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Varsavia, il bambino con le braccia alzate MIELI - I CONTI CON LA STORIA

La foto del bambino ebreo con le braccia alzate, da anni simbolo dell' oppressione nazista sulla
Polonia e sull'intera Europa, non fu scattata incidentalmente. Fa parte di un rapporto del
generale]iirgen Stroop, capo delle SS e della Polizia del distretto di Varsavia, redatto per
documentare la repressione dell'insurrezione ebraica nel ghetto della caapitale polacca che, tra il 19
aprile e il 16 maggio del 1943, aveva tenuto in scacco i nazisti. Questo rapporto, dal titolo Non
esiste pi un quartiere ebraico a Varsavia, era destiinato ai comandanti delle SS Heinrich Himmler e
Walter Kriiger per dar conto del successo dell' operazione contro i banditi ebrei che avevano
osato ribellarsi ed era correedato da un album di cinquantatr immagini, tra cui quella del bambino.
Era stato lo stesso Kriiger a raccomandarsi con Stroop di fotografare ogni cosa: Si tratta di un
maateriale prezioso per la storia, per il Fiihrer, per Himmler e per i futuri studiosi del Terzo Reich,
come pure per i poeti e gli scrittori, per la formazione delle SS e, sopratttutto, per documentare gli
sforzi e i pesanti e sanguinosi sacrifici sopportati dalla razza nordica e dalla Germania per
disebreizzare l'Europa e l'intero globo terrestre gli aveva scritto.
Gi alla fine del 1945 lo scatto fin nella documentazioone d'accusa per il processo di Norimberga
contro i crimiinali nazisti. Ma in quella sede pass inosservata. Di pi. Dovette trascorrere molto
tempo prima che quella foto
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'il
~balzasse all'attenzione del mondo intero. Per un lungo pee[nodo, oltre un decennio, fu, anzi, assai
trascurata. Perch? ~Prova a rispondere a questa domanda un libro di Frdric I:Rousseau, Il
bambino di Varsavia. Storia di una fotografia. i. Rousseau nota, per cominciare, la didascalia che
in ele;::ganti lettere gotiche ne dava la lettura di Stroop: Estratti fa forza dai bunker. Una didascalia
ingannevole, osserva l'autore, perch d l'idea che i civili rastrellati hanno ree.. sistito con la forza,
in un modo o nell' altro, alla loro evaa'iicuazione. L'immagine invece dimostra il contrario: non ~.
solo l'uso unilaterale della violenza da parte di soldati conn~: tro famiglie disarmate e inoffensive,
ma anche il ... completo W controllo della situazione da parte dei militari. E fin tropp1 po
evidente, aggiunge, che quel piccolo gruppo in cui ci sono almeno quattro bambini non poteva
rappresentare una minaccia per i "guerrieri" del generale Stroop. Queegli abitanti strappati alle
loro case escono dall' edificio con le mani alzate e in fila per due: la loro sottomissione totale;
queste persone non appartengono in nessun modo a un'unit di resistenza armata del ghetto. Per i
nazisti, per, quell'immagine aveva un grande valore. Attraverso un ribaltamento radicale dei
valori occidentali giudaicoocristiani spiega Rousseau questa fotografia sottolinea e intende
dimostrare l'eroismo che nasce dalla capacit di agire senza lasciarsi ostacolare dalla propria
umanit n dai propri sentimenti contro gli uomini, le donne e i bammbini ebrei designati dal
regime e dal suo capo come i nemiici pi temibili del popolo tedesco.
Ma, dicevamo, al processo di Norimberga l'attenzione degli accusatori si ferma su altre istantanee
tratte dall'allbum di Stroop, quelle che illustrano l'estrema violenza della caccia agli ebrei da parte
dei nazisti. Rispetto ad altre violenze commesse nel corso della liquidazione del ghetto di Varsavia,
ricostruisce l'autore, questa immagine non costituisce un documento su cui fondare un' accusa

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di crimine davanti al tribunale [. . .]. Fa parte di una serie di fotografie che accusano, ma non
ancora la fotografia che accusa. E cos sar per un lungo tempo. Una serie di chiavistelli mentali
impedisce alla fotografia del bambiino di Varsavia l'accesso allo statuto di icona che oggi le viene
riconosciuto in tutto il mondo.
Dieci anni dopo la fme della guerra quel fotogramma comincia a venir fuori. Compare per quattro
secondi nel film di Alain Resnais Notte e nebbia presentato al Festiva! di Cannes nel 1956. Ma la
voce dell'attore Michel Bouuquet dice solo che si tratta di persone rastrellate a Varsaavia. Nessun
cenno agli ebrei e al ghetto. TI film, osserva Rousseau, si colloca perfettamente, da diversi punti di
vista, in un'epoca che ancora fatica a misurare le dimensiooni e la specificit dello sterminio degli
ebrei e che anche e soprattutto dominata dall' attivismo delle associazioni dei deportati resistenti a cui aderiscono anche numeroosi sopravvissuti ebrei dei campi - che tentano, puntando l'indice
sull'universalit del crimine, di contestare la diistinzione operata dai criminali sui deportati.
All'indomaani della guerra, per anni e anni lo spazio della memoria occupato da una lettura
universalizzante dell' esperienza concentrazionaria.
Nel novembre del 1961 la foto compare per la seconda volta in un film: Vincitori alla sbarra (Le
temps du ghetto) di Frdric Rossif. Serve per illustrare (parole testuali) l'ultiimo gregge che viene
deportato a Treblinka; il regista conntrappone, anche se con accenti di piet, gli eroici insorti del
ghetto alle vittime passive che si fecero portare inermi al macello. Resistenti da una parte e gregge
dall' altra: un tema presente nella pubblicistica israeliana dell' epoca. Con una nota aggiuntiva: i
combattenti del ghetto di Varsavia avevaano salvato l'onore del popolo ebraico. Senza il loro
meeraviglioso sacrificio noi moriremmo nella vergogna scriiveva il poeta Jacob Glatstein. Nel
libro La distruzione degli
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.ibrei dJEuropa lo storico americano Raul Hilberg metteva -dito sulla piaga: TI comportamento
degli ebrei ai tempi .e1 nazismo caratterizzato dall' assenza quasi totale di re tenza. TI giovane scrittore ebreo Jean-Franois Steiner Treblinka. La rivolta di un campo di
sterminio descrive sua gente come un gregge di bestie che belavano alle ,rte delle camere a gas
mentre andavano al macello e,
,er questo, lo storico Lon Poliakov lo accusa di aver ree, __ .scitato il vecchio tema antisemita
della codardia ebrait\
,ita. Ma Treblinka ottiene il Grand Prix de la Rsistance.
!ICos come aveva ottenuto il premio Goncourt Vultimo dei ~t.iusti di Andr Schwartz-Bart dove
era gi stata proposta f..'immagine del bestiame ebraico portato al macello. Nel '~'1959, in
Germania (Ovest), viene pubblicato il libro di I\~l\ernard Mark Vinsurrezione del ghetto di
Varsavia. Nascii~;~ e sviluppo: ci sono otto foto dell' album Stroop ma non ~jquella del bambino. E

cos sar in svariati libri dell' epoca. \;Quell'immagine favorisce l'associazione con il concetto 'I:!.<li
passivit ebraica che in quel momento storico deve li;.cedere il passo a quella dei resistenti armati
del ghetto. i~rCon il beneplacito delle pi importanti comunit ebraiche \
~'t dello Stato di Israele. Questa scelta dolorosa, dettata in
jiparte dalla volont di integrarsi nell'unanimismo resistennxiiale nazionale e da una sete di
normalizzazione dopo un ~.iungo periodo di differenziazione sottolinea Rousseau ~;d' altra
parte largamente dipendente, per diversi decenni, 'idal contesto israeliano. la costruzione del
mito che fassimila gli insorti di Varsavia ai combattenti sionisti di ~,Palestina. E che porta con s
un tacito rimprovero a quegli l ebrei d'Europa che negli anni Venti e Trenta non abbracc~,ciarono la
causa sionista decidendo di restare in aree che ~in un breve volgere di tempo si sarebbero
trasformate per ~!loro in un inferno.
il' La prima volta che la fotografia del bambino si affac1( cia in un libro in La stella gialla di Gerhard Schonberner
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pubblicato in Germania nel 1960 (ma in quello stesso anno compare anche in Italia sulla copertina
di Pensaci, uomo! di Piero Caleffi e Albe Steiner edito da Feltrinellli). Schonberner sceglie quella
foto come manifesto per la mostra, sempre in Germania, sempre nel 1960, dal titolo Il passato ci
ammonisce. Nel '62 la mostra va in Israele. Sempre nel 1960 la rivista Life pubblica estratti delle
memorie di Adolf Eichmann che stato appena rapito in Argentina e portato in Israele dove sar
processato e giuustiziato: a illustrare il testo compare la foto del bambino ed l'unica tratta
dall'album di Stroop. L'ipotesi, convincennte, di Rousseau che sia stata proprio la vicenda
Eichmann a resuscitare quella immagine: Sicuramente il processo Eichmann ha fatto saltare una
serratura, dando voce a una memoria fino ad allora largamente messa da parte. Negli anni Sessanta
la fotografia fa il suo ingresso nei manuali scolastici; nel 1966 sulla copertina di un libro
sull'insurrrezione nel ghetto di Varsavia. In quello stesso 1966 la footo compie un clamoroso salto:
Ingmar Bergman chiude il film Persona (sul malessere di due donne, sulla solitudine, su un bimbo
non desiderato che la madre non sa amare n proteggere) con l'immagine del bambino del ghetto.
Da quel momento il fotogramma assume valenze che vanno molto al di l di quelle riconducibili al
momento in cui fu scattato. Negli anni Settanta compare sulla copertina di un volume su storie di
bambini israeliti ai tempi della Seconda guerra mondiale; in una serie televisiva inglese, il
protagonista la tiene costantemente in tasca come testiimonianza del suo senso di colpa per le
atrocit commesse dalla generazione che lo ha preceduto.
Nel 1972 si verifica un nuovo salto: la foto del bimbo di Varsavia viene associata a quella della
bambina nuda, Kim Phuc, che urla di terrore mentre corre in una strada del Sud Vietnam per
sfuggire al napalm lanciato dai bombardieeri (sudvietnamiti). ormai un'immagine icona che viene
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~bsata per denunciare gli orrori della guerra. Negli anni OttI~ta, Yala Korwin scrive una poesia
interamente dedicata [ld bambino del ghetto, Tbe Little Boy witb bis bands up. TI ~tineasta

jugoslavo Mitko Panov gira il cortometraggio Con lile mani in alto, che trae spunto da
quell'immagine. Negli ~~ Novanta il quotidiano francese Libration la pubbl''lica, scontornata,
per annunciare una serie televisiva sui '(itrimini nazisti. TI filosofo Alain Finkielkraut, nel
commenni:bre positivamente questa iniziativa, denuncia la contrapp~,osizione tra i resistenti
armati e gli altri e la cancellazioo:1,be dei secondi a vantaggio dei primi: (<noi commemoriamo
ji'questo abbandono scrive. un tema gi sollevato nel IJ1976 dal saggio Surviving, pubblicato
dal New Yorker, [l,m cui Bruno Bettelheim aveva scritto: Dire che le vittime ,aelle camere a
gas andarono incontro alla loro morte come ~'rpecore significa usare in modo scandaloso un clich
che ~'inon solo crudele ma anche completamente falso.
~'. TI lungo viaggio di quell'immagine ormai inarrestabii!0,~e. TI pittore americano di origine
ebraico-lituana Samuel Ir,Bak ne fa il centro dei suoi quadri: per me afferma quel ;)ibambino
rappresenta la crocefissione ebraica. La foto del lfbambino, ormai celeberrima, prende il volo
allontanandosi
fisempre pi dai fatti luttuosi del maggio '43. All'indomani ~rdella strage di Srebrenica (luglio
1995) compare sui manii;hfesti di denuncia dei campi della morte serbi. Nel 2000 il
(l/fotogramma del bimbo di Varsavia viene, associato a quello
~~del piccolo cubano Elian GonzaIez, ritratto durante l'irrI~ituzione di una squadra di agenti
federali Usa nella casa in ~\fFlorida in cui era nascosto. Ma nel settembre di quello stess1t:so anno
l'uso politico di quella foto comincia a ritorcersi
fcontro il contenuto dell'immagine. Televisioni e giornali di
~,'tutto il mondo mostrano il bambino palestinese della Striitscia di Gaza Mohammed al-Durah che
si stringe al padre l"i! quale cerca disperatamente di proteggerlo dal fuoco che ~i!in quel momento
si pensa provenga da un' arma israeliana l.
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I conti con la storia
(versione che successivamente verr messa in dubbio anche da osservatori neutrali). La giornalista
francese Catherine Nay dice a Radio Europe 1: La morte del piccolo Mohammmed cancella
simbolicamente il bambino del ghetto di Varrsavia. Lo scandalo per questa affermazione (di cui la
giorrnalista si dir pentita) non impedisce che nei Paesi arabi e su internet prenda il via una
campagna di accostamento tra le due immagini tesa a dimostrare che i soldati israeliani di oggi sono
in tutto e per tutto simili agli oppressori nazisti di ieri. Campagna che va a parare in una serie di
trasfiguraazioni visive a opera del disegnatore brasiliano Carlos Latuff per una serie di disegni
intitolata Siamo tutti palestinesi. Con il ritratto di un bimbo molto somigliante a quello poolacco
che, senza avere alle spalle la figura minacciosa delll'SS, ha anch'egli come didascalia I am
Palestinian!. Con il che, osserva Rousseau, Latuff tende a banalizzare l'icona stessa sostituendole
un' altra vittima referente.
Nel frattempo a quell'immagine capitato addirittuura di essere usata da Robert F aurisson e dai
negazionisti. In che modo? Nel luglio del 1978 il <<.Jewish Chronicle di Londra annuncia che
l'identit del bambino del ghettto di Varsavia stata rivelata da una polacca che vive in Israele. Si
tratterebbe di Arthur Shimyontek Domb. Successivamente lo stesso giornale afferma che un uomo

d'affari londinese che intende mantenere l'anonimato si fatto vivo sostenendo di essere lui quel
bambino e che la foto era stata scattata nel 1941 anzich nel 1943. Faurissson scrive che da quel
momento, visto che la persona ritratta viva, se quella foto dovesse rimanere un simbolo non
potrebbe pi essere che il simbolo dell'impostura del genocidio. Inizia un esame molto attento del
fotoogramma che porta alla conclusione che, non fosse altro per il fatto che finita nell' album di
Stroop, non pu che essere stata scattata nel 1943. Poi un altro sopravvissuto dei campi nazisti
afferma di esser lui quel bambino senza
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Varsavia, il bambino con le braccia alzate
l":per, per onest, poterlo giurare. Tsvi Nussbaum, cos si .~'chiama l'uomo, sostiene di essere stato
fotografato al mo ;!;mento del suo arresto davanti all'Hotel Polski di Varsavia, ~. .
i0rsituato fuori dal ghetto, prima della sua deportazione a
t:,Bergen-Belsen nel luglio del 1943. Ma, a parte il fatto che ~le persone fotografate portano pesanti
vestiti invernali ed itimprobabile che questo potesse darsi in piena estate, come f possibile che
quel fotogramma fosse finito in un album ~,predisposto due mesi prima per documentare la
sconfitta . dei resistenti israeliti?
D'altra parte, osserva Rousseau, un certo numero di persone visibili nella fotografia hanno al
braccio destro il bracciale con la stella di Davide, obbligatorio per tutti gli del ghetto. poco
probabile che gli ebrei rifugiati e
nascosti nella parte ariana della citt dopo essere sfuggiti due mesi prima, in maggio, alla
distruzione del ghetto stesscontinuassero a portare questo segno che li metteva in
pericolo di vita.
Ma il punto centrale della questione non quello relatiiall'identit del bimbo. L'attenzione del libro
si incentra fatto che quella fotografia poco a poco si trasformata
in un'icona universale utilizzabile per tutte le buone cauuse dal momento che esercita un potere
sociale di coesiooe di comunione. un bene? No, risponde Rousseau. Anzi. Tenuto conto di
alcune osservazioni di Susan Sontag Sulla fotografia, Rousseau chiede: non si andati troppo oltre?
Con la sua sovraesposizione, quella immagine non ha snaturato in modo eccessivo la nostra
memoria? Con i suoi successivi scivolamenti e spostamenti, questa traccia fotografica ancora una
testimonianza? E di cosa? Per esssere significanti, le immagini richiedono una contestualizzzazione
precisa e rigorosa, e soltanto a questa condizione possono rimanere documenti storici. Se la
fotografia del bambino di Varsavia ha effettivamente contribuito a spezzzare il monopolio della
Resistenza, troppo schiacciante e
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I conti con la stOria
deformante, e se ha contribuito alla riacquisizione delle vittime della Shoah nella coscienza
occidentale, ha anche partecipato, in una certa misura, alla cancellazione dello spirito di

resistenza nelle memorie. Ormai solo il cuoore a essere toccato. Alcuni usi e abusi di
quell'immagine forse devono metterci in guardia. La decontestualizzazioone in certi casi si spinta
cos oltre che la fotografia non racconta pi la storia del ghetto di Varsavia. Talvolta non racconta
pi nemmeno la storia della Shoah. L'avvenimennto - una delle pi grandi tragedie del nostro tempo
- stato completamente inghiottito dalla carica emotiva della fotografia.
<<Distruggere e moltiplicare sono i due modi di rendeere un'immagine invisibile: con il niente e
con il troppo, osserva il teorico dell'immagine Georges Didi-Huberman. Una notazione che fa al
caso nostro: l'immagine del bammbino di Varsavia oggi talmente imperiosa che impone a
chiunque un arresto del pensiero; a ogni sua esposizioone d'obbligo e autorizzata soltanto la
compassione, una compassione troppo loquace e tuttavia muta, diventata un riflesso privo di
riflessione, senza cultura, senza memoria, una sorta di rinuncia a decifrare il mondo in termini
poliitici. In casi come questo la foto vittima della sua grande efficacia. Non pi un documento:
ha smesso di essere uno strumento pedagogico; sfocata, travestita, abusata, stravolta, sequestrata,
ha perduto la sua capacit di messsa in guardia; non informa pi, erosa dagli usi distorti;
l'immagine si modificata, consumata: portatrice all'inizio di una verit fondamentale, diventata
supporto di mennzogne, al servizio dei peggiori deliri. Dopo essere stata verit, l'immagine si
trasformata in menzogna. Triste conclusione per il lungo viaggio compiuto da una delle pi famose
fotografie del Novecento.

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