia, realizzabile, anche in assenza di un coinvolgimento corporeo della vittima, attraverso atti di
esibizionismo, voyeurismo, autoerotismo.
Per una terza posizione il concetto di atti sessuali ha un contenuto pi ristretto, valorizzando la dimensione
rigorosamente oggettiva-scientifica della sessualit, in base alla quale, per poter parlare di atto sessuale,
necessario il contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona con una zona genitale di un
altro soggetto. Non rientrerebbero quindi in questa nozione, atti che in passato sarebbero stati concepiti
come atti libidinosi (abbracci, toccamenti fuggevoli del sedere, manomorta, piedini, ecc).
La giurisprudenza oscilla tra concezione oggettiva e soggettiva della sessualit, giungendo a decisioni contrastanti.
Prima della riforma la giurisprudenza seguiva la concezione soggettiva (vedi libro pag 314). Successivamente alla
riforma la giurisprudenza sembra accogliere una concezione oggettiva (vedi). La necessit o meno di un contatto fisico
tra soggetto agente e vittima diviene subito oggetto di contrasto giurisprudenziale. Le pronunce successive alla
riforma si fondano pi su una concezione soggettiva: necessaria la concreta e normale idoneit del comportamento
a compromettere la libert di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale. Altre che accolgono
la concezione oggettiva della sessualit, richiedono, invece, il contatto fisico con una zona genitale del corpo, o con

19

una zona considerata erogena secondo la scienza medica, psicologica, antropologica, sociologica, tale da stimolare
l'istinto sessuale.
La pi recente giurisprudenza di legittimit, accogliendo la concezione oggettiva della sessualit, afferma che il
concetto di atti sessuali semplicemente la somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine
compreso qualsiasi contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, anche se fugace, o che comunque
coinvolge la corporeit sessuale di quest'ultimo, che sia finalizzato e normalmente idoneo a porre in pericolo la libert
di autodeterminazione del s.p. nella sua sfera sessuale.
La dottrina sottolinea un difetto di ragionevolezza della soluzione normativa riformatrice, di dubbia legittimit, non
solo in merito alla sua mancanza di determinatezza, ma anche in relazione ai principi di proporzionalit, offensivit e
colpevolezza; infatti ricondurre nell'ambito della stessa fattispecie fatti dal disvalore estremamente differente,
significa trattare in modo uguale situazione che identiche non sono (potrebbero incorrere in tale sanzione molto grave
anche ipotesi che, pur essendo connotate sessualmente, si presentano bagatellari). Questi inconvenienti sono
mitigati, ma non risolti, dalla previsione dell'attenuante speciale ex art 609 bis ult co (casi di minore gravit).
TUTELA DELLA SESSUALITA' MINORILE (609 quater, 609 quinquies, 609 sexies)
Gli artt 609 quater, quinquies e sexies sono tre norme dedicate esclusivamente alla tutela del minore.
Nel nostro ordinamento la libert sessuale in positivo si acquista al compimento del quattordicesimo anno di et
(salvo art 609 quater, 3 co). Infatti al di sotto di questa soglia il rapporto sessuale sempre vietato. Il b.g. protetto il
regolare processo di evoluzione e maturazione della sessualit, che si assume posto in pericolo da un rapporto
sessuale che intervenga quando tale processo di maturazione non si ancora completato.
Bisogna sottolineare che il disvalore sul quale forgiata la fattispecie incentrato non tanto sulla non consensualit
quanto piuttosto sulla precocit dell'atto sessuale. E lo stesso vale per la corruzione di minorenne. Diverso il caso
dell'art 609 quater, co 1, n 2, che disciplina l'ipotesi in cui il s.p. ha gi compiuto 14 anni ma non ancora 16. In questo
caso il consenso del minore o potrebbe essere viziato dalla soggezione che quest'ultimo prova verso l'agente,
proprio in ragione del particolare rapporto che li unisce; dunque qui la libert sessuale del minore che viene
protetta. E lo stesso vale per il 2 co.
Le fattispecie di cui all'art 609 quater si presentano come reati di pericolo presunto, mentre l'art 609 quinquies come
reato di pericolo concreto. Tali fattispecie, data la necessaria compartecipazione del minore, anche solo come
spettatore, possono qualificarsi come reati a concorso necessario improprio.
I genitori, in virt del loro ruolo, hanno l'obbligo giuridico di impedire eventuali fatti di abuso sessuale. Dunque,
laddove i genitori non impediscano, essendone a conoscenza, fatti penalmente rilevanti ai sensi delle norme citate,
risponderanno anch'essi, a titolo concorsuale ex art 40, del reato sessuale.
L'art 609 quater (atti sessuali con minorenne) sanziona il compimento di atti sessuali:
con persona minore di anni 14 (1 co, n 1);
o minore degli anni 16 (e maggiore di anni 14), quando il soggetto attivo legato da un particolare rapporto
di contiguit con il minore (1 co, n 2): ascendente, genitore anche adottivo, tutore, ovvero altra persona cui,
per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, il minore affidato o che abbia con
quest'ultimo una relazione di convivenza, anche convivente del genitore(anche adottivo);
o minore degli anni 18 (e maggiore di anni 16), quando oltre al rapporto di cui sopra (ascendente, genitore
anche adottivo, o il di lui convivente o tutore), vi sia anche l'abuso dei poteri connessi alla posizione.
Si tratta di un reato di mera condotta. Dato che si ritiene che in questi casi il minore non possa esprimere un valido
consenso, non rileva quale scriminante il consenso dell'avente diritto ex art 50. L'art 609 quater parla di atti sessuali
con minore al di fuori delle ipotesi previste dall'art 609 bis, vuol dire fuori dai casi di violenza, minaccia, abuso di
autorit o abuso di menomazione fisica o psichica. Quindi quando si parla di atti sessuali, non si fa riferimento alla sola
penetrazione, congiunzione, ma a qualsiasi atto che coinvolga le zone erogene.
L'art 609 bis parla di costrizione a compiere o subire atti sessuali, mentre l'art 609 quater parla solo di compimento
di atti sessuali, lasciando fuori il far compiere al minore atti sessuali su se stesso o su terzi. Tuttavia il problema
meno grave di quanto appaia: infatti il soggetto che dovesse far compiere al minore atti sessuali su terzi, potrebbe
rispondere a titolo di concorso nel reato di cui all'art 609 quater per gli atti compiuti dal terzo col minore. Per quanto
concerne il compimento di atti sessuali su s stesso da parte del minore, bisogna affermare che in s l'atto di
autoerotismo consumato dal minore di 14 anni non assume rilevanza penale.
Il delitto si consuma al compimento degli atti sessuali. Il tentativo configurabile in astratto , ma di difficile
verificazione.
Il 3 co prevede poi che non punibile il minore che consumi atti sessuali con un altro minore che abbia compiuto 13
anni a patto che la differenza di et tra i due non superi i tre anni (abbassando cos, a tali condizioni, il limite
penalmente rilevante della libert sessuale in positivo).
Il 4 co prevede un'attenuante speciale ed ad effetto speciale, nei casi di minore gravit. Poi la norma si chiude con
una circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale, legata all'et della p.o. minore di 10 anni.

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L'art 609 quinquies (corruzione di minorenne) sanziona chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore
di anni 14, al fine di farla assistere. Si vuole colpire il deliberato esibizionismo, infatti gli atti sessuali non devono
riguardare il minore, nel senso che non deve sussistere alcun rapporto sessuale con l'infraquattordicenne, altrimenti
si ricadrebbe nelle ipotesi precedenti.
Requisito essenziale la presenza del minore. Ci si chiede se sia necessaria la coscienza da parte
dell'infraquattordicenne degli atti a cui assiste (se cos non fosse il compimento di atti sessuali al cospetto di un
minore appena nato o addormentato porterebbe a reputare integrata la fattispecie). Tuttavia il fine di far assistere
caratterizzante la condotta suggerisce (anche per il principio di offensivit), che il minore debba essere effettivamente
consapevole degli atti a cui presenzia, perch solo in questo modo l'agente pu soddisfare la sua esigenza di farlo
assistere.
Il tentativo configurabile. Il dolo deve avere ad oggetto tutti gli elementi del fatto tipico.
Bisogna segnalare la mancata previsione, per la fattispecie di corruzione di minorenne, di una causa di non punibilit
analoga a quella prevista dall'art 609 quater, co 3. Questo ha come conseguenza che il minorenne che compie atti
sessuali (ad es su se stesso) in presenza di (e al fine di far assistere) un tredicenne consenziente, punibile anche
quando la differenza tra i due non supera i 3 anni, mentre non punibile se gli atti sessuali li compie direttamente con
il tredicenne! Per questo spesso si ricorre a dubbie interpretazioni estensive o analogiche; sarebbe pi opportuno
sollevare un'eccezione di legittimit per contrasto con art 3 Cost.
Un altro paradosso si ritrova nel rapporto con l'art 527, 2 co (atti osceni), che punisce con una pena pi grave il
colpevole di atti osceni all'interno o nelle immediate vicinanze di un luogo frequentato da minori, rispetto alla pena
prevista per la corruzione di minorenne. In questo modo si punisce il rischio che siano visti con una pena pi grave
rispetto al caso in cui l'atto sessuale stato effettivamente visto!!
Perfettamente ammissibile il concorso di reati con quelli di cui agli artt 609 bis, quater, octies, purch si tratti di fatti
distinti che anticipino o seguano il compimento di atti sessuali alla presenza del minore.
L'art 609 sexies (ignoranza dell'et della persona offesa), stabilisce che nei reati contro la libert sessuale l'agente
non pu invocare a proprie scusa l'ignoranza dell'et della p.o. quando questa abbia meno di 14 anni. Si tratta di una
deroga al principio di colpevolezza. Si tratta di un'ipotesi di ignoranza non scusabile, in deroga all'art 47 che prevede
una causa di non punibilit per errore di fatto. Norma prevista anche in passato. Si faceva spesso esempio del minore
che presenta i documenti falsi, e poi si scopre che la ragazza era minore di 14 anni. Qui si poneva una questione di
costituzionalit. Deve esserci la possibilit che il soggetto possa avere la rappresentazione del fatto. Ma se la ragazza
ha presentato documenti falsi, si dovrebbe punire?
Casi
Ci si chiede se i precedenti rapporti sessuali della persona offesa possano influire sull'offensivit del fatto tipico,
attenuando le conseguenze. C'era il caso di un uomo che aveva compiuto un atto sessuale con la figlia infrasedicenne
della convivente e si portava come attenuante della minore gravit il fatto che le modalit del rapporto furono
scelte dalla minore e che la ragazza gi a partire dagli anni 13 aveva avuto numerosi rapporti sessuali con uomini di
ogni et, per cui al momento dell'incontro con l'imputato la sua personalit dal punto di vista sessuale era gi molto
sviluppata, rispetto alle altre ragazze della sua et. In realt questi altri precedenti rapporti non sono rilevanti come
attenuanti, anche perch sono gi per s stessi illeciti penali.
VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO (609 octies)
Si tratta di una importante novit della riforma dei reati sessuali; l'art 609 octies ci da la definizione di violenza
sessuale di gruppo, che consiste nella partecipazione, da parte di pi persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui
all'art 609 bis. In questo modo il concorso di persone nel reato di violenza sessuale viene sanzionata in modo
autonomo. Il b.g. tutelato lo stesso della violenza sessuale, protetta da modalit lesive decisamente pi intense
sotto due profili:
la minorata difesa della vittima;
la probabile reiterazione degli atti sessuali (anche se non necessario che ci avvenga) e, quindi, la maggiore
compressione dell'autodeterminazione in ambito sessuale.
Ma qui talvolta c' anche la volont da parte del reo di annientare, umiliare la vittima (si pensi anche allo stupro
etnico).
Il quid pluris rispetto al reato di violenza sessuale rappresentato dalla partecipazione di pi persone riunite (gruppo),
intesa quale concorso contemporaneo di molteplici persone alla fase esecutiva del delitto.
L'atto sessuale vero e proprio pu essere consumato anche da solo uno degli agenti o comunque da uno per volta,
purch vi sia, durante la fase esecutiva, la coeva e interattiva associazione, percepita come tale dalla vittima, di pi
condotte concorsualmente rilevanti. Il gruppo pu essere costituito anche da sole due persone (se 5 o pi si applica
l'aggravante ex art 112, co 1, n 1). Si tratta di fattispecie plurisoggettiva necessaria propria. possibile il concorso
eventuale ex art 110, ad es nel caso dell'istigatore che non partecipi alla fase operativa della violenza di gruppo.

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Il reato di consuma con la commissione della violenza sessuale attraverso il contributo contestuale di pi persone
riunite. Il tentativo configurabile. Il dolo generico. Non richiesto il previo accordo alla commissione del delitto.
L'ult. co. prevede le circostanze attenuanti, per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella
preparazione o nella esecuzione del reato.
possibile il concorso con il sequestro di persona quando la privazione della libert esorbiti dal tempo occorrente per
l'esecuzione della violenza.
REGIME DI PROCEDIBILITA' (609 septies)
L'art 609 septies mantiene ferma la regola generale della procedibilit a querela, e prevede deroghe per la
procedibilit d'ufficio.
Ai sensi del 1 co, il regime di procedibilit a querela previsto per la violenza sessuale semplice (609 bis) e aggravata
(609 ter) e per gli atti sessuali con minorenni (609 quater).
Nel co 4 sono previsti i casi in cui si procede d'ufficio :
se la violenza sessuale commessa nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli
anni 18;
se il fatto e commesso dallascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore
ovvero da altra persona cui il minore e affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o
di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza;
se il fatto e commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nellesercizio delle
proprie funzioni;
se il fatto e connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere dufficio;
se il fatto e commesso nellipotesi di cui allarticolo 609-quater, ultimo comma.
Un'eccezione introdotta dalla legge del 96 alla procedibilit a querela, riguarda il termine per la sua proposizione, che
non di tre mesi, ma di sei mesi. L'innalzamento del termine posto a tutela della p.o. che in tal modo ha pi tempo
per valutare se addivenire ad u processo, essendo in questi casi la p.o. debole e indecisa. Inoltre si prevede la
irrevocabilit della querela, dettata dall'esigenza di scoraggiare pressioni sulla vittima.
CONCETTI DI VIOLENZA E MINACCIA (APPUNTI+libro)
Violenza: il nostro codice pur richiamando in molte fattispecie questo concetto non ci da una definizione generale. Il
codice civile parla di violenza quale vizio della volont, ma non coincide con la valenza penalistica, non solo per
l'autonomia della scienza penalistica rispetto a quella civilistica, ma anche perch il concetto civilistico rientrerebbero
forse meglio nel concetto penalistico di minaccia. Pu trattarsi di:
1. impiego di energia fisica diretto a rimuovere una resistenza;
2. pu assumere rilevanza di per s (rissa, percosse, lesioni);
3. oppure pu considerarsi come mezzo di coartazione della volont (609 bis, octies, anche rapina, estorsione).
L'art 392, 2 co, da una definizione di violenza sulle cose: si ha violenza sulle cose allorch la cosa viene danneggiata o
trasformata, o ne risulta mutata la destinazione, ma nulla dice sulla violenza personale. La violenza, in dottrina, viene
distinta in:
violenza propria: quella che consiste nel ricorso all'energia fisica;
violenza impropria: comprensiva di ogni altro mezzo (salvo minaccia) capace di indurre lo stesso risultato di
coartazione della vittima. Si pensi all'uso di mezzi quali narcosi, ipnosi, somministrazione subdola di sostanze
alcoliche o stupefacenti; lo stesso art 613 espressamente qualifica come violenti tali mezzi, che, senza il
consenso della persona interessata, la riducono in stato di incapacit di intendere o volere. Non rileva invece
l'inganno.
Minaccia: consiste in qualunque azione o comportamento che sia idoneo a eliminare o ridurre nella vittima la capacit
di determinarsi liberamente. In dottrina si richiede comunque la prospettazione di un male ingiusto e futuro, che
dipende dalla volont dell'agente. Si richiede il requisito della illegittimit della condotta, cio che la costrizione sia
illegittima, ovvero priva di giustificazione giuridica. Anche la minaccia pu avere rilevanza di per s o come mezzo di
coartazione.
VIOLENZA PRIVATA (610)
La norma incrimina chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa. Il b.g.
tutelato la libert morale (o psichica), nel duplice profilo della libert di autodeterminazione (prima) e di agire (poi)
secondo le proprie determinazioni.
Si tratta di reato comune. Soggetto passivo pu essere solo una persona fisica (alle persone giuridiche e agli enti
collettivi non riconosciuta la libert psichica). Si ritiene che possa essere soggetto passivo anche la persona fisica che
non abbia la capacit di autodeterminarsi, per et, infermit di mente, o per l'azione di sostanze alcoliche o

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stupefacenti. Invece lo stesso non vale per la minaccia, che non sarebbe neppure percepibile dai soggetti che, per le
loro condizioni, sono incapaci di coglierne il significato.
Si tratta di delitto a forma vincolata, la cui condotta deve consistere nel ricorso alla violenza o alla minaccia.
L'oggetto materiale della condotta violenta o minacciosa pu essere diverso dal s.p. del reato; infatti la violenza ben
pu dirigersi su cose o animali o contro una terza persona, purch in tal modo si raggiunga lo scopo di costringere la
vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa. Lo stesso vale per la minaccia, che pu rivolgersi ad altre persone,
magari legate alla vittima da vincoli di parentela, d'affetto o d'interesse, sempre che ne derivi la costrizione nei
confronti del s.p.
il reato di danno, con l'evento naturalistico causato dalla condotta criminosa; necessario infatti che alla condotta
violenta o minacciosa consegua innanzitutto la costrizione della vittima.
La costrizione subita dal soggetto passivo deve poi tradursi nel fare, tollerare od omettere qualche cosa. Perch il
delitto si consumi quindi necessario che la vittima sia effettivamente costretta a tenere il comportamento che
l'agente pretende. Si parla di duplice evento (coazione e comportamento tenuto, tollerato o omesso dalla vittima).
Il dolo generico, costituito dalla coscienza e volont di costringere taluno, mediante violenza o minaccia, a fare,
omettere, tollerare qualche cosa. Non rileva, quindi, il fine per cui il reo ha agito, n si richiede che tale fine sia illecito;
cos sono irrilevanti i motivi che hanno ispirato la condotta illecita.
Il reato istantaneo, si consuma nel momento e nel luogo della condotta della vittima, che cos effettivamente
subisce la costrizione. Il tentativo ammissibile e si configura quando l'azione violenta o minacciosa non si
compiuta.
Sui rapporti con le altre figure criminose, deve preliminarmente osservarsi che il delitto in esame ha funzione
generica e sussidiaria, per cui resta assorbito quando la violenza o la minaccia siano elementi costitutivi o aggravanti
di un altro reato.
Il 2 co prevede alcune circostanze aggravanti speciali:
1. se la violenza o minaccia commessa con armi (vere o simulate);
2. da persona travisata (recante lineamenti del volto camuffati o trasfigurati, in modo da rendere impossibile o
difficile il riconoscimento);
3. da pi persone riunite;
4. con scritto anonimo;
5. in modo simbolico;
6. valendosi della forza intimidatrice derivante da associazioni segrete, esistenti o supposte (es stampo mafioso
o terroristico), capaci di ingenerare nel soggetto passivo il timore di future rappresaglie.
Casi
in tema di attivit medico-chirurgica si pone il caso del sanitario che, avendo preventivamente ottenuto dal paziente il
consenso all'esecuzione di un determinato intervento chirurgico, ne effettui uno diverso, pi invasivo, mentre il
malato versa in stato di incoscienza per gli effetti dell'anestesia. Al riguardo si afferma che il medico sempre
legittimato a eseguire trattamenti terapeutici giudicati necessari per salvaguardare la salute del paziente, anche in
assenza di esplicito consenso; mentre sussiste il delitto di violenza privata qualora il sanitario pratichi il trattamento
terapeutico espressamente, liberamente e consapevolmente rifiutato dall'assistito, anche se l'omissione
dell'intervento causi per il paziente maggiori rischi o la morte. Altri autori per negano che debba prevalere la volont
del paziente in questi casi, soprattutto se si tratta di interventi o trattamenti che possono salvargli la vita.
MINACCIA (612)
La norma incrimina chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno, in tal modo delineando una fattispecie autonoma in
cui non assume rilievo la minaccia finalizzata ad un comportamento altrui, ma la vis psichica in s e per s.
L'art 612 configura una fattispecie generica e sussidiaria, quindi non ricorre quando la minaccia prevista come
elemento costitutivo o circostanza aggravante di altro reato.
Sul bene giuridico tutelato ci sono tesi contrastanti:
secondo una tesi tutelata la libert morale e psichica: il s.p. viene protetto da interferenze intimidatrici in
grado di condizionarne la libert esterna.
Secondo altra tesi si tutela lo stato di tranquillit individuale, cio l'interesse di ogni individuo a vivere libero
da preoccupazioni, o comunque il complesso di condizioni che fanno da presupposto per il normale esercizio
dei diritti di libert.
Una tesi intermedia sottolinea che, in realt, non vi alcuna reale antinomia tra il b.g. della tranquillit
individuale e quello della libert psichica, in quanto la prima non altro che una forma particolare della
seconda.
Soggetto attivo del reato pu essere chiunque. Soggetto passivo pu essere colo una persona fisica determinata
capace di provare timore, quindi vanno escluse le persone giuridiche, mentre possono essere lesi coloro che, pur
essendo privi della capacit di intendere e volere, come il minore o l'infermo di mente, possono comunque essere

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soggetti di intimidazioni, rimanendo esclusi coloro che sono totalmente incapaci, come il neonato o la persona in
coma. S.p. solo il titolare della libert contro cui diretta la minaccia, che pu essere persona diversa da chi subisce
solo materialmente l'azione; non necessaria la presenza del s.p. , ben potendo la minaccia essere rivolta anche a
persona a lui legata da relazioni di amicizia o parentela, purch vi sia certezza che ne venga comunque a conoscenza.
Il reato a forma libera; la condotta tipica si incentra sulla nozione di minaccia, definita come prospettazione di un
male futuro il cui avverarsi dipende dalla volont dell'agente. Si tratta della lesione o messa in pericolo di un
interesse personale o patrimoniale giuridicamente rilevante del s.p. o di un terzo a lui legato da un particolare
rapporto. Deve trattarsi di un male futuro o prossimo e deve dipendere dalla volont dell'agente, altrimenti si
avrebbe un semplice avvertimento penalmente irrilevante.
Il reato ammesso anche in forma omissiva ove l'agente minacci di non fare ci che avrebbe il dovere giuridico di fare.
In ogni caso, perch sia ingiusto, il male deve essere minacciato contra ius, cio in violazione di regole penali o
extrapenali, ma non in violazione di regole morali o etico-sociali. Per converso il danno prospettato per un motivo
meritevole di tutela non rende legittima la minaccia di un comportamento di per s illecito.
Circa le modalit di realizzazione, non rilevano n i modi, n le forme, ben potendo consistere in qualsiasi mezzo
psicologicamente idoneo ad incutere timore. Quanto ai mezzi, la minaccia pu essere realizzata con parole, gesti,
scritti, ecc. Elemento importante la idoneit ad incutere timore. L'accertamento va fatto secondo un giudizio ex
ante, caso per caso, tenendo conto di tutte le condizioni oggettive e soggettive, valutate secondo un criterio di
carattere medio o secondo le particolari conoscenze dell'agente nel momento in cui ha agito.
La minaccia deve essere seria, cio verosimilmente realizzabile (una minaccia assurda lo sarebbe solo nei confronti di
persone a basso livello culturale, che potrebbero subire ugualmente effetti intimidatori), oltre che percepita o
percepibile.
Si tratta di un reato di mera condotta e di pericolo presunto, per il cui perfezionarsi non richiesta la effettiva lesione
della libert morale, ma la semplice percezione della minaccia da parte del s.p., momento in cui il reato si consuma.
Il dolo generico e consiste nella coscienza e volont di minacciare ad altri un danno ingiusto; sono irrilevanti gli scopi
perseguiti.
Essenziale la consapevolezza dell'ingiustizia del danno poich l'opposta convinzione determina un errore sul fatto
che esclude il dolo. Si esclude l'ammissibilit del tentativo trattandosi di reato di pericolo.
Il 2 co prevede un'aggravante se la minaccia grave o fatta in uno dei modi indicati nell'art 339, cio se fatta:
con armi,
da persona travisata,
da pi persone riunite,
con scritto anonimo,
in modo simbolico,
valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Il reato inoltre aggravato se commesso da persona sottoposta ad una misura di prevenzione o in danno di persona
internazionalmente protetta.
ATTI PERSECUTORI (612 bis)
Nel 2009 stato introdotto anche in Italia un articolo che punisce i comportamenti ossessivi, ripetuti e insistenti, cio
lo stalking. Si tratta dell'art 612 bis che punisce chiunque, salvo che il fatto non costituisca pi grave reato, con
condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia e di paura
ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumit propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo
legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Il reato ha lo scopo
di sanzionare determinati episodi di minacce o di molestie reiterate prima che queste possano degenerare in condotte
ancora pi gravi, quali violenze sessuali o omicidio.
Il b.g. tutelato l'integrit psichica individuale intesa quale diritto della vittima a vivere in pace, al riparo dei timori
ingenerati dalle condotte assillanti del proprio molestatore.
Si tratta di reato comune. Spesso si tratta di individui affetti da disturbi mentali, che incidono sull'imputabilit. Infatti
nota in psichiatria la cd sindrome delle molestie assillanti.
Il reato necessariamente abituale, integrato da condotte persecutorie reiterate di minaccia o molestia (ripetuti
appostamenti, pedinamenti, continue telefonate minatorie, ecc). Ci che accomuna gli atti persecutori l'assenza di
violenza sulla vittima, impedendo la classificazione in altre fattispecie. Per minaccia si intende (vedi prima). Per
molestia si intende (diverso da art 660) un particolare risultato che si deve realizzare nella psiche della vittima, cio
l'alterazione fastidiosa ed importuna dell'equilibrio psichico della persona, e pu essere prodotta con qualsiasi
modalit (reato a forma libera).
Le minacce e le molestie devono avvenire con condotte ripetute nel tempo, quindi comportamenti intrusivi limitati a
pochi giorni non integrano il reato. I singoli atti devono essere collegati, sul piano oggettivo, da un nesso di abitualit
e, su quello soggettivo, da un'unica intenzione criminosa, non bastando la semplice reiterazione delle condotte, ma

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necessaria la persistenza e la frequenza delle stesse. La realizzazione di pi condotte tra quelle descritte elemento
costitutivo del fatto (reato complesso) e non implica concorso di reati.
Queste condotte assumono rilievo solo se abbiano cagionato un perdurante e grave stato di ansia o di paura di un
fondato timore per l'incolumit propria o di un prossimo congiunto, ecc.
Il dolo generico ed esprime un'intenzione criminosa che ha ad oggetto la continuit delle singole condotte intrusive.
configurabile il tentativo.
La norma prevede delle aggravanti (vedi commi successivi).
Il delitto assorbe quello di minacce e molestie e concorre con quelli di percosse e lesioni e con altri pi gravi contro la
vita o il patrimonio, ad eccezione dell'omicidio volontario , del quale costituisce circostanza aggravante. (vedi altri
commi).
REATI CONTRO LA INVIOLABILITA DEL DOMICILIO
VIOLAZIONE DI DOMICILIO (614)
L'art 614 sanziona chiunque si introduce nell'abitazione altrui o in altro luogo di privata dimora, o nelle
appartenenze di esse, contro la volont espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce
clandestinamente o con inganno. Il b.g. tutelato la libert individuale e in particolare l'inviolabilit del domicilio,
principio di rango costituzionale (14 Cost), tra le libert fondamentali dell'individuo. tutelata non solo la pace
domestica nei confronti delle altrui intrusioni, ma la centralit della libert domiciliare, intesa come proiezione
spaziale della persona e quindi inviolabilit del rapporto che la persona ha con l'ambiente a lei circostante. Se sia
venuto meno il titolo che giustifica la propriet, il possesso o la detenzione, non potr invocarsi l'inviolabilit del
domicilio.
Si tratta di reato comune. Risponde del delitto anche il proprietario dell'immobile che vi si introduca, contro la
volont del conduttore, sia pure allo scopo di provvedere ad opere di manutenzione della casa di sua propriet.
Oggetto materiale l'abitazione o altro luogo di privata dimora. Quanto al concetto di domicilio non c' coincidenza
tra la nozione civilistica e quella penalistica: nella fattispecie in esame il domicilio inteso come abitazione: luogo
adibito legittimamente e liberamente ad uso domestico di una o pi persone, ovvero al cui interno si compie ci che
caratterizza la vita domestica privata. Sono anche compresi i carri dei nomadi, baracche, tende degli accampamenti,
ecc. L'uso domestico deve essere attuale, pur non richiedendosi continuit dell'occupazione e presenza degli
occupanti, sicch deve essere considerata abitazione una casa adibita a utilizzo saltuario in periodo feriale, mentre
non riceve protezione un immobile abbandonato o sfitto, o non ancora abitato dal proprietario.
Secondo la giurisprudenza il concetto di privata dimora ha una portata pi ampia di quella di abitazione, e
ricomprende qualsiasi luogo non pubblico in cui la persona si soffermi per compiere atti della sua vita privata, come
l'attivit individuale, professionale, culturale, politica (studi professionali, sedi di partiti politici, bar, ristoranti, negozio,
anche la casa da gioco gestita privatamente). La nozione di luogo di privata dimora presuppone un soggiorno, anche
se breve, ma di una certa durata (per cui si esclude l'abitacolo di un'autovettura, il priv di un locale notturno).
Il concetto di appartenenza di abitazioni e di altri luoghi di privata dimora si riferisce a quei luoghi immediatamente o
mediamente dipendenti dai predetti che, pur senza formarne parte integrante, risultano tuttavia adibiti
permanentemente al loro servizio e completamento o al loro migliore godimento (giardino, orto, cortile, anche se ad
uso comune a pi abitazioni, spettando il diritto di esclusione a ciascuno dei titolari di esse, stalle, magazzini, ecc).
Presupposto dell'azione il cd ius excludendi: l'introduzione e la permanenza all'interno del luogo assumono
significato criminoso quando avvengono contro la volont, manifestata espressamente o tacitamente, del titolare del
diritto di esclusione. sufficiente che il s.p. sia in possesso dell'immobile. Titolare dello ius excludendi pu essere solo
una persona fisica, dato che la norma tutela la libert individuale. Quando il domicilio o le appartenenze sono comuni
a pi persone, si ritiene che la titolarit dello ius excludendi spetti a ciascun singolo, non essendo configurabile una
sfera domestica collettiva. In caso di comunit organizzate in struttura gerarchica, lo ius excludendi spetta al
superiore. Quanto alla coabitazione familiare, la titolarit del domicilio e dello ius excludendi attribuita ad entrambi
i coniugi congiuntamente, ma il suo esercizio spetta ad entrambi disgiuntamente. Non riconoscibile lo ius excludendi
in capo al familiare che non abiti pi nella casa, anche se vi mantiene il domicilio in senso civilistico. La manifestazione
del dissenso pu avvenire in forma espressa per introduzione e trattenimento e tacita per l'introduzione. Secondo
una posizione esiste dissenso presunto quando, l'introduzione nel domicilio avvenga per un fine illecito, a prescindere
dalla clandestinit e violenza.
La condotta tipica consiste nell'introduzione o nel trattenimento nell'abitazione altrui o in altro luogo di privata
dimora o nelle appartenenze di essi contro la volont del titolare dello ius excludendi ovvero con clandestinit o
inganno. L'introduzione, ovvero l'ingresso fisico del soggetto attivo nei luoghi protetti dalla norma, deve essere
effettiva con tutta la persona. Il trattenimento si ha invece quando l'agente continui a permanere nel luogo in cui
entrato legittimamente, rifiutandosi di uscire dopo l'invito in tal senso.

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sufficiente il dolo generico, cio la coscienza e volont del titolare dello ius excludendi , mentre non rileva il fine
dell'agente. L'errore sul consenso dell'avente diritto esclude il dolo. Il reato si consuma con l'introduzione nei luoghi
protetti, o, nell'ipotesi di ingresso legittimo, quando l'agente, in presenza di un dissenso del titolare alla sua
permanenza, si rifiuti di uscire o continui a permanervi in stato di clandestinit o con frode. Il tentativo ammissibile.
Il reato aggravato se il fatto commesso con violenza sulle cose o alle persone, ovvero se il colpevole palesemente
armato. Comunque necessaria una connessione teleologica tra violenza e introduzione o permanenza nel domicilio
altrui, in difetto della quale la violazione di domicilio, in forma semplice, concorre con l'eventuale reato integrato dalla
violenza.
ravvisabile il concorso tra la violazione di domicilio e la rapina, estorsione, violenza privata, ecc; la violazione di
domicilio invece assorbita nel furto in abitazione.
(leggi casi pag 370)
INTERFERENZE ILLECITE NELLA VITA PRIVATA (615 bis)
L'art 615 bis sanziona chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente
notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentisi nell'abitazione altrui o in altro luogo di privata dimora, ovvero,
salvo che il fatto costituisca un reato pi grave, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al
pubblico, dette notizie o immagini.
L'oggetto della tutela la riservatezza (privacy) che connota i momenti tipici della vita privata e familiare. Mentre in
passato l'individuo poteva facilmente proteggere da s la propria intimit, oggi la produzione di strumenti sempre pi
sofisticati per la registrazione della voce e la ripresa di immagini in grado di penetrare, al di l dell'introduzione
materiale, ogni tipo di barriera, hanno reso inadeguati i tradizionali strumenti di tutela in tal senso. Si parla anche di
interesse della persona a mantenere nell'ambito della propria sfera privata quegli atti, vicende e notizie che la stessa
desidera rimangano sconosciute ai terzi. La tutela non vale al di fuori dell'ambito domiciliare.
Soggetto attivo pu essere chiunque, trattandosi di reato comune. Presupposto dell'azione l'utilizzo, da parte
dell'agente, di strumenti di ripresa visiva o sonora.
Secondo parte della dottrina, non sono tutelate dall'art 615 bis le appartenenze (ex art 614) a causa del diverso b.g.,
sicch non punibile la condotta di ripresa e divulgazione di dati o notizie che chiunque, senza un minimo sforzo, sia
in grado di vedere e percepire nell'ambito di una pertinenza.
L'intercettazione di conversazioni tra presenti attuata nei luoghi di privata dimora in esecuzione di un provvedimento
dell'autorit giudiziaria, giustificato dalle superiori esigenze di giustizia (art 14 e 15 Cost), nonch dal
provvedimento dell'autorit giudiziaria che autorizza e convalida l'intercettazione.
Il 2 co da rilievo alla rivelazione o divulgazione, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, delle notizie e
delle immagini indebitamente acquisite. La rivelazione consiste nel portare una notizia a conoscenza di una o pi
persone determinate, mentre la divulgazione comporta la diffusione indiscriminata della notizia al pubblico.
Il 3 co prevede una circostanza aggravante concernente la qualit di p.u. o di i.p.s. o di investigatore privato
dell'agente.
sufficiente il dolo generico, rappresentato dalla coscienza e volont del soggetto di procacciarsi indebitamente
notizie e immagini inerenti l'altrui vita privata ovvero di divulgarle con i mezzi indicati nel 2 co. Il carattere di
antigiuridicit speciale conferito dall'avverbio indebitamente richiede anche la rappresentazione del carattere
antigiuridico del fatto, che pu essere esclusa dall'errore. Il reato di consuma all'atto del procacciamento indebito
delle notizie o immagini attinenti alla vita privata ovvero della diffusione delle stesse mediante qualsiasi mezzo di
informazione al pubblico. configurabile il tentativo.

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PARTE IV REATI CONTRO LONORE


GENERALITA' E CARATTERISTICHE COMUNI (599, 2 co)
Il concetto di onore pu essere inteso, a seconda dei vari ordinamenti, secondo due modelli:
il primo preserva il cd onore legale o convenzionale o formale, tutelando il patrimonio di onorabilit che si
ritiene proprio della persona umana in quanto tale;
il secondo protegge l'onore reale e fa riferimento all'aspetto sociale dell'individuo, non persegue affermazioni
veritiere.
Cos dare del ladro a chi stato condannato per furto costituisce reato secondo il modello legale ma non per quello
reale. L'ordinamento italiano segue il modello legale, quindi la veridicit della qualifica e di un fatto disonorevole
attribuito ad una persona non esclude di per s il carattere offensivo dell'azione (a meno che non ci si trovi nelle
ipotesi tassative in cui ammessa la prova della veridicit del fatto).
La tutela dell'onore trova il suo fondamento implicito nell'art 3 Cost, nell'enunciazione del principio della pari dignit
sociale dei cittadini. I delitti previsti dal codice a tutela dell'onore sono l'ingiuria e la diffamazione, differenziati a
seconda della presenza o meno dell'offeso.
Entrambi tali delitti sono reati con evento naturalistico non fisico, ma psicologico, consistente nella percezione
dell'offesa. Secondo la tesi fattuale tali reati sono considerati di pericolo, dato che si prescinde dall'effettiva lesione
del b.g., ovvero dal reale discredito sociale che sia derivato alla p.o. nella diffamazione e che il soggetto si sia sentito
offeso nel suo onore nell'ingiuria. Secondo la tesi normativa invece sono qualificati reati di danno, perch se si
considera l'onore quale valore personalistico, ogni giudizio con esso confliggente di per s lesivo.
Il fatto lesivo, in entrambi i delitti, va valutato obiettivamente, prescindendo dalla particolare suscettibilit della
persona o dalla sua imperturbabilit, facendo solo riferimento al significato che l'espressione usata ha nell'opinione
comune al tempo del fatto ed alla particolare posizione sociale della p.o. (cd criterio di media convenzionale nella
coscienza sociale). A volte il valore offensivo di una espressione cambia nel tempo, nel luogo e circostanze.
Soggetto attivo dei due delitti pu essere chiunque purch persona fisica, imputabile, anche se ubriaca.
Quanto ai soggetti passivi, anche chi non possieda la capacit di intendere e volere deve essere incluso, altrimenti si
violerebbe l'art 3 Cost. Alcune espressioni per possono non essere perseguite per la mancanza della possibilit di
danneggiare chi privo della capacit di intendere e volere, come nel caso di chi attribuisca a un bambino fatti
disonorevoli relativi ad un'attivit che non pu ancora esplicare. In tali occasioni la non punibilit deriva dall'art 49
cpv. per inidoneit della condotta a ledere l'interesse oggetto di tutela. Non pu ritenersi soggetto passivo chi non
possa fisicamente percepirla (sordi, dormienti, svenuti). Per quanto riguarda l'identificazione del soggetto passivo
quanto non indicato espressamente, per aversi responsabilit penale, esso deve essere deducibile, perch deve
trattarsi di persona determinata. Ne consegue che non sussiste il reato se vi offesa in forma collettiva (es persone di
colore, studenti, cristiani). Dai soggetti passivi vanno esclusi i defunti (tutelati nell'offesa alla memoria dall'art 597, co
3), i nascituri e colui che offende solo s stesso. Possono essere soggetti passivi le persone giuridiche, e anche gli enti
di fatto, come i partiti politici.

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I delitti contro l'onore hanno in comune, quale aggravante o presupposto per il giur d'onore e l'exceptio veritatis, la
nozione di fatto determinato. La S.C. precisa che ricorre l'aggravante ogni volta che il fatto sia indicato in modo tale
da suscitare la rappresentazione sostanziale di un accadimento nella concreta e inconfondibile unicit e individualit.
I due delitti non sono punibili ex art 599, 2 co nel caso di provocazione, ossia se commessi stato d'ira determinato da
un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Subito dopo (cd subitaneit) deve essere inteso non solo come
immediatamente dopo, essendo non perseguibili anche le condotte che intervengano dopo , purch permanga lo
stato d'ira. Per fatto ingiusto si intende qualunque comportamento che realizzi un illecito, non solo penale, o sia
contrario alle norme del vivere civile in antitesi con i principi dell'ordinamento o del diritto naturale. Per la S.C. ricorre
la provocazione anche se l'autore della reazione sia una persona diversa da chi ha subito l'offesa, ma legato ad essa
da vincoli di amicizia, parentela o altre.
Ingiuria e diffamazione, sia nelle forme semplici che aggravate, sono perseguibili, ex art 597, a querela di parte (in
caso di morte, dai prossimi congiunti, adottante ed adottato), e che si intende tacitamente rinunciata o rimessa in
caso di deferimento ad un giur d'onore del giudizio sulla verit del fatto (determinato) offensivo.
INGIURIA (594, 599 co 1)
La norma punisce, nel co 1, chiunque (reato comune) offende l'onore o il decoro di una persona presente. Per onore
si intende il riferimento alle sole qualit morali, mentre il decoro si riferisce a tutte le altre qualit.
Il 2 co precisa che il fatto pu essere commesso mediante comunicazione telegrafica o telefonica o con scritti o
disegni diretti alla p.o. Secondo una tesi, a tali mezzi sono equiparati radio, tv, internet. Per un altra tesi l'offesa via
radio e tv integra il delitto di diffamazione, mentre l'offesa via internet sarebbe ingiuria. In realt bisogna valutare nel
singolo caso la tipologia di comunicazione in rete: ad esempio nel colloquio chat line o nella posta elettronica sar
ingiuria, mentre nella pagina web accessibile a tutti sar diffamazione.
Poich si dice diretti alla p.o., si ritiene che non sussiste ingiuria in caso di scritti o disegni inviati non all'offeso ma
ad un terzo, convivente o meno con chi si voleva offendere, anche qualora il ricevente trasmetta lo scritto all'offeso.
Nel caso della c.d. lettera aperta, via giornale, radio, tv, si ha diffamazione, mentre per una missiva ingiuriosa,
indirizzata a pi persone, tra cui il s.p., si ha concorso di ingiuria e diffamazione.
Si tratta di reato a forma libera perch pu avvenire con le modalit pi svariate: verbalmente, con parole
intrinsecamente offensive o meno (ingiuria verbale), o attraverso scritti e disegni, gesti, suoni, ecc.
(appunti) Sotto il profilo soggettivo deve esserci l'animus iniuriandi (volont diffamatoria). Si pensi agli scherzi con gli
amici, queste condotte non sono punibili, non solo perch manca l'animus iniuriandi, ma anche perch si ritiene ci sia
il consenso, anche presunto.
Requisito essenziale per il delitto di ingiuria che sia commesso alla presenza dell'offeso. Il momento consumativo si
individua nella percepibilit dell'offesa, nella sua percezione, o nella sua comprensione. Il tentativo seppur
ipotizzabile, difficilmente realizzabile perch il fatto punibile solo a querela e perci presuppone la conoscenza
dell'ingiuria da parte della p.o. e quindi la consumazione del delitto.
sufficiente il dolo generico costituito in particolare dalla consapevolezza dell'attitudine lesiva della condotta e della
presenza del soggetto passivo o delle situazioni equiparate dal 2 co; pertanto l'errore sul significato offensivo o sulla
presenza dell'offeso, e l'erronea supposizione di una causa di giustificazione, escludono il dolo.
L'art 594 prevede due aggravanti:
l'attribuzione di un fatto offensivo determinato;
l'aver commesso il fatto alla presenza di pi persone (almeno 2), che devono essere diverse dai soggetti attivi
e passivi del delitto e debbono anch'esse percepire l'offesa, comprendendo la sua portata offensiva (non si
contano coloro che non possono ascoltare o rendersi conto dell'offesa, come sordi, chi non conosce la lingua,
neonati, ecc).
L'art 599, co 1, prevede, nel caso di ingiuria reciproca, che il giudice possa dichiarare non punibili uno o entrambi gli
offensori (ritorsione) ed al co 3 precisa che la disposizione si applica anche a chi non abbia proposto querela per
l'offesa ricevuta. una particolare causa di non punibilit, facoltativa, fondata sul venir meno della necessit della
pena, in caso di reciprocit.
DIFFAMAZIONE (595)
La norma persegue, con il co 1, chiunque (reato comune), fuori dei casi di ingiuria (clausola di riserva), comunicando
con pi persone, offende l'altrui reputazione. L'oggetto giuridico la reputazione e soggetto passivo, con facolt di
querela, il titolare di tale bene. L'elemento oggettivo del delitto, a forma libera, viene distinto in tre componenti:
1. l'assenza dell'offeso, e la non ricorrenza delle ipotesi equiparate. Trattasi di elemento negativo che pone il
s.p. nell'impossibilit di replicare o difendersi e giustifica la maggiore gravit della pena rispetto all'ingiuria.
Assenza non in senso fisico spaziale, ma come impossibilit della percezione fisica dell'offesa da parte del
destinatario. Se invece la condotta, anche se non percepita, appare idonea ad esserlo si ha tentata ingiuria.

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2.

L'offesa dell'altrui reputazione, intesa non come considerazione che ciascuno ha di s, ma nel senso della
dignit personale in conformit all'opinione sociale, in quel contesto storico.
3. La comunicazione , attraverso qualsiasi mezzo, con pi persone (almeno 2). Nel conteggio vanno esclusi i
correi, il soggetto attivo e passivo del delitto. La comunicazione ai destinatari pu essere fatta nello stesso
momento (contestuale) o in tempi diversi (successiva), ed sufficiente la comunicazione ad una sola persona
quando questa, ottemperando alle richieste dell'offensore, la riferisca ad altri.
Si pu quindi dire che diffamatorio ogni fatto che, in presenza dell'offeso o situazioni equiparate, costituirebbe
ingiuria; ed in effetti i beni tutelati sono gli stessi.
La perfezione del delitto avviene al momento della contestuale percezione da parte di almeno due persone o, nelle
comunicazioni separate, della percezione-comprensione della seconda persona; la consumazione, istantanea, avviene
al momento della diffusione. Riguardo al tentativo, valgono le considerazioni fatte per l'ingiuria. sufficiente il dolo
generico: volont di comunicare l'offesa a pi persone, e consapevolezza del discredito che procura e convinzione
della percezione-comprensione dell'offesa di almeno due persone; l'errore su tali elementi esclude il dolo.
Sono previste 4 circostanze aggravanti speciali:
1. offesa consistente nell'attribuzione di un fatto determinato (co 2);
2. offesa recata ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ad una sua rappresentanza o ad un'autorit
costituita in collegio (co 4), cd. ingiuria corporativa. Per corpi politici si intendono gli organi costituzionali:
governo, camere, assemblee regionali, ecc; per corpi amministrativi le autorit collegiali con funzioni
prevalentemente amministrative: consiglio di stato, corte dei conti, consigli comunali e provinciali, ecc; per
corpi giudiziari tutti i collegi aventi giurisdizione. L'aggravante ricorre solo se l'offesa arrecata al corpo nel
complesso.
3. Offesa arrecata col mezzo della stampa, o con qualsiasi altro mezzo di pubblicit o in un atto pubblico (co
3).
4. offesa consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, commessa col mezzo della stampa o di
trasmissione radiofonica o televisiva.
Casi
L'art 68 Cost afferma che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse
e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, ma l'argomento pi dibattuto riguarda le attivit extraparlamentari.
Secondo un'opinione restrittiva, l'insindacabilit riguarda solo le funzioni parlamentari in senso stretto (formazione
delle leggi e attivit degli altri organi costituzionali), mentre per un'altra, oggi maggioritaria in giurisprudenza,
l'operativit della prerogativa va estesa il pi possibile con l'unico limite della connessione (causale) con l'esercizio
della funzione parlamentare (nesso funzionale).
Le dichiarazioni sono poi qualificabili come espressione di attivit parlamentare quando sussista una sostanziale
corrispondenza di contenuti tra quelle rese dentro e fuori il Parlamento.
Quanto al diritto di critica politica, riconosciuto ad un giornalista nei confronti di un uomo politico, pu manifestarsi,
non solo nelle sedi proposte, ma dovunque, anche in maniera estemporanea.
Tra le forme di diritto di critica vi la satira, garantita dagli artt 21, 9 e 33 Cost. La satira per essere giustificata, ha
precisi limiti interni (riguardare un personaggio noto ed esprimersi con coerenza causale tra la qualit della
dimensione pubblica del personaggio ed il contenuto rivolto ai destinatari) ed esterni (relativi alla correttezza di
espressione, cd continenza), perch anche lo scopo scherzoso che si manifesta in modo tale da ledere la reputazione
altrui integra il delitto di diffamazione.
DIFFAMAZIONE COL MEZZO DELLA STAMPA (595 co. 3, 596 bis)
L'art 595, co 3, inasprisce la pena della diffamazione se l'offesa sia recata col mezzo della stampa, con qualsiasi altro
mezzo di pubblicit, o con atto pubblico. Si tratta di una circostanza aggravante speciale del delitto di diffamazione
ex co 1, e non d'un reato autonomo in rapporto di specialit con quest'ultimo.
Il concetto di stampa dato dall'art 1, l n.47/1948 (legge sulla stampa), che richiede la compresenza di due elementi:
1. la realizzazione dello stampato, in molteplici esemplari identici, con la tipografia o altri strumenti meccanici o
fisico-chimici;
2. la sua destinazione alla pubblicazione, cio alla diffusione ad un numero indeterminato di persone, o
determinato ma vasto (comprese le pubblicazioni clandestine, periodiche ed episodiche, volantini, manifesti,
ecc).
L'art 13 l. stampa prevede un'ulteriore circostanza aggravante speciale, ancor pi duramente sanzionata, quando
l'offesa diffusa a mezzo stampa consista nell'attribuzione di un fatto determinato ex art 595, 2 co.
Tra gli altri mezzi di pubblicit rilevano tutti gli strumenti estranei dalla definizione di stampa, ma d'analoga qualit
divulgativa: trasmissioni radiofoniche e televisive, comunicazioni telematiche, rappresentazioni cinematografiche, ecc.
Il terzo modello diffusivo l'atto pubblico, rilevante se destinato alla pubblicit, cio l'attitudine ad essere conosciuto
da chiunque.

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La consumazione della diffamazione aggravata si realizza con l'effettiva percezione e comprensione dell'offesa da
parte del pubblico.
Una questione importante capire come il delitto di diffamazione a mezzo di stampa si concilia con il diritto di
cronaca e il diritto di critica, tutelati dall'art 21 Cost, sulla libera manifestazione del pensiero. Il diritto di cronaca,
giustifica la diffusione di una notizia oggettivamente lesiva dell'altrui onore quando vi compresenza di tre requisiti:
a. verit del fatto narrato, intesa come verit storica, che il cronista deve perseguire adottando la massima
diligenza nel controllo delle fonti normative. La verit pu essere putativa, per cui si esclude il dolo, qualora
l'agente abbia effettuato le pi attente verifiche. Un controllo negligente delle fonti, invece, lascia
sopravvivere il dolo, nella forma eventuale dell'accettazione del rischio che sia pubblicata una attribuzione
lesiva falsa, o non verificata.
b. interesse pubblico alla sua narrazione (o utilit o interesse sociale o pertinenza), nel senso che la conoscenza
deve essere essenziale alla formazione della opinione pubblica (es materia politica, scientifica, religiosa, ecc).
c. forma continente della sua esposizione, per cui si richiede il rispetto di canoni di correttezza nell'esporre la
notizia: l'attribuzione screditante vera e socialmente utile giustificata ex art 51 solo se il cronista la riporti
lealmente, senza espedienti narrativi che trasmettano al lettore medio un complessivo significato della
notizia distorto rispetto ai fatti riportati.
Il diritto di critica, cio la libert ex art 21 Cost di esprimere opinioni, valutazioni, giudizi, ecc su fatti e opinioni gi
espresse da altri, anch'esso fondato sulla compresenza dei tre elementi fondamentali di verit, pertinenza e
continenza, ma in accezioni diverse:
il requisito della verit necessariamente ridimensionato, non intendendosi riferito alla critica in s (che,
essendo un'opinione, prescinde dalla dialettica vero-falso), ma solo al fatto criticato;
rimane il requisito della pertinenza;
rimane anche quello della continenza, inteso per in senso pi tollerante rispetto a quello nel diritto di
cronaca, data la dimensione soggettiva e dialettica della critica, che giustifica toni di disapprovazione anche
molto aspri.
PROVA LIBERATORIA (596)
L'art 596, co 1, sancisce che il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non ammesso a provare, a
sua discolpa, la verit o la notoriet del fatto attribuito alla persona offesa. Questo divieto era assoluto nella
originaria formulazione. L'unica eccezione prevista dall'art 596, co 2, secondo cui quando l'offesa consiste
nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l'offensore possono, d'accordo prima che sia pronunciata
sentenza irrevocabile, deferire ad un giur d'onore il giudizio sulla verit del fatto medesimo (exceptio veritatis).
L'art 596 co 3, indica tre ulteriori ipotesi, tassative e insuscettibili di interpretazione analogica, in cui sempre
ammessa nel procedimento penale la prova della verit del fatto oggetto dell'offesa:
1. se la persona offesa e un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce allesercizio delle sue
funzioni; deve trattarsi solo di un p.u. , e non i.p.s. o e.s.p.u.; e per esercizio delle funzioni del p.u. deve
intendersi riferito anche a fatti attinenti alla vita privata, purch collegati in qualche modo alla funzione
svolta.
2. se per il fatto attribuito alla persona offesa e tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento
penale. irrilevante che si proceda nei confronti dell'offeso gi nel momento in cui viene commessa l'ingiuria
o la diffamazione o che il procedimento penale venga iniziato in un momento successivo.
3. se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verit o la falsit del fatto ad
esso attribuito. In altri termini, l'offeso concede all'offensore la c.d. facolt di prova. La richiesta deve essere
avanzata dal querelante, ma qualora i querelanti siano pi di uno e non vi sia accordo sull'esercizio della
facolt di prova, prevale la volont di chi si oppone all'accertamento della verit del fatto offensivo.
Le ipotesi previste dal co 3 e 2 prevedono che l'offesa si concretizzi nell'attribuzione di un fatto determinato, mentre
non ammissibile alcuna prova liberatoria in caso di offese generiche.
Il 4 co stabilisce, infine, che Se la verit del fatto provata o se per esso la persona, a cui il fatto attribuito , per
esso condannata dopo lattribuzione del fatto medesimo, lautore della imputazione non punibile, salvo che i modi
usati non rendano per s stessi applicabili le disposizioni dellarticolo 594, comma primo, ovvero dellarticolo 595
comma primo. Quindi solo la prova della verit del fatto oggetto dell'offesa, o la condanna dell'offeso in relazione
allo stesso, comportano la non punibilit dell'offensore.
I punti 1 e 2 sono cause di giustificazione, mentre per il terzo punto si parla di remissione di querela condizionata alla
verifica della verit del fatto.
Il 2 co fa riferimento al giur d'onore, per cui la p.o. e l'autore del reato possono accordarsi per deferire lui il giudizio
sulla verit del fatto oggetto dell'offesa. necessario:
che l'offesa consista in fatto determinato e

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che il procedimento instauratosi a seguito della medesima non si sia gi concluso con sentenza divenuta
irrevocabile.
Il giur d'onore non un organo giurisdizionale, ma di censura privata, istituito per smaltire i procedimenti penali in
materia di reati contro l'onore, senza successo, dato che l'istituto risultato inoperante.

PARTE V REATI CONTRO LA MORALITA PUBBLICA E IL BUON COSTUME


PARTE V REATI CONTRO LA MORALITA PUBBLICA E IL BUON COSTUME
GENERALITA'
I reati contro la moralit pubblica e il buon costume sono inseriti nel titolo IX, ma nell'originario disegno il cod Rocco
li inseriva in tre capi distinti (delitti contro la libert sessuale, offensivi del comune sentimento del pudore e
disposizioni comuni). La legge Merlin ha poi sottratto al titolo i reati relativi alla prostituzione. In seguito, la legge n.66
del 1996 ha operato una rivoluzione abrogando il capo I, ridisegnando i delitti contro la libert sessuale in base ad una
mutata sensibilit giuridica e inserendoli nel titolo XII fra i delitti contro la persona e, in particolare, contro la libert
individuale. Gli altri delitti del capo I (ratto al fine di matrimonio e di libidine) sono stati abrogati, potendo essere
ricompresi nel sequestro di persona (605). Ad oggi le fattispecie rimaste sono quindi solo tre, previste dagli artt 527,
528, 529.
I delitti contro la moralit pubblica e il buon costume si limitano a sanzionare le offese al pudore consistenti nelle due
figure criminose degli atti osceni e delle pubblicazioni o spettacoli osceni. Il b.g. tutelato riguarda quell'aspetto della
moralit pubblica riferita alla sfera sessuale.
I delitti in esame hanno in comune il concetto di oscenit, di cui il legislatore ha dato una definizione nell'art 529, ove
stabilisce che agli effetti della legge penale si considerano osceni gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune
sentimento, offendono il pudore. Quanto al significato di pudore, esso allude alla naturale riservatezza che circonda
le manifestazioni dell'istinto sessuale delle persone.
Bisogna sottolineare che la legge non tutela la sensibilit che ciascun individuo possiede in ragione della propria
educazione, cultura e religione, ma il pudore collettivo espressione di un comune sentimento. Certamente l'interprete
trova difficolt nell'individuare il confine di quel senso comune del pudore, per cui si sono distinti diversi indirizzi.
Secondo la prevalente concezione, storico-statistica, il pudore meritevole di tutela un dato relativo che
varia con l'evoluzione dei costumi e che deve dunque essere determinato in base a parametri variabili nel
tempo e nello spazio. Per cui il comune sentimento del pudore medio influenzato da differenti condizioni

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storiche, economiche. In quest'ottica l'osceno un concetto per sua natura adattabile al mutare dei costumi:
un atto osceno nella misura in cui viene percepito come tale in un determinato contesto.
Diversamente, una minoritaria impostazione deontologica, considera il pudore come un valore assoluto,
innato nell'uomo ed immanente nella societ, in quanto tale sottratto al mutare dei tempi e delle
generazioni. In questa ottica l'osceno tale di per s, in ragione di un parametro etico, secondo il quale l'atto
idoneo ad eccitare le pulsioni sessuali rappresenta un disvalore per l'uomo e per la societ. Sulla base di tale
concezione, si pretende che lo Stato, ispirato da una visione teleologica, si ponga come obiettivo il
miglioramento dei costumi.
Al fine di rintracciare l'essenza del comune sentimento, parte della dottrina fa riferimento al cd. uomo
medio, quel bonus pater familias avente nei confronti della sessualit un atteggiamento naturale non
condizionato n da atteggiamenti morbosi n da fobie.
Una recente tendenza dottrinale prende atto che l'attuale disomogeneit culturale e religiosa che
caratterizza l'odierna societ, anche in seguito ad una maggiore mobilit delle diverse etnie, rende illusoria la
possibilit di ricostruire un senso del pudore che possa definirsi comune. Per cui si manifesta in dottrina la
tendenza a riconsiderare la ratio di tali delitti, abbandonando la visione pubblicistica, parlando invece di una
tutela della libert personale, cio il diritto di ciascuno ad essere protetto dalle molestie provocate dal dover
assistere contro la propria volont ad atti o rappresentazioni dal contenuto sessuale.
Dalla nozione di oscenit si distingue la contrariet alla pubblica decenza che da luogo alle fattispecie
contravvenzionali ex artt 725 e 726.
ATTI OSCENI (527)
L'art 527 sanziona chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, compie atti osceni. L'interesse giuridico tutelato
il comune sentimento del pudore. Si tratta di reato comune. Il fatto tipico consiste nella commissione di atti osceni.
Rientrano nella norma tutte le condotte materiali attive che manifestino un significato sessuale. Si ritiene che anche la
condotta omissiva possa integrare il reato (ad esempio una donna viene denudata da un colpo di vento e non si attiva
per coprirsi).
In dottrina si distingue tra gli atti assolutamente osceni, il cui contenuto sessuale inequivoco (congiungimento
carnale o atti di libidine) e gli atti relativamente osceni, che dipendono dalle circostanze (un bacio, a seconda delle
modalit con cui viene posto in essere pu essere un mero segno di affetto o un atto lesivo del pudore).
Per essere penalmente rilevante la condotta deve essere commessa non in privato, ma in un luogo pubblico, aperto
ovvero esposto al pubblico. Si tratta di elemento costitutivo della fattispecie, e ne consegue che il soggetto deve
avere consapevolezza delle caratteristiche del luogo in cui l'atto compiuto. luogo pubblico quello che
normalmente accessibile a tutti (strade, piazze, spiagge, ecc); aperto al pubblico il luogo aperto a chiunque bench a
determinate condizioni di orario, pagamento, ecc (chiese, cinema, teatri, scuole, ospedali, ecc); luogo esposto al
pubblico quello che, pur non essendo accessibile al pubblico, si presta ad essere visto da un numero indeterminato di
persone, come la stanza di un'abitazione visibile da una finestra o l'interno di una vettura. Quel che conta il requisito
della potenziale visibilit dell'ambiente in cui si sono svolti gli atti. Per i primi due casi sufficiente l'astratta visibilit
degli atti, mentre nell'ultimo caso necessaria la possibilit concreta che possa essere visto l'atto ( stato escluso
l'atto osceno in una toilette di un pub, quando la porta chiusa a chiave non consente l'accesso). invece considerato
atto osceno quello avvenuto in un'auto parcheggiata in luogo non isolato, illuminato e nelle vicinanze di un centro
abitato. L'ora notturna e il fatto che la strada non sia frequentata, non eliminano l'evenienza che gli atti osceni siano
percepiti, a meno che non si siano adottate cautele, quali appannamento o copertura dei vetri della vettura.
Ai fini dell'integrazione del reato, sufficiente la possibilit che l'atto venga visto da terzi, non necessaria l'effettiva
percezione. Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui viene compiuto l'atto osceno ove sussista la possibilit
che esso venga visto da terzi. Essendo un reato di pericolo, non configurabile il tentativo.
A seguito della depenalizzazione dell'ipotesi colposa, la fattispecie esclusivamente dolosa, e richiede la volontariet
dell'atto compiuto e la consapevolezza della sua natura oscena. Il soggetto deve inoltre essere consapevole della
pubblicit del luogo, essendo questo elemento costitutivo del fatto. L'errore configurabile se riguarda le
caratteristiche di visibilit fisica del luogo.
Casi
Alcune questioni sono sorte riguardo gli spettacoli di lap dance. La recente giurisprudenza ne esclude la rilevanza
penale, purch siano offerti non ad un pubblico imbattutosi per caso nel locale, bens ad un pubblico elettivo e cio a
persone le quali, con piena consapevolezza dei contenuti erotici, abbiano scelto di partecipare alla manifestazione. La
giurisprudenza afferma che la modalit di diffusione a qualificare il concetto stesso di osceno, in quanto tale solo
ci che offende il comune senso del pudore, e la collettivit, nell'attuale contesto storico, mostra di non provare
disagio di fronte all'esistenza di materiale erotico offerto in via riservata solo a chi ne voglia usufruire.
Sui frequenti casi di comportamenti sessuali posti in essere all'interno di autovetture. Un rapporto tra adulti
consenzienti, ovviamente lecito, pu divenire illecito, qualora possa essere visto da altri. Quindi, in pratica, la

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qualificazione dell'atto quale osceno, presuppone due requisiti: un contenuto intrinseco di natura sessuale e la
percepibilit da parte di terzi soggetti non consenzienti.
PUBBLICAZIONI E SPETTACOLI OSCENI (528)
La previsione sanziona chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente,
fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni,
immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche clandestino,
degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente; e inoltre chi:
1. adopera qualsiasi mezzo di pubblicit atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella
prima parte di questo articolo;
2. da pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano
carattere di oscenit. E in questo caso la pena aumentata se il fatto commesso nonostante il divieto
dell'autorit.
L'interesse tutelato il comune sentimento del pudore; si tratta di reato comune.
Il fatto tipico si articola in 4 distinte ipotesi delle quali le prime tre (co 1 e 2 e 3, n 1), convergono su un unico oggetto
materiale costituito da scritti, disegni, immagini o altri oggetti osceni. La quarta ipotesi riguarda invece le
rappresentazioni aventi carattere di oscenit.
Quanto al primo oggetto si tratta di condotte preparatorie rispetto alla effettiva diffusione del prodotto osceno.
Quanto alla differenza tra messa in circolazione e distribuzione, la giurisprudenza ha chiarito che la messa in
circolazione, a differenza della distribuzione, non presuppone una pluralit di oggetti e di destinatari, ma si perfeziona
nel momento in cui anche solo un oggetto esce dalla sfera di custodia del detentore ed entra in quella di un altro.
Quanto alle condotte ex co 2 vi rientra anche la mera offerta in vendita. Il principale problema riguarda il commercio
riservato di materiale pornografico, cio il commercio effettuato in modo che venga a contatto del materiale soltanto
chi ne faccia esplicita richiesta. Secondo l'interpretazione adeguatrice per la quale il concetto di osceno presuppone
necessariamente la pubblicit del materiale a contenuto sessuale, da escludersi che il commercio riservato offenda il
comune sentimento del pudore.
Nel terzo co si fa riferimento a pubblici spettacoli, audizioni o recitazioni aventi carattere osceno. Bisogna precisare
che audizioni e recitazioni sono pubbliche ove siano state ab origine organizzate al fine della loro diffusione in
pubblico.
Quanto all'elemento soggettivo, nelle condotte preparatorie del co 1, per assumere rilievo penale devono essere
accompagniate dal dolo specifico costituito dal fine di commercializzare o esporre gli oggetti osceni. Per tutte le altre
ipotesi sufficiente il dolo generico, cio la consapevolezza dell'oscenit e della pubblicit.
Il reato si consuma nel momento in cui viene realizzata una delle diverse condotte legislativamente indicate. Il
tentativo configurabile.
La legge n.355/1975 prevede una causa di non punibilit per i titolari o gli addetti a rivendita di giornali e riviste per il
solo fatto di detenere, rivendere, o esporre, nell'esercizio normale della loro attivit, pubblicazioni ricevute dagli
editori e distributori autorizzati. La non punibilit estesa ai titolari o addetti a negozi di vendita di libri e
pubblicazioni non periodiche salvo il caso che essi operino di concerto con gli editori ovvero con i distributori al fine
specifico di diffondere stampa oscena. L'esonero da responsabilit escluso quando siano esposte in modo
immediatamente visibile al pubblico parti palesemente oscene delle pubblicazioni o quando esse siano vendute ai
minori di anni 16.
Casi
Oggetto di contrastanti pronunce giurisprudenziali stata la rilevanza penale ex art 528 della commercializzazione di
videocassette pornografiche effettuata con modalit tali da essere visibile solo a coloro che siano interessati al
noleggio o alla vendita di tali pellicole. In ordine a detto commercio riservato, si pone il problema se sia astrattamente
applicabile la causa di non punibilit prevista dalla legge n. 335/75. La giurisprudenza ha escluso l'interpretazione
estensiva, perch essendo la legge una legge eccezionale, non consente alcuna interpretazione analogica. Tuttavia ci
non implica la punibilit ex art 528, dato che per essere integrata, secondo l'interpretazione consolidata della
giurisprudenza, deve esserci oltre alla detenzione del materiale osceno, anche la pubblicit, con la conseguenza che la
punibilit della detenzione di tale materiale, dipende dalla riservatezza o meno con cui sono state collocate le
videocassette.
NOZIONE DI ATTI E OGGETTI OSCENI (529)
L'art 529 ci da la definizione di atti osceni: agli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti,
che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Tirando le somme su quanto gi detto si pu dire che per
osceno si intende ci che offende il pudore inteso come quel sentimento di riservatezza che attiene alla
manifestazione dell'istinto sessuale; considerato rilevante il comune sentimento, inteso come sensibilit media in un
determinato contesto storico; la pubblicit, intesa come percepibilit da parte di un numero indeterminato di

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persone, rappresenta elemento costitutivo dell'osceno. In tale prospettiva, l'atto a contenuto sessuale non osceno in
se stesso, ma lo diviene se esibito al pubblico senza il dovuto rispetto per l'altrui sensibilit.
Il 2 co specifica che non si considera oscena lopera darte o lopera di scienza, salvo, che, per motivo diverso da
quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.
Secondo un primo orientamento si tratta di una causa di giustificazione. In questa prospettiva la finalit artistica o
scientifica non esclude il contenuto osceno dell'atto, ma lo rende non punibile per scelta legislativa, come palesato
dalla formula non si considera oscena.
Secondo una pi radicale impostazione, la norma ha lo scopo di chiarire che un'opera non pu avere un contenuto
artistico o scientifico ed essere al contempo oscena: il pudore, infatti, non viene offeso da ci che socialmente
apprezzato come un valore.
Tuttavia bisogna anche segnalare la presenza di un'eccezione, per cui se l'opera d'arte o di scienza torna ad essere
oscena ove offerta al minore, non pu parlarsi di un'inconciliabilit di principio tra oscenit e finalit artistica o
scientifica.
anche vero che nel caso in cui un'opera con determinati contenuti venga esibita ai minori, al di fuori di un contesto e
di una finalit di studio, e dunque senza illustrazione didattica, vi il rischio che i minori stessi, non riuscendo a
cogliere la valenza artistica o scientifica di quanto fornitogli, subiscano un turbamento del pudore. Tuttavia le
pronunce pi recenti sembrano ricondurre l'art 529 allo schema delle cause di giustificazione.
Casi
L'applicabilit dell'art 529, co 2, rilevante in tema di pellicole cinematografiche a contenuto scabroso. Bisogna quindi
valutare se il film assuma o meno la caratteristica di opera d'arte. Non tale l'opera che attraverso le immagini
proposte abbia il mero scopo di eccitare la libidine, senza impiego di modalit espressive alle quali possa attribuirsi nel
complesso una qualche dignit artistica.
Si possono ricordare le polemiche suscitate a suo tempo dalla proiezione del film di Bernardo Bertolucci, Ultimo
tango a Parigi, giudicato osceno in una prima sentenza irrevocabile. Dopo una successiva proiezione dello stesso film
viene instaurato un nuovo processo penale, il quale, per, ebbe esito opposto, sostenendo che la pellicola avesse la
qualit di opera d'arte, perch in essa la rappresentazione dell'atto sessuale, anche nella immediatezza e crudezza
delle scene... ha piena dignit perch, priva di rozze connotazioni pornografiche, si fa strumento culturale ed estetico
di trasgressione.
Viceversa in un altro noto caso relativo al film Caligola, si afferma che l'insieme narrativo... insiste talmente, con
carattere di ripetitivit ossessiva, su accoppiamenti contro natura, violenze sadiche, atti di libidine... da condurre al
logico convincimento che l'osceno per l'osceno sia l'effettiva finalit del film e non le ragioni storico-politiche, prese a
prestito dal personaggio Caligola ma mai sviluppate....
Si pu concludere che secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza, ove lo spettacolo a contenuto
scabroso sia offerto in ambiente riservato, difetta quel requisito della pubblicit che rappresenta elemento costitutivo
dell'art 528.
OFFESE ALLA PUBBLICA DECENZA (725, 726)
Gli artt 725, 726 sanzionano le condotte contrarie alla pubblica decenza, la cui linea di demarcazione con gli atti
osceni controversa. Secondo l'opinione prevalente la differenza di tipo qualitativo e consiste nel fatto che la sfera
dell'osceno deve ritenersi circoscritta alle manifestazioni della sessualit, mentre gli atti contrari alla pubblica decenza
sono lesivi dell'insieme delle regole etico-sociali della costumatezza e del decoro nella civile convivenza.
L'art 725, depenalizzato nel '99, oggi un mero illecito amministrativo e sanziona chiunque espone alla pubblica vista
o, in luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o distribuisce scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto
figurato, che offende la pubblica decenza. Si applica anche qui la causa di non punibilit di cui abbiamo parlato,
prevista dalla legge n. 355.
L'art 726 punisce chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica
decenza. L'elemento oggettivo costituito dagli atti che offendono il comune senso della decenza e della
costumatezza, ispirando sentimenti di disgusto e ripugnanza. L'offesa alla pubblica decenza deve essere grave, non
casi di semplice mancanza di educazione e decoro. Fra gli esempi vi quello di orinare in pubblico, di girare
completamente nudo nelle vie di un centro abitato. Controversa stata la questione del nudo balneare: l'esposizione
in spiaggia del seno femminile, in seguito all'evoluzione del costume, da lungo tempo non viene pi avvertita come
comportamento contrario alla pubblica decenza. La nudit integrale, maschile e femminile, va invece valutata a
seconda dei casi: certamente non sar tollerabile in una spiaggia affollata; se si tratta di spiaggia riservata o comunque
appartata, contrariamente al passato, si ritiene che sia consuetudinariamente accettata.
Gli atti contrari alla pubblica decenza devono essere compiuti in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico. Per la
sussistenza dell'elemento soggettivo basta la colpa.
stata abrogata la fattispecie del turpiloquio, che era prevista nel 2 co (vedi), per cui oggi contro la bestemmia non
pi prevista alcuna sanzione penale.

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SFRUTTAMENTO E FAVOREGGIAMENTO DELLA PROSTITUZIONE (531/538, L. MERLIN)


Prima della legge Merlin in Italia la prostituzione si svolgeva in apposite case, previa autorizzazione di polizia e le
prostitute erano sottoposte a controlli sanitari periodici, frequenti ed obbligatori. Al di fuori di questi locali la
prostituzione era comunque ammessa, purch non fosse esercitata in maniera abituale in un locale chiuso e le
prostitute avessero un libretto sanitario regolarmente tenuto. Nella sostanza le prostitute finivano per essere ridotte
in uno stato di semischiavit alla merc di dei collocatori e dei tenutari delle case di tolleranza. In pi tale sistema, che
si basava su rigidi controlli di medici e polizia, che comportava l'emarginazione sociale, spingeva le donne alla
clandestinit. La tutela penale puniva l'istigazione, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione, nonch la
tratta di donne e minori.
Con l'avvento della Costituzione, tale sistema si scontr con l'ordinamento giuridico, in quanto violava molte norme
costituzionali (art 3, 13, 32 ult co, 41, ecc); in pi anche a livello internazionale l'Italia aveva aderito alle tendenze
repressive in tal senso.
Il cambiamento si ebbe con la cd legge Merlin, n. 75/1958 (abolizione della regolamentazione della prostituzione).
Bisogna subito chiarire che la prostituzione, intesa quale vendita del proprio corpo, in s non costituisce reato: infatti
la legge punisce chi sfrutta o favorisce la prostituzione altrui, mentre le meretrici sono lasciate impunite, in quanto
sono considerate le vere vittime da tutelare. Si tratta spesso di giovanissime ragazze, in una situazione di quasi
schiavit, costrette sulla strada da protettori privi di scrupoli.
Quanto alla nozione di prostituzione, oggi si afferma che la prostituzione la dazione indiscriminata e professionale
del proprio corpo per fini di lucro. Anzitutto la prestazione sessuale indiscriminata, cio deve prescindere dalla
scelta del partner, e deve essere tendenzialmente disposta verso chiunque; resta irrilevante che la prostituta sia
donna o uomo, etero o omosessuale, cos come irrilevante il tipo di prestazione sessuale offerta. L'indeterminatezza
dei destinatari non viene meno qualora la prostituta si conceda ad una categoria di persone aventi certi requisiti. Ci
che conta che la prestazione sia personale e volta al soddisfacimento di una richiesta sessuale. Il requisito della
professionalit esprime l'abitualit del comportamento, anche se una parte minoritaria della dottrina ritiene questo
un requisito non essenziale. Essenziale che la prestazione sessuale avvenga al fine di lucro, in conformit al b.g.
tutelato, cio la moralit pubblica: l'atto di prostituzione rimane tale anche se la retribuzione sia versata
all'intermediario e non alla donna.
Infine dubbio se l'elemento materiale del reato richieda la congiunzione carnale ovvero se la figura in esame possa o
meno essere integrata anche da altri comportamenti volti ad assecondare quelle deviazioni che possono addirittura
prescindere dal normale svolgersi dell'atto sessuale.
(parentesi dai Casi) Il concetto di prostituzione si evoluto di recente, con riferimento agli spettacoli di spogliarello e
lap dance e alle esibizioni sessuali rese attraverso internet. Nel primo caso si parla di locali in cui i clienti a richiesta
possono ottenere prestazioni extra in camerini appartati, spogliarelli integrali, balletti in cui viene simulato l'atto
sessuale, senza che al cliente sia consentito compiere atti sessuali con l'intrattenitrice. La recente giurisprudenza ha
ritenuto che le prestazioni sessuali possono anche prescindere dal contatto fisico, non essendo un requisito
necessario la congiunzione carnale, purch consistano in atteggiamenti lascivi, che coinvolgono comunque la
corporeit di chi offre la prestazione retribuita (invece non integra il reato l'atto di autoerotismo da parte del cliente,
se colei che offre la prestazione non compie atti sessuali).
Nelle ipotesi in cui i soggetti si trovino in luoghi diversi, l'esecuzione di atti sessuali subordinata alla possibilit
concessa al richiedente di interagire, in modo da ottenere una determinata prestazione, cosicch vi pu essere
l'ipotesi di prostituzione via internet, es tramite webcam.
La giurisprudenza ha quindi notevolmente allargato il concetto di prostituzione, rendendo astrattamente punibili
anche condotte troppo lontane dal concetto originario di prostituzione e spesso vicino alla mera rappresentazione
dell'osceno. In questo modo si potrebbero ritenere punibili i gestori dei locali di lap dance per sfruttamento e
favoreggiamento. La dottrina richiede quindi una modifica del quadro normativo vigente, richiedendo nella
prestazione sessuale dei contatti fisici anche minimi e superficiali.
Abbiamo detto che il b.g. tutelato dalla norma la moralit pubblica e il buon costume, ma parte della dottrina lo
ravvisa anche nell'interesse della prostituta a non essere sfruttata e strumentalizzata. Ed in effetti la l. Merlin non
colpisce direttamente l'esercizio della prostituzione, ma tutti quei comportamenti che ne facilitano e agevolano
l'esercizio.
Passando alle singole figure criminose, l'art 3 l. Merlin punisce gli autori delle seguenti condotte:
1. Propriet o esercizio di una casa di prostituzione. La l. Merlin ha abolito le case di tolleranza, imponendo la
chiusura di quelle esistenti. essenziale che vi sia una struttura organizzativa, e che la destinazione del locale
sia permanente e l'esercizio della prostituzione abituale. Si richiedono il fine di lucro e la notoriet quale
requisito implicito. Non si ritiene invece punibile la persona che si prostituisce nella propria abitazione,
difettando l'organizzazione di mezzi e persone. Inoltre l'attivit di meretricio deve essere svolta da una

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persona diversa da colui che organizza l'attivit (tenutario), che ha un ruolo gerarchicamente sovraordinato
rispetto a quello della prostituta. Si tratta di reato proprio, poich il soggetto deve avere una particolare
posizione, cio quella di gestore o direttore o proprietario. Il cliente escluso dall'incriminazione.
2. Locazione di immobile per l'esercizio di casa di prostituzione. sanzionato chiunque avendo la propriet o
l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di
prostituzione.
3. Tolleranza abituale dell'esercizio della prostituzione. sanzionato chiunque, essendo proprietario, gerente o
preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di
spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi
tollera abitualmente la presenza di una o pi persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla
prostituzione.
4. Reclutamento e agevolazione della prostituzione a fine di reclutamento. Il reclutamento presuppone che la
persona si obblighi a prostituirsi per un certo periodo di tempo, come prestazione di attivit subordinata,
cio sotto le direttive altrui; mentre l'agevolazione consiste nel procurare condizioni favorevoli al
reclutamento.
5. Induzione alla prostituzione e lenocinio. sanzionato chiunque induca alla prostituzione una donna di et
maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo
della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicit. La prima fattispecie consiste nell'induzione alla
prostituzione di una donna maggiore di et, cos esplicitamente escludendo l'uomo. La condotta consiste in
un'opera di convincimento, e deve avere ad oggetto non una prestazione singola, ma la prostituzione come
sistema di vita. La seconda fattispecie punisce la violazione del divieto di pubblico lenocinio, cio l'attivit di
intermediazione tra chi si prostituisce e i clienti.
6. Induzione a recarsi altrove per esercitare la prostituzione. Tale norma sanziona chiunque induca una
persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque luogo diverso da quello della sua abituale
residenza, la fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza.
7. Attivit in associazioni e organizzazioni per il reclutamento e lo sfruttamento della prostituzione e
agevolazione o favoreggiamento delle stesse. Si punisce chiunque esplichi un'attivit in associazioni ed
organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo
sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione
o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni.
8. Sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Tale norma punisce chiunque in qualsiasi modo
favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, cos racchiudendo tutte le ipotesi descritte analiticamente nei punti
precedenti. Tale previsione ha una funzione residua e sussidiaria. Le due ipotesi criminose possono anche
concorrere tra loro.
Quanto al favoreggiamento della prostituzione, la norma sanziona tutte quelle condotte che, in qualunque
modo, ne favoriscono lo svolgimento. un reato a forma libera, quindi le condotte possono essere le pi
disparate. Essa deve inoltre concretizzarsi come un fatto abituale, che presuppone la reiterazione degli
episodi.
(Parentesi dai Casi) ci si chiesto se possa configurarsi favoreggiamento nel caso del cliente che, consumato
il rapporto, riaccompagni la prostituta nel luogo dove era stata inizialmente prelevata. Giurisprudenza
costante considera tale condotta in s irrilevante, sia perch risponde a un mero sentimento di cortesia e di
rispetto della dignit personale della prostituta, sia perch si tratta semplicemente di una condotta
accessoria alla consumazione del rapporto sessuale. La S.C. ritiene possibile la configurazione del reato di
favoreggiamento della prostituzione in capo al cliente solo nel caso in cui egli ponga in essere delle condotte
ulteriori, sganciate dall'occasione del rapporto sessuale.
L'incriminazione dello sfruttamento della prostituzione punisce chi trae vantaggio dall'altrui prostituzione,
cio la partecipazione finanziaria all'esercizio della prostituzione. La dottrina prevalente lo considera come
reato necessariamente abituale, quindi il reato si consuma quando si manifesta il requisito dell'abitualit.
Invece la giurisprudenza lo considera come reato istantaneo ed eventualmente abituale, ritenendo
sufficiente la commissione di un unico episodio.
Leggi anche art 4 (circostanze aggravanti) e art 5 (adescamento).

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I REATI CONTRO IL PATRIMONIO


INTRODUZIONE e GENERALITA'
Il titolo XIII del codice che si occupa dei delitti contro il patrimonio opera una distinzione tra:
reati di aggressione diretta alle cose o alle persone per fini economico-patrimoniali (o mediante violenza);
i reati di aggressione ad interessi economico-patrimoniali mediante frode.
Si tratta per di distinzione superata, poich a volte non c' n frode n violenza (es usura, ricettazione, riciclaggio).
Oggi la distinzione che ne fa la dottrina tra:
reati commessi individualmente (come la rapina);
reati commessi con il concorso della persona offesa (come la truffa).
In questo contesto impossibile non fare riferimento al diritto civile; patrimonio, propriet, altruit, possesso,
detenzione, danno, profitto, sono termini e concetti ricorrenti nei reati contro il patrimonio, che per essere compresi
rinviano necessariamente al diritto privato; ci si chiede quindi se il diritto penale li recepisca in toto nel loro significato
originario, in altre parole se il diritto penale svolga una funzione accessoria o sanzionatoria del diritto civile, oppure se
tali concetti debbano essere rivalutati alla luce dei principi e fini propri del diritto penale, differenti da quelli degli altri
settori dell'ordinamento. (in passato si contrapponevano due diversi filoni dottrinali, cio i sostenitori della visione
privatistica, e quelli della visione autonomistica; oggi entrambe le visioni sono superate). Ovvie ragioni di univocit e
coerenza, oltre che il c.d. principio di unit dell'ordinamento, impongono di adottare come base di partenza il
significato dei concetti proprio del settore di origine. Si ritiene per che il penalista debba usare i concetti
autonomamente, a volte recependo termini civilistici (come la cosa mobile, immobile), ma a volte utilizzando concetti
in un'accezione autonoma.
Quanto alle nozioni di possesso e detenzione bisogna certamente dire che il punto di partenza civilistico non
adeguato a dare un significato compiuto e razionale alle due nozioni, e nemmeno soddisfa l'elaborazione di un
concetto generale penalistico di possesso e di detenzione: basti solo pensare ai rapporti tra furto ed appropriazione
indebita per comprendere che non vi identit di significato nell'uso dello stesso termine nelle diverse fattispecie
incriminatrici. necessario, dunque, collocare i due concetti in ciascuna previsione e coglierne il significato in tale
contesto ed, in particolare, con la conseguenza che talvolta possono sovrapporsi parzialmente o totalmente, nel senso
che nella nozione di possesso accolta da una previsione sono ricomprese situazioni di detenzione secondo un'altra, e
viceversa. In particolare:

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quanto alla nozione di detenzione della cosa oggetto della sottrazione nel furto (art. 624), si tratta della
signoria di fatto sulla cosa presente in capo al soggetto passivo ed assente nel soggetto attivo; quindi il suo
trasferimento (illecito) in capo a quest'ultimo richiede la sottrazione.
il possesso della cosa altrui in capo al soggetto attivo del reato di appropriazione indebita (art. 648) quella
situazione di fatto che per ledere il diritto altrui non richiede l'azione di sottrazione, ma l'appropriazione, e
cio l'autonomo potere di signoria sulla cosa, situazione di fatto questa volta assente in capo al soggetto
passivo (per, titolare di una posizione giuridica) e presente nel soggetto attivo.
(appunti) Il concetto civilistico di possesso quel potere sulla cosa corrispondente all'esercizio del diritto di propriet
o di altro diritto reale sulla cosa. Questo non pu valere per il diritto penale.
Ad es Tizio presta a Caio i libri per studiare, trasferendo in questo modo la detenzione, in senso civilistico, non il
possesso. Caio non glieli restituisce. Si parla di appropriazione indebita (646), quindi dal punto di vista penale Caio ha il
possesso (mentre secondo l'art 1140 c.c. non possesso).
Si pu quindi dire che penalmente il possesso quel potere, signoria di fatto, sulla cosa, che si esercita in modo
autonomo , cio al di fuori della sfera di vigilanza di un altro soggetto. Il possesso presupposto dell'appropriazione
indebita, in cui il reo ha il possesso (penalistico) della cosa mobile altrui (mentre nel furto c' sottrazione e
impossessamento del bene altrui)
es. cassiere ha la disponibilit dei soldi, se se ne appropria si avr appropriazione indebita. es.2 quando diamo il
bagaglio in aeroporto al check-in, se mi aprono la valigia e rubano ci che c' dentro, qui furto, non appropriazione
indebita, perch il ladro non era mai entrato in rapporto di disponibilit con il contenuto della valigia, perch noi
l'avevamo chiusa. es.3 studente in biblioteca prende un libro in consultazione, per cui si prevede la consultazione solo
all'interno della biblioteca. Se porta via il libro, si tratta di furto, perch in questo caso c' la disponibilit del bene, ma
sotto la vigilanza della bibliotecaria. Se invece lo prende in prestito e poi non lo riporta indietro si ha appropriazione
indebita. Per il diritto penale in questo caso chi ha preso il libro in prestito possessore, per il diritto civile solo un
mero detentore.
Quanto al concetto di altruit non pu non farsi riferimento al concetto di propriet (appunti: il concetto ha un
diverso inquadramento a seconda della fattispecie penale; a volte coincide con propriet, altre volte solo con
godimento). L'autore ritiene che il proprietario non pu essere soggetto
attivo di reati che esigono la altruit della cosa.
Altra questione l'individuazione del danno altrui, in cui il significato di altrui del tutto differente, poich in tal caso
l'aggettivo connota il danno e non la cosa e, quindi, ovviamente perde
qualsiasi legame con il diritto di propriet, ma semplicemente sta a significare che il danno deve cadere su un soggetto
diverso dall'agente.
Questione centrale la natura del danno nei diversi reati in cui rileva. In materia di reati contro il patrimonio occorre,
dunque, riferirsi al bene patrimonio, riguardo a cui prevale la nozione economico-patrimoniale, per cui il danno
evento del reato deve avere la stessa natura, cosicch i diritti lesi dalla condotta dell'agente possono riguardare non
solo la propriet ma i diritti di godimento o di garanzia, la cui lesione ben suscettibile di provocare un danno di
natura
economico-patrimoniale.
Analoghe questioni si pongono in materia di profitto, anche con riguardo a tale nozione necessario l'ancoramento al
dato economico-patrimoniale.
Il titolo XIII si chiude con l'art 349 che prevede casi di non punibilit (vedi).
FURTO (624)
L'art 624, che si occupa delle fattispecie di furto, si inserisce tra i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle
cose o alle persone. La norma incrimina chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene,
al fine di trarne profitto per s o per altri. Sull'individuazione del bene giuridico tutelato possono individuarsi tre
orientamenti fondamentali.
Per un'opinione minoritaria l'oggetto giuridico uno 'stato di diritto', variamente individuato dai diversi
autori nel solo diritto di propriet, ovvero nella propriet e negli altri diritti reali, o, ancora, nella propriet e
nei diritti personali e reali di godimento.
La tesi prevalente, invece, identifica il b.g. in una situazione di fatto e, pi precisamente, nel possesso,
contrassegnato dall'animus possidendi, oppure nella semplice detenzione, da intendersi quale relazione
materiale con la cosa.
I contributi pi recenti, infine, mediando tra le due posizioni esposte, reputano tutelata un'oggettivit
giuridica complessa: sia uno stato di diritto, sia il potere di fatto sulla cosa, che debbono risultare entrambi
offesi, cosicch il delitto non sussiste nel caso di chi s'impossessi della cosa mobile propria, sottraendola a chi

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la detiene, e nemmeno nel caso di colui che si appropri della cosa mobile altrui, della quale abbia gi il
possesso.
La tesi che appare preferibile la seconda.
Il soggetto passivo del reato colui che possiede la cosa prima dello spoglio. Soggetto attivo pu essere chiunque
(reato comune). Il requisito dell'altruit della cosa porta ad escludere, peraltro, il proprietario della res, non potendo
egli commettere furto sulla cosa propria.
La condotta tipica consiste nell'impossessarsi della cosa, sottraendola a chi la detiene; pertanto si articola nelle
nozioni di impossessamento, sottrazione e altrui detenzione. L'altrui detenzione intesa, quale rapporto,
preesistente alla condotta illecita, tra il soggetto passivo e il bene oggetto del furto, cosicch si deve qualificare, pi
esattamente, quale presupposto del reato. Il concetto di detenzione altrui assume un ruolo centrale anche per
distinguere il furto dalla appropriazione indebita, incentrato sul possesso del bene da parte dell'agente.
La definizione di detenzione controversa.
Secondo un'accezione mutuata dal diritto civile, detentore ai fini della previsione in esame chi ha sulla cosa
un potere di fatto accompagnato dall'animus detinendi, ossia dall'intenzione di tenerla presso di s.
La tesi prevalente, invece, afferma che la detenzione si esaurisce nel rapporto materiale con la cosa, cio
disponibilit potenziale di quest'ultima, ossia possibilit di stabilire con essa un contatto fisico, quando lo si
voglia. Si tratta di un concetto elastico e fluido che il giudice deve accertare utilizzando il parametro offertogli
dalle normali valutazioni sociali.
Per sottrazione si intende privare la vittima della disponibilit della cosa, impedendogli di disporne secondo la sua
volont. Non si richiede che la sottrazione sia realizzata con particolari modalit o con mezzi determinati, purch
consegua il risultato pratico di privare la vittima della possibilit di godere del bene, non perci necessario che sia
clandestina, n che l'agente si impadronisca della cosa
venendo con essa in contatto o utilizzando le sue energie fisiche (possono essere utilizzati mezzi meccanici, o anche
animali, come un cane a ci addestrato). La sottrazione deve realizzarsi senza violenza o minaccia, altrimenti sussiste il
pi grave reato di rapina. Inoltre non deve esservi il consenso della vittima, che esclude il disvalore del furto, e se il
consenso avviene successivamente, ci non esclude il reato.
Per impossessamento si intende acquisire la possibilit di disporne materialmente, in modo pieno e autonomo al di
fuori della sfera di controllo e vigilanza del precedente possessore. Non necessario che il reo abbia il c.d. animus
domini, ma sufficiente che egli abbia la volont di tenere la cosa
presso di s, seppure temporaneamente.
I due momenti hanno un ruolo autonomo nella descrizione della fattispecie e, quindi, nella consumazione del reato,
per questo vengono usati due termini diversi, perch sottrazione e impossessamento possono coincidere, ma anche
no. Ad esempio il ladro, che sottrae l'automobile al detentore, consegue, con quella stessa azione e nello stesso
momento, anche la possibilit di disporne autonomamente; in altre occasioni, invece l'impossessamento pu
realizzarsi solo a distanza di tempo dalla sottrazione, come, ad es., nel caso di chi lanci i bagagli altrui dal treno in
corsa, per raccoglierli, e cos impossessarsene, dopo molte ore o nei giorni successivi. In conclusione, per la dottrina
dominante, la sottrazione costituisce il presupposto perch (contestualmente o successivamente) possa realizzarsi
l'impossessamento.
Oggetto materiale della condotta la cosa mobile altrui, intendendo per tale anche l'energia elettrica e ogni altra
energia che abbia un valore economico (art. 624, co. 1 e 2). Non vi coincidenza tra la nozione civilistica di bene
mobile (art. 812 c.c.) e quella penalistica di cosa mobile, incentrata sulla possibilit che la res venga sottratta al
detentore. Innanzi tutto, cosa in senso penalistico qualunque entit materiale idonea a soddisfare un bisogno
umano.
Deve trattarsi di un bene dotato di consistenza fisica: non pu perci commettersi il furto, ad es, su un diritto, su
un'opera dell'ingegno. Il diritto pu essere incorporato in un supporto materiale, che pu essere oggetto di furto: ad
es. il titolo di credito o un progetto elaborato su carta. La persona, cio il corpo umano vivente, un'entit materiale
diversa, anzi contrapposta, rispetto alla 'cosa' e, pertanto, di regola non pu essere oggetto di furto, tuttavia, le
singole parti del corpo, una volta che siano separate da questo (come il quantitativo di sangue destinato alla
trasfusione o la treccia di capelli) sono considerate cose mobili su cui pu essere commesso il reato. La cosa deve
essere mobile, cio, deve essere possibile sottrarla, spostandola da un luogo ad un altro senza comprometterne la
natura e la funzione.
Anche l'energia elettrica e ogni altra energia dotata di valore economico pu essere oggetto materiale della condotta
furtiva: l'espressa previsione dell'art. 624, co. 2 risolve le incertezze interpretative insorte sotto il codice Zanardelli. Si
considera dotata di valore economico ogni energia (ad es., l'energia termica e i gas) che possa essere utilizzata da
taluno con profitto proprio, cosicch la sottrazione cagioni
l'effettivo depauperamento del derubato. Poich il furto un reato di danno che offende il patrimonio, in linea di
principio la cosa deve dunque possedere un valore economico o di scambio. Tuttavia l'opinione prevalente ritiene che

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possano essere oggetto di furto anche cose che hanno un valore solamente affettivo, e non economico (una vecchia
fotografia, una lettera d'amore, ecc).
La res oggetto di sottrazione deve essere altrui; si ritiene che non siano altrui le res nullius e le res communes omnium,
come l'aria o l'acqua dei laghi o dei mari, finch, per, esse siano considerate nella loro totalit; invece, quando
vengano individuate, previa separazione di una parte dall'intero, possono divenire oggetto di diritti e, quindi, su di
esse pu commettersi il furto. Si ritiene inammissibile il furto anche delle res derelictae, cio delle cose abbandonate
con l'intenzione di disfarsene.
L'elemento soggettivo esige la volont di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola al detentore, con la
consapevolezza che manca il consenso della vittima. Il dolo non sussiste, dunque, se, per errore, l'agente ritenga che la
cosa di cui si impadronisce sia propria, o che esista il consenso della vittima.
Inoltre, necessario che l'autore agisca con il particolare fine di trarre profitto dalla cosa per s o per altri, che
costituisce il dolo specifico, in quanto, per la consumazione del reato, non necessario che quella finalit
effettivamente si realizzi o possa realizzarsi. Il profitto consiste in qualsiasi vantaggio o utilit, di natura patrimoniale o
non patrimoniale. Siffatta finalit pu anche consistere, ad es, in un interesse di studio, o in uno scopo di
soddisfazione morale (ad es., il caso di chi rubi per fare poi beneficenza) o di
appagamento di un bisogno psichico, tra cui, il desiderio di vendetta, dispetto o ritorsione verso la vittima.
Il momento consumativo viene individuato nell'impossessamento del bene (gi sottratto al precedente detentore)
che ne fa conseguire al reo la disponibilit autonoma. irrilevante la durata di tale
possesso, purch abbia la disponibilit, anche momentanea, della cosa. Il tentativo ammissibile.
FURTO IN ABITAZIONE E CON STRAPPO (624bis)
Le fattispecie di furto in abitazione e furto con strappo sono state recentemente introdotte da una legge del 2001,
che disciplinato autonomamente i fatti circostanziati di furto che prima erano previsti dai nn. 1 e 4 dell'art. 625,
abrogati espressamente dalla stessa legge. Infatti, data l'importanza delle due circostanze, il legislatore ha deciso di
creare due figure autonome per prevedere una tutela pi efficace della sicurezza dei cittadini, sia nella loro sfera fisica
che psichica.
Furto in abitazione
Il comma 1 punisce con pena pi grave di quella prevista per il furto comune chiunque si impossessa della cosa
mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trame profitto per s o per altri, mediante introduzione in un
edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa. La peculiarit del
reato, si coglie sotto il profilo del fatto tipico, e precisamente nella specifica modalit di compimento dell'azione
furtiva.
Rispetto alla formulazione originaria della circostanza, emerge l'ampliamento dei luoghi oggetto di speciale tutela,
prima individuati negli edifici e negli altri luoghi destinati ad abitazione, e ora descritti come edifici, altri luoghi
destinati in tutto o in parte a privata dimora e pertinenze di essa, con una terminologia atta ad evidenziare
maggiormente il parallelismo con la violazione di domicilio (art. 614). Questo aveva lo scopo di ampliare l'ambito di
operativit della norma, che ora comprende anche luoghi privati dove il soggetto si trattiene per compiere vari atti di
natura privata (ad es uno studio professionale). Quanto alle pertinenze ci si riferisce a tutti i luoghi costituenti parte
integrante o immediata pertinenza degli edifici destinati ad abitazione, compresi giardini, cortili, autorimesse anche
condominiali e non direttamente comunicanti con l'abitazione, se destinati a soddisfare esigenze della vita domestica
e familiare.
Quanto alle modalit dell'azione, ora sono circoscritte al solo introdursi e non estese (come, invece, prevedeva il
previgente art. 625, co. 1 n. 1) al 'trattenersi' in uno dei luoghi sopra menzionati. Deve ritenersi
che ove l'autore del furto si trattenga abusivamente in una dimora privata, dopo esservi stato legittimamente
ammesso, si configuri non il furto in abitazione ma il furto comune, eventualmente in concorso, laddove ne sussistano
tutti gli elementi, con la violazione di domicilio ex art. 614, co. 2.
A differenza dell'art 614, qui non si richiede espressamente l'illegittimit dell'introduzione, cio che l'azione sia
commessa contro il consenso del titolare dello ius excludendi; tuttavia la dottrina prevalente ritiene l'illegittimit
dell'introduzione presupposto necessario, anche se implicito, del furto in abitazione.
L'elemento soggettivo consiste nella coscienza e volont non solo del fatto materiale del furto ma anche del fatto di
introdursi in un luogo destinato ad altrui dimora; richiesto inoltre il dolo specifico del fine di profitto. Per
l'individuazione del momento consumativo del reato valgono gli stessi criteri elaborati con riferimento al furto
comune. Il tentativo pu dirsi integrato quando, ad es, l'agente sia sorpreso all'interno di una abitazione, senza un
motivo atto a spiegare altrimenti la sua presenza.
Furto con strappo
Il furto con strappo, noto come scippo, sanzionato dall'art. 624 bis, co. 2, che riprende la fattispecie nei termini
esatti della previgente aggravante ex art. 625 n. 4, cio come il fatto di chi si impossessa della cosa mobile altrui,
sottraendola a chi la detiene, al fine di trarre profitto per s o per altri, strappandola di mano o dosso alla persona.

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Anche questa fattispecie si caratterizza per la specifica modalit della condotta: deve esserci, cio, un impiego di
violenza tale da vincere la naturale resistenza che unisce la cosa alla persona.
Ci che importante che la violenza deve essere diretta sulla cosa, anche se poi indirettamente c' anche violenza
sulla persona. Infatti se la violenza fosse diretta anche alle persone non si avrebbe furto, ma rapina.
RAPINA (628)
L'art 628 contempla due differenti ipotesi:
1 co, rapina propria: Commette il delitto chiunque per procurare a s o ad altri un ingiusto profitto,
mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la
detiene. Il ricorso alla violenza o minaccia finalizzato nella rapina propria all'immediato impossessamento
della cosa mobile altrui.
2 co, rapina impropria: punito chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per
assicurare a s o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a s o ad altri l'impunit. Nella
rapina impropria il ricorso alla violenza o minaccia strumentale alla conservazione del possesso della cosa
appena sottratta o al conseguimento dell'impunit per tale condotta.
Oggetto di tutela sia il possesso della cosa mobile, sia l'integrit fisica e morale colpite per la realizzazione del
profitto; quindi un reato plurioffensivo; ed un reato complesso in senso stretto (art 84 c.p.), in quanto furto e
violenza privata, di cui la rapina si compone, costituiscono gi di per s reati autonomi.
Comunque, tra condotte di furto e violenza, anche nella rapina impropria, vi deve essere unitariet e stretta
consequenzialit mancanti quando si frapponga un sensibile intervallo di tempo ovvero un evento che tale unitariet
infranga.
Per quanto riguarda il soggetto passivo del reato, vi pu essere anche pluralit di soggetti passivi, nel caso di violenza
o minaccia esercitata contro persona diversa da proprietario
del bene rapinato: es. i clienti presenti in una banca al momento della rapina, ma il delitto di rapina integrato uno
solo per chi considera rilevante solo il bene patrimoniale. Se, in un unico contesto, vengono rapinate pi persone dei
rispettivi beni si realizza una pluralit di reati, in concorso
formale tra loro ex art. 81, co. 1. Con riferimento alla condotta di violenza o minaccia, soggetto passivo chi subisce
la violenza o la minaccia.
Soggetto attivo pu essere 'chiunque' non abbia il possesso attuale della cosa, anche chi, avendo la mera detenzione
temporanea del bene (ad es.: facchino, posteggiatore), eserciti violenza o minaccia per impossessarsene.
Oggetto materiale della condotta la cosa mobile altrui.
La rapina reato di danno, di carattere commissivo. Quanto alle fattispecie tipiche:
Nella rapina propria, violenza o minaccia precedono l'impossessamento al quale sono finalizzati, o sono
contestuali ad esso; possono essere esercitate anche contro una persona diversa dal detentore, purch
l'effetto intimidatorio o coercitivo sia da quest'ultimo avvertito. La violenza non deve necessariamente
presentare particolare intensit, potendo anche consistere in una spinta o uno strattone, purch sortisca
l'effetto di coartare la libert del soggetto passivo.
La consumazione si verifica non appena l'agente si impossessa della cosa, cio quando la cosa sottratta passa nella
esclusiva detenzione e nella sua materiale disponibilit, con conseguente privazione per la vittima del relativo potere
di vigilanza sul bene.
Per la sussistenza del tentativo sufficiente che l'attivit dell'agente sia potenzialmente idonea a produrre lo
spossessamento.
Il dolo, richiede con la coscienza e volont di impossessarsi della cosa mobile altrui con violenza alla persona o
minaccia, anche il fine di procurare a s o ad altri un ingiusto profitto, che non necessario venga effettivamente
conseguito (dolo specifico). Il profitto, di regola, consiste in una utilit economica, tuttavia, secondo una tesi
sostenuta con riguardo a tutti i reati contro il patrimonio, pu consistere in qualsiasi utilit, anche solo morale o
sentimentale. Il profitto deve essere ingiusto e, dunque, non deve ricevere tutela diretta o indiretta dall'ordinamento
giuridico.
La rapina impropria (co. 2) connotata dalla finalit di conseguire, con il ricorso alla violenza o alla minaccia,
l'impunit e, dunque, di sottrarsi alle conseguenze penali e processuali della condotta di avvenuta
sottrazione. Il dolo specifico consiste nella finalizzazione della condotta violenta o minatoria al
conseguimento dell'impunit o del possesso della cosa sottratta. controversa la possibilit di configurare il
tentativo.
Il terzo comma prevede le circostanze aggravanti (vedi e stud pi importanti).
Casi
Controversa la configurabilit del tentativo nella rapina impropria - pacifica quando, al fine di assicurarsi l'impunit,
senza riuscirvi l'agente adoperi violenza dopo la sottrazione della cosa - nel caso in cui l'agente non riesca ad
impossessarsi della cosa ed usi violenza o minaccia, appunto per conseguire l'impunit, dopo aver abbandonato il

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perseguimento dell'obbiettivo. La dottrina pressoch unanime ritiene l'avvenuta sottrazione del bene presupposto
indispensabile del reato; pertanto, nel caso in cui l'agente, sorpreso prima di aver sottratto il bene, usi violenza o
minaccia allo scopo di fuggire e di procurarsi l'impunit, afferma la sussistenza, oltre all'autonomo reato contro la
persona integrato dalla condotta di violenza o minaccia, semmai, di un tentato furto. Per la tesi dominante in
giurisprudenza, invece, il tentativo di rapina impropria configurabile anche senza l'impossessamento della cosa,
perch l'art. 628 prevede anche il fine di assicurarsi l'impunit, che pu essere perseguito anche se la sottrazione non
sia stata compiutamente realizzata, ma si sia arrestata allo stadio di tentativo.
ESTORSIONE (629)
Commette il delitto chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa,
procura a s o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Secondo la comune opinione si tratta di un reato
plurioffensivo, che consiste nella coercizione della volont dell'individuo affinch adotti una condotta, attiva od
omissiva, da cui derivi un profitto per il soggetto attivo o per terzi in danno ad altri; sono tutelati, dunque, la
inviolabilit del patrimonio e la libert individuale di autodeterminazione. Titolari del bene complesso sono la
persona costretta alla condotta attiva od omissiva, come pure la persona non necessariamente coincidente con la
prima - sulla quale immediatamente ricade la violenza o la minaccia. L'estorsione appartiene alla categoria dei reati
realizzati con la cooperazione della vittima, una cooperazione non cosciente e volontaria, ancorch carpita con la
violenza o la minaccia.
Chiunque pu essere il soggetto attivo (delitto comune). Quanto al soggetto passivo, non vi necessaria coincidenza,
tra il destinatario dei propositi minatori o della violenza e il danneggiato: la coazione pu essere infatti esercitata
anche prendendo quale diretto bersaglio della minaccia e della violenza una terza persona, fisica (ad es. un congiunto)
o giuridica.
La condotta tipica costituita da violenza o minaccia, utilizzate quali strumento di coercizione della libert individuale
e, in particolare, per costringere un soggetto ad una condotta, attiva od emissiva in proprio danno che comporti un
profitto per l'autore del reato. Mentre nella rapina vi un immediato nesso consequenziale tra violenza o minaccia e
sottrazione, nel delitto in esame presente il passaggio intermedio della coartazione della volont del soggetto
passivo, il quale ha l'astratta possibilit di effettuare una scelta, ancorch forzata. La costrizione deve, quindi, lasciare
alla vittima una alternativa.
Quanto alla violenza non pu trattarsi di violenza assoluta o di vis compulsiva. Si osserva in proposito che nel delitto in
esame anche la condotta violenta si risolve in una forma di minaccia, che l'autore lascia intendere di reiterare o
prolungare pur di ottenere quanto richiesto. La violenza pu cadere anche sulle cose (c.d. violenza reale), ad es. sui
beni nella disponibilit del soggetto passivo, e costituire una sorta di eloquente 'avvertimento' preventivo affinch si
seguano i voleri degli autori: si pensi ai casi di pneumatici degli automezzi tagliati.
La minaccia si realizza con la prospettazione di un male futuro la cui realizzazione dipende da chi la formula,
presentato come alternativa alla condotta che si intende ottenere dalla p.o.. Non deve risolversi in un costringimento
psichico assoluto, cio nell'annullamento di qualsiasi possibilit di scelta, in tal caso infatti l'impossessamento del
bene cos conseguito configura il diverso reato di rapina. La condotta deve determinare un ingiusto profitto con altrui
danno. La nozione di profitto anche nel delitto di estorsione amplissima, , infatti, costituita da ogni utilit, anche
non strettamente economica, purch rilevante per il diritto, idonea a produrre un vantaggio al soggetto attivo o ad
altri.
Il profitto ingiusto quando l'utilit in cui consiste non giuridicamente dovuta all'agente o ad altri e, pertanto, si
fonda su una pretesa che non riceve tutela dall'ordinamento n in via diretta, n in via indiretta. Secondo tale tesi
non costituisce estorsione la costrizione con violenza o minaccia al pagamento di un credito liquido ed esigibile e
quando, con gli stessi mezzi, si ottenga l'adempimento di un'obbligazione naturale (debito di gioco o scommessa,
ovvero debito prescritto), potendosi configurare piuttosto nel primo caso il reato di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni e nel secondo quella di violenza privata. , comunque, ingiusto il profitto di chi costringa altra persona a
consegnargli una somma quale prezzo di sostanza stupefacente, essendo il contratto di cessione di droga nullo per
illiceit della causa. La minaccia di far valere un diritto assume il connotato dell'illiceit quando mira ad un risultato
iniquo, perch ampiamente esorbitante ovvero non dovuto rispetto a quello conseguibile attraverso l'esercizio del
diritto che viene strumentalizzato per scopi cantra ius, diversi cio da quelli per
cui esso riconosciuto e tutelato. ingiusto il profitto che deriva dall'abuso di un diritto o dalla minaccia dell'uso di
mezzi giuridici per fini diversi da quelli tipici.
Sussiste la c.d. estorsione contrattuale nel caso di imposizione ad un soggetto di porsi in rapporto negoziale di natura
patrimoniale con l'agente o con terzi, poich l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno implicito nel fatto
stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione
della propria autonomia negoziale, essendogli cos impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo che
ritiene pi opportuno e conveniente.

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L'estorsione reato di danno causato dalla condotta costrittiva e direttamente conseguente all'atto dispositivo cui la
p.o. viene indotta; deve trattarsi di un danno patrimoniale, cio di una diminuzione del patrimonio, intesa sia come
danno emergente che come lucro cessante.
Il momento consumativo del delitto coincide con il conseguimento del profitto ingiusto con altrui danno. Ai fini della
consumazione non necessario che sia conseguito il vantaggio sperato, essendo sufficiente comunque uno inferiore o
diverso. Nemmeno occorre che il profitto sia materialmente realizzato, sufficiente la formazione dell'atto dal quale il
profitto, come pure il danno altrui, deriva: cos il delitto di estorsione giunge a consumazione con la consegna di un
assegno o di effetti cambiati, a prescindere dalle successive vicende dei titoli.
Il tentativo ipotizzabile se la condotta criminosa viene interrotta per cause indipendenti dalla volont dell'agente,
oppure se compiuta l'azione non si verifica il danno. Trattandosi di delitto di evento, il tentativo di estorsione pu
distinguersi in due categorie:
tentativo incompiuto: ad es. messaggio minatorio non pervenuto al destinatario perch intercettato;
tentativo compiuto: ad es. arresto dell'agente prima o all'atto della consegna del denaro.
Il dolo generico, poich il profitto ingiusto e il danno integrano l'evento del reato e pertanto debbono essere come
tali voluti.
SEQUESTRO DI PERSONA A SCOPO DI ESTORSIONE (630)
Commette il delitto chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per s o per altri, un ingiusto profitto
come prezzo della liberazione. Il delitto speciale rispetto al sequestro di persona e rispetto all'estorsione (si
differenzia da quest'ultima per i mezzi usati, che sono determinati, nel sequestro di persona). Si tratta quindi di un
reato complesso ex art 84 (sequestro di persona e estorsione).
L'oggetto di tutela del reato pare costituito innanzitutto dalla tutela della libert personale della vittima, cui si associa
la tutela del patrimonio della stessa.
Si tratta di un reato comune. La condotta tipica consiste nel privare taluno della libert personale, intesa come
possibilit di libero movimento nello spazio, e, pi precisamente, il sequestro implica che sia imposto coercitivamente
un ambito spaziale circoscritto.
Il delitto consumato nel momento in cui si realizza una privazione apprezzabile della
libert personale; considerato un reato di pericolo rientrante nella categoria dei c.d. reati a consumazione
anticipata: per la sua perfezione non richiesto il conseguimento del riscatto da parte dell'agente. Il tentativo
configurabile ogni qualvolta non sia iniziata una privazione apprezzabile della
libert personale, pur essendo posti in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a tal fine.
L'elemento soggettivo costituito, oltre che dal dolo generico, consistente nella volont di privare taluno della libert
personale, dal dolo specifico, consistente nello scopo di conseguire, per s o altri, un ingiusto profitto come prezzo
della liberazione.
Il reato viene realizzato, nella maggior parte dei casi, attraverso le modalit del concorso di persone.
I co. 2 e 3 prevedono inasprimenti di pena se dal fatto deriva la morte non voluta del sequestrato e se il reo ne
cagiona la morte con dolo. I co. 4 e 5 prevedono speciali attenuazioni di pena per il concorrente
che, dissociandosi dagli altri, attui comportamenti diretti alla liberazione dell'ostaggio o a far comunque cessare
l'attivit criminosa, ovvero ad aiutare gli organi inquirenti a perseguire i colpevoli. (appunti) si tratta del fenomeno del
pentitismo, viene data una pena irrisoria a chi ha molti omicidi alle spalle, per ha collaborato con la giustizia e ha
evitato l'uccisione o sequestro di altre persone. Fenomeno che stato molto fruttuoso nel delitto di associazione
mafiosa.
TRUFFA (640)
Si tratta di reato inserito tra i delitti contro il patrimonio mediante frode. La truffa punisce chiunque (reato comune),
con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a s o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
Il b.g. protetto , per una tesi, l'inviolabilit del patrimonio; per altra, anche la libert del consenso o la buona fede
contrattuale. Destinatario della condotta truffaldina pu essere esclusivamente una persona fisica. Soggetto passivo
del reato colui che subisce le conseguenze patrimoniali dell'azione truffaldina.
La condotta consiste nella induzione in errore mediante artifici o raggiri di taluno che cos determinato a tenere un
dato comportamento, attivo od omissivo (reato a condotta vincolata).
Artificio ogni studiata trasfigurazione del vero, ogni camuffamento della realt, effettuato sia simulando ci
che non esiste, sia dissimulando ci che esiste, vale a dire, nascondendo ci che esiste; (appunti) tutte quelle
condotte con cui il soggetto attivo cerca di presentare una realt diversa dal vero. Ci avviene con una
dissimulazione dal reale: facendo credere esistente qualcosa che non esiste e viceversa.
Raggiro consiste in un avvolgimento ingegnoso di parole destinato a convincere: pi precisamente una
menzogna corredata da ragionamenti idonei a farla scambiare per verit; (appunti) si tratta di tutte quelle
condotte che incidono sulla psiche del soggetto; realt presentate con menzogne, ecc.

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Il primo agisce sulla realt esterna, il secondo, invece, direttamente sulla psiche dell'ingannato. Anche il silenzio, per la
giurisprudenza, pu integrare la condotta truffaldina, qualora in capo all'agente sussista un obbligo giuridico, anche
extrapenale. L'errore deve essere causato o rafforzato dagli artifici o raggiri.
L'attivit fraudolenta presenta una pluralit di eventi:
1. l'induzione in errore della vittima,
2. che determinata ad effettuare un atto di disposizione
3. in modo da risentirne un danno
4. con altrui ingiusto profitto.
L'errore una falsa o distorta rappresentazione di circostanze di fatto capaci di incidere sul processo di formazione
della volont e si distingue dall'ignoranza, che mancanza assoluta di rappresentazione e attiene alla sfera intellettiva
e non volitiva. Deve esservi un nesso causale fra la condotta dell'agente e l'errore della vittima, per cui non integra il
reato lo sfruttamento dell'errore in cui essa si trovi. rilevante, invece, il rafforzamento dell'errore.
La persona indotta in errore pu essere diversa da quella che subisce il danno, purch abbia il potere di compiere
l'atto di disposizione patrimoniale i cui effetti si riversino sul patrimonio del
danneggiato. La vittima deve essere una persona determinata, la truffa in incertam personam ammessa solo se con i
mezzi truffaldini viene indotta in errore una persona determinata. Non si esclude, tuttavia, l'ipotesi del tentativo
allorch la condotta fraudolenta (es.: in comunicazioni pubblicitarie) venga interrotta prima di ingannare una persona
individuata.
Il delitto in esame, che protegge il patrimonio, richiede la che sia causato un danno patrimoniale.
Nelle ipotesi di truffa contrattuale il danno del soggetto passivo si ritrova essenzialmente nel fatto della stipulazione
del contratto che il s.p. non avrebbe concluso, o avrebbe concluso a condizioni diverse, se non fosse stato spinto dagli
artifici o raggiri.
Insieme al danno si richiede il conseguimento di un profitto da parte di chi inganna o di un terzo. Il profitto deve
essere ingiusto, cio privo di legittimazione.
La truffa reato istantaneo e di danno che si perfeziona soltanto nel momento in cui alla realizzazione della condotta
tipica consegua la deminutio patrimonii del soggetto passivo ed il profitto dell'agente.
richiesto il dolo generico, anche eventuale. Sono irrilevanti finalit e motivi che spingono l'autore a realizzare la
condotta.
Il capoverso prevede, delle circostanze aggravanti (importante!) oggettive ad effetto speciale:
1. Il n. 1 prevede l'aggravante del fatto commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico, che sussiste
quando il danno sia sopportato da un ente pubblico, mentre irrilevante che il destinatario della manovra
fraudolenta sia il titolare di un organo pubblico o un terzo dotato di potere di disposizione sul patrimonio
della p.a.. Il pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare, di scarsa applicazione, ora del tutto
inutilizzato, data la scomparsa del servizio militare obbligatorio.
2. Il n. 2 prevede l'aggravante dell'ingenerare timore di un pericolo immaginario, relativa ad un pericolo
inesistente che, venendo fatto credere come reale alla persona offesa, assume la natura di un raggiro. Si
prevede poi l'aggravante di aver causato l'erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell'autorit.
3. Il punto 2bis, aggiunto nel 2009, richiama le circostanze aggravanti comuni, affermando l'aggravamento di
pena nel caso previsto dall'art 61 n.5, cio l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona,
anche in riferimento all'et, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.
Il reato perseguibile (importante!!) a querela della persona offesa, quindi si lascia alla vittima la scelta. Se, tuttavia,
il reato aggravato perseguibile d'ufficio.
TRUFFA PER IL CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE (640 bis)
L'art. 640 bis, sanziona (con una pena pi severa rispetto all'art 640) il fatto di cui all'art. 640 quando riguarda
contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o
erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit europee. La norma tutela il patrimonio pubblico e
comunitario, e indirettamente anche il buon andamento della pubblica amministrazione.
Sotto il profilo oggettivo la norma richiama il fatto di cui all'art. 640, per cui si ritiene che la condotta coincida con
quella della truffa.
La fattispecie in esame si differenzia dalla truffa per la specificit dell'oggetto materiale, costituito, secondo
l'elencazione normativa, da contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo,
comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit europee; questa
chiusura rende l'elencazione non tassativa, ricomprendendo qualsiasi altro tipo di erogazioni pubbliche.
Ci si chiede se si tratti di un reato autonomo o di una circostanza aggravante della truffa. La Cassazione ha chiarito che
si tratta di una circostanza aggravante (con procedibilit d'ufficio), pur essendo inserita in un articolo a parte, perch
la struttura la stessa della truffa, e si richiama espressamente l'art 640.

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Di recente, la Corte Cost., nell'esaminare i rapporti della previsione in esame con la indebita percezione di erogazioni
a danno dello Stato (art. 316 ter), ha rigettato la questione di legittimit costituzionale di quest'ultima norma,
sollevata in riferimento agli artt. 3 e 10 Cost. Secondo la Corte non sussiste alcuna palese irrazionalit nel trattamento
sanzionatorio previsto dall'art. 316 ter in rapporto a quello stabilito per l'art. 640 bis, in quanto le due norme non sono
legate da un rapporto di presupposizione. Come si desume dalla clausola di riserva contenuta nell'art. 316 ter, questa
norma ha natura sussidiaria e residuale, in quanto mira a incriminare mere falsit e omissioni di informazioni dovute
che, costituendo un minus rispetto agli artifici e raggiri, fuoriescono dalla sfera di operativit dell'art. 640 bis. Anche la
S.C., con riguardo ai rapporti intercorrenti fra le due figure, precisa che sussiste un rapporto di sussidiariet espressa,
che disegna e ritaglia una fattispecie normativa specifica nell'ambito di una pi generale.
Un rapporto di residualit e sussidiariet esiste anche fra la fattispecie de qua e l'art. 2, L. 23.12.1986, n. 898
(indebito conseguimento di erogazioni da parte del Fondo europeo agricolo), che configurabile solo quando il
soggetto si sia limitato all'esposizione di dati e notizie falsi e non anche quando alle false dichiarazioni abbia
accompagnato artifici e/o raggiri di altra natura, che integrano il delitto in esame. Si ritiene, invece, ammissibile il
concorso materiale o formale fra il reato in esame e la malversazione in danno dello Stato (art. 316 bis), essendo
possibile che la
truffa abbia ad oggetto il conseguimento del finanziamento, anche parzialmente, non dovuto e la destinazione dello
stesso ad altri scopi.
Infine, la truffa comunitaria pu concorrere con il delitto di frode fiscale, in quanto sono diversi i beni giuridici tutelati,
purch allo specifico dolo di evasione si accompagni una distinta e autonoma finalit extratributaria non perseguita
dall'agente in via esclusiva.
USURA (644, 644 ter)
La materia dell'usura stata completamente riformata nel '96.
Quanto all'individuazione del b.g. tutelato, per l'opinione prevalente, la norma tutela oltre al patrimonio e della
libert morale del soggetto passivo, anche gli interessi pubblicistici alla correttezza dei rapporti economici ed il
regolare funzionamento del mercato finanziario.
L'usura si configura come reato comune: chiunque pu essere soggetto attivo o soggetto passivo del reato. Le qualit
dell'autore e della vittima rilevano esclusivamente nel sistema delle aggravanti.
Sono previsti due tipi di usura:
1. formale o astratta: si tratta di un'usura a tasso predeterminato (644, co. 1 e co. 3, p. la), caratterizzata
dalla previsione di un tasso soglia ed integrata da qualsiasi operazione in cui il corrispettivo di una
prestazione di denaro o di altra utilit risulti superiore al limite legale. La condotta consiste nel richiedere, la
promessa o il pagamento di interessi o altri vantaggi usurari, vale a dire superiori alla soglia legale. La
valutazione del carattere usurario della prestazione ricevuta o promessa va effettuata con riferimento al
momento dell'accordo, rimanendo irrilevante l'eventuale superamento della soglia legale intervenuto nel
corso del rapporto (c.d. usura sopravvenuta); il tasso soglia, ai sensi della previsione del co. 3 p. 1": la legge
stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari: la l. n. 108/96 stabilisce che
trimestralmennte il Ministro dell'economia e delle finanze rileva con decreto i tassi medi e la classificazione
annuale delle categorie di operazioni omogenee. Il tasso usurario (tasso soglia) si determina aumentando
della met il tasso medio individuato per ciascuna categoria omogenea di operazioni (se si supera questo
limite si tratta di interesse usuraio).
La disposizione strutturata, come una norma penale in bianco, in quanto la concreta precisazione di un
elemento costituivo della fattispecie (determinazione del tasso soglia) demandata ad una fonte di grado
inferiore (decreti ministeriali di rilevazione trimestrali dei tassi medi). Le modalit di integrazione della
fattispecie penale sono tali, tuttavia, da non violare il principio della riserva di legge in materia penale,
essendo il rinvio alla fonte sottordinata individuato con sufficiente determinatezza.
2. L'art. 644, co. 3, p. 2a, prevede che il reato comunque integrato in presenza di un corrispettivo, pur
inferiore al limite legale, oggettivamente sproporzionato alla prestazione di denaro o di altra utilit
dell'agente, avuto riguardo alle concrete modalit del fatto ed al tasso medio praticato dagli operatori legali
per operazioni simili, quando il rapporto riguardi una persona in condizioni di difficolt economica o
finanziaria. Tale forma di usura - definita usura in concreto o residuale - risponde all'esigenza di non lasciare
scoperte situazioni di apparente conformit ai parametri legali, che tuttavia assumano caratteristiche
oggettivamente usurarie per le condizioni di difficolt della vittima. Queste ultime ricorrono nelle situazioni di
carenza o insufficienza grave, anche temporanea, di beni economici, non essendo richiesto lo stato di
bisogno.
Il 4 co prevede il principio secondo cui nel valutare la vicenda bisogna tenere in considerazione l'elemento
omnicomprensivo, indipendentemente da come l'erogazione viene chiamata (vedi).

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L'art 644, co. 2 prevede la mediazione usuraria diretta a sanzionare l'opera di mediazione per la quale venga
richiesto un compenso usurario. Soggetto attivo il mediatore secondo la nozione fornita dall'art. 1754 c.c., cio il
soggetto che, anche occasionalmente, mette in relazione due o pi parti per la conclusione di un affare. La condotta
integrativa del reato costituita dalla ricezione della promessa/dazione di un compenso usurario, quale corrispettivo
per la attivit di mediazione, intendendosi per usurario il compenso non conforme ai parametri stabiliti per l'ordinaria
fattispecie di usura (astratta e concreta). Per la perfezione del reato necessario e sufficiente che usurario sia il
compenso richiesto per la mediazione, essendo indifferente l'eventuale usurariet del contratto principale. Nel caso in
cui la mediazione sia prestata per la conclusione di un contratto usurario, con la consapevolezza della natura usuraria
dell'accordo principale, configurabile il delitto di usura, a titolo di concorso, avendo il mediatore, con la sua
condotta, consapevolmente contribuito alla conclusione dell'accordo illecito.
L'art. 644, co. 5, prevede il sistema delle aggravanti con cinque circostanze ad effetto speciale, tra cui ricordiamo:
n.1: quando il fatto commesso nell'esercizio di attivit professionale, bancaria o di intermediazione
mobiliare;
n.3: quando il soggetto attivo approfitta dell'altrui stato di bisogno; prima della riforma del '96 si trattava di
un elemento costitutivo del reato, mentre ora solo un'aggravante.
Amento psicologico richiesto il dolo generico, anche nella forma eventuale. Il reato si integra con la cosciente
volont di farsi dare o promettere, per s o per altri, interessi (od altri vantaggi) usurari; nell'usura in concreto (art.
644, co. 3) si deve includere la consapevolezza della condizione di difficolt economica o finanziaria della vittima.
Nella mediazione usuraria l'elemento oggettivo integrato dalla coscienza e volont di far dare o promettere un
compenso usurario per la mediazione.
L'ultimo comma dell'art. 644 prevede una ipotesi speciale di confisca obbligatoria (vedi); sono confiscati gli interessi o
qualsiasi altro bene di uguale valore.
Riguardo al momento consumativo c' un dibattito in dottrina. Secondo l'opinione prevalente della giurisprudenza, il
reato istantaneo, e se c' una promessa si consuma nel momento in cui la stessa avviene; se c' una dazione, che
pu essere anche periodica, si consuma con l'ultima dazione di interesse usuraio. Anche la prescrizione si conta
dall'ultimo pagamento.
CONCETTI DI ALTRUITA' E PROFITTO (appunti)
Altruit: l'art 646 e molte altre fattispecie dei delitti contro il patrimonio fanno riferimento alla cosa altrui.
L'altruit pu essere:
o in senso stretto: cio di propriet altrui;
o in senso ampio: cio cosa su cui altri abbiano altro diritto reale di garanzia o di godimento. Ad es:
usufrutto di cosa mobile, do la mia auto in usufrutto e la vado a riprendere, commetto furto?
Facciamo riferimento all'art 627, sottrazione di cose comuni, viene punita con una pena minore
rispetto al furto, perch essendo cose comuni, ruba qualcosa che in parte sua. Se si accettasse il
furto da parte del proprietario di una cosa data in usufrutto si avrebbe il paradosso che verrebbe
punita in modo pi grave rispetto al furto di cosa comune. Si pu quindi concludere che il
proprietario non pu essere accusato di furto o appropriazione indebita.
Profitto: viene in genere accompagnato dal termine ingiusto. Il profitto pu essere economico o morale. Ad
es: se rubo da un'auto gli pneumatici, si tratta di furto o danneggiamento? Sar furto se posso ottenere un
profitto (come nel caso degli pneumatici di un'auto nuova e costosa); sar danneggiamento se l'auto
vecchia e semplicemente tolgo gli pneumatici e li butto.
LE APPROPRIAZIONI INDEBITE (646)
L'art. 646 sanziona chi, per procurare a s o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui
di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso'. Viene punito, cio, chi, avendo il possesso legittimo, in virt di un qualsiasi
titolo, di un bene altrui, decide di farlo proprio. La norma tutela l'interesse patrimoniale vantato dal titolare del diritto
giuridicamente superiore rispetto a quello del possessore-soggetto attivo, che ha pur sempre un diritto sul bene,
seppur di caratura minore.
Presupposto della condotta appropriativa il possesso a qualsiasi titolo del bene. Elemento di notevole importanza
perch consente di distinguere la fattispecie in commento dal contiguo delitto di furto, nel quale invece l'agente non
ha il possesso del bene e per farlo suo deve sottrarlo al legittimo titolare.
I requisiti che integrano il reato sono 2: possesso e altruit.
Il possesso ex art. 646 viene pacificamente definito come un autonomo potere di fatto sulla cosa, nozione che non
coincide con quella civilistica, di cui decisamente pi ampia. Infatti, l'ambito di estensione del possesso penalistico
non circoscritto al 'potere sulla cosa che si manifesta in un'attivit corrispondente all'esercizio della propriet o di
altro diritto reale', come recita l'art. 1140, co. 1 c.c., ma ricomprende anche i diritti personali di godimento, che nel
diritto civile danno usualmente luogo a ipotesi di detenzione.

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Nel diritto penale la qualit che distingue il possesso dalla detenzione l'autonomia del potere di fatto, il cui
accertamento richiede una di valutazione del potere del soggetto agente con quello rimasto al titolare del diritto di
grado superiore (usualmente il proprietario): laddove in capo a
quest'ultimo perduri la signoria di fatto sul bene, poich rimasto nella sua c.d. sfera di custodia e sorveglianza, non
si configura in capo all'agente il possesso bens la detenzione materiale. Si pensi ai noti casi di scuola del facchino che
trasporta le valigie al fianco del proprietario o dello studioso che consulta i libri in una biblioteca sotto il controllo degli
impiegati: sia il facchino che lo
studioso non hanno un autonomo potere di fatto sulle valigie e sui libri, insistendo sugli stessi beni il potere diretto di
controllo del passeggero e dei bibliotecari, cos che, qualora vogliano fare propri gli oggetti, debbono prima sottrarli e
poi appropriarsene, integrando il delitto di furto proprio per l'assenza del presupposto del possesso (inteso in senso
penalistico).
Si ritiene che il possesso debba precedere l'appropriazione, mentre non ha importanza la fonte del possesso, che pu
derivare da qualsiasi titolo.
La struttura della fattispecie quella di un reato di mera condotta, che consiste nella appropriazione (anche parziale)
di un bene altrui, nel senso che l'agente (il possessore) si comporta - nei confronti del denaro o della cosa mobile - ut
domnus, vale a dire come se ne fosse (diventato) il proprietario, esercitando illecitamente sul bene diritti e facolt
superiori a quelli (leciti) consentitigli dal titolo, fonte originaria del possesso.
Soggetto attivo pu essere chiunque abbia il possesso di un bene altrui. Il p.u. o l'i.p.s. che si appropriano del bene
posseduto in ragione del loro ufficio o servizio integrano il pi grave reato di peculato.
Oggetto materiale del reato la cosa mobile, categoria nella quale sono ricompresi il denaro come pure, ex art. 624,
co. 2, l'energia elettrica e ogni altra energia avente un valore economico.
Il denaro o la cosa mobile devono essere altrui, e ci si chiede per questo se il proprietario possa mai essere soggetto
attivo del reato. Coerentemente con linteresse tutelato dalla norma appare preferibile definire altrui, ex art. 646,
quel bene sul quale sussiste un diritto maggiormente tutelato dall'ordinamento (non necessariamente il diritto di
propriet) rispetto a quello vantato dal possessore. Di conseguenza anche il proprietario pu consumare il delitto. Si
pensi all'usufruttuario di un bene che per una qualsivoglia ragione depositi momentaneamente lo stesso presso il
proprietario; qualora il proprietario-depositario si rifiuti di restituire la cosa al momento pattuito commette una
appropriazione indebita perch in quel frangente il diritto dell'usufruttuario prevale su quello avverso di 'nuda
propriet'. Va, per, ricordato che la S.C. esclude il reato de quo nel caso, parzialmente diverso, del depositario che
durante il deposito diventa proprietario del bene custodito e si rifiuta di restituirlo al depositante, che non era il
precedente proprietario.
Non sono 'altrui' le res nullius e le res derelictae, tra le quali per non rientra la refurtiva abbandonata dal ladro,
posto che l'abbandono della cosa non il frutto della volont dell'avente diritto; al contrario, quest'ultimo ne ridiventa
possessore, con la conseguenza che chi se ne appropria commette il delitto di furto.
L'appropriazione indebita punita esclusivamente a titolo di dolo, costituito da rappresentazione e volont di
appropriarsi della cosa altrui di cui si abbia il possesso, che dunque richiede la consapevolezza del possesso, dell'
altruit della cosa, etc., ed il c.d. animus domini. L'appropriazione deve essere finalizzata a procurare un ingiusto
profitto (dolo specifico) a s o ad altri.
Il 2 co prevede una circostanza aggravante (vedi). La giurisprudenza prevalente ritiene integrata la circostanza dell'art
61 n. 11, in relazione alla prestazione d'opera in presenza di un rapporto anche di fatto che venga utilizzato
dall'agente quale occasione per ottenere il possesso della cosa, abusando della fiducia che quel rapporto presuppone.

I REATI CONTRO I BENI PUBBLICI


PARTE II REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
GENERALITA
Si tratta, in genere, di reati cd. propri, i cui autori sono il p.u. stricto sensu (art. 357) o talune categorie specifiche di
p.u. (il militare o l'agente della forza pubblica ex art. 329; il custode ex artt. 334-335), l'i.p.s. (art. 358), nonch, in
talune ipotesi, l'e.s.p.n. (art 359). Nel capo sono, tuttavia, collocati anche delitti dei privati contro la p.a. Abbiamo
quindi:
- Artt 314ss: delitti dei p.u. contro la p.a.;
- Artt 336ss: delitti dei privati contro la p.a.

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LE QUALIFICHE SOGGETTIVE. PUBBLICO UFFICIALE (357)


Il codice penale distingue tre figure di soggetti che rivestono ruoli di interesse pubblico:
Pubblico ufficiale (p.u.),
Incaricato di pubblico servizio (i.p.s.)
Esercente un servizio di pubblica necessit,
trattandosi in linea di massima di delitti che possono essere commessi solo da soggetti o contro soggetti che rivestono
queste particolari qualifiche soggettive. Nel 1990 questo titolo stato fortemente riformato.
Lart. 357 individua (agli effetti della legge penale) i pubblici ufficiali in coloro che esercitano una pubblica funzione
legislativa, giudiziaria o amministrativa (co. 1). Il co. 2 definisce la pubblica funzione amministrativa come
disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla
manifestazione della volont della P.A. (es decisione del voto di laurea) o dal suo svolgersi per mezzo di poteri
autoritativi (o meglio, secondo prof, di coazione) e certificativi (es firma del documento di laurea). Non definite,
invece, sono la funzione legislativa e quella giudiziaria sul presupposto che si tratti di funzioni agevolmente
individuabili.
La nuova formulazione, dell'art. 357 pone fine alle annose controversie di teoria e prassi, accogliendo la concezione
funzionale-oggettiva di p.u. e di i.p.s., che si era progressivamente affermata in quei contesti, ancorando la
sussistenza della pubblica funzione a criteri oggettivi. In virt dell'attuale testo l'elemento centrale, al fine della
titolarit della qualifica soggettiva di p.u. (e di i.p.s.), rappresentato dall'effettivo
svolgimento di attivit pubblicistica, essendo di conseguenza necessario e sufficiente lo svolgimento, anche di fatto,
di una pubblica funzione, o, se trattasi di i.p.s., di un pubblico servizio, prescindendo da qualsivoglia rapporto di
impiego fra il soggetto e lo stato o altro ente pubblico. Con la conseguenza che tanto il pubblico impiegato quanto il
privato possono esercitare la pubblica funzione (e il pubblico
servizio), in quanto ci che rileva non il titolo in base al quale essa viene esercitata ma solo la sua qualit pubblica,
riconoscendosi, pertanto, non solo la possibilit dell'esercizio privato di una pubblica funzione ma anche dell' esercizio
di attivit privata da parte di un soggetto pubblico. (appunti) es autostrada Padova-Brescia, Serenissima s.p.a.,
regolata da norme di diritto civile, ma c anche commistione del diritto pubblico. Anche le Ferrovie dello Stato,
svolgono una funzione pubblica, quella dei trasporti, ma sono societ private. Il controllore del bus pur essendo
dipendente di s.p.a. di trasporti, sono almeno i.p.s., se non proprio p.u., perch si tratta di servizi pubblici devoluti a
societ private. I notai e i farmacisti sono libere professioni, ma il notaio p.u., il farmacista almeno i.p.s.
L'attenzione deve concentrarsi sulla pubblica funzione amministrativa individuata con il concorso di due criteri:
a) deve essere disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi;
b) deve essere caratterizzata dalla formazione e manifestazione della volont della pubblica amministrazione o dal suo
svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
La pubblica funzione ed il pubblico servizio sono, anzitutto, individuati attraverso il criterio della disciplina cui sono
sottoposti, identificata da norme di diritto pubblico ed atti autoritativi (criterio cd. di delimitazione esterna).
Effettuata la predetta operazione di delimitazione esterna o di genere e, quindi, esclusa la sussistenza di unattivit
privatistica, occorre ulteriormente delimitare l'attivit amministrativa in via interna e, cio, distinguere all'interno
dell'attivit pubblicistica cos identificata la pubblica funzione e la qualifica soggettiva di p.u. dell'agente, dal pubblico
servizio e, quindi, la qualifica soggettiva di i.p.s. (cd. delimitazione interna); distinzione che non si basa sulla disciplina
cui sono assoggettati, che, abbiamo detto, per entrambi il diritto pubblico, ma sulla presenza nella prima
dell'esercizio di un potere tipico, assente nel pubblico servizio. A tal fine, soccorrono i criteri indicati nell'ultima parte
dell'art. 357 co. 2, che individuano i caratteri fondamentali della pubblica funzione che valgono a differenziarla dal
pubblico servizio: potere di concorrere a formare e manifestare la volont dello stato o di altro ente pubblico e,
quindi, potere deliberativo, o, con riguardo alle modalit di esercizio, il suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o
certificativi. Si tratta di requisiti alternativi, come attesta la disgiunzione 'o' presente nel testo
della disposizione, pertanto sufficiente uno solo di essi per la sussistenza della pubblica funzione, mentre nel
pubblico servizio detti poteri tipici debbono essere assenti entrambi.
I soggetti che concorrono a formare la volont dell'ente, sono tali i soggetti al vertice politico-amministrativo dello
stato o degli enti territoriali, quindi, ministri, presidenti di consigli regionali, provinciali, comunali, assessori, e coloro
che svolgono funzioni direttive di altri enti pubblici retti da norme pubblicistiche. Pi complessa la valutazione della
qualifica di soggetti non apicali, va da s che occorre tenere conto dei compiti affidati nelle distinte procedure, in cui
anche a soggetti che rivestono ruoli diversi possono essere affidati siffatti poteri (ad es il direttore dei lavori di
un'opera pubblica commissionata da un ente pubblico). In giur. si estende la qualifica di p.u. anche a chi svolga compiti
aventi carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli enti pubblici, poich si reputa sussistere anche in tal
caso una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volont della P.A.
Sono, altres, p.u. i soggetti dotati di poteri autoritativi - nell'ambito dei quali rientrano, anzitutto, i poteri coercitivi
(ad es. facolt di procedere allarresto o di contestare contravvenzioni) - vale a dire gli agenti della forza pubblica, le

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guardie giurate che esplichino funzioni di polizia, i controllori delle ferrovie ecc.; ed, inoltre, quei poteri in base ai quali
la P.A. emana provvedimenti che incidono unilateralmente nella sfera di
altri soggetti. Infine, la qualit di p.u. spetta ai soggetti dotati di poteri certificativi, che comprendono tutte quelle
attivit a cui l'ordinamento assegna efficacia probatoria; sono tali i soggetti che hanno facolt di rilasciare documenti
che rivestono efficacia probatoria come notai, agenti di cambio, mediatori autorizzati e soggetti ad essi assimilati quali
quelli che, prestando collaborazione ai giudici in seno al processo, fanno attestazioni destinate alla prova come periti,
testimoni, interpreti. Ad es., recentemente le Sezioni Unite hanno affermato che un p.u. anche il difensore comunemente considerato esercente un servizio di
pubblica necessit - quando verbalizza un'intervista difensiva, posto che il documento da lui redatto ha tutte le
caratteristiche dell'atto pubblico.
Quanto all'esercizio della funzione giudiziaria comprende non solo quella giurisdizionale ma anche le attivit dirette a
contribuire al suo svolgimento, quindi sono p.u., che esercitano attivit giudiziaria, non solo giudici e pubblici
ministeri, ma anche tutti coloro i quali esercitano funzioni amministrative, collegate allo iusdicere, come i cancellieri, i
segretari, gli interpreti, i periti e il testimone.
La funzione legislativa propria di parlamentari e consiglieri regionali.
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO (358)
L'art. 358 descrive come incaricato di pubblico servizio (i.p.s.) colui che presta, a qualunque titolo, un pubblico
servizio. Li.p.s. ha in comune con il p.u. il fatto di essere regolati da norme pubblicistiche e da atti autoritativi, ma la
differenza sta nel fatto che li.p.s. non ha i poteri tipici che sono propri, invece, del p.u. Quindi p.u. e i.p.s. vengono
individuati secondo un criterio tecnico-funzionale.
ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA NECESSIT (359)
L'art. 359 individua la categoria degli esercenti un servizio di pubblica necessit (e.s.p.n.) ricomprendendovi tutte
quelle attivit di natura privatistica esercitate dai privati in nome e per conto proprio e svincolate da ogni
collegamento soggettivo con la P.A., e caratterizzate da un interesse che condiziona il loro esercizio alla previa
sottoposizione del soggetto al controllo da parte dello Stato. In particolare sono ricomprese due tipologie di soggetti:
La prima, descritta all'art. 359 n. 1, costituita da tutti coloro che esercitano la professione forense sanitaria o
altra, professione per il cui esercizio richiesto il conseguimento di una speciale abilitazione da parte dello stato e
della cui opera il soggetto privo della abilitazione necessaria sia obbligato a valersi per legge. Elemento
caratterizzante in primo luogo lo svolgimento da parte del soggetto di un'attivit, riconducibile all'area delle
professioni cd. liberali, per il cui suo svolgimento necessario conseguire una speciale abilitazione. Tra le
professioni pi comuni rientrano certamente quella degli architetti, degli ingegneri e dei geometri e anche alcune
attivit d'impresa. La norma fa esplicito riferimento a coloro che esercitano la professione forense e sanitaria. Nel
primo caso il riferimento alla professione di avvocato. Quanto alla professione sanitaria, sono inclusi oltre al
medico chirurgo, altre figure professionali quali ad es. veterinari e farmacisti. In part., in relazione alla figura del
farmacista, una parte della giur. ritiene addirittura che si tratti di un i.p.s.
La seconda categoria di e.s.p.n., descritta ali'art. 359 n. 2, ricomprende i privati che, senza esercitare una pubblica
funzione o prestare un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessit mediante un atto
della P.A.
(appunti) si tratta di professioni che hanno una valenza pubblica. Ad es un medico che lavora in ospedale un p.u.,
mentre un medico che lavora nel suo ambulatorio persona esercente un servizio di pubblica necessit. Il p.u. ha
lobbligo di referto.
SEMINARIO I
Pubblico ufficiale
Attribuzione del ruolo di p.u. al difensore: si riteneva, fino a qualche anno fa che il difensore non fosse p.u., ma
semplicemente esercente servizio di pubblica necessit.
Dopo la riforma del '90 tutto stato reso meno chiaro. Per l'avvocato si tendeva a dare risposta negativa, ma si
ritrovava solo un caso in cui il difensore assumeva qualit di p.u., cio nel caso di autenticazione della firma del
mandato. La sentenza in esame ha previsto un altro caso. Si tratta di due sentenze, una di 1 grado e l'altra di ricorso in
Cassazione:
Tribunale di Torino, 26 febbraio 2003 (vedi sentenza);
Cassazione a Sezioni Unite, 27 giugno 2006 n. 32009 (vedi sentenza).
Nel 2000 stata introdotta una norma nel c.p.p. che attribuisce anche al difensore la possibilit di svolgere le funzioni
investigative dei p.m. Si tratta di sentire persone informate sui fatti, le cui dichiarazioni vengono verbalizzate, per
poter essere utilizzate dal difensore come difesa del suo assistito. Si tratta dell'art 391 bis c.p.p. In questi casi pu dirsi
che l'avvocato assume qualit di p.u.?

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Si tratta di un processo per spaccio. Vengono trovati dei ragazzi che compravano hashish da persone
extracomunitarie, alcuni vengono fermati, altri scappano. Il difensore di uno degli spacciatori fa dire e verbalizzare al
ragazzo delle dichiarazioni false. Segue un processo contro l'avvocato per favoreggiamento e falso ideologico.
Quest'ultimo reato un reato proprio, che pu essere commesso solo da un p.u. Nella sua difesa l'avvocato afferma di
non dover essere considerato come p.u., ma esercente servizio di pubblica necessit, per cui pu anche verbalizzare
qualcosa di non vero, ma favorevole al suo assistito.
Si dice che l'avvocato ha un obbligo di veridicit e non pu inventare dichiarazioni, n cancellare quello che non gli
favorevole. Entrambe le sentenze confermano che l'avvocato un p.u. Perch nello svolgere le funzioni ex art 391 bis
c.p.p., svolge funzione certificativa, ma soprattutto giudiziaria. Infatti visto che il c.p.p. dice che queste dichiarazioni
hanno valore probatorio, allora l'avvocato agisce come p.u.
Si pu concludere che l'avvocato normalmente non p.u., ma lo solo in 2 casi:
autenticazione della firma nel mandato;
verbalizzazione delle sommarie informazioni derivanti da persone informate sui fatti.
Una sentenza recentissima in tema di autenticazione del mandato ha affermato che in questo caso lavvocato resta
persona esercente servizio di pubblica necessit e non un pubblico servizio. Si tratta solo dellattestazione
dellautenticit della firma, diversamente da quanto avviene per il notaio che accerta che latto sia avvenuto in sua
presenza.
CESSAZIONE DELLA QUALIFICA PUBBLICISTICA (360)
Le qualifiche soggettive degli artt. 357, 358, e 359, rilevano se ed in quanto presenti al momento della condotta. L'art.
360 estende l'efficacia delle norme che elevano a elemento costitutivo o circostanza aggravante la qualifica
soggettiva pubblicistica, al caso che il fatto sia stato commesso dopo che la persona ha perduto la qualifica. Infatti il
pubblico interesse (b.g. tutelato) pu ben essere leso o posto in pericolo non solo durante il periodo in cui il s. a.
esercita le sue mansioni, ma anche in un momento successivo, quando abbia perso la qualifica, sempre che il reato
commesso si riconnetta all'ufficio gi prestato, ad es. nell'ipotesi di rivelazione di un segreto d'ufficio, il danno che la
norma intende evitare si pu verificare anche dopo la cessazione della qualifica.
La disposizione si applica sia al soggetto attivo che al soggetto passivo del reato; con riguardo al primo per
non quando la fattispecie richieda la contestualit del fatto con l'esercizio delle funzioni o dei servizi e, cio, che
l'agente sia titolare dei poteri e delle qualit di cui abusa nella immanenza della condotta criminosa.
La norma si configura come eccezione e in quanto tale non estendibile analogicamente; occorre che il fatto sia
connesso con le funzioni gi svolte dal soggetto. Anche l'elencazione dei soggetti contenuti nell'art. 360 deve
considerarsi tassativa e, pertanto, non estendibile a chi non presenta i requisiti
richiesti, come il pubblico impiegato che non sia n p.u. n i.p.s.
DELITTI DI PECULATO (314, 316)
Nel codice penale sono presenti diverse figure di peculato: il peculato, il peculato d'uso e il peculato mediante profitto
dell'errore altrui. Secondo l'art. 314 co. 1 (modificato con la l. del 90, che ha riunito tutte le diverse condotte prima
previste in una sola), commette il delitto di peculato il p.u. o l'i.p.s. che, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il
possesso o comunque la disponibilit di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria. il requisito
dell'appartenenza (vecchio art. 314) o meno (art. 315 abrogato) alla P.A. del bene, previsto prima del 90, sostituito
nella attuale previsione da quello dell'altruit, essendo ora indifferente la titolarit del denaro o della cosa mobile.
Il peculato ha la stessa struttura dellappropriazione indebita, ma commessa da un p. ag.. Infatti, il peculato un
delitto proprio posto che soggetti attivi possono essere soltanto il p.u. o l'i.p.s.; Si tratta di un reato proprio non
esclusivo, potendo essere concretamente commesso anche da un estraneo in accordo con il p.ag.. Sul b.g. protetto
possono evidenziarsi tre orientamenti:
Un primo lo rinviene nell'interesse patrimoniale della P.A.;
Per altro orientamento, tutelato il buon andamento, cos che il reato si manifesta come plurioffensivo.
Infine, chi non condivide la categoria dei reati plurioffensivi, individua esclusivamente nel buon andamento della
P.A. il b.g. tutelato, relegando la lesione patrimoniale al ruolo di circostanza.
Presupposto della condotta il possesso o la disponibilit da parte del soggetto attivo per ragione del suo ufficio o
servizio del bene oggetto di appropriazione. Cos come per il delitto di cui all'art. 646, si pone il problema se il
concetto di possesso vada mutuato dal diritto civile o autonomamente interpretato all'interno del delitto penale ed
anche in tal caso l'orientamento condivisibile il secondo. Si tratta dunque di un potere di fatto sul bene,
direttamente collegato ai poteri e ai doveri funzionali dell'incarico ricoperto. L'affiancamento al possesso della
disponibilit, chiarisce che anche la mera disponibilit giuridica, cio la possibilit di disporre della cosa a prescindere
dalla sua materiale detenzione, idonea ad integrare, sussistenti gli altri elementi, il reato de quo.
La norma richiede esplicitamente che possesso o disponibilit trovino la loro ragione nell'ufficio o nel servizio del p.u.
o dell'i.p.s., che dunque il titolo in virt del quale l'agente possiede.

50

Si tratta di un reato di mera condotta, costituita dall'appropriazione che, consiste nel comportarsi uti dominus nei
confronti del denaro o della cosa mobile posseduti. Ci si trova dinanzi, in sostanza, ad un'interversio possessionis
caratterizzata da due momenti distinti ma entrambi imprescindibili: la espropriazione, intesa quale negazione o,
comunque, mancato riconoscimento della titolarit altrui, e la impropriazione, ovvero la manifestazione di un potere
di signoria, di fatto e illegale, sul bene altrui. Da notare che, differentemente dalla appropriazione indebita, non
richiesta la finalizzazione a procurare un profitto ingiusto per s o per terzi.
Forme sintomatiche dellanimus domini sono: l'alienazione, non importa se a titolo gratuito o oneroso; la ritenzione,
che deve concretizzarsi in un rifiuto, anche tramite fatti concludenti, di restituire il bene; la consumazione, relativa
solo a beni consumabili (ad es. la benzina); la distruzione, per chi ritiene che essa costituisca un atto di dominio e non
il suo disconoscimento.
La riforma del 1990 ha cancellato la condotta di distrazione, vale a dire la destinazione del bene a finalit diverse da
quelle sottese alla ragione del possesso, nel tentativo di evitare alcune distorsioni interpretative. Difatti si discuteva
su almeno tre concetti di distrazione a seconda che l'utilizzo del denaro (o di altra cosa mobile) avvenisse:
1. in violazione delle norme interne che ne prescrivevano la destinazione ma pur sempre per finalit
inerenti all'ente di appartenenza;
2. per obiettivi avulsi da quelli propri dell'ente ma comunque di interesse pubblico;
3. per fini del tutto esterni a quelli pubblici.
Anche i casi di cui al punto 1) venivano considerati penalmente rilevanti da una parte della giur., con l'inaccettabile
conseguenza di sanzionare comportamenti scorretti solo formalmente, senza che vi fosse alcun danno per la P.A. e
alcun indebito profitto di chicchessia. Di qui la decisione dell' espunzione con lo scopo di far confluire la distrazione
nell'alveo dell'art. 323, laddove sussistenti gli altri elementi.
Nonostante ci, permane in alcuni la convinzione che la condotta distrattiva sia ancora punita dal nuovo art. 314. In
effetti la distrazione pacificamente considerata una species dell'appropriazione nel delitto ex art. 646. Tale
autorevole posizione si scontra, comunque, con la precisa volont del legislatore di estromettere la distrazione dal
peculato; semmai, sussistendone tutti gli elementi costitutivi, potr configurarsi il delitto di abuso d'ufficio.
Loggetto materiale esplicitamente individuato nel denaro o in altra cosa mobile altrui. Il denaro rientra
sicuramente nelle cose mobili, per cui la sua specificazione ha lo scopo di sottolineare il bene per eccellenza oggetto di
illecita apprensione. La definizione amplissima: vi rientrano tutti i beni mobili, fungibili o meno, purch muniti di una
qualche consistenza corporea. Devono pertanto escludersi i diritti in s stessi e i beni immateriali, anche se possono
essere oggetto di appropriazione le cose fisiche (documenti, copie, progetti, modelli) nelle quali i primi sono
incorporati; si pensi ai titoli di credito, alle carte di credito o di pagamento. Rientrano nell'ambito delle cose mobili ex
art. 314 (art. 624 co. 2 ) anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico, e le cd. cose
mobilitale, cio quei beni che diventano mobili dopo essere stati previamente separati da un immobile.
Il denaro o l'altra cosa mobile devono essere altrui. Si gi detto che dopo la riforma del 1990 irrilevante la
distinzione tra beni appartenenti o meno alla P.A. (che in precedenza distingueva il peculato dalla malversazione a
danno di privati). Secondo l'orientamento preferibile l'altruit non deve necessariamente intendersi come sinonimo
del diritto di propriet potendo ricomprendersi al suo interno anche altri diritti, reali o personali di godimento.
L'individuazione del soggetto passivo segue quello del b.g., dunque o esclusivamente la P.A., o indifferentemente la
P.A. e il privato titolare di un diritto sul bene oggetto di appropriazione. Il delitto istantaneo e si consuma con
l'appropriazione, quindi nel momento della interversio possessionis. Il tentativo ammissibile. Il dolo generico. Ai
sensi dell'art. 47 co. 3, l'errore sugli elementi normativi contrassegnanti la fattispecie (l'altruit della cosa, l'ufficio o
servizio, ecc.) esclude il dolo.
stato poi introdotto al co. 2 dell' art. 314 il nuovo cd. peculato d'uso sussistente quando il colpevole ha agito al
solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, stata immediatamente
restituita. Elementi caratterizzanti la fattispecie sono la temporaneit dell'uso della cosa e l'immediata restituzione
della medesima. La temporaneit e la immediatezza della restituzione della cosa devono valutarsi in rapporto alla
funzione che il bene riveste per il suo titolare, per cui possono variare a seconda del bene e dell'impiego che dello
stesso ne fa il soggetto passivo. Un'appropriazione che dia luogo ad un uso non momentaneo e, quindi, ad
un'eventuale restituzione differita nel tempo oppure a nessuna spontanea restituzione, integra il peculato comune di
cui al co. 1. Al contrario, un uso e una riconsegna cos limitati nel tempo da non pregiudicare in modo apprezzabile i
diritti della p.o. sulla cosa non hanno rilevanza penale.
L'elemento particolare del dolo del peculato d'uso che lo differenzia qualitativamente da quello del comma
precedente l'intenzione di fare un uso solo momentaneo del - e di rendere subito dopo il - bene di cui ci si appropria.
Il carattere particolare del dolo, induce parte della dottrina a identificare questa figura di reato come autonoma; e di
conseguenza si pu astrattamente configurare il tentativo.
La terza figura di peculato contenuta nel nostro codice penale disegnata nell'art. 316 e presenta differenze di non
poco momento rispetto alle due fattispecie sopra esaminate. Si tratta del peculato mediante profitto dell'errore

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altrui che sanziona, con pena identica a quella del peculato d'uso, il p.u. o l'i.p.s., il quale, nell'esercizio delle funzioni
o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene
indebitamente, per s o per un terzo, denaro od altra utilit. La disposizione ha natura autonoma e per essa valgono
le considerazioni gi svolte sul b.g. tutelato dal peculato.
Una prima rilevante differenza rispetto al peculato comune va riscontrata nella mancanza di un preesistente possesso
in capo al p. ag. che, infatti, si appropria dei beni non in virt dell'abuso del possesso bens avvalendosi dell' errore
altrui. Inoltre, in questo caso l'esercizio delle funzioni o del servizio non costituisce la ragione del possesso ma solo un
momento cronologico allinterno del quale deve concretizzarsi la condotta tipica. Vale a dire che non rileva la causa
dell'ufficio o del servizio ma la contestualit tra le mansioni concretamente svolte e la condotta, la quale, quindi,
sufficiente sia realizzata durante lo svolgimento del proprio incarico. Ne consegue, anche per la presente fattispecie,
l'inapplicabilit dell'art. 360.
La condotta consiste nel ricevere o ritenere indebitamente il denaro o l'altra utilit per s o per un terzo. Ricevere
significa accettare quanto viene per errore dato o reso disponibile. Ritenere indica la mancata restituzione,
sussistente anche se nel momento della ricezione il soggetto agente in buona fede e si accorge dell'errore in una
fase successiva, negando a quel punto la riconsegna di ci che stato dato per
Sbaglio. L'avverbio indebitamente colorisce di illiceit la condotta.
L'attivit appropriativa deve giovarsi dell'errore altrui, cio approfittarsi di una preesistente falsa rappresentazione
del terzo che metta il soggetto attivo nelle condizioni di consumare il reato; deve, quindi, sussistere un collegamento
tra la condotta tipica e l'errore altrui. L'errore generante l'appropriazione, che pu essere indifferentemente
commesso da privati o da soggetti muniti di una qualifica pubblicistica, pu discendere da qualsiasi causa ma non pu
essere prodotto dall'opera volontaria dell'agente (altrimenti sono ipotizzabili la concussione per induzione o la truffa).
Ulteriore particolarit rispetto al peculato ordinario l'oggetto materiale: denaro o altra utilit in luogo della cosa
mobile.
Il delitto di 'mera condotta' e si consuma (in modo istantaneo) nel momento della ricezione o della ritenzione
indebite. Appare ipotizzabile il tentativo. Il dolo generico e deve avere ad oggetto, tra l'altro, la rappresentazione
dell'altrui errore e dell'indebitezza, oltre alla volont appropriativa a favore di s stesso o di un terzo.
Casi
controverso se integri il peculato il fenomeno noto come vuoto di cassa. Si pensi al cassiere che utilizzi denaro che
possiede per ragione del suo ufficio nascondendo il vuoto cos creato con altri fondi pubblici - investendolo il borsa e,
dopo averne lucrato i profitti, lo rimetta al suo posto. Si analizzano gli elementi costitutivi del delitto: se vi effettiva
appropriazione, essendosi comportato il p. ag. quale dominus del bene ricorre il delitto ex art. 314 co. 1 nonostante la
restituzione; se, invece, l'uso stato momentaneo ai sensi del co. 2, e integrato il peculato d'uso; infine, se non vi
sono finalit appropriative perch il soggetto non nega la titolarit altrui, come nel caso di provvisorio uso del denaro
allo scopo di ostentare ricchezza con terzi, non pare ipotizzabile alcun illecito penale.
Parimenti dibattuta la integrazione del peculato, e di quale figura, con l'uso di telefono, fax o di internet per fini
personali da parte del p. ag. Le risposte non sono univoche.
Un primo orientamento qualifica il fatto quale peculato comune, anche se l'agente rimborsi la P.A. poich il bene
di cui ci si appropria non l'apparecchio telefonico ma le energie (impulsi elettronici) spese per l'effettuazione
delle chiamate, non immediatamente restituibili dopo l'uso. Unica deroga ammessa l'uso sporadico causato da
impellenti esigenze personali che rende penalmente irrilevante il fatto.
Altra tesi ravvisa, invece, il peculato d'uso anche dinanzi ad un numero significativo di telefonate interurbane,
comunque escludendo il delitto dinanzi a chiamate urgenti ed episodiche.
Un filone minoritario, infine, ritiene che l'uso del telefono per motivi estranei alle proprie mansioni non comporti
appropriazione di alcun bene ma solo un addebito a carico della P.A. e non integri, pertanto, alcuna fattispecie
inclusa nell'art. 314. I contratti di telefonici attualmente in vigore (per il telefono e, soprattutto, per i collegamenti
internet) non 'a consumo', ma con la formula del 'tutto incluso', che prevede un pagamento forfetario a
prescindere dal numero di telefonate (o di accessi alla rete), escludono che l'uso abusivo del telefono o di internet
da parte del p. ag. comporti un danno patrimoniale per la P.A. con conseguente insussistenza di alcuna forma di
peculato.

SEMINARIO I
Peculato
(Vedi casi) Casi di utilizzo del telefono per scopi privati e non ufficiali. Ci si chiesto se includere queste fattispecie nel
peculato semplice o nel peculato duso. La giurisprudenza ha sempre ritenuto questi comportamenti come inoffensivi
e li ha considerati reati solo nel caso in cui siano a carattere costante e non eccezionale e sporadico.
In tutti i casi in cui le telefonate diventano ingenti:

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Prima si parlava di peculato duso, poich si faceva un uso momentaneo dello strumento. Se poi il s.a. restituisce i
soldi spesi, si considera come uso momentaneo (anni 90).
Pi avanti la giurisprudenza ha affermato che tali casi integrano il delitto di cui al co 1 dellart 314, anche per
prevedere sanzioni pi gravi di fronte al diffondersi di tali condotte. Si dice che nel momento in cui si telefona, ci
si appropria di energie elettriche e la restituzione dei soldi spesi solo un risarcimento. (vedi tutti casi)

MALVERSAZIONE E INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI (3l6bis, 316ter)


II fenomeno delle frodi e degli abusi nelle pubbliche erogazioni stato oggetto di una precisa strategia repressiva da
parte del legislatore solo a partire dal 1990, con l'inserimento nel c.p. degli artt. 640bis e 316bis.
L'art. 316bis. rubricato malversazione a danno dello Stato, sanziona chiunque, estraneo alla P.A., avendo ottenuto
dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunit Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a
favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attivit di pubblico interesse, non li destina
alle predette finalit.
Il b.g. protetto generalmente individuato nel buon andamento della P.A.: infatti, mediante l'erogazione del danaro,
la P.A. persegue la cura dell'interesse pubblico; pertanto, la distrazione o malversazione delle somme da parte del
soggetto attivo pregiudica l'attivit dell'ente, impedendo il conseguimento del fine pubblico. Un'altra ricostruzione
pone invece l'accento non tanto sul fine indirettamente perseguito dall'ente, bens sul danaro immediatamente
distratto dalla sua destinazione, ravvisando pertanto l'interesse offeso nell'economia pubblica, cio nella corretta
gestione delle pubbliche risorse.
Soggetto attivo del reato chiunque, donde l'ovvia qualificazione del reato come comune: il che rende inspiegabile la
collocazione della norma tra i delitti dei p.u. contro la P.A., dovuta unicamente ad una scelta infelice del legislatore.
Soggetto passivo il solo ente erogatore (Stato, ente pubblico, Comunit Europee), unico titolare del b.g. leso.
Il fatto tipico incentrato sulla condotta malversativa, che deve essere preceduta dalla ricezione delle pubbliche
sovvenzioni ('contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od
allo svolgimento di attivit di pubblico interesse'), che configura un presupposto della condotta. Per contributi si
intendono i concorsi in spese per attivit e iniziative; le sovvenzioni, invece sono attribuzioni pecuniarie a fondo
perduto; infine, i finanziamenti sono dei veri e propri atti negoziali, caratterizzati dall'obbligo di restituzione, sia pure
a condizioni agevolate.
In sostanza, si ritengono rilevanti le erogazioni che presentino tre caratteristiche:
a. provenienza da uno dei soggetti indicati dalla norma (Stato, ente pubblico, CE);
b. vantaggiosit, nel senso che deve trattarsi di erogazioni a fondo perduto o ad onerosit attenuata, in cui cio
l'obbligo di restituzione risulti meno gravoso rispetto alle ordinarie condizioni di mercato, in termini di tassi di
interesse, tempi di restituzione, ecc;
c. vincolo di destinazione, la condotta tipica consiste proprio nel non utilizzare le somme per le finalit previste.
La condotta consiste nella mancata destinazione dei fondi alla realizzazione dell'opera o dell'attivit programmata. Si
tratta pertanto di un reato omissivo proprio. Nessun dubbio anche sulla
punibilit della condotta di totale inutilizzazione dei fondi, lasciati a giacere in conti bancari o altrove. Tra le ipotesi
pi dubbie, vi il mancato rispetto del termine previsto per il completamento dell'opera o della attivit. Il problema
:
a) accertare quale sia il termine di adempimento, in quei casi (purtroppo frequenti) in cui esso non risulti in maniera
chiara dal provvedimento di erogazione;
b) valutare se si possa concedere un periodo di ritardo tollerato, qualora l'opera sia stata comunque ultimata senza
compromettere l'interesse pubblico sotteso al finanziamento.
Sul piano soggettivo, richiesto il dolo generico, consistente nella consapevolezza di aver ottenuto contributi pubblici,
da destinare ad una determinata finalit, e nella coscienza e volont di non destinarli alla stessa.
Il momento consumativo quello in cui si realizza la mancata destinazione delle somme, cio quello in cui scade il
termine per il compimento dell'opera o attivit. La configurabilit del tentativo ammessa secondo l'opinione
maggioritaria.
In ordine ai rapporti con altre figure di reato, si gi detto che non pu esservi un concorso con i reati propri dei p.u.
quando un p.u. riceva (e distragga) fondi ricevuti nell'esercizio delle sue pubbliche funzioni: egli risponder infatti solo
dello specifico reato proprio del p.u. di volta in volta integrato.
Particolarmente controversi i rapporti con l'art. 640bis. La dottrina maggioritaria ritiene che i due reati non possano
concorrere, in quanto colui che gi a monte froda l'ente pubblico, commettendo il reato ex art. 640bis, nel momento
in cui poi, successivamente, distrae le somme cos ricevute commette un mero postfatto non punibile. La giur.
invece compatta nell'affermare che i due reati possono concorrere, essendo posti a tutela delle due differenti fasi del
procedimento: richiesta-ottenimento (640bis) e utilizzo-destinazione (316bis). in realt, qualora risultino integrate
entrambe le fattispecie, appare preferibile la soluzione dell'assorbimento, in ossequio al divieto di ne bis in idem
sostanziale, giacch il disvalore del fatto sostanzialmente unitario.

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Il legislatore, con una legge del 2000, ha introdotto l'art. 316 ter, che prevede una nuova fattispecie incriminatrice
denominata indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che sanziona, salvo che il fatto costituisca il reato
previsto dall'art. 640bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o
attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per s o per
altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o
erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunit Europee. L'inserimento stato suggerito da alcuni impegni
internazionali, in particolare la Convenzione di Bruxelles del 1995 (cd. Convenzione Pif) sulla tutela degli interessi
finanziari della CE e la Convenzione di Bruxelles del 1997 contro la corruzione dei funzionari dell'UE e degli Stati
membri.
Si richiama quanto detto sul 316bis riguardo al b.g., con la precisazione che qui, inoltre, viene in campo la libera
formazione della volont dell'ente. Cos anche per i soggetti attivi e passivi; tuttavia, mancando nella fattispecie in
esame l'inciso 'estraneo alla P.A.' non vi alcun dubbio circa la natura di reato: si ripropongono pertanto le critiche
alla collocazione codicistica della previsione.
La condotta tipica duplice, una commissiva ed una emissiva. La prima consiste nell'utilizzo o presentazione di
dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, a nulla rilevando che il soggetto sia anche l'autore della
falsificazione. La seconda consiste nella omissione di informazioni dovute. Le due condotte dunque si riducono, in
buona sostanza, al falso o mendacio e al silenzio antidoveroso; esse non sono punite di per s, ma solo in quanto
conducano all'effettivo conseguimento delle erogazioni (evento del reato).
Il conseguimento delle erogazioni (che pu avvenire 'per s o per altri') espressamente qualificato dalla legge come
indebito: pertanto occorre accertare l'esistenza di un vero e proprio nesso di causalit tra la condotta fraudolenta o
reticente ed il conseguimento delle somme; se invece il soggetto aveva comunque diritto alla sovvenzione, il reato
non sussiste, salva la responsabilit per i delitti di falso.
Per la nozione di contributi e di finanziamenti vale quanto detto per l'art. 316bis. Mutui agevolati sono erogazioni di
danaro con obbligo di restituzione a condizioni pi vantaggiose rispetto a quelle di mercato (simile ai finanziamenti). A
differenza rispetto al 316bis, l'art. 316ter, non fa riferimento ad una destinazione prefissata delle somme, per cui
applicabile anche alle erogazioni prive di vincolo di scopo, ad es. quelle assistenziali.
sufficiente il dolo generico: potr rilevare l'errore sul fatto ex art. 47 co. 3 in caso di mancata comprensione delle
norme che disciplinano le modalit di compilazione della domanda o, pi in generale, della procedura di richiesta del
finanziamento. Il reato si consuma nel momento in cui le somme entrano concretamente nel patrimonio del
beneficiario, a nulla rilevando la data del provvedimento formale di concessione; l'attivit precedente pu integrare il
tentativo.
Per quanto concerne i rapporti con altri reati, la principale questione quella relativa al coordinamento con l'art.
640bis. Non chiari sono, peraltro, anche i rapporti con i delitti di falso. La giur. orientata nel senso di ritenere che il
reato in esame assorba quelli di falsit ideologica del privato in atto pubblico e di uso di atto falso, perch tali delitti
sono elementi costitutivi dell'ari. 316ter. Per quanto concerne il concorso nel reato dei p.u. e i.p.s. preposti alla
procedura di erogazione, deve riaffermarsi la tendenziale applicabilit delle sole fattispecie proprie dei p.u., con le
difficolt e le precisazioni gi viste per il 316bis. Infine, il tema del concorso tra 316bis e 316ter ricalca quello dei
rapporti tra 316bis e 640bis, in quanto siamo anche qui di fronte a due fattispecie destinate ad operare nelle distinte
fasi della richiesta dei contributi (316ter) e della loro successiva utilizzazione (316bis).
Questioni
Lintroduzione dellart 316ter ha creato problemi di coordinamento con l'art. 640bis, che nascono perch secondo un
indirizzo, la condotta menzognera o reticente gi idonea a realizzare gli artifici e raggiri, ricadendo quindi nello
schema della truffa: di modo che la nuova fattispecie costituisce una inutile 'obiettiva duplicazione' del 640bis. Per i
fautori di questa tesi, in sede di applicazione pratica della nuova norma, possono darsi dunque due possibilit,
entrambe insoddisfacenti:
a) mancata applicazione dell'art. 316ter, giacch ogni condotta tipica alla sua stregua lo anche alla stregua del
640bis, norma prevalente in virt della clausola di riserva;
b) oppure, per ricavare un autonomo spazio applicativo al 316ter, adesione giurisprudenziale all'orientamento
restrittivo secondo cui la menzogna o reticenza non corredata da ulteriori malizie non idonea a costituire truffa; con
il risultato opposto al rafforzamento di tutela voluto dal legislatore, di sanzionare ex art. 316ter condotte in
precedenza punibili con la pi grave sanzione prevista per la truffa aggravata: soluzione ancora pi incongrua se si
pensa che, nel caso in cui la somma erogata inferiore ad
euro 3.999,96, l'art. 316ter co. 2, prevede solo una sanzione amministrativa.
Fu anche sollevata una q.l.c., per lesione dell'art. 3 Cost, dichiarata manifestamente infondata da C. cost. perch, in
virt dell'espresso rapporto di sussidiariet, e non di specialit sussistente tra le due fattispecie, l'ambito applicativo
del 316ter va limitato a condotte che non integrino la truffa, onde non sussiste alcuna disparit di trattamento, n
indebolimento di tutela.

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Per dare unautonomia applicativa allart 316ter bisogna evidenziare le diversit strutturali tra le due fattispecie: se le
condotte tipiche sembrano coincidenti, innegabile che la fattispecie della truffa richieda elementi ulteriori rispetto al
316ter (atto di disposizione patrimoniale, profitto, danno) ed in particolare l'evento dell'induzione in errore del
soggetto passivo. Si valorizza pertanto questa differenza, affermando che il 640bis non applicabile (in favore del
316ter) ogniqualvolta non sussista un errore dell'ente-soggetto passivo. La giurisprudenza ha individuando il campo
d'applicazione del 316ter in due ipotesi specifiche:
a) mero silenzio antidoveroso, ritenuto quindi implicitamente non idoneo ad integrare artifici o raggiri;
b) mancata induzione in errore del soggetto passivo.
SEMINARIO III
Artt 640bis, 316bis e 316 ter. Queste tre norme si inseriscono in un processo del legislatore contro coloro che
utilizzano le erogazioni pubbliche in modo illecito (anche in seguito a direttive UE). Finanziamenti e contributi
vincolanti, ricevuti e non destinati poi ai fini previsti per l'erogazione delle stesse. Due posizioni della giurisprudenza:
basta che il fine sia diverso perch si abbia reato
se c' un fine pubblico, non c' reato.
In realt basta che non siano destinati tutti per quella finalit, la parte non destinata integra il reato.
Artt 316ter e 640bis riguardano il momento del conseguimento (e non come 316bis che riguarda quello successivo).
Fase preliminare, aver conseguito illegittimamente i finanziamenti: se conseguo indebitamente il finanziamento e poi
non li destino? Concorso di reati? Inizialmente la giurisprudenza diceva di s. Oggi dice di no. La giurisprudenza dice
che nel caso in cui ci sia sia la condotta del 316ter sia 640bis il reato di malversazione assorbito. Spesso il
conseguimento indebito assorbe in s il fatto che poi non li voglio destinare ai fini pubblici. Non ci pu essere concorso
tra 316bis e gli altri perch si tratta di un post factum non punibile.
Sez Unite: sentenza 2007 (vedi): il rapporto tra i due reati di sussidiariet.
1- dato letterale: la norma stessa a mettere la clausola di riserva
2- introdotta per coprire meglio aree scoperte, non per essere applicata molto di pi.
La truffa (Cassazione) ha un elemento essenziale in pi: l'evento deve causare un'induzione in errore. Artifici e raggiri
in tutti e due i casi, per cui l'elemento distintivo l'induzione della p.a. In errore, se non c' non c' truffa quindi si
applica l'art 316ter. In genere l'art 316ter non si applicava, perch l'induzione in errore viene sempre rilevata poich il
criterio individuato dalla giurisprudenza difficile da applicare in concreto.
Dove c' la truffa c' sempre l'errore. A meno che non ci sia omissione di informazione dovuta. Solo con questa
condotta si pu ravvedere l'assenza dell'errore. Anche silenzio che induce in errore. In astratto se c' errore truffa,
se manca l'induzione in errore 316ter (di fatto non c' mai).
Sentenze sezioni unite 2007 e 2008 in determinati casi in concreto la Corte di Cassazione dice che si applica la truffa.
Sentenza 2008: contributo per la nascita di un figlio di 1000 euro solo per italiani. Tizio l'aveva ricevuto, ma non era
italiano e aveva presentato un'autocertificazione in cui dichiarava di essere italiano.
Nel caso concreto la Cassazione ha individuato l'induzione in errore in questa falsa certificazione della cittadinanza.
CONCUSSIONE (317)
L'art. 317, modificato nel 1990, sanziona il p.u. o i.p.s., che, abusando della sua qualit o dei suoi poteri, costringe o
induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilit; la concussione ,
dunque, il pi grave delitto tra quelli realizzabili da soggetti pubblici contro la P.A. Quanto al b.g. tutelato, sulla base
dell'art. 97 Cost., si afferma la tutela del normale e corretto funzionamento della P.A., ovvero del suo buon
andamento, a cui generalmente si affianca la tutela della libera autonomia di determinazione dei soggetti privati nei
rapporti con la P.A. Si tratta di un reato cd. proprio, che pu essere commesso dal p.u. e dall'i.p.s.. Soggetto attivo pu
essere anche colui che esercita una pubblica funzione soltanto di fatto; ma non l'usurpatore di pubbliche funzioni,
ovvero colui che esercita una pubblica funzione in assenza di qualsiasi titolo.
Si esclude l'applicabilit al delitto in esame dell'art. 360, dal momento che la concussione presuppone l'attualit
dell'esercizio della pubblica funzione o del servizio, escludendo la portata offensiva di una condotta riferita ad una
qualit risalente nel tempo. Lart 622bis prevede altri sogg attivi (vedi).
Consegue alla plurioffensivit che siano soggetti passivi tanto la P.A. quanto il privato indotto o costretto a dare o
promettere, sia esso persona fisica o giuridica (potrebbe essere anche altro p.ag.). controverso se possa essere
soggetto passivo anche il soggetto incapace, prevale la tesi che lo ammette solamente quando
questi sia in grado di avvertire almeno in parte la pressione psicologica esercitata nei suoi confronti dal p.ag.,
mediante l'abuso di poteri o della sua qualit.
La fattispecie si caratterizza per la molteplicit di elementi oggettivi. Innanzitutto, l'abuso della qualit o dei poteri del
p. ag. svolge un ruolo essenziale, in quanto ad esso si deve ricondurre la condotta di induzione o costrizione, in un
rapporto reciproco di causa ad effetto, ma anche di complementariet.

55

Il significato che assume nell'art. 317 il verbo abusare non pu essere limitato a quello comune di uso indebito, ma
si tratta dello strumento con cui il p. ag. instaura quel processo causale, che ha come suo evento finale la dazione o
promessa del denaro o altra utilit. Inoltre, l'abuso evoca un concetto diverso da quello di mera inosservanza di doveri
del proprio ufficio, come provato dall'art. 61 n. 9 che distingue espressamente tra violazione dei doveri d'ufficio e
abuso di poteri. Si tratta dunque di chiarire il diverso significato dell'abuso a seconda che esso sia riferito alle qualit o
ai poteri. Secondo la dottrina prevalente il criterio discretivo va rintracciato nella competenza, cos che l'abuso della
qualit, cd. abuso soggettivo, riferito ai casi di totale mancanza di competenza, mentre l'abuso di poteri, cd. abuso
aggettivo, ne presuppone la sussistenza. Diversamente, per altri autori l'abuso di qualit va individuato nella
strumentalizzazione da parte del p. ag. della propria qualifica, tale da ingenerare in altri rappresentazioni induttive o di
costrizione, comunque non dovute, mentre l'abuso di poteri va ravvisato nell'esercizio distorto delle attribuzioni
dell'ufficio, ovvero nell'esercizio dei poteri attribuiti fuori dai casi o oltre i limiti stabiliti dalla legge, ovvero per scopo
diverso da quello per il quale il p. ag. sia stato investito.
L'abuso dei poteri pu manifestarsi anche in forma omissiva, attraverso il mancato esercizio della funzione, ovvero in
tutti i casi in cui il p. ag. ponga in essere delle forme di ritardo o di ostruzionismo, per il conseguimento della dazione o
della promessa in cambio del compimento dell'atto richiesto.
Legate all'abuso, che deve essere idoneo e diretto in modo non equivoco a provocarle e dunque ne costituisce la
causa, in un rapporto di stretta interdipendenza, sono le condotte di costrizione o induzione verso il fine ultimo della
dazione o della promessa.
Vi costrizione quando il p. ag., tramite l'abuso, obbliga taluno con violenza o minaccia a compiere un'azione
che diversamente non avrebbe compiuto, dunque coarta la volont del soggetto passivo, ponendolo in una
condizione di assoggettamento. La costrizione implica pertanto la prospettazione di un male ingiusto alla vittima,
la quale percepisce la condotta del p. ag. come cogente, unitamente alla consapevolezza di subire un torto. Non
necessariamente deve trattarsi di coazione assoluta, quando cio la vittima priva di qualsiasi potere di
autodeterminazione, ma si pu ravvisare anche un coazione relativa, che sussiste nei casi in cui l'aggressore
necessita della collaborazione della vittima per raggiungere il fine ultimo, avendo la vittima libert di scelta tra il
male minacciato e le conseguenze negative che subirebbe nel caso di un suo rifiuto. La minaccia deve essere seria
e oggettivamente idonea ad esercitare nella psiche del soggetto una pressione ingiustificata, mentre sono
irrilevanti le ragioni che spingono il soggetto privato a cedere alla costrizione.
Nella seconda forma di concussione il p. ag. deve indurre il soggetto passivo (cd. concussione implicita), ossia
esercitare nei suoi confronti persuasione, suggestione, pressione morale tali da determinare in lui uno stato di
soggezione che lo porti alla dazione o alla promessa, quale evento finale. Il concetto di induzione controverso.
Secondo la tesi dominante indurre significa sia ingannare che convincere, nel senso che comprende ogni
comportamento, anche di inganno, con artifizi o raggiri o con semplice menzogna, persuasione, ostruzionismo,
omissione e silenzio che ponga il soggetto passivo in uno stato di soggezione psicologica, che lo porti ad una certa
condotta.
L'evento del delitto rappresentato dalla dazione o promessa indebita di denaro o altra utilit. Il dare consiste nel
trasferire un bene dalla sfera di disponibilit di un soggetto a quella di un altro; mentre il promettere indica
l'assunzione di un impegno per una prestazione futura e pu essere fatta in qualsiasi forma, non necessariamente
scritta, purch abbia una sua seria credibilit. Inoltre, la promessa deve
essere vera, nel senso che da un punto di vista psicologico il soggetto concusso deve aver voluto promettere, bench
per effetto della coazione. Sia la dazione che la promessa non devono essere spontanee, ma condizionate dalla
costrizione o induzione del p. ag.
Oggetto della dazione o della promessa possono essere denaro o altra utilit. Il concetto di utilit controverso:
secondo la tesi prevalente la nozione deve essere riferita a tutto ci che produca un vantaggio, sia esso materiale,
morale, patrimoniale o non patrimoniale, non necessariamente economico, ma giuridicamente apprezzabile. Entro
tale indirizzo interpretativo pi ampio si afferma che l'utilit per il p.ag. possa essere rappresentata anche da favori
sessuali, perch costituiscono un vantaggio per il funzionario.
La dazione o la promessa devono essere indebite, cio non dovute in tutto o in parte, per legge o per consuetudine, al
p. ag. o alla P.A.
Il dolo generico e consiste nella corretta rappresentazione e volont del p. ag. di abusare della sua qualit o dei
poteri, costringendo taluno a dare o promettere denaro o altra utilit per s o per altri. L'autore deve essere
consapevole anche del carattere indebito della prestazione; l'errore sul carattere indebito della richiesta rilevante ex
art. 47 ed esclude la punibilit.
L'individuazione del momento consumativo caratterizzata dalla previsione alternativa dei due risultati, dazione e
promessa, che sono allo stesso modo idonei a integrare la fattispecie tipica. pacifico che il delitto si consuma nel
momento e nel luogo in cui avviene la dazione o viene fatta la promessa. Il delitto si perfeziona gi con la promessa, e
non pi necessaria la dazione. Secondo alcuni se alla promessa segue la dazione, si ha uno spostamento del
momento di consumazione del delitto. ammissibile il tentativo, il quale si pu configurare tutte le volte in cui il p. ag.

56

compia atti di abuso costrittivo o induttivo, idonei e diretti in modo non equivoco a provocare, da parte del soggetto
passivo, la dazione o la promessa, e questa non si verifichi.
Particolare controversa e di rilievo la distinzione tra concussione e corruzione, sottolineata dalla molteplice variet
dei fenomeni criminali in particolare sfociati nella cd. tangentopoli. In linea di massima si pu dire che nella prima
vittima dell'abuso del p. ag. il privato, unitamente alla P.A. a sua volta offesa; nella corruzione, viceversa, il privato
assume un ruolo peculiare unitamente al p. ag. in una vicenda in cui entrambi operano illegittimamente contro la P.A..
La distinzione importante, perch nella concussione si punisce solo il p.u., mentre nella corruzione si puniscono p.u.
e privato. Al fine di distinguere i reati sono stati elaborati differenti criteri. (appunti+libro)
1. Per un primo criterio detto dell'iniziativa, si configura il reato di concussione quando il p. ag. a prendere
l'iniziativa; mentre nel caso in cui la stessa sia assunta dal privato integrata la corruzione. A tale teoria si
obietta l'impossibilit di far discendere i diversissimi esiti della corruzione e della concussione soltanto da
una prima mossa dell'uno o dell'altro soggetto che, oltretutto, ben potrebbe essere del tutto casuale.
2. Un diverso criterio distintivo si basa sul cd. metus publicae potestatis (timore reverenziale) che pone
l'accento sullo stato di soggezione del privato che ritroviamo nella concussione, e non nella corruzione in cui
i due soggetti liberamente agiscono per un risultato comune. Neppure questo criterio da solo pu bastare.
3. Si richiama il criterio del danno o vantaggio per il privato, nel senso che la concussione si caratterizza per il
fatto che il privato agisce per evitare un danno ingiusto (certat de damno vitando), mentre nella corruzione
per conseguire un vantaggio (certat de lucro captando). Neppure questo pu andare bene: ad es, il p.u. usa
violenza e costringe a dare denaro in cambio di un permesso a costruire. Qui c concussione, per il privato
ha comunque un vantaggio, quindi anche questo criterio non va bene ed stato abbandonato.
4. Nessuno di questi 3 criteri sbagliato, ma non vanno bene singolarmente presi, ma utilizzati tutti e 3 come
indici sintomatici, perch nessuno di per s sufficiente. Bisogna vedere se c stato un accordo paritario
tra le parti. Se s allora si tratta di corruzione (e vengono puniti entrambi). Se invece in base ai vari criteri si
nota che non c posizione paritaria, ma il privato si trova in stato di soggezione, allora si tratter di
concussione.
SEMINARIO II
varie sentenze affermano che compito del giudice quello di analizzare tutti gli elementi concreti e verificare se c
stato accordo. In genere nella difesa il privato dice che si tratta di concussione, mentre il p.u. dice che si tratta di
corruzione.
Sentenza Fininvest del 2001 (Vedi sent 19 ottobre 2001 n. 38452): ripercorre tutti i criteri utilizzati in passato e spiega
perch non vanno bene singolarmente, ma come criteri sintomatici. La sentenza riguarda dazioni economiche a
guardia di finanza per non fare o fare ispezioni. Si trattava di varie societ. I privati sostenevano di essere stati vittime
della guardia di finanza, quindi doveva trattarsi di concussione. Poi il giudice ha escluso il timore reverenziale, perch
erano persone ben pi potenti dei singoli finanzieri, vi era anche un rapporto di amicizia con i finanzieri, quindi non
pu parlarsi di timore reverenziale. Dopo unanalisi di tutti gli elementi, non si ravvisa soggezione, ma parit, con
volont formata liberamente. Quindi si tratta di corruzione.
Sent 5 ottobre 2010 n. 38650: anche in questa sentenza si richiama tutta la giurisprudenza precedente e si dice che
bisogna vedere se c un accordo paritario (vedi).
Casi
Una creazione della giurisprudenza la c.d. concussione ambientale, definita come quella condizione in
cui la prestazione dell'indebito deriva non tanto dal comportamento induttivo del p. ag., quanto dalla convinzione del
privato di doversi adeguare ad una prassi inevitabile e consolidata, determinata da situazioni ambientali.
CORRUZIONE PASSIVA (318, 319, 319bis, 319ter, 320)
La corruzione viene tradizionalmente distinta in (anche se in realt il reato unico):
Passiva: la condotta del p.ag. riceve utilit o la promessa delle stesse per determinate finalit, quindi la condotta
del corrotto;
Attiva: la condotta del privato che effettua la dazione o la promessa di utilit per le stesse finalit, quindi la
condotta del corruttore (si tratta quindi di reato a concorso necessario).
L'art. 318 (corruzione per un atto d'ufficio) punisce, al co. 1, il p. ag. che, per compiere un atto del suo ufficio (cd.
corruzione impropria) riceve, per s o per un terzo, in denaro o altra utilit, una retribuzioni che non gli dovuta, o ne
accetta la promessa. Tale forma, detta corruzione impropria antecedente, poich si corrotti per un atto che dovr
essere compiuto in futuro, consiste nella compravendita di atti della funzione o del servizio pubblico conformi ai
doveri d'ufficio.
Il co. 2 punisce il p.u. il quale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui gi compiuto, perci detta corruzione
impropria susseguente; in tal caso sanzionata esclusivamente l'accettazione di denaro o di qualsiasi altra utilit, con
esclusione dell'accettazione della promessa, e l'atto d'ufficio viene compiuto senza alcuna interferenza
esterna(nellimpropria susseguente il corruttore non punito, ma solo il p.u., lunica ipotesi).

57

Ciascuna di tali figure costituisce un autonomo reato. Il b.g. tutelato in entrambe il buon andamento della P.A., bene
di natura funzionale e di rango costituzionale ex art. 97 Cost.
Trattasi di reati propri, infatti soggetti attivi di tali figure delittuose possono essere solamente il p.u, ex art. 318 e, ai
sensi dell'art. 320. l'i.p.s. purch rivesta la qualifica di pubblico impiegato, deve cio esservi un rapporto il lavoro
subordinato con l'ente. Soggetto passivo lo Stato o altro ente pubblico da cui dipenda il pubblico agente.
La condotta consiste in un accordo (cd. pactum sceleris) tra un pubblico agente (cd. corrotto} ed un soggetto privato
(anche un p.u.) (cd. corruttore), in ragione del quale il primo accetta dal secondo una retribuzione non dovuta, per
specifica disposizione di legge, come corrispettivo di un atto d'ufficio rientrante nella sua sfera di competenza. Il
pactum sceleris pu concretizzarsi anche attraverso l'ausilio di terzi intermediari, che concorrono al delitto.
Si tratta di fattispecie necessariamente plurisoggettiva o a concorso necessario, perch necessaria la partecipazione
di pi persone; e a struttura bilaterale, perch si richiede necessariamente la reciprocit delle condotte: alla promessa
e alla dazione del denaro o diversa utilit, seguono l'accettazione e la ricezione.
Il concorso necessario proprio con riferimento alla condotta del co. 1 perch ex art. 321 sanzionato anche a chi da
o promette il denaro o altra utilit, mentre improprio con riferimento al co. 2, non essendo sanzionato chi
retribuisce. I reati si consumano con il raggiungimento dell'accordo di due soggetti per l'atto ancora da compiere (co.
1), oppure gi compiuto (co. 2). ammissibile il concorso eventuale di persone: ne risponde chi istighi il p. ag. ad
accettare la retribuzione come chi istighi il privato a promettere o a dare la retribuzione.
Sia la ricezione dell'utilit che l'accettazione della promessa non richiedono forme particolari potendo concretizzarsi
con un'esplicita dichiarazione ma anche implicitamente o indirettamente. La promessa non assume il significato
civilistico di dichiarazione unilaterale idonea a produrre effetti obbligatoti, ma intesa nel significato di impegno ad
eseguire una prestazione futura.
Si reputa sufficiente un qualsiasi impegno ad eseguire in futuro la controprestazione, purch questa sia ben
individuata e suscettibile di attuazione. Nell'ipotesi in cui il p. ag. simuli l'accettazione allo scopo di palesare il
comportamento del privato, mancando l'accettazione, non sussiste la corruzione e, il privato
risponde ex art. 322.
Un ruolo centrale riveste l'atto d'ufficio, in ordine al quale si distinguono le varie fattispecie di cui agli artt. 318 ss.
come detto, l'elemento di differenziazione tra corruzione propria e corruzione impropria rappresentato dalla
contrariet o meno dell'atto ai doveri funzionali del p.u.; inoltre, la collocazione temporale dell'atto rispetto
all'accordo illecito incide sulla distinzione tra corruzione antecedente e susseguente.
L'atto oggetto dell'accordo corruttivo non pu essere generico ma deve essere sempre ben determinato o
determinabile.
La retribuzione non dovuta, consiste in qualsiasi prestazione in denaro od altra utilit che rappresenti il corrispettivo
per l'atto d'ufficio compiuto o da compiersi dal p. ag., ricevuta da quest'ultimo per s o per un terzo ma, in nessun
caso per la P.A.. La retribuzione promessa, inoltre, deve essere determinata o determinabile e deve essere non
dovuta, vietata o non consentita dall'ordinamento.
Trattasi di reato d'evento che si consuma alternativamente o con accettazione della promessa o con il ricevimento
dell'utilit.
Nella c.i.a. problemi si pongono allorquando all'accettazione della promessa segua 'effettiva ricezione della
retribuzione; per una tesi la consumazione si sposta nel tempo e nel luogo in cui la retribuzione ricevuta; per un'altra
il reato si consuma nel momento della promessa. Nella c.i.s., invece, il momento consumativo coincide con la ricezione
da parte del p. ag. della retribuzione per l'atto gi compiuto.
La configurabilit del tentativo controversa in considerazione della autonoma sanzione nell'art. 322 di due condotte
riferibili alle corruzioni antecedenti: la offerta di utilit da parte del privato per tenere le condotte di cui agli artt. 318 e
319 (co. 1 e 2) non accolta dal p. ag. (istigazione alla corruzione passiva); e la sollecitazione alla dazione o promessa
di utilit per le finalit indicate negli artt. 318 e 319, rivolta dal p. ag. al privato (istigazione alla corruzione attiva).
Bisogna stabilire se possano integrare il tentativo:
gli accordi ricercati da una parte ma non perfezionati per mancanza di consenso dell'altra e
i tentativi bilaterali di corruzione, con punibilit di entrambe le parti.
Sulla prima questione, si esclude che la condotta del privato volta ad offrire o promettere al p. ag. denaro o altra
utilit per un atto dell'ufficio gi compiuto, possa essere punito ex art. 56, poich l'art. 322, quale norma speciale,
esaurisce relativamente alle sole corruzioni antecedenti le ipotesi di tentativo unilaterale di corruzione; inoltre, i co. 3
e 4 dell'art. 322 escludono l'applicazione dell'art. 56 alle corruzioni passive susseguenti in quanto, un conto la
sollecitazione indicata come condotta dalla norma apposita, altro sono, invece, gli atti diretti in modo non equivoco a
ricevere il denaro o l'utilit o ad accettarne la promessa.
Sulla seconda questione si afferma, invece, l'ammissibilit del tentativo, poich dinanzi ad una trattativa di due
soggetti non pu trovare applicazione l'art. 322, che unicamente sanziona l'iniziativa di uno soltanto di essi, e si
configura invece una parziale esecuzione del reato a concorso necessario, dunque, in presenza di una trattativa fallita,

58

avendo compiuti i soggetti agenti atti idonei e diretti in modo non equivoco a raggiungere un accordo corruttivo che
non sono riusciti a concludere, possono essere puniti ex art 56.
Il dolo del p. ag. rappresentato dalla coscienza e volont di ricevere, per s o per un terzo, una retribuzione non
dovuta, con la consapevolezza che essa concessa in cambio della realizzazione di un atto d'ufficio (c.i.a.) o viene
prestata per un atto d'ufficio gi compiuto (c.i.s.).
L'art. 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) sanziona la cd. corruzione propria cio la condotta del
p. ag. che riceva, per s o per un terzo, denaro od altra utilit, o ne accetti la promessa, per omettere o ritardare
(corruzione propria antecedente) o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio (corruzione propria
susseguente), oppure per compiere (c.p.a.) o aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio (c.p.s.).
Il b.g. tutelato anche qui il buon andamento della P.A..
Trattasi di reato proprio del p.u. e dell'i.p.s., ancorch non pubblico impiegato (ex art. 320 p.p.). Il reato a concorso
necessario in quanto la condotta del corruttore deve necessariamente incontrarsi con quella del corrotto e viceversa;
nella corruzione propria sempre sanzionato ex art. 321 anche il concorrente necessario extraneus, ossia il privato
che da o promette il denaro o altra utilit.
Nella c.p.a. la condotta dellintraneus (p. ag.) consiste nel ricevere per s o per un terzo, denaro o altra utilit allo
scopo di compiere un atto contrario ai doveri del suo ufficio, ovvero al fine di omettere o ritardare detto atto; mentre
nella c.p.s. l'intraneus riceve l'utilit in un momento successivo al compimento della propria condotta. sanzionata
anche la semplice ricezione della promessa di denaro o altra utilit, che indica qualsiasi dichiarazione di volont
avente quale oggetto una futura prestazione idonea a fungere da retribuzione per il p. ag..
L'accordo corruttivo, che analogo a quello della corruzione impropria, nella fattispecie presenta la peculiarit di
avere ad oggetto un atto contrario ai doveri d'ufficio, cio contrario a leggi o regolamenti o ad istruzioni o ordini
legittimamente impartiti, viene ricompreso ogni atto che viola sia i doveri generici di fedelt, correttezza ed onest, sia
quelli specifici relativi alla trattazione di un determinato affare. Omettere o ritardare l'atto d'ufficio equiparato al
compimento di un atto contrario ai doveri.
Il delitto si consuma nel luogo e nel momento in cui il p. ag. accetta la promessa o riceve l'indebita retribuzione per s
o per un terzo (fattispecie mista alternativa). Si precisa che nel caso vengano poste in essere sia l'accettazione della
promessa e il ricevimento dell'utilit, il momento consumativo coincide con quest'ultimo, mentre nell'ipotesi di forma
contratta, in cui la promessa non viene mantenuta, il reato si perfeziona con l'accettazione della promessa.
L'elemento psicologico nella c.p.a. costituito dal dolo specifico essendo richiesto che il p. ag. riceva il denaro o altra
utilit, o accetti la promessa con lo scopo di omettere o ritardare un atto dell'ufficio ovvero compiere un atto
contrario ai doveri d'ufficio, senza che sia necessaria la concreta realizzazione dell'omissione o ritardo, o l'effettivo
compimento dell'atto. Nella c.p.s., invece, il dolo generico costituito dalla volont del p. ag. di ricevere per s o per
un terzo denaro o altra utilit, o di accettarne la promessa, quale compenso per aver gi omesso o ritardato un atto
dell'ufficio o per aver gi compiuto un atto contrario a quest'ultimo. Il p. ag. deve essere consapevole che l'atto per il
quale riceve l'indebito compenso contrario ai doveri d'ufficio, l'errore sul punto, in quanto errore su legge
extrapenale (art. 47 ult. co.) esclude il dolo della corruzione propria, degradando il fatto a corruzione impropria (art.
47 co. 2). Laddove sia il privato ad indurre il p. ag. a ritenere che l'atto sia conforme al modello legale, il primo
risponde di corruzione propria.
L'art. 319bis, prevede due aggravanti speciali applicabili alla corruzione propria - antecedente e susseguente nell'ipotesi in cui l'accordo corruttivo tra il p. ag. e il soggetto privato abbia ad oggetto determinati atti considerati dal
legislatore particolarmente delicati e pregiudizievoli per la P.A.. Si tratta del conferimento di pubblici impieghi o
stipendi o pensioni. Inoltre, costituisce circostanza aggravante la stipulazione di contratti nei quali sia interessata la
P.A. alla quale appartiene il p. ag., non necessario
che la stessa sia parte del rapporto contrattuale, essendo richiesta la presenza di uno specifico interesse all'accordo
negoziale.
L'art. 319ter punisce la corruzione passiva, propria o impropria, antecedente o susseguente, commessa dal p.u. per
favorire o danneggiare una parte di un processo civile, penale o amministrativo. Si tratta di un reato autonomo e
non di una circostanza aggravante ad effetto speciale rispetto ai delitti di corruzione ex artt. 318 e 319 (prima era tra
le aggravanti dellart 319 bis). tutelato l'interesse al buon andamento e imparzialit della P.A. con riferimento
all'esercizio delle funzioni giudiziarie. Soggetto attivo pu essere soltanto il p.u. che svolga una funzione giudiziaria:
magistrati e loro collaboratori istituzionali. L'elemento oggettivo rappresentato da una condotta di corruzione
propria o impropria, commessa per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.
Non richiesto il raggiungimento dell'obiettivo, ma sufficiente che l'atto corruttivo sia finalizzato a favorire o
danneggiare una parte processuale. Il delitto si consuma nel momento in cui viene raggiunto l'accordo corruttivo.
Come anticipato, il dolo specifico, la condotta deve essere commessa al fine di favorire o danneggiare una parte in
un processo civile, penale o amministrativo.
L'art. 319ter, al co. 2, infine, prevede due circostanze aggravanti (vedi). Es: Lodo Mondadori, sentenza in cui sono
stati condannati alcuni soggetti, tra cui lavv. Previti. Si voleva cambiare il contenuto di una sentenza.

59

CORRUZIONE ATTIVA (321)


L'art. 321 prevede che le pene stabilite dagli artt. 318 co. 1, 319, 319bis, 319ter e 320 in relazione agli artt. 318 co. 1
e 319, si applicano anche a chiunque da o promette denaro o altra utilit al p.u. o all'i.p.s.
Il soggetto attivo pu essere chiunque, tanto un privato, quanto un p.u. o i.p.s., purch diverso dal soggetto passivo
(si parla di extraneus). Il soggetto passivo il p.u. o l'i.p.s..
Nella corruzione attiva il b.g. tutelato non pu che essere quello della passiva, vale a dire regolare funzionamento,
buon andamento e imparzialit della P.A.
La condotta a forma libera ma deve essere realizzata da un comportamento positivo. Il concetto di dare significa
effettiva traditio dell'utilit deve riguardare una cosa individuata o individuabile e determinata o determinabile.
Il privato pu dare o promettere al p. ag. anche per un terzo, oppure al terzo per il p. ag., se risulta che questi
d'accordo. Il ricevere in stretta correlazione con il dare; non sufficiente la sola traditio materiale ma necessario
che vi sia lanimus, ossia che il soggetto comprenda la proposta del privato giacch l'accordo criminoso raggiunto
solo in caso di consapevolezza da entrambe le parti. In assenza difetta il dolo, ma ancor prima, non si perfeziona la
condotta tipica della corruzione.
L'elemento soggettivo il dolo, che consiste nella coscienza e volont di retribuire il p. ag. affinch compia - o per
aver compiuto - un atto contrario o conforme ai doveri d'ufficio. Il dolo generico nella corruzione susseguente,
giacch il corruttore deve rappresentarsi e volere la dazione o la promessa quale remunerazione per l'atto compiuto.
Si ha, invece, dolo specifico nella corruzione antecedente, poich l'agente deve volere il pactum sceleris come 'mezzo'
per raggiungere lo scopo rappresentato dall'atto. Il concreto raggiungimento della finalit non necessario per la
realizzazione del reato. Se il privato ritiene per errore che l'atto richiesto al p. ag. sia conforme ai doveri d'ufficio,
risponde ex art. 47 co. 3 di c.a.i.a.; il p.ag., invece, risponde di corruzione propria laddove si rappresenti la contrariet
del comportamento ai doveri d'ufficio. Il corruttore potrebbe, inoltre, rappresentarsi erroneamente che l'atto
contrario ai doveri sia stato gi compiuto, rispondendo di corruzione propria susseguente; mentre non responsabile
quando ritenga che la retribuzione sia dovuta.
Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui il p. ag. accetta la promessa o riceve il denaro o l'altra utilit per
commettere uno dei delitti detti. In forza del richiamo all'art. 319bis, le circostanze aggravanti speciali ivi previste
possono essere applicate anche al corruttore.
ISTIGAZIONE ALLA CORRUZIONE PASSIVA E ATTIVA (322)
L'art. 322 contempla quali delitti autonomi quattro fattispecie di reato. Il co. 1 sanziona l'istigazione alla corruzione
passiva impropria, ovvero l'offerta o la promessa, da parte di chiunque, di denaro o qualsiasi utilit non dovuti ad un
p.u. o a un i.p.s. che riveste la qualit di pubblico impiegato (p.i.), per compiere un atto del suo ufficio. Il co. 2
sanziona l'istigazione alla corruzione passiva propria; la commette chiunque offre o promette l'utilit al p.u. o i.p.s. al
fine di indurlo a omettere, ritardare un atto dell'ufficio, ovvero fare un atto contrario ai propri doveri; si applica la
pena stabilita nell'art. 319, ridotta di un terzo. Il co. 3 prevede l'applicazione della pena di cui al co. 1 al p.u. o i.p.s.
(che riveste la qualit di p.i.) che sollecita da un privato una promessa o un'offerta di denaro o di qualsiasi altra
utilit, per le finalit di cui all'art. 318. L'ult. co. prevede che la pena di cui al co. 2 si applica al p.u. o i.p.s. (che riveste
la qualit di p.i.), che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilit da parte di un privato, per le finalit
indicate dall'art. 319.
Il b.g. tutelato rispettivamente, quello della corruzione propria e impropria, trattandosi di attivit diretta a
conseguire i risultati tipici dei delitti richiamati.
Per la tesi prevalente si tratta di quattro figure autonome di delitto, previste al fine di sanzionarle in
modo pi rigoroso rispetto al tentativo di corruzione. Sotto la veste di autonomi delitti sono, in realt, previste distinte
ipotesi speciali di tentativo: le istigazioni di cui ai co. 1 e 2 possono definirsi tentate corruzioni attive; quelle previste
ai co. 3 e 4 tentate corruzioni passive. Per tutte, a parere della giur. e della dottrina maggioritaria, non applicabile
l'art. 56, comprese le ipotesi di desistenza volontaria e recesso attivo.
I primi due commi prevedono reati comuni. La condotta consiste nell'offrire e nel promettere una retribuzione non
dovuta. L'offerta un atto spontaneo di messa a disposizione di altri di qualsiasi utilit o denaro. La promessa
consiste nell'impegno unilaterale della messa a disposizione futura dell'utilit quale compenso in rapporto all'atto da
compiere o gi compiuto, ne sufficiente la percezione.
I co 3 e 4 sono invece due ipotesi di reato proprio (rispettivamente del p.u., i.p.s. e p.i.). Nella istigazione alla
corruzione attiva propria il soggetto attivo pu essere il p.u. o l'i.p.s.; in quella impropria, l'i.p.s. deve rivestire la
qualifica di pubblico impiegato. Soggetto passivo lo stato o l'ente pubblico al quale appartiene il p. ag.. Sotto il
profilo della condotta, la norma richiede che l'intraneus solleciti al privato (extraneus) la promessa o la dazione di
denaro o qualsiasi altra utilit - per il compimento di un atto conforme (c. impropria) o contrario ai doveri d'ufficio
(c. propria). Sollecitare significa 'richiedere qualcosa con insistenza' ad un soggetto determinato.

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L'elemento soggettivo caratterizzato in tutte le ipotesi dal dolo specifico, che consiste nei co. 1 e 2 nel perseguire
le finalit di indurre il p. ag. a compiere un atto del suo ufficio o contrario ai suoi doveri; nei co. 3 e 4 il fine del p. ag.
deve essere quello di cui agli artt. 318 e 319.
Casi
La distinzione tra l'istigazione alla corruzione e il tentativo di concussione crea notevoli problemi interpretativi. La
sottile differenza sembra stare in questo: nella sollecitazione - e pertanto nell'istigazione ex art. 322 co. 3 e 4 manca qualsivoglia pressione o suggestione che tenda a piegare o persuadere allusivamente il privato; infatti, l'art. 322
co. 4 rappresenta un'ipotesi residuale volta a punire le condotte dei p.u. non qualificabili quali tentativo di
concussione per l'assenza della condotta coercitiva nei confronti del privato. Ne consegue che, per incorrere nel reato
meno grave ex art. 322, il p.u. deve richiedere il denaro, prospettando e proponendo al privato un semplice scambio di
favori o vantaggi, senza particolare insistenza o minaccia (diretta e indiretta) e in assenza di abuso di qualit e poteri.
Inoltre, perch non sussista il reato pi grave di tentata concussione, tra il soggetto istigato e l'istigatore devono
sussistere parit di condizioni.

ABUSO DUFFICIO (323)


La previsione sanziona - salvo che il fatto non costituisca un pi grave reato - il p.u. o l'i.p.s. che, nello svolgimento
delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a s
o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto (co. 1). Lart 323, che stato
oggetto di due riforme recenti, ha raccolto in un unico articolo le tre fattispecie previste inizialmente, cio labuso
innominato (323), linteresse privato in atti di ufficio (324) e il peculato per distrazione (anche se vi chi ritiene che
questa species di peculato continui ad essere disciplinata dall'art. 314). Inizialmente labuso di ufficio era una
fattispecie residuale che ricomprendeva varie condotte che non si sapeva come definire. Dato che non si definiva
esattamente labuso dufficio vi potevano rientrare una serie infinita di condotte, il che attribuiva ai giudici un
sindacato infinito. Oggi abbiamo la versione del 97 e si passati alleccesso opposto, cio oggi talmente tanto
definita nella richiesta di elementi costitutivi, da rendere quasi impossibile che il reato sia integrato. La clausola di
riserva sembra attribuirle un carattere residuale, ma in realt tale previsione riveste un ruolo centrale nel sistema dei
delitti contro la P.A.
Il recente intervento (1997) si caratterizza per la previsione di un reato di evento di vantaggio patrimoniale o di danno
ingiusti, la specificazione della condotta, produttiva di detti eventi, nella violazione di norme di legge o di
regolamento, ovvero nella mancata astensione nei casi prescritti, e la pretesa di un dolo intenzionale di vantaggio o di
danno.
Occorre distinguere il b.g. tutelato dalle rationes della incriminazione: sotto il primo profilo appare ancora decisiva,
anche alla luce dell'art. 97 Cost., la tutela del buon andamento della P.A. (o, dell'azione amministrativa); la P.A.,
pertanto, il soggetto passivo (persona offesa) del reato.
Tra gli scopi perseguiti dal legislatore, invece, assume un ruolo importante la tutela del privato dalle prevaricazioni
dell'autorit, ovvero la garanzia dei diritti del cittadino (b.g. sostanziale sullo sfondo della tutela funzionale) in una
ottica tipicamente liberale.
La pi recente giur., con riferimento alla condotta
dannosa, parla di plurioffensivit , reputando che la norma tuteli anche l'interesse del privato a non essere 'turbato
nei suoi diritti costituzionalmente garantiti' e a non essere danneggiato dal comportamento illegittimo ed ingiusto del
p.u., facendone derivare che il soggetto privato danneggiato dal reato riveste, in quanto titolare del b.g. tutelato, la
qualit di persona offesa, legittimato non solo a costituirsi parte civile, ma anche a proporre opposizione avverso la
richiesta di archiviazione del P.M. ex artt. 409 e 410 c.p.p.
L'illecito costituisce un reato proprio di cui possono essere autori il p.u. e l'i.p.s., anche non pubblico impiegato, cio
chiunque eserciti una pubblica funzione o presti un servizio pubblico nel campo legislativo, giudiziario od
amministrativo.
La condotta deve essere compiuta nello svolgimento delle funzioni o del servizio, non rileva dunque il compimento di
atti in occasione dell'ufficio e il mero abuso di qualit, cio l'agire del tutto al di fuori dell'esercizio della funzione o del
servizio, n applicabile l'art. 360.
Rileva qualsiasi condotta, si estrinsechi o meno in provvedimenti o atti amministrativi, atti di diritto privato della p.a.,
nonch in operazioni o comportamenti materiali, inoltre, sia che si tratti di amministrazione attiva, o consultiva o di
controllo.
La condotta del pubblico agente deve per integrare, alternativamente, due tipologie di violazioni. In primo luogo, la
violazione di norme di legge, statali e regionali, o regolamentari. Con tale riferimento si vuole escludere la rilevanza
penale del semplice eccesso o sviamento di potere, che consentiva prima della riforma del 1997 l'effettuazione da

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parte del giudice penale di un sindacato sulle scelte discrezionali della P.A. L'abuso d'ufficio veniva ravvisato in ogni
strumentalizzazione dell'ufficio a fini non consentiti, extraistituzionali, cosicch l'abuso finiva per identificarsi con uno
sviamento di potere dalla causa tipica per la quale era stato attribuito. La rilevanza del comportamento , dunque,
collegata ad un quid di immediata verificabilit: la contrariet a regole scritte, di carattere circoscritto e puntuale. Si
sottolinea che rileva la sola violazione di prescrizioni normative precise e non di principi generali. Il riferimento
formale alla legge, tuttavia, criticato, in quanto eccessivamente restrittivo.
In secondo luogo, condotta abusiva alternativa, la violazione dell'obbligo di astensione 'in presenza di un interesse
proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti'. Diversamente dall'abrogato art. 324, rileva
esclusivamente la mancata astensione che causi un danno o un vantaggio, cosicch l'ampiezza dell'obbligo di
astensione viene limitato dalla possibilit di determinare un ingiusto vantaggio patrimoniale o danno ingiusto.
Con tali condotte l'agente pubblico deve conseguire, alternativamente, il risultato (reato di evento) di un ingiusto
vantaggio patrimoniale o di un danno ingiusto.
La notevole ampiezza dell'area della trasgressione con il rinvio a fonti extrapenali, viene circoscritta richiedendo
(procurare e arrecare) un preciso, diretto (non meramente modale od occasionale) legame (nesso causale) fra
trasgressione ed esito dannoso o vantaggioso.
ll primo evento consiste nel procurare a s o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale. Per intenderci, non integra il
delitto in esame (ma certamente una grave scorrettezza deontologica) la condotta del professore universitario che
indebitamente favorisca il superamento di un esame attraverso la preventiva rivelazione degli argomenti su cui
verter; mentre lo integra lanaloga condotta (o comunque favoritismo) per il superamento di un esame di concorso
funzionale al conseguimento di un pubblico impiego (o all'esercizio di una professione), che comportano direttamente
i vantaggi economici della posizione impiegatizia e dell'esercizio della professione. Il secondo evento consiste nel
procurare ad altri un danno ingiusto, patrimoniale o meno.
Gli eventi sono connotati dal requisito dell'ingiustizia. Si pu usare la formula della doppia ingiustizia per evidenziare
la distinzione tra carattere abusivo della condotta e ingiustizia dell'evento; l'ingiustizia riferita alla condotta
contrariet al diritto, riferita agli eventi non conformit all'ordinamento. L'evento deve essere ingiusto in s, e non
come riflesso della violazione di norme o dell'omessa astensione da parte del p.u., e ci si verifica quando la persona
favorita abbia conseguito un accrescimento della propria posizione patrimoniale contra ius o il danneggiato un vulnus
contra ius. Sul piano della condotta, pertanto, si richiede un quid pluris: la intenzionale strumentalizzazione dei poteri
conferiti, capace di riflettersi nell'offesa intesa quale oggettiva alterazione delle finalit istituzionali perseguite.
II reato si consuma con il conseguimento del vantaggio patrimoniale, ovvero con l'accrescimento del patrimonio
giuridicamente inteso, cio in una fase anticipata rispetto all'effettivo vantaggio economico; o con la realizzazione
dell'ingiusto danno. Il tentativo ammissibile quando non siano realizzati il vantaggio o il danno.
La riforma del 1997 richiede che la volont dell'autore sia intenzionalmente diretta al vantaggio o al danno ingiusti,
per restringere l'area del penalmente rilevante. In genere si interpreta l'avverbio intenzionalmente come esclusione
del solo dolo eventuale; o, pi esattamente, come esclusione anche della forma diretta e cio della rappresentazione
dell'evento come realizzabile con elevato grado di probabilit o addirittura con certezza, ma senza che sia l'obiettivo
perseguito. Ancor pi nettamente se ne
evince anche la necessit della volont di attuare un'ingiustizia tramite l'abuso dei poteri esercitati. Debbono
sussistere, pertanto, rappresentazione e volizione dell'evento di danno altrui o di vantaggio patrimoniale, proprio o
altrui, come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e come obiettivo primario da costui
perseguito. Non necessario il perseguimento in via esclusiva del fine privato, la mera compresenza di una finalit
pubblicistica non esclude il dolo intenzionale poich intenzionalmente non significa al solo scopo di. Mentre, non
configurabile il dolo intenzionale se l'evento tipico una semplice conseguenza accessoria dell'operato dell'agente,
diretto a perseguire in via primaria un interesse pubblico di preminente rilievo, riconosciuto dall'ordinamento e
idoneo ad oscurare il concomitante favoritismo o danno per il privato, ad es. quando la volont dell'agente diretta a
garantire il funzionamento dell'ente pubblico. Anche la Corte cost. ribadisce che non sufficiente affinch vada esente
da pena che l'agente abbia perseguito un fine pubblico accanto a quello privato, ma necessario che egli abbia
perseguito il fine pubblico come proprio obiettivo principale, con conseguente degradazione del dolo di danno o di
vantaggio da dolo intenzionale a dolo diretto (mera previsione dell'evento) o eventuale (accettazione del rischio della
verificazione dell'evento).
La prova dell'intenzionalit del dolo, esige il raggiungimento della certezza che la volont dell'agente sia stata
orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusti, che non pu provenire dal solo
comportamento non iure dell'agente, ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, quali la sua
specifica competenza professionale, l'apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento e i rapporti personali tra
l'agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno. Non ,
per, richiesta la prova della collusione del p.u. con i beneficiari dell'abuso, essendo sufficiente la verifica del
favoritismo posto in essere e la specifica individuazione del beneficiario, trattandosi di reato monosoggettivo.

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In tema di errore sulla legge extrapenale, la giur. afferma che il pubblico agente pu invocare, ai fini dell'esclusione
del dolo, l'ignoranza di circostanze di fatto, anche attinenti all'ufficio, ma non quella delle norme che regolano lo
svolgimento delle proprie funzioni.
Il reato in esame non pu concorrere con i reati pi gravi, ma solo con quelli meno gravi e con le contravvenzioni.
Vedi circostanze artt 323 co 2 e 323 bis.
SEMINARIO II
Elemento soggettivo: intenzionalmente: lunica norma (insieme ad unaltra) che prevede il dolo intenzionale,
questo lo rende ancora pi difficilmente realizzabile. 2 casi:
violazione di legge;
dolo intenzionale.
La giurisprudenza ha regolato il concetto di violazione di legge. I vizi dellatto amministrativo sono 3: violazione di
legge, eccesso di potere, incompetenza. In passato, poich non cera una definizione il giudice poteva ricomprendervi
qualsiasi condotta. Si esclude il vizio delleccesso di potere (vizio che c quando lagente ha perseguito finalit diverse
da quella che doveva essere la finalit). Quindi ora solo se c una formale violazione di legge o regolamento; questo
esclude tante condotte che prima erano incluse.
Sentenza Toschess (un deputato), sentenza della Cassazione subito successiva alla riforma. La Cassazione si sofferma
sul problema delleccesso di potere che ora non pu pi essere ricompreso nellabuso dufficio. importante perch
da questa sentenza in poi la Cassazione non si pi mossa. La dottrina insisteva sullart 97 Cost, per cui tutto ci che
viola tale art deve considerarsi violazione di legge e quindi abuso dufficio. La discutibile e inamovibile posizione della
Cassazione era invece che la violazione dellart 97 non pu considerarsi violazione di legge; si tratta di una forzatura
per non far rientrare leccesso di potere nellabuso dufficio. E dal 97 in poi la Cassazione non si pi mossa da questa
opinione. Ma questa sentenza fa di pi: esclude anche dalla fattispecie di abuso dufficio la violazione di norme
formalistiche e procedimentali. Sono escluse, (ribadito in tutte le sentenze successive) quindi:
norme generalissime e di principio (come art 97);
norme formalistiche e procedimentali.
Quindi deve esserci dolo intenzionale, quindi diventa quasi impossibile integrare il reato di abuso dufficio. La
distinzione tra dolo diretto e intenzionale si basa sullintensit del dolo, perch quello diretto pi lieve. Si esclude
ovviamente il dolo eventuale. Il dolo diretto coscienza e volont di tutti gli elementi del reato, mentre in quello
intenzionale lagente deve aver perseguito direttamente e primariamente, in via immediata, levento. La condotta
deve essere diretta in via immediata e principale allevento.
In tutti i casi in cui si provi che c anche un interesse pubblico si esclude.
Due sentenze limite in cui la Cassazione ha escluso il dolo intenzionale dicendo che cera anche interesse pubblico
laddove non cera.
6 maggio 2003 n.33068 (vedi). Limputato era il sindaco di un piccolo comune, Sarsina. Era stata data una
concessione ad un ristorante in violazione di legge (non aveva servizi igienici, bagni, ecc, non era a norma), per il
proprietario era un caro amico del sindaco. Altri ristoranti avevano perso la clientela. La Cassazione ha escluso il
dolo intenzionale, perch ha trovato un (discutibile) interesse pubblico, perch il paesino aveva esigenze di
salvaguardia del turismo nel suo paese. Quindi non cera solo lo scopo individuale, ma anche quello pubblico.
17 novembre 2009 n. 4979 (vedi). Concorso pubblico. Imputato sindaco di Forte dei Marmi. Furono cambiati i
requisiti per il concorso perch si era deciso che doveva vincerlo una persona determinata. Fu assolto per assenza
di dolo intenzionale (anche qui discutibile), dato che il sindaco aveva perseguito una finalit pubblica; infatti,
secondo la Cassazione, lo scopo era quello di porre fine a degli scontri interni alla caserma, e quindi portare la
pace nel comune. Solo quel soggetto era in grado di risolvere quei contrasti.
RIFIUTO E OMISSIONE DI ATTI D'UFFICIO (328)
La nuova formulazione dell'art. 328 introdotta nel 1990 - punisce specifiche ipotesi d'omissione, da parte del p.u. e
i.p.s., d'atti del proprio ufficio o servizio.
Il nuovo testo prevede due reati omissivi propri, denominabili rifiuto d'atti urgenti (co. 1) e omissione non motivata
d'atti richiesti (co. 2). Il primo punisce il p. ag. che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di
giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o d'igiene e sanit, deve essere compiuto senza ritardo; il
secondo punisce (meno gravemente) il p. ag. che, fuori dei casi ex co. 1, entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia
interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, attribuendo rilevanza
penale ai soli casi in cui il funzionario inadempiente abbia protratto l'inerzia - senza dichiarare serie motivazioni anche una volta diffidato all'atto.
B.g. del co. 1 l'efficace attuazione delle funzioni istituzionali della P.A. nei settori d'intervento tipizzati. Il b.g. del
co. 2 deve individuarsi nel nuovo, civilissimo diritto della persona all'informazione sui procedimenti cui interessata.
I co. 1e 2 delineano reati propri del p.u. e i.p.s., purch nell'esercizio attuale di funzioni e servizio, condizione
fondante la doverosit dell'atto. Soggetto passivo nel co. 1 la sola P.A. titolare della funzione paralizzata dal reo; il

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privato leso dal rifiuto mero danneggiato (art. 185), legittimato a costituirsi p.c. ma non a esercitare i poteri di p.o.;
mentre nel co. 2 , coerentemente al b.g., il solo interessato titolare del diritto all'informazione.
Il delitto di rifiuto di atti urgenti (art. 328 co. 1) limita la rilevanza penale del rifiuto all'esistenza di specifiche e
tassative ragioni d'urgenza di compiere l'atto, rientranti nelle aree generali ex art 650:
Sicurezza e ordine pubblico;
Igiene e sanit;
Giustizia.
Lespressione senza ritardo comprende tutti gli atti concretamente indifferibili, la cui efficacia , cio, condizionata
alla celerit delladozione. La condotta consiste nel rifiuto - espresso, tacito, o per fatti concludenti - di compiere
l'atto, espressione letterale che circoscrive la tipicit all'ipotesi che l'atto sia stato
concretamente richiesto al p. ag., con riferimento alla situazione particolare, da un soggetto specifico.
La consumazione non si realizza nell'istante del rifiuto espresso, tacito o per facta condudentia, ma solo quando
l'inerzia abbia compromesso l'adozione efficace dell'atto urgente. il tentativo dunque ammissibile, ad es. se le
conseguenze del rifiuto siano poi impedite dall'attivazione di altro p. ag.. Il dolo generico consiste nella volizione del
rifiuto, e nella rappresentazione di tutti gli altri elementi tipici: qualifica soggettiva, urgenza, richiesta e indebitezza del
rifiuto.
Il delitto di omissione non motivata di atti richiesti (art. 328. co. 2) punisce, in virt della clausola di riserva,
l'omissione d'atti non urgenti, o la cui urgenza non poggia sulle ragioni ex co. 1. La condotta richiede l'omissione
dell'atto, cio il suo mancato compimento entro il termine previsto. Non sussiste omissione se il procedimento si
concluda senza adozione espressa dell'atto in virt di silenzio-assenso, istituto che, nei casi di legge, equivale a
provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessit di ulteriori istanze o diffide. All'opposta soluzione si
perviene se l'atto sia omesso in procedimenti ricadenti nel silenzio-rigetto.
L'omissione assume rilevanza penale ex co. 2 solo se concorrano tre ulteriori elementi:
1) richiesta formale d'un interessato;
2) mancato compimento dell'atto entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta;
3) mancata esposizione all'interessato, nello stesso termine, delle ragioni del ritardo.
Il reato istantaneo giunge a consumazione con lo spirare invano del 30 giorno nell'inerzia del p. ag.; mentre il ritardo
non assume rilevanza se - nei 30 gg. assegnati dal cpv. - il funzionario compia l'atto d'ufficio o risponda al richiedente
esponendo le ragioni del ritardo.
ammissibile il tentativo, pur difficilmente configurabile in concreto, il dolo generico consiste nella volizione
dell'inadempimento ai doveri e della mancata risposta nel termine di 30 gg. dalla richiesta, e nella rappresentazione di
tutti gli altri elementi del fatto tipico.
SEMINARIO III
328 cp riformulato nel 1990 con l'introduzione di nuovi requisiti, mentre in passato la norma non era definita.
1 ipotesi: solo rifiuto. Serie di requisiti con rilevanza penale:
1- si deve trattare di un rifiuto indebito
2- una serie di ragioni riguardanti pi materie (giustizia, sicurezza pubblica, ecc) tassative!
3- Inoltre deve essere compiuto senza ritardo.
In realt i 3 criteri possono voler dire tutto e niente. In passato aveva rilevanza la sola omissione, ora il solo rifiuto. Per
parlare di rifiuto ci deve essere una richiesta (anche non formale: viene messa in rilievo una situazione di urgenza e
viene richiesto al p.u. o all'i.p.s. di intervenire. Se non c', c' omissione che ad oggi non rilevante.
Reato molto frequente soprattutto in ambito medico. Medici che non sono intervenuti tempestivamente. Due
sentenze sul concetto di rifiuto
1- la pura omissione non rileva ad oggi. Dipendenti della struttura ospedaliera che si dovevano sottoporre
obbligatoriamente a esami del sangue e hiv. Il medico, nonostante la positivit di un paziente, non glielo comunica al
paziente. Denuncia di omissione in atto d'ufficio. La corte di Cassazione parla di una non rilevanza penale se non c'era
stata richiesta dei risultati. Non configurabilit del reato.
2- ammorbidiscono l'interpretazione del rifiuto. Medico: caso grave di parto. Chiamato dall'ospedale. Dice che
sarebbe andato il giorno dopo, poi lo richiamano, ma lui rifiuta. Lui dice che non c' stata richiesta formale, ma la
Cassazione dice che essendogli stata trasmessa la conoscenza dell'urgenza sarebbe dovuto andare. 2 comma: non ci
sono sentenze su questo residuale (sussidiario rispetto al I).
Privato cittadino che fa richiesta scritta al p.u. di provvedere entro 30 giorni. Se c' omissione: omissione di atti
d'ufficio. Pu anche essere che il p.u. non compie l'atto del suo ufficio, ma motiva la non risposta. Si ritiene che questo
basta perch nn ci sia reato.
DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA P.A. (APPUNTI)

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Art 393 bis: reazione legittima agli atti arbitrari della p.a. Per atti arbitrari si intende quegli atti commessi in
violazione delle norme che regolano lattivit della p.a. Questa norma era prevista nel cod. Zanardelli. Era inserita in
un decreto luogotenenziale del 44. Quando stato nominato Ministro per la semplificazione Calderoli, si cominciato
a cancellare le norme che si ritenevano inutili o superate. Tra le altre, stato abolito anche il decreto luogotenenziale
che conteneva la reazione legittima. Per questo stato inserito lart 393 bis (nel posto sbagliato!) come causa di non
punibilit dei delitti di violenza e oltraggio.
Anche i delitti di oltraggio hanno subito alcune vicende legislative. Prima erano previsti dagli artt 341ss. Nel 1930
loltraggio era loffesa allonore e al prestigio di un p.u. Fu inizialmente dichiarata incostituzionale dalla Corte per
mancanza di proporzionalit della pena. Successivamente fu abrogata la figura base di oltraggio a p.u. e i.p.s.,
lasciando solo quella a magistrato in udienza. Nel 2009 stato nuovamente introdotta, con un pacchetto sicurezza,
nellart 341bis (vedi).
Lart 393 (vedi) prevede come causa di non punibilit la resistenza al p.u. o i.p.s. che eccede, con atti arbitrari, i limiti
delle sue attribuzioni. Ad es: la donna pu essere perquisita solo da una poliziotta. Quando era in vigore il decreto
luogotenenziale la giurisprudenza richiedeva che il soggetto avesse ecceduto i limiti delle sue attribuzioni con volont
arbitraria (es: ti faccio perquisire da un uomo per umiliarti).
I delitti scriminati sono quelli di resistenza e violenza a p.u. e quelli di oltraggio. La dottrina ritiene che questa causa di
non punibilit abbia una duplice natura: oggettiva e soggettiva.
Es: signora che non vuole farsi perquisire da uomo e si difende. Nel caso di oltraggio, il prof sgarbato, ingiusto, ecc, e
io lo mando a quel paese, una causa soggettiva di non colpevolezza. Lo stesso vale per la provocazione in stato dira.
Si tratta di uno sfogo verbale, non punibile, giustificato dallo stato dira.

PARTE III - REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA


REATI CONTRO LATTIVITA GIUDIZIARIA
(appunti) Lamministrazione della giustizia fa parte della p.a., ma necessita di particolari aspetti di tutela, che
riguardano non solo limparzialit e il buon andamento dellamministrazione, ma anche interessi specifici dellautorit
giudiziaria:
Artt 361ss: delitti contro attivit giudiziaria (facciamo alcune fattispecie);
Artt 385ss: delitti contro autorit delle decisioni giudiziarie (no studiare);
Artt 392ss: tutela arbitraria delle private ragioni (no studiare).
Accanto alla p.a. si tutela lattivit processuale in tutte le sue fasi: fase genetica e di formazione della prova. La
persona che collabora con la giustizia ha doveri di non ledere lamministrazione della giustizia (falso testimone, ad es).
Lattivit genetica del processo penale tutelata da:
Simulazione di reato: si colpisce il momento genetico di un processo penale, perch parte un processo falso.
Calunnia: denuncio falsamente un reato e in pi accuso una persona che so essere innocente (quid pluris rispetto
al precedente reato, reato plurioffensivo)
Autocalunnia: mi accuso falsamente di un reato. Lesione dellamministrazione della giustizia , perch lautorit
giudiziaria deve essere informata di un reato effettivo. Si perdono giorni di indagini, accertamenti, una perdita
di tempo per lamm. giust., che viene distolta dalle indagini necessarie per trovare il vero colpevole.
SIMULAZIONE DI REATO (367) (APPUNTI)
L'art 367 (vedi) punisce la simulazione di reato. Si tratta di reato comune. Il b.g. tutelato l'amministrazione
giudiziaria nel suo momento genetico. La condotta alternativa, perch pu esserci simulazione di reato formale o di
reato reale.
Simulazione di reato formale: denuncia, querela, istanza, richiesta, sono atti previsti dal c.p.p. La querela la notizia
criminis per i delitti perseguibili a querela. Istanza e richiesta si ritrovano nei delitti politici e quelli commessi all'estero.
Nella notitia criminis devono essere indicati tutti gli elementi costitutivi del reato.
Simulazione di reato reale: si ha con la simulazione di tracce di un reato. Si tratta di costituire con una condotta attiva
delle circostanze di fatto che fanno credere l'esistenza di un reato. Le caratteristiche devono essere idonee a dare
inizio ad un procedimento penale. Se la denuncia inverosimile o incredibile non integra il reato in esame. Il momento
consumativo si ha quando vengono create le tracce. Pu concorrere con delitti patrimoniali (es truffa assicurativa).

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CALUNNIA (368) (APPUNTI)


L'art 368 (vedi) punisce la calunnia. La norma ha la stessa struttura di quella precedente:
Calunnia formale: su denuncia, querela, istanza, richiesta.
Calunnia reale: attraverso la simulazione di tracce di reato.
Si tratta di reato plurioffensivo. I co 2 e 3 prevedono le aggravanti (vedi). Possono esserci conseguenze dannose o
pericolose per la persona accusata falsamente. Accusare taluno di un reato vuol dire portare a conoscenza
dell'autorit tutti gli elementi di un reato. Si pone il problema di due ipotesi frequenti:
successiva abolitio criminis
successiva prescrizione.
In questi casi successivamente alla accusa per calunnia pu accadere che il reato non sia pi punibile (es donna
falsamente accusata di incesto, poi interviene abolitio criminis del reato di incesto. La calunnia in questo caso
punibile ugualmene?). Secondo il prof in questi casi c' calunnia.
Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, costituisce calunnia anche la falsa denuncia di smarrimento di un
assegno bancario, risolvendosi essa in un'accusa implicita nei confronti del portatore di furto (art. 624) o di
ricettazione (art. 648) o, eventualmente, di appropriazione indebita di cosa smarrita (art. 647). Il dolo generico e
presuppone la rappresentazione di tutti gli elementi del fatto. Esso viene meno nel caso in cui si ritenga che l'incolpato
abbia effettivamente commesso un reato.
AUTOCALUNNIA (369)
Il delitto di autocalunnia (art. 369) si ha quando il soggetto incolpa falsamente s stesso di un reato immaginario o
comunque non commesso, nemmeno in forma di concorso. A differenza della simulazione e della calunnia, esso pu
realizzarsi anche in forma implicita ma solo mediante dichiarazione, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso
nome (cd. autocalunnia propria), ovvero confessione dinanzi all'autorit giudiziaria (cd. autocalunnia impropria). Non
invece attraverso denunce, istanze, richieste o querele ovvero la materiale simulazione di tracce di reato a proprio
carico che, semmai, dar luogo all'applicazione dell'art. 367.
FALSE INFORMAZIONI AL PUBBLICO MINISTERO E FALSE DICHIARAZIONI AL DIFENSORE (371bis, 371ter)
I delitti in questione, ingannando l'autorit giudiziaria a procedimento in corso, sono pertanto contro la prova, che
viene alterata tutte le volte che si ritengono conformi al vero premesse, in realt, false.
Con l'entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988 non potevano pi considerarsi testimonianze in senso
tecnico le false informazioni rese al pubblico ministero, oramai sempre pi parte nel rinnovato assetto accusatorio del
procedimento penale. Sicch le dichiarazioni in questione risultavano sguarnite di tutela penale, mentre la genuinit e
la completezza delle testimonianze davanti al giudice continuavano ad essere salvaguardate dall'art. 372. Tale lacuna
stata colmata con l'introduzione nel 92 dellart. 371 bis. Il co. 1 punisce chiunque, nel corso di un procedimento
penale, richiesto dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero
tace, in tutto o in parte, ci che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito. Il bene giuridico ultimo l'amministrazione
della giustizia, quello prossimo la genuina formazione delle fonti di prova nel procedimento penale, quello intermedio
il corretto esercizio dell'azione penale, nonch la tutela del materiale che in futuro potr anche divenire prova.
Il reato - apparentemente comune per via dellincipit della norma chiunque - pu essere commesso, a ben vedere,
soltanto da chi, nel corso di un procedimento penale, sia stato richiesto dal P.M. di fornire informazioni, in quanto
persona che pu riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Non risulta, invece, punibile la persona che, a seguito di
richiesta della polizia giudiziaria, anche su delega del P.M., renda dichiarazioni false o sia reticente. Sul piano della
condotta tipica, il delitto presenta una fisionomia simile alla falsa testimonianza (a cui pertanto si rinvia per l'analisi
dei concetti di falsa dichiarazione e reticenza).
Limiti all'applicazione della norma incriminatrice in esame si verificano nei casi in cui rendere informazioni equivale ad
autoaccusare s o un prossimo congiunto (384 co. 1), situazione scriminante che ricorre qualora il soggetto che le
abbia rese sia stato costretto dalla necessit di evitare di accusarsi implicitamente per il delitto di favoreggiamento
personale commesso rendendo in precedenza le medesime dichiarazioni alla polizia giudiziaria; ovvero nelle ipotesi
in cui le informazioni siano state richieste a chi per legge non avrebbe dovuto essere obbligato a renderle o,
comunque, avrebbe dovuto essere avvertito della facolt di astenersi (384 co. 2); cos, non commette il reato 'il
giornalista che si astiene dal deporre, opponendo il segreto professionale in ordine all'indicazione di informazioni che
possono condurre all'identificazione di coloro che gli hanno fornito fiduciariamente le notizie.
Il delitto si consuma al termine dell'assunzione delle informazioni e il P.M. ne ha preso atto ritenendole definitive. Il
tentativo non sembra configurabile. Trovano applicazione le circostanze aggravanti previste dall'ari. 375. Il dolo
generico e consiste nella rappresentazione e volont di dire il falso o di tacere ci che si sa.
Il co. 2, stabilisce che il procedimento penale, immediatamente instaurabile nel caso di rifiuto di informazioni, negli
altri casi resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state

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assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente
definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere. Cos che il giudice per le indagini preliminari, ove
gli sia richiesta l'archiviazione, privo del potere di adottare qualsivoglia provvedimento prima della pronuncia della
sentenza di primo grado nel procedimento principale ovvero della definizione di questi con archiviazione o sentenza di
non luogo a procedere.
Il co. 3 prevede, infine, che le disposizioni di cui ai co. 1 e 2 si applicano, nell'ipotesi prevista dall'art. 391bis co. 10
c.p.p., anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore. La norma conferma l'operativit
del delitto in esame anche nell'ipotesi in cui il P.M. debba procedere, su richiesta del difensore, all'assunzione di
dichiarazioni di persone informate sui fatti, le quali non abbiano reso le dichiarazioni richieste dal difensore
medesimo.
Il delitto di false dichiarazioni al difensore (art. 371 ter) posto a presidio (anche) dell'efficacia delle investigazioni
del difensore che voglia assumere dichiarazioni da soggetti informati sui fatti oggetto di indagine. Soggetto attivo del
reato la persona che, avendo deciso di non beneficiare della facolt di non rispondere o di non rendere la
dichiarazione *art. 391 bis co. 3, d) c.p.p.], viene sentita dal difensore alla luce dei criteri indicati dal codice di rito.
Quanto al soggetto passivo si afferma l'inammissibilit dell'opposizione alla richiesta di archiviazione proposta, ai
sensi dell'art. 410 c.p.p., dal denunciante in qualit di danneggiato dal reato, in quanto persona offesa da tale reato
deve ritenersi esclusivamente lo Stato-collettivit. Per quanto concerne la condotta tipica, a differenza che nei delitti
di falsa testimonianza e false informazioni al pubblico ministero, non assume rilevanza penale la reticenza.
FALSA TESTIMONIANZA E RITRATTAZIONE (372, 376)
L'art. 372 sanziona chi, essendo chiamato a deporre come testimone dinanzi all'autorit giudiziaria, afferma il falso o
nega il vero o tace ci che sa intorno ai fatti. La fattispecie posta a tutela del corretto funzionamento dell'attivit
giudiziaria; pi precisamente, della
genuinit e della completezza del mezzo di prova testimoniale, affinch il (libero convincimento del) giudice non venga
fuorviato al momento della valutazione delle dichiarazioni oggetto della decisione. Soggetto attivo del reato, sebbene
il dato positivo faccia riferimento a chiunque, pu essere soltanto chi riveste la peculiare qualifica di testimone all
interno di un processo (penale, civile, amministrativo); si tratta, pertanto, di reato proprio. Egualmente in materia di
segreto professionale, l'eventuale presenza di quest'ultimo non pu essere rilevata direttamente dal giudice, bens
eccepita dallo stesso soggetto chiamato a deporre.
Soggetto passivo del reato per un indirizzo risulta lo Stato-collettivit, poich il bene giuridico protetto il normale
svolgimento dell'attivit giudiziaria, e non chi per effetto del reato subisca danni risarcibili sul piano civilistico,
qualificabile come danneggiato dal reato; ne consegue che esso non legittimato a proporre opposizione alla richiesta
di archiviazione formulata dal p.m.. In senso contrario, si afferma che la norma tutela anche l'interesse del privato leso
dalla falsa testimonianza, che perci riveste la posizione di persona offesa (secondaria) dal reato.
Occorre, poi, che il testimone deponga dinanzi all'autorit giudiziaria italiana (sono esclusi i tribunali ecclesiastici),
non importa se ordinaria o speciale, o penale, civile o amministrativa, purch svolga in concreto funzioni
giurisdizionali.
La condotta tipica pu avere:
contenuto attivo, affermare il falso o negare il vero,
ovvero omissivo, la cd. reticenza, che consiste nel tacere, in tutto o in parte, ci che si sa intorno ai fatti sui quali si
esaminati.
Si tratta di condotte alternative: sufficiente, cio, la realizzazione di una delle tre forme tipiche indicate per integrare
l'elemento materiale. Tuttavia, si ha unicit, e non pluralit di reati, l dove i citati comportamenti ricorrano tutti
nell'ambito di una medesima deposizione.
Sembra ormai acquisita la regola di giudizio secondo cui nella valutazione della falsit va verificata la corrispondenza
tra ci che il soggetto depone o tace e ci di cui a conoscenza (cd. vero soggettivo), non rilevando, invece, un
eventuale travisamento del cd. vero oggettivo (come effettivamente si sono svolti i fatti). (vedi es su appunti).
Il dolo generico, consistendo nella rappresentazione e volont di affermare il falso, negare il vero, oppure tacere, in
tutto o in parte, ci che si sa. Il dubbio maturato dal testimone in ordine alla falsit delle dichiarazioni o, sotto un
diverso profilo, la reticenza su qualcosa di cui egli non certo, sono atteggiamenti che dovrebbero escludere il dato
psicologico.
Ai fini dell'individuazione del momento consumativo, occorre stabilire la natura del delitto di falsa testimonianza. In
proposito, una tesi la considera un reato di pericolo, perch non necessario che determini una decisione ingiusta,
essendo sufficiente la possibilit che tale eventualit si realizzi. Un diverso
orientamento la ritiene un reato di danno. Il tentativo non pare configurabile.
L'istituto disciplinato dall'art. 376, consentendo al soggetto di ritrattare nelle ipotesi in cui egli abbia realizzato il
delitto di falsa testimonianza (art. 372), ma anche nei casi previsti dagli artt. 371 bis, 371 ter, 373 e 378, introduce nel
sistema una causa di non punibilit sopravvenuta, la quale impedisce l'applicazione della sanzione penale per il reato

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consumato precedentemente commesso. La C. cost. ha esteso l'operativit della ritrattazione anche nel caso di falsa o
reticente dichiarazione resa alla polizia giudiziaria, che agisca su delega del p.m.
L'effetto sopravvenuto di non punibilit matura, per, soltanto a certe condizioni; ossia, quando il colpevole nel
procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni ritratta il falso e manifesta il vero non
oltre la chiusura del dibattimento; ovvero, precisa il co. 2, qualora la falsit sia intervenuta in una causa civile, prima
che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile. La ritrattazione deve
assumere, perci, un contenuto tipico ed intervenire entro determinati tempi.
Sotto il secondo profilo, nell'ipotesi di falsit commesse in un procedimento penale, la ritrattazione deve avvenire
all'interno dello stesso processo in cui il mendacio stato realizzato (e non, ad es., nel separato giudizio per falsa
testimonianza), e 'non oltre la chiusura del dibattimento'; dunque, prima dell'esaurimento della discussione. Con
riguardo alla causa civile, il dato positivo sembra autorizzare la conclusione secondo cui la ritrattazione possa essere
effettuata non solo nello stesso procedimento nel quale la persona abbia prestato il proprio ufficio, ma anche nel
processo penale avente ad oggetto l'accertamento del reato commesso, purch, tuttavia, intervenga prima che sia
stata 'pronunciata sentenza definitiva, anche se non
irrevocabile': ossia, il provvedimento emesso in primo grado, in appello o in sede di rinvio, con cui viene
completamente deciso il merito.
Controversa si presenta la risoluzione del problema relativo alla natura giuridica (oggettiva o soggettiva) della causa di
non punibilit in questione. L'interrogativo si pone soprattutto con riferimento alla peculiare figura dell'istigatore della
falsa dichiarazione e viene sciolto nel senso della natura soggettiva della ritrattazione, con la conseguente preclusione
di estenderne la portata nei confronti dell'istigatore. In ogni caso, qualora l'istigatore spinga l'autore materiale del
reato alla ritrattazione del falso, la causa di non punibilit deve giovare anche al primo.
FRODE PROCESSUALE (374)
Lart. 374 sanziona chiunque, nel corso di un procedimento civile, amministrativo (co. 1), penale, o anteriormente ad
esso (co. 2), al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito
nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone; a meno che il
fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge e, nel caso di un procedimento penale in
relazione ad un reato per il quale occorre querela, richiesta o istanza, questa non sia stata presentata.
Il delitto tutela l'interesse della collettivit al corretto funzionamento della giustizia; in particolare assicura la
genuinit del provvedimento giurisdizionale, salvaguardando a monte la corretta formazione di talune fonti di prova
che orientano il libero convincimento del giudice.
Si tratta di un reato di pericolo: ai fini della consumazione non necessario, pertanto, che l'autorit giudiziaria sia
stata realmente ingannata, essendo sufficiente il pericolo che da quella alterazione il giudice o il perito possano essere
tratti in inganno.
Soggetto attivo del reato pu essere chiunque, quindi, si tratta di un reato comune.
La condotta ingannevole deve compiersi, o nel corso di un procedimento civile o amministrativo (co. 1), o di un
procedimento penale (co. 2).
I casi in cui l'immutazione artificiosa integra l'elemento oggettivo del delitto sono tassativi. Si richiede
un'immutazione, ossia un'effettiva trasformazione od alterazione in senso fisico o materiale, dello stato di luoghi (ad
es., l'apertura di un passaggio), cose (l'eliminazione di un macchia di sangue) o persone (un'autolesione), ed essa deve
avvenire in vista di ispezioni o esperimenti giudiziali ovvero di perizie(non sembra quindi compatibile con una
condotta omissiva).
Occorre che l'immutazione sia artificiosa, concetto insidioso, la cui ricostruzione va risolta caso per caso, alla luce di
tutte le circostanze che caratterizzano la situazione concreta. Occorre che l'immutazione risulti in concreto idonea ad
ingannare il giudice o il perito (non rimozione grossolana di tracce di sangue, ad es, perch viene meno la potenzialit
ingannatoria). Il termine ispezione viene riferito in sede applicativa a tutte le indagini che implichino l'osservazione di
persone, luoghi o cose diretta ad ottenere informazioni rilevanti per l'accertamento dei fatti.
L'art. 374 richiede il dolo specifico, consistente nella rappresentazione e volont di immutare artificiosamente lo stato
di luoghi, cose o persone al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale,
ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, che, come anticipato, impone la concreta idoneit della condotta a
realizzare lo scopo previsto dalla norma.
INTRALCIO ALLA GIUSTIZIA (377)
Il delitto previsto dall'art. 377, in passato rubricato come subornazione, ha mutato il proprio nomen juris in intralcio
alla giustizia, con una legge del 2006. Tale intervento legislativo ha altres ampliato il novero delle condotte punibili
mediante un co. 3 di nuovo conio, oltre ad aver introdotto la circostanza aggravante di cui al co. 4. La fattispecie in
analisi mira a preservare la genuinit processuale di coloro che sono chiamati a riferire su vicende processuali davanti

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all'autorit giudiziaria. La nuova previsione di cui al co. 3 sembra tutelare anche la libert morale del destinatario
della condotta di violenza e minaccia.
L'intralcio alla giustizia si configura quale reato comune a forma vincolata. Soggetto attivo chiunque; per cui anche
l'indagato, l'imputato, la parte nel processo civile, nonch il difensore o un terzo.
La condotta di cui al co. 1 si esprime nell'offrire o promettere denaro o altra utilit. necessario che tanto l'una
quanto l'altra siano portate a conoscenza del soggetto passivo, poich solo in tal modo saranno in grado di interferire
sul processo decisionale del medesimo.
Ai sensi del co. 2 la disposizione del co. 1 trova applicazione allorch l'offerta o la promessa siano state accettate dal
destinatario, sebbene la falsit non venga in concreto commessa. Il co. 3 delinea un'altra forma di manifestazione
della condotta: l'uso di violenza e minaccia dirette, analogamente al co. 1, ad indurre il destinatario alla commissione
di uno dei delitti-scopo. La violenza si ha ogni qualvolta l'azione posta in essere sia idonea a coartare la libert morale
altrui; la minaccia, invece, si verifica laddove venga prospettato un male ingiusto e futuro tale da alterare la volont
altrui.
Il momento consumativo viene individuato nel momento e nel luogo in cui l'offerta e promessa giungono a
conoscenza del destinatario, essendo irrilevante l'accettazione.
La norma incriminatrice richiede la presenza del dolo specifico, in quanto l'agente deve non solo rappresentarsi e
volere l'offerta o promessa, ma anche perseguire il fine di indurre o coartare il soggetto destinatario della condotta a
commettere uno dei reati previsti dagli artt. 371 bis, 371 ter, 372, 373.
FAVOREGGIAMENTO (378, 379)
Requisiti strutturali comuni alle fattispecie di favoreggiamento sono:
uno positivo, necessit della previa commissione di un reato;
l'altro negativo, il mancato concorso nel reato presupposto.
In genere, le condotte favoreggiatrici presentano tutte un nucleo essenziale comune consistente nell'aiutare taluno:
concetto, questo, alquanto indeterminato che qualifica il favoreggiamento come reato a forma libera realizzabile
mediante una condotta qualsiasi, purch idonea ad intralciare il corso della giustizia.
Contrariamente alla dottrina che considera il favoreggiamento come un reato di mera condotta, si ritiene di poter
aderire allopinione secondo cui sarebbe invece possibile individuarne l'evento in un aiuto effettivo che sia tale da
mutare, sia pur in termini di pericolo concreto, la situazione di fatto delle investigazioni o quella in cui si realizza
l'acquisizione dei vantaggi del reato. Ai fini della consumazione del reato per indifferente che la condotta produca i
suoi effetti.
Destinatario dell'aiuto pu essere un soggetto diverso dall'autore del reato presupposto come risulta dal combinato
disposto del termine taluno e dell'inciso contenuto nell'art. 378 ult.co. Quanto, infine, all'elemento psicologico, il
soggetto deve sapere che stato commesso un reato.
Il delitto di favoreggiamento personale (art. 378) si realizza allorquando il soggetto, in qualsiasi modo, aiuta taluno ad
eludere le investigazioni dell'autorit o a sottrarsi alle ricerche di questa.
Uno dei tratti distintivi della figura del favoreggiamento reale (art. 379) attiene alla sua specifica oggettivit giuridica,
in quanto essa mira ad evitare il consolidamento, ad opera di terzi, della situazione di illegittimit creata col reato
presupposto in relazione ai suoi proventi. In effetti, le condotte delle due fattispecie presentano un nucleo essenziale
comune consistente nell'aiutare taluno, ma nel caso dell'art. 379 il contenuto finalistico dell'aiuto ha per oggetto la
garanzia del profitto criminoso e non della libert personale altrui.
Per prodotto del reato deve intendersi ci che si acquista direttamente (refurtiva) o indirettamente (il ricavato della
vendita della refurtiva o il risultato della sua trasformazione come, ad esempio, la fusione di oggetti d'oro rubati) e ci
che con la realizzazione del reato si pone in essere (documento falsificato); col termine prezzo si intende ogni bene,
economico o meno, dato o promesso al colpevole come corrispettivo per la sua attivit; il profitto indica ogni
vantaggio, beneficio o utilit, patrimoniale e non, derivante dall'illecito.
Come detto, la consumazione del reato presuppone l'accertamento di un aiuto effettivo, che sia tale da mutare, sia
pur in via non definitiva, la situazione di fatto che realizza l'acquisizione dei vantaggi del reato, a prescindere dalla
definitiva acquisizione del bene al patrimonio del destinatario dell'aiuto. Il tentativo ammissibile. Dal punto di vista
dell'elemento soggettivo, il favoreggiamento reale richiede il dolo generico che postula la rappresentazione della
condotta obiettivamente diretta ad aiutare altri ad assicurarsi il prezzo, il prodotto o il profitto del reato e la
consapevolezza della sua precedente commissione.
(appunti: fuori dei casi di concorso di reato, ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza delittuosa).
Dalla sussistenza del dolo specifico di un profitto per s o per altri (comunque diversi dalla persona aiutata) si fa
dipendere, anzitutto, l'eventuale applicazione dell'art. 648 (ricettazione) nei casi in cui il denaro o le cose provenienti
da delitto ivi previste costituiscano prezzo, prodotto o profitto di reato e le diverse attivit di acquisto (ad es.
simulato), ricezione o occultamento uno strumento per assicurarle ad altri. In particolare, mentre il dolo specifico

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della ricettazione postula il fine di lucro come esclusivo movente dell'azione criminosa e punto di naturale direzione
della volont, nel favoreggiamento il soggetto agisce per l'utile altrui.
CASI DI NON PUNIBILIT (384)
L'art. 384 co. 1 dichiara non punibili alcuni delitti contro l'attivit giudiziaria, quando commessi per la necessit di
salvare s o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento alla libert o all'onore. Si tratta di
fattispecie tendenzialmente omogenee: i delitti di omessa denuncia e referto (artt. 361-365), il rifiuto di uffici
legalmente dovuti (art. 366), l'autocalunnia (art. 369), la false informazioni al P.M. o false dichiarazioni al difensore
(artt. 371bis e ter), la falsa testimonianza, perizia o interpretazione
(artt. 372 e 373), la frode processuale e il favoreggiamento personale (artt. 374 e 378).
Da un lato, quindi, viene presa in considerazione la lesione di un interesse pubblico di rango assai elevato, quale quello
del buon funzionamento della giustizia, e, dall'altro, si riconosce inevitabilmente rilevanza all'istinto di conservazione
del soggetto della propria libert e del proprio onore, nonch alla forza incoercibile dei sentimenti familiari, quali
interessi di natura propriamente privatistica.

PARTE IV - REATI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO


INTRODUZIONE
La nozione di ordine pubblico, nella sua valenza penalistica, viene tradizionalmente inteso in due accezioni:
ordine pubblico materiale: nel senso di pubblica tranquillit dei consociati;
ordine pubblico ideale: come complesso di valori e principi che lo Stato persegue e protegge per garantire la
propria esistenza.
Certamente la prima che appare pi conforme a ci che si intende tutelare, perch la seconda categoria troppo
ampia.
ISTIGAZIONE A DELINQUERE (414)
L'art. 414 sanziona distinte condotte delittuose, integrate dalla pubblica istigazione a commettere uno o pi delitti o
contravvenzioni (co. 1 e 2 nn. 1 e 2) e dalla pubblica apologia di uno o pi delitti (co. 3). Le pene variano a seconda
che listigazione riguardi la commissione di delitti o di contravvenzioni (vedi art).
La previsione, in quanto punisce l'istigazione in s e per s considerata, si pone come una deroga all'art. 115, che
esenta da pena l'istigazione che non sia seguita dalla commissione del reato istigato salvo che la legge non disponga
altrimenti. Il b.g. tutelato costituito dall'ordine pubblico, che va inteso come buon assetto e regolare andamento
della vita sociale e, quindi, armonica convivenza dei cittadini sotto la sovranit dello stato e del diritto, ed perci
sinonimo di pace pubblica cui corrisponde il senso della
tranquillit e della sicurezza.
Si tratta di reato di pericolo concreto e non presunto, per cui necessario accertare con giudizio ex ante che la
condotta sia concretamente idonea a provocare reati. Si tratta di reato comune.

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Tradizionale la distinzione tra istigazione diretta e indiretta, la prima caratterizzata da condotte direttamente ed
esplicitamente finalizzate a far commettere reati a terzi destinatari, la seconda dissimulata attraverso scritti o discorsi,
ragionamenti e deduzioni apparentemente leciti.
L'istigazione punita dall'art. 414 quella commessa pubblicamente e perci tale da minacciare l'ordine pubblico; l'art.
266 co. 4 indica che il reato si considera 'avvenuto pubblicamente' quando il fatto commesso con il mezzo della
stampa o con altro mezzo di propaganda oppure in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di pi persone
oppure ancora in una riunione che, per il luogo in cui tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od
oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata. Si tratta di elemento costitutivo del reato.
L'istigazione deve avere ad oggetto la commissione di uno o pi reati. Se il reato istigato commesso, l'istigatore
risponde non solo del delitto in esame ma anche del delitto o della contravvenzione oggetto della condotta istigatoria.
Il co. 3 punisce la pubblica apologia di uno o pi delitti. Si parla solo di delitti, quindi sono escluse le contravvenzioni.
DELITTI DI ASSOCIAZIONE (416/418)
(appunti) Nel 1930 il legislatore ha introdotto il cd. reato associativo, che punisce le associazioni allo scopo di
commettere delitti, prescindere dalla tipologia di delitti poi commessi, come anticipazione della tutela. Quindi viene
introdotto lart 416 come strumento di repressione anticipato. Nel corso degli anni 45-48 saranno ampliate queste
forme di associazione, introducendo varie diverse tipologie.
Gli elementi essenziali di unassociazione a delinquere sono:
1- requisito numerico: si tratta di reato a concorso necessario (3 o pi soggetti);
2- si associano: organizzazione stabile;
3- programma sceleris (generico, indeterminato).
L'integrazione del delitto prescinde dalla commissione di reati-fine. Il bene tutelato, infatti, l'ordine pubblico
minacciato gi dall'esistenza di un'entit che ha come scopo la commissione di delitti, indipendentemente dalla
circostanza che essi vengano effettivamente compiuti. Va patimenti messo in evidenza che la stabilit del vincolo a
costituire l'elemento che concretizza il contrasto con l'ordine
pubblico inteso in senso materiale.
Come, in generale, ogni fattispecie associativa anche quella in questione dunque considerata un reato di pericolo;
non vi dubbio che tali fattispecie abbiano come scopo peculiare quello di anticipare la tutela penale, oltre che di
aggravare la reazione dell'ordinamento per chi commetta reati dopo essersi associato in un sodalizio sorto a tale
scopo.
Soggetto attivo pu essere chiunque, si tratta pertanto di un reato comune. La norma distingue diversi ruoli che
possono essere rivestiti dal soggetto attivo:
Va considerato promotore colui che si fatto artefice dell'associazione e chi procura l'adesione di terzi attraverso
la diffusione del programma.
Costitutore, ovvero fondatore, colui che determina o concorre a determinarne il sorgere.
Organizzatore chi ne coordina e regola l'attivit allo scopo di realizzare il fine programmato.
Capo chi dirige in posizione di superiorit gerarchica. Mentre le prime tre figure possono anche non far parte
dell'associazione, il ruolo di capo presuppone la partecipazione.
Partecipe, infine, , in generale, colui che, unendosi al sodalizio, reca un apporto in qualsiasi forma e contenuto
alla vita della struttura.
Perch vi sia associazione richiesto un numero minimo di tre persone, per cui si parla di delitto plurisoggettivo
necessario o a concorso necessario.
La fattispecie si caratterizza per tre elementi fondamentali:
1) un vincolo associativo permanente o comunque stabile, destinato a durare; ci presuppone un preventivo accordo
tra pi soggetti che comporta il sorgere di un vincolo permanente fondato sulla consapevolezza di ciascun associato
di far parte del sodalizio e di partecipare con il proprio contributo causale alla realizzazione del suo programma
criminale.
2) l'esistenza di una sia pur minima, ma significativa struttura organizzativa; vanno ritenute necessarie, ma anche
sufficienti, la predisposizione e l'organizzazione di un complesso di mezzi, pure in assenza di una strutturazione
gerarchica, non si richiedono cio un' organizzazione complessa o l'esistenza di capi.
3) un programma criminoso non predeterminato.
Associazione di stampo mafioso: art 416bis
(appunti) anni 80 il fenomeno mafioso non sempre rientrava nellart 416, perch esso vuole il controllo del territorio,
dellattivit economica e controllo del sistema pubblico e politico. Il condizionamento elettorale pu non portare a un
reato politico, ma pu portare ad un pericolo del concretizzarsi del reato.

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stato inserito per due motivi:


Per avere un inasprimento sanzionatorio della lotta alla mafia;
Perch lassociazione mafiosa diventa un contro-Stato condizionando il territorio.
Il metodo mafioso ha un quid pluris rispetto al 416.
1. Intimidazione (vincolo interno) da essa deriva assoggettamento e omert
2. Vincolo mafioso derivante da omert (vincolo esterno)
Per scopi leciti:
Controllo attivit economica
Controllo della vita politica (casi di elezioni elettorali condizionate dal sistema mafioso)
Il termine mafia oggi si volgarizzato, fa riferimento a qualsivoglia organizzazione criminale che utilizzi questo
metodo.
Un primo fondamentale dato distintivo rispetto all'associazione per delinquere consiste nel fatto che il sodalizio in
esame non si propone necessariamente come scopo la commissione di delitti, ma pu essere costituito anche allo
scopo pi generale di acquisire potere e capacit di influenza. Si legge nella previsione per acquisire in modo diretto
o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivit economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi
pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per s o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero
esercizio del voto o per procurare voti a s o sul altri in occasione di consultazioni elettorali. I dati strutturali che
differenziano l'associazione di tipo mafioso da quelli generale sono, poi, l'uso di forza intimidatrice e le condizioni di
assoggettamento ed omert (da intendere quale forma di aggettiva solidariet dettata da uno stato di sottomissione
che si esplica in particolare nel rifiuto di collaborazione con gli organi dello stato) in cui si trovano le persone offese.
In definitiva il ruolo del programma criminoso individuato nel co. 3 rimane secondario, mentre ci che assume rilievo
decisivo il metodo utilizzato. Proprio la peculiare caratteristica del dolo specifico e la natura del suo contenuto, che
ha per riferimento l'utilizzazione di forza intimidatrice, evitano, del resto, ogni incompatibilit della fattispecie con
l'art. 18 Cost.
Anche qui il b.g. tutelato l'ordine pubblico inteso in senso materiale; si fa riferimento anche alla libert economica e,
pi in generale, ai principi di legalit democratica e di rappresentativit delle istituzioni pubbliche.
Si tratta, anche in tal caso, di reato comune. In ordine alle indicazioni normative di specifici ruoli va notata - rispetto
alla norma precedente - l'assenza della figura del costitutore e la sostituzione del termine capi con quello di dirigenti.
Inoltre, non si usa il termine partecipare ma far parte.
Quanto all'elemento oggettivo va osservato che neppure questa norma, richiede l'esistenza di una struttura dotata di
caratteristiche di assoluta stabilit. Il quid pluris che contraddistingue il sodalizio rappresentato dall'uso della forza
intimidatrice che sorge dal vincolo tra associati e dalle condizioni di assoggettamento e omert, consistenti in un vero
e proprio stato di dipendenza psicologica, tuttavia la capacit di indurre in timore non deve necessariamente
estrinsecarsi in specifici atti di violenza o minaccia, ma pu sorgere gi dalla considerazione delle caratteristiche del
sodalizio.
Lult. co., al fine di evitare ogni dubbio in relazione a possibili delimitazioni territoriali o di specie, propone una formula
di chiusura che indica che l'ambito di applicazione della fattispecie si estende anche alla camorra e alle altre
associazioni comunque localmente denominate. Recentemente ulteriormente si specifica che tali associazioni
possono essere anche straniere.
Per quanto attiene all'elemento soggettivo vanno verificate l'esistenza dell'affectio societatis - ovvero la coscienza,
desumibile anche da fatti concludenti, del vincolo criminale - e la contestuale consapevolezza delle caratteristiche
dell'organizzazione fra cui, in primis, l'utilizzo del metodo mafioso nonch dei particolari scopi perseguiti.
Il co. 4 dispone un aumento di pena nel caso in cui l'associazione sia armata. Il successivo co. 5 spiega che ci attiene
alla mera disponibilit e non richiede l'effettiva utilizzazione di armi o materie esplodenti. Altra circostanza aggravante
prevista al co. 6 quando le attivit economiche verso le quali sia diretto lo scopo di controllo siano finanziate con
proventi di delitti.
Il co. 7 prevede la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato nonch
delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto, il profitto ovvero l'impiego.
(appunti) L'art 416ter (no oggetto esame scritto, ma orale s) prevede il delitto di scambio elettorale politico-mafioso.
La ratio quella di punire la contiguit tra il mondo politico e quello mafioso. Il legislatore ha introdotto questo reato,
dopo l'introduzione del 416bis. La rubrica significativa. La norma ha trovato poco spazio applicativo perch le
autorit inquirenti hanno preferito seguire la strada di contestare il 416bis anche per gli esponenti del mondo politico
(Mannino).
Infatti possiamo notare che il 3 co dell'art 416bis nella definizione di associazione mafiosa, prevede tra le finalit
anche quello di ostacolare il libero esercizio del voto, quindi quando vi un accordo per condizionare le vicende
elettorali.

72

L'art 416ter ha trovato poco spazio applicativo, non perch non ci siano condotte del genere, ma perch sembrava
applicarsi solo al caso di compravendita di voti, e quindi scambio di voti per denaro. Poi si detto che doveva
aggiungersi l'elemento associativo. Quindi l'art 416bis ha un po' spazzato via l'applicabilit di questa norma.
SEMINARIO IV
Delitti contro l'ordine pubblico. 416 reato plurisoggettivo a concorso necessario. Reato di pericolo.
1 co: promotori, costitutori, organizzatori: soggetti con un ruolo principale nell'ambito dell'organizzazione. In quella a
stampo mafioso (416bis), si vuole oltre allo scopo di compiere degli illeciti (come 416, dolo specifico), ma anche forza
intimidatrice tipica di queste associazioni.
CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
art 110 concorso di persone.
110- 416bis: concorso esterno per intendere che si tratterebbe di un concorso di persone esterno all'associazione.
416bis associazione stabile che si sa dare un programma di stampo mafioso che prevale a prescindere dalla singola
condotta che si va a compiere. Elemento soggettivo: affectio societatis, cio i soggetti che ne fanno parte a livello
soggettivo devono voler far parte di questa associazione e hanno il dolo di farne parte come associazione e come
partecipe.
Bisogna vedere la sorte delle condotte agevolatrici (v sent Carnevale)
politici, scambio elettorale voti-favori. Queste condotte non erano copribili neanche dal 416ter.
Demitry (1990)
Carnevale
Mannino (e Andreotti)
Presidente Corte di Cassazione, connivenza mafiosa a livello di magistrato. Scambio elettorale voti-favori del politico.
Per riconoscere la possibilit che esista un concorso esterno, c'era stata mancanza di elementi sufficienti per rilevare
questo concorso esterno.
1 criterio: differenza tra partecipe e concorso esterno:
Partecipazione: soggetto stabilmente impegnato nellassociazione;
Concorso esterno: contributo causale eccezionale allassociazione in un momento patologico di necessit
dellassociazione.
le sentenze hanno abbandonato questo criterio di fibrillazione, sottolineando che il concorrente pu prestare un
contributo continuativo allassociazione.
Viene quindi introdotto il criterio della affectio societatis: il concorrente esterno non vuole n fa parte della
organizzazione, da un contributo causale, magari anche continuativo, ma ha la consapevolezza di non farne parte.
Mentre il partecipe vuole fare parte dellorganizzazione e da un contributo materiale.
Sentenza Carnevale Sezioni Unite 21 Maggio 2003
Lammazza sentenze: tutte le sentenze di mafia venivano annullate. Costruiva collegi ad hoc per poter influire
sull'annullamento: scarcerazioni. Quindi dopo la condanna in appello, si veniva assolti in Cassazione per mancanza di
elementi.
Il contributo causale deve essere specifico e concreto, condotte specifiche, individuabili, idonee.
1- elementi specifici e concreti;
2- problema: concorso esterno molto simile al favoreggiamento. Ma la sentenza ci spiega che sono 2 cose diverse.
Favoreggiamento: c' un reato concluso. Dolo per quello specifico reato.
Concorrente: vuole che l'associazione rimanga in vita. Ci deve essere un nesso causale per cui dalla condotta del
concorrente esterno l'associazione venga rafforzata.
Sentenza Mannino, Sezioni Unite 12 luglio 2005 n 33748
Politico siciliano, partendo da politico provinciale, poi deputato DC e poi Ministro varie volte, persona di spicco nella
scena politica. Condotta di concorso esterno verso Cosa Nostra con un patto voti-favori.
416ter scambio elettorale politico-mafioso. Soggiace alla stessa pena del 416bis chi accetta promessa di voti in cambio
di erogazioni di denaro. Si affronta in maniera espressa il problema e si parla solo di scambio voti-denaro. Grosso
accordo che gli ha consentito di divenire deputato con una concessione di voti da parte di queste associazioni mafiose
in cambio di un certo numero di appalti vinti; la sentenza riconosce che queste condotte rientrano nel concorso
esterno, ripercorre le sentenze Dimitri e Carnevale, si allinea praticamente in tutto con queste ultime, e aggiunge dal
punto di vista soggettivo che tutte queste sentenze avevano parlato di un dolo generico. In questa sentenza si dice che
il soggetto deve essere consapevole degli scopi perseguiti dallassociazione e volerli, quindi si parla di dolo specifico.
Tuttavia la sentenza di condanna in appello viene annullata da quella della Cassazione che non ha trovato sufficienti
elementi per integrare il reato. Il concorso esterno quindi ammesso, ma fino ad oggi le sentenze non lhanno in
concreto riconosciuto.

73

PARTE I - REATI CONTRO LA PERSONALIT DELLO STATO


Abbiamo visto che il nostro codice del '30 parte, secondo un modello discendente, dallo Stato (lo Stato fascista) da cui
poi derivavano tutti gli altri diritti, quindi dalla tutela dello Stato discendono tutti i beni giuridici tutelati.
Il titolo I libro II tutela la personalit dello Stato negli artt 241ss.
Il Capo I si occupa dei delitti contro la personalit internazionale dello Stato (241ss)
Il Capo II si occupa invece dei delitti contro la personalit interna dello Stato (276ss).
Si parla di personalit dello Stato: un termine nuovo rispetto al cod. Zanardelli che parlava di delitti contro la
sicurezza dello Stato, con un termine forse pi corrispondente ed adeguato a ci che si vuole tutelare (sicurezza
interna e esterna dello stato).
Il legislatore del '30 punisce condotte troppo grandi per poter essere punite in codice penale. Si pensi alla guerra
civile. Per alcune fattispecie ci sembra che il diritto penale non possa fare nulla contro reati cos importanti e gravi.
Le vicende storiche dall'entrata in vigore del codice ad oggi hanno segnato molto questo titolo. In primo luogo nel
1948 entra in vigore la Costituzione, che tra l'altro abolisce la pena di morte, pena prevista in molti reati di questo
titolo. Alcuni studiosi (di ispirazione comunista) vedevano in questo titolo del codice l'espressione di un regime
autoritario.
I primi fenomeni terroristici si ebbero in provincia di Bolzano (cd. Schutzen), alla fine anni '50 e inizio '60.
Poi tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 il fenomeno terrorismo dilaga. Aumentano le aggressioni, sequestri
di persona, ecc e tutto ci dura fino ai nostri anni (Marco Biagi, assassinato dalle BR).
Il legislatore quindi, dagli anni '70 in poi conia una legislazione cd. di emergenza. Si prevedono norme molto severe
con pene detentive altissime. Casi di detenuti politici che hanno fatto decine di anni di carcere senza avere avuto
condotte omicidiarie.
Parabola rinasce negli anni 2000 dopo l'11 Settembre con le Torri gemelle. Emerge cos il problema del terrorismo
internazionale. Per questo le norme sono state adeguate in modo da far rientrare anche il terrorismo internazionale.
Domanda d'esame: struttura dei delitti di attentato. Perch questa categoria di delitti era importante? Perch nel
2006 stata modificata?
Vedi vecchia formulazione dell'art 241. I 3 principi cardine del diritto penale sono:
1. principio della materialit,
2. principio di offensivit,
3. principio di colpevolezza.
Principio di offensivit: il fatto deve essere lesivo di un b.g. Nel corso della storia si punivano mere condotte di
disobbedienza, in cui non c'era reale lesione di un b.g. (si pensi alla legislazione contro gli omosessuali). Prima si
consideravano reati anche alcune violazioni di norme morali. Ma nel diritto penale moderno questo viene meno.
Per i delitti di attentato non sempre semplice ricostruire le fattispecie in cui sia chiara l'offensivit. Talvolta si deve
punire in via anticipata qualcosa che non autorizzato. Ci sono categorie di reati in cui non c' molta differenza tra
condotta offensiva e non offensiva. Per questo il legislatore deve costruire queste fattispecie almeno come reati di
pericolo concreto. Tra questi delitti puniti in via anticipata vi erano i delitti di attentato. Quando si pu parlare di
attentato? alla luce della formulazione originaria della norma potevano essere ricomprese anche condotte che non
sono violente, come ad es buttare volantini con frasi secessioniste da un aereo.
Dagli anni '60 in poi si voluta leggere questa norma in chiave di offensivit. Anche perch noi abbiamo anche l'art 56
che prevede le ipotesi di tentativo. Si distinguono gli atti preparatori (che non sono penalmente rilevanti) e gli atti
esecutivi (che sono rilevanti come tentativo). Con questa norma si tutela il b.g. gi nella fase del tentativo.
Si pensi alla formulazione della strage (vedi): se si tratta di atti idonei, ma che non raggiungono lo scopo, si risponde
comunque di strage, non di tentata strage, perch sono reati di pericolo: sufficiente che si compiano atti idonei a
mettere in pericolo la pubblica incolumit.
La vecchia formulazione del 241 sembrava tutelare anche un momento ancora precedente al tentativo, perch non si
parla di atti diretti in modo non equivoco, ma di atti diretti. Quindi sembravano potersi comprendere anche atti
compiuti nel rispetto del metodo democratico.
Nel 2006 (Ministro guardasigilli leghista, Castelli) viene posta in essere una riformulazione di questi delitti, cercando di
rileggere tali fatti secondo il parametro della necessaria offensivit.
Dom esame: quali sono le caratteristiche dei delitti di attentato, con riferimento al delitto ex art 241?
La finalit che il legislatore persegue con l'art 241 innanzitutto quella di circoscrivere la fattispecie alle condotte
illecite: oggi si richiede che gli atti siano violenti. Deve trattarsi quindi di una condotta violenta sulle cose o sulle
persone, diretta a sottrarre parte del territorio. Ma si richiede anche che gli atti siano idonei e diretti. Si tratta quindi
di una serie di condotte che siano idonee potenzialmente a far s che lo Stato italiano perde il controllo su quella parte
di territorio.

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Il difetto della norma sta nel fatto che nel '30 questi fatti erano puniti con la pena di morte (anche se erano fatti non
violenti, e non pericolosi); oggi invece questi fatti violenti, diretti e idonei, sono puniti con un minimo di 12 anni.
TERRORISMO E EVERSIONE DELLORDINE COSTITUZIONALE
Leggendo i due artt 270 e 270bis, ci rendiamo conto che gi prima del 270bis il cod del 30 prevedeva la fattispecie di
associazioni sovversive. Si tratta di reato di pericolo, si punisce non il singolo atto, ma lassociazione in s. Si nota che
come per art 416 e 416bis che prevedono, luno una fattispecie generale e laltro una fattispecie speciale, lo stesso
vale per gli artt 270 e 270bis. Il 270 (e 270bis) e 289bis hanno la struttura di reato associativo e di sequestro di
persona, con laggiunta dello scopo di terrorismo e eversione.
Vedi 270 vecchia formulazione e nuova.
270 un reato associativo, che punisce le stesse condotte del 416 e 416bis. Ci che caratterizza questa particolare
associazione lo scopo. In un ordinamento costituzionale come il nostro i mutamenti devono avvenire secondo il
metodo democratico. Queste sono invece associazioni dirette e idonee (come le Brigate Rosse) a sovvertire
violentemente (quindi al di fuori dei mezzi leciti) gli ordinamenti economici o sociali (delitti di pericolo concreto),
ovvero sopprimere violentemente lordinamento politico e giuridico.
I requisiti che si richiedono sono quindi:
idoneit della condotta;
violenza.
Lart 270bis prevede il delitto di associazione con finalit di terrorismo o eversione. Gi dalla terminologia usata nella
rubrica si nota che molto specifica e dettagliata e si aggiunge anche il terrorismo internazionale. Si dice: terrorismo e
finalit di eversione dellordine costituzionale. Terrorismo ed eversione sono due concetti distinti, ma che spesso
coincidono, nel senso che con atti terroristici si perseguono finalit di eversione. Il terrorismo in realt non una
finalit, ma un metodo, con lo scopo di creare terrore nella popolazione. Ci sono anche associazioni eversive, ma
senza metodo terroristico, come ad es le logge massoniche. Lart 270bis richiede lo svolgimento di atti di violenza e
della finalit di terrorismo od eversione. Al secondo comma (vedi) si aggiunge il terrorismo internazionale.
Lart 289bis, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione. Il II comma, prevede il reato aggravato
dallevento morte, non voluto. Il III co prevede il caso in cui sia provocata anche la morte, come conseguenza voluta. Si
tratta di un reato complesso, composto dalla fattispecie di sequestro di persona a scopo di terrorismo ed eversione e
quella di omicidio volontario (Aldo Moro). Il IV co prevede casi di riduzione di pena (non da sapere a memoria): lo
scopo quello di prevedere pene altissime per coloro che non collaborano, mentre per chi si dissocia e collabora pene
molto pi basse. Sicuramente ci non risponde al principio di giustizia retributiva.
SEMINARIO V
Art 270 Associazioni sovversive (vedi). questo articolo come se fosse implicitamente abrogato perch trova scarsa
applicazione, essendo assorbito quasi totalmente dallart 270bis. Non parla di 3 o pi persone, ma essendo una norma
necessariamente plurisoggettiva si deve trattare di 3 o pi persone. Il I co prevede i ruoli primari, il II chiunque
partecipi. Deve trattarsi di unorganizzazione stabile, che prescinde dal singolo scopo.
Requisiti:
diretta ed idonea: modificata nel 2006, con lintroduzione del requisito dellidoneit. Ci deve essere, cio, un
minimo di organizzazione di mezzi e di persone, in grado di raggiungere lo scopo. Reato a dolo specifico, scopo di
sovvertire violentemente lordinamento statale o di sopprimerlo.
Importante il requisito della violenza, perch ovviamente non si pu punire unassociazione di pensiero.
Lart stato riscritto nel 2006, ma le condotte rientrano totalmente nel 270bis, quindi ci si chiede pure perch stato
riformulato, forse sarebbe stato meglio eliminarla.
Pi importante lart 270bis, che ha subito varie riforme negli ultimi anni. stato introdotto nel 1979, periodo degli
anni di piombo, atti terroristici delle br. Dopo l11 settembre si affacciato un altro problema, per cui lart stato
adattato per poter sanzionare anche il terrorismo internazionale. Per questo la norma stata lasciata uguale, ma si
aggiunto nella rubrica e nel 3 co il riferimento al terrorismo internazionale.
La distinzione tra eversione e terrorismo, sta nel fatto che il primo destabilizzazione dellordine interno, il secondo
pu essere anche internazionale. Anche qui sono previsti i vari ruoli, ma in pi, solo qui ci sono anche i finanziatori
(inseriti nel 2001). Dolo specifico di compimento di atti di eversione e terrorismo.
Il concetto di terrorismo non viene definito dallart 270bis, e quindi si faceva riferimento alle definizioni internazionali
e europee. Nel 2005 arriva una norma che definisce il concetto di terrorismo, ma in un articolo a s, in modo tale da
permettere di applicare questa definizione non solo allart 270bis, ma a tutte le fattispecie che hanno il termine
terrorismo. Si tratta dellart 270sexies. Questo nella prima parte contiene la definizione, nella seconda aggiunge,
oltre alle condotte descritte, anche quelle che sono definite terroristiche dal diritto internazionale (si pu dire che sia
una norma in bianco).
Dolo specifico di 3 tipi:

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Intimidire la popolazione;
Costringere i poteri pubblici o unorganizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi
atto;
Destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un paese o
organizzazione internazionale.
Anche qui non necessario un evento, sono condotte di pericolo, che vengono punite prima che vengano
danneggiate. Ci che stato criticato che non si fa riferimento al concetto di violenza, che necessario perch si
parli di atto di terrorismo. Anche se tale requisito non contenuto nella definizione, comunque sempre presente in
tutti gli articoli che fanno riferimento al terrorismo.
Parliamo ora di una sentenza molto importante perch si colloca prima che fosse definito il concetto di terrorismo, e
spinge il legislatore ad agire in tal senso.
Gip Forleo, Gup di Milano 24-01-2005. Quando questa sentenza fu pronunciata, mancava la definizione: per cui si
escluso che in tal caso ci fosse terrorismo. La Cassazione smentisce, perch nel frattempo il legislatore aveva agito e
definito il concetto.
Il caso riguardava una cellula associativa italiana di stampo islamico. Di per s lassociazione non aveva scopo
terroristico, ma raccoglieva denaro e mezzi per aiutare un gruppo di guerriglieri in un altro Paese.
Oggetto di dibattito era la distinzione tra terrorismo e guerriglia. Il terrorismo deve consistere in atti volti contro la
popolazione civile: depersonalizzazione del soggetto passivo. irrilevante chi si colpisce, purch sia un soggetto civile.
La Forleo non riusciva a trovare questa finalit di colpire la popolazione civile, laddove c guerriglia.
La sentenza della Cassazione del 2006, sicuramente devono essere i civili lobiettivo, se non rivolto alla popolazione
civile non terrorismo. Per anche vero che se c attentato a militari, ad es, e si accetta a titolo di dolo eventuale la
possibilit che si colpiscano civili, il terrorismo in questo caso non pu non ammettersi.
Da questa sentenza in poi si sono inclusi anche atti volti a finanziare atti di guerriglia quando potenzialmente possono
colpire anche la popolazione civile. Da questa sentenza in poi anche le altre sentenze si sono uniformate a questa
linea.

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